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“Il mandato. La commissione e la spedizione. Il contratto di agenzia”
Xxxx. Xxxxxxxxx Xxxxxxx
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1.1. Il mandato: la struttura 3
1.2. Il mandato senza rappresentanza e i rapporti con i terzi 4
1 Il mandato
L’art. 1703 c.c. definisce il mandato come il contratto col quale il mandatario si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto del mandante. Ha quindi ad oggetto una prestazione di fare del cui risultato profitta l’altro contraente. Esso può essere a titolo oneroso o gratuito, con conseguenze diverse nella disciplina giuridica, nella valutazione della responsabilità per colpa (art. 1710 c.c.) e negli effetti della revoca (art. 1725 c.c.). Nel silenzio delle parti, il contratto si presume oneroso (art. 1709 c.c.).
Il contratto di mandato può essere con o senza rappresentanza, a seconda che al mandato si unisca una procura o meno. Nel primo caso, il mandatario agisce non solo per conto del mandante, ma anche in suo nome, con la conseguenza che i rapporti tra mandante e terzo sono regolati dalle norme in sulla rappresentanza (art. 1704 c.c.) e i diritti e gli obblighi derivanti dall’azione del mandatario si acquisiscono direttamente al mandante (art. 1388 c.c.). Nel secondo caso, invece, egli agisce in nome proprio e per conto del mandante (§.2).
Il mandato può essere stipulato nell’interesse: “esclusivo del mandante”, “del mandante e del mandatario”, “del mandante e di terzi”. Così, se il mandante incarica puramente e semplicemente il mandatario di vendere un suo immobile, il prezzo ricavato dalla vendita entra in ogni caso a far parte del patrimonio del mandante. Quando si tratta invece di un mandato conferito anche nell’interesse del mandatario o di terzi esso, pur esplicando i suoi effetti immediati sul
patrimonio del mandante incide, attraverso ulteriori pattuizioni stipulate coevamente al mandato, sugli interessi del mandatario o di terzi. Così, nel caso di un mandato a vendere un immobile conferito dal debitore al proprio creditore affinché, effettuata la vendita, si soddisfi sul ricavato del proprio credito, è evidente che gli effetti del negozio di vendita si producono sul patrimonio del mandante (che perde il bene e acquista il pezzo di vendita), ma la definitiva destinazione delle somme, frutto dell’esecuzione del mandato, è il patrimonio del mandatario o del terzo.
In definitiva il mandato è sempre nell’interesse del mandante, ma può esserlo anche nell’interesse del mandatario o del terzo.
1.2. Il mandato senza rappresentanza e i rapporti con i terzi
Il mandatario che, senza procura, esegue il mandato, agisce per conto del mandante, ma in nome proprio ed acquista e assume in nome proprio diritti e obblighi nei confronti dei terzi, che col mandante non hanno alcun rapporto. Al mandante è concesso di agire per l’esercizio dei diritti derivanti dall’esecuzione del mandato, sostituendosi al mandatario (art. 1705 c.c.) con azione diretta e non surrogatoria.
Quando il mandato, conferito senza rappresentanza, ha per oggetto il trasferimento ad un terzo della proprietà di cosa del mandante o al contrario, ha per oggetto il trasferimento al mandante della proprietà di cosa di un terzo, è discusso su come questo trasferimento avvenga in assenza di procura. Il codice del ‘42, in coerenza col regime della pubblicità, contiene una disciplina esclusivamente per il mandato ad acquistare beni immobili e mobili registrati, facendo obbligo al mandatario di ritrasferirli al mandante (così sancendo la necessità del doppio trasferimento), con
la conseguenza che fino a quando il mandatario non adempie all’obbligo del trasferimento, la cosa rimane nel suo patrimonio.
Per quanto concerne, invece, i beni mobili non registrati, il codice riconosce al mandante il diritto di rivendicare nei confronti del detentore le cose mobili acquistate per suo conto, ma in nome proprio, dal mandatario (art. 1706 c.c. co. 1). Dal che deriva che l’acquisto da parte del mandante si verifica automaticamente nel momento stesso in cui il mandatario ha acquistato, senza quindi che occorra un successivo trasferimento dal mandatario al mandante.
