avv. Giorgio Lezzi
avv. Xxxxxxx Xxxxx
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La modalità ordinaria di esecuzione dei lavori pubblici: l’appalto
Gli appalti di lavori: la definizione normativa l’art. 3 d.lg. n. 163/2006
«6. Gli “appalti pubblici” sono i contratti a titolo oneroso, stipulati per iscritto tra una stazione appaltante o un ente aggiudicatore e uno o più operatori economici, aventi per oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi come definiti dal presente codice.
7. Gli “appalti pubblici di lavori” sono appalti pubblici aventi per oggetto l’esecuzione o, congiuntamente, la progettazione esecutiva e l'esecuzione, ovvero, previa acquisizione in sede di offerta del progetto definitivo, la progettazione esecutiva e l’esecuzione, relativamente a lavori o opere rientranti nell’allegato I, oppure, limitatamente alle ipotesi di cui alla parte II, titolo III, capo IV, l'esecuzione, con qualsiasi mezzo, di un’opera rispondente alle esigenze specificate dalla stazione appaltante o dall’ente aggiudicatore, sulla base del progetto preliminare o definitivo posto a base di gara»
Le modalità di affidamento dei lavori pubblici l’art. 53 d.lg. n. 163/2006
«1. Fatti salvi i contratti di sponsorizzazione e i lavori eseguiti in economia, i lavori pubblici possono essere realizzati esclusivamente mediante contratti di appalto o di concessione, come definiti all’articolo 3.
2. Negli appalti relativi a lavori, il decreto o la determina a contrarre stabilisce, motivando, nelle ipotesi di cui alle lettere b) e c) del presente comma, in ordine alle esigenze tecniche, organizzative ed economiche, se il contratto ha ad oggetto:
a) la sola esecuzione;
b) la progettazione esecutiva e l'esecuzione di lavori sulla base del progetto definitivo dell’amministrazione aggiudicatrice;
c) previa acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori sulla base del progetto preliminare dell’amministrazione aggiudicatrice. Lo svolgimento della gara è effettuato sulla base di un progetto preliminare, nonché di un capitolato prestazionale corredato dall’indicazione delle prescrizioni, delle condizioni e dei requisiti tecnici inderogabili. L’offerta ha ad oggetto il progetto definitivo e il prezzo. L'offerta relativa al prezzo indica distintamente il corrispettivo richiesto per la progettazione definitiva, per la progettazione esecutiva e per l'esecuzione dei lavori»
Il partenariato pubblico-privato
Il partenariato pubblico-privato: la definizione normativa L’art. 3 del d.lg. n. 163/2006
«15-ter. Ai fini del presente codice, i «contratti di partenariato pubblico privato» sono contratti aventi per oggetto una o più prestazioni quali la progettazione, la costruzione, la gestione o la manutenzione di un'opera pubblica o di pubblica utilità, oppure la fornitura di un servizio, compreso in ogni caso il finanziamento totale o parziale a carico di privati, anche in forme diverse, di tali prestazioni, con allocazione dei rischi ai sensi delle prescrizioni e degli indirizzi comunitari vigenti. Rientrano, a titolo esemplificativo, tra i contratti di partenariato pubblico privato la concessione di lavori, la concessione di servizi, la locazione finanziaria, il contratto di disponibilità l'affidamento di lavori mediante finanza di progetto, le società miste. Possono rientrare altresì tra le operazioni di partenariato pubblico privato l'affidamento a contraente generale ove il corrispettivo per la realizzazione dell'opera sia in tutto o in parte posticipato e collegato alla disponibilità dell'opera per il committente o per utenti terzi. Fatti salvi gli obblighi di comunicazione previsti dall'articolo 44, comma 1-bis del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, alle operazioni di partenariato pubblico privato si applicano i contenuti delle decisioni Eurostat»
La locuzione “partenariato pubblico-privato” (PPP), di matrice comunitaria, enuclea un fenomeno giuridico di collaborazione tra il settore pubblico e gli operatori privati nello svolgimento di un’attività diretta al perseguimento di interessi pubblici (in genere, miranti a garantire il finanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un’infrastruttura e la fornitura di un servizio).
Il partenariato, pur rinvenendo la sua fonte nel contratto, evidenzia dunque un fenomeno di collaborazione più ampio, organico, stabile, e con maggiori elementi di atipicità (intermedi tra il modello del contratto sinallagmatico e di quello associativo) rispetto all’area dell’attività consensuale dell’Amministrazione, ed in particolare a quella del contratto di diritto privato, ed a quella degli accordi amministrativi.
Le forme di collaborazione riconducibili nel PPP si sono intensificate nel momento attuale, caratterizzato da una forte crisi finanziaria delle Amministrazioni pubbliche, che conseguentemente sono indotte a ricorrere ai capitali privati, ma, se si guarda in prospettiva storica, risalgono nel tempo, e può dirsi che si rinvengano fin dalle origini del diritto amministrativo, come emblematicamente dimostrato dallo strumento concessorio, tanto con riferimento alle opere pubbliche, quanto ai servizi pubblici.
(segue)
Il primo documento in cui è definito il fenomeno è costituito dal Libro Verde del 30 aprile 2004 della Commissione europea (COM(2004)327), relativo ai partenariati pubblico-privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni, nel quale, pur non essendo fornita una definizione giuridica di partenariato, sono enucleati gli elementi essenziali delle formule ad esso riconducibili; tali sono, in sintesi: a) «la durata relativamente lunga della collaborazione, che implica una cooperazione tra il partner pubblico ed il partner privato in relazione a vari aspetti di un progetto da realizzare»; b) «la modalità di finanziamento del progetto, garantito da parte del settore privato, talvolta tramite relazioni complesse tra diversi soggetti»; c) «il ruolo importante dell’operatore economico, che partecipa a varie fasi del progetto (progettazione, realizzazione, attuazione, finanziamento)», mentre «il partner pubblico si concentra principalmente sulla definizione degli obiettivi da raggiungere in termini di interesse pubblico, di qualità dei servizi offerti, di politica dei prezzi, e garantisce il controllo del rispetto di questi obiettivi»; d) «la ripartizione dei rischi tra il partner pubblico ed il partner privato, nel quale sono trasferiti rischi di solito a carico del settore pubblico».
La finanza di progetto
La finanza di progetto: cenni art. 153, cc. 1 e 2 del d.lg. n. 163/2006
«1. Per la realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità, ivi inclusi quelli relativi alle strutture dedicate alla nautica da diporto, inseriti nella programmazione triennale e nell'elenco annuale di cui all'articolo 128, ovvero negli strumenti di programmazione formalmente approvati dall'amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente, ivi inclusi i Piani dei porti, finanziabili in tutto o in parte con capitali privati, le amministrazioni aggiudicatrici possono, in alternativa all'affidamento mediante concessione ai sensi dell'articolo 143, affidare una concessione ponendo a base di gara uno studio di fattibilità, mediante pubblicazione di un bando finalizzato alla presentazione di offerte che contemplino l'utilizzo di risorse totalmente o parzialmente a carico dei soggetti proponenti.
2. Il bando di gara è pubblicato con le modalità di cui all'articolo 66 ovvero di cui all'articolo 122, secondo l'importo dei lavori, ponendo a base di gara lo studio di fattibilità predisposto dall'amministrazione aggiudicatrice o adottato ai sensi del comma 19»
Le caratteristiche della finanza di progetto secondo la giurisprudenza: la natura del rischio di gestione
«E’ contrario alla normativa sul project financing il bando di gara che contempla espressamente un corrispettivo in favore del concessionario posto a carico della p.a., perché la società interessata non si accollerebbe alcun rischio dall’assumere la gestione delle relative opere, né si verificherebbe alcun trasferimento del rischio gestionale ed economico dalla
p.a. al concessionario, trasferimento costituente il carattere fondamentale della “concessione”; pertanto, questo bando di gara snatura la struttura stessa del project financing, in quanto è del tutto assente lo sfruttamento economico del bene da parte del concessionario, risolvendosi il suo utile esclusivamente nel mero introito del canone annuo - ai sensi del bando - posto a carico della p.a.» (T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 19 novembre 2012 n. 1953)
La concessione di lavori
Le concessioni di lavori pubblici: la definizione normativa l’art. 3 del d.lg. n. 163/2006
«11. Le “concessioni di lavori pubblici” sono contratti a titolo oneroso, conclusi in forma scritta, aventi ad oggetto, in conformità al presente codice, l’esecuzione, ovvero la progettazione esecutiva e l’esecuzione, ovvero la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori pubblici o di pubblica utilità, e di lavori ad essi strutturalmente e direttamente collegati, nonché la loro gestione funzionale ed economica, che presentano le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di lavori, ad eccezione del fatto che il corrispettivo dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire l'opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo, in conformità al presente codice. La gestione funzionale ed economica può anche riguardare, eventualmente in via anticipata, opere o parti di opere direttamente connesse a quelle oggetto della concessione e da ricomprendere nella stessa»
«1. Le concessioni di lavori pubblici hanno, di regola, ad oggetto la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità, e di lavori ad essi strutturalmente e direttamente collegati, nonché la loro gestione funzionale ed economica eventualmente estesa, anche in via anticipata, ad opere o parti di opere in tutto o in parte già realizzate e direttamente connesse a quelle oggetto della concessione e da ricomprendere nella stessa.
2. Qualora la stazione appaltante disponga del progetto definitivo ed esecutivo, ovvero del progetto definitivo, l’oggetto della concessione, quanto alle prestazioni progettuali, può essere circoscritto al completamento della progettazione, ovvero alla revisione della medesima, da parte del concessionario.
3. La controprestazione a favore del concessionario consiste, di regola, unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati.
4. Tuttavia, il soggetto concedente stabilisce in sede di gara anche un prezzo nonché, eventualmente, la gestione funzionale ed economica, anche anticipata, di opere o parti di opere già realizzate, qualora al concessionario venga imposto di praticare nei confronti degli utenti prezzi inferiori a quelli corrispondenti alla remunerazione degli investimenti e alla somma del costo del servizio e dell’ordinario utile di impresa, ovvero qualora sia necessario assicurare al concessionario il perseguimento dell’equilibrio economico - finanziario degli investimenti e della connessa gestione in relazione alla qualità del servizio da prestare. Nella determinazione del prezzo si tiene conto della eventuale prestazione di beni e servizi da parte del concessionario allo stesso soggetto aggiudicatore, relativamente all'opera concessa, secondo le previsioni del bando di gara».
(segue)
«5. Le amministrazioni aggiudicatrici, previa analisi di convenienza economica, possono prevedere nel piano economico finanziario e nella convenzione, a titolo di prezzo, la cessione in proprietà o in diritto di godimento di beni immobili nella loro disponibilità o allo scopo espropriati la cui utilizzazione ovvero valorizzazione sia necessaria all'equilibrio economico-finanziario della concessione. Le modalità di utilizzazione ovvero di valorizzazione dei beni immobili sono definite dall'amministrazione aggiudicatrice unitamente alla approvazione ai sensi dell'articolo 97 del progetto posto a base di gara, e costituiscono uno dei presupposti che determinano l'equilibrio economico-finanziario della concessione. Nel caso di gara indetta ai sensi dell'articolo 153, le predette modalità di utilizzazione ovvero di valorizzazione sono definite dall'amministrazione aggiudicatrice nell'ambito dello studio di fattibilità.
