INDICE
Corso di Laurea magistrale (ordinamento ex D.M. 270/2004)
in Amministrazione, Finanza e Controllo Tesi di Laurea
Il Rent to buy: inquadramento civilistico e tributario di una fattispecie in via di definizione
Relatore
Ch. Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxx
Xxxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxx Matricola 822381
Anno Accademico 2015/ 2016
INDICE
INTRODUZIONE | 4 |
Capitolo 1. I CONTRATTI DI GODIMENTO IN FUNZIONE DELLA SUCCESSIVA ALIENAZIONE | |
1.1 Il contratto di locazione di immobili nel diritto tributario italiano | 8 |
1.2 Il regime fiscale delle compravendite | 20 |
1.3 Cenni sui riflessi dell’Imposta Unica Comunale introdotta dalla Legge di Stabilità 2014 | 28 |
1.4 Le diverse tipologie di contratti di godimento in funzione del successivo trasferimento | 33 |
1.4.1 La locazione con opzione d’acquisto | 34 |
1.4.2 La locazione con patto di futura vendita | 40 |
1.4.3 La vendita con riserva di proprietà | 43 |
1.4.4 Il preliminare a effetti anticipati | 48 |
Capitolo 2. LA DISCIPLINA DEL NUOVO ISTITUTO RENT TO BUY | |
2.1 Elementi qualificanti dell’art. 23 del decreto legge n. 133/2014: oggetto e contesto economico | 50 |
2.1.1 Forma e trascrizione del contratto | 57 |
2.1.2 Diritti ed obblighi nascenti dal contratto, inadempimento delle parti e fallimento del concedente o del conduttore | 63 |
2.2 Il regime tributario del rent to buy e la sua evoluzione normativa | 69 |
2.3 Il rent to buy tra diritto civile e diritto tributario: la tassazione | 72 |
per equiparazione | |
2.4 L’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate: la Circolare n. 4/E del 2015 | 78 |
2.4.1 La distinzione del regime impositivo in ambito Iva a seconda dei soggetti coinvolti | 79 |
2.4.2 L’articolo 21, comma 1 del D.P.R. n. 131/1986 e l’applicazione dell’imposta di registro | 81 |
2.4.3 L’applicazione delle imposte dirette | 87 |
CAPITOLO 3. LA LOCAZIONE FINANZIARIA COME TIPOLOGIA RESIDUALE AL GODIMENTO DEI BENI IMMOBILI IN FUNZIONE DELLA SUCCESSIVA ALIENAZIONE | |
3.1 Il rent to buy è contratto ad hoc per la crisi? | 90 |
3.2 Inquadramento del c.d. leasing immobiliare e le novità del leasing abitativo alla luce della Legge di Stabilità 2016 | 94 |
3.3 Il trattamento fiscale del nuovo leasing immobiliare abitativo | 102 |
3.4 Il leasing abitativo 2016, spunto per lo sviluppo o “correzione” legislativa del rent to buy? | 109 |
CONCLUSIONI | 116 |
BIBLIOGRAFIA | 118 |
INTRODUZIONE
Il mercato immobiliare è uno dei settori che hanno risentito maggiormente della crisi economica degli ultimi anni. Nel contesto italiano, dopo una forte crescita avviatasi al termine degli anni novanta, il ciclo immobiliare ha subito una forte inversione di tendenza, fino ad arrivare a una diminuzione delle compravendite superiore al 25% nel 2012.1
Dal 2014 si registra una sensibile ripresa del mercato, confermata sia dall’aumento del numero delle compravendite che da una maggior possibilità offerta dagli istituti di credito nelle erogazioni dei mutui. Tale ripresa – in cui le compravendite si sono stabilizzate a un livello comunque inferiore rispetto alla crescita degli anni novanta – è tuttavia caratterizzata negativamente dai problemi di accesso al credito per quelle fasce della popolazione che nell'ultimo decennio hanno sostenuto la domanda di abitazioni, costituite da famiglie monoreddito, giovani e stranieri.2
Come in altri settori, si presenta il paradosso per il quale sia la domanda abitativa che l’offerta immobiliare rimangono forti, senza che però venga raggiunto un punto di equilibrio; infatti, nonostante il calo significativo dei prezzi delle case – che a partire dal 2012 hanno accumulato una riduzione nel primo biennio del 9,5%, fino ad arrivare al 20% del 2014 –3 gli immobili invenduti aumentano in tutta Italia.4
Le cause di questo stallo sono note, e non sembra questa la sede opportuna per affrontare la problematica in maniera approfondita.5 Semmai, vanno analizzate le possibili strategie per aggirare l’attuale credit crunch che impedisce la ripresa del settore e che preclude l’accesso di molti potenziali investitori ai finanziamenti, intralciando in tal modo il realizzarsi di alcuni principi costituzionali.6
1 SGAMBATO E., Trend di nicchia facilita l’incontro domanda-offerta, in «Il Sole 24 ore», 13 maggio 2013. 2 Cfr. A.A.V.V., Mercato immobiliare, imprese della filiera e credito: una valutazione degli effetti della lunga recessione, in «Questioni di economia e finanza», 2015, 3, 5-6, disponibile online sul sito xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxx.xx.
3 Ivi, 9.
4 FINIZIO M., Casa, l’invenduto pesa di più, in «Il Sole 24 ore», 6 ottobre 2014.
5 Cfr. XXXXXXX X., La casa degli italiani, 2010, Il Mulino, Bologna.
6 Sui principi costituzionali riguardanti l’abitazione, BRECCIA U., Il diritto all’abitazione, 1980, Xxxxxxx, Milano.
In questa prospettiva il mercato immobiliare cerca di evolversi: dall'offerta di nuove abitazioni si tende all'offerta di servizi abitativi; in quest’ultima particolare fattispecie rientra la maggiore disponibilità di case in affitto, nonché il c.d. social housing.7
La diversa tendenza ha spostato l’attenzione degli addetti ai lavori su un binario parallelo alla compravendita: la locazione è stata riscoperta come opportunità d’investimento nel mercato immobiliare, utile a incoraggiarne la ripresa. Gli indizi più evidenti riguardano la crescita della domanda di case in affitto e del relativo mercato; infatti, nonostante il ribasso dei canoni, la domanda trova una sempre più soddisfacente offerta da parte dei proprietari, che hanno optato per la locazione dei propri immobili anche per scongiurare il rischio che restassero vuoti e invenduti.8
Tuttavia, un mercato immobiliare sorretto solamente dalla stipulazione di contratti di locazione non presenta le più rosee prospettive per il lungo termine, anche perché questa situazione rischia di innescare alcuni effetti patologici nel rapporto tra locatore e locatario. Secondo l’analisi svolta da SoloAffitti, un risvolto negativo della situazione è costituito dal potenziale squilibrio del potere contrattuale in favore degli inquilini, i quali, per la semplice condizione di essere buoni pagatori e ben referenziati, potrebbero ottenere significativi sconti sul canone.9
Da parte degli operatori immobiliari, invece, la ricerca di un metodo per risollevare il settore verte sulla ridefinizione di tipologie contrattuali alternative alla classica compravendita; questi istituti che, anche se poco diffusi, sono tuttavia presenti sia nella prassi che nella normativa italiana da molto tempo.10
Alla luce delle sopra esposte considerazioni, con il presente lavoro è stata colta l’opportunità di contribuire a colmare alcune lacune nell’impianto normativo, civilistico- fiscale, del “contratto di godimento in funzione della successiva alienazione”, noto anche come rent to buy.
7 Per un inquadramento generale dell’ambito italiano, in materia di social housing, XXXXXXXX M., Social housing, 2009, Feltrinelli, Milano.
8 Secondo le elaborazioni dell’Osservatorio Immobiliare Italiano sono più di 4 milioni gli immobili rimasti invenduti dal 2013; circa il 70 per cento dei proprietari ha ripiegato sulla locazione; per i dati si veda il sito xxx.xxxxxxx.xx, consultato il 2 marzo 2016.
9 SGAMBATO E., Con il calo dei canoni cresce la spinta a scegliere la locazione, in «Il Sole 24 ore», 5 agosto 2015.
10 Cfr. XXXXXX A., Rent to buy, Help to buy, Buy to Rent, tra modelli legislativi e rielaborazioni della prassi, in
«Contratto e Impresa», 2014, 2, 419-421 e, più in generale, VISINTINI G., Trattato di diritto immobiliare, 2013, CEDAM, Padova.
Difatti, l’esigenza di incentivare questi modelli contrattuali tramite una loro istituzionalizzazione porta il legislatore, con l’art. 23 del D.L. n. 133/2014, il c.d. Sblocca Italia, ad introdurre il rent to buy al fine di risollevare l’andamento del settore immobiliare. Ciò che si delinea dalla lettura dell’art. 23, tuttavia, risulta essere una fattispecie contrattualmente flessibile, tutt’altro che completa e che lascia, suo malgrado, un eccessivo spazio all’interpretazione della norma.
Con il rent to buy, infatti, come sarà illustrato successivamente, si riscontra innanzitutto l’intento e la pretesa del legislatore di introdurre un nuovo contratto tipico, che però, al tempo stesso, risulta caratterizzato dai medesimi meccanismi negoziali dei contratti atipici già diffusi nella prassi immobiliare (in particolare, come la locazione con opzione di acquisto e la locazione con patto di futura vendita), non sempre disciplinati in maniera univoca; di conseguenza, nel difficile processo di “tipizzazione” di tali formule all’interno del rent to buy, emergono tutte le criticità di inquadramento della fattispecie.
La totale mancanza di riferimenti tributari in materia di rent to buy, poi, complica ulteriormente la definizione di uno scenario già di per sé incerto. Si tratta d’altronde di un contratto che, senza mai definirsi esplicitamente in uno di questi modelli, presenta caratteri sia della locazione che della compravendita; quest’ultima attraverso l’esercizio del diritto di opzione oppure con presenza della clausola di trasferimento vincolante. Inoltre, poiché la ratio della norma, a livello civilistico, risulta esclusivamente basata sulla tecnica del rinvio per relationem, per estensione si potrebbe applicare il medesimo criterio per ricostruire il regime impositivo del rent to buy, andando incontro, tuttavia, a una certa incoerenza tra il piano civile e quello tributario.11
In questo scenario, quindi, si inserisce la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 4/E del 19 febbraio 2015, unico riferimento di prassi tributaria presente al momento, che propone, invece, un regime fiscale che accentua la doppia natura del rent to buy, poiché disciplina sistematicamente la fase di godimento, dapprima, e quella del riscatto poi. L’apporto fornito dall’Amministrazione Finanziaria risulta indubbiamente utile nell’inquadramento fiscale della rata, la quale, come da previsione normativa, possiede anche una doppia natura, ovvero di acconto-prezzo e di canone locatizio.
Il presente lavoro, pertanto, nel tentativo di delineare in maniera esaustiva la fattispecie del rent to buy, fornendone spunti pratici, offre dapprima una panoramica
11 Cfr. XXXXXXXX X., Profili fiscali del contratto di rent to buy, in «Rivista di diritto tributario», 2014, 12, 1303 e ss.
delle formule diffuse nella prassi immobiliare, maggiormente accostabili e riconducibili al contratto ex art. 23 del D.L. n. 133/2014; tali modelli saranno illustrati sia dal lato civilistico che da quello fiscale, in seguito a un generale inquadramento tributario della locazione e dei trasferimenti immobiliari, in particolare quelli a destinazione abitativa.
Successivamente, viene trattato il rent to buy, nei termini regolati dall’art. 23 del decreto Sblocca Italia, introducendo e analizzando la già citata questione tributaria, anche alla luce della Circolare dell’Agenzia delle Entrate.
Infine, si affronta il novello leasing immobiliare abitativo, riformato e incentivato fiscalmente dalla recente Legge di Stabilità 2016; nonostante abbia una identità giuridica molto diversa dal rent to buy, questa fattispecie presenta al tempo stesso una forte affinità con il contratto di godimento in funzione della successiva alienazione, con cui condivide in gran parte gli obiettivi di rilancio del mercato immobiliare.
CAPITOLO PRIMO
I CONTRATTI DI GODIMENTO IN FUNZIONE DELLA SUCCESSIVA ALIENAZIONE
1.1 Il contratto di locazione di immobili nel diritto tributario italiano
Le cicliche crisi del mercato immobiliare inducono sempre gli addetti ai lavori alla proposta di strumenti contrattuali alternativi che, in qualche modo, incentivino la ripresa del numero di compravendite. Alla base di queste “nuove” tipologie contrattuali si trova il contratto di locazione, che da strumento di semplice godimento “temporaneo” diventa coadiuvante e preliminare all’accesso alla proprietà; pertanto, prima di analizzare questi istituti occorre darne un generale inquadramento legislativo e, soprattutto, fiscale.
La locazione è il contratto previsto dall’art. 1571 del codice civile «mediante il quale una parte si obbliga a far godere all’altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo verso un determinato corrispettivo»; la causa del contratto, infatti, è proprio nello scambio tra la concessione del godimento del bene e il corrispettivo del godimento.12 Fra i vari tipi possibili la legge ne disciplina due in modo speciale: la locazione di fondi urbani, in cui il conduttore viene denominato inquilino e la locazione che ha per oggetto il godimento di una cosa produttiva, denominata comunemente affitto.
La disciplina del rapporto di locazione è stata oggetto di una complessa legislazione diretta a vincolare in maniera precisa il contenuto del contratto, la durata e l’ammontare del canone; il primo intervento legislativo risale al 27 luglio 1978, con la legge n. 392 – la
c.d. equo canone - limitata alle sole locazioni concernenti gli immobili da destinarsi all’esercizio di un’attività commerciale, artigianale ed industriale.
Successivamente, il decreto legge n. 333 dell’11 luglio 1992, convertito nella legge n. 359 dell’8 agosto 1992, con l’intenzione di integrare la precedente normativa, aveva
12 Sul contratto di locazione, si veda: XXXXXXX F., Diritto Privato, 2015, CEDAM, Padova, 551 e ss.
disposto la progressiva abolizione dei limiti legali sull’equo canone per dare un nuovo impulso al mercato degli immobili urbani a uso abitativo: questo dipendeva dai risultati estremamente negativi che la disciplina aveva causato, presentando gravi distorsioni del settore delle abitazioni.13 La legge sull’equo canone, dunque, aveva portato a una situazione in cui i proprietari preferivano tenere sfitti i propri locali perché non vi era convenienza nel concederli in locazione, ad un canone spesso molto inferiore ai valori di mercato; ne derivò una forte diffusione della c.d. locazione sommersa che tuttora si manifesta intensivamente e rappresenta un grave problema nel settore immobiliare italiano.14
In seguito, il varo della legge n. 431 del 9 dicembre 1998 ha nuovamente disciplinato la materia delle locazioni degli immobili adibiti ad uso abitativo, prevedendo che le parti possano stipulare contratti di durata quadriennale, rinnovabili tacitamente e rinegoziabili almeno sei mesi prima dalla seconda scadenza15 o, in alternativa, la possibilità di stipulare contratti in conformità agli accordi-tipo definiti in sede locale con le organizzazioni dei conduttori.16
L’intera disciplina della locazione, quindi, risulta modellata dalle disposizioni delle leggi speciali del 1978 e del 1998; della norma dettata dal codice civile restano i lineamenti essenziali dell’istituto:
- «il contratto non può stipularsi per un tempo eccedente i trent’anni», di cui all’art. 1573, c.c., salvo alcune eccezioni;17
- la locazione con durata superiore a nove anni e le anticipazioni del corrispettivo con durata superiore ad un anno sono ritenuti atti eccedenti l’ordinaria amministrazione18 e pertanto devono essere conclusi per atto
13 Sulla progressiva abolizione della legge sull’equo canone, si rimanda a: DI MARZIO M., XXXXXXX F., Le locazioni ad uso abitativo, 2012, Xxxxxxx, Milano, 65 e ss.
14 Cfr. XXXXXXXXX X., I redditi immobiliari e la lotta al sommerso, in «Corriere Tributario», 2004, 42, 3289 e ss; Problemi «aperti» su immobili e lotta al sommerso, in «Corriere Tributario», 2005, 4, 290 e ss.; D’ORSOGNA F.P., I redditi e le locazioni immobiliari nel nuovo regime introdotto con la Finanziaria 2005, in
«Il Fisco», 2005, 4, 515; XXXXXXX M., Finanziaria 2005 e lotta all'evasione nelle locazioni immobiliari, in «Il Fisco», 2005, 8, 1143.
15 Art. 2, comma 1, della legge n. 431/1998.
16 Art. 2, comma 3, della legge n. 431/1998.
17 Nel caso di un immobile ad uso abitativo, la locazione si può stipulare per un tempo pari alla durata della vita dell’inquilino e per due anni successivi alla sua morte (art. 1607 c.c.). Per l’affitto di fondi rustici destinati al rimboschimento la durata del contratto può raggiungere un tempo massimo di novantanove anni (art. 1629 c.c.).
18 Art. 1572 c.c.
pubblico o per scrittura privata autenticata in capo all’art. 1350 c.c., nonché resi pubblici mediante trascrizione, ai sensi dell’art. 2643 c.c.;
- il sorgere di obbligazioni, sia per il locatore che per il locatario: il primo, infatti, ai sensi dell’art. 1575, c.c., è tenuto a «consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione, mantenerla in stato da servire all’uso convenuto e garantirne il pacifico godimento durante la locazione»; il conduttore, a sua volta, è tenuto a «prendere in consegna la cosa, oggetto del godimento, e osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsene per l’uso determinato nel contratto e a dare il corrispettivo nei termini convenuti»;
- il contratto si scioglie o per scadenza del termine pattuito,19 oppure per recesso convenzionale o legale;20
- la locazione si considera rinnovata se, scaduto il termine, il conduttore è lasciato nella detenzione della cosa locata; la nuova durata è uguale a quella stabilita per le locazioni a tempo determinato.21
La disciplina risulta quindi vasta e presenta altresì un’innumerevole possibilità di casistiche che offrono diverse opportunità di analisi.22 Per quanto riguarda il trattamento fiscale, di conseguenza, presenta diverse fattispecie a seconda del tipo di imposta, di immobile o della natura dei contraenti.
Relativamente al versante dell’imposizione diretta, il rapporto di locazione è visto come «fonte di reddito o come costo di produzione»;23 infatti, mentre per il locatore i corrispettivi conseguiti costituiscono un reddito effettivo da assoggettare a tassazione diretta, Irpef o Ires,24 per il locatario il canone assume rilevanza come spesa deducibile
19 Art. 1596 c.c.
20 È legale, ad esempio, quello che spetta all’inquilino che sia impiegato della pubblica amministrazione, in caso di suo trasferimento d’ufficio (art. 1613 c.c.), nonché quello che spetta agli eredi nel caso di morte dell’inquilino, se la locazione deve durare ancora per più di un anno ed è stata vietata la sublocazione (art. 1614 c.c.).
21 Art. 1597 c.c., combinato con gli artt. 28 della legge n. 392/1978 e 2 della legge n. 431/1998.
22 Sulla locazione e sul rapporto con altri istituti, si vedano: CATELANI G., Manuale della locazione, 2001, Xxxxxxx, Milano; CUFFARO V., Della locazione: disposizioni generali, 2014, Xxxxxxx, Milano; XXXXXXXXX M., XXXXXX A., La locazione: disciplina generale, le locazioni abitative, 1993, Xxxxxxx, Milano; XXXXX G., La locazione ad uso abitativo, 1984, XXXXX, Padova; GRASSELLI. G., La locazione di immobili: nel codice civile e nelle leggi speciali, 1999, CEDAM, Padova; XXXXXXX C., La nuova disciplina delle locazioni abitative: la locazione di immobili urbani, 1999, CEDAM, Padova; MICCIO R., La locazione, 1980, UTET, Torino; MIRABELLI G., La locazione, in «Trattato di Diritto Civile italiano», 1972, UTET, Torino.
23 BAUSILIO G., Contratti tipici: applicazioni particolari e trattamento fiscale, 2004, CEDAM, Xxxxxx, 000.
24 Ai sensi del Testo Unico delle Imposte Dirette, D.P.R. n. 917 del 1986.
solo se inerente alla produzione del reddito. La regolamentazione della locazione in campo di imposte dirette risulta abbastanza agevole e limitata nelle casistiche: infatti, ai fini di tale imposizione, i corrispettivi percepiti relativi ad un contratto di locazione costituiscono per il locatore-persona fisica un reddito assoggettabile ad Irpef.
Ad esclusione dell’ipotesi in cui il reddito da locazione viene prodotto nell’ambito del reddito di impresa,25 negli altri casi esso rientra nella categoria dei redditi fondiari, che comprende sia i redditi dominicali ed agrari che i redditi dei fabbricati, ai sensi dell’art. 25, comma 2, del T.U.I.R.
L’imposizione immobiliare, in ambito del rapporto di locazione fa riferimento quindi al reddito dei fabbricati, disciplinato dagli artt. 36 e ss. del D.P.R. n. 917/1986; tuttavia, il reddito che il locatore-persona fisica consegue è tassato tramite due diversi regimi di imposizione, uno ordinario con attribuzione delle aliquote progressive Irpef previste all’art. 11 del citato T.U.I.R. ed applicabile a qualunque tipo di immobile e l’altro agevolato, riservato esclusivamente alle unità immobiliari ad uso abitativo e tassato con imposta sostituiva all’Irpef in misura proporzionale.
Il reddito da locazione va dichiarato anche se non parzialmente o totalmente percepito, ad eccezione dei casi in cui la morosità sia stata accertata con provvedimento giudiziario, ex art. 8, comma 5, della L. n. 431/1998.
La norma, poi, prevede che per taluni conduttori titolari di contratti di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale, conclusi ai sensi della legge n. 431/1998, sono previste detrazioni Irpef, qualora ricorrano i presupposti indicati dall’art. 16 del T.U.I.R.26
Per la determinazione del reddito dei fabbricati concessi in locazione si fa riferimento al canone annuo indicato nel contratto; più precisamente il reddito imponibile, da assoggettare a tassazione ordinaria Irpef, viene determinato assumendo il maggiore tra il canone di locazione, al netto della riduzione forfetaria stabilita ex lege27 e
25 Cfr. artt. 55 e 72 e ss. del Testo Unico.
26 Agli inquilini di unità immobiliari spetta una detrazione d’imposta pari a: €300, se hanno un reddito complessivo fino a €15.493,71; €150, se hanno un reddito complessivo oltre €15.493,71 ma non superiore a €30.987,41. La detrazione è incrementata rispettivamente ad €495,80 ed €247,90 se il contratto è stipulato o rinnovato ai sensi degli artt. 2, comma 3, e 4, comma 2 e 3, della legge n. 431/1998 (contratti convenzionati con canoni stabiliti negli accordi tra le parti sindacali). Il beneficio non spetta alle abitazioni locate all’estero.
27 Ai sensi del comma 74 dell’art. 4 della legge n. 92/2012, la riduzione forfetaria è del 5 per cento.
la rendita catastale rivalutata del 5 per cento. Inoltre, l’imponibile Irpef varia in base al tipo di contratto stipulato, e precisamente:
- se trattasi di contratti stipulati ex art. 2, comma 1, della legge n. 431/1998, il reddito imponibile è quello corrispondente al canone annuo di locazione, ridotto del 5 per cento a titolo forfetario;28
- nei contratti invece conclusi in regime di convenzione, ex art. 2, comma 3, della L. 431/1998, l’art. 37 T.U.I.R. combinato con l’art. 8, comma 1, della medesima legge, dispone che per le unità ad uso abitativo la riduzione del reddito da assoggettare ad Irpef venga ridotto ulteriormente del 30 per cento;29
L’art. 37 non specifica a che titolo viene concesso tale abbattimento;30 tuttavia sembra plausibile definirlo come una sorta di risarcimento forfetario, di misura maggiore nei contratti agevolati riconosciuto al proprietario, per compensare le spese di mantenimento dell’immobile.31
L’altro regime di imposizione diretta, facoltativo e alternativo a quello ordinario appena descritto, ha fatto ingresso nella normativa grazie all’art. 3 del decreto legislativo n. 23 del 2011, che prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva proporzionale, la cosiddetta cedolare secca; questa introduce nella norma un sistema agevolato di tassazione del reddito, applicabile solamente agli immobili locati per finalità abitative.32
28 Sempre nell’art. 37 TUIR, comma 4-bis, si dispone che la riduzione è elevata al 25 per cento per i fabbricati situati nella città di Venezia centro e nelle isole della Giudecca, di Murano e di Burano.
29 Il contratto di locazione abitativa in questione deve riguardare un’abitazione in uno dei Comuni ad alta tensione abitativa (D.l. 551/1988) e deve essere conforme alle disposizioni sui contratti vincolati ai sensi degli artt. 2, comma 3 e 5, e 5, comma 1, della legge n. 431/1998.
30 Sul punto: TOSI L., Le predeterminazioni normative nell’imposizione reddituale, 1999, Xxxxxxx, Milano, 192.
31 Cfr. XXXXXXXXXXX M., I redditi fondiari, in «Giurisprudenza sistematica di diritto tributario. Imposta sul reddito delle persone fisiche», 1994, UTET, Torino, 210.
32 Sull’introduzione della cedolare secca nella normativa italiana: CAPITANI S., LUPI R., Xxxxxx sulla tassazione sostitutiva delle locazioni ovvero “dalle persone alle case”, in «Dialoghi Tributari», 2010, 3, 317; BIANCHI F., XXXX R., XXXXXXXX TESTA G., Cedolare secca tra carota e bastone, in «Dialoghi Tributari», 2011, 3, 298; XXXXXXX R., Registrazione della locazione e contrasto all’evasione: un coordinamento difficile, in
«Corriere Tributario», 2010, 44, 3689; CARPENTIERI C., Come decidere se optare o meno per la nuova cedolare secca sugli affitti, in «Corriere Tributario», 2011, 14, 1115; XXXXXXXX TESTA G., Cedolare secca sugli affitti: prime osservazioni dopo il provvedimento attuativo, in «Corriere Tributario», 2011, 18, 1457; FASANO N., La cedolare secca sulle locazioni di immobili abitativi, in «Il Fisco», 2011, 15, 2307; CAPOLUPO S., La cedolare secca sui canoni di locazione, in «Il Fisco», 2011, 16, 2498 e ss; Risvolti contrattuali della cedolare secca, in «Corriere Tributario», 2011, 27, 2164; XXXXXXXXX L., La nuova imposta sostitutiva (cd.
Il sistema della cedolare secca prevede un’imposta fissa applicabile al canone annuo
«sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro e di bollo sul contratto di locazione; vengono sostituite anche le imposte di registro e di bollo sulla risoluzione e sulle proroghe del contratto di locazione»;33 sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti la cedolare secca si applica in ragione di un'aliquota del 19 per cento per i contratti a canone libero, aumentata al 21 per cento dal 2012 in poi, mentre per i contratti di locazione a canone concordato è stata fissata come imposta dovuta il 10 per cento del canone annuo.
Nel regime opzionale della tassazione con cedolare secca risultano effettivamente sussistere dei vantaggi tributari per il locatore, anche se la valutazione sulla convenienza è complessa e non si può basare esclusivamente sul confronto tra le aliquote della sostitutiva con quelle Irpef, progressive per scaglioni di reddito. La riduzione forfetaria del reddito da locazione, benché diminuita dal 15% al 5%, ha comunque incentivato il sistema della cedolare secca:34 infatti, è presumibile che i contribuenti con redditi medio-bassi debbano rivedere i calcoli di convenienza già effettuati nel passato, ponendo a confronto la perdita degli adeguamenti Istat, l'esonero dal registro del 2% e l'incremento del carico Irpef, elementi tutti da mettere in conto per l’eventuale opzione.35
La valutazione in sede di contratto deve considerare altresì che la base imponibile risulta maggiore rispetto a quella del reddito da locazione assoggettato ad Irpef; infatti, il canone annuo nel caso della cedolare secca non subisce alcuna delle riduzioni previste dal T.U.I.R., né l’abbattimento forfetario previsto per gli immobili concessi in locazione né, tantomeno, la deduzione aggiuntiva prevista per i contratti agevolati nei Comuni ad alta tensione abitativa. Pertanto, si può ritenere che il diverso regime opzionale è maggiormente conveniente per i soggetti con redditi marginali molto elevati.
“Cedolare secca”) sulle locazioni abitative, in «Bollettino Tributario», 2011, 8, 581; Assetto sanzionatorio “afflittivo” per il regime della cedolare secca, in «Corriere Tributario», 2011, 27, 2174.
33 Come disposto dall’art. 3, comma 2, del decreto legislativo n. 23/2011.
34 La riduzione dell’abbattimento forfetario al 5% ruota attorno al già citato art. 37 del T.U.I.R. e in particolare al comma 4-bis, oggetto di modifica ad opera della legge n. 92/2012, con decorrenza dal periodo d'imposta 2013 e con l'intento di reperire maggiori risorse per il finanziamento dei nuovi istituti introdotti o modificati nell'ambito della legislazione sul lavoro.
35 PELLEGRINO S., Con la deduzione al 5% cambia la convenienza, in «Il Sole 24 ore», 7 gennaio 2013.
Con l’introduzione della cedolare secca, l’intento del legislatore era infatti quello di contrastare il fenomeno della locazione sommersa, da sempre, come accennato, una grossa spina nel fianco del settore immobiliare italiano.36
In campo di locazioni, l’iter normativo per la lotta all’evasione è stato caratterizzato da numerose proposte e modifiche di strumenti di accertamento, che tuttavia non hanno sempre avuto l’esito sperato.37
La nuova strategia del regime opzionale della cedolare secca cerca di snellire l’attività di accertamento da parte dell’Amministrazione Finanziaria con lo scopo di offrire, sulla falsa riga di altri strumenti anti-evasione, un “rientro agevolato” nel radar del Fisco.38 Poiché l’evasione immobiliare è un fenomeno maggiormente radicato nei rapporti tra privati, persone fisiche, sul piano della teoria della tassazione è importante rilevare che l’intervento legislativo non è caduto nella trappola secondo cui «tutti gli
36 Secondo le stime del Sunia, come già ricordato, i contratti di affitti in nero sarebbero pari al 40% del totale. Se da questo 40% si eliminassero tutti quei contratti in cui l’inquilino è un ente o un operatore economico interessato all’emersione del rapporto, probabilmente la percentuale raddoppierebbe. Per il report completo, si rimanda al sito xxx.xxxxx.xx/xxxxxxxxx/00000/xx00xx0x-000x-0000-x000- eb944517a5fb, consultato il 2 marzo 2016.
