Contract
xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx, 15 ottobre 2012
Associazione in partecipazione: stabilizzazione con contratto di prossimità in Golden Lady
di Xxxxxx Xxxxxxx e Xxxxxx Xxxxxx
Il presente articolo commenta il contratto collettivo stipulato, ai sensi dell’art. 8 del d.l. 138/2011 così come convertito nella l. n.148/2011, tra Golden Lady Company S.p.A. e le associazioni dei lavoratori, al fine di traslare gli effetti delle disposizioni contenute nell’articolo 1, commi 28 e 30 della legge n. 92/2012, contenente nuove disposizioni più stringenti circa l’associazione in partecipazione.
La Riforma Fornero (l. n. 92/2012) da un giro di vite alla normativa dell’associazione in partecipazione con apporto di solo lavoro ponendo nuovi vincoli al fine di limitarne l’abuso. Infatti, il contratto di associazione in partecipazione con apporto di lavoro ha cominciato a diffondersi in modo massiccio circa una ventina di anni fa a causa dall’elevato costo del lavoro subordinato. Spesso utilizzato quale forma sostitutiva di rapporto rispetto a quello di lavoro subordinato, ha assunto, nel corso degli anni, connotazioni distorte e patologiche.
Dopo un primo tentativo di arginare il fenomeno elusivo con un’apposita clausola antielusiva recante una presunzione relativa di lavoro subordinato1, contenuta nel d.lgs. n. 276/2003, la Riforma ha introdotto ulteriori disposizioni di carattere antielusivo che vanno a modificare in maniera incisiva la disciplina dell’associazione in partecipazione.
Ciò provoca non pochi problemi alle imprese, soprattutto a quelle grandi reti di vendita che hanno fondato il proprio modello commerciale essenzialmente sulla compresenza nei negozi di lavoratori dipendenti che svolgono ordinaria attività di addetti alla vendita e di associati in partecipazione condividono con l’imprenditore l’iniziativa commerciale, legando il proprio guadagno sia nell’an e che nel quantum ai risultati del punto vendita2.
Come vedremo questo non è più possibile per introduzione di una presunzione (assoluta)3di lavoro subordinato collegata al numero di associati per una stessa attività.
Associazione in associazione pre-riforma: breve excursus
Il contratto di associazione in partecipazione è regolato dagli artt. 2459-2554 codice civile ed è quel contratto attraverso il quale «l’associante attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto» (art. 2459 c.c.) Dalla’analisi del dettato codicistico emergono i tratti essenziali dell’istituto.
1 Vedi comma 2, art. 86, D.Lgs. n. 276/03.
2 Cfr. Xxxxxxxxx Xxxxxxx, L’Associazione in partecipazione: le novità per le aziende, in Guida al Lavoro n. 39/2012, Ed. Il Sole 24 Ore.
3 Si ricordi al tal fine che le presunzioni legali possono essere assolute (al verificarsi delle condizioni previste dalla legge, si hanno le conseguenze tratte dalla legge stessa, senza possibilità di prova contraria, art. 2728 c.c.) ovvero relative, nel qual caso è ammessa dalla legge la prova contraria, verificandosi tuttavia l’inversione dell’onere probatorio a carico del soggetto che subisce gli effetti della presunzione).
Le parti del contratto
L’associante ovvero colui che gestisce l’impresa o l’affare ed attribuisce all’associato una partecipazione agli utili in cambio di un determinato apporto. Esso è l’unico titolare del patrimonio impegnato nell’impresa o nell’affare, egli conduce l’attività in nome proprio e ne assume la relativa responsabilità essendo l’unico titolare dei diritti e degli obblighi da essa scaturenti. Più in particolare l’associante risponde illimitatamente verso i terzi con l’intero suo patrimonio delle obbligazioni assunte. Di norma l’associante è un imprenditore (individuale o collettivo) anche se parte della giurisprudenza e della dottrina ritiene che possa anche non esserlo.