6. La concessione ha di regola durata non superiore a trenta anni.
7. L’offerta e il contratto devono contenere il piano economico - finanziario di copertura degli investimenti e della connessa gestione per tutto l’arco temporale prescelto e devono prevedere la specificazione del valore residuo al netto degli ammortamenti annuali, nonché l’eventuale valore residuo dell’investimento non ammortizzato al termine della concessione, anche prevedendo un corrispettivo per tale valore residuo. Le offerte devono dare conto del preliminare coinvolgimento di uno o più istituti finanziatori nel progetto».
(segue)
«8. La stazione appaltante, al fine di assicurare il perseguimento dell’equilibrio economico - finanziario degli investimenti del concessionario, può stabilire che la concessione abbia una durata superiore a trenta anni, tenendo conto del rendimento della concessione, della percentuale del prezzo di cui ai commi 4 e 5 rispetto all’importo totale dei lavori, e dei rischi connessi alle modifiche delle condizioni di mercato. I presupposti e le condizioni di base che determinano l’equilibrio economico - finanziario degli investimenti e della connessa gestione, da richiamare nelle premesse del contratto, ne costituiscono parte integrante. Le variazioni apportate dalla stazione appaltante a detti presupposti o condizioni di base, nonché le norme legislative e regolamentari che stabiliscano nuovi meccanismi tariffari o nuove condizioni per l’esercizio delle attività previste nella concessione, quando determinano una modifica dell’equilibrio del piano, comportano la sua necessaria revisione, da attuare mediante rideterminazione delle nuove condizioni di equilibrio, anche tramite la proroga del termine di scadenza delle concessioni. In mancanza della predetta revisione il concessionario può recedere dal contratto. Nel caso in cui le variazioni apportate o le nuove condizioni introdotte risultino più favorevoli delle precedenti per il concessionario, la revisione del piano dovrà essere effettuata a favore del concedente. Al fine di assicurare il rientro del capitale investito e l'equilibrio economico-finanziario del Piano Economico Finanziario, per le nuove concessioni di importo superiore ad un miliardo di euro, la durata può essere stabilita fino a cinquanta anni.
9. Le amministrazioni aggiudicatrici possono affidare in concessione opere destinate alla utilizzazione diretta della pubblica amministrazione, in quanto funzionali alla gestione di servizi pubblici, a condizione che resti a carico del concessionario l’alea economico - finanziaria della gestione dell’opera».
«Nel quadro normativo derivante dal d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice degli appalti), sussiste l'unica categoria della concessione di lavori pubblici, onde non è più consentita la precedente distinzione tra concessione di sola costruzione e concessione di gestione dell'opera (o di costruzione e gestione congiunte), ove prevale il profilo autoritativo della traslazione delle pubbliche funzioni inerenti l'attività organizzativa e direttiva dell'opera pubblica, con le conseguenti implicazioni in tema di riparto di giurisdizione; ciò in quanto, ormai, la gestione funzionale ed economica dell'opera non costituisce più un accessorio eventuale della concessione di costruzione, ma la controprestazione principale e tipica a favore del concessionario, come risulta dall'art. 143 d.lgs.
n. 163/2006 (Codice degli appalti), con la conseguenza che le controversie relative alla fase di esecuzione appartengono alla giurisdizione ordinaria» (Cons. St., sez. V, 16 gennaio 2013, n. 236)
(segue)
«Le concessioni di lavori pubblici hanno, di regola, ad oggetto la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e la realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità, e di lavori ad esse strutturalmente e direttamente collegati, nonché la loro gestione funzionale ed economica (art. 143, primo comma, D.Lgs. n. 163/2006 - Codice degli appalti) e la controprestazione a favore del concessionario consiste, di regola, unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati. Da ciò consegue che l'onere di valutare la convenienza economica dell'operazione ricade in primo luogo sul concessionario, al quale spetta accertare se i costi siano adeguatamente coperti dai ricavi ragionevolmente prevedibili. In altri termini, il rapporto di concessione di lavori pubblici coinvolge una stazione appaltante ed un imprenditore il quale, in quanto tale, sopporta il rischio economico dell'operazione in vista del conseguimento, necessariamente non garantito, di un utile patrimoniale adeguato, mentre la stazione appaltante agisce in vista del conseguimento di un utile non patrimoniale, consistente nell'incremento dei servizi a favore della collettività» (Cons. St., sez. V, 13 giugno 2012, n. 3474)
«L’art. 143, comma 8, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice degli appalti), dopo aver precisato che la stazione appaltante, al fine di assicurare il perseguimento dell'equilibrio economico - finanziario degli investimenti del concessionario, può stabilire che la concessione abbia una durata superiore a trenta anni (tenendo conto del rendimento della concessione, della percentuale del prezzo rispetto all'importo totale dei lavori e dei rischi connessi alle modifiche delle condizioni di mercato), stabilisce che le variazioni apportate dalla stazione appaltante ai presupposti o alle condizioni di base che determinano l'equilibrio economico -finanziario degli investimenti e della connessa gestione, nonché “le norme legislative e regolamentari che stabiliscano nuovi meccanismi tariffari o nuove condizioni per l'esercizio delle attività previste nella concessione, quando determinano una modifica dell'equilibrio del piano, comportano la sua necessaria revisione, da attuare mediante rideterminazione delle nuove condizioni di equilibrio, anche tramite la proroga del termine di scadenza delle concessioni”. La disposizione richiamata precisa altresì: “In mancanza della predetta revisione il concessionario può recedere dal contratto”» (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 30 aprile 2012, n. 738)
Il leasing finanziario
l’art. 3 del d.lg. n. 163/2006
«15-bis. «La locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità» è il contratto avente ad oggetto la prestazione di servizi finanziari e l'esecuzione di lavori »
art. 160-bis del d.lg. n. 163/2006
«1. Per la realizzazione, l'acquisizione ed il completamento di opere pubbliche o di pubblica utilità i committenti tenuti all'applicazione del presente codice possono avvalersi anche del contratto di locazione finanziaria, che costituisce appalto pubblico di lavori, salvo che questi ultimi abbiano un carattere meramente accessorio rispetto all'oggetto principale del contratto medesimo
[…]
4-ter. La stazione appaltante pone a base di gara un progetto di livello almeno preliminare. L'aggiudicatario provvede alla predisposizione dei successivi livelli progettuali ed all'esecuzione dell'opera »
Il contratto di disponibilità: definizione e caratteristiche generali
L’art. 3 del d.lg. n. 163/2006
«15-bis. Il “contratto di disponibilità” è il contratto mediante il quale sono affidate, a rischio e a spesa dell’affidatario, la costruzione e la messa a disposizione a favore dell'amministrazione aggiudicatrice di un’opera di proprietà privata destinata all’esercizio di un pubblico servizio, a fronte di un corrispettivo. Si intende per messa a disposizione l'onere assunto a proprio rischio dall'affidatario di assicurare all'amministrazione aggiudicatrice la costante fruibilità dell'opera, nel rispetto dei parametri di funzionalità previsti dal contratto, garantendo allo scopo la perfetta manutenzione e la risoluzione di tutti gli eventuali vizi, anche sopravvenuti»
L’istituto è stata introdotto dall’art. 44 del d.l. n.1 del 24 gennaio 2012 (c.d. decreto liberalizzazioni), e successivamente modificato dal d.l. n. 83/2012 e s.m.i..
Si tratta di una modalità di realizzazione di opere pubbliche che presenta un indubbio interesse innanzi tutto dal punto di vista operativo, trattandosi di uno strumento che, almeno potenzialmente, sembrerebbe in grado di rispondere a molte esigenze delle pubbliche amministrazioni, specie in relazione a determinate categorie di opere.
Inoltre, da un punto di vista giuridico sono evidenti gli elementi di “rottura” che il contratto di disponibilità presenta rispetto all’ordinario schema dell’appalto.
Peraltro, differenze significative sussistono anche rispetto ad istituti che a prima vista possono apparire meno lontani, come il project financing o lo stesso leasing immobiliare.
In particolare, l’elemento distintivo del contratto di disponibilità rispetto agli istituti in precedenza conosciuti nell’ambito della normativa sulle opere pubbliche può essere individuato nel più accentuato spostamento del baricentro della relativa disciplina in un ambito privatistico.
La natura stessa dell’opera che viene realizzata, che resta privata per tutta la durata del contratto e può anche non diventare mai pubblica, permea l’intera regolamentazione dell’istituto, con il superamento di determinate rigidità che sono proprie dell’appalto pubblico ma anche degli altri strumenti sino ad oggi conosciuti e più abitualmente utilizzati.
Da un punto di vista dell’inquadramento generale, il contratto di disponibilità viene inserito, attraverso un’integrazione del comma 15–ter dell’articolo 3 del d.lg. n. 163/2006, tra i contratti di partenariato pubblico privato (PPP).
Tale inquadramento ha notevoli riflessi sotto il profilo dell’allocazione dei rischi tra ente pubblico e soggetto privato che, ai sensi della stessa previsione contenuta nel comma 15– ter, deve avvenire in conformità alle prescrizioni e agli indirizzi comunitari vigenti.
Decisiva in questo senso è la Decisione Eurostat dell’11 febbraio 2004 che, nel definire le caratteristiche fondamentali che un’operazione di PPP deve avere al fine di essere considerata tale e quindi essere classificata off–balance (vale a dire: senza impatto sul debito pubblico), pone l’accento proprio sulla natura dei rischi che devono obbligatoriamente gravare sul partner privato.
Quest’ultimo deve assumere in primo luogo il rischio di costruzione, che ricomprende gli effetti derivanti dal ritardo nell’ultimazione dell’opera, dal mancato rispetto degli standard progettuali, dall’aumento dei costi, nonché dal mancato completamento dell’opera.
A questo si deve accompagnare il rischio di gestione, che può essere declinato in una delle due forme di rischio di disponibilità e di rischio di domanda.
Il rischio di domanda é proprio della gestione delle c.d. opere calde, quelle cioè che hanno un’intrinseca capacità di generare flussi di cassa derivanti dal pagamento di canoni o tariffe da parte di una massa indifferenziata di utenti.
Tale rischio è connesso alla variabilità della domanda, dipendente ad esempio dalla riduzione del bacino di utenza, dalla presenza di alternative più convenienti per gli utenti medesimi, da nuove tendenze di mercato.
