DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA
DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA
Cattedra di Diritto dei Consumatori
LA TUTELA DEL CONSUMATORE NEL CONTRATTO TELEMATICO TRA NEOFORMALISMO E AUTONOMIA PRIVATA PROCEDIMENTALE
RELATORE CANDIDATO
Xxxxx.xx Prof.ssa Xxxxxx Xxxxx
Xxxxx Xxx Xxxxxxxxx Xxxx.119963
CORRELATORE
Xxxxx.xx Xxxx.
Xxxxxxx Xxxxxxxx
ANNO ACCADEMICO 2016-2017
Ai miei nonni Xxxxxx e Xxxxxx, sulle cui spalle mi trovo.
INDICE
Introduzione I
CAPITOLO I
L’ACCORDO CONTRATTUALE
TRA NEOFORMALISMO E AUTONOMIA PRIVATA PROCEDIMENTALE
1. Premessa 1
2. L’accordo; ricostruzione della fattispecie contrattuale tra teoria oggettiva e teoria della volontà 4
2.1. Fattispecie forti e fattispecie deboli: gli interessi sottesi alla differenziazione del procedimento di perfezionamento dell’accordo 11
2.2. Oggettivazione e funzionalità del contratto; considerazioni sugli artt. 428, 1335, 1341 e 1433, c.c 21
2.3. Nozione normativa di contratto; critica alla dottrina dello scambio senza accordo 26
3. La calcolabilità come valore della società capitalistica; i contratti
standard 31
4. Complessità dei procedimenti di formazione del contratto e tutela del contraente debole: il neoformalismo negoziale 40
5. Considerazioni introduttive sulla conclusione del contratto telematico… 50
CAPITOLO II
MODELLI LEGALI DI ACCORDO E PROCEDIMENTI ATIPICI
SEZIONE I
L’ACCORDO SEMPLIFICATO
1. Premessa 55
2. L’Accettazione superflua: l’art. 1327, c.c.: esecuzione in luogo di accettazione 58
2.1 Segue; conclusione del contratto telematico e inapplicabilità dell’art. 1327, c.c 64
2.2 Il silenzio come accettazione: artt. 1333 e 1520, c.c 70
3. Altri modelli di accordo semplificato: accettazione-adesione 74
4. Accordo semplificato e volontà delle parti. Proposta ferma: negozio di configurazione? 77
4.1. Segue; patti sul silenzio e sul carattere recettizio delle dichiarazioni 79
4.2. Segue; la realità come naturale negotii 84
4.3. Segue; la determinazione unilaterale dell’oggetto del contratto 90
5. Limiti alla semplificazione atipica 93
SEZIONE II L’ACCORDO AGGRAVATO
1. Premessa 97
2. Accordo legalmente aggravato; cenni sulla realità e formalità dei contratti 98
3. Aggravamento volontario legalmente facoltativo; patto sulla forma ex art. 1352 , c.c. e la forma richiesta per l’accettazione ex art. 1326, comma 4, c.c 102
4. Lo spazio dell’aggravamento volontario: cenni sulla realità convenzionale e sulla choice-of-language clause. Limiti dell’aggravamento atipico 108
5. Segue; clausola salvo approvazione della casa e-commerce 113
CAPITOLO III
AGGRAVAMENTO ATIPICO DEL PROCEDIMENTO DI FORMAZIONE DEL CONTRATTO TELEMATICO CONSUMERISTICO
1. Premessa 118
2. Il mercato virtuale e le categorie giuridiche tradizionali: la
dematerializzazione del contratto 119
2.1. Internet, mercato virtuale e prospettive di crescita dell’e-commerce 129
2.2. Asimmetrie informative e contrattazione virtuale di massa; disciplina dell’e- commerce e natura giuridica dell’offerta virtuale 133
3. La tutela procedimentale del consumatore; gli obblighi di informazione. 141
3.1. Difetto di informazione: la sanzione della non vincolatività del contratto o dell’ordine per il consumatore 147
3.2. Tempo e luogo di conclusione dei contratti telematici. 153
3.3. Avviso di ricevimento ex art. 13, d.lgs. n. 70/2003… 160
4. Esercizio dell’autonomia privata procedimentale nella contrattazione telematica; riflessioni sulle condizioni generali di contratto dei quattro maggiori siti di e-commerce italiani 165
4.1. Segue; art. 51, comma 2 cod. cons.: il consumatore non è vincolato dal contratto o dall’ordine 176
5. Spunti conclusivi sulla procedimentalizzazione, legale o negoziale, dell’accordo virtuale… 178
Conclusioni… 181
Bibliografia… 189
INTRODUZIONE
L’avvento e la diffusione di internet hanno destato notevoli difficoltà interpretative quanto al regime giuridico della formazione dei contratti che si concludono in rete. Le incertezze, che hanno sollecitato le riflessioni di molta dottrina, derivano dalla difficoltà di inquadrare giuridicamente gli aspetti conclusivi del c.d. contratto telematico. Per questa species contrattuale, selezionare un certo modello (o procedimento) formativo, che sia aderente al carattere a-spaziale e a- temporale della rete, appare problematico. In altre parole, le caratteristiche di internet hanno reso accidentato il percorso sussuntivo dell’interprete, per quanto concerne gli aspetti formativi dei contratti che ivi vengono stipulati.
Il legislatore del 42’, nel porre la disciplina dei procedimenti formativi dei contratti inter absentes, teneva a mente una realtà tecnologica profondamente diversa dall’odierna. Ciò nonostante, la disciplina procedimentale che presiede la formazione del contratto telematico e che consente di individuarne luogo e tempo di conclusione, resta quella della Sezione I, Capo II, Dei contratti in generale, dedicata all’accordo delle parti, posto che, de iure condito, altre soluzioni non risultano fruibili.
Nonostante gli interventi di origine europea nel settore dell’e-commerce e dei contratti a distanza, non sembra che il legislatore (europeo e tantomeno domestico) abbia inteso prevedere specifiche fattispecie formative, tali da incidere sulla disciplina della conclusione del contratto telematico.
Riflesso di ciò è, ad esempio, l’art. 13 del decreto legislativo 9 aprile 2003,
n. 70, ai sensi del quale “le norme sulla conclusione dei contratti si applicano anche
nei casi in cui il destinatario di un bene o di un servizio della società dell'informazione inoltri il proprio ordine per via telematica”.1
Dovendo attingere ai modelli formativi “tradizionali”, lo scambio di proposta e accettazione, disciplinato dall’art. 1326, c.c., è sembrato quello più aderente alla natura delle comunicazioni che si svolgono sulla rete. A seconda delle caratteristiche dell’offerta (a seconda, cioè, che si tratti di contratto telematico in senso stretto o in senso lato), la disciplina della conclusione del contratto, va combinata con il disposto degli artt. 1334, 1335 e 1336, che, rispettivamente, regolano l’efficacia degli atti unilaterali, temperata dalla presunzione di conoscenza, e l’offerta al pubblico.
Sebbene il diritto positivo postuli che la formazione del contratto virtuale risponda ad uno di questi modelli, il concreto atteggiarsi dell’e-commerce sollecita ulteriori riflessioni.
Le regole “tipiche”, che governano il procedimento di formazione del contratto telematico, sono tendenzialmente disattese dagli operatori economici. Ebbene, le imprese operanti nell’e-commerce, non si limitano a esercitare la loro autonomia contrattuale con riferimento agli aspetti sostanziali dei rapporti giuridici nascenti dagli acquisiti on-line. Al contrario, attraverso le condizioni di contratto che predispongono, regolano anche il complesso procedimento che si pone alla base del perfezionamento dei contratti virtuali di cui sono parte.
Ciò stimola un’ulteriore considerazione: le condizioni generali di contratto dei siti di e-commerce svelano un interesse che è di natura procedimentale, il cui
1 Si veda anche l’art. 67, comma 2, cod. cons., ai sensi del quale, residualmente «(…) si applicano le disposizioni del codice civile in tema di validità, formazione o efficacia dei contratti». Cfr., considerando n. 14, dir. 2011/83/UE, che recita «La presente direttiva non dovrebbe pregiudicare la legislazione nazionale afferente al diritto contrattuale per gli aspetti di diritto contrattuale che non sono disciplinati dalla presente direttiva. Pertanto, la presente direttiva dovrebbe lasciare impregiudicata la legislazione nazionale che disciplina, ad esempio, la conclusione o la validità di un contratto».
soddisfacimento è rimesso alla configurazione di procedimenti di formazione alternativi a quelli legali.
La diffusone del fenomeno, ascrivibile alla tendenza alla self regulation, ne rende necessaria la riconduzione a sistema. Per farlo, bisogna valutare se l’autonoma configurazione di procedimenti formativi atipici rappresenti una legittima facoltà delle parti e quindi una possibile declinazione dell’autonomia privata. Oppure, se ad essa si oppongono norme imperative, tra le quali il principio dell’accordo, che si erge a costitutivo della fattispecie contrattuale ex art. 1321, c.c.2.
Il presupposto fattuale dal quale si prendono le mosse è che gli operatori economici della rete, quasi immancabilmente, si dirigono verso la procedimentalizzazione del consenso contrattuale. La conclusione del contratto virtuale si fonda su iter complessi e atipici, configurati attraverso apposite clausole. Queste clausole alterano le regole che tipicamente presiedono il procedimento formativo dei contratti inter absentes.
Tra gli interessi correlati a questa tendenza, v’è quello di perseguire la riduzione del contezioso attraverso l’incremento della certezza del rapporto (quanto a suoi profili genetici). Questa prerogativa è quanto mai attuale nei c.d. “nuovi mercati”. Essi presentano connotati di novità con riguardo ai beni che ivi vengono scambiati, ai luoghi e alle tempistiche entro i quali lo scambio si realizza, nonché alle tecniche comunicative utilizzate dalle parti. Tra i nuovi mercati spicca quello di internet, la cui dematerializzazione rende le dinamiche del consenso un aspetto cruciale dell’intera species, la cui diffusione è larghissima e crescente.
Ebbene, lo scopo di questo lavoro è quello di analizzare le dinamiche del consenso del contratto telematico. Esse risentono, da una parte, della tendenza
2 Nell’ultimo capitolo verranno analizzate nel dettaglio le condizioni generali di contratto dei quattro maggiori siti di e-commerce italiani: Zalando, Amazon, Trenitalia e Booking. Verrà rilevato che le regole che presiedono la formazione del contratto vengono ampiamente derogate.
legislativa all’aggravamento dell’accordo telematico. Dall’altra, subiscono le conseguenze dell’autonomia privata procedimentale.
Per spiegare e mettere a sistema queste tendenze, sia legislative che negoziali, bisogna passare per alcune tappe fondamentali.
Si deve dar conto, innanzi tutto, degli interessi che sottendono la previsione dei molteplici modelli di accordo che si rinvengono nel codice civile, sì da negare che il libero ed informale scambio dei consensi assurga a fattispecie regolare. Ripercorrendo i passi più significativi della teoria generale del contratto, si può rilevare che il codice, a dispetto di quelli ottocenteschi, è informato a istanze produttivistiche. È valorizzato il principio della certezza dei rapporti, talora a dispetto dell’effettiva volontà del contraente, a cui, in certe ipotesi, si sostituisce un’indagine circa l’oggettiva imputabilità dell’atto, da svolgersi secondo canoni giuridici. Ciò fa emergere un’immagine normativa di accordo, distante da quella naturalistica alla quale si informava il dogma della volontà3.
Ciò funge da primo sostegno rispetto alla possibilità che le parti legittimamente configurino fattispecie alternative a quelle previste nella Sezione codicistica dedicata all’accordo delle parti (artt. 1326-1342). Per ipotizzare l’autonomia privata procedimentale, è necessario accogliere una nozione di accordo flessibile, che si rende più leggero o più pesante a seconda degli interessi coinvolti nella formazione del contratto4.
3 C. M. XXXXXX, Il Contratto, in Diritto Civile III, Milano, 2013, p. 20. L’A. rileva che l’ordinamento «non fa dipendere la rilevanza giuridica dell’atto dalla realtà della volontà interna delle parti. Il contratto non è valutato come fenomeno psichico ma come fenomeno sociale, e ciò che conta è il valore obiettivo che questo fenomeno assume quale atto decisionale mediante il quale le parti costituiscono, estinguono o modificano un loro rapporto patrimoniale».
4 Cfr. X. XXXXX, Il Contratto, in Trattato di diritto privato (a cura di) X. Xxxxxx e P. Patti, Milano, 2016, p. 25. L’A. rileva che «il contratto tocca, invade, incide la sfera giuridico-patrimoniale dei soggetti coinvolti». In questa attitudine, l’A. riscontra la giustificazione dei «differenti gradi d’accordo gradi di accordo», commisurati alla diversa intensità degli effetti che il contratto può sortire sulla sfera giuridica del consociato.
Lo studio dei molteplici procedimenti formativi legali, corrobora l’idea che l’accordo sia un fatto normativo, non già naturalistico: un «fatto qualificato da norme», che «tengono conto di una grande varietà di fattispecie»5.
Quanto agli aspetti formativi del contratto, lo studio dell’accordo consente di discernere fra fattispecie x.x. xxxxx (ad es., art. 1350, c.c., rubricato “Atti che devono farsi per iscritto”) e fattispecie x.x. xxxxxx (ad. es. art. 1333, c.c., rubricato “Contratto con obbligazioni del solo proponente”). Esse, rispettivamente, richiedono un quid pluris o un quid minoris rispetto all’informale scambio dei consensi6. Talché è possibile concepire l’accordo come fattispecie che tipizza una tecnica procedimentale prescelta dal legislatore, non come elemento pre-giuridico riconducibile ad un fenomeno sempre eguale a sé stesso7.
Si aggiunga che una varietà di istituti codicistici riconoscono alle parti la facoltà di plasmare il procedimento di formazione del contratto, mediante un atto di autonomia, detto negozio di configurazione (aggravamento/semplificazione tipica). La legge, in altre parole, ammette che le parti scelgano un modello più conforme alle loro esigenze, laddove queste non possano essere soddisfatte da quelli altrimenti applicabili. L’istituto giuridico paradigmatico è quello delle forme convenzionali.
L’art. 1352, c.c. contempla l’ipotesi in cui le parti stipulino una convenzione, che preveda l’onere di forma per i loro futuri contratti.
La norma stabilisce che, laddove non venga disposto diversamente, la forma si intende voluta ad substantiam actus. Ai fini di questo studio, è di primario rilievo notare che l’art. 1352, c.c. postula la libertà di adottare patti sulla forma, volendo chiarire quali effetti discendano dalla successiva violazione degli stessi. Solo laddove le parti non abbiano precisato per quali effetti la forma sia stata voluta
5 Ibidem.
6 N. IRTI, Studi sul formalismo negoziale, Xxxxxx, 0000.
7 X. XXXXX, xx. xxx., x. 00.
(xxxxx costitutiva o soltanto probatoria), la norma trova piena applicazione8. Nella sistematica del legislatore, l’autonomia procedimentale sembra atteggiarsi a prius logico della disposizione menzionata.
Ebbene, la legge, expressis verbis, riconosce alle parti la facoltà di “aggravare” il procedimento di formazione del contratto. Entro questa facoltà si innestano gli oneri formali convenzionali, tra i quali si annovera anche la forma richiesta per l’accettazione, disciplinata dall’art. 1326, comma 2, c.c..
Sicché, le varie vicende che possono influire sulla formazione del contratto, rendono l’accordo poliedrico: ciò funge da sostegno dogmatico all’intera categoria dell’autonomia privata procedimentale. 9 Essa, in quanto espressione della libertà contrattuale, incontra i limiti che le sono propri. Il primo che viene in considerazione è dato dal principio dell’accordo. L’accordo può essere sì aggravato o semplificato atipicamente, ma non ne è ammessa la sostanziale esclusione, di modo da creare posizioni (quandanche previste ex contractu) di soggezione sine die e sine causa all’altrui iniziativa negoziale.
Il secondo limite,è quello della disciplina formalistica e neoformalistica, posta a tutela di interessi superiori dell’ordinamento giuridico, tra cui rientra la disciplina che protegge i consumatori. Il terzo limite è scandito dalla buona fede e dalla correttezza contrattuale.
Per meglio cogliere i tratti della categoria delle fattispecie aggravate di accordo (anche dette fattispecie forti), si deve tenere conto della tendenza legislativa alla procedimentalizzazione e oggettivizzazione del consenso. Talvolta
8 Cfr. Relazione al Re del Ministro Guardasigilli sul Codice civile, n. 617, IV capoverso: «il patto di adottare una certa forma per la conclusione di un futuro contratto deve essere interpretato in relazione all’effettiva volontà delle parti circa la funzione costitutiva o soltanto probatoria della forma voluta. Nel dubbio, si è considerato l’accordo come diretto a scopo costitutivo, contrariamente al gran parte della dottrina, ma conformemente al diritto romano».
9 La natura flessibile dell’accordo è colta, ex plurimis, da A. M. BENEDETTI, Autonomia privata procedimentale, Torino, 2002, p. 25. Secondo L’A. la presenza di molteplici procedimenti formativi «ha il pregio di adattare con grande flessibilità la definizione generale a variabili esigenze pratiche»
l’aggravamento è propedeutico al soddisfacimento di un interesse “nuovo” dell’ordinamento: la ricomposizione del conflitto esistente nel mercato tra impresa e consumatori. Il fine è quello di prevenire il possibile fallimento del luogo economico dei consumi, ipotizzabile a causa delle asimmetrie informative che lo connotano. La scelta legislativa di attuare la tutela del contraente debole anche attraverso la previsione di suddette fattispecie aggravate di accordo, permette di stabilire delle connessioni teleologiche con le scelte degli operatori economici, che pure si muovono nella direzione dell’aggravamento, questa volta, atipico.
Sicché, tra neoformalismo ed esercizio dell’autonomia privata procedimentale è dato intravedere una “identità di fine”: il raffreddamento del mercato. 10 Ciò si realizza attraverso la standardizzazione del contratto, che è in nuce al mercato dematerializzato di internet. In questo contesto, i gesti che conducono allo scambio virtuale sono apparsi talmente inespressivi, da spingere alcuni autori a negare che l’accordo possa tuttora ergersi a presupposto di suddetti scambi.11 Tutto ciò rende lo rende particolarmente insidioso per alcune classi di contraenti, in particolare per il consumatore.
Ciò è reso evidente dai massicci interventi nel settore, che provengono dall’Unione europea. In questo contesto la legge, per meglio tutelare il consumatore, si è avvalsa della tecnica legislativa del neoformalismo. Infatti, la procedimentalizzazione del consenso è stata avvertita quale strumento idoneo a rendere inoffensivo il contratto telematico, che, è normalmente contratto predisposto e per adesione. Inoltre, in considerazione del carattere alloctono della disciplina, non è sempre chiaro quali regole ne presiedano la formazione.
Per questo, i negozi di configurazione assumono un ruolo dirimente di self- regulation. In questo contesto normativo, la grande impresa, che non sembra soffrire degli interventi formalistici recentemente adottati, si dirige nella stessa direzione seguita dal legislatore: verso la procedimentalizzazione del consenso, questa volta atipica.
10 R. DI XXXXX, Autonomia privata e dinamiche del consenso, Napoli, 2002, p. 89.
11 X. XXXX, Scambi senza accordo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1998, n.1, pp. 347-364.
Gli operatori di internet mostrano uno spiccato interesse per gli aspetti procedimentali dei contratti che stipulano. Lo strumento giuridico deputato a soddisfare questo interesse appare il negozio di configurazione, che è prodotto dell’autonomia privata, declinata però nella sua accezione procedimentale. In quanto species della generale “autonoma privata”, incontra i limiti “positivi” della meritevolezza di tutela degli interessi perseguiti, e quelli “negativi” delle norme inderogabili, tra le quali si annoverano quelle formalistiche poste a tutela del consumatore.
Sicché, la predisposizione di modelli formativi atipici, non può sottrarre tutela al contraente debole, potendo rivolgersi solamente nel verso dell’ulteriore aggravamento del procedimento di formazione del contratto B2C.
La procedimentalizzazione del consenso è per sua natura tecnica idonea a ingenerare certezza nei traffici giuridici, sia che venga adottata dal legislatore, sia che venga adottata dalle parti. Per questo, l’autonomia privata procedimentale è tecnica negoziale di cui utilmente si avvale il ceto imprenditoriale, nel rispetto del principio dell’accordo e delle norme inderogabili dell’ordinamento. Questo scopo viene perseguito dilatando il tempo necessario ai fini della conclusione del contratto. Laddove dovessero risultare operative le regole tipiche (residuali), l’accordo che si raggiunge mediante l’accesso al sito, coerentemente con il comb. disp. degli artt. 1326 e 1336, c.c., si perfezionerebbe in forza dell’inoltro dell’ordine da parte del consumatore. In quanto atto astrattamente sussumibile nell’accettazione di offerta al pubblico, sarebbe sufficiente alla conclusione del contratto.
Senonché, questa circostanza potrebbe arrecare grave pregiudizio all’imprenditore attivo nell’e-commerce, il quale, in mancanza di una clausola configurativa all’uopo predisposta, risulterebbe vincolato da un numero sostanzialmente incontrollabile di contratti, pari, cioè, al numero di ordini ricevuti, con aumento esponenziale della probabilità di inadempienza e conseguente responsabilità contrattuale.
CAPITOLO 1
L’ACCORDO CONTRATTUALE
TRA NEOFORMALISMO E AUTONOMIA PRIVATA
PROCEDIMENTALE
SOMMARIO: 1. Premessa. — 2. L’accordo; ricostruzione della fattispecie contrattuale tra teoria oggettiva e teoria della volontà. — 2.1. Fattispecie forti e fattispecie deboli: gli interessi sottesi alla differenziazione del procedimento di perfezionamento dell’accordo. — 2.2. Oggettivazione e funzionalità del contratto; considerazioni sugli artt. 428, 1335, 1341 e 1433, c.c. — 2.3. Nozione normativa di contratto; critica alla dottrina dello scambio senza accordo. — 3. La calcolabilità come valore della società capitalistica; i contratti standard. — 4. Complessità dei procedimenti di formazione del contratto e tutela del contraente debole; il neoformalismo negoziale. — 5. Considerazioni introduttive sulla conclusione del contratto telematico
1. Premessa
Il presente studio intende esaminare due peculiari aspetti della tutela del consumatore: il c.d. neoformalismo negoziale, che sovente caratterizza l’iter di perfezionamento dei contratti consumeristici, e l’autonomia privata procedimentale, per tale intendendosi l’esercizio del potere contrattuale preordinato alla configurazione di modelli di accordo alternativi a quelli legali.
Obiettivo ultimo, è quello di proiettare l’odierna trattazione nella disciplina del commercio elettronico, mostrando come neoformalismo ed autonomia privata procedimentale possano incidere sulle sorti del contratto concluso in rete da un consumatore.
Entrambi i fenomeni investono e condizionano il concreto atteggiarsi del contratto. In ragione di ciò nasce un vivo interesse rispetto al loro inquadramento giuridico. In questo senso, per attribuire loro una sistemazione, è richiesto uno sforzo preliminare: lo studio dell’accordo contrattuale. Questo sembra un punto di
partenza imposto. Occorre far luce su cosa possa considerarsi accordo e cosa no, per tracciare i confini dell’autonomia privata procedimentale12, cioè della facoltà delle parti di foggiare procedimenti atipici, concorrenti con quelli legali.
Allo stesso modo occorre far luce sulla nozione di accordo per qualificare giuridicamente il fenomeno “neoformalismo”, riconducendolo a quelle fattispecie di accordo richiedenti elementi ulteriori rispetto al solo consenso delle parti e, per questo, dette forti13.
Assunto questo punto di vista, nel presente capitolo si evidenzia come il fenomeno contrattuale, pur essendo unitariamente preordinato alla costituzione, alla regolazione ovvero alla estinzione di rapporti giuridici patrimoniali, possa scaturire da sequenze di atti disparate, che, sebbene cangianti, conducono pur sempre allo stesso istituto giuridico: il contratto.
Per questo, si deve far menzione dei numerosi modelli di accordo che concorrono con quello “tradizionale” rappresentato dallo scambio di proposta e accettazione. Inoltre, vanno evidenziati gli interessi sottesi alla previsione da parte del legislatore di procedimenti alternativi a quello “canonico” di cui all’art. 1326, c.c..