Per quanto riguarda invece il trasferimento dal mandante al terzo – nel mandato ad alienare
– la legge nulla dice, ma nell’armonia del sistema è evidente che la fattispecie va costruita secondo la disciplina dei trasferimenti inversi dal terzo al mandante: per gli immobili e i mobili registrati occorreranno necessariamente due successivi trasferimenti, mentre per gli altri mobili il trasferimento avverrà automaticamente dal mandante al terzo.
In applicazione dell’art. 1351 c.c. o quanto meno del principio che ne è a base, il mandato deve avere, a pena di nullità, la stessa forma che la legge prescrive per il contratto che del mandato forma oggetto. Così, poiché i contratti che trasferiscono beni immobili devono farsi per iscritto a pena di nullità, scritta deve essere la forma del mandato ad acquistare e ad alienare immobili. E, se è con rappresentanza, ai fini della pubblicità del contratto posto in essere dal mandatario a favore del mandante, il mandato deve avere la forma autentica (atto pubblico o scrittura privata autenticata).
1.3. L’esecuzione
Il mandatario è tenuto ad eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia; se incorre in colpa, la sua responsabilità è valutata con minor rigore qualora il mandato sia gratuito (art. 1710 c.c.).
A mandato eseguito, il mandatario deve darne, senza ritardo, notizia al mandante e deve dargli il rendiconto; la dispensa preventiva dall’obbligo di rendiconto è possibile, ma non ha effetto in caso di dolo o colpa grave del mandatario, e comunque non lo esime da responsabilità per la bontà del suo operato, col solo effetto di trasferire l’onere della prova a carico del mandante.
Il mandatario, salvo patto contrario, non risponde verso il mandante delle obbligazioni assunte dai terzi con i quali ha contrattato: ad esempio se il mandatario ha venduto la cosa del mandante, egli non risponde se l’acquirente non paga il prezzo, salvo che il mandatario conosceva o avrebbe dovuto conoscere all’atto della conclusione del contratto la insolvenza del terzo (art. 1715 c.c.).
Il mandatario non può, nell’esecuzione del mandato, eccedere i limiti fissati nel contratto. Qualora però il mandante, che abbia ricevuto dal mandatario notizia del compimento di un atto che esorbita i limiti del mandato, non dia alcuna risposta nel tempo richiesto dalla natura dell’affare o dagli usi, si ritiene che abbia ratificato l’operato del mandatario.
Se il mandato è a titolo oneroso, spetta al mandante corrispondere al mandatario il compenso e, in ogni caso, rimborsargli le spese sostenute, somministrandogli i mezzi necessari per l’esecuzione del mandato e per l’adempimento delle obbligazioni che, a tal fine il mandatario ha contratto in proprio nome. (artt. 1719, 1720 c.c.).
1.4. L’estinzione
Il mandato si estingue: per scadenza del termine; per il compimento, da parte del mandatario, dell’affare per il quale è stato conferito; per la morte, l’interdizione, l’inabilitazione, il fallimento del mandante o del mandatario; per recesso unilaterale del mandatario (rinunzia) o del mandante (revoca) (art. 1722, 78 l.f.).
La rinunzia del mandatario è ammessa in ogni caso: se sussiste una giusta causa o se, trattandosi di contratto a tempo indeterminato, è stato dato un congruo preavviso. In questi casi nulla deve il mandatario rinunziante; in caso contrario, egli deve risarcire i danni al mandante (art. 1727 c.c. co. 1).
Quanto alla revoca del mandante, bisogna distinguere l’ipotesi di mandato conferito nel solo interesse del mandante da quella in cui il mandato sia stato conferito anche nell’interesse mandatario, o di terzi: il mandato conferito anche nell’interesse del mandatario, o di terzi è, per sua natura, ma non necessariamente, irrevocabile, salvo giusta causa o clausola di revocabilità (art. 1723 c.c. co.2). Al contrario, il mandato conferito nel solo interesse del mandante è invece, per sua natura revocabile, e una clausola che ne stabilisca l’irrevocabilità non lo rende per ciò meno revocabile, ma implica unicamente, in caso di revoca, il risarcimento del danno, se non sussista giusta causa (art. 1723 c.c. co.1).
