SOMMARIO
■ OPINIONI
IL PROCEDIMENTO DI ACCORDO XXXXXXX EX ART. 31-BIS DELLA LEGGE 109/94 COME CONDIZIONE DI PROCEDIBILITA` DELLA DOMANDA DI ARBITRATO IN CORSO D’OPERA
di Xxxxxxx Xxxxxxx e Xxxxxx Xxxxxxx Xxxxxx 817
LA VERIFICA A CAMPIONE: PROBLEMI E PROSPETTIVE
di Xxxxx Xxxxxxxxxxx 823
AFFIDAMENTO, ESECUZIONE E GIURISDIZIONE ALLA LUCE DELLA L. 205/2000: RIGENERAZIONE O OMOLOGAZIONE DEL G.A.?
di Xxxxxxx Xxxxx 831
■ NORMATIVA
INADEMPIMENTI NELL’ATTUAZIONE DELLA VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE
E DIRETTA APPLICABILITA` DELLE DIRETTIVE COMUNITARIE
Commissione delle Comunit`a Europee, 3 agosto 2000, parere C(2000) 1826 840
il commento di Xxxxxxxx Xxxxxxxx 843
NOVITA` NORMATIVE
a cura di Xxxxxxxxxx Xxxxxx 849
■ GIURISPRUDENZA Costituzionale
OSSERVATORIO
a cura di Xxxxx Xxxxxx Xxxxxxxxxx 854
Civile
ACCORDI EX ART. 11 L. 241/90 E GIURISDIZIONE ESCLUSIVA DEL G.A.
Cass., Sez. Un., 12 marzo 2001, n. 105 856
il commento di Xxxxxxx Xxxxx 858
OSSERVATORIO
a cura di Xxxxxxxx Xx Xxxxx 861
Amministrativa
LA DISCREZIONALITA` TECNICA SOTTO LA LENTE DEL G.A.
Consiglio di Stato, sez. V, 5 marzo 2001 n. 1247 866
il commento di Xxxxxxx Xxxxxx 873
OTTEMPERANZA SPECIALE «CONTRA SILENTIUM» ED OTTEMPERANZA ANOMALA NEL PROCESSO AMMINISTRATIVO
Consiglio di Stato, sez. IV, 18 febbraio 2001, n. 396 883
il commento di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx 886
IL PROBLEMA DELLE POLIZZE FIDEIUSSORIE RILASCIATE DA INTERMEDIARI FINANZIARI DIVERSI DALLE BANCHE
Consiglio di Stato, sez. V, 31 gennaio 2001, n. 355 895
il commento di Xxxxxx Xxxxxx e Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxx 897
URBANISTICA E APPALTI N. 8/2001
815
PROVA TESTIMONIALE E PROCESSO AMMINISTRATIVO
T.A.R. Lazio, sent. interlocutoria, 28 febbraio 2001, n. 1540 902
il commento di Xxxxx Xxxx 903
L’ART. 13 L. 2359/1865 NELL’IPOTESI DI DICHIARAZIONE DI PUBBLICA UTILITA` IMPLICITA
T.A.R. Lombardia, sez. II, 23 dicembre 2000, n. 9172 911
il commento di Xxxxxx Xxxxx 915
OSSERVATORIO
a cura di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx e Xxxxxx Xxxxxxx 919
Penale
OSSERVATORIO
a cura di Xxxx Xxxxxx 923
■ INDICI
Indice degli autori 925
Indice cronologico 925
Indice analitico 925
MENSILE DI NORMATIVA, GIURISPRUDENZA PRASSI E OPINIONI
REDAZIONE
Per informazioni in merito
a contributi, articoli ed argomenti trattati scrivere o telefonare a:
IPSOA Redazione
Casella Postale 12055 - 00000 Xxxxxx
AMMINISTRAZIONE
Per informazioni su gestione abbonamenti, numeri arretrati, cambi d’indirizzo, ecc.
scrivere o telefonare a:
IPSOA Servizio Clienti
Xxxxxxx xxxxxxx 00000 – 00000 Xxxxxx
telefono (02) 824761 – telefax (00) 00000.000 Servizio risposta automatica:
telefono (00) 00000.000 – telefax (00) 00000.000 telefono (00) 00000.000
EDITRICE
Ipsoa Editore s.r.l. Xxxxxx 0, Xxxxxxx X0
00000 Xxxxxxxxxxx Xxxxxx (XX)
INDIRIZZO INTERNET
DIRETTORE RESPONSABILE
RESPONSABILI DI SETTORE
Diritto costituzionale: Xxxxx Xxxxxx Xxxxxxxxxx Diritto civile: Xxxxxxx Xxxxx, Xxxxxxxx Xx Xxxxxxxxx, Xxxxxxxx Xx Xxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxxxx Diritto penale: Xxxx Xxxxxx
Diritto amministrativo:
— Edilizia e Urbanistica: Xxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxx Xxxxxx
— Appalti pubblici: Xxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxx Xxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxx
— Espropriazione: Xxxxx Xxxxxxxxxx Xxxxxxx
— Ambiente: Xxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx
— Illeciti edilizi: Xxxxxxx Xxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxx
— Processo Amministrativo. Xxxxx Xxxxxxxx Diritto comunitario: Xxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxx
Diritto tributario: Xxxxxxx Xxxxx
Xxxxxxxxx Xxxx
REDAZIONE
Xxxxx Xxxxxx Xxxxxxxx (x.xxxxxxxx@xxxxx.xx) Xxxxxx Xxxxxxx (x.xxxxxxx@xxxxx.xx)
REALIZZAZIONE GRAFICA
Ipsoa Editore s.r.l.
FOTOCOMPOSIZIONE
ABCompos s.r.l.
20090 Rozzano - Via Pavese, 1/3 - Tel. 02/00000000
STAMPA
GECA s.p.a. - Xxx Xxxxxxxxx, 00 00000 Xxxxxx Xxxxxxx (XX)
PUBBLICITA`:
db communication s.r.l.
via Xxxxxxxx Xxxxxxxxxx 000 00000 Varese
tel. 0332/282160 fax 0332/282483
e-mail: xxxx@xxxxxx.xx xxx.xxxxxx.xx
Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 686 del 18 dicembre 1996
Spedizione in abbonamento postale
45% art. 2 comma 20/B legge 000/00 - Xxxxxxx xx Xxxxxx Iscritta nel Registro Nazionale della Stampa
con il n. 3353 vol. 34 Foglio 417
in data 31 luglio 1991
ABBONAMENTI
Gli abbonamenti hanno durata annuale e si intendono confermati per l’anno successivo se non disdettati entro la scadenza a mezzo semplice lettera.
ITALIA
Abbonamento annuale 2001: L. 257.000 (E 132.73)
ESTERO
Abbonamento annuale 2001: L. 514.000 (E 265.46) MODALITA` DI PAGAMENTO
— Versare l’importo sul C/C/P n. 583203 intestato a
Ipsoa Editore Srl - Strada 1, Palazzo F6, Milanofiori oppure
— Inviare assegno bancario/circolare non trasferibile intestato a Ipsoa Editore srl. Indicare nella causale del versamento il titolo della rivista e l’anno di abbonamento
Prezzo copia: L. 22.000 (E 11,36)
`E disponibile l’annata arretrata rilegata al prezzo di L.
230.000 (E 118,79)
DISTRIBUZIONE
Vendita esclusiva per abbonamento
Il corrispettivo per l’abbonamento a questo periodico
`e comprensivo dell’IVA assolta dall’editore ai sensi e per gli effetti del combinato disposto dell’art. 74
del D.P.R. 26/10/1972, n. 633 e del D.M.29/12/1989
e successive modificazioni e integrazioni.
Egregio abbonato,
ai sensi dell’art. 10 della legge n. 675/1996 La informiamo che i Suoi dati sono conservati nel nostro archivio informa- tico e saranno utilizzati dalla nostra societa` nonche´ da enti e societa` esterne ad essa collegate, solo per l’invio di materiale amministrativo, commerciale e promozionale derivante dal- la ns. attivita`.
La informiamo inoltre che ai sensi dell’art. 13della legge, Lei ha il diritto di conoscere, aggiornare, cancellare, rettificare i Suoi dati o opporsi all’utilizzo degli stessi, se trattati in viola- zione della legge.
816 URBANISTICA E APPALTI N. 8/2001
Il procedimento di accordo bonario ex art. 31- bis della legge 109/94 come condizione di procedibilita` della domanda di arbitrato
in corso d’opera
di XXXXXXX XXXXXXX e XXXXXX XXXXXXX SINISI
In mancanza di un’esplicita previsione normativa, la questione sembra trovare una soluzione positiva nell’interpretazione delle norme che regolano l’accordo bonario nonch´e di quelle che disciplinano il pro- cedimento di risoluzione delle riserve in via amministrativa.