Poi, individuate le finalità che hanno sospinto il legislatore a disciplinare variegati modelli di accordo, bisogna dar conto degli interessi che possono indurre i privati a fare altrettanto. Così, si deve concludere ipotizzando una convergenza teleologica tra aggravamento tipico/legale e aggravamento atipico/negoziale. Convergenza, che è dato giustificare sulla base dell’esigenza di governare il
12 L’espressione è coniata da A. M. BENEDETTI, Autonomia Privata Procedimentale, Torino, 2002.
13 X. XXXX, Studi sul formalismo negoziale, Xxxxxx, 0000. All’Autore dobbiamo la definizione delle fattispecie c.d. forti: sono quelle fattispecie di accordo che richiedono un quid pluris rispetto agli elementi minimi del contratto, rispetto cioè al consenso volontariamente manifestato dalle parti. In considerazione della loro struttura, l’Autore le contrappone alle fattispecie x.x. xxxxxx.
susseguirsi di atti unilaterali che conducono all’inverarsi della fattispecie contrattuale, vuoi per riequilibrare le posizioni delle parti, vuoi per prevenire l’insorgere di controversie, così tutelando l’interesse alla certezza del rapporto.
In altre parole, posto che gli istituti giuridici oggetto di attenzione da parte di questo lavoro sono riferibili alla fattispecie contrattuale, è dallo studio dei suoi elementi costitutivi che dobbiamo prendere le mosse; così da gettare le basi per il resto della trattazione.
Per il momento basti considerare come ipotesi di lavoro che le parti abbiano la facoltà di plasmare nuovi procedimenti di formazione del contratto. Questa ipotesi verrà sviluppata e confortata nel prosieguo della trattazione. Sennonché, sin da ora possiamo precisare che tale facoltà trova il proprio limite nel principio dell’accordo, di cui vanno indicati gli elementi minimi; coessenziali cioè alla fattispecie contrattuale. Le parti possono deviare dal modello legale, ma devono lasciare inalterata l’essenza dell’accordo, che si erge a elemento imprescindibile della fattispecie.14 Infatti, il principio dell’accordo si pone a garanzia della sfera giuridica rispetto ad intrusioni indesiderate perpetrate da terzi: in questo senso, tutelando la libertà contrattuale, protegge non solo l’individuo, ma anche l’ordine pubblico15; difende la libertà di non subire modificazioni del proprio patrimonio, quandanche positive, se non in forza di un atto di volontà, che poi giunga a perfezionare l’accordo contrattuale.
Alla luce di ciò, occorre in primis demarcare il perimetro minimo dell’accordo. Sono molteplici gli istituti giuridici da cui emerge la sua natura elastica, flessibile; il legislatore è capace di appesantirlo o alleggerirlo a seconda
14 Cfr. G. B. XXXXX, Il negozio giuridico, Padova, 2004, p. 38. L’A. considera l’accordo quale elemento logico necessario ed indispensabile perché si realizzi l’operazione contrattuale.
15 Sul punto, X. XXXXX, Il contratto, in Trattato di diritto privato, (a cura di) X. Xxxxxx e P. Xxxxx, Milano, 2016, p. 24 e ss.. Cfr. pp. 200 e ss.
degli interessi da controbilanciare. Così l’accordo si mostra quale istituto disomogeneo e questa immagine contribuisce a mettere in crisi il risalente dogma della volontà, per fare spazio ad un contratto in cui scambio e accordo possano apprezzarsi in una dimensione oggettivata. In questo solco vanno intesi il formalismo e la procedimentalizzazione del consenso: l’accordo, quanto più viene esteriorizzato secondo parametri prefissati, tanto meno offre il fianco a incertezze e margini di controversia.
Appunto per questo, nel presente capitolo si proverà a tracciare una definizione di accordo ed a sottolineare come questo, pur restando essenziale all’inverarsi della fattispecie contrattuale, sia cangiante. Ne discende una concezione normativa, lontana dalle più classiche intuizioni giusnaturalistiche. Questa concezione normativa ci serve per meglio intendere il fenomeno del neoformalismo negoziale, e per meglio corroborare la tesi per cui l’interesse alla procedimentalizzazione del consenso, sia meritevole di tutela e per questo su di esso insista l’autonomia privata… procedimentale.
2. L’accordo; ricostruzione della fattispecie contrattuale tra teoria oggettiva e teoria della volontà.
«Il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire estinguere o regolare un rapporto giuridico patrimoniale»16
La costituzione, l’estinzione e la regolazione di rapporti giuridici patrimoniali si radica nell’accordo delle parti, descritto dall’art. 1321, c.c. quale elemento costituivo della fattispecie 17. Con esso concorrono altri tre elementi:
16 Art. 1321, cod. civ..
17 Cfr. X. XXXXX, Il Contratto, in Trattato di diritto privato. Nello stesso senso si muovono, A.M. BENEDETTI, Autonomia privata procedimentale, Torino, 2002, pp. 10 e ss. e X. XX XXXX, L’accordo, in AA. VV., Lezioni sul contratto raccolte da Xxxxxx Xxxxxxxx, Cap. I, Torino, 2009.
l’oggetto, cioè un (1) rapporto giuridico, la sua (2) patrimonialità e la (3) volontà delle parti, designata dalla preposizione di scopo “per”.18 L’accordo si mostra come veicolo di cui avvalersi per rendere evidente quanto si intende ottenere dal contatto giuridico con un altro consociato.
Rispetto alla ricostruzione della figura dell’accordo, si sono storicamente contrapposte due impostazioni: l’una soggettiva19, che valorizza la volontà delle parti quale elemento costituivo della fattispecie, l’altra, oggettiva20, che valorizza il contenuto esteriore della dichiarazione ed il significato sociale che essa con sé reca; a questa impostazione sono riconducibili le teorie della dichiarazione e precettiva21.
Secondo la teoria soggettiva, mancando l’attuale volontà della parte rispetto alla produzione degli effetti giuridici, mancherebbe un elemento costituivo del contratto.
Specularmente, secondo la teoria oggettiva, elemento costituivo della fattispecie sarebbe la dichiarazione, non già il fenomeno psichico riferibile al dichiarante.
18 In argomento, ex plurimis, si veda X. XXXXX, op. cit., p. 4.
19 Decisivi sono stati i contributi della pandettistica. Per tutti si veda F. C. VON SAVIGNY, Sistema del diritto romano attuale, Vol. III, Torino, 1900, p. 337. L’Autore scrive: «la volontà di per sé stessa deve essere considerata come l’unico elemento importante ed efficace e soltanto perché essa è fatto interiore, invisibile, noi abbiamo bisogno di un segno, per il quale essa debba essere conosciuta dagli altri, e questo segno attraverso cui la volontà si fa palese, è appunto la dichiarazione».
20 Le c.d. teorie oggettive prendono le mosse dalle «dalle prime evoluzioni del capitalismo moderno [..] la portata oggettiva dei processi di scambio evidenziò i limiti delle teorie soggettive ed indusse a svilire vieppiù il ruolo della volontà nell’ambito della vicenda di produzione di effetti giuridici». Così, X. XXXXXXXXX in Autonomia negoziale e autonomia contrattuale, in Trattato di diritto civile del consiglio nazionale del notariato, (diretto da) P. Xxxxxxxxxx, Napoli, 2008, p. 162.
21 Questa distinzione è colta da C. M. XXXXXX, Il Contratto, in Diritto Civile III, Milano, 2013, p. 18.
Come è dato osservare, queste ricostruzioni sono parzialmente antitetiche. Lo sono in considerazione dei contrapposti presupposti ideologici che le sorreggono: la teoria volontaristica fu elaborata a suffragio delle istanze liberali/borghesi ottocentesche, congegnali ai profondi mutamenti sociali che portarono alla transizione verso una società capitalistica.
In seno a questo nuovo modello di società, la libertà di autodeterminarsi doveva riflettersi nella libertà di stipulare contratti: così il contratto acquista «forza di legge tra le parti»22; ciò esprimeva (ma esprime tutt’ora) che «il consenso in sé è il criterio di legittimazione di una nuova sovranità»23; quella borghese.
In questo modo, la trasposizione in termini giuridici della inviolabilità della libertà economica dell’individuo, fu rappresentata in quella stagione dal dogma della volontà: libertà di stipulare, inviolabilità della propria sfera giuridica e protezione da intrusioni non volute.
La teoria oggettiva precorre la modernità, e si confronta con le esigenze di una società capitalistica più matura, in seno alla quale la ricchezza è in prevalenza determinata dalla circolazione dei beni e dei contratti24. Così, quanto più il valore economico va assumendo una dimensione dinamica, tanto più la ricchezza è generata dallo scambio e meno dalla staticità dell’assetto dominicale. 25 Si
22 Cfr., Art. 1334, Code civil, che recita: «le conventions legalement formées tiennent lieu de loi à creaux qui les ont faites» e art. 1373, vigente codice civile.
23 Cit. R. DI XXXXX, Autonomia privata e dinamiche del consenso, Napoli, 2003, p.
15.
24 Cfr. X. XXXXXXX, Il Contratto, Padova, 2011, p. 4 L’Autore si sofferma funzione
del contratto nell’odierna economia post-industriale. Il contratto rappresenta una new property, nel senso che non si limita più a soddisfare l’esigenza di assicurare la circolazione della ricchezza, ma ne è divenuto esso stesso l’oggetto, attraverso le varie tecniche riferibili ai valori mobiliari.
25 Sul punto, R. DI XXXXX, op. cit., p. 19: «l’epicentro dell’attività di impresa si sposta dall’acquisto di mezzi di produzione alla distribuzione dei prodotti e la necessità di
contrappongono, da un lato, «la borghesia media e quella fondiaria, l’aspirazione ad un ordine statico e la difesa dei diritti acquisiti, anzitutto quelli proprietari» e dall’altro «i ceti industriale e del commercio, e la necessità di sostenere l’allargamento dei mercati con una disciplina a ciò idonea».26 È in ragione di ciò, che il riferimento alla volontà va in crisi: essa è «fatto psicologico meramente interno […] di per sé inafferrabile e incontrollabile» 27 , incompatibile con le esigenze di certezza del mutato contesto ideologico e di mercato.
Va però precisato come in seno a questa dottrina rimanga comunque ferma l’idea che attraverso l’accordo si esprima la volontà negoziale, sebbene, si vada ponendo l’attenzione sulla sua percettibilità28, che ne costituisce misura e limite di efficacia29. L’accordo, pur essendo elemento costituivo della fattispecie, perde così la sua dimensione esclusivamente volontaristica e, sotto questa luce, si presta ad essere definito come «fatto qualificato da norme»30, che «tengono conto di una grande varietà di fattispecie»31.
certezza nella contrattazione profila una diversa funzione della disciplina dei procedimenti formativi».
26 Cit. Ibidem, p. 20.
27 Cit. X. XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico, Rist. corr. della 2. ed., Napoli, 1994, p. 52.
28 Di «presunzione sociale di consenso» parla anche X. XX XXXXX, op. cit. p. 62. L’autore ribadisce che il consenso resta pur sempre il perno su cui l’accordo si regge, per quanto possano con esso concorrere elementi ulteriori, quale l’apparenza, l’autoresponsabilità, l’affidamento.
29 Cfr. X. XXXX, Studi sul formalismo negoziale, p. 32. L’Autore, in merito al rapporto tra forma e contenuto scrive: «questo è interiore e invisibile; quella assolve la funzione di recarlo all’esterno, e così di farlo percepibile e conoscibile»; quindi considera la «forma al servizio del contenuto» e nello stesso senso si muove X. XXXXXXX, Il contratto, p. 296 e ss..
30 X. XXXXX, op. cit., p. 95.
31 Cit. Ibidem.
Queste fattispecie sono necessarie al contemperamento degli interessi coinvolti nella formazione del contratto. In questo senso, possiamo concludere che l’accordo deve assumere una forma 32 , lo fa attraverso atti di espressione 33 . L’espressione genera affidamento34 circa la corrispondenza tra il voluto e il reso manifesto. Quando una dichiarazione, un gesto o un segno35, mettono al mondo il volere di due o più parti, ed appare che queste perseguono mutamenti corrispettivi in seno alle loro sfere giuridiche, lì si perfeziona il contratto.36
In questo senso, la disciplina del contratto «non fa dipendere la rilevanza giuridica dell’atto dalla realtà della volontà interna delle parti. Il contratto non è valutato come fenomeno psichico ma come fenomeno sociale, e ciò che conta è il valore obiettivo che questo fenomeno assume quale atto decisionale mediante il
32 Sul punto X. XXXXX, op. cit., p. 278: l’autore scrive: «la fenomenologia del diritto insegna che la forma serve a dare il sugello della giuridicità alle attività e iniziative degli uomini».
33 Occorre fornire una definizione di forma; in questa sede si ripropone quella offerta da F. VENOSTA, Profili del neoformalismo negoziale: requisiti formali diversi dalla semplice scrittura, in Obbligazioni e Contratti, 2008, n.11, p. 87: «la forma è il modo di atteggiarsi di tutti quegli accadimenti del mondo fisico o psichico, di produzione o comunque origine umana, attraverso i quali la generalità dei consociati riconosce o può riconoscere come esistenti gli elementi che il diritto considera rilevanti ai fini dell’esistenza del contratto o dell’atto».
34 Sposta l’attenzione sull’elemento della autoresponsabilità e dell’affidamento G.B. XXXXX, Il negozio giuridico tra libertà e norma, Rimini, 1992, p. 48 e ss.
35 Sul punto X. XXXXX, op. cit. p. 126. L’autore, sul punto, scrive: «una forma ci vuole in ogni caso, anche nel contegno omissivo»,
36 Sul punto, X. XXXXX, in Lezioni sul contratto, Bologna, 1975, pp. 40-50. L’autore riconosce come il contratto possa talvolta essere concluso in contrasto con la volontà di una parte, e individua nella definizione di cui all’art. 1173, c.c.: contratto quale fonte di obbligazioni. Ebbene una nozione più calzante di contratto, non essendovi al suo interno alcun riferimento all’elemento volitivo interno della parte.
quale le parti costituiscono, estinguono o modificano un loro rapporto patrimoniale»37.
Così, elemento costituivo dell’accordo è una manifestazione di volontà contrattuale che risulti imputabile alla parte; 38 che sia, in altre parole, obiettivamente apprezzabile come atto preordinato alla modificazione della propria sfera giuridica.
In ragione dei principi di autoresponsabilità e tutela dell’affidamento, incastonati nel nostro sistema civilistico, l’atto vincola chi l’ha posto in essere, quandanche questi abbia immesso nel traffico giuridico una dichiarazione non sorretta da una corrispondente volontà interiore. L’imputabilità, quale elemento sulla cui base valutare la produzione di effetti giuridici, può talvolta prescindere dal fatto che essi siano perseguiti. Ciononostante, il comportamento deve essere voluto dal soggetto a cui è imputabile (non necessariamente devono essere voluti gli effetti). In questo bilanciamento, si trova l’equilibrio tra tutela della libertà contrattuale e tutela dell’affidamento (che è interesse fondamentale della società di mercato). A seguire, proporremo alcuni esempi tesi ad evidenziare la fondatezza di queste considerazioni.
Dall’accordo che riveste un intento giuridicamente apprezzabile in considerazione della causa e dell’oggetto cui inerisce, scaturisce un contratto, valido. Questa affermazione si basa sul disposto dell’art. 1325, c.c., che indica i
37 Cit. C. M. XXXXXX, op. cit., p. 20.
38 Cfr. X. XXXXX, Lezioni sul contratto, Bologna 1975, cap. I; La formazione del contratto, pp. 40-50. Secondo L’A. imputabilità dell’atto alla parte significa pur sempre volontarietà della dichiarazione. Tuttavia, il contratto in quanto dichiarazione è fatto umano, quindi atto, quindi volontario. Il contratto quale regolamento è norma. Questo significa che dal fatto nasce la norma, e dalla norma il rapporto. In questo senso «la volontà contrattuale è volontà normativa, cioè volontà oggettiva o depsicologgizzata». A mente di questo insegnamento, si può concludere che la volontarietà deve abbracciare la condotta e non necessariamente gli effetti che da essa scaturiscono.
requisiti del contratto. Ebbene, il contratto, che è l’accordo di due o più parti, richiede la sussistenza di una causa, di un oggetto e di una forma quando prevista ad substantiam, cioè quale elemento strutturale dell’atto. 39 . Tuttavia, il primo requisito che si registra nell’art. 1325, c.c., ancora una volta, è quello dell’accordo. Come coordinare l’art. 1321, c.c., che compenetra ontologicamente la definizione di contratto nel concetto di accordo, con l’art. 1325, c.c., che lo annovera tra i suoi requisiti?40 Secondo alcuni autori le disposizioni non avrebbero valore cogente, limitandosi ad assumere una funzione descrittiva. Non avrebbero
insomma “né contenuto normativo, né valore sistematico”41.
Diversamente, altra dottrina discerne il perimetro precettivo delle due disposizioni42. La prima (l’art. 1321 c.c.) descrive la fattispecie, accomunando accordo e contratto. La seconda (l’art. 1325 c.c.) ne disciplina gli elementi qualitativi, necessari al valido perfezionamento. La prima assurge a norma essenziale, la seconda a norma strutturale43, richiedendo un accordo perfezionatosi correttamente perché possa esservi non solo il nucleo minimo di atti che rendano esistente un contratto,44 ma affinché esso validamente si concluda.
39 Cfr. X. XXXXXXXX, Studi sull’autonomia dei privati, Torino, 1997, p. 49. L’autore si pronuncia nel senso della coincidenza contratto e accordo
40 Sul punto si veda X. XXXX, Studi sul formalismo negoziale, p. 44. L’Autore, a proposito del comb. disp. degli artt. 1321 e 1325, scrive: «l’unità ritorna nell’art. 1325, n.1 cod. civ., a debito del quale va segnato che l’accordo non è uno dei molteplici requisiti del contratto, e che causa e oggetto non si pongono accanto, ma dentro l’accordo»
41 In questo senso si muove X. XXXXXXXXX, Dei contratti in generale, in Comm. Cod.
Civ, Torino 1980, Libro IV, Tomo II, p. 43.
42 In questo senso si pronuncia G.B. XXXXX, Il negozio giuridico, Padova 2004, p. 38 e ss.. L’Autore si sofferma sulla duplice portata delle disposizioni: l’una relativa alla formazione del contratto, l’altra relativa al profilo di efficacia/validità dell’atto.
43 Recepisce questa distinzione A.M. XXXXXXXXX, op. cit., p. 12 e ss..
44 Sul punto, A. DI MAJO, AA. VV., Lezioni sul contratto. Raccolte da Xxxxxx Xxxxxxxx, Cap. I, L’accordo. Si veda anche A.M. XXXXXXXXX, op. cit., p. 22.
Sin da ora emerge una direttrice che ci ha guidato nel presente studio: «la forma dell’atto è sempre eccedente rispetto alla manifestazione di volontà, e come tale è sempre inutile; ma è solo attraverso questo inutile eccesso che la volontà del soggetto diviene oggettività giuridica»45.
2.1. Fattispecie forti e fattispecie deboli: gli interessi sottesi alla differenziazione del procedimento di perfezionamento dell’accordo
Alla luce di quanto esposto sopra, l’accordo si svela come un approdo prima ancora che come requisito: essenza del contratto prima che elemento necessario ai fini della sua validità. Ci è dato pervenire ad una conclusione: sebbene l’accordo sia elemento indispensabile della fattispecie contrattuale, la sua struttura muta, essendo tipizzata da tecniche procedimentali prescelte dal legislatore. 46 Come accennato, l’ammissibilità di questa considerazione dipende dall’abbandono di una visione pre o ultra giuridica di accordo. La legge resta sovrana di definire la sequenza di atti che portano alla conclusione del contratto ed è libera di modellarne la struttura. Lo fa lasciandosi guidare dalle esigenze di politica del diritto che persegue: è di queste esigenze che si va adesso discorrendo.47
Come accennato nell’inquadramento dottrinale sopra esposto, l’esperienza dei primi codici liberali ci consegna un contratto privo di disciplina quanto ai procedimenti di formazione del consenso: una siffatta regolazione «avrebbe assunto valenza esclusivamente negativa», poiché le dinamiche del consenso erano avvertite come componenti imprescindibili della libera iniziativa contrattuale, la cui eccessiva disciplina «avrebbe avuto funzione di controllo»48. Costituisce una nitida
45 X. XXXXXX, Solennità della forma e sostanzialità giuridica, in AA.VV., Xxxxx Xxxxxxxxx (ed.), Il diritto tra forma e formalismo, Napoli, 2011, p. 109.
46 X. XXXXX, op. cit., pp. 23-25
47 A. M. XXXXXXXXX, op. cit., pp. 14-20.
48 Cit. X. XX XXXXX, op. cit., p. 43
evidenza di ciò l’azzeramento dei procedimenti formativi ad opera del codice Napoleonico49.
È tangibile il forte distacco rispetto alla tradizione romanistica, che ci tramanda un ordinamento in seno al quale la stipulazione del contratto scaturiva dal perfezionamento di procedimenti rituali.50 Questa esperienza va sotto il nome di formularismo. Per la produzione di effetti giuridici era richiesto il ricorso a espressioni e gesti predeterminati e sedimentati51, valendo il principio «ex nudo pacto actio non nascitur» 52 : lo scambio di volontà irrituale era inidoneo a sopravvivere a sé stesso, inidoneo cioè a tramandarsi nel tempo. Il nudo patto, privo dell’attitudine di legittimare pretese giuridiche in capo ad alcuna delle parti, non conferiva la facoltà di agire in giudizio. Di conseguenza, nella misura in cui il procedimento faceva sorgere situazioni giuridiche attivabili in giudizio, prendeva
«il posto della faida»53 , ricomponendo il contrasto tra autotutela e protezione giuridica. Sta proprio in questo la contrapposizione tra formalismo arcaico e aformalismo moderno: nel rapporto tra ordine e libertà, individualismo e collettività54.
49 A conferma di ciò si veda, nella sua versione risalente, l’art 1134, Code Civil Napoleon.
50 Sul punto, X. XX XXXXX, op. cit., p. 43. L’A. rappresenta questa circostanza facendo menzione di una vera propria “allergia alle forme”, che «consentissero di controllare il consenso dall’alto riducendone la capacità di formare diritto auto-legittimato»,
00 Xxx. X. XXXXXXX, Xxxx e sapienza del diritto, Bari, 1981, p. 434 e ss. La ritualità è elemento ricorrente in tutte civiltà arcaiche. Si pensi all’India vedica, in cui la produzione degli effetti giuridici era rimessa alla ripetizione dei mantra.
52 Cit. Cfr., XXXXX, S.2, 14, I. Cfr. ULPIANO: «Nuda pactio obligationem non parit», Dig. 2, 14, 7, 4.
53 Cit. X. XXXXXXX, Fondamenti della sociologia del diritto; Volume 35; in Civiltà del diritto, Torino, 1976, p. 314.
54 Cfr. Ibidem.
Abbiamo quindi mostrato la profonda divergenza tra la disciplina della forma dei codici ottocenteschi e la tradizione romanistica. Xxxxxxxxxxxx, ci è dato riscontrare come in seno al codice Napoleonico, così come al nostro abrogato codice civile, vi sia traccia di fattispecie forti: in particolare ci riferiamo alla forma scritta richiesta per gli atti dispositivi di diritti reali immobiliari, la cui disciplina era recata, nella nostra esperienza, dall’art. 1314 dell’abrogato codice civile55. Questa fattispecie ci sembra esponenziale di un interesse alla conservazione, poiché, nell’ottica di quel legislatore, l’atto di disposizione del diritto dominicale rappresentava il presupposto di una modificazione rilevantissima della sfera giuridica.
Ebbene, la ratio della disposizione è ora trasfusa nell’art. 1350, del vigente codice civile, sebbene l’interesse conservativo che la sottende, non sia più un interesse “di mercato”, poiché non è più esponenziale di un ceto economico prevalente. Nondimeno, pur rimane attuale l’interesse a generare certezza nei confronti delle parti e dei terzi, così veicolando ponderazione in ordine a contratti
55Si riporta il testo dell’art. 1314, cod. civ. abr.: «devono farsi per atto pubblico o per scrittura privata sotto pena di nullità, 1. Le convenzioni che trasferiscono proprietà d'immobili o di altri beni o diritti capaci d'ipoteca salve le disposizioni relative alle rendite sopra lo Stato; 2. Le convenzioni che costituiscono o modificano servitù prediali, o diritti di uso o di abitazione, o trasferiscono T esercizio del diritto di usufrutto; 3. Gli atti di rinunzia ai diritti enunciati nei due numeri precedenti; 4. I contratti di locazione d'immobili per un tempo eccedente i nove anni; 5. I contratti di società che hanno per oggetto il godimento di beni immobili, quando la durata della società è indeterminata o eccede i nove anni; 6. Gli atti che costituiscono rendite sì perpetue come vitalizie; 7. Le transazioni; 8. Gli altri atti specialmente indicati dalla legge». Si può sottolineare come la disposizione in esame rinunci ad una distinzione canonica tra forma ai fini di validità e prova, collocandosi nella sezione dedicata alla prova degli atti. Ciò si salda pienamente con il discorso sopra intrapreso. Basti notare che la disposizione sopra riportata è inserita nella sezione dedicata alla prova degli atti.
dal rilevante valore sociale56. Così, «laddove l’esigenza di una rapida circolazione della ricchezza viene meno riappaiono le prescrizioni di forma».57
In antitesi alla sistematica dei primi codici liberali, nasce in seno al nuovo ceto commerciale l’interesse alla procedimentalizzazione del consenso. Questo interesse è legato all’esigenza di maggiore certezza e rapidità degli scambi e a fugare possibili perplessità in ordine al luogo e al tempo della conclusione dei contratti commerciali.
