del 27.02.2019
Ministero della Salute
BOZZA NUOVO PATTO PER LA SALUTE 2019-2021
V 11
del 27.02.2019
Intesa, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n.131, tra Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano concernente il nuovo Patto per la Salute per gli anni 2019-2021
Rep. n. …………….del …………….
LA CONFERENZA PERMANENTE PER I RAPPORTI TRA LO STATO, LE REGIONI E LE PROVINCE AUTONOME DI TRENTO E BOLZANO
Nell’odierna seduta del …………:
VISTI gli obblighi comunitari della Repubblica e i relativi obiettivi di finanza pubblica per il rientro nell’ambito dei parametri di Maastricht e le conseguenti norme che, in attuazione dei predetti obblighi, stabiliscono la necessità del concorso delle autonomie regionali al conseguimento dei predetti obiettivi di finanza pubblica;
VISTO l’art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003 n. 131, il quale prevede che il Governo può promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni, dirette a favorire l’armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni;
VISTO il Patto per la salute 2014-2016 su proposta del Ministero della Salute e del Ministro
dell’economia e delle finanze, di cui all’Intesa Stato-Regioni del 10 luglio 2014 rep. n. 82/CSR;
VISTA la legge 23 dicembre 2014 n. 190, art. 1 commi 555-608, che tra l’altro recepisce quanto previsto nel Patto per la Salute di cui all’Intesa Stato-Regioni del 10 luglio 2014, rep. n. 82/CSR;
VISTO il Piano nazionale della prevenzione 2014-2018 (PNP), approvato con Intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni del 13 novembre 2014 e prorogato al 2019 con Intesa del 21 dicembre 2017, che afferma il ruolo cruciale della promozione della salute e della prevenzione come fattori di sviluppo della società, adottando un approccio di sanità pubblica mirato a garantire equità e contrasto delle diseguaglianze;
VISTA l’Intesa tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome (P.P.A.A.) di Trento e Bolzano concernente il Piano nazionale di contrasto dell’antimicrobico-resistenza (PNCAR) 2017-2020, approvato il 2 novembre 2017, che rappresenta il documento di riferimento per la programmazione strategica e operativa per il contrasto dell’antimicrobico-resistenza (AMR) in Italia;
VISTO l’articolo 109 del Reg. 2017/625, nonché l’articolo 41 del Regolamento (CE) 882/2004, attuato con il Piano Nazionale Integrato 2014-2018, di cui all’Intesa della Conferenza Stato- Regioni del 18 dicembre 2014 (Rep. N. 177/CSR) e prorogato al 2019 con Intesa del 6 settembre 2018 (Rep. 155/CSR), mirato alla tutela della popolazione europea nei settori della fil iera agroalimentare disciplinati dalla legislazione dell’Unione Europea, per prevenire, eliminare o ridurre a livelli accettabili i rischi derivanti da alimenti ed animali con un approccio universalistico, coerente e integrato.
VISTO il Decreto Ministro della Salute 2 aprile 2015 n. 70 con il quale è stato adottato il “Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera”;
VISTA l’Intesa Stato-Regioni del 2 luglio 2015 rep. 113/CSR concernente la manovra sul settore sanitario;
VISTA la legge 28 dicembre 2015 n. 208, art. 1, commi 520-586;
VISTO il Decreto Ministro della Salute 21 giugno 2016 (Piani di Rientro aziendali di cui all’art. 1,
comma 528, della legge n. 208/2015);
VISTO l’Accordo Stato-Regioni del 15 settembre 2016 rep. n. 160/CSR sul documento “Piano nazionale cronicità” di cui all’art. 5, comma 21, dell’Intesa n. 82/CSR del 10 luglio 2014 concernente il Patto per la Salute 2014-2016;
VISTA la legge 11 dicembre 2016 n. 232, art. 1 commi 116-123; 358-412; 602-603;
VISTO il D.P.C.M. 12 gennaio 2017 recante “Definizione ed aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza” (LEA);
VISTA la legge 11 gennaio 2018, n. 3, art. 3 recante “Applicazione e diffusione della medicina di genere nel Servizio sanitario nazionale;
VISTA la legge 27 dicembre 2017 n. 205, art. 1, commi 389-453;
VISTA la legge 30 dicembre 2018 n. 145, art. 1, commi 510-559;
RICHIAMATI in particolare i commi 515 e 516 della legge 30 dicembre 2018 n. 145 che così dispongono:
515. Per gli anni 2020 e 2021, l’accesso delle regioni all’incremento del livello del finanziamento rispetto al valore stabilito per l’anno 2019 è subordinato alla stipula, entro il 31 marzo 2019, di una specifica intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per il Patto per la salute 2019- 2021 che contempli misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati e di efficientamento dei costi.
516. Le misure di cui al comma 515 devono riguardare, in particolare:
a) la revisione del sistema di compartecipazione alla spesa sanitaria a carico degli assistiti al
fine di promuovere maggiore equità nell’accesso alle cure;
b) il rispetto degli obblighi di programmazione a livello nazionale e regionale in coerenza con il processo di riorganizzazione delle reti strutturali dell’offerta ospedaliera e dell’assistenza territoriale, con particolare riferimento alla cronicità e alle liste d’attesa;
c) la valutazione dei fabbisogni del personale del Servizio Sanitario Nazionale e dei riflessi sulla programmazione della formazione di base e specialistica e sulle necessità assunzionali, ivi comprendendo l’aggiornamento del parametro di riferimento relativo al personale;
d) l’implementazione e lo sviluppo di infrastrutture e modelli organizzativi finalizzati alla realizzazione del sistema di interconnessione dei sistemi informativi del Servizio Sanitario Nazionale che consentano di tracciare il percorso seguito dal paziente attraverso le strutture sanitarie e i diversi livelli assistenziali del territorio nazionale tenendo conto delle infrastrutture già disponibili nell’ambito del Sistema tessera sanitaria e del fascicolo sanitario elettronico;
e) la promozione della ricerca in ambito sanitario;
f) il miglioramento dell’efficienza e dell’appropriatezza nell’uso dei fattori produttivi e l’ordinata programmazione del ricorso agli erogatori privati accreditati che siano preventivamente sottoposti a controlli di esiti e di valutazione con sistema di indicatori oggettivi e misurabili, anche aggiornando quanto previsto dall’articolo 15, comma 14, primo periodo, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135;
g) la valutazione del fabbisogno di interventi infrastrutturali di ammodernamento tecnologico.
VISTA la lettera in data con la quale il Ministero della Salute ha trasmesso lo schema di
intesa in oggetto, convenuto con la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome di Trento
e Bolzano e sul quale è stato acquisito l’assenso del Ministero dell’economia e delle finanze;
CONSIDERATO che….
CONSIDERATO altresì ….
ACQUISITO, nel corso dell’odierna seduta e come risulta dal verbale della seduta medesima, l’assenso del Governo e dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome sul testo della presente intesa;
SANCISCE L’INTESA
Tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano nei termini sotto indicati:
PREMESSE ISTITUZIONALI
I principi ispiratori di questo Patto muovono dalla consapevolezza che sia necessario scrivere una nuova pagina del SSN, in grado, da un lato, di preservare gli importanti risultati fino ad oggi ottenuti dalle politiche di risanamento degli anni passati e, allo stesso tempo, di guardare al futuro rafforzando uno spirito universalistico ed equitario del Servizio Sanitario Nazionale, che indirizzi le azioni e le politiche verso il recupero delle forti differenze che ancora oggi persistono tra le Regioni.
Se si guarda al passato, infatti, nel 2007 il nostro Paese registrava oltre 5 miliardi di disavanzo annuale e 10 miliardi di debiti fuori bilancio, situazione che poneva a serio rischio la sostenibilità del SSN nonché dei conti pubblici nel complesso. Il percorso di risanamento che è stato necessario intraprendere ha consentito di ottenere risultati eccezionali dal punto di vista economico-finanziario, riducendo dopo 10 anni il disavanzo a circa 1 miliardo di euro, valore ben al di sotto delle ordinarie capacità fiscali regionali e quindi ampiamente sostenibile.
D’altra parte tale percorso, basato principalmente sulla logica del risanamento, ha costruito e stratificato nel tempo una cornice regolatoria fondata sostanzialmente su una visione “verticale” del governo della spesa sanitaria, incentrata sui “silos” di spesa, il cui monitoraggio si realizza secondo una logica di tetti assegnati per singoli fattori produttivi legati alle aree di assistenza (ospedaliera, ambulatoriale, farmaceutica, etc.).
Un approccio di questo tipo, oltre a limitare eccessivamente l’autonomia organizzativa regionale, non consente di governare e valorizzare le interdipendenze che esistono tra i diversi singoli fattori di spesa, generando alla lunga anche fenomeni compensativi distorsivi nel sistema.
Per guardare al futuro, quindi, è necessario riequilibrare i vincoli che limitano la possibilità di individuare ulteriori ambiti di efficienza del sistema, oltre a quello del pareggio di bilancio, con l’intenzione di superare progressivamente l’approccio tradizionale che ha visto nel “vincolo” un obiettivo da raggiungere e affermare il principio per cui “il vincolo è uno strumento” che consente di raggiungere un obiettivo condiviso.
Terminata la fase emergenziale degli anni passati, si intende valorizzare responsabilmente forme più equilibrate di monitoraggio della spesa: l’esperienza acquisita ci suggerisce, infatti, di percorrere un approccio maggiormente “olistico” nel valutare l’utilizzo delle leve regolatorie.
Il percorso che si vuole costruire mira a superare progressivamente l’attuale logica dei “silos” di spesa e orientarsi verso una logica orizzontale per “patologia” e corrispondenti bisogni dei pazienti che consenta una visione complessiva del costo delle malattie, oltre che dei fattori produttivi e permetta di svolgere una programmazione più efficiente ed una valutazione predittiva di cambiamenti e innovazioni, tecnologiche e non, introdotte nel sistema.
Se da un lato, quindi, l’equilibrio di bilancio va ricercato e preteso valutando il complesso dei costi e dei ricavi dei singoli servizi sanitari regionali, si ritiene necessario anche valorizzare il principio di autonomia regionale, consentendo alle Regioni in pareggio/avanzo di bilancio di gestire e modulare i propri fattori produttivi in maniera più aderente alle proprie scelte organizzative.
L'articolo 117, terzo comma, della Costituzione attribuisce alle regioni autonomia organizzativa in materia sanitaria. Dalla scelta organizzativa della regione discende una diversa allocazione della
spesa sui fattori produttivi e sulla componente degli acquisti di prestazioni dall’esterno. Per consentire, quindi, alle Regioni di modulare i propri fattori produttivi in maniera più aderente alle proprie scelte organizzative si rende opportuno concedere una maggiore flessibilità al sistema, pur nel rispetto degli obblighi di finanza pubblica, con riferimento ai vincoli di spesa previsti dalla normativa nazionale.
Allo stesso tempo, le eccessive variabilità regionali oggi rilevate in termini di servizi sanitari offerti, dalla prevenzione alla cura, non possono essere più accettate in un Paese la cui Costituzione non discrimina i cittadini in base al luogo di nascita.
In questi anni il SSN, pur avendo garantito un sostanziale universalismo, sembra avere tradito alcune aspettative: prima tra tutte quella della riduzione delle disparità geografiche. Il divario Nord-Sud rimane evidente e in larga misura immutato in termini di servizi offerti, per quantità e qualità, di speranza di vita, di accesso alle cure e di liste di attesa. Ne è ulteriore testimone l’ormai devastante peso della migrazione sanitaria che affligge una consistente porzione di nostri concittadini che risiedono nel Centro-Sud.
Emerge, dunque, la necessità di procedere con una rivisitazione del modello normativo dei piani di rientro: ad oltre 10 anni dal primo accordo tra Ministero della salute, Ministero dell’economia e finanze e regione interessata, con annesso piano di riorganizzazione e riqualificazione del servizio sanitario regionale (cd piano di rientro), il bilancio sui risultati ottenuti evidenzia che sono stati raggiunti gli obiettivi di contenimento della spesa (con l’eccezione delle Regioni Molise e Calabria), e in gran parte sono stati recuperati gli ingenti disavanzi sanitari esistenti nell’anno 2007. Al contrario, gli obiettivi di riqualificazione dei SSR, che avrebbero dovuto portare ad una efficace ed appropriata erogazione dei livelli essenziali di assistenza in tutte le Regioni, non sono stati raggiunti o lo sono stati parzialmente. Ed inoltre l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza si presenta difforme e con differenze significative anche a livello sub regionale.
Il principale aspetto che si ritiene critico nelle Regioni interessate tuttora dai Piani di rientro, ed in particolare in quelle commissariate, è la mancanza di una adeguata governance regionale in grado di fornire risposte adeguate, per qualità, quantità e tempi, di definire i fabbisogni di prestazioni sanitarie necessarie a garantire obiettivi di salute, di implementare le reti di offerta programmate e i servizi in conformità ai propri fabbisogni e alle indicazioni nazionali, analizzando e promuovendo iniziative di contrasto alla mobilità sanitaria con casistica di basso peso, di indirizzare i comportamenti aziendali nell’implementazione di quanto programmato, monitorando periodicamente il raggiungimento degli obiettivi di salute nel rispetto degli equilibri economici.
A motivo di ciò si rende necessario implementare la cornice regolatoria, nell’interesse del cittadino utente, con strumenti maggiormente incisivi, rispetto alle attuali forme di commissariamento, sulle Regioni e sulle aziende che non riescono a raggiungere gli obiettivi di riqualificazione dei propri obiettivi sanitari.
A tal fine, nel prevedere un coerente aggiornamento dello strumento dei Piani di rientro, nel quale assegnare un ruolo più forte al Governo centrale e ai suoi organi delegati, si introduce anche un ruolo di partnership e accompagnamento da parte delle Regioni virtuose.
Alla base del Patto, si intende affermare la volontà di rinsaldare lo spirito universalistico e solidale del Servizio Sanitario Nazionale, chiamando tutte le Regioni ad un vero e proprio “patto di coesione nazionale”, che si traduca in un’azione solidale di supporto e condivisione di strumenti
e modelli di governance tra le Regioni in grado nel tempo di uniformare gli approcci e avvicinare le performance dei diversi Servizi Sanitari Regionali.
In particolare, al fine di ridurre le diseguaglianze in termini di erogazione dei LEA tra le Regioni commissariate e le altre Regioni e creare forme di corresponsabilità, il Patto introduce una modalità concreta di affiancamento di ciascuna struttura regionale commissariata da parte di una regione partner che si caratterizza per elevati livelli di erogazione dei LEA e rientra nelle regioni “benchmark”. Di grande aiuto per ridurre le diseguaglianze, sarà l’attuazione della già prevista introduzione dei costi standard, in grado di contenere se non eliminare gli ingiustificati differenziali di costo nell’acquisizione dei beni e servizi.
Inoltre, in coerenza con la prospettiva di perseguire maggiore omogenizzazione dei servizi sul territorio e garantire universalismo ed equità nell’accesso al SSN, si conviene sull’utilità di avviare un percorso condiviso di riqualificazione e armonizzazione dei servizi di assistenza territoriale sociosanitaria, attente al lavoro di rete e a supporto dei percorsi assistenziali nel loro complesso, in particolare per la cronicità e l’ambito materno-infantile.
Infatti, se con il DM 70/2015 si è condiviso un importante ammodernamento relativamente agli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi dell’assistenza ospedaliera, si ritiene necessario affrontare lo stesso percorso per i servizi territoriali con la finalità di superare l’enorme variabilità regionale che oggi caratterizza l’assistenza territoriale nel nostro Paese.
L’iniziativa ha anche la finalità di assicurare la sostenibilità del sistema, la continuità di cura e la sicurezza del malato inserendo nelle strutture territoriali la realizzazione del processo di integrazione ospedale-territorio mediante l’adozione di un modello organizzativo denominato “Ospedale Virtuale Territoriale” e basato sulla realizzazione di un elevato grado di integrazione informativa e funzionale tra i diversi nodi della rete assistenziale. Il modello si dovrà avvalere degli strumenti innovativi collegati alle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (ICT), prospettare la ridefinizione del ruolo del medico di medicina generale, del medico di continuità assistenziale e di tutti gli attori della cura accreditati nel territorio per la gestione dell’emergenza- urgenza e della cronicità instabile, nonché introdurre modelli organizzativi dipartimentali “transmurali” ospedale-territorio.
Xxxxxxxx progetto territoriale deve anche essere sostenuto dalla revisione, in ambito ospedaliero, delle attività chirurgiche di DAY SURGERY e WEEK SURGERY che, seguendo la stessa logica di coordinamento ed integrazione, dovranno attuare iniziative di razionalizzazione e di diffusione di un vero e proprio sistema di DAY Hospital e Day SURGERY e WEEK Hospital polispecialistico con omogenea complessità clinica ed assistenziale.
Questi, infatti, rappresentano modelli organizzativi di ricovero in grado di consentire:
• sul versante interno ospedaliero di migliorare la tempestività ed appropriatezza del setting chirurgico, liberando ingenti risorse economiche e di personale per le strutture ospedaliere e quindi contribuendo a ridurre la pressione finanziaria ospedaliera;
• sul versante dei servizi territoriali di perfezionare il sistema di accesso ai servizi e di regolazione della mobilità sanitaria.
È insomma un modello organizzativo che persegue sia la conciliazione tra le esigenze di garanzia della libertà di scelta del cittadino con il compito delle Regioni di programmare l’offerta di prestazioni sanitarie ai propri residenti, sia l’integrazione con la prospettata revisione del sistema
territoriale con l’inserimento del modello organizzativo dell’Ospedale Virtuale Territoriale,
finalizzata a garantire la continuità di cura.
In ambito ospedaliero, nella stessa logica, si prevedono iniziative di perfezionamento del sistema di regolazione della mobilità sanitaria, perseguendo la conciliazione tra le esigenze di garanzia della libertà di scelta del cittadino con il compito delle regioni di programmare l’offerta di prestazioni sanitarie ai propri residenti.
Più in generale Stato e Regioni convengono sulla necessità di adottare una visione che considera la salute come il prodotto di una interazione tra persone, animali e ambiente, con la consapevolezza della necessità di un approccio collaborativo, multidisciplinare, multi- professionale e coordinato spostando l’attenzione dal controllo della malattia alla promozione della salute e alla centralità della persona.
In questa ottica, Stato e Regioni convengono sull’importanza di investire nella prevenzione e nella promozione della salute lungo il corso dell’esistenza, per garantire alla popolazione un futuro in salute e all’insegna di uno sviluppo più sostenibile, ridurre/contrastare le disuguaglianze di salute, affrontando tutti i determinanti socioculturali, ambientali ed emotivi che impattano sui contesti di vita e sulle scelte dei singoli, migliorando la qualità di vita delle persone, favorendo la produttività in età lavorativa e il mantenimento dell’autosufficienza in età più avanzata, anche attraverso un maggior coinvolgimento della comunità e dei suoi gruppi di interesse.
In questo senso, il Piano nazionale della prevenzione rappresenta lo strumento strategico per un’azione inter e multisettoriale finalizzata ad armonizzare e integrare il sistema “prevenzione” nel Paese, secondo un approccio “whole-of-government.
Inoltre, nell’ambito dell’impegno assunto nella promozione delle iniziative di prevenzione del Piano Nazionale Prevenzione, per effetto del forte allarme sociale che deriva della rilevata anticipazione dell’età delle donne nella quale sono diagnosticati casi di tumore mammario, va inserita la necessità della revisione delle procedure di accesso ai programmi di screening del carcinoma della mammella per fornire indicazioni univoche per la presa in carico della paziente.
L’approccio One Health attraverso l’integrazione tra più soggetti e settori che agiscano in modo coordinato è fondamentale soprattutto in specifici ambiti di interventi, quali quello della lotta all’antimicrobico resistenza e quello del rafforzamento delle misure di biosicurezza a protezione dello stato sanitario degli allevamenti, favorendo l’interscambio tra il settore sanitario umano e quello veterinario.
Stato e Regioni convengono sull’importanza di ribadire la rilevanza strategica della ricerca sanitaria volta a produrre progressi, grazie alle nuove terapie e ai nuovi modelli di organizzazione, nelle condizioni di salute dei cittadini e, conseguentemente, fornire strumenti per un uso ottimale delle risorse e ridurre eventuali sprechi.
Da un punto di vista più squisitamente strutturale, invece, la sostenibilità è la sfida che il Sistema Sanitario Nazionale dovrà affrontare nei prossimi anni.
La rilevanza e la velocità dei cambiamenti demografici, epidemiologici, le opportunità offerte dalle recenti innovazioni terapeutiche e da quelle che arriveranno rendono particolarmente complesso il processo di formulazione di politiche sanitarie che risultino, allo stesso tempo, adeguate e
sostenibili. Tutto ciò rende essenziale, per le Istituzioni deputate al governo del Sistema Sanitario Nazionale, la creazione di metodologie e strumenti atti a costruire scenari prospettici utili alla definizione di una politica sanitaria che tenga conto e insieme contemperi le molteplici spinte al cambiamento del sistema e i numerosi vincoli esistenti.
