BASILEA 2
Fondazione Xxxx Xxxxxxx
BASILEA 2
ACCORDO PER LA TUTELA DELL’ADEGUATEZZA PATRIMONIALE DELLE BANCHE
2. Funzionamento dei sistemi di rating (prima parte)
Documento n. 8 del 4 marzo 2005
Circolare
Xxx X. Xxxxxxxxx, 00 – 00000 Xxxx – tel.: 06/85.440.1 (fax 06/00.000.000) – C.F.:80459660587
xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx - xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx@xxxxxxx.xx
INDICE
Premessa | Pag. | 1 |
1. Caratteristiche dei sistemi di rating | “ | 2 |
1.1 Generalità | “ | 2 |
1.2 Organizzazione e procedure | “ | 4 |
1.3 Conseguenze | “ | 5 |
2. Le variabili utilizzate ai fini della elaborazione del rating | “ | 5 |
2.1 Le variabili quantitative | “ | 6 |
2.1.1. Analisi del bilancio | “ | 6 |
2.1.1.1. Patrimonializzazione | “ | 7 |
2.1.1.2 Ritorni sull’investimento | “ | 8 |
2.1.1.3. Autofinanziamento | “ | 9 |
2.1.1.4 Equilibrio composizione fonti-impieghi | “ | 10 |
2.1.2. Analisi dell’andamento dei conti correnti e delle relazioni | “ | 11 |
in genere intrattenute dalla clientela 2.1.3. Gli scoring della Centrale dei Rischi e della CRIF | “ | 13 |
2.2 Le variabili quali-quantitative | “ | 14 |
2.2.1. Piani e budget aziendali | “ | 14 |
2.2.2. Indagini di mercato | “ | 16 |
2.3 Le variabili qualitative | “ | 16 |
Allegato 1 | “ | 18 |
Allegato 2 | “ | 27 |
BASILEA 2
ACCORDO PER LA TUTELA DELL’ADEGUATEZZA PATRIMONIALE DELLE BANCHE
2. Funzionamento dei sistemi di rating (prima parte)
Premessa
Con una precedente circolare (documento n. 5 del 1° febbraio 2005) abbiamo visto in una rapida panoramica le innovazioni normative introdotte dal nuovo accordo di Basilea. In questa visione panoramica abbiamo potuto apprezzare come le conse- guenze più importanti nella evoluzione dei rapporti tra le banche e le aziende sono dovute alla importanza che i processi di rating assumeranno sia ai fini della conces- sione del credito che nella determinazione delle condizioni finanziarie.
Il primo messaggio importante ed urgente che il consulente aziendale deve dare alle aziende clienti può essere riassunto nei seguenti punti:
• L’accordo di Basilea 2 cambia drasticamente le regole del rapporto banca-azienda, in maniera tale che tutte le aziende che hanno bisogno di accedere al finanzia- mento bancario devono tenerne conto.
• La possibilità che, come succede spesso in Italia, la scadenza di entrata in vigore della norma venga prorogata non è realistica1. Infatti non si tratta di una decisio- ne italiana ma di una scadenza fissata a livello internazionale.
• La entrata in vigore del nuovo accordo può apparire ancora lontana (2007), inve- ce i tempi per la preparazione sono appena sufficienti purché ci si muova imme- diatamente. Infatti, gli interventi necessari, per arrivare preparati all’appunta- mento, richiedono una realizzazione organica che non può essere improvvisata all’ultimo momento2.
• Per realizzare i cambiamenti necessari, infatti, occorre intervenire su molti aspetti economici, finanziari, amministrativi, organizzativi e gestionali. Occorre, cioè, un processo che ha bisogno di una fase di maturazione e, quindi, è necessario attiva- re la fase progettuale immediatamente.
1 L’esperienza dice che le aziende italiane arrivano in genere all’ultimo momento all’appuntamento con i grandi cambiamenti. Xxxxxx talvolta il ritardo con cui si sono mosse, altre volte si salvano dalle conseguen- ze più gravi grazie al fatto che, poiché tale abitudine è molto diffusa, il legislatore italiano ha consentito spes- so a prorogare l’entrata in vigore di molti provvedimenti.
2 Si ricordi che, poiché l’accordo di Basilea 2 impone che le banche utilizzino i propri sistemi di rating da alme- no tre anni alla data del 1/1/2007, esse stanno alimentando gli archivi con i nuovi formati-dati da più di un anno e le nuove procedure di istruttoria già registrano informazioni gestionali che condizioneranno anche i rating futuri. Inoltre per avvicinarsi gradualmente agli obblighi imposti dalla scadenza, le banche già oggi non si limitano a verificare il funzionamento delle nuove procedure, ma cominciano gradualmente a selezio- nare la clientela ed applicare le condizioni finanziarie in conformità alla nuova norma, per evitare di concen- trare nel tempo il cambiamento, perché in tale caso risulterebbe ingestibile. Perciò gli effetti del Basilea 2 stanno in pratica già cominciando.
Una volta sensibilizzato il cliente, sulla importanza e l’urgenza di avviare un pro- getto di preparazione a Basilea 2, il consulente deve naturalmente essere in grado di assisterlo nella analisi necessaria alla definizione dei contenuti del progetto stesso. A questo fine è fondamentale approfondire la conoscenza delle modalità di funzio- namento dei sistemi di rating delle banche e del loro ruolo nelle procedure di con- cessione e revisione dei finanziamenti erogati, in particolare a favore della clientela “imprese”.
E’ questa conoscenza che consente di capire la valutazione di rischio che le banche assegnerebbero alla impresa cliente allo stato attuale, di valutare necessità e priorità di migliorare la valutazione stessa, di selezionare le possibili azioni alla luce dei relativi costi e benefici, e di coordinare obiettivi ed azioni in un progetto organico.
Ciò premesso, con la presente e la prossima circolare toccheremo i seguenti punti:
– brevissimo riepilogo delle caratteristiche dei sistemi di rating, cosí come richiesto da Basilea 2;
– modalità di funzionamento e analisi dei fattori presi in considerazione dai siste- mi di rating;
– relazioni tra la classe di rating attribuita al cliente e la potenziale forza contrat- tuale in sede di negoziazione;
– introduzione all’importanza della scelta della forma tecnica di affidamento.
1. Caratteristiche dei sistemi di rating
1.1 Generalità
Nella seguente esposizione faremo riferimento soprattutto ai sistemi di rating delle banche. Vale la pena di ricordare, però, che Xxxxxxx 2 assegna un ruolo anche ai siste- mi di rating realizzati da agenzie esterne (ECAI)3 accreditate. In particolare nei con- fronti delle banche che usano il sistema “standard”, il ruolo dei rating esterni è potenzialmente molto importante, infatti la ponderazione del rischio per i crediti verso imprese varia come segue:
Valutazione | Da AAA ad AA- | Da A+ ad A- | Da BBB+ a BB- | Inferiore a BB- | Senza rating |
Ponderazione | 20% | 50% | 100% | 150% | 100% |
Attualmente la pratica di richiedere l’assegnazione di un rating da parte delle agen- zie specializzate è diffusa solo tra le aziende grandi e medio-grandi.
3 External Credit Assessment Institution. Confronta precedente circolare (documento n. 5 del 1° febbraio 2005).
Un buon rating è funzionale alla maggiore facilità di accesso che consente ai mercati finanziari. È prevedibile, ed auspicabile, che questa norma contribuisca a diffonde- re il ricorso alle valutazioni di agenzie di rating anche tra aziende medie e, forse, alcune medio-piccole.
Tuttavia una larga diffusione è improbabile: il costo della valutazione è piuttosto alto, e anche se con la crescita dei volumi potrà scendere, non è prevedibile che il ricorso al rating possa divenire appetibile per la massa delle piccole e medio-piccole imprese.
La nostra esposizione dunque è centrata sulle procedure delle banche, ma le agen- zie di rating si comportano sostanzialmente allo stesso modo. Le variazioni più significative sono dovute:
– alla limitazione di non avere accesso agli scoring che nel seguito sono definiti “andamentali”;
– al maggior peso assegnato, in ogni fase del processo, alle valutazioni dell’analista.
Tornando all’analisi dei modelli di rating delle banche, dal punto di vista formale Basilea2 lascia alle banche la massima libertà nella implementazione del proprio sistema di rating.
I vincoli posti riguardano gli aspetti che influiscono sulla attendibilità del modello di valutazione e sulla equilibrata distribuzione del parco clienti all’interno delle varie classi.
Le banche possono, infatti, denominare le classi di rischio in piena libertà: secondo una scala numerica (per esempio da 1 a 10), oppure descrittiva (per esempio, otti- mo, buono, mediocre etc.), ovvero con valori alfanumerici di pura fantasia.
Molte banche si stanno allineando alle denominazioni da tempo utilizzate da Standard & Poors, ma questo solo perché risulta più comodo usare un criterio al quale la comunitá finanziaria è già abituata. L’accordo di Xxxxxxx 2 non impone alcun obbligo a questo riguardo.
Anche il numero delle classi può essere fissato con una certa libertà, purché sia non inferiore a 7, per quanto riguarda i clienti non inadempienti, oltre una classe per i clienti inadempienti.
L’accordo di Basilea 2 precisa poi che:
– la distribuzione della clientela tra le varie classi deve essere equilibrata. Con ciò si intende che il numero di clienti appartenenti a ciascuna classe non deve disco- starsi significativamente dalla media;
– la probabilità di default (PD) (probabilità di inadempienza) di ciascuna classe deve essere compresa all’interno di un intervallo predeterminato, che qualifica la clas- se stessa. Naturalmente, gli intervalli devono essere attigui tra loro, senza sovrapposizioni, e di ampiezza ragionevolmente contenuta. Ciò consente di assumere un appropriato valore medio come stima significativa della probabilità di default per la intera classe.
L’accordo di Basilea 2 prevede una serie di verifiche a consuntivo:
– il numero e il valore delle inadempienze occorse nei periodi successivi alle valu- tazioni di rischio devono rimanere all’interno degli intervalli di PD previsti per ciascuna classe, pena la revisione o riparametrizzazione del sistema di rating;
– sono ammesse alcune eccezioni, purché complessivamente non significative tenuto conto dell’ampiezza degli scostamenti per numero e/o valore.
La descrizione degli intervalli in cui si distribuisce la PD all’interno delle varie clas- si costituisce il cosiddetto “mapping”. Esso assicura la comparabilità tra diversi sistemi di rating.
La conoscenza degli intervalli di distribuzione della probabilità di default all’interno di ciascuna classe, infatti, consente di tradurre la classe di rischio di un certo siste- ma di rating nella classe corrispondente di un altro sistema4.
Le banche non hanno obbligo di comunicare alla propria clientela la classe di rating
assegnata.
1.2 Organizzazione e procedure
Dal punto di vista operativo, Basilea 2 impone alle banche una serie di accortezze procedurali volte a tutelare il corretto funzionamento del sistema. Per esempio, richiede:
– netta separazione tra i gestori delle posizioni di rischio e i gestori dei processi di
rating;
– rigorosa definizione degli standard di funzionamento, con particolare riferimento a:
• livelli di responsabilità e poteri assegnati per ciascun tipo di intervento;
• sistematica conservazione di tutti i dati utili a fini di controllo (ciò comprende, tra l’altro, l’elenco di tutti gli interventi soggettivi che hanno portato alla defini- zione dei singoli rating);
– rilevazione e conservazione di tutte le statistiche inerenti le performance del modello nelle varie fasi;
– conservazione di tutte le modifiche procedurali intervenute nel tempo;
– rilevazione e conservazione di statistiche relative ai raffronti delle risultanze delle procedure correnti con le risultanze ottenibili applicando le procedure pre- cedenti.
Ove esistano riferimenti comuni (per esempio clienti che risultano avere un rating emesso da una ECAI accreditata) devono essere conservati e commentati i raffronti tra le risultanze del proprio sistema e quelle dei terzi.
4 Ad esempio, ipotizziamo che il cliente ABC Srl sia assegnato alla classe “4” nel sistema di rating della banca “XYZ spa”. Il mapping (conoscenza degli intervalli di distribuzione della PD) consente di dire a quale classe corrisponde detta valutazione in un altro sistema.
Se la classe “4” prevedesse una PD compresa tra 0,90% e 1,50% si potrebbe dire che essa corrisponde appros- simativamente, nel sistema S&P, alla classe BBB+ (cfr. allegato 2 alla precedente circolare “Accordo per la tutela dell’adeguatezza patrimoniale delle banche. 1. Descrizione generale della disciplina e riflessi sulle imprese” Documento n. 5 del 1° febbraio 2005).
Dal punto di vista degli algoritmi di funzionamento Basilea 2 non impone nulla di specifico circa i fattori che devono essere presi in considerazione e gli schemi di valutazione da utilizzare, ma le autorità di vigilanza devono essere messe a parte delle modalità di funzionamento del processo e:
– devono verificare che i canoni alla base del processo stesso sono condivisibili alla luce dei principi consolidati della analisi finanziaria;
– devono analizzare i risultati dei test statistici relativi alle performance di funziona- mento e, sulla base di questi, accertarne l’attendibilità.
1.3 Conseguenze
La osservanza delle procedure di cui si è detto determina che:
– i sistemi di rating, pur differenti da banca a banca, rispettano gli stessi principi di valutazione e pervengono a risultati delle valutazioni largamente convergenti;
– non è possibile prevedere in dettaglio come il cliente sarà classificato da uno spe- cifico sistema di rating, ma è possibile:
– stimare la valutazione con ragionevole approssimazione
– prevedere quali effetti sul rating avranno i cambiamenti gestionali in considera- zione;
– alcuni aspetti della gestione aziendale diventeranno particolarmente critici: tra questi la presenza di un valido sistema di controllo di gestione, economico e finanziario, dotato di quei processi in grado di assicurare la cosiddetta “gestione anticipata di tesoreria” (GAT5).
2. Le variabili utilizzate ai fini della elaborazione del rating
Passiamo ora ad analizzare in maggior dettaglio i fattori ordinariamente utilizzati nei sistemi di rating ed il peso relativo nella valutazione complessiva.
Si seguirà lo schema già anticipato nella precedente circolare suddividendo le variabili prese in considerazione in quantitative, quali-quantitative e qualitative.
5 GAT è, appunto, acronimo di “Gestione Anticipata di Tesoreria”, e rappresenta quel sottoprodotto del Sistema di Controllo di Gestione finanziario che, sulla base delle scadenze previste o prevedibili degli incas- si e degli impegni aziendali, consente di simulare la proiezione dei saldi finanziari della azienda (di solito fino a 3 o 6 mesi). In genere la proiezione è a cadenza giornaliera per la prima settimana (o decade) successi- va alla data di simulazione, quindi settimanale (o decadale). La proiezione dei saldi finanziari consente di decidere anticipatamente le misure necessarie all’ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse (es.: da quale banca prelevare le uscite e in quale immettere le entrate) e anticipare le azioni volte a prevenire i disagi di possibili mancanze di liquidità (negoziare proroghe di scadenze di pagamenti, supplementi di fidi, sconfina- menti temporanei, etc.).
2.1 Le variabili quantitative
Sono quelle che alimentano i sistemi di scoring e sono, per definizione, alla base della piramide del processo che conduce al rating. Xxxxx, quindi, grande impor- tanza nella pratica.
Suddividiamo questo paragrafo nei seguenti punti:
1. analisi dei rendiconti finanziari;
2. analisi dell’andamento dei conti correnti e delle relazioni in genere intrattenute dalla clientela;
3. gli scoring della Centrale dei Rischi e della CRIF6.
2.1.1 Analisi del bilancio
Ormai tutte le banche hanno sostituito o integrato la tradizionale valutazione fatta dal “settorista” con una analisi automatica fornita da un sistema di scoring. Ricordiamo che i sistemi di scoring prevedono una valutazione di tipo oggettivo di
6 CRIF è l’acronimo di “Centrale dei Rischi Finanziari”, istituita su base volontaria tra gli operatori del settore, quindi non solo le banche ma anche le primarie società finanziarie. La Centrale di Rischi è obbligatoria per tutte le banche ma è limitata ai finanziamenti superiori a 75000□. La CRIF non è obbligatoria, ma è aperta anche ad altre societá finanziarie e prende in considerazione tutti i finanziamenti senza limite di importo. Il limite della CRIF, come detto, è che, per motivi di costo, non tutte le banche vi aderiscono.
elementi quantitativi (bilanci, eventuali altri rendiconti finanziari7, dati interni di evoluzione rapporti).
Per le PMI, in generale, non esiste altro obbligo di rendicontazione oltre alla pubbli- cazione annuale del bilancio. L’analisi del bilancio risulta essere elemento di valuta- zione di importanza critica e viene svolto in via primaria dal sistema di scoring.
In estrema sintesi, il modello di scoring funziona in questo modo:
1. elabora alcuni indici significativi;
2. assegna un punteggio a ciascun indice attraverso un algoritmo matematico;
3. con un successivo algoritmo, analizza i punteggi e li combina insieme per per- venire al giudizio finale.
Esistono sistemi molto complessi che prendono in considerazione centinaia di indi- ci e li valutano in maniera diversificata a seconda del settore economico di apparte- nenza e delle dimensioni aziendali.
Altri analizzano solo alcuni indici significativi. Anche nei modelli di scoring più sofisticati, laddove gli indici presi in considerazione sono centinaia, gli indici più significativi hanno una capacità predittiva che da sola supera, in genere, il 90% della performance complessiva.
Xxxxx, quindi, grande importanza e per questo li esaminiamo brevemente.
2.1.1.1 Patrimonializzazione
– Indice di patrimonializzazione
È il rapporto tra i mezzi propri e il capitale investito8 nell’impresa.
7 Per le aziende quotate, per esempio, esistono ulteriori obblighi di reporting periodico che integrano le infor- mazioni di bilancio…
8 Il capitale investito è il capitale immesso nella operatività che va remunerato attraverso la attività aziendale. Comprende i mezzi propri e i finanziamenti di terzi. Gli azionisti trovano il ritorno del loro investimento nell’utile aziendale mentre i finanziatori sono remunerati sulla base degli interessi loro riconosciuti.
Da un punto di vista teorico un equilibrio “perfetto” si avrebbe con un rapporto tra capitale proprio e capitale investito (vedi nota precedente) pari a circa il 50%. Per l’Italia si tratta di un livello utopistico, ed infatti viene considerato buono anche un livello del 25%-30%9.
– Patrimonializzazione tangibile
È una variazione, effettuata a fini cautelativi, del rapporto precedente. Si ottiene sottraendo preventivamente il valore delle immobilizzazioni immateriali sia dal numeratore che dal denominatore:
Cap.netto − immobilizzazioni immateriali = X %
Cap.investito − immobilizzazioni immateriali
Questa correzione è fatta perché dette immobilizzazioni si prestano ad essere inde- bitamente gonfiate, laddove il controllo e la prevenzione avverso tale pratica non è agevole.
Se una azienda ha effettuato importanti investimenti in ricerca e sviluppo, o comunque in immobilizzi immateriali, è importante fornire alla banca una esau- riente relazione sugli scopi, la portata, i costi e le modalità di realizzazione degli investimenti stessi, oltreché dei ritorni attesi10.
2.1.1.2 Ritorni sull’investimento = sintesi di redditività e rotazione11.
– ROE
È l’indice di ritorno sul capitale proprio (ROE = Return on Equity). Si ottiene dal rap- porto tra l’utile (ante imposte) della gestione ordinaria12 e il capitale netto aziendale:
Utile della gestione ordinaria = X %
Cap.Netto
il ROE costituisce la base della remunerazione del capitale investito dalla Proprietà aziendale. La remunerazione effettiva del capitale investito è il differenziale tra l’u- tile netto e il tasso di inflazione13. È perciò evidente che il ROE deve risultare supe-
9 Per ottenere valutazioni vicine alla “AAA”, però, è bene fare riferimento al 50%. Ovviamente, comunque, la classificazione tiene conto di tutti gli elementi di valutazione ed in virtú di questo potrebbe non bastare tale rapporto “ideale” o risultare sufficiente un rapporto inferiore.
10 Va sottolineato alla clientela che alterare alcuni valori di bilancio al fine di ottenere migliori giudizi è pratica, oltre che immorale e rischiosa, anche poco efficace, perché i valori di bilancio sono intrinsecamente collegati e aumentare i valori di alcune poste per migliorare la redditività e/o la patrimonializzazione denuncia immediatamente problemi di rotazione, e/o di liquidità.
11 Gli indici di ritorno sull’investimento sono una sintesi della redditività e della rotazione. Ciò viene illustrato dalla seguente equazione aritmetica:
Margine operativo =
Margine operativo × Vendite = indice di redditivitá per indice di rotazione.
