Capitolo ventiduesimo
Capitolo ventiduesimo
Il contratto di quotazione
1. Premessa
Uno dei dubbi di fondo che attiene alla fattispecie della quotazione di azioni di società consiste nello stesso fondamento negoziale del fenomeno; dubbio che oggi si rinsalda perché, da un lato, l’intervento pubblico nel procedimento di quotazione si è negli ultimi tempi significativamente accresciuto, divenendo più pervasivo e determinante; dall’altro, perché sono ora normativamente previste ipotesi di am- missione alle negoziazioni anche in assenza del consenso dell’emittente.
Se, infatti, dopo la privatizzazione dei mercati di borsa del 1997 e sino a qualche anno fa, non si dubitava, salvo che da parte di alcuni studiosi, della natura con- trattuale della quotazione, identificando, come meglio si vedrà, il nucleo negoziale della stessa nella domanda di ammissione a quotazione (proposta contrattuale della società quotanda) e, nella delibera di ammissione della società di gestione, la correlativa accettazione a quella proposta, e ancora, nell’eventuale diniego, la mancata accettazione1; oggi è necessario misurarsi con nuovi e sopravvenuti ele- menti normativi per verificare se è tuttora possibile ribadire la valenza negoziale della figura in esame.
Questo capitolo è di Xxxxxxx Xx Xxxx.
1 Sulla natura contrattuale della quotazione sia consentito rinviare (anche per ogni riferimento bibliografico) a M. De Mari, La quotazione di azioni nei mercati regolamentati: profili negoziali e rilievo organizzativo, Torino, 2004, pp. 15, nota 22, e 20 ss., ove (pur con le sue specifiche peculiarità) si presenta la quotazione come una fattispecie contrattuale espressione di autonomia negoziale, cui sono sottesi interessi ulteriori rispetto a quelli propri delle parti; quotazione che, una volta perfezionatasi, viene ad assumere un rilievo organizzativo e metanegoziale sul piano societario, ulteriore e diverso rispetto alla sua originaria connotazione contrattuale (passim). Per una revisione dell’impostazione
«contrattualistica», cfr. X. Xxxxxx, Contratto e regolamentazione nella quotazione in borsa, in G. Gitti (a cura di), L’autonomia privata e le autorità indipendenti, Bologna, 2006, pp. 144 ss., il quale tende a ricostruire il rapporto «non già come espressione di autonomia negoziale (per quanto assoggettata a controllo amministrativo), bensì come esercizio di un servizio pubblico a opera di un soggetto privato, (…) con la peculiarità che la società di gestione del mercato si trova a esercitare potestà regolamentari e di vigilanza del tutto simili a quelle delle autorità amministrative indipendenti» (pp. 157 s.).
Le nuove fattispecie normative dell’«attribuzione alla Consob del potere di vietare l’esecuzione delle decisioni di ammissione alle negoziazioni deliberate dalle società di gestione» (art. 64, comma 1, lett. c) e comma 1-bis, lett. a), d.lgs. n. 58/1998, di seguito: t.u.f.), dell’«ammissione alle negoziazioni degli strumenti finan- ziari delle società di gestione dei mercati disposta dalla Consob» (art. 64, comma 1-ter, t.u.f.) e dell’«ammissione alle negoziazioni senza il consenso dell’emittente» (art. 57, lett. h), n. 4, reg. Emittenti Consob (di seguito: RE) e art. 2.1.2.7 reg. Bor- sa) sembrerebbero, infatti, almeno in prima approssimazione, introdurre elementi antitetici rispetto alla ricostruzione contrattuale della fattispecie e di conseguenza mettere in discussione la natura della quotazione come negozio giuridico.
Il processo di quotazione diventa alla luce delle disposizioni introdotte nell’ulti- mo quinquennio un procedimento sempre più complesso, nel quale intervengono in sequenza tra loro – più di quanto già non avvenisse in passato – atti, fatti e decisioni ascrivibili non solo alle società quotande e alle società di gestione del mercato ma anche alla Consob2.
Nel rinnovato testo dell’art. 64, comma 1-bis, lett. a), del t.u.f. si prevede infatti la possibilità che la Consob possa vietare l’esecuzione delle decisioni di ammissione (ed esclusione dalle negoziazioni ovvero ordinare la revoca di una decisione di sospensione degli strumenti finanziari) entro cinque giorni dal ricevimento della comunicazione, da parte della società di gestione del mercato, di tali decisioni3. La stessa esecuzione della decisione di ammissione è sospesa finché non sia decorso il termine testé indicato (art. 64, comma 1, lett. c).
Si attribuisce alla Consob il potere-dovere di controllare – sulla base «di ele- menti informativi diversi da quelli valutati dalla società di gestione del mercato nel corso della propria istruttoria» – la conformità delle decisioni di ammissione della società di gestione alle finalità di trasparenza, di ordinato svolgimento delle negoziazioni e di tutela degli investitori (art. 64, comma 1-bis, lett. a).
Questa previsione – al di là dei problemi che solleva in ordine alla sovrappo- sizione tra controlli della Consob e della società di gestione in sede di ammissione (oggetto e natura dei rispettivi controlli)4 – non sembra, tuttavia, mettere seriamente in discussione la prospettiva negozialistica della quotazione. Appare, infatti, chiaro
2 Si tralascia qui volutamente, volendo focalizzare l’attenzione sugli aspetti negoziali, il riferimento ad altri soggetti (sponsor, revisori dei conti, consulenti d’azienda e legali, gatekeepers) che intervengono a vario titolo nell’articolato processo di quotazione.