L’associato che è il soggetto che si obbliga ad effettuare un determinato apporto per lo svolgimento dell’impresa o dell’affare. Per effetto della conclusione del contratto e del conferimento dell’apporto l’associato consegue il diritto sia di partecipare agli utili conseguiti sia alla restituzione dell’apporto conferito. L’associato, di norma, è escluso dalla gestione dell’attività economica, prerogativa dell’associante, avendo tuttavia diritto al rendiconto sull’andamento dell’impresa nonché alle forme di controllo (che possono arrivare fino ad una parziale cogestione) stabilite nel contratto4.
L’apporto
L’obbligo principale posto dalla disciplina civilistica a carico dell’associato è l’esecuzione dell’apporto. L’art.2549 c.c. non specifica in cosa esso consista né le modalità della sua esecuzione lasciando ampia autonomia alle parti.
L’apporto dell’associato può essere di qualsiasi natura purché di carattere strumentale rispetto all’esercizio di impresa o allo svolgimento dell’affare dell’associante (es. una somma di denaro, in crediti, in titoli di credito, in beni immobili o mobili, garanzie fideiussorie, nell’assunzione di un debito ovvero in una prestazione lavorativa etc.) In base alla sua tipologia è possibile classificare l’associazione in partecipazione come segue:
di capitale;
di solo lavoro;
misto capitale-lavoro.
La partecipazione agli utili
Mentre la partecipazione dell’associato alle perdite d’esercizio può essere una condizione assente nel contratto d’associazione in partecipazione, la partecipazione agli utili assume valore imprescindibile e risulta nullo qualsiasi contratto in cui tale diritto non venga rispettato.
Il Legislatore non si è preoccupato di indicare particolari modalità per la determinazione della partecipazione agli utili da parte dell’associato, lasciando così ampia autonomia alle parti. Pertanto, le parti possono stabilire la suddivisione degli utili in piena autonomia attribuendoli all’associato in misure variabili, ad esempio, a seconda della qualità e quantità dell’apporto. Va segnalato peraltro che, prima delle Riforma, anche se nella previsione testuale del codice civile il rapporto sinallagmatico intercorre tra apporto e utili di impresa, non si poteva escludere in radice la possibilità di fare partecipare l’associato ai ricavi (o incassi) anziché agli utili.
Al riguardo la Cassazione è stata ondivaga : in alcune pronunce ha ammesso che la pattuita partecipazione dell’associato ai ricavi dell’impresa gestita in associazione non altera il tipo contrattuale, in altre pronunce ha affermato che nel contratto di associazione in partecipazione è elemento costitutivo essenziale la pattuizione a favore dell’associato di una prestazione correlata agli utili d’impresa e non ai ricavi, i quali ultimi rappresentano un dato non significativo circa il risultato economico effettivo dell’attività dell’impresa.
4 Vedi art.2552 c.c.
Distinzione col lavoro subordinato
Visti i possibili elementi di coincidenza tra lavoro subordinato e associazione in partecipazione è di fondamentale importanza anche passare in rassegna i punti di differenziazione tra i due contratti posti in luce della dottrina ma ancor più dalla giurisprudenza. Facendo un’analisi delle pronunce della Suprema Corte di Cassazione si
evidenzia come per la stessa, al di là degli aspetti formali, l’elemento decisivo per il quale un rapporto di associazione in partecipazione non è tale, è rappresentato dall’assoggettamento al potere direttivo e disciplinare dell’associante, che ha come conseguenze la limitazione della autonomia dell’associato e il suo inserimento nell’organizzazione aziendale. Altri aspetti su cui si è concentrata la giurisprudenza sono il carattere aleatorio o meno del corrispettivo ed il potere di controllo sulla gestione dell’impresa, con precipuo riferimento ad un obbligo di rendiconto periodico da parte dell’associante. Valenza sussidiaria e non decisiva assumono invece l’assenza del rischio, la continuità della prestazione, l’osservanza di un orario e la cadenza e la misura fissa della retribuzione.
La riforma Fornero
I commi da 28 a 31 dell’art.1 della Riforma Fornero si occupano del contratto di associazione in partecipazione.
