PARTE I: NORME GENERALI 1
PARTE I: NORME GENERALI 1
Art. 1 - Documenti che fanno parte della documentazione contrattuale 1
Art. 2 - Esecuzione e rispondenza delle opere al progetto 1
Art. 3 – Obbligo di documentare lo stato dei luoghi prima di procedere all’esecuzione dei lavori 1
Art. 4 - Conservazione delle opere 1
Art. 5 - Autorizzazioni e osservanza dei regolamenti 2
Art. 6 - Esecuzione delle opere 2
Art. 7 - Direzione del personale ed uso dei mezzi d’opera 2
Art. 8 - Sbarramenti - protezioni 2
Art. 9 - Circolazione delle persone 2
Art. 10 - Accatastamento dei materiali all’interno del cantiere e allontanamento dei materiali di risulta 3
Art. 11 - Qualità e provenienza dei materiali 3
Art. 12 - Prezzi 3
Art. 13 - Campionature di opere e materiali 3
PARTE II: LAVORAZIONI E OPERE COMPIUTE – NUOVE INTEGRAZIONI 5
Art. 14 – rimozioni e demolizioni 5
1. Descrizione 5
2. Esecuzione delle opere 5
Art. 15 - Scavi 7
1 Descrizione 7
3. Esecuzione delle opere 7
4. Requisiti 8
5. Specifiche protezioni provvisorie durante il corso dei lavori e/o alla conclusione degli stessi 8
Art. 16 - Getti in calcestruzzo 9
1 Descrizione 9
2 Caratteristiche dei materiali 9
3. Esecuzione delle opere 14
4. Requisiti 15
5. Criteri di accettazione delle opere 15
Art. 17 - consolidamento della calotta sotto-absidale 15
1. Descrizione 15
2. Caratteristiche dei materiali 16
3. Esecuzione delle opere 17
5. Criteri di accettazione delle opere 18
Art. 18 - Murature in laterizio 18
1. Descrizione 18
2. Caratteristiche dei materiali 18
3. Esecuzione delle opere 21
4. Requisiti 22
5. Criteri di accettazione delle opere 22
Art. 19 - Murature in calcestruzzo alveolare autoclavato 22
1. Descrizione 22
2. Caratteristiche dei materiali 23
3. Esecuzione delle opere 23
ART. 20 - Impermeabilizzazione 24
1. Descrizione 24
2. Caratteristiche dei materiali 24
3. Esecuzione delle opere 25
4. Criteri di accettazione delle opere 25
Art. 21 - Vespai di sottofondo 25
1. Descrizione 25
2. Caratteristiche dei materiali 25
Art. 22 - Sottofondi 26
1. Descrizione 26
2. Caratteristiche dei materiali 27
3. Esecuzione delle opere 28
4. Requisiti 29
5. Specifiche protezioni provvisorie durante il corso dei lavori e/o alla conclusione degli stessi 29
6. Criteri di accettazione delle opere 29
Art. 23 - Massetti 29
1. Descrizione 29
2. Composizione e caratteristiche dei materiali 29
3. Esecuzione delle opere 30
4. Requisiti 31
5. Specifiche protezioni provvisorie durante il corso dei lavori e/o alla conclusione degli stessi 31
6. Criteri di accettazione delle opere 31
Art. 24 - Intonaci e rasature per nuove murature 31
1. Descrizione 31
2. Caratteristiche dei materiali 31
3. Esecuzione delle opere 33
4. Criteri di accettazione delle opere 34
Art. 25 - Pavimenti e rivestimenti 34
1. Descrizione 34
2. Caratteristiche dei materiali 34
3. Esecuzione delle opere 37
4. Requisiti 37
5. Specifiche protezioni provvisorie durante il corso dei lavori e/o allaconclusione degli stessi 38
6. Norme di riferimento 38
7. Criteri di accettazione delle opere 38
Art. 26 - Opere in pietra naturale 39
1. Descrizione 39
2. Caratteristiche dei materiali 39
3. Esecuzione delle opere 40
4. Criteri di accettazione delle opere 40
Art. 27 - Infissi 40
1. Descrizione 40
2. Caratteristiche dei materiali 41
3. Esecuzione delle opere 42
4. Requisiti 42
5. Criteri di accettazione delle opere 42
ART. 28 – CANCELLI E OPERE IN FERRO 43
1. Descrizione 43
2. Caratteristiche dei materiali 43
3. Esecuzione delle opere 43
4. Specifiche protezioni provvisorie durante il corso dei lavori e/o alla conclusione degli stessi 45
5. Criteri di accettazione delle opere 45
Art. 29 - Opere di tinteggiatura 46
1. Descrizione 46
2. Caratteristiche dei materiali 46
3. Esecuzione delle opere 47
4. Criteri di accettazione delle opere 47
Art. 30 - Protezione antincendio 48
1. Descrizione 48
2. Caratteristiche dei materiali 48
3. Esecuzione delle opere 48
4. Misure di controllo e accettabilità dell’opera 48
ART. 31 - ELEMENTI A VISTA DELL’IMPIANTO ELETTRICO E TRASMISSIONE DATI 48
1. Descrizione 48
2. Caratteristiche dei materiali 48
3. Esecuzione delle opere 49
4. Specifiche protezioni provvisorie durante il corso dei lavori e/o alla conclusione degli stessi 51
5. Criteri di accettazione delle opere 51
Art. 32 - Assistenze 51
1. Descrizione 51
PARTE III 53
OPERE PER LA CONSERVAZIONE DEI MATERIALI, DELLE SUPERFICI E DEI MANUFATTI IN OPERA 53
CAPO I 53
QUALITÀ, NATURA E PROVENIENZA DEI MATERIALI 53
Art. 33 - Sabbie, ghiaie, argille espanse, pomice, pietre naturali, marmi 53
Sabbie 53
Polveri: silice ventilata, silice micronizzata 54
Ghiaia e pietrisco 54
Aggregati leggeri 54
Art. 34 - Acqua e leganti 55
Acqua per costruzioni 55
Acqua per puliture 55
Leganti aerei e idraulici, cementi 56
Resine sintetiche 58
Art. 35 - Malte e conglomerati 59
Art. 36 - Laterizi 60
Art. 37 - Colori e vernici 60
Art. 38 - Prodotti per la puliTURA E LA DISINFESTAZIONE dei materiali lapidei 61
Generalità 61
Pulitura con acqua nebulizzata 62
Pulitura mediante reagenti chimici 62
Argille adsorbenti 64
Impacchi biologici 64
Biocida 64
Art. 39 - Prodotti impregnanti 65
Generalità 65
Impregnanti per il consolidamento 66
CAPO II 69
INDAGINI E PROVE DI LABORATORIO 69
ART. 40 - INDAGINI SUGLI INTONACI E I DIPINTI MURALI 69
ART. 41 - La restituzione grafica 69
ART. 42 - Prove preliminari all'intervento di consolidamento E TRATTAMENTO SUPERFICIALE dei materiali 70
CAPO III 71
MODALITÀ DI ESECUZIONE DELLE OPERE 71
Art. 43 - OPERE DI Pulitura 71
Generalità 71
Sistemi di pulitura 73
Bonifica da microflora 77
Art. 44 - Murature, opere di conservazione 78
Generalità 78
Risarcitura delle murature mediante la tecnica dello scuci-cuci 79
Ristilatura dei giunti di malta 79
Consolidamento mediante iniezioni a base di miscele leganti 80
Risarcimento dei paramenti murari mediante stuccature e opere di “rincoccio” 81
Art. 45 - Consolidamento dei materiali 82
Generalità 82
Preconsolidamento di superfici decoese 83
Consolidamento mediante sistemi di ancoraggio e reincollaggio 83
Consolidamento chimico 84
Consolidamento corticale 84
Applicazione dei principali consolidanti 84
Art. 46 - Trattamenti protettivi di materiali e superfici 86
Generalità 86
Protezione chimico-fisica 87
Art. 47 - Conservazione e integrazione degli intonaci 90
Generalità 90
Interventi di conservazione 91
Conservazione e riadesione di intonaci distaccati mediante iniezioni a base di miscele idrauliche 91
Conservazione di intonaci e decorazioni distaccati mediante ancoraggi puntuali e microbarre di armatura 94
Stuccature e trattamento delle lacune 94
Trattamento conservativo di pareti intonacate con malte a base di calce 95
Art. 48 - Opere di scialbatura, velatura e finitura delle superfici 97
Generalità 97
Esecuzioni particolari 98
Art. 49 – Conservazione dei dipinti murali 99
Art. 50 - Interventi di conservazione dei manufatti lapidei 100
Generalità 101
Opere in marmo, pietre naturali ed artificiali 101
Opere di restauro 102
ART. 51 - Pavimenti in cotto - interventi di conservazione 104
Generalità 104
Art. 52 - Conservazione dei manufatti in metallo 106
Generalità 106
Pulitura 106
Riapplicazione di eventuali elementi decorativi distaccati 110
Rivestimenti protettivi e cicli di pitturazione 110
ART. 53 - Consolidamento mediante tiranti metallici 112
ART. 54 - Interventi di conservazione dei serramenti 112
art. 55 - Opere da vetraio 113
ART. 56 - Opere da pittore 113
Generalità 113
PARTE I: NORME GENERALI
ART. 1 - DOCUMENTI CHE FANNO PARTE DELLA DOCUMENTAZIONE CONTRATTUALE
I documenti che hanno valore ai fini della definizione delle opere oggetto di appalto sia per quanto riguarda la loro consistenza e qualità sia ai fini della loro liquidazione e che costituiscono unico riferimento del contratto d’appalto, sono quelli riportati nell’Allegato 1 al presente capitolato.
ART. 2 - ESECUZIONE E RISPONDENZA DELLE OPERE AL PROGETTO
Tutte le opere e le prestazioni necessarie alla realizzazione di quanto previsto nel contratto d’appalto dovranno essere realizzate nel rispetto:
− di quanto contenuto negli elaborati di progetto1 allegati al contratto d’appalto;
− delle regole dell’arte2;
Nel caso di non corrispondenza fra quanto indicato dai diversi elaborati di progetto e
quelli del progetto architettonico o in caso di dubbio sull’interpretazione di quanto negli stessi contenuto, è compito dell’Appaltatore richiedere alla D.L. e alla D.A.3 gli opportuni chiarimenti, prima di eseguire l’opera o la fornitura.
È inoltre fatto carico e responsabilità all’impresa appaltatrice il controllo di congruenza fra lo stato dei luoghi e quanto deve essere realizzato. A tal fine la stessa dovrà procedere senza alcun compenso aggiuntivo al rilievo di dettaglio ogniqualvolta ciò sia necessario a consentire una esecuzione a regola d’arte.
Quanto sopra riportato, oltre ai requisiti e alle condizioni di accettazione, se di seguito specificate per singole opere o prestazioni, costituisce condizione irrinunciabile per l’accettazione dell’opera o della prestazione.
ART. 3 – OBBLIGO DI DOCUMENTARE LO STATO DEI LUOGHI PRIMA DI PROCEDERE ALL’ESECUZIONE DEI LAVORI
Prima di procedere all’esecuzione delle opere, sia di conservazione che di nuova esecuzione, l’impresa dovrà effettuare, a proprie cura e spese, un dettagliato rilievo fotografico dello stato dei luoghi. Di tale documentazione dovrà essere inoltrata copia alla D.L. prima di dare inizio alle specifiche lavorazioni.
ART. 4 - CONSERVAZIONE DELLE OPERE
Per tutte le opere eseguite è richiesta la normale conservazione e la normale custodia al fine di pervenire alla consegna delle stesse, all’Ente appaltante, garantendone la qualità e le caratteristiche richieste dal contratto.
1 Nel presente capitolato quando si parla di progetto si intendono in generale tutti i documenti (elaborati grafici e testuali, comprese le relazioni) costituenti il progetto.
2 Nel presente capitolato, per regole dell'arte o regola d’arte si intende l'insieme delle tecniche considerate corrette per l'esecuzione di determinate lavorazioni e per la realizzazione di manufatti. A
questo fine si ritengono applicate, anche se non espressamente richiamate, le norme e i regolamenti emanati dai cosiddetti "enti di normazione", i quali stabiliscono specifiche tecniche di dettaglio nell'ottica di promuovere la definizione di standard tecnici riconosciuti. riguardanti l'utilizzo di determinati materiali, strumenti, procedure e soluzioni realizzative volte a garantire la qualità estetica e prestazionale del prodotto.
3 Direzione Lavori. Nella la dicitura D.L. si intende compresa, se presente, la Direzione Artistica.
Stessa cura e responsabilità è richiesta per quanto esistente o già realizzato, sul quale il progetto non prevede interventi, al fine di riconsegnarlo all’Ente appaltante nello stesso stato di conservazione nel quale si trovava prima dell’esecuzione delle opere previste dal contratto d’appalto.
ART. 5 - AUTORIZZAZIONI E OSSERVANZA DEI REGOLAMENTI
L'Impresa prima della esecuzione dei lavori dovrà predisporre e sottoscrivere il "programma dei lavori”, che dovrà essere consegnato alla D.L.
I lavori e le prestazioni dovranno essere eseguiti secondo le leggi, regolamenti ed ordinanze delle Autorità che ne abbiano giurisdizione. Tutti gli oneri e spese necessarie per l'esecuzione dei lavori per quanto disposto dalle Autorità, non dovranno comportare costi addizionali alla Committente.
Non sarà ammesso chiudere passaggi interni senza previa autorizzazione della D.L.; lo stesso per quanto riguarda strade marciapiedi e passaggi esterni senza previa autorizzazione delle Autorità Competenti.
In ogni caso tutte le operazioni dovranno attenersi a quanto previsto nel “piano di sicurezza e coordinamento”.
ART. 6 - ESECUZIONE DELLE OPERE
L’Appaltatore dovrà impiegare i migliori mezzi e le migliori tecniche ed essere così in grado di affrontare, in ogni stadio dei lavori, tutte quelle evenienze che possano presentarsi.
A questo scopo, l'Appaltatore determinerà, in accordo con la D.L. e sotto la propria responsabilità, la tecnica più opportuna, i mezzi d'opera, l'impiego di personale e la successione dei lavori fermo restando le più particolari condizioni più sotto indicate.
ART. 7 - DIREZIONE DEL PERSONALE ED USO DEI MEZZI D’OPERA
Il personale impiegato dovrà avere preparazione e pratica specifiche, sia per l'esecuzione materiale dei lavori che per la individuazione immediata di condizioni di pericolo.
L'attività del personale impiegato dovrà essere sottoposta all'Autorità di un responsabile; ogni gruppo di dieci persone dovrà essere guidato e sorvegliato da un capo squadra.
Non potranno essere impiegati attrezzi, l’impiego dei quali, possa pregiudicare lo stato e la consistenza delle componenti edilizie. Gli utensili adottati dovranno essere appropriati al lavoro da eseguire.
ART. 8 - SBARRAMENTI - PROTEZIONI
La zona interessata dai lavori dovrà essere delimitata con particolare cura, sia per quanto riguarda il transito delle persone, che per quello degli addetti ai lavori. In corrispondenza dei passaggi dovranno essere collocate opportune ed idonee opere per proteggere i passaggi stessi da eventuali cadute di materiali dall'alto. Xxxxxx protezioni dovranno anche essere poste a difesa delle proprietà confinanti ove queste possano essere comunque interessate dalla caduta di materiali di risulta.
ART. 9 - CIRCOLAZIONE DELLE PERSONE
Nel caso venissero ancora utilizzati passaggi, corridoi, percorsi in genere nell'ambito delle aree di intervento, questi dovranno essere protetti lateralmente e verso l'alto
con cesate ed impalcati al fine di garantire l'assoluta incolumità di coloro che vi transitano.
Sulle zone di solai parzialmente demoliti dovranno essere disposti solidi parapetti. Tra i materiali depositati in cantiere dovranno sempre essere lasciati passaggi sufficientemente ampi, avendo cura che non vi sporgano parti pericolose di legno, ferro, ecc. I predetti passaggi dovranno essere tali che in ogni posizione di lavoro la via di fuga sia sempre facile ed evidente.
ART. 10 - ACCATASTAMENTO DEI MATERIALI ALL’INTERNO DEL CANTIERE E ALLONTANAMENTO DEI MATERIALI DI RISULTA
Nell’accatastamento dei materiali all’interno dell’area di cantiere si dovrà avere particolare cura affinché non si verifichino confusi accatastamenti, sovraccarichi e pressioni pericolose su strutture orizzontali e verticali.
I materiali di demolizione non dovranno essere accumulati sui solai, sulle volte, contro le pareti né sui ponti di servizio; i materiali stessi dovranno essere sollecitamente allontanati con mezzi di ogni genere purché sicuri.
Particolare attenzione dovrà essere posta nella separazione dei rifiuti secondo le tipologie di smaltimento.
ART. 11 - QUALITÀ E PROVENIENZA DEI MATERIALI
I materiali dovranno pervenire in cantiere nei loro imballaggi originali chiusi e recanti chiare indicazioni circa la Ditta produttrice, il nome commerciale, la qualità, le dimensioni, il colore, la classe di reazione al fuoco e quant’altro necessario alla univoca identificazione del prodotto.
Tutti i materiali se richiesto dovranno essere certificati in “classe 1” di reazione al fuoco ai sensi del D.M. 26 Giugno 1984 “Classificazione di reazione al fuoco ed omologazione dei materiali ai fini della prevenzione incendi”, a meno di diverse prescrizioni riportate sugli elaborati di progetto. In questo caso i materiali potranno essere accettati solo se accompagnati dei relativi certificati da allegare al C.P.I.
Tutti i materiali impiegati prima del loro impiego dovranno essere approvati dalla DL, anche in relazione alle scelte cromatiche definitive. Quando approvati dovranno essere impiegati materiali di medesima composizione, periodo di fabbricazione, provenienza e qualità.
ART. 12 - PREZZI
I prezzi esposti nell’elenco prezzi debbono intendersi comprensivi, oltre che delle forniture e della messa in opera, anche degli gli oneri per la pulizia la preparazione, le assistenze necessarie se non espressamente riconosciute da apposita voce di prezzo, il trasporto e lo scarico in cantiere, la conservazione dell’opera compiuta.
Il prezzo si intende pertanto comprensivo di tutto quanto necessario per dare l’opera finita a perfetta regola d’arte.
ART. 13 - CAMPIONATURE DI OPERE E MATERIALI
Prima di dare inizio alla esecuzione delle opere e delle forniture, l’impresa Appaltatrice dovrà produrre a sua cura e spese i seguenti campioni che dovranno essere approvati dalla DL:
Opere di conservazione
Di tutte le opere di conservazione dovrà essere sottoposta alla D.L., per approvazione, una campionatura prima di procedere alla loro esecuzione. La posizione e la singola modalità esecutiva dovranno essere concordate con la D.L.
Opere di integrazione
1) una porzione di pavimentazione in battuto in cocciopesto per l’integrazione delle parti mancanti del pavimento e dei giunti in acciaio brunito;
2) elementi in acciaio brunito dell’impianto elettrico:
− una scatola per l’alloggiamento delle derivazioni elettriche a parete;
− un elemento per il raccordo dei tubi di rame in corrispondenza degli angoli;
− una colonna a pavimento.
3) Lamiera forata per i cancelli del Sacello e per la struttura del lapidario;
4) Verniciature di finitura delle opere in ferro;
5) Mattoni di recupero;
6) Medoni in cotto di recupero;
7) Leganti idraulici naturali e aerei;
8) Aggregati e cocciopesto;
9) Intonaci e rasature.
PARTE II: LAVORAZIONI E OPERE COMPIUTE – NUOVE INTEGRAZIONI
ART. 14 – RIMOZIONI E DEMOLIZIONI
1. Descrizione
Le opere di rimozione riguardano:
− l’eliminazione dell’impianto di illuminazione attivo costituito da tubi in PVC, dalle lampade al neon e dai relativi frutti, che attraversa il Lapidario, il Navazzone e parte del Sacello e in generale delle componenti impiantistiche indicate sugli
elaborati grafici;
− la rimozione delle porzioni di pavimento in battuto di malta, presumibilmente cementizia, nel Navazzone;
− la rimozione delle porte dei due accessi dall’archivio, della porta di ingresso al piano terra, della porta verso il cortiletto;
− la rimozione accurata a mano della pavimentazione in pietra nel tratto del passaggio verso xxx Xxxxxx, xx xxxxx xxxxx, xx xxxxxxxxxxxxxx xxx xxxxxx da rifare;
− la rimozione accurata a mano della pavimentazione in cotto nella zona dell’altare;
− la rimozione della ringhiera nel tratto del passaggio verso xxx Xxxxxx, xx xxxxx xxxxx, xx xxxxxxxxxxxxxx xxx xxxxxx da rifare;
− la formazione di fori per il passaggio degli impianti.
Le opere di demolizione riguardano:
− il solaio in laterocemento nel disimpegno fra la cripta e l’archivio;
− la muratura in mattoni pieni che separa il disimpegno dal cortiletto retro-absidale: tale lavorazione dovrà comunque essere autorizzata dalla D.L., che valuterà l’opportunità di mantenerla in opera viste le condizioni in cui si presenterà dopo la
demolizione del solaio soprastante.
2. Esecuzione delle opere
2.1 Prescrizioni generali
Le demolizioni di murature, calcestruzzi, ecc., sia parziali che complete, devono essere eseguite con ordine e con le necessarie precauzioni prestando la massima attenzione al rispetto delle strutture esistenti. Pertanto all'intorno delle aree oggetto di demolizioni, anche parziali, dovranno essere adottate protezioni e altri accorgimenti onde evitare qualsiasi genere di danneggiamento.
In particolare sarà cura dell’Appaltatore in accordo con la D.L. individuare gli strumenti più adeguati da impiegarsi nella demolizione al fine di evitare interventi distruttivi eccedenti quanto richiesto. Per l’esecuzione di particolari demolizioni potrà essere richiesto l’impiego di dischi o fili diamantati.
È vietato sollevare polvere, per cui l’area delle demolizione deve essere adeguatamente segregata; è in generale vietato bagnare i materiali da demolire all’interno dei locali.
Nelle demolizioni e rimozioni l'Appaltatore deve inoltre provvedere alle eventuali necessarie puntellature per sostenere le parti che devono essere mantenute e disporre in modo da non deteriorare i materiali risultanti, quando previsto che debbano essere reimpiegati secondo quanto indicato dalla Direzione dei lavori, sotto pena di rivalsa di danni a favore della stazione appaltante.
Le demolizioni dovranno limitarsi alle parti ed alle dimensioni prescritte. Quando, anche per mancanza di puntellamenti o di altre precauzioni, venissero demolite altre parti od oltrepassati i limiti fissati, queste saranno ricostruite e rimesse in pristino a cura e spese dell'Appaltatore, senza alcun compenso.
Tutti i materiali riutilizzabili, a giudizio insindacabile della Direzione dei lavori, devono essere opportunamente puliti, custoditi, trasportati ed ordinati nei luoghi di deposito che verranno indicati dalla Direzione stessa, usando cautele per non danneggiarli sia nella pulizia, sia nel trasporto, sia nei loro assestamento e per evitarne la dispersione.
Detti materiali restano tutti di proprietà della Stazione Appaltante, la quale potrà ordinare all'Appaltatore di impiegarli in tutto od in parte nei lavori appaltati.
I materiali di scarto provenienti dalle demolizioni e rimozioni devono sempre dall'Appaltatore essere trasportati fuori del cantiere nei punti indicati e successivamente smaltiti alle pubbliche discariche.
2.2 Murature
Per murature piene e tavolati si intendono le partizioni interne o porzioni di esse opache sia strutturali che prive di tale funzione.
Le lavorazioni saranno eseguite con tecniche che non pregiudichino la stabilità delle murature e delle parti che devono restare in opera, anche ricorrendo, quando necessario, all’impiego di seghe a lama diamantata.
Prima della demolizione l'appaltatore dovrà predisporre tutti gli accorgimenti allo scopo di circoscrivere la rumorosità e la polverulenza dell'operazione.
Prima della demolizione l'Appaltatore dovrà accertarsi che siano state disconnesse eventuali reti elettriche presenti.
L'Appaltatore dovrà provvedere a puntellamenti, sbadacchiature ed altri accorgimenti come ponteggi, castelli, ecc. per la demolizione dei tamponamenti e delle strutture verticali.
Durante le lavorazioni l'Appaltatore dovrà attenersi scrupolosamente alle disposizioni e istruzioni per la demolizione delle strutture verticali impartite dalla DL e dovrà utilizzare attrezzature per il taglio dei ferri di armatura dei pilastri conformi alle norme di sicurezza. Dovrà inoltre essere garantito l'utilizzo di schermi ecc. per evitare la caduta di materiale durante l'operazione, ed in ogni modo dovrà essere delimitata l'area soggetta a caduta di materiale durante la demolizione.
2.3 Formazione di fori per il passaggio impianti e strutture di rinforzo
L’individuazione e la modalità di esecuzione delle forometrie da eseguire dovrà essere preventivamente concordata con la D.L. dopo aver definito e verificato tutte le opere impiantistiche previste dal progetto.
In generale le rottura in breccia per il passaggio degli impianti o per la collocazione di elementi di rinforzo statico dovranno essere limitate il più possibile, adottando sempre il principio di operare lungo i percorsi di minor resistenza.
2.4 Porte
Si tratta di porte in ferro, costituite da un sistema di telai falsi, fissi e mobili.
I serramenti dovranno essere rimossi senza arrecare danno ai paramenti murari ovvero tagliando con mola abrasiva le zanche di ancoraggio del telaio o del falso telaio alla muratura medesima, senza lasciare elementi metallici o altre asperità in sporgenza dal filo di luce del vano.
Qualora il Committente intenda riutilizzare tutti o parte dei serramenti rimossi dovrà segnalare per iscritto, prima dell'inizio lavori, all'Appaltatore il numero, il tipo e la posizione degli stessi che, previa maggiorazione dei costi da quantificarsi per iscritto
in formula preventiva, saranno rimossi integralmente e stoccati in luogo protetto dalle intemperie e dall'umidità di risalita o dagli urti, separatamente dagli altri in attesa di definizione della destinazione.
2.5 Pavimento in pietra
Il pavimento in pietra del passaggio verso via Xxxxxx xxxx rimosso con cura a mano, solo in seguito alla mappatura delle lastre; ogni lastra sarà identificata da un codice che ne consenta la ricollocazione in opera nella posizione originale.
2.6 Xxxxxxxxxx, massetti
I sottofondi e i massetti possono essere rimossi dopo che è stata verificata la disconnessione da eventuali reti impiantistiche che in essi possono essere state annegate.
Qualora la polverosità dell'operazione risulti particolarmente rilevante e le protezioni siano inefficaci l'appaltatore avrà cura di bagnare il materiale oggetto dell'operazione.
La scelta delle attrezzature destinate alla demolizione dovrà tenere in considerazione la natura del materiale da demolire, la sua elasticità, l'innesco di vibrazioni e la presenza di apparecchiature di particolare carico concentrato gravanti sulle volte.
ART. 15 - SCAVI
1 Descrizione
Il progetto prevede l’esecuzione di piccoli scavi nell’area dell’altare, del disimpegno e in piccole porzioni diffuse, necessari a raggiungere la quota di imposta della stratigrafia di progetto.
3. Esecuzione delle opere
3.1 Prescrizioni generali
Gli scavi in genere saranno eseguiti a mano e secondo i disegni di progetto e le particolari prescrizioni che saranno date all'atto esecutivo dalla Direzione Lavori.
Le materie provenienti dagli scavi in genere, ove non siano utilizzabili, o non ritenute adatte, a giudizio insindacabile della Direzione Lavori, ad altro impiego nei lavori, dovranno essere portate a rifiuto fuori della sede del cantiere, ai pubblici scarichi, ovvero su aree che l'Appaltatore dovrà provvedere a sua cura e spese. Qualora le materie provenienti dagli scavi dovessero essere utilizzate dovranno essere depositate in luogo adatto, accettato dalla Direzione Lavori, per essere poi riprese a tempo opportuno. In ogni caso le materie depositate non dovranno riuscire di danno ai lavori, ai manufatti e alle proprietà pubbliche o private in genere. La Direzione Lavori potrà far asportare, a spese dell'Appaltatore, le materie depositate in contravvenzione alle precedenti disposizioni.
3.2 Scavi a sezione ristretta
Per scavi a sezione ristretta in generale s'intendono quelli incassati necessari per dar luogo ai muri o pilastri di fondazione propriamente detti. In ogni caso saranno compresi come scavi di fondazione quelli effettuati per piccole porzioni all’interno dei locali.
Qualunque sia la natura e la qualità del terreno, gli scavi per il raggiungimento della quota di posa della stratigrafia di pavimento dovranno essere spinti fino alla
profondità che dalla Direzione Lavori verrà ordinata all'atto della loro esecuzione. Le profondità che si trovino indicate nei disegni di consegna sono perciò di semplice avviso e l'Amministrazione appaltante si riserva piena facoltà di variarle nella misura che reputerà più conveniente, senza che ciò possa dare all’Appaltatore motivo alcuno di fare eccezione o domande di speciali compensi, avendo egli soltanto diritto al pagamento del lavoro eseguito, coi prezzi contrattuali stabiliti per le varie profondità da raggiungere.
Gli scavi, quando occorra, dovranno essere solidamente puntellati e sbadacchiati con robuste armature, in modo da assicurare abbondantemente contro ogni pericolo gli operai, ed impedire ogni smottamento di materia durante l'esecuzione, sia del terreno sia delle strutture e delle murature in opera. L'Appaltatore è responsabile dei danni ai lavori, alle persone, alle proprietà pubbliche e private che potessero accadere per la mancanza o insufficienza di tali puntellazioni o sbadacchiature, alle quali egli deve provvedere di propria iniziativa, adottando anche tutte le precauzioni riconosciute necessarie, senza rifiutarsi per nessun pretesto di ottemperare alle prescrizioni che al riguardo gli venissero impartite dalla Direzione Lavori.
3.3 Scavi di accertamento e ricognizione
Tali operazioni si effettueranno solo ed esclusivamente dietro esplicita richiesta e sorveglianza della D.L., seguendo le indicazioni e le modalità esecutive da essa espresse e/o dal personale tecnico incaricato. I detriti e i terreni andranno sempre rimossi con la massima attenzione previa effettuazione di piccoli sondaggi per determinare la quota delle strutture sottostanti in modo da evitare danni e rotture ai materiali che le compongono. Le rimozioni dei materiali si effettueranno generalmente a mano, salvo diverse prescrizioni della D.L. per l'utilizzo di idonei mezzi meccanici. Tutto il materiale di risulta potrà essere allontanato alle discariche a spese dell'Appaltatore dietro indicazione della D.L.
3.4 Scavi archeologici
Si potranno effettuare non prima di aver ben delimitato tutta l'area di cantiere ed ottenuto tutte le autorizzazioni da parte dei competenti organi di tutela dei beni oggetto di scavo e solo dietro sorveglianza ed indicazione del personale preposto. Si eseguiranno a mano, con la massima cura ed attenzione, da personale specializzato ed opportunamente attrezzato. Gli scavi si differenzieranno in base al tipo di terreno alla tipologia e alla posizione delle strutture emergenti e/o sepolte, alla variabilità delle sezioni di scavo, alle caratteristiche dei manufatti e dei reperti. Si potranno effettuare operazioni con differente grado di accuratezza nella vagliatura delle terre e nella cernita e selezione dei materiali, nella pulitura, allocazione e cartellinatura di quanto trovato in appositi contenitori e/o cassette.
Saranno a carico dell'Appaltatore tutte le assistenze quali la preventiva quadrettatura dell'area di scavo, l'apposizione dei riferimenti topografici, la cartellinatura, il ricovero e la custodia dei materiali in locali attrezzati.
4. Requisiti
Lo scavo dovrà restituire un piano d’appoggio per la nuova stratigrafia di pavimento adeguatamente regolare e stabile.
5. Specifiche protezioni provvisorie durante il corso dei lavori e/o alla conclusione degli stessi
Prima di procedere all’esecuzione delle lavorazioni l’Appaltatore dovrà provvedere a propria cura e spese alla messa in sicurezza delle murature circostanti e dell’altare,
con apprestamenti adeguati a garantire che non possano essere danneggiati da urti con persone o attrezzi durante le lavorazioni.
ART. 16 - GETTI IN CALCESTRUZZO
1 Descrizione
L’esecuzione di opere in calcestruzzo è relativa alla formazione del solaio del disimpegno fra la cripta e l’archivio. Tale solaio dovrà garantire la classe REI 120 di resistenza al fuoco.
Al fine di ottenere le prestazioni richieste, si dovranno dare indicazioni in merito alla composizione, ai processi di maturazione ed alle procedure di posa in opera, facendo utile riferimento alla norma UNI ENV 13670-1:2001 ed alle Linee Guida per la messa in opera del calcestruzzo strutturale e per la valutazione delle caratteristiche meccaniche del calcestruzzo pubblicate dal Servizio Tecnico Centrale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, nonché dare indicazioni in merito alla composizione della miscela, compresi gli eventuali additivi, tenuto conto anche delle previste classi di esposizione ambientale (di cui, ad esempio, alla norma UNI EN 206-1: 2006) e del requisito di durabilità delle opere.
2 Caratteristiche dei materiali
2.1 Composizione dell’impasto
Gli impasti di conglomerato cementizio dovranno essere eseguiti in conformità di quanto previsto al capitolo 11 delle NTC di cui al DM 14 Gennaio 2008.
La distribuzione granulometrica degli inerti, il tipo di cemento e la consistenza dell'impasto, devono essere adeguati alla particolare destinazione del getto ed al procedimento di posa in opera del conglomerato.
Il quantitativo d'acqua deve essere il minimo necessario a consentire una buona lavorabilità del conglomerato tenendo conto anche dell'acqua contenuta negli inerti. Partendo dagli elementi già fissati il rapporto acqua-cemento, e quindi il dosaggio del cemento, dovrà essere scelto in relazione alla resistenza richiesta per il conglomerato.
L'impiego degli additivi dovrà essere subordinato all'accertamento della assenza di ogni pericolo di aggressività.
L'impasto deve essere fatto con mezzi idonei ed il dosaggio dei componenti eseguito con modalità atte a garantire la costanza del proporzionamento previsto in sede di progetto.
Per i calcestruzzi preconfezionati si fa riferimento alla norma UNI 9858 che precisa le specifiche tecniche dei materiali costituenti il calcestruzzo, la sua composizione e le proprietà del calcestruzzo fresco e indurito. Fissa inoltre i metodi per la verifica, la produzione, il trasporto, consegna, getto e stagionatura del calcestruzzo e le procedure di controllo della sua qualità.
2.2 Acqua
L'acqua per l'impasto con leganti idraulici dovrà essere dolce, limpida, priva di materie terrose, priva di sali (particolarmente solfati e cloruri) in percentuali dannose e non essere aggressiva. Nel caso in cui si rendesse necessario, dovrà essere trattata per permettere un grado di purità adatta all'intervento da eseguire, oppure additivata per evitare l'insorgere di reazioni chimico-fisiche con produzione di sostanze pericolose.
L’acqua di impasto, ivi compresa l’acqua di riciclo, dovrà essere conforme alla norma UNI EN 1008: 2003.
2.3 Cementi
I cementi, da impiegare in qualsiasi tipologia di getto, dovranno rispondere, per composizione, finezza di macinazione, qualità, presa, resistenza ed altro, alle norme di accettazione di cui alla normativa vigente.
Devono impiegarsi esclusivamente i leganti idraulici previsti dalle disposizioni vigenti in materia, dotati di certificato di conformità - rilasciato da un organismo europeo notificato - ad una norma armonizzata della serie UNI EN 197 ovvero ad uno specifico Benestare Tecnico Europeo (ETA), purchè idonei all’impiego previsto nonchè, per quanto non in contrasto, conformi alle prescrizioni di cui alla Legge 26/05/1965 n.595. È escluso l’impiego di cementi alluminosi.
Il costruttore ha l’obbligo della buona conservazione del cemento che non debba impiegarsi immediatamente nei lavori, curando tra l’altro che i locali nei quali esso viene depositato siano asciutti e ben ventilati. L’impiego di cemento giacente da lungo tempo in cantiere deve essere autorizzato dal Direttore dei Lavori sotto la sua responsabilità.
Negli elaborati di progetto, la dosatura di cemento per getti armati deve essere non inferiore a 300 kg per mc di miscuglio secco di materia inerte (sabbia e ghiaia o pietrisco). In ogni caso occorre proporzionare il miscuglio di cemento e materie inerti in modo da ottenere la massima compattezza. Il preventivo controllo si deve di regola eseguire con analisi granulometrica o con misura diretta dei vuoti mediante acqua o con prove preliminari su travetti o su cubi.
2.4 Classe d’esposizione
Le Norme Tecniche per le Costruzioni 2008 (DM 14/01/2008) hanno reso obbligatoria l’indicazione della classe di esposizione ambientale Dck già prevista nelleUNI EN 206 – 2006 e UNI 11104:2004; si prescrive:
X0 - Assenza di rischio di corrosione dell'armatura
Per le opere di sottofondazione (magroni) di classe < C25/30
XC1 - asciutto o permanentemente bagnato: a/cmax = 0,60; dosaggio minimo di cemento (kg/m3) = 300; minima classe di resistenza: C25/30
Per le opere in c.a. convenientemente protette (intonacate, coibentate, ecc.)