Cap.operativoinvestito
Vendite
Cap.operativoinvestito
12 Utile, cioè, al lordo di eventuali partite straordinarie
13 Fino al livello del tasso di inflazione l’utile si limita a mantenere il valore del capitale investito. Per raggiun- xxxx questo risultato non è ragionevole assumersi rischi: basta acquistare beni rifugio (es. l’oro: è soggetto a oscillazioni ma nel lungo periodo ha sempre dimostrato di mantenere il valore deflazionato).
riore al tasso di inflazione in maniera congrua. Il differenziale deve coprire gli oneri fiscali e remunerare adeguatamente il rischio imprenditoriale.
– ROI
È l’indice di ritorno sul capitale investito14 (ROI = Return on Investment).
Si calcola come segue:
Margine operativo = X% Cap.operativoinvestito
Il margine operativo si ottiene dall’utile della gestione ordinaria (sopra menzionato) depurandolo anche dell’impatto dei costi e ricavi finanziari.
Il capitale operativo investito (anche detto capitale investito o investimento totale), com- prende, come detto, il capitale netto e i debiti finanziari.
Il ROI è valutato sulla base delle seguenti riflessioni:
• il ROI è il tasso (lordo di oneri fiscali) al quale la azienda è in grado di compensa- re il capitale complessivamente investito dai finanziatori interni (Proprietà) ed esterni (prevalentemente banche);
• il ROI deve essere maggiore del costo finanziario medio dell’indebitamento. Si può infatti dimostrare che solo in questo caso il ROE risulta essere maggiore del ROI15 e quindi anche della remunerazione riservata ai finanziatori esterni.
Questa condizione è richiesta perché se viceversa il ROI fosse inferiore al tasso medio sui debiti finanziari, si avrebbe che il ROE sarebbe inferiore al tasso con cui viene remunerato l’investimento, a reddito fisso, dei terzi. Evidentemente, in condi- zioni normali, non è ragionevole che il capitale di rischio abbia una remunerazione inferiore a un investimento a reddito fisso (investimento per definizione meno rischioso)16.
2.1.1.3 Autofinanziamento
Autofinanziamento dell’esercizio (o cash-flow)
Con autofinanziamento si intende la somma dell’utile netto aziendale con ammorta- menti ed eventuali accantonamenti a fondi rischi (detratti, naturalmente, gli even- tuali utilizzi degli stessi fondi rischi a copertura di perdite occorse nell’esercizio):
14 Nel senso già precisato nella nota al precedente comma “indici di patrimonializzazione”
15 Perché è possibile dimostrare che il ROE è uguale al ROI xxx (o meno) la differenza tra il ROI e il tasso paga- to ai finanziatori per la loro quota parte di investimento.
16 La relazione ricordata nella precedente nota dà ulteriore motivo di attenzione agli indici di patrimonializza- zione citati precedentemente. Nel caso che il ROI superi il ROE, a parità di altre condizioni, quest’ultimo diminuisce sempre di piú all’aumentare dell’indebitamento.
Premesso che i tassi finanziari si adeguano immediatamente agli eventuali aumenti del tasso di inflazione mentre non è altrettanto facile far aumentare il ROI nella stessa proporzione, quando il tasso di inflazione aumenta il ROE tende a diminuire tanto piú rapidamente quanto piú la azienda è indebitata. In caso di forte indebitamento, in una situazione in cui il ROI non è di molto superiore ai tassi finanziari medi di mercato, aumenti di tali tassi potrebbero arrivare a superare il ROI e portare i risultati aziendali dall’area di profitto all’area di perdita, depauperando il capitale netto e innescando un pericoloso circolo vizioso.
L’importanza di questo indicatore nasce dal fatto che rappresenta il valore di cui diminuirebbe il debito finanziario aziendale nel corso di un esercizio, se si verificas- sero le seguenti condizioni:
– il valore del circolante netto di fine esercizio è uguale a quello iniziale17
– non sono effettuati nuovi investimenti in immobilizzazioni
– l’utile netto viene reinvestito.
Naturalmente la realtà aziendale è complessa, e non sono mai soddisfatte tutte insieme le predette condizioni, tuttavia l’autofinanziamento rimane un indicatore significativo della capacità dell’azienda di ripianare più o meno rapidamente i pro- pri debiti.
Tutto ciò premesso, l’autofinanziamento non viene valutato in valore assoluto ma rapportato all’indebitamento aziendale o , in alternativa, al totale del capitale inve- stito18.
Autofinanziamento% = Utile _ netto + ammortamenti + accantonamenti (−utilizzi )
Indebitamento
2.1.1.4 Equilibrio composizione fonti-impieghi
Indici di liquidità e/o copertura degli immobilizzi
Questi indici sono tra loro correlati, in virtù dei vincoli di quadratura dello Stato Patrimoniale.
• Indice di copertura degli immobilizzi
È dato dal rapporto tra le fonti durevolmente investite in azienda e le immobilizza- zioni:
Cap.netto + pass.M / L ≥ 1, X immobilizzi netti
Il principio alla base di tale indice è che una azienda ha una ragionevole tranquillità finanziaria se i beni strumentali che sono durevolmente investiti (immobilizzazio- ni), sono coperti in buona parte con fonti stabili (capitale netto) e per la parte resi- dua con fonti i cui termini di rimborso sono sufficientemente comodi (debiti a M/lungo termine), cosí da poter contare per il rimborso dei medesimi sulla capa- cità della azienda di generare i flussi finanziari necessari.
Ne discende che l’indice di copertura degli immobilizzi è valutato positivamente se è maggiore di 1 (circa 1,20) ed è tanto migliore quanto più elevato.
17 Xxx Xxxxxxxxx, Clienti, Fornitori e tutte le altre poste operative a breve, dopo la normale rotazione conse- guente alla gestione, tornino ad avere a fine anno una somma algebrica pari a quella di inizio anno, è presso- ché impossibile, ma che i valori siano simili è invece abbastanza verosimile.
18 Il rapporto inverso, indebitamento diviso autofinanziamento, fornisce un indice la cui interpretazione è abbastanza intuitiva: può essere letto come il numero di anni necessari al ripianamento dei debiti (sempre che siano approssimativamente verificate le condizioni elencate in precedenza). Si può intuire che un valore di questo ultimo indice superiore ai 10 anni sarebbe valutato negativamente, mentre un valore al di sotto dei 6-7 anni risulta in media un valore piú che accettabile.
Indice di liquidità
È il rapporto tra i beni liquidi o liquidabili a breve termine (attivo corrente) con le fonti da rimborsare nello stesso periodo (passivo corrente):
Attivo a breve ≥ 1, X Pass. abreve
L’azienda può ragionevolmente ritenere di essere esente dai rischi connessi a pro- blemi di liquidità se l’attivo corrente supera adeguatamente il passivo corrente. In questo caso potrà far fronte ad eventuali difficoltà di realizzo di parte dei cespiti (in particolare del magazzino che spesso ha una rotazione troppo lenta rispetto al necessario).
Quindi anche l’indice di liquidità è positivo se maggiore di 1,2 (circa) ed è tanto migliore quanto più elevato.
Indice di liquidità secca (o acid test)
Si tratta di un indice di liquidità in cui l’attivo a breve viene depurato del valore del magazzino, per tenere in considerazione il rischio di bassa rotazione o di difficoltà di realizzo di alcune componenti:
Attivo a breve − magazzino ≥ 0, X Pass. a breve
In presenza di un magazzino consistente, l’acid test è buono se supera l’unità ed è già sufficiente se approssima l’unità stessa (per esempio 0,9).
Indici presi in considerazione da sistemi di rating diversificati per settore/dimensione
Oltre quelli già esposti gli indici più frequentemente presi in considerazione sono: la rotazione del magazzino, i termini medi di incasso e di pagamento, l’incidenza media degli accantonamenti e degli ammortamenti, gli indici di redditività (utili e margini in rapporto al fatturato). La valutazione di questi indici va diversificata per settore (e/o dimensioni), perché essi hanno valori fisiologici che cambiano molto a seconda delle caratteristiche della attività aziendale19. Per questo motivo (e tenuto conto che il peso degli indici precedenti è molto più significativo) non è opportuno qui soffermarci sui valori attesi di tali indici.
2.1.2 Analisi dell’andamento dei conti correnti e delle relazioni in genere intrattenute dalla clientela
Lo scoring basato sui “dati di andamento rapporto20” è in genere detto “scoring andamentale” ed è uno degli indicatori più importanti per la banca, poiché ha dimo-
19 Questo crea una complicazione che scoraggia il loro utilizzo, in particolare da parte delle banche che non possono contare su un parco clienti molto numeroso. La popolazione dei clienti di ciascun settore, infatti, deve essere sufficientemente vasta da assicurare adeguata significatività ai test statistici di verifica. Tale con- dizione potrebbe essere difficile da soddisfare per i settori meno numerosi.
20 Cosí vengono chiamati i dati maggiormente significativi che qualificano le modalità di utilizzo, per esempio, dei conti correnti e dei castelletti in generale.
strato una elevata capacità di evidenziare le situazioni critiche che molto spesso precedono le insolvenze.
Alcune banche Italiane hanno realizzato sin dagli anni ’70 un sistema di relazioni periodiche che offre al gestore del fido una visione panoramica della evoluzione di tali variabili ai fini di comprendere lo stato di salute dell’azienda cliente.
Successivamente il sistema è stato integrato in un processo di scoring automatico, un processo cioè in cui i dati sono elaborati secondo algoritmi matematici che asse- gnano al cliente un punteggio indicativo del rischio. Si tratta di un “voto”, calcolato direttamente dal sistema informativo a partire dallo stato di dette variabili signifi- cative, che diventa più alto in presenza delle condizioni che l’evidenza statistica dimostra essere caratteristiche nei periodi che precedono le crisi. Le banche di rego- la non danno accesso alle risultanze dei loro sistemi di scoring andamentale, né sono tenute a farlo, tuttavia si sa come tali sistemi lavorano, in linea di principio.
Nella tabella qui di seguito sono elencate le variabili che, di norma, sono prese in considerazione ed i principi di valutazione associati a ciascuna variabile.
Variabili più significative considerate dallo Scoring elaborato sui dati andamento rapporto
Variabile | Scoring(1) | Significato |
% media utilizzo fidi. | Sfl R› | Quoziente tra il saldo medio dei rapporti affidati ed il fido accordato. più si avvicina al 100% più il rischio cliente è alto. Particolare attenzione meritano i casi in cui l’utilizzo supera il 100%. |
Sconfinamento max | Sfl R› | Misura lo sconfinamento massimo raggiunto (saldo a debito al netto del fido accordato). |
Sconfinamento max % | Sfl R› | Rapporto precedente diviso per l’importo del fido accordato. |
Durata % sconfinamenti | Sfl R› | Rapporto tra il tempo in cui il saldo del rapporto affidato supera il fido (sconfinamento) e il periodo totale preso in considerazione. |
Rotazione crediti | S› R›fl | È il rapporto tra la somma dei movimenti totali del conto e il fido. |
% quantità insoluti su presentazioni sbf. | Sfl R› | Numero di ricevute bancarie (e/o di altri effetti) presentate dal cliente e ritornate insolute divise per il totale delle presentazioni. |
% valore insoluti su presentazioni sbf. | Sfl R› | Come sopra prendendo a base di calcolo non il numero dei titoli ma il loro valore. |
% concentrazione di presentazioni SBF carico stesso nominat. | Sfl R› | Rapporto tra valore di effetti presentati a carico di uno stesso nominativo e valore totale delle presentazioni. |
(1) Con S si intende l’impatto sullo scoring di affidabilità della azienda e con R sullo scoring di rischio› indica che a indice maggiore si associa punteggio maggiore e viceversa fl indica che l’indice cresce con il decrescere del punteggio.
È importante osservare che talvolta le aziende evidenziano anomalie di comporta- mento che potrebbero evitare prestando alla materia finanziaria adeguata attenzio- ne. I comportamenti sono, cioè, non obbligati da oggettive difficoltà ma dovuti a limiti manageriali e alla conseguente mancanza di strumenti di controllo. Anche in tale favorevole ipotesi, la gestione “carente” non di rado sfocia in reali problemi di liquidità oppure in affanni gestionali cui spesso si risponde cercando di aumentare ciecamente il giro di affari ed entrando in una spirale perversa.
A volte esiste un sistema di controllo economico della gestione ma ciò non basta. Un buon sistema di Controllo di Gestione, infatti, deve includere adeguati strumen- ti di Gestione Finanziaria, che consentano di prevenire problemi di liquidità e di natura finanziaria in genere.
Il consulente aziendale deve aiutare il proprio cliente a capire che diventa doppia- mente importante dotarsi di un sistema di Controllo di Gestione economico-finan- ziario integrato, che aiuterà ai fini del rating e contemporaneamente a migliorare la gestione aziendale. Un tale sistema include strumenti di Controllo di Gestione di Tesoreria (cfr. precedente riferimento al GAT - Gestione Anticipata di Tesoreria) che spingono in maniera del tutto naturale l’azienda a prevenire e/o contenere le con- dizioni che lo scoring andamentale segnala come rischiose. Infatti, avendone la pos- sibilità, è ovvio evitarle, indipendentemente da considerazioni che riguardano lo scoring assegnato dalla banca, perché ciò offre il beneficio diretto sia di ridurre i costi finanziari che di contenere inutili rischi.
2.1.3 Gli scoring della Centrale dei Rischi e della CRIF.
La Centrale dei Rischi è un archivio dinamico di informazioni inerenti tutti i rischi rilevanti assunti dalle banche nei confronti della clientela.
Il servizio “…si propone di porre a disposizione degli intermediari21 partecipanti uno strumento informativo in grado di accrescere la loro capacità di valutazione e di controllo della clientela. A tal fine, ogni intermediario è tenuto a comunicare mensilmente alla Centrale dei rischi la propria esposizione creditizia pari o superio- re ai limiti di censimento22 nei confronti di ciascun cliente. Sulla base delle informa- zioni ricevute, la Centrale restituisce con la stessa periodicità un flusso di ritorno per- sonalizzato per ogni intermediario con il quale viene fornita la posizione globale di rischio a livello di sistema dei singoli clienti segnalati. Tutti gli intermediari ricevono inoltre un flusso di ritorno statistico contenente informazioni sui rischi complessiva- mente censiti organizzate sulla base di diversi criteri di aggregazione….” (fonte: Banca d’Italia – Centrale dei Rischi – Istruzioni per gli intermediari partecipanti – Roma 1996).
All’interno del flusso di ritorno della Centrale viene inserito anche uno scoring. Esso consiste in un punteggio compreso tra 0 e 100, laddove a 100 viene associato il rischio massimo. Le modalità di funzionamento non sono accessibili ma sappiamo che, in generale, rispettano gli stessi principi di cui abbiamo detto nella precedente tabella, laddove le informazioni sono stavolta estese all’intero sistema bancario.
Il limite dello scoring della Centrale è, come detto, nel non rilevare i rischi assunti da una stessa banca che rimangono complessivamente al di sotto della soglia di censimento.
Per superare questo limite le banche hanno creato un sistema di censimento inte- grale dei rischi, detto CRIF, che funziona su base volontaria secondo gli stessi prin- cipi della Centrale dei Rischi.
Essendo come detto su base volontaria, il limite della CRIF è dovuto al fatto che non tutte le banche e le società finanziarie vi aderiscono. Tuttavia la sua diffusione è molto estesa.
21 Ci si riferisce agli intermediari finanziari. Cosí la Banca di Italia si riferisce alle banche e le altre società finan- ziarie sottoposte sulle quali ha compiti istituzionali di sorveglianza.
22 Attualmente i limiti di censimento sono di 75.000 euro per i rischi ordinari, mentre sono segnalate tutte le operazioni poste “a sofferenza” (cioè già considerate di difficile recupero) senza limite di importo.
Alla luce di quanto esposto possono essere ripetute, per quanto riguarda i sistemi di scoring della CRIF le medesime osservazioni riguardanti lo scoring della Centrale Rischi.
2.2 Le variabili quali-quantitative
Come abbiamo detto nella precedente circolare, comprendiamo in questa categoria alcuni elementi di valutazione che pur avendo un contenuto numerico non posso- no essere elaborati da un sistema di scoring come fattori oggettivi perché hanno contenuto previsionale oppure sono risultati di rilevazioni statistiche campionarie e dipendono dalle modalità di rilevazione e, quindi, dalle fonti.
Vi abbiamo ricompreso:
1. Piani e Budget aziendali
2. Indagini di mercato
2.2.1 Piani e budget aziendali
A dir la verità l’accordo di Basilea 2 non richiama mai esplicitamente l’obbligo di inserire piani e budget aziendali nelle procedure di rating23. Tuttavia, in una serie di dichiarazioni, esponenti prestigiosi del mondo finanziario internazionale e nazio- nale (nonché membri del Comitato di Basilea) hanno ribadito che l’inserimento del- l’analisi e valutazione dei piani e dei budget aziendali è ritenuto elemento cruciale per la validità di un sistema di rating e per la evoluzione della cultura di analisi finanziaria24.
L’analisi e valutazione dei piani e budget aziendali non può essere inserita in pro- cessi di scoring, perché non è ragionevole pensare di affidare ai sistemi informativi un’operazione così complessa. Le proiezioni economico-patrimoniali inserite nei budget possono essere valutate secondo i principi della analisi di bilancio, ma prima l’analista deve esprimere un giudizio in merito all’attendibilità e coerenza dei numeri contenuti nelle proiezioni.
Affinché un piano di business ed un budget possano essere valutati positivamente dal punto di vista dell’attendibilità e coerenza dei contenuti, occorre rispettare i canoni di redazione che qui di seguito sono sinteticamente richiamati:
1. Una prima parte del piano è puramente descrittiva e si compone di:
• Premessa. Introduce alle strategie aziendali dandone ragione in relazione alla storia pregressa della azienda, alla immagine che si è costruita, alla gamma e la qualità dei servizi/prodotti, alla analisi degli scenari e della concorrenza, alla
23 Solo negli allegati, a proposito dai criteri di valutazione del rischio di alcune forme di credito speciali, viene espressamente richiamata la valutazione del budget di progetto.
24 Tra gli altri, Xxxx Xxxxxxxxx ha osservato che questa evoluzione culturale del sistema bancario potrà pro- muovere una corrispondente evoluzione nelle imprese, con un miglioramento della cultura manageriale e della capacità di visione strategica (“vision”) anche nelle realtà minori.
capacità produttiva, al numero e le caratteristiche qualitative del personale e delle maestranze, e cosí via.
• Obiettivi strategici. Devono essere in tutta evidenza coerenti con quanto descrit- to in premessa e ragionevolmente raggiungibili.
• Schemi di azione programmati. Xxxxxx, a loro volta, essere conseguenti agli obiettivi, nel senso che una valutazione prudente e disinteressata dovrebbe rico- noscerli in grado di assicurare il raggiungimento degli obiettivi stessi almeno, negli ordini di grandezza.
• Commenti alle proiezioni economico finanziarie. Solo dopo una esauriente espo- sizione descrittiva dei contenuti del piano si è pronti a passare agli allegati numerici che prevedono una proiezione economico-patrimoniale relativamente sintetica, in genere triennale, ed una proiezione più dettagliata relativamente al primo anno del piano, che costituisce il budget. Queste proiezioni devono essere accompagnate da una descrizione che ne spiega la ratio e ne argomenta l’attendi- bilità.
2. La seconda parte del Piano contiene le proiezioni di bilancio suddivise a loro volta in due parti:
• Piano: proiezioni a medio-lungo termine, di durata (di solito) triennale o qua- driennale25.
• Budget: proiezioni, di norma più articolate e dettagliate, relative al primo anno del piano e coerenti con le proiezioni ivi contenute.
I principi di elaborazione delle proiezioni contenute nel piano e nel budget sono so- stanzialmente simili, e si differenziano, come detto, solo per una maggiore analiti- cità del secondo rispetto al primo.
I valori utilizzati nelle proiezioni devono essere sostenuti da argomentazioni ragio- nevoli, coerenti con le strategie aziendali esposte in precedenza, con la storia passa- ta della azienda e con le informazioni di mercato disponibili, e devono essere ispi- rate da una sana cautela rispetto alle ipotesi di evoluzione degli scenari.
Dal punto di vista dei contenuti, le proiezioni di bilancio possono essere suddivise in proiezioni economiche e proiezioni patrimoniali. Le prime danno luogo ai Conti economici e le seconde agli Stati Patrimoniali previsionali.
Ulteriori elaborazioni relative per esempio al “prospetto dei flussi finanziari” sono sempre utili, ma non indispensabili in quanto deducibili dalle proiezioni economi- co-patrimoniali.
Nel successivo allegato 1 sono esposti in maggior dettaglio i principi di elaborazione delle proiezioni.
Una parte conclusiva ripropone sinteticamente gli elementi cruciali del documento, riassumendolo e rammentandone le parti qualificanti.