Caso emblematico è quello dell’art. 1327, c.c., il cui equivalente era inizialmente disciplinato nel codice del commercio, agli artt. 36 e 37 58 . Le disposizioni appena citate si allontanavano dallo schema dichiarazione-consenso e pertanto rappresentarono una frattura netta con il modello volontaristico. In ragione di ciò, non mancarono di dare adito ad accesi dibattiti dottrinali, nonostante la disciplina dei procedimenti di formazione dei contratti fosse (non a caso) relegata
56 Si è volontariamente omesso di fare menzione del valore economico riconducibile alla circolazione dei beni immobili, poiché se esso è notevole guardando all’economia con un approccio “microeconomico”, cioè guardando all’esperienza che per lo più accomuna la media dei consociati, una volta mutato lo sguardo ci si avvede di come “macroeconomicamente” la circolazione dei beni mobili rivesta un ruolo di ben più considerevole spessore. Sul punto si pronuncia espressamente X. XXXX, op. cit., p. 61: «se appena si consideri l’importanza assunta nel nostro tempo dai beni mobili, si avverte che al formalismo microeconomico si contrappone l’aformalismo della macroeconomia»,
57 Cit. X. XXXXXX, Vincoli di forma e disciplina del contratto: dal negozio solenne al nuovo formalismo, Milano, 2008, p. 6. Sul punto si veda anche X. XXXXXXXX, Nuovi requisiti di forma nel contratto: trasparenza contrattuale e neoformalismo, Padova, 2006,
p. 8: nell’ottica dell’Autrice, la forma contribuisce alla certezza del rapporto, poiché
«elimina l’incertezza quanto alla determinazione del contenuto del contratto».
58 In argomento si veda C. VIVANTE, Trattato di diritto commerciale, Milano, 1916,
p. 6; «l’istituto della conclusione dei contratti ha trovato la sua sede nel Codice di Commercio, perché gli affari dei commercianti che un tempo si concludevano […] tra presenti, oggi si concludono per lo più tra lontani colla posta e col telegrafo, e questa lontananza fa sentire al legislatore commerciale la convenienza di indicare in quale momento e in quale luogo il contratto divenga perfetto».
al codice commerciale, così da lasciare impregiudicata almeno la sistematica, di più
generale respiro, del codice civile.
L’art. 1327 59 costituisce l’odierno equivalente delle disposizioni summenzionate. Esso, ai fini della conclusione del contratto inter absentes, rende superflua la dichiarazione di accettazione, in ragione di un interesse alla celere conclusione dell’affare. Questa esigenza di speditezza può essere ravvisata nella natura dell’operazione economica, negli usi o in una richiesta del proponente all’uopo indirizzata verso l’oblato.
Oggi gli istituti giuridici esponenziali di ideologie e forme di mercato differenti, convivono in seno al vigente codice e si collocano tutti nella Sezione I, Capo II, Titolo II, Libro IV, c.c., per l’appunto titolata: Dell’accordo. A questo proposito è cristallina una considerazione di X. Xx Xxxxx, presente nel suo saggio, Autonomia privata e dinamiche del consenso ed è utile qui riportarla: «gli art. 1326 e ss. del codice civile vigente rappresentano una sintesi straordinaria di almeno de secoli di storia civile e di tradizione civilistica (del secolo delle conquiste liberali e di quello dell’economia di massa e della battaglia per la democrazia), è gioco forza chiedersi, in chiave prospettica se e come quella disciplina riesca a convivere con i nuovi procedimenti formativi»60.
Per ora basti considerare che la sistemazione adottata dal codice civile appare «coerente con la configurazione della fattispecie contrattuale [..], ha il pregio di adattare con grande flessibilità la definizione generale a variabili esigenze pratiche».61
59 Se ne riporta il testo: «Qualora, su richiesta del proponente o per la natura dell'affare o secondo gli usi, la prestazione debba eseguirsi senza una preventiva risposta (1), il contratto è concluso nel tempo e nel luogo in cui ha avuto inizio l'esecuzione. L'accettante deve dare prontamente avviso all'altra parte della iniziata esecuzione e, in mancanza, è tenuto al risarcimento del danno».
60 Cit. X. XX XXXXX, op. cit., p.78.
61 Cit. A. M. XXXXXXXXX, op. cit., p. 25
Abbiamo costatato come al modello tradizionale, nel tempo, se ne siano affiancati altri. La ragione di ciò sta nel fatto che il contratto «tocca, invade, incide la sfera giuridico-patrimoniale dei soggetti coinvolti»62 ed i differenti gradi di accordo sono commisurati alla diversa intensità degli effetti che il contratto può avere sulla sfera giuridica del consociato. È vero che ogni intrusione nel patrimonio altrui richiede la partecipazione del soggetto che la subisce, ma è in considerazione della gravità dell’intrusione, che la legge richiede una struttura di accordo variabile: principio generale è quello della libertà delle forme, sebbene per le intrusioni più gravi sia necessaria una struttura pesante, come l’appena menzionata forma scritta ad substantiam63, idonea a generare certezza maggiore in ordine agli effetti giuridici perseguiti dalle parti. Per le intrusioni più blande, è sufficiente una struttura leggera,
62 Cit. X. XXXXX, op. cit., p. 25.
63 Il principio sembra appartenere al nostro sistema civilistico ed ricavabile a contrario dagli artt. 1325 e 1350, c.c.. La dottrina tradizionale attribuisce alle suddette disposizioni il valore di norme eccezionali, insuscettibili di interpretazione analogica. L’idea si basa sulla considerazione del principio della libertà delle forme come norma dal valore “regolare”, cui fanno da contraltare le eccezioni riferibili all’art. 1350, c.c.. A questa dottrina si contrappone chi non riconosce alla “libertà delle forme” il valore di norma (poiché non descrive una fattispecie), così rifiutando l’assunto per cui ad ogni disposizione che si contrapponga ad una regola di “libertà” sia ascrivibile il valore di norma eccezionale. La forma altro non è che un prius pratico dell’atto, e gli artt. 1325 e 1350, c.c. non si pongano in rapporto di eccezione rispetto ad alcuna norma generale dell’ordinamento. In altre parole «nessuna norma è in sé e per sé, regola od eccezione. Si tratta di individuare in materia di forma la norma regolare e quella eccezionale […] la norma sulla forma è unica ed esclusiva […] non si danno quindi due norme sulla forma ma una sola la quale in sé considerata non è né eccezionale né regolare». Cit. X. XXXX, Studi sul formalismo negoziale, p. 54.. Questa intuizione porta con sé conseguenze di non poco conto, ovverosia la possibilità di estendere ed interpretare per analogia la disciplina degli atti che debbono farsi per iscritto ad ipotesi non previste dall’art. 1350, c.c.. Ancora una volta ci è dato riscontare come la contrapposizione di vedute rispetto agli istituti “formali” affondi in diverse concezioni dell’istituito contrattuale: il substrato di cultura giuridica che le diversifica è riconducibile per lo più alla contrapposizione tra le teorie che sono state oggetto di considerazione nel II paragrafo del presente lavoro.
non essendo ravvisabili rischi particolari rispetto al nascituro rapporto. A questo proposito valga l’esempio dell’art. 1333, c.c.: a fronte di un contratto con obbligazioni a carico del solo proponente, la legge riconduce all’osservanza di un contegno omissivo protrattosi per un certo tempo (silenzio), un comportamento idoneo e sufficiente alla conclusione del contratto. Ciò in considerazione dell’insussistenza di un corrispondente sacrificio economico nella sfera giuridica della controparte.
A questo punto per completare il discorso intrapreso, si deve fare menzione della rinnovata e recente tendenza legislativa, di origine comunitaria, alla procedimentalizzazione del consenso. Infatti, è proprio in seno a questo trend che va ricercata la matrice del neoformalismo, la cui natura giuridica è oggetto di indagine da parte di questo lavoro.
Come approfondiremo nel IV paragrafo, il nostro ordinamento si arricchisce di ulteriori fattispecie forti di accordo. Esse si caratterizzano per la funzione cui assolvono: la tutela del contraente debole, che assurge a indiretta garanzia dell’ordine concorrenziale del mercato unico europeo64. In seno a questa tendenza si osserva come «il procedimento conquista una posizione prioritaria assolutamente nuova nella storia e nella teoria moderna dell’autonomia privata»65, ciò rappresentando una «decisiva discontinuità nei fini e nelle tecniche»66. La considerazione della sostanziale disparità trai contraenti è il substrato su cui si fonda un rinnovato interesse per i procedimenti.
Possiamo allora riscontare come si siano nel tempo succedute tre fasi:
ss..
64 Così M. P. PIGNALOSA, Manuale del diritto dei consumatori, Roma, 2013, p. 36 e
65 Cit. X. Xx XXXXX, op. cit., p. 32
66 Cit. Ibidem.
prima (di cui sono espressione i primi codici liberali): nella quale il consenso è espressione dell’autonomia privata e l’assenza di una disciplina positiva dei procedimenti ha una accezione rispettosa dell’uguaglianza formale67 delle parti. seconda (di cui è espressione il codice civile vigente): nella quale la procedimentalizzazione del consenso è mezzo attraverso cui garantire la certezza e la rapidità dell’attività commerciale, ma in cui l’oggettivazione del contratto fa da contraltare ad un rinnovato interesse per la funzione (causa) cui il esso assolve68. Si intravede, sebbene non nitidamente, il fine perseguito: ricercare un punto di equilibrio tra la tutela dell’affidamento (e quindi della certezza dei traffici giuridici) e il perseguimento dell’uguaglianza sostanziale tra le parti. Il nostro codice, come in seguito preciseremo, fa ricorso a molteplici disposizioni, aperte e non, per garantire sufficiente funzionalità del contratto: si pensi al caso del contratto stipulato dall’incapace naturale e del contratto rescindibile. Queste figure, su di un piano sistematico, si collocano a grande distanza reciproca. La prima disciplina un vizio che afferisce alla volontà del contraente, la seconda alla causa del contratto. Eppure, in entrambe le ipotesi, appare chiaramente che la legge non si preoccupi delle circostanze in cui il consenso si è formato, bensì delle conseguenze cui hanno dato causa sul piano patrimoniale (pregiudizio patrimoniale dell’incapace, lesione ultra dimidium/condizioni inique). Inoltre, non ci sembra casuale che il substrato
67 Cfr. C. M. XXXXXX, op. cit., p. 26. All’idea di un’uguaglianza formale si va contrapponendo l’idea che «il dogma della volontà serva a coonestare il dominio dei detentori del potere economico. Attraverso l’eguaglianza giuridico-formale, delle parti si rafforza la loro diseguaglianza di fatto e la libertà negoziale si appalesa come lo strumento per l’affermazione degli interessi capitalistici».
68 Ibidem: come accennato la tendenza è riconducibile ad un mutato contesto ideologico, che sostituisce all’individualismo borghese la concezione di uno Stato «che riconosce rilevanza all’autonomia privata nella misura in cui essa realizza una funzione socialmente utile».
normativo su cui si fonda l’intera giurisprudenza della buona fede contrattuale sia quello codicistico.
terza (di cui è espressione la legislazione speciale): in cui la procedimentalizzazione del consenso è strumento attraverso cui garantire non più l’eguaglianza formale tra le parti, bensì quella sostanziale, appianando le disparità che connotano i rapporti di forza e di consapevolezza tra le parti del contratto69. Il fine è quello di promuovere, anche attraverso la procedimentalizzazione del consenso, una democrazia economica, la cui dimora si sposta dalla pubblica ekklēsía, al mercato dei consumi; anch’esso profondamente mutato nella sua fisionomia e, di conseguenza, nelle tecniche contrattuali di cui si avvale.
Alla luce di quanto esposto, possiamo ipotizzare che ciò che vale ai fini dell’indagine circa il perfezionamento della fattispecie contrattuale è un giudizio di conformità tra i fatti materiali cui le parti danno causa e uno dei modelli di accordo descritti dalla legge70.
È questa la ricostruzione atta a superare le tesi che vorrebbero scindere il contratto dal requisito dell’accordo 71 , ovvero considerare estranei al modello contrattuale tutti quei negozi scevri da un consenso formatosi dialogicamente72.
69 L’incedere di queste fasi è colto da R. DI XXXXX, op. cit., p. 76. L’Autore nella sua opera descrive la natura della terza fase, intuendo che «la debolezza contrattuale è presupposto per una profonda riforma dei procedimenti e la parte non sembra più, almeno a un primo sguardo, neutrale: è invece volta per volta consumatore, professionista, impresa in posizione di dipendenza economica ecc.»,
70 Diffusamente, A. M. XXXXXXXXX, op. cit., p. 23 e ss.
71 Questa tesi è sostenuta da X. XXXX, nel suo celebre saggio, Scambi senza accordo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1998, p. 347 e ss. L’Autore, ci pone dinnanzi a un aut aut: negare che gli attuali scambi siano sussumibili nella fattispecie contrattuale, o ammettere che essi, pur essendo contratti, facciano a meno dell’accordo
72 Sul punto si veda, X. XXXXXXXXX, Dal contratto al negozio unilaterale, ristampa anastatica, Milano, 2007, p. 23 e ss. Cfr. X. XXXXXXX, The death of contract, Ohio State University Press, 1995.
Sicché, in questa sede riproponiamo una ricostruzione di accordo idonea a delineare un modello elastico, che ricomprenda nel suo alveo, sia le fattispecie in cui le parti omettono di realizzare un dialogo reciproco (come nelle ipotesi dei contratti per adesione, dei contratti telematici, dei contratti che si concludano in forza del silenzio ai sensi dell’art, 1333, c.c., ovvero dei contratti che si concludono i forza dell’inizio di esecuzione, ai sensi dell’art. 1327, c.c.), sia le fattispecie aggravate, in cui gli oneri procedimentali che preannunciano la valida conclusione del contratto si moltiplicano.
Infine, riproponiamo una ricostruzione di accordo idonea a ricomprendere al suo interno quei procedimenti formativi predisposti dalle stesse parti, nell’esercizio della loro autonomia privata.
Si può allora pervenire alla seguente considerazione: l’accordo è il
«parametro alla luce del quale vagliare e classificare le diverse fattispecie e individuare lo spazio su cui l’autonomia dei privati può muoversi»73 . Questa concezione rinuncia all’idea fenomenica di accordo consegnataci dalla tradizione e talvolta riproposta ai nostri giorni. Invero, la volontarietà rimane elemento che sorregge l’accordo, ma, con esso, altri elementi concorrono a delineare le sorti del contratto: affidamento, buona fede, autoresponsabilità e certezza degli scambi.
In questo senso l’accordo delineato dal nostro legislatore sembra privilegiare il valore della sicurezza della circolazione della ricchezza, che è esigenza del capitalismo modero.
Nel nostro ordinamento si trova traccia di tutte le tre fasi storico/giuridiche sopra descritte. Le ultime due (procedimentalizzazione del consenso per garantire la certezza e rapidità degli scambi, da una parte, procedimentalizzazione del consenso con finalità di tutela del contrente debole, dall’altra) sono di grande attualità, perché convergono in un unico interesse di mercato: la certezza dello
73 Cit. A. M. XXXXXXXXX, op, cit., p. 10.
scambio. In questo riconosciamo che il neoformalismo ha una portata tutto sommato compatibile con le istanze della moderna economia di scala; se ne parlerà più diffusamente in seguito.
Già negli anni 80’ X. Xxxx scriveva nel suo saggio Studi sul formalismo negoziale, che la certezza della vicenda giuridica è conseguita «mediante le tecniche del formalismo giuridico»74. Questa suggestione ci proponiamo di cogliere per stabilire come il proliferare di fattispecie di accordo forti incida sulle scelte dell’imprenditore rispetto alla conclusione dei contratti funzionali all’esercizio della sua attività.
Xxxxx per ora concludere che la legge non recepisce l’accordo come realtà esistente in rerum natura, ma lo disciplina modulandone il peso a seconda degli interessi coinvolti. Questa tendenza di politica del diritto è filtrata sia dal codice civile che dalle leggi speciali. A voler argomentare diversamente, tutti quegli scambi che rinunciano al dialogo sarebbero insuscettibili di essere ricondotti al modello dell’accordo e quindi sussunti nell’alveo della fattispecie contratto. Sono quei casi in cui il dialogo, la contrattazione, le trattative e, talvolta, la stessa parola, non trovano spazio. Di ciò meglio si argomenterà nei prossimi paragrafi.
2.2. Oggettivazione e funzionalità del contratto; considerazioni sugli artt. 428, 1335, 1341 e 1433, c.c.
Tirando le somme del discorso intrapreso nel paragrafo che precede, ci troviamo di fronte ad una fattispecie contrattuale unitaria, per quanto riguarda gli effetti giuridici cui essa dà luogo, seppur l’accordo si presenti come istituto disomogeneo, quanto alla sequenza di atti che si trovano alle sue spalle.
74 Cit. X. XXXX, op. cit., p. 73
Il legislatore dimostra di avere nella sua libera disponibilità la costruzione di fattispecie di accordo forti e deboli, talvolta privilegiando la realizzazione di una causa meritevole, piuttosto che un’indagine esaustiva rispetto alle fasi volitive
interne da cui il contratto è scaturito.75 Queste considerazioni sono rese particolarmente evidenti da alcuni istituti giuridici76:
a. Le condizioni di annullabilità del contratto posto in essere dall’incapace naturale disciplinate dall’art. 428, c.c.
b. Le condizioni di vincolatività delle clausole predisposte da una sola parte, disciplinate dall’art. 1341, c.c.77
c. La presunzione di conoscenza riferita all’accettazione della proposta contrattuale, disciplinata dall’art. 1335, c.c.
d. L’errore nella dichiarazione o nella sua trasmissione, disciplinato dall’art. 1433, c.c.
La disciplina di questi quattro istituti ci consegna una nozione di accordo oggettivata, esautorata dalla dogmatica della volontà, che soccombe a fronte dell’esigenza di certezza delle relazioni giuridiche. In tutti i casi suddetti, infatti, la legge frustra la concreta volizione della parte:
a. Rendendo annullabile il contratto dell’incapace solo di fronte al
pregiudizio patrimoniale da esso scaturente, in mancanza del quale il contratto
75 Cfr. X. XX XXXXX, op. cit. p. 15 e ss. In particolare, p. 19. L’Autore scrive «la causa si colloca al centro della scena, poiché è in grado di esprimere a posteriori il valore si economico che politico degli atti di autonomia. E consente così di prospettare una ragione di efficacia che non presupponga la conformazione degli atti e che non sposti però la valutazione dal piano meramente strutturale».
76 Diffusamente, X. XXXXXXX, Il Xxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, pp. 38-49, 139-144, 319-
321, 334-335, 567-573.
77 R. DI XXXXX, op. cit., p. 138. L’autore si pronuncia nel senso di una «piccola rivoluzione» rappresentata da questi istituti, riferendosi alla cultura giuridica su cui si innestavano
resterà valido ed efficace nei confronti delle parti. È evidente come la legge si preoccupi della funzionalità dello scambio, e quindi del profilo della causa, piuttosto che della genuina formazione della volontà di parte, sebbene l’incapacità di intendere e/o di volere sia ascrivibile alle patologie che viziano il consenso78.
b. Presumendo conosciuta l’accettazione nel momento in cui essa giunga all’indirizzo del proponente. Così, il recapito al suo domicilio fa nascere il vincolo contrattuale, sebbene la parte potrebbe non esserne concretamente a conoscenza. Ancora, la parte potrebbe aver medio tempore maturato una volontà avversa alla conclusione del contratto. Ebbene, in questo caso la legge privilegia il valore dell’affidamento e fa sì che il contratto vincoli il proponente, seppur questi ignori la nascita del vincolo79.
c. La legge considera efficaci le condizioni generali di contratto predisposte da uno solo dei contraenti se, al momento della stipula, l’aderente le abbia conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza. Non potendosi accomunare la potenziale conoscibilità80 con la conoscenza attuale delle
78 Così, X. XXXXXXX, op. cit., p. 319: «la legge considera l’incapacità naturale non come fattore che altera la volontà, ma come fattore di alterazione della causa dell’atto o del contratto, che è annullabile solo se concluso a condizioni gravemente pregiudizievoli per la parte».
79 Così X. XX XXXXX, ibidem, p. 124: «la volontà implica conoscenza effettiva e la subordinazione dell’efficacia di questi procedimenti formativi a tale conoscenza varrebbe ad assicurare una piena tutela di tipo statico: verrebbe ad assicurare che nessuna regola privata produca effetti nella sfera giuridica di un soggetto, sia valida senza la volontà del soggetto medesimo [..] tuttavia l’art. 1335 c.c. non richiede la conoscenza ed adotta invece il criterio della conoscibilità […]: è sufficiente che gli atti siano percepibili [..] prevale la tutela della certezza del diritto in senso dinamico».
80 Per questo, X. XXXXXXX, Il Contratto, p. 39, parla senza mezzi termini di «limiti imposti all’autonomia contrattuale di una delle parti e quindi destinati ad operare a vantaggio dell’altra».
clausole contrattuali81, si ha da concludere che nella fattispecie in esame la legge riduce lo spazio di operatività della volontà dell’aderente 82 , ammettendo la vincolatività di clausole sconosciute.
d. Infine, nonostante un’erronea dichiarazione o l’inesatta trasmissione della dichiarazione dalla persona o dall'ufficio incaricato, la legge fa nascere il vincolo se l’errore non risulta riconoscibile dalla controparte contrattuale. La legge privilegia l’affidamento ingenerato nel destinatario dalla dichiarazione, a fronte di una volontà che potrebbe addirittura essersi formata in senso contrario alla costituzione del vincolo 83 , infatti non v’è vizio della volontà, bensì vizio che colpisce la sua esteriorizzazione. In questo caso il sacrificio della volontà del contraente è massimo84.
Tutti questi esempi valgono senz’altro a corroborare una concezione oggettiva di accordo e sottolineano la tendenza del vigente codice civile a privilegiare «l’interesse superiore della produzione, così da rendere la circolazione più ampia, più celere, più sicura possibile ed è chiaro che gli accennati indirizzi
81 In questo senso, X. XXXXXXX, op. cit. p. 40: «la conoscenza effettiva del regolamento è qui sostituita, come impongono le esigenze della contrattazione uniforme, dalla mera conoscibilità, l’altro contraente è vincolato anche se, di fatto, non lo aveva conosciuto e non lo aveva, di conseguenza, voluto»
82 Così, A. M. XXXXXXXXX, op. cit., p. 26: «l’aderente che accetti senza conoscere per negligenza è come se avesse accettato, sicché la legge equipara questa situazione allo schema generale di cui all’art. 1326 c.c.».
83 In argomento, X. XXXXXXX, op. cit., p. 335: «questo è uno dei punti cruciali della teoria del contratto, tale da mettere in discussione il concetto espresso dall’art. 1321, che definisce il contratto come “l’accordo di due o più parti”. Qui l’effetto costitutivo regolativo, estintivo, si produce anche se non voluto da una delle parti e, perciò anche se è mancato ciò che l’art. 1321 definisce come l’accordo fra i contraenti.»
84 X. XX XXXXX, op. cit., p. 123: «un contratto valido può scaturire dalla percezione di una dichiarazione di volontà inesistente, determinata da errore non riconoscibile nella comunicazione, Autonomia privata e dinamiche del consenso».
provocano restrizioni del dogma della volontà»85. In tutti i casi sopra descritti, la funzionalità del negozio, da indagare sotto la luce del requisito della causa, si sostituisce alle considerazioni relative alla volontà della parte.
Infatti, (a) la legge ai fini dell’annullamento del contratto concluso dall’incapace, richiede il pregiudizio economico. (c) Limita l’efficacia delle condizioni generali di contratto, ma richiede l’esteriorizzazione formale 86 del consenso con l’apposizione della specifica sottoscrizione ai fini dell’efficacia delle clausole vessatorie: sicché è richiesto un riavvicinamento della volontà al contenuto del contratto quando esso si caratterizzi per la presenza di condizioni svantaggiose. La legge (d) richiede la riconoscibilità dell’errore ai fini dell’annullamento del contratto concluso per errore ostativo. Riconoscibilità di cui un evidente squilibrio economico può costituire senz’altro un indice.