3 La regola non opera con riferimento alle decisioni di ammissione e di esclusione relative ad azioni ordinarie e agli altri strumenti finanziari di società con azioni quotate in un mercato regola- mentato, di banche e Stati comunitari. Né si applica alle decisioni di ammissione relative a strumenti finanziari ammessi in regime di esenzione dalla pubblicazione del prospetto o a lotti supplementari di azioni già ammesse alle negoziazioni (art. 64, comma 1, lett. c). Si tratta d’ipotesi di esenzione, per le quali quali il legislatore – in ragione delle particolari caratteristiche di affidabilità degli strumenti e/o degli emittenti – ha evidentemente reputato non necessario il controllo della Consob sulle decisioni delle società di gestione.
4 La formazione di un mercato regolare e ordinato e la tutela degli investitori sono interessi che devono essere valutati anche dalla società di gestione del mercato in fase di listing, anche se è vero che la Consob può essere in possesso «in ragione della sua attività di vigilanza» (art. 4, comma 10, t.u.f.) di elementi informativi diversi e ulteriori rispetto a quelli forniti dall’emittente alla società di gestione in relazione all’istruttoria di ammissione a quotazione. Sul punto, sul quale si tornerà brevemente più avanti, può rinviarsi a D.I. Xxxx, Ammissione, sospensione ed esclusione dalle negoziazioni tra società di gestione del mercato e Consob, in Dir. banca e mercato fin., 2008, I, pp. 617 ss.
che il potere di vietare (o di consentire)5 l’esecuzione della decisione, attribuito alla Xxxxxx, inerisce a un momento successivo a quello della formazione della fat- tispecie contrattuale, decisamente più spostato verso la dimensione dell’efficacia/ esecuzione del contratto piuttosto che della sua validità. Rispetto al formarsi del nucleo contrattuale della fattispecie il controllo dell’Autorità di vigilanza appare collocarsi sul piano degli effetti e il suo potere-dovere di opporsi alla decisione di ammissione (o di consentirla) si pone come elemento esterno e non integrativo della volontà delle parti: il divieto di esecuzione o l’assenso all’esecuzione della decisione di ammissione non è infatti riconducibile alla volontà delle parti. L’esito negativo o positivo del controllo operato dalla Consob si configura piuttosto, nella logica negozialistica, come una condizione legale risolutiva (nell’ipotesi in cui il controllo di conformità sia negativo) o sospensiva (nel caso di «nulla osta»), al verificarsi della quale la quotazione cessa definitivamente di produrre i suoi effetti ovvero comincia a produrli, venendo inibita la sua stessa esecuzione (nel primo caso) o caducandosi la sospensione dell’esecuzione ex lege prevista (nel secondo caso)6.
Che il controllo della Consob non possa essere considerato tra gli elementi strutturali essenziali del contratto di quotazione, può evincersi, del resto, anche dalla circostanza che detto controllo – come sopra rilevato (cfr. nota 3) – è previsto soltanto rispetto ad alcune tipologie di quotazione, sussistendo delle ipotesi nelle quali l’ammissione si perfeziona senza l’intervento della Consob.
Neppure la recente attribuzione alla Consob del potere di listing per il caso in cui a essere quotate siano le azioni o altri strumenti finanziari delle società di ge- stione (art. 64, comma 1-ter, t.u.f. e art. 2.1.2.9 reg. Xxxxx) pare inficiare il carattere contrattuale della fattispecie. La natura pubblica della Consob non «trasforma» l’ordinario listing agreement in un provvedimento di natura concessoria di matrice amministrativa; si potrebbe forse sostenere che ciò possa avvenire – in corrispon- denza con le regole del listing agreement – nel quadro dei poteri privatistici che pure competono all’Autorità. In ogni caso l’ipotesi di quotazione delle azioni delle società di gestione è sicuramente ipotesi speciale e quindi la sua eventuale qualificazione in termini autorizzazione/concessione amministrativa resterebbe comunque circoscritta alla specifica vicenda in esame, senza estendersi alla fatti- specie generale7.
Le rapide notazioni sin qui proposte mettono in realtà in evidenza come – più che ad un ritorno all’ammissione a quotazione come autorizzazione amministrativa
5 Per quanto il dettato normativo possa far pensare, nel caso di esito positivo del controllo, ad un «via libera tacito» della Consob, la prassi dell’Autorità è orientata in tale eventualità a rilasciare comunque (e contestualmente all’approvazione del prospetto informativo) un nulla osta positivo, utilizzando la dicitura «non ci sono osservazioni da formulare in merito alla decisione di ammissione disposta dalla società di gestione».
6 Non si vuole qui naturalmente trascurare il fatto che i concetti di efficacia e di esecuzione/ eseguibilità non sono esattamente sovrapponibili, non equivalendo l’esecuzione o l’eseguibilità pro- priamente all’efficacia; tuttavia, tenuto conto dell’atecnicità del lessico normativo e della circostanza che l’eseguibilità implica e presuppone l’efficacia, non sembra troppo azzardato riportare, senza troppi distinguo, il controllo di conformità della Consob sul versante degli effetti del contratto, costituendo l’efficacia comunque un antecedente logico-giuridico dell’eseguibilità (v. sulla differenza tra i due concetti G. Oppo, Forma e pubblicità nelle società di capitali, in Diritto delle Società, Scritti Giuridici, II, Padova, 1992, p. 267).
7 Il rapporto resta in ogni caso disciplinato dal regolamento del mercato della società di gestione, opportunamente modificato sulla base delle indicazioni dettate dalla Consob.
concessa da un’autorità pubblica – si assista, anche in questo ambito, ad un raffor- zamento dei controlli pubblici in materia di listing, secondo una tendenza, sempre più generale e capillare, all’amministrativizzazione del diritto privato dei contratti dei mercati finanziari8; tendenza che si è ormai abituati a giustificare sulla base dell’idea che il diritto privato comune da solo non è sufficiente per assicurare una adeguata tutela del risparmio e degli investimenti finanziari. Non sembra dunque che la quotazione possa qualificarsi come servizio pubblico affidato a soggetti pri- vati, ma piuttosto appare plausibile ricondurre la figura ad un negozio giuridico sottoposto a controllo amministrativo pubblico.