XC2 - bagnato, raramente asciutto: a/cmax = 0,60; dosaggio minimo di cemento (kg/m3) = 300; minima classe di resistenza: C25/30
Per le opere di fondazione ed i manufatti interrati
XC4 - ciclicamente asciutto e bagnato: a/cmax = 0,50; dosaggio minimo di cemento (kg/m3) = 340; minima classe di resistenza: C32/40
Per i manufatti faccia a vista e tutti i getti esposti alle intemperie.
2.5 Acciai per calcestruzzo armato
Requisiti principali
Gli acciai per strutture in cemento armato devono rispettare le prescrizioni delle Norme tecniche per le costruzioni approvate con il D.M. 14 gennaio 2008.
L’appaltatore non deve porre in opera armature ossidate, corrose, recanti difetti superficiali che ne riducano la resistenza o che siano ricoperte da sostanze che riducono sensibilmente l’aderenza al conglomerato cementizio. Si riportano di seguito le caratteristiche meccaniche dell’acciaio B450C utilizzato nell’intervento:
Accertamento delle proprietà meccaniche
Per l'accertamento delle proprietà meccaniche vale quanto indicato nelle UNI EN ISO 15630-1 e UNI EN ISO 15630-2.
Per acciai deformati a freddo, ivi compresi i rotoli, le proprietà meccaniche devono essere determinate su provette mantenute per 60 minuti a 100 ±10 °C e successivamente raffreddate in aria calma a temperatura ambiente.
La prova di piegamento e raddrizzamento deve essere eseguita alla temperatura di 20 + 5°C piegando la provetta a 90°, mantenendola poi per 30 minuti a 100 ±10 °C e procedendo, dopo raffreddamento in aria, al parziale raddrizzamento per almeno 20°. Dopo la prova il campione non deve presentare cricche.
Caratteristiche dimensionali
L'acciaio per cemento armato è generalmente prodotto in stabilimento sotto forma di barre o rotoli, reti o tralicci, per utilizzo diretto o come elementi di base per successive trasformazioni.
Prima della fornitura in cantiere gli elementi di cui sopra possono essere saldati, presagomati o preassemblati in appositi centri di trasformazione, a formare elementi composti direttamente utilizzabili in opera, quali:
− elementi presagomati (staffe, ferri piegati, ecc);
− elementi preassemblati (gabbie di armatura, ecc.).
Tutti gli acciai per cemento armato devono essere ad aderenza migliorata, aventi
cioè una superficie dotata di nervature trasversali, uniformemente distribuite sull'intera lunghezza, atte ad aumentarne l'aderenza al conglomerato cementizio.
Per quanto riguarda la marcatura dei prodotti vale quanto indicato dal D.M. 14 gennaio 2008.
Per la documentazione di accompagnamento delle forniture vale quanto indicato dal
D.M. 14 gennaio 2008
Barre e rotoli
Le barre sono caratterizzate dal diametro Ø della barra tonda liscia equipesante, calcolato nell'ipotesi che la densità dell'acciaio sia pari a 7,85 kg/dm3.
Il diametro Ø delle barre deve essere compreso tra 6 e 50 mm. Per barre con diametri superiori a 40 mm la struttura va considerata composta e valgono le regole delle strutture composte acciaio conglomerato cementizio.
L'uso di acciai forniti in rotoli è ammesso, senza limitazioni, per diametri fino a Ø ≤
16.
Nel luogo di lavorazione, dove avviene il raddrizzamento, per tenere in conto del danneggiamento della superficie del tondo ai fini dell'aderenza opportune prove dovranno essere condotte così come indicato dal D.M. 14 gennaio 2008. Quando il raddrizzamento avviene a caldo, bisogna verificare che siano mantenute le caratteristiche meccaniche dell'acciaio.
Reti e tralicci elettrosaldati
Si intende per reti elettrosaldate le armature costituite da due sistemi di barre parallele ortogonali equidistanziate, assemblate per saldatura negli incroci chiamati nodi. Gli acciai delle reti elettrosaldate devono essere saldabili. La equidistanza non può superare 330 mm.
I tralicci sono elementi reticolari composti da barre, assemblati mediante saldature. Gli acciai per i tralicci elettrosaldati devono essere saldabili. Le reti ed i tralicci costituiti con acciaio di cui al D.M. 14 gennaio 2008 devono avere diametro Ø compreso tra 5 e 12 mm.
I nodi delle reti devono resistere a una forza di distacco determinata in accordo con la UNI EN ISO 15630-2 pari al 30% della forza di snervamento della barra, da computarsi per quella di diametro maggiore. Tale resistenza al distacco della saldatura del nodo va controllata e certificata dal produttore di reti.
In ogni elemento di rete o traliccio le singole armature componenti devono avere le stesse caratteristiche.
La produzione di reti e tralicci elettrosaldati può essere effettuata a partire da materiale di base prodotto nello stesso stabilimento di produzione del prodotto finito o da materiale di base proveniente da altro stabilimento.
Nel caso di reti e tralicci formati con elementi base prodotti in altro stabilimento, questi ultimi devono essere dotati della prevista qualificazione. Ogni pannello o traliccio deve essere inoltre dotato di apposita marcatura che identifichi il produttore della rete o del traliccio stesso.
La marcatura di identificazione può essere anche costituita da sigilli o etichettature metalliche indelebili con indicati tutti i dati necessari per la corretta identificazione
del prodotto, oppure da una marcatura supplementare indelebile identificabile in modo permanente anche dopo annegamento nel calcestruzzo.
Nel caso di reti e tralicci formati con elementi base prodotti nello stesso stabilimento la marcatura del
prodotto finito può coincidere con la marcatura dell'elemento base.
Procedure di controllo in stabilimento
Il direttore dei lavori dovrà richiedere i risultati dei controlli in stabilimento previsti dal
D.M. 14 gennaio 2008; tali controlli devono riguardare i controlli sistematici:
− prove di qualificazione;
− prove di verifica della qualità;
− controlli sui singoli lotti di produzione.
Prove di aderenza
Ai fini della qualificazione, le barre devono superare con esito positivo prove di aderenza secondo il metodo Beam-test da eseguirsi presso uno dei laboratori di cui all'art. 59 del D.P.R. n. 380/2001, con le modalità specificate dalla norma UNI EN 10080:2005.
Le tensioni di aderenza ricavate devono soddisfare le seguenti relazioni:
τm ≥ 0,098 (80 – 1,2 Ø )
τr ≥0,098 (130 – 1,9 Ø )
essendo:
Ø il diametro della barra in mm;
τm il valor medio della tensione di aderenza in MPa calcolata in corrispondenza di uno scorrimento
pari a 0,01 , 0,1 ed 1 mm;
τr la tensione di aderenza massima al collasso.
Le prove devono essere estese ad almeno tre diametri, come segue:
- uno nell’intervallo 5 ≤ Ø ≤ 10 mm;
- uno nell’intervallo 12 ≤ Ø ≤ 18 mm;
- uno pari al diametro massimo
2.6 Sabbie
Xxxxxx vive o di cava, di natura silicea, quarzosa, granitica o calcarea ricavate da rocce con alta resistenza meccanica, né gessose, né gelive. Dovranno essere scevre da materie terrose, argillose, limacciose e polverulente, da detriti organici e sostanze inquinanti. Saranno in ogni caso preferite le sabbie di tipo siliceo o calcareo di comminuzione naturale; la sabbia, all’occorrenza, dovrà essere lavata al fine di eliminare qualsiasi sostanza inquinante e nociva.
La sabbia dovrà essere costituita da grani di dimensioni omogenee e tali da passare attraverso uno staccio con maglie circolari del diametro di mm 2 per murature in genere e del diametro di mm 1 per gli intonaci e murature di paramento od in pietra da taglio (setaccio 2-1 UNI 2332).
L'accettabilità della sabbia verrà definita con i criteri indicati nell'allegato 1 del D.M. 3 giugno 1968 e nell'allegato 1, punto 2 del D.M. 27 luglio 1985; la distribuzione granulometrica dovrà essere assortita e comunque adeguata alle condizioni di posa in opera. Le sabbie per conglomerati dovranno avere grani con uno spessore compreso tra 0,1 e 5 mm, ed essere adeguati alla destinazione del getto ed alle condizioni di posa in opera.
Per il confezionamento di calcestruzzi e di malte potranno essere usati sia materiali lapidei con massa volumica compresa tra i valori di 2.100 e 2.990 kg/mc, sia aggregati leggeri aventi massa volumica inferiore a 1.700 Kg7mc a seconda della specifica natura dell’intervento.
Sabbie, aggregati, e cariche per resine dovranno possedere i requisiti richiesti dai produttori di resine o dalla D.L.; la granulometria dovrà essere adeguata alla destinazione ed al tipo di lavorazione. Sarà assolutamente vietato l’uso di sabbie marine o di cava che presentino apprezzabili tracce di sostanze chimiche attive. Gli aggregati e i rinforzanti da impiegare per la formazione di betoncini di resina dovranno avere un tasso di umidità in peso non superiore allo 0,09% ed un contenuto nullo d’impurità o di sostanze inquinanti; in particolare, salvo diverse istruzioni impartite dalla D.L., le miscele secche di sabbie silicee o di quarzo dovranno essere costituite da granuli puri del diametro di circa 0,10-0,30 mm per un 25%, di 0,50-1,00 mm per un 30% e di 1,00-2,00 mm per il restante 45%.
3. Esecuzione delle opere
3.1 - Norme di esecuzione per il cemento armato normale
Nelle esecuzione delle opere di cemento armato normale l'appaltatore dovrà attenersi alle norme contenute nella legge 5 novembre 1971, n. 1086 e nelle relative norme tecniche delle NTC di cui al DM del 14 Gennaio 2008. In particolare:
a) Gli impasti devono essere preparati e trasportati in modo da escludere pericoli di segregazione dei componenti o di prematuro inizio della presa al momento del getto.
Il getto deve essere convenientemente compatto; la superficie dei getti deve essere mantenuta umida per almeno tre giorni.
Non si deve mettere in opera il conglomerato a temperature minori di 0 °C, salvo il ricorso ad opportune cautele.
b) Le giunzioni delle barre in zona tesa, quando non siano evitabili, si devono realizzare possibilmente nelle regioni di minor sollecitazione, in ogni caso devono essere opportunamente sfalsate.
Le giunzioni di cui sopra possono effettuarsi mediante:
- saldature eseguite in conformità delle norme in vigore sulle saldature;
- manicotto filettato;
- sovrapposizione calcolata in modo da assicurare l'ancoraggio di ciascuna barra, in ogni caso la lunghezza di sovrapposizione in retto deve essere non minore di 20 volte il diametro e la prosecuzione di ciascuna barra deve essere deviata verso la zona compressa. La distanza mutua (interferro) nella sovrapposizione non deve superare 6 volte il diametro.
c) Le barre piegate devono presentare, nelle piegature, un raccordo circolare di raggio non minore di 6 volte il diametro. Gli ancoraggi devono rispondere a quanto prescritto al punto 5.3.3 del D.M. LL.PP. 9 gennaio 1996. Per barre di acciaio incrudito a freddo le piegature non possono essere effettuate a caldo,
d) La superficie dell'armatura resistente deve distare dalle facce esterne del conglomerato di almeno 0,8 cm nel caso di solette, setti e pareti, e di almeno 2 cm nel caso di travi e pilastri. Le superfici delle barre devono essere mutuamente distanziate in ogni direzione di almeno una volta il diametro delle barre medesime e, in ogni caso, non meno di 2 cm. Si potrà derogare a quanto sopra raggruppando le barre a coppie ed aumentando la mutua distanza minima tra le coppie ad almeno 4 cm.
e) Il disarmo deve avvenire per gradi ed in modo da evitare azioni dinamiche. Esso non deve inoltre avvenire prima che la resistenza del conglomerato abbia raggiunto il valore necessario in relazione all'impiego della struttura all'atto del disarmo, tenendo anche conto delle altre esigenze progettuali e costruttive; la decisione è lasciata al giudizio del Direttore dei lavori.
3.2 Ancoraggio di barre e tasselli
Ove sia previsto l’utilizzo di ancoranti chimici (“resine”) per l’ancoraggio di ferri di armatura o di elementi di fissaggio (“tasselli”) si dovranno utilizzare sistemi omologati a norma CE di qualità eguivalente a “HILTI HIT” con resina epossiacrilica tipo “RE 500”.
Nella posa di tali elementi andranno rispettate le prescrizioni esecutive del produttore (esecuzione dei fori, distanza dai borrdi, temperature e tempi di presa, ecc.).
Le schede tecniche dei materiali impiegati andranno sottoposte alla D.L. per l’approvazione prima dell’impiego.
Analoga procedura per la scelta degli ancoranti meccanici strutturali.
4. Requisiti
Sono di seguito riassunte le differenti tipologie di calcestruzzo previste nell’intervento:
classe di resistenza | C 25/30 |
Rck | 30 N/mmq |
classe di esposizione | XC1 |
rapporto a/c massimo | 0,60 |
classe di consistenza | S4 |
dimensione max aggregato | 20 mm |
copriferro | 25 mm |
controllo di accettazione | tipo A |
5. Criteri di accettazione delle opere
Per i controlli sul conglomerato ci si atterrà a quanto previsto nel capitolo 11 delle NTC di cui al DM del 14 Gennaio 2008.
Il conglomerato viene individuato tramite la resistenza caratteristica a compressione secondo quanto specificato nel capitolo 11 delle NTC di cui al DM del 14 Gennaio 2008.
La resistenza caratteristica del conglomerato dovrà essere non inferiore a quella richiesta dal progetto.
Il controllo di qualità del conglomerato si articola nelle seguenti fasi: studio preliminare di qualificazione, controllo di accettazione, prove complementari.
ART. 17 - CONSOLIDAMENTO DELLA CALOTTA SOTTO-ABSIDALE
1. Descrizione
Il progetto prevede la consolidamento della calotta sotto-absidale mediante una cerchiatura, come riportato sulla specificata tavola, con cavo di acciaio ϕ22mm ad altissima resistenza a 313 fili tipo 9x25+9/7+1x25 con carico a rottura Qr=47800 Kg (Laguna Funi) ovvero, in alternativa cavo ϕ28mm ad alta resistenza a 222 fili tipo 6(12+6+1)+fc con carico a rottura Qr=47000 Kg.
Il cavo è disposto all’interno della cava che realizza l’intonaco bugnato della facciata esterna dell’abside, ad una quota pari a circa 235 cm al piano di calpestio, con
idonee piastre di invito-raccordo tra la porzione di cavo in curva e quella rettilinea passante nella muratura, e con piastra di ancoraggio opportunamente spessorata mediante malte e/o quant’altro al fine di raccordare la superfice piana della piastra con la superficie curva della volta ivi presente; le piastre di ancoraggio sono viconalte alla muratura mediante barre in acciaio filettate, di lunghezza minima 50cm e diametro minimo 35mm, da inghisare con cemento bianco o resine poliuretaniche.
2. Caratteristiche dei materiali
2.1.1 – Prescrizioni generali
L’acciaio impiegato per il consolidamento strutturale deve rispondere alle prescrizioni delle Norme tecniche di cui al D.M. 14 gennaio 2008.
Possono essere impiegati prodotti conformi ad altre specifiche tecniche qualora garantiscano un livello di sicurezza equivalente e tale da soddisfare i requisiti essenziali della direttiva 89/106/CEE.
Tale equivalenza deve essere stata prelirminarmente accertata dal Ministero delle infrastrutture, Servizio tecnico centrale.
È consentito l'impiego di tipi di acciaio diversi da quelli indicati specificatamente nelle prescrizioni riportate sulle tavole di progetto purché venga garantita alla costruzione, con adeguata documentazione teorica e sperimentale, una sicurezza non minore di quella prevista dalle presenti norme.
Per l'accertamento delle caratteristiche meccaniche indicate nel seguito, il prelievo dei saggi, la posizione nel pezzo da cui essi devono essere prelevati, la preparazione delle provette e le modalità di prova sono rispondenti alle prescrizioni delle norme UNI EN ISO 377, UNI 552, UNI EN 10002-1,
UNI EN 10045 -1.
Le tolleranze di fabbricazione devono rispettare i limiti previsti dalla EN 1090.
2.1.2 – Acciaio per strutture saldate
La temperatura minima alla quale l'acciaio di una struttura saldata può essere utilizzato senza pericolo di rottura fragile, in assenza di dati più precisi, deve essere stimata sulla base della temperatura T alla quale per detto acciaio può essere garantita una resilienza KV, secondo le norme europee applicabili.
La temperatura T deve risultare minore o uguale a quella minima di servizio per elementi importanti di strutture saldate soggetti a trazione con tensione prossima a quella limite aventi spessori maggiori di 25 mm e forme tali da produrre sensibili concentrazioni locali di sforzi, saldature di testa o d'angolo non soggette a controllo, o accentuate deformazioni plastiche di formatura. A parità di altre condizioni, via via che diminuisce lo spessore, la temperatura T può innalzarsi a giudizio del progettista fino ad una temperatura di circa 30°C maggiore di quella minima di servizio per spessori dell'ordine di 10 millimetri.
Un aumento può aver luogo anche per spessori fino a 25 mm via via che l'importanza dell'elemento strutturale decresce o che le altre condizioni si attenuano.
2.1.3 – Prodotti piani e lunghi
Gli acciai di uso generale laminati a caldo, in profilati, barre, larghi piatti e lamiere devono appartenere a uno dei tipi previsti nella norma EN 10025-1÷6 e devono e essere in possesso di attestato di qualificazione rilasciato dal Servizio tecnico centrale.
Il produttore dichiara, nelle forme previste, le caratteristiche tecniche di cui al prospetto ZA.l dell'appendice ZA della norma europea EN 10025-1. Tali caratteristiche devono rispettare i limiti previsti nelle medesime specifiche tecniche.
Tali caratteristiche sono contenute nelle informazioni che accompagnano l'attestato di qualificazione ovvero, quando previsto, la marcatura CE di cui al D.P.R. n. 246/1993.
2.1.4 – Profilati cavi
Gli acciai di uso generale in forma di profilati cavi (anche tubi saldati provenienti da nastro laminato a caldo) devono appartenere a uno dei tipi aventi le caratteristiche meccaniche riportate nelle specifiche norme europee di riferimento nelle classi di duttilità JR, J0, J2 e K2.
Il produttore dichiara le caratteristiche tecniche che devono essere contenute nelle informazioni che accompagnano l'attestato di qualificazione ovvero, quando previsto, la marcatura CE di cui al D.P.R. n. 246/1993.
2.1.5 - Bulloni e viti
Si dovranno impiegare bulloni e viti indicati del tipo (a testa esagonale, a calotta, svasate, ecc.) indicato sulle tavole di progetto che, conformi per caratteristiche dimensionali alle UNI EN ISO 4016 ed alle UNI 5592, devono appartenere alle classi indicate negli elaborati di progetto definite dalle UNI EN 20898.
Xxxx, dadi, rosette e/o piastrine ecc. devono provenire da un unico produttore.
3. Esecuzione delle opere
Prescrizioni generali
Il ferro deve essere lavorato diligentemente con maestria, regolarità di forme e precisione di dimensioni, secondo i disegni di progetto e/o che fornirà la Direzione dei Lavori con particolare attenzione nelle saldature e ribaditure. I fori saranno tutti eseguiti con trapano; le chiodature, ribaditure, ecc. dovranno essere perfette, senza sbavature; i tagli essere limati. Saranno rigorosamente rifiutati tutti quei pezzi che presentino il più leggero indizio di imperfezione.
L'Impresa é obbligata a controllare gli ordinativi ed a rilevare sul posto le misure esatte delle opere in ferro essendo responsabile degli inconvenienti che potessero verificarsi per l'omissione di tale controllo.
Dovrà essere prestata particolare cura alla qualità dell’esecuzione della messa in opera delle componenti in acciaio destinate a rimanere a vista, intendendosi per qualità la perfetta rispondenza dell’opera finita alle indicazioni degli elaborati di progetto, nonché alle seguenti prescrizioni particolari:
− qualità delle componenti: tutti i pezzi preassemblati o destinati all’assemblaggio in opera dovranno essere forniti privi di difetti; le superfici a vista dovranno
risultare senza scalfitture, gibbosità o altro che possa alterarne l’aspetto perfettamente piano e levigato; dovrà essere prestata ogni cura per evitare il loro danneggiamento durante le operazioni di trasporto, di movimentazione in cantiere e di messa in opera;
− saldature: le parti saldate dovranno essere, dove necessario, adeguatamente molate, finite a spazzola in modo da evitare che restino in vista i segni della molatura o parti lucide; se necessario saranno stuccate e quindi carteggiate in
modo da risultare lisce, regolari e ben levigate. Dovrà in ogni caso essere ricostituita la geometria originaria dei pezzi saldati, curando in particolare gli angoli e gli spigoli, che dovranno risultare, dove previsto dal progetto, a filo vivo e perfettamente rettilinei.
Posa del cavo
Il cavo è disposto all’interno della cava che realizza l’intonaco bugnato della facciata esterna dell’abside, ad una quota pari a circa 235 cm al piano di calpestio; fra l’acciaio e il granito sarà interposto uno strato di Teflon. Particolare cura sarà prestata ad evitare che il Teflon sbordi oltre la cava.
Nella posa del cavo si farà inoltre attenzione a non danneggiare gli intonaci in opera, restando a carico dell’Impresa ogni onere per i ripristini.
5. Criteri di accettazione delle opere
5.1. Opere in acciaio
La qualità delle opere si intende rispondente alle prescrizioni di cui al progetto ed al presente capitolato quando:
− risultino perfettamente rispondenti agli elaborati di progetto;
− le superfici, sottoposte a luce radente, risultino perfettamente piane e levigate, prive di tracce di saldatura o di molatura;
− le saldature siano perfettamente molate, stuccate e levigate fino a restituire la geometria originaria dei pezzi assemblati.
ART. 18 - MURATURE IN LATERIZIO
1. Descrizione
Il progetto prevede:
1) la realizzazione di una muratura faccia a vista con mattoni di recupero per la ricostruzione della porzione crollata nel lato ovest del sotto portico; per l’esecuzione di tale muratura è vietato il ricorso a conglomerati cementizi;
2) il rifacimento in DoppioUni, spessore 25 cm, della parete fra il cortiletto e il disimpegno verso l’archivio. L’opportunità di tale rifacimento dovrà essere verificata dal D.L. in base alla stabilità della muratura in opera a seguito della demolizione del solaio soprastante, privilegiando, quando possibile, il mantenimento dell’esistente.
2. Caratteristiche dei materiali
2.1. Caratteristiche generali dei laterizi
I laterizi di qualsiasi tipo, forma e dimensione devono:
− nella massa, essere scevri da xxxxxxxxx e da altre impurità;
− avere facce lisce e spigoli regolari;
− presentare alla frattura (non vetrosa) grana fine ed uniforme;
− dare, al colpo di martello, suono chiaro;
− assorbire acqua per immersione;
− asciugarsi all’aria con sufficiente rapidità;
− non sfaldarsi e non sfiorire sotto l’influenza degli agenti atmosferici e di soluzioni saline;
− non screpolarsi al fuoco;
− avere resistenza adeguata agli sforzi ai quali dovranno essere assoggettati, in relazione all’uso.
Essi devono provenire dalle migliori fornaci, presentare cottura uniforme, essere di pasta compatta, omogenea, priva di noduli e di calcinaroli e non contorti.
I mattoni pieni e semipieni, i mattoni ed i blocchi forati per murature non devono
0/
contenere solfati alcalini solubili in quantità tale da dare all’analisi oltre lo 0,5 00 di anidride solforica (SO3).
I mattoni pieni per uso corrente dovranno essere parallelepipedi, di lunghezza
doppia della larghezza, di modello costante e presentare, sia all’asciutto che dopo prolungata immersione nell’acqua, una resistenza allo schiacciamento non inferiore a 140 kg/cm2.
I mattoni forati di tipo portante ed i tavelloni (UNI 11128/04) dovranno pure presentare una resistenza alla compressione di almeno 25 kg/cm2 di superficie totale presunta.
I materiali dovranno pervenire in cantiere nei loro imballaggi originali chiusi e recanti chiare indicazioni circa la Ditta produttrice, il nome commerciale, la qualità, le dimensioni, il colore, la classe di reazione al fuoco e quant’altro necessario alla univoca identificazione del prodotto.
Tutti i materiali se richiesto dovranno essere certificati in “classe 1” di reazione al fuoco ai sensi del D.M. 26 Giugno 1984 “Classificazione di reazione al fuoco ed omologazione dei materiali ai fini della prevenzione incendi”, a meno di diverse prescrizioni riportate sugli elaborati di progetto.
Le campionature saranno accompagnate dalla documentazione comprovante la rispondenza dei materiali ai disegni costruttivi di progetto ed alle specifiche tecniche, da schede tecniche del Produttore e dalle raccomandazioni di quest'ultimo in merito agli idonei sistemi di posa.
2.2. Mattoni di recupero
Dovranno essere utilizzati mattoni di recupero, il più possibile simili a quelli in opera per geometria e caratteristiche materiche e cromatiche.
I mattoni dovranno:
− nella massa, essere scevri da xxxxxxxxx e da altre impurità;
− avere facce lisce e spigoli regolari;
− presentare alla frattura (non vetrosa) grana fine ed uniforme;
− dare, al colpo di martello, suono chiaro;
− assorbire acqua per immersione;
− asciugarsi all’aria con sufficiente rapidità;
− non sfaldarsi e non sfiorire sotto l’influenza degli agenti atmosferici e di soluzioni saline;
− non screpolarsi al fuoco;
− avere resistenza adeguata agli sforzi ai quali dovranno essere assoggettati, in relazione all’uso.
2.3 Materiali per malte e conglomerati
Acqua
L'acqua per l'impasto con leganti idraulici dovrà essere dolce, limpida, priva di materie terrose, priva di sali (particolarmente solfati e cloruri) in percentuali dannose e non essere aggressiva. Nel caso in cui si rendesse necessario, dovrà essere trattata per permettere un grado di purità adatta all'intervento da eseguire, oppure additivata per evitare l'insorgere di reazioni chimico-fisiche con produzione di sostanze pericolose.
Calci
Le calci aeree ed idrauliche, dovranno rispondere ai requisiti di accettazione di cui al
R. Decreto 16 novembre 1939, n. 2231; le calci idrauliche dovranno essere del tipo naturale e rispondere altresì alle prescrizioni contenute nella legge 26 maggio 1965,
n. 595 (“Caratteristiche tecniche e requisiti dei leganti idraulici”) nonché ai requisiti di accettazione contenuti nel D.M. 31 agosto 1972 (“Norme sui requisiti di accettazione e modalità di prova degli agglomerati cementizi e delle calci idrauliche”).
Cementi e agglomerati
I cementi, da impiegare solo per la formazione della muratura verso il cortiletto, lavoro dovranno rispondere, per composizione, finezza di macinazione, qualità, presa, resistenza ed altro, alle norme di accettazione di cui alla normativa vigente.
I cementi dovranno rispondere ai limiti di accettazione contenuti nella legge 26 maggio 1965, n. 595 e nel D.M. 3 giugno 1968 (“Nuove norme sui requisiti di accettazione e modalità di prova dei cementi”) e successive modifiche.
Gli agglomerati cementizi dovranno rispondere ai limiti di accettazione contenuti nella legge 26 maggio 1965, n. 595 e nel D.M. 31 agosto 1972.
Il cemento deve essere esclusivamente a lenta presa e rispondere ai requisiti di accettazione prescritti nelle norme per i leganti idraulici in vigore all’inizio della costruzione. Per lavori speciali il cemento può essere assoggettato a prove supplementari.
Il costruttore ha l’obbligo della buona conservazione del cemento che non debba impiegarsi immediatamente nei lavori, curando tra l’altro che i locali nei quali esso viene depositato siano asciutti e ben ventilati. L’impiego di cemento giacente da lungo tempo in cantiere deve essere autorizzato dal Direttore dei Lavori sotto la sua responsabilità.
Sabbie
Le sabbie dovranno essere assolutamente prive di terra, materie organiche o altre materie nocive, essere di tipo siliceo (o in subordine quarzoso, granitico o calcareo), avere grana omogenea, e provenire da rocce con elevata resistenza alla compressione. Sottoposta alla prova di decantazione in acqua, la perdita in peso della sabbia non dovrà superare il 2%. L’Appaltatore dovrà inoltre mettere a disposizione della Direzione Lavori i vagli di controllo (stacci) di cui alla norma UNI 2332-1.
La sabbia utilizzata per le murature dovrà avere grani di dimensioni tali da passare attraverso lo staccio 2, UNI 2332-1.
La sabbia utilizzata per gli intonaci, le stuccature e le murature a faccia vista dovrà avere grani passanti attraverso lo staccio 0,5, UNI 2332-1.
La sabbia utilizzata per i conglomerati cementizi dovrà essere conforme a quanto previsto nell’All. 1 del D.M. 3 giugno 1968 e dall’All. 1 x.xx 1.2. D.M. 9 gennaio 1996. La granulometria dovrà essere adeguata alla destinazione del getto ed alle condizioni di posa in opera. E’ assolutamente vietato l’uso di sabbia marina.
La sabbia naturale o artificiale dovrà risultare bene assortita in grossezza, sarà pulitissima, non avrà tracce di sali, di sostanze terrose, limacciose, fibre organiche, sostanze friabili in genere e sarà costituita di grani resistenti, non provenienti da roccia decomposta o gessosa.
Essa deve essere scricchiolante alla mano, non lasciare traccia di sporco, non contenere materie organiche, melmose o comunque dannose; deve essere lavata ad una o più riprese con acqua dolce, qualora ciò sia necessario, per eliminare materie nocive e sostanze eterogenee.
Malte premiscelate
L'impiego di malte premiscelate e premiscelate pronte è consentito, soltanto per la formazione della muratura verso il cortiletto, purché ogni fornitura sia accompagnata da una dichiarazione del fornitore attestante il gruppo della malta, il tipo e la quantità dei leganti e degli eventuali additivi. Ove il tipo di malta non rientri tra quelli appresso indicati il fornitore dovrà certificare con prove ufficiali anche le caratteristiche di resistenza della malta stessa.
Le modalità per la determinazione della resistenza a compressione delle malte sono riportate nel D. Min. Ind. Comm. Art. 13 settembre 1993.
I tipi di malta e le loro classi sono definiti in rapporto alla composizione in volume; malte di diverse proporzioni nella composizione confezionate anche con additivi, preventivamente sperimentate, possono essere ritenute equivalenti a quelle indicate qualora la loro resistenza media a compressione risulti non inferiore ai valori di cui al
D.M. LL.PP. 20 novembre 1987, n. 103.
3. Esecuzione delle opere
3.1 Prescrizioni generali
La costruzione delle murature deve iniziarsi e proseguire uniformemente, assicurando il perfetto collegamento sia con le murature esistenti, sia fra le parti di esse.
I mattoni, prima del loro impiego, dovranno essere bagnati fino a saturazione per immersione prolungata in appositi bagnaroli e mai per aspersione. Dovranno essere messi in opera con i giunti alternati ed in corsi ben regolari e normali alla superficie esterna, avendo cura di armonizzarsi alla tessitura della muratura in opera; saranno posati sopra un abbondante strato di malta di calce idraulica e premuti sopra di esso in modo che la malta rifluisca all'ingiro e riempia tutte le connessure.
La larghezza dei giunti non dovrà essere maggiore di 8 mm né minore di 5 mm. Le malte da impiegarsi per l’esecuzione delle murature dovranno essere passate al setaccio per evitare che i giunti fra i mattoni riescano superiori al limite di tolleranza fissato. I giunti non verranno rabboccati durante la costruzione per dare maggiore presa all'intonaco, dove previsto.
All'innesto con muri esistenti dovranno essere previste opportune ammorsature in relazione al materiale impiegato.
I lavori di muratura, qualunque sia il sistema costruttivo adottato, debbono essere sospesi nei periodi di gelo, durante i quali la temperatura si mantenga, per molte ore, al disotto di zero gradi centigradi.
Quando il gelo si verifichi solo per alcune ore della notte, le opere in muratura ordinaria possono essere eseguite nelle ore meno fredde del giorno, purché al distacco del lavoro vengano adottati opportuni provvedimenti per difendere le murature dal gelo notturno.
La Direzione dei lavori potrà ordinare che sulle aperture di vani e di porte e finestre siano collocati degli architravi (cemento armato, acciaio) delle dimensioni che saranno fissate in relazione alla luce dei vani, allo spessore del muro ed al sovraccarico.
Nel punto di passaggio fra le fondazioni entro terra e la parte fuori terra sarà eseguito un opportuno strato (impermeabile, drenante, ecc.) che impedisca la risalita per capillarità.
3.2 Prescrizioni per la muratura in mattoni di recupero con paramento a vista
Nell’esecuzione delle murature con paramento a vista si dovrà avere cura di scegliere i materiali e la modalità di posa e finitura che più si avvicina alle murature adiacenti di stessa tipologia, curando in particolare modo le cuciture con le pareti esistenti.
Poiché la nuova muratura è impostata su una muratura esistente, della quale deve essere ricostruita la porzione crollata, si avrà cura, prima di iniziare la posa dei mattoni, di preparare la cresta superiore della muratura in opera, eliminando materiali incoerenti e pulendo accuratamente ogni traccia di polvere.
Non si dovrà dare inizio alla costruzione della muratura, senza il benestare della
D.L. circa l'idoneità del piano di appoggio.
Poiché il piano di posa non è regolare si avrà cura di raccordare la nuova muratura all’esistente anche mediante piccoli interventi di scuci-cuci.
4. Requisiti
Quando impiegati nella costruzione di murature portanti, i laterizi debbono rispondere alle prescrizioni contenute nel D.M. 20 novembre 1987 (“Norme tecniche per la progettazione, esecuzione e collaudo degli edifici in muratura e per il loro consolidamento”).
Nel caso di murature non portanti le suddette prescrizioni possono costituire utile riferimento, insieme a quelle della norma UNI 8942-2.
- murature portanti
Resistenza a compressione media Resistenza normalizzata a compressione Classe di reazione al fuoco Resistenza al fuoco | 28,1 N/mm2 28,1 N/mm2 A1 R.E. I. 120 |
- tavolati Resistenza a alla spinta orizzontale a 120 cm dal pavimento | 200 N/m |
Classe di reazione al fuoco | A1 |
5. Criteri di accettazione delle opere
I laterizi da impiegare per lavori di qualsiasi genere, dovranno corrispondere alle norme per l’accettazione di cui al D.M. 20 novembre 1987, alla circolare di 4 gennaio 1989 n. 30787 ed alle norme UNI vigenti (da 8941-1-2-3/87 e UNI EN 771- 1/05).
La resistenza meccanica degli elementi deve essere dimostrata attraverso certificazioni contenenti i risultati delle prove e condotte da laboratori ufficiali negli stabilimenti di produzione, con le modalità previste nel D.M. di cui sopra.
E' facoltà del Direttore dei lavori richiedere un controllo di accettazione, avente lo scopo di accertare se gli elementi da mettere in opera abbiano le caratteristiche dichiarate dal produttore.
ART. 19 - MURATURE IN CALCESTRUZZO ALVEOLARE AUTOCLAVATO
1. Descrizione
Il progetto prevede la realizzazione di murature in calcestruzzo alveolare autoclavato:
1) per la formazione della parete di chiusura fra il sottoportico e la camera sepolcrale, sp. cm 17;
2) per la formazione della controparete in corrispondenza dell’accesso nord dall’archivio, atta a garantire una resistenza complessiva al fuoco pari a REI 120, sp. cm 8;
3) per la formazione della controparete fra il disimpegno e l’archivio a est atta a garantire una resistenza complessiva al fuoco pari a REI 120 in corrispondenza del passaggio degli impianti esistenti, sp. cm 8;
4) per la formazione di un locale tecnico all’estremità sud-est, lato verso via Sforza, nel disimpegno fra l’archivio e la cripta, sp. cm 8.
2. Caratteristiche dei materiali
Il materiale utilizzato dovrà avere le seguenti caratteristiche, documentate da apposita scheda di certificazione.
Spessore cm 15 - 8
Massa volumica a secco lorda kN/m3 3,50
Massa volumica di calcolo kN/m3 4,50
Resistenza caratteristica a rottura fbk N/mm2 1,50
3. Esecuzione delle opere
Nell’esecuzione delle opere ci si dovrà attenere alle indicazioni fornite dalle ditte produttrici attraverso le specifiche schede tecniche, per quanto riguarda in particolare gli irrigidimenti verticali, quelli orizzontali, i collegamenti alle strutture di bordo, appoggi e collegamenti alla base.
In assenza di prescrizioni specifiche ci si dovrà attenere a quelle di seguito riportate. Tutti gli elementi integrativi delle murature atti a garantire una corretta posa si intendono a carico dell’Appaltatore.