Le novità introdotte dalla riforma, la quale va ad integrare anche la disciplina codicistica, si possono così riassumere:
introduzione di una presunzione (assoluta) di lavoro subordinato collegata al numero di associati per una stessa attività;
una clausola di salvaguardia dei contratti in essere se certificati;
introduzione di una presunzione relativa di lavoro subordinato in base all’assenza dell’effettiva partecipazione dell’associato all’utile o affare nonché dell’effettiva consegna del rendiconto previsto dall’art. 2552 c.c.;
introduzione di un’ulteriore presunzione (sempre relativa) di lavoro subordinato, in relazione all’assenza, nell’ambito delle prestazioni dell’associato, di elevate competenze teoriche ovvero di capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell’esercizio concreto di attività;
introduzione di una presunzione relativa di lavoro subordinato in base all’effettiva partecipazione dell’associato all’utile o affare e all’effettiva consegna del rendiconto previsto dall’art.2552 c.c.;
introduzione di un ulteriore presunzione (sempre relativa) di lavoro subordinato, in relazione alla connotazione della prestazione lavorativa (elevate competenze teoriche ovvero capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell’esercizio concreto di attività);
abrogazione del comma 2, art. 86, d.lgs. n.276/03.
La presunzione assoluta di lavoro subordinato
Ciò che rileva al fine della nostra trattazione è il comma 285, che integrando l’art. 2549 c.c., introduce una presunzione assoluta di lavoro subordinato a tempo indeterminato che scatta qualora il numero degli associati (non coniuge, parenti entro il terzo grado o affini entro il secondo) siano impiegati, indipendentemente dal numero degli associanti, in una misura superiore a tre.
Al riguardo vengono in rilievo tre aspetti:
5 All’articolo 2549 del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma: «Qualora l’apporto dell’associato consista anche in una prestazione di lavoro, il numero degli associati impegnati in una medesima attività non può essere superiore a tre, indipendentemente dal numero degli associanti, con l’unica eccezione nel caso in cui gli associati siano legati all’associante da rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo. In caso di violazione del divieto di cui al presente comma, il rapporto con tutti gli associati il cui apporto consiste anche in una prestazione di lavoro si considera di lavoro subordinato a tempo indeterminato».
1) la disposizione di legge parla di “attività” e non di impresa o affare, come invece fa la parte precedente della norma codicistica;
2) sono esclusi dalla presunzione legale, e quindi dalla conseguente trasformazione in lavoro subordinato ex lege, gli associati legati all’associante da rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo;
3) la previsione in base alla quale tutti i rapporti si considerano a lavoro subordinato a tempo indeterminato appare una risposta ad una violazione (del divieto) che assume quasi le caratteristiche tipiche di una sanzione.
Quanto al punto 1), chiarito che il riferimento del limite numerico non è l’impresa o l’affare, occorre capire che cosa intenda il Legislatore per attività e quali sono i casi concreti a cui si dovrà porre attenzione già dall’entrata in vigore della normativa.
Per attività si deve intendere quella imprenditoriale ovvero l’esercizio professionale di un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi. Il concetto di attività si ricollega direttamente alla figura dell’imprenditore delineata dall’art.2082 c.c. (anche perché, a nostro parere l’associante non può che essere un imprenditore).
Decorrenza della trasformazione a tempo indeterminato
Altro aspetto importante da chiarire è la decorrenza della trasformazione in lavoro subordinato a tempo indeterminato in caso di superamento del limite numerico di associati: solo dal momento del superamento o fin dall’inizio del contratto di associazione?
A parere di chi scrive, la presunzione di stampo sanzionatorio scatta al momento della violazione e pertanto soltanto dal quel momento i rapporti dovranno considerarsi di lavoro subordinato a tempo indeterminato senza possibilità di prova contraria.
Avevamo notato6 da subito come il limite numerico individuato dalla riforma apparisse assolutamente arbitrario e scollegato da qualsiasi indice, ancor meno se (anche volendo ammettere la significanza ed in qualche modo la scarsa “credibilità” di un numero particolarmente elevato di contratti di associazione in partecipazione) si considera la diversa rilevanza del medesimo numero in riferimento ad un’attività di modesta grandezza piuttosto che ad una di elevatissime dimensioni. Appunto per questo difetto di equilibrio e ragionevolezza della riforma, oltre che per la mancanza di un periodo transitorio, si è resa necessaria, come vedremo, la stipula di un contratto collettivo come quello in esame.