In conclusione, «i procedimenti si mostrano disegnati in modo da assicurare una partecipazione squisitamente formale, rappresentabile in termini di
85 Questo il tenore letterale della Relazione del Ministro Guardasigilli Grandi al Codice Civile, n. 11, Roma, 1943.
86 È una tutela squisitamente formale, poiché è sufficiente una ulteriore sottoscrizione dell’aderente affinché la clausola sia inoppugnabile, purché sia rispettato il requisito della specificità; in giurisprudenza sul punto, ex plumiris Cass. 28/02/2006, n.4452, in Mass. Giur. It., 2006. La sentenza è così massimata «si configura richiamo cumulativo, che non soddisfa il requisito della specificità della sottoscrizione delle clausole vessatorie richiamate, non solo quando esso sia riferito a tutte le condizioni generali di contratto, ma anche quando, prima della sottoscrizione, siano indistintamente richiamate più clausole del contratto per adesione, di cui solo una sia vessatoria, dovendosi ritenere, per identità di “ratio”, che neppure in tal caso è garantita l'attenzione del contraente debole verso la clausola a lui sfavorevole compresa fra le altre richiamate, resa non facilmente conoscibile dal predisponente proprio perché confusa tra quelle. Le clausole vessatorie devono, infatti, essere tenute distinte dalle altre condizioni generali di contratto e dalle clausole che tali non sono ed essere indicate specificamente in maniera idonea (quanto meno col numero o la lettera che le contraddistingue o con la riassuntiva enunciazione del loro contenuto) a suscitare l'attenzione del sottoscrittore.».
attribuibilità oggettiva dei fatti ai soggetti interessati»87, e ciò si salda con le considerazioni precedentemente esposte. Si aggiunga che questo «fenomeno di tendenza»88 ascrivibile al codice civile, ha permesso di rinunciare ai tradizionali caratteri della volontarietà proprio della teoria del negozio giuridico, accentuando l’interesse per «l’elemento causale del contratto, […] instaurato con le clausole generali di meritevolezza dell’interesse perseguito (1322 c.c.), di equità contrattuale (1374 c.c.) e di buona fede, la possibilità di un controllo giudiziario sulla funzione economica dello scambio».89
2.3. Nozione normativa di contratto; critica alla dottrina dello scambio senza accordo
Le teorie oggettive di cui si è appena fatto cenno hanno il merito di determinare la sopravvivenza del contratto a fronte dei cambiamenti che hanno nel tempo riguardato le tecniche di stipulazione. Si fa in particolare riferimento alla contrattazione di massa, riconducibile al modello dei contratti per adesione, ed ai contratti virtuali.
In tutti i casi suddetti, lo scambio vede scomparire il confronto dialogico tra le parti, lasciando insolute perplessità in ordine alla natura giuridica da ascrivergli. L’esigenza di chiarire questo punto scaturisce dalla contrapposizione tra diverse tesi, che, al calare dello scorso millennio, sono state autorevolmente sostenute.
Nel 98’ X. Xxxx pubblicò uno scritto intitolato “Scambi senza accordo”90. Nel ripercorrere la quotidianità di un comune consociato e le sue vicende giuridiche, riscontrava come i comportamenti sottostanti agli scambi che lo riguardavano, fossero sostanzialmente a-linguistici, cioè scevri di dialogo. Le questioni sollevate
87 Sul punto R. DI XXXXX, op. cit., p. 127.
88 In questo modo è definito da X. XXXXXXX, op. cit., p. 570.
89 Così, R. DI XXXXX, op. cit., p. 126.
90 Il celebre contributo apparve in Riv. trim. dir. proc. civ., 1998, n.1, pp. 347-364.
nello scritto di cui trattasi, nascono dalla centrale considerazione del modello di accordo disciplinato dall’art. 1326, c.c.: quello di scambio di proposta e accettazione. La centralità di questo modello nell’impianto codicistico ne farebbe un fenotipo di accordo. Talché, l’autore lo definisce come il «risultato discorsivo e conoscitivo, che media i punti di vista delle parti, e risolve in unità la loro discorde dualità»91.
Se si assume questa prospettiva, appare problematico sussumere gli scambi massificati e quelli telematici sotto la fattispecie contrattuale, risultando evidente la congenita spersonalizzazione a cui essi danno luogo (e da cui derivano). Infatti, laddove si consideri l’art. 1326, c.c. descrittivo della sequenza di atti che le parti devono porre in essere per pervenire ad un accordo, le moderne tecniche di comunicazione che sottostanno agli scambi ne resterebbero escluse.
Xxxxxx, in seno a questi scambi non sarebbe dato riscontrare un contrattare; non sarebbe ravvisabile alcuna «reciprocità dialogica» 92 e quindi risulterebbe frustrata la reale tra intesa delle parti. Così, la considerazione del declino della parola sollecita tra le righe dell’Autore uno spinoso interrogativo: i comportamenti ascrivibili alle parti del contratto per adesione o del contratto virtuale sono idonei a generare un accordo? L’Autore lo nega. L’accordo è costruito «sull’astratta funzionalità della lingua, sul presupposto cioè di una comune dotazione di segni, che si attualizzano nel concreto esprimersi delle parti»93. Nel momento in cui l’homo loquens, che rende le cose presenti attraverso l’espressione del linguaggio, diviene homo videns, che si limita alla fisica e materiale percezione delle stesse, lì vien meno l’accordo.
Allora, alla risposta negativa del primo quesito, e cioè se lo scambio senza dialogo perfeziona un accordo, se ne subordina un secondo: posto che là dove non
91Ibidem, cit. p. 352. 92Ibidem, cit. p. 349. 93Ibidem, cit. p. 350.
c’è dialogo non si perfeziona l’accordo, gli scambi possono comunque essere ricondotti alla vicenda contrattuale? In altre parole ci si chiede se gli scambi senza accordo siano sussumibili nella fattispecie di cui all’art. 1321 c.c. e così, se l’elemento dell’accordo assurga o meno a suo costitutivo, ovvero se questi scambi siano riconducibili ad un diverso schema, estraneo alla fattispecie contrattuale.
L’Autore prospetta come soluzione che lo scambio sia efficacemente generato della «combinazione di due atti unilaterali»94. Così argomentando, le parti darebbero causa a due atti, «che nascono e restano separati; non si fondono né si disperdono nella sintesi dell’accordo»95. Così, laddove il linguaggio non venga usato per trascendere la cosa oggetto dello scambio dalla sua materialità, non è dato riscontrare né accordo né contratto, ma solo combinazione di atti unilaterali che restano indipendenti.
Ancora una volta, la soluzione della questione dipende dall’adesione all’una o all’altra ricostruzione dell’istituto contrattuale. Le teorie in questione sono state descritte supra. Ma la frattura si ripropone perché prende le mosse da una realtà nuova: quella delle moderne tecniche di contrattazione. Eppure, nuovamente affonda nelle risalenti divisioni afferenti alla teoria generale del contratto. È questo il motivo per cui s’è in precedenza parlato delle teorie soggettive/volontaristiche e oggettive/dichiarative.
Laddove si dia seguito ad una descrizione fenomenologica di contratto, la questione rimarrebbe aperta e le soluzioni prospettate dall’Irti risulterebbero senz’altro condivisibili. Ma è diversa l’impostazione che si intende seguire: quella di una visione normativa di accordo e quindi di contratto, che è sembrata a molta
94 Ibidem, cit., p. 360
95 Ibidem, cit., p. 361.
dottrina più coerente con la sistematica del codice civile. Ponendoci da questa visuale le soluzioni mutano96.
La rassegna di istituti codicistici che fanno a meno del dialogo delle parti, sembra essere decisiva per ritenere che un accordo sia configurabile anche in seno alle moderne tecniche contrattuali.
In questo senso, assumono valenza dirimente gli artt. 1327 (conclusione prima della risposta con l’esecuzione) e 1333 (conclusione in mancanza di rifiuto del contratto con obbligazione a carico del solo proponente), c.c.. La disciplina e la collocazione di questi istituiti ascrivibili alla fattispecie contrattuale stanno ad indicare univocamente che «L’art. 1321 c.c. non richiede trattativa, dialogo e neanche espressione linguistica» 97 . Si aggiunga che il contratto per adesione disciplinato dall’art. 1341, è pienamente coerente con le considerazioni di cui sopra, poiché «l’adesione è un andare incontro. Incontro delle decisioni di entrambe le parti, e quindi è un accordo: accordo di volontà perché non si intende decisione senza volontà»98.
Allora, non si può fare a meno di considerare gli odierni scambi pienamente compatibili con la sistematica del nostro codice civile, di conseguenza «anche nelle forme di scambio che si sono considerate vi è esercizio di libertà. Libertà non solo di esporre e scegliere, ma di vendere esponendo e di comprare scegliendo»99.
La trattazione di questo tema non si può chiudere senza una precisazione: è possibile argomentare di un accordo inteso come fatto normativo ed è possibile qualificare gli istituti inerenti alla sua conclusione, interpretandoli in chiave
96 Cfr. G. OPPO Disumanizzazione del contratto?, in Riv. Dir. Civ., 1998, n.5; C. M. XXXXXX, Acontrattualità dei contratti di massa?, in Vita notarile, 2001, fasc. 3, pt. 1, pp. 1120-1128 e X. XXXXXXX, Contratto reale e contratto fisico (ovverosia l'accordo contrattuale sui trampoli), in Riv. dir. comm., 2002, p. 655 e ss..
97 X. XXXX, cit. ibidem, p. 527. 98 X. XXXX, cit. ibidem, p. 528. 99 Ibidem, cit. p. 528.
oggettiva. Così è ammesso considerare le maglie dell’art. 1321, c.c. più ampie di quanto non le consideri l’Irti. Eppure ci sembra ben più arduo semplificare la questione sollevata dall’Autore, il quale intravedeva quasi due decenni orsono una mutazione genetica della nostra società, a cui, di riflesso, avrebbero fatto seguito conseguenze nel mondo del diritto. Ebbene questa mutazione si è portata a conclusione, e ciò è avvertito dai filosofi e dai sociologi di tutto il mondo, che dedicano a questa tema molti dei loro scritti100.
Valga a conclusione di questa riflessione uno frammento dell’Autore, che rappresenta pienamente l’intuizione che sorregge il suo saggio: «dove la parola si spegne e l’uomo tace, gli scambi si moltiplicano senza fine e conquistano un supremo grado di calcolabilità. [..]. Il verbo ha lasciato al silenzio delle immagini il mondo degli scambi. Il contratto ha ormai due storie: l’una, fondata sulla parola; l’altra, sull’immagine»101. In punto di diritto, le più solide argomentazioni sono state spese a negazione della tesi dello “scambio senza accordo” e queste argomentazioni accogliamo, sebbene, in punto di fatto, l’intuizione che sorregge l’intero scritto, non può che destare profondo interesse. È di questa intuizione che si va argomentando nel paragrafo prossimo.
100 Ci sembrano coerenti con le intuizioni di N. IRTI, se non fosse che si muovano su un diverso terreno scientifico, quelle di X. XXXXXX, Modernità liquida, Xxxx, 0000. Cfr.
X. XXXXXX, Le persone non servono, Roma, 2016. Degli stessi autori si vedano anche i contributi, Artificial intelligence, think again, in Communications of the ACM, Vol. 60 No. 1, pp. 36-38 e Liquid modernity and power, a dialogue with X. Xxxxxx, in Journal of Power, 1(2):111-130, August 2008.
101 Cit. Ibidem, p. 364.
3. La calcolabilità come valore della società capitalistica; i contratti
standard.
«La calcolabilità è fattore costitutivo del capitalismo» 102 : l’attività di impresa necessita di prevedibilità. Lo strumento giuridico di cui principalmente si avvale è il contratto. Di conseguenza gli esiti economici del contrarre devono essere calcolabili; per questo «il contratto è parte del sistema mercato» ed è
«destinato a giocare un ruolo aggiuntivo rispetto a quello classico di disciplina di sfere private di interesse» 103 . In questo paragrafo si intende chiarire come il perseguimento della certezza incida sulla fisionomia dell’accordo.
Come abbiamo anticipato, il declino delle concezioni volontaristiche si spiega sulla base del tentavo di privilegiare l’interesse dinamico dello scambio, la cui efficienza si sintetizza in un ossimoro: rapido e sicuro, laddove l’esperienza comune suggerisce che la velocità è elemento critico rispetto al buon esito dell’affare e viceversa. Inoltre, è altrettanto noto che i beni e i servizi destinati al mercato sono tendenzialmente prodotti in serie e su larga scala. È per questo motivo
102 Con queste parole si apre il saggio di X. XXXX, Un diritto incalcolabile, Torino, 2016. L’Autore pone l’attenzione su come non sia ammesso allo Stato di abdicare alla realizzazione dell’interesse alla prevedibilità e, così, mette in discussione l’opportunità del diffuso utilizzo delle clausole generali, per tali intendendosi quelle che instillano nell’ordinamento “soggettivismo, intuizionismo, vitalismo”, che contribuiscono alla “scissione tra razionalità tecno-economica e razionalità giuridica”, laddove l’una “rimane calcolabile, l’altra perde il dominio del futuro e scade a irrazionale e imprevedibile”. Così l’Autore ci pone di fronte a due scenari possibili: primo, che il “capitalismo, sciogliendosi dai confini degli Stati e assumendo dimensione globale si ordini in un proprio diritto, formale e calcolabile al pari dell’antico”; secondo, che a ciò provveda lo Stato, privilegiando un diritto formale, che nuovamente “si appoggi a fattispecie e giudizi sussuntivi”.
103 Cit. X. XXXXXXXX, Diritto dell’economia, (a cura di) X. Xxxxxxxxx e X. Xxxxxxx, in Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, (diretto da) Xxx Xx Xxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxx, Xxxxxxxxx Xxxxx Xxxxxxx, Milano, 2013, p. 265.
che il contratto standard o in serie si mostra come l’istituto al servizio della grande impresa, deputato ad indurre certezza e celerità nei traffici giuridici.
In contrapposizione al contratto isolato104, che viene stipulato all’esito della conduzione di trattative, il contratto standard permette al professionista di predisporre in anticipo il regolamento negoziale. Così il predisponente, cioè la parte a cura della quale le condizioni sono state approntate, pone la controparte di fronte ad una alternativa secca: stipulare il contratto ovvero rinunziarvi.
Questo meccanismo merita l’attenzione di questo studio poiché, sul piano economico si concilia a pieno con le esigenze di programmazione aziendale: l’uniforme regolamentazione dei rapporti con gli acquirenti o con gli utenti dei beni e dei servizi offerti dall’impresa, permette ad essa di formulare delle previsioni in ordine al risultato economico dell’attività intrapresa 105 . È in questo modo che l’imprenditore può adattare le strategie di produzione, vendita e distribuzione ai risultati attesi.
Così, come i beni e i servizi sono standardizzati, ugualmente i contratti che permettono la loro circolazione, sono uniformi. Sotto il profilo giuridico la standardizzazione 106 , cioè la riproduzione seriale di regolamenti contrattuali uniformati e uniformanti, si salda con la disciplina delle condizioni generali di contratto (1341 c.c.)107.
104 Con questa espressione X. XXXXXXX, op. cit. p. 36, definisce il contratto oggetto di trattative individuali,
105 Sul punto, X. XXXXX, Condizioni generali di contratto, in Dizionario di diritto privato promosso da Xxxxxxxx Xxxx, Milano, 1980.
106 Sulla standardizzazione come fenomeno economico, cui fa da contraltare la disciplina delle condizioni generali di contratto, si vedano X. XXXXXXX, op. cit., p. 36 e ss. e X. XXXX, Scambi senza accordo, p. 22 e ss.
107 Si riporta il primo comma dell’art. 1341, c.c.: «Le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell'altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza».
Invero, la standardizzazione contrattuale non si limita ad offrire prevedibilità in termini strettamente economi, ma ha un ulteriore importante riscontro: quello della prevedibilità in termini giuridici108. Ne fa da contraltare la spiccata vocazione all’autosufficienza che è ascrivibile ai contratti standard, per tale intendendosi la presenza di un regolamento contrattuale elaborato al fine di disciplinare tutti i singoli aspetti del nascente rapporto giuridico. È per questo che in seno ai modelli contrattuali di cui la grande impresa si avvale, è dato riscontrare la diffusione di espressioni e definizioni uniformi.
La finalità principale è quella di azzerare l’incertezza rispetto ai diritti e agli obblighi delle parti del nascente rapporto giuridico. Di qui due importanti corollari: la riduzione del rischio che insorgano controversie e, quando il ricorso al giudice o all’arbitro appare ineludibile, il maggior grado di prevedibilità dell’esito del giudizio. In altre parole, la standardizzazione permette di saggiare l’efficienza non solo economica ma anche giuridica di un certo regolamento contrattuale, che, secondo un principio di economicità, se funziona, viene riprodotto serialmente. Ciò comporta un evidente risparmio in punto di tempi e costi di transazione.
Così, la standardizzazione fa del contratto uno stampo, che uniforma le situazioni giuridiche soggettive imputabili alle parti dello stesso. Utilizzando l’immagine consegnataci da X. Xxxx nel suo scritto Studi sul formalismo negoziale, si può meglio descrivere la funzione cui assolve: «lo stampo non si consuma ed esaurisce nella singola applicazione, ma rimane al di là del contenuto come recipiente ancora utilizzabile in futuro»109. Ciò genera coincidenza tra forma e
108 Di questo fenomeno da conto X. XXXX, Scambi senza accordo, p. 351: «il dialogo si rivela non efficiente, non calcolabile non convertibile in quantità e tempo di energie: è davvero uno sperpero irrazionale, che riduce e annulla i vantaggi oggettivi e funzionali della lingua. Questa funzionalità troppo esposta all’inatteso e all’imprevedibile, al rischio della situazione concreta e dei bisogni individuali, finisce per non funzionare più», p. 355.
109 Cit. X. XXXX, Studi sul formalismo negoziale, Padova, 1996, p. 23.
contenuto dell’accordo. La volontà delle parti, come un fluido, si trasmette per mezzo di una forma, cioè di un elemento materiale: è il farsi dell’atto. Immaginando che la forma del contratto sia un’anfora: la volontà che rimane al di fuori dell’anfora non è atto. Ciò che l’atto si propone di essere, esiste nella coscienza del contraente, ma è insuscettibile di trasmissione. Ciò che l’atto è, può esistere solo attraverso il tocco della materia. L’anfora non solo contiene, ma calca la volontà. Allora, la funzione della standardizzazione è quella di generare omogeneità, che si traduce in prevedibilità e calcolo, ossia ciò di cui l’impresa è alla ricerca. Il vaso che si vuole consegnare, insieme con tutta la volontà negoziale che contiene, è sempre lo stesso e quindi sempre lo stesso sarà anche il contratto ed il rapporto da esso scaturente.
La standardizzazione intende provocare una tensione verso l’uniformità e quindi verso la calcolabilità. Ci preme puntualizzare che la medesima finalità è imputabile a tutti quegli istituti giuridici presenti nella I Sezione, Capo II dei contratti in generale, dedicata all’Accordo delle parti. Ognuno di essi è ascrivibile alla procedimentalizzazione del consenso, rendendo così manifeste le istanze produttivistiche di cui il codice civile è esponenziale.
Ebbene, si consideri che l’esercizio dell’autonomia privata declinata nella sua accezione procedimentale, potrebbe sospingere il contratto nella stessa direzione e le parti potrebbero contribuire a confortare l’affidabilità e la prevedibilità del contratto, rimettendo le «vicende formative del vincolo ad un congegno squisitamente normativo consistente nella riproduzione fattuale della sequenza di atti o comportamenti»110, così da rendere la contrattazione più certa. In ciò riscontriamo la ragione per cui i privati sarebbero legittimati ad esercitare la loro autonomia in senso procedimentale.111
110 Ibidem.
111 X. XXXX, Autonomia privata e procedimenti di formazione del contratto, in
Persona e mercato, 2010, n.1, p. 64.
Quanto fin detto con riguardo al contratto in serie, va integrato con una precisazione: la standardizzazione contrattuale si manifesta in più modi. Può riguardare tanto la costituzione/regolazione di rapporti con i consumatori, quanto i rapporti commerciali tra imprese. In particolare, le parti professionali spesso si avvalgono di modelli standard, pur lasciando aperte le trattative inerenti agli aspetti squisitamente economici del contratto.
Ciò conforta l’idea che la funzione del contratto standard sia soprattutto quella di indurre fiducia sotto il profilo giuridico112. È dato riscontare come i contratti uniformati vengano sovente adottati per affari di ingente valore tra imprese che si trovano su un piano di eguale forza contrattuale.
In seno a questi contratti il ricorso ad un regolamento già sperimentato, si giustifica per lo spiccato tecnicismo di alcune clausole, la cui uniformazione contribuisce a consolidarne l’utilizzo, neutralizzando i rischi connaturati alla loro complessità. In altre parole, anche laddove non sia dato riscontare sproporzioni nei rapporti di forza, le parti possono avvalersi di contratti standard. In ragione di ciò, i modelli contrattuali uniformi possono essere predisposti tanto da uffici legali di grandi imprese, quanto da istituzioni terze e neutrali, non potendosi quindi sussumere questo fenomeno nell’art. 1341, c.c., che letteralmente si riferisce alle condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti.
Quindi il contratto standard può essere un utile strumento per le imprese, quandanche esse non si trovino in condizioni di asimmetria contrattuale ed in questi casi i contratti saranno con ogni probabilità predisposti da soggetti terzi.
Un esempio è quello dei contratti FIDIC, redatti dalla Fédération Internationale of Consulting Engineers, che provvede alla diffusione di modelli standard, corredati da guide e commentari. I contratti in questione vengono
112 Ci sembra aderente a questa considerazione la ratio dell’art. 37- bis, cod. cons., laddove, al comma 5, disciplina la facoltà di interpello nei confronti dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
utilizzati nel settore dei grandi appalti. Sebbene le condizioni economiche del contratto continuino ad essere oggetto di trattative, le clausole tecniche sono scelte tra quelle consolidate nei modelli contrattuali pubblicati113.
Eppure, non bisogna trascurare come il contratto in serie sia lo strumento principe di cui la grande impresa si avvale per immettere beni e servizi nel mercato dei consumi. Da questo punto di vista ci è dato riscontare profili di forte criticità, principalmente correlati alla condizione di svantaggio informativo riferibile al consumatore. In aggiunta, ci è dato rilevare la sostanziale inefficienza della disciplina civilistica di cui agli artt. 1341 e 1342, c.c.114
Come abbiamo avuto modo di precisare sopra, la tutela accordata all’aderente è squisitamente formale: è richiesta la specifica sottoscrizione delle clausole vessatorie ai fini della loro efficacia. Infine, è previsto che le condizioni aggiunte, presumibilmente oggetto di trattative, prevalgano su quelle incompatibili che siano predisposte nel modulo o formulario115.
Perciò è prevista una presunzione di «maggior consenso, con la conseguente prevalenza della clausola oggetto di trattativa che ha come antecedente la mera modalità di compilazione del modulo e gli adempimenti formali tengono luogo dell’accertamento sostanziale del consenso»116. Sono proprio queste criticità ad
113 Sul punto, X. XXXXXX, globalizzazione e diritto, in Contratto e Impresa, 2008, n. 4,
p. 867 e ss..
114 Sul Punto si veda A. CATRICALÀ, Manuale del diritto dei consumatori, Roma, 2013, pp. 87-92.
115 Cfr. X. XXXXXXXX, op. cit., p. 11. Secondo l’Autrice, la ratio della norma è comunque quella di «tutelare la consapevolezza del consenso prestato dal contraente aderente e di proteggerlo da deliberazioni precipitose o poco ponderate che notoriamente caratterizzano la stipulazione di contratti per adesione». Il problema è che la soluzione tecnica prescelta dal legislatore recepisce un dato formale, cioè quello della sottoscrizione. Viene così volutamente messa da parte ogni incertezza in ordine alla genuina formazione del consenso dell’aderente.
116 Cit. X. XX XXXXX, op. cit., p. 85.
avere indotto il legislatore comunitario ad intervenire. L’eredità di questi interventi è rappresentata dal codice del consumo. Ci soffermeremo sugli istituti al suo interno disciplinati, limitatamente all’oggetto del presente lavoro: neoformalismo e autonomia privata procedimentale.
Preso atto che l’aderente possa non comprendere o conoscere le condizioni del contratto che sta concludendo, l’attenzione della legge si sposta sull’attuazione di strumenti idonei al ripristino della parità delle parti117. Il dato di partenza della disciplina è che «la condizione di uno dei contraenti può essere afflitta da impossibilità di trattare o connotata da una fisiologica inconsapevolezza in ordine a uno o più aspetti del regolamento negoziale118». Pertanto è dato riscontrare come gli interventi si muovano su due piani:
Primo: sul piano della procedimentalizzazione del consenso (tutela formale/a priori), imponendo in capo al professionista oneri di forma e/o di informazione. Il fine è quello di consolidare la c.d. “democrazia economica” fondata sull’effettività del consenso contrattuale del consociato/consumatore119 e sulla «democraticità dei procedimenti preordinati all’efficacia del contratto»120.