2 La commissione
Quando gli atti giuridici che il mandatario si obbliga a compiere per il mandante consistono nell’acquisto o nella vendita di beni, il mandato assume la denominazione di commissione, nel quale il mandante è il committente e il mandatario il commissionario (art. 1731 c.c.). Le più importanti norme che disciplinano la commissione riguardano la cosiddetta entrata del commissionario nel contratto e lo star del credere.
Secondo i principi generali, il commissionario non può rendersi acquirente delle merci che il committente gli dà incarico di vendere, né può fornirgli le merci che ha avuto incarico di comprare per un evidente conflitto di interessi (art. 1471 c.c. co.1 n. 4); qualora però si tratti di titoli, divise o merci aventi un prezzo corrente, il commissionario può, “entrare nel contratto” fornendo a quel prezzo le cose che deve comprare, o acquistando per sé le cose che ha incarico di vendere salvo, in ogni caso, il suo diritto alla provvigione (art. 1735 c.c.).
L’entrata nel contratto è consentita anche allo spedizioniere, quando non vi sia possibilità di conflitto di interessi in quanto, ad esempio, il prezzo sia stabilito in base a tariffe. In tal caso, il mandatario assume la doppia figura di “spedizioniere - vettore” ed assume anche gli obblighi e i diritti del vettore (art. 1741 c.c.).
Lo star del credere, che nasce da un patto inserito nel contratto di commissione o dagli usi locali, rende il commissionario responsabile nei confronti del committente per l’esecuzione dell’affare (art. 1736 c.c.) di cui, invece, il mandatario generalmente non risponde. È una clausola con la quale, in sostanza, il commissionario assume la figura e gli obblighi di un fideiussore,
garantendo personalmente nei confronti del committente le obbligazioni assunte dal terzo contraente.
3 La spedizione
Quando gli atti giuridici che il mandatario si obbliga a compiere su incarico del mandante consistono nella conclusione di contratti di trasporto, il mandato assume la denominazione di spedizione, in cui il mandatario è lo spedizioniere (art. 1737 c.c.) e il mandante è il mittente.
Ai diritti derivanti dal contratto di spedizione si applica la stessa prescrizione breve prevista per il contratto di trasporto: durata un anno, prorogata a diciotto mesi se il trasporto ha inizio o termine fuori Europa.
L’esercizio professionale dell’attività di spedizione è subordinato alla presentazione di apposita SCIA presso l’ufficio del registro delle imprese della
Camera di commercio della provincia dove viene esercitata l’attività (art. 76 D.Lgs 26 marzo 2010 n. 59).
Figura particolare è quella dello spedizioniere doganale, al quale non possono applicarsi le norme che riguardano lo spedizioniere in generale, e viceversa. Ciò in quanto lo spedizioniere doganale, che esercita una professione intellettuale, non assume l’obbligo di concludere contratti di trasporto in nome proprio e per conto dei mandanti, ma rappresenta in dogana i proprietari di merci.
4 Il contratto di agenzia
L’Agenzia è il contratto col quale l’agente assume nei confronti dell’imprenditore l’incarico di promuovere per suo conto, stabilmente e verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata (1742 c.c.). In genere gli agenti svolgono la loro opera per un solo imprenditore ma, per quanto il rapporto tra agente e imprenditore possa essere stabile ed esclusivo, egli rimane sempre un ausiliario autonomo, cioè senza alcun vincolo di subordinazione, talvolta divenendo egli stesso un imprenditore.
Spesso è difficile stabilire se si sia in presenza di un contratto di agenzia o di un contratto di lavoro subordinato, stante il comune carattere di stabilità del rapporto (art. 1742 c.c.) e la natura simile dell’attività svolta sia dall’agente che da un impiegato (il cd. commesso viaggiatore). Ciò che comunque contraddistingue il rapporto di agenzia, è l’assenza del vincolo di subordinazione e l’esistenza di un’attività svolta in via autonoma, che spesso diventa vera e propria impresa, con tutte le caratteristiche e i rischi suoi propri. Per accertare se ci si trovi dinanzi all’uno o all’altro tipo di rapporto si fa ricorso spesso a vari indici rivelatori, quali la libertà o meno dell’organizzazione del lavoro, la sopportazione delle spese di ufficio, ecc.