3.1 Architrave
I vani delle porte e delle finestre nelle pareti di tamponamento devono essere chiusi superiormente da voltini armati prevedendo un appoggio minimo lateralmente per almeno 15 cm fino ad una luce libera di 1,5 m e 25 cm per le luci superiori.
3.2 Criteri di posa in opera
Il primo corso sarà posato su un letto di malta a base di calce perfettamente in piano, lisciata, priva di discontinuità. Non si dovrà dare inizio alla costruzione della muratura, senza il benestare della D.L. circa l'idoneità del piano di appoggio.
Durante l'esecuzione della muratura si dovranno lasciare tutti i necessari fori, canne, sfondi, incavi, vani, ecc. per il passaggio e la installazione di impianti, infissi, inserti metallici in genere, ecc. I corsi successivi al primo saranno posati a giunti sfalsati, impiegando solo i materiali idonei al tipo di muratura in calcestruzzo aereo autoclavato e certificati.
Qualora la temperatura ambiente si mantenesse nel tempo parecchie ore sotto lo 0°C, i lavori dovranno essere sospesi, previo benestare della Direzione dei Lavori.
Nella formazione delle murature non è ammesso l'uso di blocchi fessurati, screpolati o sbrecciati.
Nella formazione delle murature dovrà essere curata con particolare attenzione la posa in opera degli elementi, affinché non si verifichino discontinuità nell'allineamento degli stessi, aggetti rilevabili ad occhio nudo fra gli elementi adiacenti, soprastanti e sottostanti, caduta di planarità e/o verticalità sull'intera muratura.
Le murature dovranno essere adeguatamente giuntate al fine di contenere in valori compatibili, nei confronti delle strutture al contorno, le dilatazioni e/o deformazioni delle singole campiture.
Nella realizzazione di spalle, architravi, corree e/o altri elementi irrigidenti, dovranno essere impiegati i pezzi speciali allo scopo già predisposti dai Produttori.
Gli elementi d'angolo e/o fuori misura dovranno essere ricavati dal taglio di elementi standard mediante l'uso di utensili allo scopo predisposti.
La muratura, in corrispondenza delle connessioni con le strutture adiacenti, dovrà essere adeguatamente guidata e stabilizzata lungo il perimetro, mediante inserti metallici (angolari e/o tondini) di idoneo spessore.
3.3 Criteri di accettazione delle opere
Xxxxxxx accettate murature aventi le seguenti tolleranze dimensionali:
- sulle misure lineari: ± 5 mm
- sulla verticalità: 2 mm/m
ART. 20 - IMPERMEABILIZZAZIONE
1. Descrizione
Il progetto prevede l’impermeabilizzazione, mediante guaina bituminosa, del solaio in corrispondenza del passaggio verso via Sforza.
2. Caratteristiche dei materiali
2.1 Generalità
Le membrane destinate a formare strati di tenuta all'acqua devono soddisfare la norma UNI 8629 (varie parti) in relazione a:
− le tolleranze dimensionali (lunghezza, larghezza, spessore);
− difetti, ortometria e massa areica;
− resistenza a trazione e alla lacerazione;
− punzonamento statico e dinamico;
− flessibilità a freddo;
− stabilità dimensionale in seguito ad azione termica;
− stabilità di forma a caldo;
− impermeabilità all'acqua e comportamento all'acqua;
− permeabilità al vapore d'acqua;
− resistenza all'azione perforante delle radici;
− invecchiamento termico in aria ed acqua;
− resistenza all'ozono (solo per polimeriche e plastomeriche);
− resistenza ad azioni combinate (solo per polimeriche e plastomeriche);
− le giunzioni devono resistere adeguatamente alla trazione ed avere impermeabilità all'aria.
2.2 Guaine bituminose
Il manto impermeabilizzante sarà eseguito con uno strato di guaina bituminosa prefabbricata, da 4 kg al mq, armata con rete di poliestere ad alta resistenza.
3. Esecuzione delle opere
3.1. Guaine bituminose
Prima di procedere all’applicazione delle guaine la superficie del sottofondo dovrà essere trattata con l’applicazione di primer bituminoso a freddo.
La superficie del sottofondo dovrà risultare pulita, liscia, prima di sporgenze e irregolarità che possano causare la lacerazione delle guaina; per la stessa ragione, in corrispondenza degli angoli verrà realizzata una guscia in cls.
Come indicato nei disegni di progetto la guaina dovrà risvoltare per almeno 10 cm sul muro lato archivio e 20 cm sul muro lato ringhiera. Durante la realizzazione si curerà che i risvolti siano accuratamente eseguiti onde evitare sollecitazioni localizzate o provocare distacchi e punti di infiltrazione.
In corrispondenza delle giunzioni i fogli verranno sovrapposti per almeno 10 cm e saldati a caldo con fiamma diretta.
Dopo il completamento della posa verrà posata la pavimentazione.
Nel caso non si possa immediatamente eseguire la pavimentazione sarà cura dell’appaltatore proteggere con mezzi adeguati quanto eseguito, restando a proprio carico ogni onere necessari al ripristino di eventuali danneggiamenti.
Le operazioni di rimessa in opera della pavimentazione saranno eseguite con ogni cautela necessaria ad evitare sollecitazioni meccaniche che possano lacerare o in qualunque modo danneggiare la continuità dello strato isolante.
4. Criteri di accettazione delle opere
La messa in opera della guaina è subordinata al nulla osta della D.L., che accerterà l’adeguatezza delle condizioni del supporto; l’appaltatore è tenuto all’esecuzione degli interventi di ragguaglio della superficie di posa ritenuti necessari ad insindacabile giudizio della D.L.
Dopo la messa in opera della guaina lo strato impermeabilizzante dovrà risultare perfettamente continuo, aderente alla muratura, senza piegature che possano dare luogo a lacerazioni della membrana. Particolare attenzione dovrà essere prestata al controllo dell’aderenza dei bordi.
Prima di eseguire la pavimentazine la D.L. dovrà essere messa in condizione di verificare l’integrità del manto impermeabilizzante.
ART. 21 - VESPAI DI SOTTOFONDO
1. Descrizione
Il vespaio di sottofondo è costituito da uno strato di pietrame a secco, di granulometria decrescente dal fondo verso l’alto secondo le caratteristiche dettagliate nella modalità di posa.
La sua realizzazione potrà essere prescritta a giudizio della D.L. nella zona dell’altare qualora, dopo le operazioni di rimozione dei medoni in cotto residui e l’asportazione del materiale incoerente o pregiudizievole alla formazione di un adeguato piano di posa per la nuova pavimentazione, si rendesse necessario per raggiungere le quote di progetto.
2. Caratteristiche dei materiali
2.1 Ghiaia e pietrisco
Le prime dovranno essere costituite da elementi omogenei pulitissimi ed esenti da materie terrose. argillose e limacciose e dovranno provenire da rocce compatte, non
gessose e marnose ad alta resistenza a compressione. Oltre alla buona resistenza alla compressione, le ghiaie dovranno avere bassa porosità tale da assicurare un basso coefficiente di imbibizione, dovranno essere scevre da sostanze idrosolubili (per es. gesso), e di materie organiche.
I pietrischi dovranno provenire dalla frantumazione di rocce durissime, preferibilmente silicee, a struttura microcristallina, o a calcari puri durissimi e di alta resistenza alla compressione, all'urto e all'abrasione, al gelo ed avranno spigolo vivo; dovranno essere scevri da materie terrose, sabbia e materie eterogenee. Sono assolutamente escluse le rocce marnose.
Per il controllo granulometrico sarà obbligo dell’appaltatore approvvigionare e mettere a disposizione della D.L. i xxxxxxxx UNI 2334.
Gli elementi di ghiaie dovranno essere tali da passare attraverso un vaglio a fori circolari del diametro di cm 5 mentre gli elementi più piccoli di ghiaie e pietrischi non devono passare in un vaglio a maglie rotonde di cm 1 di diametro.
2.2 Modalità di posa
Le fasi di lavorazione saranno:
- preparazione del fondo mediante livellazione e battitura del terreno;
- realizzazione del vespaio mediante posa e assestamento a mano, del pietrame di riempimento, ossia ghiaione di diametro vagliato e decrescente procedendo dal fondo verso la superficie, secondo le indicazioni di progetto e fornite dalla D.L.; indicativamente, il diametro del ciottolame di fondo potrà avere diametro da 50 mm a 80mm. Il vespaio sarà quindi intasato con ghiaietto e pietrisco di diametro fino a 10 mm.
Particolare attenzione andrà posta alla stesura del pietrisco di costipamento del
ciottolame sottostante. La posa andrà eseguita avendo cura di intasare perfettamente gli interstizi tra i ciottoli e andrà realizzata successiva rullatura in più passaggi sino ad ottenere un piano perfettamente orizzontale ed omogeneo atto a ricevere il sottofondo in malta di calce idraulica naturale e cocciopesto di cui all’art. 25.
2.3 Criteri di accettazione delle opere
Il sottofondo di vespaio dovrà risultare perfettamente orizzontale e complanare e non dovrà presentare avvallamenti e/o accumuli; in particolare nei punti di raccordo con le murature lo strato superficiale di pietrisco dovrà essere perfettamente aderente alla muratura senza presentare fori e vuoti di materiale
ART. 22 - SOTTOFONDI
1. Descrizione
Sono previsti tre tipi di sottofondo:
1) sottofondo in cls alleggerito, previsto all’estradosso del nuovo solaio del disimpegno fra la cripta e l’archivio, per il raggiungimento della quota di posa del massetto dei pavimenti e la formazione delle necessarie pendenze;
2) il sottofondo in malta di calce idraulica naturale alleggerito per la formazione del piano di posa nelle porzioni di pavimentazione da integrare negli ambienti della cripta;
3) sottofondo in cls per la formazione del piano di posa della pavimentazione in battuto di cemento del disimpegno.
2. Caratteristiche dei materiali
2.1 Sottofondo alleggerito in cls
Composizione dell’impasto
Il calcestruzzo cellulare leggero sarà prodotto attraverso la miscelazione, in speciali attrezzature, di una boiacca di cemento con una schiuma a base proteica ottenuta con l’impiego di agenti schiumogeni in modo da formare all'interno dell’impasto cementizio una struttura a cellule di aria chiuse, rivestite di cemento, tali da conferire elevato potere isolante e notevole leggerezza al materiale.
Densità a secco Kg 400/m3 ottenuta con Kg 200-330 di cemento portland tipo 32.5 o
42.5 e kg 1.5 di schiumogeno.
Agente schiumogeno
Sarà di natura proteica e non sintetica, non dovrà avere alcuna influenza sulle caratteristiche del cemento indurito e dovrà essere perfettamente eco-compatibile e appartenere alla classe delle sostanze naturali non inquinanti.
Acqua
Dovrà essere limpida, incolore, inodore. Agitandola in una bottiglia non si dovrà formare alcuna schiuma persistente. Non potranno essere impiegate acque di rifiuto di qualsiasi origine, anche se limpide. E' vietato inoltre l'impiego di acque piovane. L'acqua, che dovrà essere fornita dall'Appaltatore, avrà i requisiti prescritti nel punto 3 dell'Allegato 1 al D.M. LL.PP. 09 Gennaio 1996.
Cementi
La fornitura del cemento dovrà avere i requisiti di cui alla legge 26 Maggio 1965 n. 595 ed al D.M. 3 Giugno 1968 e successivi aggiornamenti che dettano le norme per l'accettazione e le modalità di prova dei cementi.
2.2 Sottofondo alleggerito in malta di calce idraulica naturale
Composizione dell’impasto
La malta sarà prodotta attraverso la miscelazione, in speciali attrezzature, di una boiacca di calce idraulica naturale con inerti naturali e argilla espansa. Per il dosaggio dei componenti si farà riferimento alla scheda tecnica dell’alleggerente
Acqua
L'acqua per l'impasto con leganti idraulici dovrà essere dolce, limpida, priva di materie terrose, priva di sali (particolarmente solfati e cloruri) in percentuali dannose e non essere aggressiva. Nel caso in cui si rendesse necessario, dovrà essere trattata per permettere un grado di purità adatta all'intervento da eseguire, oppure additivata per evitare l'insorgere di reazioni chimico-fisiche con produzione di sostanze pericolose.
Calci
Le calci aeree ed idrauliche naturali, dovranno rispondere ai requisiti di accettazione di cui al R. Decreto 16 novembre 1939, n. 2231; le calci idrauliche dovranno altresì rispondere alle prescrizioni contenute nella legge 26 maggio 1965, n. 595 (“Caratteristiche tecniche e requisiti dei leganti idraulici”) nonché ai requisiti di accettazione contenuti nel D.M. 31 agosto 1972 (“Norme sui requisiti di accettazione e modalità di prova degli agglomerati cementizi e delle calci idrauliche”).
Argilla espansa
Il materiale utilizzato dovrà avere la marcatura CE ed essere conforme alle norme UNI EN 13055-1 UNI EN 14063-1 UNI EN 13055-2
3. Esecuzione delle opere
3.1 Generalità
Prima di procedere all’esecuzione dei sottofondi nelle aree corrispondenti ai rinfianchi delle volte, o comunque su superfici con terra o polveri, si dovrà stendere uno strato sottile di argilla espansa per evitare che l’acqua presente nell’impasto del sottofondo possa essere assorbita inficiando il corretto di presa e indurimento della malta.
3.1 Sottofondo in cls alleggerito
Il sottofondo dovrà essere prodotto con attrezzatura automatica dotata di sistema computerizzato per la regolazione della miscelazione e della produzione continua e pompato al piano per la formazione dei massetti che dovranno avere gli spessori e le eventuali pendenze atte a garantire l’allontanamento delle acque meteoriche.
La schiuma prodotta sarà aggiunta alla boiacca cementizia per produrre un impasto leggero, facilmente livellabile, che ad avvenuta maturazione (indurimento) dovrà presentare ottime caratteristiche di isolamento termico ed acustico, resistenza al fuoco, resistenza ai cicli dì gelo e disgelo, insieme ad apprezzabili resistenze meccaniche.
Prima della posa il piano dovrà essere sgombro da corpi estranei e dovrà essere secco e stabile. Prima di procedere si dovranno verificare i livelli di riferimento e predisporre le eventuali sponde di contenimento del getto. È sempre consigliabile inumidire il fondo prima della posa del getto del sottofondo.
Il calcestruzzo cellulare fresco andrà protetto sia dal gelo sia da una rapida essiccazione. Non dovrà essere applicato ad una temperatura inferiore a +5ºC. Al di sotto di tale valore la presa verrebbe eccessivamente ritardata e sotto 0ºC la boiacca ancora fresca o anche non indurita sarebbe esposta all’azione disgregatrice del gelo. Si dovrà pure evitare la posa del calcestruzzo cellulare a temperature superiori a +28°C.
L'applicazione del prodotto deve essere effettuata ad una distanza massima di 90 m dal silo di stoccaggio.
Quando sono previsti spessori finali superiori a 10 cm, il sottofondo sarà realizzato per strati successivi attendendo, prima della posa dello strato successivo, la maturazione e l’assestamento di quello di supporto.
3.2 Sottofondo alleggerito in malta di calce idrualica naturale
Il sottofondo sarà costituito da un massetto di calcestruzzo di calce idraulica naturale e argilla espansa, di spessore compreso fra i 4 e gli 8 cm, che dovrà essere gettato in opera a tempo debito per essere lasciato stagionare per almeno 10 giorni. Ogni accortezza dovrà essere presa nella conduzione del getto, specie se armato con rete metallica, per evitare discontinuità, disomogeneità, e la formazione di fessure da ritiro plastico.
Prima della posa del pavimento le lesioni eventualmente manifestatesi nel sottofondo saranno riempite e stuccate con un beverone di calce, e quindi vi si stenderà, se prescritto, lo spianato di calce idraulica (camicia di calce) dello spessore variabile da cm 1,5 a 2.
4. Requisiti
Resistenza al fuoco non infiammabile
Resistenza a compressione
circa 8 kg/cm2
Per il solo sottofondo alleggerito:
Isolamento termico lambda = 0.085 Kcal/mhoC a secco (0.098 W/mK) Permeabilità al vapore Mu = 6 circa
5. Specifiche protezioni provvisorie durante il corso dei lavori e/o alla conclusione degli stessi
Nel caso in cui al termine della maturazione e completa asciugatura del sottofondo non dovesse seguire l’immediata posa del massetto, l’appaltatore dovrà proteggere con adeguati materiali la superficie del sottofondo al fine di evitare qualsiasi tipo di danneggiamento della superficie stessa.
6. Criteri di accettazione delle opere
Le superfici dovranno avere uniformità di colore, dovranno essere compatte in modo omogeneo, non dovranno presentare alterazioni della composizione dell’impasto (zone magre), screpolature di ritiro o di assestamento, scalpellature, fresature, ecc. Si dovrà accertare inoltre che non siano intervenuti cedimenti, deformazioni od altri difetti emersi a lavori ultimati.
Le superfici finite dei sottofondi, quando non debbano raccordarsi con pavimentazioni in opera, non si discosteranno di più di mm 2 dalla faccia inferiore di un regolo metallico rettilineo della lunghezza di m 2 disposto secondo qualsiasi direzione.
ART. 23 - MASSETTI
1. Descrizione
Sono previsti due tipi di massetti per la posa di pavimenti:
1) massetto in malta cementizia all’estradosso del nuovo solaio del disimpegno fra la cripta e l’archivio, per la posa della pavimentazione in pietra di recupero;
2) massetto in malta di calce idraulica naturale per la posa del pavimento di recupero ad integrazione di piccole lacune.
2. Composizione e caratteristiche dei materiali
2.2 Sabbia
La sabbia dovrà risultare bene assortita in grossezza e costituita da grani resistenti, non provenienti da rocce calcaree, saranno da scartare quelli provenienti da rocce in decomposizione o gessose. Dovrà essere scricchiolante alla mano, non lasciare tracce di sporco, non contenere materie organiche, melmose o comunque dannose. Dovrà avere i requisiti prescritti nel punto 2. dell'allegato 1. al D.M. LL.PP. 09 Gennaio 1996.
2.3 Ghiaietto
Di cava o di frantoio dovrà essere formato da elementi resistenti inalterabili all'aria, all'acqua ed al gelo; gli elementi dovranno essere pulitissimi, esenti da cloruri e da
materie polverulente, terrose, organiche, friabili o comunque eterogenee; dovranno escludersi dall'impiego elementi a forma di ago o di piastrelle o aventi dimensione massima di mm 20. Il ghiaietto dovrà avere i requisiti prescritti nel punto 2. dell'allegato 1 al D.M. LL.PP. 09 Gennaio 1996.
2.4 Pietrisco
Qualora si adoperi pietrisco invece del ghiaietto questo dovrà pervenire dalla frantumazione di rocce silicee-basaltiche, porfiriche, granitiche o calcaree che presentino, in generale, i requisiti prescritti per la ghiaia di cui al precedente punto.
E' vietato l'impiego di pietrisco che provenga dalla frantumazione di scaglie o di residui di cave. Il pietrisco dovrà avere i requisiti prescritti nel punto 2. dell'Allegato 1 al D.M. LL.PP. 09 Gennaio 1996
2.5 Acqua
Dovrà essere limpida, incolore, inodore. Agitandola in una bottiglia non si dovrà formare alcuna schiuma persistente. Non potranno essere impiegate acque di rifiuto di qualsiasi origine, anche se limpide. E' vietato inoltre l'impiego di acque piovane. L'acqua, che dovrà essere fornita dall'Appaltatore, avrà i requisiti prescritti nel punto 3 dell'Allegato 1 al D.M. LL.PP. 09 Gennaio 1996.
2.6 Cementi
Il cemento impiegato dovrà avere i requisiti di cui alla legge 26 Maggio 1965 n. 595 ed al D.M. 3 Giugno 1968 e successivi aggiornamenti che dettano le norme per l'accettazione e le modalità di prova dei cementi
2.6 Calci
Le calci aeree ed idrauliche naturali, dovranno rispondere ai requisiti di accettazione di cui al R. Decreto 16 novembre 1939, n. 2231; le calci idrauliche dovranno altresì rispondere alle prescrizioni contenute nella legge 26 maggio 1965, n. 595 (“Caratteristiche tecniche e requisiti dei leganti idraulici”) nonché ai requisiti di accettazione contenuti nel D.M. 31 agosto 1972 (“Norme sui requisiti di accettazione e modalità di prova degli agglomerati cementizi e delle calci idrauliche”).
2.1 Composizione dell’impasto: massetto cementizio
Il piano di posa dei pavimenti in pietra sarà costituito da un impasto di sabbia e ghiaietto, dello spessore totale fino a 6 cm, con impasto a 300 kg. di cemento tipo R325, tirato in perfetto piano a frattazzo lungo.
2.1 Composizione dell’impasto: massetto di calce
Il piano di posa dei pavimenti in cotto sarà costituito da un impasto di sabbia e ghiaietto, dello spessore totale fino a 6 cm, con impasto indicativo a 300 kg di calce idraulica naturale, e comunque nel rispetto delle indicazioni della scheda tecnica del materiale utilizzato e della D.L., tirato in perfetto piano a frattazzo lungo.
3. Esecuzione delle opere
Il massetto dovrà essere prodotto con adeguate attrezzature che garantiscano la corretta miscelazione fra i diversi componenti e dovrà avere gli spessori e le eventuali pendenze secondo i particolari di progetto.
Prima della posa il piano dovrà essere sgombro da corpi estranei e dovrà essere secco e stabile. Prima di procedere si dovranno verificare i livelli di riferimento e predisporre le eventuali sponde di contenimento del getto.
Il calcestruzzo fresco andrà protetto sia dal gelo sia da una rapida essiccazione. Non dovrà essere applicato ad una temperatura inferiore a +0ºC. Si dovrà pure evitare la posa del calcestruzzo a temperature superiori a +28°C.
Gettare il massetto solo dopo essersi accertati dell’avvenuta completa asciugatura del sottofondo.
4. Requisiti
Resistenza al fuoco non infiammabile
Resistenza a compressione
Dopo l’indurimento il massetto dovrà avere una resistenza a compressione e flessione a 28 gg rispettivamente di 20 e 5 N/mm
5. Specifiche protezioni provvisorie durante il corso dei lavori e/o alla conclusione degli stessi
Nel caso in cui al termine della maturazione e completa asciugatura del massetto non dovesse seguire l’immediata posa del pavimento, l’appaltatore dovrà proteggere con adeguati materiali la superficie del massetto al fine di evitare qualsiasi tipo di danneggiamento della superficie stessa.
6. Criteri di accettazione delle opere
A maturazione i massetti dovranno mostrare una superficie asciutta, perfettamente livellata, di colore uniforme. Dovranno essere compatti in modo omogeneo, non dovranno presentare alterazioni della composizione dell’impasto (zone magre), screpolature di ritiro o di assestamento, scalpellature, fresature, ecc.
Si dovrà accertare inoltre che non siano intervenuti cedimenti, deformazioni od altri difetti emersi a lavori ultimati.
Non saranno ammesse ondulazioni nella planarità del massetto superiori a 2 mm per metro lineare di lunghezza, misurati con l'apposizione sul pavimento di un regolo metallico lungo almeno 2.50 m.
ART. 24 - INTONACI E RASATURE PER NUOVE MURATURE
1. Descrizione
L’intonaco completo al civile è previsto:
1) all’intradosso del nuovo solaio nel disimpegno fra la cripta e l’archivio;
2) per il muro rifatto verso il cortiletto (o per la ripresa degli intonaci in opera in caso di conservazione del muro), sia verso l’esterno che verso l’interno.
3) per la ripresa in corrispondenza delle rotture per la sostituzione delle porte; Tutti gli intonaci sono colorati in pasta.
Le rasature sono previste per le parti a vista delle murature in calcestruzzo alveolare autoclavato.
2. Caratteristiche dei materiali
2.1 Sabbia
Dovrà provenire dal letto dei fiumi oppure da banchi in profondità, depositata da remote alluvioni oppure da rocce frantumate; dovrà essere accuratamente lavata in
modo da eliminare ogni traccia di sostanze organiche. E' preferibile l'impiego di sabbia costituita da granuli spigolosi.
La granulometria della sabbia, passata al setaccio sarà:
− sabbia fine:per intonaci con finitura liscia, con granuli da 0 a 0,5 mm;
− sabbia media:per intonaci con finitura grezza, con granuli da 0,5 a 2 mm
La sabbia dovrà risultare bene assortita in grossezza e costituita da grani resistenti,
non provenienti da rocce calcaree o da rocce in decomposizione o gessose. Dovrà essere scricchiolante alla mano, non lasciare tracce di sporco, non contenere materie organiche, melmose o comunque dannose. Dovrà avere i requisiti prescritti nel punto 2. dell'allegato 1. al D.M. LL.PP. 09 Gennaio 1996.
2.2 Acqua
Dovrà essere limpida, incolore, inodore. Agitandola in una bottiglia non si dovrà formare alcuna schiuma persistente. Non potranno essere impiegate acque di rifiuto di qualsiasi origine, anche se limpide. E' vietato inoltre l'impiego di acque piovane. L'acqua, che dovrà essere fornita dall'Appaltatore, avrà i requisiti prescritti nel punto 3 dell'Allegato 1 al D.M. LL.PP. 09 Gennaio 1996.
2.3 Calce spenta e grassa (Grassello)
Ottenuta dalla cottura di pietra calcarea con un contenuto di sostanze diverse dal carbonato di calcio inferiore al 10% e del successivo trattamento con acqua per dare origine al processo di idratazione e spegnimento.
2.5 Paraspigoli
Il lamiera zincata stirata o forata con lato di larghezza minima mm 35.
2.6 Intonaci di calce
La calce aerea da usarsi negli intonaci dovrà essere estinta da almeno dodici mesi per evitare scoppiettii, sfioriture e screpolature, verificandosi le quali sarà a carico dell'Appaltatore fare tutte le riparazioni occorrenti. Ad opera finita l'intonaco dovrà avere uno spessore non inferiore a mm 15.
La composizione della malta potrà prevedere anche l’utilizzo di calce idraulica naturale e/o aggiunte idraulizzanti, come cocciopesto di derivazione non industriale e pozzolana naturale, nonché aggregati selezionati: sabbia silicea e polvere di marmo.
2.8 Intonaci premiscelati
Nel caso fossero impiegati, in alternativa a quelli precedentemente descritti, prodotti forniti premiscelati, questi dovranno essere espressamente autorizzati dalla DL una volta verificata la corrispondenza prestazionale in termini di:
− capacità di riempimento delle cavità ed eguagliamento delle superfici;
− reazione al fuoco e/o resistenza all'incendio adeguata;
− impermeabilità all'acqua e/o funzione di barriera all'acqua;
− effetto estetico superficiale in relazione ai mezzi di posa usati;
− adesione al supporto e caratteristiche meccaniche del prodotto proposto.
2.9 Rasanti
Sulle murature in cls alveolare si applicheranno esclusivamente rasanti appositamente prodotti, a base di grassello di calce stagionato e pigmenti naturali inorganici che garantiscano una forte traspirabilità.
3. Esecuzione delle opere
3.1 Generalità
L’esecuzione degli intonaci potrà avvenire previa autorizzazione della D.L. una volta verificato che il supporto presenti una superficie ruvida e adeguatamente porosa, con capacità di assorbimento media e nessuna traccia di contaminazione da oli, sali solubili, materiali disciolti o malfermi, strati superficiali incompatibilmente aggiunti.
Gli intonaci dovranno essere costituiti da malte a base di calci di buona qualità che, poste a contatto con il supporto, devono aderire sia meccanicamente (per compressione) che chimicamente (combinandosi con elementi quali silice, allumina, ossidi di ferro, ecc.) formando un corpo unico e continuo con il supporto stesso. Gli impasti da utilizzare nei dovuti rapporti tra componenti, dovranno avere un legante con spiccate affinità chimiche con il supporto e manifestare proprietà di adesione maggiori di quanto non sia il loro potere di coesione. La dosatura dovrà essere realizzata mediante apposite casse di dosaggio, escludendo dosaggi approssimativi.
Per la preparazione di malte che costituiscano i tre strati dell’intonaco (rinzaffo, arricciatura, finitura) dovranno scegliersi rispettivamente aggregati grossi, medi e fini; è da escludere in ogni caso il sovvertimento di tale sequenza. Composizione e dosaggi delle malte dovranno essere comunque preventivamente verificati e approvati da parte della DL. Per le nuove murature l’esecuzione degli intonaci dovrà essere effettuata dopo un’adeguata stagionatura delle malte di allettamento. Le superfici dovranno essere accuratamente preparate, pulite e bagnate.
Contemporaneamente alla stesura dello strato finale di intonaco, a protezione degli spigoli della muratura dovranno essere posati adeguati paraspigoli in lamiera zincata.
Gli intonaci colorati in pasta di finitura dovranno essere realizzati sulla base di specifiche campionature in situ sottoposte all’esame della D.L., e colorati con l’impiego di terre, ossidi e pigmenti naturali. Gli spigoli sporgenti o rientranti verranno eseguiti ad angolo vivo oppure con opportuno arrotondamento a seconda degli ordini che in proposito darà la Direzione Lavori.
L’esecuzione degli intonaci dovrà essere sempre protetta dagli agenti atmosferici.
3.2 Intonaco rustico
Al fine di ottenere una superficie piana ed al livello richiesto, verranno predisposte delle fasce guida a distanza ravvicinata. Sarà successivamente steso un primo strato (rinzaffo) di malta conforme alle caratteristiche richieste secondo il tipo di applicazione e in modo da ottenere una superficie liscia ed a livello con le fasce precedentemente predisposte, regolarizzando la superficie esterna così ottenuta con l’impiego di regoli di legno o di alluminio.
Dopo la presa di questo primo strato verrà applicato un secondo strato (arricciatura) di malta più fine, in modo da ottenere una superficie liscia ed a livello con le fasce precedentemente predisposte, stuccando e regolarizzando la superficie esterna così ottenuta con l’impiego di regoli di legno o di alluminio con la cazzuola e con il frattazzino, stuccando ogni fessura e togliendo ogni asperità.
3.3 Intonaco civile
Dovrà essere applicato dopo la presa dello strato di intonaco grezzo e sarà costituito da una malta, con grani di sabbia finissimi, lisciata mediante fratazzo rivestito con panno di feltro o simili, in modo da ottenere una superficie finale perfettamente piana ed uniforme. Sarà pertanto formato da tre strati, di cui il primo di rinzaffo, un secondo di arricciatura tirato in piano con regolo e fratazzo e la
predisposizione di guide, un terzo strato di finitura formato da uno strato di “colla” della stessa malta passata al crivello fino, lisciata con fratazzo metallico o alla pezza su pareti verticali.
4. Criteri di accettazione delle opere
Gli intonaci e le rasature, di qualunque tipo essi siano, non dovranno mai presentare peli, crepature, irregolarità negli allineamenti e negli spigoli, nei piani, nei piombi, distacchi dalle murature, scoppiettii, sfioriture e screpolature, ecc.
Le superfici di pareti e soffitti dovranno risultare perfettamente piane; saranno controllate con regolo che dovrà risultare combaciante con la rasatura in qualunque posizione; orizzontale, verticale o diagonale.
ART. 25 - PAVIMENTI E RIVESTIMENTI
1. Descrizione
Il progetto prevede tre tipi di pavimento:
1) pavimento in medoni di cotto di recupero della zona dell’altare o di nuova fornitura per l’integrazione di piccole lacune dei pavimenti in opera;
2) battuto in malta di calce idraulica addizionata con cocciopesto e pietrisco di calcare rosso nella zona dell’altare, nel locale destinato all’allestimento del lapidario e in modo diffuso per la riparazione di lacune non integrate dai medoni in cotto;
3) battuto di cemento con finitura bocciardata per il disimpegno est fra l’archivio e la cripta.
2. Caratteristiche dei materiali
2.1 Medoni in cotto
Si dovranno utilizzare soltanto medoni di recupero uguali per colore, dimensioni e geometria a quelli in opera; nel caso ciò non risultasse possibile potranno essere utilizzati medoni, sempre di recupero ovvero di produzione artigianale, di geometria e dimensioni diverse, giudicati idonei dalla D.L., sostituendo però anche quelli in opera.
I materiali proposti dall’appaltatore dovranno essere campionati ed esaminati dalla D.L., la quale si riserva la facoltà di richiedere all’appaltatore di eseguire analisi specifiche alla valutazione delle caratteristiche dei materiali stessi, e relative alla capacità di adescamento, alla curva di assorbimento e porosità, alla presenza di sali solubili, alle caratteristiche meccaniche e di resistenza all’usura.
2.2 Calcestruzzi
Aggregati
Gli aggregati devono essere marcati CE in conformità alla norma UNI EN 12620 e devono rispondere alle prescrizioni delle norme UNI 8520-1 e 8520-2; la marcatura CE deve essere attestata da un Organismo notificato.
In particolare devono essere accertate e rispettate le caratteristiche riportate nella tabella che segue.
Caratteristica | Limite | Note | Metodi di prova |
Contenuto di contaminanti leggeri | A.f. ≤ 0,125% A.g. ≤ 0,025% | UNI EN 1744-1 punto 14.2.2 | |
Aggregati reattivi | Espansione Prova accelerata | UNI 8520-22 |
≤ 0,1% ≤ 0,05% a 3 mesi ≤ 0,1% a 6 mesi | |||
Assorbimento | Solo per | UNI EN 1097-6:2008 | |
dell’aggregato grosso | ≤ 1% | classe di | UNI EN 1367-1 |
oppure Resistenza al gelo dell’aggregato grosso | ≤ F2 o ≤ MS25 | esposizione XF | UNI EN 1367-2 |
Cocciopesto
Le terrecotte o i cotti in genere per l’ottenimento del cocciopesto mediante comminuzione artificiale dovranno provenire da tegole e/o vasellame vecchi, da coppi e mattoni selezionati di recupero dalle demolizioni e ben puliti, o comunque da coppi e mattoni di produzione non industriale, e che siano stati preferibilmente sottoposti per lungo tempo all’azione degli agenti atmosferici e accuratamente puliti e lavati. Gli stessi elementi dovranno infatti essere scevri da materiale organico, terra, polvere e deposito. Tra i mattoni saranno da preferirsi gli albasi, cotti sotto i 750°C o i ferrioli, cotti sopra i 900°C, nei quali la silice e l’allumina sono ancora fortemente attivi, mentre l’impiego di mattoni a cottura giusta non fornisce i risultati richiesti e riduce, di fatto, il cocciopesto ad un normale aggregato inorganico, impiegato come colorante. La granulometria del prodotto macinato dovrà essere compresa tra 0 e 4 mm, a seconda dell’impiego cui è destinato.
Cemento
Il cemento deve essere marcato CE e quindi conforme alla norma UNI EN 197-1. Il cemento da utilizzare, di classe 42,5, è del tipo CEMIII (altoforno), CEM IV (pozzolanico), CEM V (composito) o in alternativa CEM I o CEM II con contenuto di alcali equivalenti inferiore allo 0,6%.
Per l’intera fornitura il fornitore deve assicurare l’invariabilità del tipo e della classe del cemento nonchè dell’impianto di produzione di provenienza. Se, per cause di forza maggiore, il fornitore di calcestruzzo fosse costretto ad approvigionarsi da un diverso impianto, deve darne sollecita comunicazione scritta all’Esecutore del pavimento e alla Direzione Lavori con la quale concorderà le azioni da intraprendere.
Calci idrauliche
Le calci idrauliche dovranno avere i requisiti di cui alla legge 595 del 26 maggio 1965; le norme relative all'accettazione e le modalità d'esecuzione delle prove di idoneità e collaudo saranno regolate dal successivo D.M. 3 giugno 1968 e dal D.M. 20 novembre 1984. I leganti forniti in sacchi dovranno avere riportato sugli stessi il nominativo del produttore, il peso, la qualità del prodotto, la quantità d'acqua per malte normali e la resistenza minima a compressione ed a trazione a 28 giorni di stagionatura.
La calce idraulica naturale, in polvere o in zolle, dovrà essere ottenuta dalla calcinazione a bassa temperatura di calcari silicei, a basso contenuto di sali solubili. L’accettazione dei leganti idraulici proposti dall’Appaltatore per le opere di risanamento, conservazione e consolidamento sarà sempre subordinata all’esame delle schede tecniche, adeguatamente dettagliate, relative alle qualità chimico- fisiche dei leganti stessi, la provenienza della materia prima e le modalità produttive e di cottura. Qualora tale documentazione venisse ritenuta insufficiente o lacunosa, o comunque a discrezione della D.L., sarà obbligo dell’Appaltatore procedere alle analisi chimiche quantitative dei materiali e all’analisi dei sali solubili, onde garantire
la corretta rispondenza dei materiali leganti alle caratteristiche dei manufatti oggetto dell’intervento.
I leganti idraulici, i cementi normali o speciali potranno essere forniti sfusi e/o in sacchi sigillati. Dovranno essere conservati in locali coperti, asciutti, possibilmente sopra pallet in legno, coperti e protetti da appositi teli. Se sfusi i cementi dovranno essere trasportati con idonei mezzi, così pure il cantiere dovrà essere dotato di mezzi atti allo scarico ed all'immagazzinaggio in appositi silos; dovranno essere separati per tipi e classi identificandoli con appositi cartellini. Dovrà essere utilizzata una bilancia per il controllo e la fonnazione degli impasti. L'introduzione in cantiere di ogni partita di leganti dovrà essere annotata sul giornale dei lavori.