N
ell’ambito dell’esecuzione di un contratto di appalto di lavori pubblici, si e` verificato il caso di un appaltatore che, non appena
il valore delle riserve iscritte ha raggiunto il 10% dell’importo contrattuale, ha notificato domanda di arbitrato al committente e cio` senza che fossero de- corsi i termini previsti dal comma 1 dall’art. 31-bis della legge 109/94 e successive modificazioni, entro i quali il responsabile del procedimento deve formula- re una proposta di accordo xxxxxxx sull’intero am- montare delle riserve iscritte.
Cio` posto, si pone il problema, in linea generale, se la domanda di arbitrato dell’appaltatore possa ritenersi am- missibile alla luce della vigente normativa in materia, a prescindere dal procedimento di cui all’art. 31-bis, ovve- ro se il predetto procedimento costituisca condizione di procedibilita` dell’azione giurisdizionale.
In assenza di un’esplicita previsione in tal senso, la solu- zione alla questione prospettata deve tener conto delle norme che regolano l’accordo bonario nonche´ di quelle che disciplinano il procedimento di risoluzione delle ri- serve in via amministrativa e piu` in generale delle mo- dalita` per la definizione delle controversie insorte in corso d’opera.
I
Il quadro normativo previgente la legge 415/98 (cd. Merloni ter)
l comma 1 dell’articolo 32 del testo originario della legge Xxxxxxx, prevedeva un sistema in- centrato nel tentativo di conciliazione ad opera
del responsabile del procedimento, finalizzato a dare immediata risoluzione alle controversie insorte. Tut-
tavia, la legge nulla specificava in ordine alle circo- stanze e alle condizioni in presenza delle quali dove- va essere attivato detto procedimento. La norma si limitava a prevedere che «qualora insorgano contro- versie relative ai lavori le parti ne danno comunica- zione al responsabile del procedimento che propone una conciliazione per l’immediata soluzione della controversia».
Inoltre, ai sensi dell’articolo 32, comma 2, nell’ipotesi in cui le parti non avessero raggiunto l’accordo risoluti- vo entro sessanta giorni dalla predetta comunicazione, era stabilito che la lite dovesse essere deferita al «giudice competente», da individuarsi secondo il classico criterio di riparto di giurisdizione fondato sulla distinzione della posizione giuridico-soggettiva da tutelare (diritto sogget- tivo o interesse legittimo).
Nel caso poi che la giurisdizione spettasse al giudice or- dinario, lo stesso art. 32 prevedeva l’applicazione del ri- to del lavoro di cui agli artt. 413 e ss. del codice di pro- cedura civile e cioe` una normativa processuale tenden- zialmente piu` rapida rispetto a quella del giudizio ordi- nario. La seconda parte dello stesso comma dell’articolo 32 poneva un divieto espresso di risoluzione delle con- troversie mediante procedimento arbitrale.
La legge 216/1995 (meglio nota come Merloni bis) ha apportato notevoli modifiche ed integrazioni al testo della legge 109/94, tra le quali l’introduzione dell’artico- lo 31-bis e la riformulazione del testo dell’articolo 32.
L’introduzione dell’articolo 31-bis ha smantellato l’origi- nario sistema permeato sul tentativo di conciliazione, prevedendo un procedimento di risoluzione delle con- troversie in via bonaria da attivarsi, ad opera del re-
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
817
sponsabile del procedimento, al raggiungimento di un ammontare economico delle riserve pari ad almeno il 10% del valore dell’importo del contratto.
L’articolo 32 - disciplinante la risoluzione delle contro- versie - e` stato integralmente riformulato come segue:
«ove non si proceda all’accordo bonario ai sensi del comma 1 dell’articolo 31-bis e l’affidatario confermi le riserve, la definizione delle controversie e` attribuita ad un arbitrato ai sensi delle norme del titolo VIII del libro quarto del codice di procedura civile» (1).
Tale disposizione ha introdotto due rilevanti novita`:
– l’obbligatorieta` del procedimento arbitrale per la defi- nizione delle controversie;
– la possibilita` di ricorso alla procedura arbitrale duran- te la fase esecutiva dell’appalto solo per le controversie sorte dall’iscrizione di riserve di importo pari o superiore al 10% dell’importo del contratto non risolte nell’ambi- to dell’accordo bonario (ove non si proceda...).
Tale nuovo sistema era la naturale conseguenza dello scopo che il legislatore si era proposto con l’emanazione del D.L. 101/95 (convertito con modifiche nella legge
n. 216/95) - intitolato significativamente «Norme acce- leratorie in materia di contenzioso» - ossia quello di of- frire all’amministrazione tempi brevi e certi per definire il quadro economico-finanziario dell’opera pubblica.
In tal senso, secondo taluna dottrina, andava inquadrata la previsione che imponeva la promozione del giudizio arbitrale solo per le controversie pari o superiori al 10% del valore complessivo dell’appalto non definite in sede di accordo xxxxxxx. Tale disciplina rispondeva, infatti, alla finalita` che il legislatore si era proposto con gli arti- coli 31-bis e 32, ossia di imprimere al contenzioso un’ac- celerazione tale da consentire agli amministratori di avere un quadro economico finanziario certo e non su- scettibile di sostanziali mutamenti in tempi ragionevol- mente brevi (2).
Tuttavia, l’inciso dell’articolo 32 della Merloni bis «ove non si proceda all’accordo bonario...» non chiariva defi- nitivamente se, al fine di procedere ad una definizione in via giudiziale delle controversie, fosse o meno neces- sario esperire il procedimento di accordo bonario.
La Circolare del Ministero dei ll.pp., 7 ottobre 1996 n. 4488/UL, con la quale sono state fornite le prime indi- cazioni operative in merito alle modalita` applicative della Merloni bis, non aiutava a risolvere la questione in quanto, al punto 5, si limitava a specificare «la riso- luzione delle controversie, per cui non sia raggiunto un accordo bonario ai sensi dell’art. 31-bis, e` attribuita ad un arbitrato ...».
Nonostante il tenore letterale della norma apparisse di non facile lettura, l’opzione interpretativa maggiormente in linea con gli obiettivi di celerita` nella definizione del contenzioso, perseguiti attraverso l’introduzione dell’isti- tuto dell’accordo bonario, sembrava essere quella di rite- nere possibile la promozione di un giudizio arbitrale solo dopo il fallimento del procedimento ex art. 31-bis.
Le novit`a introdotte dalla legge 415/98
’L
art. 10 della legge 18 novembre 1998 n. 415 per l’ennesima volta ha modificato il testo dell’articolo 32. Il primo comma della nor-
ma in esame ora prevede che «tutte le controversie derivanti dall’esecuzione del contratto, comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento del- l’accordo bonario previsto dal comma 1 dell’articolo 31-bis, possono essere deferite ad arbitri».
Tale modifica ripropone, se possibile con maggiore rile- vanza, la problematica interpretativa in merito alla ne- cessita` o meno di esperire il procedimento di accordo bonario preventivamente all’attivazione del giudizio ar- bitrale.
Da un primo esame del dato letterale dell’attuale testo dell’articolo 32, confrontato con la versione ante Merlo- ni ter, potrebbe trovare conforto la tesi secondo la quale non sarebbe piu` necessario attendere l’esperimento del procedimento di accordo xxxxxxx prima di attivare il giudizio arbitrale. Infatti, l’inciso «tutte le controversie derivanti dall’esecuzione del contratto» sembrerebbe ammettere la possibilita` di ricorso al giudizio arbitrale a prescindere dalla circostanza che il procedimento ex arti- colo 31-bis sia stato o meno attivato. Cio` in quanto, nell’ambito di «tutte le controversie derivanti dall’esecu- zione del contratto», rientrerebbero, giuoco forza, anche quelle in relazione alle quali non e` mai stata avviata la procedura per la proposizione di un accordo xxxxxxx.
Seguendo tale opzione interpretativa ne discenderebbe che, salvo diverse previsioni di capitolato, le controver- sie inerenti l’esecuzione di un contratto di appalto (o di concessione) di opera pubblica possono essere in ogni momento, ed a prescindere dalla natura e dalla consi- stenza delle riserve iscritte dall’impresa (in ipotesi anche largamente inferiori al 10% dell’importo del contratto), devolute al giudizio arbitrale.
La prospettata soluzione interpretativa lascia perplessi e non sembra essere in linea con la natura del procedi- mento di accordo bonario.
Tale procedimento, infatti, lungi dal rappresentare una vera e propria innovazione normativa, trova le sue radi- ci nel procedimento di risoluzione amministrativa delle riserve gia` previsto dall’art. 23, X.X. 00 maggio 1895, n. 350 e dall’art. 41del capitolato generale del Ministero dei lavori pubblici approvato con D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063.
Note:
(1) B.G. Carbone, La disciplina delle controversie nella Legge 109/1994 e successive modifiche, in Riv. Trim. App., 1996, 159, ha rilevato che la legge 216/1995 ha ribaltato completamente l’ottica di disfavore che aveva cir- condato l’istituto arbitrale, espressamente escluso dall’originaria formula- zione dell’art. 32, stabilendo che la definizione delle controversie fosse de- mandata in arbitrato ai sensi del titolo VIII del libro IV del codice di pro- cedura civile.