117 X. XXXXXXXX, op. cit., p. 273. Il progetto di liberalizzazione dei mercati ha dato seguito ad un paradosso: quello di aumentare esponenzialmente «il quantitativo della normativa, che pare sacrificare proprio la libertà contrattuale [..] i termini di questo paradosso creato dalla regolazione di mercati liberalizzati si compongono considerando che il contratto è centro della definizione d processi economici, ma ha un’immagine diversa o quanto meno ulteriore rispetto al passato. Il negozio è diventato un affare tra singoli funzionalizzato al perseguimento di interessi di natura generale. [..] Lo Stato regolatore non rinuncia così alla conduzione suprema dell’andamento dei mercati ma agisce sotto mentite spoglie».
118 X. XX XXXXX, op. cit., p. 143.
119 Sul punto R. DI XXXXX, op. cit., p. 95 “nella normativa di derivazione comunitaria il formalismo si accompagna costantemente a misure finalizzate alla consapevolezza della parte debole in ordine al regolamento e alle caratteristiche del suo oggetto”.
120 Ibidem, p. 36.
Secondo: sul piano dell’equilibrio contrattuale (tutela sostanziale/ a posteriori); comminando la nullità delle clausole che diano luogo ad eccessivo squilibrio tra diritti e obblighi imputabili al consumatore e richiedendo che il comportamento del professionista si informi alle direttive della buona fede oggettiva.
A conclusione di questa breve riflessione sulla calcolabilità come valore del capitalismo valga una considerazione: le regole che insistono sulla procedimentalizzazione del consenso e sulla forma del contratto consentono di predeterminare le condizioni «necessarie e sufficienti affinché la vincolatività delle regole negoziali non sia contestabile a posteriori»121. Le classi di regole di cui si è fatto cenno, viste sotto questa luce, appaiono idonee a realizzare l’interesse al
«raffreddamento del mercato» 122 , che pienamente si confà alle istanze di calcolabilità ascrivibili al ceto imprenditoriale.
La coppia di interventi sopra menzionati si caratterizza per eterogeneità di metodo.
I primi sono di carattere formale: pongono nel nulla tutti i possibili dubbi sulla formazione del consenso dei consumatori.
I secondi sono di natura sostanziale: mirano all’equilibrio effettivo del regolamento contrattuale.
Per meglio comprendere il motivo della nostra riflessione, basti considerare che i costi di produzione ed i costi transattivi necessari ad assolvere gli oneri correlati alle forme, all’informazione precontrattuale e a quella postcontrattuale, sono costi fissi; costi, cioè, che possono essere oggetto di previsione anticipata da parte dell’impresa. Per questo motivo se ne ravvisa un maggior grado di tollerabilità.
121 Ibidem, cit. p. 55.
122 Ibidem, cit. p. 97.
Infine, si aggiunga che la ratio della disciplina è trasferire i suddetti costi dal consumatore al professionista, in modo da esonerare gli Stati membri dall’investire per ottenere lo stesso risultato, così inibendo interventi di stampo dirigistico, che sono per definizione contrari alla politica del mercato unico europeo.
In definitiva, siccome in mancanza di un intervento dello Stato, la spesa transattiva sarebbe a carico del consumatore, l’intuizione è quella di trasferirla dal consumatore al professionista. Ciò nondimeno, i costi di informazione sono voci di spesa che finiscono per essere assorbite dal costo finale del bene e del servizio immesso nel mercato, così gravando in concreto sul consumatore. 123
Nel prossimo paragrafo si parlerà più diffusamente degli interventi che hanno contribuito alla nascita di un sistema formale di tutele a favore del contraente debole. Xxxxx ora concludere che la procedimentalizzazione del consenso, in contrapposizione al riscorso alle clausole generali (correttezza-buona fede ed equilibrio contrattuale), è strumento senz’altro più tollerabile per la grande impresa124. «La calcolabilità esige un diritto formale che si appoggi a fattispecie e giudizi sussuntivi»125, ed anche la procedimentalizzazione del consenso, sia essa legale o consensuale, può contribuire alla calcolabilità delle conseguenze economiche della contrattazione di impresa.
123 Così, R. DI XXXXX, op. cit., p. 153. Si aggiunga che il costo di informazione è minore per l’imprenditore di quanto non lo sia per il consumatore. Ciò genera un vantaggio allocativo per il professionista che «si può tradurre alternativamente in una diminuzione dell’esborso complessivamente sostenuta dal consumatore ovvero in un aumento di utile lucrato dal professionista».
124 In questo senso, X. XXXXXX, op. cit., p. 69: «la generalizzazione delle prescrizioni d forma in qualche modo favorisce il ceto commerciale, che non vuole emozionalità e persegue obiettivi di certezza e prevenzione del contenzioso».
125 N. IRTI, Un diritto incalcolabile, p. 15.
I suddetti interventi sono allora ascrivibili all’alveo di istituti giuridici che non minano il valore capitalistico della calcolabilità.
4. Complessità dei procedimenti di formazione del contratto e tutela del contraente debole: il neoformalismo negoziale.
Abbiamo sin ora ripercorso questioni di teoria generare inerenti alla fattispecie contrattuale, evidenziando alcune criticità relative al requisito dell’accordo e precisando come la sua struttura possa rispecchiare diverse finalità di politica del diritto. È stato poi mostrato che la procedimentalizzazione del consenso ha rappresentato, in una prima fase lo strumento al servizio dell’impresa per fugare incertezze in ordine al tempo e a luogo di conclusione del contratto, ed in una seconda, lo strumento attraverso cui tutelare il contraente debole.
Ci apprestiamo ora a dare conto in maniera più dettagliata di questa tendenza, indicando come la legge abbia inteso perseguire la tutela del contraente debole attraverso l’introduzione di fattispecie di accordo forti, che a posteriori si riconducono al fenomeno “neoformalismo”.
In primo luogo bisogna legittimare l’utilizzo del prefisso “neo”, posto che il nostro ordinamento si è storicamente contraddistinto rispetto agli altri per l’abbondante ricorso agli oneri formali. Pertanto, la novità non è riconducibile alla mole degli interventi e quindi non è di natura quantitativa126.
L’elemento di rottura con il passato, designato dall’utilizzo del prefisso neo, è qualitativo e si rinviene nell’interesse che i formalismi sono chiamati soddisfare. La legge è guidata dall’esigenza di apprestare tutela al contraente debole127. Di conseguenza, questi oneri non si limitano a prevedere un vestimentum contrattuale.
126 In argomento, F. VENOSTA, Profili del neoformalismo negoziale, requisiti diversi dalla semplice scrittura, in Obbligazioni e Contratti, 2008, n.1, p. 872 e ss.
127 Si veda M. P. XXXXXXXXX, Contratti a distanza e recesso del consumatore, Milano, 2016, pp. 61-68.
Contrariamente, ci è dato riscontrare come gli oneri formalistici tendano a dilatarsi, non riferendosi solamente alla fase conclusiva del negozio, ma condizionandone le fasi delle trattive e dell’esecuzione.
In tutto ciò sta la novità, ed è per coglierla che i paragrafi precedenti hanno percorso le evoluzioni di politica del diritto susseguitesi negli anni: è alla luce di queste evoluzioni che ci è dato accomunare il neoformalismo con il fenomeno della procedimentalizzazione del consenso.
Così gli interventi legislativi che riflettono questa tendenza, hanno dato luogo a oneri procedimentali, la cui natura è triplice: (1) forma come vestimento,
(2) forma come contenuto e (3) forma come informazione. Come anticipato, anche il ricorso alla procedimentalizzazione non è fenomeno di per sé nuovo; ancora una volta la novità sta nella funzione a cui adesso assolve128.
I nuovi oneri formali non coincidono più «con la documentazione scritta dell’accordo», ma vanno traducendosi ««nelle più diverse ed articolate modalità comunicative delle manifestazioni di autonomia privata che connotano l’intera contrattazione»»129; sta in questo la distinzione tra scrittura, intesa come requisito
128 Sul punto, X. XXXXXX, op. cit., p. 69; «il formalismo di derivazione europea si innesta su un sistema affatto estraneo all’esperienza delle forme, in un rapporto di ideale continuità, ed evoluzione rispetto al percorso che già il legislatore speciale ed ancor prima il codice civile avevano seguito. Per tali ragioni il fenomeno sembra costituire un dato assai meno di “rottura” di quanto non si sia detto; in esso, semmai, maturano e si amplificano le contraddizioni e le difficoltà di riconduzione a sistema che già potevano svolgersi nel panorama interno. Se invece con il termine pr si vuol fare riferimento ad una mutata funzione che la forma negoziale è chiamata a svolgere, in gran parte differente da quelle cui ci aveva abituati il legislatore nazionale, nonché all’inedito ruolo, di assoluta protagonista, assegnatole da un sistema che dilata il momento formalistico fino a ricomprendervi non solo l’accordo, ma anche le attività che lo precedono e lo seguono, cosicché più che alla forma del contratto si deve fare riferimento alla forma della contrattazione, l’espressione fotografa fedelmente i recenti spunti normativi e può essere utilmente accolta».
129 Cit. Ibidem. p. 69.
strutturale dell’atto, e formalismo, inteso come procedimentalizzazione del consenso130 che è «ancillare ad un contratto in itinere»131.
Ciò nondimeno, la legge non sempre stabilisce quali conseguenze discendano dalla violazione di questi oneri procedimentali. Si aggiunga che, come sempre accade quando ci si confronta con una disciplina “alloctona”, gli interpreti si dividono tra coloro i quali riconcettualizzano132 gli interventi, prendendo atto della loro portata innovativa, e coloro che si adoperano per farli calzare nelle categorie giuridiche loro note.
Pertanto, la sin ora paventata poliedricità della nuova forma ha destato, e tuttora desta, perplessità in ordine alle conseguenze riconnesse alla violazione dei precetti procedimentali, ricomponibili, come detto, in una triade: forma/vestimento, forma/contenuto e forma/informazione.
Rispetto alla prima faccia di questo poliedro, cioè quella della forma/vestimento non vi sono particolari perplessità, essendo il requisito di forma scritta già familiare al nostro ragionamento giuridico. Unica perplessità, che ad esempio è dato rinvenire nei contratti di trasferimento dei pacchetti turistici, è quella
130 Sulla polisemia del sostantivo “forma” si veda X. XXXXXXXXXXX, Il neoformalismo contrattuale dopo i d.lgs 141/2010, 79/2011 e la direttiva 2011/83/UE: una nozione (già) vielle renouvelée, in Persona e mercato- Saggi, 2014, n.1, pp. 251-271.
131 Cit. Xxxxxx, p. 254
132 X. XXXXXX, formalismo negoziale e nullità, le aperture delle Corti di merito; in Contratto e Impresa, n. 1/2011, p. 16 e ss.. Si veda anche F. ADDIS, Diritto comunitario e “riconcettualizzazione” del diritto dei contratto: accordo e consenso, in Obbligazioni e Contratti, 2009, n.1, pp. 869-880. X. XXXXXXXX XXXXXX, La polemica sui concetti giuridici, (a cura di) X. Xxxx, Milano, 2004, p. 157, «talora è più dinamico il legislatore, mentre il giurista tende a conservare l’ordine antico e allora si lamenta della “relatività” dei concetti giuridici, mentre alle volte è conservatrice la legislazione, e allora tocca al giurista di protestare contro l’“assolutezza” di quei medesimi concetti. Ma la sostanza delle cose non cambia anche se cresce o diminuisce la velocità del progresso giuridico, del quale potrà solo dirsi, in un momento dato, che è più scientifico che legislativo, oppure più legislativo che scientifico».
delle conseguenze del difetto di forma laddove la legge non lo sanzioni espressamente con la nullità del contratto.
Anche in questo frangente, emerge la classica contrapposizione tra (1) coloro i quali riconoscono nella disciplina della forma il carattere di eccezionalità, così ritenendo necessaria l’espressa previsione della nullità ai fini della invalidità dell’atto, e (2) coloro i quali, non potendo attribuire alcuna altra funzione al precetto se non quello di invalidare l’atto, desumono che, sebbene non espressamente prevista, la nullità senz’altro discenda dal difetto di forma scritta. Basti considerare che quest’ultima tesi è suffragata dell’art. 1352, c.c., laddove dispone che la forma convenzionale si presuma «voluta per la validità», ogniqualvolta le parti abbiano omesso di specificare altrimenti. Se questa regola vale per le forme convenzionali, si argomenta, lo stesso dovrebbe valere per quelle richieste dalla legge.
La seconda faccia, cioè quella della forma/contenuto, presenta maggiori criticità. La legge sovente richiede che il documento contrattuale contenga elementi predeterminati, così introiettando nel “farsi dell’atto”, cioè nella sua forma, elementi che ineriscono all’oggetto. Le parti allora, non restano libere di suggellare nell’atto scritto un accordo che si limiti agli elementi essenziali del contratto, poiché la legge richiede che altre clausole contrattuali emergano dalla forma dell’atto.
Ciò si può riscontare (1) nella disciplina del franchising 133 , (2) della subfornitura 134 , (3) del contratto di credito al consumo 135 , del (4) contratto
133 Si veda l’art. 3, comma 4, L. n. 129/2004 rubricato “forma e contenuto del contratto”, laddove descrive una serie di clausole che il contratto deve espressamente indicare.
134 Si veda l’art. 2, comma 5, L. 22 giugno 1998 n. 143, rubricato “forma e contenuto del contratto”, laddove descrive gli elementi che devono essere espressamente specificati
135 Si veda l’art. 125-bis, comma 9, T.U.B., rubricato “contratti e comunicazioni”, che sancisce la nullità del contratto che non contenga le informazioni “essenziali” e cioè, le parti, il tipo di contratto, l’importo totale del finanziamento e le condizioni di prelievo e rimborso.
turistico136. La legge attraverso la disciplina del requisito formale del contratto, ne condiziona l’oggetto, così «inoculando elementi di governo del mercato [e] assecondando l’esigenza di certezza delle regole su cui da sempre riposa il suo funzionamento»137. Anche rispetto a questo “tipo” di requisito, non è facile stabilire quali conseguenze discendano dall’omessa indicazione degli elementi prescritti dalla legge. In particolare non è facile stabilire se la nullità travolga l’intero atto, (seppur con efficacia relativa, e cioè eccepibile dalla sola parte a cui vantaggio l’onere procedimentale è previsto), ovvero se abbia natura parziale, e se quindi possa ammettersi l’eterointegrazione, ovvero la correzione giudiziale del regolamento contrattuale. Questa ambiguità di soluzioni è pienamente conforme alla bivalenza del requisito di forma di cui trattasi, che è appunto un mixtum tra requisito formale e contenutistico riferito all’oggetto.
In ragione di ciò, le soluzioni prospettate riflettono da una parte le conseguenze che discendono dal difetto di forma (nullità strutturale ex art. 1418, c.c.) e, dall’altra, dalla nullità di singole clausole, cui potrebbe far seguito l’inserzione automatica (nullità parziale, ex art. 1419, c.c.), ovvero l’eterointegrazione giudiziale del contratto (inserzione non automatica). Non ci dilungheremo oltre su queste interessanti questioni, poiché questo dibattito tocca ma non coincide con il fulcro della nostra trattazione. Basti però considerare che l’essenzialità degli elementi che devono risultare dall’atto è valutata a monte dalla legge, ma gli oneri di cui stiamo parlando vanno, a nostro avviso, proiettati nella disciplina delle forme contrattuali, non già riferiti a quella del contenuto. Così, non può farsi ricorso alla nullità parziale ex art. 1419, c.c., comma 2, poiché pur sempre ci muoviamo sul piano della forma. Residua la soluzione di trattare il difetto di forma/contenuto alla stregua di una violazione di un requisito di strutturale, idoneo
136 Si vedano gli artt. 35 e 36, cod. tur.
137 Cit. X. XXXXXX, formalismo negoziale e nullità, le aperture delle Corti di merito,
in Contratto e Impresa, 2011, n. 1, p. 31.
a travolgere l’atto, seppur probabilmente in maniera relativa, e cioè nell’interesse della sola parte debole del rapporto138.
La forma/informazione è l’ultima e terza faccia di questo poliedro. Ebbene, gli oneri informativi avvolgono l’intera disciplina dei contratti consumeristici139 e non; come ad esempio accade per il contratto di affiliazione commerciale140. Eppure non è sempre stabilito dalla legge quale sanzione scaturisca dalla loro violazione.
Si consideri però che, in mancanza di una esplicita previsione di legge, ha sin ora giocato un ruolo dirimente la nota distinzione tra regole di validità e regole di comportamento141, essendo i doveri informativi notoriamente ascritti a queste ultime. Infatti, gli obblighi informativi sono riconducibili al momento precontrattuale; valutati quindi come estranei al momento costitutivo della fattispecie: quando ci sono le informazioni non c’è il contratto e viceversa. Tuttavia, secondo una parte della dottrina, questa distinzione, se irrigidita, potrebbe essere forviante. Infatti, sono considerate regole di comportamento quelle regole che la legge è incapace di tipizzare in considerazione delle incalcolabili variabili che possono riguardare il singolo contratto. Perciò, di fronte a questa incalcolabilità la giurisprudenza dominante, ritiene che la sanzione della nullità virtuale finirebbe per indebolire eccessivamente il valore giuridico della certezza. È proprio in
138 Ibidem, p. 25
139 Si pensi alla disciplina dei contratti a distanza (art. 51 cod. cons., che non a caso è rubricato “requisiti formali”), ai contratti del turismo organizzato (artt. 36 e 38 Tur), ai contratti di multiproprietà (art. 72, cod. cons.) e ai contratti di credito al consumo (art. 124 t.u.b., alla luce del provv. 9 febbraio 2011, Banca d’Italia.).
140 Si vedano gli artt. 4 e 6, L. 6 maggio 2004, n. 129.
141 La distinzione è dirimente nelle importanti sentenze Cass. SS. UU., 19 dicembre 2007, n. 26724-26725: «deve trovare conferma la tradizionale impostazione secondo la quale, ove non altrimenti stabilito dalla legge, unicamente la violazione di norme inderogabili concernenti la validità del contratto è suscettibile di determinarne la nullità e non già la violazione di norme, anch'esse imperative, riguardanti il comportamento dei contraenti la quale può essere fonte di responsabilità».
ragione di ciò, che la legge stessa riconduce la doverosità di questi comportamenti, a monte incalcolabili, ai principi generali di correttezza e buona fede contrattuale. Ma quando gli oneri procedimentali che si collocano nella fase precontrattuale sono dettagliatamente disciplinati dalla legge, la loro sussunzione sotto la categoria delle regole di comportamento potrebbe essere messa in discussione. Invero, anche le regole di validità impongono dei comportamenti, ed è proprio a partire da questa considerazione che una parte della dottrina rinuncia alla distinzione tradizionale, accogliendo, invece, quella tra regole di buona fede e regole di validità142. A partire da questa distinzione, questa dottrina argomenta per la nullità quale conseguenza della violazione di un dovere informativo precontrattuale sufficientemente dettagliato, quindi non ascrivibile alle c.d.
142 Proprio questa distinzione è accolta da X. XXXXXXXXXXX, European rules on pre-contractual information duties?, in ERA-Forum, 2006, 7, 1, p. 16-25. «Many consumer law directives that contain specific and very detailed information duties towards consumers. Such important areas as, for example, consumer credit regulation have been tied to the information paradigm and the contract-related insurance regulation in the Third Life Assurance Directive and the Third Non-life Insurance Directive is basically limited to a detailed duty to inform. Also some other consumer contract law directives, such as the Distance Contracts Directive, Directive 87/102/EEC for the approximation of the laws, regulations and administrative provisions of the Member States concerning consumer credit; amended by Directives 90/88/EEC and 98/7/EC. 12 Directive 92/96/EEC on the coordination of laws, regulations and administrative provisions relating to direct life assurance and amending Directives 79/267/EEC and 90/619/EEC (third life assurance Directive) (…) rely heavily on information as a means of improving the position of the consumer. In addition, the Electronic Commerce Directive,17 which is not limited to consumer relationships, contains information requirements as well. It is debatable to what extent one can extract general European principles from this mass of detailed information requirements and to what extent the regulation necessarily has to remain scattered and related to particular situations and contracts. The solutions that have been discussed in this context are not yet ripe to be present»
clausole aperte; cioè a quelle clausole che rispondono alle direttive della correttezza e della buona fede oggettiva, storicamente considerate come norme di chiusura143. Si può osservare come, in assenza di un intervento legislativo che ricomponga le divisioni, tra gli interpreti non vi sia unità di vedute. In questo si intravede l’interesse delle parti a disegnare autonomamente l’iter di formazione del contratto, così attribuendo il valore della certezza ai procedimenti da loro stessi configurati. Ciò potrebbe avere una certa utilità rispetto ad ogni facciata del poliedro che abbiamo in questa sede descritto: sin ora ognuna è resa sfumata dalle difficoltà interpretative, ma maggiore certezza potrebbe essere recata dall’esercizio dell’autonomia privata in senso procedimentale. Così, le parti, nel silenzio della legge, potrebbero attraverso un negozio di configurazione senz’altro chiarire che intendono considerare la forma (prescritta dalla legge senza sanzione) a pena di nullità e che gli oneri informativi assurgano a elemento strutturale dei loro futuri
accordi.
Esaurita la riflessione sulla poliedricità della forma, possiamo concludere che essa si caratterizza per elementi di novità, non solo rispetto al codice civile, ma pure rispetto alla legislazione speciale meno recente, in seno alla quale gli oneri formali investivano gli atti «destinati ad estinguere o modificare il rapporto già costituito»144. La finalità era quella di garantire maggiore certezza rispetto alle vicende successive alla conclusione del contratto. Oggi ci è dato riscontrare una inversione di tendenza, nel senso che le vicende favorevoli alla parte debole del costituito rapporto, si vanno caratterizzando per la libertà delle forme.145
143 Sul punto, X. XXXXXX, Formalismo negoziale e nullità, le aperture delle corti di merito; in Contratto e Impresa 2011, n.1, pp. 30-50. L’ A. sottolinea come la circostanza che la legge imponga un generico dovere di comportarsi secondo correttezza o che imponga degli oneri, dettagliati debba dare luogo a conseguenze giuridica differenti. Di qui la suddetta distinzione tra regole di buona fede e regole di validità.
144 Così X. XXXX, op. ult. cit., p. 76
145 In argomento, M. P. XXXXXXXXX, op. cit., p. 334 e ss.
A tal riguardo, valga l’esempio del diritto di recesso attribuito al consumatore che abbia stipulato un contratto a distanza o fuori dai locali commerciali. Ai sensi dell’art. 54, cod. cons., riformato dal X.Xxx. 21 febbraio 2014, n. 2., il consumatore può sciogliersi dal contratto avvalendosi di «qualsiasi dichiarazione esplicita della sua decisione».
Al contrario, la forma scritta è richiesta con crescente frequenza ai fini della valida conclusione dei contratti ed in ciò si sostanzia il fenomeno della procedimentalizzazione del consenso. Paradigma di questa tendenza è dato dal contratto telefonico disciplinato dall’art. 51, comma 4, cod. cons. A dispetto dello strumento tecnico di cui le parti si avvalgono per la sua conclusione, il contratto diviene vincolante per il consumatore solo dopo che questi abbia firmato l’offerta o dopo che l’abbia accettata per iscritto. Così il comma 6 dell’art. 51, cod. cons. sembra prevedere una fattispecie forte, che si invera attraverso la sottoscrizione del testo contrattuale ad opera del consumatore.146In questo modo, rispetto a questa tipologia di contratti, sembra escluso che il libero scambio di proposta e accettazione sia idoneo alla conclusione dello contratto. Invero, la disposizione in esame sembra disciplinare un contratto telefonico che non «non può essere concluso per telefono»147 e la comunicazione telefonica diviene strumento de iure inidoneo alla nascita di vincoli contrattuali per una intera classe di contraenti. Così, altro non può essere che «un contatto promozionale di avviamento alla conclusione del contratto»148.
Il II paragrafo, II Sezione del prossimo capitolo, sarà dedicato ad una più approfondita analisi della disciplina significativa dal punto di vista del nuovo formalismo. Si terrà conto delle disposizioni di legge legate agli aspetti
146 Sul punto M. P. XXXXXXXXX, op. cit. p. 337.
147 Ibidem, p. 96
148 X. XXXXXXXXXXX, Commento all’art. 51 del codice del consumo, in La riforma del codice del consumo, (a cura di) G. D’Amico, nota 29.
procedimentali di vari contratti, tipici o transtipici. Si potrà osservare come tutti siano accomunati dalla presenza di una parte debole, seppure non sempre ascrivibile alla categoria dei consumatori.
In conclusione un rilievo merita di essere segnalato: l’inflessibile procedimentalizzazione ascrivibile ai contratti di cui si è appena parlato, è innegabilmente figlia del formalismo europeo, che è «punteggiato su procedimenti rigorosamente tipizzati», idonei a modellare il farsi del contratto. Ma non sta in ciò la novità della disciplina. Sebbene essa sia orientata alla protezione del contrente debole e alla indiretta garanzia di efficienza del mercato interno, si registra la tendenza a imporre la forma scritta «quale condizione sì necessaria, ma anche sufficiente del compiersi di una manifestazione di certezza informativa»149.