Acqua di impasto
L’acqua per l’impasto deve essere conforme alla norma UNI EN 1008
Rete elettrosaldata
Si intende per reti elettrosaldate le armature costituite da due sistemi di barre parallele ortogonali equidistanziate, assemblate per saldatura negli incroci chiamati nodi. Gli acciai delle reti elettrosaldate devono essere saldabili. La equidistanza non può superare 330 mm.
La rete ha diametro Ø 6 mm e interasse 20x20cm.
I nodi delle reti devono resistere a una forza di distacco determinata in accordo con la UNI EN ISO 15630-2 pari al 30% della forza di snervamento della barra, da computarsi per quella di diametro maggiore. Tale resistenza al distacco della saldatura del nodo va controllata e certificata dal produttore di reti.
2.3 Calcestruzzo a base cementizia
Il calcestruzzo deve essere conforme alla norma UNI11104 e UNI EN 206-1 ed avere classe di resistenza non inferiore a RcK 25N/mm2.
Il rapporto acqua/cemento non deve essere superiore a 0,60 ed il dosaggio del cemento non inferiore a 250 Kg/mc.
Il calcestruzzo dovrà avere al momento del getto (allo stato fresco) un contenuto di aria intrappolata non superiore al 3% e comunque la quantità d’aria totale misurata dal porosimetro non deve mai superare il 5%.
Il fornitore di calcestruzzo deve garantire i tempi di frattazzabilità degli impasti forniti con decorrenza dall’ora di carico riportata nel documento di trasporto: il tempo di inizio frattazzabilità deve essere superiore alle 4 ore (con una tolleranza di 1 ora) e il tempo di fine frattazzabilità deve essere inferiore alle 8 ore (con una tolleranza di 2 ore).
La temperatura del calcestruzzo fresco al momento del getto deve essere compresa tra 5°C e 30°C, il ritiro del calcestruzzo misurato a 28 giorni deve essere uguale o minore a 500microm/m misurato secondo la norma UNI11307.
La classe di contenuto in cloruri è pari a Cl 0,40.
2.4 Calcestruzzo a base di calce idraulica
È costituito;
- da uno strato di corpo in conglomerato di calce idraulica naturale, cocciopesto di grossa granulometria e sabbia, sp. da 8 a 4 cm.
- da uno strato di finitura in conglomerato di calce idraulica naturale e aerea (grassello stagionato 24 mesi), addizionato di cocciopesto fine, Sabbia Ticino, aggregato costituito da pietrisco di calcare rosso non venato e cocciopesto frantumato, granulometria compresa fra 3 e 8 mm.
2.5 Trattamento protettivo antipolvere
Tutti i pavimenti, sia nuovi che esistenti, saranno soggetti a trattamento superficiale protettivo antivolvere a base di polisilossano.
3. Esecuzione delle opere
Prima della posa il piano di supporto dovrà essere sgombro da corpi estranei e dovrà essere secco e stabile. Prima di procedere si dovranno verificare i livelli di riferimento e predisporre le eventuali sponde di contenimento del getto. È sempre consigliabile inumidire il fondo prima della posa del getto del sottofondo.
Gli impasti dovranno essere preparati, trasportati e stesi in modo da escludere pericoli di segregazione dei componenti o di prematuro inizio della presa al momento del getto. Il getto dovrà essere convenientemente compatto e la superficie dei getti mantenuta umida per almeno tre giorni.
Non si dovrà mettere in opera il conglomerato a temperature minori di 0°C, salvo il ricorso ad opportune cautele (additivi) previa esplicite autorizzazioni. E’ vietato interrompere il getto su una porzione di pavimento.
Durante le lavorazioni dovranno essere adeguatamente protetti tutti gli altri elementi già messi in opera.
3.1 Finitura del battuto in malta di calce idraulica
Il battuto in conglomerato di calce idraulica naturale, è miscelato in cantiere; dopo la stesura si lascerà che faccia presa, quindi sarà trattato in superficie con spugnature e nebulizzazione mediante spray d’acqua al fine di mettere in evidenza l’aggregato superficiale costituito da pietrisco di calcare rosso non venato e cocciopesto frantumato, granulometria compresa fra 3 e 8 mm.
3.2 Finitura del battuto calcestruzzo cementizio
Il battuto di cemento avrà finitura bocciardata.
4. Requisiti
Classe di resistenza Rck 25/Nmm2
Classe di consistenza stesura meccanizzata slump di riferimento 150mm (130/170)
stesura manuale slump di riferimento 230mm (210/250)
Classi di esposizione ambientale
Classi di contenuto in cloruri
in conformità alla norma UNI 11104
Cl 0,40 in conformità alla norma UNI EN 206-1
Rapporto acqua/cemento ≤0,60 Dosaggio di cemento ≥250Kg/mc
Contenuto di aria intrappolata
≤3%
Contenuto di aria aggiunta ≥3% in conformità alla norma UNI (contenuto di aria totale
≤5%)
Tempi di frattazzabilità inizio superiore a 4 ore
fine inferiore a 8 ore
Temperatura calcestruzzo fresco
5°C≤T≤30°C
Si prescrive di non aggiungere in cantiere nessun tipo di materiale (acque, fibre) a meno che non sia stato trattenuto al momento del carico nell’impianto di produzione ma previsto dal progetto nella miscela e quindi sotto la garanzia del produttore di calcestruzzo che ne garantisce le prestazioni prescritte dal capitolato.
5. Specifiche protezioni provvisorie durante il corso dei lavori e/o allaconclusione degli stessi
I prodotti devono essere contenuti in appositi imballi che li proteggano da azioni meccaniche, sporcatura, ecc. nelle fasi di trasporto, deposito e manipolazione prima della posa ed essere accompagnati da fogli informativi riportanti il nome del fornitore e la rispondenza alle prescrizioni predette.
6. Norme di riferimento
Criteri per la progettazione, esecuzione e collaudo UNI11146 Prelevamento di campioni di cls indurito UNI6131
Misurazione umidità negli strati cementizi UNI10329
Determinazione alcalinità totale additivi UNI7116
7. Criteri di accettazione delle opere
I controlli sull’accettazione delle opere (a calcestruzzo indurito) verificano la resistenza alla compressione, il ritiro, il contenuto dell’aria, l’aspetto complessivo
7.1 Resistenza alla compressione
Il controllo della resistenza alla compressione sarà eseguito secondo le procedure descritte dalle Norme Tecniche delle costruzioni in vigore.
Ciascun prelievo è composto da due provini cubici di lato 15cm che devono essere eseguiti, stagionati e sottoposti alla prova di schiacciamento in conformità alle norme UNI 12390-1, 12390-2,12390-3,12390-4. La frequenza minima è di un prelievo ogni 200mc o almeno un prelievo per ogni giorno di getto e devono essere eseguiti da personale qualificato.
La media delle resistenze a compressione di due provini di un prelievo rappresenta la resistenza di prelievo che deve essere effettuata mediante la prova di rottura presso Laboratorio autorizzato.
Il controllo di accettazione è positivo se risultano verificate le disuguaglianze di cui alla tabella di seguito riportata
Controllo di tipo A | Controllo di tipo B |
R1≥Rck-2,5 | |
Rm≥Rck+2,5 X. xxxxxxxx 0 | Xx≥Rck+1,4 N. prelievi ≥15 |
Ove: Rm = resistenza media dei prelievi (N/mm2) R1 = minore valore di resistenza dei prelievi (N/mm2) s = scarto quadratico medio |
Il controllo di tipo A è riferito ad un quantitativo di miscela omogenea non maggiore di 600mc ed è composto da un numero di prelievi eseguiti su un massimo di 200mc di getto. Il numero di prelievi per il controllo di tipo A va da un minimo di 3 (per pavimenti inferiori a 600mc gettati in meno di 3 giorni) ad un massimo di 5 (per pavimenti compresi tra 600 e 1200mc o tra 1200 e 1800mc etc.. gettati in cinque giorni)
Il controllo di tipo B deve essere previsto per pavimenti che richiedono l’impiego di un quantitativo di oltre 3000mc di miscela omogenea. I prelievi, effettuati ogni giorno di getto, ogni 200mc, saranno complessivamente almeno 15.
7.2 Ritiro
La determinazione dell’entità del ritiro va eseguita secondo la norma UNI 11307- 2008. Può essere concordata l’esecuzione della prova a temperatura e stagionatura diversa da quella normalizzata; in tal caso essa dovrà essere riportata nel rapporto di prova. La prova deve essere effettuata presso un Laboratorio autorizzato.
7.3 Contenuto d’aria
Il contenuto di aria si determina secondo la norma UNI EN 480-11
7.4 Aspetto complessivo
L’aspetto complessivo delle pavimentazione dovrà essere privo di incurvamenti ed inarcamenti se non giustificati dal raccordo con le pavimentazioni esistenti, fessurazioni varie, sbrecciature in prossimità dei giunti e dei punti di giunzione con le strutture verticali, microcavillature a ragnatela, efflorescenze del calcestruzzo.
ART. 26 - OPERE IN PIETRA NATURALE
1. Descrizione
Il progetto prevede due utilizzi della pietra naturale:
1) per la soglia dell’uscita verso il cortiletto, da realizzare in Beola;
2) per la ricollocazione in opera della pavimentazione rimossa all’estradosso del solaio di copertura del vano di disimpegno fra la cripta e l’archivio.
2. Caratteristiche dei materiali
2.1 Prescrizioni generali
I materiali di nuova fornitura utilizzati in progetto saranno costituiti integralmente da materiale lapideo senza aggiunta di leganti, di prima qualità; è escluso il ricorso a pietre ricostruite.
Non dovrà inoltre manifestarsi la presenza di taroli (piccole cavità di soluzione), vermicello o frescume (rigature o macchie biancastre o giallastre di sostanze varie), zampe di gallina, macrosità, fessurazioni, inclusioni di cappellaccio, ecc., che, pur essendo propri delle singole specie, alterino l'omogeneità, la solidità e la bellezza della pietra.
Gli spigoli non dovranno presentare scheggiature o spigolature.
Le superfici piane non dovranno presentare cavità, tassellature, rattoppi, masticature, graffature ed altri simili rimedi di consolidamento e di rinforzo.
Tutti i materiali dovranno essere campionati in sede di offerta nelle varie lavorazioni richieste ed accompagnati da schede tecniche atte ad illustrarne la provenienza, i requisiti qualitativi, l'idoneità all'impiego prestazionale di progetto.
Gli elementi saranno forniti in opera di colore e aspetto omogeneo, finitura a taglio sega.
2.2 Integrazione della pavimentazione esistente
Nel caso si rendesse necessario integrare le lastre esistenti in seguito a rotture si adotteranno lastre di uguale materiale e geometria di quelle in opera, ovvero, qualora non fossero reperibili, giudicate idonee dalla D.L.
3. Esecuzione delle opere
3.1 Rimessa in opera della pavimentazione rimossa
Le lastre di recupero saranno ricollocate nella posizione originaria, in base alla mappatura effettuata prima della loro rimozione. Nel caso si verificassero rotture il
D.L. potrà autorizzare stuccature con materiali aventi caratteristiche chimiche e cromatiche che rendano impercettibile la rottura.
3.2 Soglie
Prima di eseguire la fornitura sarà cura dell’appaltatore fornire alla DL, per l’approvazione, l’abaco (o casellario) delle pietre.
L'Appaltatore dovrà avere la massima cura onde evitare, durante le varie operazioni di carico, trasporto, scarico e collocamento in sito e sino al collaudo, rotture, scheggiature, graffi, danni alle lucidature, ecc. Egli pertanto dovrà provvedere, alle opportune protezioni, con materiale idoneo.
Le soglie dovranno sporgere dal filo del rivestimento esterno di almeno 4 cm, il canale di gocciolatoio dovrà avere sezione di almeno 10 x 12 mm ed essere tagliato ad una distanza dallo spigolo esterno di circa 1,5 mm.
Le soglie dovranno essere posate in modo da presentare una lieve pendenza verso l'esterno.
Le soglie dovranno essere realizzate in un sol pezzo.
4. Criteri di accettazione delle opere
Le soglie e la pavimentazione dovranno presentarsi, ad opera compiuta, senza screpolature o stuccature, piani di sfaldamento, a struttura uniforme, senza peli, venature o cavità e senza inclusioni di sostanze estranee.
Saranno oggetto di particolare verifica:
− l’adeguata pendenza delle soglie mediante aspersione d’acqua, che dovrà scorrere rapidamente verso l’esterno;
− l’omogeneità del colore. ART. 27 - INFISSI
1. Descrizione
Gli infissi si dividono in elementi fissi (cioè luci fisse non apribili) e serramenti (cioè con parti apribili).
Il progetto prevede due tipi di infissi:
- porte tagliafuoco, del tipo “Ninz Proget REI 120”, previste a chiusura dei passaggi verso l’archivio e a chiusura dell’asola impianti nel locale di disimpegno fra la cripta e l’archivio;
- porte multiuso in ferro tipo Ninz Proget Multiuso, a chiusura dell’uscita verso il cortiletto, dell’ingresso al piano terra, del vano tecnico attiguo al disimpegno fra la cripta e l’archivio.
Le porte verso il cortiletto e l’ingresso dal piano terra, sulla vie di fuga, sono dotate di maniglione antipanico
2. Caratteristiche dei materiali
2.1 Porte tipo Ninz Proget REI 120
Porta tagliafuoco tipo “Ninz Proget REI 120” ad una anta, conforme alla norma UNI9723 composta da anta tamburata in lamiera zincata (spessore 0,7mm), coibentazione con materiali in fibra minerale, spessore totale 60 mm.
Telaio angolare in profilati di lamiera d’acciaio zincata con zanche da murare nelle pareti in mattoni e calcestruzzo alveolare autoclavato, giunti per l’assemblaggio in cantiere e distanziale inferiore avvitabile. Serratura sull’anta principale con foro cilindro ed inserto per chiave tipo patent, compresa. Rostro di tenuta nella battuta delle ante sul lato cerniere. Maniglia antinfortunistica in acciaio INOX satinato con molla di richiamo e sottoplacca in acciaio, dimensione del quadro 9mm, compreso viti di fissaggio e distanziali. Completa di 4 cerniere di cui una per anta a molla per l’autochiusura ed una dotata di sfere reggispinta e viti per la registrazione verticale. Rinforzi interni nelle ante per il montaggio di chiudiporta e maniglioni antipanico. Guarnizione termoespandente inserita in apposito canale sul telaio e nella controbattuta dell’anta secondaria.
Boccola colore nero con 3 viti/tasselli da montare sul pavimento finito. Targhetta di contrassegno con elementi di riferimento, applicata in battuta dell’anta principale. Verniciatura con polveri epossipoliestere termoindurite, con finitura a struttura antigraffio goffrata.
2.2 Porte tipo Ninz Proget Multiuso
Porta in ferro tipo “Ninz Proget Multiuso” ad una anta composta da anta tamburata in lamiera zincata (spessore 0,7mm), coibentazione con materiali in fibra minerale, spessore totale 60 mm.
Telaio angolare in profilati di lamiera d’acciaio zincata con zanche da murare nelle pareti in laterizio e in calcestruzzo alveolare autoclavato, giunti per l’assemblaggio in cantiere e distanziale inferiore avvitabile. Serratura sull’anta principale con foro cilindro ed inserto per chiave tipo patent, compresa e serratura sull’anta secondaria (se prevista) per l’autobloccaggio, con levetta per l’apertura. Sede della serratura per l’autobloccaggio sull’anta secondaria predisposta anche per l’applicazione della serratura di maniglione antipanico. Rostro di tenuta nella battuta delle ante sul lato cerniere. Quando non prevista l’installazione del maniglione antipanico, la maniglia sarà del tipo antinfortunistica in acciaio INOX satinato con molla di richiamo e sottoplacca in acciaio, dimensione del quadro 9mm, compreso viti di fissaggio e distanziali. Completa di 4 cerniere di cui una per anta a molla per l’autochiusura ed una dotata di sfere reggispinta e viti per la registrazione verticale. Rinforzi interni nelle ante per il montaggio di chiudiporta e maniglioni antipanico.
Boccola colore nero con 3 viti/tasselli da montare sul pavimento finito. Targhetta di contrassegno con elementi di riferimento, applicata in battuta dell’anta principale. Verniciatura con polveri epossipoliestere termoindurite, con finitura a struttura antigraffio goffrata.
2.3 Verniciature
I telai, sia delle parti fisse che di quelle apribili, avranno una finitura superficiale con verniciatura per esterni o interni (in base all’esposizione). Le caratteristiche della vernici e il colore sono disciplinate dall’art. 29, cui si rimanda.
2.4 Maniglione antipanico
I maniglioni, ove previsti, saranno del tipo “CISA Prestige INOX” con carter e barra in acciaio inox AISI304, scrocchi e catenacci in lega di alluminio con trattamento PVD, scrocco laterale autobloccante.
3. Esecuzione delle opere
3.1 Prescrizioni generali
Il ferro deve essere lavorato diligentemente con maestria, regolarità di forme e precisione di dimensioni, secondo i disegni di progetto e/o che fornirà la Direzione dei Lavori con particolare attenzione alle saldature e ribaditure. Saranno rigorosamente rifiutati tutti quei pezzi che presentino il più leggero indizio di imperfezione.
L'Impresa é obbligata a controllare gli ordinativi ed a rilevare sul posto le misure esatte dei diversi infissi, essendo responsabile degli inconvenienti che potessero verificarsi per l'omissione di tale controllo.
La posa dovrà essere eseguita secondo le prescrizioni tecniche del produttore nel rispetto delle condizioni di prova sia per garantire il perfetto funzionamento della porta che l’autochiusura di porte tagliafuoco.
E’ cura dell’installatore eseguire le opere murarie in conformità alla norma UNI9723:1990/A1, di riempire i telai con malta cementizia e di mantenere integra la parete in laterizio e/o in calcestruzzo alveolare autoclavato in particolare nei punti di ancoraggio della porta.
La modalità di posa dovrà in ogni caso rispettare le indicazioni del produttore ed essere eseguita in maniera tale da non inficiare la certificabilità antincendio ove richiesta per la classe prevista.
La modalità di posa dei maniglioni antipanico dovrà in ogni caso rispettare le indicazioni del produttore ed essere eseguita in maniera tale da non inficiare la certificabilità antincendio del sistema porta sul quale sono montati i maniglioni.
4. Requisiti
Tutti gli infissi esterni dovranno garantire una perfetta tenuta all’acqua e all’aria e soddisfare i requisiti di resistenza meccanica atti ad assicurare gli adeguati livelli di sicurezza; inoltre dovranno soddisfare i seguenti requisiti:
- tenuta all'acqua: classe E4;
- permeabilità all'aria: classe IV;
- resistenza al carico di vento: classe V3;
- resistenza meccanica: gruppo C.
5. Criteri di accettazione delle opere
Il Direttore dei lavori potrà procedere all'accettazione degli infissi mediante i criteri seguenti:
a) il controllo dei materiali che costituiscono l'anta ed il telaio ed i loro trattamenti preservanti, delle guarnizioni di tenuta e/o sigillanti, degli accessori. Mediante il controllo delle sue caratteristiche costruttive, in particolare dimensioni delle sezioni resistenti, conformazione dei giunti, delle connessioni realizzate meccanicamente (viti, bulloni, ecc.) e per aderenza (colle, adesivi, ecc.) e comunque delle parti costruttive che direttamente influiscono sulla resistenza meccanica, tenuta all'acqua, all'aria, al vento, e sulle altre prestazioni richieste.
b) mediante l'accettazione di dichiarazioni di conformità della fornitura alle classi di prestazione quali tenuta all'acqua, all'aria, resistenza agli urti, ecc.; di tali prove potrà anche chiedere la ripetizione in caso di dubbio o contestazione. Le modalità di esecuzione delle prove saranno quelle definite nelle relative norme UNI per i serramenti.
c) le porte REI e i maniglioni antipanico dovranno essere dotati di specifico certificato di prova rilasciato da Istituto di Certificazione riconosciuto per le porte tagliafuoco.
ART. 28 – CANCELLI E OPERE IN FERRO
1. Descrizione
Il progetto prevede la fornitura di un sistema coordinato, per disegno e cromie, di forniture in ferro verniciato:
− cancelli a delimitazione del Sacello, composti da telaio in ferro e specchiatura in lamiera forata;
− cancello a chiusura del vano annesso al Lapidario, in profilati in ferro a semplice disegno;
− sistema di chiusura dell’accesso dal sotto-portico alla camera sepolcrale, costituito da guida in ferro e specchiatura scorrevole in vetro;
− struttura per l’allestimento del lapidario, costituita da elementi modulari in profilati di ferro.
2. Caratteristiche dei materiali
2.1 Ferro
Il ferro utilizzato per le forniture dovrà essere del tipo S235 JR, di dimensione e profilo conforme a quanto indicato sulle tavole di progetto.
La lamiera forata sarà in ferro, spessore mm 1,5, a forature quadre, con una percentuale vuoto su pieno compresa fra il 30 e il 40%, del tipo “Mevaco CU”
2.2 Vetro
Il vetro impiegato deve rispondere alle prescrizioni delle Norme tecniche di cui al
D.M. 14 gennaio 2008 relativamente alla spinta (parapetti) e agli urti (vetrate delimitanti spazi accessibili al pubblico).
In caso di rottura non dovrà rappresentare rischi per le persone.
3. Esecuzione delle opere
3.1 Prescrizioni generali
Il ferro deve essere lavorato diligentemente con maestria, regolarità di forme e precisione di dimensioni, secondo i disegni di progetto e/o che fornirà la Direzione dei Lavori con particolare attenzione nelle saldature e ribaditure. I fori saranno tutti eseguiti con trapano; le chiodature, ribaditure, ecc. dovranno essere perfette, senza sbavature; i tagli essere limati. Saranno rigorosamente rifiutati tutti quei pezzi che presentino il più leggero indizio di imperfezione.
Ogni pezzo od opera completa in ferro dovrà essere fornita a piè d'opera trattato con vernice antiruggine e verniciato come da art. 29 tinteggiature.
Per ogni opera in ferro a richiesta della Direzione dei Lavori, l'Appaltatore avrà l'obbligo di presentare il relativo modello alla preventiva approvazione. L'Impresa
sarà in ogni caso obbligata a controllare gli ordinativi ed a rilevare sul posto le misure esatte delle diverse opere in ferro essendo responsabile degli inconvenienti che potessero verificarsi per l'omissione di tale controllo.
3.2 Cancelli a delimitazione del Sacello
I cancelli a delimitazione del Sacello avranno forma e dimensione uguali fra loro, indipendentemente dalle dimensioni delle aperture. Saranno realizzati rispettando fedelmente le indicazioni delle tavole di progetto; le ante saranno installate su montanti fissati alla muratura senza che risultino visibili piastre di ancoraggio I montanti e le ante dovranno risultare staccate dalla muratura circa 5 cm e staccati da terra non più di cm 3; le ante saranno allineate al filo superiore della cornice: l’altezza dell’anta sarà verificata in cantiere dopo la regolarizzazione del salto di quota fra il Navazzone e il Sacello.
La rete forata sarà fissata al telaio dell’anta con saldature che saranno coperte da adeguati coprifili.
3.3 Cancello di chiusura del locale annesso al Lapidario
Sarà realizzato rispettando fedelmente le indicazioni delle tavole di progetto; le ante saranno installate su montanti fissati alla muratura senza che risultino visibili piastre di ancoraggio I montanti e le ante dovranno risultare staccate dalla muratura circa 5 cm e staccati da terra non più di cm 3.
3.4 Chiusura dell’accesso dal sotto-portico alla camera sepolcrale
Il sistema è costituito da un elemento in ferro che funge da architrave del vano e da supporto del pannello scorrevole in vetro; l’architrave è sagomato in modo da poter alloggiare la guida del pannello scorrevole; quest’ultimo non ha telaio visibile nelle parti a vista.
3.5 Struttura per l’allestimento del lapidario
La struttura per l’allestimento del lapidario sarà realizzata rispettando fedelmente il disegno di progetto. In particolare:
1) l’appoggio a terra non dovrà sporgere oltre quanto previsto in progetto, per non interferire con la stabilità delle volte;
2) i montanti saranno allineati a lato delle unghie delle crociere. Conseguentemente le lunghezze delle diverse campate saranno verificate in opera;
3) gli ancoraggi alla muratura retrostante saranno posizionati in modo da non interferire con gli impianti in opera a vista e da non risultare visibili;
4) i pannelli di lamiera forata dovranno essere montanti su supporti rimovibili in modo da garantire l’ispezionabilità degli impianti retrostanti. La rete forata sarà fissata al telaio del pannello con saldature che saranno coperte da adeguati coprifili. Nel caso in cui le luci delle campate richiedessero l’accostamento di più lastre, le giunzioni dovranno essere effettuate nel centro della campata o comunque rispettando una scansione regolare;
5) nella trave che corre superiormente, come riportato nei disegni di progetto, saranno alloggiati i cavi e le lampade per l’illuminazione del locale e della collezione esposta, pertanto, dovranno essere definite le modalità di supporto in base al tipo di lampada adottata;
6) è facoltà della D.L. valutare la possibilità di far passare i cavi in tubi sottotraccia entro la pavimentazione da rifare in relazione agli spessori che si presenteranno.
3.6 Montaggio
Durante il carico, il trasporto, lo scarico, il deposito ed il montaggio, si dovrà porre la massima cura per evitare che le strutture vengano deformate o sovrasollecitate.
Le parti a contatto con funi, catene od altri organi di sollevamento saranno opportunamente protette.
Il montaggio sarà eseguito in modo che gli elementi raggiungano la configurazione geometrica di progetto.
3.6 Ancoraggi con adesivi e tasselli di fissaggio
Per garantire la tenuta del fissaggio chimico, dove previsto si dovrà, una volta forata la superficie tramite perforatore,
1. pulire accuratamente il foro con un getto d'aria (≥ 5volte) e con uno scovolino (≥ 5volte);
2. iniettare la resina all'interno del foro
3. inserire manualmente la barra in acciaio con movimento rotatorio al fine di distribuire la resina uniformemente su tutta la superficie.
4. rimuovere immediatamente eventuali eccedenze di resina fuoriuscita
Se la profondità del foro fosse maggiore di 15/20 cm, è opportuno servirsi del tubo miscelatore in plastica da collegare all’estremità dell’ugello, affinché l’iniezione della resina raggiunga la profondità desiderata.
Una volta erogata la resina all’interno del foro, vi è un tempo di lavoro in cui le barre possono essere posizionate, ed un tempo in cui occorre non intervenire al fine di permettere il completo indurimento. Per conoscere tali valori, si farà riferimento alle indicazioni presenti nella scheda tecnica ovvero a quanto indicato sul libretto delle istruzioni presente in ogni confezione della resina.
NB. la posa non deve essere effettuata con temperature inferiori ai 5°c.
3.7 Verniciature
Tutti gli elementi in ferro saranno forniti verniciati, come da art. 29.
4. Specifiche protezioni provvisorie durante il corso dei lavori e/o alla conclusione degli stessi
Nel caso in cui la messa in opera subisca interruzioni, l’appaltatore dovrà proteggere con adeguati materiali le superfici finite dei manufatti in vista al fine di evitare qualsiasi tipo di deterioramento o danneggiamento delle superficie stessa.
Uguali provvedimenti dovranno essere assunti al termine della fornitura e posa dei manufatti se le aree in cui sono collocati continuino ad essere accessibili alle maestranze ed alle persone in genere.
5. Criteri di accettazione delle opere
Le forniture dovranno presentarsi in opera saldamente ancorate alla muratura e a piombo.
La qualità delle opere si intende rispondente alle prescrizioni di cui al progetto ed al presente capitolato quando:
− risultino perfettamente rispondenti agli elaborati di progetto;
− le superfici, sottoposte a luce radente, risultino perfettamente piane e levigate, prive di tracce di saldatura o di molatura;
− le saldature siano perfettamente molate, stuccate e levigate fino a restituire la geometria originaria dei pezzi assemblati.
ART. 29 - OPERE DI TINTEGGIATURA
1. Descrizione
Il progetto prevede la verniciatura antiruggine la tinteggiature con vernici poliuretaniche di tutti gli elementi in ferro di nuova fornitura:
− cancelli a delimitazione del Sacello;
− cancello a chiusura del vano annesso al lapidario;
− struttura per l’allestimento del lapidario;
− infisso a chiusura della camera sepolcrale (sotto-portico);
− porte in ferro verso l’archivio, l’asola impianti e il cortiletto.
Tutte le verniciature sono previste di colore grigio, in grado di armonizzarsi al grigio
delle specchiature ad imitazione del marmo Calacatta; la scelta della tonalità sarà effettuata in situ attraverso il confronto dei ferri verniciati che le cromie delle pareti.
È inoltre previsto il trattamento della ringhiera lungo l’accesso da via Sforza, consistente nella rimozione dello strato di verniciatura esistente, il trattamento antiruggine e la successiva tinteggiatura con vernici poliuretaniche.
2. Caratteristiche dei materiali
2.1 Antiruggine
Pittura zincante di etilsilicati inorganici, autoindurente a due componenti, che esplica una protezione galvanica dei metalli ferrosi. Non deve essere usata a contatto diretto con acidi ed alcali. Può essere applicata in condizioni con alta umidità e temperature. Xxxxxx ad essere ricoperta con vernici poliuretaniche.
− aspetto del film secco opaco
− applicazione a pennello
− numero componenti 2
− rapporti di miscela in peso 30-70
− viscosità A+B=30"÷20"CF4 a 20°C
− tempo di essiccamento:
⋅ asciutto al tatto 30'
⋅ in profondità 24 ore
2.2 Vernice a smalto per manufatti in acciaio
Smalto poliuretanico monocomponente formulato con resine alchidiche uretaniche, Biossido di Titanio e pigmenti micronizzati ad alta resistenza alla luce, con caratteristiche di eccezionale brillantezza, pienezza, durezza, resistenza all'ingiallimento e agli agenti atmosferici.
− peso specifico da 0,9 a 1,26 g/ml
− viscosità da 120 a 140 secondi Tazza Ford 4
− residuo secco 73 ± 0,5% p/p
− cromo e piombo assenti
− spessore umido 70 microns
− spessore seco 40 microns
− temperatura essiccazione ad aria a 20°e umidità relativa 60%
⋅ Fuori tatto da 4 a 6 or
⋅ in profondità da 24 a 36 ore
− colore secondo le indicazioni della D.L. in base a quanto definito al punto 1
3. Esecuzione delle opere
3.1 - Prescrizioni generali
La verniciatura dovrà essere preceduta da una conveniente ed accuratissima preparazione delle superfici, e precisamente da raschiature, scrostature, eventuali riprese di spigoli e tutto quanto occorre per uguagliare le superfici medesime.
Tutte le parti oggetto di lavorazione (saldature, molature ecc.) dovranno essere finite a spazzola per eliminare segni e parti lucide. I ogni caso, prima di procedere alla tinteggiatura tutte le superfici dovranno risultare prive di polvere e di tracce di grasso. Prima di applicare, a pennello, la vernice a smalto verrà applicata una mano di antiruggine.
Il metodo deve portare ad una applicazione uniforme della pittura, in modo che essa sia soddisfacente da un punto di vista tecnico ed estetico.
Durante il trasporto e la messa in opera gli elementi dovranno essere adeguatamente protetti per non danneggiare le tinteggiature. Dopo la messa in opera sono ammessi soltanto piccoli interventi di ripresa, che non dovranno lasciare evidenti tracce: in caso contrario si dovrà procedere alla ritinteggiatura dell’intero elemento, anche, se necessario a giudizio della d.l., riportandolo in officina, senza che ciò dia diritto all’impresa di richiedere compensi aggiuntivi.
3.2 Trattamenti antipolvere
Prima di effettuare l’applicazione del trattamento antipolvere è indispensabile preparare adeguatamente il supporto. I pavimenti in cemento di nuova costruzione vanno sottoposti ad abrasivatura meccanica per eliminare il latte di cemento che si forma in superficie se presente. I residui di polvere devono essere allontanati mediante aspirazione.
Prima di applicare il trattamento antipolvere il pavimento o il manufatto debbono essere ben asciutti.
Sulla superficie opportunamente preparata sarà applicato un primer mediante pennello o rullo e lasciato essiccare per almeno 3 ore prima di applicare la prima mano del prodotto antipolvere sempre mediante pennello o rullo.
Dopo 12 ore circa potrà essere applicata la mano finale.
Non eseguire il lavoro a temperature inferiori a + 10°C e superiori a + 35°C. Il pavimento può essere posto in esercizio dopo circa 2 giorni dall’intervento.
4. Criteri di accettazione delle opere
Le superfici pitturate verranno sottoposte ad esame visivo per controllare l'aspetto e la continuità delle pitture. Le zone in cui si sospetti la presenza di porosità o discontinuità delle pitture andranno controllate con strumenti. Lo spessore a umido delle pitture potrà essere controllato con spessimetri a pettine o altri strumenti idonei. Lo spessore a secco delle pitture andrà controllato con strumenti idonei.
Dovranno essere eseguite 5 misure (ognuna risultante dalla media di 3 letture) in cinque punti distanziati regolarmente per ogni zona di 10 m² di area o inferiori. La media delle 5 misure non dovrà risultare inferiore allo spessore richiesto. Nessuna singola misura dovrà risultare inferiore all'80% dello spessore richiesto.
ART. 30 - PROTEZIONE ANTINCENDIO
1. Descrizione
Il progetto prevede il ricorso a sacchetti antincendio intumescenti per l’intasamento dei fori di passaggio fra i locali dell’archivio e il disimpegno, al fine di raggiungere la classe di resistenza al fuoco REI 120 della parete fra l’archivio e la cripta.
2. Caratteristiche dei materiali
Si adotteranno sacchetti della dimensione più adatta ad un perfetto intasamento della breccia, costituiti all’esterno da tessuto in fibra di vetro rinforzata e contenenti all’interno agenti espansivi solidi, materiali vetrificanti e ritardanti di fiamma. I materiali utilizzati dovranno essere privi di amianto.
3. Esecuzione delle opere
I sacchetti saranno messi in opera avendo cura di intasare perfettamente la breccia, accostando gli uni sugli altri dopo averli ripianati manualmente. Eventuali spiragli grossolani dello sbarramento andranno intasati con malta intumescente.
I ogni caso si rispetteranno le modalità di posa previste dalla scheda tecnica del prodotto utilizzato.
4. Misure di controllo e accettabilità dell’opera
Il prodotto dovrà essere dotato di specifico certificato di prova rilasciato da Istituto di Certificazione riconosciuto.
ART. 31 - ELEMENTI A VISTA DELL’IMPIANTO ELETTRICO E TRASMISSIONE DATI
1. Descrizione
Il progetto prevede la messa in opera di un nuovo impianto elettrico e di trasmissione dati a vista, costituito da quattro componenti:
1) tubi in rame per l’alloggiamento dei cavi;
2) scatole per l’alloggiamento delle derivazioni e i raccordi fra i tubi negli angoli, in acciaio brunito;
3) canaline a pavimento per il sormonto dei cavi, in acciaio brunito;
4) colonne per l’alloggiamento delle prese elettriche, dati e il supporto delle lampade, distinte in due tipologie: a pavimento e a parete, anch’esse in acciaio brunito.
2. Caratteristiche dei materiali
Saranno utilizzati acciai di uso generale, di spessore compreso fra 2 e 3 mm, in base alle necessità di saldatura
2.1 Prodotti piani e lunghi
Gli acciai di uso generale laminati a caldo, in profilati, barre, larghi piatti e lamiere devono appartenere a uno dei tipi previsti nella norma EN 10025-1÷6 e devono e essere in possesso di attestato di qualificazione rilasciato dal Servizio tecnico centrale.
Il produttore dichiara, nelle forme previste, le caratteristiche tecniche di cui al prospetto ZA.l dell'appendice ZA della norma europea EN 10025-1. Tali caratteristiche devono rispettare i limiti previsti nelle medesime specifiche tecniche.
Tali caratteristiche sono contenute nelle informazioni che accompagnano l'attestato di qualificazione ovvero, quando previsto, la marcatura CE di cui al D.P.R. n. 246/1993.
2.2 Profilati cavi
Gli acciai di uso generale in forma di profilati cavi (anche tubi saldati provenienti da nastro laminato a caldo) devono appartenere a uno dei tipi aventi le caratteristiche meccaniche riportate nelle specifiche norme europee di riferimento nelle classi di duttilità JR, J0, J2 e K2.
Il produttore dichiara le caratteristiche tecniche che devono essere contenute nelle informazioni che accompagnano l'attestato di qualificazione ovvero, quando previsto, la marcatura CE di cui al D.P.R. n. 246/1993.
3. Esecuzione delle opere
3.1 Prescrizioni generali
Il ferro deve essere lavorato diligentemente con maestria, regolarità di forme e precisione di dimensioni, secondo i disegni di progetto e/o che fornirà la Direzione dei Lavori con particolare attenzione nelle saldature e ribaditure. I fori saranno tutti eseguiti con trapano; le chiodature, ribaditure, ecc. dovranno essere perfette, senza sbavature; i tagli essere limati. Saranno rigorosamente rifiutati tutti quei pezzi che presentino il più leggero indizio di imperfezione.