(2) X. Xxxxxxx, L’arbitrato nella Legge Quadro sulle opere pubbliche, in Riv. Trim. App., 1996, 169.
818 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
Ambedue i procedimenti hanno, infatti, la finalita` ulti- ma di prevenire un possibile contenzioso giudiziale con
l’impresa, risolvendo anticipatamente le controversie in- sorte. E` evidente che questa finalita` sarebbe completa- mente frustrata ove si consentisse all’appaltatore di ri-
volgersi direttamente al collegio arbitrale senza attende- re di conoscere il contenuto della proposta di accordo xxxxxxx predisposta dal responsabile del procedimento e fatta propria dall’amministrazione.
Peraltro, la stretta connessione tra i due istituti sembra essere confermata dalle previsioni del regolamento di at- tuazione della legge quadro, approvato con D.P.R. n. 554 del 21 dicembre 1999, il quale ha, tra l’altro, par- zialmente modificato la disciplina del procedimento di risoluzione in via amministrativa delle controversie. In particolare l’art. 137 del suddetto decreto sembra am- mettere la possibilita` di risoluzione in xxx xxxxxxxxxxxx- xx delle riserve, con riferimento alle sole «contestazioni insorte circa aspetti tecnici che possono influire sull’ese- cuzione dei lavori»: Peraltro l’art. 165, disciplinante le modalita` di apposizione delle eccezioni e delle riserve da parte dell’appaltatore sul registro di contabilita`, con- trariamente a quanto era previsto sotto la vigenza del regolamento 350/1895 (3), non opera alcun rinvio alla procedura di cui all’articolo 137 e, quindi, alla possibili- ta` di seguire il procedimento di risoluzione amministra- tiva ivi previsto.
Il nuovo capitolato d’appalto del Ministero dei ll.pp., approvato con D.M. 19 aprile 2000 n. 145, contraria- mente al precedente capitolato (4), non contempla piu` l’ipotesi di risoluzione amministrativa delle riserve, limi- tandosi a prevedere, all’art. 32, comma 1, l’esame da parte della stazione appaltante - entro 90 giorni dalla trasmissione degli atti di collaudo - delle riserve e prete- se dell’appaltatore che «in ragione del valore o del tem- po di insorgenza non sono state oggetto della procedura
gente sistema di risoluzione amministrativa delle contro- versie, la vera novita` apportata dagli articoli 31-bis e 32 della legge quadro e` rappresentata dall’introduzione di un meccanismo che impone l’obbligo di attivare il ten- tativo di risoluzione in via bonaria delle controversie in- sorte, nel momento in cui le riserve iscritte dall’impresa raggiungono una soglia (10% del valore del contratto di appalto) di per se´ potenzialmente in grado di incidere in maniera sostanziale sul costo finale dell’opera.
Altro e diverso elemento di novita` potrebbe essere indi- viduato nell’implicita determinazione del valore delle ri- serve da considerarsi «rilevante» ai fini della proponibi- lita` della domanda di arbitrato in corso d’opera. Infatti, l’art. 44 del capitolato generale amministrativo del 1962 prevedeva la possibilita` di proporre la domanda durante l’esecuzione dei lavori e prima dell’approvazione del col- laudo, per quelle controversie la cui natura o «rilevanza economica», ad avviso di una delle parti, non consen- tisse la loro risoluzione differita. La stessa norma preve- deva che la rilevanza economica dovesse essere valutata in relazione all’importo totale dell’appalto ed essere tale da recare notevole pregiudizio alla continuazione dei la- vori. Tale valore, alla luce dell’art. 31-bis, potrebbe esse- re individuato nel 10% dell’importo di contratto, in quanto solo quando il valore delle riserve iscritte abbia raggiunto la predetta percentuale, scatta l’obbligo di at- tivare il meccanismo dell’accordo bonario e, in caso di esito negativo, la possibilita` di adire le vie giurisdizionali ai sensi dell’art. 32 della legge quadro.
A
L’art. 32, comma 1
rgomentazioni a sostegno della tesi che ri- tiene che debba essere esclusa la possibilita` di un giudizio arbitrale in assenza dell’e-
spletamento del procedimento ex art. 31-bis, possono
di accordo bonario ai sensi dell’art. 31-bis».
E` evidente che tale impostazione e` frutto della volonta`
del legislatore di sostituire al vecchio sistema della riso- luzione in via amministrativa, lo strumento del procedi- mento di accordo bonario, fatta eccezione per quelle particolari questioni tecniche che, potendo incidere sul- l’esecuzione dei lavori, risultano suscettibili di immedia- ta trattazione. Tale sostituzione trova la sua giustificazio- ne nel tentativo di razionalizzare il precedente sistema di risoluzione extragiudiziale delle controversie - caratte- rizzato da un’impostazione unilaterale da parte dell’am- ministrazione - indirizzandolo in un ambito negoziale di carattere transattivo quale risulta essere quello dell’ac- cordo bonario (5).
Cio` non ha significato stravolgere completamente il si- stema previgente che per l’appunto escludeva, salvo casi particolari e tassativamente individuati dalla legge, la possibilita` di procedere alla definizione in sede giudiziale delle controversie senza aver atteso le determinazioni in sede amministrativa della stazione appaltante.
In tale contesto si puo` affermare che, rispetto al previ-
Note:
(3) L’articolo 23 del X.X. 000/0000 xxxxxxxxx la procedura da seguirsi per la risoluzione in via amministrativa delle contestazioni insorte tra l’ammi- nistrazione e l’appaltatore e l’articolo 54, nel disciplinare le modalita` di apposizione delle riserve sul registro di contabilita`, prevedeva espressamen- te che «sulle domande regolarmente iscritte si procedera` nel modo indica- to nel precedente articolo 23». Pertanto, nel vecchio sistema del R.D. 350/1895 tutte le controversie tra appaltatore e amministrazione, indipen- dentemente dalla loro natura, erano suscettibili di risoluzione in via am- ministrativa.
(4) L’art. 42 del D.P.R. 1063/1962 prevedeva che:"Quando sorgano con- testazioni fra il direttore dei lavori e l’appaltatore, si procede alla risoluzio- ne di esse in via amministrativa, a norma del regolamento approvato con
X.X. 00 maggio 1895, n. 350». In virtu` di tale disposizione, la giurispru- denza di legittimita` ha affermato che la domanda dall’appaltatore relativa ai lavori appaltati ed ai prezzi, proposta deve essere dichiarata improponi- bile nel caso di inosservanza dell’onere prescritto dall’art. 42 cit., di defini- re la controversia in via amministrativa prima di iniziare l’azione davanti al giudice ordinario (Cass. 23 marzo 1988, n. 2531, in Foro It. Mass., 1988).
(5) Sulla natura transattiva dell’accordo xxxxxxx, x. Xxxxxxx Sinisi, L’ese- cuzione dei lavori pubblici, Milano, 2000. In tema v. X. Xxxxxxxxx, La ge- stione amministrativa e contabile dell’appalto di lavori pubblici, AA.VV., a cura di A. Xxxxxx, Xxxx, 0000, 91.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
819
trarsi anche da una interpretazione letterale dell’arti- colo 32, comma 1 della legge 109/94.
In proposito si osserva che nel sistema della Merloni bis, erano diverse le ipotesi di controversie in relazione alle quali non ricorrendo, in ragione della loro particolare natura, i presupposti per l’attivazione del procedimento ex art. 31-bis, non potevano formare oggetto di giudizio arbitrale. Il caso piu` eclatante era quello della risoluzio- ne del contratto non preceduta dall’apposizione delle ri- serve. Cio` evidenziava uno dei limiti del sistema defini- to con la novella del 1995. Per tale ragione il legislato- re, con la successiva novella del 1998 ha inteso porre ri- medio a tali limiti, prevedendo, al comma 1 dell’artico- lo 32, due possibili cause che ammettono il ricorso al giudizio arbitrale: una prima, di carattere generale, e` quella che riguarda tutte le controversie derivanti dall’e- secuzione del contratto; la seconda, di carattere piu` cir- coscritto, e` quella relativa a tutte quelle controversie conseguenti al mancato raggiungimento dell’accordo bonario di cui all’art. 31-bis.
In altri termini il legislatore ha voluto estendere la pos- sibilita` del ricorso al giudizio arbitrale non solo nei casi in cui il procedimento di accordo xxxxxxx dia esito ne- gativo ma anche a quelle ipotesi che, per la loro parti- colare natura, non consentono di esperire un tentativo di accordo xxxxxxx (6).