25 In realtà, come detto in precedenza, il piano è l’intero documento. Tuttavia confidiamo che si comprenda dal contesto quando con “piano” ci riferiamo all’intero Piano di Business o alle sole proiezioni di medio-lungo termine.
2.2.2 Indagini di mercato
I risultati delle indagini di mercato sono utili alla banca per avere un punto di rife- rimento nel corso dell’attività di valutazione delle proiezioni della domanda e del- l’offerta di settore e di area geografica, ovvero dei tassi di inflazione, dei livelli occupazionali e dei costi salariali, ecc.
In linea di massima, comunque, le banche non hanno una grande tradizione nell’u- tilizzo delle suddette informazioni di mercato e, quando queste informazioni sono disponibili, le utilizzano sostanzialmente come elementi di riscontro circa le previ- sioni di evoluzione del fatturato esposte nei piani e budget presentati dalle aziende, confrontandole con le tendenze previste della domanda.
Ciò premesso, di norma le banche non si dotano della disponibilità di indagini diversificate dettagliatamente per singolo settore, area e categoria merceologica, perché il costo risulterebbe eccessivamente elevato rispetto al ritorno. In genere si limitano a stipulare convenzioni per ricevere dagli istituti di ricerca le risultanze di studi da questi svolti periodicamente, e raramente commissionano indagini specifiche.
Ne segue che le indagini a disposizione sono raramente personalizzate sullo speci- fico settore o la specifica area geografica in cui opera il cliente.
Per questo motivo, le banche possono essere spinte a prendere in buona considera- zione le informazioni più specifiche che l’azienda ha eventualmente a disposizione relativamente alla sua particolare attività, informazioni che possono provenire da indagini di associazioni di categoria, da pubblicazioni settoriali, e via dicendo. Affinché ciò avvenga è necessario che l’intero corredo informativo fornito dal clien- te appaia redatto in maniera professionale e realisticamente prudente.
A questo fine si ricorda, tra l’altro, di esplicitare le fonti utilizzate a sostegno delle proiezioni e di argomentarne doviziosamente le ragioni di attendibilità e di perti- nenza di tali fonti con il caso specifico e con le considerazioni strategiche pertinenti citate nel corso della presentazione del piano.
2.3 Le variabili qualitative
Le esperienze storiche circa la capacità predittiva delle insolvenze ascrivibili agli elementi di valutazione fin qui esaminati porta a riconoscere un certo margine da riservare alla valutazione di aspetti qualitativi come quelli già ricordati nella prece- dente circolare:
1. Storia e tradizione aziendale
2. Organizzazione e sistemi gestionali
3. Posizionamento competitivo
4. Innovazione, qualità/quantità degli investimenti in R&S (Ricerca e Sviluppo)
5. Informazioni commerciali
Alcune verifiche campionarie fatte attraverso confronti con le Direzioni di alcune banche fanno ritenere che a queste variabili siano lasciati margini che complessiva- mente consentono di migliorare le risultanze del punteggio emergente dalle analisi
di cui ai paragrafi precedenti, fino al 20/25% circa. Cattive valutazioni emergenti da queste variabili possono al contrario arrivare a peggiorare radicalmente la classe di rating assegnata.
Si tratta quindi di aspetti che possono risultare decisivi nella acquisizione di classi di rating idonee a ottenere la affidabilità necessaria e/o per contenere i costi finan- ziari.
Le analizzeremo in maggior dettaglio nella prossima circolare insieme con alcune innovazioni normative, di carattere amministrativo, societario e fiscale, che presen- tano una particolare sinergia potenziale con il disposto del nuovo accordo di Basilea. Infatti gli effetti di Basilea 2 potranno risultare particolarmente incisivi in virtù della correlazione con tutti gli altri cambiamenti recentemente introdotti: il nuovo diritto societario, le norme sulla responsabilità aziendale di cui al D.L. 231/2001 (ed i recenti obblighi di adeguamento di cui al comma 82 della finanziaria 2005), la introduzione all’utilizzo degli standard contabili internazionali (IAS-IFRS), le nuove norme fiscali (trasparenza fiscale, contrasto alla sottocapitalizzazione, con- solidato fiscale etc.).
Nel combinato di questi cambiamenti è possibile riconoscere un disegno che vuole spingere, incentivando alcuni comportamenti, penalizzandone altri, ad allineare la impresa italiana a canoni di gestione evoluti, volti a favorire migliore “governance”, maggiore capitalizzazione, emersione di utili distratti per ragioni fiscali.
Compito del consulente aziendale è di aiutare la clientela a combinare l’allineamen- to agli obblighi normativi in un disegno sinergico volto ad ottenere un beneficio complessivo, consistente e duraturo.
ALLEGATO 1
Schema di elaborazione dei valori esposti nelle proiezioni economiche e patrimoniali
In questo documento esaminiamo più da vicino la tecnica di elaborazione delle proiezioni economiche e patrimoniali.
Ci occuperemo nell’ordine:
del formato di esposizione
della elaborazione dei valori da assegnare alle singole poste economiche e patri- moniali e degli eventuali opportuni commenti.
Formato di esposizione delle proiezioni economico patrimoniali
In genere il formato dei piani e budget aziendali fa riferimento alle riclassificazioni anglosassoni, come segue:
Il conto economico in forma scalare secondo il metodo di riclassificazione a “costo del venduto” (v. tabella 1).
Tabella 1 CONTO ECONOMICO RICLASSIFICATO A “COSTO DEL VENDUTO” |
(Schema semplificato) |
VENDITE LORDE - Trasporti su vendite - Provvigioni - Sconti abbuoni e resi |
VENDITE NETTE (100%) |
- COSTO DEL VENDUTO • Mano d’opera • Materiali • Altri costi industriali • Ammortamenti industriali |
MARGINE LORDO DI CONTRIBUZIONE |
- COSTI DI STRUTTURA • Personale (Altro) • Costi generali xxx.xx e commerciali • Ammortamenti generali |
MARGINE OPERATIVO |
- ONERI FINANZIARI |
RISULTATO GESTIONE CARATTERISTICA |
+/- RICAVI/XXXXX XXXXXXXXXXXX |
RISULTATO LORDO DI ESERCIZIO |
Uno dei vantaggi di questa riclassificazione è di consentire una valutazione appros- simata ma attendibile del punto di pareggio (“break even point”), elemento che è evi- dentemente fondamentale nella messa a punto di qualsiasi strategia e nella defini- zione degli obiettivi economici.
Lo Stato Patrimoniale preferibilmente nella riclassificazione “a capitale operativo investito” (v. Tabella 2).
Tabella 2 | |
CAP. INVESTITO | FONTI di CAPITALE |
Investimenti oper. M/L | CAP. NETTO |
+ Immobilizzazioni oper.nette - fonti operative (TFR,Fondi rischi) CCN26 di funzionamento +Clienti +Altri cred. oper. +Magazzino - fornitori - altri debiti di funzionamento | + Deb. Finanziari a M/L termine - immobilizzazioni finanziarie Fonti finanz. M/L Fonti finanz. a breve +Banche e altri deb. Finanziari a breve - Disponibilitá liquide |
TOTALE | TOTALE |
Questa riclassificazione rende evidente ragione del termine “capitale investito” di cui ai paragrafi dedicati al ROE e ROI.
Elaborazione dei valori da assegnare alle singole poste economiche e patrimoniali e degli eventuali opportuni commenti.
Suddividiamo la nostra esposizione nella elaborazione del Conto Economico e dello Stato Patrimoniale.
Per ogni posta dei citati documenti sono illustrati due punti:
Generalità: per orientare nella eventuale parte descrittiva da inserire in appositi commenti.
Algoritmi di elaborazione. Illustrano il metodo di calcolo per pervenire al valore da iscrivere nel documento.
Proiezioni economiche
• Fatturato.
Generalità. I riferimenti a indagini di mercato e a eventuali proiezioni stimate da analisti esterni alla azienda vanno citati e/o testualmente riportati. È opportuno fare sempre riferimento a enti di ricerca noti e riconosciuti come seri e attendibili. Il ricorso a eventuali ricerche di enti minori e scarsamente conosciuti vanno motivate (per esempio perché unica ricerca di dettaglio in merito a certe catego- rie merceologiche) riportando in tali casi anche le risultanze delle indagini più accreditate, commentando le correlazioni e motivando ragionevolmente le even- tuali differenze. Le argomentazioni che portano a ritenere che la azienda possa ottenere performance migliori di quelle medie di mercato devono essere com- mentate doviziosamente.
Algoritmi di quantificazione. Il Fatturato è punto di riferimento per tutte le proiezioni economiche. In generale si calcola a partire dal fatturato dell’esercizio precedente sulla base di un ragionevole incremento percentuale:
26 CCN = Capitale Circolante Netto.
Fatturato Anno( X + 1) = Fatturato AnnoX × (1+ IncremementoAtteso %)
L’incremento deve risultare realistico alla luce delle informazioni disponibili e delle argomentazioni esposte, ispirato a criteri di prudenza nell’ottica di un valutatore esterno e disinteressato.
• Costi diretti.
Generalità. Le proiezioni delle voci di costo (e di eventuali altri ricavi) che sono per natura correlate proporzionalmente ai volumi di fatturato devono essere conseguentemente coerenti. La regola vale per esempio, con gli eventuali ade- guamenti secondo buonsenso, per i costi diretti di vendita (Provvigioni e trasporti su vendite), le poste correttive di vendita (sconti, abbuoni e resi), i costi diretti di pro- duzione (di beni o servizi).
Si deve mostrare di aver prestato ogni attenzione alle motivazioni che potrebbe- ro far lievitare la incidenza percentuale dei costi (o far diminuire la incidenza di eventuali altri ricavi), e di averne tenuto conto con la massima cautela. Laddove siano state previste azioni volte a migliorare le incidenze rispetto al passato e/o ad evitare rischi di peggioramento, dette azioni vanno rammentate, anche se già citate in precedenza nella parte descrittiva generale.
Algoritmi di quantificazione. Le poste in oggetto si calcolano a partire dal fattu- rato per la percentuale storica di incidenza, eventualmente corretta sulla base delle argomentazioni di cui al precedente capoverso:
ProiezioneCosti diretti = ProiezioneFatturato × (Incidenza %)
• Costi del personale diretto.
Generalità. Le proiezioni dei costi del personale devono tener conto del numero di addetti necessario per realizzare i volumi operativi previsti avuto presenti eventuali motivi di particolare incremento (per esempio: inserimento di nuove linee di prodotto/servizio) rispetto alla situazione corrente. I costi vanno poi ottenuti moltiplicando il numero di addetti per i costi medi avuto conto di dina- miche inflattive, rivendicazioni salariali eccetera. I ragionamenti fatti ai fini del dimensionamento dei nuovi organici vanno opportunamente argomentati.
Algoritmi di quantificazione. I costi del personale diretto si ottengono moltipli- cando il numero previsto di addetti (medio annuo) per il costo unitario, rivaluta- to come detto al capoverso precedente:
ProiezioneCosti personale diretto = Xxxxxx addetti atteso × Costo unitario rivalutato
• Ammortamenti.
Generalità. I valori degli ammortamenti deve tener conto di eventuali nuovi investimenti previsti in sede strategica. La quantificazione degli accantonamenti relativi a nuovi investimenti va fatta applicando le aliquote più ragionevoli, tenendo conto dei periodi previsti di acquisizione. In generale è sempre sconsi- gliabile il ricorso ad aliquote ridotte, sia in sede di consuntivo che di previsione. Laddove si ritenga comunque di ricorrervi deve essere dato il massimo risalto alle argomentazioni a sostegno.
Algoritmi di quantificazione. Gli ammortamenti si calcolano moltiplicando il valore dei cespiti da ammortizzare (a loro volta uguali agli immobilizzi dell’an- no precedente dedotte eventuali dismissioni e componenti interamente ammor- tizzate e aumentati di eventuali nuovi investimenti) per una ragionevole aliquo- ta media (in sede di budget sarebbe opportuno effettuare il calcolo separando le immobilizzazioni per aree omogenee, caratterizzate da analoghe aliquote di ammortamento, e sommando i valori di ogni area):
ProiezioneAmmortamenti = Proiezione Cespiti da ammortiz zare × Aliquota media 27
dove:
ProiezioneCespiti da ammortizza re = Cespiti annoPrec. + nuovi Investimenti − cespiti _
_ completam.te ammortizzati − cessioni di cespiti programmate
• Costi del personale di struttura.
Generalità. Il numero di addetti è di norma relativamente stabile. Tuttavia un aumento molto consistente dei volumi di fatturato previsti o l’introduzione di nuove procedure migliorative della qualità complessiva della gestione e del con- trollo richiedono di considerare un incremento. La automazione spinta dei pro- cessi organizzativi potrebbe per converso portare a un forte incremento della produttività migliorando la qualità in presenza, addirittura, di una riduzione di personale. Tuttavia in questo caso è necessario aver previsto i costi di investi- mento in termini di hardware e software, nonché i tempi necessari alla formazione ed all’apprendimento del personale.
In ogni caso vanno tenute presenti le dinamiche generali dei costi del personale e previste le conseguenze di eventuali scatti di anzianità e avanzamenti di carriera. Algoritmi di quantificazione. Tenuto conto delle precisazioni esposte nel prece- dente capoverso l’algoritmo è del tutto analogo a quello già visto per il personale diretto:
ProiezioneCosti Staff = Numero addetti atteso × Costo unitario rivalutato
• Altri costi di struttura.
Generalità. Anche in questo caso i costi sono abbastanza invarianti a meno delle dinamiche inflattive. Naturalmente se i volumi operativi aumentano in maniera significativa anche questi costi devono essere prudentemente incrementati in coerenza a considerazioni di buonsenso ispirate ad una sana prudenza.
Ove opportuno, e specie in sede di budget, i costi possono essere suddivisi in categorie omogenee, proiettando il comportamento di ciascuna categoria alla luce di tutte le ragioni di buonsenso (esempio: costi di affitti e utenze possono essere meglio previsti sulla base della evoluzione dei canoni di locazione e dei costi unitari di energia, e simili, mentre altri costi per servizi possono seguire andamenti diversi).
27 Volendo si può applicare una aliquota dimezzata alle nuove acquisizioni ma, in ottica di prudenza, è una complicazione non necessaria e, forse, inopportuna.
Algoritmi di quantificazione. La formula di base è molto semplice. Alla formula qui di seguito esposta va eventualmente aggiunta (o sottratta) una opportuna quota percentuale in dipendenza delle ragioni al riguardo argomentate:
ProiezioneCosti Struttura = Costi Struttura Anno Prec. × (1 + TassoInflazionePrevisto)
• Oneri finanziari.
Generalità. Il peso degli oneri finanziari deve essere ovviamente correlato al volume dei debiti onerosi risultante dalle proiezioni patrimoniali (cfr. successivo paragrafo al titolo “Proiezioni dello Stato Patrimoniale”), tenuto conto dei tassi correntemente pagati dalla azienda e delle previsioni di evoluzione dei tassi di mercato, che sono notoriamente molto correlati alle aspettative inflazionistiche. Per questo motivo prima di completare il conto economico previsionale con que- sta posta (e le successive) occorre passare alla proiezione dello Stato Patrimoniale (cfr. allegato 2 “Ciclo di preparazione delle proiezioni economico-patrimoniali”). Algoritmo di quantificazione. Una volta predisposta la proiezione dello Stato Patrimoniale, la formula per il calcolo degli oneri finanziari è molto semplice:
ProiezioneOneriFinanziari = Indebitamento medio atteso × Costofinanziario medio%
Dove l’indebitamento medio viene ovviamente dalle proiezioni Patrimoniali che vedremo in seguito e il costo finanziario medio è calcolato sulla base degli oneri finanziari totali dell’anno precedente divisi per l’indebitamento medio28. Quest’ultimo si può calcolare in maniera semplificata sulla base della semisom- ma del saldo iniziale e finale del conto “Debiti Finanziari”.
• Partite straordinarie.
Generalità Xxxxxxx i principi generali di coerenza e prudenza da applicare ed argomentare secondo xxxxxxxxx. Per questo motivo è opportuno inserire una proiezioni di costi straordinari anche sulla semplice base di una media delle esperienze degli anni precedenti, mentre per poter inserire nelle proiezioni ricavi straordinari è necessario poter argomentare eventi previsti che siano ragionevol- mente sotto il controllo aziendale (per esempio: sopravvenienze dovute alla pre- visione della cessione, a prudenti prezzi di mercato, di un immobile acquisito in leasing).
Algoritmi di quantificazione. In questo caso non esiste una formula di riferimen- to ma la applicazione secondo normali criteri di buonsenso di quanto descritto sopra. Se non ci sono ragioni a sostegno di proiezioni particolari è bene proietta- re, per motivi di prudenza, la media delle partite straordinarie degli ultimi anni, se negativa. Nessuna proiezione, invece, in caso di media positiva:
ProiezionePartiteStraordinarie = Minimo(MediaParti te.Straord. AnniPrec, 0)
28 Se sono presenti finanziamenti a rimborso rateale è possibile ottenere una previsione maggiormente rigoro- sa con un minimo impegno aggiuntivo: per la parte relativa a questi finanziamenti si può fare riferimento, per la proiezione degli oneri finanziari e dei saldi finali, ai piani di ammortamento. La formula maggior- mente approssimata sopra illustrata va applicata alla parte residua dei debiti onerosi, e gli oneri finanziari complessivi nascono dalla somma delle due componenti.
Proiezioni patrimoniali.
Passiamo ora alle principali poste patrimoniali. Anche in questo caso gli algoritmi di calcolo utilizzati vanno spiegati e, se del caso, argomentati.
• Immobilizzazioni e relativi fondi ammortamento.
Generalità. La valorizzazione deve essere coerente con gli investimenti necessari per la realizzazione degli obiettivi strategici descritti nel piano, secondo le tempi- stiche eventualmente richiamate e/o conseguenti ai risultati ipotizzati. I fondi sono facilmente calcolati a partire dalla situazione pregressa aggiungendo gli accantonamenti dell’esercizio (e dedotto quanto relativo ad eventuali disinvesti- menti).
Algoritmi di quantificazione. Gli immobilizzi netti nascono, naturalmente, dalla differenza tra gli immobilizzi lordi ed i relativi fondi di ammortamento. La for- mula di base per gli immobilizzi lordi è:
ProiezioneCespiti = CespitiAnn oPrec. + Acquisizioni − Dismissioni
Per il calcolo dei fondi si fa riferimento alla seguente:
XxxxxxxxxxXxxxxXxx.xx = FondiAnnoP rec. + ProiezioneAmmortamenti − QuotaFondi relativa _
_ a eventuale previsione di dismissioni.
• Magazzino.
Generalità. L’importo del magazzino è calcolato a partire dagli indici consuntivi di rotazione, avuto conto delle considerazioni strategiche riportate nel piano. L’importo del magazzino si ottiene cosí dal valore del fatturato diviso per l’indi- ce di rotazione. Per aumentare l’indice di rotazione previsionale (e diminuire il peso previsto delle giacenze) occorre argomentare le ragioni che giustificano la scelta.
Algoritmi di quantificazione. Calcoliamo prima l’indice di rotazione previsiona- le. Premesso che:
indice di rotazione = Fatturato
magazzino
(espresso in numero di volte)
procediamo in due momenti. Prima calcoliamo il nuovo indice di rotazione:
indice di rotazione previsionale = indice di rotazione consuntivo + /− impatto di motivi _
_ di modifica (che vanno come al solito argomentati opportunamente)
quindi calcoliamo la proiezione di Magazzino:
Proiezione di Magazzino = Fatturato
Indice di rotazione previsionale
• Clienti.
Generalità. Si procede in analogia al caso precedente rapportando al fatturato l’indice relativo ai termini medi di incasso. Anche qui occorre motivare la even- tuale applicazione di termini più favorevoli e mantenersi comunque ragionevol- mente coerenti con gli usi di mercato e i termini contrattuali correnti previsti dalla azienda.
Algoritmi di quantificazione. Calcoliamo prima l’indice previsionale relativo ai termini di incasso29. Premesso che:
termini medi di incasso =
Clienti Fatturato
×360 = giorni
calcoliamo prima la proiezione dei termini medi di incasso:
Proiezioni termini di incasso = termini di incasso consuntivi + /− impatto di motivi _
_ di modifica (che vanno come al solito argomentati opportunamente)
quindi la proiezione della voce clienti:
Proiezione Clienti = Fatturato × proiezione termini di incasso
360
• Fornitori.
Generalità. Si agisce in maniera analoga a quanto detto per i clienti partendo dai termini di pagamento30 storici e tenuto presente la coerenza con i termini con- trattuali e gli obiettivi strategici dichiarati.