Il rischio di disponibilità è invece tipico della gestione delle c.d. opere fredde, in cui l’utilizzatore è l’ente pubblico che, a fronte di una serie di servizi assicurati dal privato, garantisce a quest’ultimo un’adeguata remunerazione. In questo caso l’assunzione del rischio di disponibilità comporta che il corrispettivo versato dall’ente pubblico sia commisurato alla quantità e qualità delle prestazioni effettuate dal privato, con la necessaria previsione quindi di un sistema di penali per l’ipotesi in cui i livelli qualitativi e quantitativi previsti non siano raggiunti.
Nel contratto di disponibilità è proprio quest’ultimo rischio ad assumere un ruolo centrale sotto il profilo gestionale, non essendo riconosciuto al privato il diritto di pretendere il riequilibrio economico-finanziario della gestione.
La peculiarità di tale contratto è data dal fatto che, benché l’opera da realizzare sia destinata allo svolgimento di un pubblico servizio, una volta realizzata, la stessa rimane, ordinariamente, di proprietà privata (non è dunque opera pubblica in senso proprio), ed è posta a disposizione dell’Amministrazione che ha bandito la gara, e che versa un “canone di disponibilità” all’affidatario.
Si verte dunque al cospetto della realizzazione di un bene privato con le modalità dell’evidenza pubblica in ragione del vincolo di destinazione alla “messa a disposizione” in favore di un soggetto pubblico.
Il modello contrattuale
In base alla definizione inserita al comma 15-ter dell’articolo 3 del d.lg. n. 163/2006, il contratto di disponibilità prevede che il soggetto privato, assumendo i relativi rischi, provveda alla costruzione e alla successiva messa a disposizione della pubblica amministrazione di un’opera che resta di proprietà privata, ancorché destinata all’esercizio di un pubblico servizio.
Oggetto specifico del contratto di disponibilità è quindi la costruzione e la messa a disposizione dell’opera. Ciò tuttavia presuppone che il privato si faccia carico anche del reperimento (totale o parziale) delle risorse finanziarie necessarie alla costruzione e delle attività strumentali alla c.d. messa a disposizione, che si concretizzano nella gestione tecnica dell’opera. Il tratto caratterizzante del contratto di disponibilità consiste nella “messa a disposizione” dell’opera, che avviene a fronte del versamento di un corrispettivo da parte dell’ente pubblico. L’elemento della messa a disposizione implica che per l’intera durata del contratto l’opera resta a tutti gli effetti di proprietà privata. Essa, anche quando viene utilizzata dalla pubblica amministrazione, non è un’opera pubblica e può anche non diventarlo mai.
(Segue)
La natura privata dell’opera rappresenta il segno distintivo di questa formula contrattuale, in quanto ne permea l’intera disciplina, specie sotto il profilo del regime di responsabilità che grava sul privato ai fini dell’assolvimento degli obblighi che ad esso fanno capo. Nel contempo consente all’ente pubblico di assolvere a quelle esigenze che per quanto prolungate nel tempo possono anche non essere permanenti senza dover necessariamente incrementare la propria dotazione patrimoniale. In sostanza, non si realizza un’opera pubblica, ma si prende in carico un’opera privata per adibirla, per un tempo determinato, a una funzione pubblica.
Posti questi elementi di base, il modello contrattuale disegnato dal legislatore si caratterizza per un’accentuata flessibilità. Non vi è, ad esempio, alcuna indicazione sulla durata del contratto, né sulla specifiche prescrizioni che devono caratterizzare la c.d. gestione tecnica dell’opera. La definizione dell’impianto complessivo del contratto viene lasciata all’autonoma negoziazione delle parti, il che appare particolarmente opportuno specie in relazione alla possibilità per l’ente pubblico di modellare le previsioni contrattuali in considerazione delle specifiche esigenze del caso concreto.
Il contratto di disponibilità: la disciplina normativa
l’art. 160-ter del d.lg. n. 163/2006 – il corrispettivo attribuibile all’affidatario
«1. L'affidatario del contratto di disponibilità è retribuito con i seguenti corrispettivi, soggetti ad adeguamento monetario secondo le previsioni del contratto:
a) un canone di disponibilità, da versare soltanto in corrispondenza alla effettiva disponibilità dell'opera; il canone è proporzionalmente ridotto o annullato nei periodi di ridotta o nulla disponibilità della stessa per manutenzione, vizi o qualsiasi motivo non rientrante tra i rischi a carico dell'amministrazione aggiudicatrice ai sensi del comma 3;
b) l'eventuale riconoscimento di un contributo in corso d'opera, comunque non superiore al cinquanta per cento del costo di costruzione dell'opera, in caso di trasferimento della proprietà dell'opera all'amministrazione aggiudicatrice;
c) un eventuale prezzo di trasferimento, parametrato, in relazione ai canoni già versati e all'eventuale contributo in corso d'opera di cui alla precedente lettera b), al valore di mercato residuo dell'opera, da corrispondere, al termine del contratto, in caso di trasferimento della proprietà dell'opera all'amministrazione aggiudicatrice».
La disciplina contenuta all’articolo 160–ter, c. 1 del d.lg. n. 163/2006 individua tre diverse forme di corrispettivo a favore del privato, che tuttavia hanno un ruolo e una funzione diversi.
La prima è rappresentata dal canone di disponibilità ed è l’unica che costituisce elemento essenziale dello schema contrattuale. Il canone rappresenta infatti il corrispettivo naturale a fronte della messa a disposizione dell’opera ed è dovuto a partire dal momento in cui questa avviene. Lo stretto legame tra canone ed effettiva disponibilità dell’opera comporta che il primo è soggetto a riduzioni o annullamenti in relazione ai periodi in cui la disponibilità viene meno ovvero quando non viene assicurata secondo gli standard previsti nel contratto. In sostanza se il privato non assicura la dovuta manutenzione o non elimina gli eventuali vizi dell’opera o non esegue correttamente le prestazioni in cui si sostanzia la c.d. gestione tecnica, provocando in tal modo una riduzione della funzionalità dell’opera, si vedrà ridotto – o in casi estremi annullato – il canone di disponibilità ad esso dovuto.
Tali riduzioni o annullamenti rappresentano in sostanza un meccanismo di penali che vengono applicate in relazione al non corretto adempimento degli obblighi che il privato ha contrattualmente assunto ai fini della messa a disposizione dell’opera.
Il canone di disponibilità può inoltre subire una riduzione anche anteriormente all’avvio della gestione tecnica, cioè prima che inizi la vera e propria messa a disposizione dell’opera. E’ infatti previsto dalla normativa che in sede di collaudo l’ente pubblico, a fronte di determinati presupposti, possa disporre la riduzione del canone di disponibilità. Tale riduzione non può tuttavia superare un determinato limite che deve essere individuato nel contratto, superato il quale il rapporto negoziale si intende risolto.
Secondo l’espressa indicazione dello stesso legislatore, l’individuazione di questo limite va operata anche a salvaguardia degli enti finanziatori dell’opera. Tale previsione nasce evidentemente dall’assunto che una riduzione eccessiva del canone, comportando una significativa diminuzione dei flussi di cassa, potrebbe comportare difficoltà nella restituzione agli eventuali finanziatori dei capitali da essi anticipati.
Accanto al canone di disponibilità la legge prevede altre due possibili forme di corrispettivo, che tuttavia sono meramente eventuali.
Entrambe sono infatti collegate alla circostanza che, al termine del periodo di durata del contratto di disponibilità, l’opera – fino a quel momento a tutti gli effetti privata - passi in proprietà dell’ente pubblico.
La prima è costituita da un contributo in corso d’opera, che non può comunque essere superiore al 50% del costo di costruzione dell’opera. Esso andrà erogato in base agli stati avanzamento lavori secondo le modalità e la tempistica che andranno definite nel contratto. Si tratta evidentemente di una possibilità che il legislatore ha voluto prevedere in relazione a quei casi in cui può apparire opportuno, tenuto conto delle caratteristiche dell’opera, garantire un’integrazione al finanziamento privato attraverso un intervento dell’ente pubblico che consenta di anticipare l’erogazione di corrispettivi a favore dell’operatore privato.
La seconda forma di corrispettivo è invece costituita dal prezzo di trasferimento, che andrà corrisposto al termine del contratto di disponibilità qualora sia previsto che a quel momento l’opera passi in proprietà dell’amministrazione.
Tale prezzo andrà parametrato al valore di mercato dell’opera, tenuto conto dei canoni già versati e dell’eventuale contributo in corso d’opera già corrisposto.
«2. L'affidatario assume il rischio della costruzione e della gestione tecnica dell'opera per il periodo di messa a disposizione dell'amministrazione aggiudicatrice. Il contratto determina le modalità di ripartizione dei rischi tra le parti, che possono comportare variazioni dei corrispettivi dovuti per gli eventi incidenti sul progetto, sulla realizzazione o sulla gestione tecnica dell'opera, derivanti dal sopravvenire di norme o provvedimenti cogenti di pubbliche autorità. Salvo diversa determinazione contrattuale e fermo restando quanto previsto dal comma 5, i rischi sulla costruzione e gestione tecnica dell'opera derivanti da mancato o ritardato rilascio di autorizzazioni, pareri, nulla osta e ogni altro atto di natura amministrativa sono a carico del soggetto aggiudicatore».
il rischio di gestione
Con riferimento ai contorni che assume il c.d. rischio di gestione che grava sul privato, va rilevato che esso implica che se non viene garantita la piena e costante fruibilità dell’opera, nei termini contrattualmente previsti, il privato deve essere penalizzato attraverso una riduzione del canone di disponibilità.
In sostanza, se durante il periodo di messa a disposizione non viene effettuata un’adeguata manutenzione o vi è un vizio che riduce la funzionalità dell’opera, tali eventi determinano una carenza gestionale che va imputata al privato, che ne sopporta le relative conseguenze anche in termini economici.
In questi termini, il rischio gestionale che grava sul privato appare pienamente coerente con gli indirizzi comunitari sulla ripartizione dei rischi nell’ambito delle iniziative di partenariato pubblico–privato.
Tale ripartizione prevede infatti che il privato assuma il c.d. rischio di disponibilità, che presuppone un sistema di pagamenti da parte dell’ente pubblico che non si risolva in un canone fisso e invariabile, ma che preveda la riduzione dei corrispettivi dovuti al privato nel caso in cui le prestazioni rese siano qualitativamente o quantitativamente insufficienti e quindi non assicurino la piena disponibilità dell’opera.