Diversa la questione connessa alla possibilita`, o meglio all’impossibilita`, di attivare il giudizio arbitrale prima che si sia concluso il procedimento di cui all’art. 31-bis. A questa conclusione sembrerebbe giungersi anche dalla lettura dell’art. 32, comma 1, nella parte in cui stabilisce che « tutte le controversie ... comprese quelle conse- guenti al mancato raggiungimento dell’accordo bonario previsto dal comma 1 dell’art. 31-bis, possono essere de- ferite ad arbitri». In buona sostanza, la soluzione delle controversie oggetto di riserve sembrerebbe poter essere deferita ad un collegio arbitrale solo a certe condizioni:
1) che le riserve abbiano raggiunto il 10% del valore
dell’importo contrattuale (condizione necessaria per l’at- tivazione del procedimento di cui all’art. 31-bis); 2) che sia stato attivato il procedimento di accordo bonario; 3)
procedura conciliativa introdotta dalla legge 216/95 de- ve essere considerata presupposto necessario dell’esperi- bilita` dell’azione giurisdizionale (7).
C
L’art. 33 del D.M. 19 aprile 2000, n. 145
on l’entrata in vigore del nuovo capitolato generale d’appalto del Ministero dei lavori pubblici, emanato con decreto ministeriale
19 aprile 2000, n. 145, sembrerebbe risolta, quanto- meno per i soggetti tenuti all’applicazione delle di- sposizioni ivi contenute, la questione legata alla pro- cedibilita` della domanda di arbitrato in corso d’ope- ra.
L’articolo 33, comma 2 del predetto capitolato, stabili- sce che «salvo diverso accordo delle parti, e qualora la domanda non abbia ad oggetto questioni la cui defini- zione non e` differibile nel tempo, la controversia arbi- trale non puo` svolgersi prima che siano decorsi i termini di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 32».
Dunque secondo tale norma, salvo diverso accordo del- le parti, non e` possibile promuovere il giudizio arbitrale se non sono trascorsi 90 giorni dalla trasmissione all’am- ministrazione degli atti di collaudo ai sensi dell’articolo 204 del regolamento. Unica eccezione a tale sistema e` prevista per la sola ipotesi di questioni non differibili nel tempo, le quali possono essere oggetto di immediata risoluzione giudiziale.
Il nuovo capitolato generale, rispetto al precedente, li- mita maggiormente la possibilita` di arbitrato in corso d’opera. Infatti, l’art. 44 del precedente capitolato gene- rale prevedeva la possibilita` di promuovere il giudizio arbitrale in corso d’opera nei seguenti casi:
– accordo delle parti;
– controversie aventi natura o rilevanza economica tali da non consentire che la loro risoluzione fosse differita;
– disaccordo sull’equo compenso spettante all’appalta- tore in caso di variazioni dei lavori superiori al sesto quinto (art. 13);
– ritardo nel pagamento degli acconti (art. 35).
Il nuovo capitolato di appalto, che restringe le ipotesi
che sia fallita la proposta del responsabile del procedi-
mento (o quanto meno che siano decorsi inutilmente i termini stabiliti dal comma 1 dell’art. 31-bis, entro i quali il responsabile del procedimento deve formulare la proposta e l’amministrazione approvarla).
Del resto, l’aggettivo «conseguenti» presuppone neces- sariamente che una proposta di accordo (fallita, o non perfezionatasi nei termini) ci sia stata e che a seguito (rectius in conseguenza) di tale esito negativo l’appalta- tore sia legittimato a presentare istanza di arbitrato.
La tesi sopra esposta e` sostanzialmente condivisa da quella dottrina che ha rilevato che sotto il vigore della previgente normativa in giurisprudenza era pacifico che la risoluzione amministrativa configurasse condizione di proponibilita` dell’azione giudiziaria. Alla stregua del sud- detto procedimento, secondo la stessa dottrina anche la
Note:
(6) Queste ultime, nella precedente formulazione dell’articolo 32, non potevano formare oggetto di deferimento al collegio arbitrale.
Diversa l’ipotesi di riserve che non devono necessariamente essere forma- lizzate attraverso l’apposizione di una riserva nel registro di contabilita`., tra le quali rientra la pretesa al puntuale pagamento degli acconti in corso d’opera e della rata di saldo. In tali circostanze all’appaltatore e` attribuita la facolta` (art. 26, comma 1, della legge quadro), previa costituzione in mora del committente, di adire la via giurisdizionale per ottenere la risolu- zione del contratto quando uno o piu` acconti siano emessi oltre il termi- ne decorso il quale il capitolato speciale prevede l’applicazione degli inte- ressi di mora, ovvero quando il ritardo nei pagamenti degli acconti sia di importo complessivo non inferiore al quarto dell’importo contrattuale.
(7) X. Xxxxxxxxxx, in Il regolamento della legge sui lavori pubblici, commento agli artt. 149-151, Milano, 2000, 496; l’Autore, che richiama giurispru- denza in argomento, evidenzia che, per poter essere legittimamente pro- posta l’azione giurisdizionale, occorre che siano almeno trascorsi i termini di cui all’art. 31-bis.
820 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
in cui e` ammesso l’arbitrato in corso d’opera, esclude una tale possibilita` in presenza della sola rilevanza eco- nomica delle riserve iscritte; di contro la ammette solo per quelle controversie che, per la loro particolare natu- ra, non siano suscettibili di essere differite nel tempo.
In considerazione di quanto sopra, sembra potersi con- cludere che, relativamente all’esecuzione dei contratti di appalto stipulati dai soggetti tenuti all’applicazione del capitolato generale d’appalto del Ministero dei lavori pubblici, la proposizione di una domanda arbitrale in corso d’opera non puo` prescindere dall’esperimento del procedimento di accordo bonario. Infatti, le uniche ipo- tesi in cui e` ammesso l’arbitrato in corso d’opera sono quelle indicate all’art. 33, comma 2 del capitolato gene- rale ossia l’accordo tra le parti, ovvero quando la do- manda dell’appaltatore ha ad oggetto questioni la cui definizione non e` differibile nel tempo.
Il nuovo capitolato generale, tuttavia, non chiarisce quali siano le controversie la cui risoluzione non sia
«differibile» nel tempo. Volendo azzardare alcune ipote- si, queste potrebbero essere individuate nelle contesta- zioni in ordine all’esecuzione di un lavoro in galleria a seguito di sorpresa geologica condizionante la metodolo- gia di scavo per il completamento dell’opera; altra ipo- tesi potrebbe essere determinata da notevoli divergenze insorte tra le parti in sede di determinazione dei nuovi prezzi non contemplati nel contratto (art. 136 del
D.P.R. 554/99) e aventi particolare incidenza sul costo dell’intera opera.
L’
La disciplina dell’arbitrato per i soggetti che non applicano il capitolato generale amministrativo per i lavori pubblici
art. 3, comma 5, della legge 109/94 e succes- sive modifiche demanda ad un decreto del Ministero dei lavori pubblici l’adozione del
nuovo capitolato generale d’appalto da applicarsi ai lavori affidati dai soggetti di cui all’art. 2, comma 2, lett. a) della stessa legge.
In coerenza con tale previsione normativa l’articolo 1 del D.M. 145/2000 stabilisce che il capitolato generale d’appalto contiene la disciplina regolamentare dei rap- porti tra le amministrazioni aggiudicatrici e i soggetti af- fidatari di lavori pubblici. Restano pertanto esclusi dal- l’obbligo di applicare il predetto capitolato generale i soggetti di cui all’art. 2, comma 2, lett. b) e lett. c) (8). Pertanto, dal momento che i soggetti di cui all’art. 2, comma 2, lett. b) della legge 109/94 non applicano il capitolato generale, per questi soggetti si ripropone la questione legata all’interpretazione dell’attuale versione dell’articolo 32 della legge 109/94 (9).
Ad avviso di chi scrive, indipendentemente dall’inap- plicabilita` delle previsioni di cui al D.M. 145/200 ai soggetti di cui all’art. 2, comma 2, lettera b), l’articolo
32 deve essere comunque interpretato nel senso di escludere un giudizio arbitrale prima dell’espletamento del procedimento di accordo bonario di cui all’art. 31-
bis. Se cos`ı non fosse vi sarebbe un’evidente disparita` di trattamento tra i soggetti che rientrano nella previsione della lettera a) del comma 2 dell’art. 2 e coloro che rientrano sotto la lettera b) del medesimo comma della stessa norma.