Infine, la Riforma fa salvi (comma 29) fino alla loro cessazione, solo «i contratti in essere che, alla data di entrata in vigore della presente legge, siano stati certificati ai sensi degli articoli 75 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276». Anche in tal caso, non si capisce perché, viste la finalità della certificazione, l’esenzione dalla presunzione sia stato riservato solo alle certificazioni antecedenti alle norma, e non anche a quelle successive.
Le presunzioni relative
Il comma 307 dell’art. 1 della Riforma ho introdotto invece una serie di presunzioni relative come di seguito descritte.
6 Sono salvaguardati solo i contratti in essere purché certificati ai sensi degli art.75 e seguenti del D.Lgs. 10 settembre 2003, n.276 e ciò fino alla loro scadenza.
7 «I rapporti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro instaurati o attuati senza che vi sia stata un’effettiva partecipazione dell’associato agli utili dell’impresa o dell’affare, ovvero senza consegna del rendiconto previsto dall’articolo 2552 del codice civile, si presumono, salva prova contraria, rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato. La predetta presunzione si applica, altresì, qualora l’apporto di lavoro non presenti i requisiti di cui all’articolo 69-bis, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, introdotto dal comma 26 del presente articolo».
Effettiva partecipazione agli utili e rendiconto
La prima presunzione riguarda l’effettiva partecipazione agli utili ed la consegna del rendiconto, senza i quali il rapporto di lavoro si considera salva prova contraria, rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Quanto all’effettiva partecipazione agli utili, già prima della riforma era stato osservato che tale requisito rivestiva un carattere essenziale nel contratto di associazione in partecipazione, tant’è che un patto volto ad escludere l’associante dalla partecipazione agli utili era da considerarsi nullo e che tale nullità si estendeva a tutto il contratto8.
Il Legislatore non ha fatto altro che riprendere le elaborazioni dottrinali e giurisprudenziali codificando le conseguenze della mancanza di tale requisito. Per quanto concerne il rendiconto, va ricordato che ab origine (art.2552, c.c.) esso è qualificato come un diritto dell’associato: adesso il comma 30 aggiunge che il rendiconto deve essere consegnato “materialmente” all’associato.
La consegna può essere effettuata nei modi consueti purché se ne conservi prova: a mano con firma per ricevuta, per raccomandata a/r etc. Per quanto riguarda i termini di consegna, nulla disponendo la legge, si ritiene che debbano essere prestabiliti nel contratto di associazione in partecipazione9.
Requisiti dell’apporto di lavoro
L’altra presunzione riguarda i requisiti che deve avere l’apporto di lavoro. Il comma 30 rinviando a sua volta al all’art.69-bis, comma 2, lettera a, del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (articolo rubricato in Altre prestazioni lavorative rese in regime di lavoro autonomo) stabilisce che l’apporto – inteso come attività lavorativa – deve essere:
connotato da competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi,
ovvero
da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell’esercizio concreto di attività.
Oltre che l’attività lavorativa in se stessa è quindi l’associato che deve possedere elevate competenze teoriche oppure capacità tecnico-pratiche richieste dalla norma: lo stesso le dovrà mettere a frutto nell’attività lavorativa dedotta in contratto.
Il contratto collettivo Golden Lady
La Golden Lady Company S.p.A ha sottoscritto in data 16 luglio 2012 un contratto collettivo con le associazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale (FEMCA CISL; FILCTEM CGIL; UILTA UIL) ai sensi dell’art. 8 del d.l. n. 138/2011 così come convertito nella Legge n.148/2011 (c.d. contratto collettivo di prossimità).Come si evince dalle premesse del contratto collettivo in esame, la predetta azienda, nell’ambito di un’attività composita di produzione e di successiva diffusione al dettaglio dei propri prodotti, si avvale su tutto il territorio nazionale di circa 1.200 lavoratori con ciascuno dei quali ha attivato un contratto di associazione in partecipazione con apporto di solo lavoro per la gestione dei propri punti vendita. A causa dell’elevato numero degli associati, che rientra abbondantemente nelle presunzioni assolute di legge, dai vertici aziendali è stata ravvisata pertanto l’opportunità di procedere con un accordo. Al riguardo, nel contratto collettivo si legge che «Le disposizioni contenute nell’articolo 1, commi 28 e 30 della legge n.