Inoltre, nella prospettiva di contribuire a garantire la sostenibilità del sistema e l’ottimale utilizzo delle risorse, si condivide l’opportunità di governare il razionale utilizzo di tutte le risorse che vengono a qualunque titolo impiegate per l’erogazione di prestazioni sanitarie e socio-sanitarie, orientandole in una logica di reale complementarietà rispetto alle prestazioni garantite nei LEA dal Servizio Sanitario Nazionale.
Per conseguire tale risultato sarà di grande aiuto il ricorso ai costi standard già condivisi nel precedente Patto.
Infine, sono considerati di interesse strategico gli interventi sul patrimonio immobiliare e tecnologico necessari per garantire un adeguato ammodernamento infrastrutturale e delle attrezzature a disposizione dei Servizi Sanitari Regionali. A tal fine, si intende predisporre un piano pluriennale in materia di edilizia sanitaria e ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico, mettendo a sistema tutte le fonti finanziarie disponibili a disposizione dello Stato e indirizzandole in base alle priorità nazionali.
Il nuovo Patto per la Salute rappresenta quindi un’importante occasione di rinnovamento e
crescita del nostro SSN, che nei prossimi anni dovrà prepararsi alle sfide che lo attendono.
Già oggi e sempre più nel futuro il servizio sanitario dovrà affrontare sfide importanti in termini di accesso all’innovazione, tecnologica e organizzativa, e gestione della cronicità: ciò richiede oggi un ripensamento delle modalità di programmazione delle politiche sanitarie e di distribuzione delle risorse secondo metodologie basate sul valore, sull’equità e sull’appropriatezza, nella responsabilità di continuare a garantire la sostenibilità del carattere universalistico del nostro servizio sanitario.
Il nuovo Patto per la Salute andrà monitorato nella sua attuazione con senso di responsabilità e in un rapporto di leale collaborazione fra le parti, attraverso un Tavolo politico permanente fra il Governo e la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome.
Indice
ART 1 Risorse umane 12
ART 2 Flessibilità nell’utilizzo dei fattori produttivi 16
ART 3 Omogeneità ed integrazione nei servizi di assistenza territoriale sociosanitaria. Presa in carico nel percorso di cura 21
ART 4 Garanzia dei Lea e Piani di Rientro 27
ART 5 Ruolo complementare dei Fondi Integrativi al Servizio Sanitario Nazionale 30
ART 6 Investimenti 32
ART 7 Revisione della disciplina del ticket e delle esenzioni e abolizione quota fissa 10 euro per ricetta prestazioni di specialistica ambulatoriale 34
ART 8 Piano Nazionale Liste di attesa 36
ART 9 Mobilità 37
ART 10 Sistema comune di controlli di appropriatezza degli erogatori accreditati 40
ART 11 Modelli previsionali 40
ART 12 Obiettivi di Piano 41
ART 13 Cure odontoiatriche 42
ART 14 Ricerca 43
ART 15 La Salute in una visione “One Health” 45
ART 00 Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxxx (XXX) 49
ART 17 Piano Nazionale Prevenzione 49
ART 18 Sanità pubblica veterinaria, igiene e sicurezza degli alimenti e nutrizione 53
ART 19 Strumenti di accesso partecipato e personalizzato del cittadino ai servizi sanitari 56
ART XX Norme finali 58
ART 1
Risorse umane
Fabbisogni di personale del Servizio Sanitario Nazionale e revisione degli obiettivi per la gestione e il contenimento dei relativi costi
Le risorse umane sono la prima leva per garantire l’appropriata erogazione dei LEA e la sicurezza e la qualità delle cure. Dopo anni di limiti alla spesa di personale, avulsi dai reali fabbisogni delle regioni, Stato e Regioni convengono sulla necessità di procedere alla definizione di una metodologia condivisa per la determinazione del reale fabbisogno di personale degli enti del Servizio Sanitario Nazionale.
Tale metodologia dovrà tenere conto sia di quanto già previsto in materia di definizione dei piani triennali dei fabbisogni di personale, ai sensi del comma 2 dell’art. 6 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e s.m. e dai relativi provvedimenti applicativi, nonché dei principi metodologici e del modello previsionale per la determinazione dei fabbisogni formativi dei professionisti sanitari di cui all’art. 6 ter del decreto legislativo 502 del 1992, e s.m.i.
Al fine di assicurare a tutte le Regioni di poter procedere alle assunzioni di personale del SSN secondo i propri reali fabbisogni, Stato e Regioni convengono sulla esigenza di costituire un organismo paritetico, composto dai Ministeri interessati e dalle Regioni, che, con il supporto di Agenas, definisca una proposta di revisione della normativa in materia di obiettivi per la gestione e il contenimento del costo del personale delle Aziende e degli Enti del Servizio Sanitario Nazionale.
Al contempo Stato e Regioni convengono sulla necessità che il Governo assuma iniziative normative urgenti per superare i vincoli vigenti e consentire alle Regioni di essere considerate adempienti, ove, pur non rispettando il parametro di spesa, abbiano conseguito l'equilibrio economico, abbiano garantito i livelli essenziali di assistenza ed abbiano avviato con atti di Consiglio o di Giunta il processo di adeguamento alle disposizioni di cui al Decreto Ministeriale 2 aprile 2015, n. 70.
Per le Regioni sottoposte ai Piani di Rientro dai disavanzi sanitari o ai programmi operativi di prosecuzione di detti piani, Stato e Regioni convengono sull’intenzione di mantenere validi gli obiettivi di contenimento previsti dai medesimi piani e programmi, lasciando la possibilità di aggiornamento dei piani e dei programmi dopo aver definito i nuovi obiettivi per la gestione e il contenimento del costo del personale.
Valorizzazione delle risorse umane
Nella maggior parte degli altri Paesi europei al medico in formazione specialistica è riconosciuta la propria dignità di medico ed è chiaramente regolamentata l'organizzazione pratica del lavoro che svolge sul campo. Nel nostro ordinamento la presenza del solo canale formativo universitario, che sicuramente ha l’obiettivo di garantire una formazione specialistica di qualità, da un lato ha
determinato nel tempo, un vero e proprio imbuto formativo, dall’altro ha portato a considerare lo specializzando non più un medico, ma uno studente privo di autonomia, che in alcune realtà viene impropriamente utilizzato nelle corsie per far fronte alla carenza di personale per attività routinarie, senza che gli sia consentito di partecipare ad attività formative complesse (ad es. interventi chirurgici di alta complessità).
Fermo restando che in nessun caso lo specializzando deve essere utilizzato per sostituire personale di ruolo, Stato e Regioni convengono sulla esigenza di valorizzare il ruolo dello specializzando all’interno delle strutture, riconoscendo innanzitutto come recentemente chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza 5 dicembre 2018, n. 249, che il medico in formazione specialistica può svolgere con progressiva attribuzione di autonomia e responsabilità specifici compiti che gli sono stati affidati tenendo conto degli indirizzi e delle valutazioni espressi dal Consiglio della scuola.
Stato e Regioni si impegnano, inoltre, a disciplinare, accanto al percorso universitario, un alternativo percorso formativo regionale, in cui la formazione teorica degli specializzandi sia impartita dall’università, secondo le modalità definite con apposti protocolli d’intesa e la formazione pratica nelle strutture del servizio sanitario regionale. Tali strutture dovranno possedere requisiti uniformi su tutto il territorio nazionale, appositamente definiti, al fine di consentire che il titolo di specialista conseguito, rilasciato congiuntamente dall’Università e dalla Regione, abbia validità su tutto il territorio nazionale.
Stato e Regioni convengono sulla necessità di prevedere, per le professionalità di medico, odontoiatra, veterinario, farmacista, biologo, psicologo, chimico e fisico, la possibilità di accedere al Servizio Sanitario Nazionale, oltre che con il diploma di specializzazione, anche con la laurea e l’abilitazione all’esercizio professionale, prevedendo l’utilizzo di tali professionisti all’interno delle reti assistenziali, per lo svolgimento di funzioni non specialistiche.
Per quanto riguarda le professioni infermieristiche, ostetriche, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, Stato e Regioni si impegnano a garantire la valorizzazione e lo sviluppo delle relative competenze professionali, tenendo conto dei livelli della formazione acquisita, in coerenza con quanto previsto nei Contratti Collettivi Nazionali di settore relativamente al conferimento degli incarichi professionali.
Il tema delle professioni va peraltro inserito in quello più ampio della carenza del personale medico per dare una visione più complessiva alla questione, in quanto, secondo i dati internazionali, il nostro Paese ha un numero molto basso di infermieri che, avviando percorsi di specializzazione adeguata, potrebbero rendere meno critico il quadro complessivo del fabbisogno del personale.
Infine deve essere affrontato il più complesso problema del personale medico nel numero, nell’accesso al Servizio Sanitario Nazionale e nel percorso per le specializzazioni, come evidenziato.
Governance delle aziende e degli enti del Servizio Sanitario Nazionale
Stato e Regioni convengono sulla necessità di intervenire sulle disposizioni del decreto legislativo
n. 171 del 2016, relative alla selezione nazionale e alle selezioni regionali per il conferimento degli
incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo, nonché direttore dei servizi socio-sanitari per assicurare una platea più ampia di soggetti idonei, in coerenza con il nuovo quadro delle autonomie regionali differenziate, salvaguardando al contempo l’esigenza di assicurare una selezione basata esclusivamente sul merito. Tenendo conto peraltro della specificità degli IZS, Stato e Regioni si impegnano a individuare idonee soluzioni per garantire che gli aspiranti agli incarichi di direttore generale degli enti in parola siano in possesso dei necessari requisiti di professionalità.
ART 1 – Risorse umane Bozza articolato
Fabbisogni di personale del Servizio Sanitario Nazionale e revisione degli obiettivi per la gestione e il contenimento dei relativi costi
1. Al fine di assicurare l’appropriata erogazione dei LEA e la sicurezza e la qualità delle cure si conviene di definire con Accordo tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, su proposta del Ministro della salute, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente Patto, una metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale degli enti del Servizio sanitario nazionale, tenendo conto di quanto previsto in materia di definizione dei piani triennali dei fabbisogni di personale dal comma 2 dell’art. 6 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e s.m. e dai relativi provvedimenti applicativi, nonché dei principi metodologici e del modello previsionale per la determinazione dei fabbisogni formativi dei professionisti sanitari di cui all’articolo 6 ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.502 e s.m.
2. Per le finalità di cui al comma 1, si conviene di adottare le necessarie modifiche normative per aggiornare i parametri di spesa previsti dagli articoli 3, 3-bis e 3-ter dell’articolo 17 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, fatto salvo quanto specificatamente previsto per le regioni che hanno sottoscritto l’accordo di cui all’articolo 1, comma 180 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 e successive modificazioni, su un programma operativo di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento del Servizio sanitario regionale.
3. A tal fine entro 30 giorni dall’entrata in vigore del presente Patto, con decreto del Ministro della salute è istituito un Comitato paritetico con il compito di definire entro 120 giorni dalla data di insediamento una proposta di revisione della normativa in materia di obiettivi per la gestione e il contenimento del costo del personale delle Aziende e degli Enti del Servizio sanitario nazionale. Il Comitato, che si avvale anche del supporto tecnico dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, è composto da rappresentanti del Dipartimento per gli Affari regionali e le autonomie, del Dipartimento della funzione pubblica, del Ministero dell’economia e delle finanze, del Ministero della salute nonché delle Regioni e delle Province autonome.
4. Nelle more dell’adozione delle disposizioni di cui al comma 2, il Governo si impegna ad adottare, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente Patto, le necessarie iniziative normative volte a prevedere che la regione è giudicata adempiente ove sia accertato il conseguimento dell’obiettivo già previsto all'articolo 2, comma 71, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 ovvero ove abbia raggiunto l'equilibrio economico ed abbia garantito i livelli essenziali di assistenza, nonché abbia avviato con atti di Consiglio o di Giunta il processo di adeguamento alle disposizioni di cui al Decreto Ministeriale 2 aprile 2015, n. 70. Fatto salvo per le regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari o ai programmi operativi di prosecuzione di detti piani quanto previsto dai medesimi piani e programmi, con le medesime iniziative legislative si conviene di prevedere che le regioni stesse aggiornano gli
obiettivi di spesa del personale entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore delle disposizioni di cui al comma 3.
Valorizzazione delle risorse umane
5. Al fine di valorizzare i medici in formazione specialistica, anche alla luce delle esperienze di altri Paesi dell’Unione Europea, il Governo e le Regioni entro 30 giorni dalla data del presente Patto costituiscono un tavolo tecnico, con il compito di elaborare, entro 60 giorni dall’insediamento, una proposta di revisione delle norme che disciplinano la formazione specialistica dei medici, fatti salvi i vincoli derivanti dall’appartenenza all’Unione europea, prevedendo un percorso formativo alternativo al percorso universitario già disciplinato dalle disposizioni vigenti, fermo restando quanto previsto al comma 2. Il predetto percorso formativo prevede che le regioni, parallelamente alla formazione specialistica universitaria, possono disciplinare percorsi di formazione medico specialistica, con oneri a proprio carico, all’interno delle aziende ospedaliere assicurando che:
o la formazione teorica degli specializzandi sia impartita dall’università secondo le modalità definite con apposti protocolli d’intesa;
o all’interno dei protocolli di cui alla lettera a), la Regione definisca le strutture regionali nelle quali lo specializzando svolgerà l’attività pratica con progressiva attribuzione di autonomia e responsabilità, nel rispetto dei requisisti minimi definiti a livello nazionale;
o sia garantita la rotazione degli specializzandi nelle diverse strutture al fine di consentire l’acquisizione di tutti gli obiettivi formativi previsti dai regolamenti didattici di ateneo;
o il relativo diploma di specializzazione sia rilasciato congiuntamente dalla regione e dall’università ed abbia valore legale su tutto il territorio nazionale.
6. Nelle more della revisione della normativa di cui al comma 1, il Governo e le Regioni riconoscono che sulla base delle disposizioni normative vigenti, così come interpretate dalla Corte costituzionale nella sentenza 5 dicembre 2018, n. 249, il medico in formazione specialistica può svolgere con progressiva attribuzione di autonomia e responsabilità specifici compiti che gli sono stati affidati, tenendo conto degli indirizzi e delle valutazioni espressi dal Consiglio della scuola, fermo restando che il tutor deve essere sempre disponibile per la consultazione e l’eventuale tempestivo intervento.
7. Il Governo e le regioni convengono di adottare entro 120 giorni le necessarie iniziative normative per introdurre innovative modalità di reclutamento del personale medico, odontoiatra, veterinario, farmacista, biologo, psicologo, chimico e fisico, prevedendo come requisito d’accesso la pertinente laurea e abilitazione all’esercizio professionale, e l’inquadramento in un apposito livello iniziale dell’area contrattuale della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria del SSN. I predetti professionisti sono utilizzati all’interno delle reti di offerta, in coerenza con la riorganizzazione delle reti assistenziali, per lo svolgimento di funzioni non specialistiche.
8. Al fine di implementare la qualità dei servizi e la sicurezza, efficacia ed efficienza del Servizio sanitario nazionale, anche per la promozione della salute e per la presa in carico della cronicità e di assicurare l’appropriatezza nell’uso dei fattori produttivi, il Governo e le Regioni convengono che nella riorganizzazione delle reti ospedaliere e territoriali si tenga conto della valorizzazione delle risorse umane, ed in particolare dello sviluppo delle competenze delle professioni infermieristiche, ostetriche, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, anche adottando ogni iniziativa utile a garantire la piena attuazione dei Contratti Collettivi Nazionali di settore relativamente al conferimento degli incarichi professionali favorendo l’integrazione multiprofessionale.
Governance delle aziende e degli enti del Servizio Sanitario Nazionale
9. Il Governo si impegna ad adottare entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore del Patto ogni opportuna iniziativa normativa volta a rivedere la disciplina della selezione nazionale e delle selezioni regionali per il conferimento degli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore
amministrativo, nonché direttore dei servizi socio-sanitari, dettata dal decreto legislativo n. 171 del 2016, con l’obiettivo di assicurare un ampliamento della platea dei soggetti idonei ai predetti incarichi, in coerenza con il nuovo quadro delle autonomie regionali differenziate, salvaguardando l’esigenza di assicurare una selezione basata esclusivamente sul merito ed introducendo specifiche disposizioni per i direttori degli IZS, volte a verificarne il possesso di appositi requisiti di professionalità.
Istituti Zooprofilattici Sperimentali
10. Stato e regioni convengono sulla necessità di rivedere le competenze del Direttore Generale, Direttore Amministrativo e Direttore Sanitario e di prevedere un Collegio direzione.
Cronoprogramma di attuazione
ART 1 - Risorse umane | Entro |
Fabbisogni di personale del Servizio Sanitario Nazionale e revisione degli obiettivi per la gestione e il contenimento dei relativi costi | |
Metodologia per la determinazione del fabbisogno di personale degli enti del Servizio sanitario nazionale | 3 mesi |
Decreto del Ministro della salute per l’istituzione di un Comitato paritetico | 1 mese |
Proposta di revisione della normativa in materia di obiettivi per la gestione e il contenimento del costo del personale delle Aziende e degli Enti del Servizio sanitario nazionale | 4 mesi (dall'insediamento del Comitato) |
Iniziativa normativa volta a ridisciplinare i parametri di adempimento delle Regioni virtuose | 1 mese |
Valorizzazione delle risorse umane | |
Istituzione tavolo tecnico per elaborazione proposta di revisione delle norme che disciplinano la formazione specialistica dei medici | 1 mese |
Presentazione Proposta | 2 mesi (dall'insediamento del Tavolo) |
Iniziative normative per introdurre innovative modalità di reclutamento del personale medico, odontoiatra, veterinario, farmacista, biologo, psicologo, chimico e fisico | 4 mesi |
Valorizzazione delle professioni infermieristiche, ostetriche, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione attraverso una pluralità di azioni | non definibile |
Governance delle aziende e degli enti del Servizio Sanitario Nazionale | |
Iniziativa normativa volta a rivedere la disciplina del decreto legislativo n. 171 del 2016 e s.m. in materia di direttori generali, direttori amministrativi, direttori sanitari e direttori socio-sanitari introducendo anche specifiche disposizioni per i direttori degli IZS. | 1,5 mesi |
ART 2
Flessibilità nell’utilizzo dei fattori produttivi
Stato e Regioni condividono la necessità di garantire maggiore flessibilità alle Regioni in equilibrio economico e finanziario nell’utilizzo dei fattori produttivi, con particolare riferimento al riequilibrio dei vincoli in materia di spesa farmaceutica, di spesa per i dispositivi medici e di spesa per l’acquisto di prestazioni dagli erogatori privati, per favorire la copertura del bisogno assistenziale
dei propri cittadini, in coerenza con la programmazione attuativa del DM 70/2015, nel rispetto degli indirizzi di programmazione nazionale.
La Governance della farmaceutica e dei dispositivi medici è stata oggetto di revisione da parte di un Tavolo di esperti nominato dal Ministro della salute, del quale fanno parte anche rappresentanti delle Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, con l’obiettivo di verificare gli atti e i provvedimenti che ne disciplinano il loro utilizzo rilevandone le principali criticità ed elaborando soluzioni per il loro acquisto e utilizzo da parte degli enti del SSN.
In particolare, in ambito farmaceutico, nella cornice di implementazione della normativa in vigore (Art. 1 comma 553 della Legge 30 dicembre 2018 n. 145), con decreto del Ministro della salute (15 marzo 2019), di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, verranno dettati i nuovi criteri e le modalità a cui l'AIFA si attiene nel determinare, mediante negoziazione, i prezzi dei farmaci rimborsati dal SSN.
Inoltre Stato e Regioni convengono di favorire, grazie all’analisi dei dati pubblicati dall’ufficio Monitoraggio della spesa farmaceutica e rapporti con le Regioni dell’AIFA, l’avvio di un processo di benchmarking tra le diverse realtà a sostegno della razionalizzazione dei costi e del recupero dei margini di efficienza prevedendo collaborazioni tra centrali di committenza con particolare riferimento a quelle relative alle regioni commissariate, anche mediante il recepimento dei suggerimenti provenienti in ambito internazionale dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD) attraverso il documento “Pharmaceutical Innovation and Accesso to Medicines”. A tal proposito si sottolinea l’invio da parte del Ministro della salute all’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) di una proposta di Risoluzione a favore della trasparenza dei prezzi e dei risultati degli studi clinici da discutere in occasione della prossima 72° sessione della World Health Assembly che si terrà nel maggio 2019.
Rispetto ai dispositivi medici va sottolineata la possibilità di implementazione a livello europeo della nomenclatura utilizzata nel nostro paese con importanti esternalità positive per gli stakeholder che operano in Italia. Anche per questo tipo di beni il nuovo Patto della Salute 2019
- 2021 dovrà prevedere la corretta implementazione rispetto a quanto previsto dalla Legge 30 dicembre 2018 n. 145 (art. 1 commi 557 e 558) in merito alla determinazione del payback, nonché della corretta tenuta dei registri degli impianti protesici e dei dispositivi medici impiantabili.