«3. Il bando di gara è pubblicato con le modalità di cui all'articolo 66 ovvero di cui all'articolo 122, secondo l'importo del contratto, ponendo a base di gara un capitolato prestazionale, predisposto dall'amministrazione aggiudicatrice, che indica, in dettaglio, le caratteristiche tecniche e funzionali che deve assicurare l'opera costruita e le modalità per determinare la riduzione del canone di disponibilità, nei limiti di cui al comma 6. Le offerte devono contenere un progetto preliminare rispondente alle caratteristiche indicate nel capitolato prestazionale e sono corredate dalla garanzia di cui all'articolo 75; il soggetto aggiudicatario è tenuto a prestare la cauzione definitiva di cui all'articolo 113. Dalla data di inizio della messa a disposizione da parte dell'affidatario è dovuta una cauzione a garanzia delle penali relative al mancato o inesatto adempimento di tutti gli obblighi contrattuali relativi alla messa a disposizione dell'opera, da prestarsi nella misura del dieci per cento del costo annuo operativo di esercizio e con le modalità di cui all'articolo 113; la mancata presentazione di tale cauzione costituisce grave inadempimento contrattuale. L'amministrazione aggiudicatrice valuta le offerte presentate con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa di cui all'articolo 83. Il bando indica i criteri, secondo l'ordine di importanza loro attribuita, in base ai quali si procede alla valutazione comparativa tra le diverse offerte. Gli oneri connessi agli eventuali espropri sono considerati nel quadro economico degli investimenti e finanziati nell'ambito del contratto di disponibilità».
Con riferimento alla gara per l’affidamento del contratto di disponibilità, il comma 3 prevede in primo luogo le forme di pubblicità per il relativo bando di gara, rinviando a quanto stabilito in linea generale per l’affidamento degli appalti. Valgono quindi le prescrizioni contenute nell’articolo 66 (qualora l’importo a base di gara sia pari o superiore alla soglia comunitaria) ovvero nell’articolo 122 (nel caso di importo sottosoglia).
Ciò pone un primo problema, relativo alle modalità di determinazione dell’importo a base di gara. Occorre infatti stabilire se esso coincida con l’importo dei lavori o con la somma dei corrispettivi dovuti al privato. La delicatezza del tema si ricollega al fatto che, in linea astratta, l’importo a base di gara dovrebbe determinare anche la quantificazione dei requisiti di qualificazione richiesti ai concorrenti.
La norma parla di importo del contratto, il che potrebbe essere inteso come l’importo che l’ente pubblico deve corrispondere al privato a titolo di canone di disponibilità e, eventualmente, di contributo in corso d’opera e prezzo di trasferimento. D’altro canto va considerato che a base di gara viene posto unicamente un capitolato prestazionale, che evidentemente non contiene alcun elaborato progettuale, neanche di livello preliminare, idoneo a quantificare l’importo dei lavori. Si deve tuttavia ritenere che dal capitolato prestazionale si possa ragionevolmente dedurre una stima sommaria del valore dell’opera da realizzare, anche al fine di operare una corretta quantificazione del canone di disponibilità.
(segue)
L’interpretazione più rigorosa porterebbe a ritenere che l’importo del contratto, che costituisce la base di gara, sia rappresentato dall’insieme dei corrispettivi che l’ente pubblico si obbliga a versare al privato a fronte della realizzazione e messa a disposizione dell’opera. E tuttavia non appare irragionevole che ai fini di definire i requisiti di qualificazione relativi alla realizzazione dell’opera si tenga invece conto del valore stimato della stessa (duplice binario: uno relativo al valore dell’opera e l’altro in materia di requisiti di qualificazione).
Dal punto di vista strettamente procedurale non vengono richiamate le norme relative ai termini di presentazione delle offerte previste per l’affidamento degli appalti, che quindi costituiscono unicamente un possibile riferimento senza tuttavia assumere valore cogente.
A base di gara l’ente committente deve porre un capitolato prestazionale che deve indicare in dettaglio le caratteristiche tecniche e funzionali che devono essere possedute dall’opera costruita. L’ente, quindi, deve sicuramente specificare di che tipo di opera necessita, indicando le caratteristiche qualitative ma anche la dimensione quantitativa della stessa, nonché le esigenze funzionali che dovrà soddisfare. La redazione di questo documento costituisce uno dei momenti centrali ai fini dell’efficace funzionamento dell’istituto.
Il capitolato prestazionale, infatti, oltre a costituire la base su cui i concorrenti elaborano le proprie offerte, rappresenta anche il riferimento per la verifica che deve essere effettuata in sede di collaudo in merito alla rispondenza dell’opera alle esigenze dell’amministrazione. Da qui la necessità che la sua redazione sia il più possibile puntuale, attraverso l’indicazione dettagliata di ciò che l’opera deve possedere sia in termini di parametri tecnici che di caratteristiche funzionali.
a un milione di euro:
il richiamo all’art. 122 del d.lg. n. 163/2006
«7. I lavori di importo complessivo inferiore a un milione di euro possono essere affidati dalle stazioni appaltanti, a cura del responsabile del procedimento, nel rispetto dei principi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza, e secondo la procedura prevista dall’articolo 57, comma 6; l’invito è rivolto, per lavori di importo pari o superiore a 500.000 euro, ad almeno dieci soggetti e, per lavori di importo inferiore a 500.000 euro, ad almeno cinque soggetti se sussistono aspiranti idonei in tali numeri. I lavori affidati ai sensi del presente comma, relativi alla categoria prevalente, sono affidabili a terzi mediante subappalto o subcontratto nel limite del 20 per cento dell’importo della medesima categoria; per le categorie specialistiche di cui all’articolo 37, comma 11, restano ferme le disposizioni ivi previste. L’avviso sui risultati della procedura di affidamento, conforme all’allegato IX A, punto quinto (avviso relativo agli appalti aggiudicati), contiene l’indicazione dei soggetti invitati ed è trasmesso per la pubblicazione, secondo le modalità di cui ai commi 3 e 5 del presente articolo, entro dieci giorni dalla data dell’aggiudicazione definitiva; non si applica l’articolo 65, comma 1»
l’art. 160-ter del d.lg. n. 163/2006 – i requisiti di partecipazione
«4. Al contratto di disponibilità si applicano le disposizioni previste dal presente codice in materia di requisiti generali di partecipazione alle procedure di affidamento e di qualificazione degli operatori economici»
Quanto allo svolgimento della gara vera e propria, di particolare rilievo è la previsione contenuta al c. 4 dell’articolo 160–ter, secondo cui al contratto di disponibilità si applicano le disposizioni previste dal d.lg.
n. 163/2006 in materia di requisiti generali di partecipazione alle procedure di affidamento e di qualificazione degli operatori economici.
Quanto ai requisiti generali, il rinvio non presenta particolari problemi, comportando che i partecipanti alla procedura di gara debbano essere in possesso dei requisiti indicati all’articolo 38 del d.lg. n. 163/2006. Più articolata si presenta la questione con riferimento ai requisiti di qualificazione. Occorre infatti definire quali siano tali requisiti e in che termini vadano quantificati. Al riguardo, la soluzione va individuata sulla base delle prestazioni che l’operatore privato deve adempiere nell’ambito del contratto di disponibilità (per i lavori: SOA; per i servizi da svolgere: certificazioni ISO).
Appare quindi necessario, in primo luogo, che la qualificazione sia richiesta in relazione alla progettazione e successiva esecuzione dell’opera. Il concorrente dovrà quindi essere in possesso della attestazione SOA per progettazione ed esecuzione ovvero, nel caso di attestazione per sola esecuzione, dovrà avvalersi di progettisti, i cui requisiti andranno definiti separatamente nello stesso bando di gara.
Quanto alla classifica di qualificazione richiesta , si deve ritenere che essa vada determinata sulla base del valore presunto dell’opera, quale emerge dalla stima sommaria effettuata nell’ambito della definizione del capitolato prestazionale.
Ai fini della qualificazione, occorre tuttavia considerare anche le prestazioni che il privato deve svolgere successivamente al completamento dei lavori, in termini di gestione tecnica dell’opera ai fini della relativa messa a disposizione. Tali prestazioni consistono sostanzialmente in servizi all’immobile, per cui i relativi requisiti andranno definiti con riferimento a quanto previsto dagli articoli 41 e 42 del d.lg. n. 163/2006.
(segue)
Le problematiche legate all’applicazione dell’art. 38 del d.lg. n. 163/2006:
Il Consiglio di Stato in adunanza plenaria, con sentenza n. 10 del 4 maggio 2012, ha affermato che sussiste "in capo al cessionario dell'onere di presentare la dichiarazione relativa al requisito di cui all'art. 38, comma 2 [recte: comma 1], lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006 anche in riferimento agli amministratori ed ai direttori tecnici che hanno operato presso la cedente nell'ultimo triennio (ora nell'ultimo anno)".
Nel far ciò, tuttavia, la stessa Plenaria ha inteso anche fornire alcune indicazioni volte a temperare il rigore del precetto in questione che - pur se ricavabile in via ermeneutica - rimane comunque implicito, inepresso dalla norma.
Infatti, è stato affermato che: "è comunque dato al cessionario comprovare l'esistenza nel caso concreto di una completa cesura tra vecchia e nuova gestione, tale da escludere la rilevanza della condotta dei precedenti amministratori e direttori tecnici operanti nell'ultimo triennio e, ora, nell'ultimo anno, presso il complesso aziendale ceduto".
Il Consiglio di Stato in adunanza plenaria, con sentenza n. 21 del 7 giugno 2012, ha chiarito che: " 1) in caso di incorporazione o fusione societaria sussiste in capo alla società incorporante, o risultante dalla fusione, l’onere di presentare la dichiarazione relativa al requisito di cui all’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163/2006 anche con riferimento agli amministratori ed ai direttori tecnici che hanno operato presso la società incorporata o le società fusesi nell’ultimo triennio ovvero che sono cessati dalla relativa carica in detto periodo (dopo il d.l. n. 70 del 2011: nell’ultimo anno). Resta ferma la possibilità di dimostrare la c.d. dissociazione.
(segue)
Le problematiche legate all’applicazione dell’art. 38 del d.lg. n. 163/2006:
Con ordinanza 15 gennaio 2013, n. 123, la prima sezione del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, Milano, ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea le seguenti questioni pregiudiziali di interpretazione dell’art. 38, comma 1, lett. b) e c) del D.Lgs. 12.4.2006, n. 163 in rapporto alla disciplina prevista dall’art. 45 della Direttiva 2004/18/CE:
«a) se sia, o meno, contrastante con il diritto comunitario l’interpretazione secondo cui, nell’ipotesi che un’impresa partecipante ad una procedura di gara abbia omesso di dichiarare, nella propria domanda di partecipazione, l’assenza dei procedimenti e delle condanne previste dall’art. 38, comma 1, lett. b) e
c) del D.lgs. 163/2006 nei confronti di un proprio direttore tecnico, la stazione appaltante debba disporre l’esclusione di tale impresa anche nel caso in cui quest’ultima abbia congruamente provato che la qualificazione di direttore tecnico era stata indicata per mero errore materiale;
b) se sia, o meno, contrastante con il diritto comunitario l’interpretazione secondo cui, nell’ipotesi che un’impresa partecipante ad una procedura di gara abbia offerto un’utile e congrua prova dell’assenza, nei confronti dei soggetti tenuti alle dichiarazioni di cui all’art. 38, comma 1, lett. b) e c), dei procedimenti e delle condanne ivi previste, la stazione appaltante debba disporre l’esclusione di tale impresa quale conseguenza dell’inottemperanza ad una previsione della lex specialis con cui sia stata indetta la pubblica gara»
Quanto alla quantificazione dei requisiti tecnico-economici, appare ragionevole che essa sia svincolata dall’importo a base d’asta inteso come importo contrattuale, posto che il canone di disponibilità – che determina appunto l’importo contrattuale – si riferisce all’insieme delle prestazioni a carico del privato, comprese quindi quelle relative alla realizzazione dell’opera. Si può quindi ipotizzare che i requisiti di qualificazione relativi alla gestione tecnica siano quantificati sulla base di una stima sommaria del valore di quest’ultima, definita anch’essa alla luce dei contenuti del capitolato prestazionale.