92/2012, produrranno i loro effetti entro dodici mesi dal 18 luglio 2012, data di entrata in vigore della norma»; ricordiamo che il comma 28 stabilisce il numero massimo di associati che possono essere impegnati in una medesima attività mentre il comma 30 introduce le presunzioni relative di lavoro subordinato di cui abbiamo parlato sopra, che considerati insieme- quantomeno al momento dell’accordo – hanno generato una situazione di forte criticità per l’azienda rispetto alla sostenibilità giuridica dei rapporti di associazione.
8 Anche la mancata liquidazione degli utili spettanti poteva essere e può ancora essere considerata mancanza di effettività alla partecipazione agli utili.
9 Peraltro una violazione formale di tali termini non determinerebbe la messa in discussione della genuinità del contratto.
Come si ricorderà con l’introduzione dell’art. 8 del d.l. n. 138/2011, noto anche come “Manovra di Ferragosto”, il Legislatore ha voluto attribuire alle Parti Sociali una facoltà estremamente ampia e delicata, quasi una vera e propria delega di responsabilità, di regolamentare direttamente alcuni importanti aspetti dei rapporti di lavoro.
In buona sostanza, tramite contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operanti in azienda, si possono realizzare specifiche intese su specifiche materie (es. modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite Iva, contratti a termine etc. ), in deroga non solo ai contratti collettivi nazionali ma addirittura a leggi dello Stato, con diverse finalità tra le quali alla maggiore occupazione10.
Sinteticamente, il predetto art. 8 consente accordi sulle seguenti materie
a) impianti audiovisivi e introduzione di nuove tecnologie;
b) mansioni del lavoratore, classificazione e inquadramento del personale;
c) contratti a termine, contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidarietà negli appalti e casi di ricorso alla somministrazione di lavoro;
d) disciplina dell’orario di lavoro;
e) modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite Iva, la trasformazione e la conversione dei contratti di lavoro e le conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio, il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio, il licenziamento della lavoratrice dall’inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione al lavoro, nonché fino ad un anno di età del bambino, il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore ed il licenziamento in caso di adozione o affidamento;
accordi la cui legittimità si basa sul loro essere finalizzati a.1, alla maggiore occupazione;
a.2 alla qualità dei contratti di lavoro all’adozione di forme di partecipazione dei lavoratori;
a.3 alla emersione del lavoro irregolare;
a.4 agli incrementi di competitività e di salario;
a.5 alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali;
a.6 agli investimenti e all’avvio di nuove attività.
Al riguardo si fa notare come nel contratto collettivo Golden Lady in esame – stipulato, come detto, ai sensi dell’art. 8 della Manovra di Ferragosto, - è specificato come la finalità sia quella di “garantire una maggiore occupazione a livello nazionale evitando nel contempo una crisi occupazionale”.
La posticipazione dell’efficacia della norma citata si è resa necessaria evidentemente al fine di valutare e graduare nel tempo le modalità di assunzione con contratto di lavoro subordinato dei lavoratori che fino a ieri avevano apportato la loro opera nei punti vendita aziendali mediante un contratto di associazione in partecipazione. Con scarsa attenzione sulle situazioni in corso, infatti, la Riforma Fornero non ha previsto nessun tipo di regime transitorio o di incentivo per la stabilizzazione dei rapporti che sarebbero stati messi “fuori gioco” dal novellato testo normativo.
Lasciando all’ultima parte di questo contributo considerazioni critiche, dall’esame specifico dell’accordo in commento si nota che esso prevede la stabilizzazione, entro 12 mesi dall’entrata in
10 Per un esame più approfondito si consenta il rimando a Manovra di Ferragosto: provvisorie considerazioni sull’articolo 8, di Xxxxxx Xxxxxx in La Circolare di Lavoro e Previdenza, 17 ottobre 2011, n. 40, p. 18.
vigore della legge, dei rapporti in essere con i propri associati con un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato fermo restando, laddove ne ricorrano i presupposti, l’applicazione del contratto di apprendistato e/o in alternativa le forme di incentivazione occupazionali11.