37 Sul tema dell’evasione fiscale in campo immobiliare esiste una vasta bibliografia; si ricordano soltanto: ATTARDI C., Il valore normale degli immobili come criterio di accertamento, in «Il Fisco», 2008, 26, 466; BEGHIN M., L’elusione tributaria tra clausole generali e disposizioni correttive: alcune chiavi lettura della vigente disciplina, in «Il Fisco», 2002, 24, 3804; L’elusione fiscale tra presupposti applicativi, esimenti, abuso del diritto ed “esercizi di stile”, in «Rivista di Diritto Tributario», 2008, 5, 338; L’abuso e l’elusione fiscale tra le regole “scritte”, giustizia tributaria e certezza del diritto, in «Corriere Tributario», 2012, 17, 1298; XXXXXXXX X., XXXXXXXX L.A., Evasione fiscale e nuove tipologie di accertamento: una introduzione all’analisi economica, in «Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze», 2004, 1, 3; BLASILLI G., Locazioni di immobili tra regole di tassazione e criteri di accertamento, in «Corriere Tributario», 2005, 12, 926; BORGOGLIO A., La comunitaria 2008 pone fine agli accertamenti immobiliari basati sui soli valori OMI, in «Il Fisco», 2009, 35, 5277; CAPOLUPO S., Accertamento immobiliare tra principio di economicità e libertà di iniziativa economica, in «Il Fisco», 2011, 7, 1027; DE XXXX X., Per il contrasto all’evasione immobiliare nuove attribuzioni all’Agenzia del Territorio, in «Corriere tributario», 2010, 33, 2688; DE MITA E., Solo la semplificazione delle norme tributarie può contrastare l’evasione fiscale, in «Corriere Tributario», 2011, 1, 63 e ss.; DEOTTO D., Regole per gli accertamenti sui trasferimenti immobiliari, in «Corriere Tributario», 2007, 1, 8; XXXXXXX, op. cit.; XXXXXXX M., op. cit.; XXXXXXXX G., Accertamenti immobiliari alla ricerca di una disciplina uniforme, in «Il Fisco», 2010, 23, 3593; GALLO F., Prime riflessioni su alcune recenti norme antielusione, in «Diritto e Pratica Tributaria», 1992, 1, 1762; Brevi spunti in tema di elusione e frode alla legge, in «Diritto e Pratica Tributaria», 1992, 1; XXXXXXXXX, op.cit.; XXXX R., Evasione fiscale. Paradiso e inferno, 2008, Ipsoa, Milano; RENDINIELLO L., Rilevanza del valore normale nell’accertamento dei trasferimenti immobiliari, in «Il Fisco», 2011, 8, 1269; RUSSO P., Brevi note in tema di disposizioni antielusive, in «Rassegna Tributaria», 1999, 1, 68; TABELLINI P. M., L’elusione della norma tributaria, 2007, Xxxxxxx, Milano.
38 Cfr. XXXXXXXX L., XXXXXXXX L.A., op. cit., 3; DE XXXX X., op. cit., 63.
immobili sono uguali».39 Infatti, la norma è indirizzata prettamente ai soggetti privati, piuttosto che quelli operanti in regime d’impresa: questi ultimi, difatti, «hanno una visibilità molto maggiore in quanto al conduttore conviene segnalare il rapporto sia per regolarità amministrativa, che per dedurre il canone dal reddito»;40 di contro, considerato che per i soggetti privati non esiste la possibilità di dedurre i canoni di locazione,41 la cedolare secca è «uno strumento per “isolare” una forma di difficile accertamento, in quanto estranea al circuito aziendale».42 In particolare, il regime di emersione prevede la possibilità per l’inquilino – conduttore di un contratto di locazione non registrato – di “auto-denunciarsi” all’Agenzia delle Entrate e, quindi, di regolarizzare il contratto. In merito, il comma 8 dell’articolo 3 del citato D.lgs. n. 23/2011 prevede che ai contratti di locazione, comunque stipulati, ma non registrati entro il termine di legge si applica “la seguente disciplina: a) la durata della locazione è stabilita in quattro anni a decorrere dalla data di registrazione, volontaria o d’ufficio; b) al rinnovo si applica la disciplina di cui all’articolo 2, comma 1, della citata legge n. 431 del 1998; c) a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione è fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l’adeguamento, dal secondo anno, in base al 75 per cento dell’aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai. Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti”.
I commi 8 e 9 del già citato art. 3, previsti come strategia per incentivare la regolarizzazione dei contratti, sono stati tuttavia oggetto di un controverso giudizio della Corte Costituzionale, la quale - con sentenza n. 50/2014 - ne ha dichiarato l’incostituzionalità poiché «la norma esorbita dal principio stabilito dal legislatore delegante che impone il rispetto dello statuto del contribuente mentre con tale norma si incide sull'art. 10, comma 3, di tale legge di principio». Anche il successivo D.L. n. 47/2014, il c.d. “Piano casa” - che stabiliva che gli effetti dei contratti annullati dalla pronuncia della Corte Costituzionale fossero “congelati” fino al 31 dicembre 2015 - è stato ritenuto contrastare con i principi costituzionali e ne è stata dichiarata
39 CAPITANI S., XXXX X., Tassazione sostitutiva per le locazioni abitative: L’aquila per noi, in «Dialoghi Tributari», 2010, 1, 90.
40 Ibidem.
41 Cfr. DETTORI C., XXXX R., XXXXXXXX TESTA G., Cedolare secca e contrasto di interesse “inquilino- proprietario”: un primo bilancio di due provvedimenti da non confondere, in «Dialoghi Tributari», 2013, 1, 56 e ss.
42 CAPITANI S., XXXX R., op. cit., 318.
l’incostituzionalità con sentenza n. 169/2015.43 In seguito a questo percorso, si inserisce il nuovo art. 13 della L. 431/1998, modificato dalla Legge di Stabilità 2016, ove al quarto comma stabilisce che i conduttori al momento della registrazione del contratto, se hanno versato il canone pari al triplo della rendita catastale, non sono tenuti ad un diverso o maggior canone per il periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore del D.lgs. 23/2011 e la data della pronuncia di incostituzionalità.44
Come già evidenziato, l’applicazione del regime opzionale di tassazione agevolata porta con sé alcuni vantaggi, soprattutto in termini di semplificazione e di riemersione della base imponibile.45 Le novità introdotte sembrano aver portato dei notevoli benefici al contribuente ed uno snellimento della attività di controllo dell’Amministrazione Finanziaria; tuttavia, l’effettiva convenienza economica nell’eventuale scelta di questo regime di tassazione deve considerare anche il trade-off tra gli obblighi derivanti e i rischi sanzionatori rispetto a quello tradizionale, nonché la non coincidenza della base imponibile su cui vengono applicate le aliquote d’imposta; inoltre in taluni casi l’aliquota progressiva marginale Irpef può risultare di gran lunga maggiore rispetto all’aliquota dell’imposta sostitutiva. Difatti, anche la tassazione sostitutiva è stata oggetto di critiche, in particolar modo per l’iniquità del trattamento fiscale rispetto ad altri redditi, che invece rimangono quasi sempre intrappolati nella progressività delle aliquote Irpef.46
Il regime della cedolare secca, quindi, non avrebbe confermato le aspettative attese. Al momento dell’introduzione delle nuove disposizioni, alcune stime ne avevano constatato l’inefficacia e la debolezza, ipotizzando una significativa diminuzione del gettito per effetto della riduzione dell’aliquota d’imposta;47 cosi come la strategia di riemersione delle locazioni in nero, anche a causa delle già citate sentenze della Corte Costituzionale, non ha avuto l’effetto sperato, non riuscendo a compensare il minor gettito.
La trattazione dell’imposizione indiretta ha risvolti più articolati rispetto a quella fin qui esaminata. Relativamente all’Imposta sul Valore Aggiunto, la norma generale
43 Redazione, Canone di locazione in nero: il nuovo art. 13, l. 431/98, consultato su
xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxx/xxxxxxx.xxx?xxx000 il 18 giugno 2016
44 CAPITANI S., XXXX R., op. cit., 318.
45 Cfr. CARPENTIERI X., op. cit., 1115;
00 Xxx. XXXXXXXX X., XXXX X., , op. cit., 319.
47 L’analisi compiuta dall’Associazione dei Comuni Italiani (ANCI) affermava che tra minori entrate Irpef, addizionali regionali e comunali, l'introduzione della cedolare secca avrebbe comportato nel 2011 un minore gettito in termini di competenza di 3,38 miliardi di euro.
prevede che le locazioni di immobili effettuate da soggetti Iva nell’esercizio di impresa costituiscono prestazioni di servizi imponibili,48 escluso il caso degli immobili ubicati all’estero, per carenza o difetto del requisito della territorialità ai sensi dell’art. 7-ter del
D.P.R. n. 633/1972.49 Le locazioni di immobili rientranti nel campo Iva hanno per oggetto esclusivamente:
- aree edificabili;
- aree non edificabili, purché destinate a parcheggio di autoveicoli;
- fabbricati a destinazione abitativa, comprese le pertinenze, le scorte e i beni mobili destinati durevolmente al servizio degli immobili locati;
- fabbricati strumentali “per natura”.
Generalmente, l’imposizione Iva delle locazioni di immobili prevede il regime di esenzione dall’imposta con delle eccezioni, come disposto dall’art. 10 del decreto 633 del 1972; il suddetto articolo ha subito delle modifiche in seguito all’introduzione del decreto legge n. 83 del 2012, il quale, dopo una serie di interventi precedenti, ha introdotto nuove ipotesi in cui le locazioni, generalmente esenti, sono assoggettabili ad Iva per opzione.
Difatti, per i fabbricati abitativi, fermo restante il regime di esenzione,50 la norma Iva prevede la facoltà di applicare l’imposta alle operazioni per le quali nel relativo atto il locatore abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione:
- «di fabbricati abitativi effettuate dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, interventi di ripristino»; opzione riservata alle imprese costruttrici e/o di ripristini di fabbricati;
- «di fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali come definiti dal Decreto Ministeriale del 22 aprile 2008»; regime che può essere esercitato a prescindere dalle caratteristiche soggettive del locatore.
48 Come disposto dall’art. 3 del D.P.R. n. 633/1972.
49 Il comma 1 dispone infatti che «le prestazioni di servizi si considerano effettuate nel territorio dello Stato: quando sono rese a soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato; quando sono rese a committenti non soggetti passivi da soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato».
50 L’art. 10 del D.P.R. 633/1972 elenca le fattispecie di locazione esenti per definizione: a) terreni ed aziende agricole; b) aree diverse da quelle destinate a parcheggio di autoveicoli, per le quali gli strumenti urbanistici non prevedono l’utilizzazione edificatoria; c) fabbricati abitativi e strumentali.
La scelta di optare o meno per l’imponibilità riservata al locatore è valutata in relazione al meccanismo del cosiddetto pro-rata e sulla relativa convenienza data dalla diminuzione della base di calcolo della detraibilità sull’Iva a credito.51
Per l’impresa locatrice che abbia deciso di optare per il regime di imponibilità Iva, tecnicamente, si prospettano solo vantaggi o, alla peggio, effetti neutrali; nell’eventualità che per il locatore non si generino problemi di pro-rata Iva, potrebbe essere conveniente mantenere il regime d’esenzione per non apportare costi maggiori al conduttore. Tuttavia, qualora il locatore abbia dei vantaggi nell’optare per l’imponibilità, la scelta dell’esercizio o meno dell’opzione potrà influire nella trattativa tra le parti ed eventualmente riflettersi sull’ammontare dei canoni.52
Nella locazione dei fabbricati strumentali, oltre all’esenzione di default, la facoltà di rendere obbligatoriamente imponibile ad Iva il canone non dipende più dalla natura del conduttore,53 ma è consentito applicare l’aliquota ordinaria a qualsiasi soggetto passivo, uniformando la regola con quella delle altre tipologie di fabbricato.54
La disciplina dell’Imposta sul Valore Aggiunto ruota attorno al c.d. principio dell’alternatività55 rispetto all’Imposta di Registro.
La locazione aventi per oggetto immobili costituiscono operazioni sempre assoggettabili al pagamento dell’imposta di registro, ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. n. 131 del 1986; tuttavia, nei casi in cui le locazioni siano state optate come imponibili ai fini Iva, interviene l’art. 40 del testo unico sull’imposta di registro che ne dispone l’alternatività tra le due imposte. Conseguentemente, per le operazioni soggette ad Iva, si applicherebbe l’imposta di registro in misura fissa.
51 Ai sensi dell’art 19-bis del D.P.R. 633/1972, la percentuale di detrazione è determinata in base al rapporto tra l’ammontare delle operazioni che danno diritto a detrazione e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti.
52 Cfr. CACCIAVILLAN F., La fiscalità delle operazioni immobiliari delle imprese, 2011, Eutekné, Torino, 120.
53 In particolare, la norma si riferiva ai soggetti che non agiscono nell’esercizio di impresa, arte o professione, e i soggetti che svolgono prevalentemente un’attività che dà diritto alla detrazione pari o inferiore del 25 per cento.
54 La distinzione tra fabbricati abitativi e strumentali si basa sulla valutazione catastale, a prescindere da loro effettivo utilizzo: i primi sono quelli classificati nel gruppo catastale A, esclusa A/10, mentre gli altri sono classificati nei gruppi catastali B, C, D, E e A/10.
55 Per un’analisi più approfondita del principio di alternatività, si rimanda a: NASTRI M.P., Il principio di alternatività tra imposta sul valore aggiunto e imposta di registro, 2012, Xxxxxxxxxxxx, Torino; e più in generale sull’imposta di registro: FRANSONI G., L’imposta di registro fra tradizione ed evoluzione, in
«Rassegna Tributaria», 2013, 5, 955 e ss.
Il criterio adottato dal legislatore sarebbe quello di assoggettare a imposta di registro fissa tutte le operazioni imponibili Iva, per opzione o meno, e applicare il registro proporzionale solo nel caso di locazioni esenti; con ciò si potrebbe supporre che le locazioni esenti, ai sensi dell’art. 10 del Decreto Iva, possano essere considerate suscettibili dell’applicazione in misura fissa della imposta di registro, in quanto trattasi di operazioni rientranti nel regime Iva. Invece, limitatamente alle locazioni immobiliari, la disciplina dell’imposta di registro nelle operazioni esenti si conforma a quella dei soggetti privati - fuori campo Iva - applicando l’imposta in misura proporzionale.56
Il principio di alternatività, quindi, prevede l’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa nei casi in cui il soggetto Iva ha la facoltà (o l’obbligo, nei pochi casi previsti) di optare per l’imponibilità, altrimenti si calcola sempre in maniera proporzionale.
Tale principio trova tuttavia una deroga per le locazioni di immobili strumentali, assoggettate ad Iva per opzione, per le quali l’imposta di registro si applica proporzionalmente.57
Riguardo l’entità dell’imposta da applicare al contratto da registrare si rimanda alla Tariffa allegata al D.P.R. n. 131/1986;58 ai sensi dell’art. 5 del T.U.R., «sono soggetti a registrazione in termine fisso gli atti indicati nella parte prima della tariffa e in caso d’uso quelli indicati nella parte seconda». L’obbligo di registrazione del contratto può manifestarsi in caso d’uso, quando l’atto non deve essere presentato per la registrazione entro un termine determinato dalla legge, ma soltanto nell’ipotesi in cui venga depositato per essere acquisito agli atti presso le cancellerie giudiziarie, o presso le Amministrazioni Pubbliche dello Stato e degli enti pubblici territoriali.59
I contratti di locazione immobiliare, espressamente contemplati dalla Tariffa allegata al T.U.R., «se non formati per atto pubblico o scrittura privata autenticata, di durata non superiore a trenta giorni complessivi», sono soggetti a registrazione soltanto in caso d’uso (salvo registrazione volontaria); nel caso in cui gli stessi contratti siano stipulati per una durata superiore ai trenta giorni, allora si applicherà il termine fisso.
56 XXXXX X., Manuale dell’imposta di registro, 1999, Ipsoa, Milano, 591 e ss.
57 L’aliquota, nei casi di fabbricati strumentali, scende dal 2 all’1 per cento.
58 L’art. 5, comma 1, della parte I della Tariffa allegata al TUR dispone che l’imposta proporzionale può essere: a) in misura pari al 0,5 per cento dei canoni di locazione pattuiti, se il contratto ha per oggetto fondi rustici; b) pari all’1 per cento dei canoni pattuiti, se il contratto ha per oggetto fabbricati strumentali per natura; c) pari al 2 per cento dei canoni di locazione, nei casi rimanenti. L’imposta fissa invece è applicata, attualmente, nella misura di € 200.
59 Come previsto dall’art. 6 del D.P.R. n. 131/1986.
Nelle operazioni di locazione immobiliare che risultano rilevanti ai fini Iva, la registrazione esclusivamente al caso d’uso invece che con il termine fisso risulta derogata dall’art. 5, comma 2, in tema di alternatività tra Iva e registro; il disposto infatti afferma che «le scritture private non autenticate sono soggette a registrazione in caso d’uso se tutte le disposizioni in esse contemplate sono relative ad operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto […], ad eccezione delle operazioni esenti e imponibili ai sensi dell’art. 10, primo comma, numeri 8, 8-bis, 8-ter, del D.P.R. 633/72». Poiché tutte le fattispecie di locazione sono praticamente elencate all’art. 10, appare evidente che il termine fisso sia la regola generale;60 l’esigenza di un termine fisso per qualsiasi contratto di locazione di una durata superiore a trenta giorni, anche se soggetti ad Iva, pare soddisfatta e definitivamente disciplinata dalla Risoluzione n. 480 del 17 dicembre 2008 dell’Agenzia dell’Entrate che afferma «i contratti di locazione di immobili abitativi sono soggetti all'obbligo di registrazione nel termine fisso di 30 giorni, con assolvimento dell'imposta di registro in misura proporzionale del 2% per le locazioni esenti, in misura fissa di 168 euro [elevato poi a 200 euro] per quelle imponibili».
1.2 Il regime fiscale delle compravendite immobiliari
Il passo successivo all’inquadramento del rapporto di locazione in un’ottica di analisi dei contratti di godimento finalizzati alla vendita deve essere indirizzato verso la disamina del regime fiscale delle compravendite e, in generale, dei trasferimenti immobiliari.
In precedenza è stato illustrato come la crescita dell’offerta di immobili in locazione sia una conseguenza dello stallo del settore immobiliare italiano, in cui le compravendite diminuiscono a causa del difficile accesso al credito, dell’incertezza della fiscalità locale e, più in generale, della scarsa liquidità sul mercato. Questo problema riguarda soprattutto la parte di mercato relativa all’acquisto della “prima casa”, cioè di quegli immobili destinati a soddisfare la primaria necessità di abitazione principale di qualsiasi famiglia. Tuttavia occorre specificare che l’altro pilastro del settore delle compravendite
60 Cfr. CACCIAVILLAN F., op. cit., 162.
– quello precipuamente speculativo dell’investimento immobiliare – pur risentendo anch’esso della scarsa rivalutazione del mattone e del calo dei prezzi generale, mantiene sempre un certo appeal agli occhi degli operatori, che continuano a perseverare negli investimenti.61
La trattazione della disciplina fiscale della locazione, così come quella dei trasferimenti immobiliari, risulta spesso soggetta a cambiamenti finalizzati al contrasto della forte evasione fiscale. Questo fenomeno ha risvolti diversi nelle cessioni di immobili, poiché si verifica in esse solitamente un occultamento relativo ad una parte del corrispettivo, rispetto all’intero prezzo di trasferimento. Infatti, il problema maggiore che vede caratterizzare il regime delle compravendite è la discrepanza che si crea tra il valore effettivo e il valore dichiarato al momento del trasferimento dell’immobile.
La distanza fra valore effettivo e dichiarato di un immobile ha chiaramente ripercussioni su tutti i tributi a cui è assoggettato il trasferimento. Ovviamente non ci si riferisce ad una discrepanza di mercato, dovuta ad asimmetrie delle parti, ma al frutto di un accordo a fine evasivo in cui l’interesse è di entrambi i soggetti contraenti.62
Le compravendite immobiliari ai fini reddituali fanno anch’esse riferimento al reddito d’impresa o, per le persone fisiche, ai redditi diversi di cui all’art. 67 del T.U.I.R.;63 sotto il profilo dell’imposizione indiretta si uniformano in genere alla tassazione delle locazioni, prevedendo l’applicazione dell’Imposta sul valore aggiunto, dell’Imposta di registro e delle Imposte ipotecarie e catastali.
Xxxxxxxxxx, quindi, la disciplina Iva delle locazioni, i trasferimenti di immobili eseguiti da un soggetto Iva sono imponibili salvo il caso in cui non venga riscontrato il requisito di territorialità, ai sensi dell’art. 7 del D.P.R. n. 633/1972, oppure che si tratti di operazioni riconducibili a quelle esenti annoverate all’art. 10. Infatti, anche nelle
61 Cfr. XXXXX X., Compravendite in aumento con prezzi ancora in calo, in «Le guide de Il Sole 24 ore», dicembre 2015; per un’analisi dell’andamento delle compravendite. Per le stime, si veda il sito xxx.xxxxxxx-xxxxxxxxxxx.xx, consultato il 4 aprile 2016.
62 Sulle modalità di monitoraggio e di accertamento nei trasferimenti immobiliare, si vedano: BASILAVECCHIA M., L’accertamento del valore di mercato degli immobili, in «Corriere Tributario», 2007, 3, 195; DEOTTO D., op. cit.; TASSANI T., L’accertamento dei corrispettivi negli accertamenti immobiliari, in
«Rassegna Tributaria», 2007, 1, 137 e ss.
63 Sono soggette ad Irpef, al comma 1, n. 2, «le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale dal cedente o dai suoi familiari».
compravendite il punto di partenza della normativa è l’applicazione del regime standard di esenzione da Iva; come disposto dal più volte citato art. 10 del D.P.R. n. 633/1972, è prevista di norma l’esenzione per le cessioni di fabbricati abitativi, ad eccezione delle seguenti fattispecie:
- cessioni, effettuate dalle imprese costruttrici o ristrutturatrici, entro 5 anni dall’ultimazione o dell’intervento;
- cessioni poste in essere dalle stesse imprese anche successivamente, nel caso in cui nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione;
- cessioni di fabbricati abitativi destinati ad alloggi sociali per le quali, nel relativo atto, il cedente abbia manifestato espressamente l’opzione per l’imposizione.
È interessante evidenziare come il Decreto Legge n. 83/2012 abbia apportato per determinate fattispecie, al pari delle locazioni, la possibilità di optare per l’imponibilità delle operazioni di cessione. Nel caso in cui i venditori siano imprese costruttrici o di ripristino bisogna sottolineare il fatto che l’esercizio dell’opzione da esente a imponibile è possibile solo dopo i 5 anni dalla costruzione o ristrutturazione, poiché entro il quinquennio l’imponibilità ad Iva è prevista per obbligo di legge.
Nella disciplina dei fabbricati strumentali, invece, l’imponibilità è obbligatoria solamente nel caso in cui la cessione sia avvenuta entro i 5 anni dalla costruzione o dal restauro; in tutti gli altri casi, la norma mantiene il regime di esenzione pur conferendo al soggetto cedente il diritto di esercitare l’opzione di imponibilità.64
In tutti i casi in cui è prevista l’opzione all’Iva, le compravendite immobiliari sono soggette al meccanismo di inversione contabile, il c.d. reverse charge, che prevede una
«finzione contabile»65 in cui l’obbligo di adempiere l’Iva non grava sul prestatore di servizi o cedente, bensì sul committente o cessionario, purché esso sia un soggetto
64 Alla luce dell’art. 9 del decreto legge n. 83/2012, sono diventate esenti anche le ipotesi di “imponibilità obbligatoria”, precedentemente previste: a) le cessioni effettuate nei confronti di cessionari soggetti passivi di imposta che svolgono in via esclusiva o prevalente attività che conferiscono il diritto alla detrazione d’imposta in percentuale pari o inferiore al 25 per cento; b)le cessioni effettuate nei confronti di cessionari che non agiscono nell’esercizio di impresa, arti o professioni.
65 D’ARDIA C., XXXX R., Detrazione di “Iva non dovuta” e “reverse charge”, in «Dialoghi tributari», 2012, 4,
399. Questo meccanismo prevede che: a) chi effettua la cessione non la assoggetta ad Iva, né tanto meno la addebita al proprio cessionario; b) il committente, ricevuta la fattura senza addebito dell’imposta, la integra applicando l’Iva nella misura in cui essa risulta dovuta, dopodiché annota il documento sia nel registro degli acquisti che ne registro delle vendite.
passivo Iva;66 l’applicazione di questa procedura, inizialmente prevista per le sole cessioni di fabbricati strumentali imponibili per opzione, è stata estesa anche alle operazioni riguardanti gli immobili abitativi, qualora soggetti ad Iva. Restano comunque dei casi di esclusione perentoria dal meccanismo del reverse charge, come le compravendite immobiliari aventi per oggetto aree e terreni e quelle aventi per oggetto fabbricati abitativi o strumentali effettuate dalle imprese costruttrici o di ripristino, a condizione che la cessione sia avvenuta nel primo quinquennio. Ne deriva che, in tali casi, poiché non ricorre un’ipotesi di imponibilità, l’assoggettamento ad Iva segue le norme ordinarie previste dall’art. 17 del testo sull’Iva.
Il cessionario privato, in quanto non soggetto Iva, è ovviamente sempre escluso dal meccanismo di inversione contabile, anche qualora il cedente opti per l’imponibilità.
La normativa Iva nei trasferimenti di immobili, pertanto, riprende abbastanza fedelmente i criteri di tassazione delle locazioni. Non stupisce, quindi, che anche in sede di imposta di registro, ai sensi del già richiamato art. 40 del D.P.R. n. 131/1986, si verifichi ancora l’alternatività tra registro ed Iva come per la locazione.
Con riferimento al primo comma, l’art. 40 individua alcune operazioni che, nonostante si trovino fuori campo Iva, ai fini del principio di alternatività si considerano soggette ad Iva e perciò prevedono l’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa; invece, relativamente alle operazioni soggette ad Iva ma in regime d’esenzione, si applica l’imposta di registro in misura proporzionale. L’applicazione dell’imposta di registro delle cessioni di fabbricati abitativi risente totalmente del principio di alternatività, a seconda che questi siano riconducibili a fattispecie esenti oppure fuori/dentro campo Iva.67
Nel caso dei trasferimenti di fabbricati strumentali, il decreto legge n. 223 del 2006 aveva inserito tali operazioni tra quelle esenti, di cui all’art. 10 del D.P.R. n. 633/1972, senza al tempo modificare l’art. 40 del T.U.R. L’applicazione del principio d’alternatività,
66 Il reverse charge è stato introdotto dalla finanziaria del 2007, la legge n. 296/2006, e relativamente alle compravendite immobiliari è stato esteso dalla legge n. 344/2007; l’inclusione di tutti i tipi di fabbricati che risultano imponibili ai fini Iva è opera del decreto legge n. 83/2012.
67 Ai sensi dell’art. 1 della Tariffa, parte I allegata al D.P.R. 131/1986, le cessioni che hanno per oggetto fabbricati, sia abitativi che strumentali, scontano l’imposta di registro nella misura del 7 per cento. Esistono molti altri casi in cui l’imposta di registro sconta un’aliquota minore o un trattamento agevolato; il più interessante è il caso dell’agevolazione “prima casa”, di cui si scriverà in seguito.
che prevede sempre l’imposta in misura fissa, risulta parzialmente diversa da quella degli immobili abitativi e totalmente diversa dalla disciplina delle locazioni.68
In materia di determinazione dell’imposta di registro, tuttavia, occorre evidenziare il dualismo che influenza la formazione della base imponibile per xxx xxx xxxxxxxxxx xxx
x.x. xxxxxx-xxxxxx;00 questo, riservato prettamente ai trasferimenti tra soggetti privati e finalizzato alla limitazione di quella discrepanza tra valore effettivo e valore dichiarato, si basa sul combinato disposto degli artt. 43 e 51 del D.P.R. n. 131/1986, ove si assume che il valore del bene o del diritto trasferito sia quello dichiarato dalle parti, oppure il corrispettivo pattuito per l’intera durata del contratto. Ai sensi dell’art. 14 del decreto Iva, il valore normale è definito come «l’intero importo che il cessionario o il committente, al medesimo stadio di commercializzazione di quello in cui avviene la cessione di beni o la prestazione di servizi, dovrebbe pagare, in condizioni di libera concorrenza, ad un cedente o prestatore indipendente per ottenere i beni o servizi in questione nel tempo e nel luogo di tale cessione o prestazione»; il comma 2 dell’art. 51 del T.U.I.R., deroga completamente il criterio sovraesposto poiché prevede che «per la sottocategoria degli atti a titolo oneroso traslativi o costitutivi di diritti reali, rappresentata dagli atti che hanno per oggetto immobili o diritti reali su di esse, per valore si deve invece intendere il valore venale in comune commercio». Il concetto di valore venale tuttavia, a differenza del valore normale, non trova una precisa definizione all’interno della normativa fiscale; la sezione tributaria della Corte di Cassazione si è espressa, con sentenza n. 13496 del 31 ottobre
68 Cfr. ZANETTI E., La fiscalità delle operazioni immobiliari delle imprese, 2012, Euteknè, Torino, 123.
69 Sul meccanismo del prezzo-valore: BUSANI A., La base imponibile per le cessioni di fabbricati tra privati, in «Corriere Tributario», 2010, 44, 3624 e ss; XXXXXXXX X., Xxxxxxxxxxx x. 000/X del 7 luglio 2008. Valutazione automatica e prezzo-valore: le ragioni di una convivenza difficile, in «Il Fisco», 2008, 30, 5491; XXXXXXX X., Primi chiarimenti dopo il decreto “Bersani”, in «Il Fisco», 2006, 11, 703 e ss; LIPARI B., La novità del “prezzo-valore” per le cessioni di fabbricati: conseguenze della simulazione del prezzo negli atti di compravendita, in «Il Fisco», 2006, 26, 4037; MASTROGIACOMO E., Omissioni e falsità nelle compravendite immobiliari, in «Il Fisco», 2006, 43, 6706 e ss; XXXXXXXXX A., Applicabilità del sistema del cosiddetto "prezzo-valore" alle fattispecie negoziali diverse dalla compravendita, in «Il Fisco», 2007, 26, 3782; Modificata la disciplina delle cessioni immobiliari, in ««Corriere Tributario», 2006, 4, 251; XXXXXXXX G., Immobili abitativi: la nuova disciplina tributaria della base imponibile dei trasferimenti ai fini delle imposte indirette, in «Il Fisco», 2006, 7, 948 e ss; STEVANATO D., Plusvalenze immobiliari: questioni attuali e aspetti problematici, in «Corriere Tributario», 2010, 44, 3609; XXXXXXX E., Il “dualismo prezzo-valore” negli atti di compravendita Immobiliare, in «Pratica fiscale e professionale», 2007, 14, 38 e ss; Le novità in materia di accertamento sulle compravendite immobiliari, in «Il Fisco», 2007, 35, 5118.