Non è tanto la portata della necessarietà dell’adempimento dell’onere formale a destare interesse, quanto quella della sua sufficienza. Infatti, sebbene la disciplina sia nel suo complesso diretta alla protezione del contraente debole, finisce altresì per escludere qualunque «contrasto futuro di apprezzamenti intorno a una realtà giuridica passata»150 e cioè quella dalla redazione per iscritto del contratto, dell’inserimento di tutti gli elementi richiesti dalla legge e della avvenuta informazione ad opera del contraente forte.
In tal modo quando il contegno del professionista è idoneo a far conoscere
«la produzione di una certa vicenda»151, allora l’adempimento dell’onere formale assurge ad «atto di certazione»152 , che preclude al consumatore di mettere in discussione la genuina formazione del suo consenso. Così, la prova della ritualità legale del contegno del professionista, prevarrà sul «vincolo lessicale del
149 X. XXXXXXXXXXX, Il neoformalismo contrattuale dopo i d.lgs 141/2010, 79/2011 e la direttiva 2011/83/UE, p. 269
150 Ibidem.
151 Ibidem.
152 Ibidem.
dichiarato»153, riproponendo ancora una volta la questione della funzione della procedimentalizzazione del consenso, che è per sua natura idonea ad ingenerare certezza negli scambi. Questa natura resiste tuttora e non è stata sbiadita dagli interventi comunitari nonostante la loro matrice protezionistica.
A conclusione di questa parte della trattazione, valga un interrogativo sollevato dal Xxxxxxxxxxx nel suo scritto Il neoformalismo contrattuale dopo i d.lgs 141/2010, 79/2011 e la direttiva 2011/83/UE 154: «formalismo di protezione o non piuttosto forma quale imposizione di mercato, a supporto del professionista diligente?»
5. Considerazioni introduttive sulla conclusione del contratto telematico.
Esaurite le considerazioni concernenti il neoformalismo, nel presente paragrafo proietteremo le tematiche sin qui trattate nella disciplina del contrattato telematico, di cui, quanto agli aspetti inerenti alla sua conclusione, rileveremo alcune peculiarità. In questa sede ci si limiterà a formulare alcune considerazioni preliminari tese a completare il discorso generale sull’accordo intrapreso in questo capitolo. Gli spunti che sin da ora emergeranno, verranno ripresi con maggiore attenzione nell’ultima parte di questo lavoro.
Per contratto telematico si intende il contratto concluso attraverso lo scambio di dati informatizzati tra due strumenti informatici reciprocamente connessi ad una rete. Questa definizione, piuttosto ampia, si presta a descrivere molteplici modelli contrattuali stipulati con l’ausilio della rete (non necessariamente internet)155. In primo luogo è quindi possibile ricondurre i contratti che rientrano nella definizione appena riportata alla categoria dei contratti inter
153 Cit. Ibidem.
154 X. XXXXXXXXXXX, op. cit., p. 270.
155 Sul punto, M. P. XXXXXXXXX, op. cit., p. 261-268.
absentes, riservandoci di specificare nel proseguo della trattazione come ciò incida sul loro regime giuridico.
In seconda battuta, va precisato come i contratti telematici si definiscono tali indipendentemente dalle modalità attraverso cui possa estrinsecarsi la loro fase esecutiva; cioè indipendentemente dal fatto che siano suscettibili di esecuzione telematica (potendosi in tal caso parlare di commercio elettronico diretto), ovvero di esecuzione tramite consegna/esecuzione materiale di un bene/servizio (potendosi in tal caso parlare di commercio elettronico indiretto). La caratteristica che designa la categoria di contratti di cui si va discorrendo, non risiede nell’oggetto dell’obbligazione cui essi danno causa, bensì nello strumento tecnico attraverso cui vengono conclusi ed è proprio del momento conclusivo del contratto che si parlerà in questo paragrafo, rimettendo lo studio della restante disciplina all’ultimo capitolo di questo studio.
Il contratto che risponde alla definizione sopra riportata cade sotto la disciplina del commercio elettronico, recata dal d.lgs. 9 aprile 2003 n. 70. In particolare, la disciplina relativa alla conclusione del contratto si articola in tre disposizioni, che ripercorrono l’iter di perfezionamento del contratto: l’art. 7, rubricato “informazioni generali obbligatorie”, rispondenti cioè alla fase dell’aspecifica offerta al pubblico, l’art. 12, rubricato “informazioni dirette alla conclusione del contratto”, riferito alla fase che immediatamente precede la conclusione del contratto e l’art. 13, rubricato “inoltro dell’ordine”, che afferisce alla fase successiva al perfezionamento dell’accordo. Va immediatamente precisato come le tre disposizioni sopra riportate facciano riferimento a rapporti di cui siano parti “un prestatore” ed un “destinatario del servizio”, laddove, ai sensi dell’art. 2 d.lgs. n. 70/2003, il primo è una persona fisica o giuridica che presta un servizio della società dell’informazione e cioè che eserciti attività economiche on-line, ed il secondo è chiunque utilizzi suddetti servizi.
Così sin da ora si può osservare l’ampiezza dell’ambito di applicazione soggettiva del sopracitato decreto legislativo; ma laddove le parti rispondano alla definizione di professionista e consumatore di cui all’art. 3 cod. cons., la disciplina del commercio elettronico dovrà essere combinata con il comma 2 dell’art. 52 cod. cons. dedicato ai “requisiti formali per i contratti a distanza”. È proprio su questo articolo che intendiamo soffermarci in questo paragrafo.
L’art. 52 cod. cons. regola minuziosamente la fase che precede la conclusione del contratto e richiede che il professionista, prima che il consumatore inoltri l’ordine, comunichi una serie di informazioni, tra cui: (1) le caratteristiche principali dei beni o servizi, (2) il prezzo, (3) la durata del contratto e (4) la durata minima degli obblighi del consumatore. Queste informazioni devono essere rese in modo chiaro e riconoscibile156.
In aggiunta, laddove l'inoltro dell'ordine richieda l’azionamento di un pulsante o una funzione analoga, dovrà essere indicato, in maniera inequivocabile e leggibile, che l’ordine implica l’obbligo di pagare157.
Qualora il professionista non osservi ciascuno dei doveri di informazione sopra riportati, il consumatore non sarà vincolato dal contratto o dall'xxxxxx000. L’ultimo periodo della disposizione è ciò su cui ci concentreremo ora. Infatti, la circostanza che tutti gli oneri informativi sopramenzionati siano prescritti dall’art. 51 cod. cons., rubricato “requisiti formali per i contratti a distanza”, sembra corroborare l’idea che il termine “forma” vada assumendo significati plurimi, non limitandosi designare il solo vestimento contrattuale. La disposizione appena
156 Un altro aspetto del neoformalismo afferisce agli oneri “qualitativi” inerenti alle varie comunicazione che circostanziano l’iter di formazione del contratto. In ragione di questi oneri, la lingua utilizzata nel testo contrattuale, la comprensibilità e la chiarezza dello stesso, assurgono ad oneri procedimentali.
157 Art. 51, comma 2, penultimo periodo.
158 Art. 51, comma 2, ultimo periodo.
esaminata accomuna i doveri informativi, tradizionalmente ricondotti all’alveo delle regole di comportamento, ai requisiti formali dell’atto. Nel farlo rende evidente che la legge, per questa tipologia di contratti, richieda una struttura di accordo forte, che impone l’adempimento di oneri procedimentali, finalizzati a rendere edotto il consumatore delle caratteristiche di quanto costituisce l’oggetto del proprio acquisto e delle conseguenze giuridiche nascenti dal suo contegno telematico.
Ecco che torna alla mente quanto detto sopra relativamente alla oggettivizzazione del consenso e alla ricostruzione dell’accordo come fatto normativo e fenomeno disunitario, che si rende più leggero o più grave a seconda degli interessi che la legge riconosce i capo alle parti. In seno alla disciplina appena menzionata l’oggettivizzazione del consenso è massima ed emerge in maniera preponderante un accordo contrattuale che è il frutto di un bilanciamento operato dal legislatore, avulso da colorazioni soggettive.
Il comma 3, art. 51 cod. cons. rappresenta un esempio chiarissimo di come il requisito di forma possa assolvere ad esigenze informative e di come, laddove il professionista non osservi i suddetti oneri, la fattispecie contrattuale non si sarà inverata correttamente, non essendosi realizzati tutti gli elementi della fattispecie forte descritta dalla legge.
Si può allora concludere che, in mancanza dell’informazione, il contratto sarà nullo per un vizio strutturale dell’atto, e che la fattispecie contrattuale non si sarà validamente perfezionata, seppur trattandosi con ogni probabilità di nullità protettiva, eccepibile dal solo consumatore o rilevata dal giudice a suo favore159.
Così, appare chiaramente che gli oneri in esame afferiscano al fenomeno della c.d. procedimentalizzazione ed è in questo senso che va intesa la legge: laddove il professionista ometta di informare correttamente il consumatore, se cioè
159 Art. 36, cod. cons., comma 3.
non rispetta i dettagliati precetti sanciti dall’art. 51, comma 2, cod. cons., il consumatore non sarà vincolato dal contratto o dall'ordine160. Ciò in ragione del difetto di un elemento della fattispecie di accordo disegnata dalla legge, così configurandosi un vizio strutturale dell’atto e, di conseguenza, la sua nullità.
160 In argomento, M. P. XXXXXXXXX, op. cit., pp. 269-290. Si veda anche, X. XXXXXXXXXXX, Commento all’art. 51, pp. 169-172.
CAPITOLO II
MODELLI LEGALI DI ACCORDO E AUTONOMIA PRIVATA PROCEDIMENTALE
SEZIONE I
L’ACCORDO SEMPLIFICATO
Sommario: 1. Premessa. — 2. L’Accettazione superflua: l’art. 1327, c.c.: esecuzione in luogo di accettazione. — 2.1. Segue; conclusione del contratto telematico e inapplicabilità dell’art. 1327. — 2.2. Il silenzio come accettazione: artt. 1333 e 1520, c.c.. — 3. Altri modelli di accordo semplificato: accettazione-adesione — 4. Accordo semplificato e volontà delle parti; proposta ferma: negozio di configurazione? — 4.1. Segue; patti sul silenzio e sul carattere recettizio delle dichiarazioni. — 4.2. Segue; la realità come naturale negotii. — 4.3. Segue; la determinazione unilaterale dell’oggetto del contratto. — 5. Limiti alla semplificazione atipica.
1. Premessa
Il capitolo che precede è stato interamente dedicato allo studio dell’accordo contrattuale: ne è emersa un’immagine poliedrica e flessibile, capace di mutare in ragione dei molteplici interessi coinvolti nel procedimento di conclusione del contratto.
Così, è stato rilevato come la legge, talvolta, alleggerisce l’accordo contrattuale, in considerazione di uno specifico interesse al suo celere perfezionamento, oppure in considerazione del carattere blando delle intrusioni che da esso scaturiscono.161.
Il modello tradizionale di scambio di proposta e accettazione non può essere valutato alla stregua di un fenotipo di accordo. Sebbene costituisca la fattispecie più
161 Sul punto, X. XXXXX, op. cit., p. 32.
rispettosa del principio volontaristico, insieme ad essa concorrono altri modelli altrettanto rispettosi del principio dell’accordo.
Sin ora abbiamo dato conto delle evoluzioni storiche, ideologiche e di politica del diritto inerenti all’istituto contrattuale. Questi sviluppi, in una prima fase, hanno causato un sovradimensionamento del modello dell’art. 1326 (approccio “naturalistico”), in una seconda, hanno dato luogo alla differenziazione di disparati procedimenti formativi (approccio “normativo”).
Adesso si devono trattare gli istituiti giuridici che nel dettaglio riflettono queste evoluzioni. Infatti, la presente Sezione si occupa delle fattispecie di accordo leggero presenti nel nostro codice civile: di quei modelli che richiedono un quid minoris rispetto alla formula ACCORDO = PROPOSTA (dichiarazione + recettizia)
+ ACCETTAZIONE (dichiarazione + recettizia).
In questa sede, bisogna soffermarsi su quei procedimenti formativi che portano all’inverarsi della fattispecie contrattuale, seppur in difetto di uno scambio reciproco di dichiarazioni unilaterali. In particolare, facendo riferimento agli artt. 1327 (rubricato esecuzione prima della risposta dell’accettante), 1333 (rubricato contratto con obbligazioni del solo proponente) e 1520 (rubricato vendita con riserva di gradimento), c.c., accomunati dalla circostanza che l’iter formativo del contratto si concluda in mancanza dell’accettazione.
All’esito dello studio di questi istituiti, si andranno ad esaminare alcune ipotesi di semplificazione consensuale (proposta ferma, patti sul silenzio e sul carattere recettizio delle dichiarazioni, clausole di sopravvivenza e determinazione unilaterale dell’oggetto del contratto), in modo da comprendere se esse riflettano l’esercizio dell’autonomia privata declinata nella sua accezione procedimentale.
Sin da ora va rilevato come in seno al codice vi siano molteplici dati normativi idonei a confortare l’idea che le parti siano munite della facoltà di alleggerire l’accordo. Di questi dati normativi si darà conto in questa parte dell’odierno studio, tenendo però a mente che il perimetro dell’accordo traccia i
limiti della semplificazione atipica, rimanendo sempre elemento imprescindibile della fattispecie contrattuale.
Quindi, qualunque sia il procedimento conclusivo disegnato dal legislatore o dalle parti, il principio dell’accordo non può essere derogato. Il primo capitolo di questa trattazione ci ha permesso di corroborare l’idea che l’accordo si erga sempre a costitutivo della fattispecie, sebbene si possa ritenere che la volontà attuale degli effetti giuridici scaturenti dal contratto non si atteggi a elemento psicologico sempre necessario.
Per converso, quanto risulta davvero imprescindibile ai fini dell’accordo è l’elemento dell’imputabilità, per tale intendendosi la formale riferibilità di un fatto volontario, da valutare sulla base di una regola procedimentale rispettosa del principio dell’accordo. L’imputabilità di un fatto alla sfera giuridica di chi l’abbia posto in essere, riflette la sua idoneità ad ingenerare affidamento nel soggetto a cui si rivolge162.
Ebbene, questo è il substrato sulla cui base rifiutare l’idea che il modello di scambio di proposta e accettazione sia un procedimento regolare, a cui si contrappongono quelli che rinunciano alla coppia di dichiarazioni recettizie, ed in questo senso eccezionali. Il ripudio della qualificazione di queste disposizioni come norme di eccezione163 o residuali, scaturisce dall’idea che queste non deroghino al principio dell’accordo.
162 Si veda X. XXXXX, op. cit., p. 272. Secondo l’Autore le regole di formazione del contratto sono determinate da ragioni di politica legislativa, che si confrontano «più che sulla logica del consensualismo o dell’incontro dei consensi, o della fusione delle volontà, che dir si voglia […] sulla tutela delle aspettative di buona fede e sulla composizione degli interessi che ne scaturiscono».
163 Sulla eccezionalità delle disposizioni in esame e sulla regolarità del modello disciplinato dall’art. 1326, c.c., cfr. Cass. civ., 21 marzo 2000, n. 3296, in Giust. civ. Mass. 2000, p. 602, nonché, Cass. civ., 19 settembre 1985, n. 4707, in Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 8-9. Le pronunce sono così rispettivamente massimate: «La norma di cui all'art. 1327
Su queste basi si potrà lavorare, per comprendere quale sia lo spazio della semplificazione convenzionale/atipica, frutto cioè dell’autonomia privata procedimentale.
2. L’Accettazione superflua: l’art. 1327, c.c.: esecuzione in luogo di accettazione.
«Qualora, su richiesta del proponente o per la natura dell'affare o secondo gli usi, la prestazione debba eseguirsi senza una preventiva risposta, il contratto è concluso nel tempo e nel luogo in cui ha avuto inizio l'esecuzione.
L'accettante deve dare prontamente avviso all'altra parte della iniziata esecuzione e, in mancanza, è tenuto al risarcimento del danno».164
Il primo procedimento formativo alternativo allo scambio di dichiarazione recettizie disciplinato dall’art. 1326, c.c., è quello dell’esecuzione in luogo di accettazione.
c.c. (esecuzione del contratto prima della prestazione dell'accettante) non è applicabile ad altre ipotesi che non siano quelle da essa specificamente indicate, con la conseguenza che il contratto s'intende concluso nel tempo e nel luogo in cui ha avuto inizio l'esecuzione soltanto nei casi previsti dal comma 1 di detto articolo: espressa richiesta del proponente, natura dell'affare o uso, che impongano l'esecuzione della prestazione senza una preventiva risposta». «Il luogo della conclusione di una compravendita di merce da piazza a piazza, nel caso in cui il venditore invii la merce medesima senza una preventiva accettazione della proposta del compratore, va individuato nel luogo della consegna al vettore solo quando ricorra una delle ipotesi di esecuzione prima della risposta dell'accettante, tassativamente contemplate dall'art. 1327 c. c., mentre, ove debba escludersi l'applicabilità di tale norma, resta operante il principio generale dell'art. 1326, 1° comma c. c., secondo il quale la conclusione del contratto si verifica nel momento e nel luogo del recapito delle cose al proponente, quale fatto idoneo a renderlo edotto dell'accettazione dell'altra parte.».
164 Così recita l’art. 1327, c.c..
L’attuale formulazione dell’art. 1327, c.c., ci permette di considerare l’inizio dell’esecuzione quale momento conclusivo165 del contratto, laddove ricorra almeno una delle circostanze descritte: (1) natura dell’affare, (2) usi o (3) richiesta del proponente.166Il pronto avviso, richiesto dal comma 2 della disposizione in esame, sebbene atto partecipativo, non sembra ascrivibile al procedimento formativo del contratto, collocandosi in una fase successiva alla sua stipulazione.
Ebbene, ai fini della conclusione del contratto, il procedimento in esame rinuncia al binomio di dichiarazioni recettizie ed il procedimento si può così compendiare: ACCORDO = PROPOSTA (atto recettizio) + ESECUZIONE DELLA PRESTAZIONE RICHESTA.167
La peculiarità dell’istituto risiede nel fatto che la conclusione del contratto è rimessa al perfezionamento di un atto esecutivo, non recettizio. Così, il modello
165 X. XXXXXXXXX op. cit. p. 109: «la peculiarità della disciplina normativa sta proprio in ciò, che la sequenza ha termine con un atto reale: il contratto si conclude nello stesso momento in cui l’attività esecutiva può dirsi iniziata».
166 Rispetto a questo punto, l’art. 1327, c.c., è formulato in termini precisi, a dispetto del tenore dell’art. 36 dell’abrogato codice del commercio, che infatti diede adito ad aspre contrapposizioni dottrinali con riferimento alla possibilità di ritenere inverata la fattispecie in presenza di una sola delle circostanze descritte.
167 In questa sede merita di essere menzionata una disposizione in particolare: l’art. 2,
L. n. 192/1998, in materia di subfornitura. Nello stesso contesto normativo, quali procedimenti conclusivi del contratto di subfornitura sono disciplinati sia la proposta inviata al committente e non seguita da accettazione scritta del subfornitore, che inizia le lavorazioni o le forniture (comma 2), sia il modello classico di scambio di proposta e accettazione per iscritto (comma 1). La compresenza di entrambi i modelli in seno ad un’unica disposizione, può confermarne, sul piano sistematico, la pari dignità. Di seguito l’art. 2, comma 2, L. 192/1998: «Nel caso di proposta inviata dal committente secondo le modalità indicate nel comma 1, non seguita da accettazione scritta del subfornitore che tuttavia inizia le lavorazioni o le forniture, senza che abbia richiesto la modificazione di alcuno dei suoi elementi, il contratto si considera concluso per iscritto agli effetti della presente legge e ad esso si applicano le condizioni indicate nella proposta, ferma restando l'applicazione dell'articolo 1341 del codice civile».
di accordo semplificato descritto dall’art. 1327, c.c., rinuncia ad un confronto dialogico tra le parti 168 . Proprio in ragione del suo carattere non recettizio, l’esecuzione dell’oblato non si può considerare alla stregua di un atto dichiarativo o concludente, neppure xxxxxx000. Per converso, si tratta di una mera condotta, il cui significato giuridico risiede in un giudizio di concludenza, espresso a monte dalla legge e che, quindi, si sottrae a valle dalla ricostruzione dell’interprete170. In ragione di ciò si ritiene opportuno ascrivere il modello in esame al novero delle fattispecie semplificate di accordo.
Questo approccio ci permette di superare le tesi che vorrebbero accomunare l’atto esecutivo dell’oblato ad una manifestazione tacita di volontà. Al contrario, ci sembra più opportuno accogliere l’idea per cui l’inizio di esecuzione risponda ad una ratio presuntiva171, in ragione della quale nessuna indagine si rende necessaria per intendere il valore concludente del comportamento tenuto dall’oblato.172 Come accennato, a favore di questa conclusione milita il carattere non recettizio del contegno esecutivo, idoneo a perfezionare il contratto in un momento che ne precede la conoscibilità da parte del proponente.
168 Sul punto, cfr. X. XXXX, op. cit., p. 527.
169 Si veda, A. M. XXXXXXXXX, op. cit., p. 46
170 Cfr. Cass. civ., 2 febbraio 1991, n. 1032, in Giust. civ. Mass. 1991, fasc. 2. L’esecuzione difforme vale, secondo la giurisprudenza, come nuova proposta. Così anche il contegno esecutivo può valere come offerta contrattuale (per sua natura recettizia), ma a condizione che esso venga portato a conoscenza della controparte. In questo modo, un atto “qualitativamente” identico muta la sua natura giuridica in ragione del suo carattere recettizio o non recettizio. Ciò evidenzia con chiarezza che, quando il contegno esecutivo non debba essere portato a conoscenza del proponente ai fini del perfezionamento del procedimento formativo, esso non può avere valore dichiarativo.
171 Cfr. A. M. XXXXXXXXX, op. cit. p. 50 e ss.
172 A. X XXXXXXXXX, op. cit., p. 47.
Sulla base di queste premesse, alcuni autori negano che sia rintracciabile un accordo in seno alla fattispecie in esame 173 . Di fatti, la norma non richiede un’indagine circa l’attuale volontà che sorregge l’inizio dell’esecuzione (conforme alle indicazioni del proponente), poiché il modello in esame tipizza una fattispecie normativa di accordo, che si radica nell’inizio conforme dell’esecuzione. A tale contegno fa presumibilmente da sfondo l’intenzione di stipulare il contratto174 e, per questo, la legge richiede che questa volontà venga attuata, non già espressa.
Le considerazioni ed i dubbi sin qui esposti, assumono un’importanza pratica rispetto a due punti. In primo luogo, rispetto all’an del negozio, e cioè rispetto al perfezionamento della fattispecie contrattuale. In secondo luogo, rispetto al tempo e al luogo della conclusione del contratto, rilevando quindi in punto di competenza giudiziale175.
In ultima analisi, va rilevato come la funzione del procedimento formativo in esame sia quella di rendere più certa la contrattazione, costituendo ciò un vantaggio per entrambe le parti. Infatti:
a. L’art. 1327, c.c., abbrevia il lasso di tempo necessario ai fini della conclusione del contratto, così riducendo i costi di transazione sopportati dalle parti.
b. Rende più sicura la contrattazione per l’oblato, il quale, una volta iniziata l’esecuzione della prestazione, non dovrà preoccuparsi della possibilità che la proposta venga revocata. Infatti, medio tempore, si è perfezionato il procedimento di conclusione del contratto.
173 Cfr. XXXXX, La conclusione dell’accordo; in Trattato di diritto privato, n. 10, p. 35: l’autore individua nel procedimento in esame il carattere eminentemente normativo, così evidenziando come, rispetto alla valida formazione del contratto, «ogni ricerca della volontà dell’oblato sarà superflua» Contra, X. XXXXXXX, op. cit., p. 129 e ss..
174 Cfr. Relazione al Re del Ministro Guardasigilli sul Codice civile, n. 71. Dal passo emerge la scelta di escludere il valore dichiarativo del contegno esecutivo, poiché «non si è più richiesto il requisito subiettivo dello scambio delle due dichiarazioni».
A questo punto, occorre soffermarsi sul valore giuridico della proposta formulata nei confronti dell’oblato176, con cui si richiede che la prestazione venga eseguita senza la previa accettazione.
In primo luogo, va sottolineato che la giurisprudenza desume la volontà del proponente in ordine all’immediata esecuzione con una certa larghezza. Ritiene applicabile il disposto dell’art. 1327, c.c. a fronte di clausole poco “circostanziate”. Ad esempio, ha riconosciuto la richiesta del proponente in costanza dell’apposizione del termine “urgente” ad un ordinativo di merce177.