Sulla possibilità di assumere degli associati in partecipazione con contratto di apprendistato va fatta una riflessione. Gli associati in partecipazione hanno già apportato per partecipare proficuamente all’affare una prestazione di lavoro che non può che essere qualificata: diversamente non si spiegherebbe il ricorso a tale forma contrattuale che prevede “un’alleanza strategica” tra imprenditore e associato nella gestione dell’impresa o affare.
Quindi, si ritiene che le competenze formative che dovranno essere dedotte nel Piano Formativo Individuale non potranno essere che “diverse ed ulteriori” rispetto a quelle già possedute dagli associati ed estrinsecate nella collaborazione ad oggi prestata12.
Considerazioni
Senza voler entrare nel merito di un accordo collettivo sicuramente innovativo,e quindi suscettibile di evoluzioni man mano che anche aspetti più oscuri e incerti della norma verranno chiariti, il primo aspetto critico da esaminare è la compatibilità fra l’art. 8 del d.l. n. 138/2011 e la riforma.
Infatti lo scopo di quest’ultima, per quanto qui di interesse, era proprio quello di porre un deciso freno all’abuso esteso di contratti di lavoro autonomo-parasubordinato13. Tuttavia, i poteri estesi che l’art. 8 conferisce alle parti sociali sottoscrittori di accordi collettivi come previsti dalla norma, possono annullare o ritardare – come ben si vede nell’accordo in esame – gli scopi della riforma .
Se però usciamo dalle suggestioni teleologiche e ci attestiamo sul mero dettato normativo, la Manovra di Ferragosto (art. 8) e la riforma non appaiono in contraddizione e gli effetti di entrambi appaiono poter coesistere.
Se infatti a livello particolare la riforma Fornero detta nuove disposizioni in diverse fattispecie contrattuali, rimane – ad avviso di chi scrive – inalterato più in generale il potere delle Parti Sociali di prevedere delle deroghe finanche normative, purchè negli ambiti riservati e finalizzate agli scopi previsti, come sopra esaminato.
Del resto, ad una riforma sistematica del lavoro, quale è la L. 92/2012, di certo non poteva essere incognita la precedente regolamentazione – ed in particolare quell’art. 8 che era stato fronte di tante polemiche, soprattutto in vista della possibile gestione delle flessibilità (in entrata ed in uscita) del rapporto di lavoro che costituisce uno dei principali canali di attenzione anche della riforma Fornero.
Se, quindi, il legislatore del 2012 avesse voluto “depotenziare” l’art. 8 in vista delle riforme complessive attuate, avrebbe ben potuto (e dovuto) esplicitarlo; non avendolo fatto, sembra non potersi discutere l’applicabilità della facoltà derogatoria prevista dalla manovra di Ferragosto. Peraltro, qualora si dovesse ritenere per la inapplicabilità delle deroghe ai contenuti della nuova riforma (e questo potrebbe essere oggetto di un futuro pronunciamento chiarificatore a livello ministeriale) non solo si dovrebbe criticare nell’accordo in questione la posticipazione (di un anno) dell’efficacia della riforma, ma bensì la facoltà generale delle parti di concordare qualsiasi digressione alla norma.
Tuttavia, se invece si ritiene che l’art. 8 avesse potestà in materia, e quindi avesse potuto diversamente regolamentare i contratti di associazione in partecipazione14, resta da chiedersi perché semplicemente l’accordo non sia andato a derogare direttamente sul numero delle associazioni in partecipazione possibili nel caso concreto. La finalità raccontata dall’accordo (“garantire una
11 Nell’ipotesi di assunzione di lavoratori con contratto di apprendistato, peraltro, l’azienda si impegna sin da ora a confermare in servizio a tempo indeterminato tali contratti al termine del periodo di formazione.