In virtù del combinato disposto di cui all’art. 57, lett. h), n. 4, RE e all’art.
2.1.2.7 reg. Xxxxx, si è altresì dato ingresso nel nostro ordinamento a un meccanismo di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato italiano, su inizia- tiva di un operatore o della stessa società di gestione del mercato, senza (quindi) necessità di una apposita richiesta dell’emittente; si consente, in altri termini, che gli strumenti finanziari di un emittente possano essere negoziati su altri mercati regolamentati italiani senza che detto emittente presti il suo consenso e senza che ciò comporti per quest’ultimo ulteriori obblighi e, in primo luogo, quello di formu- lare domande di ammissione e di pubblicare un nuovo prospetto. La condizione, però, che deve sussistere perché questa eventualità si verifichi è che la società abbia strumenti finanziari già negoziati in un mercato regolamentato italiano.
In questa prospettiva non può sfuggire come l’ammissione alle negoziazioni sul
«secondo» mercato senza il coinvolgimento dell’emittente abbia quale sua condi- zione necessaria la quotazione/negoziazione dei medesimi strumenti finanziari in un mercato regolamentato con il consenso dell’emittente.
È dunque l’ammissione su base consensuale sul «primo» mercato che consente l’ammissione (e la permanenza)9 alle negoziazioni anche sul «secondo» mercato; l’automatismo della seconda ammissione è quindi sempre l’effetto della prima quotazione, che non può prescindere dal consenso dell’emittente (e che anzi, con quel consenso, accetta anche detta eventualità); altrimenti detto, in assenza della quotazione consensuale non può esservi negoziazione dei titoli su altri mercati. Sembra dunque che la descritta fattispecie, se vista nei termini anzidetti, più che mettere in crisi la lettura contrattualistica del fenomeno quotazione, al contrario, la legittimi e la rafforzi.
Non sembra allora azzardato sostenere (il rilievo appare estensibile, come si vedrà, anche ad altre vicende della quotazione) che la quotazione ha una duplice valenza: da un lato, è atto di autonomia privata, dall’altro, funge anche da presup- posto del realizzarsi di effetti prestabiliti dalla legge (o da disposizioni regolamentari di rango secondario): si tratta, a ben riflettere, di fattispecie che può essere vista ora come negozio giuridico ora quale atto giuridico in senso stretto10.
8 Per maggiori ragguagli sulla manifestazione di questa tendenza con specifico riferimento all’in- tensificazione dei controlli della Consob in ordine all’autonomia negoziale e organizzativa degli inter- mediari del mercato mobiliare, sia consentito il rinvio a M. De Mari, Autorità e libertà nella disciplina dell’intermediazione mobiliare, Xxxx, 0000, pp. 38 ss.
9 Si noti che il Reg. di TLX prevede che si possa addivenire alla revoca degli strumenti finanziari ammessi alle negoziazioni quando analogo provvedimento sia stato deliberato dalla società di gestione del mercato in cui lo strumento è stato ammesso alla quotazione (art. 5.16).
10 D’altronde la duplice veste del contratto (negozio e atto giuridico in senso stretto) è messa in luce con particolare incisività da X.X. Xxxxx, Il negozio giuridico, Padova, 2001, pp. 258 ss., dove si
2. La fattispecie
Ribadita così la natura contrattuale della quotazione, giova ora fermarsi sulla fattispecie complessivamente intesa. È bene tenere presente sin d’ora che, come sopra accennato, la quotazione, pur trovando la sua fonte costitutiva in un negozio giuridico, è altresì un atto che rileva sul piano societario e, segnatamente, sotto il profilo organizzativo e della disciplina applicabile.
L’ammissione alla quotazione – che, come detto, secondo una terminologia tuttora di matrice pubblicistica viene ancor oggi definita nei regolamenti di Borsa in termini di «procedura» o di «procedimento», in ragione, evidentemente, della serie di atti di cui si compone – consiste in una fattispecie complessa a formazione progressiva con un nucleo negoziale (la domanda di ammissione presentata dalla società quotanda, previa delibera dell’organo competente11 e il provvedimento di ammissione alle negoziazioni adottato dalla società di gestione del mercato) e una serie di altri elementi non negoziali esterni rispetto all’accordo di quotazione12.
Come già si diceva, la scelta del nostro legislatore in ordine alla ripartizione di competenze nel processo di quotazione è stata infatti quella di non concentrare in capo ad una unica medesima autorità i poteri di listing e quelli di controllo sul prospetto di quotazione e sulla trasparenza in genere, lasciando questi ultimi alla Consob (che ora però, come si è visto, ha anche poteri di controllo sulla decisione di ammissione) e attribuendo i primi alle società di gestione.
Il regolamento del mercato, adottato dalla società di gestione, costituisce il contenuto standardizzato del contratto di quotazione13, venendo così le disposizioni del regolamento a costituire delle condizioni generali di contratto, predisposte in
osserva: «Non si deve, per altro, confondere il fenomeno dell’integrazione, così come risulta dal dettato dell’art. 1374 c.c., con la circostanza che dai contratti possano, in alcuni casi, scaturire effetti legali; riconducibili, cioè, direttamente alla legge e che, dunque, non costituiscono il naturale svolgimento di quanto le parti hanno espresso nel contenuto del contratto. Il verificarsi di tali effetti legali deriva dal fatto che, in taluni casi, il contratto assume, per il sistema dell’ordinamento giuridico, la duplice valenza di atto di autonomia privata e di presupposto del realizzarsi di effetti già prestabiliti dalla norma».