2006, identificandolo con il valore in comune commercio tipico del valore normale, evidenziandone «l’aspetto legato al rinvio ad un mercato in condizioni di normalità».70
Il legislatore con legge n. 266 del 2005 ha però introdotto un ulteriore regime derogatorio per la determinazione della base imponibile per alcune tipologie di compravendita immobiliare tra privati: con i commi 497 e 498 è stata prevista la possibilità di applicare le imposte su una base imponibile, cosiddetta prezzo-valore, pari al valore catastale71 dell’immobile, anche se nell’atto stipulato vi è indicato un corrispettivo di cessione diverso.72
La finalità di questa modifica è, in linea con le precedenti, quella di incentivare le parti a dichiarare nell’atto i reali valori di transazione, in considerazione del fatto che l’importanza del corrispettivo, ai fini fiscali, viene azzerata poiché l’attenzione è rivolta solo al valore catastale.73
Analogamente a quanto visto con riferimento all’imposta di registro, anche le cessioni di fabbricati a destinazione abitativa sono influenzate dal principio di alternatività con l’Iva per quanto riguarda l’applicazione delle imposte ipotecarie e catastali. La disciplina di questi tributi è regolata dal decreto legislativo n. 347 del 31 ottobre del 1990; il combinato tra gli artt. 1 e 10, dispone che sono soggette a imposte ipotecaria e catastale, rispettivamente «le formalità di trascrizione, iscrizione, rinnovazione e annotazione eseguite nei registri immobiliari» e le volture catastali.
Le modalità di determinazione di questi tributi per gli immobili destinati ad uso residenziale risulta quindi essere:
- in misura fissa pari a 200 euro, qualora la cessione risulti imponibile ai fini Iva o fuori campo Iva per difetto del requisito di territorialità;
70 GIOÈ C., In tema di valore normale degli immobili ai fini fiscali, in «Rassegna Tributaria», 2014, 4, 752- 753.
71 Il valore catastale viene determinato moltiplicando la rendita catastale rivalutata del 5 per cento per un coefficiente che varia a seconda della classe catastale dell’immobile.
72 Cfr. FREGNI M.C.,“Prezzo-valore” e acquisto di immobili da pubblico incanto o espropriazione forzata, in
«Rivista di diritto finanziario e scienze delle finanze» 2014, 3. 46 e ss.; NASTRI M.P., La determinazione della base imponibile nell’imposta di registro: i trasferimenti immobiliari tra prezzo-valore e valore normale, in «Rivista di diritto tributario», 2007, 1, 1134 e ss.; SALANITRO G., La base imponibile nell'imposta di registro fra prezzo, valore catastale e valore venale, in «Rivista di diritto tributario», 2007, 1, 68; XXXXXXX, op. cit., 139 e ss.
73 Cfr. XXXXXXX E., op. cit., 124.
- in misura fissa pari a 50 euro, se la cessione risulti soggetta a imposta di registro in misura proporzionale, poiché fuori campo Iva o esente ai sensi dell’art. 10.
Se invece la cessione ha per oggetto fabbricati strumentali, occorre tenere contro delle modifiche introdotte dall’art 35 del d.l. 223/2006 in materia di imposte ipotecarie e catastali,74 dalle quali consegue che:
- Se le cessioni sono effettuate durante l’esercizio di impresa, si applicano sempre in misura proporzionale complessivamente pari al 4 per cento della base imponibile, a condizione che all’1 per cento dell’imposta catastale si aggiunga l’imposta ipotecaria con la nuova aliquota del 3 per cento;
- Se i trasferimenti non sono eseguiti in esercizio di impresa, si applicano ancora proporzionalmente in misura complessiva pari al 3 per cento della base imponibile, dove nell’imposta ipotecaria rimane l’aliquota ordinaria del 2 per cento.75
Il trasferimento immobiliare, tuttavia, come già parzialmente accennato, dal punto di vista dell’imposizione indiretta è caratterizzato da un impianto di agevolazione c.d. prima casa, che sconta le imposte dovute sull’operazione in misura ridotta, rispetto alla misura ordinariamente applicabile.76
Al momento della sua introduzione, tale regime attribuiva maggior importanza alla destinazione effettiva del bene ad abitazione personale, e tale ne costitutiva la condizione necessaria per la fruizione del beneficio; tanto che, difatti, si scatenò un dibattito sulla giustificazione costituzionale e, in particolare, sull’eventuale riconducibilità al diritto di accesso alla proprietà, ex art. 42 Cost., piuttosto che alla garanzia dell’abitazione ai sensi dell’art. 47 della Costituzione.77
74 Le modifiche hanno portato: a) l’estensione dell’oggetto dell’imposta catastale, comprendendo anche i fabbricati strumentali per natura; b) l’introduzione di una maggiore aliquota proporzionale del 3 per cento sui trasferimenti di immobili strumentali; c) il dimezzamento delle aliquote di entrambe le imposte nei trasferimenti che coinvolgono un fondo immobiliare chiuso.
75 XXXXXXX E., op. cit., 164.
76 Per quanto riguarda l’Iva, quando la relativa operazione risulta imponibile, trova applicazione con aliquota del 4 per cento, anziché del 10 o del 21 per cento; nell’imposta di registro, se dovuta in misura proporzionale, trova applicazione l’aliquota del 3 per cento, invece di quella ordinaria del 7 per cento; le imposte ipo-catastali trovano applicazione nella misura fissa di € 200, anziché proporzionale, con le aliquote rispettivamente del 2 e 1 per cento.
77 Cfr. CANIZZARO S., Rinuncia all’agevolazione “prima casa”, in «Rivista di Diritto Tributario», 2006, 12, 1028.
A seguito delle modifiche apportate, la possibilità di usufruire del regime agevolato è subordinata al verificarsi delle seguenti condizioni:
- l’immobile oggetto del trasferimento deve essere una casa di abitazione avente caratteristiche non di lusso:
- nell’atto di acquisto devono essere espressamente dichiarati tutti i presupposti agevolativi di cui alla nota II-bis dell’art. 1 della Parte I della Tariffa allegata al D.P.R. n. 131/1986.78
La richiesta della tassazione agevolata, tramite la verifica dei suddetti presupposti da parte dell’acquirente, non costituisce, quindi, un obbligo ma una facoltà del contribuente che dovrà puntualmente assolverlo qualora lo ritenga conveniente. La disciplina prevede, comunque, la decadenza dell’agevolazione in caso di dichiarazione mendace oppure nel caso di trasferimento, per atto a titolo oneroso o gratuito, degli immobili agevolati prima del decorso del termine di cinque anni dal loro acquisto.79 Tuttavia, non viene meno il beneficio se il contribuente riacquista un altro fabbricato entro l’anno dall’alienazione dell’immobile abitativo.80 Al fine di evitare la decadenza dell’agevolazione, quindi, non basta riacquistare un immobile ad uso abitativo, ma occorre che si concretizzi l’effettivo utilizzo dell’alloggio, anche per una sola quota, finalizzato alla soddisfazione del “bisogno abitativo”.81 Tale orientamento non è previsto per l’acquisto della “prima casa” dove, al di fuori dei casi previsti dalla nota II-bis, non è precisata la manifesta esigenza abitativa, sicché la disciplina dimostra la mancanza di un criterio coerente: in questa prospettiva, «la disciplina dell’agevolazione dovrebbe rimanere neutrale rispetto all’utilizzo dell’immobile agevolato, cosicché risulterebbe maggiormente coerente riconoscere al contribuente che abbia fruito del beneficio, la possibilità di reinvestire il ricavato della vendita effettuata nel quinquennio,
78 Tali presupposti riguardano: la condizione che gli immobili trasferiti siano ubicati nel comune di residenza; la dichiarazione di non essere titolare esclusivo, né in comunione con il coniuge di diritti di proprietà, usufrutto, uso o abitazione di un altro immobile abitativo ubicato nel medesimo comune e neppure in quote su tutto il territorio nazionale; l’inalienabilità dell’immobile nel primo quinquennio.
79 Come dispone il comma 4 della Nota II-bis dell’art. 1, Parte I della Tariffa allegata al D.P.R. 131/1986.
80 L’art. 7 della legge n. 448/1998 concede un notevole beneficio fiscale, il c.d. credito d’imposta, a favore di chi acquista un altro fabbricato-prima casa, entro l’anno precedente o quello successivo dall’alienazione di un altro immobile-prima casa.
81 CANIZZARO S., Decadenza dall’agevolazione “prima casa” e riacquisto d’immobile da adibire ad abitazione principale, in «Rivista di Diritto Tributario», 2011, 12, 584.
nell’acquisto di un’altra abitazione, senza necessariamente richiedere per sanare la decadenza, la destinazione a propria abitazione principale».82
In un mercato in grave crisi, in cui gli investimenti continuano ad essere limitati, appare condivisibile, peraltro, la critica a questo vincolo della finalità dell’immobile riacquistato. Oltre al soddisfacimento delle esigenze abitative del cittadino è necessario cercare di assicurare una certa flessibilità al settore immobiliare, agevolando anche l’offerta di abitazioni al mercato delle locazioni.
In questi termini si è espresso con buonsenso il legislatore che, con la legge di Stabilità per il 2016, ha consentito che il proprietario di un’abitazione acquistata con l’agevolazione possa avvalersi della stessa per l’acquisto di una nuova casa: affinché questo sia possibile è condizione necessaria alienare l’abitazione, comprata in precedenza con l’agevolazione, entro un anno dal nuovo acquisto.83
1.3 Cenni sull’Imposta Unica Comunale introdotta dalla Legge di Stabilità 2014
Per poter completare questo breve inquadramento della tassazione riguardante il settore immobiliare, occorre considerare la fiscalità locale sugli immobili.
L’Imposta Unica Comunale, introdotta dalla Legge di Stabilità 2014, si compone dell’Imposta Municipale Unica, del Tributo per i Servizi indivisibili e della Tassa sui Rifiuti. IUC è solo l’ultima denominazione di un tributo che storicamente è stato al centro di un lungo, e tuttora non concluso, dibattito politico e tributario; sin dalla sua prima apparizione nel 1992, denominata all’epoca Ici, la tassazione c.d. locale è stata oggetto di critiche e rielaborazioni a causa di una giustificazione costituzionale più volte messa in dubbio e di un’imposizione avente ad oggetto il patrimonio immobiliare, a prescindere dall‘effettivo indice di redditività.84
82 CANIZZARO S., op. cit., 595.
83 BUSANI A., SMANIOTTO E., Prima casa, credito prima della vendita, in «Il Sole 24 ore», 12 aprile 2016.
84 Per una rassegna esaustiva sulla problematica dell’Ici: TOSI L., Principi generali del sistema tributario locale, in «Rivista di Diritto Tributario», 1995, 1, 21-27; MARINI G., Contributo allo studio dell’imposta comunale sugli immobili, 2000, Xxxxxxx, Milano; per un inquadramento manualistico, si vedano invece: TESAURO F., Istituzioni di Diritto Tributario, 2015, UTET, Torino; LUPI R., Diritto tributario, 2009, Xxxxxxx,
La prima formulazione del tributo risale al testo del decreto legislativo n. 504 del 30 dicembre 1992, il quale introduce nella normativa italiana l’Imposta Comunale sugli Immobili che diventerà, in termini di gettito, «la principale fonte di sostentamento dei Comuni».85
L’Ici è stata qualificata dalla dottrina come un’imposta sul patrimonio avente carattere di periodicità, idonea a colpire gli immobili presenti sul territorio comunale e commisurata al loro valore; il soggetto passivo è tenuto al suo pagamento per il solo fatto di essere proprietario. 86 Il presupposto di questo tributo è contenuto nell’art. 1 del D.lgs. n. 504/1992, il cui comma 2 precisa che «il presupposto dell’imposta è il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa». Il possesso quindi, inteso come «elemento relazionale» tra il soggetto passivo e il patrimonio immobiliare, è la caratteristica qualificante del tributo.87 Non ci si soffermerà in questa sede a riflettere sul dibattito politico, che ha reso la materia un vero e proprio cavallo di battaglia di molte campagne elettorali, anche in ordine alla sua abolizione del tributo sulla prima casa.88 Si ricorda che una sostanziale modifica dell’Ici giunge in concomitanza con le disposizioni attuative della legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale.89 Con il decreto legislativo n. 23 del 14 marzo 2011, infatti, viene definitivamente abolita e sostituita con l’istituzione dell’Imposta Municipale Unica, la quale, nonostante le premesse, si adagia presto su una sostanziale copia dell’imposta comunale sugli immobili; difatti, in linea con la versione precedente, l’Imu ne eredita i presupposti (nella prima stesura, con esclusione della “prima casa”) e i soggetti passivi, conservando l’importanza in termini di gettito per le casse dei comuni e
ricevendo le medesime critiche di incostituzionalità.90
Milano; XXXXXXXX A., Il Diritto tributario, 2012, UTET, Torino; RUSSO P., Manuale di diritto tributario, Parte speciale, 2009, Xxxxxxx, Milano.
85 TUNDO F., Contributo allo studio dell’autonomia tributaria dei comuni, 2002, CEDAM, Padova, 338 ss.
86 MENCARELLI S., Diritto civile e diritto tributario nella disciplina del presupposto dell’imposta comunale sugli immobili in «Rivista di Diritto Tributario», 2007, 1, 410.
87 XXXXXXXXXX S., op. cit., 413.
88 Durante il governo Xxxxxxxxxx, venne emanato il decreto legge n. 93 del 2008 che soppresse l’Ici sulla “prima casa”, ad esclusione degli immobili di classe catastale A/1, A/8 e A/9.
89 Sulle disposizioni attuative del federalismo fiscale: BURATTI C., Prime valutazioni sulla nuova fiscalità dei Comuni, in «Rassegna Tributaria», 5, 2010, 1273 e ss.; SALVINI L., Federalismo fiscale e tassazione degli immobili, in «Rassegna Tributaria», 6, 2010, 1607 e ss.
90 Cfr. XXXXXXX X., L’Imu nel quadro del sistema fiscale, in «Rassegna Tributaria», 3, 2012, 689 e ss..
Indubbiamente, l’aspetto dell’Imu su cui si sono concentrate maggiormente le polemiche riguarda l’assoggettamento della prima casa al tributo patrimoniale e le questioni sollevate si collocano sulla falsa riga di quelle mosse all’Ici. Di fatto, l’applicazione di un’imposta patrimoniale sulla “prima casa” non sempre corrisponde alla tassazione di una ricchezza rilevante; il possesso di un immobile spesso è la mera soddisfazione del bisogno abitativo. Viceversa, un’esenzione totale dal tributo avrebbe comportato il problema opposto e l’applicazione della sola imposta maggiorata per la seconda casa avrebbe potuto presentare squilibri di equità: il dubbio che il numero di immobili di proprietà non sia una discriminante affidabile della capacità contributiva del cittadino sorge spontaneo, anche perché si danno i casi di contribuenti che possiedono più immobili di scarso valore e magari ereditati e, di contro, di altri che possiedono “soltanto” una prima casa, ma signorile e di enorme valore.91
La soluzione che si è trovata alla questione “Imu-Prima casa” è un ritorno al sistema delle franchigie e delle detrazioni sull’imposta, già vigente per l’Ici, che ha cercato di “personalizzare” il tributo in base alle caratteristiche del proprietario con risultati abbastanza scostanti: «per esempio, è abbastanza probabile, specie nel mercato del lavoro, altamente flessibile, che un contribuente compri la casa a Roma per essere, poco dopo, trasferito a Milano. Prima di rivendere la casa romana, questo contribuente metterà in affitto la casa di Roma e ne prenderà un’altra nella nuova città, col risultato di perdere la detrazione “prima casa” senza avere una maggiore capacità contributiva; […]. Oltre a ciò, andrebbe rafforzato anche l’istituto della “detrazione variabile” per i familiari occupanti l’immobile, allargandola oltre l’ambito dei figli, anche ai genitori, fratelli, suoceri, coppie di fatto nel quadro di un rapporto effettivo».92
Nella ipotesi di immobili in locazione, quindi di immobili che non possono godere delle detrazioni, il reddito fondiario prodotto diventa “serbatoio” da cui attingere per il pagamento dell’Imu, che comporta un fenomeno di tassazione aggiuntiva sul reddito del proprietario che, in merito appunto a quello fondiario, viene tassato due volte; in questo caso, la tassazione patrimoniale dell’immobile, il quale si allinea ad un’accezione di
91 XXXXXX X., XXXX X., Ambivalenza dell’”immobile” tra “utilizzazione diretta” e “bene di investimento”: proposte per la riforma dell’IMU, in «Dialoghi Tributari», 2, 2013, 125.
92 XXXXXX X., XXXX R., op. cit., 127.
“investimento” piuttosto che di “utilizzo abitativo”, ha una giustificazione più ragionevole.93
Il suddetto ragionamento è valido in un mercato immobiliare sano, con prospettive di rivendita e di creazione di plusvalenze che in qualche modo bilancino la tassazione dell’Imu. Le condizioni del settore immobiliare odierno, in cui le compravendite e le locazioni sono investimenti poco remunerativi a causa del basso valore di mercato, riportano costantemente la questione Imu-prima casa sotto la lente d’ingrandimento.
Pertanto, la disciplina dell’Imu, pur presentando notevoli elementi distintivi rispetto all’Ici, si pone rispetto ad essa senza soluzione di continuità in merito alla questione della “prima casa”;94 e proprio l’attribuzione dell’imposta sulla “prima casa” ha subito numerosi rimescolamenti e colpi di scena fino alla sua definitiva eliminazione95 a vantaggio dell’introduzione del Tributo per i Servizi Indivisibili, istituito dalla Legge di Stabilità 2014 all’interno della disciplina della nuova Imposta Unica Comunale, comprensiva inoltre della Tassa sui Rifiuti96 che sostituisce la vecchia Tares. 97
La Tasi è dovuta da chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo le unità immobiliari assoggettate al tributo; in caso di pluralità di possessori o di detentori, essi sono tenuti in solido all’adempimento dell’unica obbligazione tributaria.98 Il tributo viene calcato sulla base imponibile, uguale a quella prevista per l’Imu, alla quale viene applicata l’aliquota dello 0,1 per cento che può essere azzerata tramite delibera comunale.99
93 Cfr. XXXXXX E., XXXX R., op. cit., 128.
94 Cfr. XXXX X., XXXXXXXXX E., L’abitazione principale nell’IMU: cosa cambia davvero rispetto all’ICI?, in
«Dialoghi Tributari», 4, 2012, 406-409.
95 Eccetto gli immobili appartenenti alle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 che rimangono assoggettati all’Imu con aliquota ridotta dallo 0,76 allo 0,4 per cento, con facoltà di aumentarla o diminuirla di 0,2 punti percentuali, e con possibilità di detrarre fino ad € 200, ai sensi dell’art. 1, comma, 707, della legge n. 147/2013.
96 La base imponibile della Tari sulla quale verrà applicata la tariffa comunale è pari all’80 per cento della superficie catastale determinata secondo i criteri stabiliti dal regolamento di cui al D.P.R. n. 138/98.
97 I commi dell’art. 1 che interessano l’Imposta Unica Comunale sono il comma 639 e quelli dal 682 al 702, che sono dedicati alla disciplina della IUC; i commi 640 e 677 che, unitamente al comma 676, precisano il rapporto che deve intercorrere fra le aliquote xxxxxxx XXXX e IMU; i commi dal 641 al 668 dedicati alla TARI i commi dal 669 al 681 e il comma 731 dedicati alla TASI; l’IMU è invece disciplinata dai commi dal 703 al 730.
98 Nel caso di immobile locato, il conduttore dovrà pagare una porzione che va dal 10 al 30 per cento del tributo, in base alla delibera comunale e il locatore la parte restante.
99 Il comune, inoltre, con apposito regolamento può prevedere riduzioni ed esenzioni nel caso di: a) abitazioni con unico occupante; b) abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale od altro uso limitato e discontinuo; c) locali, diversi dalle abitazioni, ed aree scoperte adibiti ad uso stagionale o ad uso non
Alla base della sostituzione dell’”Imu-prima casa” con la Tasi c’è un – seppur formale
– cambio di presupposto interpretativo: se l’Imu, in generale, ma in particolare sulla “prima casa”, si basa sul “principio del sacrificio”, perché si è tassati qualora si possieda ricchezza, la nuova Tasi è improntata sula “principio del beneficio” perché è pagata forfettariamente per la fruizione di un imprescindibile servizio pubblico.100
A livello sostanziale la Tasi risulta essere, tuttavia, una mera sostituzione dell’Imu sulla prima casa, con un impatto leggermente minore per le tasche dei contribuenti rispetto alla forma precedente; premessa la forte autonomia derogata ai comuni, per cui si modella l’azione dei tributi locali in base alle loro specificità, anche nella Tasi sono state previste detrazioni sull’imposta che si regoleranno in base al valore dell’immobile. Per le seconde case, la Tasi si va a sommare all’Imu la quale, tuttavia, non risulta aggravata grazie alla clausola introdotta dalla nuova Iuc, secondo cui l’aliquota della Tasi, o della combinazione tra Tasi e Imu nel caso di seconda casa, non può mai superare l’1,06 per cento, ovvero essere maggiore di quanto previsto con la “vecchia” Imu.101
L’Imu si calcola applicando alla base imponibile, determinata sulla base del valore catastale nel caso dei fabbricati, l’aliquota prevista in relazione alla tipologia di immobile. In base all’autonomia derogata ai comuni, l’aliquota di base dello 0,76 per cento può essere aumentata o diminuita massimo di 0,3 punti percentuali, tali da comporre un intervallo di aliquota che va dallo 0,46 all’1,06 per cento. Nel determinare l’aliquota occorre considerare le fattispecie degli immobili strumentali, quelli posseduti da soggetti Ires e quelli dati in locazione, questi ultimi possono godere anche di una ulteriore detrazione del 25 per cento: in questi casi è prevista la facoltà di diminuzione dell’aliquota fino allo 0,4 per cento in seguito a delibera comunale.102
La Legge di Stabilità 2016 è intervenuta sulla normativa della Tasi, disponendo l’esenzione per le unità immobiliari destinate ad abitazione principale del proprietario, nonché dall’utilizzatore e dal suo nucleo familiare, ad eccezione delle case di lusso appartenenti alle classi catastali A/1, A/8 e A/9.
continuativo, ma ricorrente; d) abitazioni occupate da soggetti che risiedano o abbiano la dimora, per più di sei mesi all’estero; e) fabbricati rurali ad uso abitativo.
100 XXXXXX E., XXXX R., op. cit., 129.
101 Cfr. XXXXXX X., XXXX X., Dall’IMU prima casa alla TASI: costi e benefici (indiretti) di un “marketing politico”, in «Dialoghi Tributari», 1, 2014, 57 e ss..
102 Sul meccanismo dell’Imu, si rimanda a: BARUZZI S., La disciplina dell’Imu, in «Il Fisco», 2012, 6, 817; PICCOLO A., L’imposta municipale propria, in «Il Fisco», 2012, 3, 354; XXXXXXXX S., L’imposta municipale propria (Imu), in «Bollettino Tributario», 2012, 3, 177.
La tendenza “emulativa” della Tasi nei confronti dell’Imu-prima casa sembra procedere verso una definitiva detassazione dell’abitazione principale che mira a incentivare la ripartenza del settore immobiliare. Anche l’art. 1, comma 54 della Legge di Stabilità 2016, sembra allinearsi a questo orientamento, conformando la Tasi all’Imu anche per quanto riguarda la riduzione del 25 per cento del tributo sulle unità immobiliari locate a canone concordato ai sensi della legge n. 431/1998.
1.4 Le diverse tipologie contrattuali durante le crisi del mercato immobiliare
Le cicliche crisi del mercato immobiliare offrono sempre nuovi pretesti per rispolverare vecchie formule sotto le spoglie di nuove forme contrattuali volte a far riprendere il settore; in tale contesto, complice anche la libertà lasciata dal legislatore nel “rimodellare” e accorpare i contratti già vigenti nell’ordinamento, si ripropongono alcune tipologie di contratto finalizzate alla compravendita.
Questi istituiti tornano ripetutamente in auge ad ogni stallo creditizio che si presenta. Ciclicamente, il mercato delle abitazioni e degli investimenti immobiliari si paralizza, cosicché per motivi diversi sia chi ha l’esigenza di acquistare che chi vuole vendere non ha la possibilità di farlo. Gli acquirenti continuano ad avere difficoltà nel pagare i corrispettivi richiesti dai venditori, mentre questi ultimi si trovano nella forbice tra un disinvestimento dannoso e l’onere tributario dovuto, nonostante l’inutilizzo degli immobili.
Le soluzioni proposte dagli operatori immobiliari si basano su di una fusione tra il contratto di locazione e quello di vendita, volta favorire in egual misura l’esigenza abitativa e la capacità remunerativa degli investimenti immobiliari. Queste formule sono da considerarsi delle locazioni a scopo di vendita assimilabili dal punto di vista civilistico alla vendita con riserva della proprietà, allorché i canoni locatizi sono delle rate da pagare per l’acquisto e il passaggio di proprietà è successivo alla presa in possesso.103
103 Di questo avviso, MIRABELLI G., op. cit., 116; BIANCA M., La vendita e la permuta, 1993, UTET, Torino, 56.
Oltre alla convenienza economica di questi istituti, che va verificata caso per caso, la valutazione di convenienza deve necessariamente prendere in considerazione i profili tributari; è infatti difficile tipizzare questi contratti dal punto di vista fiscale, sia per la variabilità delle fattispecie possibili (pur originate da un criterio comune), sia per la complessità della fiscalità immobiliare tout court.
Di seguito si propone una trattazione sulle forme più caratteristiche e diffuse nella prassi italiana, utile ai fini dell’analisi dell’istituto del rent to buy.
1.4.1 La locazione con opzione d’acquisto
Per facilità di esposizione, si riporta preliminarmente la seguente situazione:
Xxxxx concede a Xxxx, a titolo di locazione, un immobile per civile abitazione per la durata di dieci anni, pattuendo un canone di Euro 1.000,00 mensili. Nello stesso contratto di locazione, Xxxxx concede a Xxxx l’opzione per l’acquisto di tale bene al prezzo di Euro 200.000,00. La suddetta opzione potrà essere esercitata da Caio in coincidenza con il pagamento del ventiquattresimo canone di locazione (e cioè al termine del secondo anno di locazione). Le parti convengono che, in caso di esercizio del suddetto diritto di opzione da parte di Xxxx, i canoni già pagati vengano imputati al prezzo di acquisto (e quindi, in definitiva, che Caio possa procedere all’acquisto del bene pagando un corrispettivo di Euro 176.000,00 (ovvero la differenza tra il prezzo pattuito inizialmente e il totale dei canoni già pagati)».104
La locazione con opzione d’acquisto è probabilmente la tipologia di contratto più diffusa e tradizionale tra quelle “in funzione di successiva alienazione”. La semplicità di questo istituto si basa sulla combinazione di due distinti contratti tipici come la locazione e l’opzione d’acquisto, i quali trovano fondamenta nella normativa italiana con l’art. 1331 del codice civile e con le già citate leggi speciali n. 392/1978 e n. 431/1998.
Se della locazione si è già parlato, occorre invece definire il contratto di opzione in quanto parte caratterizzante dell’istituto, che costituisce la seconda fase della formula; il patto d’opzione, disciplinato dall’art. 1331 c.c., è il contratto attraverso cui una parte assume l’obbligo di rimanere vincolata ad una proposta per un determinato periodo di tempo, durante il quale l’altra parte conserva la facoltà di accettare o meno; è un accordo rivolto solitamente alla conclusione di un contratto di compravendita.
104 ROMOLI R., Contratto di locazione con opzione d’acquisto, in Le tipologie contrattuali per la compravendita in tempo di crisi, atti del convegno FIAIP del 20 giugno 2012, 11.
Questo istituto consiste, quindi, in un contratto di locazione stipulato normalmente secondo la legge n. 431/1998, al quale è stato collegato un patto di opzione che – se esercitato – consente di realizzare la compravendita ed effettuare il passaggio di proprietà dal locatore al conduttore. Pertanto, la locazione con opzione di acquisto è la sequenza di due momenti autonomi – la locazione e la compravendita - ma collegabili tra loro attraverso l’esercizio della clausola: nel primo, poiché trattasi di locazione, il canone è una rata locatizia “pura” e le parti possono eventualmente convenire che, in caso di esercizio del suddetto diritto di opzione, i canoni già pagati possano essere imputati al prezzo di acquisto;105 il secondo subentra al momento - e nell’eventualità - che il diritto di opzione venga esercitato, formalizzando la compravendita e pagando ciò che rimane da versare.
L’esercizio del diritto di opzione è ovviamente facoltativo e qualora non avvenga, si avrebbe la continuazione del normale contratto di locazione.