12 Al riguardo vedi risposta ministeriale ad interpello n. 8/2007 del 2 febbraio 2007.
13 E, in particolare, la limitazione numerica della Riforma sembrava proprio voler guardare a fenomeni di particolare estensione, come quelli riguardanti l’accordo in argomento.
14 Benché l’art. 8 del Dl 138/2011 non faccia espresso riferimento all’associazione in partecipazione, a parere di chi scrive deve ritenersi per analogia anche a questa fattispecie applicabile; ma anche su questo punto potrebbero intervenire chiarimenti di xxxxxx.
maggiore occupazione a livello nazionale evitando nel contempo una crisi occupazionale”), finalità la cui esplicitazione, ricordiamo, e consistenza è condizione di validità dell’accordo ai fini legali, sarebbe stata senz’altro assicurata anche concedendo, con equa valutazione della sostenibilità complessiva dei contratti posti in essere, che Golden Lady potesse proseguire a praticare questi contratti in tal numero, anche tenendo presente che lo stesso documento dichiara che “la nuova disposizione legislativa determina la necessità di modificare in modo radicale la gestione e l’organizzazione della punti vendita con possibili conseguenza sulla sostenibilità economica di molti di essi”. Insomma, potendo (e concesso che si possa) derogare alla legge, perché accontentarsi di una diversa stabilizzazione temporale, quando il nuovo assetto, derivante dalla modifica normativa, rischia di determinare comunque l’insostenibilità economica di molti punti vendita ?
E ancora, data per scontata la legittimità e la sussistenza dei requisiti dei contratti di associazione in partecipazione, al fine di non sconvolgere il regolare assetto distributivo faticosamente realizzato a livello nazionale, non sarebbe stato più utile procedere alla certificazione dei contratti in corso, nonché alla conclusione di un accordo per cui anche i nuovi contratti sottoposti a certificazione avrebbero potuto sottrarsi alla logica numerica restrittiva (non più di tre) della riforma ?
O ancora, agire in fase derogatorio-interpretativa, stabilendo – sempre con un accordo del medesimo tipo - che il termine “attività” previsto dalla legge avrebbe dovuto nel caso concreto essere riferito alla gestione del singolo punto vendita?
Ovviamente, l’accordo è scaturito dalle dinamiche di confronto delle parti sociali, e tali disquisizioni rimangono in parte ad un livello puramente accademico. Tuttavia, anche a fronte di tali riflessioni, ciò che appare a chi scrive, al di là dello scarno enunciato dell’accordo, è che in realtà si sia trattato di un accordo per la trasformazione e la conversione dei contratti di lavoro (peraltro, come esaminato, fattispecie pur prevista nelle competenze dell’art. 8) .
Resta infatti a nostro parere che siano le stesse parti firmatarie dell’accordo a raccontarci, fra le righe, di una loro non elevata convinzione (al di là di aspetti formali che pure saranno stati pedissequamente rispettati) sulla piena validità e sostenibilità del sistema posto in essere, o quantomeno di una consistente parte dei rapporti inquadrati come associazione in partecipazione, con la necessità – pertanto – di un loro adeguamento graduale (dato che una sistemazione istantanea sarebbe stata economicamente e dal punto di vista organizzativo dirompente).
Anche perché, in caso contrario, l’esperienza ci dice che non sempre un reale rapporto di associazione può facilmente trasferirsi in un rapporto subordinato sulla base della sola disponibilità dell’imprenditore (in un effettivo contratto associativo il prestatore associato potrebbe non avere alcuna convenienza, né economica né organizzativa, a tale trasformazione).
Da ultimo, non sono da dimenticare le incentivazioni economiche che attualmente sono previste, a livello nazionale e locale, per la promozione di rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato: anche in questo caso, il Legislatore o il Ministero dovrebbero specificare se tali agevolazioni siano di spettanza anche nei casi di “emersione” – comunque la si voglia formalmente considerare – come quello qui esaminato.
Xxxxxx Xxxxxxx
ADAPT Professional Fellow
Xxxxxx Xxxxxx
Consulente del Lavoro in Milano
* Il presente articolo è pubblicato anche in La Circolare di Lavoro e Previdenza-Gr. Euroconference, n. 39/2012.