AS 1248
AS 1248
“Conversione in legge del D.L. 18 aprile 2018, n. 32 recante disposizioni per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici”
(c.d. “Sblocca cantieri”)
SENATO DELLA REPUBBLICA
Commissioni riunite 8ª (Lavori pubblici, comunicazioni ) e 13°(Territorio, ambiente, beni ambientali)
Roma, 6 maggio 2019
PREMESSA
Confcommercio ha accolto favorevolmente la pubblicazione del decreto-legge 18 aprile 2018, n. 32 recante “Disposizioni per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici” (cd “sblocca cantieri”) che si pone l’obiettivo più volte sostenuto di rilanciare il sistema nazionale delle infrastrutture di trasporto, e che contiene, soprattutto nella parte relativa alle modifiche del codice dei contratti pubblici, numerose misure che vanno incontro alle esigenze delle imprese più volte rappresentate da codesta Confederazione.
E’ necessario portare quanto prima a compimento l’attuazione del disegno nazionale delle infrastrutture di trasporto a cominciare dalle opere prioritarie della rete europea Ten-T, pur nell’ambito di eventuali revisioni progettuali. A tal riguardo Confcommercio rileva nel decreto alcuni profili di criticità che rischiano di pregiudicare la realizzazione di tale obiettivo: i numerosi rinvii a successivi provvedimenti attuativi, la mancata individuazione delle opere prioritarie da sbloccare, la tempistica della nomina dei Commissari.
Il rilancio del sistema nazionale delle infrastrutture e dei trasporti richiede, inoltre, in aggiunta alle modifiche regolamentari, adeguate risorse da impegnare negli investimenti pubblici, che in prospettiva andrebbero escluse dal computo del deficit nazionale a livello europeo.
Quanto alle modifiche relative al codice dei contratti si apprezza il tentativo di conferire maggiore certezza al sistema dei contratti pubblici prendendo atto del fatto che le scelte operate dall’attuale Codice non hanno prodotto i risultati sperati come abbiamo indicato nel documento a supporto dell’indagine conoscitiva sul codice dei contratti pubblici, da noi illustrato alla Commissione lavori pubblici il 4 aprile u.s..
Ciò vale in particolare per la scelta di fondo di abbinare ad un Codice “snello” delle linee guida flessibili che tuttavia, alla prova dei fatti, si sono rivelate inadeguate allo scopo per il semplice motivo che quando è necessario regolare i comportamenti dei soggetti coinvolti, le linee guida non sono sufficienti ma occorre una norma.
Sul previsto nuovo regolamento unico per l’esecuzione, attuazione e integrazione del codice grava quindi, sotto questo profilo, una aspettativa importante che speriamo vivamente non vada delusa.
Rileviamo però alcune criticità applicative legate alla definizione del periodo transitorio. Il nuovo art 27-octies, infatti, prevede che il regolamento sia adottato entro sei mesi –quindi metà ottobre – e che nelle more le linee guida e alcuni decreti rimangano in vigore o restano efficaci. Di fatto pertanto restano in vigore linee guida – per esempio linea guida ANAC n.4 sulle procedure per l’affidamento dei contratti sottosoglia – riferite ad una disciplina superata dal decreto oggi in esame. Il dato acquista ancora più rilevanza se si pone mente al fatto che i bandi o avvisi con cui si indice una gara, pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto in esame, dovranno tener conto della nuova disciplina.
Con analogo favore valutiamo la scelta della soppressione del c.d. “rito superaccelerato” del quale avevamo evidenziato, nel documento sopra citato, come fosse diventato, nell’ambito delle procedure di gara, uno dei principali elementi di costo per le imprese rappresentate.
Sempre con riferimento al tema del costo di gestione del contenzioso, il decreto non affronta invece il tema del contributo unificato, la cui misura, troppo elevata, sottrae di fatto al controllo giurisdizionale di legittimità una gran parte delle procedure di gara, o meglio quelle di minor importo.
Anche le disposizioni volte a chiarire i metodi di calcolo del valore degli appalti ai fini dell’individuazione delle soglie di rilevanza comunitaria, l’estensione dell’ambito di applicazione dell’anticipazione del prezzo del 20% del valore del contratto anche agli appalti di servizi e forniture nonché quelle che restituiscono maggiore flessibilità alle stazioni appaltanti, quando queste siano comuni non capoluogo di provincia, vanno nella direzione da noi auspicata.
Un’ultima notazione di carattere generale riguarda infine l’auspicio, che Confcommercio ha da sempre ribadito in ogni sede, di una disciplina più adeguata ai settori dei servizi e delle forniture che tuttavia, al netto di alcuni oggettivi miglioramenti, anche nell’attuale Codice continua a soffrire della carenza di disposizioni di maggior dettaglio rispetto alle specificità di tali contratti, nonostante gli affidamenti per servizi e forniture superino ormai per numero e per valore quelli di lavori.