11 L’indagine relativa all’individuazione dell’organo deputato a decidere sull’istanza di prima ammissione alla quotazione ha da sempre costituito (e tuttora costituisce) uno dei temi più dibattuti in materia di quotazione, rappresentando una vera e propria cartina di tornasole nell’esame della fattispecie. La soluzione data al problema riflette tendenzialmente la qualificazione societaria del fe- nomeno, proposta ora in termini di atto di natura gestoria, ora di decisione di matrice organizzativa. I diversi orientamenti (che propendono ora per la competenza assembleare in sede ordinaria o in sede straordinaria, ora per quella dell’organo amministrativo) sono riportati in De Mari, La quotazione di azioni, cit. pp. 60 ss., cui adde X. Xxxxxxxxx e A. Mirone, Le competenze dell’assemblea nelle s.p.a., in Riv. società, 2010, I, pp. 322 ss.
12 Per chiarezza espositiva può essere utile richiamare concisamente gli atti in cui si concretizza il processo di quotazione: a) domanda di ammissione alla società di gestione e contestuale domanda alla Consob di autorizzazione alla pubblicazione del prospetto di quotazione; b) decisione di ammis- sione o di diniego di ammissione della società di gestione e relativa comunicazione al richiedente e alla Consob; c) autorizzazione della Consob alla pubblicazione del prospetto e nulla osta della stessa Consob sulla decisione di ammissione; c1) decisione (solo eventuale) della Consob di vietare l’esecu- zione della decisione di ammissione; d ) delibera della società di gestione con cui, previo accertamento della conclusione dell’offerta, della sufficiente diffusione degli strumenti finanziari e del nulla osta della Consob, è stabilita la data di inizio delle negoziazioni.
13 Cfr. per tutti R. Costi, Società mercato e informazione societaria, in Quaderni di Finanza della Consob, n. 23 del dicembre 1997, La regolamentazione dei mercati finanziari: problemi attuali e pro- spettive future, Roma, 1997, p. 31, nonché in Giur. comm., 1997, I, pp. 175 ss.
modo uniforme dalla società di gestione del mercato. Ciò trova testuale riscontro nelle Istruzioni al regolamento di Borsa Italiana del 3 ottobre 2011, ove si prevede espressamente che il richiedente l’ammissione alla quotazione è obbligato all’os- servanza delle norme del regolamento del mercato e delle istruzioni (ed alle loro modifiche ed integrazioni successive) che vengono approvate specificatamente ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c. (Titolo IA.1) (analogamente cfr. l’allegato n. 1 al regolamento di TLX del 19 settembre 2011).
La domanda di ammissione, che recepisce le condizioni generali predisposte dalla società di gestione, viene vagliata dalla stessa società di gestione, che, nei limiti consentiti dalla sussistenza dei requisiti di quotazione e dalle altre valutazioni di sua competenza, esprime la propria volontà, potendo accogliere o meno quella propo- sta. Non è naturalmente qui possibile soffermarsi approfonditamente sui requisiti richiesti per il listing che gli emittenti e gli strumenti finanziari quotandi devono possedere, né indagare la natura e la tipologia delle valutazioni che la società di gestione è chiamata a svolgere in sede di ammissione alla quotazione circa i piani e le prospettive dell’impresa, di modo che si sia ragionevolmente certi che la quotazione non sia di pregiudizio per il mercato e per gli investitori14; ciò che, tuttavia, non può omettersi di rilevare è che la decisione di xxxxxxx o di ammissione alla quotazione non si configura come un mero atto di accertamento della sussistenza dei requisiti prescritti per la quotazione, e, conseguentemente, come atto dovuto al ricorrere di determinate condizioni, ma piuttosto ha le caratteristiche di una dichiarazione, inevitabilmente discrezionale, attraverso la quale la società di gestione manifesta la sua volontà diretta alla conclusione del contratto15.
Se allora la fattispecie in esame può correttamente ricostruirsi individuando, nella domanda di ammissione a quotazione, la proposta contrattuale e, nella de- libera di ammissione della società di gestione, la correlativa accettazione a quella
14 Il regolamento di Borsa prevede che le società che chiedono la prima ammissione alla quotazio- ne delle proprie azioni siano in possesso di requisiti generali e particolari, riguardanti tanto le società quanto le azioni per le quali viene richiesta l’ammissione. L’indagine che la società di gestione compie prima di verificare la sussistenza dei predetti requisiti investe altresì i c.d. «requisiti sostanziali», non tipizzati a livello regolamentare, dall’analisi dei quali devono evincersi le reali prospettive di crescita e gestione del business della società, l’equilibrio finanziario dell’impresa ed altri dati di rilievo econo- mico. Quanto ai requisiti generali concernenti le società emittenti, il regolamento prevede che queste
«devono essere regolarmente costituite e i loro statuti devono essere conformi alle leggi e ai regolamenti ai quali le società sono soggette», mentre per gli strumenti finanziari è prescritto che «devono essere: emessi nel rispetto delle leggi, dei regolamenti e di ogni altra disposizione applicabile; conformi alle leggi ed ai regolamenti ai quali sono sottoposti; liberamente negoziabili; idonei ad essere oggetto di liquidazione mediante il servizio di liquidazione di cui all’art. 69 del t.u.f.; idonei ad essere negoziati in modo equo, ordinato ed efficiente» (art. 2.1.3 reg. Borsa). I requisiti particolari sono fissati nell’art.
2.2.1 del reg. Borsa.