Una forma contrattuale simile - che verrà trattata successivamente - è la locazione con patto di futura vendita in cui, al termine del contratto di locazione, si ha il diritto di formalizzare la compravendita. In maniera molto semplicistica, quindi, la locazione con patto di futura vendita si potrebbe paragonare ad una locazione collegata ad un diritto di opzione, il quale deve essere esercitato solamente al termine del contratto di locazione. Tuttavia, emergono alcune differenze tra le due formule riguardo il momento in cui il contratto diventa, o meglio, assume le caratteristiche di un preliminare di vendita: nel primo caso esso si concretizza dopo l’esercizio del diritto di opzione, mentre nel secondo direttamente al momento della stipula del contratto di locazione.106 Non potendo tralasciare lo scopo principale di queste formule contrattuali – ossia di facilitare le compravendite –, tali ipotesi possono portare a considerare questi istituti come dei contratti preliminari ad effetti obbligatori, ai sensi dell’art. 1351 c.c.; pertanto, in questi termini è applicabile – oltre alla disciplina della trascrizione della locazione ex art. 2643,
n. 8 - anche il 2645-bis x.x. xxxxxxxxxxx xx xxxxxxxxxxxx xxx xxxxxxxxx xxxxxxxxxxx.000
La locazione con diritto di opzione, quindi, assume le caratteristiche di un contratto preliminare ad effetti obbligatori solo al momento dell’esercizio dell’opzione, sicché
105 Ivi, 12.
106 Come si vedrà in seguito, la locazione con patto di futura vendita consiste, infatti, in un contratto di locazione collegato direttamente ad un preliminare di vendita.
107 Mentre la locazione è trascrivibile solo se la durata è superiore ai 9 anni, il contratto preliminare ha una efficacia prenotativa di massimo tre anni.
l’atto di compravendita che si formalizza successivamente si può considerare già come il contratto definitivo.
La disciplina tributaria della locazione con opzione d’acquisto si sviluppa in tre fasi distinte e autonome che fanno capo al rapporto di locazione, alla concessione del patto d’opzione e all’eventuale compravendita.
Nella fase iniziale di questo istituto, pertanto, il regime di tassazione coincide con quello classico della locazione, dove il locatore, sia esso un soggetto privato o operante in regime d’impresa, recepisce con i canoni locatizi un reddito soggetto a tassazione. Il locatario, invece, ha la possibilità di dedurre i costi in base alla destinazione dell’immobile se soggetto commerciale, mentre può usufruire solamente delle detrazioni, ai sensi dell’art. 16 T.U.I.R., se soggetto privato. Pertanto, non ci si soffermerà ulteriormente sulla tassazione diretta, che coincide con la locazione classica di cui si è già parlato. Si noti di passaggio come questo istituto possa ostacolare la sommersione delle attività locative: ai fini della compravendita, infatti, l’inserimento della clausola d’acquisto dovrebbe garantire maggiormente la trasparenza degli importi esposti nel contesto.
Sotto il profilo dell’imposizione indiretta, la fase di locazione è soggetta al già illustrato principio di alternatività tra Iva e imposta di registro. Il contratto in oggetto viene assoggettato all’imposta in misura proporzionale, ai sensi dell’art. 5, Parte I, della Tariffa allegata al T.U.R., sulla base imponibile determinata dall’ammontare dei canoni dovuti per l’intera durata della locazione, di cui all’art. 43, lettera h, del D.P.R. 131/1986. La nota 1) del suddetto art. 5 stabilisce anche «l’imposta, se è corrisposta per l’intera durata del contratto, si riduce di una percentuale pari alla metà del tasso di interesse legale moltiplicato per il numero delle annualità»; in relazione a quanto previsto dal terzo comma dell’art. 17 del T.U.R., l’imposta di registro può essere assolta sul corrispettivo calcolato per l’intera durata del contratto di locazione, ovvero potrà essere dilazionata sul canone relativo a ciascun anno. Per quanto riguarda il momento della compravendita, nonostante le considerazioni dal punto di vista civilistico, l’atto sarà assoggettato al normale regime fiscale, per cui al verificarsi dei presupposti è applicabile
sia la disciplina del c.d. prezzo-valore, che quella agevolativa c.d. “prima casa”.
La clausola negoziale attraverso la quale il locatore concede al conduttore il diritto di opzione sconta l’imposta di registro in via del tutto autonoma. Tuttavia, occorre considerare una possibile variabile nella sua disciplina fiscale: la stipulazione di un
contratto di locazione con opzione d’acquisto comporta solitamente la determinazione di un canone maggiorato, che serve al proprietario per tutelarsi parzialmente da eventuali ripensamenti del conduttore; nella maggior parte dei casi, però, ad essa si accompagna la concessione del patto d’opzione a titolo gratuito per favorire un avvicinamento delle parti nella trattativa. Il diritto d’opzione concesso a titolo oneroso, invece, potrebbe stabilire al ribasso il valore del canone di locazione. Chiaramente queste sono valutazioni che possono risultare diverse da una trattativa all’altra: si può però genericamente asserire che l’importo del canone e il prezzo dell’opzione tendano ad essere sempre inversamente proporzionali tra loro.
La differente disciplina fiscale del patto d’opzione, a seconda che sia a titolo gratuito o oneroso, può quindi influire nella scelta: se il diritto di opzione è concesso a titolo gratuito l’imposta di registro è sempre applicata nella misura fissa, sia se il contratto è stipulato tramite scrittura privata non autenticata che con atto pubblico o scrittura privata autenticata;108 nel caso di concessione a titolo oneroso dell’opzione di acquisto, invece, l’imposta si applica in misura proporzionale calcolata sul corrispettivo pattuito per l’esercizio del diritto.109
L’importo fisso del tributo sulla registrazione, soprattutto durante un periodo di crisi immobiliare, rende più appetibile la concessione a titolo gratuito, poiché è così concessa una maggiore flessibilità ai contraenti che si vedono incentivati a portare avanti l’operazione; è comunque da escludersi, in via generale, «che dall’imposta di registro dovuta per la compravendita possa essere detratto quanto già corrisposto, a titolo di imposta di registro, per la locazione».110 Tuttavia, esiste un’eccezione a tale regola: ci si riferisce al caso in cui, al momento della stipula del contratto di locazione, l’imposta di registro dovuta venga versata interamente, pur con importo ridotto ai sensi della già citata Nota 1, art. 5, Parte I della Tariffa annessa al D.P.R. n. 131/1986. In tale fattispecie, il pagamento d’imposta calcolata sull’intera durata del contratto di locazione è in contrasto con la risoluzione anticipata di quest’ultimo in virtù dell’esercizio del diritto di opzione. Pertanto, qualora avvenga l’esercizio dell’opzione e, quindi, si concretizzi la decadenza del rapporto locatizio, è interesse del conduttore-acquirente denunciare, ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. n. 131/1986, «l’avveramento della condizione
108 Rispettivamente ai sensi degli artt. 4, Parte II e 11, Parte I, della Tariffa allegata al D.P.R. 131/1986.
109 Ai sensi dell’art. 9 della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. 131/1986.
110 ROMOLI R., op. cit., 13.
sospensiva apposta al contratto», relativamente all’avvenuta risoluzione della locazione ed alla realizzazione della compravendita; quindi, dovrà essere effettuata istanza di rimborso per le imposte relative alle annualità rimanenti già versate, mentre non sono rimborsabili quelle riguardanti il periodo di locazione pregressa.111
Dall’analisi del regime fiscale previsto dall’art. 10 della Tariffa, Parte I, D.P.R. n. 131/1986, in particolare dalla nota «l’imposta pagata è imputata all’imposta principale dovuta per la registrazione del contratto», emerge il rapporto che si viene a creare tra il contratto preliminare e quello definitivo. In linea con l’orientamento che vede assimilare la locazione con opzione d’acquisto al preliminare con effetti obbligatori, si osserva come in questa disciplina al riguardo si ha «un sostanziale abbandono della concezione dell’imposta di registro come “imposta d’atto”, per tener invece conto dell’unicità dell’affare, che postula appunto unicità di tassazione».112 In maniera simile si può affermare che «la vicenda negoziale preliminare-definitivo debba essere sempre apprezzata, agli effetti fiscali, come unica manifestazione di capacità contributiva».113 Un’autorevole dottrina con riferimento a tali vicende ritiene «appropriato parlare di “formazione progressiva”, poiché la formula in questione nel nostro caso si rivela veramente significativa solo nel caso in cui si insista sulla profonda differenza del fenomeno in cui la fattispecie o il contenuto non sono completamente formati o non sia ancora terminato il procedimento di conclusione. L’immagine della «progressione» rende, invero, particolarmente bene l’idea di un costante piano di interessi sul quale si avvicendano fattispecie diverse in modo da giungere per gradi al risultato finale degli effetti necessari».114
Nell’ipotesi in esame, dunque, la nota del già citato art. 10 della Tariffa del D.P.R. n. 131/1986 dovrebbe essere letta nel senso di ritenere l’imposta principale, dovuta per l’atto di compravendita, ossia il contratto definitivo, «come limite massimo alla tassazione dell’operazione unitariamente considerata nella sequenza preliminare- definitivo».115 Conseguentemente l’imposta versata per la locazione dovrebbe essere
111 ROMOLI R., op. cit., 13.
112 BRACCINI R., Contratto preliminare, diritto tributario, in «Enciclopedia Giuridica», 2010, IX, Treccani, Roma.
113 FEDELE A., Trascrizione del contratto preliminare e disciplina tributaria, in «Rivista del Notariato», 1998, 1118 ss.
114 XXXXXX X., Il contratto preliminare, 1967, Jovene, Napoli, 177.
115 XXXXXXXX A., MASTROIACOVO V., I profili fiscali dei nuovi obblighi dei mediatori e la disciplina tributaria del contratto preliminare, «Studio n. 13/2007-T», 23.
considerata come un acconto di quella da versare per il contratto definitivo di compravendita; pertanto, è ammissibile il rimborso dell’eccedenza dell’imposta di registro proporzionale pagata interamente in sede di registrazione del contratto di locazione.
Evidentemente l’utilizzo di questa formula – e si può affermare lo stesso per quelle che saranno discusse successivamente – ha maggiore fascino ed efficacia qualora si persegua la finalizzazione di una compravendita. L’impegno del proprietario-venditore a vincolarsi col patto d’opzione in una proposta irrevocabile (ai sensi dell’art. 1329 del codice civile) comporta per l’inquilino non solo un canone maggiorato, ma anche un prezzo finale che, seppur prefissato, potrà essere in un secondo momento indicizzato in base alle mutate condizioni del mercato.
Lo scopo di questo contratto mira ad agevolare l’acquisto da parte del conduttore: oltre alla possibilità di accedere al credito per un importo minore di quello iniziale – che è l’incentivo per eccellenza di tutti questi istituti –, la locazione con opzione d’acquisto, dal punto di vista pratico, offre all’inquilino una valutazione sull’investimento dilazionata nel tempo, soddisfacendo nel mentre l’esigenza abitativa col rapporto di locazione. Sostanzialmente, quindi, si opera una conversione di un contratto dalla locazione alla compravendita. L’esercizio del patto d’opzione poi non è nient’altro che l’esecuzione di un riscatto; infatti, questo istituto corrisponde esattamente all’“affitto con riscatto”, protagonista ufficioso delle compravendite dei ceti sociali meno abbienti durante il boom immobiliare di fine anni sessanta.116 Il fatto che venga riproposto dagli operatori immobiliari in un contesto in cui le dinamiche economiche sono fortemente cambiate può sembrare paradossale; ma se in passato questa tipologia contrattuale era più un normale strumento per famiglie o soggetti privati che intendevano acquistare la prima casa, oggi inizia ad avere una certa diffusione anche tra i soggetti operanti in regime d’impresa.
116 Sull’argomento, si veda il sito: xxxx://xxx.xxxxxxxxxxx.xx/xxxxx.xxx/xxxxxxx/xxxxxx/xxxx/000- acquisto-della-casa-con-locazione-a-riscatto, consultato il 4 aprile 2016.
1.4.2 La locazione con patto di futura vendita
L’istituto della locazione con patto di futura vendita è una formula che riscontra meno successo tra gli operatori di quella descritta in precedenza. Si espone, in merito, il seguente esempio:
Xxxxx concede a Caio, a titolo di locazione, un immobile per civile abitazione per la durata di dieci anni, pattuendo un canone di Euro 1.000,00 mensili, con l’intesa che, decorso il predetto termine e pagati tutti i canoni previsti, Xxxx avrà acquistato la proprietà del bene per il prezzo complessivo, quindi, di Euro 120.000,00.117
Anche questa tipologia contrattuale è la risultante di una combinazione di due contratti tipici indipendenti che, combinati tra loro, formano un contratto atipico misto. I due istituti in questione sono la locazione e la vendita. La fattispecie in questione si presenta infatti come un contratto di locazione collegato ad un preliminare di vendita nel quale si paga un corrispettivo periodico per il godimento di un bene che comporta il successivo acquisto dello stesso nel momento in cui avviene il pagamento dell’ultimo canone di locazione.
La finalità di questa formula, quindi, si avvicina maggiormente al concetto di locazione a scopo di vendita rispetto all’istituto precedentemente analizzato, poiché l’intenzionalità da parte dei contraenti a completare l’operazione non è confermata solamente da un diritto d’opzione, ma è parte integrante dell’istituto.118
A differenza della fattispecie della locazione con opzione d’acquisto, in questo caso siamo in presenza di un unico contratto: tramite la locazione con patto di futura vendita, pertanto, è consentita una compravendita il cui corrispettivo è rateizzato nel tempo grazie al pagamento di canoni di locazione: questi ultimi non sono però concepiti dalle parti contraenti come tali, bensì sono considerati proprio come un corrispettivo rateale del prezzo. Perciò il compratore ha possibilità di dilazionare e di sostenere con più facilità l’acquisto, mentre il venditore ha la garanzia che la locazione si concretizzi in una
117 ROMOLI R., op. cit., 14.
118 Tuttavia, è prevista la possibilità di inserire una clausola di recesso a favore del compratore- conduttore, il quale può decidere di non acquistare l’immobile; altrimenti, ai sensi dell’art. 2932, l’inadempimento dell’obbligo di concludere il contratto di trasferimento in proprietà può essere oggetto dell’esecuzione specifica.
compravendita senza perdere la proprietà dell’immobile prima del pagamento dell’ultima rata.119
Rispetto alla locazione con opzione d’acquisto, quindi, il patto di futura vendita è caratterizzato dal forte legame tra i due istituti combinati; più che una integrazione di contratti, questa formula possiede un’identità più solida e autonoma, maggiormente assimilabile alla vendita con riserva di proprietà di cui si scriverà in seguito.120 Infatti, è un’opinione diffusa inquadrare questo contratto «nella vendita con riserva di proprietà piuttosto che nel contratto di locazione, in considerazione sia della causa del contratto, sia dell’intento delle parti che, sin dal momento della stipulazione del contratto medesimo, si prefiggono l’intento di trasferire la proprietà una volta che siano stati pagati tutti i corrispettivi periodici pattuiti».121
Pertanto questo istituto si trova a metà strada tra la locazione con opzione di acquisto - la quale concettualmente ne è una versione priva dell’aspetto facoltativo dell’opzione - e la vendita con riserva di proprietà, con cui condivide l’aspetto di contratto preliminare sin dalla stipula.
La disciplina contrattuale della fase della locazione, ossia del momento in cui il compratore è solamente un conduttore dell’immobile, non è del tutto soggetta alle leggi speciali ad hoc n. 392/1978 e n. 431/1998. A conferma di ciò, la Corte di Cassazione civile, con la sentenza n. 3587 del 23 marzo 1992, ha stabilito che il verificarsi di una locazione strumentalmente collegata alla promessa di vendita, che consenta al futuro acquirente l’uso dell’immobile fino al pagamento del prezzo o al termine previsto per la vendita, ravvisa un contratto atipico complesso la cui causa principale è il trasferimento della proprietà e non il godimento del bene. Per questo motivo risulta inapplicabile la disciplina dell’equo canone, che caratterizza il contratto di locazione.
La causa della locazione, dunque, assume importanza secondaria dal punto di vista contrattuale, ma conserva imprescindibilmente un ruolo primario nella disciplina fiscale dell’istituto, dove locazione e vendita mantengono una certa indipendenza. Rimangono valide, pertanto, le considerazioni fatte in precedenza sull’imposta di registro che viene assoggettata sia al contratto di locazione, applicandola sul corrispettivo pattuito per l’intera durata del contratto, sia all’atto di trasferimento che, dopo il pagamento
119 Cfr. MIRABELLI G., op. cit., 116.
120 Cfr. XXXXXX A., op. cit., 426-427.
121 ROMOLI R., op. cit., 14.
dell’ultima rata di canone locatizio, formalizza la compravendita; in particolare, poiché in questa fattispecie il trasferimento avviene sempre al termine del contratto di locazione, non è contemplata la possibilità di detrarre l’imposta interamente versata per il contratto di locazione, da quella dovuta per l’atto di compravendita.
Tuttavia, la disciplina fiscale dell’istituto non sempre risulta così lineare; mentre nella locazione con opzione d’acquisto la distinzione dei due momenti è dettata dall’esercizio del diritto di acquisto, nella locazione con patto di futura vendita – data la già citata somiglianza per certi versi con gli altri istituti - i confini delle due operazioni e dei regimi di tassazione sono difficilmente individuabili.
Il trasferimento della proprietà, che contrattualmente è previsto al termine del contratto, presenta numerose controversie sul lato fiscale. Il parere emanato dall’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione n. 338/E del 1 agosto 2008 si fonda sull’intenzionalità presunta alla base della stipula di questo tipo di contratto, in particolare per il conduttore. Infatti, seppur il passaggio di proprietà è previsto al termine del rapporto di locazione, questo si deve intendere solo come garanzia e tutela del locatore.
La detenzione dell’immobile avviene concretamente alla sottoscrizione del contratto di locazione con patto di futura vendita che, come chiarito anche dalla Cassazione civile, ha una forma atipica e non si può trattare alla stessa stregua di un contratto di compravendita. Nel caso in cui è previsto che la locazione con patto di futura vendita sia vincolante per ambedue le parti, anche per la tassazione occorre considerare che il contratto di locazione predispone già la cessione e, quindi, sin da subito andrà applicato il regime fiscale della compravendita, con l’ulteriore precisazione che in presenza di immobili detenuti da soggetti operanti in regime di impresa, «la locazione con patto di futura vendita comporta l’uscita immediata dei beni dal bilancio del cedente e l’iscrizione del fabbricato nello stato patrimoniale del locatario, futuro acquirente del bene, nell’esercizio di stipula del contratto».122
122 Come è stato chiarito dalla Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 28/E del 30 gennaio 2009. Ai sensi dell’art. 109, comma 2, del D.P.R. n. 917/1986, i componenti positivi e negativi concorrono a formare il reddito dall’esercizio di formazione. Anche in materia contabile, il documento interpretativo n. 1 del Principio Contabile 12 afferma che «il ricavo ovvero la plus/minusvalenza derivanti dalla vendita con riserva di proprietà devono essere imputati nel momento in cui si manifesta la vendita, e pertanto alla stipula dell’atto».
La disciplina dell’imposizione indiretta lasciava già intendere che questo tipo di istituto fosse valutabile da un punto di vista fiscale come una compravendita a tutti gli effetti: l’operazione ai fini Iva è annoverata inequivocabilmente tra le cessioni di beni all’art. 2, comma 2 del D.P.R. n. 633/1972, mentre l’art. 6 del medesimo decreto ne considera genericamente l’effettuazione al momento della consegna.
La locazione con patto di futura vendita, quindi, può essere considerato a tutti gli effetti un contratto con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti per effetto della trascrizione ai sensi dell’art. 2645-bis c.c., sicché l’imposta deve essere applicata sull’intero corrispettivo di vendita, mentre per quanto riguarda i canoni di locazione ci si attiene al sistema d’esenzione previsto dall’art. 10 per le cessioni.123
L’orientamento dell’Agenzia delle Entrate, nella già citata Risoluzione n. 338/E, conferma ulteriormente l’identità distinta e autonoma dell’istituto, che si serve del contratto di locazione solo a fini privatistici.
La normativa spinge questa formula contrattuale verso un uso aziendale e maggiormente indirizzato ad operazioni concernenti immobili strumentali. Esso comunque non gode di eccessiva popolarità vista la somiglianza col ben più conveniente leasing traslativo. 124
Nel mercato abitativo, per i locatori-venditori sussistono pochi vantaggi; nonostante la possibilità, già citata per la locazione con opzione, di ottenere un canone più alto di una normale locazione, occorre tuttavia considerare che i tributi locali ne affossano completamente la convenienza, poiché l’onere previsto risulta a loro carico per tutta la durata della locazione.
1.4.3 La vendita con riserva di proprietà
Ai fini dell’inquadramento dell’istituto della vendita con riserva di proprietà, si riporta il seguente esempio:
123 È di norma trascrivibile anche il preliminare unilaterale, ossia il preliminare nel quale sono una delle parti si obbliga alla stipula del contratto definitivo.
124 Cfr. XXXXXX X., La vendita con riserva di proprietà quale alternativa al rent to buy, in Rivista di Diritto Civile, 2015, 4, 845.
Xxxxx vende a Caio un immobile per civile abitazione al prezzo di Euro 240.000,00. Xxxx si impegna a pagare il suddetto corrispettivo versando a Tizio la somma di Euro 2.000,00 mensili per la durata di dieci anni, senza interessi. Xxxx acquisterà la proprietà dell’immobile summenzionato con il pagamento dell’ultima rata di prezzo, ottenendo tuttavia immediatamente la disponibilità del bene. A garanzia del pagamento del prezzo, Xxxxx si riserva la proprietà sull’immobile in oggetto.125
L’istituto in questione presenta molte somiglianze con la locazione con patto di futura vendita, con la quale peraltro condivide gran parte della disciplina civilistica e fiscale. Tuttavia, la fattispecie della vendita con riserva di proprietà (o con riservato dominio) merita di essere analizzata poiché è l’unica tipologia contrattuale esplicitamente disciplinata nel nostro ordinamento, il che ne fa per certi aspetti la linea guida di tutti questi istituti.
La particolarità distintiva di questa forma contrattuale è proprio la mancanza del rapporto di locazione tra proprietario e venditore, sicché non è più possibile parlare di una combinazione tra due singoli contratti ma, piuttosto, di una vendita speciale idealmente associata alla locazione.126
La vendita con riserva di proprietà ha come oggetto tutti i beni mobili, anche se la normativa si estende agli immobili; è definita dal codice civile dagli artt. 1523 e seguenti nei quali viene disciplinata proprio come una vendita a rate con tutela del diritto di proprietà per il venditore: infatti l’art. 1523 c.c., dispone che «nella vendita a rate con riserva della proprietà, il compratore acquista la proprietà della cosa col pagamento dell’ultima rata di prezzo, ma assume i rischi dal momento della consegna». Pertanto, anche questo istituto ha una natura giuridica piuttosto controversa riguardo il momento di realizzazione degli effetti reali e di quelli obbligatori.
Sul tema esistono più interpretazioni da parte della dottrina.127 L’opinione prevalentemente accettata è che questa formula contrattuale rientri nell’ipotesi di vendita obbligatoria, con effetti obbligatori immediati e con effetti reali differiti:128 i primi si realizzano nel momento di consegna del bene, il quale comporta l’obbligo di pagamento da parte dell’acquirente; i secondi si concretizzano con il passaggio di
125 ROMOLI R., op. cit., 6.
126 Cfr. MIRABELLI G., op. cit., 116.
127 Per l’esposizione critica delle teorie d’interpretazione del contratto, cfr.: XXXXXX X., op. cit.; LUMINOSO A., La compravendita: Xxxxx xx Xxxxxxx Xxxxxx, 0000, Xxxxxxxxxxxx, Xxxxxx, 165; XXXXXXX G., La vendita obbligatoria, 1957, Xxxxxxx, Milano; PELOSI A.C., La proprietà risolubile nella teoria del negozio condizionato, 1975, Xxxxxxx, Milano; MENGONI L., Gli acquisti “a non domino”, 1968, Xxxxxxx, Milano.
128 ROMOLI R., op. cit., 6.
proprietà che avviene solamente al pagamento dell’ultima rata, proprio come nella locazione con patto di futura vendita.
Perciò, i pregi e difetti concreti dell’istituto analizzato in precedenza sono da considerarsi validi anche per la vendita con riserva di proprietà; difatti, pur non essendoci un regime vincolistico del rapporto tipico della locazione, come nel caso speciale del contratto con patto di futura vendita, l’acquirente è responsabile nei confronti del venditore delle condizioni dell’immobile, ai sensi degli artt. 1575 e 1576 c.c.
I soggetti contraenti possono stabilire, nell’accordo, la risoluzione del contratto, con il limite inderogabile fissato dall’articolo 1525 c.c., secondo cui «nonostante patto contrario, il mancato pagamento di una sola rata che non superi l’ottava parte del prezzo non dà luogo alla risoluzione del contratto». Il venditore quindi è ulteriormente tutelato da alcune ipotesi di inadempimento dell’acquirente, per cui è prevista la risoluzione espressa del contratto di vendita per mezzo di una clausola risolutiva, ex art. 1456 c.c.: si tratta del caso in cui si verifichi il mancato pagamento anche di una sola rata che superi l’ottava parte del prezzo; oppure qualora si concretizzi il mancato pagamento di due o più rate, anche nel caso in cui esse non superino l’ottava parte del prezzo.129
La disciplina fiscale della vendita con riserva di proprietà è assimilata ad un’operazione immediatamente produttiva di effetti reali, da considerarsi come una semplice compravendita immobiliare già al momento della sottoscrizione del contratto; questo orientamento è giustificato in virtù dell’art. 27, comma 3, del D.P.R. n. 131/1986, che stabilisce che tale istituto non è considerato come un atto sottoposto a condizione sospensiva. Pertanto, viene applicato il normale regime fiscale della compravendita e, se ne sussistono i requisiti, è consentito il richiamo alla disciplina del prezzo-valore, all’agevolazione fiscale sulla “prima-casa” oppure alle aliquote ordinare per l’imposta di registro.
Ai fini reddituali, il cedente non operante in regime d’impresa è tassato esclusivamente in caso di realizzo di plusvalenza originata dalla cessione entro i primi cinque anni, come disposto dall’art. 67 T.U.I.R.: in questo caso, tuttavia, il periodo di cinque anni è conteggiato dal momento in cui si formalizza la vendita, ossia dopo il
129 Cfr. ROMOLI R., op. cit., 7
pagamento dell’ultima rata, come confermato dalla Risoluzione n. 28/E dell’Agenzia delle entrate del 30 gennaio 2009.
Nel reddito d’impresa, l’art. 109, comma 2, del D.P.R. 917/1986 giudica esplicitamente irrilevante la clausola di riserva della proprietà, tanto quanto la locazione con clausola di trasferimento della proprietà per ambedue le parti: perciò, la vendita di un immobile strumentale, in capo al venditore, origina una plusvalenza, o minusvalenza, che sarà rilevante interamente nell’esercizio di realizzo oppure in quote costanti nell’esercizio di realizzo e nei quattro periodi successivi, se l’immobile è stato posseduto almeno per tre anni. In capo all’acquirente-impresa, l’acquisto dell’immobile è una spesa che comporta una variazione in aumento delle immobilizzazioni, con conseguente ammortamento del bene sin dalla stipula dell’atto.
L’imposizione Iva segue la disciplina del trasferimento immobiliare, perché la vendita con riserva di proprietà è tra le fattispecie di cessione di bene elencate all’art. 2 del D.P.R. 633/1972. Pertanto, risulta assoggettata all’orientamento proposto dalla già citata Risoluzione n. 338/E dell’Agenzia delle Entrate.
Per quanto riguarda l’imposta di registro, come già esposto, l’art. 27 del T.U.R. dispone che «gli atti sottoposti a condizione sospensiva sono registrati con il pagamento dell’imposta in misura fissa» e «non sono considerati sottoposti a condizione sospensiva le vendite con riserva di proprietà»; pertanto il regime di tassazione degli atti segue quello ordinario della compravendita, comprese la regola del prezzo-valore e le agevolazioni di aliquota in caso di prima casa. Tuttavia, la necessità di un ulteriore atto che produca gli effetti dichiarativi – e non traslativi, poiché quelli sono automatici - della completata vendita dopo il pagamento dell’ultima rata richiede anche l’applicazione dell’imposta in misura dello 0,50 per cento sulla base del solo valore di vendita.130
Qualora il contratto si risolva in forza di clausole previste al suo interno, viene applicata l’imposta di registro in misura fissa, come disposto dal già citato art. 28 del
T.U.R. Al di fuori dei casi delle clausole risolutive del contratto, che prevede quindi la restituzione dell’immobile, l’eventuale inadempimento da parte dell’acquirente, verosimilmente dovuto al mancato pagamento di rate, comporta dal punto di vista fiscale una sorta di «riacquisto dell’immobile».131 Pertanto si crea una situazione fittizia di una seconda compravendita, che avviene in maniera inversa nel momento in cui è
130 Ai sensi dell’art. 6, Parte I, della Tariffa allegata al D.P.R. 131/1986.
131 ROMOLI R., op. cit., 10.
notificata la risoluzione del contratto, ed è soggetta alla tassazione ordinaria di un trasferimento. Ovviamente, il prezzo di questa seconda compravendita corrisponde a quello originale; ai fini reddituali ha gli stessi effetti sul piano fiscale, anche se nella prassi spesso le rate sono trattenute a titolo di indennizzo.
Risulta speculare il regime dell’imposizione indiretta, tranne che per l’imposta sul valore aggiunto: nel caso, quindi, dell’acquirente che opera in regime di impresa, che non è altro che l’originale venditore, egli deve emettere nota di credito per il valore che il bene ha in quel momento; inoltre, se non trattiene le rate a titolo di indennizzo, ma richiede comunque un corrispettivo per l’utilizzo, l’importo sarà comprensivo di Iva in quanto da considerarsi prestazione di servizi ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. n. 633/1972.
L’istituto in questione, quindi, rispetto a quelli analizzati in precedenza appare completamente scollegato dalla classica locazione e dalla sua natura temporanea, in quanto si tratta a tutti gli effetti di una compravendita, finanziariamente agevolata. Rimangono delle perplessità sull’esistenza di alcuni limiti operativi, oltre che fiscali, che ne impediscono l’utilizzo diffuso al di fuori dei periodi di recessione: infatti, il patto di riservato dominio tende a vincolare le sorti dell’immobile all’acquirente per tutta la durata del contratto; oltre al fatto che una cessione a terzi dell’immobile – mentre il vincolo è ancora in essere - può creare un’intricata situazione di interessi condivisi sullo stesso immobile, che indubbiamente disincentiva l’attività speculativa di investimento.