Per questi motivo, accanto agli indubbi elementi positivi evidenziati, ci permettiamo di rappresentare, nei punti che seguono, ciò che manca o che, a nostro avviso, necessita di correzioni al fine di massimizzare i vantaggi per le imprese e per il sistema dei contratti pubblici nel suo complesso.
1. Suddivisione in lotti [art. 3, lett. qq) e lett. ggggg), e artt. 30 e 51, d.lgs. n. 50/2016]
Già in passato, in occasione dell’iter parlamentare d’approvazione della legge delega per il recepimento delle tre direttive europee riconducibili al c.d. “Pacchetto appalti”, Confcommercio aveva avuto modo di rappresentare il punto di vista delle imprese associate – che, come noto, operano principalmente nei settori dei servizi e delle forniture – esprimendo un giudizio tendenzialmente positivo rispetto ad alcune tra le principali linee d’intervento allora prospettate tra cui, in particolare la previsione di misure volte a garantire un maggiore accesso delle PMI agli appalti pubblici e il perseguimento del miglior rapporto qualità-prezzo attraverso la valorizzazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa nelle procedure d’aggiudicazione.
Purtroppo però, il processo di centralizzazione degli acquisti della P.A. in corso da diversi anni e in ultimo proseguito con il codice dei contratti del 2016, ha prodotto, come conseguenza, la concentrazione del potere di acquisto e la drastica diminuzione delle gare, che hanno assunto dimensioni tali da penalizzare, di fatto e in misura sempre maggiore, le PMI, in particolare quelle che operano nel campo della distribuzione di beni e servizi, che vengono sistematicamente bypassate da una contrattazione che si rivolge elettivamente ai grandi produttori (nel caso delle forniture di beni) ovvero ai principali player del mercato (nel caso dei servizi).
Nonostante quindi l’art. 51 del d.lgs. n. 50/2016 preveda l’obbligo di suddivisione in lotti, gli esiti delle gare bandite da CONSIP e dalle centrali d’acquisto regionali risultano in concreto e sistematicamente in contrasto con l’obiettivo di favorire la più ampia partecipazione delle PMI alle gare, centrale nelle direttive europee del 2014, con la conseguenza che il mercato pubblico di beni e servizi continua a diventare, sempre di più, appannaggio di pochi.
A conferma di un’applicazione, da parte delle stazioni appaltanti, della disciplina de quo in senso difforme da quanto auspicato dal legislatore, europeo e nazionale, si sono registrati nell’ultimo biennio diversi interventi dell’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato, sempre più spesso impegnata ad accertare, nell’ambito delle grandi gare pubbliche, l’esistenza di cartelli tra le imprese aggiudicatarie dei lotti che, oltre a impedire il raggiungimento della finalità di contenimento dei costi, hanno altresì penalizzato la grande maggioranza di imprese - principalmente PMI – attive nei comparti economici interessati che sono state fortemente discriminate in favore dei principali player del mercato, a carico dei quali sono state poi accertate le condotte anticoncorrenziali da parte dell’AGCM e successivamente confermate anche dalla giurisprudenza amministrativa.
Se il nuovo codice, sul punto, non ha dato buona prova di sé, ciò è dovuto principalmente al mancato adattamento della definizione di “lotto funzionale” (che ben si attaglia agli appalti di lavori, per i quali l’espressione è stata coniata) agli acquisiti di beni e servizi. Una conferma in tal senso è riscontrabile nei numerosi interventi dei giudici amministrativi che, negli ultimi anni, hanno annullato numerose gare d’appalto, per violazione dell’obbligo di suddivisione degli appalti in lotti funzionali. Al riguardo, il Consiglio di Stato si è soffermato sull’idoneità dei lotti a definire gli ambiti territoriali ottimali in cui la concorrenza può esplicarsi più efficacemente, riconoscendo espressamente che la suddivisione in lotti di dimensioni eccessive risulta pregiudizievole rispetto ai principi di concorrenza, buon andamento dell’amministrazione, ragionevolezza e proporzionalità, in quanto la partecipazione resterebbe riservata «solo a pochissimi grandi operatori economici del settore», già detentori di posizioni consolidate di mercato, rimanendo invece preclusa alle piccole e medie imprese la facoltà di presentazione individuale delle offerte.
Da ultimo, sempre il Consiglio di Stato (sentenza 23 novembre 2017, n. 5224) ha espressamente riconosciuto l’esistenza della prassi, piuttosto diffusa tra le stazioni appaltanti, di ricorrere a maxi lotti, che di fatto limitano la partecipazione dei possibili concorrenti, al fine di semplificare l’espletamento dei procedimenti di gara e limitare i rischi di contenziosi legati ad un tasso di litigiosità che, come noto, è particolarmente elevato nel settore dei contratti pubblici.