Gli elementi composti saranno realizzati impiegando tubolari, profilati, piastre e lamiere, tagliati e assemblati, di massima per mezzo di saldature quando non in vista.
Dovrà essere prestata particolare cura alla qualità dell’esecuzione della messa in opera delle componenti in acciaio destinate a rimanere a vista, intendendosi per qualità la perfetta rispondenza dell’opera finita alle indicazioni degli elaborati di progetto, nonché alle seguenti prescrizioni particolari:
− qualità delle componenti: tutti i pezzi preassemblati o destinati all’assemblaggio in opera dovranno essere forniti privi di difetti; le superfici a vista dovranno
risultare senza scalfitture, gibbosità o altro che possa alterarne l’aspetto perfettamente piano e levigato; dovrà essere prestata ogni cura per evitare il loro danneggiamento durante le operazioni di trasporto, di movimentazione in cantiere e di messa in opera;
− regolarità degli allineamenti: particolare cura dovrà essere dedicata a verificare gli allineamenti planimetrici e altimetrici, secondo gli elaborati di progetto, fra le singole componenti, e fra queste e i riferimenti rispetto alle murature;
− esecuzione degli assemblaggi: i pezzi destinati ad essere assemblati dovranno risultare fra loro perfettamente combacianti, vale a dire coerenti per dimensione, geometria e planarità;
− saldature: le parti saldate dovranno essere, dove necessario, adeguatamente molate, finite a spazzola in modo da evitare che restino in vista i segni della molatura o parti lucide; è vietato il ricorso a stuccature;
− tutti gli elementi dovranno essere sabbiati con sabbiatura metallica angolosa
2.5. al fine di rendere uniforme la superficie che dovrà essere brunita.
3.2 Scatole a parete di alloggiamento delle derivazioni e dei raccordi
Il dimensionamento delle scatole a parete ha valore indicativo e dovrà essere verificato a cura dell’appaltatore, prima di procedere alla esecuzione dell’opera, in relazione alle dimensioni degli elementi (scatole di derivazione, prese, HUB dati
ecc.) effettivamente adottati. Le dimensioni effettive non dovranno tuttavia discostarsi significativamente da quelle progetto, e dovranno comunque essere approvate dalla DL; in particolare tutti gli elementi dovranno rimanere entro l’altezza della fascia basale delle murature.
Le scatole, un volta montate, dovranno risultare distanziate dalla parete di circa un cm. Dovrà essere prestata particolare cura nel garantire gli allineamenti altimetrici indicati in progetto.
3.3 Colonne
Prima di procedere all’esecuzione delle opere l’appaltatore dovrà verificare le dimensioni richieste per l’alloggiamento delle prese, delle batterie di alimentazione delle luci di emergenza e dell’HUB dati dove previsti. Le dimensioni di progetto non potranno tuttavia essere modificate in modo significativo; in particolare non potranno subire incrementi se finalizzati esclusivamente a rendere più agevole il lavoro di montaggio delle componenti elettriche.
Nel montaggio si dovranno osservare scrupolosamente gli orientamenti, le distanze dalle murature e allineamenti prescritti dalle tavole di progetto.
Il fissaggio a terra delle colonne a pavimento non dovrà comportare il ricorso a piastre a vista sporgenti oltre la colonna: si dovrà invece procedere al fissaggio mediante tasselli di un sostegno interno alla colonna, come indicato nei disegni di progetto, e si dovrà ancorare la sommità della colonna alla vicina muratura mediante distanziali in modo da garantirne la stabilità.
Un lato della colonna dovrà essere fissato mediante viti in modo che l’interno risulti ispezionabile.
Canaline a pavimento
Si dovrà prestare particolare attenzione all’aderenza alla pavimentazione ricorrendo, dove necessario, a piccole regolarizzazioni del piano d’appoggio mediante malta di calce idraulica addizionata con cocciopesto armate con rete tipo salva-intonaco per scongiurare rotture e frammentazioni.
Un lato della colonna dovrà essere fissato mediante viti in modo che l’interno risulti ispezionabile.
3.4 Montaggio
Durante il carico, il trasporto, lo scarico, il deposito ed il montaggio, si dovrà porre la massima cura per evitare che gli elementi vengano rovinati.
3.5 Ancoraggi con adesivi e tasselli di fissaggio
Per garantire la tenuta del fissaggio chimico si dovrà, una volta forata la superficie tramite perforatore,
− pulire accuratamente il foro con un getto d'aria (≥ 5volte) e con uno scovolino (≥ 5volte);
− iniettare la resina all'interno del foro
− inserire manualmente la barra in acciaio con movimento rotatorio al fine di distribuire la resina uniformemente su tutta la superficie.
− rimuovere immediatamente eventuali eccedenze di resina fuoriuscita
Se la profondità del foro fosse maggiore di 15/20 cm, è opportuno servirsi del tubo
miscelatore in plastica da collegare all’estremità dell’ugello, affinché l’iniezione della resina raggiunga la profondità desiderata.
Una volta erogata la resina all’interno del foro, vi è un tempo di lavoro in cui le barre possono essere posizionate, ed un tempo in cui occorre non intervenire al fine di permettere il completo indurimento. Per conoscere tali valori, si farà riferimento alle indicazioni presenti nella scheda tecnica ovvero a quanto indicato sul libretto delle istruzioni presente in ogni confezione della resina.
3.6 Trattamenti superficiali delle parti a vista
Tutte le parti a vista dovranno essere sottoposte a trattamento di brunitura.
4. Specifiche protezioni provvisorie durante il corso dei lavori e/o alla conclusione degli stessi
Nel caso in cui la messa in opera subisca interruzioni, l’appaltatore dovrà proteggere con adeguati materiali le superfici finite dei manufatti al fine di evitare qualsiasi tipo di deterioramento o danneggiamento degli stessi.
Uguali provvedimenti dovranno essere assunti al termine della fornitura e posa dei manufatti se le aree in cui sono collocati continuino ad essere accessibili alle maestranze ed alle persone in genere.
4.1 Rispondenza alla normativa di sicurezza
Tutte le parti metalliche dovranno essere dotate di messa a terra; si dovrà prestare particolare attenzione ai punti di discontinuità (tubi-placche; colonne-canaline ecc.) che andranno risolti con la messa in opera di opportuni elementi di raccordo saldamente fissati alle parti da collegare.
4.2 Prese elettriche e interruttori
Si utilizzeranno frutti tipo Biticino, di colore scuro e che si armonizzi con il colore dell’acciaio brunito e delle cromie prevalenti nei locali.
5. Criteri di accettazione delle opere
La qualità delle opere si intende rispondente alle prescrizioni di cui al progetto ed al presente capitolato quando:
− risultino perfettamente rispondenti agli elaborati di progetto;
− le superfici, sottoposte a luce radente, risultino perfettamente piane e levigate, prive di tracce di saldatura o di molatura;
− le saldature siano perfettamente molate, stuccate e levigate fino a restituire la geometria originaria dei pezzi assemblati.
ART. 32 - ASSISTENZE
1. Descrizione
Tutte le assistenze edili sono comprese nei prezzi unitari, e prevedono:
− la manovalanza in aiuto ai montatori, la malta di tipo compatibile con il supporto murario, i leganti ed i materiali di consumo;
− l’accatastamento, sollevamento, scarico dei materiali a piè d’opera e la fornitura della forza motrice;
− l’esecuzione dei fori (anche in manufatti di acciaio), tracce, ecc. e la successiva chiusura a posa avvenuta o la formazione di vani ed asole già predisposti;
− i sistemi di fissaggio con viti, tasselli, collari, in genere.
− la ripresa degli intonaci, dei pavimenti o rivestimenti comunque necessari;
− lo sgombero dei detriti, pulizia dei locali (in cui sono eseguite le lavorazioni) e quanto altro occorra per dare il lavoro finito e funzionante a regola d’arte.
Sono remunerate in aggiunta le assistenze per la posa dei cancelli in ferro e degli elementi a vista in acciaio brunito dell’impianto elettrico, data la delicatezza di tali operazioni in relazione alle condizioni dei supporti murari. Si dovrà prestare particolare attenzione a non danneggiare le murature e gli intonaci e, dove necessario a garantire una migliore posa, si potrà, previa autorizzazione della D.L., adeguare i piani di posa con idonee stuccature o quanto necessario alla migliore esecuzione dell’opera.
PARTE III.
OPERE PER LA CONSERVAZIONE DEI MATERIALI, DELLE SUPERFICI E DEI MANUFATTI IN OPERA
Sulla base delle raccomandazioni contenute nella Scheda Preliminare per le opere di restauro, e, in primis, sul principio che guida il complessivo progetto di intervento, volto alla conservazione di quanto in opera, sono di seguito descritti i materiali e le modalità di esecuzione degli interventi sulla cripta della Chiesa dell’Annunciata dell’Ospedale Maggiore di Milano. Ogni intervento dovrà essere approvato dalla D. L. sulla base di specifiche campionature concordate nelle modalità e nella posizione con la D. L. stessa.
CAPO I
QUALITÀ, NATURA E PROVENIENZA DEI MATERIALI
ART. 33 - SABBIE, GHIAIE, ARGILLE ESPANSE, POMICE, PIETRE NATURALI, MARMI
Sabbie
Xxxxxx vive o di cava, di natura silicea, quarzosa, granitica o calcarea ricavate da rocce con alta resistenza meccanica, né gessose, né gelive. Dovranno essere scevre da materie terrose, argillose, limacciose e polverulente, da detriti organici e sostanze inquinanti. Saranno in ogni caso preferite le sabbie di tipo siliceo o calcareo di comminuzione naturale; la sabbia, all’occorrenza, dovrà essere lavata al fine di eliminare qualsiasi sostanza inquinante e nociva.
La sabbia dovrà essere costituita da grani di dimensioni omogenee e tali da passare attraverso uno staccio con maglie circolari del diametro di mm 2 per murature in genere e del diametro di mm 1 per gli intonaci e murature di paramento od in pietra da taglio (setaccio 2-1 UNI 2332).
L'accettabilità della sabbia verrà definita con i criteri indicati nell'allegato 1 del D.M. 3 giugno 1968 e nell'allegato 1, punto 2 del D.M. 27 luglio 1985; la distribuzione granulometrica dovrà essere assortita e comunque adeguata alle condizioni di posa in opera. Le sabbie per conglomerati dovranno avere grani con uno spessore compreso tra 0,1 e 5 mm, ed essere adeguati alla destinazione del getto ed alle condizioni di posa in opera.
Per il confezionamento di calcestruzzi e di malte potranno essere usati sia materiali lapidei con massa volumica compresa tra i valori di 2.100 e 2.990 kg/mc, sia aggregati leggeri aventi massa volumica inferiore a 1.700 Kg7mc a seconda della specifica natura dell’intervento. Sarà assolutamente vietato l’impiego di sabbie marine.
Sabbie, aggregati, e cariche per resine dovranno possedere i requisiti richiesti dai produttori di resine o dalla D.L.; la granulometria dovrà essere adeguata alla destinazione ed al tipo di lavorazione. Sarà assolutamente vietato l’uso di sabbie marine o di cava che presentino apprezzabili tracce di sostanze chimiche attive. Gli aggregati e i rinforzanti da impiegare per la formazione di betoncini di resina dovranno avere un tasso di umidità in peso non superiore allo 0,09% ed un contenuto nullo d’impurità o di sostanze inquinanti; in particolare, salvo diverse istruzioni impartite dalla D.L., le miscele secche di sabbie silicee o di quarzo
dovranno essere costituite da granuli puri del diametro di circa 0,10-0,30 mm per un 25%, di 0,50-1,00 mm per un 30% e di 1,00-2,00 mm per il restante 45%.
Polveri: silice ventilata, silice micronizzata
Tali materiali dovranno possedere grani del diametro di circa 50-80 micron e saranno aggiunte, ove prescritto alla miscela secca di sabbie in un quantitativo di circa il 10-15% in peso. In alcune applicazioni potranno essere usate fibre di vetro sia del tipo tessuto che non tessuto, fibre di amianto e fiocchi di nylon. In particolare la D.L. e gli organi preposti dovranno stabilire le caratteristiche tecniche dei rinforzanti, dei riempitivi, degli addensanti e di tutti gli altri agenti modificatori per resine in base all’impiego e alla destinazione.
Ghiaia e pietrisco
Le prime dovranno essere costituite da elementi omogenei pulitissimi ed esenti da materie terrose. argillose e limacciose e dovranno provenire da rocce compatte, non gessose e marnose ad alta resistenza a compressione. Oltre alla buona resistenza alla compressione, le ghiaie dovranno avere bassa porosità tale da assicurare un basso coefficiente di imbibizione, dovranno essere scevre da sostanze idrosolubili (per es. gesso), e di materie organiche.
I pietrischi dovranno provenire dalla frantumazione di rocce durissime, preferibilmente silicee, a struttura microcristallina, o a calcari puri durissimi e di alta resistenza alla compressione, all'urto e all'abrasione, al gelo ed avranno spigolo vivo; dovranno essere scevri da materie terrose, sabbia e materie eterogenee. Sono assolutamente escluse le rocce marnose.
Per il controllo granulometrico sarà obbligo dell’appaltatore approvvigionare e mettere a disposizione della D.L. i xxxxxxxx UNI 2334.
Gli elementi di ghiaie e pietrischi dovranno essere tali da passare attraverso un vaglio a fori circolari del diametro:
- di cm 5 se si tratta di lavori correnti di fondazione o di elevazione, muri di sostegno, piedritti, rivestimenti di scarpe e simili;
- di cm 4 se si tratta di volti di getto;
- di cm 1 a 3 se si tratta di cappe di volti o di lavori in cemento armato od a pareti sottili.
Gli elementi più piccoli di ghiaie e pietrischi non devono passare in un vaglio a maglie rotonde di cm 1 di diametro, salvo quando vanno impiegati in cappe di volti od in lavori in cemento armato od a pareti sottili, nei quali casi sono ammessi anche elementi più piccoli.
Tutti gli aggregati per il confezionamento del calcestruzzo dovranno rispondere alle norme UNI 8520/1-22, ediz. 1984-86.
Aggregati leggeri
Gli aggregati leggeri saranno conformi alle norme UNI 7549/1-12, ediz. 1976, dovranno possedere la granulometria prescritta negli elaborati di progetto, essere asciutti ed esenti da alterazioni, polveri, sostanze organiche e materiali estranei. Se utilizzati per miscele strutturali dovranno possedere resistenza meccanica intorno ai valori di 15N/mmq.
Argille espanse
Materiali sotto forma di granuli da usarsi come aggregati per il confezionamento di calcestruzzi leggeri. Fabbricate tramite cottura di piccoli grumi ottenuti agglomerando l'argilla con poca acqua. Ogni granulo di colore bruno dovrà avere
forma rotondeggiante, diametro compreso tra mm 8 e 15, essere scevro da sostanze organiche, polvere od altri elementi estranei, non dovrà essere attaccabile da acidi, dovrà conservare le sue qualità in un largo intervallo di temperatura.
In genere le argille espanse dovranno essere in grado di galleggiare sull'acqua senza assorbirla. Sarà comunque possibile utilizzare argille espanse pre-trattate con resine a base siliconica in grado di conferire all'inerte la massima impermeabilità evitando fenomeni di assorbimento di acque anche in minime quantità.
I granuli potranno anche essere sinterizzati tramite appositi procedimenti per essere trasformati in blocchi leggeri che potranno utilizzarsi per pareti isolanti.
Pomice
Gli inerti leggeri di pomice dovranno essere formati da granuli leggeri di pomice asciutti e scevri da sostanze organiche, polveri od altri elementi estranei. Dovranno possedere la granulometria prescritta dagli elaborati di progetto.
Cocciopesto
Le terrecotte o i cotti in genere per l’ottenimento del cocciopesto mediante comminuzione artificiale dovrà provenire da tegole e/o vasellame vecchi, da coppi e mattoni selezionati di recupero e ben puliti, o comunque da coppi e mattoni di produzione non industriale, e che siano stati preferibilmente sottoposti per lungo tempo all’azione degli agenti atmosferici e accuratamente puliti e lavati. Gli stessi elementi dovranno infatti essere scevri da materiale organico, terra, polvere e deposito. Tra i mattoni saranno da preferirsi gli albasi, cotti sotto i 750°C o i ferrioli, cotti sopra i 900°C, nei quali la silice e l’allumina sono ancora fortemente attivi, mentre l’impiego di mattoni a cottura giusta non fornisce i risultati richiesti e riduce, di fatto, il cocciopesto ad un normale aggregato inorganico, impiegato come colorante. La granulometria del prodotto macinato dovrà essere compresa tra 0 e 4 mm, a seconda dell’impiego cui è destinato. È escluso il ricorso a “terre” in commercio per altri utilizzi (fondi di campi da tennis e altro) e comunque diversi dalla produzione per il settore specifico del restauro.
ART. 34 - ACQUA E LEGANTI
Acqua per costruzioni
L'acqua dovrà essere dolce, limpida, pH neutro e durezza non superiore al 2%. Dovrà essere scevra da sostanze organiche, materie terrose, sostanze chimiche attive, inquinanti organici o inorganici, e non dovrà presentare tracce di sali (i particolare solfati di calcio o magnesio, cloruri e nitrati in concentrazioni superiori allo 0,5%). Sono escluse acque assolutamente pure, piovane e di nevai.
Acqua per puliture
Dovranno essere utilizzate acque assolutamente pure, prive di sali e calcari, con pH neutro. Per la pulitura di manufatti a pasta porosa si dovranno utilizzare acque deionizzate ottenute tramite l'utilizzo di appositi filtri contenenti resine scambiatrici di ioni acide (RSO3H) e basiche (RNH3OH) rispettivamente, secondo le specifiche richieste dalle Raccomandazioni Normal relative al loro specifico utilizzo. Il processo di deionizzazione non rende le acque sterili, nel caso in cui sia richiesta sterilità, si potranno ottenere acque di quel tipo operando preferibilmente per via fisica.
Leganti aerei e idraulici, cementi
L’approvvigionamento dei leganti potrà essere effettuato sia rispetto al prodotto sfuso che a quello confezionato in sacchi sigillati su cui dovranno essere indicati il peso, la qualità del legante, lo stabilimento di produzione, la quantità di acqua occorrente per il confezionamento di una malta normale, le resistenze minime a compressione e trazione dopo 28 gg. di stagionatura dei provini. La conservazione dei leganti dovrà essere effettuata in locali asciutti e su tavolati in legname approntati a cura dell’appaltatore; lo stoccaggio sarà preferibilmente effettuato in adeguati silos. L’approvazione da parte della D.L. dei leganti idraulici ed aerei da impiegarsi negli interventi di restauro delle murature e degli intonaci sarà in particolare subordinato alla presentazione delle relative schede tecniche e alla rispondenza dei materiali alle caratteristiche di compatibilità con i materiali in opera, secondo l’insindacabile giudizio della D.L.
Calce
Le calci aeree ed idrauliche dovranno rispondere ai requisiti di accettazione vigenti al momento dell'esecuzione dei lavori. Gli impasti realizzati con calce aerea o con leganti idraulici dovranno essere preparati per la quantità necessaria per l’impiego immediato, e i residui che non vengono utilizzati immediatamente dovranno essere gettati a rifiuto. Tutti i leganti che all'atto dell'utilizzo dovessero risultare alterati verranno rifiutati ed allontanati.
Calce aerea: La calce grassa in zolle dovrà provenire da calcari puri, essere di recente, perfetta ed uniforme cottura, non bruciata né vitrea né pigra ad idratarsi ed infine di qualità tale che, mescolata con la sola quantità di acqua dolce necessaria all'estinzione, si trasformi completamente in una pasta soda a grassello tenuissimo, senza lasciare residui maggiori del 5% dovuti a parti non ben decarburate, siliciose od altrimenti inerti.
L'impiego delle calci è regolato in Italia dal R.D. n. 2231 del 1939 (G.U. n. 92 del 18 aprile 1940) che considera i seguenti tipi di calce:
- calce grassa in zolle, cioè calce viva in pezzi, con contenuto di ossidi di calcio e magnesio non inferiore non inferiore al 94% e resa in grassello non inferiore al 2,5%;
- calce magra in zolle o calce viva contenente meno del 94% di ossidi di calcio e magnesio e con resa in grassello non inferiore a 1,5%;
- calce idrata in polvere ottenuta dallo spegnimento della calce viva, si distingue in:
- fiore di calce, quando il contenuto minimo di idrossidi Ca (OH)2 + Mg (HO)2 non è inferiore al 91%;
- calce idrata da costruzione quando il contenuto minimo di Ca (OH)2 + Mg (HO)2 non è inferiore all'82%.
In entrambi i tipi di calce idrata il contenuto massimo di carbonati e di impurità non dovrà superare il 6% e l'umidità il 3%.
Per quanto riguarda la finezza dei granuli, la setacciatura dovrà essere praticata con vagli aventi fori di mm 0,18 e la parte trattenuta dal setaccio non dovrà superare l'1% nel caso del fiore di calce, e il 2% nella calce idrata da costruzione; se invece si utilizza un setaccio da mm 0,09 la parte trattenuta non dovrà essere superiore al 5% per il fiore di calce e del 15% per la calce idrata da costruzione. Il materiale dovrà essere opportunamente confezionato, protetto dalle intemperie e conservato in locali asciutti. Sulle confezioni dovranno essere ben visibili le caratteristiche (peso e specifica se trattasi di fiore di calce o di calce idrata da costruzione) oltre al nome del produttore e/o distributore.
In particolare il grassello di calce dovrà essere a lunga stagionatura, ottenuto dalla calcinazione di calcari puri cotti a bassa temperatura e stagionato in fossa per almeno 12 mesi.
Leganti idraulici
I cementi e le calci idrauliche dovranno avere i requisiti di cui alla legge 595 del 26 maggio 1965; le norme relative all'accettazione e le modalità d'esecuzione delle prove di idoneità e collaudo saranno regolate dal successivo D.M. 3 giugno 1968 e dal D.M. 20 novembre 1984. I leganti forniti in sacchi dovranno avere riportato sugli stessi il nominativo del produttore, il peso, la qualità del prodotto, la quantità d'acqua per malte normali e la resistenza minima a compressione ed a trazione a 28 giorni di stagionatura.
La calce idraulica naturale, in polvere o in zolle, dovrà essere ottenuta dalla calcinazione a bassa temperatura di calcari silicei, a basso contenuto di sali solubili. L’accettazione dei leganti idraulici proposti dall’Appaltatore per le opere di risanamento, conservazione e consolidamento sarà sempre subordinata all’esame delle schede tecniche, adeguatamente dettagliate, relative alle qualità chimico- fisiche dei leganti stessi, la provenienza della materia prima e le modalità produttive e di cottura. Qualora tale documentazione venisse ritenuta insufficiente o lacunosa, o comunque a discrezione della D.L., sarà obbligo dell’Appaltatore procedere alle analisi chimiche quantitative dei materiali e all’analisi dei sali solubili, onde garantire la corretta rispondenza dei materiali leganti alle caratteristiche dei manufatti oggetto dell’intervento.
I leganti idraulici, i cementi normali o speciali potranno essere forniti sfusi e/o in sacchi sigillati. Dovranno essere conservati in locali coperti, asciutti, possibilmente sopra pallet in legno, coperti e protetti da appositi teli. Se sfusi i cementi dovranno essere trasportati con idonei mezzi, così pure il cantiere dovrà essere dotato di mezzi atti allo scarico ed all'immagazzinaggio in appositi silos; dovranno essere separati per tipi e classi identificandoli con appositi cartellini. Dovrà essere utilizzata una bilancia per il controllo e la fonnazione degli impasti. L'introduzione in cantiere di ogni partita di leganti dovrà essere annotata sul giornale dei lavori.
L’impiego dei leganti cementizi sarà escluso dalle opere di conservazione, risanamento, consolidamento e restauro dei manufatti oggetto dell’intervento, salvo dove espressamente indicato in progetto o esplicitamente indicato dalla D.L.
Aggiunte idraulizzanti: pozzolane
Le pozzolane naturali saranno ricavate da strati privi di cappellaccio ed esenti da sostanze eterogenee o da parti inerti, e dovranno essere vagliate e dove prescritto superventilate; qualunque sia la loro provenienza — Campi Flegrei, o campagna romana) dovranno rispondere a tutti i requisiti prescritti dal X.X. 00 novembre 1939,
n. 2230. Inoltre, è bene ricordare che l’efficacia della pozzolana è legata all’età del materiale, ossia dalla composizione chimica, dallo stato fisico e di alterazione della roccia piroclastica di partenza: la pozzolana di età recente, oppure alterata, perde le sue proprietà leganti.
Non andranno comunque mai usati in ambienti umidi né in ambienti con temperature superiori ai 110 °C, e non dovranno inoltre essere impiegati a contatto di leghe di ferro.
I gessi per l'edilizia vengono distinti in base allo loro destinazione (per muri, per intonaci, per pavimenti, per usi vari). Le loro caratteristiche fisiche (granulometria, resistenze, tempi di presa) e chimiche (tenore solfato di calcio, tenore di acqua di costituzione, contenuto di impurezze) vengono fissate dalla nonna UNI 6782.
Resine sintetiche
Le resine sono polimeri ottenuti con metodi di sintesi chimica partendo da molecole di composti organici semplici, per lo più derivati dal petrolio, dal carbon fossile o dai gas petroliferi. Esse vengono classificate in relazione al loro comportamento in termoplastiche e termoindurenti.
Quali materiali organici saranno da utilizzarsi sempre e solo in casi particolari e comunque puntuali, mai generalizzando il loro impiego, dietro esplicita indicazione di progetto e concordandone la provenienza, la preparazione, le modalità d’impiego con la D.L., dietro la sorveglianza e l'autorizzazione degli organi preposti alla tutela del bene oggetto di intervento. In ogni caso in qualsiasi intervento di conservazione e restauro sarà assolutamente vietato utilizzare prodotti di sintesi chimica senza preventive analisi di laboratorio, prove applicative, schede tecniche e adeguate garanzie da parte delle ditte produttrici. Sarà vietato il loro utilizzo in mancanza di una comprovata compatibilità fisica, chimica e meccanica con i materiali direttamente interessati all'intervento o al loro contorno. La loro applicazione dovrà sempre essere scrupolosa e attenta, a cura di personale specializzato nel rispetto della normativa sulla sicurezza degli operatori/applicatori e con l’assoluto riguardo nei confronti della tutela del bene oggetto dell’intervento.
Le proprietà i metodi di prova su tali materiali sono stabiliti dall'UNI e dalla sua sezione chimica (UNICHIM), oltre a tutte le indicazioni fornite dalle raccomandazioni NORMAL. Le caratteristiche generali dovranno essere la perfetta adesione ai materiali da costruzione in opera, la buona stabilità alla depolimerizzazione e all’invecchiamento, l’elevata resistenza all’attacco chimico operato dalle acque, da sostanze alcaline e altri agenti chimici aggressivi, il limitatissimo ritiro in fase di indurimento.
Resine acriliche
Si tratta di polimeri di addizione dell'estere acrilico o di suoi derivati. Sono termoplastiche, resistenti agli acidi, alle basi, agli alcoli in concentrazione sino al 40%, alla benzina, alla trementina. Resine di massima trasparenza, dovranno presentare buona durezza e stabilità dimensionale, buona idrorepellenza e resistenza alle intemperie. A basso peso molecolare presentano bassa viscosità e possono essere lavorate ad iniezione.
Sulla base delle indicazioni di progetto e dietro specifica autorizzazione della D.L. – subordinata all’esame della documentazione tecnica ad esse relative -, le resine acriliche potranno essere utilizzate quali consolidanti ed adesivi, eventualmente miscelati con siliconi, con siliconato di potassio ed acqua di calce, ed anche come additivi per aumentare l'adesività di malte e stucchi.
Resine epossidiche
Si ottengono per policondensazione del bisfenolo A con epicloridrina, potranno essere del tipo solido o liquido. Per successiva reazione dei gruppi epossidici con un indurente amminico che ne caratterizza il comportamento, si ha la formazione di strutture reticolate e termoindurenti.
Caricate con materiali fibrosi (fibre di lana di vetro o di roccia) raggiungono proprietà meccaniche molto vicine a quelle dell'acciaio. Si possono miscelare anche con cariche minerali, riempitivi, solventi ed addensanti. Il loro impiego sarà subordinato alla richiesta e all’approvazione da parte della D.L., e sarà preventivamente necessaria la presentazione da parte dell’appaltatore di tutta la documentazione tecnica esplicativa in merito ai prodotti proposti. Saranno vietati tutti i trattamenti superficiali che potranno alterare e modificare sostanzialmente la consistenza e l’effetto cromatico dei manufatti.
ART. 35 - MALTE E CONGLOMERATI
Le malte da utilizzarsi per le opere di conservazione dovranno essere preparate e confezionate in modo analogo a quelle esistenti nel manufatto oggetto di intervento, e per tale ragione sarà cura dell’Appaltatore procedere, dove specificato in progetto o comunque espressamente richiesto dalla D.L., ad ulteriori indagini chimico-fisico e petrografiche sulle malte in opera e ad eventuali sperimentazioni in laboratorio o in situ, al fine di calibrare adeguatamente la composizione, il dosaggio, la granulometria ecc. delle nuove malte, nella prospettiva di assicurare la compatibilità, l’efficacia e la durata dell’intervento. Ad ogni modo la preparazione delle diverse malte che si renderanno necessarie per le opere di risanamento, consolidamento e restauro saranno basate sulle indicazioni di progetto e sulle specifiche richieste della D.L, dietro autorizzazione degli organi preposti alla tutela dell’edificio oggetto di intervento; ciò in merito alla loro composizione, all’impiego di aggiunte idraulizzanti (cocciopesto, pozzolana naturale), al tipo e granulometria dell’aggregato, all’impiego di addittivi chimici (acceleranti, ritardanti, fluidificanti, plastificanti, aereanti, agenti antiritiro e riduttori d’acqua, prodotti espansivi, ecc.) o di fibre sintetiche o metalliche, ecc., alle modalità d’impiego e lavorazione.
Nella preparazione delle malte si dovranno usare sabbie di granulometria e natura chimica appropriate. Saranno, in ogni caso, preferite le sabbie di tipo siliceo o calcareo, mentre andranno escluse quelle provenienti da rocce friabili o gassose; non dovranno contenere alcuna traccia di cloruri, solfati, materie argillose, terrose, limacciose e polverose. I componenti di tutti i tipi di malte dovranno essere mescolati a secco.
L'impasto delle malte dovrà effettuarsi manualmente o con appositi mezzi meccanici e dovrà risultare omogeneo e di tinta uniforme. I vari componenti, con l'esclusione di quelli forniti in sacchi di peso determinato, dovranno ad ogni impasto essere misurati sia a peso sia a volume. La calce spenta in pasta dovrà essere accuratamente rimescolata in modo che la sua misurazione riesca semplice ed esatta.
I componenti di tutti i tipi di malta dovranno essere attentamente valutati nel loro dosaggio sulla base delle indicazioni di progetto e le indicazioni della D.L., e miscelati a secco, con impasto manuale o meccanico; l’impasto dovrà risultare omogeneo e di tinta uniforme. Tutti gli impasti, malte e conglomerati, dovranno essere preparati nella quantità necessaria all’impiego immediato e possibilmente in prossimità del luogo di lavoro; i residui di impasto non utilizzati immediatamente andranno gettati a rifiuto. I tipi di malta e le loro classi sono definite in relazione alla loro composizione in volume secondo il D.M. 9 gennaio 1987.
I quantitativi dei materiali da impiegare per la composizione delle malte e dei conglomerati sono imposti dalla prescrizioni di progetto, dalle descrizioni integrative e dalle esplicite indicazioni della D.L., a seconda del loro specifico impiego e della loro composizione.
I tipi di malta e le loro classi sono definite in rapporto alla composizione in volume secondo la tabella seguente (D.M. 9 gennaio 1987):
Classe | Tipo | Composizione | ||||
Cemento | Calce aerea | Calce idraulica | Sabbia | Pozzolana | ||
M4 | Idraulica | - | - | 1 | 3 | - |
M4 | Pozzolanica | - | 1 | – | – | 3 |
M4 | Bastarda | 1 | - | 2 | 9 | - |
M3 | Bastarda | 1 | - | 1 | 5 | - |
M2 | Cementizia | 1 | - | 0,5 | 4 | - |
M1 | Cementizia | 1 | - | - | 3 | - |
Quando la D.L. ritenesse di variare tali proporzioni, l'Appaltatore sarà obbligato ad uniformarsi alle prescrizioni della medesima, salvo le conseguenti variazioni di prezzo in base alle nuove proporzioni previste.
I materiali, le malte ed i conglomerati, esclusi quelli preconfezionati, dovranno ad ogni impasto essere misurati con apposite casse della capacità prescritta dalla D.L., che l’appaltatore dovrà provvedere e mantenere a sue spese in cantiere. La calce spenta in pasta non dovrà essere misurata in fette, come viene estratta con badile dal calcinaio, ma dopo essere stata rimescolata e ricondotta ad una pasta consistente e ben unita. Gli impasti con leganti in polvere dovrà avvenire a secco a braccia d’uomo o con appositi mezzi meccanici; ridotto ad una mescolanza omogenea, l’impasto sarà poi asperso ripetutamente con la minor quantità d’acqua possibile ma sufficiente, e continuamente rimescolato. Nella composizione di calcestruzzi con malte di calce comune od idraulica, si formerà prima l’impasto della malta con le proporzioni prescritte e la minor quantità d’acqua possibile, poi si distribuirà sulla ghiaia e pietrisco - distribuita sopra area convenientemente pulita e pavimentata - e si mescolerà il tutto fino a che ogni elemento risulti uniformemente distribuito nella massa ed avviluppato di malta per tutta la superficie.
Gli impasti sia di malta sia di conglomerato dovranno essere preparati soltanto nella quantità necessaria, per l'impiego immediato, cioè dovranno essere preparati volta per volta e per quanto possibile in vicinanza del lavoro. I residui d'impasto che non avessero, per qualsiasi ragione, immediato impiego dovranno essere gettati a rifiuto, ad eccezione di quelli formati con calce comune, che potranno essere utilizzati però nella sola stessa giornata del loro confezionamento.
ART. 36 - LATERIZI
I laterizi da impiegare per i lavori di qualsiasi genere dovranno corrispondere alle norme per l'accettazione di cui al X.X. 00 novembre 1939, n. 2233, e nell'allegato 1 del D.M. 30 maggio 1974, e alle norme UNI vigenti.
I mattoni pieni per uso corrente dovranno essere parallelepipedi, di lunghezza doppia della larghezza, di modello costante, e presentare, sia all'asciutto che dopo la prolungata immersione nell'acqua, una resistenza alla compressione corrispondente alle indicazioni che verranno offerte dalla D.L. e comunque corrispondenti alle vigenti normative (UNI 5632-65).
ART. 37 - COLORI E VERNICI
Olio di lino cotto - L'olio di lino cotto dovrà essere ben depurato, presentare un colore assai chiaro e perfettamente limpido, di odore forte ed amarissimo al gusto, scevro da alterazioni con olio minerale, olio di pesce ecc. Non dovrà lasciare alcun deposito né essere rancido, e disteso sopra una lastra di vetro o di metallo dovrà essiccare completamente nell'intervallo di 24 ore.
L'acidità massima sarà in misura del 7%, impurità non superiore al 1% ed alla temperatura di 15 °C presenterà una densità compresa fra 0,91 e 0,93. Per il trattamento dei pavimenti in cotto e dei legnami si dovrà impiegare olio di lino cotto tre volte.
Minio - Sia di piombo (sequiossido di piombo) che di alluminio (ossido di alluminio) dovrà essere costituito da polvere finissima e non dovrà contenere colori derivati dall'anilina, né oltre il 10% di sostanze (solfato di bario, ecc.).
Latte di calce - Il latte di calce sarà preparato con calce grassa, perfettamente bianca, spenta per immersione e stagionata almeno dodici mesi. Vi si potrà
aggiungere la quantità di nero fumo strettamente necessaria per evitare la tinta giallastra. Il latte di calce non dovrà presentare impurità, sostanze in sospensione, ecc., e dovrà essere utilizzato immediatamente dopo la sua preparazione. I residui dovranno essere gettati a rifiuto.
Colori all'acqua, a colla o ad olio - Le terre coloranti destinate alle tinte all'acqua, a colla o ad olio, saranno finemente macinate e prive di sostanze eterogenee e dovranno venire perfettamente incorporate nell'acqua, nelle colle e negli oli, ma non per infusione. Potranno essere richieste in qualunque tonalità esistente. I pigmenti dovranno essere naturali, ossia terre e ossidi minerali.
Pitture ad olio ed oleosintetiche: potranno essere composte da oli, resine sintetiche, pigmenti e sostanze coloranti. Dovranno possedere un alto potere coprente, risultare resistenti all'azione degradante dell'atmosfera, delle piogge acide, dei raggi ultravioletti.