Riguardo la fiscalità locale, in questo istituto sorgono dei dubbi su chi sia il soggetto obbligato al pagamento dei tributi comunali, anche perché - come per le altre formule “ibride” - non vi è stato un adeguamento alle modifiche incorse alla fiscalità comunale. Se nella locazione con patto di futura vendita sia l’Imu che la Tasi sembrano spettare al venditore-locatore, fosse solo per una forma dell’istituto più vicina alla locazione, il carattere di una “compravendita pura a rate” nella vendita con riserva di proprietà è inequivocabile; pertanto il pagamento dei tributi comunali sembra dovuto, fin da subito, dall’acquirente.
1.4.4 Il preliminare ad effetti anticipati
Il contratto preliminare ad effetti anticipati è decisamente la formula meno riconducibile alla locazione;132 tuttavia, merita una breve menzione rispetto agli altri contratti di godimento in funzione della successiva alienazione per la somiglianza della posticipazione degli effetti reali rispetto a quelli obbligatori di consegna dell’immobile. Così, ad esempio:
Con scrittura privata Xxxxx, proprietario di una palazzina nel centro cittadino, promette in vendita al fratello Xxxx un bilocale di sua proprietà, al prezzo di Euro 280.000,00. Al momento della stipula, Xxxx corrisponde metà della somma pattuita, a titolo di acconto, impegnandosi a provvedere al pagamento integrale del prezzo al momento del contratto definitivo; Xxxxx, a sua volta, concede il godimento immediato dell’immobile, per andare incontro alle esigenze abitative della famiglia del fratello, che si trovava senza dimora.133
Questa tipologia contrattuale consiste nella sottoscrizione di un contratto preliminare di vendita che prevede la consegna immediata dell’immobile all’acquirente a fronte del pagamento contestuale di un acconto e/o di una caparra. Poi, per tutta la durata del contratto, che è direttamente proporzionale al prezzo, l’acquirente potrà versare degli acconti periodici, molto simili a dei canoni locatizi, che fungeranno da corrispettivo per il diritto di utilizzo dell’immobile.
Pertanto, la sottoscrizione iniziale del preliminare conferisce all’operazione degli effetti che, in realtà, spetterebbero al contratto definitivo di compravendita, quali la consegna dell’immobile e l’obbligo di pagamento del prezzo; inoltre, questo istituto gode dell’efficacia dell’effetto prenotativo, ai sensi del 2645-bis, c.c., tipico del contratto preliminare.
Dal differimento tra effetti reali e obbligatori derivano le perplessità nei confronti di queste tipologie contrattuali dal punto di vista fiscale; come si è potuto notare anche per gli altri istituti, la determinazione del momento di trasferimento effettivo della proprietà e la conseguente tassazione rimbalzano tra il momento della stipula del preliminare e quello definitivo.
Con la sentenza n. 33 del 10 luglio 2009, la Commissione Tributaria Provinciale di Vercelli, sezione II, ritenendo “che le parti abbiano inteso, già con il preliminare, dare un
132 Sul contratto preliminare in generale, cfr.: GAZZONI F., Il contratto preliminare, 2010, Giappichelli, Torino; XXXXX G., Il contratto preliminare, 2007, UTET, Torino.
133 Per l’esempio, si veda il sito xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx, consultato il 7 aprile 2016.
assetto definitivo del loro rapporto”, ha disposto, sulla scia di un orientamento condiviso,134 che, sia pure ai soli effetti tributari, l’atto in questione debba essere considerato alla stregua di una vera e propria compravendita ed essere, quindi, soggetto alla tassazione tradizionale sin dalla prima sottoscrizione. Perciò la sua disciplina fiscale pare accostarsi a quella della vendita con riservato dominio descritta in precedenza.
Indubbiamente, l’utilizzo del preliminare ad effetti anticipati nel mercato immobiliare prevede generalmente un rapporto di fiducia molto stretto tra venditore ed acquirente, per certi versi più significativo di quello che può sorgere tra locatore e conduttore. Come le altre tipologie contrattuali descritte, anche questa formula mira a favorire l’incontro tra le parti durante i periodi di stagnazione del settore immobiliare. Tuttavia, la libertà negoziale concessa dal legislatore alle parti permette di creare ulteriori e numerose variazioni sul tema che ne limitano forse un utilizzo diffuso ed istituzionalizzato al di fuori delle crisi economiche.
134 Ci si riferisce allo stretto legame che si crea, a livello fiscale, tra il contratto preliminare e quello definitivo, x. XXXXXXXX R., op. cit.; XXXXXX A., op. cit.; XXXXXX R., op. cit.
CAPITOLO SECONDO
LA DISCIPLINA DEL NUOVO ISTITUTO RENT TO BUY
2.1 Elementi qualificanti dell’art. 23 del decreto legge n. 133/2014: oggetto e contesto economico
In occasione del XVLI Congresso Nazionale del Notariato tenutosi nel novembre 2013, il Consiglio Nazionale ha presentato una relazione con cui si propone di introdurre nell’ordinamento giuridico italiano una disciplina dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione. L’intento di questo documento è quello di dare normativa civilistica e tributaria a una serie di tipologie contrattuali, oggi prive di specifica regolamentazione, che nella pratica si presentano in modi diversi; queste formule possono contribuire a far incontrare domanda e offerta di abitazioni in un mercato come quello attuale, caratterizzato da una consistente quantità di immobili sfitti o invenduti a fronte di una domanda che si scontra con la carenza di liquidità e la difficoltà di accesso al credito.135
Infatti, la libertà contrattuale concessa dal legislatore in campo immobiliare consente l’applicazione di numerose varianti della locazione con scopo di vendita, al punto tale che risulta spesso difficile, sia agli acquirenti che ai venditori, definire i confini di queste formule contrattuali; peraltro, la varietà delle definizioni che corrispondono ad una stessa tipologia contrattuale, sebbene non priva di una logica per il marketing immobiliare, spesso rende difficile il riconoscimento della formula adatta.
Nel capitolo precedente ci si è soffermati sulle tipologie più significative e rappresentative degli ultimi decenni, ma nella prassi immobiliare il rimodellamento di questi contratti è sempre in atto, per consentire un utilizzo specifico ad ogni possibile esigenza.
135 XXXXXX A., op. cit., 436.
Negli ultimi anni si è diffusa nella prassi la formula del rent to buy, un modello di contratto molto flessibile, con varie declinazioni, alcune delle quali diventate note come buy to rent ed help to buy. Queste ultime, tuttavia, nella sostanza si rivelano essere più che altro delle rielaborazioni delle tipologie di affitto con riscatto, precedentemente illustrate. La denominazione anglosassone, figlia della moderna tendenza di definire le novità con anglismi, trae in inganno sull’effettiva origine di questi modelli contrattuali che, seppur basati su idee mutuate dal common law, di fatto non ne riportano gli stessi formulari.136 L’ideazione di questi contratti ha profonde radici nel nostro ordinamento e, ancora prima, nel diritto romano; in passato, «gli schemi portavano etichette proprie dell’epoca; oggi che è in auge l’inglese, essi sono presentati conseguentemente, non sempre in ragione della ricezione da un altro ordinamento, oppure dalla prassi internazionale».137
Il rent to buy, il buy to rent e l’help to buy risultano legati da un unico presupposto che prevede la deroga alla tradizionale prassi secondo la quale la stipula di un contratto di compravendita immobiliare coincide con il pagamento del saldo dell’importo dovuto dall’acquirente al venditore;138 caratteristica più o meno condivisa con le formule esposte nel capitolo precedente.
Tutti questi modelli sono evidentemente contratti figli della crisi economica, proposti dagli operatori immobiliari per sopperire alla contrazione del sistema bancario nel concedere i mutui per acquistare immobili. Il ricorso degli operatori del campo immobiliare – ma anche dei notai e avvocati – a queste operazioni ha indotto il legislatore a prendere coscienza del sopravvento della prassi che andava sempre più diffondendosi, in carenza di adeguata regolamentazione; pertanto è diventato necessario intervenire e disciplinarne la fattispecie più rappresentativa, appunto il rent to buy, con l’art. 23 decreto legge n. 133 del 12 settembre 2014.
Sebbene esista una normativa specifica dell’istituto, per comprendere meglio la portata dell’intervento legislativo occorre brevemente inquadrare le varianti contrattuali del rent to buy presenti nella prassi immobiliare.
136 XXXXXX A., op. cit., 421.
137 Ivi, 421.
138 BUSANI A., L’affitto porta alla proprietà, in «Il Sole 24 ore», 13 maggio 2013.
L’etichetta rent to buy, quindi, è utilizzata per identificare sia alcune operazioni già note che loro rielaborazioni;139 si articola fondamentalmente su tre modelli contrattuali già presenti nell’ordinamento italiano: la prima ipotesi è quella precedentemente descritta che prevede un contratto di locazione su cui si innesta un diritto di opzione, ai sensi dell’art. 1331 c.c., che riporta il contenuto della futura vendita rimessa alla libera facoltà dell’acquirente; la seconda fattispecie, quella maggiormente consigliata dai notai, è la locazione con patto di futura vendita, che si sviluppa come un contratto di locazione con un preliminare di vendita ad effetti obbligatori e soggetto a trascrizione, in cui l’acquisto non è più una mera facoltà ma un velato obbligo; la terza forma coincide sostanzialmente con un contratto di locazione accompagnato da una clausola di trasferimento automatico della proprietà, richiamando sia l’istituto della locazione con patto di futura vendita che quello della vendita con riservato dominio.140
A fianco del rent to buy, nella prassi sono emerse tipologie come l’help to buy e il buy to rent, che presentano anche forti similitudini con altri modelli già esistenti come il preliminare ad effetti anticipati e la vendita con riserva di proprietà.
La formula classica dell’help to buy – sebbene si ribadisca la “creatività contrattuale” tipica di questi istituti – si traduce in un contratto preliminare con pagamento dilazionato anteriore al rogito, volto a favorire la successiva vendita con il pagamento del residuo dell’importo pattuito. In questo modo, avvalendosi degli effetti prenotativi della trascrizione, si ottiene la disponibilità immediata dell’immobile con un anticipo di regola pari al 20-30 per cento dell’importo del prezzo pattuito; viene così agevolato l’ingresso in scena di una banca, in quanto il finanziamento relativo sarà per una quota di prezzo più bassa, pari al restante valore dell’immobile.141 L’essenza dell’help to buy corrisponde senza alcun dubbio a quella del preliminare di vendita con effetti anticipati, descritto prima.142
Il buy to rent, invece, negli schemi più utilizzati, è una vendita immediata con prezzo dilazionato e la garanzia per il venditore di ridivenire proprietario in caso di inadempimento dell’acquirente;143 quindi, le caratteristiche distintive sono l’immediato
139 XXXXXX A., op. cit., 422.
140 Cfr. VAIRA M., I contratti di godimento in funzione della successiva alienazione, in «Rivista del Notariato», 1, 2015, 226.
141 Ibidem.
142 BUSANI A., Un contributo che consente di accedere al finanziamento, in «Il Sole 24 ore», 13 maggio 2013.
143 VAIRA M., op. cit., 225.
possesso, il pagamento rateizzato e il “riacquisto” della proprietà in caso di inadempimento del compratore, proprio come nella vendita con riservato dominio.144 Pertanto, queste formule si rivelano solo formalmente innovative.
Prima dell’ingresso nell’ordinamento giuridico italiano, la popolarità del rent to buy e il suo utilizzo nella prassi immobiliare si fondavano soprattutto sull’”esotismo” del nome, traduzione più o meno letterale che evoca il vecchio affitto con riscatto; tra i fattori di successo c’era proprio quello di non essere disciplinato – pur essendo basato su una normativa ricavata per relationem dall’art. 1526 c.c.145 – in modo da poter dare piena libertà alla creatività degli operatori immobiliari.
Su questo sfondo sociale si innesta l’art. 23 del decreto legge n. 133 del 12 settembre 2014, c.d. Sblocca Italia, convertito con la legge n.164 dell’11 novembre, che «ha inteso dettare una disciplina quanto più onnicomprensiva del fenomeno rent to buy, definito appunto dalla rubrica della norma quale contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili».146
Il rent to buy, quindi, anche nella norma introdotta ha «una valenza definitoria molto ampia» e racchiude al suo interno più tipologie di istituti;147 infatti, mira a disciplinare più alcuni effetti, quali la trascrizione o il caso di fallimento del venditore, piuttosto che a definirne uno schema contrattuale preciso, a conferma della autonomia lasciata alle parti. L’intenzione del legislatore perciò appare volta maggiormente alla tutela del rapporto tra le parti contraenti, le quali talvolta possono rimanere incagliate nei pericoli di una tipologia contrattuale troppo flessibile; tuttavia è innegabile la volontà da parte dell’autorità legislativa di risolvere problemi interpretativi sorti in passato, nella convinzione che una definitiva istituzionalizzazione di un tale strumento possa agevolare la ripresa del settore immobiliare.148
144 Cfr. XX XXXXXXX X., DE XXXXXXX X., XXXXXXX L., XX XXXXXX G., Help to buy. Favorire la ripresa delle transazioni immobiliari, in «Federnotizie», 2012, 42.
145 Come per il caso della locazione con patto di futura vendita, l’unico riferimento civilistico a cui ci si può attenere riguarda la vendita con riserva di proprietà. Come disposto dalla Cassazione civile con sentenza
n. 3142 del 13 maggio 1980, è insegnamento consolidato che ai contratti atipici, «in mancanza di un’espressa previsione negoziale, sono applicabili, in via analogica, le disposizioni contemplate per altri negozi ad essi assimilabili per natura e funzione economico-sociale».
146 CASTELLANO P., Il Rent to buy: un fenomeno sociale in cerca di definizione giuridica, in «Rivista del Notariato», 1, 2015, 45.
147 VAIRA M., op. cit., 225.
148 Ivi, 229.
Pertanto, dentro la novella disciplina del rent to buy si trovano tutti «i contratti, diversi dalla locazione finanziaria, che prevedono l’immediata concessione del godimento di un immobile, con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato imputando al corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata nel contratto, sono trascritti ai sensi dell’articolo 2645-bis codice civile»; la normativa non sembra, appunto, dare una precisa definizione alla fattispecie, né tantomeno un inquadramento giuridico: il testo del comma 1, del suddetto art. 23 del decreto n. 133/2014 dispone più che altro un’esplicita esclusione del leasing dalla disciplina, spesso accostato a queste formule per somiglianza e per le modalità di trascrivibilità del contratto. Inoltre, da un’interpretazione letterale della novella persiste il carattere ibrido di un contratto al cui interno sembrano convergere buona parte modelli dei modelli visti in precedenza.149 I dubbi che nascono possono riguardare semplicemente il lessico utilizzato dal legislatore nel testo dell’articolo: il soggetto che acquista è chiamato conduttore, proprio come nel rapporto locativo, mentre il proprietario dell’immobile in questione trova una denominazione “nuova” al comma 5, quando si inquadra il caso di inadempimento, di concedente; al comma 1, inoltre, è prevista, insieme al diritto di acquistarlo, l’immediata concessione di godimento dell’immobile che insieme all’impiego del termine canone richiama fortemente la locazione.
L’art. 23 del decreto legge n. 133/2014 richiama indifferentemente:
- la disciplina in materia di preliminare: al comma 1, laddove è prevista la possibilità di trascrizione con il rinvio alla disposizione dell’art. 2645-bis c.c.;
- la disciplina in materia di locazione: al comma 1, laddove sono disciplinati gli effetti della trascrizione con il rinvio alla disposizione dell’art. 2643, comma 1, n. 8, c.c.;
- la disciplina in materia di usufrutto: al comma 3, laddove sono disciplinati gli obblighi posti a carico del conduttore e del concedente, durante la fase del godimento, mediante il rinvio alle disposizioni degli articoli da 1002 a 1007 e gli artt. 1012 e 1013 del codice civile, in quanto compatibili.150
Di sicuro gli elementi evidentemente connotativi del rent to buy sono «l’immediata concessione del godimento di un immobile, con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato» e la possibilità di imputare «al corrispettivo del
149 Cfr. CASTELLANO P., op. cit., 46.
150 XXXXX G., Il contratto di godimento in funzione della successiva alienazione, in «Federnotizie», 2014, 3.
trasferimento, la parte di canone indicata nel contratto», ma per il resto – forse proprio volutamente in nome dell’autonomia contrattuale – la formula manca di una definizione completa.
Una problematica interpretativa attiene sicuramente il perimetro di operatività della norma.151 Come affermato in precedenza, nella pratica il rent to buy si basa su un contratto di locazione, che a sua volta può essere accompagnato da un’opzione d’acquisto, da un preliminare di vendita ad effetti obbligatori o da un patto di futura vendita. La scelta di una fra queste tre fattispecie dipende dal significato che si voleva dare al diritto di acquisto, cioè se intenderlo come una facoltà, un obbligo oppure “un obbligo con riserva”. A questo riguardo nasce l’incertezza per il rent to buy dell’art. 23, dove il diritto di acquistare l’immobile pare ricomprendere «tutte le possibili declinazioni che può assumere la fattispecie».152 Tuttavia il diritto del conduttore di acquistare alla scadenza, come evidenziato dalla dottrina notarile, è una posizione giuridica di pieno diritto, quindi non ci può essere un obbligo di acquisto per il conduttore;153 nei contratti per cui è previsto l’obbligo e non il diritto ci sono due teorie: la prima, più popolare perché meno rischiosa sul piano delle conseguenze disciplinari professionali, comporta la nullità e irricevibilità dell’atto; l’altra tesi, più possibilista, segue il principio di conservazione degli effetti del contratto e fa in modo tale che l’atto possa diventare un preliminare unilaterale o bilaterale all’acquisto del bene immobile.154 Pertanto, l’attribuzione dell’obbligo al diritto d’acquisto sembra comportare una riqualificazione del rent to buy in una figura contrattuale diversa: infatti, fermo restando che è possibile, in capo all’autonomia contrattuale, apporre l’obbligo di acquisto, c’è da chiedersi comunque se «contratti che si discostino dallo schema “tipico” possano pure sempre rientrare nel perimetro applicativo dell’art. 23 del decreto, oppure se, al contrario, ne fuoriescano».155 Invece, il riconoscimento del diritto di acquisto come una facoltà – e non come un obbligo – sembra avvalorato dalla disposizione del comma 1-bis, introdotto in sede di conversione del decreto in legge, in cui lo schema è ulteriormente
151 Cfr. VAIRA M., op. cit., 229; XXXX M., Il Rent to buy nella prospettiva della valutazione di efficienza del modello, in «Rivista del Notariato», 3, 2015, 678; XXXXXXX P., Rent to buy nelle 80 e 164 del 2014: ora dunque emptio tollit locatum?, in «Contratto e Impresa», 1, 2015, 19.
152 VAIRA M., op. cit., 229.
153 XXXXXXXXXX A., Xxxx ed ombre del Rent to buy italiano, in «Archivio delle locazioni e del condominio», 1, 2015, 5.
154 Cfr. GAZZONI F., op. cit., 34.
155 XXXXX G., op. cit., 3.
“tipizzato”: infatti dalla lettura del nuovo comma, «le parti definiscono in sede contrattuale la quota dei canoni imputata al corrispettivo che il concedente deve restituire in caso di mancato esercizio del diritto di acquistare la proprietà dell’immobile entro il termine stabilito»; pertanto, l’esercizio di un diritto, come espressione di una libera facoltà, è indirettamente espressa nelle modalità di restituzione dei canoni in caso di non completamento dell’operazione.156
Una seconda questione che si pone per i soggetti contraenti attiene la determinazione della parte di canone – a questo punto definibile, nel suo insieme – locatizio, imputata senza una precisa indicazione al prezzo finale di vendita: una parte della dottrina notarile sostiene che l’espressione parte di canone possa essere soggetta a più interpretazioni, ma precipuamente si possa intendere come «possibilità per l’autonomia contrattuale di prevedere che una parte del corrispettivo venga pagato anticipatamente a titolo di canone locazione, e la restante parte, che non sarebbe indicata come tale nel contratto e quindi non sarebbe imputabile ad acconto prezzo in occasione della successiva vendita, serva invece a indennizzare il costruttore-venditore della dilazione di pagamento e della perdita di chance, dovuta dal congelamento dell’immobile per il numero di anni di durata del rent to buy».157 Nello schema contrattuale, c.d. a maglie larghe, suggerito dal Consiglio Nazionale del Notariato, infatti, è necessario distinguere le due diverse componenti del canone da pagare; pertanto, anche per mantenere nitidi gli elementi qualificanti la fattispecie del rent to buy, si ritiene che tale contratto «privo di tale scomposizione non sia un contratto rientrante nel perimetro legale della norma e, in altre parole, sarebbe nullo come contratto di rent to buy».158 Tale orientamento pare confermato dai commi 1-bis e 5 dell’art. 23 del decreto Sblocca Italia, che prevedono diverse conseguenze per le varie componenti del canone, nell’eventualità che il conduttore non eserciti il suo diritto all’acquisto, oppure in caso di risoluzione del contratto dovuto a inadempimento; perciò «l’esplicitazione in contratto della duplice componente del canone costituisce elemento essenziale, richiesto per la stessa validità del contratto de quo, in quanto strettamente collegato a quello che è lo scopo del contratto stesso».159
156 Cfr. XXXXX G., op. cit., 4.
157 VAIRA M., op. cit., 230.
158 IEVA M., op. cit., 680.
159 XXXXX G., op. cit., 4.
Pertanto, si può affermare di essere in presenza di un contratto di rent to buy – ferma restando la struttura aperta prevista dal legislatore – solo in previsione di immediata concessione in godimento dell’immobile, del diritto, inderogabile e dunque mai l’obbligo, per il conduttore di acquistare il bene alla scadenza del termine concordato, nonché risulti presente la determinazione della quota di canone imputabile quale corrispettivo del godimento e della quota imputabile a corrispettivo del prezzo di acquisto.
In relazione all’oggetto del diritto non si pongono problemi interpretativi, poiché qualunque immobile, che sia residenziale, commerciale, industriale o un terreno, è suscettibile di essere ceduto a mezzo del contratto di rent to buy; infatti, la recente normativa sembra porre come unico limite «il carattere di bene immobile dell’oggetto del contratto».160 Inoltre, alla giustificazione dell’uso del contratto de quo per le ipotesi di operazioni coinvolgenti terreni o immobili commerciali e industriali, si perviene per esclusione dalla lettura del comma 4, il quale lascia desumere si possa rivolgere anche ad altri beni, purché immobili.161
2.1.1 Forma e trascrizione del contratto
Si ritiene che il rent to buy sia un contratto tipico, una volta esplicitata la sua normativa per l’appunto nell’art. 23 del suddetto decreto legge n. 133/2014. Perciò la nuova disciplina, insieme allo schema di contratto che il Notariato aveva diffuso ancora prima dell’avvento del suddetto decreto, mira ad evitare l’assimilazione di tale istituto - indotta dal tentativo di colmare eventuali lacune normative - con altre figure espressamente regolate dalla legge (o consolidate nella prassi); nella stessa strutturazione del testo dell’art. 23 sembra proprio esclusa la possibilità di arrivare a qualsiasi tipo di assimilazione: la norma infatti, nell’utilizzare la tecnica del rinvio per relationem ad altre fattispecie, non richiama la disciplina di nessuna figura determinata, bensì ne impone l’applicazione della propria agli istituti simili in virtù del comma 7.162
160 CASTELLANO P., op. cit., 49.
161 «Se il contratto cui al comma 1 ha per oggetto un’abitazione […]», la congiunzione “se”, infatti, sembra esprimere l’eventualità che l’oggetto del contratto sia un’abitazione, non precludendo tassativamente la possibilità che possa trattarsi di un altro tipo di immobile. Cfr. CASTELLANO P., op. cit., 50.
162 Cfr. XXXXX G., op. cit., 1.
Il contratto di rent to buy, quindi, si articola in due fasi, con due contratti distinti:
- la prima fase, quella attinente al rent e quindi al contratto c.d. iniziale disciplinato proprio dal citato art. 23, si realizza con la concessione del godimento immediato di un bene immobile a fronte del pagamento di un canone;
- la seconda fase, quella del contratto c.d. finale del buy, è quella comportante il trasferimento della proprietà dell’immobile dal concedente al conduttore, tramite l’esercizio facoltativo del diritto di acquisto da parte di quest’ultimo ed è un contratto di trasferimento vero e proprio.
Nella prima fase, quindi, in seguito alla stipula del contratto sorge l’obbligo di consegna dell’immobile al conduttore a carico del proprietario; di conseguenza, il conduttore è assoggettato all’obbligo di pagare il canone pattuito al concedente, sia per la componente destinata a remunerazione del godimento, come un canone di locazione vero e proprio, sia per la componente da imputare al prezzo di acquisto, il c.d. acconto- prezzo. Il diritto di godimento, che per effetto della stipula del contratto spetta immediatamente al conduttore, si configura quale diritto personale di godimento, di natura obbligatoria; questo orientamento si fonda sul disposto del primo comma dell’art. 23 del suddetto decreto: infatti, nel disciplinare gli effetti della trascrizione si fa riferimento esclusivamente all’art. 2643, comma 1, n. 8, del codice civile, dettato per i contratti di locazione di beni immobili di durata superiore ai nove anni – per i quali si parla, infatti, di diritto personale di godimento a favore del locatario. Si ritiene da escludere che si tratti di un diritto reale, nonostante la norma, al comma terzo, per disciplinare gli obblighi posti a carico del conduttore e del concedente richiami espressamente le già citate disposizioni degli artt. da 1002 a 1007, nonché gli artt. 1012 e 1013 del codice civile, in tema di usufrutto.163 Il godimento dell’immobile, quindi, andrebbe qualificato come «diritto personale del conduttore, di natura obbligatoria, funzionale al successivo acquisto della proprietà».164
Nella seconda fase, quella propriamente del trasferimento della proprietà dell’immobile dal proprietario-concedente all’acquirente-conduttore, è innanzitutto necessario stabilire – o meglio, ribadire - il carattere eventuale della compravendita, poiché dipende dall’esercizio del diritto di acquisto; è da escludere, pertanto, che
163 XXXXX G., op. cit., 2.
164 Ibidem.
l’effetto traslativo si realizzi automaticamente alla conclusione del periodo convenuto per il godimento, così come che ci sia un obbligo gravante su entrambi i soggetti al trasferimento della proprietà dell’immobile, una volta concluso il periodo di godimento. Il comma 1 del citato articolo 23, quindi, non prevede il reciproco obbligo delle parti a concludere l’atto, né che il compimento dell’operazione di trasferimento si produca automaticamente a prescindere da una ulteriore manifestazione di volontà dei soggetti contraenti.165 Il conduttore, quindi, «in quanto titolare della facoltà di esercitare un diritto e non destinatario di un obbligo, alla scadenza del termine stabilito nel contratto, è libero di decidere se procedere o meno all’acquisto»;166 pertanto, dalla decisione del conduttore dipendono due possibili scenari per il contratto di rent to buy: nell’ipotesi in cui il conduttore decida di non esercitare il proprio diritto all’acquisto alla scadenza del termine convenuto, il contratto cessa di produrre ogni effetto e il concedente ha diritto alla riconsegna dell’immobile; inoltre, è tenuto sia a trattenere l’intera componente dei canoni precedentemente imputati alla remunerazione del godimento, che a restituire la parte di quelli imputati come acconto-prezzo.
Nel caso in cui, invece, il conduttore decida di esercitare il proprio diritto all’acquisto, il concedente è tenuto a prestare il proprio consenso all’atto traslativo. Il conduttore, a sua volta, deve corrispondere il prezzo pattuito, al netto della parte dei canoni da imputare a corrispettivo. Qualora il concedente non dovesse adempiere l’obbligo di stipulazione dell’atto formale di cessione, il conduttore può avvalersi del rimedio di cui all’art. 2932 c.c., espressamente previsto dal comma 3, dell’art. 23 del decreto Sblocca Italia, ed ottenere, in tal modo, una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso.167
L’aspetto della concessione del diritto di acquisto, unitariamente all’oggetto del contratto, impone sempre la forma scritta, nonostante la disciplina della locazione, alla quale il rent to buy fa evidentemente riferimento, possa non richiederla in caso di durata contrattuale inferiore ai nove anni.
Il contratto di rent to buy, almeno nella sua prima fase, è un contratto ad effetti obbligatori e, per tali motivi, «le pattuizioni in esso contenute non sarebbero, come tali,
165 La norma stabilisce, infatti, che il contratto debba prevedere «l’immediata concessione in godimento di un immobile con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato».
166 XXXXX G., op. cit., 3.
167 Cfr. Ibidem.
opponibili a terzi»,168 laddove non ci fosse un adeguato sistema di pubblicità immobiliare; proprio per poter permettere l’opponibilità a terzi, la norma ha previsto, al comma 1 del citato art. 23, la possibilità della trascrizione del contratto. La tutela dei contraenti, quindi, nasce sin dalla fase obbligatoria, ossia quella iniziale dell’immediato godimento, e non da quella conclusiva del trasferimento di immobile, dipendente dall’esercizio del diritto di opzione; essa si basa su una disciplina costruita per relationem sul disposto dell’art. 2645-bis c.c., con ulteriore richiamo all’art. 2643, comma 1, n. 8, del codice civile.
La trascrizione del rent to buy produce due effetti diversi a seconda della fase del contratto in cui ci si trova. Il primo è un effetto prenotativo, tipico del contratto preliminare ai sensi del suddetto art. 2645-bis c.c., avente come oggetto l’obbligo del concedente di trasferire la proprietà dell’immobile qualora il conduttore eserciti il proprio diritto all’acquisto: in altre parole, si retroagiscono gli effetti della trascrizione dell’eventuale atto di vendita al momento della trascrizione del contratto medesimo. In tal modo, «è garantita la piena tutela al conduttore, consentendogli di acquisire l’immobile nello “stato di diritto” in cui si trovava al momento della stipula del rent to buy, e neutralizzando al contempo eventuali trascrizioni o iscrizioni pregiudizievoli successive alla trascrizione del contratto».169 L’efficacia di questo effetto dipende dal momento in cui avviene la trascrizione dell’atto definitivo, la quale deve avvenire entro i limiti della durata del contratto – e non entro un anno (o massimo tre) dalla data convenuta tra le parti contraenti per la conclusione dell’atto definitivo, come previsto dall’art. 2645-bis c.c. – e comunque «ad un periodo non superiore a dieci anni», come disposto dal comma 3, dell’art. 23, del D.L. n. 133/2014: in questa maniera, si va incontro «all’esigenza economica di una più lunga durata dell’effetto prenotativo della pubblicità rispetto al triennio considerato dall’art. 2645-bis comma 3, c.c. e dunque consentendo una locazione anche ultra novennale finalizzata all’acquisto immobiliare».170
168 XXXXX G., op. cit., 6.
169 Così il Consiglio Nazionale del Notariato e le Associazioni dei Consumatori, in Il Rent to buy e altri modi per comprare casa, in «Le Guide per il Cittadino», 12, 2015, 7.