Algoritmi di quantificazione. Calcoliamo prima l’indice di rotazione previsiona- le. Premesso che:
indice di rotazione = Fatturato
Fornitori
procediamo, anche in questo caso, in due momenti. Prima calcoliamo il nuovo indice di rotazione:
indice di rotazione previsionale = indice di rotazione consuntivo + /− impatto di motivi _
_ di modifica (che vanno come al solito argomentati opportunamente)
quindi calcoliamo la proiezione della voce Fornitori:
Proiezione di Fornitori = Fatturato
Indice di rotazione previsionale
• Altre poste operative dell’attivo e del passivo.
Generalità. Qui non vanno ricompresse le voci di natura finanziaria (disponibi- lità liquide e debiti finanziari). Queste poste hanno una minore correlazione con i volumi di fatturato e vanno dimensionate secondo criteri di buonsenso che ten- gono conto della natura delle stesse e della loro evoluzione storica. I criteri con cui vengono dimensionate devono essere come al solito commentati ampiamen- te, e ispirati a ragionevole prudenza.
29 Naturalmente si può procedere in perfetta analogia con il caso precedente usando l’indice di rotazione. Si preferisce in questo caso usare la variazione relativa ai termini medi di incasso perché rende piú immediata la correlazione con argomentazioni relative a variazioni delle condizioni contrattuali e/o degli usi di settore e simili.
30 Per essere precisi per elaborare i termini di pagamento occorrerebbe prendere a base di calcolo il Costo del venduto e non il fatturato. Visto che non abbiamo accesso agevolmente ad un indice significativamente con- frontabile con i termini di pagamento correnti, ai fini degli algoritmi usiamo l'indice di rotazione (è impro- prio parlare di rotazione a proposito delle fonti, ma questo indice viene cosí denominato per analogia di cal- colo con gli indici di rotazione delle poste dell'attivo.)
Algoritmi di calcolo. Come accennato, non esiste un vero algoritmo. Si parte dei valori storici e, tenendo conto di una tendenza a lievitare in maniera meno che proporzionale al crescere del fatturato, oltre che di altri motivi che la situazione specifica suggerisce di volta in volta, si modificano secondo buonsenso.
Proiezione altre poste operative = valori a consuntivo + /− impatto di ragioni di modifica
(che vanno come al solito argomentat e opportunamente)
• Disponibilità liquide.
Generalità. La quantificazione va commisurata con le ordinarie esigenze operati- ve. Normalmente le aziende devono tenere in cassa piccole somme per le esigen- ze di routine. Queste esigenze vanno commisurate secondo buonsenso appog- giando le valutazioni alle esperienze degli anni precedenti. Ancora una volta la ipotesi di poter ridurre la liquidità tenuta normalmente in cassa per le esigenze correnti deve essere motivata con argomentazioni convincenti.
Algoritmi di calcolo. Anche in questo caso si parte dai valori storici che, se del caso, si modificano secondo buonsenso:
Proiezione DisponibilitàLiquide = valori a consuntivo + /− impatto di eventuali ragioni di _
_ modifica
• Mezzi propri.
(che vanno come al solito argomentate opportunamente)
Generalità. Ovviamente nascono dalla semplice operazione di somma algebrica delle poste del precedente esercizio con i risultati previsti nelle proiezioni econo- miche, detratte eventuali distribuzioni di dividenti, e sommate le immissioni di nuovo capitale. Naturalmente possiamo indicare separatamente, per migliore leggibilitá, l’utile netto di esercizio dal resto delle voci del capitale netto.
Algoritmi di calcolo.
Proiezione capitale netto = C.nettoAnno Prec. + Aumenti di capitale + utile netto − xxxxxxx.xx _
_ dividendi
• Debiti finanziari.
Generalitá. Il valore complessivo dei debiti finanziari a questo punto nasce per semplice differenza tra l’attivo ed il passivo patrimoniale. All’interno della posta cosí calcolata si può articolare la composizione dei debiti come segue:
– per i finanziamenti a M/L termine preesistenti, si fa riferimento ai valori previ- sti dai piani di ammortamento;
– per eventuali nuove accensioni di finanziamenti a rimborso rateale i piani di rimborso si disegnano seguendo le logiche correnti di mercato;
– gli altri debiti finanziari correnti, quando tutte le altre voci cono state dimen- sionate, possono essere calcolati per differenza.
Algoritmi di calcolo. A questo punto che tutte le altre voci dello Stato Patrimoniale sono state ragionevolmente proiettate, l’importo totale dei debiti finanziari, come detto sopra, deriva dalla semplice differenza tra tutte le poste già calcolate. Rammentando la definizione di Capitale Investito, e le correlazioni conseguenti che ci sono servite a proposito delle considerazioni sul ROI, possia- mo esporre tale differenza come segue:
Proiezione DebitiFinanziari = ProiezioneCapitaleIn vestito. − ProiezioneMezzi Propri
dove il capitale investito è uguale a:
CapitaleInvestito = ImmobilizziNetti + CapitaleCircolanteNe tto
Gli immobilizzi netti, come sappiamo, sono pari alle immobilizzazioni totali al netto dei fondi, mentre il Capitale Circolante Netto corrisponde alla somma alge- brica di tutte le altre poste operative:
CCN = Disponibilità liquide+ Clienti + Magazzino – Fornitori + altre poste operative dell’attivo – altre poste operative del passivo
Ordine di elaborazione delle poste
Molte poste sia del Conto Economico che dello Stato Patrimoniale sono, come abbiamo visto, conseguenti alla proiezione di fatturato.
La definizione dell’obiettivo, in termini di volumi di vendite, risulta quindi il punto di riferimento ed il primo passo dell’intero processo.
La complicazione nasce dal fatto che non è possibile completare la proiezione dello Stato Patrimoniale senza che sia stata completata la procedura di proiezione del Conto Economico, mentre, a sua volta, per completare la proiezione del Conto Economico è necessario definire gli oneri finanziari, i quali dipendono dalla proie- zione dei debiti onerosi.
Si tratta di un circolo vizioso che superiamo nel seguente modo.
In un primo momento ci accontentiamo di una stima del risultato economico basata sul margine operativo, grossolanamente corretto, per una valutazione delle partite finanziarie e straordinarie, sulla base di una media dei loro valori storici.
In questo modo possiamo pervenire ad una proiezione provvisoria del risultato netto e quindi del capitale netto e dei debiti onerosi.
Questa stima, ancorché provvisoria, dei debiti onerosi ci consente di affinare il pro- cesso elaborando una nuova proiezione degli oneri finanziari e quindi dell’intero Conto Economico.
Sulla base della nuova e più precisa proiezione del risultato netto correggeremo la precedente proiezione del capitale netto e dei debiti onerosi.
A questo punto non resta che verificare la coerenza tra il valore previsto dei debiti onerosi e quello degli oneri finanziari.
In linea teorica possiamo prevedere che la coerenza non sia stata raggiunta e si renda necessario un ulteriore riallineamento, perché la reciproca relazione tra oneri finanziari e debiti onerosi comporta il rischio di entrare in un circolo senza fine; ma si tratta di un rischio più teorico che reale.
Infatti il riallineamento richiesto è sempre più modesto ogni volta che ripetiamo il ciclo e converge rapidamente verso una differenza non significativa. (Si consideri che non è sensato perseguire una rigorosa corrispondenza aritmetica nelle relazioni in questione, perché si lavora su previsioni, cioè su valori che risulteranno, nella migliore delle ipotesi, solo approssimativamente centrati.)
Nel successivo allegato 2 è schematizzato l’iter del processo di proiezione inclusa l’eventuale necessità di riallineamento qui descritta.
ALLEGATO 2
Ciclo di preparazione delle proiezioni economico-patrimoniali
Obiettivi e considerazioni strategiche
Debiti finanziari
Margine operativo
Rielabora: Cap.Netto => Deb. Fin. => oneri fin. etc.
Oneri Finanziari
Cap.Netto coerente?(1)
NO
(1) si intende coerente se i debiti onerosi, risultanti per differenza, sono coerenti con gli oneri finanziari
SI
FINE
Utile Netto
Utile Lordo
Partite Straordinarie
Capitale Netto
Altre poste operative
Fornitori
Magazzino
Immobilizzi operativi
Clienti
Costi di struttura
Ammortamenti
Costi diretti di produzione
Fatturato
Pers.le Diretto
Costi diretti di vendita
Proiezioni Conto economico
Proiezioni Stato Patrimoniale
Fondazione Xxxx Xxxxxxx
BASILEA 2
ACCORDO PER LA TUTELA DELL’ADEGUATEZZA PATRIMONIALE DELLE BANCHE
3. Funzionamento dei sistemi di rating (seconda parte)
Documento n. 20 del 20 giugno 2005
CIRCOLARE
Xxx X. Xxxxxxxxx, 00 – 00000 Xxxx – tel.: 06/85.440.1 (fax 06/00.000.000) – C.F.:80459660587
website: xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx – x.xxxx: xxxxxxxxxx@xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
INDICE
Premessa | Pag. | 1 | |
1. Variabili strettamente qualitative | “ | 3 | |
1.1 Generalità | “ | 3 | |
1.2 Storia e tradizione aziendale | “ | 4 | |
1.3 Governo societario (“Corporate governance”) | “ | 5 | |
1.4 Organizzazione e sistemi gestionali | “ | 6 | |
1.4.1 Organigramma | “ | 7 | |
1.4.2 Procedure operative | “ | 8 | |
1.4.3 Qualità del personale | “ | 11 | |
1.4.4 Sistema informativo | “ | 11 | |
1.4.5 Sistema di “controllo di gestione” | “ | 12 | |
1.4.6 Altre considerazioni organizzative | “ | 13 | |
1.5 | Posizionamento competitivo. | “ | 14 |
1.6 | Innovazione, qualità/quantità degli investimenti in Ricerca e Sviluppo (R&S) | “ | 15 |
1.7 | Informazioni commerciali con particolare riferimento alla presenza/assenza | ||
dei cosiddetti “eventi pregiudizievoli” | “ | 16 | |
2. Il rating e le recenti innovazioni normative | “ | 16 | |
2.1 Innovazioni normative in materia di diritto societario | “ | 16 |
2.1.1 Possibilità di prevedere linee di business separate con soci
e contabilità separate “ 18
2.1.2 Composizione degli organi amministrativi e di controllo
2.1.3 Azione sociale di responsabilità | “ | 18 |
2.1.4 Diritto di recesso dalla società | “ | 19 |
2.1.5 Procedure conciliative | “ | 20 |
2.2 Innovazioni normative in materia contabile | “ | 20 |
2.2.1 Beni concessi in locazione finanziaria (leasing finanziario) | “ | 21 |
2.2.2 Applicazione del fair value per la valutazione delle attività | “ | 22 |
2.2.3 Rideterminazione del valore delle attività materiali e immateriali | “ | 22 |
2.3 Innovazioni normative in materia tributaria | “ | 23 |
2.3.1 Contrasto alla sottocapitalizzazione delle imprese | “ | 23 |
2.3.2 Esenzione fiscale delle plusvalenze | “ | 23 |
2.3.3 Trasparenza fiscale | “ | 24 |
3. Peso dei vari elementi nel rating complessivo | “ | 24 |
Allegati | “ | 27 |
Allegato 1 | “ | 28 |
1. Presentazione della azienda | “ | 28 |
2. Panorama organizzativo | “ | 32 |
Allegato 2 | “ | 36 |
Matrice di Competitività (“Competitive Matrix”) | “ | 36 |
(sistema monistico e dualistico) “ 18
Premessa
Nella precedente circolare (documento n. 8 del 4 marzo 2005) abbiamo approfondito la conoscenza del funzionamento dei sistemi di rating con riferimento alle variabili che abbiamo definito “quantitative” e “quali-quantitative”.
Nella presente circolare completeremo la nostra analisi, occupandoci degli altri fattori che intervengono nella determinazione del rating. Con questi fattori entriamo in una parte della descrizione dei processi di rating particolarmente delicata.
Per quanto riguarda i fattori visti in precedenza ci troviamo di fronte un panorama abbastanza ben delineato.
Infatti nonostante la Banca di Italia non abbia ancora iniziato a validare i sistemi di rating (e non abbia ancora emanato istruzioni operative sulle caratteristiche attese) le aspettative circa l’inserimento e le modalità di funzionamento nei sistemi di rating dei fattori esaminati nelle precedenti circolari sono, pur con sfumature diverse, piuttosto chiare.
Per quanto riguarda i fattori quantitativi l’esperienza delle banche è ben consolidata: scoring di bilancio e “andamentali”1 , pur con alcune differenze, sono riconducibili ad approcci sostanzialmente noti e in linea di principio simili in tutte le banche. Le valutazioni basate sui dati centralizzati (in primis Centrale dei Rischi) sono ancor piú omogenee.
Anche l’uso di piani e budget è relativamente certo. Tale uso, infatti, è consolidato nella esperienza delle grandi aziende di rating ed è raccomandato dai principi dell’analisi finanziaria. Inoltre i documenti integrativi dell’Accordo (Basilea 2) emessi dal Comitato di Basilea richiamano piú volte il fatto che un buon sistema di rating deve essere fondato il piú possibile su valutazioni prospettiche e non solo su analisi storiche (in particolare si rammenta la newsletter dello scorso gennaio 2005, contenente le raccomandazioni per la validazione dei sistemi di rating da parte delle autorità di vigilanza, emessa dallo AIG – Gruppo per la Implementazione dell’Accordo2).
Alla luce di tutto ciò, anche se molte banche sembrano non aver recepito finora l’utilizzo sistematico di piani e budget nei loro processi di rating, è facilmente prevedibile un forte richiamo in tal senso da parte dell’Autorità di Vigilanza.
Per quanto riguarda invece le variabili che abbiamo in precedenza definito qualitative il panorama appare molto meno delineato.
Le banche non hanno, rispetto a tali fattori, una tradizione consolidata e omogenea. I dettami della analisi finanziaria relativi a questi aspetti sono meno diffusi e, nella
1 Si fa riferimento all’analisi dell’andamento dei conti correnti e delle relazioni in genere intrattenute dalla clientela, argomento trattato in Fondazione Xxxx Xxxxxxx, “Basilea 2: Funzionamento dei sistemi di rating (prima parte)”, documento n. 8 del 4 marzo 2005, paragrafo 2.1.2.
2 Le newsletter dell’AIG contengono raccomandazioni che integrano il testo dell’accordo “Basilea 2” con istruzioni e considerazioni operative ed applicative, approfondendo di volta in volta singoli aspetti specifici
loro completezza, ristretti alla cerchia delle società con una consolidata tradizione di analisi finanziaria come le piú rinomate società di rating, le grandi società internazionali di certificazione di bilancio, le società di consulenza in investment financing, acquisitions and mergers e consimili. I professionisti provenienti da tali realtà verificano una sostanziale convergenza sugli elementi qualitativi che devono essere presi in considerazione ai fini della determinazione del rischio di impresa, tuttavia non si riscontra un’estesa bibliografia sulle metodologie di analisi utilizzate dalle suddette entità, ed appare dubbio che le stesse metodologie siano diffuse in maniera altrettanto omogenea tra le aziende del settore bancario, in particolare italiano.
Per questo motivo la descrizione seguente riguarda non tanto ciò che le banche fanno in materia ma ciò che dovrebbero fare alla luce, appunto, dei principi consolidati dell’analisi finanziaria.
Di seguito cercheremo di separare quello che le banche sembrano già aver recepito nella loro tradizionale analisi del rischio da quello che invece ancora non fa parte di una esperienza corrente e diffusa.
Va osservato tuttavia che il limite con cui le banche affrontano oggi questa fase della analisi può essere foriero di maggiori opportunità e spazi per colui che, avendo fatto propria la materia e padroneggiandola intimamente, sia in grado di guadagnarsi una carismatica leadership (anche nei rapporti con le banche) offrendo una competenza fruibile, profonda e riconoscibile.
Ciò è tanto piú vero in quanto, come vedremo facilmente nel seguito, gli elementi che vanno presi in considerazione per questo tipo di analisi, una volta resi noti, sono di assoluto buonsenso e intuitivamente condivisibili senza remore e senza condizioni.
Infine osserviamo che in questo documento ci occupiamo, oltre che dei fattori di natura strettamente qualitativa (di tipo che possiamo definire “tradizionale”), anche di una serie di aspetti collegati a recenti innovazioni normative, di carattere amministrativo-finanziario, societario, fiscale o gestionale che, per i motivi che illustreremo, vengono ad avere un impatto potenziale molto significativo ai fini della assegnazione del rating alla clientela. Questi fattori sono inclusi in questo contesto anche se non tutti di carattere rigorosamente qualitativo.
Gli argomenti di cui a questo secondo “sottogruppo” di fattori sono relativi alle discipline nelle quali viene unanimemente riconosciuta al consulente aziendale una sorta di leadership culturale e professionale. Si tratta, però, di argomenti che lo stesso consulente tiene di norma in considerazione solo con riferimento ad obblighi civilistici e/o fiscali, spesso senza avere il tempo di apprezzare il potenziale impatto che essi esplicano in termini di riduzione del rischio aziendale e, quindi, di miglioramento del rating assegnabile alla clientela.
1. Variabili strettamente qualitative
1.1 Generalità
Xxxxxxx già accennato che il Basilea 2 non statuisce in maniera dettagliata e rigorosa le informazioni e i documenti che le banche devono prendere in considerazione ai fini del rating.
In sostanza, gli unici punti di riferimento sono le direttive di cui agli articoli 410 e 411 dell’Accordo. Tali direttive statuiscono, in estrema sintesi, quanto segue:
“[…] Le definizioni e i criteri di rating devono essere plausibili e intuitivi […]“ “[…] devono utilizzare tutte le informazioni rilevanti e significative nell’assegnare i rating ai debitori e alle operazioni […]”.
Ciò conferma che, anche dal punto di vista qualitativo, la valutazione deve essere ispirata ai dettami classici dell’analisi finanziaria, avendo presenti i limiti imposti da considerazioni di equilibrio nel rapporto costi-benefici che, in particolare con riguardo alla istruttoria della pratica di fido di una piccola impresa, non consente di dedicare all’analisi un tempo eccessivo.
A motivo di tali limiti, l’analisi dei molteplici fattori di carattere qualitativo è di solito demandata ad una check-list predisposta dalla azienda di credito, e da redigere a cura del settorista sulla base della propria conoscenza del cliente, conoscenza sovente abbastanza superficiale.
Tale check-list, per i motivi anticipati in premessa, è spesso piuttosto parziale e di contenuti fortemente disomogenei da banca a banca.
Per questo motivo, accompagnare le richieste di concessione o rinnovo di finanziamenti con una documentazione più approfondita e organica, dovrebbe esercitare un significativo favorevole impatto, particolarmente se:
1. nella descrizione della metodologia di valutazione del rischio il consulente rende evidente la completezza e la profondità della propria analisi (in coerenza con le considerazioni anticipate in premessa);
2. gli elementi positivi di giudizio riportati in detta documentazione sono intuitivamente condivisibili e credibilmente argomentati;
3. gli elementi di debolezza non vengono ignorati ma evidenziati professionalmente. Si ottiene di minimizzarne l’importanza non già negandoli ma rendendo evidente che la azienda ne ha preso piena coscienza ed ha messo a punto un piano di rimozione degli stessi o di attenuazione e controllo del rischio ad essi collegato.
Nel cominciare ad analizzare molto rapidamente i suddetti aspetti qualitativi premettiamo una ultima osservazione. Considerato il sopracitato articolo 411 del documento emesso dal comitato di Basilea, “tutte le informazioni rilevanti e significative” ai fini di contribuire a valutare il rischio di credito hanno diritto di asilo, e considerata la complessità della materia, è veramente impossibile redigere un elenco completo, cosicché quella che segue è necessariamente una esemplificazione significativa ma non esaustiva. Ci pare tuttavia sufficientemente organica e approfondita con riferimento alla classe delle PMI che consideriamo il nostro primario obiettivo.
1.2 Storia e tradizione aziendale
Le banche minori, che hanno nella conoscenza della clientela il loro punto di forza, hanno sempre assegnato alla esposizione della storia e della tradizione aziendale un ruolo importante. Nelle banche maggiori l’importanza di questi fattori è riconosciuta in linea di principio (infatti, il richiamo alla considerazione di questi elementi è regolarmente inserito nei manuali delle procedure di istruttoria) tuttavia nella pratica i commenti fatti a questo titolo dal settorista:
• sono quasi sempre inseriti come elemento positivo di valutazione;
• evidenziano di regola una conoscenza superficiale;
• sono (troppo) spesso espressi in formule piene di retorica e sempre uguali a se stesse, col risultato di perdere di significato.