La proposta emendativa che poniamo all’attenzione di codeste Commissioni mira pertanto a rafforzare l’obbligo di suddivisione degli appalti in lotti funzionali, ai sensi dell’art. 51 d.lgs. 50/2016, attraverso l’introduzione, nell’ambito dell’art. 3 dello stesso d.lgs. 50/2016, di due nuove definizioni di “lotto funzionale” relative, rispettivamente, agli appalti di forniture e servizi, che risulterebbero più adeguate rispetto alle specificità di tali tipologie di appalti e, soprattutto, si differenzierebbero rispetto all’attuale definizione, prevista dalla lettera qq), che rimarrebbe così limitata ai soli lavori.
Proposta di emendamento
Art. 1
Al comma 1, alla lettera a) premettere la seguente:
0a) all’articolo 3, comma 1:
1) alla lettera qq):
a) dopo le parole “lotto funzionale” sono aggiunte le seguenti: “negli appalti e nelle concessioni di lavori”;
b) le parole “o servizio generale” sono soppresse;
2) dopo la lettera qq) sono inserite le seguenti:
qq-bis): «lotto funzionale negli appalti e nelle concessioni di servizi», uno specifico oggetto di appalto o di concessione, da aggiudicare con separata e autonoma procedura, ovvero parte di un servizio generale, la cui separata progettazione e realizzazione sia tale da assicurare funzionalità ed economicità all’intervento, garantendo al contempo l’obiettivo della massima partecipazione delle micro, piccole e medie imprese, indipendentemente dal ricorso agli istituti dell’avvalimento e del raggruppamento temporaneo d’imprese;
qq-ter): «lotto funzionale negli appalti e nelle concessioni di forniture», uno specifico oggetto di appalto o di concessione, da aggiudicare con separata e autonoma procedura, ovvero parte di una fornitura generale, la cui separata progettazione e realizzazione sia tale da assicurare funzionalità ed economicità dell’acquisto, garantendo al contempo l’obiettivo della massima partecipazione delle micro, piccole e medie imprese, indipendentemente dal ricorso agli istituti dell’avvalimento e del raggruppamento temporaneo d’imprese;
Non va inoltre sottovalutato che il Consiglio di Stato con la sentenza sopra citata (sent.
23 novembre 2017, n. 5224) ha inoltre evidenziato come “i grandi appalti” siano facilmente permeabili e fonte di illeciti corruttivi e/o anticoncorrenziali, segnalando altresì i rischi per il corretto funzionamento del mercato degli appalti pubblici anche al di fuori di questi casi patologici.
Sottoponiamo pertanto all’attenzione di codeste Commissioni la seguente proposta di emendamento finalizzata a rafforzare l’obbligo di suddivisione in lotti previsto dall’art. 51 d.lgs. 50/2016 utilizzando la facoltà, concessa ai singoli Stati membri dalle direttive europee, di vietare la gara in lotto unico, almeno per gli appalti di grandi dimensioni economiche (superiori a 5 milioni di euro di euro).
Proposta di emendamento
Art. 1
Al comma 1, dopo la lettera h) inserire la seguente:
h-bis) all’art. 51, comma 1, secondo periodo, alle parole “Le stazioni appaltanti motivano” sono premesse le seguenti: “In caso di appalti di servizi e forniture di valore inferiore ad euro 5.000.000,”.
2. Equo compenso (art. 30)
Confcommercio ritiene necessario esplicitare, anche nell’ambito del Codice dei contratti pubblici, l’applicazione del principio dell’equo compenso per le prestazioni oggetto del contratto, al fine di dare effettività, per i professionisti, a quanto previsto dall’art. 19- quaterdecies, comma 3 del decreto legge 148/2017, convertito dalla legge 172/2017.
Nell’ambito degli appalti pubblici, si può notare infatti come vi sia la tendenza ad un progressivo e rilevante ridimensionamento dei compensi, anche per prestazioni estremamente qualificate.
Permangono tuttora, inoltre, insostenibili ritardi di pagamento che i professionisti devono subire nel rapporto con i committenti pubblici e la Pubblica Amministrazione, a fronte di nessuna sanzione in capo a questi ultimi.
Del resto, nel caso degli appalti pubblici, non può essere valorizzato il solo criterio del prezzo a cui vengono offerti i servizi sul mercato, ma occorre dare rilevanza ai criteri che valutino anche la qualità, il merito, l’efficienza nella prestazione.