In buona sostanza, indipendentemente dall’alveo entro cui si collocano i soggetti che realizzano lavori pubblici, per tutti dovrebbe considerarsi un’eccezione la regola che ammette l’arbitrato in corso d’opera. In questo sen- so e` orientata anche la relazione al nuovo capitolato ge- nerale d’appalto del Ministero dei lavori pubblici, lad- dove, soffermandosi sulla nuova disciplina del conten- zioso contenuta negli articoli 33 e 34, evidenzia come tale disciplina sia in linea con «la scelta tradizionale del- la legislazione in materia, che - almeno in linea di prin- cipio - considera come eccezionale l’arbitrato in corso d’opera». «Inoltre» - prosegue la relazione - «vero e` che la prassi ha optato per un’interpretazione non stretta del comma 2 dell’articolo 44 del vigente capitolato genera- le, ammettendo con frequenza il deferimento ad arbitri di controversie in corso d’opera, e vero e` anche che l’impostazione tradizionale potrebbe meritare nuova considerazione alla luce dell’introduzione nell’ordina- mento dell’articolo 31-bis della legge quadro. Peraltro va da un lato notato che lo stesso articolo 32 della legge
Note:
(8) L’articolo 2, comma 2, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 prevede che «2. Le norme della presente legge e del regolamento di cui all’articolo 3, comma 2, si applicano:
a) alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo agli enti pubblici, compresi quelli economici, agli enti ed alle amministrazioni locali, alle loro associazioni e consorzi nonche´ agli altri organismi di dirit- to pubblico;
b) ai concessionari di lavori pubblici, di cui all’articolo 19, comma 2, ai concessionari di esercizio di infrastrutture destinate al pubblico servizio, al- le aziende speciali e ai consorzi di cui agli articoli 23 e 25 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, alle societa` di cui all’arti- colo 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, alle societa` con capitale pubblico, in misura anche non prevalente, che abbia- no ad oggetto della propria attivita` la produzione di beni o servizi non de- stinati ad essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza non- che´ ai concessionari di servizi pubblici e ai soggetti di cui al decreto legi- slativo 17 marzo 1995, n. 158, qualora operino in virtu` di diritti speciali o esclusivi, per lo svolgimento di attivita` che riguardino i lavori, di qualsiasi importo, individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’art. 8, comma 6, del D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 158, e comunque i lavori riguardanti i rilevati aeroportuali e ferroviari, sempre che non si tratti di lavorazioni che non possono essere progettate separatamente e appaltate separatamente in quanto strettamente connesse e funzionali alla esecuzione di opere comprese nella disciplina del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 158;
c) ai soggetti privati, relativamente a lavori di cui all’allegato a del decreto legislativo 19 dicembre 1991, n. 406, nonche´ ai lavori civili relativi ad ospedali, impianti sportivi, ricreativi e per il tempo libero, edifici scolastici ed universitari, edifici destinati a scopi amministrativi ed edifici industriali, di importo superiore a 1 milione di Ecu, per la cui realizzazione sia previ- sto, da parte dei soggetti di cui alla lettera a), un contributo diretto e spe- cifico, in conto interessi o in conto capitale che attualizzato, superi il 50 per cento dell’importo dei lavori».
(9) In virtu` di quanto previsto all’art. 2, comma 3, della legge quadro i soggetti di cui all’art. 2, comma 2, lett. c), non sono tenuti all’applicazio- ne dell’articolo 32.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
821
109/1994, se prevede l’accesso alla tutela in caso di esito negativo dell’accordo bonario, nulla dice in merito al- l’immediatezza o meno di tale accesso; dall’altro lato va segnalata l’incongruenza e l’irrazionalita` di un sistema che ammettesse la proliferazione dei giudizi in occasione del medesimo rapporto con evidente moltiplicazione dei costi, loro sproporzione in relazione alle pretese che possono residuare da un parziale accordo bonario, di- spendio di attivita` e soprattutto pericolo tra giudicati in presenza di identiche situazioni sostanziali. Il tutto con- siderando che anche eventuali situazioni controverse in corso d’opera possono poi trovare assorbimento nell’e- quilibrio generale del rapporto alla luce della sua succes- siva evoluzione».
Anche per la relazione ministeriale al nuovo capitolato
generale dunque, l’articolo 32 della legge quadro sem- brerebbe ammettere la possibilita` di giudizio arbitrale in corso d’opera solo in caso di esito negativo dell’accordo bonario.
Peraltro, secondo la predetta relazione, in assenza di un’esplicita previsione in tal senso, non e` per nulla pa- cifico che tale giudizio possa essere attuato in corso d’o- pera.
U
I termini per la definizione dell’accordo xxxxxxx ex art. 31-bis
na considerazione a parte merita il comma 1 dell’art. 31-bis, nella parte in cui fissa i termini per lo svolgimento del procedi-
mento di accordo bonario (10).
La norma stabilisce che il responsabile del procedimen- to ha a disposizione 90 giorni, decorrenti dal momento in cui le riserve iscritte dall’appaltatore raggiungono la quota del 10% dell’importo contrattuale, per formulare all’amministrazione una proposta motivata di accordo xxxxxxx. L’amministrazione, nei successivi sessanta gior- ni, deve deliberare in merito alla proposta con provve- dimento motivato.
La questione che si pone e` relativa alla natura dei pre- detti termini. Essi, in assenza di un’esplicita qualificazio- ne perentoria degli stessi, devono essere considerati or- dinatori (11). Pertanto la decorrenza degli stessi non sembra suscettibile, nell’ambito del rapporto intercor- rente tra l’amministrazione e l’appaltatore, di produrre alcun effetto giuridicamente rilevante, se non quello di rendere procedibile un’eventuale domanda di arbitrato. Infatti, decorso invano il centocinquantesimo giorno dall’apposizione dell’ultima delle riserve che ha determi- nato il raggiungimento della soglia del 10% dell’importo contrattuale, non vi e` piu` alcun elemento che possa im- pedire all’appaltatore di agire per la tutela dei propri in- teressi nelle competenti sedi giurisdizionali.
Diversamente sarebbe frustrato lo scopo della norma che mira ad una sollecita definizione del contenzioso in corso d’opera. Se i termini non sono rispettati, e` violato il diritto dell’appaltatore ad ottenere una rapida soluzio- ne alle riserve da lui iscritte. Pertanto l’inerzia dell’am-
ministrazione deve essere considerata a tutti gli effetti come equipollente ad una pronuncia negativa della stessa amministrazione (12).
Note:
(10) Tali termini sono ribaditi all’art. 149 del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554
(11) In questo senso De Nictolis, Xxxxxxxx, Lipari, in La nuova legge qua- dro sui lavori pubblici, Commento all’art. 31-bis, Milano, 1999, 974; B.G. Carbone, La nuova legge quadro sui lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109, aggiornata con la l. 2 giugno 1995, n. 216 e successive modificazioni, Xxxxxx, XX, 0000, 316; X. Xxxxxxxxxx, op. cit., 491.
(12) Coll. arb., 7 settembre 1994, in Arch. giur. oo. pp., 1996, 1019, ha stabilito che deve essere disattesa l’eccezione di improcedibilita` del giudi- zio arbitrale fondata sul rilievo che la controversia e` stata instaurata dal- l’impresa senza attendere le definitive determinazioni in merito della sta- zione appaltante, in quanto la mancata adozione di alcun provvedimento manifesta di per se´ il rifiuto della committente, s`ı che l’appaltatore puo` azionare in giudizio le proprie pretese; in altri termini, la mancata defini- zione in via amministrativa delle riserve espresse legittima la proposizione della domanda arbitrale, in quanto l’inerzia dell’amministrazione, deduci- bile dal tempo trascorso, costituisce l’equipollente di una pronuncia nega- tiva.
Nello stesso senso, v. coll. arb., 12 luglio 1991, in Arch. giur. oo. pp., 1992, 1156; 19 luglio 1988 ivi 1989, 507; 20 maggio 1985 ivi, 1986,
1145.
822 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
La verifica a campione: problemi e prospettive
di XXXXX XXXXXXXXXXX
La «verifica a campione» introdotta dalla Xxxxxxx-ter ha sollevato non pochi problemi interpretativi die- tro all’apparente semplicit`a di formulazione della norma in merito alla sua applicazione e alle prospetti- ve future dopo l’introduzione del Regolamento in tema di qualificazione dei soggetti esecutori di lavori pubblici.
’L
art. 3 della legge 18 novembre 1998 n. 415 (cosiddetta Merloni ter) ha - tra le altre in- tegrazioni - aggiunto, sotto la rubrica «sog-
getti ammessi alle gare», al testo dell’originario art. 10 della legge 109/1994, un ulteriore comma (1-qua- ter) che letteralmente cos`ı si esprime: «I soggetti di cui all’art. 2, comma 2, prima di procedere all’aper- tura delle buste delle offerte presentate, richiedono ad un numero di offerenti non inferiore al 10 per cento delle offerte presentate, arrotondato all’unita` superiore, scelte con sorteggio pubblico, di compro- vare entro dieci giorni dalla data della richiesta me- desima, il possesso dei requisiti di capacita` economi- co finanziaria e tecnico organizzativa, eventualmen- te richiesti dal bando di gara, presentando la docu- mentazione indicata in detto bando o nella lettera di xxxxxx. Quando tale prova non sia fornita, ovvero non confermi le dichiarazioni contenute nella do- manda di partecipazione o nell’offerta, i soggetti ag- giudicatori procedono all’esclusione del concorrente dalla gara, all’escussione della relativa cauzione provvisoria e alla segnalazione del fatto all’Autorita` per i provvedimenti di cui all’articolo 4, comma 7, nonche´ per l’applicazione delle misure sanzionatorie di cui all’articolo 8, comma 7. La suddetta richiesta e`, altres`ı, inoltrata, entro dieci giorni dalla conclu- sione delle operazioni di gara, anche all’aggiudicata- rio e al concorrente che segue in graduatoria, qualo- ra gli stessi non siano compresi fra i concorrenti sor- teggiati, e nel caso in cui essi non forniscano la pro- va o non confermino le loro dichiarazioni si applica- no le suddette sanzioni e si procede alla determina- zione della nuova soglia di anomalia dell’offerta ed alla conseguente eventuale nuova aggiudicazione». Si tratta della cosiddetta «verifica a campione», come subito e` stata definita da chi si e` occupato del tema (1). La norma in esame si rivela ad una prima lettura di faci- le comprensione, stante anche la lineare esposizione del dettato.