In secondo luogo, va evidenziato come suddetta richiesta rappresenti un’intrusione autorizzata nella sfera giuridica dell’oblato, che ciononostante resta rispettosa del principio dell’accordo. Infatti, essa pone l’oblato nella condizione di poter scegliere se stipulare o no il contratto, nonostante dal proponente venga imposta una «determinata sequenza formativa»178. Attraverso la richiesta di pronta esecuzione, l’offerente esclude che l’oblato mantenga la facoltà di scegliere le modalità attraverso cui concludere il contratto (accettazione tacita, espressa, scritta, orale, etc.). Infatti, l’espressione «debba» che si riscontra nel comma 1 dell’art. 1327, c.c., depone nel senso che una dichiarazione di accettazione della proposta contrattuale non possa avere efficacia ai fini conclusivi, poiché inidonea a soddisfare pienamente l’interesse procedimentale evidenziato dal proponente. Cionondimeno, come accade per l’accettazione, all’inizio di esecuzione difforme, può essere accordato valore di nuova proposta.
In questa misura ci è dato riscontrare che l’intrusione perpetrata dall’offerente è esercizio di una facoltà procedimentale. Infatti, seppur è vero che l’esercizio di tale facoltà non incide nella sfera giuridica della controparte in senso
176 La proposta potrebbe anch’essa essere qualificata come negozio di configurazione convenzionale.
177 Cfr. Cass. civ., 28 gennaio 1954, n. 218, in Giur. it.
178 Sul punto, si veda A. M. XXXXXXXXX, op. cit., p. 53 e ss.
sostanziale (cioè sul suo patrimonio), è pur vero che finisce per limitare lo spettro di possibilità di cui normalmente dispone il destinatario di una proposta contrattuale. In questo senso, influisce sulla sua sfera in senso procedimentale: l’oblato dovrà provvedere ad una esecuzione conforme, ovvero rinunciare alla conclusione immediata del contratto.
In conclusione, la richiesta rispettosa del principio dell’accordo può condizionare l’oblato (in senso procedimentale s’è detto) e, pertanto, si deve confrontare con i limiti che l’accordo stesso comanda.
Per questo, lo schema di cui all’art. 1327, non potrà mai essere utilizzato per di imporre all’oblato un dovere di fare o di parlare onde escludere la conclusione del contratto179. Pertanto, lo schema dell’esecuzione prima della risposta non potrà mai essere utilizzato ai fini della costituzione di un contratto avente ad oggetto una prestazione di non fare. Né potrà essere sufficiente per la modificazione di un esistente rapporto giuridico.
Infatti, in entrambe le ipotesi, si finirebbe per imporre alla controparte un dovere di esprimersi, laddove la mera inerzia, e quindi il silenzio non circostanziato, costituirebbe un comportamento esecutivo conforme alla proposta contrattuale ed idoneo al perfezionamento della fattispecie formativa 180 . Così, la richiesta del proponente alla pronta esecuzione del contratto costituisce un abuso tutte le volte
179 Cfr. X. XXXXXXX, op. cit., p. 129.
180 Specularmente alle posizioni della nostra dottrina, per la letteratura di common law si veda in modo chiarissimo, X. XXXX, op. cit., p. 250. L’A. si esprime nel senso che, sebbene il proponente sia il “padrone” della sua offerta contrattuale e sia quindi capace di incederne gli elementi sostanziali e procedimentali, non potrà mai specificare che sia sufficiente per l’oblato non fare alcunché ai fini dell’accettazione: «The offeror is the master of his offer. […] Since the offer by its term, defines the proposed exchange, both in form and in content, the offeror, a fortiori, should have the power to specify what sort of response counts as a valid acceptance. […] One important limit on the offeror’s power to set the terms of the bargain arises when the offeror wishes to specify that the offeree need do nothing at all in order to accept».
in cui il contegno esecutivo dell’oblato si debba tradurre nell’inazione (contratto che ha per oggetto la prestazione di non fare) e tutte le volte in cui l’oblato è già tenuto a dare esecuzione ad un precedente contratto (proposta rivolta alla modificazione del già sorto vincolo). Infatti, in tal caso, la mancata esecuzione della prestazione si tradurrebbe anche in inadempimento contrattuale dell’obbligazione scaturita dal precedente contratto. Così ponendo l’oblato di fronte all’imbarazzo di dover scegliere tra l’esprimersi, o il rimanere silente. In seconda battuta, tra il dare esecuzione alla proposta o il rimanere inadempiente rispetto al già sorto vincolo.
Nei casi sopramenzionati il ricorso allo schema conclusivo designato dall’art. 1327, c.c., è irrispettoso del principio dell’accordo e quindi inammissibile. Ma al di fuori delle ipotesi in cui il la richiesta di pronta esecuzione rappresenta un abuso, il principio dell’accordo è salvo. Lo è nonostante la sua struttura qualifichi il procedimento come “leggero” o “semplificato”, in considerazione della rinuncia all’accettazione, che è una delle fasi del modello descritto dall’art. 1326, c.c..
2.1. Segue; conclusione del contratto telematico e inapplicabilità dell’art. 1327.
Esaurita l’analisi del procedimento formativo descritto dall’art. 1327, c.c., dobbiamo chiederci quale sia l’effettiva portata di questa norma. Come abbiamo avuto modo di precisare nel primo capitolo, il suo background è rappresentato dall’esperienza dei rapporti commerciali. Adesso, si pone il problema di capire se essa trovi riscontro nelle moderne tecniche di contrattazione ed in particolare nel contratto virtuale, la cui diffusione è sempre crescente.
Il concreto atteggiarsi dell’e-commerce ha generato contrasti in dottrina relativamente alla individuazione del momento di conclusione del contratto telematico. In altre parole, è dubbio a quale modello procedimentale attingere per inquadrare giuridicamente l’accordo di rete e se sia opportuno sussumerlo sotto il
modello formativo descritto dall’art. 1327, c.c., ovvero sotto quello disciplinato dall’art. 1326, c.c..181
I dati normativi in materia sembrano darci alcune indicazioni: in particolare l’art. 13 del d.lgs. n. 70/2003 prescrive che le norme sulla conclusione dei contratti continuino ad applicarsi alle ipotesi di inoltro dell’ordine telematico, che si innesta nel procedimento formativo del contratto stipulato online.
La suddetta disposizione recepisce fedelmente quella dell’art. 11, dir. 2000/31/CE, sul commercio elettronico, ma evidenzia un’inversione di tendenza rispetto all’intenzione di armonizzare, a livello europeo, i procedimenti formativi dei contratti virtuali. Proprio questo intento era stato originariamente mostrato dal legislatore comunitario, salvo poi essere abbandonato182. Così, per l’interprete, la scelta di attingere alle norme del codice civile in tema di accordo contrattuale, appare obbligata. 183
A sostegno della tesi che riconduce il perfezionamento dell’accordo telematico all’inizio dell’esecuzione, milita la prassi negoziale. La conclusione del
181 Si vedano i contributi di A. M. XXXXXXX, L’accordo telematico, Milano, 1998, p. 141 e ss.. Cfr. C. M. XXXXXX, I Contratti telematici, in Studium iuris, 1998, n. 2, pp. 1035- 1040. X. XXXXXXX, L’inefficacia del contratto telematico, in Riv. dir. civ., 2000, n. 1, pp. 746-773. X. XXXX, op. cit., p. 530 e ss..
182 La finalità di politica del diritto di disciplinare nuovi procedimenti formativi, che in una prima fase ha orientato le scelte della Commissione, è resa evidente dall’art. 1, comma 1, della «Proposta di direttiva presentata dalla Commissione in applicazione dell’art. 25, par. 2 del trattato CE, del 23 luglio 1999», rubricato «Momento della conclusione del contratto» e così formulato: «Gli Stati membri prevedono che, qualora si chieda al destinatario del servizio di manifestare il suo consenso usando mezzi tecnici, come cliccare su un'icona, per accettare l'offerta di un fornitore, il contratto sia concluso quando il destinatario del servizio ha ricevuto dal prestatore, per via elettronica, l'avviso di ricevimento dell'accettazione del destinatario del servizio».
183 Sul punto, M. P. XXXXXXXXX, op. cit., pp. 290-292. Cfr. F. ADDIS, Diritto Comunitario e «riconcettualizzazione» del diritto di contratti: accordo e consenso, in Obbligazione e Contratti, 2009, n.1, p. 877 e ss..
contratto in rete si accompagna quasi ineluttabilmente all’inserimento dei dati della propria carta di credito. Così, a mente di questa dottrina, la conclusione del contratto sarebbe rimessa all’esecuzione della prestazione pecuniaria, essendo applicabile il modello disciplinato dall’art. 1327, c.c.. Ciò, in considerazione del fatto che l’inserimento degli estremi della carta di pagamento rappresenta una pratica costante degli acquisiti online.184
Invece, altra dottrina ha ritenuto di inquadrare la conclusione dell’accordo telematico nello scambio di proposta e accettazione. A suffragio di questa impostazione vale il rilievo per cui, l’inserimento dei dati della carta di credito, xxxxxxxxxx considerato come atto solutorio, rimane comunque un atto recettizio. È proprio il carattere recettizio dell’atto a contraddire la ratio dell’art. 1327 c.c., la cui applicazione andrebbe per questo esclusa185.
Quest’ultima impostazione riteniamo di accogliere, così intendendo lo scambio di proposta e accettazione quale procedimento formativo più calzante al contratto telematico. Sul piano sistematico, questa impostazione ci sembra più coerente con i dati normativi186.
184 In particolare, si veda A. M. XXXXXXX, op. cit., p. 141 e ss., che paragona il contegno esecutivo del contraente virtuale, a quello di chi acquista attraverso macchine automatizzate, le quali contestualmente all’esecuzione della prestazione di pagamento erogano il bene acquistato.
185 X. XXXX, op. cit., p. 530 ss. 185 X. XXXXXXXXXXX, La conclusone dei contratti on- line tra continuità e innovazione, in Dir. Inf., 2004, p. 825: «la digitazione del numero della carta di credito non equivale ad inizio dell’esecuzione, giacché qui non si ha pagamento, né rilascio di un mezzo i pagamento, ma autorizzazione a riscuotere presso l’emittente della carta, e dunque mera “conferma” di un’accettazione del cliente già preesistente».
186 X. XXXXXXXXXXX, La conclusone dei contratti on-line tra continuità e innovazione; in Dir. inf., 2004, p. 805 e ss.. L’A. a p. 823 scrive «non può sfuggire che, in genere, la digitazione dei dati dello strumento di pagamento si accompagna, nel modulo informatico da compilare, a contestuali dichiarazioni di accettazione (manifestate mediante « cliccate » sulle finestre« OK », « ACCETTO » e simili), sì che il contratto è da
Tuttavia, bisogna ammettere che osservando la concreta prassi contrattuale, l’accordo telematico risulta avere una struttura meno “pesante” di quella tradizionale. Invero, le tempistiche necessarie allo scambio di proposta e accettazione online sono talmente ridotte da sfumare il carattere recettizio delle dichiarazioni. Tuttavia, la semplificazione non è il risultato dell’applicabilità di un particolare procedimento formativo, essendo connaturata alle intrinseche caratteristiche tecniche della rete.
In seno all’e-commerce, l’atto esecutivo dell’inserimento dei dati della carta di credito è solitamente preceduto o contestuale all’atto dichiarativo di accettazione. Pertanto, non può assurgere a momento conclusivo del contratto. Anche in questa sedes, l’efficacia delle dichiarazioni rimane ancorata al principio della cognizione, sancito dall’art. 1335, c.c.. Eppure, la rete fa sì che l’atto partecipativo divenga conoscibile dal proponente nel medesimo momento in cui è posto in essere. È per questo che l’inserimento degli estremi della carta di credito assume una natura ibrida: xxxxxxxxxx si ammetta che è atto solutorio187, non se ne potrebbe negare il carattere recettizio.
Sulla base di quanto appena esposto, non è possibile inquadrare il contratto telematico nel modello dell’art. 1327 c.c. Infatti, se è pur vero che quasi sempre vi sia l’inserimento dei dati della carta ad opera dell’utente, è anche vero che a tale atto si accompagna quasi sempre una accettazione espressa di una offerta contrattuale. I dati normativi confortano questa considerazione: l’art. 12, comma 1, lettera a), d.lgs. n. 70/2003, prevede che il prestatore informi l’utente rispetto alle
«varie fasi tecniche da seguire per la conclusione del contratto». Inoltre, l’art. 51,
considerarsi concluso secondo lo schema dell’art. 1326 c.c. (vale a dire, quando l’ordine- accettazione perviene all’indirizzo elettronico del venditore)»
187 Sull’inserimento della carta non già come atto solutorio, ma come autorizzazione a riscuotere presso l’emittente della carta, si veda X. XXXX, op. cit., p. 531. Per la posizione opposta, A. M. XXXXXXX, op. cit., p. 135 ss.
comma 2, cod. cons., stabilisce che «il professionista garantisce che, al momento di inoltrare l’ordine, il consumatore riconosca espressamente che l’ordine implica l’obbligo di pagare».
Quest’ultima disposizione, a chiare lettere, vale a confortare la tesi per cui l’inoltro dell’ordine, da solo, è atto attraverso cui costituire il rapporto ed in forza del quale l’utente aderisce alla pubblica offerta formulata dall’operatore della società dell’informazione: l’espressione «obbligo di pagare» implica, almeno potenzialmente, una prestazione ancora ineseguita. Il che contrasta con il procedimento formativo scandito dall’art. 1327, c.c..
Si aggiunga che, xxxxxxxxxx non ricorra una espressa accettazione del tipo
«ACCETTO» o «ACQUISTO», il carattere recettizio dell’inserimento degli estremi della carta, qualifica il contegno dell’utente come atto di accettazione tacita, manifestata attraverso fatti concludenti. Questi fatti, trovano efficacia dal momento in cui vengano portati a conoscenza della controparte (immediatamente nel caso del contratto concluso in rete). Ciò vale ad escludere l’applicabilità dell’art. 1327, c.c., che, come detto sopra, è caratterizzato da un atto esecutivo non recettizio e quindi non partecipativo.
Inoltre, bisogna considerare che non è dato rinvenire in capo agli attori economici della rete un interesse apprezzabile alla semplificazione dell’iter di conclusione del contratto telematico, posto che le peculiarità tecniche della rete rendono la speditezza un naturalia del contratto concluso on-line.
Proprio in considerazione di questa naturale rapidità, il ricorso all’art. 1327,
c.c. non risponderebbe a quell’interesse che sottende i procedimenti formativi alternativi all’art. 1326, c.c.. Tuttalpiù, dal momento che internet rende le comunicazioni (con tutti gli effetti giuridici che ne discendono) velocissime, ci appare plausibile che le parti perseguano il rallentamento della sequenza di atti che si pongono alla base del nascente rapporto.
Di fatto, l’accettazione della proposta contrattuale e la conclusione del contratto si collocano in momenti contestuali, poiché le interazioni che si realizzano in rete si pongono in un meta-spazio che si caratterizza per la sua sostanziale a- temporalità. Tutto ciò, quindi, xxxxxx l’interesse ad accelerare i tempi di perfezionamento del contratto online attraverso il ricorso al procedimento semplificato di cui all’art. 1327, c.c.188
In conclusione, la velocità della rete riduce a pochi istanti il tempo necessario al perfezionamento dell’accordo poiché non esiste uno scarto temporale giuridicamente apprezzabile tra il momento in cui viene posto in essere un atto e quello in cui diviene conoscibile per la parte a cui è rivolto. Se ciò comporta grandi benefici in punto di riduzione dei costi, può anche avere ripercussioni in tema di certezza dei rapporti e in relazione al possibile insorgere di controversie189.
Così, se è vero che l’accordo telematico sembra rispondere alla logica dello scambio di proposta e accettazione, ciononostante ci sembra di doverlo annoverare tra i modelli di accordo leggero, se non altro perché la contestualità tra dichiarazione e conoscibilità esclude la revocabilità dell’inoltro dell’ordine (salvo l’eventuale diritto di recesso, che tuttavia non è ascrivibile alla fase formativa del contratto).
In tutto ciò, riconosciamo l’interesse ad aggravare il procedimento formativo, così da ridurre gli spazi dell’incertezza ed aumentare quelli della ponderazione, pur senza rinunciare alla rapidità. Di ciò si parlerà diffusamente nell’ultimo capitolo di questo lavoro.
188 Sul punto, A. M. XXXXXXXXX, op. cit., p. 79 e ss..
189 X. XXXXXXX, La conclusione dei contratti telematici nel diritto privato europeo; in I contratti, 2010, n.3, p. 303: «È vero che essi accentuano alcune caratteristiche proprie degli scambi di massa che rendono il contratto sempre più l’esito di una procedura standardizzata e decontestualizzata, ben lungi dall’idea di negozio giuridico»
c.c..
2.2. Il silenzio come accettazione: riflessioni sugli artt. 1333 e 1520,
Nel presente paragrafo ci occuperemo di altre due ipotesi di accordo
semplificato, in cui la conclusione del contratto è rimessa al perfezionamento di un procedimento che difetta dell’atto di accettazione. Ci riferiamo agli artt. 1333190 e 1520 191 , c.c., rispettivamente rubricati «contratto con obbligazioni del solo proponente» e «vendita con riserva di gradimento». Entrambi gli istituiti si caratterizzano per il fatto di disciplinare contratti «a dichiarazione unica»192, che si concludono in forza del silenzio protrattosi per un certo lasso temporale, secondo gli usi o la natura dell’affare incompatibile con la volontà di escludere la conclusine del contratto.
Per questo gli istituti sollecitano il nostro interesse: costituiscono un esempio nitido di accordo leggero, il cui perfezionamento si radica nel comportamento omissivo dell’oblato, rappresentato rispettivamente dal mancato rifiuto e dalla mancata pronunzia in ordine al gradimento.
Come si è avuto modo di precisare, le ipotesi di accordo che innestano l’inerzia nella sequenza di atti e fatti che conducono al contratto, fanno da
190 «La proposta diretta a concludere un contratto da cui derivino obbligazioni solo per il proponente è irrevocabile appena giunge a conoscenza della parte alla quale è destinata (1). Il destinatario può rifiutare la proposta nel termine richiesto dalla natura dell'affare o dagli usi. In mancanza di tale rifiuto il contratto è concluso (2)».
191 «Quando si vendono cose con riserva di gradimento da parte del compratore, la vendita non si perfeziona fino a che il gradimento non sia comunicato al venditore (1). Se l'esame della cosa deve farsi presso il venditore, questi è liberato, qualora il compratore non vi proceda nel termine stabilito dal contratto o dagli usi, o, in mancanza, in un termine congruo fissato dal venditore (2). Se la cosa si trova presso il compratore e questi non si pronunzia nel termine sopra indicato, la cosa si considera di suo gradimento (3)».
192 A. M. XXXXXXXXX, op. cit., p. 91.
contraltare ad intrusioni blande nella sfera giuridica di chi riceve la proposta contrattuale, infatti:
a. Nell’ipotesi di cui all’art. 1333, c.c., le conseguenze giuridiche che si ripercuotono nella sfera dell’oblato sono conseguenze favorevoli, attributive di diritti relativi. Inoltre non è ammissibile il ricorso al modello in esame per quanto concerne atti di attribuzione di diritti reali, poiché alla loro titolarità fa da contraltare il subingresso nelle situazioni giuridiche passive che da tali diritti scaturiscono (obbligazioni propter rem). Laddove si intenda perseguire siffatto effetto giuridico, sarà richiesto l’adempimento degli oneri solenni propri della donazione (trattandosi di attribuzione liberale) o di quelli formali del contratto atipico reale (trattandosi di attribuzione a titolo gratuito, non sorretta da una causa liberale193). Questo limite discende appunto dal carattere “blando” dell’intrusione.
b. Nell’ipotesi di cui all’art. 1520, c.c., l’intrusione è “blanda” in quanto il perfezionamento della vendita è preceduto da un contatto tra venditore e acquirente del bene, il quale non si limita a valutare l’opportunità della compera, ma acquista la detenzione della cosa (a titolo di prova), che pertanto si trova presso di lui.
In considerazione della struttura di queste fattispecie, la dottrina si divide rispetto alla qualificazione giuridica del silenzio. Una parte di essa, ed anche una certa giurisprudenza, nega che il silenzio, in quanto contegno non partecipativo (la cui portata ed il cui significato non può essere oggetto di prova da parte dell’oblato), possa ergersi a costituivo di un contratto. Avvalendosi di questa argomentazione, suddetta dottrina concilia il procedimento descritto dall’art. 1333, c.c., con la figura del negozio unilaterale, per sovrapporlo, talvolta, alla categoria delle promesse unilaterali.194
193 Sul punto, X. XXXXXXX, op. cit., pp. 158-159.
194 Sul punto si veda, in tema di lettere di patronage, Cass. civ., 27 settembre 1995, n. 10235, in Giur. it., 1996, n.1, p. 738. La Suprema Corte afferma che l’art. 1333, c.c.
A negazione di questa teoria, si consideri che la promessa unilaterale diviene efficace non appena è ricevuta e, quindi, non appena divenga conoscibile dal destinatario. Per converso, la proposta di cui all’art. 1333, c.c., obbliga il dichiarante solo una volta che sia decorso il tempo necessario al suo rifiuto. Avvalendoci di questo ragionamento è possibile emancipare il modello dell’art. 1333, c.c. da quello degli atti unilaterali.
I contrasti in dottrina non finiscono qui. È dibattuto quale valore assegnare al silenzio e se possa qualificarsi come accettazione tacita, contegno concludente, accettazione presunta o, infine, di contegno materiale, il cui significato e le cui conseguenze giuridiche sono qualificate a monte dalla legge195.
Coerentemente con le considerazioni espresse nel primo capitolo, e consequenzialmente all’approccio formale e normativo sin ora adottato nello studio dell’istituto contrattuale, è quest’ultima impostazione che condividiamo. Infatti, dall’analisi delle disposizioni in esame, ci sembra di poter assegnare al contegno dell’oblato la qualifica di silenzio puro, non qualificato da circostanze rispetto ad esso esteriori e, per questo, estraneo alla categoria del comportamento concludente
«neppure offre la possibilità di una prova contraria e non è pertanto possibile considerare il comportamento inerte del destinatario della proposta alla stregua di un atto di autonomia negoziale, cui siano applicabili le norme sull’efficacia e la validità dei contratti. Xxxxxx se vuole intendersi la norma per quello che prevede, deve ammettersi che, nella particolare ipotesi da essa contemplata e per ogni promessa cosidetta gratuita, il rapporto può costituirsi senza volontà di accettazione e quindi, in definitiva, per effetto di un atto unilaterale». Nello stesso senso si muove, X. XXXXXXXXX, op. cit., p. 191. Secondo l’autore
«il rifiuto è incompatibile con l’accordo, sicché l’art. 1333 non designa un procedimento contrattuale, ma un negozio unilaterale recettizio, eliminabile col rifiuto». Contra, cfr. la recente sentenza, Cass. civ, 29 settembre 2016, n. 19270, così massimata in CED Cassazione, 2016, «L'obbligazione fideiussoria, pur derivante da un contratto unilaterale, con obbligazioni a carico di una sola parte, ha natura contrattuale, sicché, ai fini dell'annullabilità per incapacità naturale, si applica l'art. 428, comma 2, c.c. ».
195 Cfr. X. XXXXXXX, op. cit., p. 128 e ss.. Cfr. X. XXXXX, La conclusione dell’accordo,
pp. 32 e ss.
o della manifestazione tacita di volontà. Questo approccio, in sede di controversia giudiziale, incide ineluttabilmente rispetto alle contestazioni in merito all’an del contratto con obbligazioni a carico del solo proponente.
Si aggiunga che, laddove il rifiuto dell’oblato venga inoltrato all’indirizzo del proponente tardivamente, il contratto si deve ritenere medio tempore concluso e ciò vale a confortare l’idea sopra espressa196.
Pertanto, anche in seno a questi istituti ci sembra di dover rintracciare una ratio presuntiva, di modo che entrambe le figure possano qualificarsi come contratti. In quanto contratti, necessitano di un accordo, sebbene questo si apprezzi attraverso una partecipazione solo formale/normativa dell’oblato/compratore, al cui contegno silente la legge accomuna la manifestazione della volontà di contrarre e quindi il consenso.
196 Sul punto, si veda Cass. civ., 29 aprile 1965, n. 757 e 7 ottobre 1964, n. 2548, in Giust. Civ., 1965, 1, 523, per cui il contratto si conclude nel luogo in cui la proposta contrattuale è giunta, e nel momento in cui il silenzio si sia prolungato per un tempo eccedente quello reso necessario dalla natura dell’affare. Così, essendo la proposta l’atto conclusivo del procedimento, che qualifica il tempo e il luogo della conclusione del contratto, il silenzio non può che non qualificarsi come inerzia mera, che produce effetti giuridici indipendentemente dal fatto che venga portato a conoscenza dal proponente.