Pitture antiruggine e anticorrosive - Dovranno essere rapportate al tipo di materiale da proteggere ed alle condizioni ambientali. Il tipo di pittura verrà indicato dalla D.L. e potrà essere del tipo oleosintetica, ad olio, al cromato di zinco. L’appaltatore dovrà riferirsi alla normativa UNICHIM, e tutti i prodotti proposti dovranno essere accompagnati da dettagliata scheda tecnica da sottoporre all’esame della D.L., e dovranno essere campionati preventivamente.
Neutralizzatori, convertitori di ruggine - Soluzioni di acido fosforico contenenti fosfati metallici in grado di formare rivestimenti superficiali con azione anticorrosiva. Solitamente sono miscele di fosfati primari di ferro, manganese o zinco e acido fosforico. Quando è impossibile rimuovere tutta la ruggine è possibile impiegare convertitori di ruggine sempre a base di acido fosforico, in grado di trasformare la ruggine in fosfato di ferro. Tutti i prodotti proposti dall’appaltatore dovranno essere accompagnati da dettagliata scheda tecnica da sottoporre all’esame della D.L., e dovranno essere campionati preventivamente.
ART. 38 - PRODOTTI PER LA PULITURA E LA DISINFESTAZIONE DEI MATERIALI LAPIDEI
Generalità
La pulitura delle superfici esterne di un edificio è un'operazione complessa e delicata che necessita di un'attenta analisi del quadro patologico generale, di una approfondita conoscenza della specifica natura del degrado, dello stato di consistenza fisico materica dei manufatti. Un livello di conoscenza indispensabile per identificare la natura del supporto e dell'agente patogeno, per determinare il processo chimico o fisico che innesca il degrado e, di conseguenza la scelta dei prodotti e delle metodologie più appropriata di intervento (raccomandazioni NORMAL).
Sarà quindi vietato all'Appaltatore utilizzare prodotti senza la preventiva autorizzazione della D.L. e degli organi preposti alla tutela del bene in oggetto. Ogni prodotto potrà essere utilizzato previa esecuzione di idonee prove applicative eseguite in presenza della D.L. e dietro sua specifica indicazione.
Qualsiasi operazione di pulitura genera un'azione comunque abrasiva nei confronti dei materiali, andando sempre e in ogni modo ad intaccare la loro pellicola naturale, che si dovrà cercare invece di conservare integralmente. I singoli prodotti andranno utilizzati puntualmente, mai generalizzandone l'applicazione, partendo sempre e comunque da operazioni più blande passando eventualmente, se e dove strettamente necessario, a quelle più forti e quindi aggressive.
A questa fase andrà perciò riservata la massima cura e cautela, e sarà affidata a personale specializzato. Le operazioni di pulitura saranno sempre precedute dalle
necessarie opere di preconsolidamento dei materiali, sulla base delle prescrizioni di progetto e comunque su richiesta della D.L., nonché da tutte le opere necessarie a proteggere i manufatti e le aree limitrofe al luogo di intervento, che potrebbero essere danneggiati dall’azione solvente e meccanica delle acque di lavaggio, ecc.
Pulitura con acqua nebulizzata
L'utilizzo di acqua per la pulitura dei materiali porosi richiederà la massima attenzione in primo luogo nei confronti dei materiali stessi che non devono risultare eccessivamente assorbenti.
L'acqua dovrà essere pura, dolce, scevra da sostanze inquinanti e sali, deionizzata e/o distillata, in relazione alle specifiche esigenze e caratteristiche del manufatto. Le particelle d'acqua dovranno avere dimensioni medie comprese tra 5 e 10 micron. L'irrorazione utilizzerà una pressione di circa 3 atmosfere. L'operazione dovrà essere effettuata nella stagione calda, con temperatura esterna di almeno 14 °C, ed effettuata ad intervalli regolari, in ogni caso il tempo di intervento non dovrà mai eccedere le 4 ore consecutive di apporto d'acqua per evitare l'eccessiva impregnazione da parte delle murature.
La produzione di acqua deionizzata si potrà effettuare in cantiere tramite utilizzo di specifica apparecchiatura con gruppo di resine a scambio ionico di portata sufficiente a garantire una corretta continuità di lavoro, gruppo motopompa a rotore in PVC per la adduzione dell'acqua deionizzata di alimentazione ai nebulizzatori, la formazione di adatti circuiti idraulici con tubi in PVC per la distribuzione ad un sufficiente numero di ugelli nebulizzatori completi di rubinetti per la limitazione del flusso, tubi terminali flessibili per la regolazione fine della nebbia di uscita. L’apparecchiatura dovrebbe consentire il dosaggio nel serbatoio di eventuali aggiunte di sostanze tensioattive.
In ogni caso l’opportunità di procedere con tale metodo e l'adatto tempo di intervento saranno da determinarsi su zone campione a tempi crescenti concordati con la D.L., sulla base di prove preliminari finalizzate a precisare l’adeguato livello di pulitura. Sarà eventualmente possibile il ricorso anche alla pulitura con acqua atomizzata, dove la dimensione delle microgocce verrà specificata nei singoli casi e la pressione d’uscita dell’aria del singolo ugello dovrà mantenersi entro i 2 bar.
Pulitura mediante reagenti chimici
Tale intervento richiede la massima cautela, a causa della pericolosità e della difficoltà di controllo dell'azione corrosiva innescata dai prodotti per la pulitura chimica, e si dovrà operare pertanto con la massima cura e nel pieno rispetto di leggi e regolamenti, in regime di massima sicurezza per l'operatore. Dovrà essere effettuata esclusivamente dietro specifica autorizzazione della D.L., solo su quelle zone dove altri tipi di pulitura meno aggressiva non sono state in grado si eliminare l'agente patogeno, e dietro attento esame della D.L. dei prodotti proposti dall’appaltatore, il quale dovrà sempre e comunque produrre le schede tecniche descrittive e di conformità dei materiali e delle modalità d’impiego.
Si dovranno utilizzare formulati in pasta resi tixotropici da inerti di vario tipo quali la metil o carbossilmetilcellulosa, argille, sepiolite e attapulgite, amido, magnesia che verranno opportunamente diluiti, con i quantitativi d'acqua prescritti dalla D.L. Ad ogni intervento di tipo chimico dovrà seguire abbondante risciacquo con acqua deionizzata per eliminarne il più possibile le tracce.
I prodotti da utilizzarsi potranno essere basici o acidi o sostanze attive e detergenti, quali saponi liquidi neutri non schiumosi diluiti nell'acqua di lavaggio
Gli acidi si potranno utilizzare per eliminare sali ed efflorescenze con scarsa solubilità in acqua, per i quali non sono risultate sufficienti le operazioni di lavaggio
con l'acqua nebulizzata. Si potrà inoltre utilizzare con grande cautela acido cloridrico per l'asportazione di solfato di calcio (rapporto con acqua 1/500); acido ossalico in soluzione per l'asportazione di solfato di ferro; acido etil-diamminico-tetracetico (EDTA) per l'asportazione di consistenti depositi di sali di vanadio e macchie metalliche. Impacchi basici potranno essere utilizzati per asportare croste dure contenenti materiali poco solubili.
Sostanze alcaline
Composte in prevalenza da alcali caustici, polimeri e agenti reologici, con, in genere, le seguenti proprietà: alcalinità 10-20%, pH 13-14, pH 1% in acqua 12-13; peso specifico 1,247 g/ml; viscosità DIN 20.
Neutralizzatori
Composti da acidi o solventi in acqua, saranno impiegati per interrompere l’azione delle sostanze alcaline. Il loro utilizzo sarà attentamente vagliato dalla D.L. poiché possono talvolta indurre la formazione di sali solubili. Essi hanno: acidità 1-10%, pH 1% in acqua 2-4, peso specifico 1,043 g/ml.
Sostanze acide
Costituite da acidi inorganici e tensioattivi, dovranno essere impiegate esclusivamente su materiali di natura non calcarea. Presentano le seguenti proprietà: pH 0-1; pH 1% in acqua 0-2, peso specifico 1-1,35 g/ml, viscosità DIN 20.
Formulati
Per croste nere di piccolo spessore (1-2 mm) si potrà utilizzare un preparato così formulato:
- 50-100 g di EDTA (sale bisodico);
- 30 g di bicarbonato di sodio;
- 50 g di carbosilmetilcellulosa;
- 1000 g di acqua.
AB 57; formulato messo a punto dall'ICR di Roma, preferibilmente con un pH intorno a 7,5 (sarà comunque sufficiente che il pH non superi il valore 8 per evitare fenomeni di corrosione dei calcari e la eventuale formazione di sotto prodotti dannosi). Il bicarbonato sviluppa anidride carbonica favorendo così il distacco delle croste nere, mentre l'EDTA complessa il calcio del gesso presente nella crosta, portando in soluzione questo minerale e sostituendolo con solfato sodico, molto più solubile. La seguente ricetta va usate con molta attenzione, solo esclusivamente in caso di effettivo bisogno, in quanto è in grado di generare sali solubili sempre dannosi per i materiali solubili:
- 1000 cc di acqua;
- 30 g di bicarbonato d'ammonio;
- 50 g di bicarbonato di sodio;
- 25 g di EDTA (sale bisodico);
- 10 cc di desogen (sale d'ammonio quaternario, tensioattivo, funghicida);
- 60 g di carbossimetilcellulosa.
La quantità di EDTA potrà essere variata e portata, se ritenuto necessario, a g 100-
125. Alla miscela potranno essere aggiunte ammoniaca (NH4OH) o trietanolammina (C3H4OH3)N allo scopo di facilitare la dissoluzione di componenti ``grassi'' presenti nella crosta. Ad operazione avvenuta si rende indispensabile un lavaggio ripetuto con acqua deionizzata.
Argille adsorbenti
Potranno essere utilizzate due tipi di argilla: la sepiolite e l'attapulgite. Sono fillosilicati idrati di magnesio appartenenti al gruppo strutturale della paliorrskite, in grado di impregnarsi di oli e grassi senza operare azioni aggressive sulla superficie oggetto di intervento. L'operazione di pulitura con argille dovrà essere preceduta da uno sgrassamento e dalla rimozione di eventuali incerature con solventi opportuni (acetone, cloruro di metilene).
La granulometria dei due tipi di argilla dovrà essere di almeno 100-220 Mesh. Dovranno essere preparate diluendole esclusivamente con acqua distillata o deionizzata fino a raggiungere una consistenza pastosa che consenta la loro lavorazione in spessori di cm 2-3.
Impacchi biologici
Sono impasti argillosi a base di sepiolite o attapulgite, contenenti prodotti a base ureica ed avranno la seguente composizione:
- 1000 cc di acqua;
- 50 g di urea (NH2)2CO;
- 20 cc di glicerina (CH2OH)2CHOH.
Il fango che si otterrà dovrà essere steso in spessori di almeno cm 2 da coprire con fogli di politene. I tempi di applicazione si stabiliranno in base a precedenti prove e campionature.
Biocida
Prodotti da utilizzarsi per la eliminazione di muschi e licheni. La loro applicazione dovrà essere preceduta da una serie di operazioni di tipo meccanico per l'asportazione superficiale utilizzando spatole, pennelli a setole rigide, bisturi, ecc. attrezzi comunque da utilizzarsi con estrema cautela in modo da non esercitare un'azione troppo incisiva sul manufatto. I biocidi da impiegarsi potranno essere specifici alle specie individuate sui manufatti oggetto di intervento, oppure, in assenza di riscontri analitici specifici, a vasto raggio di azione.
Per muschi e licheni si possono utilizzare soluzioni acquose all'1/2% di ipoclorito di litio. Per i licheni soluzioni di sali di ammonio quaternario in acqua all'1/2% o di pentaclorofenolo di sodio all'1%. Per alghe verdi e muffe è possibile irrorare la superficie intaccata con formalina oppure con una soluzione di acqua ossigenata (25%) e ammoniaca.
Per alghe e microflora si potrà anche utilizzare un germicida disinfettante come il benzalconio cloruro da utilizzarsi in soluzione acquosa all'1/2% da applicare a spruzzo.
Molti di questi prodotti non esplicano un persistente controllo algale, sarà pertanto utile applicare sulle superfici interessate prodotti algicidi in solvente, in grado di esplicare un'azione preventiva e di controllo della microflora (alghe, licheni, muffe, microfunghi, ecc.)
Tutti i biocidi, pur non essendo in linea di massima tossici per l'uomo, saranno comunque da utilizzarsi con molta attenzione e cautela; alla loro applicazione dovrà sempre seguire un abbondante risciacquo con acqua deionizzata.
La disinfestazione di alghe cianoficee e cloroficee potrà essere effettuata mediante appropriati sali di ammonio quaternario (cloruri di alchildimetilbenzilammonio), il formolo e il fenolo. Per le alghe potranno essere utilizzati composti di rame quali il solfato di cupitetramina (NH3)4CuSO4 e i complessi solfato di rame idrazina, o anche sali sodici dell’acido dimetiltiocarbammico e del mercaptobenzotriazolo.
La disinfestazione di muschi e licheni può essere eseguita mediante l’applicazione di una soluzione acquosa all’1-2% di ipoclorito di litio, oppure di benzalconio cloruro
sempre in soluzione acquosa all’0,2%. Il benzalconio cloruro è un disinfettante germicida ad ampio spettro d’azione, ma l’effetto nel controllo algale e della microflora non è persistente.
Clorotriazina: prodotto in commercio come Primatol M50, agisce principalmente per assorbimento radicale, e quindi sarà indicato per il trattamento di infestanti a foglia larga (dicotiledoni) e a foglia stretta (graminacee).
Metosittriazina: prodotto in commercio come Prmatol 3588, è anch’esso molto stabile e penetra ancor più in profondità nel terreno; agisce per assorbimento radicale e fogliare, è pertanto attivo anche su infestanti molto resistenti e particolarmente adatto per applicazioni su strutture murarie.
Trattamenti disinfestanti del legno: contro il Capricorno delle case e
l’Hesperophanescineres sarà consentito l’uso di sostanze solubili in acqua solo in particolari condizioni: tali sostanze saranno a base di miscele di fluoruro di sodio dinitrofenolo e bicromati, poliborati di sodio. In linea generale potranno essere utilizzati prodotti a base di naftalina clorurata, hentaclorofenolo, ossido tribulitico di stagnote, traclorofenolo, paradiclorobenzolo, esaclorocicloesano.
Per il trattamento antimicotico è consentito l’uso di prodotti particolarmente efficaci anche contro gli insetti; prodotti a base di fluoruri, composti di cromo ed arsenico, pentaclorofenolo, ecc.
ART. 39 - PRODOTTI IMPREGNANTI
Generalità
L'impregnazione dei materiali costituenti gli edifici è un'operazione tesa a salvaguardare il manufatto aggredito da agenti patogeni siano essi di natura fisica, chimica e/o meccanica. Le sostanze da impiegarsi per l'impregnazione dei manufatti potranno essere utilizzate in varie fasi del progetto di conservazione quali preconsolidanti, consolidanti e protettivi. Dovranno in ogni caso essere sempre utilizzate con estrema cautela, mai generalizzandone l'applicazione, sempre dietro richiesta e autorizzazione della D.L e degli organi preposti alla tutela del bene, finalizzandone l'uso oltre che alla conservazione del manufatto oggetto di intervento, anche alla prevenzione del degrado che comunque potrebbe continuare a sussistere anche ad intervento conservativo ultimato.
Degrado essenzialmente dovuto ad azioni fisiche – in presenza o in assenza di acqua -, ad azioni chimiche e azioni meccaniche, variamente interagenti fra loro. Si dovrà perciò preventivamente acquisire una conoscenza per quanto possibile esaustiva sulle condizioni di alterazione del manufatto e delle sue parti, attraverso adeguate forme di analisi e mappature ad integrazione di quelle di progetto, e che restano comunque a carico dell’Appaltatore.
La scelta della sostanza impregnante dipenderà dalla natura e dalla consistenza delle superfici che potranno presentarsi:
- prive di rivestimento con pietra a vista compatta e tenace; prive di rivestimento con pietra a vista tenera e porosa;
- prive di rivestimento in cotti a vista mezzanelli e forti; prive di rivestimento in cotti a vista albasi e porosi;
- prive di rivestimento in cls; rivestite con intonaci e coloriture realizzati durante i lavori;
- rivestite con intonaco e coloriture preesistenti.
In presenza di una complessità materico patologico così varia ed eterogenea si dovrà intervenire con grande attenzione e puntualità effettuando preventivamente tutte quelle analisi e diagnosi in grado di fornire indicazioni sulla natura della materia
oggetto di intervento e sulle fenomenologie di degrado. Le sostanze da utilizzarsi dovranno pertanto svolgere le seguenti funzioni:
- svolgere un'azione consolidante al fine di accrescere o fornire quelle caratteristiche meccaniche di resistenza al degrado (fisico, chimico, materico, strutturale) che si sono indebolite col trascorrere del tempo, o che non hanno mai posseduto;
- svolgere un'azione protettiva, mediante l'idrofobizzazione dei supporti in modo da renderli adatti a limitare l'assorbimento delle acque meteoriche, l'adescamento dell'umidità per risalita o da condensa, la proliferazione da macro e microflora.
In ogni caso la scelta delle sostanze impregnanti sarà effettuata in funzione dei risultati emersi a seguito delle analisi di cui sopra, di prove e campionature condotte secondo quanto prescritto dalle raccomandazioni NORMAL e da quanto indicato dalla D.L. Ogni prodotto dovrà comunque essere sempre preventivamente accompagnato da una scheda tecnica esplicativa fornita dalla casa produttrice, quale utile riferimento per le analisi che si andranno ad effettuare.
In particolare, le caratteristiche richieste in base al loro impiego, saranno le seguenti:
- atossicità;
- elevata capacità di penetrazione;
- resistenza ai raggi UV;
- buona inerzia chimica nei confronti dei più diffusi agenti inquinanti;
- assenza di sottoprodotti di reazione dannosi;
- comprovata inerzia cromatica (comunque da verificarsi in fase applicativa);
- traspirabilità al vapor d'acqua;
- assenza di impatto ambientale;
- sicurezza ecologica;
- soddisfacente compatibilità fisico-chimica con il materiale da impregnare;
- totale reversibilità della reazione di indurimento;
- facilità di applicazione;
- solubilizzazione dei leganti.
Impregnanti per il consolidamento
I prodotti da utilizzarsi per il consolidamento dei manufatti oggetto di intervento fatte salve le prescrizioni relative al loro utilizzo specificate nelle generalità ed alla campagna diagnostica da effettuarsi preventivamente, dovranno possedere le seguenti caratteristiche:
- elevata capacità di penetrazione nelle zone carenti di legante;
- resistenza chimica e fisica agli agenti inquinanti ed ambientali;
- spiccata capacità di ripristinare i leganti tipici del materiale oggetto di intervento senza la formazione di sottoprodotti di reazione pericolosi (sali);
- capacità di fare traspirare il materiale;
- penetrazione in profondità in modo da evitare la formazione di pellicole in superficie;
- ``pot-life'' sufficientemente lungo in modo da consentire l'indurimento solo ad impregnazione completata;
- perfetta trasparenza priva di effetti traslucidi;
- spiccata capacità a mantenere inalterato il colore del manufatto.
Composti organici
Possiedono una dilatazione termica diversa da quella dei materiali oggetto di intervento. Sono tutti dei polimeri sintetici ed esplicano la loro azione grazie ad un'elevata adesività. Possono essere termoplastici o termoindurenti; se termoplastici assorbono bene urti e vibrazioni e soprattutto, non polimerizzando una volta penetrati nel materiale, mantengono una certa solubilità che ne consente la reversibilità; i prodotti termoindurenti hanno invece solubilità pressoché nulla, sono irreversibili, piuttosto fragili e sensibili all'azione dei raggi ultravioletti. Hanno un vasto spettro di impiego: i termoplastici sono impiegati per materiali lapidei, per le malte, per la muratura e per i legnami (nonché per la protezione degli stessi materiali e dei metalli), mentre i termoindurenti vengono impiegati soprattutto come adesivi strutturali. Alcune resine organiche, diluite con solventi, possiedono la capacità di diffondersi in profondità all'interno dei materiali.
L'utilizzo delle resine organiche sarà sempre condizionato dalle indicazioni fornite dal progetto di conservazione e alla specifica autorizzazione della D.L. e degli organi preposti alla tutela del bene oggetto di intervento.
Resine acriliche
Sono composti termoplastici ottenuti polimerizzando gli acidi acrilico, metacrilico e loro derivati. Le caratteristiche dei singoli prodotti variano entro limiti piuttosto ampi in funzione dei tipi di monomero e del peso molecolare del polimero. Per la maggior parte le resine acriliche sono solubili in opportuni solventi organici e hanno una buona resistenza all'invecchiamento, alla luce, agli agenti chimici. Hanno scarsa capacità di penetrazione e non possono essere impiegate come adesivi strutturali. Possiedono in genere buona idrorepellenza che tende a decadere se il contatto con l'acqua si protrae per tempi superiori alle 100 ore. Inoltre, sempre in presenza di acqua tendono a dilatarsi. Il prodotto si applica a spruzzo, a pennello o per impregnazione.
Composti a base di silicio
Estere etilico dell'acido silicico (silicati di etile) - Monocomponente fluido, incolore, si applica in solvente, in percentuali (in peso) comprese fra 60 e 80%. Precipita per idrolisi, dando alcool etilico come sottoprodotto. È una sostanza basso-molecolare a base inorganica in solvente organico.
Viene impiegato soprattutto per arenarie e per pietre silicatiche, ma fornisce ottimi risultati anche su mattoni ed intonaci.
Ha una bassissima viscosità, per cui penetra profondamente anche in materiali poco porosi, va applicato preferibilmente con il sistema a compresse o per immersione; è tuttavia applicabile anche a pennello, a spruzzo con irroratori a bassa pressione, a percolazione. Il materiale da trattare va completamente saturato sino a rifiuto; si potrà ripetere il trattamento dopo 2 o 3 settimane. Il supporto dovrà essere perfettamente asciutto, pulito e con una temperatura tra i 15 e i 20 °C. Il consolidante completa la sua reazione a seconda del supporto dopo circa 4 settimane con temperatura ambiente di circa 20 °C e UR del 40-50%. In caso di sovradosaggio sarà possibile asportare l'eccesso di materiale, prima dell'indurimento, con tamponi imbevuti di solventi organici minerali (benzine). Alcuni esteri silicici, miscelati con silossani, conferiscono una buona idrorepellenza al materiale trattato; costituiscono anche un prodotto di base per realizzare sbarramenti chimici contro l'umidità di risalita.
È molto resistente agli agenti atmosferici e alle sostanze inquinanti, non viene alterato dai raggi ultravioletti.
Dovrà possedere i seguenti requisiti:
- prodotto monocomponente non tossico;
- penetrazione ottimale;
- essiccamento completo senza formazione di sostanze appiccicose;
- formazione di sottoprodotti di reazione non dannosi per il materiale trattato;
- formazione di un legante stabile ai raggi UV, non attaccabile dagli agenti atmosferici corrosivi;
- impregnazione completa con assenza di effetti filmogeni e con una buona permeabilità al vapor d'acqua;
- assenza di variazioni cromatiche del materiale trattato.
Composti inorganici
Sono certamente duraturi, compatibili con il materiale al quale si applicano, ma irreversibili e poco elastici. Possono inoltre generare prodotti di reazione quali sali solubili. Per questi motivi il loro utilizzo andrà sempre attentamente vagliato e finalizzato, fatte salve tutte le prove diagnostiche e di laboratorio da effettuarsi preventivamente.
Calce
Applicata alle malte aeree e alle pietre calcaree come latte di calce precipita entro i pori e ne riduce il volume.
Non ha però le proprietà cementanti del CaCO3 che si forma nel lento processo di carbonatazione della calce, per cui l'analogia tra il processo naturale ed il trattamento di consolidamento con calce o bicarbonato di calcio è limitata ad una analogia chimica, poiché tutte le condizioni di carbonatazione (temperatura, pressione, forza ionica, potenziale elettrico) sono molto diverse. Ne consegue che il carbonato di calcio che precipita nei pori di un intonaco o di una pietra durante un trattamento di consolidamento non necessariamente eserciterà la stessa azione cementante di quello formatosi durante un lento processo di carbonatazione.
Il trattamento con prodotti a base di calce può lasciare depositi biancastri di carbonato di calce sulla superficie dei manufatti trattati, che vanno rimossi, a meno che non si preveda un successivo trattamento protettivo con prodotti a base di calce (grassello, scialbature).
Idrossido di bario, Ba(OH)2
Si impiega su pietre calcaree e per gli interventi su porzioni di intonaco affrescato di dimensioni ridotte laddove vi sia la necessità di neutralizzare prodotti gessosi di alterazione. L'idrossido di bario è molto affine al CaCO3, essendo, in partenza, carbonato di bario BaCO3; reagisce con il gesso per dare BaSO4 (solfato di bario), che è insolubile. Può dar luogo a patine biancastre superficiali, ha un potere consolidante piuttosto basso e richiede l'eliminazione preventiva degli eventuali sali presenti in soluzione nel materiale.
Non porta alla formazione di barriera al vapore, in quanto non satura completamente i pori del materiale; per lo stesso motivo non esplica un'efficace azione nei confronti della penetrazione di acqua dall'esterno. Come nel caso del trattamento a base di calce la composizione chimica del materiale trattato cambia solo minimamente; il prodotto consolidante (carbonato di bario, BaCO3) ha un coefficiente di dilatazione tecnica simile a quello della calcite, è molto stabile ed è praticamente insolubile; se esposto ad ambiente inquinato da anidride solforosa, può dare solfato di bario (BaSO4), che è comunque un prodotto insolubile. Viceversa non deve essere applicato su materiali ricchi, oltre al gesso, di altri sali solubili, con i quali può combinarsi, dando prodotti patogeni.
Alluminato di potassio, KALO2
Può dare sottoprodotti dannosi. Fra questi si può infatti ottenere idrossido di potassio, che, se non viene eliminato in fase di trattamento, può trasformarsi in carbonato e solfato di potassio, sali solubili e quindi potenzialmente dannosi.
CAPO II
INDAGINI E PROVE DI LABORATORIO
ART. 40 - INDAGINI SUGLI INTONACI E I DIPINTI MURALI
Particolare importanza andrà riservata da parte dell’Appaltatore all’approfondimento conoscitivo in merito alle caratteristiche stratigrafiche, materiche e di conservazione degli intonaci, decorati e non. Tale approfondimento andrà compiuto di concerto con la D.L., che potrà in qualunque momento richiedere verifiche o aggiornamenti alle conoscenze acquisite.
In particolare, dovranno essere esaminate, prima d’ogni intervento, le condizioni di aderenza dell’intonaco al substrato e tra i differenti strati di intonaco: ciò potrà avvenire mediante indagini termografiche e percussione manuale con martelletto di gomma. Le condizioni di adesione e di degrado degli intonaci andranno restituite in tavole grafiche (mappature) sulla base del lessico Normal. Su tale base verranno poi compiuti gli aggiornamenti in fase d’esecuzione, con l’indicazione degli interventi effettuati e la verifica dell’efficacia delle operazioni di riadesione. Per ogni intervento compiuto dovranno essere specificati i materiali e i prodotti utilizzati, la loro concentrazione e dosaggio, le modalità applicative. Ogni intervento dovrà essere documentato con riprese fotografiche prima, durante le diverse fasi, e dopo l’intervento.
Potranno rendersi necessarie integrazioni delle analisi di caratterizzazione delle malte, con particolare riguardo alla stratigrafia degli intonaci e degli strati di pitturazione, per l’individuazione delle diverse fasi di stesura della decorazione, il riconoscimento dei leganti e dei pigmenti.
Dovrà altresì essere compiuta un’attenta analisi delle finiture decorate, da restituire sulla base delle tavole già predisposte, nelle quali indicare la stratigrafia delle finiture decorate, la permanenza delle parti originarie, le condizioni di conservazione delle finiture, le tracce che denunciano precedenti assetti figurativi — per esempio, i segni incisi nell’intonaco delle sinopie.
Dovranno perciò essere compiute prove di descialbo, a secco o a mezzo di solventi o impacchi, al fine di individuare la permanenza dell’assetto figurativo originario; tali assaggi andranno concordati nella posizione e nell’estensione con la D.L.
Si dovrà altresì procedere alla caratterizzazione delle malte di allettamento delle murature, onde procedere alla messa a punto delle malte per la ristilatura dei giunti e dei letti.
ART. 41 - LA RESTITUZIONE GRAFICA
Tutte le problematiche riscontrate nelle fasi di indagine andranno raccolte ed organizzate tramite schede, grafici e relazioni, rappresentate graficamente per mezzo di una mappatura dedicata, pensata e restituita caso per caso, edificio per edificio, manufatto per manufatto.
Dovranno essere integrati e completati gli elaborati di rilievo al fine di documentare compiutamente lo stato di conservazione del manufatto. La restituzione grafica dello
stato materico e del degrado condotto preliminarmente ed in corso d’opera sfrutterà queste basi elementari di appoggio e si realizzerà tramite simbologie e retinature capaci di rappresentare in modo esaustivo materia, degrado, cause dirette o indirette, tramite apposita legenda di riferimento. L'area interessata dalle fenomenologie riscontrate dovrà essere limitata nell'esatta estensione rilevata sull'edificio in modo da ottenere una corretta quantificazione del quadro patologico. Le scale di rappresentazione saranno scelte in base alla quantità di informazioni rilevate che si vogliono evidenziare, funzionali al progetto di intervento.
Al rilievo geometrico, all'identificazione materico-patologica si dovranno agganciare un'ulteriore serie di elaborati in grado di fornire, tramite simbologia ad hoc di tipo alfanumerico, tutte le indicazioni utili all'intervento di cantiere. Le tavole del progetto di conservazione, sempre utilizzando appositi rimandi grafici, saranno in grado di fornire indicazioni di tipo generale e/o puntuale relativamente alle tecniche di preconsolidamento, pulitura, consolidamento e protezione da effettuare su ogni singola porzione della fabbrica. La simbologia adottata (che trova un primo riscontro tramite apposite legende esplicitate sulle tavole di progetto) sarà il collegamento tra l'elaborato grafico e le schede del Capitolato di appalto, solitamente organizzate per sistemi costruttivi. Saranno schede complete ed esaustive, capaci di fornire indicazioni (oltre che su materiali, patologie e sistemi costruttivi del manufatto) sui cicli di intervento previsti, su tecniche e prodotti da utilizzarsi in ogni singola situazione.
Rilievo, identificazione patologica e tecniche di intervento, sempre tramite le schede di appoggio, possono facilmente diventare ``quantità''. La restituzione del progetto di conservazione tramite l'elaborazione elettronica è proprio finalizzata alla definizione di un conto metrico estimativo utile a compilare il computo di preventivazione.
ART. 42 - PROVE PRELIMINARI ALL'INTERVENTO DI CONSOLIDAMENTO E TRATTAMENTO SUPERFICIALE DEI MATERIALI
Allo scopo di verificare la possibilità di un corretto intervento di conservazione sui materiali in cotto e a pasta porosa in genere, sarà opportuno eseguire una serie di prove atta ad approfondire la natura fisico-chimica del materiale. L'insieme minimo di prove che dovranno essere seguite sono le seguenti: assorbimento d'acqua, porosità, carico di rottura a compressione prima e dopo il trattamento con materiali o resine consolidanti.
Assorbimento d'acqua - La prova sarà effettuata mediante l'immersione di campioni in acqua per 24 ore, per poi valutarne l'aumento in peso, corrispondente all'aumento d'acqua. In linea di massima i valori di assorbimento più elevati (per uno stesso materiale) si riferiranno a materiale che ha già subito un certo grado di alterazione. Misure di porosità - Le misure di porosità saranno eseguite con porosimetro a mercurio.
Prove con resine - Su provini di materiale si effettueranno prove di assorbimento di resina consolidante prima della scelta definitiva di questa per la valutazione sia della sua capacità consolidante sia della penetrabilità per assorbimento capillare. I provini saranno immersi parzialmente in una soluzione opportuna della resina da esaminare; questa, per capillarità, imberrà il materiale. Dopo un periodo di tempo definito si valuterà la differenza di peso dovuta all'impregnazione da parte della resina. Poiché la resina sarà utilizzata in adatto solvente, per garantire una buona penetrabilità, prima della valutazione della quantità assorbita, sarà necessario attendere che il solvente sia completamente evaporato (valutazione del residuo secco).
Prove su campioni trattati - Per valutare l'efficacia del trattamento di consolidamento e l'opportunità della scelta del tipo di resina nonché la sua corretta modalità di
applicazione sarà opportuno ripetere le prove di cui sopra, su campioni preventivamente trattati.
Si potranno effettuare ulteriori prove per meglio valutare la correttezza dell'intervento. Sinteticamente vengono qui elencate:
- invecchiamenti artificiali mediante cieli di gelo e disgelo e cieli di cristallizzazione dei sali solubili;
- attacchi acidi mediante spray di soluzioni di acido solforico e/o cloridrico, in diverse condizioni termoigrometriche;
- esposizione alla radiazione ultravioletta;
- misure di assorbimento d'acqua in fase di vapore;
- misure di assorbimento d'acqua per capillarità.
CAPO III
MODALITÀ DI ESECUZIONE DELLE OPERE
ART. 43 - OPERE DI PULITURA
Generalità
La pulitura consiste in una serie di operazioni per rimuovere dalla superficie di manufatti o singoli materiali, intesa come addizione di strati costruttivi e di strato periferico di alterazione, le sostanze estranee, ed in particolare quelle patogene, ossia generatrici di degrado; l’intervento si avvale di metodi meccanici, fisici e/o chimici da impiegare con gradualità e intensità diversa in rapporto al tipo di sostanza che si intende eliminare. L’obiettivo della pulitura è quindi, in linea generale, quello di liberare le superfici dai sedimenti di materia che non sono parte costitutiva dell’opera, ma accumulo di sostanze estranee e per di più aggressive e dannose. Il grado di estraneità, dannosità e aggressività deve essere per questo attentamente valutato e conosciuto sotto il profilo scientifico, poiché il fine dell’intervento conservativo non è quello di riportare la superficie ad un grado di leggibilità piena e di apprezzamento compiuto dell’opera ritenuta “originale” o di uno fra i molti strati addizionali presenti.
Per questo motivo risulta certamente un'operazione tra le più complesse e delicate all'interno del progetto di conservazione e quindi necessita di un'attenta analisi del quadro patologico generale, di una approfondita conoscenza della specifica natura del degrado, delle caratteristiche e dello stato di consistenza fisico-materica dei manufatti, in relazione ai materiali costitutivi, alle modalità di lavorazione e di finitura. Un livello di conoscenza indispensabile per verificare la natura del supporto e dell'agente patogeno, per determinare il processo chimico che innesca il degrado e, di conseguenza, la scelta dei prodotti e delle metodologie più appropriati di intervento (raccomandazioni NORMAL).
La scelta della tecnica di intervento dovrà essere attentamente valutata sulla base dei problemi di natura teorica e metodologica esplicitati nelle prescrizioni di progetto o indicati dalla D.L., e sulla base delle effettive possibilità ed opportunità operative. Non potranno pertanto essere assunte scelte tecniche al di fuori di una esplicita corrispondenza tra gli indirizzi teorici indicati ed una azione sperimentale volta a verificare la compatibilità dell’intervento per ogni specifica circostanza.
All'Appaltatore sarà, quindi, vietato effettuare qualsiasi tipo di operazione e l'utilizzo di prodotti, anche prescritti, senza la preventiva esecuzione di prove applicative o esplicita autorizzazione della D.L. In ogni caso ciascun intervento di pulitura dovrà
esclusivamente preoccuparsi di eliminare tutte quelle forme patologiche in grado di generare degrado al manufatto, subordinando a questo aspetto prioritario qualsiasi riflessione circa l'aspetto estetico e cromatico postintervento. Come già ricordato al Capo II del presente Capitolato “Prodotti per la pulizia dei manufatti lapidei”, in generale qualsiasi operazione di pulitura, comunque compiuta e su qualunque materiale, genera un'azione comunque abrasiva nei confronti dei materiali, andando sempre e in ogni modo ad intaccare, seppur minimamente, la loro pellicola naturale, che si dovrà cercare di conservare integralmente. I singoli interventi vanno realizzati puntualmente, mai in modo generalizzato, partendo sempre e comunque da operazioni più blande passando via via a quelle più forti ed aggressive.