Ciò coerentemente con il dato normativo che, com’è noto, oltre al criterio dell'economicità, annovera anche il criterio della qualità, quale principio cardine nell'affidamento dei contratti pubblici: principio che, tuttavia, rischia di essere vanificato dalle sempre più frequenti gare al ribasso bandite dalle diverse stazioni appaltanti nazionali e regionali o direttamente dalle amministrazioni pubbliche, senza riferimenti economici parametranti e gare pubbliche ove sia richiesta la presentazione di offerta tecnica progettuale a fronte di nessun compenso.
Coerentemente con quanto evidenziato, poniamo alla vostra attenzione una proposta di modifica dell'art. 30 del Codice dei contratti pubblici al fine di prevedere espressamente, tra i principi generali ivi contenuti, anche il principio dell'equo compenso da parte della P.A.
Inoltre, al fine di implementare quanto previsto dall’art. 19-quaterdecies, comma 3, del decreto legge 148/2017, convertito dalla legge 172/2017, nei confronti dei professionisti aggiudicatari di appalti pubblici, la presente proposta emendativa esplicita in modo più dettagliato, nell'ambito dei commi successivi, che il compenso del professionista debba essere commisurato al livello qualitativo delle prestazioni e delle attività, come già previsto dall'art. 24, comma 8 del Codice con riferimento agli incarichi di progettazione per cui è prevista l'adozione di appositi Decreti ministeriali.
Proposta di emendamento
Art. 1
Al comma 1, dopo la lettera c) inserire la seguente:
c-bis) all’articolo 30:
1) al comma 1, dopo le parole “qualità delle prestazioni” sono inserite le seguenti: “ ed un equo compenso delle stesse ”;
2) dopo il comma 5-bis, è inserito il seguente: “5-ter. Il compenso del professionista per le prestazioni rese in esecuzione di appalti pubblici è commisurato al livello qualitativo delle prestazioni e delle attività quale previsto dall'articolo 24, comma 8 del presente decreto con riferimento agli incarichi di progettazione.”.
3. Servizi sostitutivi di mensa aziendale – sistema dei buoni pasto (art. 144 d.lgs. n. 50/2016). Premessa
Confcommercio, al pari delle componenti del proprio sistema direttamente interessate, denuncia ormai da tempo e con grande preoccupazione le distorsioni collegate all’attuale sistema di mercato dei buoni pasto e, ora più che mai, ritiene necessario un confronto con le Istituzioni per affrontare sia la crisi generata dal fallimento della Qui!Group S.p.a., sia un complessivo ripensamento della normativa attualmente in vigore, considerate anche le ineluttabili preoccupazioni ricollegate alle altissime percentuali di sconto d’aggiudicazione relative alla gara Consip – edizione 8 (ID Sigef 1808) che, in molti casi, raggiungono punte superiori al 20% del valore facciale del buono pasto.
Confcommercio ha ben presente l’importanza economica del mercato dei buoni pasto che consente di prestare un servizio decontribuito per il datore di lavoro e defiscalizzato per il dipendente. Ciononostante, i fatti accaduti nello scorso anno e le percentuali di aggiudicazione della recente gara Consip – edizione 8 (anche oltre il 20%) hanno messo in evidenzia la vulnerabilità di un sistema che, per come attualmente regolamentato, in sostanza premia offerte economiche spregiudicate e di fatto insostenibili.
Con riferimento a quest’ultimo aspetto, preme segnalare che le percentuali di sconto incondizionato pagate dagli esercizi convenzionati è aumentata secondo i valori di seguito riportati:
• gara Consip – edizione 7 → 4,03% (valore medio non ponderato)
• gara Consip – BPE 1 → 4,66% (valore medio ponderato)
• gara Consip – edizione 8 → 19,65% (valore medio ponderato)
3.1 Inquadramento generale: peculiarità del funzionamento del sistema dei buoni pasto nel mercato pubblico
Il d.lgs. n. 50/2016 nel disciplinare i rapporti negoziali di cui è parte una pubblica amministrazione (o un soggetto ad essa equiparato) e che comportano un costo per quest’ultima, prevede due tipologie di contratto, in certo modo, definibili come ‘classiche’ (ovviamente al netto delle nuove figure di partenariati pubblico privati e di altre soluzioni c.d. di confine):
(i) il contratto di appalto
(ii) il contratto di concessione.
Lo schema sinallagmatico ipotizzato dal legislatore può, di conseguenza, assumere una struttura bilaterale (stazione appaltante - appaltatore) o trilaterale (concedente – concessionario – utente). Nel primo caso (appalto), il corrispettivo del soggetto privato per i lavori, il servizio o la fornitura effettuati, è dovuto e versato direttamente dalla stazione appaltante pubblica. Nel secondo caso (concessione), il corrispettivo per il concessionario di opere o servizi pubblici discende (quantomeno per la più parte) dallo sfruttamento economico dell’opera o dalla gestione del servizio e viene versato dall’utente finale che è il soggetto che usufruisce degli stessi.