L’avvalimento e le certificazioni ISO:
«Nelle gare d'appalto, in tema di avvalimento, la formulazione dell'art. 49 d.lgs. 163/2006 (Codice degli appalti) è molto ampia e non prevede alcun divieto, sicché ben può l'avvalimento riferirsi anche alla certificazione di qualità di altro operatore economico, attenendo essa ai requisiti di capacità tecnica. La certificazione di qualità, invero, essendo connotata dal precipuo fine di valorizzare gli elementi di eccellenza dell'organizzazione complessiva, è da considerarsi anch'essa requisito di idoneità tecnico organizzativa dell'impresa, da inserirsi tra gli elementi idonei a dimostrare la capacità tecnico professionale di un'impresa, assicurando che l'impresa cui sarà affidato il servizio o la fornitura sarà in grado di effettuare la prestazione nel rispetto di un livello minimo di qualità accertato da un organismo a ciò predisposto» (Cons. Stato Sez. V, 06/03/2013, n. 1368)
In merito ai soggetti che possono partecipare alla gara, le disposizioni sul contratto di disponibilità non richiamano espressamente l’art. 34 del d.lg. n. 163/2006, che individua i soggetti che possono rendersi affidatari di contratti pubblici.
Alla luce di questa esclusione, occorre quindi chiedersi se alla gara per l’affidamento del contratto di disponibilità possano partecipare anche concorrenti costituiti in raggruppamento temporaneo o in consorzio.
In linea generale si deve ritenere che non vi siano ragioni ostative a tale partecipazione, che anzi può apparire utile in relazione alla natura diversificata delle prestazioni che devono essere rese dal soggetto affidatario del contratto di disponibilità.
Si potrebbe ad esempio ipotizzare l’ammissibilità di un raggruppamento di tipo verticale, in cui un soggetto si faccia carico della realizzazione dell’opera e un altro della gestione tecnica.
E’ comunque necessario che l’ente committente preveda espressamente nel bando tale possibilità, disciplinando anche nel dettaglio la ripartizione dei requisiti tra i componenti del raggruppamento.
Quanto alle modalità di svolgimento della gara, l’offerta dei concorrenti deve contenere un progetto preliminare in cui le caratteristiche dell’opera siano coerenti con le prescrizioni del capitolato prestazionale posto a base di gara.
Ma l’offerta – nonostante questo non sia esplicitamente previsto dalla norma – si deve comporre anche di un elemento economico. Appare quindi necessario che in sede di bando l’ente pubblico definisca la misura del canone di disponibilità - ed eventualmente degli ulteriori corrispettivi previsti in termini di contributo in corso di esecuzione e prezzo di trasferimento - rispetto ai quali i concorrenti potranno formulare i relativi ribassi.
L’aggiudicazione avviene con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con preventiva indicazione dei criteri che verranno presi in considerazione ai fini della valutazione dell’offerta nonché dei pesi ponderali attribuiti a ciascuno di essi. E’ evidente che tali criteri includeranno, oltre al ribasso economico, elementi relativi alla qualità estetica e funzionale dell’opera progettata nonché all’organizzazione del servizio di gestione tecnica.
«5. Il progetto definitivo, il progetto esecutivo e le eventuali varianti in corso d'opera sono redatti a cura dell'affidatario; l'affidatario ha la facoltà di introdurre le eventuali varianti finalizzate ad una maggiore economicità di costruzione o gestione, nel rispetto del capitolato prestazionale e delle norme e provvedimenti di pubbliche autorità vigenti e sopravvenuti; il progetto definitivo, il progetto esecutivo e le varianti in corso d'opera sono ad ogni effetto approvati dall'affidatario, previa comunicazione all'amministrazione aggiudicatrice e, ove prescritto, alle terze autorità competenti. Il rischio della mancata o ritardata approvazione da parte di terze autorità competenti della progettazione e delle eventuali varianti è a carico dell'affidatario. L'amministrazione aggiudicatrice può attribuire all’affidatario il ruolo di autorità espropriante ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327».
Il privato deve procedere alla redazione di tutti e tre i livelli di progettazione previsti per la realizzazione di un’opera pubblica.
In particolare, il progetto preliminare costituisce parte integrante dell’offerta, mentre i due successivi livelli - definitivo ed esecutivo - sono redatti a valle dell’aggiudicazione.
A quest’ultimo proposito, si deve ritenere che non sia strettamente necessaria la redazione distinta dei due livelli di progettazione che potrebbero anche essere accorpati, a meno che ragioni di opportunità (per esempio l’ottenimento anticipato di autorizzazioni già sul progetto definitivo) non consiglino di mantenere il duplice passaggio.
Il punto fondamentale è che la responsabilità della progettazione resta interamente in capo al privato, non solo nel senso che quest’ultimo deve provvedere autonomamente alla redazione del progetto nelle sue diverse articolazioni, ma soprattutto nel senso che nessun livello progettuale è sottoposto all’approvazione dell’ente pubblico committente.
Il privato si deve infatti limitare a inoltrare all’amministrazione una mera comunicazione in merito all’intervenuto completamento dell’attività progettuale, fermo restando che l’approvazione del progetto in senso stretto resta un fatto interno al privato.
(segue)
La medesima comunicazione deve essere inviata, ove prescritto, alle altre autorità competenti.
Peraltro, se queste ultime devono approvare il progetto, i rischi derivanti dalla mancata approvazione o da ritardi della stessa restano a carico del privato. Tale circostanza impone al privato l’assunzione di rischi rispetto ad eventi che sono totalmente al di fuori della propria sfera di controllo e che, specie in relazione ai ritardi nell’approvazione, possono penalizzare sensibilmente le sue prestazioni e le sue attese di rendimento, senza che egli ne abbia colpa o possa in qualche modo intervenire.
Si pensi all’ipotesi in cui a seguito di ritardi nell’approvazione del progetto da parte delle autorità preposte slitti la messa a disposizione dell’opera all’ente committente, esponendo il privato alle relative penali.
E’ evidente che una previsione di questo tipo può costituire un oggettivo elemento di disincentivo per il privato e, di conseguenza, un fattore di criticità per la diffusione dell’istituto.
(segue)
Il privato può anche introdurre in corso d’opera, in totale autonomia, varianti progettuali che, evidentemente a suo giudizio, siano finalizzate a una maggiore economicità di costruzione e gestione, ovvero che siano dovute a norme e provvedimenti delle autorità pubbliche. Le varianti ricevono il medesimo trattamento del progetto originario quanto alla relativa approvazione e agli eventuali ritardi della stessa.
In sostanza, nello schema del contratto di disponibilità l’ente pubblico committente resta totalmente estraneo all’attività di progettazione, i cui oneri e rischi sono di esclusiva e totale competenza del privato.
il reperimento delle risorse
La definizione dell’oggetto contrattuale consente di analizzare nel dettaglio la tipologia di prestazioni che caratterizzano l’attività del privato nel contratto di disponibilità.
Volendo dare un ordine cronologico a tali prestazioni, in prima battuta si colloca il reperimento delle risorse finanziarie necessarie per la costruzione dell’opera che, come si ricava anche dalla definizione del contratto di disponibilità, deve avvenire “a spese” del privato.
Quest’ultimo potrà provvedere al relativo finanziamento secondo un piano economico–finanziario elaborato autonomamente e sui cui saranno gli eventuali investitori a dover esprimere le loro valutazioni, qualora il privato intenda ricorrere al mercato per il reperimento dei relativi capitali di rischio.
Va sottolineto che la natura privata dell’opera dovrebbe – specie nel caso in cui non è prevista l’acquisizione finale da parte dell’ente pubblico - agevolare la concessione di eventuali linee di finanziamento, posto che consente di prefigurare garanzie reali a favore del finanziatore.
la costruzione
Quanto alla costruzione vera e propria, di centrale importanza é la previsione contenuta al c. 2 del nuovo articolo 160–ter del d.lg. n. 163/2006, secondo cui l’affidatario assume il rischio della costruzione.
Tale assunzione di rischio dovrebbe comportare che tutti gli eventi che possono verificarsi in fase esecutiva restano anch’essi nella sfera di competenza esclusiva del privato, senza che l’amministrazione possa o debba essere chiamata in causa.
Ad esempio, eventi quali l’introduzione di eventuali varianti in fase esecutiva o l’incremento dei costi di costruzione esauriscono i loro effetti nella sfera del privato, che ne dovrà sopportare in autonomia i relativi oneri.
(segue)
Nel contratto di disponibilità la fase di esecuzione dei lavori è svincolata dall’applicazione delle regole proprie dell’appalto, il che appare peraltro pienamente coerente con l’esigenza che sul privato gravi per intero il rischio di costruzione, secondo quanto indicato a livello comunitario in relazione a tutte le forme di partenariato pubblico – privato.
Si deve ritenere che al contratto di disponibilità non siano applicabili le disposizioni in tema di contenzioso contenute nella parte IV del d.lg. n. 163/2006.
La disciplina dell’accordo bonario piuttosto che delle riserve è infatti pensata in relazione a un rapporto tra ente committente e contraente privato che è profondamente diverso da quello esistente nel contratto di disponibilità, in cui il contenuto delle obbligazioni proprie del privato risulta incompatibile con i richiamati istituti.
(segue)
La messa a disposizione dell’opera implica la garanzia della costante fruibilità dell’intervento in favore dell’ente pubblico, secondo i parametri di funzionalità previsti nel contratto e assicurando a tal fine la perfetta manutenzione e la risoluzione di tutti gli eventuali vizi, anche sopravvenuti.
Ciò significa che il privato deve farsi carico, a proprie spese e assumendo i relativi rischi, di tutti i servizi funzionali ad assicurare la fruibilità dell’opera, come ad esempio la manutenzione ordinaria e straordinaria ovvero l’esecuzione degli interventi eventualmente necessari per garantire che l’opera sia pienamente funzionale alle esigenze dell’ente pubblico, come individuate nelle relative previsioni contrattuali.
Sotto questo profilo non si può escludere che nel contratto possa essere prevista anche la prestazione di servizi collaterali (ad esempio il servizio di pulizia o di guardiania) che, pur non essendo riconducibili in senso proprio alla nozione di gestione tecnica, possono tuttavia farsi rientrare nel concetto ampio di fruibilità dell’opera.