In particolare fra i manufatti impiegati in edilizia i materiali a pasta porosa (pietre, marmi, cotti) sono quelli che risentono maggiormente dell'interazione con gli agenti endogeni ed esogeni. La loro superficie, già profondamente caratterizzata e segnata superficialmente dalla eventuale lavorazione, diviene, una volta in opera, terreno di una serie delicatissima di modificazioni, legate alle condizioni al contorno e determinate dall'esposizione agli agenti atmosferici e ai fattori inquinanti. Si possono generare, quindi, i processi di degrado di tipo fisico (in presenza o in assenza di acqua), di tipo chimico e per cause antropiche. A contatto con l'aria si ha una variazione delle caratteristiche chimiche e fisiche della superficie, dove si forma, nell'arco di anni, una patina ossidata più o meno levigata. La patina può esercitare un'azione protettiva sul materiale retrostante, ne determina la facies cromatica e, in definitiva, ne caratterizza l'effetto estetico. La patina naturale è il prodotto di un lento processo di microvariazioni ed è quindi una peculiarità del materiale storico; non solo, ma la sua formazione su manufatti esposti alle attuali atmosfere urbane è totalmente pregiudicata dall'azione delle sostanze inquinanti che provocano un deterioramento degli strati esterni molto più rapido della genesi della patina. Al naturale processo di graduale formazione di patine superficiali non deteriogene si sono sostituiti, negli ultimi decenni, meccanismi di profonda alterazione innescati dalle sostanze acide presenti nell'atmosfera inquinata; sostanze che hanno una grande affinità con acqua e con la maggioranza dei materiali a pasta porosa. La formazione di croste nere o la disgregazione superficiale sono i risultati più evidenti di questa interazione.
La pulitura dei materiali porosi deve quindi in primo luogo rimuovere dalla loro superficie le sostanze patogene, rispettando la patina naturale, quando esista ancora, ed allontanando i prodotti di reazione (croste nere, efflorescenze, macchie) che possono proseguire l'azione di deterioramento. Inoltre, dal momento che nella maggior parte dei casi si interviene su materiale già profondamente degradato, il trattamento di pulitura deve essere attentamente calibrato: non deve provocare un ulteriore indebolimento, a livello micro o macroscopico, esercitando un'azione troppo incisiva; non deve asportare frammenti indeboliti, decoesionati o esfoliati; non deve attivare sostanze che possono risultare dannose; deve arrestarsi, per proseguire con altre tecniche, qualora l'asportazione dei depositi possa compromettere l'integrità del materiale.
Le indicazioni riportate di seguito costituiscono i riferimenti complessivi in merito ai materiali e alle tecniche in uso nelle operazioni di restauro dei manufatti storici: indicazioni dettagliate, laddove non già contenute nelle prescrizioni di progetto, saranno fornite dalla D.L. in relazione alla specificità del singolo intervento.
Il livello di pulitura da ottenere sarà in ogni caso legato a valutazioni che precedono l’inizio dei lavori, e quindi meglio specificato e concordato con la D.L. sulla base di prove preliminari da eseguire su aree campione.
Sistemi di pulitura
Operazioni preliminari e livelli di pulitura
Primariamente, tutte le superfici andranno liberate dai depositi incoerenti, dallo sporco e dai materiali dovuti all’assenza di manutenzione, come ragnatele, ecc. Ciò avverrà utilizzando prudentemente spazzole di saggina o comunque a setole morbide, strofinacci, e solo laddove opportuno con spugne imbevute d’acqua. Questo tipo di depositi potranno essere aspirati mediante aspiratore industriale, avendo accortezza di non interferire con le superfici stesse.
Un primo livello di pulitura tende a rimuovere essenzialmente i depositi incoerenti (generalmente formati da particellato atmosferico, carbonioso o terroso) che si accumulano per gravità o dopo essere state veicolate da acqua atmosferica o di risalita (efflorescenze saline) e che non realizzano alcun tipo di coesione o di reazione con il materiale sottostante. Questo tipo di deposito possiede una debole potenzialità patogena, che varia moltissimo in rapporto alla composizione delle sostanze e al materiale su cui si sedimentano. Anche i tempi di aggressione possono essere differenti, e dipendono dalla presenza o meno di sostanze attivatrici (per lo più l'acqua, che entra in quasi tutte le reazioni patogene) o catalizzatrici.
Un secondo livello di pulitura prevede la rimozione di depositi composti esclusivamente o prevalentemente da sostanze allogene che tendono a solidarizzarsi alla superficie del manufatto con un legame essenzialmente meccanico, senza intaccare (o intaccando in minima parte) la natura chimica del materiale. L'entità e la coesione di questi depositi dipendono dalla porosità del materiale. Le sostanze da rimuovere possono essere ancora particellato atmosferico, penetrato in profondità, magari veicolato da acqua, oppure sali (carbonati) depositati per esempio da acqua di dilavamento, o presenti come macchie.
Un terzo livello di pulitura prevede invece la rimozione dello strato superficiale che si forma sul materiale allorché le sostanze esterne, volatili o solide, si combinano con il materiale di finitura, mutandone la composizione chimica e dando origine a prodotti secondari, di reazione: è il caso dell'ossido di ferro (ruggine) che si forma sulle superfici metalliche, o dei prodotti gessosi che si formano sui materiali lapidei per effetto della solfatazione, e che vengono definiti croste in ragione del loro aspetto. Perdurando l'apporto delle sostanze patogene dall'esterno, si ha un progresso continuo dell'attacco in profondità, con distacco e caduta delle parti esterne degradate.
Per rimuovere i materiali incoerenti dalle superfici (ivi comprese gli intonaci, solai lignei e controsoffitti, pavimenti) sono sufficienti blandi sistemi meccanici a secco: aspiratori, stracci, scope e spazzole in fibra vegetale, saggina (meno incisive di quelle in materiale sintetico), spugne Wischab e aria compressa. Questi metodi possono venire integrati dall'impiego puntuale di bisturi, spatole, piccole spazzole in naylon o, se strettamente necessario, metalliche.
Per rimuovere i depositi fortemente coesi e solidarizzati i metodi sopra elencati possono essere integrati da cicli di pulitura più incisivi, che trovano larga applicazione soprattutto nel trattamento dei materiali di rivestimento e, in generale, di pietre, murature, malte e, in molti casi (ad esclusione dei sistemi che impiegano acqua), anche di legno e metalli.
Pulitura con spazzole morbide
Pulitura a secco di materiale incoerente mediante l’impiego di spazzole morbide in fibra vegetale. pennellesse in setole naturali e aspiratori, al fine di rimuovere il
deposito incoerente, polveri ed efflorescenze; l’operazione è applicata a tutte le superfici e dove necessario il preconsolidamento.
Pulitura con impacchi di argille adsorbenti
Se vi sono problemi di esercizio legati all'acqua dispersa, si potrà applicare sul materiale di superficie un impacco di speciali argille (attapulgite e sepiolite, due silicati idrati di magnesio, oppure bentonite) imbibite di acqua, dopo aver bagnato anche il materiale con acqua distillata. In un primo momento l'acqua solubilizza i composti gessosi delle croste e gli eventuali sali presenti; l'argilla agisce poi da spugna, cedendo vapore acqueo all'atmosfera e assorbendo acqua dal materiale cui è applicata, con tutte le sostanze in soluzione (sostanze organiche, oleose e grasse), che vengono asportate con l'impasto, una volta che si sia essiccato. L’azione di pulitura vera e propria è esercitata dall’acqua, mentre il fango duttile ed adesivo garantisce il contatto tra il liquido e la superficie, ed esalta l’azione pulente dilatando i tempi di interazione tra l’acqua e i depositi da rimuovere. La permanenza in sito dell’impacco agevola la dissoluzione del gesso, delle croste nere e dei leganti di natura organica, assorbiti dalle argille in fase liquida o solubilizzata. Gli impacchi a base d’argilla adsorbente sono pure impiegabili per l’estrazione dei sali solubili, poiché la particolare struttura delle stesse facilita la migrazione verso la superficie dell’impacco degli ioni salini, ove questi ultimi cristallizzano mentre l’acqua evapora. Con l’aggiunta di un agente complessante appropriato, inoltre, si possono o ridurre le macchie di ossidi di rame o di ferro.
La granulometria dei due tipi di argilla dovrà essere di almeno 100-220 mesh. Dovranno essere preparate diluendole esclusivamente con acqua distillata o deionizzata fino a raggiungere una consistenza pastosa che consenta la loro lavorazione in spessori di cm 2-3. Il granulato di attapulgite utilizzato per la pulitura di superfici verticali deve contenere una percentuale d’acqua maggiore del 6%. L’applicazione della poltiglia avviene a spatola o con pennello; le argille possono quindi essere reimpiegate dopo un abbondante lavaggio con acqua. Facendo precedere l’applicazione da una blanda pulitura con acqua nebulizzata o atomizzata, si può ottenere una prima rimozione dei depositi più incoerenti di polvere o particellato atmosferico e un generale ammorbimento degli strati carboniosi.
L’applicazione può essere preceduta anche da una generale irrorazione a spruzzo di acqua distillata sulla superficie e dalla stesura di una sospensione acquosa di argilla molto fluida. Per facilitare la permanenza dei fanghi su aree estese e lisce, si potranno utilizzare reti di nylon del tipo di quelle adoperate in orticoltura per la coltivazione di ortaggi rampicanti. Durante la pulitura di superfici estese, inoltre, i fanghi dovranno essere mantenuti fluidi mediante l’impiego di agitatori meccanici.
Per rallentare il processo di evaporazione dell'acqua potranno essere sigillate con fogli di polietilene, eventualmente aperto sul lato superiore per consentire il costante inumidimento dei fanghi, che potranno essere applicati anche con ovatta di cotone e teli di garza. Potranno inoltre essere caricate con resine scambiatrici di ioni o additivate con tensioattivi. Al termine dell’operazione la superficie va sottoposta ad accurato loavaggio con acqua demineralizzata per rimuovere i residui degli impacchi e i sali solubili ancora in superficie.
L’impacco va lasciato in loco per intervalli variabili tra le 48 ore e più giorni: il livello di pulitura e il tempo di applicazione andranno comunque concordati con la D.L. sulla base di campionature eseguite in situ.
Microaeroabrasivo
La microsabbiatura di precisione tramite microaeroabrasivo utilizza aria compressa disidratata e ugelli in grado di proiettare inerti di vario tipo sulle superfici da pulire. Si possono utilizzare ugelli di vario diametro (0,4 - 3 mm) da scegliere in rapporto alla pressione d'esercizio (0,5 - 4 atm), alla granulometria dell'inerte, al tipo di supporto da pulire. Gli inerti potranno essere microsfere di vetro o di allumina, corindone bianco, silice micronizzata, del diametro di qualche decina di micron (coefficiente di durezza della scala moshs=9; dimensioni sfere 100-150-180-200 mesh), carbonato di calcio o bicarbonato di sodio che hanno durezza di poco superiore alla superficie da pulire (durezza=3mosh). La scelta dell’abrasivo dovrà discendere dall’attenta valutazione dello stato di conservazione delle superfici e dalla natura e consistenza delle incrostazioni da rimuovere. Si privilegiano inoltre apparecchiature funzionanti ad azoto; in alternativa si dovrà procedere ad una disidratazione dell’aria, filtrandone il flusso attraverso un apposito essicatore.
Il vantaggio dell'impiego della microsabbiatura risiede nella possibilità di esercitare l'azione abrasiva con grande puntualità e con gradualità, anche in zone particolarmente sfavorevoli (sottosquadri, cornici), regolando la pressione di esercizio; per essere impiegata al meglio, e per la delicatezza dell'apparecchiatura, richiede l'intervento di operatori altamente qualificati e l'impiego su superfici poco estese. Può essere indicata sui materiali lapidei, in cotto e su intonaci compatti, per l’eliminazione di croste nere e incrostazioni calcaree, per eliminare precedenti stuccature, o in presenza di gesso o sali solubili e comunque laddove è sconsigliato l’impiego di mezzi di pulitura con acqua..
La sabbiatura e la microsabbiatura dovranno essere impiegate dietro esplicita richiesta della D.L., avendo accortezza di impiegare inerti il meno abrasivi possibile tra quelli descritti nel presente capitolato. In particolare, per i soffitti lignei e gli intonaci o materiali lapidei più delicati si potranno prevedere granulati ottenuti dalla macinazione di noccioli di albicocca o di altro tipo di frutta. Il grado di pulitura da ottenere (rimozione dei depositi coerenti e incoerenti, tracce di tinteggiature o scialbature, etc.) dovrà essere preliminarmente concordato sulla base di campionature in situ. Potrà rendersi necessario un intervento preliminare di preconsolidamento delle superfici, specie se in presenza di finiture dipinte o decorate.
Descialbatura e desolfatazione o pulitura con resine a scambio ionico
Si tratta di una metodica impiegata per la rimozione di croste calcaree, scialbi e strati solfatati, basata sull’uso delle resine a scambio ionico. Il metodo sfrutta l’azione pulente che si innesca con lo scambio di ioni che avviene tra un solido, detto scambiatore di ioni, e un liquido; si impiegano generalmente polimeri opportunamente modificati con aggiunta di gruppi funzionali a carattere acido o basico. Tali resine sono commercializzate sotto forma di granuli sferici molto fini, di colore variamente ambrato.
La loro applicazione avviene mediante impacchi, e l’impiego è rivolto all’eliminazione di solfati (solfato di calcio), alla rimozione di scialbature a base di calce, alla rimozione di patine ad ossalati, alla rimozione della caseina (caseinato di calcio). Le resine anioniche sono impiegate su pietre naturali e artificiali e sono attive su svariati tipi di materiali organici (sostanze oleose, proteiche, resinose), mentre le resine cationiche sono utilizzate per l’eliminazione di strati carbonatici. Possono essere impiegate anche su manufatti metallici e lignei.
Le resine a scambio anionico vanno disperse in acqua deionizzata o distillata; in talune circostanze possono impiegarsi in combinazione con soluzioni di carbonato d’ammonio all’1%. L’applicazione può essere fatta a pennello, a spatola, e talvolta a
spruzzo. L’impacco va applicato in strati da 2 a 5 mm, e deve restare bagnato per tutta la durata dell’applicazione; la superficie deve pertanto essere protetta con pellicola di polietilene. L’applicazione delle resine a scambio cationico avviene in modo del tutto analogo a quello già descritto.
Pulitura con tamponi o compresse imbevuti di prodotti solventi
I depositi di particellato atmosferico o di altre sostanze presenti sulle superfici possono essere rimossi mediante l’impiego di compresse o di tamponi di cotone o di garza, purché si tratti di depositi non eccessivamente tenaci e aderenti.
Il tampone può essere costituito da un semplice batuffolo di cotone o da una compressa di garza contenente al suo interno materiale assorbente; l’operatore potrà impiegare il tampone direttamente con le mani o con l’aiuto di un bastoncino. La pulitura deve essere preceduta da tasselli di prova eseguiti in situ. Il tampone va imbevuto con prodotti detergenti, o se necessario, con solvente molto blando, eseguendo quindi una leggera strofinatura sulla superficie da pulire, con movimento rotatorio. Nel caso si formassero colature e dispersioni di materiale solvente e sporco, occorre procedere all’immediata asciugatura con tamponi o pezzuole leggermente inumiditi. Dopo il passaggio del tampone, si deve provvedere al passaggio di una pezzuola inumidita con acqua pura o con sostanza diluente (tipo petrolio decolorato) per rimuovere gli eccessi di solvente.
Pulitura con impacchi di carbonato d’ammonio
Il carbonato d’ammonio in soluzione acquosa va impiegato generalmente ad impacco, utilizzando come supportante la polpa di cellulosa, la sepiolite, o la silice micronizzata. Tale sostanza esplica un’azione desolfatante e consolidante, specie se associato all’idrossido di bario. La pulitura con impacchi di carbonato d’ammonio è idonea per rimuovere prodotti proteici (caseina, latte, colle animali, tuorli d’uovo, etc.) e croste nere.
L’impacco prevede la preparazione di una miscela di pasta di cellulosa – imbevuta con acqua distillata — e di carbonato di ammonio; la quantità di carbonato d’ammonio è pari circa ad 1/3 del peso dell’impasto. Ottenuta la miscela, occorre lasciarla riposare per qualche giorno affinché sia più efficace. Si stende quindi sulla porzione da pulire un foglio di carta giapponese, con pennello bagnato in acqua deionizzata o in acqua satura di carbonato d’ammonio. I tempi di applicazione dipendono dalle caratteristiche della superficie e delle eventuali dipinture presenti; nel caso di tempi lunghi di applicazione (fino a 24 ore), l’impacco va protetto con fogli di polietilene per impedire l’evaporazione. L’impacco si rimuove quindi facendo leva sulla carta giapponese; la superficie va quindi pulita con tampone o spruzzatore manuale con acqua distillata. In taluni casi, specie nel caso di superfici pittoriche di grande assorbenza, il lavaggio va eseguito solo il giorno successivo alla rimozione dell’impacco.
Quando si devono pulire dipinti murali, l’applicazione ad impacco di carbonato d’ammonio deve essere preferibilmente eseguita su zone di limitata estensione, seguendo i contorni del disegno tracciato sull’intonaco; ciò al fine di evitare che si creino aloni dovuti alla migrazione di alcuni prodotti organici non sufficientemente reagiti. L’utilizzo del carbonato d’ammonio andrà inoltre valutato sulla base dei pigmenti presenti nelle finiture pittoriche, poiché potrebbero verificarsi alterazioni cromatiche, nel caso, per esempio, della presenza di pigmenti quali l’azzurrite e la malachite.
Sistemi di tipo meccanico
Si potranno impiegare utensili di vario tipo quali spazzole di saggina o con setole di natura organica, non lesive dell’integrità materica, oppure in casi determinati bisturi, spatole metalliche, spazzolini con fili metallici morbidi, microscalpelli, microtrapani, vibroincisori elettrici o ad aria compressa. Questi ultimi saranno da utilizzarsi per rimuovere puntualmente depositi consistenti di materiali di varia natura quali croste nere, depositi calcarei, stuccature cementizie, materiali incompatibili con il supporto. In particolare, la pulitura mediante spazzolatura è impiegata preliminarmente per eliminare depositi superficiali polverulenti, per l’asportazione di concrezioni o incrostazioni superficiali morbide, e per operazioni di finitura.
La pulitura mediante bisturi, infine, è il metodo di pulitura meccanica più mirato, soprattutto se lo strumento è utilizzato con l’ausilio di un microscopio binoculare. È altresì utilizzabile per l’asportazione di scialbature a calce da elementi in pietra o superfici dipinte.
Bonifica da microflora
Un particolare tipo di pulitura è quello che riguarda la bonifica dell'ambiente circostante al materiale, o la sua stessa superficie, da vegetazione inferiore: alghe, funghi e muffe saprofaghe. Questi trattamenti possono essere effettuati in maniera meccanica e/o spargendo disinfestanti liquidi (da applicare a pennello o con apparecchiatura a spruzzo), in gel o in polvere, ripetendo il trattamento periodicamente. È necessario impiegare prodotti la cui capacità tossica decada rapidamente, in modo da non accumularsi nel terreno, e la cui efficacia sia il più possibile limitata alle specie invasive da eliminare. Questi tipi di trattamenti andranno sempre effettuati con la massima cura ed in piena sicurezza per gli operatori, sempre e comunque autorizzati dalle autorità competenti alla tutela del bene, dietro specifica autorizzazione e controllo della D.L.
Mai da effettuarsi in maniera generalizzata, ma puntuale e finalizzata previa l'acquisizione di tutti i dati necessari per la conoscenza precisa del materiale sottostante (consistenza fisico-materica, composizione chimica), del tipo di infestante presente e del tipo di prodotto da utilizzarsi.
Eliminazione di vegetazione inferiore mediante trattamenti chimici
Alghe, funghi e muffe crescono frequentemente su murature di edifici in aree fortemente umide, in ombra, non soggette a soleggiamento, o, ancora, perchè alimentate da acque da risalita, meteoriche, disperse, da umidità di condensazione. Nei limiti del possibile quindi, prima di operare qualsiasi intervento a carattere diretto, sarà necessario eliminare tutte quelle cause riscontrate al contorno generanti le patologie, per evitare che l'operazione di disinfestazione perda chiaramente efficacia.
Alghe, funghi e muffe possono esercitare negative azioni chimiche e meccaniche sul substrato che li ospita provocandone la progressiva disgregazione o fenomeni di corrosione, interferendo cromaticamente sull'aspetto delle superfici interessate per impedirne una corretta lettura. L'azione di alcuni tipi di alghe e batteri può portare a concentrare il ferro all'interno di paramenti superficiali, dove esso si ossida e carbonata, macchiando i paramenti stessi in maniera profonda. I licheni, forme simbiotiche di alghe e funghi sono in particolare molto dannosi: penetrando nelle microfessure delle murature con i loro talli, possono esercitare pressioni sulle pareti delle stesse e comunque introdurre soluzioni chimiche corrosive (acido carbonico, ossalico ...).
La disinfestazione contro la presenza di alghe cianoficee e cloroficee sarà effettuata mediante appropriati sali di ammonio quatemario (cloruri di
alchildimetilbenzilammonio) si potrebbero utilizzare altri prodotti come il formolo ed il fenolo, pur essendo meno efficaci del precedente.
Sempre per l'operazione di disinfestazione contro le alghe potranno essere utilizzati composti di rame quali il solfato di cupitetramina e i complessi solfato di rame idrazina, o anche i sali sodici dell'acido dimetiltiocarbammico e del mercaptobenzotriazolo. I biocidi di cui al presente paragrafo sono generalmente solubili in acqua e saranno utilizzati per l'operazione di disinfestazione in soluzioni all'1-3%.
I trattamenti potranno essere ripetuti qualora si ritenesse necessario, e andranno sempre conclusi con abbondanti lavaggi con acqua per eliminare ogni residuo di biocida. Nei casi più ostinati e difficili, potranno essere utilizzate soluzioni più concentrate, eventualmente sospese in fanghi o paste opportune (mediante argilla, metilcellulosa) e lasciate agire per tempi sufficientemente lunghi (1 o 2 giorni).
Per evitare l'uso di sostanza velenose per l'uomo e pericolose per i materiali costituenti le murature, contro alghe cianoficce e cianobatteri, si potrà operare una sterilizzazione mediante l'applicazione di radiazioni ultraviolette di lunghezza d'onda da definirsi, ottenute con lampade da 40W poste a circa cm 10-20 dal muro e lasciate agire ininterrottamente per una settimana. Sarà necessario prendere precauzioni particolari nella protezione da danni agli occhi degli operatori.
Poichè i muschi crescono su substrati argillosi depositati sulle murature e formano sulla superficie di queste escrescenze ed anche tappeti uniformi piuttosto aderenti, sarà necessario far precedere alla disinfestazione vera e propria una loro rimozione meccanica a mezzo di spatole e altri strumenti (pennelli a setole rigide, ecc.) onde evitare di grattare sulle superfici dei manufatti. L'operazione successiva consisterà nell'applicazione del biocida che potrà essere specifico per certe specie oppure a vasto raggio di azione. Si potrà ancora agire contro muschi e licheni mediante la applicazione di una soluzione acquosa all'1-2% di ipoclorito di litio, oppure di benzalconio cloruro sempre in soluzione acquosa all'1-2% Il benzalconio cloruro è di fatto un disinfettante germicida con spettro d'azione che coinvolge batteri, lieviti, microflora e alghe. L'effetto nel controllo algale e della microflora non risulta però persistente. Può essere utilizzato su varie superfici (vetro, metallo, pietra, marmo, ceramica, carta).
Tutti i biocidi menzionati, pur non essendo in linea di massima tossici per l'uomo, saranno comunque da utilizzarsi con molta attenzione e cautela, in quanto possono risultare irritanti, specie in soggetti sensibili, o creare allergie, o essere pericolosi per gli occhi e le mucose. Si dovranno quindi sempre impiegare, nella loro manipolazione, guanti ed eventuali occhiali, osservando le norme generali di prevenzione degli infortuni relativi all'uso di prodotti chimici velenosi.
ART. 44 - MURATURE, OPERE DI CONSERVAZIONE
Generalità
Nei lavori di conservazione delle murature sarà buona norma privilegiare l'uso di tecniche edilizie e materiali che si riallaccino alla tradizione costruttiva riscontrabile nel manufatto in corso di recupero. Il ricorso a materiali compatibili con gli originali, infatti, consente una più sicura integrazione dei nuovi elementi con il manufatto oggetto di intervento evitando di creare una discontinuità nelle resistenze fisiche, chimiche e meccaniche.
Bisognerà evitare, soprattutto in presenza di decorazioni parietali, interventi traumatici e lesivi dell'originaria continuità strutturale, cromatica e materica. Integrazioni e sostituzioni saranno ammesse solo ed esclusivamente quali mezzi indispensabili per garantire la conservazione del manufatto (cedimenti strutturali,
polverizzazioni, marcescenze, ecc.) sempre e comunque dietro precisa indicazione della D.L. e previa autorizzazione degli organi competenti preposti alla tutela del bene in oggetto. Nei casi in cui si debba ricorrere a tali operazioni sarà sempre d'obbligo utilizzare tecniche e materiali compatibili con l'esistente, ma perfettamente riconoscibili quali espressioni degli attuali tempi applicativi.
Risarcitura delle murature mediante la tecnica dello scuci-cuci
L'obiettivo di questa lavorazione dovrà essere quello di integrare parti di muratura assolutamente non più recuperabili e non più in grado di assolvere alla loro funzione statica e/o meccanica mediante una graduale sostituzione che non dovrà comunque interrompere, nel corso dei lavori, la funzionalità statica della muratura.
L'Appaltatore, quindi, provvederà, delimitata la parte di muratura da sostituire, ad individuare le zone dei successivi interventi che dovranno essere alternati in modo da potere sempre disporre di un quantitativo sufficiente di muratura resistente. Previa adeguata messa in sicurezza della strutturamediante opere provvisionali, si aprirà una breccia nella prima zona d'intervento ricostruendo la porzione demolita con muratura di mattoni pieni e malta magra di calce idraulica naturale (la cui composizione, specie per quanto attiene al legante e all’aggregato, sia compatibile con le caratteristiche di quelle in opera e con i requisiti di resistenza meccanica desiderati), avendo sempre la cura di mettere bene in risalto la nuova integrazione rispetto alla muratura esistente, per materiale, forma, colore o tecnica applicativa, secondo le indicazioni fornite dalla D.L., ammorsando da una parte la nuova struttura con la vecchia muratura resistente e dall'altra parte lasciando le ammorsature libere di ricevere la successiva muratura di sostituzione.
Dovrà, in seguito, forzare la nuova muratura con la sovrastante vecchia muratura mediante l'inserimento di cunei di legno da controllare e da sostituire, solo a ritiro avvenuto, con mattoni e malta fluida fino a rifiuto. Queste operazioni andranno ripetute per tutte le zone d'intervento.
Ristilatura dei giunti di malta
I lavori conservativi su murature in genere, nella gran parte dei casi, riguardano in maniera piuttosto evidente i giunti di malta di allettamento tra i singoli manufatti. Si dovranno pertanto effettuare analisi mirate, sulla composizione chimico-fisica dei manufatti e delle malte di allettamento, per determinarne la natura, la provenienza e la granulometria. Le operazioni di ristilatura dei giunti di malta dovranno rispondere alle prescrizioni di progetto e comunque concordate nei materiali e nelle modalità con la D.L., specie nel caso di paramentio a vista.
La prima operazione di intervento riguarderà la pulitura dei giunti di malta utilizzando pennelli a setole morbide e bidone aspiratutto. Previa abbondante bagnatura con acqua deionizzata, si effettuerà la stilatura dei giunti di malta tramite primo arriccio in malta di calce idraulica naturale esente da sali solubili e sabbia vagliata (rapporto legante-aggregato 1:2). L’arriccio sarà da effettuarsi utilizzando piccole spatole evitando con cura di intaccare le superfici non interessate (sia con la malta sia con le spatole) si potranno eventualmente proteggere le superfici al contorno utilizzando nastro in carta da carrozziere. La ristilatura di finitura si effettuerà con grassello di calce stagionato e sabbia del Ticino, eventualmente additivati con sabbie fluviali di granulometrie superiori, cocciopesto, polveri di marmo (rapporto leganti-aggregati 1:3). La scelta del legante e soprattutto degli aggregati sarà dettata dalle analisi preventive effettuate su materiali campioni, e dalla risoluzione cromatica che si vuole ottenere in sintonia con le malte esistenti (per piccole ristilature) o in difformità per distinguerle da quelle esistenti (porzioni di muratura più vaste). Tali scelte saranno esclusivamente dettate dalla D.L. comunque dietro specifica autorizzazione
degli organi competenti alla tutela del bene in oggetto. La ristilatura avverrà sempre in leggero sottoquadro e dovrà prevedere una finitura di regolarizzazione tramite piccole spugne inumidite in acqua deionizzata.
Le malte utilizzate dietro specifica richiesta e/o autorizzazione della D.L., potranno essere caricate con additivi di natura chimica, quali resine epossidiche (richiesta di forte adesività per stuccature profonde non esposte ai raggi UV) o resine acriliche o acril-siliconiche.
Consolidamento mediante iniezioni a base di miscele leganti
Prima di dare inizio ai lavori, l'Appaltatore dovrà eseguire un'attenta analisi della struttura al fine di determinare l'esatta localizzazione delle sue cavità e discontinuità, le caratteristiche costruttive specifiche e la composizione chimico-fisica dei materiali costitutivi. Gli esami potranno essere effettuati mediante tecniche molto usate come la percussione manuale o con martellino di gomma della muratura, oppure ricorrendo a carotaggi con prelievo di materiale, a sondaggi endoscopici o, in relazione alle caratteristiche delle strutture e dietro apposita prescrizione, ad indagini di tipo non distruttivo (quali termografie, ultrasuoni, ecc.). In presenza di murature particolari, con caratteristiche incerte, sarà inoltre indispensabile effettuare prove di consolidamento utilizzando differenti tipi di miscele su eventuali campioni- tipo, per potersi assicurare che l'iniezione riesca a penetrare sino al livello interessato.
La tecnica consisterà nell'iniettare nella massa muraria ad una pressione variabile in ragione del tipo di intervento, una malta cementizia e/o epossidica opportunamente formulata che riempiendo le fratture e gli eventuali vuoti, sappia consolidare la struttura muraria, sostituendosi e/o integrando la malta originaria.
I punti su cui praticare i fori (in genere 2 o 3 ogni mq) verranno scelti dalla D.L. in base alla distribuzione delle discontinuità e lesioni ed al tipo di struttura. Detti fori, di diametro opportuno (indicativamente da mm 30 a 50) si eseguiranno con sonde a rotazione munite di un tagliatore carotiere con corona d'acciaio ad alta durezza o di widia. In particolare, nelle murature in mattoni pieni la distanza fra i fori non dovrà superare i cm 50.
Si avrà l'accortezza di eseguire le perforazioni finalizzando l'operazione alla sovrapposizione delle aree iniettate: ciò sarà controllabile utilizzando appositi tubicini ``testimone'' dai quali potrà fuoriuscire l'esubero di miscela iniettata. I tubicini verranno introdotti, per almeno cm 10 ed avranno un diametro di circa mm 20, verranno poi sigillati con la stessa malta di iniezione a consistenza più densa. Durante questa operazione sarà necessario evitare che le sbavature vadano a rovinare in modo irreversibile l'integrità degli adiacenti strati di rivestimento.
Per favorire la diffusione della miscela, l'Appaltatore dovrà praticare dei fori profondi almeno quanto la metà dello spessore dei muri. Nel caso di spessori inferiori ai cm 60-70. le iniezioni verranno effettuate su una sola faccia della struttura; oltre i cm 70 si dovrà operare su entrambe le facce nel caso in cui lo spessore dovesse essere ancora maggiore, o ci si trovasse nell'impossibilità di iniettare su entrambe le facce, si dovrà perforare la muratura da un solo lato fino a raggiungere i 2/3 della profondità del muro.
In caso di murature in mattoni pieni si praticheranno perforazioni inclinate di almeno 45 gradi verso il basso fino a raggiungere una profondità di cm 30-40 (sempre comunque rapportata allo spessore del muro), al fine di distribuire meglio la miscela e per interessare i diversi strati di malta. Tutte le fessure, sconnessioni, piccole fratture tra i manufatti interessati all'intervento andranno preventivamente stuccate per non permettere la fuoriuscita della miscela legante. Prima dell'iniezione si dovrà effettuare un prelavaggio al fine di saturare la massa muraria e di mantenere la
densità della miscela. Il prelavaggio profondo sarà inoltre utile per segnalare e confermare le porzioni delle zone da trattare, che corrisponderanno con la gora di umidità, oltre all'esistenza di possibili lesioni non visibili.
Il lavaggio andrà eseguito con acqua pura, eventualmente deionizzata e priva di materie terrose. Durante la fase del lavaggio andranno effettuate le operazioni supplementari di rinzaffo, stilatura dei giunti e sigillatura delle lesioni.
L'iniezione della miscela consolidante potrà essere composta da acqua e calce idraulica naturale e/o calci idrauliche e cemento nella proporzione di 1:1 (1 quintale di cemento per 100 litri di acqua), oppure con miscele di leganti/cemento, sabbie molto fini e/o additivi quali resina epossidica formulata in maniera opportuna e miscelata con adatto solvente, al fine di ottenere una corretta viscosità per consentirne la penetrazione in maniera diffusa. La composizione e la consistenza della miscela consolidante dovranno essere attentamente valutate, sulla base delle prescrizioni di progetto e comunque dietro autorizzazione della D.L. e degli organi preposti alla tutela del bene. All'iniezione di resina potrebbe essere necessario far procedere una iniezione di solvente a bassa pressione, per saturare la superficie di pietre, mattoni, malta, per favorire la diffusione della resina epossidica e comunque la sua polimerizzazione in presenza di solvente.
La miscela dovrà essere omogenea, ben amalgamata ed esente da grumi ed impurità. L'iniezione delle miscele all'interno dei fori sarà eseguita a bassa pressione controllata, e andrà effettuata tramite idonea pompa a mano o automatica provvista di un manometro di facile ed immediata lettura. Se il dissesto sarà limitato ad una zona ristretta dovranno essere risanate, con una pressione non troppo elevata, prima le parti più danneggiate ed in seguito le rimanenti zone, utilizzando una pressione maggiore.
Andrà realizzato preventivamente un preconsolidamento, eseguito colando mediante un imbuto una boiacca molto fluida, e si effettueranno successivamente le iniezioni procedendo con simmetria, dal basso verso l'alto al fine di evitare squilibri di peso ed impreviste alterazioni nella statica della struttura. Previa verifica della consistenza materica della muratura oggetto di intervento, si inietterà la miscela mediante una pressione di circa 0,5-1,0 kg/cmq in modo da agevolare il drenaggio ed otturare i fori con il ritorno elastico.
Sarà inoltre opportuno aumentare la pressione di immissione in relazione alla quota del piano di posa delle attrezzature. L'aumento sarà di 1/2 atmosfera ogni ml 3 di dislivello in modo da bilanciare la pressione idrostatica. La pressione dovrà essere mantenuta costante fino a quando la miscela non sarà ovviamente fuoriuscita dai buchi adiacenti o dai tubicini ``testimoni''. Le iniezioni dovranno essere praticate a partire dal livello più basso.
Ad indurimento della miscela, gli ugelli saranno rimossi ed i fori sigillati con malta appropriata.
Non sarà assolutamente consentito, salva diversa prescrizione della D.L., la demolizione di intonaci e/o stucchi; sarà anzi necessario provvedere al loro preventivo consolidamento e/o ancoraggio al paramento murario prima di procedere all'iniezione stessa. Ad operazione terminata sarà opportuno prevedere una serie di indagini cadenzate nel tempo per verificarne l'effettiva efficacia.
Risarcimento dei paramenti murari mediante stuccature e opere di “rincoccio”
Le rincocciature di antiche murature possono essere realizzate con diverse procedure; possono riguardare strutture murarie incomplete, interrotte, o da consolidare o riparare, nonché le superfici di supporto degli intonaci. Le fasi della
rincocciatura dovranno procedere da un’attenta analisi delle condizioni della muratura, e si articolano in:
- eventuale realizzazione di sostegni provvisionali
- rimozione degli eventuali elementi degradati ed instabili
- eventuali perforazioni nel corpo della parete per l’inserimento di xxxxx e connettori cui ancorare le nuove masse
- pulitura delle superfici di connessione dei nuovi elementi, generalmente da eseguirsi con strumenti meccanici come spazzole e raschietti, e con eventuale ausilio di aspiratori, e laddove necessario con limitato impiego di acqua
- posa in opera di nuovi elementi nelle sedi e sui letti di inserimento, utilizzando materiali plastici leganti, malte di composizione tradizionali con eventuale additivi che ne migliorino l’aderenza e ne diminuiscano il ritiro; gli elementi da utilizzare potranno essere costituiti da frammenti di laterizi — mattoni x xxxxx — possibilmente di recupero, ossia di produzione non industriale
- seguirà la stilatura dei giunti con malta adeguata alle caratteristiche della muratura e dell’eventuale intonaco da realizzare
ART. 45 - CONSOLIDAMENTO DEI MATERIALI
Generalità
Poiché si tratta di un'operazione piuttosto complessa e delicata all'interno del progetto di conservazione, necessita quindi di un'attenta analisi del quadro patologico generale, di una approfondita conoscenza della specifica natura del degrado, dello stato di consistenza fisico-materica dei manufatti. Un livello di conoscenza indispensabile per verificare principalmente la natura del supporto, dell'agente patogeno, il processo chimico che innesca il degrado e, di conseguenza, la scelta dei prodotti e delle metodologie più appropriate di intervento (raccomandazioni NORMAL).