Appalto
Concessione
Per quanto concerne il mercato dei buoni pasto, la situazione è alquanto diversa. Infatti, se l’affidamento di servizi di ristorazione o mensa assume la classica struttura bilaterale, l’affidamento dei servizi sostitutivi di mensa (mediante buoni pasto) si configura come anomalo sistema quadrangolare.
Nel dettaglio, la stazione appaltante (1° angolo) conclude un contratto di appalto con una società di emissione (2° angolo) versando direttamente a quest’ultima il corrispettivo per la fornitura e la gestione del servizio di buoni pasto. La stazione appaltante consegna i buoni pasto così ottenuti ai propri dipendenti secondo quanto previsto dai rispettivi contratti di lavoro (3° angolo); e, infine, questi ultimi li spendono presso i pubblici esercizi convenzionati, i quali erogano effettivamente il servizio sostitutivo di mensa (4° angolo). A questo stadio è, invece, in virtù di un rapporto di diritto privato (c.d. accordo di convenzionamento) che i pubblici esercizi che hanno accettato i buoni pasto ne domandano il rimborso alla società emittente (così chiudendo un rapporto quadrilaterale).
Stazione appaltante
Società emettitrice
BUONI PASTO SISTEMA QUANDRILATERALE
Dipendenti
Esercizio convenzionato
3.2 Criterio dell’offerta di aggiudicazione ex art. 144, comma 6 d.lgs. n. 50/2016
Attualmente, il Codice di contratti pubblici prevede che le stazioni appaltanti dispongano l’aggiudicazione di tale servizio esclusivamente sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo (art. 95 comma 3 del D.Lgs. n. 50/2016), ed espressa fondamentalmente da due parametri: l’offerta economica e l’offerta tecnica.
Per quanto concerne il profilo dell’offerta economica, precedentemente all’intervento del c.d. “Correttivo”, i criteri di aggiudicazione previsti dall’art. 144 comma 6) erano tali per cui più alto era lo sconto offerto alla PA, più bassa era la commissione all’esercente, più le società emettitrici ottenevano un punteggio elevato. Non a caso le ultime gare ante riforma, hanno visto richiedere agli esercenti commissioni al 2% a fronte di sconti del 22% alla PA. La conseguente differenza di 20 punti percentuali, che evidentemente manifestava un’offerta in perdita e quindi anomala, veniva di fatto compensata, per le società emettitrici, con la sottoscrizione da parte degli esercenti dei cd. “servizi aggiuntivi” teoricamente facoltativi. Questi ultimi - che
originariamente ricomprendevano i servizi più vari e che, a seguito di quanto disposto dal DM n. 122/2017, ora devono necessariamente consistere in prestazioni ulteriori rispetto a quelle oggetto della gara, pur avendo un’oggettiva e diretta connessione intrinseca con l’oggetto della stessa - non concorrono alla formazione del quantum della commissione (i.e. “sconto incondizionato”) applicata agli esercizi convenzionati. Ciò sebbene, nella pratica, il loro costo andasse ad aggiungersi allo sconto incondizionato imposto agli esercenti, che si trovavano a pagare percentuali ben più alte di quelle presentate in sede di gara, arrivando anche a più del 15%.
Con l’obiettivo di limitare l’imposizione di fatto dei servizi aggiuntivi e rendere maggiormente trasparente il sistema, il legislatore, con il c.d. “Correttivo”, ha introdotto la dirompente novità di agganciare espressamente le commissioni pagate dagli esercenti agli sconti di cui beneficiano i committenti (cfr. art. 144, comma 6, lett.a) intendendo in tal modo eliminare, almeno sotto il profilo economico, ogni motivazione ai servizi aggiuntivi.
Tuttavia, la reale ricaduta - resa evidente dall’ultima gara Consip edizione 8 - di tale modifica normativa è stata di quella di innalzare la commissione a carico degli esercenti. Invero, poiché l’interesse delle stazioni appaltanti è di massimizzare il risparmio ottenibile dalle offerte di gara, si sono generati fenomeni di sovradimensionamento delle stesse.
Alla luce di quanto illustrato, dunque, sembrerebbe opportuno espungere, tra i criteri di valutazione dell’offerta economica, quello del ribasso sul valore facciale del buono pasto che, pur assicurando considerevoli risparmi in favore delle singole stazioni appaltanti, ha finito per incentivare l’adozione di politiche commerciali aggressive, inducendo alcuni emettitori ad aumentare l’entità dello sconto per poi recuperarlo dagli esercenti mediante l’imposizione di commissioni esplicite o implicite (attraverso i summenzionati “servizi aggiuntivi”).
L’eliminazione del criterio del ribasso sul valore facciale del buono consentirebbe, in altri termini, di valutare l’offerta di gara privilegiando gli aspetti qualitativi del servizio a concreto beneficio dei lavoratori dipendenti delle amministrazioni.