Stato e Regioni perseguono l’ottimizzazione dei processi di adozione dei dispositivi medici innovativi nella pratica clinica all’interno delle aziende sanitarie del Servizio Sanitario Nazionale, con particolare riferimento a quelli che, oltre al beneficio misurabile in termini clinici, si siano dimostrati “cost saving” secondo le procedure adottate dalla Cabina di Regia Health Technology Assessment (HTA) nell’ambito del Programma Nazionale HTA dei Dispositivi Medici.
Stato e Regioni si impegnano ad aggregare e unificare ad uno solo, completo e tempestivo, il flusso informativo sull’acquisto e sul consumo dei DM nel SSN, capitalizzando il lavoro sinora svolto dalla DGFDM, completandolo con eventuali campi informativi mancanti e soprattutto perfezionando l’integrazione dei dati provenienti da diversi flussi già disponibili (es. Schede di Dimissione Ospedaliera, Conti Economici, Flussi Contratti DM, Flussi Consumi Dispositivi Medici).
Viste le recenti modifiche normative introdotte dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) ed in particolare dall’articolo 1, commi 516 e 557, laddove rispettivamente viene previsto: i) la necessità di individuare misure di efficientamento dei costi, tra cui deve rientrare il miglioramento dell'efficienza e dell'appropriatezza nell'uso dei fattori produttivi, tra i quali rientrano i dispositivi medici; ii) l’individuazione di nuove regole per la determinazione dello sfondamento della spesa per i dispositivi medici, al fine di semplificare il processo di responsabilizzazione dei diversi attori e di coinvolgere maggiormente le aziende fornitrici del settore, Governo e Regioni si impegnano ad individuare ulteriori misure di governance del settore della spesa dei dispositivi medici atte a semplificare il meccanismo di definizione dei tetti di spesa e di determinazione dell’eventuale sfondamento di spesa. Le ulteriori misure di governance devono tendere a superare le attuali criticità connesse alla modalità di normalizzazione dei tetti di spesa sulla base della composizione pubblico-privato dell’offerta che, peraltro, possono indebolire il sistema laddove i criteri individuati vengano ritenuti dalle aziende fornitrici o dalle regioni medesime non correttamente rappresentative dei sistemi di offerta presenti sui territori regionali, alimentando così contenziosi.
Stato e Regioni si impegnano a mettere a fattor comune le evidenze prodotte dal Tavolo dei Soggetti Aggregatori per individuare le modalità di efficientamento dell’utilizzo dei fattori produttivi, in riferimento ai costi e ai comportamenti di acquisto da parte dei Soggetti Aggregatori.
ART 2 – Flessibilità nell’utilizzo dei fattori produttivi
Bozza articolato
Erogatori privati accreditati
1. Fermo restando l’obbligo per le regioni e province autonome di fissare tetti di spesa per l’acquisto di prestazioni da privato e fatto salvo quanto specificatamente previsto per le regioni che hanno sottoscritto l’accordo di cui all’articolo 1, comma 180 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 e successive modificazioni, su un programma operativo di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento del Servizio sanitario regionale, si conviene di adottare le necessarie modifiche normative finalizzate a consentire, in sede di sottoscrizione degli accordi contrattuali o dei contratti di cui all’articolo 8-quinquies del decreto legislativo 502/92 e s.m.i., alle regioni e province autonome di derogare ai vincoli di spesa di cui all’articolo 15, comma 14 del decreto- legge 95/2012 convertito con modificazioni dalla legge 135/2012, al fine di adeguare la copertura del bisogno assistenziale dei propri cittadini coerentemente con la propria rete di offerta e nel rispetto degli indirizzi di programmazione nazionale (deospedalizzazione e trasferimento setting assistenziale nonché aggiornamento del nomenclatore tariffario).
2. Per la regione o provincia autonoma che si avvale di tale facoltà, il vincolo di spesa di cui al predetto articolo 15, comma 14 del decreto-legge 95/2012 si intende comunque rispettato, qualora la stessa regione abbia assicurato l’equilibrio economico, valutato dal Tavolo di verifica degli adempimenti e, per le regioni in Piano di rientro in sede congiunta dal Tavolo di Verifica degli adempimenti e dal Comitato Lea, istituiti ai sensi dell’articolo 9 e 12 dell’Intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano nella seduta del 23 marzo 2005 (Rep. Atti n. 2271/CSR).
Governance farmaceutica e dei dispositivi medici
3. Con DPCM dell’11 luglio 2018, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 16 agosto 2018, sono state aggiornate le categorie merceologiche oggetto di acquisto da parte dei soggetti aggregatori. Tra queste rivestono particolare importanza i farmaci e dispositivi medici per i quali nel 2017 il Servizio sanitario ha investito in salute per i propri cittadini circa 17,3 miliardi di euro, cifra che rappresenta complessivamente il 94,4% del costo complessivo dei beni sanitari.
La Governance della farmaceutica e dei dispositivi medici è stata oggetto di revisione da parte di un Tavolo di esperti nominato dal Ministro della salute, del quale fanno parte anche rappresentanti delle Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, con l’obiettivo di verificare gli atti e i provvedimenti che ne disciplinano il loro utilizzo rilevandone le principali criticità ed elaborando soluzioni per il loro acquisto e utilizzo da parte degli enti del SSN.
In particolare, in ambito farmaceutico, nella cornice di implementazione della normativa in vigore (Art. 1 comma 553 della Legge 30 dicembre 2018 n. 145), con decreto del Ministro della salute (15 marzo 2019), di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, verranno dettati i nuovi criteri e le modalità a cui l'AIFA si attiene nel determinare, mediante negoziazione, i prezzi dei farmaci rimborsati dal SSN.
4. Inoltre Stato e Regioni convengono di favorire, grazie all’analisi dei dati pubblicati dall’ufficio Monitoraggio della spesa farmaceutica e rapporti con le Regioni dell’AIFA, l’avvio di un processo di benchmarking tra le diverse realtà a sostegno della razionalizzazione dei costi e del recupero dei margini di efficienza prevedendo collaborazioni tra centrali di committenza con particolare riferimento alle Regioni commissariate, anche attraverso il recepimento dei suggerimenti provenienti in ambito internazionale dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD) attraverso il documento “Pharmaceutical Innovation and Accesso to Medicines”. A tal proposito si sottolinea l’invio da parte del Ministro della salute all’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) di una proposta di Risoluzione a favore della trasparenza dei prezzi e dei risultati degli studi clinici da discutere in occasione della prossima 72° sessione della World Health Assembly che si terrà nel maggio 2019.
5. Rispetto ai dispositivi medici va sottolineata la possibilità di implementazione a livello europeo della nomenclatura utilizzata nel nostro paese con importanti esternalità positive per gli stakeholder che operano in Italia. Anche per questo tipo di beni il nuovo Patto della Salute 2019- 2021 dovrà prevedere la corretta implementazione rispetto a quanto previsto dalla Legge 30 dicembre 2018 n. 145 (art. 1 commi 557 e 558) in merito alla determinazione del payback, nonché della corretta tenuta dei registri degli impianti protesici e dei dispositivi medici impiantabili.
6. Stato e Regioni perseguono l’ottimizzazione dei processi di adozione dei dispositivi medici innovativi nella pratica clinica all’interno delle aziende sanitarie del Servizio Sanitario Nazionale, con particolare riferimento a quelli che, oltre al beneficio misurabile in termini clinici, si siano dimostrati cost saving secondo le procedure adottate dalla Cabina di Regia Health Technology Assessment (HTA) nell’ambito del Programma Nazionale HTA dei Dispositivi Medici.
7. A completamento delle attività descritte nei commi precedenti, si dovrà unificare ad uno solo, completo e tempestivo, il flusso informativo sull’acquisto e sul consumo dei DM nel SSN, capitalizzando il lavoro sinora svolto dalla DGFDM, completandolo con eventuali campi informativi mancanti e soprattutto perfezionando l’integrazione dei dati provenienti da diversi flussi già disponibili (es. Schede di Dimissione Ospedaliera, Conti Economici, Flussi Contratti DM, Flussi Consumi Dispositivi Medici).
Governo della spesa sanitaria nel settore dei dispositivi medici
8. Si dovranno adottare tutte le misure idonee a garantire l’accelerata implementazione del programma nazionale di HTA dei dispositivi medici quale architettura istituzionale utile al governo dell’innovazione tecnologica nei dispositivi medici e la promozione di disinvestimenti “mirati” per tecnologie obsolete e non in grado di generare valore rispetto ai comparatori. A tale scopo, si ritiene necessario incrementare la produzione di documenti di HTA in grado di rappresentare una base informativa a supporto dei diversi livelli decisionali, fornendo elementi per la definizione dei capitolati di gara per l’acquisizione dei medical device a livello nazionale (Consip), regionale (centrali di acquisto), intra-regionale (consorzi di area vasta) o aziendale. Lo sviluppo di questa soluzione istituzionale garantirà la crescita delle attività operative di HTA a livello nazionale e regionale per guidare le decisioni inerenti l’introduzione delle nuove tecnologie e il disinvestimento.
9. Al fine di semplificare il meccanismo di definizione dei tetti di spesa e di determinazione dell’eventuale sfondamento di spesa nonché di rendere più solido il sistema di responsabilizzazione dei diversi attori coinvolti nel processo degli acquisti dei dispositivi medici, Governo e Regioni convengono che il tetto di spesa nazionale e regionale venga fissato in maniera uniforme per tutte le regioni e province autonome nella misura del 4,4 per cento rispetto al fabbisogno sanitario nazionale e regionale standard di cui ai citati articoli 26 e 27 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n.68, superando in tal modo la logica di operare una normalizzazione dei tetti di spesa sulla base della composizione pubblico-privato dell’offerta.
Soggetti Aggregatori
10. Qualora sulla base delle analisi effettuate dal Tavolo dei Soggetti Aggregatori, anche grazie a strumenti di rilevazione dei prezzi unitari corrisposti dalle Aziende Sanitarie per gli acquisti di beni e servizi di cui al DPCM del 24.12.2015 e ss.mm.ii, emergano differenze significative dei prezzi unitari e di comportamenti di acquisto, Stato e Regioni si impegnano, attraverso una normativa dedicata, a definire le modalità con cui le aziende e fornitori dovranno convergere alle best practice individuate per ciascuna categoria merceologica di cui al DPCM del 24.12.2015 dal Tavolo Soggetti Aggregatori.
11. Stato e Regioni si impegnano a utilizzare le informazioni rilevate dal Tavolo Soggetti Aggregatori per efficientare l’utilizzo dei fattori produttivi, anche integrando la governance dei dispositivi medici e comunque l’aggregato più generale di beni e servizi, nonché introducendo una normativa vincolante sui prezzi di riferimento.
Cronoprogramma di attuazione
ART 2 - Flessibilità nell’utilizzo dei fattori produttivi | Entro |
Erogatori privati accreditati | |
Presentazione proposta normativa di deroga al vincolo di spesa di cui all’articolo 15, comma 14 del decreto-legge 95/2012 convertito con modificazioni dalla legge 135/2012 | 10 mesi |
Governance farmaceutica e dei dispositivi medici | |
Decreto Ministeriale Prezzi dei Farmaci | Entro marzo 2019 |
Intesa per efficientamento della spesa per farmaci e dispositivi medici e supporto tra soggetti aggregatori con particolare riferimento per le regioni commissariate | 8 mesi |
Discussione Risoluzione presso WHO trasparenza prezzi e trial clinici dei farmaci | 3 mesi |
Discussione stakeholeder in considerazione dell’Accordo Regioni-Farmindustria per farmaci e dispositivi medici | 1 mese |
Estensione della classificazione italiana in Europa dei dispositivi medici | 2019-2024 |
Iniziative a supporto dell’implementazione dei registri di sorveglianza dei dispositivi medici | 6 mesi (revisione annuale) |
Report con linee guida, cluster prezzi, iniziative di HTA, gare/convenzioni soggetti aggregatori per dispositivi medici | 4 mesi (revisione semestrale) |
Applicazione Accordo payback 2015-2018 e normativa 2019 per i dispositivi medici | 4 mesi |
Governo della spesa sanitaria nel settore dei dispositivi medici | |
Soggetti Aggregatori | |
Bozza proposta legislativa | 6 mesi |
ART 3
Omogeneità ed integrazione nei servizi di assistenza territoriale sociosanitaria. Presa in carico nel percorso di cura
Il mutato contesto socio-epidemiologico, con il costante incremento di situazioni di fragilità sanitaria e sociale, impone una riorganizzazione dell’assistenza territoriale che promuova, attraverso nuovi modelli organizzativi integrati, attività di prevenzione e promozione della salute, percorsi di presa in carico della cronicità basati sulla medicina di iniziativa, un forte impulso dell'assistenza domiciliare, un investimento sull’assistenza residenziale per i soggetti non auto sufficienti e un nuovo percorso di analisi dei bisogni e programmazione dei servizi con il coinvolgimento di tutti gli stakeholder interessati .
In coerenza con gli orientamenti della letteratura internazionale e le esperienze di innovazione già in atto in alcune regioni, si condivide la necessità di implementare un sistema di assistenza sanitaria e sociosanitaria territoriale, che si può definire come “sistema accessibile universalmente, centrato sulla persona, che integri servizi sanitari e sociali, assicurati da team multiprofessionali e multidisciplinari, per fare fronte ai bisogni di salute dei cittadini in partnership tra i pazienti e i loro caregiver in un contesto familiare o di comunità garantendo il coordinamento e la continuità delle cure anche con gli altri setting assistenziali” (Commission Decision 2012/C198/06 del 27 febbraio 2014).
In quest’ambito si propone di condividere una serie di elementi chiave per la riorganizzazione dei
servizi (Global Conference on primary health care, OMS 2018) quali:
- una strategia centrata sulla persona, volta ad identificare i bisogni e agire sui determinanti di salute, rafforzare le competenze della popolazione e coinvolgere attivamente i pazienti e le famiglie nei processi decisionali;
- una correlata trasformazione dei servizi organizzati in rete, che richieda una migliore evidenza sull’impatto in termini di risultati di salute e di sostenibilità, con relativa previsione e attribuzione delle risorse necessarie per attuare il cambiamento e un efficace sistema informativo che ne monitori il funzionamento;
- attivare fattori che rendano possibile il cambiamento (enablers factors), quali la responsabilizzazione degli attori coinvolti, l’allineamento degli incentivi, forza lavoro competente e specificamente formata, l’appropriatezza dell’uso dei farmaci e accertamenti diagnostici, l’appropriatezza organizzativa nei setting assistenziali, l’utilizzo appropriato dell’innovazione tecnologica;
- una effettiva presa in carico del cittadino per consentirgli di effettuare il percorso di cura sia nei servizi territoriali che in quelli ospedalieri anche attraverso l’assegnazione di una “figura di coordinamento” nei casi più complessi da identificare. La presa in carico va adottata con modalità specifiche in relazione alle patologie ed è particolarmente importante nei percorsi di cura complessi, come nei tumori o nelle patologie neurologiche, come ad esempio i disturbi autistici, in quanto consente di sostenere il paziente e rassicurare i familiari.
Di fronte alla grande eterogeneità intra ed interregionale dell’assistenza sociosanitaria, il DPCM 12 gennaio 2017 “Definizione ed aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza” persegue l’uniformità del percorso della presa in carico della persona e dell’assistenza nel rispetto dell’autonomia organizzativa delle regioni.
In particolare prevede la garanzia dei percorsi assistenziali integrati sanitari e sociali con accesso unitario ai servizi, valutazione multidimensionale dei bisogni clinici funzionali e sociali con strumenti standardizzati ed uniformi almeno a livello regionale, la presa in carico della persona e definizione del progetto di assistenza individuale (PAI). Inoltre declina le attività nei diversi regimi assistenziali (domiciliare, residenziale e semiresidenziale) e differenziazione secondo livelli di complessità ed intensità assistenziale crescente in relazione al bisogno di cura.
Il Piano Nazionale della Cronicità, approvato con Accordo Stato-Regioni del 15 settembre 2016, sottolinea l’esigenza di individuare “un disegno strategico comune inteso a promuovere interventi basati sulla unitarietà di approccio, centrato sulla persona ed orientato su una migliore organizzazione dei servizi e una piena responsabilizzazione di tutti gli attori dell’assistenza”. Una ambiziosa sfida di sistema che mira a ridisegnare la struttura assistenziale e i percorsi per la cronicità, a definire gli elementi chiave e trasversali dei nuovi modelli organizzativi, a specificare il macro-processo di gestione dei pazienti, a fornire indicazioni per la costruzione degli indicatori di monitoraggio all’interno di una visione unitaria e omogenea sul territorio nazionale.
Tale approccio richiede:
- una ridefinizione dei modelli organizzativi regionali, basati sicuramente sulla centralità dei distretti socio-sanitari come ambito di valutazione del bisogno e di programmazione, ma che prevedano lo sviluppo di strutture territoriali di coordinamento e di erogazione dell’assistenza primaria, intesa come l’integrazione dei vari servizi deputati alla prevenzione e promozione della salute, alle cure primarie e alla salute mentale;
- un investimento nell’ambito delle cure domiciliari, comprese le cure palliative;
- una rete di offerta delle strutture socio-sanitarie omogenea sul territorio nazionale;
- la valorizzazione delle professioni sanitarie, in particolare di quella infermieristica, finalizzato alla copertura dell’enorme incremento di bisogno di continuità dell’assistenza, educazione terapeutica, in particolare per i soggetti più fragili, affetti da multi-morbilità, ecc;
- la promozione di politiche attive di valorizzazione della figura del care-giver;
- lo sviluppo di strutture intermedie (es.: Ospedali di Comunità) a gestione infermieristica;
- l’integrazione della figura del Medico di Medicina Generale con le figure professionali della
dipendenza deputate all’assistenza primaria;
- il coordinamento dei servizi sanitari, sociosanitari e socio-assistenziali per la presa in carico unitaria della persona;
- lo sviluppo di strumenti di analisi e profilazione dei soggetti fragili, finalizzato allo sviluppo della medicina di iniziativa e di una presa in carico globale;
- politiche attive di promozione della salute verso i giovani, per la promozione della salute, anche finalizzate alla prevenzione delle gravidanze indesiderate e alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse;
- lo sviluppo di sistemi di monitoraggio delle performance dell’assistenza territoriale, in analogia a quanto già esiste per l’assistenza ospedaliera (PNE…);
- accelerazione nella realizzazione del Fascicolo Sanitario Elettronico, quale contenitore della storia clinica del cittadino, a disposizione della rete dei servizi;
- lo sviluppo dei sistemi informativi e digitali e della telemedicina come fattori abilitanti i nuovi servizi sul territorio;
- la revisione dei programmi di prevenzione del carcinoma mammario in conseguenza della
anticipazione dell’età in cui emergono i casi di tumore.
Inoltre si ritiene fondamentale rafforzare la governance del sistema sociosanitario territoriale. La normativa vigente attribuisce al Distretto tale ruolo, che tuttavia sta cambiando profondamente anche in ragione dei processi di accorpamento ed evoluzione del sistema di aziendalizzazione. È necessario che si rafforzino le funzioni di governo dei percorsi di cura, di sviluppo dei processi di integrazione sociosanitaria, tramite la programmazione concertata con le autonomie locali (piani territoriali integrati con gli ambiti sociali) per assicurare una migliore risposta assistenziale ai bisogni delle persone affette da patologie croniche contribuendo anche a ridurre i tassi di ricovero e gli accessi impropri al pronto soccorso.
Per conseguire l’auspicato rafforzamento va affrontato in modo più organico e complessivo la riorganizzazione delle strutture dei servizi territoriali.
Va affrontata prioritariamente la problematica dell’accessibilità ai servizi per il paziente urgente e
cronico instabile (ricoverato in strutture extraospedaliere o domiciliari): questa prospettiva può
essere assolta con la costituzione di un dipartimento extramurario per integrare le conoscenze specialistiche ospedaliere con i bisogni della medicina delle cure primarie.
Anche in relazione a quanto sopra si conviene sull’urgenza di avviare un percorso legislativo per la definizione delle competenze delle professioni sanitarie all’interno del nuovo modello di organizzazione dei servizi territoriali, fornendo loro una autonomia sulle attività non mediche. Basti pensare ai follow-up delle patologie croniche, alla medicina di iniziativa, all’educazione terapeutica, alla gestione delle gravidanze a basso rischio, etc.
Non va dimenticato, nella ridefinizione delle competenze, anche il problema della revisione del numero degli infermieri da inserire nei servizi di diagnosi e cura, come si è già segnalato.