170 DELFINI F., La nuova disciplina del Rent to buy nel sistema delle alienazioni immobiliari, in «Rivista trimestrale di diritto e procedura civile», 3, 2015, 823.
Il secondo è un effetto di opponibilità ai terzi con riguardo alla concessione in godimento, ai sensi dell’art. 2644 c.c., che prescinde dalla durata di questo diritto.171 Le due tipologie di pubblicità hanno effetti giuridici distinti: sebbene questo non implichi l’impossibilità di una trascrizione del medesimo unitario contratto a due diversi effetti, la semplificazione potrebbe indurre a «strutturare formalmente l’operazione nel senso del collegamento negoziale dei due contratti tipici, di locazione e di preliminare unilaterale di vendita, a costruire ciascuno autonomo titolo per le distinte formalità pubblicitarie».172
La trascrizione del contratto di rent to buy di durata ultra novennale permette al conduttore di opporre la locazione all’eventuale terzo acquirente, consentendo l’applicazione della regola emptio non tollit locatum, di cui all’art. 1599 c.c., per tutta la durata della locazione.173
Nel testo dell’art. 23, comma 3, del più volte citato D.L. n. 133/2014 trovano applicazione, per espresso richiamo, l’art. 2668, comma 4, c.c., che disciplina la cancellazione della trascrizione del preliminare, e l’art. 2775-bis c.c., che tratta del credito del conduttore in caso di inadempimento del concedente. Qualora il concedente abbia interesse ad ottenere la restituzione dell’immobile, la norma dell’art. 2668, comma 4, c.c. prevede che, in combinazione con il primo comma dello stesso articolo, la pubblicità prenotativa del preliminare non possa essere cancellata, ossia che la cancellazione della trascrizione «si esegue quando è debitamente consentita dalle parti ovvero è ordinata giudizialmente con sentenza passata in giudicato»; questa norma, ad esempio, si può applicare al caso del rent to buy oggetto di risoluzione, nel momento in cui il proprietario-concedente voglia cancellarne la trascrizione senza attendere l’automatica cessazione degli effetti della pubblicità per decorso del termine, ai sensi dell’art. 2645-bis, comma 3, c.c.: quest’ultima «alternativa difficilmente ipotizzabile, dati i tempi della giustizia civile, diventa ora più praticabile rispetto al termine decennale introdotto dall’art. 23 in esame».174
171 In conseguenza del richiamo alla disposizione di cui all’art. 2643, comma 1, n. 8., codice civile. infatti, mentre l’art. 2643, comma 1, n. 8, prevede la trascrivibilità dei contratti di locazione avente durata ultra novennale, l’art. 2644 c.c., invece, assicura la trascrivibilità a prescindere dalla durata del contratto.
172 XXXXXXX F., op. cit., 822.
173 Cfr. Ivi, 823.
174 Ivi, 824.
La norma dell’art. 2775-bis, richiamata dal comma 4 del citato art. 23, garantisce invece una specifica tutela al conduttore anche per il caso di inadempimento del concedente; nella fattispecie in cui, a seguito del realizzarsi di tale inadempimento, il conduttore vanti dei crediti – ad esempio per il rimborso dei canoni pagati in relazione alla componente di canone imputabile al prezzo di cessione –, la legge riconosce un privilegio speciale sull’immobile «a garanzia dei crediti restitutori o risarcitori risultanti da clausole accessorie al preliminare trascritto, quali il pagamento anticipato del prezzo o di una caparra confirmatoria, ovvero la previsione di un clausola penale».175 Tale privilegio è legittimato dalla legge a condizione che gli effetti della trascrizione non siano cessati, cioè che «non sia scaduto il termine di durata del contratto oppure non siano passati più di dieci anni dalla trascrizione del contratto stesso», al momento:
- della risoluzione del contratto, risultante da un atto con data certa;
- della domanda giudiziale di risoluzione del contratto o di condanna al pagamento;
- della trascrizione del pignoramento;
- dell’intervento nell’esecuzione promossa da terzi.176
Naturalmente l’estensione a dieci anni dell’efficacia prenotativa della trascrizione allunga anche la durata del privilegio, grazie al richiamo dell’art. 2775-bis, il quale dispone che «sempre che gli effetti della trascrizione non siano cessati al momento della risoluzione del contratto risultante da atto avente data certa, ovvero al momento della domanda giudiziale di risoluzione del contratto o di condanna al pagamento, ovvero al momento della trascrizione del pignoramento o al momento dell’intervento nell’esecuzione promossa da terzi».
L’applicabilità dell’art. 2775-bis, c.c., prevista dall’art. 23 per il rent to buy tipico, potrebbe rendere dunque, per il conduttore, «meno appetibile la strutturazione dell’operazione in modo atipico, con lo strumento dell’opzione, che non consentirebbe il sorgere di tale privilegio speciale: esso costituisce infatti il cuore della disciplina di protezione, dell’aspirante al trasferimento, rispetto all’inadempimento dell’obbligato a vendere che sia parimenti incapiente».177
175 DELFINI F., op. cit., 824.
176 XXXXX G., op. cit., 7.
Occorre considerare, tuttavia che, secondo il consolidato orientamento indicato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 21045 del 1 ottobre 2009, il suddetto privilegio speciale è destinato a decadere in presenza di ipoteca iscritta precedentemente alla trascrizione del contratto preliminare a garanzia del finanziamento concesso alla società costruttrice.
Ed è verosimilmente da tale indirizzo che il legislatore, con il comma 4 dell’art. 23, ha previsto che «se il contratto di cui al comma 1 ha per oggetto un’abitazione, il divieto di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122, opera fin dalla concessione del godimento», così ampliando l’ambito di applicazione della norma richiamata, che è intitolata proprio come «obbligo di cancellazione o frazionamento dell’ipoteca antecedente alla compravendita». Il comma 4 dell’art. 23 del D.l. n. 133/2014, sebbene sia stato introdotto «con l’intento di presidiare il privilegio del conduttore ex art. 2775- bis, a fronte del ricordato orientamento giurisprudenziale, potrebbe dunque costituire pericoloso ostacolo all’impiego pratico del nuovo contratto, con pregiudizio, di fatto, dell’obiettivo, perseguito invece dalla novella per una maggiore facilità nell’accesso alla proprietà della casa di abitazione».178
Infine, al comma 3 del citato art. 23, è richiamato l’art. 2825-bis c.c., che prevede a determinate condizioni la prevalenza dell’ipoteca «a garanzia di finanziamento dell’intervento edilizio sull’anteriore trascrizione dei contratti preliminari di cui all’art. 2645-bis».
2.1.3 Diritti ed obblighi nascenti dal contratto, inadempimento delle parti e fallimento del concedente o del conduttore
Dagli argomenti trattati in precedenza, è emerso come la disciplina del contratto di rent to buy si sviluppa in larga parte mediante rinvii per relationem ad altre normative, cosi come molti aspetti risultano trattati in maniera spesso disorganica.
Tale situazione si riscontra, peraltro, nella trattazione dei diritti e degli obblighi nascenti dal contratto, rispettivamente per il concedente e il conduttore; la disciplina viene, in buona sostanza, risulta estrapolata dalla normativa sull’usufrutto, invece che da
quella sulla locazione, «nonostante la chiara affinità causale delle “concessione del godimento” nel rent to buy con quest’ultima».179
In particolare, si fa riferimento agli articoli dal 1002 al 1007, nonché agli artt. 1012 e 1013 c.c., in quanto compatibili; viene così disposto l’obbligo di redigere l’inventario di quanto ricevuto in godimento, nonché di fornire idonea garanzia, ai sensi dell’art. 1002
c.c. Mentre l’obbligo dell’inventario è funzionale nell’ipotesi di immobile concesso comprensivo di arredamento, «la garanzia - che ha un ruolo sostanzialmente equipollente alla prestazione della cauzione in ambito locatizio - è finalizzata a tutelare il concedente circa lo stato del bene ceduto in godimento in caso di restituzione dello stesso per mancato acquisto, dipenda esso da risoluzione del contratto o da mancato esercizio dell’opzione di acquisto».180 Questi obblighi, tuttavia, non sono da considerarsi inderogabili, perché, come disposto dall’art. 1002 c.c., il conduttore ne può essere dispensato.
La mancata o insufficienza della garanzia è disciplinata dall’art. 1003 c.c., il quale al primo comma ne prevede i rimedi; vi è tuttavia un’opinione condivisa dal Consiglio Notarile che ritiene che le soluzioni previste da tale articolo siano poco compatibili con la struttura del rent to buy, poiché troppo specificamente legate alla disciplina dell’usufrutto e pertanto poco adatte ad un contratto che fa del godimento diretto del bene una delle sue caratteristiche fondamentali.181
Il rinvio agli artt. 1004, 1005, 1006 e 1007 c.c., riguarda la disciplina della ripartizione delle spese di manutenzione ordinaria o straordinaria che segue la regola dell’imposizione rispettivamente a carico dell’usufruttuario-conduttore oppure a carico del nudo proprietario-concedente. Il mancato riferimento alla disciplina della locazione riguardo le manutenzioni e le riparazioni – ossia fondamentalmente il mancato rinvio agli artt. 1576 e 1609 c.c. – è dovuto probabilmente «all’esigenza di superare il criterio della “piccola manutenzione”, la quale, costituendo sottoinsieme della categoria delle spese di ordinaria manutenzione, avrebbe ridotto il peso della manutenzione a carico del conduttore, apparendo poco adeguato ad un sinallagma contrattuale che vede il suo
179 CASTELLANO P., op. cit., 53.
180 Cfr. Ibidem.
181 Cfr. XXXXX G., op. cit., 8.
epilogo naturale nell’acquisto della proprietà del bene da parte del conduttore, piuttosto che nella restituzione dello stesso, come nella locazione».182
La normativa relativa all’inadempimento è regolata dal secondo e terzo comma dell’art. 23 del D.L. n. 133/2014: il comma 2 prende forma dalla disciplina, già analizzata, della vendita con riserva di proprietà, dove «il contratto si risolve in caso di mancato pagamento, anche non consecutivo, di un numero minimo di canoni, determinato dalle parti, non inferiore ad un ventesimo del loro numero complessivo»; mentre il comma 3, allineandosi alla tecnica del rinvio già osservata, rimanda all’art. 2932 c.c. avente ad oggetto l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto. Pertanto, il comma 2 dell’art. 23 ha come scopo «la regolamentazione della fase patologica della prima fase contrattuale»,183 ossia quella relativa al godimento dell’immobile a fronte dell’obbligo di pagare un determinato numero di rate, mentre il comma 3 si rivolge al momento dell’esecuzione del contratto, in cui avviene il trasferimento della proprietà al conduttore.
La previsione disposta dal comma 2, per quanto modellata sulla normativa in tema di vendita con riserva di proprietà, si mostra in concreto ben distante da essa. Infatti, mentre l’art. 1525 c.c. stabilisce che non vi può essere risoluzione del contratto in caso di
«mancato pagamento di una sola rata che non superi l’ottava parte del prezzo», la norma sul rent to buy individua come causa di risoluzione il numero complessivo di rate inadempiute – numero fissato inderogabilmente – e non il prezzo.184
Ne deriva che, ipotizzando un contratto di rent to buy e uno di vendita con riserva di proprietà, entrambi contenenti la previsione di 72 rate da 1000 euro ciascuna, il mancato pagamento di quattro rate, come già sopra visto, determinerà inadempimento del rent to buy, per un importo pari a 4000 euro. Al contrario, nella vendita con riserva di proprietà vi potrà essere risoluzione già a partire dalla seconda rata, ossia per un importo inadempiuto pari a 2000 euro.185
Da un punto di vista operativo la risoluzione del contratto di rent to buy per mancato pagamento dei canoni «lascia trasparire una certa “automaticità” dell’effetto
182 CASTELLANO P., op. cit., 55.
183 Ibidem.
184 È altresì vero che, qualora si prevedano rate di importo costante, la normativa del Rent to buy inevitabilmente converge sul criterio del prezzo, perché in quel caso una rata è una frazione costante del prezzo.
185 Cfr. CASTELLANO P., op. cit., 56.
risolutivo»,186 riconducendo tale effetto allo schema della condizione risolutiva di inadempimento o a quello della clausola risolutiva espressa ex art. 1456 c.c. Il comma 5 dell’art. 23 riconosce al concedente, in caso di inadempimento del conduttore, il diritto di trattenere i canoni già versati quale indennità. La norma pertanto riconosce in maniera implicita un profilo risarcitorio legato all’inadempimento contrattuale, il quale si ritiene «giuridicamente idoneo a determinare l’insorgenza di un danno per il concedente» e, quindi, molto vicino allo schema della clausola risolutiva espressa disciplinata dall’art. 1456 c.c.187
Sempre in tema di inadempimento, il comma 3 dell’art. 23 dispone inequivocabilmente che «in caso di inadempimento si applica l’art. 2932 del codice civile». La norma non fa riferimento, come già anticipato in precedenza, al mancato pagamento dei canoni, bensì alla parte terminale del contratto di rent to buy, cioè al caso in cui una delle due parti non adempia all’obbligo di concludere la vendita.
Alla base dell’esecuzione coattiva disposta dall’art. 2932 c.c. sussiste l’assunzione dell’obbligo di concludere il contratto, quindi tale norma è applicabile solo in uno schema di contratto in cui sia esplicitamente indicato questo obbligo; pertanto tale ipotesi è possibile solo quando «il diritto di acquisto del conduttore trovi fonte in un rapporto obbligatorio riconducibile allo schema del preliminare di vendita e non a quello dell’opzione di acquisto».188
Nel caso in cui si proceda alla risoluzione del contratto – sia essa dovuta per mancato pagamento dei canoni ex comma 2, oppure per la scelta della parte interessata di non applicare l’esecuzione coattiva dell’art. 2932 c.c. –, il comma 5 dell’art. 23 si occupa di regolamentare le obbligazioni a carico delle parti, distinguendole in base a quale contraente ha dato luogo all’inadempimento.
Il primo di questi casi è riconducibile al rifiuto di stipulazione del contratto di vendita definitivo da parte del concedente, a cui ha fatto seguito la decisione del conduttore di non avvalersi dell’art. 2932 c.c. In tale fattispecie il legislatore prevede che il concedente inadempiente «deve restituire la parte dei canoni imputata al corrispettivo,
186 CASTELLANO P., op. cit., 56; tuttavia, tale “automaticità” è moderata, poiché sarà comunque onere del concedente dichiarare di voler avvalersi della risoluzione, determinando lo scioglimento del contratto. Lo stesso potrà anche decidere di tollerare il mancato pagamento del numero minimo di canoni stabilito nel contratto e proseguire il rapporto.
187 Ivi, 57.
188 CASTELLANO P., op. cit., 58.
maggiorata degli interessi legali»: perciò è dovuta la restituzione dei canoni ricevuti, solo per la parte che contrattualmente sarebbe stata imputata a pagamento del prezzo nell’eventuale vendita; il concedente quindi ha diritto a trattenere la restante parte imputata al godimento dell’immobile, la quale funge da corrispettivo per la locazione pregressa. Affinché l’entità del canone indicata per la locazione non si determini solo per esclusione dal corrispettivo restituito, è stato introdotto successivamente il comma 1-bis per colmare questa lacuna; in conseguenza di tale integrazione, come già osservato in precedenza, si impone alle parti di prevedere un apposito contenuto contrattuale in fase di stipulazione, in modo tale da definire sin dal principio la ripartizione tra le due componenti del canone: pertanto, le parti dovranno subito determinare l’ammontare della quota del canone adibita a corrispettivo per la cessione, cosicché sarà l’unica parte oggetto di restituzione da parte del concedente.
Nell’ipotesi in cui, invece, sia il conduttore ad essere inadempiente – sotto il profilo del pagamento dei canoni, o sotto quello della stipulazione della vendita – il comma 5 dispone che il concedente «acquisisce interamente i canoni a titolo di indennità, se non è stato diversamente convenuto nel contratto»; inoltre, è ovviamente stabilito che, in entrambe le ipotesi di inadempimento, l’immobile dovrà essere restituito al proprietario. Riguardo le modalità di rilascio non vi è nessun accenno all’interno della norma. La questione si pone tra il procedimento ordinario di rilascio ex artt. 605 e segg. del c.p.c., e il procedimento speciale per convalida di sfratto, ai sensi degli artt. 657 c.p.c: la tipicità del rent to buy, che si ribadisce essere un contratto di godimento in funzione della successiva alienazione, sembra escludere la possibilità di applicazione di un procedimento speciale proprio della locazione, nonostante la presenza di analogie; pertanto la restituzione dell’immobile è soggetta la procedimento ordinario di consegna e rilascio.189
Il comma 6 dell’art. 23 del decreto Sblocca Italia tratta le problematiche connesse al fallimento, siano esse del concedente o del conduttore. Nel primo caso si stabilisce che
«il contratto prosegue, fatta salva l’applicazione dell’art. 67, comma 3, lettera c), del regio decreto 16 marzo 1942 n. 267». La norma fallimentare, richiamata dall’art. 23 del D.L. n. 133/2014, esclude dalle revocatorie «le vendite o i preliminari di vendita trascritti ai sensi dell’art. 2645-bis» aventi ad oggetto determinate categorie di immobili con una
189 XXXXX X., op. cit., 17.
particolare destinazione di uso. Tuttavia, sembra che il legislatore abbia voluto mantenere la distinzione tra la fase di godimento e quella della vendita anche per quanto riguarda la disciplina fallimentare; difatti, in caso di fallimento del conduttore «il contratto prosegue, facendo salvo il rapporto di durata di tipo locatizio dalla scure dell’art. 72, comma 1, della legge fallimentare, ossia dalla sospensione degli effetti del contratto e – in particolar modo – dall’eventualità che il curatore ritenga più conveniente sciogliersi dallo stesso»;190 è chiaro che questa ipotesi può avere luogo soltanto nella fase di godimento, poiché tale fattispecie non può che riguardare i soli rapporti di rent to buy ancora in essere.
Se invece il fallimento avviene nella fase terminale del rent to buy, ossia dopo l’acquisto della proprietà del bene, si applica semplicemente il già citato l’art. 67, comma 3, della legge fallimentare, il quale esclude dall’azione revocatoria le vendite concluse a giusto prezzo e «aventi ad oggetto immobili a uso abitativo destinati ad abitazione principale dell’acquirente o dei suoi parenti o affini entro il terzo grado, ovvero immobili ad uso non abitativo destinati a costruire la sede principale dell’attività di impresa», purché essa risulti già avviata alla data di dichiarazione del fallimento.
La situazione di fallimento, quindi, qualora avvenga prima del trasferimento della proprietà, fa sì che il contratto prosegua senza alcuna limitazione. Se, invece, il fallimento accade a cessione già avvenuta, risultano protetti solo gli acquisti riguardanti beni e acquirenti rientranti nelle categorie sopra citate, dando luogo ad «una discrasia nella regolamentazione degli effetti del fallimento del proprietario del bene sul rent to buy».191
L’applicazione del citato art. 72 della legge fallimentare, tuttavia, può essere condizionata nel caso di scioglimento del contratto da parte del curatore: in tale caso interviene il comma 5 dello stesso articolo, dedicato alle azioni di risoluzione promosse prima dell’apertura del fallimento; con questo richiamo il legislatore stabilisce che «il concedente, per ottenere la restituzione del bene, a seguito – non della sua di risoluzione, ma – dello scioglimento del contratto da parte del curatore, dovrà proporre domanda ai sensi del Capo V, della legge fallimentare, ossia dovrà insinuarsi nel passivo fallimentare».192
190 CASTELLANO P., op. cit., 61.
191 Ibidem.
192 Ivi, 62.
Il richiamo al comma 5 dell’art. 72 della legge fallimentare a sua volta esclude l’applicabilità del comma 4 dello stesso articolo, che dà diritto al conduttore «di far valere nel passivo il credito conseguente al mancato adempimento», rientrante anch’esso nelle passività fallimentari; sicché è possibile affermare che lo scioglimento promosso dal curatore permette di applicare il secondo periodo del comma 5 dell’art. 23 del decreto, e quindi la ritenzione come indennità dei canoni già versati, escludendo dal perimetro applicativo lo stesso comma 4. L’esclusione non risulta esente da critiche, anche se non va escluso che tale meccanismo indennitario possa essere derogato, con clausola apposta dalle stesse parti.193
2.2 Il regime tributario del Rent to buy e la sua evoluzione normativa
Il rent to buy introdotto dal Decreto Sblocca Italia, come illustrato in precedenza, è caratterizzato da una disciplina civilistica costruita tramite numerosi rinvii, che ne evidenziano il forte legame con gli istituti già descritti e, più in generale, con il concetto della «locazione-vendita» diffuso in dottrina.194
Infatti, si tratta di un «modello negoziale che ingloba in sé e/o somma differenti forme con cause diverse quali la vendita, la locazione o lo stesso preliminare di vendita»;195 nella prima fase prevale la causa del godimento, mentre nella seconda quella finalizzata al trasferimento dell’immobile. Tale ambivalenza, indubbiamente, comporta problemi di inquadramento della fattispecie: in precedenza si è affermato che il rent to buy si può considerare a tutti gli effetti un contratto tipico, poiché esplicitamente disciplinato dall’art. 23 del D.L. n. 133/2014; al tempo stesso, non si può ignorare che questa stessa norma sia costruita tramite rinvii e analogie con altre formule contrattuali, atipiche o complesse che, di fatto, rendono il rent to buy una sorta di contenitore legislativo. In questi termini, è evidente come la disciplina civilistica prende forma dall’utilizzo – o dal vero e proprio riciclo – di schemi negoziali preparatori presenti anche negli altri istituti, siano essi obbligatori come il patto di opzione di futura
193 Cfr. CASTELLANO P., op. cit., 62.
194 Cfr. XXXXXX X., op. cit., 56 e ss.
195 STRADINI F., op. cit., 1303.
vendita e il preliminare di vendita, oppure automatici come la clausola di trasferimento vincolante per entrambe le parti; infatti, in funzione della necessità di codificare o ricondurre forme contrattuali atipiche nuove con altre già esistenti, in modo da poterne individuare gli elementi civilistici e tributari caratterizzanti, il rent to buy risulta molto vicino alla locazione con patto di futura vendita, soprattutto se accompagnata da clausola di trasferimento per ambedue le parti e, quindi, alla vendita con riserva di proprietà.196 Sulla base dell’interpretazione fornita dalla Risoluzione n. 338/E del 2008 dell’Agenzia dell’Entrate, la vendita può risultare la causa principale del rent to buy, in quanto assimilabile alla locazione con clausola di trasferimento per ambedue le parti. Tuttavia, l’art. 23 del decreto Sblocca Italia presenta una differenza cruciale che emerge dal comma 1-bis, dove si afferma che «le parti definiscono in sede contrattuale la quota dei canoni imputata al corrispettivo che il concedente deve restituire in caso di mancato esercizio del diritto di acquistare la proprietà dell'immobile entro il termine stabilito»; tale disposizione implica, quindi, l’ipotesi di un mancato esercizio del diritto, che inequivocabilmente farebbe prevalere la causa contrattuale propria della locazione, su quella della vendita, ponendo ulteriori difficoltà interpretative sulla natura civilistica del contratto. Si è assistito, quindi, all’introduzione di un contratto nuovo o, semplicemente, alla “tipizzazione” di un contratto atipico?197 Occorre tenere conto che «l’evoluzione della prassi contrattuale, spinta da un’evidente esigenza sociale, potrebbe condurre a individuare nel rent to buy una nuova tipologia contrattuale atipica ma caratterizzata da una propria causa, la quale potrebbe giustificare, quanto alla disciplina applicabile, soluzioni interpretative diverse da quelle comunemente ritenute valide per i contratti tipici affini».198 La definizione della disciplina contrattuale, tuttavia, avrebbe il merito di inquadrare definitivamente la fattispecie non più come una formula derivata per
196 A conferma di questo, il comma 7 dispone che «le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai contratti di locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti e di vendita con riserva di proprietà, stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione».
197 Cfr. XXXXXXXXX X., Il contratto di rent to buy: inquadramento civilistico e tributario, «Documento del 15 marzo 2015, della Fondazione Nazionale dei Commercialisti», 11.
198 XXXXXXXX A., Questioni in tema di profili fiscali del c.d. rent to buy: spunti di riflessione, «Studio n. 490- 2013/T» approvato dal Consiglio Nazionale del Notariato nella seduta del 25-26 luglio 2013, 2.
equiparazione, bensì come un nuovo contratto complesso che, pur considerando i rinvii e le somiglianze con gli altri istituti, è dotato di una “tipicità” propria.199
Pertanto, se dal punto di vista civilistico la questione non presenta problemi pratici, invece, comporta numerose difficoltà nella definizione di un regime sistematico di tassazione. In ottica tributaria, infatti, l’art. 23 del citato D.L. n. 133/2014 non fa alcun riferimento al regime impositivo a cui è assoggettato questo schema e, conseguentemente, per delinearne un profilo bisogna ricorrere in un primo momento all’equiparazione con i regimi fiscali applicabili agli altri istituti.
Le problematiche che si presentano riguardano la natura del corrispettivo previsto nel contratto in base al comma 1 dell’art. 23, gli effetti derivanti dalle restituzioni dei canoni in seguito all’inadempimento delle parti o al mancato esercizio del diritto di opzione e, appunto, la disciplina fiscale a cui fare riferimento, considerata l’ambivalenza del contratto tra locazione e vendita;200 in relazione a quest’ultimo aspetto, l’interpretazione non viene resa agevole dalla doppia configurazione del contratto in essere, a seconda che esso sia redatto con clausola vincolante di trasferimento per entrambe le parti oppure con clausola opzionale.
Il duplice inquadramento civilistico e la doppia configurazione del contratto di rent to buy si ripercuotono sul piano tributario e, pertanto, rendono ambigua l’interpretazione della tassazione: da una parte, l’inquadramento del regime impositivo derivante dall’equiparazione del rent to buy con la locazione con patto di futura vendita vincolante per ambedue le parti e alla relativa tassazione, unica fattispecie più o meno già disciplinata tra giurisprudenza e prassi; dall’altra parte il riferimento alla Circolare n. 4/E del 19 febbraio 2015 dell’Agenzia delle Entrate, secondo cui avviene una controversa tassazione separata e distinta delle due fasi dell’istituto.
199 BUSANI X., LUCCHINI GUASTALLA E., Il rent to buy non è affitto, in «Il Sole 24 ore», 40, 24 settembre 2014.
200 Cfr. XXXXXXXX A., Rent to buy: profili fiscali, in «Rivista del notariato», 2015, 4, 446.
2.3 Il rent to buy tra diritto civile e diritto tributario: la tassazione per equiparazione
Il rent to buy, come già osservato, trova una definizione civilistica – seppur incompleta – solamente all’interno della propria normativa, cioè l’art. 23 del più volte citato D.L. n. 133/2014. Gli interpreti della materia dibattono sulla natura e sulla possibile applicazione di un proprio regime fiscale, per l’appunto in ragione della totale assenza di riferimenti tributari.
Negli altri istituti esaminati, quali la vendita con riserva di proprietà e la locazione con patto di futura vendita, l’imposizione fiscale trova giustificazione nel rapporto che si viene a creare tra sfera civilistica e tributaria; per tali fattispecie la Cassazione, con Sentenza n. 13315 del 29 maggio 2013, ha evidenziato la correlazione tra la disciplina propria civilistica e quella tributaria, seppur riconoscendo «un’autonoma configurazione» di ciascuna.201 Difatti, il regime fiscale di tali istituti dipende fortemente dallo schema contrattuale adottato, che, come nella locazione con patto di futura vendita, può assumere forme diverse a seconda delle modalità delle clausole presenti.
La qualificazione civilistica e contrattuale, quindi, risultano fondamentali nel tentativo di determinare, o interpretare, il regime tributario attraverso il metodo dell’equiparazione.202 Come osservato in precedenza, il trattamento fiscale degli istituti maggiormente assimilabili al rent to buy, la locazione con patto di futura vendita e la vendita con riserva di proprietà su tutti, è caratterizzato da questa ratio: l’imposizione indiretta della locazione con patto di futura vendita, ad esempio, in presenza di clausola vincolante per entrambe le parti è di fatto equiparata a tutti gli effetti alla vendita: in questa ipotesi la sfera civilistica e quella tributaria collimano perfettamente, anche perché «si vuole garantire certezza nei rapporti tra privati e stabilità del gettito».203
201 La sentenza n. 13315 del 29 maggio 2013 afferma che «emerge evidente l’autonoma configurazione, ai fini civilistici ed a quelli tributari, della vendita con patto di riservato dominio; tale autonoma configurazione si spiega sul piano della ratio, in quanto se il civilista assegna rilievo al momento di trasferimento della proprietà, rinviato alla data di pagamento dell’ultima data del prezzo, per il legislatore tributario conta la più rapida anticipazione della materia imponibile, in considerazione della preminenza dell’interesse erariale».
202 Cfr. CARINCI A., La rilevanza fiscale del contratto tra modelli impositivi, timori antielusivi e fraintendimenti interpretativi, in «Rassegna tributaria», 2014, 5, 961.
203 STRADINI F., op. cit., 1307.
Pertanto, il regime fiscale del rent to buy, nel caso in cui la formula preveda la clausola vincolante per entrambe le parti, coincide con una locazione con patto di futura vendita e, quindi, può essere equiparato alla vendita.
Diversamente, poiché il rent to buy, nella sua complessità, può assumere schemi contrattuale variabili e con formulazioni diverse – dal diritto d’opzione al preliminare unilaterale –, nonché differenti scenari, l’equiparazione in tali casi diventa più problematica e meno diretta. Infatti, la causa della vendita, con la perentoria equiparazione alla locazione con trasferimento vincolante per entrambe le parti, viene meno al verificarsi dell’ipotesi contemplata dal comma 1-bis dell’art. 23, poiché in tal caso prevale quella del godimento dell’immobile, circostanza che rende conseguentemente necessario fare riferimento ad un differente trattamento impositivo.