15 Si noti che la domanda di ammissione può essere respinta «se le caratteristiche dello strumento finanziario siano tali da far ritenere che non possa aver luogo la formazione di un mercato regolare o se la situazione dell’emittente sia tale da rendere l’ammissione contraria all’interesse degli investitori. A tal fine la società di gestione fa prevalentemente riferimento ai seguenti elementi: la presenza di gravi squilibri nella struttura finanziaria, un critico posizionamento competitivo nei principali settori di attività, l’evidenza di importanti fattori di incoerenza nel piano industriale e la carenza di elementi di riscontro delle ipotesi contenute nel piano medesimo». La società di gestione può inoltre «subordi- nare, nel solo interesse della tutela degli investitori, l’ammissione alla quotazione a qualsiasi condizione particolare che ritenga opportuna e che sia esplicitamente comunicata al richiedente» (art. 212 reg. Borsa). Per una trattazione più estesa, v. De Mari, La quotazione di azioni, cit., pp. 32 ss.
proposta16, va anche osservato, però, che in quello stesso momento, la società non può dirsi già quotata, con la conseguente applicazione della relativa disciplina e del regime statutario e organizzativo proprio della quotazione (di cui si dirà nei paragrafi successivi). L’iter per l’ammissione non risulta ancora concluso, o meglio, il contratto è validamente concluso ma non è ancora efficace.
Infatti, perché il negozio di quotazione sia efficace e la quotazione sia eseguibile è necessario che: i ) la Consob non vieti l’esecuzione della quotazione e la decisione di ammissione non sia suscettibile di osservazioni da parte della stessa Consob; ii ) la società di gestione del mercato accerti l’autorizzazione di Consob alla pubblicazione del prospetto di quotazione o la sufficiente diffusione degli strumenti finanziari quotandi e stabilisca la data di inizio delle negoziazioni (art. 2.4.2.6 reg. Borsa).
In questa prospettiva tanto l’accertamento della pubblicazione del prospetto di offerta autorizzato dalla Consob, quanto quello della sufficiente diffusione delle azioni, non essendo elementi costitutivi del negozio di quotazione, possono ragionevolmente considerarsi quali presupposti di efficacia (e non di validità) della fattispecie quotazione, in mancanza dei quali il contratto è inefficace.
Come già anticipato, mette conto ancora ribadire che oggi la Consob, ai sensi dell’art. 64, comma 1-bis, t.u.f., «può vietare l’esecuzione della decisione di am- missione» entro cinque giorni dal momento del ricevimento della comunicazione di ammissione della società di gestione.
Si tratta di un elemento esterno al nucleo negoziale dell’accordo tra società quotanda e società di gestione. L’accordo, come si sa, è perfetto con l’incontro delle volontà reciprocamente scambiate tra le parti, ma è altresì sottoposto a una condizione legale risolutiva che ne far venir meno gli effetti (inibendone definitiva- mente l’esecuzione), là dove la Consob – sulla base di elementi informativi diversi da quelli valutati dalla società di gestione – reputi che la decisione di ammissione contrasti con le finalità di trasparenza, di ordinato svolgimento delle negoziazioni e di tutela degli investitori previste dall’art. 74, comma 1, t.u.f.
Certo è che se sul piano contrattuale la decisione della Consob può essere qualificata come un elemento accidentale (legale) del negozio e come una forma di controllo amministrativo in relazione appunto ad un contratto, è anche vero che tale attribuzione di poteri riporta la Commissione sul terreno del listing, che non le è proprio.
Ora l’attribuzione alla Consob di siffatti poteri che possono in concreto inibire la quotazione, vietandone la sua stessa attuazione, pongono seriamente il dubbio che in tal modo si voglia surrettiziamente (ri-)attribuire il potere di listing alla
16 Non può pertanto condividersi la diversa opinione ora ribadita da X. xx Xxxx, Sul «diritto» alla quotazione in borsa. Difesa di una tesi nella prospettiva del listing comunitario, in Banca, borsa, tit. cred., 2009, I, pp. 21 ss., secondo cui la conclusione del contratto di quotazione si avrebbe quando l’emittente – rivolgendo alla società di gestione la richiesta di ammissione alla quotazione, e sotto la condizione sospensiva del riscontro dei requisiti – accetta le condizioni fissate dalla società di gestione nel regolamento del mercato (da intendersi come offerta al pubblico ex art. 1336 c.c. e come condizioni generali di contratto). L’isolata opinione non può accogliersi, oltre che per le ragioni sopra indicate e meglio sviluppate in De Mari, La quotazione, cit., p. 21 ss., anche per l’ulteriore circostanza che un siffatto schema mal si concilia con il meccanismo di controllo di cui al citato art. 64, comma 1-bis, lett. a), secondo il quale è la decisione di ammissione della società di gestione (che equivale, come detto, all’accettazione della proposta, e non alla proposta sotto forma di offerta al pubblico ex art. 1336 c.c.) ad essere soggetta al controllo della Consob.
Consob; tenuto altresì conto della circostanza che ad oggi il processo di quotazio- ne, pur prevedendo una doppia istruttoria su profili formalmente diversi – quelli, appunto, di mera trasparenza per il prospetto e quelli più sostanziali e di merito per il listing – si basa, come affermato dalla stessa Autorità di vigilanza, in larga misura sullo stesso patrimonio informativo17.
Oggetto del contratto sono i servizi di quotazione e le strutture che la società di gestione mette a disposizione delle società quotate, a fronte di un corrispettivo e di altri obblighi assunti dalle medesime società quotate (previsti dal regolamento del mercato) che hanno effetto anche nei confronti dei terzi investitori.
3. I riflessi societari della quotazione
Si è sin qui osservato che la quotazione delle azioni è riconducibile ad un atto di autonomia privata; occorre, però, anche rilevare che la stessa implica per la società, da un lato, l’applicazione di una speciale disciplina (senza pretesa di esaustività cfr. artt. 119 ss. t.u.f., artt. 2325-bis, comma 2, 2412, comma 5, 2441, comma 4, 2437-quinquies, c.c.), nonché degli adeguamenti statutari (art. 147-ter ss. t.u.f.) o extrastatutari che comportano un mutamento del funzionamento della società ed incidono sugli assetti organizzativi; dall’altro, l’intervenuta quotazione comporta la necessità di sopprimere delle possibili clausole statutarie che risultino incompatibili con lo status di società quotata (artt. 2366, comma 3, 2437, comma 4, 2351, comma
3, 2370, comma 2, c.c., art. 34, comma 1, d.lgs. n. 5/2003).