Per garantire l’assistenza socio-sanitaria a tutti i cittadini è necessario dare omogeneità ai servizi territoriali sociosanitari per superare l’enorme variabilità regionale e rispondere in maniera adeguata a bisogni di salute, caratterizzati da una crescente complessità derivante dall’aumento delle cronicità, dall’invecchiamento della popolazione, dalla denatalità e dall’emergere di nuovi bisogni sociali, conciliando le esigenze di equità, accesso ai servizi e solidarietà con il quadro delle risorse disponibili. A questo fine Stato e Regioni convengono, analogamente a quanto già fatto per il riordino della rete ospedaliera con il DM 70/2015, sulla necessità di adottare un Regolamento per dare omogeneità nei servizi territoriali sociosanitari con l’obiettivo di superare l’enorme variabilità regionale e rispondere in maniera adeguata ai bisogni di salute, caratterizzati da una crescente complessità derivante dall’aumento delle cronicità, dall’invecchiamento della popolazione, dalla denatalità e dall’emergere di nuovi bisogni sociali, conciliando le esigenze di equità, accesso ai servizi e solidarietà con il quadro delle risorse disponibili e sostenendo in particolare modelli organizzativi attenti allo sviluppo di reti integrate, approccio multidisciplinare, integrazione sociosanitaria, come già offerto dai consultori familiari.
Il Regolamento consentirà anche di facilitare il processo di integrazione dei servizi territoriali, così indispensabile a dare unità al percorso di cura sempre più complesso ed a rendere più facile la presa in carico del paziente.
Stato e Regioni si impegnano, inoltre, a promuovere la rilevazione e l’aggiornamento dei dati relativi all’assistenza territoriale sociosanitaria attraverso l’evoluzione dei sistemi informativi individuali pertinenti già disponibili nell’ambito del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS) del Ministero della salute al fine di ottimizzare le risorse già investite e favorire la diffusione delle informazioni utile per il monitoraggio dei servizi e l’identificazione delle priorità d’intervento.
ART 3 - Omogeneità nei servizi di assistenza territoriale sociosanitaria Bozza di articolato
1. Stato e Regioni si impegnano a dare omogeneità nei servizi territoriali sociosanitari per superare l’enorme variabilità regionale e rispondere in maniera adeguata a bisogni di salute, caratterizzati da una crescente complessità derivante dall’aumento delle cronicità, dall’invecchiamento della
popolazione e dall’emergere di nuovi bisogni sociali, conciliando le esigenze di equità, accesso ai servizi e solidarietà con il quadro delle risorse disponibili.
2. Si conviene che con Regolamento emanato in attuazione dell’articolo 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 siano definiti gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza sociosanitaria territoriale. Il Regolamento dovrà rendere possibile la integrazione delle attività e dei servizi con l’obiettivo di rendere possibile la presa in carico effettiva del paziente soprattutto nei percorsi di cura complessi. Il Regolamento dovrà disciplinare in particolare i seguenti aspetti:
o una ridefinizione dei modelli organizzativi regionali, basati sulla centralità dei distretti socio- sanitari come ambito di valutazione del bisogno e di programmazione, ma che prevedano lo sviluppo di strutture territoriali di coordinamento e di erogazione dell’assistenza primaria, intesa come l’integrazione dei vari servizi deputati alla prevenzione e promozione della salute, alle cure primarie e alla salute mentale;
o la valorizzazione delle professioni sanitarie, in particolare di quella infermieristica, finalizzato alla copertura dell’enorme incremento di bisogno di continuità dell’assistenza, educazione terapeutica, in particolare per i soggetti più fragili, affetti da multi-morbilità;
o la promozione di politiche attive di valorizzazione della figura del care-giver;
o lo sviluppo di strutture intermedie (es.: Ospedali di Comunità) a gestione infermieristica;
o l’integrazione della figura del Medico di Medicina Generale con le figure professionali della dipendenza deputate all’assistenza primaria;
o il coordinamento dei servizi sanitari, sociosanitari e socio-assistenziali per la presa in carico unitaria della persona;
o lo sviluppo di strumenti di analisi e profilazione dei soggetti fragili, finalizzato allo sviluppo della medicina di iniziativa e di una presa in carico globale;
o politiche attive di promozione della salute verso i giovani, per la promozione della salute, anche finalizzate alla prevenzione delle gravidanze indesiderate e alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse;
o lo sviluppo di sistemi di monitoraggio delle performance dell’assistenza territoriale, in analogia a quanto già esiste per l’assistenza ospedaliera (PNE);
o accelerazione nella realizzazione del Fascicolo Sanitario Elettronico, quale contenitore della storia clinica del cittadino, a disposizione della rete dei servizi;
o lo sviluppo dei sistemi informativi e digitali e della telemedicina come fattori abilitanti i nuovi servizi sul territorio;
o i principi e gli strumenti per l’integrazione dei servizi e per l’erogazione congiunta degli interventi sanitari, sociosanitari e sociali nelle aree dell’assistenza ai malati cronici, della prevenzione e dell’assistenza alle coppie in età fertile e più in generale all’area materno- infantile ed evolutiva, dell’assistenza e riabilitazione dei disabili, delle persone con disturbi psichiatrici e neuropsichiatrici in età adulta e in età evolutiva e delle persone con dipendenze patologiche;
o le caratteristiche e contenuti specifici dell’assistenza garantita a domicilio e nelle strutture residenziali e semiresidenziali, distinti per tipologia di utenti e per livello di intensità assistenziale;
o il fabbisogno, espresso in funzione della frazione di popolazione da assistere, e l’organizzazione delle cure domiciliari sanitarie e socio-sanitarie articolate per intensità, complessità e durata dell’assistenza, comprese le cure palliative;
o il fabbisogno di assistenza residenziale e semiresidenziale, espresso in funzione della frazione di popolazione da assistere, distintamente per le diverse tipologie di assistiti, articolato per intensità assistenziale;
o il fabbisogno di assistenza ai malati cronici non autosufficienti, espresso in funzione della frazione di popolazione che deve essere complessivamente assistita a domicilio o in residenza, per ciascun livello di intensità assistenziale, in alternativa ai fabbisogni di cui ai punti 3 e 4;
o l’implementazione sul territorio nazionale dell’esperienze assistenziali efficaci a partire dall’infermieristica di famiglia e comunità;
o gli standard minimi qualificanti di erogazione delle prestazioni socio-sanitarie in termini di sicurezza, qualità dell’assistenza e comfort per numero di assistiti e per livello di intensità;
o le modalità e gli strumenti necessari a garantire la continuità dei percorsi assistenziali tra strutture e servizi territoriali e con i servizi ospedalieri.
3. Stato e Regioni si impegnano ad avviare un percorso legislativo per la definizione delle competenze delle professioni sanitarie all’interno del nuovo modello di organizzazione dei servizi territoriali, fornendo loro una autonomia sulle attività non mediche. Basti pensare ai follow-up delle patologie croniche, alla medicina di iniziativa, all’educazione terapeutica, alla gestione delle gravidanze a basso rischio, etc.
4. Stato e Regioni si impegnano a promuovere la rilevazione dei dati relativi all’assistenza territoriale sociosanitaria attraverso l’evoluzione dei sistemi informativi individuali pertinenti già disponibili nell’ambito del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS) del Ministero della salute al fine di ottimizzare le risorse già investite.
Cronoprogramma di attuazione
ART 3 - Omogeneità nei servizi di assistenza territoriale sociosanitaria | Entro |
Costituire un Tavolo inter-istituzionale avendo raccolto le designazioni del Coordinamento delle Regioni | 2 mesi |
Predisporre il testo del Regolamento | 8 mesi |
Acquisire il concerto del MEF | non definibile |
Sottoporre lo schema al parere della Commissione nazionale per l’aggiornamento dei Lea | non definibile |
Acquisire l’Intesa della Conferenza permanente Stato-Regioni | non definibile |
Chiedere il parere del Consiglio di Stato sullo schema di Regolamento | non definibile |
Comunicare il Regolamento alla Presidenza del Consiglio dei Ministri | non definibile |
Emanare il Regolamento | non definibile |
Sottoporre il Regolamento al Visto e alla registrazione della Corte dei Conti | non definibile |
Pubblicare il Regolamento in Gazzetta Ufficiale | non definibile |
Attivazione percorso legislativo per la definizione delle competenze delle professioni sanitarie |
ART 4
Garanzia dei Lea e Piani di Rientro
Stato e Regioni in sede di aggiornamento annuale dei livelli essenziali di assistenza si impegnano ad utilizzare anche metodologie di Health Technology Assessment (HTA), integrando le diverse competenze delle Direzioni del Ministero, dell’Istituto Superiore di Sanità, dell’Aifa, dell’Agenas e della cabina di regia per l’HTA dei dispositivi medici all’interno di un unico processo di valutazione, che misurerà il reale impatto attuale e prospettico della proposta di aggiornamento sull’intero sistema sanitario, in termini di benefici, di costi emergenti e di costi evitati.
Stato e Regioni si impegnano a superare le inefficienze territoriali e favorire comportamenti improntati alla solidarietà e alla corresponsabilità delle Regioni nel perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, nonché al fine di assicurare uniformità nell’erogazione dei LEA a tutti i cittadini italiani.
L’attività di affiancamento alle regioni sottoposte a piano di rientro ha evidenziato che la più rilevante criticità è la mancanza di una adeguata governance regionale in grado di fornire risposte adeguate, per qualità, quantità e tempistica, alla necessità assistenziali, garantendo nel contempo l’equilibrio economico-finanziario.
Il presente Xxxxx intende proporre una revisione della cornice regolatoria, agendo sulle attuali forme di commissariamento, e un ruolo più forte al Governo centrale. Al fine di sopperire alle principali criticità assistenziali presenti nelle regioni interessate, si prevede di avvalersi del supporto tecnico-operativo di AGENAS.
Inoltre, al fine di avvicinare le performance dei diversi servizi sanitari regionali, si intende introdurre un ruolo di partnership e accompagnamento da parte delle Regioni virtuose.
Per quanto riguarda i criteri di accesso, si conviene di aggiornare l’attuale standard dimensionale del disavanzo sanitario strutturale (5%), necessario ai fini della predisposizione del piano di rientro.
Nel presente patto sono altresì definiti i criteri di uscita dal commissariamento e i criteri di uscita dal piano di rientro, che tengono conto sia degli aspetti economico-finanziari che di erogazione dei LEA.
Art 4 – Garanzia dei Lea e Piani di Rientro Bozza di articolato
1. Stato e Regioni in sede di aggiornamento annuale dei livelli essenziali di assistenza si impegnano ad utilizzare anche metodologie di Health Technology Assessment (HTA), integrando le diverse competenze delle Direzioni del Ministero, dell’Istituto Superiore di Sanità, dell’Aifa, dell’Agenas e della cabina di regia per l’HTA dei dispositivi medici all’interno di un unico processo di valutazione, che misurerà il reale impatto attuale e prospettico della proposta di aggiornamento sull’intero sistema sanitario, in termini di benefici, di costi emergenti e di costi evitati.
2. Stato e Regioni si impegnano a superare le inefficienze territoriali e favorire comportamenti improntati alla solidarietà e alla corresponsabilità delle Regioni nel perseguimento degli obiettivi di
finanza pubblica, nonché al fine di assicurare uniformità nell’erogazione dei LEA a tutti i cittadini italiani.
Partenariato, affiancamento tra le Regioni e AGENAS
3. Si conviene che ogni Regione commissariata è affiancata da una Regione partner, individuata tra le Regioni “benchmark”, di cui ai criteri già previsti dal DPCM 11.12.2012 in attuazione del d.lgs. 68/11 in materia di riparto del FSN, lasciando a tali Regioni la possibilità di scegliere l’abbinamento tra Regione commissariata e Regione partner, entro 30 giorni dalla data di adozione della presente intesa, oppure, qualora non sia espressa una scelta da parte delle Regioni, secondo uno schema che assegna a ciascuna delle regioni commissariate, ordinate secondo il punteggio della Griglia LEA crescente (dell’ultimo anno disponibile), la Regione individuata quale “benchmark”.
4. Si conviene che il partenariato si realizzi mediante la stipula di una specifica convenzione tra le due Regioni secondo uno schema emanato entro 30 giorni dalla data di adozione della presente intesa, per disciplinare le modalità di affiancamento da parte della Regione “benchmark” attraverso il proprio personale, al fine di garantire la diffusione di know-how e buone pratiche sulle tematiche sulle quali siano emerse criticità nell’ambito delle periodiche riunioni di verifica del Tavolo di Verifica degli adempimenti e dal Comitato LEA, istituiti ai sensi dell’articolo 9 e 12 dell’Intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano nella seduta del 23 marzo 2005.
5. Si conviene che ogni Regione sottoposta al piano di rientro possa avvalersi del supporto tecnico- operativo di AGENAS al fine di sopperire alle criticità presenti.
6. La suddetta convenzione dovrà essere approvata dal Tavolo di Verifica degli adempimenti e dal Comitato LEA.
7. A fronte della stipula della convenzione le misure di premialità di cui alla legge 191 del 2009, art. 2, comma 68, lettera b) verranno rideterminate:
o per la Regione sottoposta a Piano di Rientro/commissariata, nella misura del 2%;
o per la Regione Partner, nella misura dello 0,5%.
Criteri di nomina di Commissari, Direttore Generale della Direzione Regionale e Direttori Generali delle aziende del SSR
8. Nelle Regioni sottoposte ai Piani di Rientro e commissariate ai sensi di quanto disposto dalla legge
n. 222/2007 e dalla legge n. 191/2009 le nuove nomine seguono i seguenti criteri:
o i Commissari ad acta, unitamente ai sub-commissari, verranno designati dal Consiglio dei Ministri, d’intesa con il Presidente della Regione interessata;
o il Direttore Generale della Direzione Regionale competente in materia di Salute verrà designato dalla Regione interessata sottoposta a Piano di Rientro, secondo le norme dell’ordinamento interno, d’intesa con il Commissario ad acta;
o i Direttori Generali delle Aziende del SSR della Regione sottoposta a Piano di Rientro verranno designati dalla Regione interessata, secondo l’ordinamento interno, d’intesa con il Commissario ad acta;
o qualora l’intesa non intervenga entro 20gg dalla proposta della Regione o del Commissario, il Presidente del Consiglio dei Ministri nomina un Commissario straordinario, sentita la Commissione bicamerale per le questioni regionali, che assicura l’ordinaria gestione dell’azienda sanitaria fino alla nomina ai sensi del punto precedente.
Criteri di entrata e di uscita dai Piani di Rientro e dal Commissariamento
9. Si conviene di modificare l’art. 2, comma 77, legge 23 dicembre 2009, n. 191 e definire, quale nuovo standard dimensionale del disavanzo sanitario strutturale, rispetto al finanziamento ordinario e alle maggiori entrate proprie sanitarie, il livello del 3 per cento, ancorché coperto dalla regione, ovvero il livello inferiore al 3 per cento qualora gli automatismi fiscali o altre risorse di bilancio della regione non garantiscano con la quota libera la copertura integrale del disavanzo.
10. Si conviene di individuare i seguenti criteri che determinano l’uscita dai Piani di Rientro:
o mantenimento delle condizioni di equilibrio economico del sistema, prima delle coperture, negli ultimi due esercizi finanziari, a significare un risultato economico consolidato (e pertanto strutturale) e positivo;
o raggiungimento, negli ultimi due anni precedenti a quello di verifica, della soglia minima di adempienza secondo le seguenti modalità:
▪ nelle more dell’entrata in vigore del NSG (Nuovo Sistema di Garanzia), si propone di utilizzare la cd “Griglia LEA”: maggiore o uguale a 160 e nessun indicatore “critico”;
▪ a seguito dell’entrata in vigore del NSG, prevista il 1/1/2020, il rispetto della soglia minima di sufficienza (60%) stabilita per gli indicatori “core” di tutti e tre i livelli di assistenza (prevenzione, ospedaliera e distrettuale);
▪ superamento di tutte le inadempienze pregresse (periodo di riferimento secondo anno antecedente alla richiesta di uscita dal Piano di Rientro);
▪ verifica positiva dello stato di attuazione del Programma Operativo di prosecuzione del Piani di Rientro da parte dei Tavoli di Verifica.
11. Si conviene di individuare i seguenti criteri che determinano l’uscita dal Commissariamento:
o mantenimento delle condizioni di equilibrio economico del sistema, prima delle coperture, negli ultimi due esercizi finanziari, a significare un risultato economico consolidato (e pertanto strutturale) e positivo;
o raggiungimento, negli ultimi due anni precedenti a quello di verifica, della soglia minima di adempienza secondo le seguenti modalità:
▪ nelle more dell’entrata in vigore del NSG (Nuovo Sistema di Garanzia), si propone di utilizzare la cd “Griglia LEA”: maggiore o uguale a 160 e nessun indicatore “critico”;
▪ a seguito dell’entrata in vigore del NSG, prevista il 1/1/2020, il rispetto della soglia minima di sufficienza (60%) stabilita per gli indicatori “core” di tutti e tre i livelli di assistenza (prevenzione, ospedaliera e distrettuale).
Cronoprogramma di attuazione
ART 4 - Adeguamento del modello normativo dei Piani di Rientro | Entro |
Criteri di nomina di Commissari, Direttore Generale della Direzione Regionale e Direttori Generali delle aziende del SSR | |
Predisporre testo per la revisione della legge 191/2009 e altre normative di riferimento | non definibile |
Avviare iter disegno di legge come emendamento da apportare nell'ambito di una più manovra | non definibile |
Criteri di entrata e di uscita dai Piani di Rientro e dal Commissariamento | |
Predisporre testo per la revisione della legge 191/2009 e altre normative di riferimento | non definibile |
Avviare iter disegno di legge come emendamento da apportare nell'ambito di una più manovra | non definibile |
ART 5
Ruolo complementare dei Fondi Integrativi al Servizio Sanitario Nazionale
I fondi sanitari integrativi sono una realtà presente da anni nello scenario sanitario nazionale e, mediante la funzione di complementarietà che svolgono, si integrano al Servizio Sanitario Nazionale che ha la finalità primaria di tutelare la salute di tutta la popolazione.
In questo Patto, Stato e Regioni convengono sull’opportunità di una revisione della disciplina di settore attualmente in vigore, al fine di incrementare l’erogazione di prestazioni integrative rispetto a quanto garantito dal Servizio Sanitario Nazionale e la relativa quota di risorse vincolate a tali fini, necessarie per l’iscrizione all’anagrafe dei Fondi Sanitari istituita presso il Ministero della Salute e per l’accesso alle correlate forme di agevolazione fiscale.
La revisione si muove dalla consapevolezza che i fondi sanitari convivono e si pongono in stretta relazione con un Servizio pubblico connotato dai principi di universalità, uguaglianza, equità nell’accesso alle prestazioni ed ai servizi, della centralità della persona e globalità della copertura assistenziale.
La revisione normativa intende superare la duplicità delle forme previste dalla legislazione vigente e regolamentate dai decreti ministeriali 31 marzo 2008 e 27 ottobre 2009, nel rispetto dei principi di non selezione dei rischi, trasparenza della gestione, assenza di scopo di lucro.
I fondi sanitari integrativi, per la loro vocazione solidaristica d’inclusione sociale e di patto intergenerazionale, presentano, anche attraverso il ricorso alle agevolazioni fiscali, le caratteristiche idonee per sviluppare un sostanziale ruolo di complementarietà in diversi ambiti, quali la prevenzione, soprattutto per le malattie croniche degenerative, l’implementazione della Long Term Care, e la compartecipazione della spesa sanitaria da parte dei cittadini. Vanno promosse le prestazioni che presentano evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale e collettivo, e quelle appropriate rispetto sia alle specifiche esigenze di salute del cittadino, sia alle modalità di erogazione delle prestazioni.
Va tuttavia posta attenzione a che i suddetti fondi:
- non assumano carattere prevalentemente sostitutivo del finanziamento pubblico, mettendo così a forte rischio il modello universalistico che si intende salvaguardare;
- non consentano la effettuazione di prestazioni inappropriate.
ART 5 – Ruolo complementare dei fondi integrativi al Servizio Sanitario Nazionale Bozza articolato
1. Per garantire la sostenibilità del sistema e l’ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse pubbliche è opportuno mettere a fattor comune tutte le risorse che vengono a qualunque titolo impiegate per l’erogazione di prestazioni sanitarie; a tal fine si conviene di migliorare la funzione di complementarietà dei fondi sanitari integrativi nello scenario sanitario nazionale, in una logica
di integrazione rispetto alle prestazioni garantite dai LEA da parte del Servizio Sanitario Nazionale, che ha la finalità primaria di tutelare la salute di tutta la popolazione.
2. Si conviene quindi sulla necessità di aggiornare e rendere più organica la normativa che regolamenta i fondi sanitari integrativi, che erogano in tutto o in parte prestazioni sanitarie integrative.
3. Si conviene che la revisione della disciplina di settore attualmente in vigore è finalizzata a indirizzare e incrementare l’erogazione di prestazioni integrative rispetto a quanto garantito dal Servizio Sanitario Nazionale e la relativa quota di risorse vincolate, a superare la duplicità delle forme previste dai decreti ministeriali 31 marzo 2008 e 27 ottobre 2009, nel rispetto dei principi di non selezione dei rischi, trasparenza della gestione, forme solidaristiche e senza scopo di lucro.