In tale contesto, quindi, i nodi da sciogliere dal punto di vista fiscale riguardano prevalentemente l’imponibilità delle (e nelle) differenti fasi del rent to buy, nonché la duplicità di cause contrattuali – vendita e godimento – coesistenti nella stessa fattispecie.
Riguardo l’applicazione dell’Imposta sul valore aggiunto, nel rent to buy occorre partire dal regime della locazione con patto di futura vendita con clausola vincolante per entrambe le parti. Ai fini dell’imposizione Iva, infatti, l’art. 2, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972 considera tra le operazioni di cessione, da intendersi quale trasferimento a titolo oneroso del diritto di proprietà o altro diritto reale di godimento su una cosa, la locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per entrambe le parti; pertanto, ancora una volta, se lo schema del rent to buy è caratterizzato da una clausola di trasferimento per entrambe le parti, in tal caso avviene l’equiparazione del regime impositivo. Anche per quanto riguarda la determinazione del momento di effettuazione dell’operazione, bisogna fare riferimento – come per le cessioni e tutte le fattispecie elencate ex art. 2 - al momento della stipula del contratto ai sensi dell’art. 6 del decreto Iva; l’imposta verrà, quindi, applicata sull’intero prezzo pattuito tra le parti per la futura vendita, mentre il pagamento dei relativi canoni, in quanto componenti del prezzo di cessione, sono da considerare esclusi dall’Iva.
La disciplina fiscale, tuttavia, anche in un’ottica equiparativa, presenta le stesse criticità che sono state elencate in precedenza per la locazione con patto di futura vendita; poiché non emerge in maniera chiara – anche in ragione dell’ipotetica modalità
di tassazione – se il rent to buy sia sistematicamente riconducibile alla locazione con
patto di futura vendita “normale” o a quella con clausola vincolante per entrambe le parti e dunque alla cessione di immobili, si ripresenta la solita domanda: si tratta di un contratto nuovo o della tipizzazione di uno vecchio? Escluso il caso di trasferimento automatico per entrambe le parti, dove – anche per mancanza di alternative – avviene l’equiparazione del regime impositivo, nelle altre ipotesi si ritiene, in via interpretativa, che la cessione con i suoi effetti si verifica solo quando la parte interessata procede a far valere il suo diritto all’acquisto e non alla data di stipula.
Pertanto, nella definizione del regime fiscale per equiparazione, risulta fondamentale rilevare se e quale tipo di clausole sono presenti nel modello contrattuale introdotto dall’art. 23 del citato decreto. Infatti se, ad esempio, il rent to buy si formalizza come una locazione combinata con un contratto preliminare con obbligo bilaterale e tale locazione è posta in essere da un soggetto passivo Iva – nella specie l’impresa costruttrice o quella di ristrutturazione – l’operazione va considerata da subito come cessione, così come il momento rilevante per considerare effettuata l’operazione risulta la stipula del contratto di locazione e l’imposta Iva andrà applicata sull’intero importo pattuito; è in relazione a ciò che va valutata l’imponibilità ai fini Iva e dunque la disciplina e la misura delle stesse aliquote.204 Sul contratto definitivo di cessione, poi, verrà poi applicata l’imposta di registro in misura fissa.
Se, invece, il rent to buy si presenta con lo schema “classico” della locazione con patto di futura vendita, ossia come una locazione combinata con un’opzione o un preliminare con obbligo unilaterale, occorre sulla base della ricostruzione civilistica individuarne i profili sostanziali e riprendere parte di quanto è stato detto in precedenza su tali istituti. La fattispecie, come è stato chiarito, non è riconducibile alla cessione di beni ex art. 2 del decreto Iva e pertanto bisogna considerare in prima battuta soltanto la locazione. Perciò l’Iva va applicata prima sul contratto di locazione e poi su quello di cessione.
In questa ipotesi occorre però esaminare la questione del recupero delle somme pagate come canoni di locazione, rispetto al prezzo finale di cessione. Infatti se questo recupero si effettua con una riduzione del prezzo finale di cessione, l’imposta sul valore aggiunto si applica prima sui canoni di locazione e poi sulla cessione, ma solo sulla somma residua. Se per contro il recupero si effettua considerando gli importi pagati periodicamente come acconti, l’Iva si applica sui relativi acconti e sui canoni di locazione
204 STRADINI F., op. cit., 1311.
secondo la disciplina Iva relativa alle locazioni. Poiché l’intero importo cambia natura nel momento in cui viene imputato al prezzo di vendita è dunque necessario applicare la disciplina delle variazioni d’imposta, di cui all’art. 26.205
A supporto di questa ricostruzione vi sono due importanti sentenze della Cassazione, la n. 4990 del 12 maggio 1990 e la già citata n. 13315 del 29 maggio 2013, le quali, insieme alla Risoluzione n. 338/E del 2008 dell’Agenzia dell’Entrate, precedentemente chiamata in causa, hanno tracciato la base interpretativa del regime impositivo di istituti come la locazione con patto di futura vendita e la vendita con riserva di proprietà: la sentenza n. 4990 del 12 maggio 1990, in virtù dell’art. 2, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, sosteneva che «in diritto tributario sarebbe possibile individuare il principio secondo cui si considera realizzato il presupposto collegato ad un atto di trasferimento di un bene fin dal momento della promessa di vendita allorché essa sia vincolante per entrambe le parti»; inoltre, citando l’art. 2, comma 3, del D.P.R. n. 643/1972, ai fini Iva «in caso di locazione con clausola di trasferimento vincolante per ambedue le parti, l’alienazione si considera avvenuta all’atto della locazione». La sentenza
n. 13315 del 29 maggio 2013, invece, annovera nell’elenco di fattispecie assimilate le vendite con riserva di proprietà e afferma che queste «comprendono operazioni che, in deroga alle regole generali del diritto civile, non presentano uno dei requisiti delle cessioni, ma che, ciononostante, ai fini fiscali, sono appunto a queste assimilate». Per quanto riguarda il momento di effettuazione delle operazioni, in ottica della concreta esigibilità dell’imposta, la Risoluzione n. 338/E e la sentenza n. 13315 concordano con l’orientamento esposto prima, ovvero di ritenere che «le cessioni si considerano effettuate nel momento della consegna o della spedizione, se riguardano beni mobili» e, ai sensi dell’art. 6 del decreto Iva, nel rilevare che «il momento di effettuazione dell'operazione coincide con la data di stipula dell'atto».
L’esercizio del diritto di acquisto da parte del conduttore implica l’applicazione del regime impositivo delle compravendite, pertanto in caso di restituzione al conduttore dei canoni imputati al corrispettivo, nel caso non venga esercitato il diritto di acquisto, il regime Iva applicabile è quello proprio della locazione e non quello di equiparazione della locazione alla vendita.206
205 STRADINI F., op. cit., 1312.
206 Cfr. Ivi, 1314.
Nello schema contrattuale del rent to buy emergono anche per l’imposta di registro le questioni legate al vincolo di trasferimento di proprietà e, quindi, all’automaticità o meno di tale operazione, nonché al recupero delle somme pagate periodicamente rispetto al prezzo finale di vendita. Le principali criticità che si presentano riguardano la configurazione del contratto, l’individuazione del momento di effettuazione dell’operazione ed infine la possibile duplicazione d’imposta.
Ovviamente, le già esposte incertezze sulla vera natura contrattuale del rent to buy complicano anche questo caso e, peraltro, impediscono ancora una volta una lineare equiparazione del regime impositivo. Ad esempio, in presenza locazione con patto di futura vendita vincolante per entrambe le parti, vi è la possibilità di applicare al rent to buy l’imposta di registro in modo unitario, come suggerito dalla già citata Risoluzione n. 338/E dell’Agenzia. La tassazione, però, può avvenire anche in via separata, ossia prevedendo l’applicazione separata ai diversi negozi; tuttavia, questa ipotesi interesserebbe i casi differenti dal trasferimento automatico e, dunque, quelli ai sensi dell’art. 1526, comma 2, c.c. Pertanto, l’imposta di registro andrebbe applicata dapprima alla locazione, quindi al preliminare di vendita ed infine al contratto definitivo di vendita: in sostanza prima ai canoni di locazione, quindi agli acconti ed infine al valore- corrispettivo della compravendita.207
Riguardo il momento in cui l’operazione è considerata effettuata nella disciplina dell’imposta di registro, rimangono valide le interpretazioni della Cassazione con sentenza n. 13315 del 2013 e dell’Amministrazione Finanziaria con Risoluzione n. 338/E del 2008; come in precedenza, nell’assimilare la locazione con patto di futura vendita con la vendita con riserva di proprietà, si ritiene che tale momento sia la stipula del contratto. Di conseguenza, la base imponibile coincide col valore del bene al momento della configurazione del contratto stesso.
Un altro aspetto importante, che si presenta nel tentativo di risalire ad un inquadramento del regime tributario del rent to buy, riguarda il recupero delle somme corrisposte periodicamente durante la fase iniziale di godimento; tale questione necessita di essere esaminata per via del rischio di doppia imposizione a cui potenzialmente risulta esposto il prezzo di cessione. Così, ad esempio, se il recupero avviene con una riduzione del prezzo finale di cessione, in virtù di un accordo tra le
parti, ciò non rileva al momento del trasferimento ai fini impositivi dell’imposta di registro «poiché l’imposta si applica sul valore venale, salva l’ipotesi in cui il corrispettivo sia superiore, o sul valore catastale in caso di opzione per il prezzo- valore».208 Invece, nell’eventualità peraltro già ipotizzata che il recupero sia previsto contrattualmente tramite l’imputazione di tali somme al prezzo di trasferimento, quest’ultime vengono trattate come acconti sul medesimo prezzo: in tali termini, quindi, si applica l’imposta di registro in misura fissa, ai sensi dell’art. 10 della tariffa allegata al
T.U.R. relativamente ai preliminari di ogni specie. Pertanto, l’imposta di registro pagata inizialmente per gli acconti viene scomputata da quella dovuta sul contratto definitivo. Sulla parte degli importi periodici qualificati canoni di locazione, ovviamente, si applica il registro secondo la disciplina delle locazioni.209
In quest’ultima ipotesi, ossia quella in cui i canoni locatizi vengano imputati al prezzo finale di cessione, si presenta nel momento della stipula contratto definitivo di vendita un rischio di doppia imposizione: per evitarla può essere applicata per equiparazione la nota dell’art. 10 della tariffa, parte I, allegata al D.P.R. n. 131/1986 che prevede il pagamento dell’imposta di registro in misura proporzionale sulle caparre e sugli acconti stabiliti nei preliminari al momento della tassazione del contratto definitivo;210 al contratto definitivo, invece, stipulato in caso di esercizio del diritto di opzione, per i trasferimenti soggetti ad Iva con concedente che agisce in regime d’impresa, in virtù del principio di alternatività, l’imposta verrà applicata in misura fissa. Nel versante dell’imposizione diretta l’equiparazione risulta più agevole – pur presentando comunque delle criticità, come si vedrà in seguito –, poiché occorre concentrarsi solo sulla qualificazione del reddito che deriva da tale schema contrattuale e, quindi, operare una ricostruzione della normativa considerando la natura delle parti contraenti, nonché l’oggetto del contratto stesso. Dalla definizione civilistica dell’art. 23 del D.L. n. 133/2014 non risultano particolari limiti alla natura delle parti, pertanto il concedente, così come il conduttore acquirente, possono essere tanto un privato quanto
un soggetto operante in regime d’impresa.
208 STRADINI F., op. cit., 1318.
209 ROMOLI R., op. cit., 16.
2.4 L’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate: la Circolare n. 4/E del 2015
Il regime impositivo del rent to buy è strettamente legato al «binomio tipico-atipico» derivante dalle definizioni della sfera civilistica.211 Nel caso di schema con contratto di locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti, la norma offre un più o meno preciso trattamento tributario, che però risulta incompleto e, forse, sminuisce la portata legislativa dell’art. 23 del decreto Sblocca Italia.
In risposta a questo, la Circolare n. 4/E del 19 febbraio 2015 dell’Agenzia delle Entrate rappresenta l’unico documento di prassi finalizzata ad hoc in materia di rent to buy, quale fattispecie introdotta dall’art. 23 del D.L. n. 133/2014.
L’orientamento dell’Agenzia si fonda sui consolidati pareri giurisprudenziali secondo cui, ai sensi dell’art. 27, comma 3, del T.U.R. «non sono considerati sottoposti a condizione sospensiva le vendite con riserva di proprietà e gli atti sottoposti a condizione che fanno dipendere gli effetti dalla mera volontà dell’acquirente o del creditore»; al tempo stesso nella Circolare si evince la non applicabilità dell’art. 2, comma 2, n. 2 del Decreto Iva, per cui costituiscono cessioni di beni le locazioni con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per entrambe le parti. Tale premessa comporta che, nella definizione del regime tributario del rent to buy, l’Amministrazione Finanziaria non concorda nella totale equiparazione con la locazione con patto di futura vendita, ma suggerisce di distinguere due momenti impositivi autonomi, riguardanti rispettivamente la fase della locazione collegata al preliminare e quella della vendita;212 tuttavia, anche questa impostazione non è esente da difficoltà di inquadramento – soprattutto riguardo l’imposta di registro – poiché i regimi impositivi previsti per le due fasi variano a seconda dei soggetti coinvolti. Pertanto, la Circolare n. 4/E tenta di trovare rimedi per il coordinamento della tassazione applicabile al momento del trasferimento, poiché, anche a causa della composizione bipartita della rata, il rischio di una doppia imposizione risulta sempre presente.
La ratio dell’orientamento della Circolare è, dunque, quella di diversificare puntualmente il trattamento fiscale da applicare al canone corrisposto dal conduttore
211 XXXXXXXX A., op. cit., 445.
212 Cfr. CARUNCHIO S., op. cit., 15.
«in considerazione della funzione per la quale dette somme sono corrisposte», cioè da un lato assimilando, ai fini fiscali, l’immediata concessione del godimento dell’immobile a fronte del pagamento dei canoni di locazione, da un altro lato, assimilando ai fini fiscali e fin da subito la quota di canone destinata ad essere imputata al corrispettivo del trasferimento – la quale ad avviso dell’Agenzia ha natura di anticipazione del suddetto corrispettivo – come acconti sul prezzo della successiva vendita dell’immobile.
Tale approccio fa rientrare il rent to buy a tutti gli effetti in una logica tributaria di “doppio contratto”, ovvero una meccanica combinazione di contratti rappresentata da una locazione e da un preliminare, che tuttavia ripropone i soliti dubbi sulla vera essenza del contratto.213 Pertanto, poiché il rent to buy è «un contratto unitario ma complesso, a causa tipica e unitaria ma mista, a forma libera ma sostanzialmente notoria nella pratica e per cui non sono previste limitazioni né per l’oggetto né per le parti», l’Agenzia delle Entrate cerca di dare una convincente risposta, soprattutto nell’ambito di applicazione dell’imposta di registro in alternatività parziale con l’imposta sul valore aggiunto, in modo da ricostruirne la tassazione nel modo più lineare possibile.214
2.4.1 La distinzione del regime impositivo in ambito Iva a seconda dei soggetti coinvolti
Come è stato anticipato, nella Circolare n. 4/E del 19 febbraio 2015, l’Amministrazione Finanziaria suggerisce di diversificare le modalità di tassazione in base alle due componenti del canone, rimandando rispettivamente alla disciplina della locazione e a quella delle cessioni.
La ratio seguita dall’Agenzia rende applicabile, senza troppi problemi, sia il regime fiscale della normale locazione, che quello della compravendita. Pertanto, per quanto riguarda la parte del canone relativa al godimento «si ritiene che detto godimento deve essere assimilato, ai fini fiscali, alla locazione dell’immobile e pertanto trovano applicazione le disposizioni previste per i contratti di locazione»; quindi, nel caso in cui il concedente sia un soggetto Iva, la quota di canone relativa alla locazione assume rilevanza ai fini del tributo e deve essere fatturata al momento del pagamento ai sensi
213 Cfr. XXXXXXXX A., op. cit., 448.
214 CARUNCHIO S., op. cit., 14.
dell’art. 6 del D.P.R. n. 633/1972., in regime di imponibilità o di esenzione secondo la disciplina prevista per le locazioni, ex art. 10, comma 1, n. 8 del D.P.R. n. 633/1972, o esercitando espressamente l’eventuale opzione per l’imponibilità Iva del rent to buy. Invece, per quanto riguarda la parte di canone destinata ad acconto-prezzo ai sensi dell’art. 6, comma 4 del decreto Iva, la fatturazione deve essere effettuata al momento del pagamento e – anche se non vi è un esplicito richiamo nella Circolare – il trattamento risulta lo stesso che viene riservato ai corrispettivi dei trasferimenti immobiliari.215 Tuttavia, considerato l’integrale richiamo alla disciplina ex art. 10, comma 1, «si ritiene che l’opzione possa essere esercitata laddove ne ricorrano i presupposti rispetto alle suddette somme, nel contratto di godimento, con conseguente applicazione del meccanismo del reverse charge ai sensi dell’art. 17, comma 6, se il conduttore è soggetto passivo Iva».216
Conseguentemente, quindi, nel rent to buy potrebbero applicarsi due distinte opzioni per l’imponibilità Iva, ciascuna in presenza delle rispettive condizioni di legge: una relativa alla quota dei canoni tassata secondo la disciplina della locazione, l’altra relativa alla quota dei canoni tassata secondo la disciplina degli acconti-prezzo. L’aliquota applicabile sulla quota acconto sarà quella che ipoteticamente verrà applicata al momento della cessione dell’immobile. In questa situazione si potrebbero incontrare delle difficoltà nel caso in cui l’aliquota applicabile al momento della cessione risulti più bassa – come ad esempio, per applicazione dell’agevolazione per la prima casa – o più alta di quella applicabile sugli acconti.217 In tal caso, la Circolare n. 4/E chiarisce che «è sempre possibile operare una variazione dell’imposta, ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972, senza alcun limite temporale rispetto al momento di effettuazione dell’operazione» a differenza del limite temporale di un anno previsto in tutti gli altri casi di variazione di imposta.
Relativamente alla questione riguardante la seconda fase del contratto, poiché nella citata Circolare il rent to buy non viene ricondotto sistematicamente alla locazione con patto di futura vendita vincolante per entrambe le parti, occorre distinguere due ipotesi:
a) qualora il conduttore eserciti il diritto di acquisto, l’atto di trasferimento assume rilevanza secondo le ordinarie regole delle cessioni immobiliari e, nel caso si tratti di
215 Si fa riferimento alla già citata circolare n. 22/E del 2013 dell’Agenzia delle Entrate.
216 XXXXXXXX A., op. cit., 448.
217 CARUNCHIO S., op. cit., 21.
operazione imponibile, si applica l’Iva sul prezzo della cessione decurtato degli acconti- prezzo pagati fino a quel momento; b) se, invece, non avviene l’esercizio del diritto d’acquisto da parte del conduttore, il concedente deve emettere una nota di variazione in diminuzione, ai sensi del citato art. 26, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, con riferimento all’ammontare complessivo delle somme versate durante la fase del godimento a titolo di acconto sul prezzo di vendita, in quanto «non verificandosi l’effetto traslativo della cessione, il presupposto dell’applicazione dell’Iva sulle somme relative agli acconti versati dal conduttore sul prezzo di vendita viene a mancare».218
Rimane in sospeso il trattamento delle somme che, ai sensi del comma 1-bis del citato art. 23 devono essere restituite al conduttore nell’ipotesi di mancato adempimento da parte del concedente. Secondo la Circolare dell’Agenzia delle Entrate, la quota trattenuta dal concedente «assume la natura di corrispettivo dovuto per l’esercizio del diritto riconosciuto al conduttore e, conseguentemente, deve essere assoggettata ad Iva, con aliquota ordinaria, secondo le regole ordinarie previste per le prestazioni di servizi di cui all’art. 3 del D.P.R. n. 633/1972».
2.4.2 L’articolo 21, comma 1 del D.P.R. 131/1986 e l’applicazione dell’imposta di registro
L’Agenzia delle Entrate nell’esposizione del trattamento fiscale del rent to buy ai fini dell’imposta di registro ritiene di dovere fare riferimento ai principi dettati dall’art. 21
D.P.R. n. 131/1986, ai sensi del quale «rilevano autonomamente le singole disposizioni contenute nell’atto che siano espressione di una autonoma capacità contributiva»; ciò risulta in linea con l’assunto che il rent to buy sia un contratto complesso, che nasce dalla combinazione di due contratti distinti.
Riguardo la disciplina della parte di canone imputata al godimento dell’immobile trova applicazione il regime fiscale della locazione classica, secondo il già citato combinato disposto degli artt. 3 e 17 del T.U.R. e 5 della parte I della tariffa allegata. Di conseguenza, nel rent to buy sarebbe possibile, come per una semplice locazione di durata pluriennale con opzione d’acquisto, assolvere l’imposta annualmente sul
corrispettivo pattuito per ciascun anno oppure in unica soluzione sul corrispettivo pattuito per l’intera durata del contratto, ma con una riduzione in tal caso dell’imposta dovuta e con diritto al rimborso del tributo relativo alle annualità successive in caso di risoluzione anticipata del contratto.219 Questa lineare applicazione del regime classico della locazione al rent to buy, in linea di principio, sembrerebbe consentire l’esercizio dell’opzione per la tassazione con cedolare secca relativamente alla fase di godimento; tale aspetto, nel rispetto dei requisiti imposti dal regime agevolativo, comporterebbe l’esenzione dal pagamento dell’imposta di registro.220
Per la quota dei canoni da imputare ad anticipo del corrispettivo di trasferimento, l’imposta di registro proporzionale nella misura del 3 per cento, ai sensi dell’art. 9 della tariffa, parte I, allegata al T.U.R., è dovuta sull’importo complessivo degli acconti pattuiti se non soggetti ad Iva. La Circolare precisa che «qualora l’imposta proporzionale di registro applicata in relazione al canone di locazione unitamente all’imposta proporzionale di registro sull’acconto prezzo risulti complessivamente inferiore all’importo di euro 200, deve essere corrisposta l’imposta di registro nella misura di 200 euro».
Il successivo ed eventuale atto di trasferimento dell’immobile concesso in godimento è soggetto, in linea generale, all’imposta di registro proporzionale ai sensi degli artt. 1 della tariffa, parte I, allegata la T.U.R. e 10 del D.lgs. n. 23/2011, tenuto conto del principio di alternatività con l’Iva ai sensi dell’art. 40 del D.P.R. n. 131/1986.
La base imponibile è costituita dal valore del bene al momento del trasferimento, calcolando l’imposta sul valore dichiarato dalle parti o, se superiore, sul corrispettivo – ex artt. 43 e 51 del T.U.R. –, salva la possibilità di optare, in presenza dei presupposti di legge, per l’applicazione dell’imposta sul valore catastale.
Il regime impositivo indiretto proposto dall’Agenzia dell’Entrate si sviluppa, quindi, essenzialmente sui meccanismi classici della locazione e della compravendita, combinati e distinti nei due momenti; tuttavia, nel caso di locatore soggetto Iva, il canone mensile, nonostante il pagamento unitario, presenta una doppia componente – una relativa al solo godimento dell’immobile e un’altra relativa all’acconto sul corrispettivo – che sconta autonomamente una doppia imposta in funzione del citato principio di alternatività. A riguardo, si presenta la questione forse più interessante che la Circolare
219 ROMOLI R., op. cit., 12.
n. 4/E offre, ossia il sovrapporsi, a causa dell’alternatività parziale, di due imposte di registro in misura fissa. La prima è quella dovuta nella misura fissa sulla quota canone; la seconda è quella dovuta sulla quota acconto. La Circolare, con riferimento all’art. 21, comma 1, del T.U.R. prevede che entrambe queste imposte di registro si debbano versare, ma «la conclusione sembrerebbe che debba essere invece quella di doverne corrispondere una sola».221 Tale conclusione è avvalorata dal considerare, esattamente come proposto dall’Agenzia delle Entrate, il contratto di rent to buy come un contratto complesso. Pertanto, in questa direzione sembra più corretto affermare che non è il comma 1 dell’art. 21 che deve essere applicato, ma il comma 2 che recita: «se le disposizioni contenute nell'atto derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, l'imposta si applica come se l'atto contenesse la sola disposizione che dà luogo alla imposizione più onerosa». Inoltre, per prassi consolidata, nel caso in cui un’operazione soggetta a imposta sul valore aggiunto possa prevedere l’applicazione di più imposte di registro in misura fissa, una sola di esse deve essere corrisposta. 222
Un ulteriore questione che si presenta nella lettura della Circolare n. 4/E del 2015, già in parte trattata, è legata al rischio di doppia imposizione in ambito di imposta di registro. Nella Circolare in questione si legge, per quanto riguarda il contratto di trasferimento, che «per determinare l’imposta di registro da applicare in sede di trasferimento, si ritiene, inoltre, applicabile la disciplina dettata dalla nota all’art. 10 della tariffa, parte I, del T.U.R. per i contratti preliminari di compravendita, secondo la quale dall’imposta di registro dovuta per il contratto definitivo deve essere scomputata l’imposta di registro al fine di evitare una doppia tassazione delle medesime somme». Qualora tale imposta dovesse risultare superiore a quella dovuta per il contratto di trasferimento, in base a quanto affermato dalla precedente Circolare n. 18/E del 29 maggio 2013 «spetta il rimborso della maggiore imposta versata, secondo le regole previste dall’art. 77 del T.U.R.».
Dato che anche in questo caso si verifica il sovrapporsi di due imposte che si riferiscono ad un unico importo dalla doppia natura, ci si interroga su come imputare all’imposta principale sul trasferimento del bene le imposte di registro corrisposte sulle quote acconto. L’Agenzia delle Entrate, nella citata Circolare n. 4/E, si esprime per l’applicazione della nota all’art. 10 della Parte I della tariffa allegata al D.P.R. n.
221 CARUNCHIO S., op. cit., 28.
222 Dalla lettura combinata delle Circolare n. 10/E del 2010 e n. 18/E del 2013 dell’Agenzia delle Entrate.
131/1986, e cioè di applicare il metodo “imposta da imposta”: la nota stabilisce che «se il contratto preliminare prevede il pagamento di acconti di prezzo non soggetti all’imposta sul valore aggiunto ai sensi degli artt. 5, comma 2, e 40 del T.U.R. si applica il precedente art. 9. In entrambi i casi l’imposta pagata è imputata all’imposta principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo».
La soluzione indicata dall’Amministrazione Finanziaria «potrebbe non soddisfare pienamente le esigenze che sono alla base del nuovo contratto di godimento».223 Infatti, la difficile connotazione civilistica del rent to buy, a cui deve fare fronte anche l’Agenzia delle Entrate, manifesta ancora la sua incoerenza sul piano tributario.
L’Agenzia, infatti, cerca di evitare il rischio di doppia imposizione, in relazione alle quote-acconto prezzo, applicando le regole previste per il contratto preliminare alla componente di canone relativa al godimento. Ma se l’Amministrazione Finanziaria inquadra il rent to buy come un contratto definito e complesso, frutto di una combinazione di contratti tipici, in cui il regime impositivo è strettamente legato a queste fattispecie, il richiamo esplicito alla tassazione del preliminare sembra fuori luogo e mette nuovamente in dubbio la meccanica tributaria del contratto. Su questo punto, sono condivisibili le ragioni enunciate dalla Fondazione Nazionale dei Commercialisti a favore dell’esclusione dell’equiparazione con il contratto preliminare; le motivazioni derivano dalla constatazione che il contratto preliminare è un contratto obbligatorio con il quale ambedue le parti del rapporto si obbligano, appunto, alla stipula del futuro contratto definitivo; mentre nel caso del rent to buy, come inteso dalla Circolare n. 4/E del 2015, la conclusione del futuro contratto di compravendita è esclusivamente opzionale.224
Pertanto, sembra possibile indirizzarsi a ciò che l’Agenzia indica quale norma da applicarsi per la corretta imposizione, senza però che essa in realtà mai venga richiamata nel documento in esame, ovvero l’art. 20 del D.P.R. n. 131/1986. La sovrapposizione di imposte, quindi, sembrerebbe potersi risolvere, riconducendo definitivamente il tutto ad un’unica espressione contributiva, non tanto in funzione dell’art. 21 del T.U.R. o dell’art. 10 della tariffa allegata, parte I, quanto piuttosto attraverso l’art. 20 richiamato.225 Infatti, attraverso l’applicazione dell’art. 20, è possibile
223 XXXXXXXX A., op. cit., 451.
224 CARUNCHIO S., op. cit., 29.
225 Ibidem.
sostenere che «in caso di sovrapposizione di due imposte di registro, questa doppia imposizione debba essere eliminata attraverso la corresponsione della sola imposta sulle quote acconto; mentre nell’altro caso, quello concernente l’imputazione di quanto corrisposto nella fase del godimento a quanto si deve corrispondere al momento del trasferimento della proprietà, sembra potersi affermare che debba essere preferito in generale il metodo base da base, mentre, solo nel caso di applicazione del prezzo-valore debba essere applicato il metodo imposta da imposta. In questa maniera pare che il principio della capacità contributiva e quella della giusta imposta siano perfettamente rispettati».226
Secondo autorevole dottrina, quindi, la riqualificazione di più atti – con le rispettive imposte di registro – in un’unica operazione, può avvenire solo se si chiama in causa il citato art. 20 del T.U.R.;227 e ciò legittimerebbe il rent to buy come un unico atto complesso. Difatti, l’art. 21 del D.P.R. n. 131/1986 a cui fa riferimento la Circolare n. 4/E si applica nel caso in cui differenti accordi siano presenti nel medesimo documento, mentre l’art. 20 può essere applicato nel caso in cui differenti accordi siano manifestati in documenti diversi;228 quest’ultima ipotesi risulta coerente con l’inquadramento del rent to buy fornito dall’Agenzia.