Non si può qui neppure sommariamente fermarsi sui contenuti della disci- plina applicabile per legge o su base volontaria (codice di autodisciplina di Borsa Italiana s.p.a.) alle società per azioni quotate18; la convinzione di fondo, tuttavia, è che alle regole societarie applicabili in virtù della quotazione non sia estranea una valenza organizzativa, pur non essendo prevista la quotazione tra i dati da indicarsi nell’atto costitutivo e nello statuto19. Si tratta di mutamenti che incidono sull’organizzazione di tipo corporativo, dal momento che essi tendono essenzial- mente a tutelare le minoranze, ad adeguare il numero, la competenza, i doveri e i poteri degli organi di controllo (e in parte anche di quelli di amministrazione) alla complessità della società, a migliorare i flussi informativi tra organi della società e a consentire la necessaria destinazione al mercato delle azioni e la loro agevole negoziazione e liquidazione. Tra le modifiche organizzative applicabili sulla base del citato codice di corporate governance della Borsa italiana possono ricordarsi quei meccanismi propri delle società quotate come i comitati specializzati per le proposte di nomina e per la remunerazione degli amministratori o il comitato per il controllo interno ovvero i criteri per la specificazione dei requisiti di indipen- denza degli amministratori.
17 Per un’attenta valutazione della problematica relativa alla (ri-)attribuzione del listing alla Consob, cfr. la Relazione annuale 2010 della Consob, Roma, 2011, pp. 14 ss.
18 Per un’aggiornata indicazione delle regole societarie e della disciplina di mercato applicabile, cfr., in luogo di molti, X. Xxxxxx e X. Xxxxxxxx, Corso di diritto commerciale, II, 5ª ed., Bologna, 2011, pp. 268 ss.
19 Attribuiva dignità statutaria alla quotazione la Relazione della prima commissione per la riforma delle società per azioni del 1961 presieduta da X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx (leggibile in Riv. società, 1964, p. 431).
Le modifiche organizzative e statutarie presupposte dalla quotazione e taluni istituti disciplinati espressamente dal t.u.f. e anche da alcune disposizioni del codice civile consentono quindi di valutare la quotazione anche in una chiave marcata- mente societaria, che guarda all’organizzazione della società e agli interessi delle minoranze e, quindi, non solo nella prospettiva, pur rilevante, collegata alle vicende degli strumenti finanziari, i quali, una volta quotati, sono connotati dalla libera negoziabilità, dalla liquidabilità e dal regime della dematerializzazione.
4. La perdita della quotazione
Muovendo dall’idea sin qui coltivata, ossia che il regolamento della società di gestione costituisce il contenuto standardizzato del contratto di quotazione oggetto dell’accordo delle parti, non sembra troppo azzardato considerare le cosiddette cause di «revoca della quotazione», espressamente individuate dal regolamento di Borsa (art. 2.5.1), quali cause di risoluzione negoziali del contratto.
Se infatti per risoluzione negoziale deve intendersi l’estinzione del contratto per atto di autonomia negoziale20, le ipotesi specifiche di «revoca» previste dai regola- menti dei mercati, riconducibili essenzialmente a vicende riguardanti gli strumenti quotati (sospensione del titolo prolungata per più di diciotto mesi; scarsa frequenza degli scambi; insufficienza del flottante) e a vicende che attengono all’emittente (ammissione dell’emittente a procedure concorsuali o suo scioglimento, giudizio negativo della società di revisione, operazioni straordinarie che abbiano comportato modifiche sostanziali nella struttura economico-patrimoniale dell’emittente) sem- brano costituire, a dispetto del termine utilizzato («revoca»), clausole contrattuali di scioglimento del contratto per il verificarsi di un evento impeditivo del rappor- to, espressamente volute dalle parti ed anzi anche approvate specificamente dalla società quotanda21. Accanto a queste ipotesi di revoca della quotazione (rectius: cause di risoluzione negoziale del contratto di quotazione) vi sono delle ipotesi di risoluzione unilaterale del negozio, anch’esse convenzionalmente pattuite, il cui esercizio da parte della società di gestione non è arbitrario ma circoscritto ai casi nei quali sussistono ragioni di tutela di situazioni rilevanti per gli investitori e per il mercato degli strumenti quotati. Si pensi all’ipotesi tipizzata in cui la società di gestione del mercato può revocare la quotazione (i.e.: risolvere il contratto) quando la tutela degli investitori e/o il mantenimento di un mercato normale e regolare delle azioni quotate lo imponga, ma si pensi anche all’ipotesi normativamente prevista dall’art. 64, comma 1-bis, del t.u.f. (e pur sempre riconducibile alle anzidette ragioni di tutela), ai sensi della quale la società di gestione deve procedere all’esclusione dalle negoziazioni se sia la Consob a formulare tale richiesta22. Non si può non
20 Così C.M. Bianca, Il contratto, 3, Milano, 1987, p. 697.
21 Sembrano privilegiare un’interpretazione non dissimile da quella prospettata nel testo X. Xxxxxxx, Regolamenti contrattuali e pene private, in Contratto e impresa, 2001, p. 515 e Costi, Società mercato e informazione societaria, cit. p. 31; in termini dubitativi Notari, Contratto e regolamentazione nella quotazione in borsa, cit., p. 146.