4. Si conviene che i fondi sanitari integrativi, per la loro vocazione solidaristica d’inclusione sociale e di patto intergenerazionale, siano indirizzati, anche attraverso il ricorso alle agevolazioni fiscali, verso un ruolo di complementarietà dei LEA, in ambiti quali la prevenzione e gli stili di vita, soprattutto per le malattie croniche degenerative, l’implementazione della Long Term Care, e la compartecipazione della spesa sanitaria da parte dei cittadini. Una revisione della normativa che si basi su linee guida ad indirizzo nazionale ha la finalità di ampliare l’ambito di copertura sanitaria della popolazione per le attività che sono complementari al Servizio Sanitario Nazionale. Va altresì prestata attenzione a che i fondi non divengano integrativi e che consentano di autorizzare prestazioni non appropriate.
5. Si conviene che i fondi possano utilizzare anche le stesse strutture pubbliche per rispondere ai bisogni di salute dei loro iscritti.
6. Si prevede inoltre, ai sensi dell’art. 3, comma 9, del decreto ministeriale 27 ottobre 2009, l’adozione di un decreto che individui più specificamente le modalità di funzionamento a regime dell’anagrafe del Ministero della salute, ai fini di garantire maggiore trasparenza e tutela ai cittadini iscritti ai fondi.
7. A tal fine si conviene di istituire presso il Ministero della salute un apposito gruppo di lavoro misto, Ministero della salute e Regioni, che, dopo specifico riesame della normativa vigente, elabori un documento tecnico di proposta di revisione della normativa e definisca le modalità di istituzione dell’Osservatorio nazionale dei fondi sanitari integrativi. L’istituzione dell’Osservatorio non prevede nuovi o ulteriori oneri a carico della finanza pubblica.
Cronoprogramma di attuazione
ART 5 - Ruolo complementare dei Fondi Integrativi al Servizio Sanitario Nazionale | Entro |
Costituire un Tavolo Ministero-Regioni avendo raccolto le designazioni del Coordinamento delle Regioni, prevedendo anche il coinvolgimento del Ministero dell’economia e delle finanze | 3 mesi |
Predisporre il testo per la revisione della normativa attualmente in vigore, avviando le attività dalla proposta di una modifica legislativa all’articolo 9 del d.lgs. 502/92; da condividere preliminarmente con le regioni; | 12 mesi |
Delineare le linee di fondo per la modifica degli aspetti di disciplina amministrativa | 12 mesi |
Attivare forme di consultazione con i principali Fondi integrativi ed esperti della materia | 3 mesi |
Rivedere il testo, se necessario, tenendo conto dei risultati delle consultazioni | 2 mesi |
Acquisire l’Intesa della Conferenza permanente Stato-Regioni | 2 mesi |
Predisporre la relazione illustrativa e quella tecnica | 2 mesi |
Avviare l’iter del disegno di legge, come emendamento da apportare nell’ambito di una più ampia manovra | non definibile |
Avviare la riforma dei decreti ministeriali 31 marzo 2008 e 27 novembre 2009, che prevede un ulteriore iter con la predisposizione del testo di decreto nell’ambito del tavolo Ministero-Regioni | non definibile |
Acquisire l’intesa in Conferenza Stato-Regioni, fino alla pubblicazione e registrazione della Corte dei conti | non definibile |
ART 6
Investimenti
Il Ministero della salute, in collaborazione con le Regioni, ha effettuato una ricognizione sullo stato del patrimonio immobiliare e tecnologico, la cui analisi ha evidenziato la necessità di procedere ad interventi infrastrutturali per un importo complessivo pari a 32 miliardi di euro. A questi vanno aggiunti circa 1,5 miliardi di euro necessari per un adeguato ammodernamento tecnologico delle attrezzature a disposizione dei servizi sanitari regionali.
L'elevato fabbisogno finanziario riscontrato e l'urgenza di realizzare infrastrutture comporta, da parte del Ministero della salute, l'individuazione di un piano pluriennale in materia di edilizia sanitaria e ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico.
Al fine di concentrare le risorse afferenti l’edilizia sanitaria e l’ammodernamento tecnologico, a qualunque titolo disponibili, Stato e Regioni convengono sull’istituzione presso il Ministro della salute una “Cabina di Regia”, che avrà il compito di censire tutte le fonti di finanziamento disponibili e individuare le priorità del Paese in materia di edilizia sanitaria.
ART 6 – Investimenti Bozza articolato
1. Si conviene che, considerato l'elevato fabbisogno finanziario riscontrato e l'urgenza di realizzare infrastrutture, il Ministero della salute individui un piano pluriennale in materia di edilizia sanitaria e ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico.
5. Si conviene che, per la realizzazione di tale piano pluriennale, è necessario mettere a sistema tutte le fonti finanziarie a qualunque titolo disponibili, indirizzandole in base alle priorità nazionali.
6. Stato e Regioni convengono sull’istituzione presso il Ministro della salute una “Cabina di Regia”, che avrà il compito di censire tutte le fonti di finanziamento disponibili e individuare le priorità del Paese in materia di edilizia sanitaria.
7. La Cabina di Regia avrà lo specifico compito di censire tutte le fonti di finanziamento disponibili, individuare le priorità strategiche e monitorarne la realizzazione, oltre a indirizzare le risorse a disposizione dello Stato verso interventi finalizzati alla messa in sicurezza e messa a norma del patrimonio immobiliare del Paese.
8. La Cabina di Regia sarà composta da tre rappresentanti del Ministero della salute, due rappresentanti della Conferenza delle regioni e delle p. a., un rappresentante del Ministero delle economie e delle finanze, un rappresentante dell’INAIL, un rappresentante della Cassa Depositi e Prestiti, un rappresentante dell’Agenzia per il demanio e un rappresentante di Invimit Sgr.
9. Al fine di garantire le condizioni di sicurezza e la continuità di esercizio delle strutture sanitarie, nonché in considerazione delle esigenze di adeguamento strutturale e ammodernamento tecnologico e organizzativo del Servizio Sanitario Nazionale, la legge 30 dicembre 2018, n 145 relativa a “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 all’articolo 1, comma 555, prevede che il programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico, l'importo fissato, dall'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, rideterminato in 24 miliardi di euro dall'articolo 2, comma 69, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, è elevato a 28 miliardi di euro, è destinato prioritariamente alle regioni che abbiano esaurito, con la sottoscrizione di accordi, la propria disponibilità a valere sui citati 24 miliardi di euro. Inoltre, a valere sull’incremento di cui all’art. 2, comma 69, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Finanziaria 2010) restano ancora da ripartire tra le Regioni circa 720 milioni di euro. Pertanto, le risorse complessive da ripartire per la prosecuzione del Programma straordinario di investimenti in sanità di cui all’art. 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, ammontano a circa 4,7 miliardi di euro.
10. Si conviene che le predette risorse assegnate dovranno prioritariamente essere destinate per le seguenti finalità:
o adeguamento alla normativa di prevenzione incendi;
o adeguamento sismico delle strutture sanitarie;
o ammodernamento tecnologico.
11. Al fine di avere un quadro complessivo dello sviluppo del patrimonio edilizio e ammodernamento tecnologico in ambito sanitario, si conviene che le Regioni dovranno comunicare al Ministero de lla salute tutti gli interventi che hanno valenza sanitaria, oltre a quelli la cui realizzazione è prevista con il contributo di cui all’articolo 1, comma 833 e 835, della legge 30 dicembre 2018 e degli interventi in Partenariato Pubblico e Privato realizzati con risorse regionali e aziendali.
Cronoprogramma di attuazione
ART 6 - Investimenti | Entro |
Nomina della “cabina di regia” con il compito di individuare le priorità | 3 mesi |
Predisposizione, successivamente all’istituzione della cabina di regia, del “Piano straordinario degli investimenti in sanità” | 12 mesi |
mappatura dei finanziamenti che riguardano tutti gli interventi che hanno valenza sanitaria | |
censimento di tutte le fonti di finanziamento disponibili | |
individuazione delle priorità strategiche del Paese | |
adozione con Decreto Interministeriale del “Piano Straordinario degli investimenti in sanità" |
ART 7
Revisione della disciplina del ticket e delle esenzioni e abolizione quota fissa 10 euro per ricetta prestazioni di specialistica ambulatoriale
Stato e Regioni convengono sulla necessità di garantire una maggiore equità nell’accesso dei cittadini all’assistenza sanitaria attraverso una revisione della disciplina della partecipazione alla spesa sanitaria da parte dei cittadini che preveda la graduazione dell’importo dovuto in funzione del costo delle prestazioni e del “reddito familiare equivalente” (vale a dire del reddito prodotto dal nucleo familiare fiscale rapportato alla numerosità del nucleo familiare). Anche stabilendo un importo come limite massimo annuale di spesa, al raggiungimento del quale cesserà l’obbligo dell’assistito di partecipare alla spesa sanitaria. La nuova disciplina dovrà garantire, comunque, un introito per il SSN equivalente a quello attualmente percepito a titolo di ticket e di quota fissa sulla ricetta.
Stato e Regioni, convengono inoltre sulla necessità di procedere all’abolizione della quota fissa sulla ricetta pari a 10 euro per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale da parte degli assistiti non esentati, inserita da ultimo a decorrere dal 17 luglio 2011 dall’articolo 17, comma 6, del decreto- legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011,
n. 111, nonché delle misure alternative di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie, valutate equivalenti sotto il profilo del mantenimento dell'equilibrio economico-finanziario, secondo le modalità di cui all’articolo 1, comma 796 lettera p-bis della legge 27 dicembre 2006,
n. 296. A tale abolizione è subordinato l'accesso delle regioni all'incremento del livello del finanziamento a partire dal 2020, rispetto al valore stabilito per l'anno 2019, come quantificato dall’articolo 1, comma 514 della legge 30 dicembre 2018, n.145.
ART 7 - Revisione della disciplina del ticket e delle esenzioni e abolizione quota fissa 10 euro per ricetta prestazioni di specialistica ambulatoriale
Bozza di articolato
1. Al fine di garantire una maggiore equità nell’accesso dei cittadini all’assistenza sanitaria, si conviene di provvedere alla revisione della disciplina della partecipazione alla spesa sanitaria da parte dei cittadini, sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi:
o sono assoggettate alla partecipazione alla spesa sanitaria le prestazioni di assistenza farmaceutica, le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, le prestazioni erogate in regime di pronto soccorso ospedaliero non seguite da ricovero codificate con codice bianco, le prestazioni di assistenza termale;
o sono identificate le prestazioni sanitarie erogate a tutela di condizioni di particolare interesse sociale, escluse dalla partecipazione alla spesa sanitaria, come i soggetti vulnerabili privi di reddito (es. minori fuori famiglia, minori stranieri non accompagnati, care leavers, vittime di violenza intenzionale);
o la partecipazione alla spesa sanitaria è graduata in relazione al reddito prodotto dal nucleo familiare fiscale, rapportato alla composizione del nucleo stesso sulla base di una scala di equivalenza (reddito equivalente RE);
o la disciplina della partecipazione alla spesa sanitaria tiene conto della presenza di malattie croniche e invalidanti o di malattie rare ovvero del riconoscimento di invalidità o dell’appartenenza a categorie protette;
o è fissato un importo massimo annuale di partecipazione alla spesa sanitaria, rapportato al reddito equivalente, al superamento del quale cessa l’obbligo della partecipazione alla spesa sanitaria;
o la nuova disciplina della partecipazione garantisce per ciascuna regione il medesimo gettito previsto dalla vigente legislazione nazionale, incluso il gettito derivante dall’applicazione dell’articolo 1, comma 796, lettera p), primo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 ovvero delle misure alternative regionali di cui all’articolo l’articolo 1, comma 796, lettera p- bis), della medesima legge 27 dicembre 2006, n. 296;
o fermo restando il rispetto dei principi generali della nuova disciplina al fine di garantire l’unitarietà del sistema, sono definiti gli ambiti di flessibilità attribuiti alle regioni nell’applicazione della partecipazione alla spesa sanitaria;
o il Sistema tessera sanitaria mette annualmente a disposizione del SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE le informazioni rilevate dall’Agenzia delle entrate sul reddito equivalente degli assistiti, calcolato sull’ultimo reddito disponibile al sistema informativo dell’anagrafe tributaria, nonché le informazioni rilevate dall’INPS, utili al riconoscimento ed alla verifica del diritto alla esenzione;
o sono individuate modalità per consentire l’agevole riconoscimento del diritto all’esenzione delle persone non presenti nell’Anagrafe tributaria dell’Agenzia delle entrate e misure per tutelare gli assistiti che hanno subito consistenti riduzioni del RE nel periodo successivo alla presentazione della dichiarazione dei redditi, prevedendo, in caso di accertata dichiarazione mendace, il recupero delle somme dovute dall’assistito ai sensi della legge 24 novembre 1981,
n. 689, ferma restando la rettifica della posizione dell’assistito in merito alla partecipazione alla spesa sanitaria.
2. A decorrere dal 1° gennaio 2020, cessano di avere effetto le disposizioni di cui all’articolo 17, comma 6, del decreto- legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 e dell’articolo 1, comma 796 lettera p-bis della legge 27 dicembre 2006, n. 296, con la conseguente abolizione della quota fissa sulla ricetta pari a 10 euro per le prestazioni di assistenza
specialistica ambulatoriale da parte degli assistiti non esentati nonché delle misure alternative di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie, valutate equivalenti sotto il profilo del mantenimento dell'equilibrio economico-finanziario, secondo le modalità di cui all’articolo 1, comma 796 lettera p-bis della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
3. Alla copertura degli oneri derivanti dall’attuazione del comma 2 si provvede a partire dal 2020 nell’ambito delle risorse incrementali del livello del finanziamento, rispetto al valore stabilito per l'anno 2019, come quantificato dall’articolo 1, comma 514 della legge 30 dicembre 2018, n.145.
Cronoprogramma di attuazione
ART 7 - Revisione della disciplina del ticket e delle esenzioni e abolizione quota fissa 10 euro per ricetta prestazioni di specialistica ambulatoriale | Entro |
Approvare una norma di legge che abroghi le disposizioni della legge n. 537 del 1993 come successivamente modificate, e fissi i principi e i criteri di delega per l’emanazione di un decreto legislativo delegato | non definibile |
Costituire un Tavolo inter-istituzionale avendo raccolto le designazioni del Coordinamento delle Regioni | 2 mesi |
Acquisire da Agenzia delle entrate le informazioni aggiornate sulla distribuzione dei consumi sanitari per fascia di reddito equivalente dell’assistito ed effettuare le necessarie simulazioni con un modello di calcolo condiviso | 6 mesi |
Predisporre il testo del decreto legislativo | 3 mesi |
Acquisire la preliminare approvazione del Consiglio dei Ministri | non definibile |
Acquisire il parere del MEF, della Conferenza Stato Regioni e delle Commissioni parlamentari | non definibile |
Acquisire il concerto con i Ministri interessati e la deliberazione del Consiglio dei Ministri | non definibile |
Approvare una norma di legge che preveda la cessazione degli effetti prodotti dalla legge n.11 del 2011 di conversione del decreto legge 98/2011 e della legge 296/2006 | non definibile |
ART 8
Piano Nazionale Liste di attesa
Stato e Regioni convengono sulle necessità di implementare il nuovo Piano Nazionale per il governo delle liste d’attesa 2019-2021 che nasce con l’obiettivo prioritario di avvicinare ulteriormente la sanità pubblica ai cittadini, individuando elementi di tutela e di garanzia volti ad agire come leve per incrementare il grado di efficienza e di appropriatezza di utilizzo delle risorse disponibili.
ART 8 – Piano Nazionale Liste di Attesa Bozza articolato
1. Stato e Regioni convengono sulle necessità di implementare il nuovo Piano Nazionale Liste di Attesa 2019-2021, di cui all’art. 1 comma 172 della legge 311 del 2004 e di attuare gli interventi ivi previsti.
Cronoprogramma di attuazione
ART 8 - Piano Nazionale Liste di Attesa | Entro |
Approvazione del PNGLA | 1 mese |
Recepimento del PNGLA 2019-2021 con atto regionale formalmente adottato | 2 mesi |
ART 9
Mobilità
La mobilità sanitaria extraregionale viene considerata un fenomeno da ridurre in quanto viene interpretata come un disagio per il cittadino che si deve rivolgere a strutture sanitarie fuori dalla propria regione per ottenere condizioni migliori in termini di qualità e accessibilità alle cure.
Allo stato, per assicurare la libertà di scelta del cittadino, risulta difficile la gestione di tale fenomeno sia da parte della regione di residenza, che non ha la possibilità di agire nei confronti della struttura fuori dalla sua competenza, sia della regione erogante che deve trattare i pazienti come esterni al proprio bacino di utenza. Conseguentemente non vengono adottati provvedimenti che portino a identificare e ridurre il flusso di pazienti tra una regione e l’altra, consolidando di fatto una situazione di disequilibrio tra regioni a danno del cittadino assistito.
La mobilità sanitaria deve dunque essere trattata al di là dell’ottica della compensazione economica tra regioni ma deve essere affrontata e ridotta nell’ambito degli obiettivi di equità del Servizio Sanitario Nazionale e quindi governata sia a livello regionale che a livello complessivo nazionale.
Per conseguire una realistica revisione della mobilità sanitaria, lo strumento fondamentale è la riorganizzazione dei servizi territoriali come previsto all’art.3 e 3 bis del presente Patto, in modo da poter garantire una rapida accessibilità ed una miglior qualità all’offerta dei servizi, scoraggiando così la pregiudiziale rinuncia ad avvalersi dei servizi del proprio territorio.
L’obiettivo che ci si pone è quello di proporre alle regioni una preliminare declinazione del concetto di mobilità sanitaria, distinguendo la componente fisiologica da quella determinata da carenze dell’offerta della regione di residenza del paziente. Per quanto riguarda la prima che potremo definire falsa mobilità sanitaria (es. domiciliati, residenti in province confinanti con altra regione, villeggianti, etc.) il Governo e Regioni si impegnano a far rientrare l’assistenza ai cittadini extra- regione nell’ambito della normale programmazione sanitaria della regione erogante (es. dotazione posti letto, budget per erogatore, etc.), concordando i requisiti e i criteri che definiscono il riconoscimento dei bacini di utenza aggiuntivi (per la regione erogante) o sottrattivi (per la regione di residenza). La Regione erogante affiderà all’Azienda di competenza le modalità operative di assistenza al pari dei residenti nel proprio territorio, previo apposito accordo il cui schema verrà concordato a livello nazionale.
Per quanto riguarda la seconda componente che definiremo come la reale mobilità sanitaria il Governo e le Regioni si impegnano a mappare i flussi declinati per tipologia di prestazione, a individuare la corrispondenza con situazioni specifiche di carenza dell’offerta e a redigere un piano di contrasto alla mobilità passiva potenziando la capacità di offerta nei settori rivelatisi critici. Una volta pianificate le aree di intervento, le regioni con rilevante mobilità passiva programmano con la regione erogante i flussi di pazienti che ancora dovranno recarsi fuori regione attraverso
un accordo di mobilità il cui schema tipo dovrà essere concordato a livello nazionale e che dovrà definire espressamente le tipologie di prestazioni da erogare in mobilità sanitaria.
Altro obiettivo è quello di scoraggiare il ricorso a pratiche inappropriate o a comportamenti opportunistici da parte erogatori che agiscono fuori dalla competenza regionale.
Viene infine proposto un osservatorio centralizzato di monitoraggio della mobilità sanitaria.
ART 9 – Mobilità Bozza di articolato
1. Nell’intento di limitare il fenomeno endemico della mobilità sanitaria extraregionale per carenze di offerta nel territorio di abitazione dell’assistito, fornendo nuovi strumenti conoscitivi e normativi alla programmazione sanitaria regionale, Governo e Regioni si impegnano a declinare e regolare le componenti che determinano la mobilità sanitaria interregionale. In particolare verranno trattati e regolati i seguenti aspetti:
a) La riorganizzazione dei servizi territoriali come previsto all’art.3 e 3 bis del presente Patto.
b) Prestazioni riconducibili al fisiologico bacino di utenza della regione erogante. Riguardano pazienti che, pur risiedendo in altra regione rispetto all’ubicazione dell’erogatore, non possono effettivamente essere considerati all’interno della mobilità sanitaria interregionale. Tale utenza, quale per esempio l’insieme dei residenti in province di confine regionale o coloro che risultano residenti extraregione ma assistiti dalla regione stessa, richiedono setting assistenziali e di finanziamento del tutto assimilabili a quelli dei residenti. Governo e Regioni si impegnano a regolare tali pazienti con gli stessi strumenti normativi e parametri in vigore per i residenti.
c) Prestazioni erogate in mobilità sanitaria regionale effettiva. Riguardano le restanti prestazioni che comportano il trasferimento del paziente in altra regione e sono riferibili a carenze nell’accessibilità o per altre criticità dell’offerta sul territorio. Il governo e le e regioni con forte mobilità passiva si impegnano a ridurre i flussi di pazienti ricoverati in altre regioni, programmando obiettivi mirati per tipologia di prestazione, da raggiungere mediante potenziamento della capacità di offerta interna. A livello nazionale viene istituito un osservatorio statistico-epidemiologico con il compito di monitorare lo scostamento tra volumi programmati e volumi effettivamente erogati, evidenziando le criticità meritevoli di intervento.
d) Alta complessità- Aggiornamento della definizione dei ricoveri di alta complessità (oggetto di deroga al sistema dei tetti agli erogatori privati) e dei relativi criteri di appropriatezza. Tali ricoveri devono soddisfare i criteri di elevato impiego di risorse e di particolari esigenze di specializzazione che comportano la concentrazione in un numero relativamente ristretto di strutture.
e) Ricoveri a bassa complessità e alto rischio inappropriatezza. Governo e Regioni si impegnano a individuare forme di disincentivazione di prestazioni a rischio di inappropriatezza per il livello di assistenza non corretto, mediante tetti di volume.