3. Altri modelli di accordo semplificato: accettazione-adesione; artt. 1332, 1341, 1342, c.c..
Prendiamo adesso in considerazione altri modelli di accordo semplificato: gli artt. 1332197, 1341198, 1342199, c.c., di cui si è già fatto cenno nel capitolo che precede. I modelli in questione differiscono da quelli sin ora analizzati (artt. 1327, 1333, 1520, c.c.). Questi ultimi si concludono in mancanza di un atto di accettazione, laddove invece gli artt. 1332, 1341, 1342, c.c., prevedono bilateralità di dichiarazioni, essendo l’oblato chiamato ad aderire al regolamento predisposto dal proponente o dalle parti contrattuali originarie.
Tuttavia, proprio i caratteri di questa accettazione ne fanno un modello di accordo “leggero”. Infatti, l’idealtipo di procedimento che porta al perfezionamento dell’accordo contrattuale, si compone di PROPOSTA + ACCETTAZIONE. Ma a questa coppia di atti, che si innesta in maniera diretta nella fattispecie contrattuale, si aggiunge una fase che la precede: quella delle trattative.
Così possiamo considerare il procedimento formativo normalmente caratterizzato da questa triade: TRATTATIVE (almeno potenziali) + PROPOSTA
197 Se ad un contratto possono aderire altre parti e non sono determinate le modalità dell'adesione, questa deve essere diretta all'organo che sia stato costituito per l'attuazione del contratto o, in mancanza di esso, a tutti i contraenti originari. Si osserva inoltre la disposizione del secondo comma dell'articolo precedente.
198 Le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell'altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza.
199 Nei contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari, predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, le clausole aggiunte al modulo o al formulario prevalgono su quelle del modulo o del formulario qualora siano incompatibili con esse anche se queste ultime non sono state cancellate.
(atto recettizio) + ACCETTAZIONE (atto recettizio) /ESECUZIONE (atto non recettizio) / SILENZIO (atto non recettizio) = ACCORDO200.
Gli istituti che disciplinano l’adesione di altre parti al contratto, le condizioni generali di contratto ed il contratto concluso mediante moduli o formulari, differiscono dallo schema sopra descritto: manca naturalmente la fase delle trattative, non essendo l’aderente capace di incidere sul contenuto del contratto. Infatti:
a. Gli artt. 1341 e 1342, c.c., si limitano a descrivere l’adesione della parte ad un testo ovvero ad un regolamento, integralmente confezionato dal predisponente, di cui, peraltro, non è necessario che conosca in concreto il contenuto, essendo sufficiente la mera conoscibilità.
b. L’art. 1332, c.c., individua le regole residuali che presiedono l’adesione al contratto plurilaterale, in mancanza di una clausola statuaria all’uopo predisposta. In particolare, chi intenda aderire ad un c.d. contratto aperto, è chiamato a rivolgere la propria adesione all’organo all’uopo costituto, ovvero, in mancanza di esso, a tutti i contraenti originari. La norma contempla l’ipotesi di contratti che presentino una specifica clausola di “riapertura”, in modo da ammettere che un terzo possa assommarsi all’iniziale compagine dei contraenti.
Va ribadito che la disposizione in esame ha carattere residuale ed è destinata ad operare qualora le parti abbiano omesso di disciplinare diversamente il procedimento di adesione e da ciò emerge un importante corollario: è proprio il regime della clausola di apertura a dettare la disciplina sulla cui base qualificare le regole che presiedono l’adesione. Così, solo in base alla regola procedimentale inserita nel contratto, è possibile qualificare l’adesione come proposta contrattuale,
200 X. XXXXX, op. cit., p. 137. L’A. sottolinea come l’incontro dialogico, e in altre parole le trattative, siano solo una circostanza eventuale della formazione del contratto, il cui carattere progressivo può essere negato ogni qual volta il proponente predisponga il contratto.
che si contrappone ad una invitatio ad offerendum contenuta nel contratto “aperto”. Ma ben potrebbe accadere che l’adesione venga strutturata come accettazione, da contrapporre quindi ad una vera e propria offerta contrattuale, riconducibile al contratto “aperto”.
Ebbene, non ci è dato attribuire al procedimento designato dall’art. 1332, un valore univoco, poiché il suo concreto atteggiarsi dipende dal tenore della clausola di apertura; proprio in questo senso suddetta clausola «assume un indubbio valore procedimentale»201.
Ciò che in maniera particolare attira la nostra attenzione è il carattere suppletivo che la legge accorda al procedimento descritto202, che opera solo in mancanza di una regola specifica dettata dall’autonomia delle parti. I contraenti sono quindi chiamati a configurare autonomamente l’iter attraverso cui permettere l’adesione del terzo al contratto “aperto”. In ciò è dato riscontrare una componente di autonomia privata procedimentale, che fa della norma in esame un punto rilevante della nostra trattazione. Infatti, dal tenore letterale della disposizione non ci sembra che la legge attribuisca una tantum questa facoltà: ci sembra piuttosto che prenda atto del fatto che le parti di un contratto aperto regolino le circostanze inerenti alle sopravvenienti modificazioni soggettive dello stesso (ipotesi regolare), preoccupandosi di disciplinare positivamente questi aspetti, nell’ipotesi (residuale) in cui le stesse non abbiano provveduto a dettare una specifica disciplina.
4. Accordo semplificato e volontà delle parti; proposta ferma: negozio di configurazione?
Prendiamo ora in considerazione l’istituto giuridico della proposta contrattuale, che è elemento centrale di tutti i procedimenti formativi sin qui
201 A. M. XXXXXXXXX, op. cit., p. 155.
202 X. XXXXXXX, op. cit., p. 100 e ss.
esaminati. La proposta è normalmente efficace per il tempo previsto dallo stesso proponente. In mancanza di una indicazione in merito, l’offerta resta efficace per il tempo necessario in considerazione dalla natura degli affari o degli usi (art. 1326, c.c.). Entro questo termine di efficacia essa può essere revocata, sin tanto che il contratto non sia concluso e quindi finché l’accettazione non sia pervenuta presso il suo indirizzo, ovvero l’inizio dell’esecuzione non abbia avuto luogo (1328, c.c.)203.
Ebbene, la legge riconosce in capo al proponente la facoltà di obbligarsi a tenere ferma la proposta contrattuale per un certo lasso di tempo (che sia determinato o determinabile). Questo aspetto della disciplina del procedimento formativo, merita attenzione in considerazione della natura procedimentale che vi rintracciamo.
L’istituito in esame, nasce dalla prassi commerciale, per poi divenire oggetto di regolazione ad opera del vigente codice civile. Attraverso la proposta ferma, il procedimento di formazione del contratto diviene più leggero, dato che le tappe che lo compongono sono ridotte e più certe.
Infatti, è possibile compendiare il modello classico di proposta nella seguente formula: (PROPOSTA + POSSIBILE REVOCA) + (ACCETTAZIONE +
POSSIBILE REVOCA) = ACCORDO. Così, in forza dell’art. 1328, c.c., a questo modello se ne può contrappore un altro, che fa a meno della possibilità che la proposta venga revocata: PROPOSTA + (ACCETTAZIONE + POSSIBILE REVOCA)
= ACCORDO.
Essendovi rinuncia alla potenziale revoca della proposta, la sequenza di atti che porta alla conclusione del contratto non può più essere interrotta ad opera di chi
203 Art. 1328, c.c.: «Se il proponente si è obbligato a mantenere ferma la proposta per un certo tempo, la revoca è senza effetto (1. Nell'ipotesi prevista dal comma precedente, la morte o la sopravvenuta incapacità del proponente non toglie efficacia alla proposta, salvo che la natura dell'affare o altre circostanze escludano tale efficacia (2)»
vi ha dato impulso. In ciò è dato riscontrare la semplificazione, cui fa da contraltare l’interesse delle parti ad un maggiore attendibilità dell’offerta. Ciò non avvantaggia solo l’oblato, ma può favorire anche il proponente, il quale può compensare il “costo” del carattere fermo dell’impegno assunto, con altri aspetti del regolamento negoziale.
Intanto, l’oblato dispone di uno spatium deliberandi più disteso, posto che nelle more della valutazione della convenienza dell’affare, non deve temere che la proposta venga medio tempore privata della sua efficacia.
Va infine precisato quale valore attribuire alla rinunzia alla revocabilità della proposta. Bisogna ammettere che suddetta rinuncia produca effetti reali, poiché il proponente non può impedire la conclusione del contratto sin tanto che la sua offerta è ferma. In questo senso, l’efficacia reale della rinuncia alla revoca, ne conferma la natura procedimentale. Si consideri che la relazione al Re sul codice civile, n. 608, esprime chiaramente che la proposta ferma abbia efficacia reale, sottolineando come la contraria impostazione risenta della «considerazione che la volontà di contrarre deve sussistere fino al momento in cui il contratto si perfeziona»204. Costituisce un chiaro indizio del fatto che questo istituto appartenga al novero dei negozi configurativi, idonei a condizionare la sfera giuridica delle parti in senso procedimentale. Dall’inefficacia della revoca di una proposta ferma, discende la conseguenza che l’accettazione darà luogo al perfezionamento dell’accordo, sebbene la concreta ed attuale volontà contrattuale della parte che la riceve sia inconsistente. Discorso antitetico si sarebbe dovuto svolgere qualora alla
204 Relazione al Re del Ministro Guardasigilli sul codice civile, n. 608, Roma, 1942:
«Che in tali casi la revoca produca solo l’obbligo di risarcire il danno era sostenuto in base alla circostanza che la volontà di contrarre deve sussistere fino al momento n cui il contratto si perfeziona. Ma in contrario, si può osservare che la proposta ferma è definitiva; è cioè suscettibile di creare gli estremi di un consenso preventivo, che sfugge alla disponibilità del suo autore e che rimane efficace pure quando posso successivamente mutare la determinazione dell’autore stesso».
rinuncia alla revoca si accordasse efficacia obbligatoria: la revoca produrrebbe effetti sul solo piano del risarcimento del danno e non già su quello della conclusione del contratto.
Ebbene, la proposta ferma è un atto che opera sul piano procedimentale, modificando le modalità attraverso cui l’accordo si perfeziona, ma che lascia inalterato il contenuto sostanziale del contratto. È per questo che prima dell’entrata in vigore dell’attuale codice, in difetto di una disciplina positiva in tema di procedimenti perfezionativi dell’accordo, dottrina e giurisprudenza negavano che la proposta ferma avesse natura reale.
4.1. Segue; patti sul silenzio e sul carattere recettizio delle dichiarazioni.
A questa punto della nostra trattazione sarà utile scogliere un interrogativo: se le parti possano configurare a monte le regole che disciplinino l’efficacia degli atti preordinati alla conclusione del contratto. Ebbene, adesso si dà conto della possibilità che le parti, attraverso un apposito negozio di configurazione, attribuiscano efficacia concludente al silenzio serbato dall’una nei confronti dell’altra.
In maniera pressoché unanime, la dottrina considera il silenzio, come contegno xxxxxxxx a partecipare alla formazione dell’accordo205. Nello stesso segno si muove la giurisprudenza, che in maniera costante esprime il principio per cui il silenzio non circostanziato non è contegno idoneo a perfezionare l’accordo
205 Cfr. X. XXXXX, op. cit. 198 e ss.. Si veda anche, X. XXXXXXX, op. cit. p. 126-130:
«il silenzio non ha, in sé per sé, il valore giuridico di tacito consenso. Per la letteratura di common law, si veda X. XXXX, op. cit., « as a matter of prevailing doctrine, however, failing to reply, to an offer can operate as an acceptance only in certain special circumstances», p. 256.
contrattuale. Solo accadimenti esteriori, e quindi elementi oggettivi e soggettivi che circondano la formazione del contratto, possono contribuire ad assegnare valore concludente al silenzio. Affinché ciò accada è necessario che il «tacere» di una parte possa essere valutato alla stregua di una «adesione alla volontà dell'altra». Ciò in considerazione del «comune modo di agire e avuto riguardo alla qualità delle parti ed alle loro relazioni di affari».206.
Si tende a ritenere che il silenzio assurga ad elemento costitutivo della fattispecie contrattuale quando ad esso si contrapponga un dovere giuridico di
206 Così, Cass. civ., 17 giugno 1997, n. 5363; in Giur. it. 1998, 1117: « Il silenzio, di per sè inidoneo a valere come manifestazione tacita di volontà sì da integrare consenso, può assumere tale portata qualora s'accompagni a circostanze e situazioni, oggettive e soggettive, che implichino, secondo il comune modo di agire, un dovere di parlare o quando, secondo un dato momento storico e sociale, avuto riguardo alla qualità delle parti ed alle loro relazioni di affari, il tacere di una parte possa intendersi come adesione alla volontà dell'altra; pertanto se il creditore accetta un pagamento parziale, che il debitore esegue espressamente a titolo di saldo del maggior importo giudizialmente preteso, senza replicare alcunché, non per questo rinunzia al credito o rimette il debito». Nello stesso senso cfr. Cass. civ., 14 marzo 1995 n. 2921; in Giust. civ., I, 1450, 1995: «la condizione, qualora la legge non ne richieda la modalità espressa di manifestazione, può risultare da fatti concludenti, purché l’effettiva volontà di subordinare l’efficacia del negozio al verificarsi di un evento sia univocamente riconoscibile attraverso l’interpretazione del contenuto sostanziale del negozio.». Cass. civ., 9 giugno 1983, n. 3957; Giust. civ. Mass., 1983, fasc. 6: «Il silenzio, in sé e per sé, non costituisce mai manifestazione negoziale, potendo acquistare tale significato soltanto in relazione alle circostanze in cui viene
osservato o che lo accompagnano, nel qual caso, peraltro, si verte in tema di comportamento tacito concludente o manifestazione negoziale tacita». Cfr. Cass. civ., 10 aprile 1975, n. 1326; in Giust. civ. Mass., 1975, fasc. 5: «il silenzio può valere come dichiarazione quando, data una certa relazione fra due persone, il comune modo di agire, imporrebbe il dovere di parlare». Cass. n. 1367, 12 aprile 1977, Giur. it.: «il silenzio di chi abbia interesse a contraddire, e si trovo nella possibilità di farlo, può assurgere a manifestazione tacita di volontà, produttiva di effetti giuridici, ove ricorrano peculiari circostanze e situazioni oggettive e soggettive che diano univoco significato al silenzio medesimo».
parlare. Possono essere fonte di questo dovere la legge, gli usi, la buona fede e, nella misura che determineremo in questo paragrafo, l’autonomia privata stessa207. Come detto sopra, nelle ipotesi previste dagli artt. 1333 e 1520, c.c., il legislatore tipizza il valore significante del silenzio. Queste fattispecie si caratterizzano per assolvere ad una ratio presuntiva, essendo de iure valutata la concludenza del silenzio osservato dall’oblato. Invece, in tutti gli altri casi è il giudice a dover formulare una valutazione di questo genere, così da discernere tra silenzi comunicativi, e quindi significativi sotto il profilo della conclusione del contratto, e silenzi meri, in quanto tali improduttivi di effetti208. Alla luce di ciò, non si intravede alcun ostacolo di ordine sistematico a che le parti si sostituiscano al legislatore e al giudice nel valutare le circostanze e gli interessi, al ricorrere dei quali il silenzio debba essere considerato come concludente, così fugando ogni possibile dubbio in merito.
207 Cfr. Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale, art. 18, comma 1: «Una dichiarazione o altro comportamento del destinatario che indicano il consenso ad un'offerta, costituiscono accettazione. Il silenzio o l'inazione, da soli, non possono valere come accettazione». In maniera speculare si veda l’art. 2.1.6; UNIDROIT PRINCIPLES, rubricato «mode of acceptance». Di seguito il testo della disposizione: «A statement made by or other conduct of the offeree indicating assent to an offer is an acceptance. Silence or inactivity does not in itself amount to acceptance. An acceptance of an offer becomes effective when the indication of assent reaches the offeror. However, if, by virtue of the offer or as a result of practices which the parties have established between themselves or of usage, the offeree may indicate assent by performing an act without notice to the offeror, the acceptance is effective when the act is performed». Cfr. Principles Lando; 2:204, rubricato «Acceptance»: «Any form of statement or conduct by the offeree is an acceptance if it indicates assent to the offer. Silence or inactivity does not in itself amount to acceptance».
208 Cfr. Trib. Palmi, 4 marzo 2003, in Giust. civ., 2008, 01, 01, 91, in relazione alla valutazione dei fatti che circostanziano il silenzio, statuisce che «la valutazione dei fatti è riservata al giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità». Cfr. Cass. civ., 4 dicembre 2007, n. 25290, in Giust. civ. 2008, 1, I, 89.
Quindi, riteniamo che le parti possano alleggerire l’iter di perfezionamento del contratto, convenendo ex ante quale valore assegnare al silenzio osservato nell’ambito delle reciproche relazioni contrattuali e/o commerciali. Ma le parti, giova ribadirlo, non possono svilire l’elemento dell’accordo: cioè non possono rinunciare a quella interazione minima che è fondamento della fattispecie contrattuale.
Pertanto, l’autonomia privata può configurare un accordo leggero, che consideri sufficiente il silenzio di una delle parti ai fini della conclusione del procedimento formativo, ovvero ai fini della modificazione del contratto. Ma, anche all’esito dell’esercizio di tale facoltà procedimentale, la sequenza di atti configurata dalle parti deve contemplare un silenzio che abbia il significato di mancato rifiuto, non già di soggezione all’iniziativa unilaterale dell’altra parte.209
Quindi, il procedimento modellato delle parti non potrà attribuire un indeterminato diritto (potestativo) di concludere un contratto in forza della sola dichiarazione dell’offerente. In questo modo le parti finirebbero per inibire il principio l’accordo e l’atto di autonomia posto alle spalle di un siffatto procedimento, sarebbe illecito, poiché contrario alla regola di ordine pubblico che vede nella libertà contrattuale una regola fondamentale del nostro sistema giuridico. Conseguentemente a ciò, il contratto stipulato conformemente al negozio di configurazione illecito, sarebbe inesistente, poiché scevro da quell’interazione minima in cui avrebbe dovuto sostanziarsi.
Allo stesso modo, il proponente non potrà unilateralmente attribuire alla controparte l’onere di parlare, poiché ciò costituirebbe un’intrusione ingiustificata ed intollerabile nella sfera dell’oblato, la cui posizione risulterebbe pregiudicata. In
209 In argomento, X. XXXXX, op. cit., p. 210 e ss.. L’Autore, rileva che la libertà contrattuale è situazione giuridica indisponibile e quindi neanche un atto di volontà può determinare la soggezione all’iniziativa contrattuale altrui.
considerazione di ciò, è inibito alla parte di avvertire l’oblato, sua sponte, che il suo silenzio verrà inteso quale assenso e quindi accettazione.
Per converso le parti, per attrarre nel giuridico quanto altrimenti ne resterebbe escluso, possono concludere un negozio che configuri i procedimenti formativi dei loro futuri contratti, posto che l’accordo deve risultarne alleggerito e non sacrificato. Le parti possono, in sostanza, tradurre il silenzio in mancato rifiuto, così da formulare una «valutazione necessitata di concludenza».
In questo modo l’accordo vedrebbe ridotte le tappe necessarie al suo perfezionamento: PROPOSTA + SILENZIO (mancato rifiuto) = ACCETTAZIONE.
Coerentemente con le considerazioni svolte in merito al silenzio, l’autonomia delle parti può anche incidere sul carattere recettizio delle reciproche dichiarazioni, derogando al principio della cognizione (così come mitigato dall’art. 1335).
Non sembrerebbe, infatti, che le disposizioni in tema di efficacia degli atti unilaterali abbiano carattere inderogabile. Invero, la loro natura suppletiva sembrerebbe confermata dallo stesso codice civile, laddove all’art. 1327, c.c. riconduce la conclusione del contratto a un atto esecutivo e non recettizio, posto che l’interesse del proponente è incompatibile con l’iter ordinario di perfezionamento del contratto. Alla luce di ciò, non è necessario che il contratto si concluda in forza della ricezione da parte del proponente dell’atto dichiarativo o del contegno concludente dell’altra. Pertanto è da ritenersi che il valore recettizio delle dichiarazioni possa essere derogato.
A conferma di ciò, valga il rilievo per cui, in ottica comparativa, alcuni ordinamenti stranieri a noi contigui regolano diversamene il regime di efficacia degli atti unilaterali. Ciò conferma la sussistenza di un interesse delle parti a plasmare un procedimento che, ai fini del perfezionamento dell’accordo, renda
sufficiente una dichiarazione non ancora pervenuta al proponente 210. A questo proposito merita di esser rilevata una particolare disposizione dettata dai Principles Xxxxx in tema di efficacia dell’accettazione. L’art. 2:205, rubricato «Time of Conclusion of the Contract», sembra considerare la ricezione dell’accettazione quale momento conclusivo del contratto. Eppure, il terzo comma, ammette che una precedente convenzione delle parti possa sostanzialmente convertire l’accettazione in atto non recettizio. Infatti, un siffatto procedimento può avvantaggiare la posizione dell’oblato, riducendo lo spazio residuo entro cui il proponente possa revocare la sua offerta contrattuale. Attraverso questo schema si realizzerebbe una fattispecie di accordo più leggera, che contrappone alla proposta contrattuale una accettazione priva del carattere recettizio, quindi efficace da quando viene posta in essere211.
4.2. Segue; la realità come naturale negotii
Nel primo capitolo di questo studio, si è avuto modo di richiamare le ragioni storiche ed ideologiche che hanno reso il principio consensualistico il cardine della teoria tradizionale del contratto.
210 Il principio della spedizione governa il procedimento di formazione del contratto in molti sistemi giuridici. Ad esempio, si prenda in considerazione la mail box rule, che negli ordinamenti anglosassoni fa coincidere il momento conclusivo del contratto con la spedizione dell’atto di accettazione. In Francia, dove la legge non disciplina espressamente la materia, la giurisprudenza ha adottato la stessa soluzione. Negli ordinamenti di influenza tedesca, al principio di cognizione si contrappone quello della ricezione, che rende irrilevante la conoscenza concreta o la conoscibilità dell’atto di accettazione.
211 Di seguito il testo della disposizione: « (1) If an acceptance has been dispatched by the offeree the contract is concluded when the acceptance reaches the offeror. (2) In case of acceptance by conduct, the contract is concluded when notice of the conduct reaches the offeror. (3) If by virtue of the offer, of practices which the parties have established between themselves, or of a usage, the offeree may accept the offer by performing an act without notice to the offeror, the contract is concluded when the performance of the act begins».
Così, il consenso manifestato dalle parti, di regola, è da solo sufficiente alla conclusione del contratto; provoca il trasferimento o la costituzione di diritti.212 Tuttavia, merita osservare come la scelta adottata dal nostro legislatore sia tutt’altro che universale, poiché in seno a molti altri ordinamenti giuridici le soluzioni divergono.
In Germania, ad esempio, il consenso è da solo sufficiente alla conclusione del contratto, sebbene la produzione dell’effetto traslativo eventualmente perseguito dalle parti richieda un secondo atto di autonomia: un atto astratto, che determina un effetto traslativo privo di menzione del titulus adquirendi213. Questo secondo negozio, detto contratto dispositivo, affinché esplichi il proprio effetto traslativo si deve accompagnare alla materiale consegna (modus adquirendi) della cosa (l’istituto è detto ubergabe)214.
Inoltre, è interessante notare come negli ordinamenti di common law, il principio consensualistico operi suppletivamente, in assenza cioè di una indicazione pattizia circa il momento costitutivo del contratto e/o circa il momento traslativo del diritto (che, laddove non sia stabilito diversamente, coincidono).
In altre parole, in seno gli ordinamenti d’oltre manica, qualora tra le parti risulti controverso l’an del contratto, oppure sia controversa la produzione
212 Il consenso traslativo ricorre negli ordinamenti più sensibili all’esperienza del Code Napòleon, il cui art. 1138 recita: «(1) L'obligation de livrer la chose est parfaite par le seul consentement des parties contractantes. (2) Elle rend le créancier propriétaire et met la chose à ses risques dès l'instant où elle a dû être livrée, encore que la tradition n'en ait point été faite, à moins que le débiteur ne soit en demeure de la livrer ; auquel cas la chose reste aux risques de ce dernier».
000 X. XXXXXX, Xx trasferimento della proprietà nel diritto tedesco, xxxx://xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxxxxx.xx/xxxxx/00/00/0000000000.xxx
214 Di seguito l’art. 929, BGB: «Zur Übertragung des Eigentums an einer beweglichen Sache ist erforderlich, dass der Eigentümer die Sache dem Erwerber übergibt und beide darüber einig sind, dass das Eigentum übergehen soll. Ist der Erwerber im Besitz der Sache, so genügt die Einigung über den Übergang des Eigentums».