Storia e tradizione aziendali vanno viste come elemento di presentazione dell’azienda e come tali esposte, in maniera assolutamente “neutra”, nell’apposito titolo dedicato a tale presentazione, insieme alla descrizione degli obiettivi (“mission”) aziendale, della compagine imprenditoriale/societaria, dell’ubicazione geografica e del bacino di influenza, della gamma di servizi/prodotti, etc.
Se nella tradizione aziendale si ravvisa un significativo punto di forza questo può essere evidenziato, ma senza particolare enfasi, che rischia di risultare retorica, ed in maniera molto sintetica. Il punto sarà eventualmente richiamato anche nel paragrafo pertinente tra quelli in seguito elencati.
APPROFONDIMENTO: I PUNTI DI FORZA DELLA TRADIZIONE AZIENDALE
Spesso, una lunga tradizione aziendale viene citata come “punto di forza” commerciale, considerando la cosa come ovvia e senza preoccuparsi di verificarne la concretezza nel caso specifico, mentre sono sempre più numerosi i settori in cui la “tradizione” esercita sul pubblico dei potenziali clienti un fascino poco significativo se non pressoché nullo.
Invece una consolidata tradizione può essere un effettivo punto di forza per motivi svariati, non sempre o necessariamente collegati all’aspetto commerciale. Ad esempio:
1. una tradizione di serietà/correttezza migliora i rapporti che l’azienda instaura nei confronti dei vari “stake-holders” (cioè l’insieme di tutti gli interlocutori aziendali, esterni alla compagine societaria, che sono direttamente o indirettamente interessati alla attività aziendale: fornitori, clienti, dipendenti, finanziatori, fisco, concorrenti etc.). Grazie alle positive esperienze trascorse, l’interlocutore di volta in volta coinvolto è più fiducioso e disponibile verso l’azienda, cosicché questa può meglio far fronte a contingenze sfavorevoli;
2. una tradizione di competenza rende più forti nei confronti dei fornitori di beni e servizi, sia per il prestigio di poter annoverare aziende con una tale tradizione tra i propri clienti, che per la possibilità di beneficiare della capacità commerciale che tali aziende in media vantano, ai fini di una maggiore stabilità del proprio mercato;
3. competenza e serietà riconosciute sono un viatico che apre la possibilità di condurre in porto iniziative complesse, altrimenti impossibili per aziende delle proprie dimensioni. Iniziative attuabili in joint- ventures con fornitori e/o concorrenti altrettanto seri laddove la dimensione aziendale, la solidità finanziaria o le competenze specialistiche di ciascuno risulterebbero insufficienti rispetto alla entità e/o alla natura del progetto;
4. una storia che abbia attraversato con successo più generazioni può essere richiamata a testimonianza della capacità di superare quel degrado che segue spesso il ricambio generazionale. L’esperienza insegna che il fatto di aver attraversato più passaggi dalla vecchia alla nuova generazione indenne da questo tipo di degrado, rappresenta un significativo indizio della bontà della “scuola” dei valori aziendali che deve essere estesa, oltre agli aspetti tecnico-operativi, ad uno stile “etico”, senza il quale è pressoché inevitabile che chi subentra nella conduzione cerchi di massimizzare i profitti e i benefici di breve termine;
5. le specifiche caratteristiche del settore possono valorizzare la tradizione in termini di attenzione alla tutela di metodologie di lavoro e standard di qualità di tipo appunto “tradizionale” (esempi tipici: vari comparti di produzione alimentare) o possono associare alla immagine della azienda una tradizione di continua ricerca per la innovazione e il miglioramento costante della qualità di processo e di prodotto. In questi casi il riconoscimento di una tale tradizione offre un effettivo beneficio commerciale rendendo più credibili nei confronti della clientela reale e potenziale, formale e finale3.
1.3 Governo societario (“Corporate governance”)
Con tale dizione si intende tutto quello che serve alla proprietà e/o al top management per il governo dell’azienda.
Per la micro-impresa e la piccolissima azienda individuale i contenuti sono limitati ai semplici ed intuitivi strumenti di controllo della gestione presenti, l’analisi dei quali è sinteticamente richiamata nel prossimo paragrafo.
Nelle società, con importanza crescente all’aumentare delle dimensioni e della complessità della compagine societaria, la valutazione del governo societario include gli assetti proprietari, le norme statutarie e le opzioni prescelte con riferimento agli organi di amministrazione e controllo.
Infatti, la nuova e più flessibile normativa, tra l’altro, assegna alle società la possibilità di delineare con maggiore autonomia l’assetto organizzativo e le norme statutarie in genere, con conseguenze potenziali rilevanti ai fini della rapidità decisionale, della rigorosità e rapidità dei controlli interni, della maggiore o minore conflittualità tra i soci, etc....
Queste innovazioni hanno maggior peso nei confronti delle società per azioni e quindi di aziende in genere di dimensioni medie o superiori, tuttavia, in maggiore o minore misura, coinvolgono tutte le società ed hanno una importante
3. La distinzione fra cliente finale e formale è particolarmente importante in ottica strategica; quindi rendere evidente la padronanza dell’argomento può dare un importante contributo di credibilità al business plan e a tutte le valutazioni inerenti la qualità del management dell’impresa. Infatti il cliente finale è il consumatore ultimo del prodotto venduto (o beneficiario ultimo del servizio erogato) dall’azienda, mentre il cliente formale può essere un semplice intermediario. Politiche volte ad aumentare il fatturato vendendo magari a condizioni particolarmente favorevoli ai clienti formali, senza curare il consumo e la soddisfazione del cliente finale, sono misure di corto respiro che si ripercuotono negativamente nel medio termine. Può verificarsi infatti che l’incremento di fatturato sia fatto non solo al costo di condizioni particolarmente favorevoli che abbassano il ritorno medio unitario della vendita, ma anche a costo di una riduzione delle vendite future. Questo effetto si ottiene in particolare quando si incoraggia il cliente (intermediario) ad acquistare per beneficiare delle promozioni, con l’effetto di riempire i propri magazzini quando il ritmo di acquisto da parte dei clienti finali rimane sostanzialmente invariato.
conseguenza sulla capacità/possibilità degli organi amministrativi di indirizzare la gestione aziendale e controllarne l’evoluzione rispetto ai programmi.
La situazione societaria, quindi, per quanto riguarda le opzioni statutarie prescelte in merito alla distribuzione del capitale, alle caratteristiche riservate alle varie forme di amministrazione e partecipazione, integra le valutazioni organizzative inerenti i sistemi di controllo interno e di pianificazione e controllo di gestione.
Per questo tipo di scelte va tenuto presente l’ulteriore impatto che in ottica di rischio aziendale può essere conseguente ad una maggiore o minore probabilità di conflitto tra i soci, nonché alla possibilità che la potenziale litigiosità sfoci in oggettive difficoltà di governo.
Se ne deduce che, con riferimento alle scelte societarie e statutarie, il ruolo del consulente non si esaurisce nell’aiutare la azienda a scegliere il modello per lei più consono secondo le valutazioni più tradizionali, ma si estende alla previsione delle ripercussioni che la scelta genera sul rating aziendale.
In sintesi, delle scelte societarie e statutarie fatte vanno sottolineati vantaggi e rischi in termini di maggiore o minore capacità di indirizzo e controllo, di maggiore o minore conflittualità interna, e di conseguente maggiore o minor rischio.
A questo riguardo ulteriori spunti di riflessione sono riportati nel paragrafo 2.1.
1.4 Organizzazione e sistemi gestionali
La buona organizzazione ha un’influenza decisiva su una molteplicità di aspetti critici per la efficacia ed efficienza delle operazioni, la redditività aziendale e la riduzione del rischio d’impresa.
La banca di solito valuta la buona organizzazione sulla base di considerazioni di mero buon senso con riferimento all’ordinaria esperienza quotidiana: ordine, impressione di competenza degli interlocutori, celerità delle risposte alle istanze effettuate. Sono elementi comunque parziali e sottoposti alla valutazione soggettiva del funzionario di turno e come tali ponderabili nelle procedure di rating con molta prudenza.
Analizzata con maggiore organicità e sistematicità in ottica di valutazione del rischio, la variabile “organizzazione” ha un peso molto maggiore ma deve essere rappresentata almeno dai seguenti fattori di riferimento:
• distribuzione delle responsabilità, e dei poteri decisionali;
• qualità delle procedure operative;
• caratteristiche qualitative del personale (età media, turn-over, cultura e competenza professionale, motivazione, etc.);
• qualità del sistema informativo;
• efficacia del sistema di controllo di gestione.
Per l’importanza che riveste tale argomento ai fini della valutazione segue un approfondimento sui singoli aspetti.
1.4.1 Organigramma
La distribuzione delle deleghe di responsabilità e poteri è rappresentata dall’organigramma aziendale, che perciò dovrebbe essere sempre inserito, adeguatamente commentato, tra la documentazione consegnata alla banca per la istruttoria.
Naturalmente i componenti formali dell’organizzazione sono diversi in funzione della dimensione e complessità aziendali. È ovvio che rappresentare la struttura aziendale in un organigramma può apparire velleitario nei casi di una micro- impresa, dove la intera struttura è concentrata sul solo imprenditore coadiuvato da pochi o un unico collaboratore familiare (o addirittura nessun collaboratore).
Quando esiste un minimo di articolazione sarà però sempre utile esporre la distribuzione delle funzioni all’interno del nucleo aziendale per quanto ristretto.
Le funzioni citate nell’elencazione proposta, a titolo di esempio, nel seguente paragrafo, relativo alle considerazioni da svolgere sulle procedure-chiave, dovrebbero essere coperte e per quanto possibile separate, coordinate direttamente dalla Proprietà/Direzione solo quando gli impegni complessivi della stessa consentano adeguata attenzione e continuità di coordinamento e controllo.
L’organigramma, sinteticamente commentato, dovrebbe sostanzialmente tranquillizzare circa le considerazioni/domande seguenti:
• Esiste una suddivisione organica dei compiti secondo una logica coerente ed omogenea?
• Tutte le funzioni critiche (menzionate, come detto, al titolo seguente) sono adeguatamente coperte?
• I poteri e le responsabilità assegnati ai singoli addetti sono coerenti con le necessità operative?
• Le eventualità di assenza di responsabili delle funzioni-chiave, specie se inattesa e prolungata, sono state previste e i relativi rischi prevenuti attraverso adeguati piani di sostituzione?
Con riferimento a questo ultimo punto è evidente che di fronte alla micro-impresa sono esaltati i rischi connessi all’eventuale improvvisa assenza del titolare e/o, se esistenti, dei suoi principali collaboratori. In caso di un’azienda che si regga sull’operato del solo imprenditore si avrebbe la quasi certezza della fine della impresa stessa in caso di improvvisa indisponibilità dello stesso ed è naturale che la banca valuti con molta cautela la possibilità di una esposizione, se non si dimostra che è stata posta in essere una soluzione credibile al problema della successione.
Una buona organizzazione, infatti, deve garantire la continuità aziendale favorendo il passaggio di consegne senza traumi in occasione del già citato “ricambio generazionale”, ricambio che è stato invece fatale per molte piccole e medio-piccole imprese della realtà italiana.
1.4.2 Procedure operative
Dal punto di vista procedurale l’attenzione va concentrata su alcune procedure chiave che danno immediatamente il polso della qualità gestionale e conseguentemente dei rischi:
a. Esiste una procedura sistematica degli acquisti?
L’area degli acquisti è una delle più delicate. Anche quando l’azienda è molto piccola e se ne occupa direttamente il titolare, questi, preso da mille impegni, finisce per commettere errori, dovuti al sovraccarico di lavoro, talvolta grossolani. Quando esiste una funzione acquisti, se il responsabile non è messo in condizione di operare correttamente, gli errori non scompaiono ma si moltiplicano e gli effetti si ingigantiscono.
Per evitare i rischi connessi ad una cattiva gestione della funzione acquisti, occorre che:
- quando le dimensioni aziendali non consentano al titolare di seguire e controllare approfonditamente e continuativamente tale funzione, sia sempre nominato un responsabile della funzione;
- al responsabile siano dati obiettivi di acquisto chiari in termini di giacenze, costi medi, condizioni di pagamento, standard di qualità etc.;
- siano stabiliti poteri adeguati ad operare con sufficiente autonomia ed i limiti di deroga e di trattativa in cui il responsabile può decidere autonomamente;
- sia previsto l’obbligo di richiedere preventivi a più fornitori per tutte le forniture al di sopra di un certo limite formalmente definito;
- siano conservate le offerte dei fornitori e documentate le ragioni delle scelte operate;
- sia definito quali funzioni possono richiedere acquisti di beni e servizi, e quali autonomie hanno nella definizione delle quantità e qualità richieste;
- le richieste al di sopra di partite di importo non significativo siano fatte per iscritto e controfirmate dalla funzione finanziaria4;
- sia evitata, per quanto possibile, la dipendenza da un unico fornitore per acquisti e servizi strategici5.
4 Molte piccole aziende già prevedono che siano controfirmate dall’amministrazione, almeno in mancanza del titolare, ma, ai fini del Basilea 2, è fondamentale che tale funzione evolva nella direzione di una magari semplicissima funzione finanziaria e provveda non solo alle attività tradizionali che spesso sono mirate alla tutela degli obblighi di legge e, a tal fine, a curare le relazioni con gli eventuali professionisti esterni, ma anche al coordinamento della gestione amministrativo-finanziaria della impresa a cominciare dalla tesoreria. Anche leggendo le considerazioni svolte da autorevoli membri del Comitato e delle comunità finanziarie la introduzione in azienda della funzione finanziaria diviene in prospettiva la principale ragione di successo o insuccesso dell’attività relazionale posta in essere nei confronti delle banche. Confronta in proposito il richiamo alle procedure di coordinamento amministrativo/finanziario (al successivo paragrafo d).
5 Si definiscono strategici servizi e materiali la cui mancanza blocca immediatamente la possibilità della azienda di continuare ad assicurare con tempestività e continuità le forniture e/o i servizi alla propria clientela.
b. Esistono un listino e una procedura vendite formalizzati?
Come è intuitivo anche l’area vendite va adeguatamente tutelata. I contratti principali e/o strategici sono di norma curati direttamente dal titolare o dall’Alta Direzione. Ciò detto, è opportuno che:
- sia definito il responsabile vendite (anche in questo caso, nella microimpresa ciò vale in particolare se il titolare/proprietario non è in grado di occuparsi con la necessaria attenzione e continuità del coordinamento e controllo della funzione);
- che siano definiti i prezzi unitari e gli sconti-quantità applicabili, nonché le tempistiche di consegna e le condizioni di pagamento standard;
- che tutti gli ordini da clienti siano documentati e sia definita la soglia al di sopra della quale devono sempre essere confermati per iscritto;
- che sia stabilita una procedura di “affidamento” della clientela, che definisce cioè la esposizione massima pendente accettabile verso ciascun cliente;
- che gli incassi siano seguiti dalla funzione finanziaria, con facoltà di quest’ultima di bloccare i rapporti con clienti in ritardo nei pagamenti o comunque troppo esposti;
- che sia richiesto di documentare periodicamente gli ordini di vendita pendenti e le previsioni impegnative, necessarie al rinnovo degli ordini di acquisto e alle proiezioni finanziarie;
- che sia evitata la dipendenza in termini di fatturato da un unico cliente o la concentrazione critica del fatturato verso pochi clienti specie se correlati (esempio appartenenti ad un medesimo gruppo, ad un medesimo paese estero magari del terzo mondo, e cosí via).
c. Esiste una procedura di gestione “magazzino e spedizioni”?
Si tratta anche in questo caso di una procedura di importanza critica per rilevare la qualità e quantità delle merci ricevute e spedite ed evitare il rischio di errori o frodi in danno dell’azienda. Naturalmente, tenuto sempre conto delle semplificazioni rese necessarie in funzione della dimensione aziendale, va accertato che:
- esista un coordinatore alla logistica (magazzino e spedizioni) indipendente dalle funzioni acquisti/fornitori, clienti e amministrazione/finanza;
- la merce ricevuta sia verificata per quantità e qualità dalla funzione logistica e che questa sia indipendente dalla funzione aziendale che autorizza il pagamento ai fornitori;
- le contestazioni sulla qualità della merce ricevuta siano inviate in copia alla funzione finanziaria che emette gli ordini di pagamento, alla funzione logistica e alla Direzione per le opportune valutazioni sull’efficacia del lavoro svolto in termini di controllo qualità;
- agli ordini di pagamento siano sempre allegati i documenti certificativi della ricezione della merce e del passaggio dei test di qualità;
- la documentazione di spedizione e/o consegna a clienti sia conservata in modo ordinato e organico;
- i documenti di vendita siano archiviati solo se corredati della documentazione di incasso.
d. Esistono delle procedure di incasso/pagamento e di coordinamento amministrativo/finanziario?
Con il Basilea 2 la funzione di amministrazione e gestione della tesoreria viene ad avere importanza ancora piú critica e l’attività da essa dipendente deve essere organicamente inserita nelle procedure aziendali anziché rimanere tutta “nella testa” del titolare, come sovente succede. Tale funzione deve assicurare anche la programmazione dei flussi di tesoreria, con i vantaggi più volte menzionati (anche nei precedenti documenti) conseguenti alla introduzione della “Gestione anticipata di tesoreria” (GAT ).
Occorre che:
- le scadenze stabilite per pagamenti e incassi siano rispettate dalle rispettive funzioni di tesoreria negli accordi da queste conclusi con fornitori e/o clienti;
- la tesoreria verifichi il rispetto delle scadenze contrattuali stabilite e riporti le eccezioni non autorizzate all’attenzione della direzione;
- tutti i pagamenti siano effettuati solo con l’accompagnamento dei relativi documenti giustificativi;
- la funzione di tesoreria si coordini con la funzione vendite per il controllo degli incassi alle scadenze previste e assuma le determinazioni stabilite in caso di ritardo;
- la funzione di tesoreria provveda al controllo periodico dell’evoluzione dei conti correnti bancari e delle condizioni applicate;
- la funzione di tesoreria rediga periodicamente, in accordo con le funzioni coinvolte – ed in particolare, alta direzione, acquisti, vendite, logistica – una previsione a breve termine dei flussi finanziari, e concordi con la Direzione le politiche per ottimizzare la gestione finanziaria corrente alla luce degli impegni e disponibilità risultanti.
e. Esistono delle procedure di produzione?
Quando la natura della azienda lo richieda, sarà definito un responsabile della funzione produzione.
In questo caso occorre che:
- siano statuiti i preavvisi necessari per la richiesta di acquisto merci necessarie alla produzione, le quantità minime e massime di ciascun ordine e gli standard di qualità;
- siano formalizzate le richieste materiali per qualità e quantità, i carichi dal magazzino materiali alla produzione e dalla produzione ai magazzini prodotti finiti;
- sia tenuta memoria degli scarti di produzione;
- la funzione sia sempre coinvolta nelle previsioni di produzione di periodo e nelle proiezione di medio-termine, sia per quantità, qualità e gamma dei prodotti, e sia sempre chiamata ad esprimere il proprio parere impegnativo in merito ai progetti e ai piani di investimento conseguenti a dette previsioni e proiezioni.
1.4.3 Qualità del personale
Le caratteristiche qualitative del personale (staff) hanno naturalmente grande importanza.
Personale con una buona base di scolarità ha una maggiore potenzialità di crescere rapidamente insieme con le eventuali necessità dovute ad aumento delle dimensioni e complessità aziendali. D’altronde una diffusa e particolarmente elevata scolarità nelle posizioni meramente esecutive può comportare problemi di motivazione.
È auspicabile una equilibrata distribuzione della età del personale: una concentrazione di personale anziano comporta il rischio che tutte le persone depositarie dell’esperienza aziendale possano lasciare l’azienda, per raggiunti limiti pensionistici, in un periodo relativamente concentrato, con conseguenti difficoltà di sostituzione; al contrario, la presenza di tutte persone giovani comporta il rischio di errori di inesperienza.
Un ricambio (turn-over) del personale molto basso rende piú difficile la motivazione del personale meritevole e la gestione del costo relativo nei periodi di stagnazione; un turn-over eccessivamente alto evidenzia una probabile insoddisfazione di fondo del personale dipendente e spinge a considerare il problema del consolidamento del senso di appartenenza tra i collaboratori e della tutela del know-how e delle esperienze specifiche della azienda e del settore. Know-how ed esperienze finiscono per essere infatti concentrate nel solo titolare con l’esaltazione dei rischi connessi alla eventualità di una sopravveniente improvvisa necessità di successione.
1.4.4 Sistema informativo
È l’insieme dei dispositivi e delle procedure che consentono di mettere a disposizione di tutti gli utenti aziendali le informazioni di propria necessità e pertinenza in qualsiasi forma e di qualsiasi natura. La qualità del sistema informativo contribuisce in maniera fondamentale alla efficacia ed efficienza delle operazioni.