2. Governo e regioni si impegnano a definire un nuovo schema di accordo interregionale di mobilità, sia per i ricoveri che per le prestazioni ambulatoriali, finalizzato al miglioramento dell’equità di accesso alle cure previste dai LEA ai cittadini residenti in tutto il territorio nazionale. Lo schema comune di accordo interregionale di mobilità predisposto a livello nazionale deve necessariamente regolare i seguenti aspetti:
o i nuovi criteri di definizione dei bacini di utenza per quanto riguarda la casistica di cui alla lettera a) del comma 1;
o i flussi di pazienti per categoria di prestazione (DRG e/o prestazione ambulatoriale) o di patologia, sulla base dell’andamento degli anni precedenti, esplicitando e considerando gli effetti del potenziamento della capacità di offerta, per quanto riguarda i la casistica di cui alle lettere b) e c) del comma 1;
o la pianificazione dei volumi di prestazioni erogabili dalle strutture sanitarie extra-regionali attribuendo quote di budget predefinito agli erogatori di natura privata con specifica della categoria di prestazione (DRG o prestazione ambulatoriale) o di patologia;
o il piano dei controlli di appropriatezza delle prestazioni analogo a quello in vigore per le prestazioni erogate a residenti con comunicazione degli esiti alle regioni di residenza del paziente;
o il sistema di monitoraggio efficace e tempestivo (almeno trimestrale) per misurare e adottare provvedimenti volti a far fronte a scostamenti significativi con l’attività programmata tali da pregiudicare il diritto alle cure dei cittadini;
o L’obbligo di trasmissione, secondo formato da concordare a livello nazionale tra Stato e Regioni, dei contenuti degli accordi all’istituendo Osservatorio nazionale statistico sulla mobilità sanitaria interregionale.
3. Al fine di dare applicazione a quanto previsto dal comma 1, le regioni e province autonome provvedono a stipulare appositi accordi interregionali sulla base dello schema comune di cui al comma 2.
Il Ministero annualmente pubblica un rapporto sui risultati delle analisi in merito ai punti precedenti, attraverso i flussi informativi del NSIS.
Cronoprogramma di attuazione
ART 9 - Mobilità | Entro |
Prestazioni riconducibili al fisiologico bacino di utenza della regione erogante | |
Definizione degli algoritmi per la selezione della casistica | 3 mesi |
Stesura Report a cura del Ministero della salute della mobilità interregionale fisiologica | 4 mesi |
Definizione del gruppo di regioni ad alta mobilità passiva (incidenza della mobilità passiva al netto della mobilità fisiologica, per regione, con definizione di valore soglia) | 7 mesi |
Prestazioni erogate in mobilità sanitaria regionale effettiva | |
Stesura Report a cura del Ministero della salute sulla mobilità “vera” per tipologia di prestazione | 9 mesi |
Presentazione previsione dei piani di riduzione delle prestazioni critiche da parte delle regioni con alta mobilità passiva | 9 mesi |
Istituzione Osservatorio sulla mobilità interregionale con rappresentanti Ministero della salute, ds, Regioni, Agenas, Ministero dell'Economia e delle Finanze | 11 mesi |
Alta complessità | |
Insediamento Gruppo di Lavoro “Definizione Alta complessità e criteri di appropriatezza” | 7 mesi |
Definizione Accordo da trasmettere alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per le prestazioni di assistenza ospedaliera di alta specialità e i relativi criteri di appropriatezza | 11 mesi |
Ricoveri a bassa complessità e alto rischio inappropriatezza | |
Definizione proposta Ministero della salute di tetti di volume sui DRG a rischio inappropriatezza | 3 mesi |
Definizione accordo da trasmettere alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano | 7 mesi |
Schema nazionale di accordo interregionale | |
Insediamento gruppo di lavoro interistituzionale per la predisposizione schema comune di accordo interregionale | 4 mesi |
Definizione accordo da trasmettere alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano per approvazione schema comune di accordo interregionale | 11 mesi |
ART 10
Sistema comune di controlli di appropriatezza degli erogatori accreditati
Stato e Regioni convengono sulla necessità di assumere un impegno specifico per il miglioramento dell'efficienza e dell'appropriatezza nell'uso dei fattori produttivi e l'ordinata programmazione del ricorso agli erogatori pubblici e privati accreditati, sviluppando un sistema di valutazione omogeneo sul territorio nazionale tramite un set di indicatori oggettivi e misurabili, anche al fine di superare l’elevata frammentazione che caratterizza l’attuale panorama delle diverse Regioni e Province Autonome.
ART 10 – Sistema comune di controlli di appropriatezza degli erogatori accreditati Bozza di articolato
1. Stato e Regioni si impegnano a definire criteri condivisi in materia di controlli di appropriatezza delle prestazioni erogate dagli erogatori pubblici e privati accreditati, in coerenza con quanto previsto dall’articolo 1, comma 516, punto f), della legge 30 dicembre 2018 n. 145, mediante un sistema di indicatori oggettivi e misurabili i cui contenuti saranno definiti con un accordo entro 180 giorni dall’approvazione della presente Intesa.
Cronoprogramma di attuazione
ART 10 - Sistema comune di controlli di appropriatezza degli erogatori accreditati | Entro |
Costituire un Tavolo Ministero-Regioni avendo raccolto le designazioni del Coordinamento delle Regioni | 2 mesi |
Predisporre il sistema di valutazione, raccogliendo le buone pratiche dei territori regionali e definendo gli indicatori che si ritengono essenziali per il monitoraggio dell’appropriatezza delle prestazioni dei soggetti pubblici e privati accreditati | 8 mesi |
Predisporre il testo e acquisire l’Intesa della Conferenza permanente Stato-Regioni | 2 mesi |
ART 11
Modelli previsionali
Stato e Regioni si impegnano a favorire e incentivare lo sviluppo e l’adozione di modelli previsionali, anche attraverso l’uso delle nuove tecnologie ICT, che, tramite la capacità di analisi dei principali trend in atto, delle evoluzioni e delle interrelazioni esistenti tra le diverse variabili del sistema sanitario, nonché di valutazione dei relativi impatti, possano supportare le scelte di programmazione sanitaria, rendendole maggiormente coerenti con gli scenari evolutivi di medio- lungo periodo e favorendo la sostenibilità del sistema.
Per sviluppo e l’adozione di modelli previsionali il Ministero della salute potrà avvalersi dei dati disponibili nel Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS) interconnessi secondo le modalità previste dal decreto del Ministro della salute del 7 dicembre 2016, n. 262.
ART 11 – Modelli previsionali Bozza articolato
1. Stato e Regioni si impegnano a favorire e incentivare lo sviluppo e l’adozione di modelli previsionali, anche attraverso l’uso delle nuove tecnologie, che, tramite la capacità di analisi dei principali trend in atto, delle evoluzioni e delle interrelazioni esistenti tra le diverse variabili del sistema sanitario, nonché di valutazione dei relativi impatti, possano supportare le scelte di programmazione sanitaria, rendendole maggiormente coerenti con gli scenari evolutivi di medio-lungo periodo e favorendo la sostenibilità del sistema.
Cronoprogramma di attuazione
ART 11 - Modelli previsionali | Entro |
Modello pilota Ministero Salute e Regioni | 12 mesi |
ART 12
Obiettivi di Piano
Al fine di superare le criticità rilevate nell’attuale meccanismo di finanziamento e di attuazione dei progetti correlati agli obiettivi del Piano Sanitario Nazionale, Stato e Regioni convengono sulla necessità di ridefinire gli stessi in “obiettivi prioritari e di rilievo nazionale”.
L’introduzione di una scheda progetto consentirà di uniformare e agevolare, a livello nazionale, le azioni che le Regioni dovranno intraprendere per raggiungere l’obiettivo e conseguire i risultati individuati con gli indicatori previsti nel progetto, con la potenzialità di sviluppare un “project score” globale del progetto. Stato e Regioni convengono inoltre che gli obiettivi debbano essere articolati in obiettivi generali, relativi ad azioni di interesse nazionale, e obiettivi specifici, correlati invece alle esigenze specifiche delle singole realtà territoriali anche alla luce delle evidenze emerse in sede di Tavolo di monitoraggio ministeriale.
La programmazione per l’attuazione dei progetti regionali sugli obiettivi del Piano Sanitario Nazionale diventa triennale e non più annuale, in considerazione della complessità delle tematiche trattate che richiedono tempi medio-lunghi per la loro realizzazione. Tale programmazione triennale richiederà una modifica di quanto previsto dalla normativa vigente, in particolare dell’art. 1, commi 34 e 34-bis della legge 23 dicembre 1996, n. 662 recante “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”.
ART 12 – Obiettivi di Piano Bozza di articolato
1. Al fine di sviluppare una metodologia che ridefinisca i criteri per la realizzazione degli obiettivi prioritari di carattere prioritario e di rilievo nazionale, il Ministero della Salute e le Regioni
Cronoprogramma di attuazione
predispongono un documento tecnico da approvare con Accordo sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province Autonome di Trento e di Bolzano.
2. Il documento tecnico, elaborato da un gruppo di lavoro dedicato, prevede una programmazione triennale dei progetti regionali, un modello uniforme di elaborazione dei progetti da parte delle Regioni, una modalità di individuazione delle linee progettuali in modo che possano rispondere tempestivamente agli obiettivi sanitari e socio-sanitari, di elevato livello strategico, previsti in ambito nazionale e internazionale, ed una modifica della normativa vigente sulla modalità di erogazione delle risorse. Stato e Regioni convengono inoltre che gli obiettivi debbano essere articolati in obiettivi generali, relativi ad azioni di interesse nazionale, e obiettivi specifici, correlati invece alle esigenze specifiche delle singole realtà territoriali anche alla luce delle evidenze emerse in sede di Tavolo di monitoraggio ministeriale.
Non sono previsti nuovi o ulteriori oneri a carico della finanza pubblica.
ART 12 - Obiettivi di Piano | Entro |
Costituzione di un tavolo di lavoro | 3 mesi |
Predisposizione del documento tecnico | 12 mesi |
Iter di approvazione del documento in CSR | 3 mesi |
Modifica della normativa vigente sulla modalità di erogazione delle risorse | 15 mesi |
ART 13
Cure odontoiatriche
Nell’ambito delle cure odontoiatriche, in Italia, l’offerta pubblica risulta particolarmente carente specialmente per le fasce di età più vulnerabili rappresentate dagli individui in età evolutiva (0-14 anni) e dalle persone ultrasessantacinquenni.
Le Regioni e le Provincie autonome di Trento e di Bolzano si impegnano a mettere in atto ogni utile intervento per promuovere la salute orale, specie in età evolutiva e nelle persone ultrasessantacinquenni, ed attuare la promozione della stessa attraverso politiche integrate ed intersettoriali, al fine di garantire a ciascun cittadino la possibilità di vivere in una situazione di benessere psico-fisico.
ART 13 – Cure odontoiatriche Bozza di articolato
1. Nell’ambito delle cure odontoiatriche, in Italia, l’offerta pubblica risulta particolarmente carente specialmente per le fasce di età più vulnerabili rappresentate dagli individui in età evolutiva (0-14 anni) e dalle persone ultrasessantacinquenni.
2. Stato e Regioni si impegnano a mettere in atto ogni utile intervento per promuovere la salute orale, specie in età evolutiva e nelle persone ultrasessantacinquenni, ed attuare la promozione della stessa attraverso politiche integrate ed intersettoriali, al fine di garantire a ciascun cittadino la possibilità di vivere in una situazione di benessere psico-fisico.
ART 14
Ricerca
L’articolo 20 del Patto per la salute relativo al triennio 2014-2016 indica che la ricerca sanitaria è parte integrante delle attività del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) poiché è fondamentale per garantire ai cittadini una sanità che risponda in modo efficace, efficiente e sostenibile ai reali bisogni di assistenza e cura. I risultati raggiunti con l’attività di ricerca sanitaria si traducono in miglioramenti concreti dell’assistenza sanitaria, dei servizi e della loro organizzazione con conseguenti guadagni concreti nella qualità di vita della popolazione.
Stato e Regioni convengono sull’importanza ribadire la rilevanza strategica della ricerca sanitaria volta a produrre progressi, grazie alle nuove terapie e ai nuovi modelli di organizzazione, nelle condizioni di salute dei cittadini e, conseguentemente, fornire strumenti per un uso ottimale delle risorse e ridurre eventuali sprechi.
Proprio perché parte integrante del SSN, Stato e Regioni convengono sulla possibilità di finanziamento della ricerca anche con le risorse del fondo sanitario regionale. I relativi oneri, infatti, rappresentano investimenti per gli assetti organizzativo-assistenziali regionali e per l’individuazione di nuovi percorsi terapeutici e non semplici fonti di costo.
Tra le strategie di sviluppo occorre considerare quanto previsto nel Programma nazionale della ricerca sanitaria, oltre che le indicazioni che saranno fornite dal Comitato tecnico sanitario.
Al fine di garantire la promozione della ricerca, Stato e Regioni convengono sulla particolare rilevanza assunta dall’attuazione della normativa in materia di personale della ricerca sanitaria e delle attività di supporto negli IRCCS pubblici e IZS, ai sensi dell’articolo 1, commi 422 – 434, della legge 27 dicembre 2017 n. 205. Per coniugare le esigenze del settore della ricerca, caratterizzato in tutti i Paesi da flessibilità e mobilità, con quelle dei ricercatori, evitando il fenomeno della precarietà, tale norma consentirà di coniugare flessibilità e continuità nel rapporto di lavoro.
Nel ribadire che la Ricerca sanitaria può contribuire in maniera significativa allo sviluppo economico del Paese ed alla sostenibilità del SSN, come, ad esempio, nel campo delle terapie avanzate, occorre prestare attenzione alla utilizzazione delle risorse stanziate per il settore sanitario dal Fondo di coesione nell’ambito della Strategia Nazionale di Specializzazione intelligente.
Considerato che nell’ambito del SSN gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) sono enti con caratteristiche specifiche che li differenziano dalle aziende ospedaliere, è utile assicurare coerenza tra le direttive fornite dal Direttore generale, responsabile della gestione complessiva dell’Ente, e quelle date dal Direttore scientifico, responsabile delle attività di ricerca. Al riguardo, fermo restando le vigenti procedure di nomina, per pervenire ad una condivisione degli obiettivi propri di tali Istituti, si conviene:
▪ l’assegnazione da parte delle Regioni, al momento del conferimento dell’incarico ai Direttori generali, di specifici obiettivi legati all’attività di ricerca svolta nell’Istituto che andranno a dirigere;
▪ la messa a disposizione dei Direttori generali degli IRCCS, a seguito della nomina, percorsi formativi dedicati, avvalendosi dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari
regionali, secondo programmi approvati dal Ministero della salute e dal Gruppo tecnico regionale sulla ricerca, su proposta della medesima Agenzia.
Il Sistema degli IRCCS nel corso degli ultimi anni è cresciuto notevolmente. L’aumento del numero degli Istituti -per quanto di per sé positivo perché sintomo della vitalità del sistema e di sviluppo delle capacità di ricerca nel nostro Paese - potrebbe condizionarne la sostenibilità e il futuro, in quanto all’aumento del numero degli Istituti non si accompagna un corrispondente aumento delle risorse.
Al riguardo, considerato quanto disposto dall’articolo 14 del decreto legislativo 16 ottobre 2003,
n. 288, in merito alla procedura di riconoscimento del carattere scientifico degli IRCCS - che assegna alla Regione competente l’avvio del procedimento e richiede il parere della Conferenza Stato Regioni per la conclusione del procedimento medesimo - si conviene di adeguare il fondo della ricerca in occasione del riconoscimento dei nuovi Istituti.
ART 14 – Ricerca Bozza articolato
1. Si conviene, ai sensi degli articoli 12 e 12 bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, che la ricerca sanitaria è parte essenziale della mission del Servizio sanitario nazionale (SSN)e pertanto è finanziata anche con risorse del fondo sanitario regionale.
2. Nel Programma nazionale della ricerca sanitaria 2020-2022 saranno indicate le aree prioritarie della ricerca, in relazione alle quali saranno promosse specifiche iniziative.
3. Stato e Regioni convengono che il personale addetto alla ricerca costituisce una risorsa fondamentale per lo sviluppo e la sostenibilità del SSN e pertanto si impegnano, una volta completata la fase transitoria di attuazione della normativa di cui all’articolo 1, commi 422 – 434, della legge 27 dicembre 2017 n. 205, a valutarne i relativi effetti al fine di eventuali successive azioni.
4. Al fine dell’utilizzazione delle risorse stanziate per il settore sanitario dal Fondo di coesione nell’ambito della Strategia Nazionale di Specializzazione intelligente, si conviene che sia adottato il Programma multiregionale da adottarsi sulla base del Piano operativo salute, approvato con delibera CIPE del 28 febbraio 2018, pubblicata in G.U. il 9 agosto 2018.
5. Al fine di uniformare gli indirizzi forniti nell’ambito delle attività degli IRCCS, tenuto conto delle peculiarità di tali Istituti, ai Direttori generali sono assegnati specifici obiettivi legati all’attività di ricerca e/o somministrata un’attività formativa specifica non propedeutica alla nomina, avvalendosi di AGENAS secondo programmi approvati dal Ministero della salute e dal Gruppo tecnico regionale sulla ricerca, su proposta della medesima Agenzia
6. Si conviene che all’atto del parere ai sensi dell’articolo 14 del decreto legislativo 16 ottobre 2003,
n. 288, la Conferenza Stato –Regioni si impegna a riservare, in sede della successiva intesa per il riparto del Fondo sanitario nazionale, una cifra a valere sulla quota indistinta del medesimo fondo, pari a 3 milioni annui.
Cronoprogramma di attuazione
ART 14 - Ricerca | Entro |
Individuazione nel PNRS 2020-2021 delle aree prioritarie della ricerca | 12 mesi |
Valutazione effettiva attuazione normativa personale addetto alla ricerca | 18 mesi |
Adozione Programmi multiregionali del Piano operativo salute | 6 mesi |
Emanazione Direttive per Direttori generali IRCCS | A ll'atto dell'incarico |
Apposita formazione per i Direttori generali degli IRCCS | Entro 4 mesi dall’ appro vazio ne dell’ appo sito do cumento di fo rmazio ne |
Attribuzioni di una quota del Fondo sanitario per gli IRCCS | A ll’ atto del riparto del fo ndo successivo al rico no scimento di un nuo vo IRCCS |
ART 15
La Salute in una visione “One Health”
Lo Stato e le Regioni si impegnano a rafforzare una visione di salute pubblica in un’ottica “One Health”, vale a dire che consideri la salute umana e la salute degli animali come interdipendenti e legati alla salute degli ecosistemi in cui sono contestualizzati, proseguendo l’approccio storicamente adottato nel nostro Paese e assunto dalle organizzazioni internazionali OMS, OIE e FAO.
Il concetto è fondato sulla consapevolezza delle maggiori opportunità che esistono per proteggere la salute pubblica, attraverso le politiche volte a prevenire e controllare tutto ciò che può avere una influenza negativa sulla salute.
Per l’OMS un approccio "One Health" si basa sulla progettazione e attuazione di programmi, politiche, legislazione e ricerca, in cui più settori comunicano e collaborano per ottenere migliori risultati di salute pubblica, mediante un metodo collaborativo, multidisciplinare, multi- professionale.
La medesima Organizzazione evidenzia che le aree di lavoro in cui tale approccio “One Health” assume maggiore rilevanza includono le politiche di welfare, così come, ad esempio, la sicurezza alimentare, il controllo delle zoonosi e la resistenza agli antibiotici.
Infatti nel nostro Paese, i Servizi Veterinari, diversamente dal resto d'Europa, sono una componente strutturale del Servizio Sanitario Nazionale ed interagiscono in modo integrato con i servizi di igiene pubblica e di igiene degli alimenti e della nutrizione. Ciò al fine di ridurre le malattie umane correlate a quelle animali da reddito e d’affezione, combattere le minacce biologiche provocate dai cambiamenti climatici, fornire alimenti di origine animale più sicuri e impedire la diffusione di malattie infettive emergenti e riemergenti che possono, inoltre, costituire una minaccia per le produzioni zootecniche e causare danni all’economia del settore produttivo.