22 Può convenirsi con l’analisi di Xxxx, Ammissione, cit., p. 629, che, in virtù del verbo to require utilizzato nel testo inglese della direttiva MiFID n. 2004/39, ritiene che non si tratti di semplice propo- sta non vincolante della Consob, ma di un ordine al quale la società di gestione deve necessariamente ottemperare.
constatare come questo tipo di soluzione applicativa, che riconosce in definitiva alla società di gestione del mercato il diritto di sciogliere unilateralmente il negozio di quotazione, sia pur sempre riconducibile alla volontà delle parti, e soprattutto, all’autonomia negoziale della società quotanda, la quale, approvando l’art. 2.5.1.7, ossia accettando che la società di gestione possa far prevalentemente riferimento, ai fini della revoca della quotazione, a predeterminate situazioni, non esclude che ve ne possano essere delle altre, le quali possano se (e solo se) motivate dalla tutela degli interessi suindicati, dar luogo allo scioglimento del vincolo.
Stando così le cose, vi è da chiedersi se sussista anche in capo alla società quota- ta un diritto alla risoluzione unilaterale del rapporto, ossia un diritto di recedere dal contratto di quotazione, e ciò anche in considerazione della durata indeterminata cui soggiace il contratto.
4.1. Segue. Ulteriori ipotesi di perdita della quotazione
La fenomenologia dei casi di perdita della quotazione non si esaurisce nelle ipotesi anzidette: vi sono situazioni nelle quali il presupposto della revoca è da ricercarsi nella stessa legge.
È il caso della realizzazione di un’offerta pubblica di acquisto residuale (art. 108 t.u.f.) e del diritto di acquisto (art. 111 t.u.f.)23. In detti casi, a ben riflettere, la perdita della quotazione è da ricondursi non già a fattispecie legali di dequotazione, ossia a casi in cui è lo stesso legislatore a prevedere il delisting, quanto piuttosto ad un’ipotesi tipica di perdita della quotazione che si è già ricordata, ossia a quella che prevede il delisting delle azioni quando il flottante diventi insufficiente per assicurare il regolare andamento delle negoziazioni (art. 2.5.1.7, lett. c), reg. Borsa). Quanto rilevato permette di osservare che se l’accesso al mercato è un fatto volonta- rio, non dandosi più (come in passato) forme di quotazioni d’ufficio, la vicenda del delisting appare contrattualmente predeterminata, potendosi sciogliere il contratto di quotazione nelle ipotesi previste o nell’evenienza (pur sempre riconducibile alla volontà delle parti) che la società di gestione risolva unilateralmente il contratto e anche in tal caso – come si è detto – se sussistono ragioni di tutela di situazioni rilevanti per gli investitori e per il mercato dei titoli quotati. Si tratta quindi di un percorso che appare sì riconducibile alla libera scelta della società di accettare le singole vicende risolutive del rapporto, aderendo alle condizioni generali prefi- gurate dalla società di gestione del mercato, ma che, nel contempo, non sembra riconoscere alla società quotata, nel momento dell’uscita dal mercato, la medesima autonomia che le è data nella fase dell’accesso alle negoziazioni.
23 Il testo dell’art. 2.5.1.8 del reg. Borsa stabilisce: «Qualora sussista un obbligo di acquisto ai sensi dell’art. 108, commi 1 e 2, del t.u.f., i titoli oggetto degli acquisti ai sensi di legge sono revocati dalla quotazione a decorrere dal giorno di borsa aperta successivo all’ultimo giorno di pagamento del corrispettivo, salvo che il soggetto obbligato ai sensi dell’art. 108, comma 1, del t.u.f. abbia dichiarato che intende ripristinare il flottante. Qualora sussistano i presupposti di cui all’art. 111 del t.u.f., i titoli oggetto degli acquisti ai sensi di legge sono sospesi e/o revocati dalla quotazione tenuto conto dei tempi previsti per l’esercizio del diritto di acquisto».
4.2. Segue. L’esclusione dalle negoziazioni. Il problema del delisting puro
I dubbi appena sollevati circa i possibili limiti, per la società quotata, di uscire dal mercato regolamentato sulla base di una sua libera e incondizionata scelta o per altre cause che non siano quelle espressamente previste dal regolamento del mercato o dalla legge, impongono di approfondire l’indagine sulla base degli altri dati normativi e ordinamentali disponibili.
L’art. 133 del t.u.f., significativamente rubricato come «esclusione su richiesta dalle negoziazioni», stabilisce che «le società italiane con azioni quotate nei mercati regolamentati italiani, previa deliberazione dell’assemblea straordinaria, possono richiedere l’esclusione dalle negoziazioni dei propri strumenti finanziari, secondo quanto previsto dal regolamento del mercato, se ottengono l’ammissione su altro mercato regolamentato o di altro paese dell’Unione Europea, purché sia garantita una tutela equivalente degli investitori, secondo i criteri stabiliti dalla Consob con regolamento». Anche in tal caso sembra ricorrere lo schema contrattuale bilaterale osservato in sede di ammissione alla quotazione, dal momento che, ai sensi dell’art. 2.5.6 del regolamento del mercato, l’esclusione può aver luogo se la società di gestione del mercato, a fronte della richiesta di esclusione formulata dalla società quotata, dispone l’esclusione medesima. Si ripropone, quindi, il meccanismo dell’accordo tra la società quotata, che, con delibera dell’assemblea straordinaria, chiede di uscire dal mercato, e la società di gestione, che, valutata tale richiesta, può accettarla o meno al ricorrere di determinate circostanze. È però il caso di osservare che la fattispecie in esame – pur essendo riconducibile ad una manifestazione di autonomia negoziale delle parti – non consente alla società quotata di sottrarsi alla quotazione senz’altro, ma subordina l’esclusione all’ammissione su altro mercato regolamentato dove esistano condizioni di tutela dell’investitore equivalenti a quelle presenti sul mercato dal quale si chiede di uscire24. Si è allora di fronte più che ad un’esclusione incondizionata o a un «delisting puro» ad una migrazione o a un trasferimento su un altro mercato (peraltro solo italiano o di un altro paese dell’Unione Europea), o a un fenomeno, per così dire, di trans listing: la società in realtà mantiene lo status di società quotata non più sul mercato di originaria quotazione ma su un altro mercato.