In questo senso appare fondamentale una corretta e puntale redazione delle clausole contrattuali che consenta di definire con la massima precisione possibile quali sono i parametri da rispettare per garantire la fruibilità dell’opera, così da avere sufficiente chiarezza su ciò che l’ente pubblico può esigere in termini di funzionalità della stessa.
Alla fine del ciclo delle prestazioni che fanno capo al privato si colloca la
c.d. gestione tecnica dell’opera per tutto il periodo di messa a disposizione della stessa a favore dell’ente pubblico. La nozione di gestione tecnica sembra voler qualificare la stessa in termini di prestazioni di natura tecnica, con ciò distinguendola dalla gestione per così dire economica.
Centrale è la previsione contenuta sempre nel c. 2 del nuovo articolo 160– ter, secondo cui anche il rischio della gestione tecnica deve far capo al privato. Per comprendere in cosa si sostanzi tale rischio di gestione, occorre collegarlo alla nozione di messa a disposizione che, per certi aspetti, rappresenta il cuore del nuovo istituto. Infatti, tutte le precedenti prestazioni svolte dal privato sono funzionali al perseguimento del risultato ultimo cui il contratto di disponibilità tende, che è appunto la messa a disposizione dell’opera a favore dell’ente pubblico.
A fronte dell’insieme delle prestazioni richieste al privato, la nuova disciplina prevede un articolato sistema di garanzie che quest’ultimo deve rendere all’ente pubblico.
Oltre alla cauzione provvisoria da prestare in sede di gara pari al 2% dell’importo a base d’asta ai sensi dell’articolo 75 del d.lg. n. 163/2006, vi sono due ulteriori forme di garanzia che coprono l’intero spettro delle prestazioni contrattuali del privato.
La prima è quella tipica della fase esecutiva, per la quale si opera un’estensione della cauzione definitiva prevista per gli appalti dall’articolo 113 del d.lg. n. 163/2006. Essa è pari al 10% dell’importo contrattuale e copre il mancato o inesatto adempimento delle obbligazioni relative all’esecuzione dei lavori, cessando di avere efficacia a far data dall’emissione del certificato di collaudo provvisorio o di regolare esecuzione.
Considerato peraltro che nella logica del contratto di disponibilità l’esecuzione dei lavori si caratterizza per essere un fatto interno al privato, rispetto al quale il livello di ingerenza dell’ente pubblico è sostanzialmente nullo, sembra ragionevole ipotizzare che tale garanzia finisca per coprire eventi specifici, quali ad esempio l’interruzione dei lavori in corso d’opera o la ritardata ultimazione degli stessi.
La seconda garanzia è invece propria della fase della gestione tecnica dell’opera, e si ricollega in maniera più diretta alle caratteristiche proprie del contratto di disponibilità.
Essa si sostanzia in una cauzione che deve essere prestata a partire dalla messa a disposizione dell’opera a favore dell’ente pubblico e deve durare – ancorché questo elemento non sia specificato nella norma – per l’intero periodo contrattuale.
(segue)
Tale seconda cauzione copre le eventuali penali erogate dall’ente pubblico a fronte del mancato o inesatto adempimento di tutti gli obblighi contrattuali legati alla messa a disposizione dell’opera. Anche se in realtà tali penali dovrebbero tradursi in prima battuta nella riduzione del canone di disponibilità, con la conseguenza che la garanzia entrerebbe in gioco solo nell’ipotesi – che in realtà appare estrema - in cui l’ammontare delle penali superi in un determinato arco temporale la misura di detto canone.
Quanto alla misura della garanzia in questione, essa è stabilita nel 10% del costo annuo operativo di esercizio. Con tale formula si deve ritenere che il legislatore abbia voluto fare riferimento ai costi della c.d. gestione tecnica, relativi quindi a tutti i servizi funzionali alla messa a disposizione dell’opera. Tali costi, quindi, pur rimanendo un fatto interno all’organizzazione imprenditoriale dell’operatore privato, dovranno essere evidenziati in maniera separata; in questo senso si potrebbe ipotizzare che il bando di gara preveda che già in sede di offerta i concorrenti debbano indicare la misura di detti costi, sia pure ai soli fini della determinazione della cauzione in questione.
La mancata presentazione di questa cauzione costituisce grave inadempimento contrattuale, come tale possibile causa di risoluzione del contratto.
l’art. 160-ter del d.lg. n. 163/2006 – il collaudo dell’opera
«6. L’attività di collaudo, posta in capo alla stazione appaltante, verifica la realizzazione dell'opera al fine di accertare il puntuale rispetto del capitolato prestazionale e delle norme e disposizioni cogenti e può proporre all'amministrazione aggiudicatrice, a questi soli fini, modificazioni, varianti e rifacimento di lavori eseguiti ovvero, sempre che siano assicurate le caratteristiche funzionali essenziali, la riduzione del canone di disponibilità. Il contratto individua, anche a salvaguardia degli enti finanziatori, il limite di riduzione del canone di disponibilità superato il quale il contratto è risolto. L'adempimento degli impegni dell'amministrazione aggiudicatrice resta in ogni caso condizionato al positivo controllo della realizzazione dell'opera ed alla messa a disposizione della stessa secondo le modalità previste dal contratto di disponibilità».
A fronte del ruolo centrale che viene assunto dal privato nel contratto di disponibilità, la posizione dell’ente pubblico committente risulta defilata. Quest’ultimo, infatti, non approva il progetto né interviene in alcun modo nella fase esecutiva, rispetto alla quale non provvede alla nomina del direttore lavori né governa il tema delle eventuali varianti o delle modalità di esecuzione dei lavori. Sotto quest’ultimo profilo, non trova applicazione il regine autorizzatorio in tema di subappalto, né la disciplina limitativa che vi si accompagna.
Non si può escludere, peraltro, che nell’ambito del contratto di disponibilità l’ente committente possa inserire clausole che tendano a ritagliare allo stesso spazi di intervento anche nella fase di realizzazione dell’opera. Tuttavia tali spazi devono essere necessariamente limitati assegnando un ruolo marginale all’ente pubblico, in modo che non sia violato il principio generale secondo cui il rischio di costruzione deve restare in capo al privato, secondo la chiara indicazione contenuta nella disciplina legislativa. In questo senso, non sembra possano ritenersi legittime clausole che facciano gravare sull’ente pubblico gli oneri economici conseguenti a eventuali varianti o a un aumento dei prezzi dei materiali di costruzione.
In sostanza, l’impostazione generale dello schema contrattuale presuppone che il ruolo dell’ente pubblico sia limitato all’individuazione a monte delle esigenze che esso vuole soddisfare attraverso il godimento dell’opera e alla successiva verifica che l’opera realizzata risponda a tali esigenze.
Sotto quest’ultimo profilo il c. 6 del nuovo articolo 160–ter pone a carico dell’ente committente lo svolgimento dell’attività di collaudo, attraverso cui esso deve verificare che l’opera risponda puntualmente a quanto prescritto nel capitolato prestazionale posto a base di gara, nonché alle norme e disposizioni cogenti.
E’ in questa sede che l’ente committente può esercitare il massimo del suo potere di intervento. Se l’opera realizzata non risponde alle caratteristiche funzionali a suo tempo indicate, l’ente pubblico può prescrivere varianti, modificazioni e rifacimenti di lavori eseguiti. La norma specifica che tali interventi modificativi sono consentiti esclusivamente ai fini di rendere l’opera coerente con quanto inizialmente prescritto, all’evidente fine di delimitare il potere di intervento dell’ente pubblico in sede di collaudo, evitando che si possano introdurre a posteriori variazioni non coerenti con le prescrizioni originarie.
La non conformità dell’opera rispetto alle indicazioni contenute nel capitolato prestazionale può tuttavia produrre anche conseguenze diverse da quelle sopra evidenziate. L’ente pubblico, infatti, invece di imporre gli interventi modificativi ritenuti idonei a rendere l’opera conforme a quanto originariamente previsto, può decidere di accettare la stessa come risulta realizzata, procedendo a una contestuale riduzione del canone di disponibilità (entro un limite indicato nel contratto) .
Ciò a condizione che l’opera realizzata sia comunque idonea a garantire le caratteristiche funzionali essenziali.
Questa previsione introduce un elemento atipico rispetto all’attività di collaudo tradizionalmente conosciuta nell’ambito dell’appalto pubblico. Questa diventa non più solo un fatto di natura tecnica, ma implica invece valutazioni discrezionali relative all’opportunità di accettare un’opera che non è pienamente corrispondente a quanto concordato, a fronte di un risparmio in termini di corresponsione del canone al privato. Con la conseguente criticità connessa all’individuazione di quel limite minimo, costituito dall’esistenza delle condizioni essenziali necessarie a garantire la funzionalità dell’opera, in assenza delle quali la riduzione del canone di disponibilità non è consentita.
Il contratto di disponibilità e la posizione della Corte dei Conti
«1. Oltre al rispetto delle condizioni di cui all'articolo 203 [in tema di condizioni per il ricorso all’indebitamento], l'ente locale può assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato solo se l'importo annuale degli interessi sommato a quello dei mutui precedentemente contratti, a quello dei prestiti obbligazionari precedentemente emessi, a quello delle aperture di credito stipulate ed a quello derivante da garanzie prestate ai sensi dell'articolo 207, al netto dei contributi statali e regionali in conto interessi, non supera il 12 per cento per l’anno 2011, l'8 per cento per l'anno 2012, il 6 per cento per l'anno 2013 e il 4 per cento a decorrere dall'anno 2014 delle entrate relative ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l'assunzione dei mutui. Per le comunità montane si fa riferimento ai primi due titoli delle entrate. Per gli enti locali di nuova istituzione si fa riferimento, per i primi due anni, ai corrispondenti dati finanziari del bilancio di previsione.
2. I contratti di mutuo con enti diversi dalla Cassa depositi e prestiti, dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica e dall'Istituto per il credito sportivo, devono, a pena di nullità, essere stipulati in forma pubblica e contenere le seguenti clausole e condizioni:
a) l'ammortamento non può avere durata inferiore ai cinque anni;
b) la decorrenza dell'ammortamento deve essere fissata al 1° gennaio dell'anno successivo a quello della stipula del contratto. In alternativa, la decorrenza dell'ammortamento può essere posticipata al 1° luglio seguente o al 1° gennaio dell'anno successivo e, per i contratti stipulati nel primo semestre dell'anno, può essere anticipata al 1° luglio dello stesso anno»;
c) la rata di ammortamento deve essere comprensiva, sin dal primo anno, della quota capitale e della quota interessi;
d) unitamente alla prima rata di ammortamento del mutuo cui si riferiscono devono essere corrisposti gli eventuali interessi di preammortamento, gravati degli ulteriori interessi, al medesimo tasso, decorrenti dalla data di inizio dell'ammortamento e sino alla scadenza della prima rata. Qualora l'ammortamento del mutuo decorra dal primo gennaio del secondo anno successivo a quello in cui è avvenuta la stipula del contratto, gli interessi di preammortamento sono calcolati allo stesso tasso del mutuo dalla data di valuta della somministrazione al 31 dicembre successivo e dovranno essere versati dall'ente mutuatario con la medesima valuta 31 dicembre successivo;
e) deve essere indicata la natura della spesa da finanziare con il mutuo e, ove necessario, avuto riguardo alla tipologia dell'investimento, dato atto dell'intervenuta approvazione del progetto definitivo o esecutivo, secondo le norme vigenti;
f) deve essere rispettata la misura massima del tasso di interesse applicabile ai mutui, determinato periodicamente dal Ministro del tesoro, bilancio e programmazione economica con proprio decreto.