In questo senso sono necessari un sistema avanzato di sorveglianza e monitoraggio per una gestione interdisciplinare del controllo delle aree ad alto impatto ambientale e delle malattie trasmissibili con gli alimenti e delle zoonosi, svolgendo indagini epidemiologiche tempestive e efficaci per l’individuazione delle cause, realizzando una rete di collaborazione tra ASL, IIZZSS, ARPA e Aziende ospedaliere.
Analogo approccio integrato rende necessaria una collaborazione tra i servizi di nutrizione e i pediatri di libera scelta e i medici di medicina generale per favorire la corretta nutrizione della popolazione e contrastare la malnutrizione in eccesso e in difetto.
La raccolta e condivisione dei dati, per la necessaria integrazione delle diverse amministrazioni coinvolte nelle attività, deve avvenire mediante sistemi informativi inter-operanti con gli altri sistemi informativi della pubblica amministrazione, ed in particolare con NSIS.
Al fine di favorire a livello territoriale un approccio integrato multidisciplinare e multisettoriale è opportuno che vengano sperimentati, presso aziende sanitarie capofila, modelli organizzativi avvalendosi a tal fine degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali e delle ARPA territorialmente competenti ed in stretta collaborazione con le Aziende Ospedaliere ed Università.
Inoltre, esperienze anche recenti hanno evidenziato la necessità di una maggiore attenzione alla preparazione alle crisi, insieme alla gestione delle crisi stesse quando esse si realizzano, al fine di evitare o ridurre al minimo l'impatto sulla salute pubblica di una crisi alimentare spontanea o legata ad eventuali frodi o atti deliberati, perpetrati lungo la catena alimentare, per rispondere al richiamo che l’Europa lancia per proteggere i suoi cittadini.
Nei casi di Food and Feed Crisis occorre inoltre assicurare ove necessario le interconnessioni tra gli ambiti della sicurezza alimentare, dell’igiene pubblica, dell’ambiente e della salute umana e animale.
Una delle più importanti minacce per la sanità pubblica e per i sistemi sanitari a livello globale è rappresentata dall’antimicrobico-resistenza (un fenomeno biologico naturale che si verifica quando microorganismi come batteri, virus, funghi e parassiti acquisiscono la capacità di sopravvivere o di crescere in presenza di una concentrazione di un agente antimicrobico precedentemente sufficiente ad inibirne la crescita o ucciderli, e strettamente dipendente anche da quanto e come gli antibiotici antimicrobici vengono utilizzati).
Si calcola che, in Europa, circa 25 mila decessi all’anno siano dovuti ad infezioni da batteri resistenti agli antibiotici e si stima che, entro il 2050, se non si riuscirà a contenere il fenomeno, le morti potrebbero arrivare a 10 milioni (fonte OMS). Contro questo rischio, è incentrata l'importante strategia di prevenzione One Health delineata nel Piano nazionale di contrasto dell’antimicrobico-resistenza (PNCAR) 2017-2020 che prevede il coinvolgimento collaborativo, intersettoriale, multidisciplinare e multi-professionale, con l’integrazione delle azioni in ambito umano, veterinario, agroalimentare e ambientale in una visione organica ed unitaria. In tale ottica risulta fondamentale l’impegno delle Regioni e delle Province autonome per dare piena attuazione al Piano nazionale di contrasto dell’antimicrobico-resistenza (PNCAR) 2017-2020, approvato il 2 novembre 2017 con Intesa tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome (P.P.A.A.) di Trento e Bolzano, e procedere, alla sua scadenza, al suo aggiornamento, attraverso un percorso partecipato e condiviso in ogni fase.
Numerose sono, infatti, le azioni che è necessario implementare nei diversi ambiti per produrre i cambiamenti attesi nella salute: la predisposizione di linee guida e interventi specifici per promuovere l’uso appropriato di antibiotici e la prevenzione e il controllo delle infezioni correlate all’assistenza (ICA); lo sviluppo di una sorveglianza nazionale delle ICA e il rafforzamento della sorveglianza dell’AMR; il rafforzamento delle misure di biosicurezza a protezione dello stato sanitario degli allevamenti, al fine di ridurre l’uso degli antimicrobici; la verifica del rispetto della normativa sulla tracciabilità del farmaco e l’attività di prescrizione dei medicinali umani e veterinari; la realizzazione di una campagna nazionale di comunicazione; l’educazione e l’aggiornamento sul tema di tutti i professionisti operanti nei settori interessati e l’informazione efficace della popolazione generale; il sostegno alla ricerca e all’innovazione.
Occorre inoltre potenziare l’interconnessione tra il Registro Tumori Animali del Centro di Referenza Nazionale per l’Oncologia Veterinaria e Comparata (CEROVEC) con i Registri Tumori Umani attivi nelle Regioni, favorendo anche il coinvolgimento di tutte le componenti della sanità veterinaria sia pubblica e privata.
Nell’ambito del rapporto uomo-animale è necessario anche intervenire sul fenomeno del randagismo e la tracciabilità degli animali d’affezione garantendo un più efficace funzionamento del sistema informativo nazionale degli animali d’affezione attraverso l’interoperabilità tra anagrafi regionali e l'anagrafe nazionale e l’inclusione dei dati relativi alla registrazione e all’identificazione della popolazione felina.
ART 15 - Approccio integrato alla sanità pubblica in una visione “One Health”
Bozza di articolato
1. Lo Stato, le Regioni e le Province autonome si impegnano a rafforzare una visione di salute pubblica in un’ottica “One Health”, che consideri la salute umana e la salute degli animali come interdipendenti e legati alla salute degli ecosistemi.
2. In particolare le Regioni e le Province autonome si impegnano a garantire:
a) il ricorso, in caso di malattie trasmissibili con gli alimenti e zoonosi, a procedure uniformi e integrate tra Servizi veterinari, Servizi igiene alimentazione e nutrizione delle ASL, Ospedali e medici di medicina generale anche per quanto riguarda l’indagine epidemiologica e l’individuazione delle cause utilizzando sistemi informativi inter- operanti;
b) la collaborazione dei servizi di nutrizione con i pediatri di libera scelta ed i medici di medicina generale per lo sviluppo di iniziative, inclusa l’attivazione di percorsi formativi e di flussi informativi, volte ad assicurare la corretta nutrizione della popolazione ed a contrastare la malnutrizione in eccesso e in difetto;
c) una programmazione regionale includente i controlli nelle aree ad alto impatto ambientale coerente con la specifica pianificazione nazionale;
d) a favorire l’adozione, presso Aziende sanitarie locali capofila, di modelli organizzativi sperimentali specialistici multidisciplinari ed intersettoriali avvalendosi a tal fine degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali e delle ARPA territorialmente competenti ed in stretta collaborazione con le Aziende Ospedaliere e Università per:
e) la gestione dei rischi esistenti ed emergenti che hanno origine dall’interfaccia Uomo- Animale-Ambiente e Sicurezza degli alimenti inclusa la gestione dell’emergenze epidemiche e non epidemiche;
f) il contrasto alle malattie esotiche causate da vettori connesse ai cambiamenti climatici in atto;
g) fungere da polo regionale per l’erogazione di prestazioni di elevato livello specialistico
h) il corretto utilizzo dei sistemi informativi (es. NSIS e Vetinfo) e la loro interoperabilità con i sistemi informativi nazionali e il miglioramento della loro gestione;
3. Il Ministero della salute si impegna ad emanare linee guida per l’esecuzione delle indagini
epidemiologiche in caso di tossinfezioni alimentari
4. Stato, Regioni e P.P.A.A. al fine di contrastare il fenomeno dell’antimicrobico resistenza si impegnano:
a) a dare piena attuazione al Piano nazionale di contrasto dell’antimicrobico-resistenza (PNCAR) 2017-2020, attraverso un percorso partecipato e condiviso in ogni fase, perseguendo i seguenti obiettivi generali:
a. ridurre la frequenza delle infezioni causate da batteri resistenti;
b. ridurre la frequenza delle infezioni correlate all’assistenza sanitaria.
b) ad aggiornare il PNCAR, attraverso un percorso partecipato e condiviso in ogni fase, sulla base dei risultati conseguiti nel 2020;
c) a proseguire le azioni di contrasto dell’antimicrobico-resistenza oltre il 2020, secondo quanto stabilito nel nuovo Piano nazionale;
d) a garantire il rafforzamento delle azioni per la definizione ed adozione di procedure di biosicurezza a protezione dello stato sanitario degli allevamenti, favorendo l’interscambio tra il settore sanitario umano e quello veterinario avvalendosi della rete degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali;
e) a verificare la corretta attuazione della recente normativa in materia di tracciabilità del medicinale veterinario, vigilando, in particolare, sul rispetto degli adempimenti derivanti dall’adozione della ricetta elettronica veterinaria, fatto salvo il formato cartaceo per le fattispecie residuali.
5. Lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano si impegnano a favorire l’implementazione del Registro Tumori Animali attivo presso il Centro di Referenza Nazionale per l’Oncologia Veterinaria e Comparata (CEROVEC) dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Valle D’Aosta e Liguria sia attraverso l’interconnessione con i Registri Tumori Umani attivi nelle Regioni che con il coinvolgimento di tutte le componenti della sanità veterinaria sia pubblica che privata.
6. Lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano si impegnano a potenziare la sezione della banca dati informatizzata del Ministero della salute di cui all’articolo 12 del d.lgs. 22 maggio 1999
n. 196, dedicata all’anagrafe nazionale degli animali d’affezione- Sistema Informativo Nazionale degli Animali d’Affezione - X.X.X.X.XX., anche con i dati relativi alla registrazione e all’identificazione della popolazione felina, attraverso l’alimentazione in tempo reale e l’interconnessione delle banche dati delle regioni e delle province autonome delle anagrafi di cui alla legge 14 agosto 1991, n. 281.
Cronoprogramma di attuazione
ART 15 - Approccio integrato alla sanità pubblica in una visione "One Health" | Entro |
Adozione o aggiornamento delle procedure uniformi e integrate (Comma 2, lettera a) | Nel triennio |
Percorsi formativi e implementazione di flussi informativi (Comma 2, lettera b) | Nel triennio |
Programmazione regionale adeguata alla pianificazione nazionanle | Primo trimestre di ogni anno |
Avvio Sperimentazione modello organizzativo (Comma 2, lett. d) ) | 18 mesi |
Emanazione linee guida per esecuzione indagini epidemiologiche in caso di tossinfezioni alimentari (Comma 3) | 6 mesi |
Attuazione del Piano Nazionale di contrasto dell’antimicrobico-resistenza 2017-2020 (Comma 4, lett. a) ) | 2020 |
Aggiornamento del Piano Nazionale di contrasto dell’antimicrobico-resistenza (Comma 4, lett. b) ) | 2021 |
Prosecuzione azioni di contrasto dell’antimicrobico-resistenza (Comma 4, lett. c) ) | 2025 |
Adozione di procedure di biosicurezza (Comma 4, lett. d) ) | 18 mesi |
Avvio verifica attuazione nuova normativa farmaco (Comma 4, lett. e)) | 3 mesi |
Avvio implementazione registro Tumori Animali (Comma 5) | 3 mesi |
Realizzazione anagrafe animali d’affezione (Comma 6) | 24 mesi |
ART 16
Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE)
Al fine di superare le difficoltà di alimentazione del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), Stato e Regioni si impegnano a definire disposizioni legislative e/o contrattuali condivise finalizzate a disciplinare l’obbligo di redazione e conferimento dei documenti sanitari previsti dal DPCM 29 settembre 2015, n. 178.
ART 16 – Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) Bozza di articolato
1. I Medici di medicina generale (MMG) e i Pediatri di libera scelta (PLS), a pena di decadenza del rapporto convenzionale, provvedono a redigere il Profilo Sanitario Sintetico di cui all’articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 settembre 2015, n. 178 entro il 30 giugno 2019 e successivamente ad aggiornare lo stesso con la tempestività necessaria a consentire la continuità di cura, permettendo un rapido inquadramento dell’assistito al momento di un contatto con il SSN.
Cronoprogramma di attuazione
ART 16 - Fascicolo Sanitario Elettronico | Entro |
Redazione del Profilo Sanitario Sintetico di cui all’articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29.09. 2015, n. 178 da parte dei Medici di medicina generale e i Pediatri di libera scelta, a pena di decadenza del rapporto convenzionale | 3 mesi |
ART 17
Piano Nazionale Prevenzione
Le Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, in coerenza con lo schema di Piano nazionale della Prevenzione (PNP) 2014-2018, previsto dall’articolo 7 del Patto della salute 2014- 2016 (Intesa Stato Regioni 10 luglio 2014), adottato con Intesa Stato Regioni 13 novembre 2014 e prorogato al 2019 con Intesa Stato Regioni 21 dicembre 2017, e con lo schema di PNP 2020- 2025, in corso di elaborazione, convengono di confermare per gli anni 2019-2021, a valere sulle risorse di cui all’articolo 1 comma 1 del presente Patto, la destinazione di 200 milioni di euro annui, oltre alle risorse individuate a valere sulla quota di finanziamento vincolato per la realizzazione degli obiettivi del Piano sanitario nazionale, ai sensi dell’articolo 1, comma 34 della legge 27 dicembre 1996, n.662 e successive integrazioni
A tal fine, le Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano si impegnano a mettere in atto ogni utile intervento per promuovere la salute in tutte le politiche ed attuare la promozione della salute attraverso politiche integrate ed intersettoriali a sostegno del diritto di ciascun cittadino a realizzare il proprio progetto di vita in un disegno armonico di sviluppo del territorio e della comunità in cui vive ciascuno.
Attraverso il Piano nazionale della prevenzione (PNP), documento strategico di programmazione e di governo della prevenzione e promozione della salute in Italia, Stato e Regioni si impegnano
a perseguire obiettivi comuni, declinabili e nei contesti territoriali, misurabili con indicatori, attraverso i Piani regionali di prevenzione (PRP) e realizzabili adottando strategie, programmi e azioni condivisi tra livello centrale e regionale, in grado di impattare sulla salute e sulla governance del sistema.
Il PNP 2014-2018 ha rappresentato un rinnovamento ed una evoluzione significativi rispetto ai PNP precedenti, in termini di vision, principi, contenuti, metodi, modelli organizzativi. Esso, oltre a confermare la volontà e l’impegno delle Istituzioni centrali e regionali ad investire nella promozione della salute e nella prevenzione quali elementi cruciali per lo sviluppo della società, ha avuto, per la prima volta, un respiro quinquennale e ha ricondotto le priorità nazionali per la prevenzione ad un numero ristretto di Macro obiettivi condivisi i quali coprono tutti gli ambiti di Sanità Pubblica. I sistemi di monitoraggio e valutazione, di processo e di risultato, messi a punto e sistematicamente applicati come parte integrante dell’implementazione del PNP e dei PRP, anche attraverso l’utilizzo dei dati derivanti dai sistemi sorveglianza e informativi, hanno documentato lo stato di attuazione e gli effetti delle azioni ad oggi portate avanti dal livello centrale e regionale per il progresso della salute e del benessere della popolazione.
Per quanto riguarda il cancro della mammella, si rileva che le donne al di fuori delle fasce di età previste dallo screening mammografico, preoccupate dalla rilevata anticipazione dell’età in cui si emergono i casi di tumore, sono spinte ad effettuare anticipatamente esami per la prevenzione e non ricevono indicazioni univoche.
Sono così costrette ad adeguandosi autonomamente alle offerte di “pacchetti di prevenzione” offerte da strutture private pure, private accreditate. Talvolta nemmeno il medico di assistenza primaria in assenza di precise indicazioni è in grado di indirizzare la donna in un percorso condiviso e basato su linee guida precise.
Si ravvisa pertanto l’opportunità di produrre su scala nazionale/regionale un documento di sintesi che definisca quale prevenzione adottare nelle diverse fasce d’età e secondo una classificazione di rischio, alla luce delle evidenze che il cancro della mammella si evidenzia anche in età più giovane rispetto a quella identificata dallo screening.
Per stabilire un modello di prevenzione del tumore mammario efficace va distinto il pool delle
donne in “donne a rischio alto”, “donne a rischio intermedio” e “donne a rischio standard”.
In continuità con il PNP 2014-2018, Stato e Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano si impegnano ad adottare il PNP 2020-2025, attraverso un percorso partecipato e condiviso in ogni fase, confermandone l’impianto e le aree di intervento (la prevenzione delle malattie trasmissibili e delle malattie croniche non trasmissibili, anche attraverso la promozione di stili di vita sani, l’attenzione ai determinanti ambientali che impattano fortemente sulla salute e sulle disuguaglianze.
Il Piano mette a fattor comune metodi, strumenti, buone pratiche consolidati, rafforzando la connessione con i Livelli Essenziali di assistenza (DPCM 12 gennaio 2017), nell’affrontare le diverse macro aree. In particolare il Piano conferma e consolida un approccio life course, di genere e per setting, basato sull’empowerment, individuale e di comunità, sul supporto alla creazione di comunità resilienti e di contesti favorevoli alle scelte salutari, al fine di migliorare l’appropriatezza e l’equità degli interventi di prevenzione e promozione della salute; promuove il counseling individuale quale strumento trasversale di tutti i programmi di promozione di sani stili di vita; conferma la necessità di rafforzare e adeguare la produzione e l'utilizzo dei dati (sistemi informativi e sorveglianze) per orientare la programmazione verso i bisogni e i loro cambiamenti,
supportare i processi attuativi, produrre evidenze di efficacia e sostenibilità, garantire la
misurabilità e l’accountability della prevenzione.
Il Piano, pertanto, persegue i seguenti macro obiettivi:
▪ promuovere la salute e prevenire le malattie croniche non trasmissibili;
▪ prevenire e ridurre i danni delle dipendenze da sostanze e comportamenti;
▪ prevenire incidenti stradali e domestici e ridurre la gravità degli esiti;
▪ prevenire infortuni e incidenti sul lavoro e ridurre la gravità degli esiti; prevenire le malattie professionali e ridurre la gravità degli esiti;
▪ prevenire morti premature, malattie e diseguaglianze dipendenti da inquinamento e peggioramento delle condizioni ambientali;
▪ prevenire e controllare le malattie infettive prioritarie.
ART 17 – Piano Nazionale Prevenzione Bozza di articolato
1. Le Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, in coerenza con lo schema di Piano nazionale della Prevenzione, in corso di approvazione, convengono di confermare per gli anni 2019-2021 la destinazione di 200 milioni di euro annui, oltre alle risorse individuate a valere sulla quota di finanziamento vincolato per la realizzazione degli obiettivi del Piano sanitario nazionale, ai sensi dell’articolo 1, comma 34 della legge 27 dicembre 1996, n.662 e successive integrazioni.
2. Le Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano si impegnano a mettere in atto ogni utile intervento per promuovere la salute in tutte le politiche ed attuare la promozione della salute attraverso politiche integrate ed intersettoriali a sostegno del diritto di ciascun cittadino a realizzare il proprio progetto di vita in un disegno armonico di sviluppo del territorio e della comunità in cui vive ciascuno.
3. Stato e Regioni si impegnano ad adottare il PNP 2020-2025, attraverso un percorso partecipato e condiviso in ogni fase.
4. Stato e Regioni convengono che il PNP:
o adotti un approccio collaborativo, multidisciplinare, multiprofessionale e spostando l’attenzione dal controllo della malattia alla promozione della salute e alla centralità della persona;
o riconosca la necessità di definire le relazioni e le sinergie con i diversi Piani Nazionali di settore o altre norme, regolamenti, strumenti di programmazione nazionale in ambito di prevenzione e assistenza, al fine di armonizzare e sviluppare gli elementi utili a convergere verso i cambiamenti attesi nella salute, di promuovere innovazione e di ridurre le inefficienze;
o in particolare, nell’ambito della prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili, rafforzi il raccordo con le cure primarie e promuove la connessione con il Piano Nazionale Cronicità (PNC) per diminuire la pressione dei fattori di rischio sull’incidenza e la severità delle malattie croniche e per una più appropriata e completa applicazione dei percorsi assistenziali delle malattie croniche e della fragilità;
o confermi l’approccio intersettoriale, secondo i principi della “Salute in tutte le politiche” e del programma “Guadagnare salute”, come elemento cardine dell’azione di prevenzione in sanità pubblica, attraverso l’integrazione fra diversi settori, istituzioni, servizi, aree organizzative e adottando adeguati modelli organizzativi.
o promuova e sostenga il ruolo di “stewardship” e “advocacy” del sistema sanitario, per favorire l’inclusione di valutazioni di salute, sostenibilità ed equità in tutte le politiche, ed indirizzi la programmazione verso interventi multi componente ovvero in grado di agire contestualmente e trasversalmente ai diversi fattori di rischio/determinanti di salute e di equità;
o promuova un maggior coinvolgimento della comunità e dei suoi gruppi di interesse nelle attività di promozione della salute e prevenzione, prevedendone un ruolo attivo fin dalla fase di pianificazione e attraverso l’utilizzazione di metodologie validate, quali la definizione dei profili e dei bisogni di salute;
o promuova l’health literacy per favorire le competenze degli individui in salute e rafforza l’azione proattiva per intercettare il bisogno di salute dei cittadini e superare l’ottica basata sull’offerta;
o confermi un approccio life course, di genere e per setting, basato sull’empowerment, individuale e di comunità, sul supporto alla creazione di comunità resilienti e di contesti favorevoli alle scelte salutari, al fine di migliorare l’appropriatezza e l’equità degli interventi di prevenzione e promozione della salute;
o promuova il contrasto alle disuguaglianze come principio guida e obiettivo trasversale al fine di contribuire a sviluppare una governance intersettoriale per la promozione di Salute più equa in tutte le politiche.
o confermi la necessità di rafforzare e adeguare la produzione e l'uso integrato dei dati (sistemi informativi e sorveglianze) per orientare la programmazione, supportare i processi, produrre evidenze di efficacia, sostenibilità ed equità, monitorare i LEA, garantire la misurabilità e l’accountability della prevenzione;
o promuova un utilizzo più strutturato delle evidenze disponibili sul costo-efficacia delle strategie e degli interventi di prevenzione e di contrasto ai fattori di rischio, anche al fine di identificare azioni prioritarie adattabili alle specifiche realtà territoriali e relativi indicatori di attuazione e impatto;
o proponga un sistema di monitoraggio e valutazione in raccordo con i sistemi di misurazione dell’applicazione dei LEA (verifica adempimenti e Nuovo sistema di garanzia) rafforzando l’orientamento verso una valutazione di impatto delle azioni di prevenzione.