Il t.u.f. peraltro non prevede alcuna disposizione relativa alla possibilità di chiedere l’esclusione incondizionata dal listino e anche nei regolamenti di Borsa non è dato rintracciare alcuna previsione in tal senso; né, per quanto consta, ciò trova smentita nella prassi dei mercati degli ultimi anni. Al riguardo può anzi notarsi che proprio il dato testuale dell’art. 133 t.u.f., secondo cui il delisting è permesso solo quando coincida con l’ammissione su altro mercato (italiano o comunitario) ove esista una tutela equivalente per gli investitori, potrebbe indurre a non reputare ammissibile il delisting cosiddetto puro. E ciò potrebbe in realtà trovare xxxxxxxx- cazione proprio in quella cesura tra momento contrattuale e quello metanegoziale della quotazione al quale sopra si è fatto riferimento. Il perfezionamento della quo-
24 In attuazione dell’art. 133 t.u.f. la Consob ha disposto che «l’esclusione dalle negoziazioni di azioni ordinarie è in ogni caso condizionata all’esistenza nel mercato di quotazione di una disciplina dell’offerta pubblica di acquisto obbligatoria applicabile all’emittente nel caso di trasferimento di partecipazioni di controllo ovvero di altre condizioni valutate equivalenti dalla Consob» (art. 144, comma 2, RE).
tazione, infatti, mette in gioco interessi e ragioni di tutela che non riguardano più solo le parti contraenti ma soggetti altri nei confronti dei quali l’originaria vicenda contrattuale perde di rilievo, assumendo invece importanza il profilo organizzativo della quotazione e, segnatamente, ciò che esso rappresenta in termini di disciplina applicabile agli organi sociali, di diritti e prerogative del singolo socio-investitore. Le implicazioni societarie e di mercato della quotazione, in altre parole, pur non precludendo in assoluto la reversibilità della quotazione medesima, sembrano però non consentire all’autonomia privata di manifestarsi con le stesse modalità e con la medesima intensità riscontrata nella fase di ammissione. Anche se, in ottica ne- gozialista, può effettivamente apparire come una forzatura sottrarre all’autonomia negoziale l’incondizionata esclusione dalle negoziazioni quando invece non le è mai sottratta l’ammissione25.
L’art. 2437-quinquies c.c., introdotto dalla riforma delle società di capitali, secondo cui «se le azioni sono quotate sui mercati regolamentati hanno diritto di recedere i soci che non hanno concorso alla deliberazione che comporta l’esclusione dalla quotazione», dal canto suo, non è disposizione che inequivocabilmente risolve il problema dell’ammissibilità del delisting puro. Sia perché la norma potrebbe ri- ferirsi alle deliberazioni che hanno ad effetto l’esclusione dalla quotazione (fusione e scissione di società quotata in società non quotata; conversione di azioni quotate in non quotate) e non anche a quelle che hanno direttamente ad oggetto l’esclusio- ne26, sia perché la disposizione sembra essere la conferma, in termini più generali, di un principio (quello fissato dall’abrogato art. 131 del t.u.f.), che già albergava nel sistema, visto che proprio tale norma attribuiva il diritto di recesso nel caso in cui la perdita della quotazione dei titoli fosse la conseguenza del loro concambio effettuato in occasione di una fusione o di una scissione.
Certo nella possibile indisponibilità da parte della maggioranza della deci- sione di dequotarsi sic et simpliciter (ppassaggio che richiederebbe comunque un intervento esplicito del legislatore) non può, come si diceva, non avvertirsi, una sensibile compressione dell’autonomia negoziale della società. In questo quadro ci si potrebbe ancora chiedere – al di là della concreta difficoltà di raccogliere l’unanime consenso sociale in una società quotata ad azionariato diffuso – se possa configurarsi l’ipotesi di perdita della quotazione quando la richiesta di esclusione dalle negoziazioni promani dalla volontà unanime dei soci della società quotata. Seguendo una prospettiva che fa coincidere l’interesse al mantenimento della quotazione con il solo interesse dei singoli soci, viene da osservare che non sembra che l’uscita volontaria e incondizionata dal mercato possa essere negata quando decisa all’unanimità; se invece la persistenza alla quotazione viene apprezzata in un’ottica non solo endosocietaria (intendendo qui il termine nel senso di tutela delle posizioni dei singoli azionisti), ma in un quadro di più ampio respiro, che consideri anche il rilevante interesse del mercato a che le società mantengano il loro status di quotate: nella convinzione, cioè, che la quotazione delle società sia un valore in sé, in quanto implementa le transazioni finanziarie e dunque crea ric-
25 X. Xxxxx, Tipologia della società e società per azioni, in Riv. dir. civ., 2000, I, pp. 212 ss.; anche secondo R. Costi, Il mercato mobiliare, Torino, 2008, p. 398, la tesi dell’inammissibilità del delisting puro appare troppo innaturale per essere accolta senza preoccupazione.
26 Per questa distinzione cfr. X. Xxxxxx, Il recesso per esclusione dalla quotazione nel nuovo art. 2437-quinquies c.c., in Riv. dir. comm., I, 2004, pp. 545 ss.
chezza generale, allora potrebbe forse ravvisarsi in questo interesse superiore del mercato un ulteriore ostacolo all’uscita senza condizioni dal mercato della società ancorché l’esclusione sia deliberata all’unanimità.
Ad ogni buon conto è il caso di sottolineare che il rilevo metanegoziale e orga- nizzativo che, come si diceva, connota la quotazione non verrebbe disconosciuto anche ove si ipotizzasse la dequotazione pura. Il rilevo metanegoziale e organiz- zativo del fenomeno non equivale infatti ad irreversibilità assoluta dello stesso, ma semmai comporta l’impossibilità di azzerarlo o di eliminarlo retroattivamente.