2-bis. Le disposizioni del comma 2 si applicano, ove compatibili, alle altre forme di indebitamento cui l'ente locale acceda.
3. L'ente mutuatario utilizza il ricavato del mutuo sulla base dei documenti giustificativi della spesa ovvero sulla base di stati di avanzamento dei lavori. Ai relativi titoli di spesa è data esecuzione dai tesorieri solo se corredati di una dichiarazione dell'ente locale che attesti il rispetto delle predette modalità di utilizzo».
La delibera in esame delle Sezioni Riunite di Controllo della Corte dei Conti fissa alcuni punti fondamentali, applicabili – in senso lato - anche al contratto di disponibilità:
«1. Il leasing immobiliare in costruendo si configura come un contratto misto che ha come principale finalità la costruzione di un’opera, ma che comprende anche un’importante componente di finanziamento. L’applicazione di tale istituto da parte degli enti locali richiede di assicurare la compatibilità con le norme per il coordinamento della finanza pubblica ed in particolare quelle relative al patto di stabilità interno e ai limiti all’indebitamento.
Seppure l’art. 3, comma 17 della legge 350/2003, che stabilisce nei confronti degli enti locali quali operazioni finanziarie costituiscono indebitamento, agli effetti dell'articolo 119, sesto comma, della Costituzione non contempla i contratti di leasing finanziario, tuttavia con le operazioni di leasing l’ente vincola e destina in via continuativa una parte delle risorse disponibili per pagare i canoni di locazione per ottenere la disponibilità di un’opera pubblica.
Si tratta di un vincolo che, indipendentemente dalle modalità di contabilizzazione, è assimilabile al debito ove i rischi inerenti l’esecuzione dell’opera e quelli relativi alla sua gestione ricadano sull’Amministrazione. Una interpretazione formale, sulla base del tenore meramente letterale della norma, si porrebbe in contrasto con la ratio della stessa, non assoggettando al limite di indebitamento operazioni che sostanzialmente ne hanno la natura.
La Corte ritiene che la disposizione di cui al citato comma 17, con le parole “assunzione di mutui”, abbia voluto ricomprendere le diverse fattispecie nelle quali si fa ricorso a finanziamenti e quindi anche lo schema di contratto misto in questione possa essere annoverato tra le forme di indebitamento ammesse e pertanto ritiene che all’enumerazione delle forme di indebitamento possa essere ricondotto anche il contratto di leasing immobiliare in costruendo;
(segue)
2. Gli oneri per il leasing finanziario immobiliare in costruendo rientrano tra le forme di indebitamento e nelle spese di investimento ammesse dalla legge.
3. Il leasing immobiliare per la realizzazione di opere pubbliche costituisce un'opportunità di coinvolgimento di capitali privati, sempre che:
a) vengano mantenute ferme le caratteristiche essenziali del contratto;
b) la realizzazione riguardi un'opera suscettibile di proprietà privata;
c) l'ente pubblico abbia la facoltà di riscattare il bene al termine del contratto.
I requisiti previsti dalla determinazione Eurostat in data 11 febbraio 2004 sui partenariati pubblico- privati mirano allo scopo di discriminare tra le operazioni di partenariato pubblico-privato che hanno incidenza sul debito pubblico, e quelle che realizzano forme proprie di collaborazione; il leasing finanziario nel quale non ricorrano gli aspetti tipici del partenariato costituisce una forma di indebitamento.
Poiché il leasing immobiliare in costruendo è una modalità di realizzazione di infrastrutture pubbliche secondo schemi di partenariato pubblico-privato, l’amministrazione è tenuta a verificare la sussistenza, oltre che delle condizioni formali e sostanziali per l’accesso al leasing, anche di tali criteri. Ciò al fine di stabilire i connotati dell’operazione e valutarne la complessiva convenienza.
(segue)
4. Prima di ricorrere al leasing immobiliare in costruendo l’ente locale deve effettuare approfondite valutazioni in termini di analisi costi-benefici.
5. I canoni di leasing immobiliare in costruendo possono essere considerati come spesa di investimento, laddove sia prevista la facoltà di riscatto e questa venga successivamente esercitata; infatti, di norma, è particolarmente conveniente o addirittura necessario per l’amministrazione, al termine del periodo previsto dal contratto, esercitare il diritto di riscatto. Anche se solo in tale momento l’opera costruita entra a far parte del patrimonio dell’ente è possibile considerarne gli effetti finanziari sin dal momento della consegna che costituisce il momento dal quale la pubblica amministrazione ne trae vantaggio. Tali spese possono dunque essere considerate spese di investimento.
6. Il canone di leasing racchiude in sé una serie di componenti tra le quali una quota inerente agli aspetti finanziari dell’operazione; la quota interessi di un’operazione di leasing finanziario in costruendo va ad incidere sul limite di indebitamento stabilito dall’art. 204 del d.lgs. 267/2000.
La posizione iniziale sul contratto di disponibilità: «la spesa inerente la costruzione di opere pubbliche non grava sul bilancio dell'ente a condizione che il rischio concernente la costruzione dell'opera ricada sul soggetto realizzatore e che a quest'ultimo venga addossato anche un rischio ulteriore consistente, alternativamente, in quello riferito alla domanda, vale a dire all'utilizzo da parte degli utenti finali ovvero nella disponibilità del servizio connesso alla realizzazione dell'opera»
Corte dei Conti, sez. contr. Puglia, delibera n. 66/PAR/2012 del 31 maggio 2012
La Magistratura contabile in sede consultiva ha avuto modo di osservare che il contratto di disponibilità si presta ad essere utilizzato «per la realizzazione di opere c.d. “fredde”, cioè di infrastrutture destinate all’utilizzazione diretta della pubblica Amministrazione per lo svolgimento di un pubblico servizio (ad es. uffici pubblici)»; inoltre, il negozio in esame «potrebbe confondersi con il leasing operativo o di godimento, il quale ha ad oggetto la messa a disposizione del conduttore di un bene che di solito è nella disponibilità del locatore, il quale si obbliga a fornire altresì i servizi connessi alla perfetta efficienza del bene stesso (assistenza, manutenzione, ecc.) dietro pagamento dei canoni; i quali, diversamente dal leasing finanziario, non contengono alcuna porzione di prezzo ma sono ragguagliati al valore di utilizzazione del bene, cosicché l’acquisto al termine del contratto costituisce un fatto meramente eventuale. Proprio questa caratteristica dei canoni esclude la componente del finanziamento prevista nel leasing finanziario. Tuttavia, la casistica giurisprudenziale evidenzia che tale fattispecie atipica ha ad oggetto beni strumentali a rapida obsolescenza economica (quali ad es. i mezzi di trasporto, attrezzature informatiche, ecc.) destinati a soddisfare esigenze temporanee (di breve durata) dell’utilizzatore, il quale non vuole assumersi il rischio (e il costo) legato al rapido deterioramento di tali beni. Il contratto di disponibilità presuppone invece che il bene (si presume immobile) oggetto del contratto sia destinato a soddisfare esigenze che, se pure non permanenti, siano piuttosto durature».
parere 439/2012/PAR, 23 ottobre 2012
«I contratti ascrivibili alla categoria dei negozi di PPP sono caratterizzati dall’elemento del “finanziamento” dell’opera da parte di un soggetto privato. Dal punto di vista della contabilità pubblica, tuttavia, si deve affrontare il conseguente problema se detto finanziamento possa prescindere da un indebitamento del soggetto pubblico che fruisce dell’opera.
In altri termini, occorre affrontare la questione se la spesa inerente all’infrastruttura (c.d. asset) realizzata in esecuzione di un contratto di disponibilità possa essere considerata fuori dal bilancio dell’ente (off balance) e, quindi, dal debito pubblico
La Magistratura contabile ha già affrontato la questione valorizzando il profilo sistematico della collocazione del contratto di disponibilità tra quelli di partenariato pubblico-privato e, quindi, del suo assoggettamento alle decisioni Eurostat (cfr. X. Xxxxx, sez. contr. Puglia, del. n. 66/PAR/2012 del 31 maggio 2012). Da tale inquadramento di carattere sistematico discende che l’interprete del caso concreto deve valorizzare il profilo dell’allocazione dei rischi tra il soggetto pubblico e quello privato “ai sensi delle prescrizioni e degli indirizzi comunitari vigenti” (espressione riportata dalla lettera del comma 15-ter dell’art. 3 del Codice cit.).
Gli “indirizzi comunitari” sono stati formulati nelle decisioni l’Istituto europeo di statistica; in particolare, sotto questo profilo viene in rilievo la decisione “Treatment of public-private partnerships” (dell’11 febbraio 2004) dove, in linea con il Sistema Europeo dei Conti SEC 95, Eurostat si è occupata specificamente del trattamento contabile, nei conti nazionali, dei contratti sottoscritti dalla pubblica Amministrazione nel quadro di partenariati con imprese private.
parere 439/2012/PAR, 23 ottobre 2012 (segue)
Alla stregua della Decisione Eurostat citata, i beni (assets) oggetto delle operazioni di Partenariato Pubblico Privato non devono essere registrati nei conti delle Pubbliche Amministrazioni, ai fini del calcolo dell'indebitamento netto e del debito, solo se c'è un sostanziale trasferimento di rischio dalla parte pubblica alla parte privata. Ciò avviene nel caso in cui si verifichino contemporaneamente le seguenti due condizioni: 1) il soggetto privato assume il rischio di costruzione; 2) il soggetto privato assume almeno uno dei due rischi: di disponibilità o di domanda.
In proposito, questa Sezione ritiene sufficiente richiamare le definizioni dei rischi de quibus contenute nella circolare del Consiglio di Presidenza del 27 marzo 2009, recante “Criteri per la comunicazione di informazioni relative al partenariato pubblico-privato ai sensi dell'articolo 44, comma 1-bis del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1 della legge 28
febbraio 2008, n. 31”.
Eurostat, in sede di elaborazione della terza versione del SEC 95 sul disavanzo e sul debito pubblico (pubblicata ad ottobre 2010), ha approfondito questi ulteriori criteri per la valutazione del “riparto dei rischi tra i contraenti” precisando che quando sono presenti questi elementi accessori va effettuata una valutazione congiunta degli stessi.