5. Stato e Regioni convengono che il PNP abbia i seguenti obiettivi:
o promuovere la salute e prevenire le malattie croniche non trasmissibili;
o prevenire e ridurre i danni delle dipendenze da sostanze e comportamenti;
o prevenire incidenti stradali e domestici e ridurre la gravità degli esiti;
o prevenire infortuni e incidenti sul lavoro e ridurre la gravità degli esiti; prevenire le malattie professionali e ridurre la gravità degli esiti;
o prevenire morti premature, malattie e diseguaglianze dipendenti da inquinamento e peggioramento delle condizioni ambientali;
o prevenire e controllare le malattie infettive prioritarie.
6. Stato e Regioni fermo restando quanto previsto dal D.Lgs n.502 del 30 dicembre 1992 e successive modificazioni e integrazioni, e dal DPCM 12 gennaio 2017 “Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza”, confermano la necessità di sostenere i programmi di screening mammografico, cervicale e colorettale, di cui al D.Lgs. 124/1998, che sono stati inseriti tra i Livelli Essenziali di Assistenza con DPCM 12 gennaio 2017 e oggetto di Raccomandazioni Ministeriali nell’ottica di un miglioramento dei percorsi di cura dei Servizi sanitari regionali attraverso:
a. la fruizione, senza oneri a carico dell’assistito, di prestazioni di assistenza specialistica finalizzate alla prevenzione e alla diagnosi precoce in ambito oncologico mediante due diversi regimi erogativi;
b. l’attuazione di programmi organizzati di screening mammografico, cervicale e colorettale, con erogazione di prestazioni specialistiche, di diagnostica strumentale e di laboratorio in regime ambulatoriale (mammografia, esame citologico cervico-vaginale- pap test, colonscopia), ai sensi dell’art. 85 comma 4 ;
c. le prestazioni di primo livello finalizzate alla diagnosi precoce e/o alla prevenzione secondaria dei tumori della mammella senza oneri a carico dell’assistito nell’ambito dei programmi organizzati di screening sono le donne di età compresa tra 45 e 69 anni che hanno diritto ad effettuare la mammografia con cadenza biennale. Il test di screening è esclusivamente la mammografia a due proiezioni (obliqua mediolaterale e cranio- caudale) con lettura differita eseguita in cieco da due radiologi esperti.
7. Stato e Regioni, a seguito della rilevata anticipazione nell’età delle donne dei casi di tumore e della assenza di indicazioni univoche per la presa in carico delle donne sia da parte dei Medici di Medicina Generale sia dalle strutture sanitarie, con il risultato che alla donna non viene prospettato un percorso condiviso e basato su linee guida precise con i rischi per la salute derivanti da un non appropriato percorso diagnostico radiologico, convengono di procedere alla revisione del protocollo di accesso sia per età sia per tipologia degli esami ai quali sottoporre le donne.
8. Stato e Regioni, per l’attuazione di quanto previsto al comma 6 e 7, convengono di istituire un apposito Tavolo di lavoro composto dal Ministero della salute, dalle Regioni e Province autonome, dalle Società scientifiche, sentite le Associazioni di settore, con il compito:
a. di predisporre un documento specifico che coordini MMG, specialisti di Centri ospedalieri Hub, Centri ospedalieri Spoke, Centri di esecuzione screening, Associazione di settore (ANDOS, ecc…) in modo da rivedere ed armonizzare le indicazioni di esecuzione di azioni di prevenzione nelle donne al di fuori delle attuali fasce di età di screening, ed indicare le prestazioni più appropriate di primo e di secondo livello.
b. di valutare il conseguente impatto economico che ne potrà derivare.
Cronoprogramma di attuazione
ART 17 - Piano Nazionale Prevenzione | Entro |
Predisposizione del Documento di Piano Nazionale delle Prevenzione nell’ambito di un Tavolo di lavoro Ministero-Regioni | 10 mesi |
Acquisizione dell’Intesa della Conferenza permanente Stato-Regioni | 3 mesi |
Elaborazione dei Piani Regionali di Prevenzione | 8 mesi |
ART 18
Sanità pubblica veterinaria, igiene e sicurezza degli alimenti e nutrizione
L’entrata in vigore della nuova normativa europea in materia di controlli ufficiali e altre attività ufficiali e di sanità animale (di cui ai regolamenti (UE) 2017/625 e (UE) 2016/429 che diverranno applicabili nel triennio 2019-2021 renderà necessario apportare modifiche di natura organizzativa e di integrazione con altre attività di controllo.
Occorre quindi intervenire sull’intera governance del sistema attraverso la definizione
programmatica di obiettivi strategici condivisi da inserire nel Piano nazionale integrato (PNI).
Da tempo ormai, anche alla luce della modifica del Titolo V della Costituzione, le amministrazioni regionali vengono investite di maggiori compiti e responsabilità, richiedenti professionalità specialistiche, aggiornate e in numero adeguato.
Pertanto, la organizzazione e l’operatività dei Servizi di sicurezza alimentare e sanità pubblica veterinaria degli assessorati regionali, deve essere rafforzata mantenendola al passo con la aumentata complessità del settore e con il crescente impatto economico, anche nell’export delle produzioni alimentari, per le quali le Aziende Sanitarie Locali attestano le garanzie sanitarie. Tali attività costituiscono il prerequisito sanitario per il mantenimento e l’espansione della capacità delle imprese ad accedere ai mercati internazionali.
Ciò si può raggiungere solo avviando un trend di miglioramento finalizzato a rendere più efficiente ed efficace il funzionamento della catena di comando a livello assessorile ed aziendale evitando eliminazioni o declassamenti di strutture dirigenziali dedicate o trasferendone le competenze a soggetti esterni, nel rispetto, del decreto legislativo 502/92 a livello aziendale. Infatti, a livello territoriale i processi di accorpamento e riduzione del numero complessivo delle ASL(da 139 nel 2015 a 101 nel 2018), hanno determinato in alcuni casi un gigantismo aziendale, con perdita di quadri dirigenti, e correlato scollamento tra i capi servizio e la realtà territoriale, con il rischio di inefficienze, disorientamento e difficoltà gestionali correlate alle eccessive distanze geografiche che minano la comunicazione interna delle ASL.
Ulteriori direttrici di intervento vengono individuate per il miglioramento dell’utilizzo delle risorse, soprattutto umane e finanziarie, e l’adeguamento del contingente delle risorse umane all’effettivo fabbisogno di personale rispetto alle crescenti attività da svolgere, nonché per il superamento delle varie forme di contrattualizzazione non adatte a garantire i compiti del controllo ufficiale.
Assicurare la qualità e la coerenza dei controlli ufficiali attraverso la definizione di procedure uniformi, una adeguata formazione degli addetti, il potenziamento della capacità di audit, misure di contrasto alle aggressioni nei confronti degli addetti ai controlli, nonché l’utilizzo di sistemi informativi. Inoltre, è necessario assicurare un’appropriata capacità della rete dei laboratori pubblici, anche estendendo le competenze nel settore del controllo degli alimenti di origine vegetale.
Per le suddette azioni è necessario prevedere un più efficiente utilizzo (da destinare a specifiche strumentazioni, ausili, personale o attività) delle tariffe introitate per l’esecuzione dei controlli ufficiali, già previsto dalla regolamentazione UE e dal DLgs 194/2008, evitando la dispersione di tali somme e garantendone al contempo la disponibilità per tutti Servizi che concorrono alla effettuazione dei controlli e delle altre attività ufficiali, nell’ambito della filiera agroalimentare.
È opportuno altresì che gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali coordinino la propria azione sia con la programmazione nazionale che con la programmazione delle regioni di riferimento al fine di garantire una capacità diagnostica adeguata e coerente alle esigenze operative e con le aspettative delle imprese agro-alimentari.
Risulta, inoltre, necessario rafforzare le attività di Food and feed crisis management che dovrebbero mirare anche alla creazione di modelli comunicativi rapidi, trasparenti e scevri da condizionamenti da utilizzare in corso ed in dipendenza delle crisi. Investire in questo tipo di attività dovrebbe poter ridurre in modo sostanziale l'impatto economico (come le restrizioni commerciali) a seguito di una crisi alimentare o nel settore dei mangimi e quindi contribuire al raggiungimento dell'obiettivo di non veder ridotti occupazione, crescita e investimenti La funzione degli appalti pubblici riveste un ruolo importante nella economia degli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, per i quali la spesa per beni e servizi rappresenta una quota significativa dei costi di funzionamento. La specificità delle attività analitiche proprie degli Istituti rende peraltro estremamente difficile il ricorso alle centrali di acquisto esistenti (Consip e Centrali regionali). Da qui l’impegno a realizzare una centrale di acquisto unica per gli IIZZSS.
ART 18 - Sanità pubblica veterinaria, igiene e sicurezza degli alimenti e nutrizione Bozza di articolato
1. Lo Stato, le Regioni e le Province autonome oltre ad assicurare i livelli essenziali di assistenza in tema di Sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare garantendo la qualità igienico-sanitaria e nutrizionale degli alimenti destinati al consumo umano e animale, la salute e il benessere animale, si impegnano a conformare il sistema di governance ai regolamenti (UE) 2017/625 e (UE) 2016/429 mediante a) l’adozione di misure finalizzate a condividere un’adeguata programmazione nazionale i cui obiettivi strategici siano inseriti nel Piano Nazionale Integrato che sarà adottato ai sensi del Regolamento (UE) 2017/625, b) ad efficientare il funzionamento della catena di comando, c) ad ottimizzare l’utilizzo delle risorse e dei sistemi informativi, d) nonché a promuovere il mantenimento di professionalità adeguate al nuovo contesto.
2. Le Regioni, ai fini del comma 2, si impegnano a garantire:
a) l’adeguamento delle articolazioni delle aree assessorili prevedendo apposite strutture organizzative sanitarie, di natura dirigenziale, dedicate alla sicurezza alimentare e sanità pubblica veterinaria, e dotate di specifiche professionalità;
b) il mantenimento di risorse umane adeguate, per numero e qualificazione, nelle strutture dedicate alla sicurezza alimentare e sanità pubblica veterinaria dei Dipartimenti di Prevenzione delle ASL, superando le criticità correlate alla precarietà del personale ed assicurando le relazioni funzionali con le strutture territoriali;
c) la disponibilità di risorse adeguate (umane, strutturali, formative, ecc.) per il rispetto dei requisiti addizionali previsti dagli accordi bilaterali e multi parte con Paesi Terzi nel settore dell’export dei prodotti alimentari;
d) che le tariffe dei controlli ufficiali, siano vincolate per il finanziamento delle attività di controllo ufficiale e altre attività ufficiali di cui al Regolamento (UE) 2017/625, con apposite previsioni nei bilanci delle Regioni e delle Aziende sanitarie locali, garantendone l’utilizzo da parte di tutti i servizi dell’area di sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare;
e) che le Aziende Sanitarie Locali, per quel che concerne la sicurezza alimentare e la sanità pubblica veterinaria, rispettino l'articolazione organizzativa prevista dai commi 2 e 4 dell'art. 7 quater del d.lgs 502/92 e s.m.i., riconoscendo che le unità operative deputate alle funzioni specifiche sopra richiamate siano di norma configurate come unità operative complesse e dotate di personale adeguato per operare quali centri di responsabilità, dotati di autonomia tecnico-funzionale e organizzativa nell'ambito, e rispondere del perseguimento degli obiettivi dipartimentali e aziendali, dell'attuazione delle disposizioni normative e regolamentari regionali, nazionali e internazionali, nonché' della gestione delle risorse economiche attribuite.
f) che l'applicazione di quanto previsto alla lettera precedente avvenga nel rispetto dei vincoli in materia di spesa previsti dalla legislazione vigente e, per le regioni sottoposte a piani di rientro, anche nel rispetto di quelli fissati in materia da detti piani.
g) percorsi formativi rivolti al personale delle autorità competenti, per l’efficace attuazione del Regolamento 2017/625, uniformati sulla base di necessità formative condivise con il Ministero della salute
h) il miglioramento dell’utilizzo del sistema di allerta rapido anche attraverso specifici percorsi
formativi;
i) Il potenziamento della capacità di audit anche attraverso l’attivazione del Comitato tecnico delle regioni e province autonome previsto dall’Accordo Stato regioni n. 46 del 7 febbraio 2013;
j) misure di protezione per gli addetti al controllo ufficiale che li salvaguardino da eventuali episodi di intimidazione o violenza da parte dei soggetti controllati soprattutto in ambiti territoriali a rischio, prevedendo ad esempio lo svolgimento collegiale delle attività ispettive.
3. Il Ministero della salute si impegna:
a) a definire gli indicatori standard di riferimento, in relazione alle attività da svolgere e ai livelli di prestazione da erogare in sicurezza alimentare e sanità pubblica veterinaria, per la individuazione dei fabbisogni di personale degli enti del servizio sanitario nazionale;
b) ad estendere la competenza degli IIZZSS anche al settore del controllo degli alimenti di origine vegetale trasformati.
4. Il Ministero della salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano si impegnano:
a) ad adottare tutte le iniziative necessarie ad uniformare procedure e strumenti per la programmazione ed esecuzione dei controlli ufficiali e delle altre attività ufficiali, incluso l’utilizzo dei sistemi informativi per la raccolta, la rendicontazione e l’elaborazione degli esiti dell’attività di controllo ufficiale anche ai fini della categorizzazione del rischio.
b) Far sì che gli IZS coordinino la propria azione con la programmazione nazionale e regionale di riferimento ed estendano la propria competenza anche nel settore del controllo degli alimenti di origine vegetale trasformati.
c) ad avviare l’iter procedimentale finalizzato alla realizzazione di una centrale di acquisto unica nazionale per gli Istituti zooprofilattici Sperimentali, da costituirsi secondo i principi di cui alla legge 488/1999 e al D.M. 24.02 2000;
d) a rafforzare le attività di Food and Feed crisis management attraverso la formazione e a creare modelli comunicativi rapidi, trasparenti e scevri da condizionamenti da utilizzare in corso ed in dipendenza delle crisi.
Cronoprogramma di attuazione | |
ART 18 - Sanità pubblica veterinaria, igiene e sicurezza degli alimenti e nutrizione | Entro |
Definizione obiettivi strategici di governance condivisi da inserire nel PNI (Comma 1) | 12 mesi |
Attuazione impegni delle Regioni e Province autonome (comma 2, tutte le lettere tranne e), f), g), j) ) | 24 mesi |
Ri-configurazione, in strutture complesse, delle unità operative deputate alla sicurezza alimentare e la sanità pubblica veterinaria ai sensi dei commi 2 e 4 dell'art. 7 quater del d.lgs 502/92 e s.m.i (comma 2, lett. e), f) ) | 18 mesi |
Condivisione delle necessità formative (Comma 2, lett. g) ) | 6 mesi |
Attivazione percorsi formativi (comma 2, lett. g), h) comma 4, lettera d)) | 1° semestre di ciascun anno |
Individuazione e attuazione di misure di protezione per gli addetti al controllo ufficiale (Comma 2, lett. j) ) | 12 mesi |
Attuazione impegni Minsitero salute (comma 3, lett. a), b) ) | 18 mesi |
Attività di uniformazione di procedure e strumenti attività di controllo (comma 4, lett. a) | 18 mesi |
Avvio iter realizzazione centrale di acquisto unica per gli IZS (Comma 4, lett. c) ) | 6 mesi |
Creazione modelli comunicativi in caso di Food and feed crises, (comma 4 lettera d)) | 24 mesi |
ART 19
Strumenti di accesso partecipato e personalizzato del cittadino ai servizi sanitari
Stato e Regioni convengono sulle necessità di utilizzare con efficacia i dati di cui dispongono le strutture sanitarie e socio-sanitarie, per effetto della loro attività istituzionale e di trasformarle in informazioni in grado di generare valore nell’erogazione dei servizi.
A fronte della necessità di incrementare la capacità di intercettare i bisogni dei cittadini, Stato e Regioni convengono sulla necessità di indirizzare le strutture sanitarie verso lo sviluppo di progettualità che abbiano come obiettivo quello di migliorare l’esperienza del cittadino in termini di efficacia della comunicazione, trasparenza ed efficienza dei percorsi interni clinici e amministrativi, equità nell'accesso ai servizi.
Le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie in termini di raccolta, analisi, elaborazione, esposizione e comunicazione dei dati, integrazione dei nuovi canali di comunicazione nei processi aziendali, utilizzo delle tecnologie Web e interoperabilità sono la leva digitale per trasformare l’attuale modello di offerta dei servizi al cittadino in un modello partecipato e personalizzato rispetto ai propri bisogni socio-sanitari.
Stato e Regioni si impegnano ad individuare, all’interno del piano straordinario degli investimenti in sanità, un filone specifico dedicato alla realizzazione di soluzioni in grado di analizzare il contesto esterno e l’organizzazione interna delle strutture sanitarie e delle Regioni, e, al contempo, di fornire agli assistiti strumenti semplici e facilmente utilizzabili per essere accompagnati nei propri rapporti con la struttura sanitaria. Tali interventi non potranno prescindere da un adeguamento dei processi, degli strumenti e delle tecnologie delle aziende sanitarie e delle Regioni per supportare la realizzazione di nuovi modelli di relazione e presa in carico dell’assistito che oggigiorno risulta più informato e maggiormente esigente.
ART 19 – Strumenti di accesso partecipato e personalizzato del cittadino ai servizi sanitari Bozza di articolato
1. Stato e Regioni convengono sulle necessità di utilizzare con efficacia i dati di cui dispongono le strutture sanitarie e socio-sanitarie, per effetto della loro attività istituzionale e di trasformarle in informazioni in grado di generare valore nell’erogazione dei servizi.
2. A fronte della necessità di incrementare la capacità di intercettare i bisogni dei cittadini, Stato e Regioni si impegnano ad indirizzare le Regioni e le strutture sanitarie verso lo sviluppo di progettualità che abbiano come obiettivo quello di migliorare l’esperienza del cittadino in termini di efficacia della comunicazione, trasparenza ed efficienza dei percorsi interni clinici e amministrativi, equità nell'accesso ai servizi.
3. Stato e Regioni si impegnano ad individuare, all’interno del piano straordinario degli investimenti in sanità, un filone specifico dedicato alla realizzazione di soluzioni in grado di analizzare il contesto esterno e l’organizzazione interna delle strutture sanitarie e delle Regioni, e, al contempo, di fornire agli assistiti strumenti semplici e facilmente utilizzabili per essere accompagnati nei propri rapporti con la struttura sanitaria. Tali interventi non potranno prescindere da un adeguamento dei processi, degli strumenti e delle tecnologie delle aziende sanitarie e delle Regioni per supportare la realizzazione di nuovi modelli di relazione e presa in carico dell’assistito che oggigiorno risulta più informato e maggiormente esigente.
Cronoprogramma di attuazione
ART 19 - Strumenti di accesso partecipato e personalizzato del cittadino ai servizi sanitari | |
Definizione del filone di finanziamento dedicato all’interno del piano straordinario degli investimenti in sanità | 3 mesi |
Definzione del Regolamento con il dettaglio dei contenuti dei progetti finanziabili | 3 mesi |
ART XX
Norme finali
Il Governo, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, si impegnano ad adottare ogni necessario provvedimento normativo e amministrativo, in attuazione della presente Intesa, anche a modifica o integrazione o abrogazione di norme.
IL SEGRETARIO
IL PRESIDENTE