Non mancano, peraltro, problemi interpretativi e di es-
si, in particolare, ci vogliamo occupare nel presente scritto.
Vedremo anche le prospettive che l’istituto, nel merito, propone, sulla base dell’evoluzione legislativa in tema di qualificazione dei soggetti esecutori di lavori pubblici (art. 8, legge 109/94 e regolamento D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34).
Come e` facile immaginare la disposizione in oggetto e` stata e sara` nel futuro, con le precisazioni e i limiti che vedremo, di frequente applicazione, stante l’obbligato- rieta` per le stazioni appaltanti di procedere alla verifica da essa prefigurata e la consistenza delle sanzioni in essa
Nota:
(1) Sull’argomento, si vedano: Frascolla R., La verifica a campione in La nuova legge quadro sui lavori pubblici, Commentario a cura di Xxxxxxxxxx F., Mlano, 1999, 317; Xxxxxxxx M., Ponti A., La qualificazione delle ditte appal- tatrici, il sorteggio del 10% delle ditte partecipanti alla gara e il nuovo istituto del supplente nella legge Merloni ter, in Nuova rass., 1999, 1264. Invece, piu` in generale, per un’analisi delle novita` introdotte dalla legge 18 novembre 1998, n. 415 si vedano: Xxxxxx Xxxxxxxx D., Xxxxxxxxx C., Xxxxxxxxx M., Xxxxx quadro sui lavori pubblici (Merloni ter) (commento alla l. 18 no- vembre 1998, n. 415), Milano, 1999; De Rose C., Le novita` della Merloni ter e loro compatibilita` comunitaria: prime riflessioni di ordine sistematico, in Cons. Stato, 1998, II, 1701, il quale, tra l’altro, a proposito della corrispon- denza della ratio delle «verifiche a campione» allo spirito della normativa comunitaria in materia di appalti, afferma che «non v’e` dubbio che anche le esigenze economiche espresse dal messaggio comunitario trovino rispo- sta nei citati profili normativi come in altri, quali la verifica dell’effettivo possesso dei requisiti dichiarati da parte di partecipanti alle procedure con- corsuali previamente sorteggiati omissis» (cit. pag. 1702). Ancora, per un commento alla legge 415/1998: Xxxxxxxxxx X. Xx seconda riforma della leg- ge quadro sugli appalti pubblici (commento alla l. 18 novembre 1998, n. 415), in Corr. Giur. 1999, 271; Dammicco G., Tutte le novita` della l. n. 415 del 1998, c.d. Xxxxxxx ter, in Gazzetta Giur., 1999, 6, 1; Xxxxxx A., Xxxxxxx ter in pillole, in Nuova Rass., 1998, 2278. Infine, una critica al procedi- mento scelto dal legislatore viene mossa da Xxxxxxxxx A. e Xxxxxxxxx L. in Le nuove norme in materia di lavori pubblici, Rimini, 1998, 55 ss., dove, tra l’altro, si sottolinea che «quanto alla procedura, non condividiamo in quanto si presenta lunga, macchinosa e difficoltosa e va contro la logica, ormai seguita in ogni campo, dello snellimento delle procedure al fine di conseguire il massimo dell’efficacia ed efficienza dell’azione amministrati- va».
In questo senso anche: Atto di regolazione n. 15 del 30 marzo 2000 del-
l’Autorita` di Xxxxxxxxx sui lavori pubblici.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
823
previste, che per piu` versi incidono sui partecipanti alle gare per l’aggiudicazione di lavori pubblici che abbiano violato il precetto primario della norma.
Conferma l’annotazione fin qui fatta la gia` consistente giurisprudenza che, in relazione a diversi aspetti del suo contenuto, si e` gia` pronunciata (2).
L
Le fattispecie disciplinate dall’art 10, comma 1-quater
a lettura della norma rivela immediatamente che il legislatore ha voluto, nel corpo di un unico comma, disciplinare due fattispecie di-
verse, le quali non paiono rispondere poi ad una ra- tio o meglio ad una finalita` perfettamente identica. Con la prima si e` inteso sottoporre a verifica obbligato- ria da parte delle amministrazioni aggiudicatrici di cui all’art. 2, comma 2 della stessa legge 109/94 un numero di offerenti non inferiore al 10% delle offerte presentate e prima che si sia proceduto all’apertura delle buste con- tenenti l’offerta economica circa il possesso dei requisiti di capacita` economico finanziaria e tecnico-organizzati- va «eventualmente richiesti dal bando di gara».
In questo caso la disposizione normativa sembra voler realizzare una duplice finalita`: da un lato quella di dare speditezza al procedimento di aggiudicazione, evitando che offerte prive di alcuni requisiti richiesti dal bando possano influenzare in modo anomalo la successiva fase
Obbligatoriet`a della verifica a campione
I
l primo riguarda il carattere sicuramente obbli- gatorio della procedura di verifica a campione: le amministrazioni aggiudicatrici debbono,
quindi, provvedervi in tutte le procedure di gara con almeno due concorrenti (5).
La procedura in questione non si applica, invece, nei casi di aggiudicazione a trattativa privata, anche se que- sta e` stata preceduta da una gara informale, perche´ in questo caso non si procede alla determinazione della media.
Un secondo problema riguarda l’arco temporale entro il quale le amministrazioni aggiudicatrici debbono provve- dere alla verifica a campione.
E` naturale che il tempo di effettuazione della procedura
debba rispondere a ragioni di celerita`, rese palesi - tra l’altro - dall’indicazione del termine (dieci giorni) entro il quale i requisiti richiesti vanno comprovati e comun- que dalla ratio complessiva del sistema che comporta la sospensione delle attivita` di aggiudicazione fino alla ri- cezione e alla verifica della documentazione inviata.
La norma indica tale tempo di effettuazione con l’e- spressione «prima di procedere all’apertura delle buste presentate» e la formula usata potrebbe far ritenere che la verifica debba eseguirsi prima di qualsiasi operazione preliminare, compreso l’accertamento di inammissibilita`
di determinazione della soglia di anomalia delle offerte
presentate; dall’altro quella di garantire la par condicio dei concorrenti, in funzione preventiva di cautela, sco- raggiando, attraverso un forte sistema sanzionatorio, che concorrenti privi dei requisiti richiesti sotto i profili ri- chiamati possano inserirsi nel procedimento concorsuale al solo scopo di alterare la regolare formazione del mec- canismo di anomalia per favorire un diverso concorren- te in grado di approfittarne (3).
Con la seconda fattispecie, invece, si e` voluto applicare
lo stesso regime di verifica, s’intende a posteriori e dopo gli esiti dell’aggiudicazione, nei confronti dell’aggiudica- tario e del concorrente che lo segue in graduatoria, per il caso che essi non fossero ricompresi tra i soggetti gia` sorteggiati a titolo cautelativo, con l’effetto, nel caso di esito negativo della verifica ed oltre l’uguale applicazio- ne delle sanzioni, di rideterminare la nuova soglia di anomalia dell’offerta e di procedere all’eventuale nuova aggiudicazione.
La ratio di questa seconda fattispecie pare, quindi, pre- scindere da uno specifico significato di cautela e di di- sincentivazione di offerte non regolari e soffermarsi piut- tosto sul principio della par condicio, sul rispetto del ban- do di gara e sull’ineludibile esigenza che l’aggiudicazione avvenga a favore di chi possiede effettivamente tutti i requisiti prescritti (4).
Passando, ora, ad analizzare il contenuto normativo del- la disposizione in esame, i problemi che si pongono al- l’interprete sono, in verita`, abbastanza numerosi.