L’esigenza di evitare una doppia imposizione e, soprattutto, «di assicurare un’invarianza della tassazione dell’acquisto immobiliare effettuato tramite il rent to buy rispetto ad una normale compravendita», in virtù della ratio proposta dall’Agenzia delle Entrate, potrebbe giustificare l’orientamento che considera il valore dell’imposta di registro dovuta per il trasferimento come importo massimo per la tassazione delle somme pagate durante la fase del godimento ed assimilate ad acconti prezzo.229 In altri termini, come visto in precedenza per la semplice locazione con opzione d’acquisto, in un rent to buy che già prefiguri i requisiti rilevanti per la tassazione del successivo trasferimento, l’imposta proporzionale di registro per la quota del canone destinata agli acconti sul corrispettivo si applicherebbe fino a concorrenza di quella che dovuta per il
226 CARUNCHIO S., op. cit., 29.
227 Sulla portata dell’art. 20 del T.U.R., Cfr. XXXXX X., op. cit., 115 e ss; CORASANITI G., L'art.20 del T.U. dell'imposta di registro e gli strumenti di contrasto all'elusione: brevi spunti ricostruttivi a margine di due contrastanti pronunce della giurisprudenza di merito, in «Diritto e pratica tributaria», 2010, 3; ZIZZO G., Imposta di registro e atti collegati, in «Rassegna tributaria», 2013, 4.
228 CARUNCHIO S., op. cit., 30.
229 XXXXXXXX A., op. cit., 451.
definitivo, procedendo negli altri casi con il rimborso dell’eccedenza, ex art. 77 del D.P.R. n. 131/1986.
Per quanto riguarda l’ipotesi di risoluzione del contratto, nella normativa sull’imposta di registro è necessario menzionare l’art. 28 del D.P.R. n. 131/1986, che recita «la risoluzione del contratto è soggetta all'imposta in misura fissa se dipende da clausola o da condizione risolutiva espressa contenuta nel contratto stesso ovvero stipulata mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata entro il secondo giorno non festivo successivo a quello in cui è stato concluso il contratto. Se è previsto un corrispettivo per la risoluzione, sul relativo ammontare si applica l'imposta proporzionale prevista dall'art. 6 o quella prevista dall'art. 9 della parte prima della tariffa. 2. In ogni altro caso l'imposta è dovuta per le prestazioni derivanti dalla risoluzione, considerando comunque, ai fini della determinazione dell'imposta proporzionale, l'eventuale corrispettivo della risoluzione come maggiorazione delle prestazioni stesse».
Come è stato illustrato in precedenza, nel rent to buy è prevista la risoluzione per inadempimento sia per causa del concedente che del conduttore. Pertanto si può concludere che la fattispecie prospettata sia da ricondurre all’ambito applicativo del sopra citato comma 1 dell’art. 28 del T.U.R.: trattandosi di una “clausola risolutiva espressa”, quindi, su tale registrazione deve essere applicata, come regola generale, l’imposta di registro in misura fissa.
Pertanto, qualora l’inadempimento sia causato dal concedente, che non si è attenuto al vincolo di trasferimento della cosa, come già accennato questi è obbligato a restituire la quota acconto maggiorata degli interessi legali. Su questa restituzione, dunque si dovrà corrispondere l’imposta di registro in misura fissa ex art. 28 del T.U.R, comma 1. Il concedente però potrebbe essere citato in giudizio dalla parte adempiente per essere costretto a concludere il contratto, ai sensi del dell’art. 2932 c.c. e in questo caso il giudice può emettere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso. Su questa sentenza, in applicazione dell’art. 8, lett. a), della parte I della tariffa allegata al T.U.R., va invece corrisposta l’imposta di registro secondo quanto previsto dall’art. 1 della parte I della citata tariffa, esattamente come se il contratto di trasferimento del bene fosse effettivamente concluso fra le parti.230
230 Cfr. CARUNCHIO X., op. cit., 32.
Maggiori criticità presenta la tassazione della risoluzione derivante da inadempimento del conduttore. Si ricorda che l’art. 23 del D.L. n. 133/2014 prevede, in questo caso, che il conduttore debba restituire l’immobile e che il concedente acquisisca interamente a titolo di indennità i canoni già percepiti. Parte della dottrina si interroga sul termine “indennità” e sulla possibile equiparazione della tassazione con il “corrispettivo” indicato nel primo comma dell’art. 28 del T.U.R, secondo cui sconterebbe l’imposta con aliquota dello 0,50 %;231 in caso contrario, non dovrebbe essere applicata nessuna imposta. Tuttavia, una difficoltà deriva, ancora una volta, dalla poca chiarezza della norma civilistica, poiché, per estensione, le somme corrisposte risultano essere semplicemente degli acconti sul corrispettivo che possono però diventare indennizzi al verificarsi dell’inadempimento. Pertanto, si ritiene che nel rent to buy agli importi trattenuti dal concedente come indennità, che coincidono solo alla quota destinata ad acconto sul corrispettivo, venga applicata l’imposta di registro ad aliquota proporzionale. Tale regime implicherebbe, quindi, l’assorbimento della misura fissa prevista generalmente per la risoluzione del contratto dall’art. 28, comma 1.
2.4.3 L’applicazione delle imposte dirette
La ratio di diversificazione delle componenti della rata del rent to buy proposta dalla Circolare n. 4/E del 2015 viene mantenuta anche sul versante dell’imposizione diretta e non comporta molti problemi di interpretazione.
Come visto in precedenza, in capo ai regimi fiscali dei singoli contratti, in presenza di concedente-imprenditore, durante la fase del godimento rilevano quali componenti positivi del reddito di impresa solo le quote del canone considerate come canoni di locazione. Invece, per quanto riguarda la quota in acconto prezzo, la Circolare n. 4/E afferma che «la parte di canone imputata al corrispettivo del trasferimento, essendo la stessa un acconto versato dal conduttore come anticipo sul prezzo di vendita che per il concedente rappresenta un debito».
In seguito all’esercizio dell’opzione d’acquisto per il concedente titolare di un reddito di impresa emerge un componente positivo di reddito in relazione al
231 CARUNCHIO S., op. cit., 32.
corrispettivo della cessione al lordo degli acconti. Al contrario, invece, se il conduttore non esercita il suddetto diritto oppure provoca la risoluzione per inadempimento, per il concedente assume rilevanza reddituale la sola parte di canone destinata all’imputazione non restituita e trattenuta dal concedente come indennità ai sensi dell’art. 23, comma 1-bis, del D.L. n. 133/2014.
Nel caso di concedente-soggetto privato, la quota del canone riferibile al godimento dell’immobile deve essere assoggettata a imposizione secondo le regole fissate per la locazione classica, ai sensi dell’art. 37, comma 4-bis del D.P.R. n. 917/1986, già viste in precedenza. Di conseguenza, il concedente ha la facoltà di optare per il regime della cedolare secca, in presenza dei presupposti di cui all’art. 3 del D.lgs. n. 23/2011, riguardo la sola quota di canone relativa al godimento dell’immobile.
Nel caso di trasferimento dell’immobile, l’importo della cessione – al lordo delle quote di canone imputate – viene assoggettato ad imposta secondo la disciplina dei redditi diversi di cui all’art. 67, comma 1, del T.U.I.R. al momento dell’effettuazione dell’operazione. Qualora, invece, questo non avvenga – o per scelta del conduttore o per suo inadempimento – per il concedente assumono rilevanza reddituale le somme trattenute, che rappresentano ancora un reddito diverso ex art. 67, comma 1, poiché considerate come remunerazione per il proprietario del diritto di acquisto concesso al conduttore, «la cui percezione sarebbe condizionata al mancato esercizio del suddetto diritto».232
232 XXXXXXXX A., op. cit., 453.
CAPITOLO TERZO
LA LOCAZIONE FINANZIARA COME TIPOLOGIA RESIDUALE AL GODIMENTO DEI BENI IMMOBILI IN FUNZIONE DELLA SUCCESSIVA ALIENAZIONE
3.1 Il rent to buy è contratto ad hoc per la crisi?
Dall’analisi sin qui svolta, si può senz’altro affermare che il rent to buy, sin dal suo ingresso nella normativa italiana, ha dovuto affrontare lo scetticismo degli operatori immobiliari e dei notai, nonché di tutti quei soggetti a cui l’intervento legislativo era principalmente rivolto; infatti, benché tale formula è stata definita a più riprese come
«un contratto figlio della crisi economica», va evidenziato che al momento della sua pratica applicazione ha dimostrato più lacune e incertezze che altro.233
Nei mesi successivi all’ingresso nella normativa dell’art. 23 del decreto Sblocca Italia, la diffusione dell’istituto è risultata molto limitata, nonostante il principale fine del rent to buy fosse appunto quello di rilanciare la situazione immobiliare: secondo le statistiche fornite dalla Banca d’Italia, solo il 4,4 % delle operazioni immobiliari hanno interessato contratti di rent to buy.234 Un dato molto deludente rispetto alle aspettative del legislatore.
In merito, risulta evidente che la mancanza di un’univoca disciplina tributaria ha penalizzato e disincentivato il ricorso a tale istituto, peraltro proprio da parte dei medesimi soggetti che dovevano essere agevolati nell’acquisto o nella vendita di immobili. Inoltre, le problematiche che hanno scoraggiato l’uso di questa formula sono legate alla espressa convinzione che «l’interpretazione delle leggi vigenti sia stato troppo circoscritta negli istituti già noti» e, quindi, non ne hanno valorizzato
233 Cfr. VAIRA M., op. cit., 223 e ss.
234 Per consultare l’intero report sul mercato abitativo 2015 redatto dalla Banca d’Italia, si rimanda al sito
xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxxxxxxx/xxxxxxxxx-xxxxxxxxxx/0000-xxxxxxxxx-xxxxxxxxxx.
adeguatamente la portata legislativa. Infatti, la maggiore criticità del contratto di cui all’art. 23 del D.L. n. 133/2014, paradossalmente, si sviluppa proprio nel tentativo di racchiudere dentro la suddetta normativa una formula che nella prassi ha dimostrato di possedere più forme. Ciò porta a ritenere, a conferma di quanto esaminato in precedenza, che i contratti utilizzati prima dell’ingresso del rent to buy fossero già definibili e definiti tali ancora prima del decreto Sblocca Italia; pertanto, quantomeno da un punto di vista civilistico, sembrerebbe più corretto definire questo istituto più come uno schema contrattuale che come un contratto vero e proprio. Tuttavia, esistono molti indizi che pongono la fattispecie come un contratto tipico e determinato.
L’equivoco di cui si discute nasce probabilmente sia dalla lettura dell’art. 23, che dà una precisa disciplina soprattutto della trascrizione, che dalla prassi iniziale seguita dagli addetti ai lavori: infatti, riguardo questo aspetto, il rent to buy è stato inizialmente accolto con entusiasmo dagli operatori immobiliari proprio perché, grazie all’incompletezza della norma, concedeva molta libertà soprattutto nel diritto d’opzione. A questo si riconducono i dubbi sulla natura del rent to buy come schema contrattuale.235 Infatti, appurato che nella fattispecie sussistessero sia locazione che la cessione, si riteneva il collegamento potesse avvenire sia con un semplice diritto d’opzione, che con un preliminare collegato unilaterale oppure con una clausola di trasferimento vincolante per ambedue le parti; di conseguenza, in relazione anche al principio enunciato dalla Sentenza n. 13315 del 2013 della Cassazione, il regime impositivo si evinceva dall’equiparazione con gli altri istituti, a seconda del tipo di clausola inserita.
Da qui, però, nasceva anche la confusione su un istituto che, nonostante le pretese di rivoluzionare il mercato immobiliare, si perdeva nei meccanismi di altre formule; per certi versi appariva una di quelle scellerate manovre di marketing, da “ultima spiaggia”, che ripropone al mercato un prodotto vecchio, con un nome nuovo, per poter sfruttare “l’effetto novità”.
Tuttavia, il rent to buy presentava già delle caratteristiche che lo distinguevano da figure affini, anche se in maniera meno netta: ad esempio, la locazione con patto di futura vendita, come illustrato in precedenza, non è sottoposta alla disciplina vincolistica di cui alle leggi speciali n. 392/1978 e n. 431/1998 e, inoltre, la trascrizione
235 Come illustrato in precedenza, la dottrina notarile riconosce al rent to buy molteplici forme; si veda XXXXXX A., op.cit.; CASTELLANO P., op. cit.; VAXXX X., op. cit.; DEXXXXX X., op. cit.; BIXXXX X., op. cit.
del preliminare collegato ha una durata «non oltre l’anno rispetto alla data fissata per il definitivo e comunque non oltre tre anni», ai sensi dell’art. 2645-bis c.c., mentre nel rent to buy è esplicitamente indicata la durata di dieci anni. Lo stesso discorso vale per il preliminare con effetti anticipati e la locazione con opzione d’acquisto: per la prima fattispecie si richiama ancora l’art. 2645-bis c.c., mentre nella seconda, invece, occorre constatare che il patto d’opzione ex art. 1331 c.c. non è di per sé trascrivibile.
Risulta chiaro, quindi, che l’intenzione del legislatore era assolutamente quella di creare un contratto nuovo, con una propria disciplina. Ciononostante, per poter dare credibilità e affidabilità al rent to buy è stato fondamentale aggiungere il comma 1-bis dell’art. 23, in sede di conversione del decreto; la disposizione di cui al comma 1-bis, difatti, implica distintamente la volontà del legislatore di definire inequivocabilmente una fattispecie complessa tipica che prevede la facoltà di acquistare e non l’obbligo. Ad ulteriore conferma di questo, si consideri la disciplina della tutela delle parti, in caso di inadempimento da parte del concedente o del conduttore: in tal caso, ai sensi del comma 5-bis dell’art. 23, risulta addirittura essere il rent to buy a regolare l’ambito della restituzione della quota-acconto di altri istituti, quali la vendita con riserva di proprietà e la locazione con patto di futura vendita vincolante per entrambe le parti.
Ovviamente, per una materia che non dispone di esplicito regime impositivo nella normativa, tutte le incertezze del lato civilistico si ripercuotono sul lato tributario. Come illustrato in precedenza, a tale incombenza ha tentato di porre rimedio l’Agenzia delle Entrata con la Circolare n. 4/E del 19 febbraio 2015, attraverso cui ha offerto una dettagliata ricostruzione del regime impositivo del rent to buy, conferendo un’interpretazione condivisibile riguardo gli oneri impositivi derivanti dal contratto e accrescendo l’affidabilità dell’istituto, nonostante alcune lacune della stessa Circolare.236 L’orientamento offerto dell’Amministrazione Finanziaria, difatti, nel considerare il rent to buy un contratto “doppio”, indubbiamente, semplifica l’interpretazione del regime tributario e, di conseguenza, il ricorso all’istituto; tuttavia, non si può ignorare che l’apporto interpretativo dell’Agenzia delle Entrate sia stato un tentativo di “salvataggio” in corso d’opera, dettato più dalla volontà di recuperare un contratto poco
utilizzato, che dal rispetto della ratio legislativa originale.237
236 Cfr. XXXXXXXX A., op. cit., 459.
237 STRADINI F., op. cit., 1308.
Nella trattazione del rent to buy, data la sua natura ambigua e non completamente disciplinata, il rischio di fraintendere la norma o, generalmente, di sminuirla risulta sempre presente; infatti, anche in seguito alla Circolare n. 4/E permane una sorta di “coperta corta” legislativa tra il lato tributario e quello civilistico, per cui qualsiasi considerazione sul primo versante evidenzia lacune nel secondo, e viceversa.
Su questo aspetto, è condivisibile il richiamo della Circolare all’art. 21, comma 1, del
D.P.R. n. 131/1986 – e più in generale, l’implicito riferimento all’interpretazione degli atti ex art. 20 del T.U.R. – che attribuisce così distinta rilevanza alle singole disposizioni, che sono espressione di autonoma capacità contributiva, ma le riconduce ad un’unica operazione impositiva, conferendo un equilibrio, seppure fragile e tutto da verificare nell’arco del tempo, all’istituto.238
Il merito principale da riconoscere al legislatore nell’introduzione dell’art. 23 del
D.L. n. 133/2014 è quello di aver delineato i contorni di una fattispecie contrattuale che per troppo tempo si è affidata alla prassi; il versante fiscale basato sulle sole interpretazioni, indubbiamente, risulta un’ingombrante ombra sulla valutazione dell’istituto, ma la ratio proposta dall’Amministrazione Finanziaria sembra essere un ottimo punto di partenza.
Sull’efficacia economica del rent to buy, tuttavia, tenuto conto della sua scarsa diffusione dovuta anche alle già illustrate difficoltà di inquadramento in ambito tributario e civilistico, non può che evidenziarsi anche l’inefficacia nel rilanciare il settore immobiliare, in particolare quello abitativo.
A riguardo, la Legge di Stabilità 2016 ha previsto, tra l’altro, la disciplina del leasing abitativo per l’acquisto dell’abitazione principale. Tale istituto merita un confronto con il rent to buy non solo per l’obiettivo in comune di entrambe le fattispecie, ma anche per la somiglianza del meccanismo di “riscatto”; per il resto, sono due formule con basi civilistiche e tributarie completamente diverse, dato che il leasing abitativo è un’estensione della locazione finanziaria per il mercato immobiliare.
238 CARUNCHIO S., op. cit., 32.
3.2 Inquadramento del c.d. leasing immobiliare e le novità del leasing abitativo alla luce della Legge di Stabilità 2016
La locazione finanziaria finalizzata all’acquisto di beni immobili, il c.d. leasing immobiliare, trova una nuova applicazione per gli immobili da adibire ad abitazione principale con il nuovo leasing abitativo introdotto dall’art. 1, precisamente nei commi da 76 a 84, della Legge n. 208 del 28 dicembre 2015, nota come Legge di Stabilità 2016. L’intento del legislatore, al pari di quanto evidenziato in materia di rent to buy, è di concedere un ulteriore strumento negoziale idoneo ad incentivare la ripresa del settore immobiliare e di fornire un «frammento di disciplina civilistica – relativamente ai commi da 76 a 81 – rispetto ad una operazione negoziale ampiamente consolidata nella prassi ed assoggettata, fin qui, alle norme generali in materia di contratti e a quelle regolatrici dei singoli contratti nominati, in quanto compatibili»;239
La novella, quindi, si propone di «rendere competitivo il leasing abitativo rispetto ad altre modalità di acquisto delle medesime tipologie di immobili»,240 rivitalizzando uno strumento negoziale che, fin qui, aveva trovato limitata applicazione nel solo settore degli immobili a destinazione produttiva.241
La definizione della fattispecie si trova nel comma 76, il quale stabilisce che il leasing abitativo è quel contratto con il quale «la banca o l’intermediario finanziario iscritto nell’albo di cui all’articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, si obbliga ad acquistare o a far costruire l’immobile su scelta e secondo le indicazioni dell’utilizzatore, che se ne assume tutti i rischi, anche di perimento, e lo mette a disposizione per un dato tempo verso un determinato corrispettivo che tenga conto del prezzo di acquisto o di costruzione e della durata del contratto. Alla scadenza del contratto l’utilizzatore ha la facoltà di acquistare la proprietà del bene a un prezzo prestabilito».
Pertanto la formula in questione si presenta come una fattispecie negoziale complessa e del tutto peculiare. Tuttavia, si appuntano dubbi sull’effettiva qualificazione
239 XXXXXXXX G.O., Il leasing per l’acquisto dell’abitazione principale: la disciplina dall’1/1/2016, in Il quotidiano giuridico, 12 gennaio 2016.
240 XXXXXXXX X., Leasing di immobili abitativi, in «Segnalazioni novità normative», 8, consultato il 25 agosto 2016 su xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx.
241 Cfr. XXXXX X., Il leasing immobiliare abitativo, in «Federnotizie», 19 gennaio 2016.
dell’istituto: secondo un orientamento, infatti, la figura in esame andrebbe accostata al
c.x. xxxxxxx xraslativo, ossia al contratto in cui il bene oggetto di contratto tende a
«conservare un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto a fronte dei canoni», i quali rappresentano, quindi, il corrispettivo del godimento del bene; secondo un’altra dottrina la fattispecie integrerebbe una nuova forma contrattuale, i cui contorni saranno meglio individuati con l’esplicitarsi della autonomia negoziale in materia, che si evidenzia come «una “terza via” fra il leasing di godimento ed il leasing traslativo, con proprie specificità distintive, sul piano della struttura, degli effetti e della disciplina».242
Preliminarmente, occorre chiarire i meccanismi negoziali del leasing di godimento e del leasing traslativo, i quali, peraltro, hanno origine da elaborazioni puramente giurisprudenziali. Secondo la Cassazione, con Sentenza n. 7212 del 27 marzo 2014 ,«per la qualificazione del leasing di godimento è necessario che il contratto venga pattuito con funzione di finanziamento rispetto a beni non idonei a conservare un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto e a fronte di canoni che configurano esclusivamente il corrispettivo dell’uso dei beni stessi, mentre, ai fini della qualificazione del leasing traslativo, è necessario che la pattuizione si riferisca a beni atti a conservare, a quella scadenza, un valore residuo superiore all’importo convenuto per l’opzione e che i canoni abbiano avuto la funzione di scontare anche una quota del prezzo di previsione del successivo acquisto».
Pertanto, si potrebbe sostenere che il leasing abitativo costituisca una fattispecie negoziale maggiormente assimilabile alla categoria giurisprudenziale del leasing traslativo, tenuto conto di alcune caratteristiche quali la facoltà di riscatto futuro del bene, la natura tendenzialmente durevole dei beni, la prevista commisurazione del canone al prezzo di acquisto o di costruzione, nonché la durata del contratto.243 Di contro, si potrebbe osservare che al leasing abitativo, diversamente dal leasing traslativo
– per il quale si è espressa la Cassazione con Sentenza n. 19532 del 30 settembre 2015 – non si applica la disciplina della vendita con riserva di proprietà ex art. 1526 c.c., poiché il citato comma 78 dell’art. 1 ha espressamente derogato tale articolo, fornendo una
242 MUSTO A., PICCOLO L., TRXXXX X., Il leasing immobiliare abitativo: prime osservazioni, Studio Pubblicistico n. 38-2016/C, 22 gennaio 2016; come premessa doverosa alla considerazione di “terza via” del leasing abitativo, occorre ricordare la Sentenza n. 7212 del 27 marzo 2014 della Cassazione che ha consolidato l’orientamento che il leasing godimento e il leasing traslativo siano due tipologie distinte all’interno della formula della locazione finanziaria.
243 Cfr. XXXXXXXX G.O., op. cit.
disciplina ad hoc per l’ipotesi di risoluzione del contratto di locazione finanziaria per inadempimento dell’utilizzatore. Ne consegue una certa difficoltà nel qualificare la fattispecie negoziale in esame, perché se da un lato, nonostante un’evidente affinità con il c.d. leasing traslativo, l’operazione di leasing abitativo non risulta di immediata collocazione in una delle categorie sinora elaborate dalla giurisprudenza, allo stesso tempo esso «non si presenta neppure compiutamente disciplinato e con peculiarità e specificità distintive tali da renderne agevole una sicura qualificazione in termini di nuovo tipo negoziale con proprie regole ordinanti».244
Per quanto riguarda il profilo soggettivo del leasing abitativo, occorre distinguere la natura delle tre parti coinvolte nell’operazione negoziale: il concedente è un soggetto che esercita attività bancaria o di intermediazione finanziaria, di cui all’art. 106 del T.U.B., e risulta un puro intermediario; l’utilizzatore è colui che fruisce dell’immobile e, poiché l’immobile da acquistare o da costruire risulta destinato ad assolvere un funzione abitativa non può che essere una persona fisica «dovendo, pertanto, escludere che l’utilizzatore possa essere una società, una persona giuridica, un ente o comunque un soggetto rispetto al quale non possa instaurarsi un rapporto di “abitazione” rispetto all’immobile»;245 il venditore è il soggetto interessato alla commercializzazione dell’immobile in questione e può essere qualunque soggetto persona fisica o giuridica, ente pubblico o privato, o società.
Il leasing abitativo riformato dalla Legge di Stabilità 2016, quindi, come affermato in precedenza, ha come oggetto del contratto un «immobile da adibire ad abitazione principale» e con esso si intende fare riferimento ad un fabbricato ad uso abitativo, ma anche ad un fabbricato ancora non costruito, in cui l’utilizzatore o i suoi familiari dimorano abitualmente.246 Riguardo al profilo causale della fattispecie contrattuale in questione, si rimanda all’orientamento giurisprudenziale maggioritario che connota al contratto di leasing, ossia, in generale, la preminente causa di finanziamento;247 tale contratto, infatti, indipendentemente dal carattere traslativo o di godimento, «configura anzitutto un contratto in cui si realizza un collegamento negoziale tra l’opzione d’acquisto
244 MUSTO A., PIXXXXX X., TRXXXX X., op. cit., 3.
245 XXXXX X., op. ult. cit.
246 Per quanto riguarda la nozione di “abitazione principale” si richiama quella utilizzata nell’ambito del testo unico delle imposte sui redditi, e più precisamente quella risultante dalla lett. b) del medesimo art. 15, comma 1, nonché dall’art. 10, comma 3-bis, D.P.R. n. 917/1986.
247 Ci si riferisce alle Sentenze della Cassazione nn. 5569, 5570, 5571, 5572, 5573 del 13 dicembre 1989.
e la concessione in godimento del bene oggetto del contratto, ed entrambi i negozi sono inscindibilmente avvinti da un’unica funzione, ossia il finanziamento per l’acquisto di beni».248
Negli stessi termini, in passato si era pronunciata un’autorevole dottrina, la quale affermava che la causa di finanziamento è, infatti, «rispettosa delle peculiari qualità soggettive e oggettive che non consentono neanche in via analogica l’applicazione della normativa dettata per la locazione ordinaria o la vendita con riserva della proprietà, rispettosa cioè dell’autonomia distintiva dell’operazione. Solo in tal modo si inquadra giuridicamente l’istituto così come si svolge nella realtà operativa, altrimenti la giurisprudenza crea una fattispecie astratta, assolutamente estranea e non identificabile con il fenomeno che si riscontra nel mercato, oltre che, come si è visto, talvolta contraddittoria con altri profili ricostruttivi della stessa operazione».249
La Suprema Corte di Cassazione, riguardo ai numerosi modelli contrattuali annoverabili nella categoria del leasing ha precisato con Sentenza n. 19785 del 5 ottobre 2015, pronunciata a Sezioni Unite, che «il dato comune a tutti è che, alla base, esiste un’operazione di finanziamento tendente a consentire al c.d. utilizzatore il godimento di un bene (transitorio o finalizzato al definitivo acquisto del bene stesso) grazie all’apporto economico di un soggetto abilitato al credito (il c.d. concedente) il quale, con la propria risorsa finanziaria, consente all’utilizzatore di soddisfare un interesse che, diversamente, non avrebbe avuto la possibilità o l’utilità di realizzare, attraverso il pagamento di un canone che si compone, in parte, del costo del bene ed, in parte, degli interessi dovuti al finanziatore per l’anticipazione del capitale. Affiancata a questa v’è, necessariamente, l’operazione tendente all’acquisto del bene del quale l’utilizzatore intende godere, ossia un’ordinaria compravendita stipulata tra fornitore e concedente, attraverso la quale il secondo diventa proprietario del bene che darà in locazione all’utilizzatore da lui finanziato. Proprietà che, soprattutto nel leasing traslativo (ossia quello che, come esito finale, prevede il trasferimento di proprietà dal concedente all’utilizzatore), ha la fondamentale funzione di garanzia a favore del primo, rispetto ai canoni che ha il diritto di percepire dal secondo». Per estensione di tale orientamento giurisprudenziale, appare evidente che anche il leasing abitativo sia assimilabile, strutturalmente, ad una
248 Cassazione, Sentenza n. 22532, 23 ottobre 2014.
249 CLARIZIA R., La locazione finanziaria immobiliare ed in particolare la più recente giurisprudenza, in
«Studi in memoria di Xxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxx», 2003, 1, 465.
fattispecie negoziale complessa, frutto della combinazione di diversi segmenti tra loro collegati. Fra questi, il primo segmento negoziale è costituito dal contratto di leasing, attraverso il quale il soggetto concedente si obbliga a mettere a disposizione dell’utilizzatore finale un determinato bene immobile, per un dato tempo e verso un determinato corrispettivo. Tale bene verrà, quindi, acquistato – o fatto costruire – dal concedente, con proprie risorse finanziarie, consentendo così di soddisfare l’esigenza dell’utilizzatore finale che, diversamente, non avrebbe avuto la possibilità o l’utilità di realizzare.250
Un altro segmento è rappresentato dal contratto di compravendita dell’immobile da concedere in leasing, fra il venditore e l’intermediario finanziario, il quale acquista il fabbricato già costruito da mettere a disposizione dell’utilizzatore finale. Il terzo segmento negoziale riguarda la facoltà per l’utilizzatore finale di acquistare, alla scadenza del contratto e per il prezzo prestabilito, la piena proprietà del bene dato in locazione finanziaria, attraverso l’esercizio del diritto di riscatto; ovviamente, non essendoci un vincolo risulta un segmento eventuale, ma «il più delle volte quella dell’utilizzatore è una scelta obbligata, in quanto, alla scadenza del rapporto di leasing, si troverà ad aver già pagato gran parte del prezzo di acquisto. Di norma, infatti, il prezzo di riscatto rappresenta una minima parte dell’intero prezzo convenuto per l’acquisto».251
Per quanto riguarda la forma che deve assumere il leasing abitativo, la dottrina ritiene che la forma scritta sia necessaria per la conclusione del contratto, poiché trattandosi di atti relativi a beni immobili, occorre applicare l’art. 1350 x.x., xxxxxx x’xxx. 000 xxx X.X.X.000 Tuttavia, con riferimento alla fattispecie in questione, è assai probabile che, nella prassi, si verificherà la contestualità del contratto di leasing e di compravendita, tenuto conto del fatto che, in tal modo, tutti i soggetti trovano adeguata tutela mediante la previsione di una operazione formalmente e documentalmente unitaria, mirata a «garantire la sicurezza e la certezza dei traffici giuridici, nonché per tutelare adeguatamente la posizione giuridica della banca (o dell’intermediario finanziario) e dell’utilizzatore»;253 in tali termini, si ritiene maggiormente idoneo il
250 MUSTO A., PIXXXXX X., TRXXXX X., op. cit., 6.
251 XXXXX X., op. ult. cit.
252 SERRA M., Il leasing di immobili, in Il contratto di leasing, in Dei singoli contratti-Leggi collegate, in GAXXXXXXX X. (a cura di), Commentario Codice Civile, 2011, UTET, Torino, 556.
253 MUSTO A., PIXXXXX X., TRXXXX X., op. cit., 9.