Con riferimento al finanziamento pubblico, vanno prese in considerazione tutte le forme di contribuzione pubblica (partecipazione al capitale sociale, conferimento di capitale di debito o contributi diretti in conto capitale). Eurostat ha, altresì, aggiunto che a prescindere dalla forma di contribuzione pubblica prescelta se il costo dell’investimento è prevalentemente coperto dall’amministrazione ciò significa che la maggior parte dei rischi grava sul settore pubblico (inoltre, in presenza di un incremento del livello di finanziamento pubblico in corso d’opera, non è escluso che non si debba procedere ad una riclassificazione on balance dell’asset).
In relazione al rilascio di garanzie pubbliche, se queste assicurano una integrale copertura del debito o un rendimento certo del capitale investito dal soggetto privato, il nuovo SEC 95 precisa che il loro rilascio può comportare l’iscrizione o la riclassificazione dell’asset on balance. Anche in questo caso vale il criterio della prevalenza, ovvero, se le garanzie coprono più del 50 per cento del costo dell’opera, essa andrà contabilizzata on balance. Eurostat precisa, però, che ai fini di una corretta valutazione dell’allocazione dei rischi, la presenza di garanzie pubbliche e la prevalenza del contributo pubblico (in tutte le sue forme) dovranno essere valutate congiuntamente.
Con riferimento alla presenza di “clausole fine contratto” nel regolamento negoziale, poi, la scelta di contabilizzazione on balance dell’infrastruttura sarà necessariamente condizionata dai seguenti fattori: 1) la pattuizione di un prezzo fisso che l’amministrazione dovrà pagare alla scadenza del contratto e che non rispecchia il valore di mercato dell’asset;
2) la previsione di un prezzo di riscatto più alto del valore economico atteso; 3) la previsione di un prezzo più basso del valore economico atteso perché l’amministrazione ha già pagato in precedenza per l’acquisizione dell’asset.
In conclusione, spetterà all’interprete del caso concreto valutare se la spesa inerente all’infrastruttura (c.d. asset) realizzata in esecuzione di un contratto di disponibilità possa essere considerata fuori dal bilancio dell’ente (off balance) e, quindi, dal debito pubblico. L’interprete dovrà compiere la valutazione de qua applicando il criterio del “riparto dei rischi” tra soggetto pubblico e soggetto privato secondo le indicazioni di Eurostat sin qui riportate.
Questa valutazione secondo i criteri propri della contabilità pubblica, ad ogni buon conto, deve tenere conto del fatto che il contratto di disponibilità in concreto può strutturarsi come un’ipotesi di collegamento negoziale che, in quanto tale, impone all’interprete di effettuare una valutazione complessiva di tutte le attribuzioni patrimoniali tra loro collegate e che entrano a far parte del sinallagma contrattuale a prescindere dal fatto che l’operazione complessiva sia “regolamentata” in unico documento o sia frutto di pattuizioni intervenute anche in fasi temporali successive.
Proprio in quest’ottica, i tipici rischi di impresa che gravano sul soggetto privato che realizza l’opera (ovvero, il rischio di costruzione e di gestione dell’opera medesima nell’ottica di metterla a disposizione della amministrazione pubblica), devono essere valutati anche nella logica “civilistica” del sinallagma contrattuale che caratterizza i contratti commutativi, verificando la misura con cui il rischio di impresa trova un suo bilanciamento in un incremento del corrispettivo per l’utilizzo dell’opera da parte dell’Amministrazione. In questo senso, poiché l’art. 160 ter non indica i parametri alla stregua dei quali dovrebbe essere quantificato il canone di disponibilità, l’interprete (alla stregua dei criteri elaborati da Eurostat) dovrà accertare che in concreto l’entità del canone non sia tale da coprire anche i costi del finanziamento.
Proprio in merito a quest’ultima considerazione, questa Sezione ritiene sottolineare che l’interprete del caso concreto nel compiere le sue valutazioni sulla ripartizione dei rischi tra soggetto privato e amministrazione pubblica dovrà tenere conto, oltre che della “misura” del canone di disponibilità, anche di una pattuizione contrattuale tipizzata dal comma 6 dell’art. 160 ter, ovvero “il limite di riduzione del canone di disponibilità superato il quale il contratto è risolto”. In particolare, il legislatore precisa che detto “limite” deve essere posto “anche a salvaguardia degli enti finanziatori”, tuttavia, secondo questa Sezione il limite de quo deve rappresentare la misura della retribuzione del rischio di impresa (inteso come di costruzione e di messa a disposizione), ma non deve anche coprire i costi di finanziamento dell’opera.
Imputazione dei pagamenti dei canoni di disponibilità, al fine del calcolo per il rispetto degli Obiettivi del Patto di Stabilità Interno secondo la Corte dei Conti della Lombardia
I pagamenti dei canoni di disponibilità, al fine del calcolo per il rispetto degli Obiettivi del Patto di Stabilità Interno, vanno imputati al Titolo I della Parte Spesa (Spesa Corrente) del Bilancio di Previsione, Intervento 04 (Utilizzo di Beni di Terzi), oppure al Titolo II Parte Spesa (Spesa Investimenti) del Bilancio di Previsione, Intervento 04 (Utilizzo di Beni di Terzi)?
L’ampia autonomia negoziale riconosciuta ai contraenti dall’art. 160 ter codice dei contratti impone cautele non solo per quanto sin qui si è detto in merito al profilo dell’indebitamento dell’ente locale, ma anche in sede di contabilizzazione secondo i binari della “spese per investimento” e “spesa corrente” che regola la rendicontazione delle uscite finanziarie degli enti locali.
Ne consegue che solo nell’ipotesi in cui, applicando rigorosamente il criterio del riparto dei rischi tra soggetto pubblico e privato (nei termini indicati al punto che precede del presente parere), il contratto di disponibilità non costituisca in concreto una forma di indebitamento è possibile escludere l’iscrizione in bilancio del canone di disponibilità quale spesa di investimento.
Diversamente, laddove in capo all’Amministrazione sia prevista la facoltà di riscatto (lettera c primo comma art. 160 ter), troveranno applicazione i principi espressi dalle Sezioni Riunite in sede di controllo nella deliberazione n. 49 del 16 settembre 2011
Corte Conti, sez. reg. contr. Xxxxxx-Romagna, del. 432/2012/PAR del 26 ottobre 2012
«La disciplina del contratto di disponibilità ha il dichiarato scopo di consentire l’allocazione dell’asset fuori dal bilancio dell’ente e quindi senza effetti sul calcolo dell’indebitamento, e ciò nel rispetto della Decisione Eurostat dell’11 febbraio 2004; l’Eurostat consente che le infrastrutture («asset») le gate a forme di partenariato pubblico- privato non siano classificate come patrimonio attivo e, pertanto, siano registrate fuori bilancio (off balance) delle amministrazioni pubbliche, ove il soggetto privato si assuma il rischio di costruzione nonché, alternativamente, il rischio di disponibilità o di domanda, quindi in presenza di un effettivo trasferimento, in capo al privato, dell’operazione concretamente posta in essere.
La stipulazione di un contratto di disponibilità non costituisce indebitamento, poiché è la stessa disciplina legislativa a prevedere che i rischi di costruzione e di disponibilità siano a carico della parte privata; pertanto, nel pieno rispetto della Decisione Eurostat dell’11 febbraio 2004, l’infrastruttura può essere contabilizzata fuori bilancio. La somma impegnata a titolo di canone per la disponibilità dell’opera incide sui saldi rilevanti ai fini del calcolo del rispetto del patto di stabilità, e dev’essere iscritta al Titolo I (“spese correnti”), all’Intervento 4 (“Utilizzo di beni di terzi”).
Anche nel caso in cui siano stabiliti un contributo in corso d’opera ed un prezzo per il trasferimento dell’infrastruttura, è consentita la contabilizzazione fuori bilancio dell’asset, in virtù delle espresse previsioni per le quali il contributo non può essere superiore al cinquanta per cento del costo di costruzione ed il prezzo di trasferimento dev’essere parametrato al valore di mercato residuo dell’opera.
Il contributo in corso d’opera ed il prezzo di trasferimento, qualora previsti, devono, invece, essere contabilizzati quali spese in conto capitale; conseguentemente, anch’essi incidono sui saldi rilevanti ai fini del patto, ma limitatamente all’importo delle rate annue e non precludono la contabilizzazione off balance dell’asset»
Considerazioni conclusive
L’introduzione di un nuovo strumento nell’ambito delle formule giuridiche che gli enti pubblici hanno a disposizione per soddisfare le proprie esigenze in termini di fabbisogno di infrastrutture suscita l’immediata domanda in merito alle sue effettive possibilità di successo. E’ evidente che è sempre estremamente difficile fornire un valutazione definitiva in questo senso, anche perché solo l’applicazione pratica degli istituti è in grado di rivelarne potenzialità e criticità.
In termini generali va evidenziata la notevole flessibilità dello strumento, legata all’accentuazione del profilo privatistico che ne caratterizza la disciplina.
Il ruolo dell’ente pubblico resta sullo sfondo per tutta la fase della realizzazione dell’opera, assumendo poi quasi la figura di un cliente cui il privato deve assicurare la funzionalità di un prodotto (messa a disposizione dell’opera). Di conseguenza vengono meno tutte le regole che nell’appalto pubblico tradizionale governano le fasi di progettazione e di esecuzione dell’opera. In questo quadro, il pilastro fondamentale è rappresentato dal regolamento contrattuale che disciplina la messa a disposizione dell’opera a favore dell’ente pubblico. Un’adeguata e puntuale redazione delle clausole contrattuali é necessaria specie sotto il profilo della esatta identificazione di ciò che si deve intendere per fruibilità dell’opera, al fine di definire con esattezza le obbligazioni del privato e di limitare i motivi di possibile contenzioso.
(segue)
Tra gli elementi positivi ci sono poi quelli legati alla possibilità per gli enti pubblici di far fronte ad esigenze che, per quanto prolungate nel tempo, non siano di carattere permanente, posto che l’opera, al termine del periodo di disponibilità, può rimanere nel patrimonio del privato.
Come anche la possibilità di non dover pagare l’intero corrispettivo all’atto dell’ultimazione dei lavori, diluendolo nel tempo per tutto il periodo di durata del contratto.
Per il privato l’elemento di criticità maggiore – oltre ai ritardi nell’approvazione del progetto, di cui deve sopportare integralmente le conseguenze - potrebbe essere costituito dal rischio di riutilizzazione dell’opera nel caso in cui alla conclusione del periodo di messa a disposizione non sia previsto il trasferimento a favore dell’ente pubblico.
E’ comunque evidente che si tratta di un istituto la cui applicazione sconta un significativo cambio culturale non solo da parte dell’ente pubblico ma anche del privato.
Ciò posto, può comunque rappresentare un’opportunità significativa, specie in relazione a determinate tipologie di opere medio piccole, nel solco di quelle forme di partenariato pubblico privato che stanno assumendo un ruolo sempre importante ai fini della realizzazione di infrastrutture di pubblica utilità.
Grazie per l’attenzione !!