Note:
(2) Si segnala la prima pronuncia giurisprudenziale in materia di verifiche a campione, ovvero quella del T.A.R. Piemonte, sez. II, 22 gennaio 2000, n. 69, in xxx.xxxxxxx.xx con nota di Xxxxxx X., il quale attentamen- te sottolinea come «la verifica potra` dar luogo ad un diffuso contenzioso, in quanto l’ammissione o l’esclusione di un concorrente non rileva solo fra il sorteggiato e la stazione appaltante. Infatti, la decisione presa a segui- to della verifica puo` incidere pure sul calcolo della soglia di offerta ano- mala, per cui le altre imprese potrebbero dimostrare la sussistenza di un lo- ro eventuale interesse a ricorrere, in quanto pregiudicate dalla decisione medesima». Si segnalano inoltre, T.A.R. Campania, Salerno, 23 maggio 2000, n. 366, in TAR, 2000, 7-8, 3389; T.A.R. Lazio, sez. III bis, 30 mag- gio 2000, n. 4437; T.A.R. Toscana, sez. I, 6 novembre 2000, n. 2273, in xxx.xxxxxxxxxxxxx.xxx; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, ord. 23 novem- bre 2000, n. 3841, in xxx.xxxxx.xx con commento di Xxxxxx X., nella quale si affronta il problema della natura dei termini, propendendo per la natura ordinatoria del termine di giorni dieci, entro il quale l’impresa sor- teggiata dovra` comprovare il possesso dei requisiti, anche se giova ricorda- re che con l’Atto di regolazione n. 15 del 30 marzo 2000, l’Autorita` di vi- gilanza ha espressamente qualificato il suddetto termine come perentorio. Infine, di recente, Cons. Stato, sez. VI, ord., 13 febbraio 2001, n. 1020. Da ultimo, T.A.R. Campania, sez. I, 5 marzo 2001, in xxx.xxxxx.xx.
(3) Cos`ı anche Frascolla R., La nuova legge quadro sui lavori pubblici, com- mentario a cura di Caringella F., cit., sub. art. 10, 317-318.
(4) Sulla ratio della disposizione: Frascolla R., Xxxxxxxxx A. e L., Commen- tario alla Merloni ter, Rimini, 1998, 57; Mezzapaco S., Supplenza, un antido- to contro l’inadempimento, in Guida al diritto, 1998, 49, 107.
(5) Sotto il regime del D.P.C.M. 10 gennaio 1991, n. 55, la verifica an- dava fatta anche per gli appalti di importo pari o inferiore ad un milione di ECU, per quanto l’art. 5, comma 1, testualmente disponesse che, per quegli appalti, «l’ente committente richiede, ai fini dell’accertamento del- l’idoneita` tecnica e finanziaria dell’impresa, il solo certificato di iscrizione all’Albo Nazionale dei costruttori per categoria e classifica corrispondente ai lavori previsti nell’appalto».
824 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
per vizi formali, come ad esempio quelli afferenti alla presentazione dell’offerta oltre i termini di scadenza, alla non sigillatura delle buste, alla mancata indicazione del nominativo o dell’oggetto dell’appalto, alla mancata prestazione della richiesta cauzione.
Ma una tale interpretazione non sarebbe ragionevole, perche´ allungherebbe inesorabilmente i tempi di accer- tamento, determinerebbe un ritardo nell’aggiudicazione e comunque comporterebbe un inutile spreco di attivita` per verifiche su soggetti poi destinati, per le indicate ra- gioni formali, ad essere esclusi.
Allora diventa logico che la verifica vada fatta dopo che sono state compiute le operazioni preliminari e quindi sulle domande che sono previamente considerate ammissibili, con l’esclusione di quelle che non abbiano i requisiti formali per la partecipazione alla gara.
Risulta conseguentemente ragionevole interpretare il ri- ferimento alle «buste delle offerte presentate», come ri- volto alle buste delle «offerte economiche», che lascia spazio alla Commissione di gara di isolare quelle buste e procedere alla verifica formale dei plichi, delle domande di partecipazione e della documentazione concernente la qualificazione e la cauzione (6).
Ne discende la conseguenza che anche la scelta del nu- mero dei concorrenti da sottoporre a verifica per il pos- sesso dei requisiti a cui si riferisce la norma debba effet- tuarsi sugli offerenti che hanno superato il vaglio, dicia- mo cos`ı, dell’ammissione preliminare e cioe` non siano gia` incorsi nell’esclusione determinata da irregolarita` formali, di tipo diverso da quelle di cui si discute.
Non avrebbe, infatti, senso non si dice di sottoporre a verifica soggetti ormai inesorabilmente gia` esclusi dalla procedura di aggiudicazione, ma neanche che di essi si debba tener conto per determinare la soglia minima nu- merica degli offerenti da verificare.
In definitiva il numero degli offerenti che dovranno comprovare il possesso dei requisiti di capacita` econo- mico-finanziaria e tecnico organizzativa dovra` essere al- meno pari al dieci percento delle domande presentate e preliminarmente ammesse, con facolta` dell’amministra- zione di elevare la soglia del dieci per cento delle stesse, che il legislatore indica come minima.
Non paiono offrire problemi i dati, chiaramente emer- genti dalla norma, secondo cui gli offerenti da sottopor- re a verifica debbono essere scelti attraverso sorteggio pubblico, cosicche´ la discrezionalita` dell’amministrazio- ne si esercita solo sul numero dei sorteggiati, oltre la so- glia minima del 10%, ma non sul criterio di scelta.
Di converso ne deriva che eventuali o necessari altri controlli disposti dalla stazione appaltante, anche in correlazione alle prescrizioni della lex specialis costituita dal bando, su soggetti partecipanti diversi dai sorteggiati, se possono portare alla loro esclusione in via di autotu- tela non consentono l’applicazione delle sanzioni previ- ste dalla norma in esame che, per il principio della tas- sativita` (7) e della gravita` delle stesse, non possono che applicarsi alla fattispecie individuata e secondo il proce-
dimento previsto, ivi compresa - s’intende - l’estensione all’aggiudicatario ed al secondo classificato secondo l’i- potesi espressamente prevista dall’ultima parte della nor- ma in esame.
C
Il Regolamento Bargone
ome abbiamo visto all’inizio, parlando delle finalita` o meglio della ratio della norma, il legislatore nell’intento di deflazionare le of-
ferte irregolari e soprattutto quelle fatte a scopo emulativo o con l’intento specifico di turbare a van- taggio di qualche offerente o a danno di altro, la corretta formazione della soglia di anomalia, ha im- posto alle amministrazioni aggiudicatrici di far
«comprovare», almeno ad un numero minimo di partecipanti, il possesso dei requisiti di capacita` eco- nomico-finanziaria e tecnico-organizzativa, «even- tualmente richiesti dal bando di gara, presentando la documentazione indicata in detto bando o nella lettera d’invito».
Tali requisiti, poi, assumono un diverso significato a se- conda che la partecipazione alle procedure di affida- mento di lavori pubblici sia regolata dalla disciplina transitoria prevista dagli artt. 29 e ss. del D.P.R. 25 gen- naio 2000 n. 34 (c.d. regolamento sulla qualificazione) o dal sistema a regime dato dal possesso dell’attestato di qualificazione rilasciato dagli organismi di autorizzazio- ne (8), il quale «costituisce condizione necessaria e suf- ficiente per la dimostrazione dell’esistenza dei requisiti di capacita` tecnica e finanziaria ai fini dell’affidamento dei lavori pubblici» (art. 1, comma 3 D.P.R. 34/2000) e
«le stazioni appaltanti non possono richiedere ai con- correnti la dimostrazione della qualificazione con moda- lita` e contenuti diversi da quelli previsti» nel regola- mento (art. 1 comma 4 D.P.R. 34/2000). Di contro
Note:
(6) Nel senso del testo si esprimono anche Atto di regolazione n. 15/ 2000 e T.A.R. Toscana, sez. I, 6 novembre 2000, n. 2273; contra Frascol- la R. in La nuova legge quadro sui lavori pubblici, commentario a cura di Caringella F., cit, 317-318.
(7) L’art. 1, comma 1, della legge 24 novembre 1981, n. 689, recita che
«nessuno puo` essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della viola- zione». Il raffronto con altre piu` note disposizioni e` immediato, in primo luogo con l’art. 25 della Costituzione, il cui comma 2 dispone che «nessu- no puo` essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso»; in secondo luogo con gli artt. 1 e 2 c.p. In particolare, spesso la Corte di Cassazione e` intervenuta a chiarire il signifi- cato e la portata dell’art. 1, legge 689/81, come ad esempio da ultimo Cass., sez. I, 7 aprile 1999, n. 3351, in cui si qualifica la riserva di legge come «assoluta», al pari di quella contenuta nell’art. 25 Cost. Ancora, si ricordano Cass., sez. I, 21 settembre 1990, n. 9633 e Cass., sez. I, 15 feb- braio 1999, 1242. Sulla riserva di legge: Cerbo P., Le sanzioni amministrati- ve, Milano, 1999, 42 ss.
(8) Come noto la fase transitoria e` gia` cessata per le gare sopra soglia co- munitaria al 18 marzo 2001, mentre cessera` per gli appalti sotto soglia al 18 gennaio 2002, s’intende salva per quest’ultima la proroga che il legisla- tore dovesse accordare.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
825
nella fase transitoria le imprese per partecipare alle gare dovranno dare conto del possesso di specifici requisiti (cifra di affari in lavori in rapporto all’appalto da affida- re, esecuzione di importo determinato di lavori apparte- nenti alla categoria prevalente, costo del personale di- pendente, dotazione di attrezzatura tecnica), che docu- menteranno con una serie a volte complessa e articolata di elementi.