All'Appaltatore sarà, quindi, vietato effettuare qualsiasi tipo di operazione e l'utilizzo di prodotti, anche prescritti, senza la preventiva esecuzione di prove applicative o esplicita autorizzazione della D.L. In ogni caso ogni intervento di consolidamento dovrà essere di carattere puntuale, mai generalizzato, e rispondere agli opportuni requisiti di compatibilità e, per quanto possibile, di reversibilità. Ad operazione effettuata sarà sempre opportuno verificarne l'efficacia, tramite prove in corso d’opera e successive analisi, anche con controlli periodici cadenzati nel tempo (operazioni comunque da inserire nei programmi di manutezione periodica postintervento). Per le specifiche sui prodotti si vedano gli articoli relativi nel presente Capitolato. In particolare, si ricordano il bario idrossido ottaidrato, il silicato di etile (estere dell’acido silicico, nomi commerciali: tipo Wacher OH), il copolimero di etile metacrilato al 70% + acrilato di metile 30% (nome commerciale: tipo Paraloid B72), le soluzioni acrilico siliconiche (etilmetacrilato + metilacrilato miscelato a metil alcossilano parzialmente polimerizzato (nome commerciale: tipo Xxxxxxxx X00 + Dri Film 104), le dispersioni acrilico-siliconiche (acrilato di etile + metacrilato di metile miscelato con siliconato di potassio (nome commerciale tipo Primal AC33 o tipo Silirain-Water), le emulsioni acriliche (acrilato e metacrilato in dispersione acquosa (nome commerciale: tipo Primal AC33, Plextol B 500), la malta ICCROM (calce idraulica, cocciopesto o pozzolana, dispersione acrilica, gluconato di sodio (nome commerciale: tipo calce bianca Lafarge e Primal AC33), l’idrato di calce (calce idrata, caseina fosfoproteica, colla d’osso), le schiume acrliche, l’alluminato di calcie (calce idrata e polvere di alluminio), tipo Ledan I E 2 (a base di cemento bianco o calce idraulica naturale).
In generale, il consolidamento di un materiale, di una superficie o di un manufatto consiste in un intervento atto a migliorarne le caratteristiche meccaniche, in particolare la resistenza agli sforzi e la. coesione, senza alterare patologicamente le prestazioni igrotermiche. La possibilità di garantire una migliore durata dei manufatti deve essere il criterio generale da perseguire.
È possibile effettuare vari tipi di consolidamento.
Preconsolidamento di superfici decoese
Il consolidamento può essere preliminare alle operazioni di pulitura, per ridare stabilità provvisoria a superfici decoese o in fase di esfoliazione sulle quali sono previsti interventi che potrebbero essere troppo aggressivi nei confronti della fragilità della superficie stessa. Si può utilizzare in generale il silicato di etile, applicato a spruzzo o a pennello; in caso di presenza di solfatazione e formazione di gesso, si procederà alla rimozione del gesso solo dopo che il materiale ha recuperato una buona coerenza.
Si potrà altresì ricorrere a metodi tipo sistema Nonfarmale, che prevede il fissaggio iniziale delle superfici decoese mediante impregnazione della superficie con uno spray finissimo composto da una miscela di due resine in soluzione, applicato mediante impacchi con carta giapponese. Il miscuglio adoperato come consolidante è in genere così composto: 15 parti di prodotto tipo Xxxxxxxx X00 al 30% in diluente nitro, 5 parti di resina siliconica tipo Dri –Film 104 al 70% in white spirit, 40 parti di clorotene, 40 parti di acetone.
Consolidamento mediante sistemi di ancoraggio e reincollaggio
Nel caso di manufatti lapidei fratturati o comunque interessati da distacchi e discontinuità di varia natura ed entità, si dovrà procedere mediante reincollaggio dei frammenti distaccati (o delle opportune integrazioni delle mancanze) con resine epossidiche o formulati adesivi e metodi di ancoraggio, che comprendono la posa di imperniature dirette (sistemi passivi: chiodi, viti, zanche, cavicchi, perni semplici o ad espansione) che mediante dispositivi attivi, costituiti da apparecchi esterni, quali grappe e staffe che permettono di ancorare la parte distaccata rimanendone esterni. I metalli impiegabili per le operazioni di ancoraggio dovranno rispondere alle specifiche circostanze, e potranno essere fusioni di piombo (piombo da lattoniere con l’aggiunta di stagno per le saldature), ferro nuovo sagomato alla forgia e temprato, titanio, acciaio inossidabile. I perni possono pure essere realizzati in vetroresina, o in resina poliestere rinforzata con fibre di vetro. Sarà sempre consigliabile, tuttavia, evitare il ricorso a perni in ferro, poiché facilmente ossidabili Le medesime tecniche possono essere impiegate per il consolidamento dei sistemi di aggancio di lastre lapidei, sia in rivestimenti che nel caso di manufatti artistici (altari marmorei, etc.).
La riadesione di scaglie e frammenti potrà avvenire mediante applicazione di formulati adesivi (colle animali, colle poliviniliche, resine acriliche in soluzione, laddove necessario resine epossidiche, poliuretaniche e poliestere), con utensili di forma appropriata e preferibilmente in teflon. L’incollaggio in profondità dovrà essere eseguito mediante iniezioni con siringhe.
Una colla polivinilica frequentemente impiegata per la riadesione di frammenti lapidei è ottenuta con: 50 cc di alcol etilico in una soluzione di 110 g di alcol polivinilico (es. tipo gelvatol), disciolto in un litro d’acqua; tra le resine più diffuse vi sono quelle acriliche tipo Paraloid B 72, impiegato in una soluzione di etacrinolo con rapporti dal 15 al 20%.
Le stuccature superficiali dovranno essere eseguite con malte di calce spenta stagionata o calce idraulica naturale, sabbia fine e polvere di pietra (marmo, o a
seconda del manufatto oggetto dell’intervento), pigmenti e aggregati naturali che consentano di ottenere un impasto con tessitura e colore analogo a quello del manufatto lapideo su cui si interviene. La malta dovrà avere resistenza meccanica pari o inferiore a quella della pietra con cui è composto il manufatto, e non dovrà presentare cavillature o fessurazioni; in particolare la granulometria dell’aggregato incide sulla plasticità, resistenza e tessitura della malta.
Nel caso dei manufatti marmorei, si dovrà avere accortezza di utilizzare materiali scevri da sali solubili, in relazione alla presenza di umidità. I nuovi perni o sistemi di ancoraggio dovranno essere anticorrosivi, e gli elementi metallici in opera, messi a nudo durante le operazioni di restauro, dovranno essere puliti dai prodotti dell’ossidazione ed opportunamente trattati per prevenire l’insorgere di tale fenomeno. Inoltre, tutte le malte e le stuccature in opera che presentassero problemi di polverizzazione e disgregazione, dovranno essere sostituite o adeguatamente consolidate.
Consolidamento chimico
L'intervento può consistere in un trattamento di somministrazione in profondità di sostanze in soluzione che siano in grado, evaporato il solvente, di fissarsi al materiale elevandone i parametri di resistenza. Per i prodotti impiegabili, si rimanda agli articoli precedenti del presente capitolato. Le applicazioni possibili saranno per impregnazione a pennello, a tampone o spruzzo (airless), impregnazione per percolazione o per contatto, mediante iniezioni manuali o immissione dei prodotti a bassa pressione, mediante impregnazione con formazione preventiva di tasche attorno al manufatto, mediante impregnazione sottovuoto o per immersione.
Consolidamento corticale
Le stesse sostanze possono essere applicate localmente o in modo generalizzato sulla superficie del materiale per ristabilire la coesione di frazioni degradate con gli strati sani sottostanti. Il trattamento chimico di consolidamento si applica evidentemente a materiali sufficientemente porosi (pietra, malte, laterizi, legname), in grado di assorbire composti leganti compatibili in soluzione. Le sostanze consolidanti possono essere leganti dello stesso tipo di quelli contenuti naturalmente nel materiale (per esempio il latte di calce o i silicati), oppure sostanze naturali o sintetiche estranee alla composizione originaria del materiale ma comunque in grado di migliorarne le caratteristiche fisiche.
Per i materiali non porosi o scarsamente porosi (metalli, elementi lapidei ad alta densità, vetro, cemento armato), data l'impossibilità di realizzare una diffusa e sicura penetrazione in profondità di sostanze in soluzione, il consolidamento consiste invece nella ricomposizione di fratture, nella solidarizzazione di parti distaccate o nel ripristino delle sezioni reagenti.
Applicazione dei principali consolidanti
Il consolidamento chimico si avvale di diverse categorie di prodotti, classificati in base alla composizione e alle modalità di impiego. Nella scelta del prodotto è fondamentale aver acquisito conoscenza adeguata del materiale da trattare, le patologie rilevate o da prevenire e, nel caso di adeguamento funzionale a nuovi carichi e a nuovi standard di sicurezza, le nuove prestazioni funzionali che si richiedono. I requisiti a cui devono rispondere i prodotti impiegati e le modalità di applicazione discendono dalle caratteristiche del materiale e dalle specifiche condizioni microclimatiche, ambientali e d’uso; indicazioni specifiche verranno pertanto fornite volta per volta dalla D.L. nell’ambito delle complessive indicazioni di progetto.
Poiché il recupero della coesione e della capacità resistente del materiale è il primo obiettivo del consolidamento, può sembrare opportuno ricorrere a prodotti che saturino quanto più possibile il volume dei pori del materiale. È invece consigliabile usare sostanze che occupano solo parzialmente i pori, in modo da mantenere un'alta permeabilità al vapore. Un altro parametro da non sottovalutare è la profondità di penetrazione e di diffusione della soluzione consolidante, che deve essere più alta possibile, in modo da evitare la formazione di uno strato solamente superficiale ad elevata resistenza o una diffusione disomogenea del prodotto.
La reversibilità è un altro requisito necessario ad un prodotto consolidante: è utile però soprattutto per migliorare la penetrazione del prodotto, somministrando ulteriore solvente e per rimuovere sbavature all'esterno. In pratica è pressoché impossibile estrarre sostanze penetrate e solidificate all'interno di un materiale poroso. In base alla composizione chimica possiamo individuare due categorie principali di consolidanti: i consolidanti inorganici e quelli organici.
Consolidanti inorganici - Hanno generalmente una grande affinità con i materiali da trattare; si possono impiegare sostanze che possiedono la stessa struttura chimica del materiale da consolidare, come l'idrossido di bario, impiegato sulle malte; in altri casi si impiegano le stesse componenti principali del materiale: così, su malte e su pietre calcaree viene usato il latte di calce, mentre su murature, malte e pietre vengono usati prodotti a base silicatica.
Consolidanti organici - Sono per lo più polimeri sintetici in soluzioni viscose, che
possono provocare difficoltà di penetrazione; capita anche che il solvente, evaporando, riporti il consolidante in superficie. Hanno una buona idrorepellenza, ma invecchiano facilmente per effetto dell'ossigeno atmosferico, dell'acqua, dei raggi ultravioletti, dell'alta temperatura e degli agenti biologici, per cui infragiliscono e cambiano colore, modificando anche sensibilmente la propria struttura chimica. I consolidanti inorganici, rispetto a quelli organici, sono piuttosto fragili e poco elastici; saldano solo fratture di lieve entità e possono avere scarsa penetrazione; per contro hanno una durata superiore.
I principali consolidanti organici oggi impiegabili potranno essere:
- resine poliuretaniche: applicate per iniezione una volta polimerizzate si trasformano in schiume rigide, flessibili o in gel utili alla stabilizzazione di terreni o all'isolamento delle strutture dai terreni;
- resine acriliche: applicate a spruzzo, a pennello o per iniezione; eventualmente additivate ad inerti e/o leganti di vario tipo; spesso usate per il consolidamento corticale dedicato e puntuale di intonaci e superfici affrescate; da applicarsi da parte di personale altamente specializzato;
- estere etilico dell'acido silicico: applicato a spruzzo, airles, a pennello; eventualmente additivato con protettivi siliconici; utilizzato per il consolidamento corticale di arenarie, pietre silicatiche, paramenti murari in cotto e intonaci in malta di calce.
Metodi applicativi
I metodi di applicazione dei prodotti consolidanti fluidi prevedono l'impiego di strumentazione elementare (pennelli, rulli, apparecchi a spruzzo airless) o, qualora sia necessaria una penetrazione più profonda e capillare, richiedono un impianto di cantiere più complesso: nei casi più semplici bisognerà delimitare e proteggere le zone non interessate dall'intervento in modo da raccogliere e riciclare la soluzione consolidante che non viene assorbita e provvedere a cicli continui di imbibizione. In particolare si possono applicare batterie di nebulizzatori che proiettano il prodotto sulla superficie da trattare, oppure si possono realizzare impacchi di cotone, di
cellulosa o di carta giapponese, che vengono tenuti costantemente imbevuti di sostanza consolidante.
Qualora le parti da trattare siano smontabili (statue, elementi decorativi, balaustre estremamente degradate) o distaccate, il trattamento in laboratorio è quello che garantisce la massima efficacia. I manufatti saranno impregnati in contenitori di resina, per immersione parziale o totale o per impregnazione sotto vuoto. Anche su materiali in situ è comunque possibile ottimizzare l'impregnazione ricoprendo le parti da trattare con fogli di polietilene e sigillandone i bordi con lattice di gomma e nastri adesivi, in modo da poter creare il vuoto fra superficie della pietra e fogli di protezione, dove può essere iniettata la resina. In alternativa si possono realizzare, con lo stesso principio e gli stessi materiali, delle tasche di dimensioni ridotte per impregnare a fondo zone articolate e particolarmente degradate. I tempi di applicazione cambiano in rapporto al prodotto, al sistema scelto, alla porosità del materiale e possono variare da poche ore a diversi giorni. In generale i prodotti consolidanti potranno essere applicati:
- ad airless, tramite l'utilizzo di apposite apparecchiature in grado di vaporizzare il liquido messo in pressione da pompa oleo-pneumatica;
- tramite applicazione a pennello morbido sino a rifiuto, utilizzando i prodotti in soluzione particolarmente diluita, aumentando gradualmente la concentrazione sino ad oltrepassare lo standard nelle ultime mani. Sarà utile alternare mani di soluzione delle resine (se in solvente) a mani di solo solvente per ridurre al minimo l'effetto di bagnato;
- tramite applicazione a tasca, da utilizzarsi per impregnazioni particolari di decori, aggetti, formelle finemente lavorate e fortemente decoesionate. Si tratta di applicare intorno alla zona da consolidare una sorta di tasca, collocando nella parte inferiore una specie di gronda impermeabilizzata (per esempio di cartone imbevuto di resina epossidica), con lo scopo di recuperare il prodotto consolidante in eccesso. La zona da consolidare potrà essere ricoperta da uno strato di cotone idrofilo ed eventualmente chiusa da politene; nella parte alta, viceversa, si collocherà un tubo con tanti piccoli fori con la funzione di distributore. Il prodotto consolidante sarà spinto da una pompa nel distributore e da qui attraverso il cotone idrofilo penetrerà nella zona da consolidare: l'eccesso di resina si raccoglierà nella grondaia verrà recuperato e rimesso in circolo; sarà necessario assicurarsi che il cotone idrofilo sia sempre perfettamente in contatto con la superficie interessata;
- applicazione per percolazione: si tratta di una semplificazione del metodo precedente; un opportuno distributore verrà collocato nella parte superiore della superficie da trattare, il prodotto, distribuito lungo un segmento, per gravità tenderà a scendere impregnando la superficie da trattare per capillarità. La quantità di prodotto in uscita dal distributore dovrà essere calibrata in modo tale da garantire un graduale e continuo assorbimento evitando eccessi di formulato tali da coinvolgere aree non interessate. Il distributore potrà essere costituito da un tubo o da un canaletto forato con, nella sua parte inferiore, un pettine o una spazzola con funzione di distributore.
Per le specifiche sui prodotti si vedano gli articoli relativi nel presente Capitolato.
ART. 46 - TRATTAMENTI PROTETTIVI DI MATERIALI E SUPERFICI
Generalità
La protezione è un’operazione da effettuarsi nella maggior parte dei casi al termine degli interventi prettamente conservativi. La scelta delle operazioni di protezione da
effettuarsi e/o degli specifici prodotti da utilizzarsi andrà sempre concordata con gli organi preposti alla tutela del bene oggetto di intervento, così pure dietro autorizzazione e indicazione della D.L. L'utilizzo di specifici prodotti sarà sempre preceduto da test di laboratorio in grado di verificarne l'effettiva efficacia in base al materiale da preservare. L'applicazione di prodotti protettivi rientra comunque nelle operazioni da inserire nei programmi di manutezione periodica postintervento. Per le specifiche sui prodotti si vedano gli articoli relativi nel presente Capitolato.
Gran parte delle patologie di degrado dei materiali da costruzione dipende da alterazioni provocate da agenti esterni (infiltrazioni d'acqua, depositi superficiali di sostanze nocive...). Ogni intervento di conservazione, per essere tale, non deve avere come obiettivo solamente il risanamento del materiale, ma anche la sua ulteriore difesa dalle cause che hanno determinato l'insorgere dello stato patologico. In certi casi è possibile un'azione radicale di eliminazione totale della causa patologica, quando questa è facilmente individuabile e circoscritta e dipende da fattori accidentali o comunque strettamente legati alle caratteristiche del manufatto. Al contrario, in un gran numero di situazioni le patologie sono generate da cause non direttamente affrontabili e risolvibili nell'ambito dell'intervento: presenza di sostanze inquinanti nell'atmosfera, piogge acide, fenomeni di tipo sismico o di subsidenza del terreno. In genere queste due tipologie di cause degradanti si sovrappongono, per cui l'intervento, per quanto preciso, potrà prevenirne o eliminarne solo una parte.
L’opportunità dell’impiego di prodotti protettivi dovrà risultare dagli accertamenti condotti sul manufatto, e dovrà rispondere alle prescrizioni di progetto e alle indicazioni fornite volta per volta dalla D.L.
Protezione chimico-fisica
La protezione chimico-fisica consiste nell’applicazione sulla pietra di un film di sacrificio che separi il materiale dall’ambiente, al fine di opporre un’apprezzabile resistenza alla penetrazione dell’acqua, in quanto riduce l’idrofilia dei capillari e della superficie esterna del materiale lapideo. Un ruolo fondamentale è svolto dal solvente in cui sono disciolti i prodotti protettivi; i principali solventi sono: acqua, kerosene e alcoli minerali, tuolene, xilene, acetone, etc. L’aspetto prioritario è che la scelta del protettivo venga compiuta caso per caso in relazione alle caratteristiche del materiale, del manufatto da proteggere e degli agenti aggressivi.
Interventi indiretti e diretti
Per salvaguardare i materiali dagli effetti delle condizioni patogene non eliminabili bisogna prevedere ulteriori livelli di intervento, che possono essere di tipo indiretto o diretto.
Interventi indiretti - a) In condizioni ambientali insostenibili, per esempio per alto tasso di inquinamento chimico dell'aria, un intervento protettivo su manufatti di piccole dimensioni consiste nella loro rimozione e sostituzione con copie. Operazione comunque da sconsigliarsi, perché da un lato priva il manufatto stesso dell'originalità connessa alla giacitura e dall'altro espone le parti rimosse a tutti i rischi (culturali e fisici) legati all'allontanamento dal contesto e alla conseguente musealizzazione. Da effettuarsi esclusivamente in situazioni limite, per la salvaguardia fisica di molti oggetti monumentali, soprattutto se ormai privi (preesistenze archeologiche) di un effettivo valore d'uso.
b) Variazione artificiosa delle condizioni ambientali a mezzo di interventi architettonici (copertura protettiva dell'intero manufatto o di parti di esso con strutture opache o trasparenti) o impiantistici (creazione di condizioni igrotermiche particolari).
Interventi diretti
Le operazioni sopra descritte risultano decisamente valide (ancorché discutibili nelle forme e nei contenuti) ma applicabili solo a manufatti di piccole dimensioni o di grande portanza monumentale; viceversa, non sono praticabili (e neanche auspicabili) sul patrimonio edilizio diffuso, dove è opportuno attuare trattamenti protettivi direttamente sui materiali. Questi possono essere trattati con sostanze chimiche analoghe a quelle impiegate per il consolidamento, applicate a formare una barriera superficiale trasparente e idrorepellente che impedisca o limiti considerevolmente il contatto con sostanze patogene esterne. È sconsigliabile l'impiego, a protezione di intonaci e materiali lapidei, di scialbi di malta di calce, da utilizzare come strato di sacrificio; il risultato è l'occultamento della superficie del manufatto e l'esibizione del progressivo degrado che intacca la nuova superficie fino a richiederne il rinnovo. Da qui il rigetto che nasce spontaneo di fronte a forme di intervento irreversibili o che nascondono la superficie del manufatto sotto uno strato di sacrificio che rende difficile valutare l'eventuale avanzamento e propagarsi del degrado oltre lo strato protettivo.
Anche i protettivi chimici hanno una durata limitata, valutabile intorno alla decina di anni, ma, oltre che per le caratteristiche di trasparenza, sono preferibili agli scialbi in quanto realizzano un ampio filtro contro la penetrazione dell'acqua e delle sostanze che questa veicola. In alcuni casi sono le stesse sostanze impiegate nel ciclo di consolidamento che esercitano anche un'azione protettiva, se sono in grado di diminuire la porosità del materiale rendendolo impermeabile all'acqua.
Le principali caratteristiche di base richieste ad un protettivo chimico sono la reversibilità e l'inalterabilità, mentre il principale requisito prestazionale è l'idrorepellenza, insieme con la permeabilità al vapore acqueo, per consentire la traspirabilità del materiale. La durata e l'inalterabilità del prodotto dipendono innanzi tutto dalla stabilità chimica e dal comportamento in rapporto alle condizioni igrotermiche e all'azione dei raggi ultravioletti. L'alterazione dei composti, oltre ad influire sulle prestazioni, può portare alla formazione di sostanze secondarie, dannose o insolubili, che inficiano la reversibilità del prodotto. I protettivi più efficaci per materiali lapidei naturali ed artificiali, intonaci e cotti appartengono essenzialmente alla classe dei composti organici e dei composti a base di silicio. Secondo le problematiche riscontrate potranno essere impiegati composti organici o composti a base di silicio.
Composti organici
- Polimeri acrilici e vinilici: poliacrilati, impermeabilizzanti per materiali porosi da utilizzare in situazioni limite in quanto riducono fortemente la permeabilità; sotto forma di lattici possono essere impiegati per creare barriere protettive contro l'umidità oppure applicati come mani di fondo per migliorare l'adesività di malte ed intonaci (primer);
- resine poliuretaniche: oltre che come consolidanti, utilizzando l'acqua come reagente si possono impiegare come impermeabilizzanti e sono in grado di creare barriere verticali extramurarie contro infiltrazioni trasformandosi in schiume rigide; è possibile impiegarle insieme a resine acriliche per il completamento della tenuta contro le infiltrazioni d'acqua;
- metacrilati da iniezione: catalizzati ed iniettati si trasformano in gel polimerici elastici capaci di bloccare venute d'acqua dolce o salmastra; sono in grado di conferire tenuta all'acqua a murature interrate o a contatto con terreni;
Composti a base di silicio
- Resine siliconiche: silossani, polisilossani, resine metilsiliconiche diluite con solventi organici; si prestano molto bene per l'impregnazione di manufatti ad alta porosità; da applicarsi su manufatti scarsamente alcalini; saranno da evitare
prodotti ad effetto perlante che in genere possiedono scarsa penetrabilità, possono causare l'effetto lucido, sono spesso causa di eccessivo e concentrato ruscellamento superficiale (veicolo di particellato atmosferico);
- silani: esattamente alchil-alcossi-silani, per le ridotte dimensioni delle molecole del monomero (uguali a quelle dell'acqua) hanno ottima penetrabilità e capacità di trattare superfici umide; devono essere impiegati su supporti alcalini e silicei, risultano pertanto adatti su manufatti in cotto, materiali lapidei e in tufo, intonaci in malta bastarda; da non impiegarsi su marmi carbonatici, intonaci di calce; ottimo l'impiego di alchil-silani idrosolubili per le barriere contro la risalita capillare;
- xxxxx xxxxxx: polimeri reattivi a basso peso molecolare, generalmente alchil- silossani; migliore la penetrazione rispetto alle resine siliconiche, peggiore rispetto alle silaniche; buono l'utilizzo su supporti compatti e scarsamente assorbenti, offrono sufficienti garanzie contro l'aggressione delle soluzioni alcaline;
- organo siliconi: costituiti da molecole di alchil-silani condensate con gruppi idrofili sono solubili in acqua; in assenza di solventi organici risultano atossici; permettono trattamenti di supporti umidi.
Sistemi applicativi
La fase applicativa dei prodotti protettivi richiederà una certa cautela ed attenzione, sia nei confronti del materiale sia per l'operatore che dovrà essere munito di apposita attrezzatura di protezione secondo normativa. In generale i prodotti dovranno essere applicati su supporti puliti, asciutti e privi di umidità a temperature non eccessive (possibilmente su paramenti non esposti ai raggi solari) onde evitare un'evaporazione repentina dei solventi utilizzati. L'applicazione si effettuerà irrorando le superfici dall'alto verso il basso, in maniera uniforme, sino a rifiuto.
In generale i prodotti potranno essere applicati:
- ad airless, tramite l'utilizzo di apposite apparecchiature in grado di vaporizzare il liquido messo in pressione da pompa oleo-pneumatica;
- tramite applicazione a pennello morbido sino a rifiuto, utilizzando i prodotti in soluzione particolarmente diluita, aumentando gradualmente la concentrazione sino ad oltrepassare lo standard nelle ultime mani. Sarà utile alternare mani di soluzione delle resine (se in solvente) a mani di solo solvente per ridurre al minimo l'effetto di bagnato.
Impregnazione con prodotti di silicio
I protettivi a base di silicio sono poco sensibili alle variazioni di temperatura e quindi sono particolarmente resistenti agli stress termici; inoltre hanno una buona elasticità ed ottima idrorepellenza, pur garantendo buona permeabilità al vapore. I più utilizzati tra i diversi protettivi sono gli alchilalcossisilani e i polisilossani, che costituiscono le resine siliconiche propriamente dette. Sono consigliati laddove sia verificato che il degrado interessa principalmente la superficie esterna del materiale; sono invece da evitare, salvo indicazioni diverse di progetto o della D.L., in presenza di risalita capillare dal terreno o per infiltrazione d’acqua da zone non raggiungibili dal protettivo.
I prodotti siliconici vanno applicati in concentrazioni tra il 10-15%; il solvente generalmente più impiegato è il white spirit, oppure il clorotene, mentre è sconsigliato l’acetone. L’applicazione può avvenire a pennello (per piccole aree o riquadri) mentre per superfici ampie l’applicazione può avvenire a spruzzo (airless) a debole pressione.
Poiché tali protettivi possono produrre effetti di lucentezza superficiali, si possono aggiungere sostanze opacizzanti, quali la silice micronizzata o una blanda spazzolatura prima che la superficie sia completamente asciutta. Può inoltre essere efficace soffiare polvere di pietra sulla superficie appena bagnata.
Impregnazione di superfici lapidee con resine acriliche
L’impiego di prodotti acrilici dovrà rispondere a quanto già illustrato negli articoli precedenti del presente Capitolato. In particolare, tra le resine più largamente impiegate vi sono quelle tipo Xxxxxxxx X00, che peraltro ha rivelato limiti notevoli, quali la perdita di idrorepellenza in tempi alquanto brevi, l’elevata predisposizione alla ritenzione di particellato atmosferico e di sporco in genere, la sua non totale reversibilità.
Nel caso di superfici non ben conservate, occorre procedere a trattamenti preliminari di consolidamento localizzato, poiché i fenomeni di sfarinamento, decoesione o distacco rappresentano un pregiudizio sostanziale sull’efficacia dello strato protettivo.
L’applicazione potrà avvenire a pennello, a concentrazioni basse e applicazioni eventualmente ripetute. L’applicazione avverrà possibilmente dopo la stagione calda, ossia con superfici adeguatamente asciutte. L’impiego delle resine acriliche potrà, se richiesto dalla D.L., essere previsto anche nel caso di soffitti lignei.
Per sopperire ai limiti delle resine acriliche sono peraltro state sperimentate le cosiddette resine acrilicofluorurate, che associano buona idrorepellenza, elasticità, filmabilità, potere adesivo, facile applicabilità, alta stabilità chimica, termica e ai raggi UV.
ART. 47 - CONSERVAZIONE E INTEGRAZIONE DEGLI INTONACI
Generalità
Le integrazioni agli intonaci in genere dovranno essere eseguite in stagione opportuna, dopo aver rimossa dai giunti delle murature la malta aderente, ripulita ed abbondantemente bagnata la superficie della parete stessa. Gli intonaci, di qualunque specie siano, non dovranno mai presentare peli, crepature irregolarità negli allineamenti e negli spigoli, o altri difetti. Quelli comunque difettosi o che non presentassero la necessaria aderenza alle murature dovranno essere demoliti e rifatti dall'Appaltatore a sue spese.
La calce aerea da usarsi negli intonaci dovrà essere estinta da almeno dodici mesi per evitare scoppiettii, sfioriture e screpolature, verificandosi le quali sarà a carico dell'Appaltatore fare tutte le riparazioni occorrenti. Ad opera finita l'intonaco dovrà avere uno spessore non inferiore a mm 15.
La realizzazione di nuovi intonaci o delle integrazioni dovranno rispettare le prescrizioni di progetto e le indicazioni della D.L., specialmente per quanto attiene alle caratteristiche della composizione dell’impasto, alla modalità di messa in opera e alla lavorazione di finitura, in relazione alla necessità di contrastare le azioni del fenomeno dell’umidità e alla dovuta compatibilità col substrato e gli intonaci in opera. La composizione della malta potrà prevedere anche l’utilizzo di calce idraulica naturale e/o aggiunte idraulizzanti, come cocciopesto di derivazione non industriale e pozzolana naturale, nonché aggregati selezionati: sabbia silicea, cocciopesto e polvere di marmo. Gli intonaci colorati in pasta di finitura dovranno essere realizzati sulla base di specifiche campionature in situ sottoposte all’esame della D.L., e colorati con l’impiego di terre, ossidi e pigmenti naturali.
Gli spigoli sporgenti o rientranti verranno eseguiti ad angolo vivo oppure con opportuno arrotondamento a seconda degli ordini che in proposito darà la Direzione Lavori. Particolarmente per ciascun tipo di intonaco si prescrive quanto appresso.
Intonaco grezzo o arricciatura - Predisposte le fasce verticali, sotto regola di guida, in numero sufficiente verrà applicato alle murature un primo strato di malta comune detto rinzaffo, gettato con forza in modo che possa penetrare nei giunti e riempirli. Dopo che questo strato sarà alquanto asciutto, si applicherà su di esso un secondo strato della medesima malta che si stenderà con la cazzuola o col frattazzo, stuccando ogni fessura e togliendo ogni asprezza, sicché le pareti riescano, per quanto possibile, regolari.
Intonaco comune o civile - Appena l'intonaco grezzo avrà preso consistenza, si
stenderà su di esso un terzo strato di malta fina, che si conguaglierà con le fasce di guida per modo che l'intera superficie risulti piana ed uniforme, senza ondeggiamenti e disposta a perfetto piano verticale o secondo le superfici degli intradossi.
Intonaci colorati - Per gli intonaci delle facciate esterne, potrà essere ordinato che alla malta da adoperarsi sopra l'intonaco grezzo siano mischiati i colori che verranno indicati per ciascuna parte delle facciate stesse.
Rabboccature - Le rabboccature che occorressero su muri vecchi o comunque non eseguiti con faccia vista in malta o sui muri a secco saranno formate con malta di calce aerea stagionata almeno sei mesi. Prima dell'applicazione della malta le connessure saranno diligentemente ripulite, fino a conveniente profondità, lavate con acqua abbondante e quindi riscagliate e profilate con apposito ferro.
Interventi di conservazione
Gli interventi di conservazione sugli intonaci saranno sempre finalizzati alla massima tutela della loro integrità materica e alla predisposizione degli interventi opportuni a garantire la loro durata in futuro; l'Appaltatore dovrà pertanto evitare demolizioni, rimozioni e dismissioni tranne quando espressamente ordinato dalla
D.L. e solo ed esclusivamente laddove gli intonaci, compiuti i dovuti accertamenti prescritti da progetto o indicati dalla D.L., risultino irreversibilmente alterati e degradati, per eccessiva perdita di capacità legante, inconsistenza, evidenti fenomeni di sfarinamento, decoesione e distacco.
Le operazioni di intervento andranno pertanto effettuate nel massimo rispetto del manufatto e distinguendo in modo chiaro le parti eventualmente ricostruite. I materiali da utilizzarsi per l'intervento di conservazione dovranno essere accettati dalla D.L., possedere le maggiori caratteristiche di compatibilità fisica, chimica e meccanica con l'intonaco esistente ed il suo supporto, garantire adeguata durata e efficacia nei confronti delle patologie da umidità eventualmente riscontrate. Primariamente, dovranno essere compiute tutte le operazioni di preconsolidamento necessarie all’effettuazione delle opere di riadesione, ossia la stuccatura di bordi e punti di discontinuità, il bendaggio di consolidamento delle parti in fase di distacco e la posa di opportuni presidi.
Conservazione e riadesione di intonaci distaccati mediante iniezioni a base di miscele idrauliche
Compiuti gli accertamenti prescritti in merito alle condizioni di conservazione degli intonaci, e redatte le opportune mappature dettagliate delle parti sollevate e decoese (previa battitura manuale, indagine termografica e/o prospezioni ultrasoniche), gli interventi di consolidamento in profondità e riadesione dovranno consentire di ripristinare la condizione di adesività fra intonaco e supporto, sia esso la muratura o un altro strato di rivestimento, mediante l'applicazione o l'iniezione di
una miscela adesiva che presenti le stesse caratteristiche dell'intonaco esistente o sia ad esso adeguatamente compatibile. La scelta dei prodotti da impiegarsi, del loro dosaggio e delle modalità di messa in opera dovrà essere compiuta valutando attentamente le caratteristiche del substrato e degli intonaci in opera, prestando particolare riguardo alla presenza di umidità nelle pareti, alla natura e al tenore dei sali solubili riscontrati, e alle caratteristiche degli intonaci in opera, siano essi quelli “originali” (fascia superiore delle pareti), siano quelli tardo ottocenteschi (fascia inferiore).
Per tali ragioni, sarà obbligo dell’Appaltatore condurre gli accertamenti e gli approfondimenti conoscitivi prescritti da progetto o concordati con la D.L., e quindi procedere alla sperimentazione delle miscele opportune mediante prove da condurre presso laboratori ufficiali e campionature in situ.
In linea generale, la miscela adesiva consolidante dovrà presentare i seguenti requisiti:
a) resistenza meccanica uguale o solo lievemente superiore a quella della malta esistente;
b) porosità simile all’esistente;
c) ottima capacità idraulica;
d) minimo contenuto possibile di sali solubili potenzialmente dannosi per i materiali circostanti;
e) buona plasticità e lavorabilità;
f) basso ritiro per permettere il riempimento anche di fessure di diversi millimetri di larghezza.
Il distacco può presentare buone condizioni di accessibilità (parti esfoliate, zone marginali di una lacuna), oppure può manifestarsi senza soluzioni di continuità sulla superficie dell'intonaco, con rigonfiamenti occultati o percettibili al tocco, alla percussione con martelletto, o strumentalmente (indagini termografiche, ultrasoniche). Nel primo caso la soluzione adesiva può essere applicata a pennello direttamente sulle parti staccate, ravvicinandole al supporto. Nel caso in cui la zona non sia direttamente accessibile, dopo aver ispezionato le superfici ed individuate le zone interessate da distacchi, l'Appaltatore dovrà in primo luogo approfittare delle discontinuità già presenti in superficie, e quindi se necessario eseguire delle perforazioni con attrezzi ad esclusiva rotazione – trapani ad alta velocità con punte molto sottili (come, per esempio, quelle in uso in odontoiatria) — limitando l'intervento alle parti distaccate.
Il foro deve avere diametro compreso tra 2-4 mm. Nel condurre tale intervento, a partire dalla quota più elevata, si dovrà:
- aspirare mediante una pipetta in gomma e cateteri flessibili i detriti della perforazione e le polveri depositatesi all'interno dell'intonaco;
- iniettare con adatta siringa acqua deionizzata o una miscela acqua/alcool all'interno dell'intonaco al fine di pulire le superfici interne alla lente di distacco ed umidificare la muratura;
- stuccare tutti i bordi dell’intonaco, le fessure, i fori e le zone da cui fuoriesce il liquido, al fine di creare una sorta di camera stagna per la lente di distacco;
- applicare all'interno del foro un batufolo di cotone;
- iniettare, attraverso il batufolo di cotone, il prodotto consolidante, ossia una soluzione a base di adesivo acrilico in emulsione (primer), affinché penetri completamente nei capillari, avendo cura di evitare il reflusso verso l'esterno;
- attendere che l'emulsione acrilica abbia fatto presa;
- iniettare, dopo aver asportato il batuffolo di cotone, la malta idraulica prescritta (ad esempio calce aerea stagionata, pozzolana superventilata), eventualmente fluidificata, operando una leggera, ma prolungata pressione sulle parti distaccate