Considerando che si tratta, come anticipato, di un servizio decontribuito per il datore di lavoro e defiscalizzato per il dipendente, va evidenziato che tale strada era già stata indicata dall’Autorità di Xxxxxxxxx sui contratti pubblici di lavori servizi e forniture, la quale ha espressamente rilevato che “tale modifica, al fine di evitare aggravi di costi per lo Stato, deve essere ovviamente accompagnata dal riequilibrio del sistema fiscale (…) eliminando il costo rappresentato dal differenziale tra iva a credito (4%) verso i committenti ed iva a debito (10%) verso gli esercizi convenzionati” (cfr. Segnalazione AVCP del 18 novembre 2011).
3.3 Inserimento di penali nel contratto pubblico tra stazione appaltante e società di emissione
Al fine di assicurare una maggiore attenzione della società emettitrice all’adempimento delle proprie obbligazioni (sostanzialmente extra-contrattuali pubbliche) sarebbe ipotizzabile agire sullo strumento delle penali, così da collegare esplicitamente il contratto pubblico (P.A. – società di emissione) con gli accordi di convenzionamento di diritto privato (società di emissione – esercizio convenzionato). In altri termini, si potrebbero prevedere all’interno del contratto pubblico di appalto
penali a carico della società emettitrice per il danno causato dal ritardo nei pagamenti delle prestazioni effettuate da parte degli esercizi convenzionati rispetto ai termini indicati negli accordi di convenzionamento con i singoli esercizi.
Lo strumento delle penali rappresenta un mezzo catalizzatore dell’attenzione del soggetto appaltatore, in quanto il superamento del 10% del valore contrattuale comporta la risoluzione del contratto medesimo. Inoltre, l’imposizione delle penali sull’appaltatore-società emittente avrebbe come effetto diretto quello di consentire una sorta di rimborso diretto P.A. –esercizio convenzionato a soddisfazione del c.d. danno da ritardo subito da quest’ultimo. In caso di mancato pagamento delle penali da parte dell’appaltatore, la P.A. potrebbe escutere pro-quota la garanzia definitiva di cui agli artt. 103 e 104 del D.Lgs. n. 50/2016, destinando le somme così ricavate ai pubblici esercizi danneggiati.
3.4 Estensione dell’ambito di copertura della garanzia definitiva ex artt. 103 e 104 del D.Lgs. n. 50/2016
Ad una prima analisi si ritiene che la peculiarità di funzionamento indicata nell’inquadramento generale e, segnatamente, l’esclusione dell’esercente dalla partecipazione al rapporto pubblicistico P.A. – società di emissione, sia una delle cause (o quantomeno una delle principali concause) del ‘corto circuito’ del sistema, reso evidente dal fallimento Qui! Group S.p.A.
Tale ‘corto circuito’ si è registrato, in primo luogo, per l’assenza di garanzie a copertura del rischio finanziario che assume l’esercizio convenzionato nell’accettare il buono pasto da parte del dipendente pubblico. Infatti, l’art. 103 (ma analogo ragionamento vale anche per l’art. 104 quanto agli appalti di valore superiore ai 100 milioni di euro) del D.Lgs. n. 50/2016 impone, sì, all’appaltatore di “costituire una garanzia, denominata «garanzia definitiva» a sua scelta sotto forma di cauzione o fideiussione” (comma 1, primo inciso); tuttavia, tale “cauzione è prestata a garanzia dell'adempimento di tutte le obbligazioni del contratto e del risarcimento dei danni derivanti dall'eventuale inadempimento delle obbligazioni stesse, nonché a garanzia del rimborso delle somme pagate in più all'esecutore rispetto alle risultanze della liquidazione finale, salva comunque la risarcibilità del maggior danno verso l'appaltatore” (comma 1, terzo inciso). In altri termini, la c.d. garanzia definitiva (nella descritta ottica di rapporti negoziali bilaterali o trilaterali su cui è costruito il Codice) è uno strumento posto a tutela della posizione della sola stazione appaltante e non direttamente di terzi.
In effetti, “le stazioni appaltanti hanno il diritto di valersi della cauzione, nei limiti dell'importo massimo garantito, per l'eventuale maggiore spesa sostenuta per il completamento dei lavori, servizi o forniture nel caso di risoluzione del contratto disposta in danno dell'esecutore e hanno il diritto di valersi della cauzione per provvedere al pagamento di quanto dovuto dall'esecutore per le inadempienze derivanti dalla inosservanza di norme e prescrizioni dei contratti collettivi, delle leggi e dei regolamenti sulla tutela, protezione, assicurazione, assistenza e sicurezza fisica dei lavoratori comunque presenti in cantiere o nei luoghi dove viene prestato il servizio nei casi di appalti di servizi. Le stazioni appaltanti possono incamerare la garanzia per provvedere al pagamento di quanto dovuto dal soggetto aggiudicatario per le inadempienze derivanti dalla inosservanza di norme e prescrizioni dei contratti
collettivi, delle leggi e dei regolamenti sulla tutela, protezione, assicurazione, assistenza e sicurezza fisica dei lavoratori addetti all'esecuzione dell'appalto” (art. 103, comma 2).