Il sistema deve possedere alcune caratteristiche minime:
- le informazioni, incluse quelle di natura contabile ed amministrativa, che spesso sono gestite da professionisti esterni o da società terze (in outsourcing), non devono essere prodotte esclusivamente in funzione dei rapporti operativi con l’esterno dell’azienda. Il flusso informativo deve essere progettato tenendo presenti le necessità degli organi interni di avere a disposizione informazioni organiche, tempestive e sintetiche;
- indipendentemente dal supporto, cartaceo o informatico, il sistema deve essere progettato e gestito eliminando o riducendo (nel rispetto di un ragionevole rapporto costi/benefici) il rischio di perdita di informazioni critiche per la gestione. A tal fine devono essere previste procedure di salvataggio (back-up) e adeguati livelli di sicurezza degli accessi fisici e logici;
- il sistema deve mettere a disposizione informazioni omogenee fra i vari utenti, fruibili, cioè dirette all’obiettivo, e sintetiche. Con ciò si intende che l’utente non deve elaborare l’informazione di volta in volta necessaria alle proprie necessità a
partire dai dati elementari, ma deve trovarla a disposizione nel formato e nei tempi necessari. Quello di costringere gli utenti a creare le informazioni necessarie a partire dai dati elementari ad essi disponibili è uno degli errori più gravi eppure più frequenti, e comporta formati dati disomogenei per informazioni analoghe, risultati divergenti in funzione di fonti diverse e a volte approssimate (con conseguenti incomprensioni e potenziali conflitti nelle relazioni tra le parti), dispersione di tempi nella ricerca e composizione della informazione, duplicazione di elaborazioni, maggiori possibilità di errori, maggiori difficoltà di controllo. (Non a caso una delle considerazioni che deve ispirare un buon sistema informativo è espresso nel seguente paradosso: “troppi dati = poche informazioni”).
1.4.5 Sistema di “controllo di gestione”
È l’insieme delle procedure e dei dispositivi connessi che consentono alla azienda di pianificare l’evoluzione e tradurne l’aspettativa in previsioni di flussi economico-finanziari fornendo quindi al management lo strumento per misurare oggettivamente la performance attraverso la verifica delle coincidenze e degli scostamenti dei flussi verificati a consuntivo rispetto alle proiezioni.
La qualità del sistema di controllo di gestione dovrebbe avere, secondo una corretta analisi della valutazione del rischio aziendale, un impatto decisivo. Da tale sistema dipende la capacità/possibilità di governare effettivamente la gestione indirizzandola, controllandone la evoluzione quasi in tempo reale e operando quindi tempestivamente le correzioni di rotta necessarie; esso permette cioè una effettiva capacità di indirizzo e controllo della gestione aziendale, come sottolineato dallo stesso nome, capacità cui corrisponde una significativa diminuzione del rischio dovuta alla possibilità di anticipare le reazioni alle circostanze, possibilità insita nel metodo.
L’esistenza di un buon sistema di controllo di gestione è uno dei punti di forza che le banche stanno imparando a pesare in maniera significativa sulla valutazione del rischio aziendale. È facile prevedere che ciò avverrà più rapidamente e facilmente per quelle aziende che forniranno con adeguata periodicità (ad esempio semestrale o trimestrale) le proiezioni dei flussi finanziari. Questi ultimi, infatti, hanno il pregio di non essere soggetti a interpretazioni soggettive o a possibili manipolazioni, e consentono quindi alla banca di verificare oggettivamente e rapidamente la qualità delle proiezioni e imparare dall’esperienza quanta fiducia dare alle previsioni del proprio cliente, fiducia che si traduce in una spinta positiva al rating.
Questo, come detto, è solo una parte degli effetti, perché la proiezione dei flussi finanziari, che naturalmente supponiamo sistematica e integrata nel sistema di controllo di gestione, comporta, come abbiamo più volte sottolineato, la pressoché automatica eliminazione di tanti anomali e irrazionali comportamenti nella
gestione dei conti correnti e delle relazioni bancarie in genere, con un beneficio anche sullo scoring cosiddetto andamentale (relazionale) e, quindi, un impatto ancor piú decisivo sul rating complessivo.
Salvo i casi di micro-impresa, in cui è possibile che tutte le funzioni-chiave siano concentrate nel titolare, è fondamentale che le informazioni prodotte dal sistema di controllo di gestione siano condivise, sia nella fase di pianificazione che di consuntivazione, con tutte le funzioni-chiave citate in precedenza. Nella fase di pianificazione ciò serve a far partecipare tutte le interfacce alle valutazioni di fattibilità degli obiettivi e ad impegnarle al raggiungimento dei risultati di propria competenza, migliorando in tal modo anche la qualità delle previsioni.
Nella fase della verifica, la condivisione dei risultati richiama tutte le funzioni alle loro responsabilità nei casi in cui le evoluzioni a consuntivo siano state molto diverse da quelle che esse avevano in qualche modo “promesso” e le coinvolge con la stessa filosofia di “corresponsabilizzazione” nelle fasi di ricerca delle soluzioni atte a colmare gli eventuali scostamenti e/o a riprogrammare soddisfacentemente la rotta.
Nel caso di azienda costituita dal solo titolare o comunque concentrata sul titolare per la gestione di tutte le funzioni-chiave, il ruolo del consulente rimane fondamentale per la assistenza nel:
- tradurre in riflessi finanziari tutte le considerazioni operative emerse nei vari aspetti e nei vari momenti della gestione;
- mettere a punto delle metodologie semplici ed efficaci volte ad evitare che sotto la pressione operativa egli possa essere soggetto a errori o dimenticanze. Tali metodologie riguardano le modalità di raccolta e archiviazione dei documenti, le check-list dei punti qualificanti delle procedure-chiave, le attività critiche da porre in essere a scadenze periodiche etc.
In questa assistenza è incluso il mettere a punto dei semplici fogli elettronici a supporto della proiezione finanziaria citata in precedenza.
1.4.6 Altre considerazioni organizzative
Il conseguimento della certificazione di qualità, oppure l’attestazione, da parte di enti terzi indipendenti, circa l’avvenuta piena e rigorosa ottemperanza agli obblighi della legge sulla sicurezza e sulla privacy, costituiscono a parità di tutto il resto un piccolo teorico vantaggio in termini di qualità degli assetti organizzativi e quindi sono aspetti che determinano una potenziale riduzione dei rischi operativi aziendali. Possono perciò, in linea di principio, essere valorizzati ai fini del rating.
Va detto che, nelle esperienze positive fin qui riportate, alla certificazione di qualità viene dato da parte delle banche un peso pressoché simbolico, ma ciò dipende dalle oggettive condizioni di applicazione di tale certificazione nella realtà italiana.
Un miglioramento del rating più significativo sarà prevedibilmente associato alla dimostrazione di aver messo in opera le “misure organizzative e di
funzionamento” necessarie a prevenire l’automatica estensione alla azienda delle responsabilità penale di cui al D.Lgs. 8 giugno 2001 n. 2316.
Al momento, purtroppo, permane molta incertezza sulle modalità che devono espletare le aziende per ottemperare al dettato della norma citata7.
Ciò premesso, è ragionevole aspettarsi che a favore della azienda che riesca a presentare una credibile attestazione di aver ottemperato alle suddette “misure organizzative e di funzionamento” le banche siano disposte ad associare un sensibile miglioramento del rating.
1.5 Posizionamento competitivo
Consiste in una coerente presentazione della situazione e delle prospettive attese della domanda e dell’offerta nel mercato di riferimento della azienda, corredata da credibili considerazioni sui punti di forza e di debolezza dell’azienda stessa rispetto alla propria concorrenza.
Favorisce una buona valutazione delle competenze e professionalità manageriali e imprenditoriali. L’impatto sarà tanto più forte per una piccola e medio-piccola impresa, dove è particolarmente raro riscontrare competenze di valenza strategica. Si ottiene attraverso una riflessione periodica sul posizionamento dell’azienda nel proprio mercato. La riflessione va estesa alla gamma dei prodotti/servizi, alla qualità, al bacino di attività e a quanto altro influenza direttamente il comportamento della propria clientela.
La riflessione può essere facilitata usando un semplice strumento di raffronto, realistico e quanto più possibile oggettivo, della propria situazione rispetto a quella dei propri principali concorrenti, quale può essere per esempio la Matrice di competitività ovvero “Competitive matrix” (cfr. all. 2). Tra i concorrenti vanno presi in considerazione i leader del mercato e le imprese della propria dimensione.
Le considerazioni strategiche emerse sulla base del suddetto raffronto devono essere completate con le valutazioni relative alla stima della propria quota di mercato (“share”) rispetto a quella dei principali concorrenti, nonché alle previsioni di evoluzione della domanda dell’intero mercato e della propria quota; previsioni supportate da realistiche e credibili argomentazioni.
6 Il richiamato decreto legislativo introduce nel nostro ordinamento un sistema di responsabilità degli enti per taluni delitti, espressamente previsti, che pur commessi materialmente da amministratori o dipendenti, possano considerarsi direttamente ricollegabili allo stesso ente. Tale responsabilità può essere esclusa a determinate condizioni, tra le quali rientra la dimostrazione di aver predisposto un’adeguata struttura organizzativa ai fini della prevenzione di comportamenti illeciti.
7 La recente finanziaria 2005 (Legge 30 dicembre 2004, n. 311), al comma 82, aveva da una parte reso obbligatoria la ottemperanza a detta norma a una vasta platea di soggetti giuridici, e dall’altra inserito il controllo e la certificazione della suddetta ottemperanza all’ISFOL (Istituto per la Formazione dei Lavoratori), con una scelta probabilmente discutibile ma che aveva il pregio di assicurare una qualche certezza ai soggetti che volevano porsi anticipatamente al riparo da contestazioni giuridiche mosse in ossequio alla norma in xxxxxxxxx.Xx contenuto di tale articolo è stato successivamente abrogato e quindi si ripropone la incertezza in attesa che una nuova norma faccia chiarezza, o almeno che il panorama giurisprudenziale relativo alle interpretazioni da dare alla suddetta norma sia sufficientemente consolidato
Quando esistenti, è importante che alle riunioni destinate a mettere a punto le suddette considerazioni partecipino i responsabili delle varie funzioni-chiave.
Quando, invece, tutto è concentrato nelle mani del titolare è ancora una volta fondamentale che venga creato un metodo in grado di guidare attraverso le varie fasi di analisi, e di assicurare che siano presi in considerazione tutti i punti di vista nell’ottica delle diverse funzioni aziendali.
La presentazione di un documento che descrive e analizza il posizionamento competitivo della azienda valorizza il contenuto del Business Plan8 eventualmente presentato dalla azienda, dando importanza ai punti di forza ivi descritti ed attenuando il peso dei punti di debolezza.
Nel documento occorre esporre gli uni e gli altri senza esagerazioni o reticenze. Per quanto riguarda i punti di debolezza, la semplice dimostrazione che se ne è a conoscenza e che si è predisposto un credibile progetto di rimozione degli stessi fornisce evidenza di strategie coerenti, e promuove l’idea di un approccio prudente e realistico nella predisposizione dei piani di azione.
Al contrario la descrizione di una posizione forte e senza elementi di debolezza risulterebbe poco credibile col rischio di ottenere l’effetto opposto a quello desiderato.
Le riflessioni strategiche inserite nella descrizione del posizionamento competitivo della azienda danno sempre un contributo alla instaurazione di migliori rapporti con la banca se:
- l’analisi evidenzia un approccio prudente, profondo e sufficientemente completo;
- risulta effettuata periodicamente sulla base di un “metodo” aziendale e non contingentemente al solo fine della presentazione della domanda di finanziamento;
- dimostra che gli obiettivi e le strategie previste dai piani sono ragionevolmente conseguenti, secondo xxxxxxxxx, alle considerazioni di posizionamento effettuate come descritto in precedenza.
1.6 Innovazione, qualità/quantità degli investimenti in Ricerca e Sviluppo (RGS)
Il quadro ambientale è cambiato drasticamente negli ultimi anni e la necessità di una continua e profonda attenzione alle opportunità di innovazione di prodotto, di processo, o anche solo di immagine, sono diventate critiche pressoché per tutti i settori di business.
Non necessariamente l’innovazione richiede cospicui e/o costosi investimenti, perché a volte idee semplici e di ridotto o nullo costo si rivelano vincenti.
La analisi sul posizionamento competitivo e le analisi organizzative, di cui ai punti
8 L’analisi del posizionamento competitivo è di norma richiamata, nelle linee essenziali, nella parte descrittiva del Business Plan.
precedenti si rivelano, sotto questo aspetto, un redditizio investimento, in quanto è dalle considerazioni conseguenti a tali analisi che scaturiscono molto spesso idee semplici, efficaci e compatibili con le possibilità aziendali.
Anche nei casi in cui i programmi sono più sofisticati ed il relativo costo e/o l’esborso finanziario più consistente gli investimenti risultano molto meglio valorizzati se la loro descrizione è inserita coerentemente nell’analisi delle necessità/opportunità aziendali e/o dei rischi del mercato cosí come effettuata nell’ambito delle considerazioni sul posizionamento competitivo.
Ciò premesso, gli investimenti in Ricerca e Sviluppo, le innovazione nella qualità o nella gamma dei prodotti/servizi, le innovazioni di processo, i miglioramenti procedurali ed i relativi effetti ottenuti o attesi sulla operatività e/o sulle attività amministrative o di controllo, vanno inseriti nella documentazione di accompagnamento della richiesta di concessione/rinnovo del finanziamento.
1.7 Informazioni commerciali con particolare riferimento alla presenza/assenza dei cosiddetti “eventi pregiudizievoli”
Il peso delle cosiddette informazioni commerciali è sempre stato molto forte nei sistemi di valutazione utilizzati dalle banche, con particolare riferimento alla rilevazione sistematica delle notizie, relative al cliente affidato e a società/soggetti collegati, inerenti l’eventualità di protesti cambiari, decreti ingiuntivi, messa in liquidazione, apertura di procedure concorsuali, costituzione di fondi patrimoniali etc. Si tratta naturalmente di oggettivi sintomi di (piú o meno grave) rischio che ove non determinino l’automatico spostamento della azienda tra le posizioni in default, comportano particolare attenzione e cautela.
In prospettiva, anche le informazioni, che possono essere rilevate attraverso qualsiasi fonte, in merito a ritardi di pagamento prossimi ai 1809 giorni, inclusi gli eventuali sconfinamenti continuativi di tale durata, sono destinati ad avere analogo peso.
2. Il rating e le recenti innovazioni normative
2.1 Innovazioni normative in materia di diritto societario
La riforma della disciplina delle società di capitali ha inteso potenziare gli spazi attribuiti dell’autonomia negoziale, affidando in massima parte a questa la regolazione delle forme organizzative dell’esercizio dell’impresa.
Tale affidamento ha voluto contenere le norme imperative in corrispondenza dei tipi societari “chiusi” (S.r.l. e S.p.a. “chiuse”) e incoraggiare l’accentuazione della propensione al rischio degli operatori.
9 Si rammenta che il termine scenderà a 90 giorni nel giro di 5 anni.
L’obiettivo di accentuare la propensione al rischio (intesa come momento di propulsione alla nascita di nuove imprese) è stato perseguito essenzialmente attraverso:
- il potenziamento di meccanismi di limitazione della responsabilità (si pensi alla generalizzazione della responsabilità limitata nelle società unipersonali)
- la tendenza a ridurre l’impegno finanziario minimo richiesto per lo svolgimento dell’attività nel regime di responsabilità limitata (si pensi, in particolare, alla nuova disciplina dei conferimenti nella S.r.l.)
- l’introduzione nelle S.p.a. di nuovi strumenti finanziari in grado di far affluire nell’intrapresa sociale risorse di terzi - istituzionalmente esclusi dalla gestione dell’impresa sociale - assoggettandoli in varia misura al relativo rischio (dalle tradizionali azioni a voto limitato ai nuovi strumenti partecipativi, alle obbligazioni postergate)
- l’introduzione nelle S.p.a. di nuovi strumenti di segmentazione del rischio di impresa (patrimoni destinati a singoli affari).
Oltre a tali innovazioni il legislatore della riforma ha ritenuto necessario intervenire sugli aspetti di:
- informazione societaria (in modo da garantire la qualità, l’attendibilità e l’accessibilità delle informazioni sull’andamento della gestione e sullo stato dell’investimento);
- corporate governance.
Tali interventi mirano, tra l’altro, a ridurre i rischi connessi all’inadeguatezza della informativa e alla mancanza di sistemi articolati di governance, e, conseguentemente, i costi del credito.
Le nuove norme, peraltro, presentano taluni profili di criticità relativamente ai rischi connessi a:
- utilizzo dei nuovi strumenti giuridici messi a disposizione dalla riforma;
- insorgere di situazioni di potenziale conflittualità sociale, con conseguente pregiudizio dell’operatività della società, e necessità del ricorso all’autorità giudiziaria.
Va tenuto presente che a seguito delle innovazioni richiamate nel seguito del presente paragrafo, alcune banche hanno già previsto di inserire nei sistemi di rating valutazioni sistematiche in merito alle conseguenze attribuibili alle scelte statutarie della azienda in termini di maggiore o minore efficacia dei controlli interni, di instabilitá del patrimonio sociale e di maggiore o minor rischio di conflittualità tra i soci e della possibilità che ciò si traduca in intralci e difficoltà gestionali.
2.1.1 Possibilità di prevedere linee di business separate con soci e contabilità separate
Come osservato, la possibilità di costituire patrimoni specificamente destinati alla realizzazione di singoli affari costituisce una novità rilevante per la disciplina delle
S.p.a. Peraltro, l’utilizzo del nuovo strumento giuridico (con la seguente separazione patrimoniale e la formazione di una classe di creditori del patrimonio), rende opportuno valutare gli specifici profili di rischio attinenti al patrimonio separato. Tra questi preme sottolineare quello di una conflittualità potenziale che potrebbe insorgere tra questa categoria di detentori di azioni destinate e i soci che invece condividono la gestione generale dell’azienda: il perseguimento della strategia comune potrebbe, infatti, sacrificare gli interessi della singola linea di business.
2.1.2 Composizione degli organi amministrativi e di controllo (sistema monistico e dualistico)
In tema di governance si devono attentamente valutare la composizione e il funzionamento degli organi dei sistemi di amministrazione e controllo introdotti nella disciplina della S.p.a., tenuto conto che la scelta del modello gestionale influisce sulla efficienza dell’esercizio dell’attività d’impresa.
In tal senso si può osservare, ad esempio, che nel modello monistico, nonostante il divieto per i componenti del comitato di controllo sulla gestione di assumere funzioni attinenti alla gestione, permane nel concreto il rischio di una commistione di ruoli tra controllanti e controllori, a detrimento dell’attività di controllo sulla gestione.
Potrebbe, invece, risultare conveniente l’adozione del modello dualistico in quelle realtà societarie in cui vi è forte conflittualità tra i soci, tenuto conto che in tale sistema di governance all’organo di controllo (il consiglio di sorveglianza) sono espressamente attribuite competenze particolarmente delicate, quali l’esercizio dell’azione di responsabilità contro gli amministratori (in concorrenza con l’assemblea e i soci) e l’approvazione del bilancio d’esercizio.
2.1.3 Azione sociale di responsabilità
La nuova disciplina ha contribuito a bilanciare i poteri all’interno delle S.p.a., consentendo di precisare le competenze e le responsabilità degli organi sociali. In tale ambito, peraltro, i molteplici strumenti di tutela a favore dei soci di minoranza potrebbero rivelarsi non adeguatamente compensati dalla predisposizione di misure dirette ad evitare un’eccessiva conflittualità all’interno dell’impresa. In particolare per quanto riguarda l’esercizio dell’azione di responsabilità contro gli amministratori, si può osservare che la legittimazione di una minoranza (seppur qualificata) all’esercizio dell’azione potrebbe accentuare il rischio di conflittualità tra i soci. A differenza di quanto precedentemente previsto10 per le S.p.a. quotate, non è richiesta, da parte dei soci di minoranza che esercitano l’azione, l’iscrizione
10 Previgente art. 129 T.u.i.f. , abrogato dal D.Lgs. n. 37/04.
nel libro dei soci da almeno sei mesi (requisito, questo che mirava all’utilizzo di tale strumento di tutela da parte di minoranze che fossero espressione di una partecipazione stabile nel tempo, e dunque, maggiormente sensibili all’interesse sociale).