Quando vi sia la promozione occasionale di contratti per conto altrui verso retribuzione, il rapporto contrattuale, legislativamente non previsto, si qualifica come procacciamento di affari, cui si applica per analogia la disciplina del contratto di agenzia.
L’esercizio dell’attività di agenzia è subordinato alla presentazione di apposita SCIA presso l’ufficio del registro delle imprese della Camera di commercio della provincia dove viene esercitata l’attività (art. 74 D.Lgs 26 marzo 2010 n. 59).
La legge detta una serie di norme che disciplinano i rapporti tra agente e preponente.
Elemento naturale del rapporto, salvo patto contrario, è il reciproco diritto di esclusiva, in base al quale né il preponente può valersi contemporaneamente di più agenti nella stessa zona e per lo stesso ramo di attività, né l’agente può assumere l’incarico di trattare nella stessa zona e per lo stesso ramo di attività affari di più imprese in concorrenza fra loro (art. 1743 c.c.). L’agente deve eseguire l’incarico secondo le istruzioni ricevute, fornendo al preponente ogni informazione utile e dandogli immediato avviso qualora non sia in grado di eseguire l’incarico affidatogli (artt. 1746, 1747).
Per gli affari da lui promossi o conclusi pel suo tramite, che abbiano regolare esecuzione, spetta all’agente una provvigione, dovuta anche per affari conclusi direttamente dal preponente nella zona riservata all’agente (cc.dd. affari diretti), salvo patto contrario (art. 1748 c.c. co. 1,2). Il rischio dell’attività dell’agente incombe interamente su di lui, per cui, se l’affare non giunge a buon fine, avrà invano svolto la sua opera e impiegato denaro (art. 1748 c.c. co. 3), salvo che la mancata la mancata esecuzione sia dipesa da causa imputabile al preponente. L’agente ha diritto ad una provvigione ridotta se preponente e terzo si mettono d’accordo per non dare esecuzione al contratto (c.d. storno dell’affare) (art. 1749 c.c. co. 1).
L’agente anche se è un imprenditore e comunque lavoratore autonomo di fatto si trova spesso in condizioni di subordinazione nei confronti del preponente. Per questo le norme che regolano la risoluzione del contratto di agenzia a tempo indeterminato si avvicinano molto a quelle
che regolano il rapporto di lavoro subordinato, col riconoscimento all’agente di un’indennità commisurata alle provvigioni liquidate nel corso del contratto, quale che sia la causa di scioglimento del contratto. Detta indennità è estesa anche al contratto di agenzia a tempo determinato, in analogia alla introduzione del premio di fine lavoro nella disciplina del contratto di lavoro subordinato a tempo determinato.
La complessa materia è regolata dagli accordi economici collettivi che prevedono l’obbligo di versamento dei contributi all’Enasarco e l’erogazione da parte di questo ente di una “indennità per la risoluzione del rapporto” di agenzia, quando se ne verifichino gli estremi. Con l’evidente vantaggio per l’agente di commercio, come per il lavoratore subordinato, in termini di sicurezza della prestazione, dell’erogazione da parte di un ente previdenziale anziché dalla controparte del rapporto.
Il credito dell’agente per provvigioni e per indennità è privilegiato (art. 2751-bis c.c. n. 3), con collocazione prioritaria nell’ordine dei privilegi (art. 2777 c.c. co. 2 lett. b).
In definitiva, il legislatore ha sostanzialmente equiparato l’agente di commercio al lavoratore subordinato sotto molti aspetti: si pensi alla disciplina delle controversie col preponente e in materia di previdenza e assistenza obbligatorie; ai limiti di validità delle clausole compromissorie e degli arbitrati irrituali; alla invalidità delle rinunce e delle transazioni aventi per oggetto diritti dell’agente derivanti da disposizioni inderogabili di legge o di accordo economico collettivo; alla gratuità dei giudizi con patrocinio dei non abbienti a spese dello Stato.