Per tali ragioni, si ritiene opportuno estendere – nell’ambito dei contratti di affidamento dei servizi sostitutivi di mensa – la garanzia definitiva di cui agli articoli 103 e 104 del D.Lgs. n. 50/2016 anche a copertura delle inadempienze delle società di emissione nel pagamento delle prestazioni effettuate da parte degli esercizi convenzionati, a fronte dell’accettazione dei buoni pasto emessi. Tramite questa via, le stazioni appaltanti sarebbero abilitate ad incamerare la garanzia, oltre che per danno proprio, anche per provvedere al pagamento diretto di quanto dovuto dalla società di emissione ai singoli esercizi convenzionati.
Proposta di emendamento
All’art. 1, comma 1, dopo la lettera bb) aggiungere la seguente: bb-bis) all’art. 144:
1) al comma 6 sopprimere la lettera a)
2) al comma 6 dopo la lettera d) aggiungere la seguente: “d-bis) servizi aggiuntivi che le società di emissione intendono sottoporre alla rete di esercizi convenzionabili o attualmente in uso dalle stesse con gli esercizi convenzionati”.
3) dopo il comma 6 aggiungere il seguente comma: “6-bis. Nei contratti di affidamento dei servizi sostitutivi di mensa sono previste penali a carico delle società di emissione per il ritardo nel pagamento delle prestazioni effettuate da parte degli esercizi convenzionati a fronte dell’accettazione dei buoni pasto emessi rispetto ai termini previsti dagli accordi di convenzionamento con i singoli esercizi. Le penali di cui al presente comma sono calcolate in misura giornaliera compresa tra lo 0,1 per mille e lo 0,5 per mille dell'ammontare netto contrattuale da determinare in relazione all'entità delle conseguenze legate al ritardo e non possono comunque superare, complessivamente, il 10 per cento di detto ammontare netto contrattuale. Per il recupero delle penali le stazioni appaltanti hanno il diritto di valersi sulla garanzia definitiva di cui agli articoli 103 e 104. Le somme così ottenute sono destinate, in misura proporzionale, agli esercizi convenzionati danneggiati dai ritardati adempimenti della società di emissione”.
4) dopo il comma 8 aggiungere il seguente comma: “9. Nei contratti di affidamento dei servizi sostitutivi di mensa la garanzia definitiva di cui agli articoli 103 e 104 è estesa anche a copertura delle inadempienze delle società di emissione nel pagamento delle prestazioni effettuate da parte degli esercizi convenzionati a fronte dell’accettazione dei buoni pasto emessi. Le stazioni appaltanti possono incamerare la garanzia per provvedere al pagamento diretto di quanto dovuto dalla società di emissione ai singoli esercizi convenzionati”.
4. Vendita degli apparecchi atti alla ricezione della radiodiffusione sonora
La Legge di Bilancio 2018 (Legge 27 dicembre 2017, n. 205 – art.1 comma 1044) prevede che da gennaio 2020 le radio prodotte e vendute integrino almeno un'interfaccia che consenta all'utente di ricevere i servizi della radio digitale (radio DAB).
La successiva approvazione del Codice Europeo delle Comunicazioni elettroniche (Direttiva UE 2018/1972) ha però introdotto elementi nuovi che modificano sostanzialmente il quadro normativo di riferimento e fungono da nuovo parametro per le norme nazionali che intervengono sulla tematica. L’articolo 28 del DL 18 aprile 2018,
n. 32 , comma 5, nelle more del recepimento del Codice Europeo delle Comunicazioni, definisce gli apparati assoggettati all’obbligo di essere muniti di sintonizzatore digitale ma, rispetto al testo della Direttiva stessa, non si limita a considerare le autoradio installate su autoveicoli nuovi della categoria M ma introduce, unica in Europa, l’obbligo stesso per qualunque apparecchio autoradio anche se venduto singolarmente. Pertanto, In linea con la Direttiva, si propone di adottare il medesimo testo fatto proprio dalla normativa europea e quindi di limitare l’impatto dell’obbligo “DAB” alle sole autoradio installate sui veicoli nuovi della categoria M.
Questo allineamento alla Direttiva risulta coerente con il quadro normativo europeo di riferimento ed eviterebbe la penalizzazione degli operatori italiani a favore delle vendite online. Chi volesse comprare una autoradio economica priva di ricevitore DAB, non potrebbe infatti comprarla in un punto di vendita in Italia, ma potrebbe lecitamente comprarla da un operatore estero non soggetto a tale vincolo normativo.