Per quanto riguarda le S.r.l. il rischio di conflittualità è connesso alla possibilità del singolo socio (cui sono attribuiti penetranti poteri di controllo) di esercitare l’azione di responsabilità contro gli amministratori. Ne deriva un effetto potenzialmente destabilizzante per la funzionalità dell’impresa che non appare sufficientemente temperato dalla possibilità, attribuita alla società, in presenza di maggioranze particolarmente qualificate, di transigere o rinunziare all’esercizio dell’azione di responsabilità. Nella S.r.l., quale tipo pensato dal legislatore della riforma per le realtà societarie di piccole/medie dimensioni, la disciplina appare sbilanciata a favore della tutela dei soci di minoranza, in modo da rappresentare un potenziale pericolo per l’equilibrio dei rapporti tra gestione e controllo.
D’altra parte si deve osservare che la disciplina della S.r.l. si basa sulla capacità di negoziazione dei soci dei propri interessi. In tal senso si può dire che la riforma abbia addossato ai soci di maggioranza i costi della negoziazione dell’assetto contrattuale, specialmente qualora questo risulti diverso da quello legalmente predefinito.
2.1.4 Diritto di recesso dalla società
Il diritto di recesso del socio, tradizionalmente connesso ad ipotesi di dissenso rispetto a modifiche statutarie particolarmente rilevanti (per le quali si giustificava una maggiore tutela del socio di minoranza), si potrebbe presentare, a seguito della riforma, come mezzo potenzialmente in conflitto con l’esigenza della società di mantenere stabili e vincolate le risorse finanziarie investite nell’esercizio in comune dell’impresa, tenuto conto che la liquidazione della partecipazione sociale provoca una diminuzione del patrimonio sociale, con conseguente diminuzione della garanzia dei creditori.
La riforma ha, infatti, notevolmente ampliato sia per le S.p.a. che per le S.r.l. le ipotesi in cui il socio può recedere dalla società, disinvestendo le risorse finanziarie impiegate nella sua partecipazione sociale come “estremo ... mezzo di tutela avverso cambiamenti sostanziali dell’operazione cui partecipa”11.
Accanto alle ipotesi legali inderogabili espressamente indicate per le S.p.a. dall’art. 2437 e per le S.r.l. dall’art. 2473 si prevede ora quanto segue:
- ipotesi di recesso legali derogabili da diversa previsione statutaria;
- possibilità, per le S.p.a. chiuse (art. 2437, comma 4) e S.r.l. (art. 2473, comma 1), di individuare statutariamente ulteriori ipotesi di recesso;
- possibilità di recesso parziale del socio nelle S.p.a.;
- rimborso della partecipazione del socio receduto secondo il valore di mercato.
Se è vero che il rafforzamento del potere di uscita del singolo socio può risultare, per certi aspetti, un incentivo per coloro che siano interessati alle maggiori
11 Così la Relazione governativa al D.Lgs. n. 6/2003 in tema di recesso nelle S.p.a..
opportunità di disinvestire le proprie risorse finanziarie in caso di mutamento del rischio del proprio investimento, diminuendo pertanto le ipotesi di conflittualità, è pur vero che esso può rivelarsi uno strumento di destabilizzazione patrimoniale dell’impresa, in particolare laddove questa abbia impostato un piano di sviluppo a lungo termine, tenuto conto che i soci potrebbero utilizzare il diritto di recedere anche a scopi ricattatori.
2.1.5 Procedure conciliative
Si segnala, infine, che potrebbe essere oggetto di positiva valutazione la previsione di apposita clausola statutaria che disponga il ricorso al procedimento di conciliazione stragiudiziale (introdotto dagli artt. 38-40 del D.Lgs. n. 5/2003): la possibilità di affidare la composizione delle eventuali controversie societarie a procedure conciliative, in grado di gestire in termini di costi/risultati ogni tipo di controversia con risparmio di tempo e risorse finanziarie, potrebbe, infatti, risultare un elemento positivo ai fini del superamento delle conflittualità interne della società quindi della valutazione della stabilità della sua attività sociale.
2.2 Innovazioni normative in materia contabile
Le novità introdotte in materia contabile per effetto del recepimento dei principi contabili internazionali IAS/IFRS nel nostro Paese, hanno anch’esse un impatto sensibile sulla valutazione che le aziende di credito dovranno effettuare alla luce di Basilea 2.
L’adozione di tali principi da parte delle società italiane, per obbligo o facoltà, a partire dal 1° gennaio 2005, nella redazione del bilancio d’esercizio e del bilancio consolidato, determina l’applicazione di regole contabili profondamente diverse rispetto alla prassi contabile interna.
Lo sforzo di adeguamento dovrebbe essere effettuato sia in un’ottica di maggior trasparenza, ovvero di rappresentazione quanto più possibile veritiera della situazione patrimoniale, finanziaria e reddituale della società, sia di omogeneità e di confrontabilità dei bilanci in un contesto aziendale di livello internazionale.
Ai fini della valutazione del merito di credito, una banca nella lettura di un bilancio redatto secondo i principi IAS/IFRS dovrà considerare l’impatto che queste nuove regole contabili hanno sulla redditività o sulla patrimonializzazione delle imprese.
Nella tabella che segue sono indicati i soggetti che, per obbligo o facoltà, applicano dal 2005 i principi contabili internazionali omologati in sede comunitaria per la redazione del bilancio d’esercizio e del bilancio consolidato, ai sensi del D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 38.
SOGGETTI COINVOLTI (D.Lgs. n. 38/2005) | BILANCIO CONSOLIDATO SECONDO GLI IAS | BILANCIO D’ESERCIZIO SECONDO GLI IAS | |
a. | Società quotate diverse dalle imprese di assicurazione | Obbligo dal 2005 | Obbligo dal 2006 Facoltà dal 2005 |
b. | Società aventi strumenti finanziari diffusi tra il pubblico | Obbligo dal 2005 | Obbligo dal 2006 Facoltà dal 2005 |
c. | Banche italiane, società finanziarie capogruppo dei gruppi bancari iscritti nell’albo, società di intermediazione mobiliare, società di gestione del risparmio, società finanziarie iscritte nell’albo, istituti di moneta elettronica | Obbligo dal 2005 | Obbligo dal 2006 Facoltà dal 2005 |
d. | Imprese di assicurazione | Obbligo dal 2005 | Obbligo dal 2006 (solo se non redigono il bilancio consolidato e sono quotate) |
e. | Società incluse nel bilancio consolidato redatto dalle società precedenti, diverse da quelle che possono redigere il bilancio in forma abbreviata (art. 2435-bis) e diverse da quelle indicate alle lettere precedenti | Facoltà dal 2005 | Facoltà dal 2005 |
f. | Società che redigono il bilancio consolidato, diverse da quelle indicate alle lettere precedenti e diverse da quelle che possono redigere il bilancio in forma abbreviata (art. 2435-bis) | Facoltà dal 2005 | Facoltà dal 2005 (se esercitano la facoltà di redigere il consolidato dal 2005) |
L’applicazione dei principi contabili internazionali IAS/IFRS può, in alcuni casi, incidere profondamente sulla redditività e/o patrimonializzazione espressa dal bilancio. Di seguito si riportano alcuni casi.
2.2.1. Beni concessi in locazione finanziaria (leasing finanziario)
Secondo lo IAS 17 “Leasing”, i beni oggetto di un contratto di leasing finanziario12 sono contabilizzati secondo il metodo finanziario. I beni sono iscritti nell’attivo del bilancio dell’utilizzatore (locatario) mentre al passivo è iscritto un debito di corrispondente ammontare. Nel corso della durata del contratto, l’impresa utilizzatrice procede ad ammortizzare i beni locati e corrisponde il canone di locazione sotto forma di interessi passivi (quota interessi) e di rimborso del debito (quota capitale).
12 Lo IAS 17 definisce il “leasing finanziario” come la locazione in base alla quale vengono sostanzialmente trasferiti in capo all’utilizzatore tutti i rischi ed i benefici connessi alla proprietà del bene, ed in cui la stessa proprietà del bene al termine del periodo di locazione può essere trasferita o meno all’utilizzatore.
Rispetto alla prassi contabile nazionale, in base alla quale i beni locati sono contabilizzati secondo il metodo patrimoniale13, l’applicazione dello IAS 17 ha rilevanza nel bilancio dell’utilizzatore:
- da un punto di vista patrimoniale, comportando l’iscrizione di un cespite tra le attività e di un debito tra le passività;
- da un punta di vista reddituale, prevedendo l’iscrizione di una quota di ammortamento e di una quota di interessi passivi.
2.2.2 Applicazione del fair value per la valutazione delle attività
In molti casi i principi contabili internazionali prevedono l’applicazione del principio del fair value per la valutazione di determinate categorie di attività.
Ad esempio, lo IAS 39 “Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione” prevede che, dopo la rilevazione iniziale al costo, taluni strumenti finanziari (ad esempio, le attività e le passività possedute per essere negoziate) possano essere valutati in base al criterio del fair value, con imputazione delle variazioni di fair value a conto economico.
Le variazioni di fair value (derivanti dalla differenza tra il valore contabile ed il fair value dello strumento finanziario) possono configurarsi come:
a) una perdita:
- in caso di attività finanziarie, se il fair value è inferiore al valore contabile;
- in caso di passività finanziarie, se il fair value è superiore al valore contabile;
b) un utile:
- in caso di attività finanziarie, se il fair value è superiore al valore contabile;
- in caso di passività finanziarie, se il fair value è inferiore al valore contabile. Analoghe considerazioni possono essere svolte con riguardo agli “investimenti immobiliari” disciplinati dallo IAS 40.
L’applicazione del fair value può incidere dunque significativamente sulla redditività espressa dal bilancio dell’impresa.
2.2.3 Rideterminazione del valore delle attività materiali e immateriali
A livello di principi contabili internazionali è ammessa la possibilità, in alternativa al criterio del costo, di valutare le attività materiali e immateriali con il modello della rideterminazione del valore in base al quale “dopo la rilevazione iniziale, un’attività (materiale o immateriale) deve essere iscritta in bilancio all’importo rideterminato, cioè al fair value (valore equo) alla data di rideterminazione del valore e al netto di ammortamenti e delle perdite di valore accumulati”.
La scelta tra metodo del costo o metodo della rideterminazione è rimessa alla discrezionalità del redattore.
13 Secondo il metodo patrimoniale l’impresa utilizzatrice si limita ad iscrivere nel conto economico i canoni di leasing lungo il corso della durata del contratto. I beni locati sono iscritti (e ammortizzati) dalla società concedente (società di leasing o locatore). Cfr. Fondazione Xxxx Xxxxxxx, “Operazioni di locazione finanziaria”, documento n. 14 del 19 aprile 2005.
Se il valore contabile di un’attività di un’attività immateriale è aumentato a seguito di una rideterminazione (in sostanza si rivaluta l’attività), l’incremento deve essere accreditato direttamente a patrimonio netto alla voce “eccedenza (surplus) da rivalutazione”.
La rideterminazione del valore delle attività materiali e delle attività immateriali è consentita e disciplinata rispettivamente dallo IAS 16 “Immobili, impianti e macchinari” e dallo IAS 38 “Attività immateriali”14.
L’ammontare delle riserve di patrimonio che si formano a seguito della rivalutazione delle attività materiali e delle attività immateriali può incidere in modo rilevante sull’ammontare del patrimonio netto.
2.3 Innovazioni normative in materia tributaria
La riforma della tassazione delle società e degli enti commerciali (D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344, cosiddetto decreto IRES) ha introdotto alcune modificazioni che possono esplicare un rilevante riflesso sulla posizione delle aziende interessate.
2.3.1. Contrasto alla sottocapitalizzazione delle imprese
E’ previsto che le società commerciali non possano dedurre fiscalmente gli interessi passivi relativi ai finanziamenti erogati o garantiti dai soci qualificati (che controllano il soggetto debitore ovvero partecipano al capitale del medesimo almeno per il 25%), quando i finanziamenti stessi superino una determinata misura (quattro volte il patrimonio netto contabile della società finanziata) (art. 98 del Testo unico delle imposte sui redditi)15.
La disciplina dovrebbe perciò produrre un favorevole effetto sulla capitalizzazione delle società, con positivi riflessi sul rating.
Per questo motivo nel momento in cui vengono effettuate le valutazioni sul dimensionamento del capitale sociale e la distribuzione delle partecipazioni, al professionista si richiede di rammentare, quando del caso, come la opzione di incrementare il patrimonio della società, eliminando o riducendo il finanziamento soci può, tra l’altro, incidere favorevolmente sul rating aziendale. A ciò seguirebbe un positivo ritorno in termini di condizioni finanziarie e la possibilità di superare piú agevolmente eventuali impreviste e contingenti difficoltà finanziarie grazie alla maggiore facilità di accesso al credito bancario.
2.3.2 Esenzione fiscale delle plusvalenze
E’ previsto un regime di esenzione per le plusvalenze derivanti dal realizzo delle
14 Si noti che in Italia la possibilità di rivalutazione delle immobilizzazioni materiali è consentita solo in applicazione di legislazione speciale (non è possibile rivalutare un bene in base alla discrezionalità del redattore) mentre, attualmente, non è consentita la possibilità di rivalutazione le immobilizzazioni immateriali.
15 La norma non si applica ai contribuenti il cui volume di ricavi non superi quelli previsti per l’applicazione degli studi di settore (5 milioni di euro circa).
partecipazioni, con determinati requisiti (art. 87 del Testo unico delle imposte sui redditi). Più precisamente, per le società commerciali sono indenni da tassazione le plusvalenze derivanti dalla cessione delle partecipazioni possedute da almeno un anno e classificate nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie, sempre che la società partecipata svolga una effettiva attività commerciale e non sia residente in Paese a fiscalità privilegiata.
Nel corso delle analisi e valutazioni mirate a definire le migliori opzioni strategiche relative alle articolazioni di gruppo va tenuto presente che tale regime di esenzione determina di regola un duplice effetto positivo sulla capacità di credito della società che possieda la partecipazione:
- un incremento dell’utile di esercizio, nel caso di realizzo della partecipazione, per la mancanza dell’onere tributario;
- un incentivo all’incremento del patrimonio, in quanto la esenzione della plusvalenza potrebbe indurre a non distribuire gli utili di esercizio, in modo da evitare la tassazione sia pure parziale dei dividendi percepiti (che per le società di capitali concorrono alla formazione del reddito imponibile per il 5% del loro ammontare).
2.3.3 Trasparenza fiscale
E’ previsto che le società di capitali partecipate esclusivamente da società di capitali, ciascuna con una percentuale del diritto di voto e di partecipazione agli utili non inferiore al 10% e non superiore al 50% possano optare per un regime di trasparenza fiscale (art. 115 del Testo unico delle imposte sui redditi). In tal caso, la società partecipata non è più soggetta ad IRES e i redditi da essa prodotti sono imputati per competenza alle società partecipanti.
Lo stesso regime di trasparenza fiscale può essere adottato per le società a responsabilità limitata, con un volume di ricavi non superiore a quello previsto per l’applicazione degli studi di settore (5 milioni di euro circa), partecipate esclusivamente da persone fisiche in numero non superiore a dieci (art. 116 del Testo unico delle imposte sui redditi).
In entrambi i casi la nuova disciplina fiscale dovrebbe produrre un effetto positivo sulla redditività della società partecipata, potendo questa esporre l’utile di esercizio senza l’onere dell’imposta sul reddito.
3. Peso dei vari elementi nel rating complessivo
Attualmente i sistemi di valutazione delle banche danno molto peso alle informazioni cosiddette “andamentali”16, ivi incluso il flusso di ritorno della
16 Si tratta delle informazioni relative all’andamento dei conti correnti bancari. L’analisi di tali informazioni può evidenziare delle situazioni critiche che molto spesso precedono le insolvenze. Cfr. la nota 1 del presente documento.
Centrale dei Rischi, ancorché questo ultimo sia soggetto a restrizioni di soglia di rischio17.
Anche lo scoring di bilancio ha un peso piuttosto sensibile, giustificato d’altronde dal fatto che i test statistici finora effettuati confermano una capacità predittiva di questo tipo di scoring piuttosto elevata, che raggiunge o supera l’80-85%, anche nei sistemi più semplici fondati su un ridotto numero di indici di bilancio.
Le principali limitazioni dei sistemi di scoring (andamentale e/o di bilancio) sono:
- inadeguatezza nelle situazioni e casi particolari, laddove è necessaria la sensibilità, profondità e ampiezza di analisi che solo un esperto analista può assicurare;
- impossibilità di utilizzo dello scoring andamentale nei confronti di aziende non ancora clienti (per le quali la banca non ha ancora una “storia” su cui costruire lo scoring andamentale);
- impossibilità di utilizzo dello scoring di bilancio nei confronti di aziende di nuova costituzione (quando non è stato ancora depositato nemmeno il primo bilancio);
- necessità di prevedere sistemi di scoring semplificati nei confronti di aziende che depositano il bilancio in forma abbreviata o che sono soggette esclusivamente alla presentazione delle dichiarazioni fiscali, con conseguente minore attendibilità di tali sistemi semplificati.
Sul peso del business plan e in generale del budget e delle proiezioni finanziarie si è già avuto modo di dire che al momento poche banche sembrano aver organicamente inserito questi elementi di giudizio nelle procedure di rating, e che tuttavia l’aspettativa è che:
- il loro utilizzo si diffonda, e il loro peso all’interno del sistema di rating cresca, con l’esperienza e con il richiamo da parte delle autorità di sorveglianza sul sistema bancario;
- il loro utilizzo venga esteso anche alle piccole aziende, pur semplificando la struttura del documento a misura della complessità e dimensioni aziendali;
- tra i documenti previsionali una importanza crescente potrà assumere la predisposizione sistematica di proiezioni dei flussi di cassa (cash-flows) come più volte citato in precedenza.
Per quanto riguarda i fattori che abbiamo definito qualitativi, le banche attualmente assegnano all’intervento “soggettivo” degli analisti la possibilità di modificare la classificazione emersa sulla base degli scoring in funzione delle risposte date ad una serie di domande inserite nella check-list appositamente predisposta.
In generale il peso di questi fattori può modificare di una o due classi al massimo la valutazione che emergerebbe dagli scoring, e comunque le check-list sono al momento parziali e diverse da banca a banca come già anticipato. Unico aspetto sostanzialmente in comune a tutte le banche, e che assume valore decisivo in caso di riscontro negativo, è la eventuale presenza di eventi pregiudizievoli18, alla quale
17 Cfr. Fondazione Xxxx Xxxxxxx “Basilea 2: Funzionamento dei sistemi di rating (prima parte)”, documento
n. 8 del 4 marzo 2005, al paragrafo 2.1.3.
18 Ci si riferisce alle informazioni di natura commerciale, dalle quale possono scaturire rating non positivi da parte delle banche. Si veda in proposito il precedente paragrafo 1.7.
seguirebbe una classificazione di rating molto bassa, ai limiti della affidabilità anche nel caso che gli altri fattori di giudizio fossero risultati oltremodo soddisfacenti.
Da tutto quanto detto consegue che quando gli scoring non possono espletare tutta la loro potenzialità, come è nel caso di nuovi clienti o addirittura di aziende di nuova costituzione, e in attesa che si consolidi la capacità di valutare i business plans e le proiezioni economico-finanziarie, rimarrà critica ai fini dell’accesso al credito, la concessione di garanzie collaterali.
La concessione di garanzie, comunque, sarà prevedibilmente richiesta in quasi tutti i casi che interessano le piccole e medio-piccole imprese, visto che i rating raggiungibili da questa categoria di aziende raramente supera la classe BBB+, soglia al di sopra della quale, come riportato nelle considerazioni inserite nelle precedenti circolari19, è ragionevole abbinare la possibilità di accedere al credito bancario in assenza di garanzia collaterale.
A proposito delle garanzie va aggiunto che il Basilea 2 introduce delle ulteriori innovazioni, consentendo la loro utilizzazione ai fini della riduzione dei requisiti di capitale solo al soddisfacimento di particolari condizioni.
Questo aspetto sarà approfondito nella prossima circolare, appositamente dedicata ai riflessi che il Basilea 2 introduce in merito alla utilizzabilità delle garanzie.
Si tratta di aspetti particolarmente importanti e delicati per molte aziende perché le conseguenze, come già anticipato nei precedenti documenti, si estendono al ruolo e alla struttura dei consorzi fidi che, in mancanza di adeguata evoluzione, non potranno più espletare le funzioni svolte in passato nei confronti degli assistiti.
scoring di bilancio scoring andamentale business plan
analisi qualitativa
Questo diagramma, meramente illustrativo, ha la finalità di fornire un colpo d’occhio sui pesi attribuiti ai diversi elementi nell’ambito della valutazione dell’azienda. Il ridotto peso attribuito ai business plans (e ai budget) deriva dal fatto che attualmente sono poco considerati. E’ chiaro che nel caso delle azienda in fase di costituzione essi avranno un peso molto più significativo. Come si osserva è stato omesso l’impatto delle garanzie, per le quali verrà fatto un discorso a parte nella prossima circolare.
19 Si fa riferimento alla circolare n. 8 del 4 marzo 2005, paragrafo 1.1.
ALLEGATI
Di seguito verranno presentati alcuni schemi esemplificativi delle informazioni di natura qualitativa che è consigliabile fornire, organicamente elaborati, alle banche che devono concedere il finanziamento. È prevedibile che abbiano un effetto positivo sul rating in funzione delle considerazioni effettuate precedentemente, oltre a facilitarne ed accelerarne il lavoro.
Le informazioni sono integrative e non sostitutive dei documenti ufficiali che vanno sempre presentati, quando esistenti.
Conseguentemente, con le differenze rese necessarie a seconda del caso di specie, l’elenco completo prevede:
■ certificato di iscrizione alla Camera di Commercio,
■ partita IVA e/o codice fiscale
■ copia atto costitutivo e statuto
■ copia verbale relativo alla nomina degli organi amministrativi e di controllo
■ copia libro soci o ultimo atto notarile di trascrizione di cessione di quote (per società a compagine societaria ristretta)
■ bilanci degli ultimi 3 esercizi
■ situazione contabile aggiornata (bilancio di verifica infra-annnuale)
■ Business plan, budget e previsione flussi di cassa a breve termine (3/6 mesi)
■ Presentazione generale della società (v. all. 1- par. 1)
■ Inquadramento organizzativo (v. all. 1- par. 2) incluso eventuali informazioni qualificanti relative a certificazioni e attestazioni di ottemperanza a leggi e regolamenti di rilevanza organizzativa e gestionale (certificazione di qualità, sicurezza, privacy, D.Lgs. n. 231/2001, etc.)
■ le informazioni di inquadramento strategico piú importanti relativamente alla posizione competitiva (v. all. 1- par. 3) agli investimenti in R&S (par. 4), a eventuali importanti scelte di carattere societario o tributario (par. 5).
Allegato 1
Le informazioni contenute negli schemi del presente paragrafo andranno poi approfondite con ulteriori commenti di cui si fanno alcuni esempi nel paragrafo 2 del presente allegato.
Di seguito la redazione degli schemi è esemplificata per rendere l’idea del tipo di approccio che suggerito: sintetico ed oggettivo, senza mai cadere nell’enfatico né esprimere giudizi che possano, al lettore, risultare opinabili e interessati.
1. PRESENTAZIONE AZIENDA
1.1 CASO A: DITTA INDIVIDUALE
1.1.1 Informazioni anagrafiche e storiche
Ragione sociale | Alfa |
Forma giuridica | Ditta individuale |
Data di costituzione | 01-01-1980 |
Assetto aziendale | Unico proprietario con gestione familiare dell’impresa |
Sedi: ⏩ Legale ⏩ Amministrativa ⏩ Operativa ⏩ Filiali | Non presenti |
Collegamenti: eventuali partecipazioni
1.1.2 Obiettivi societari (mission)
Prodotti/servizi | Importazione, inscatolamento frutta esotica e vendita sul mercato interno |
Bacino di attività | Territorio italiano |
Canali distributivi | Vendita diretta ai principali mercati all’ingrosso |
Evoluzione prevista gamma prodotti | Accrescimento offerta attraverso il confezionamento della frutta fresca |
Sintesi della storia e caratteristiche della tradizione aziendale | Nata dall’idea dell’unico proprietario, la commercializzazione, prima di prodotti locali, avveniva originariamente nel territorio locale, successivamente, attraverso l’acquisizione dell’esperienza in campo marketing, l’attività si è estesa all’intero territorio nazionale, con coinvolgimento dei figli |
1.1.3 Organizzazione societaria
Compagine aziendale | Come da organigramma |
1.2 CASO B: PICCOLA S.R.L.
1.2.1 Informazioni anagrafiche e storiche
Ragione sociale | Beta s.r.l |
Forma giuridica | Società a responsabilità limitata |
Data di costituzione | 01-01-1990 |
Assetto aziendale | Compagine societaria costituita da tre soci che partecipano direttamente alla gestione. Il socio XY riveste la carica di amministratore mentre i soci… ricoprono rispettivamente la responsabilità commerciale e produttiva (v. organigramma) |
Sedi: ⏩ Legale ⏩ Amministrativa ⏩ Operativa ⏩ Filiali | X X X Y, Z |
Collegamenti: eventuali partecipazioni o controllanti
1.2.2 Obiettivi societari (mission)
Prodotti/servizi | Produzione calzaturiera |
Bacino di attività | Territorio italiano |
Canali distributivi | In parte diretta ai negozi, col proprio marchio, in parte, poiché rientrante in una rete di società, rivende il proprio prodotto ad altre società che lo rivenderanno con il loro marchio |
Evoluzione prevista gamma prodotti | Attualmente incentrata sulla produzione di calzature da donna, vi è il progetto di espandersi anche sul segmento bambino, particolarmente redditizio |
Sintesi della storia e caratteristiche della tradizione aziendale | Nasce dalla congiunzione di più stabilimenti di produzione artigiana. Viene mantenuto lo stile artigiano, nonostante l’accrescimento degli stabilimenti e delle maestranze e la crescente sofisticazione delle strutture organizzative. L’evoluzione si legge anche attraverso l’uso dei macchinari che vengono utilizzati per le fasi iniziali della produzione. Il valore alla base rimane comunque quello di creare prodotti che presentino un’alta cura dei particolari, rivolti ad un pubblico di alto e medio-alto livello |
1.2.3 Organizzazione societaria
Compagine sociale | Ristretta (3 soci) |
Organi amministrativi/poteri | I soci sono anche amministratori |
Modello di amministrazione | Ciascun socio amministra disgiuntamente dall’altro |
Date rinnovo cariche sociali | Gli amministratori restano in carica per 3 esercizi sociali e sono rieleggibili |
Maggioranze per assemblee ordinarie/straordinarie/diritti delle minoranze etc. | L’atto costitutivo prevede che le decisioni dei soci avvengano mediante consultazione scritta, fatti salvi i casi previsti dalla legge in cui la decisione deve essere presa con il metodo assembleare. Le decisioni sono prese con il voto favorevole di una maggioranza che rappresenti almeno la metà del capitale sociale |
Altre caratteristiche statuto rilevanti | Sono previste cause statutarie di recesso e di esclusione del socio |
1.3 CASO C: SOCIETA’ PER AZIONI APERTA
1.3.1 Informazioni anagrafiche e storiche
Ragione sociale | Gamma s.p.a. |
Forma giuridica | Società per azioni aperta |
Data di costituzione | 01-01-1990 |
Assetto aziendale | Capitale sociale frazionato tra 500 soci. Il vertice della società controlla la maggioranza del pacchetto azionario |
Sedi: ⏩ Legale ⏩ Amministrativa ⏩ Operativa ⏩ Filiali | X Y Y 50 (come da elenco allegato) |
Collegamenti: eventuali partecipazioni o controllanti
13.2 Obiettivi societari (mission)
Prodotti/servizi | Attività di intermediazione immobiliare |
Bacino di attività | Territorio italiano con preminenza nella zona in cui sono situate le sedi |
Canali distributivi | Il servizio viene offerto attraverso una rete di filiali sparse sul territorio |
Evoluzione prevista gamma prodotti | Espansione del bacino di utenza e della categoria di immobili attualmente intermediata |
Sintesi della storia e caratteristiche della tradizione aziendale | Nasce dall’idea di un gruppo di intermediari, prima con la creazione di alcune agenzie, poi grazie alla crescita del settore immobiliare e agli apporti di capitale divenuti più consistenti il business ha conosciuto una significativa espansione che ha portato all’apertura di numerosi filiali, con la conseguente acquisizione di un prestigio sempre maggiore. Durante il processo di espansione si è accresciuta la quota di mercato anche attraverso l’acquisizione di alcuni concorrenti |
1.3.3 Organizzazione societaria
Compagine sociale | Azionariato diffuso |
Organi amministrativi/poteri | La gestione è affidata al C.d.A., con delega per tutte le competenze gestorie ad un comitato esecutivo |
Modello di amministrazione | Modello tradizionale (il collegio sindacale è deputato al controllo interno sulla gestione sociale) |
Date rinnovo cariche sociali | Gli amministratori restano in carica per 2 esercizi sociali |
Maggioranze per assemblee ordinarie/straordinarie/diritti delle minoranze etc. | Le maggioranze sono quelle ordinariamente previste dalla legge |
Altre caratteristiche statuto rilevanti |
2. PANORAMA ORGANIZZATIVO
Relativamente alla descrizione del panorama organizzativo non è naturalmente ragionevole pensare di fornire alla banca una dettagliata descrizione delle caratteristiche rilevanti della struttura e delle procedure.
È opportuno però, come detto, corredare la documentazione di una sintetica presentazione di questo aspetto, critico ai fini del successo dell’impresa, sottolineando le informazioni qualificanti.
Tra queste informazioni possono essere inserite le attestazioni inerenti l’ottemperanza a normative di diretta o indiretta rilevanza gestionale20.
A tal fine la documentazione organizzativa può essere suddivisa in sezioni come segue.
2.1 Organigramma
Il grafico va rappresentato e brevemente commentato rammentando le semplici ed intuitive regole descritte qui in calce.
2.1.1 Rappresentazione grafica
L’organigramma è una rappresentazione schematica della organizzazione realizzata in forma grafica secondo convenzioni molto intuitive ormai universalmente applicate.
In sintesi si può dire che le linee di collegamento tra due funzioni/enti sono di due tipi:
• quelle che definiscono un rapporto tra un capo e un ente dipendente operativo o in linea (“line”) finiscono con un terminale verticale;
• quelle che definiscono un rapporto di collaborazione in “staff” (vale a dire ispettivo, consultivo o di supporto che non configura nell’ente subalterno la presa in carico di obiettivi e responsabilità direttamente operative) finiscono con un terminale orizzontale.
Naturalmente l’ente gerarchicamente superiore si posiziona topograficamente in posizione piú alta rispetto all’ente dipendente.
2.1.2 Commento
Mettere in evidenza le considerazioni del caso.
Osservazioni su distribuzione deleghe, poteri e responsabilità.
A titolo di esempio sono elencate le affermazioni qualificanti che è opportuno richiamare ove veritiere:
20 si fa riferimento alle disposizioni di legge concernenti la privacy, la sicurezza, la responsabilità amministrativa degli enti (D.Lgs. 231/2001), le certificazioni di qualità.
“Il proprietario conserva esclusivamente i ruoli di coordinamento e controllo complessivo della gestione e accentra gli interventi di natura eccezionale e/o strategica relativamente alle scelte inerenti acquisti, vendite, finanza, investimenti.
Il proprietario oltre a coordinare tutta la gestione accentra esclusivamente funzioni cui può dedicare adeguata attenzione con continuità.
A tutte le funzioni critiche aziendali non direttamente e continuativamente gestite dalla Proprietà sono assegnati responsabili di elevata competenza.
Al coordinamento delle funzioni critiche è preposto un responsabile di elevata competenza gestionale ed al quale sono assegnate deleghe adeguate a consentire autonomia operativa e responsabilizzazione.
Le deleghe assegnate ai responsabili consentono la necessaria autonomia operativa con conseguente elevata responsabilizzazione, nello stesso tempo la articolazione dei poteri, della separazione dei ruoli e della distribuzione dei compiti assicura una elevata qualità dei controlli interni.
Le posizioni-chiave sono adeguatamente e prontamente sostituibili in caso di assenza.
Per i casi di (improvvisa e/o prolungata) assenza del titolare è assicurata una adeguata procedura di comportamento e di deleghe.”
2.2 Procedure operative
Relativamente alle procedure operative sarà utile descrivere sinteticamente gli aspetti piú qualificanti. Segue qualche spunto esemplificativo, naturalmente da personalizzare caso per caso (fare riferimento per maggiori dettagli al paragrafo 1.4.2).
Acquisti
“È formalizzata la procedura acquisti inclusi le condizioni standard di pagamento, l’obbligo di richiesta da parte della funzione utilizzatrice del prodotto/servizio, i preavvisi di richiesta, le soglie di qualità e quantità (minime e massime) per categoria di prodotto/servizio che possono essere richieste, etc.
Sono formalizzate le deleghe per il responsabile della funzione.
E’ prevista la soglia al di sopra della quale sono messi in gara piú fornitori.
E’ sistematicamente controllata la distribuzione degli acquisti per evitare il rischio di dipendenza da un unico fornitore per prodotti/servizi critici.”
Vendite
“Sono formalizzati i listini, i livelli di sconto ammissibili per quantità e i relativi livelli autorizzativi aziendali, etc.
Sono formalizzate le deleghe per il responsabile della funzione. Sono previsti limiti di fido per ciascun cliente.
E’ sistematicamente controllata la distribuzione del fatturato per evitare il rischio critico di eccessiva dipendenza da un cliente.”
Finanza
“L’amministrazione, affidata ad un professionista esterno, è affiancata da un apposito nucleo interno che assicura i controlli necessari relativamente alla regolarità di incassi e pagamenti, utilizzo efficiente dei finanziamenti, coerente applicazione delle condizioni finanziarie, redazione di strumenti di proiezione e controllo della tesoreria (come da prospetto di proiezione di cash-flow allegato…).”
2.3 Personale
Una sintetica presentazione delle caratteristiche del personale può partire dalle affermazioni di carattere oggettivo seguenti, corredate dai commenti del caso (fare riferimento al contenuto dell’apposito paragrafo 1.4.3).
“Il personale dipendente è composto di numero … addetti La preparazione scolastica degli addetti è cosí distribuita….
L’anzianità del personale è cosí distribuita (sia anagrafica, che di lavoro e della specifica azienda)….. La distribuzione delle competenze, delle esperienze e del know-how aziendale….
Il turn over del personale negli ultimi anni si è assestato sui seguenti numeri….”
2.4 Sistema informativo
Anche in questo caso la descrizione deve essere sintetica e richiamare con affermazioni oggettive gli elementi qualificanti ai fini del miglioramento della qualità gestionale e della riduzione del rischio di impresa.
“Il sistema informativo è interamente informatizzato (o manuale, o misto manuale/ informatico)
Il sistema gestisce tutte le informazioni operative relative alla contabilità/amministrazione, produzione, commerciale, etc.
Il sistema è progettato ad hoc (o costituito dal prodotto XYZ della ….) e contiene maschere personalizzate di accesso alle informazioni operative ….La rete distributiva del sistema informativo è cosí composta (server/client etc.….)
Il sistema è protetto da accessi indesiderabili tramite…
Viene sistematicamente effettuato il back-up con periodicità ….”
2.5 Controllo di gestione
Anche in questo caso le affermazioni seguenti costituiscono solo spunti esemplificativi da personalizzare caso per caso.
“L’aziende possiede un efficace sistema di controllo di gestione.
Il sistema di controllo di gestione comincia con un sistematico momento di riflessione ogni anno prima dell’inizio del ciclo di formalizzazione del nuovo business plan…
Il sistema comprende la redazione delle proiezioni economico-finanziarie (budget) e il controllo mensile a consuntivo oltre tutti gli strumenti di calcolo preventivo e di controllo dei costi dei prodotti e di calcolo dei prezzi maggiormente remunerativi nelle condizioni di fatturato previste.
L’azienda calcola regolarmente e aggiorna periodicamente il proprio punto di pareggio tra costi e ricavi (break-even point)
Il punto di pareggio è diverso per linea di prodotto (o proporzionalmente indifferentemente dalla composizione del mix di vendite)21
L’azienda redige sistematicamente il prospetto di proiezione di cash-flow.”
21 Nel primo caso i criteri di pricing attuati dalla azienda sono di tipo marketing oriented e i criteri di costing di tipo direct costing, nel secondo caso di tipo “cost plus” e i criteri di costing di tipo “full costing”.
La scelta incide sulla qualità del sistema di controllo costi e di determinazione dei prezzi. Il primo sistema ha il pregio della semplicità e di facilità di ricalcalo dei ricarichi in caso di variazione dei volumi operativi complessivi, ma va incontro a rischi di errato calcolo del listino più conveniente con ricaduta negativa in termini di volumi per alcuni prodotti e di margine per altri.
2.6 Posizionamento competitivo
Per quanto riguarda le riflessioni strategiche che emergono dal posizionamento competitivo sarà opportuno selezionare le considerazioni piú significative che emergono dalla procedure di cui al prossimo allegato. Si può valutare se inserire (in allegato alla documentazione) la stessa matrice di competitività al fine di dare maggiore credibilità alle riflessioni medesime.
2.7 Investimenti in ricerca e sviluppo
Quando esistenti, è opportuno descrivere e argomentare gli investimenti in Innovazione, Ricerca e Sviluppo (inclusi gli investimenti migliorativi della qualità della gestione e della organizzazione aziendale). Gli agganci con riflessioni strategiche presenti in altre parti del documento vanno richiamate opportunamente.
2.8 Altre riflessioni
Quando del caso, richiamare le riflessioni che hanno motivato le scelte societarie, statutarie, contabili, o fiscali, di cui al capitolo 2 della presente circolare può rendere evidente che l’azienda è pienamente competente e consapevole, in ogni fase della gestione sia operativa che amministrativa, sia corrente che strategica.
Allegato 2
Matrice di Competitività (“Competitive Matrix”)
La matrice di competitività è un metodo che attinge molto pragmaticamente a diverse discipline per sollecitare riflessioni quanto più possibili complete ed oggettive sulla posizione competitiva dell’azienda rispetto ai suoi concorrenti più significativi.
Il principio su cui fonda la metodologia è quello di creare una check-list delle variabili potenzialmente rilevanti dal punto di vista commerciale e quindi di fornire un algoritmo che consenta di considerare la posizione della azienda rispetto alle suddette variabili, con sufficiente obiettività. Il metodo è riassumibile nelle 4 fasi seguenti.
1. Creazione della check-list
Il primo passaggio viene effettuato ponendosi idealmente nei panni di un potenziale cliente (“prospect”) e chiedendosi in base a quali variabili detto cliente decide se e presso quale fornitore effettuare l’eventuale acquisto.
2. Preparazione della lista dei concorrenti (“competitors”)
Creare una lista dei principali concorrenti. Per principali concorrenti si intendono le aziende più significative del proprio settore che operano nella specifica area geografica in cui opera la azienda: vanno inclusi non solo i leader di mercato direttamente o indirettamente operanti nella propria area geografica ma anche i più dinamici concorrenti delle proprie dimensioni.
3. Creazione della tabella di confronto
Creare una tabella (v. esempio qui di seguito) in cui va inserita sulle righe la lista delle variabili di cui al punto 1 e sulle colonne la lista delle aziende di cui al punto 2; la prima di queste colonne va di norma riservata alla azienda da analizzare.
4. Algoritmo di confronto
Il materiale confronto viene fatto molto semplicemente ponendosi nuovamente nei panni del potenziale cliente ed esaminando una ad una le variabili sulle righe della tabella. Per ogni variabile ci si chiede quale voto meriti (sempre nell’ottica del potenziale compratore) ciascuna delle aziende elencate sulle colonne (la scala della votazione è indifferente). Naturalmente le variabili in cui la azienda analizzata ha i voti più alti costituiscono altrettanti punti di forza, e quelle in cui ha i voti più bassi i punti di debolezza.
Le variabili da inserire nelle righe della tabella sono abbastanza intuitive. Sono le opportune personalizzazioni al singolo settore economico delle variabili inerenti:
• Prezzo
• Qualità
• Rapporto Qualità/Prezzo
• Immagine del prodotto e della azienda
• Livelli di servizio ante e post vendita
• Supporti promozionali e pubblicitari.
• Etc.
Aziende Key points | Az. A | Az. B | Az. C | Az. D | Az. E | Ecc. |
Prezzo | ||||||
Qualità | ||||||
Immagine | ||||||
Assistenza p.v. | ||||||
Etc. |
Redigere la matrice di competitività corrisponde a chiedersi, con un metodo che rende l’analisi sistematica, quali sono i fattori rispetto ai quali ritiene l’azienda essere più attraente per il potenziale acquirente e quali invece i fattori nei quali i principali concorrenti risultano più appetibili per il mercato, identificando analogamente la posizione della concorrenza rispetto a ciascuna variabile che ritiene rilevante.
Avere una sintetica valutazione dei punti di forza e di debolezza della azienda nell’ottica del mercato è uno strumento di grande valenza che consente anche di considerare con maggiore consapevolezza l’attendibilità e la coerenza delle strategie aziendali.
Infatti è ovvio che una buona strategia deve:
• enfatizzare e valorizzare i punti di forza
• eliminare, ridurre, mascherare o nascondere i punti di debolezza.
Ciò è tanto banale che il semplice fatto di guidare l’imprenditore a riflettere attraverso la analisi di posizionamento sui suoi punti di forza e di debolezza, porta di per sé a un salto di qualità nella definizione delle strategie