Si tenga presente, infine, che il mercato delle autoradio è oramai rappresentato in grande misura da apparati installati sui veicoli nuovi a cura delle case automobilistiche e che il prodotto venduto separatamente è per lo più un prodotto di “sostituzione” destinato a veicoli già circolanti.
Lo stesso comma 5 stabilisce alcune deroghe agli obblighi in materia di DAB previste dalla Direttiva, non considerate dalla norma nazionale. Tra queste, però, non viene recepito quanto disposto dall’art.113 comma 2 della Direttiva citata, la quale prevede che gli Stati Membri adottino misure volte a limitare l’impatto delle disposizioni sui ricevitori di radiodiffusione di valore modesto. In alcune fattispecie, infatti, l’installazione della tecnologia DAB, potrebbe superare - di fatto - il costo stesso dell’apparecchio determinando la sua esclusione dal mercato.
Pertanto, In linea con la Direttiva, si propone di estendere la deroga di cui al presente articolo anche agli apparecchi di radiodiffusione che sono dotati del solo canale audio monofonico (le c.d. radioline).
Tale elemento oggettivo caratterizza e definisce in modo chiaro e certo gli apparecchi dal valore modesto presenti oggi sul mercato. Tutti gli apparecchi che non rientrano in tale definizione e in tale categoria di prezzo, sono infatti sempre dotati del canale audio stereo.
Inoltre, le c.d. “radioline” svolgono un importante ruolo nella diffusione di notizie, informazioni, programmi di natura confessionale e anche avvisi di natura meteorologica che possono raggiungere zone remote del Paese dove le trasmissioni DAB non potranno arrivare (aree montuose, vallate chiuse e mari ben oltre le acque territoriali); quindi una loro eventuale esclusione dal mercato causerebbe un ingiustificato danno non solo per produttori e distributori, ma anche e soprattutto per i consumatori dotati di minori disponibilità economiche.
Proposta di emendamento
All’art. 28, comma 5 apportare le seguenti modificazioni:
a) sopprimere le parole: “venduti singolarmente o”;
b) sostituire le parole: “dei dispositivi di telefonia mobile e dei prodotti nei quali il ricevitore radio è puramente accessorio” con le seguenti parole: “dei dispositivi di telefonia mobile, dei prodotti nei quali il ricevitore radio è puramente accessorio e dei ricevitori di radiodiffusione dotati unicamente del canale audio monofonico”.
5. Ricostruzione e ripresa economica nelle regioni colpite dagli eventi sismici del 2016 e 2017
Al Capo III del provvedimento vengono introdotte disposizioni a favore dei territori colpiti dagli eventi sismici 2016-2017 nelle regione del Centro Italia, con la specifica finalità di accelerare e semplificare le procedure di attuazione di misure proposte in questi ultimi anni per la ripresa sociale ed economica dei comuni interessati.
A tale proposito, considerata la compatibilità con le finalità richiamate, si intende proporre una proroga del periodo di vigenza del credito di imposta investimenti istituito dall’articolo 18-quater del Decreto - Legge 8/2017 per la ricostituzione della capacità produttiva delle attività economiche ubicate nei comuni colpiti dai suddetti eventi calamitosi.
La legge istitutiva dell’agevolazione ha disposto lo stanziamento di 44 milioni di euro per un arco temporale di attuazione che terminerebbe il 31 dicembre 2019.
La misura costituisce un’estensione del credito di imposta investimenti istituito dall’art.1 commi da 98 a 108 della Legge 208/2015 (stabilità 2016) a favore delle aree territoriali del Mezzogiorno individuate dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2014- 2020 ai fini dell’esenzione dalla notifica degli aiuti di stato.
Considerato che gli aiuti di stato a favore delle aree territoriali del Centro Italia colpite dal sima del 2016-2017 non sono oggetto di esenzione ai sensi della richiamata Carta, il citato art. 18-quater ha disposto la trasmissione della notifica del dispositivo agevolativo alla Commissione europea per l’acquisizione dell’autorizzazione, conseguita, a conclusione dell’iter, nell’aprile 2018.
Ai fini dell’attuazione della misura in argomento l’iter amministrativo non è però ancora concluso e, conseguentemente, le imprese beneficiarie non hanno potuto finora presentare le domande per la concessione dell’aiuto.
Tutto ciò considerato, si rende necessaria la proroga al 31 dicembre 2021del termine di attuazione del credito di imposta investimenti sisma Centro Italia, in modo da garantire la fruizione dell’agevolazione alle imprese i cui beni strumentali hanno subito danni in conseguenza degli eventi sismici più volte citati.