Ne discende, di conseguenza, il diverso rilievo della ve- rifica a campione che nel primo caso (sistema a regime) non potra` che limitarsi a domandare la produzione del- l’attestato di qualificazione, la cui autenticita` potra` esse- re ora certificata anche attraverso la autodichiarazione consentita dalla semplificazione amministrativa, mentre nel secondo la richiesta potra` essere piu` ampia e riguar- dare tutta la documentazione dichiarata nella domanda di partecipazione alla gara attestante il possesso degli elementi dichiarati e che denotano i requisiti di capaci- ta` necessari e richiesti dal bando per accedere all’aggiu- dicazione dei lavori in gara.
E`, quindi, di tutta evidenza che, per quanto utile o ne-
xxxxxxxx per conseguire gli obbiettivi che si sono definiti richiamando la ratio della norma, la verifica perdera` gran parte del suo valore «sostanziale» allorquando il si- stema di qualificazione andra` a regime in modo comple- to, perche´ l’elusione della procedura sotto i profili ri- chiesti sara` molto piu` difficile e il rigoroso sistema san- zionatorio con notevole probabilita` sara` di per se´ in gra- do di contenere le imprese concorrenti da avventure partecipative di corto respiro (9).
Vi e` poi da chiarire che significato assuma l’espressione
contenuta nella norma in esame, secondo cui la verifica in questione potrebbe riguardare solo i requisiti «even- tualmente» richiesti dal bando.
Se l’avverbio non ha esclusivamente un significato
«pleonastico» (10), e` da ritenere che il legislatore abbia avuto in mente il regime precedente al regolamento di qualificazione, fondato innanzitutto sull’iscrizione delle ditte partecipanti all’Albo Nazionale dei Costruttori e richiedere la produzione di quel certificato per l’attesta- zione dei requisiti impliciti nelle categorie da esso con- template e la produzione specifica degli altri elementi eventualmente richiesti dal bando, peraltro esclusiva- mente per gli appalti superiori ad un milione di ECU, in quanto per quelli pari od inferiori l’art. 5, comma 1, del D.P.C.M. 10 gennaio 1991, n. 55 vincolava la pos- sibilita` per le stazioni appaltanti di richiedere il possesso di ulteriori requisiti.
Con l’entrata in vigore del regime della qualificazione lo spazio di richiedere ulteriori requisiti di capacita` eco- nomico-finanziaria e tecnico-organizzativa diversi da quelli impliciti nell’attestato si riduce, quindi, notevol- mente, anche per il divieto contenuto nell’art. 1, com- ma 4 del D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34 ed e` limitato come si e` detto agli appalti di importo pari o inferiore a
150.000 euro o solo a quelli previsti dalle leggi speciali (ad esempio legge 46/90).
S’intende, poi, che il possesso di tali requisiti xxxx` stato solo dichiarato dal concorrente sorteggiato nella do- manda di ammissione alla gara, perche´ se neanche vi fosse la dichiarazione di possesso si sarebbe dovuto pro- cedere all’esclusione formale del partecipante prima an- cora di sottoporlo al procedimento di verifica a campio- ne.
Si puo`, cos`ı, concludere che dalla verifica a campione si
potrebbe addirittura prescindere, con espressa indicazio- ne nel bando di gara, quando per l’importo dell’appalto (superiore a euro 150.000) l’amministrazione aggiudica- trice richieda la presentazione in allegato alla domanda di gara della copia, certificata conforme, dell’attestato di qualificazione (11).
Accantonato, quindi, il problema fondamentale del si-
Note:
(9) Fanno eccezione alla considerazione generale svolta nel testo gli ap- palti di importo pari od inferiore a 150.000 euro, che sfuggendo ai sensi dell’art. 28 del D.P.R. 25 gennaio 2000 n. 34 all’obbligatorieta` dell’atte- stato di qualificazione da parte delle ditte partecipanti, possono far s`ı che le stazioni appaltanti richiedano nel bando oltre ai requisiti previsti dal ci- tato art. 28, anche altri requisiti diversi e piu` specifici.
Ne deriva che in questo caso la verifica a campione riassume tutta la sua valenza quale, almeno cos`ı sembra, l’abbia pensata il legislatore della legge 415/98.
(10) Tale significato gli attribuisce la Circolare MM.LL.PP. 25 ottobre 1999 n. 1285/508/333, in questa Rivista, 2000, 2, 133 ss. e in particolare 134.
(11) Xxxxxxxx M., Il contenuto dell’art. 10, comma 1-quater, della legge n. 109/94, come modificata dalla legge n. 415/98, in Nuova Rass., 1999, 392, il quale, tra l’altro, sottolinea come «la presenza, all’interno della norma, della parola « eventualmente» dovrebbe stare a significare che non in tut- te le gare si debba comunque procedere alla verifica dei requisiti di capa- cita` economico-finanziaria e tecnico-organizzativa omissis. Tali gare - cioe` quelle nelle quali non e` necessario procedere alla verifica - sono, a nostro avviso, quelle per le quali i requisiti di capacita` economica-finanziaria e tecnico-organizzativa possono essere comprovati solo ed esclusivamente mediante iscrizione: l’iscrizione dell’impresa alla C.C.I.A.A. o, per appalti superiori ai 75.000.000 di lire, all’Albo nazionale dei costruttori omissis».
Prosegue il commentatore, richiamando l’art. 5 del D.P.C.M. 10 gennaio 1991, n. 55 e ricordando che «E` solo per quegli appalti per i quali posso- no e sono stati richiesti ulteriori requisiti rispetto all’iscrizione alla
C.C.I.A.A. e all’A.N.C. che deve, a nostro avviso, procedersi alla verifica in questione, mediante sorteggio, sempre che il bando abbia indicato tale possibilita` ed abbia individuato, anche per ragioni di trasparenza, la docu- mentazione eventualmente da presentare in corso di gara». In Xxxxxxxx M., Xxxxx A., cit., si ribadisce che «si debba o, quanto meno, si possa - fa- re a meno del sorteggio ogni qualvolta ci si trovi di fronte ad appalti di la- vori pubblici di valore pari od inferiore ad un milione di ECU»; a soste- gno della tesi viene riportato parzialmente il testo di un parere reso dal- l’A.N.C.I. al Comune di Concorezzo in data 11 marzo 1999. Degna di in- teresse e` la pronuncia del T.A.R. Campania-Salerno, n. 366/2000, cit., nella quale il collegio campano interpreta il comma 1-quater dell’art. 10 della Merloni, nel senso che «dall’analisi letterale del richiamato comma 1-quater emerge che la procedura di verifica preventiva deve essere posta in essere nel caso in cui il bando di gara richieda espressamente il possesso di determinati requisiti di capacita` economico-finanziaria e tecnico-orga- nizzativa, la cui dimostrazione deve essere fornita attraverso la documenta- zione pure indicata nel bando. Il contenuto della norma, in uno all’utiliz- zo del termine «eventualmente», lascia intendere che la stessa trova appli- cazione solo nell’ipotesi in cui il bando preveda specifici requisiti di capa- cita`, diversi ed ulteriori rispetto alla mera iscrizione all’A.N.C. La verifica preventiva non va, dunque, effettuata quando tale espressa richiesta non vi sia in sede di lex specialis della gara».
826 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
stema (transitorio o definitivo) in cui la verifica si effet- tua, essa si eseguira` con la richiesta ai concorrenti sor- teggiati di presentare «la documentazione indicata in detto bando o nella lettera di invito».
Sembra, quindi, certo che l’amministrazione non possa che riferirsi e richiedere la documentazione gia` indicata nel bando o nella lettera d’invito, anche per non sotto- porre, nel breve termine concesso per l’adempimento, il soggetto verificato a ricerche e rinvenimenti che po- trebbero rivelarsi laboriosi o complessi o comunque piu` lunghi del tempo a disposizione.
E` certo che tra la documentazione richiesta non potra`
esservi quella relativa ad «atti o certificati concernenti fatti, stati e qualita` personali che risultino attestati in documenti» gia` in possesso delle singole amministrazio- ni «o che le stesse siano tenute a certificare» (cos`ı si esprime l’art. 10 della legge 4 gennaio 1968 n. 15) e co- munque deve ammettersi la possibilita` del concorrente richiesto di depositare una dichiarazione sostitutiva di notorieta` rilasciata sotto la propria responsabilita` secon- do la quale la stazione appaltante e` gia` in possesso dei documenti da fornire, naturalmente ove questi conservi- no la loro validita` (si veda in proposito anche art. 18, legge 7 agosto 1990, n. 241).
E` poi ragionevole ritenere che il riferimento al possesso
debba riguardare quella specifica amministrazione o co- munque l’apparato amministrativo a cui appartiene l’uf- ficio che svolge le funzioni di stazione appaltante, senza potersi riferire ad altre amministrazioni o, in generale, alla pubblica amministrazione.
U
Il termine
n problema di notevole rilievo, per gli ef- fetti che la relativa soluzione e` in grado di produrre sulle situazione soggettive dei par-
tecipanti alla gara sorteggiati per le verifiche circa il possesso dei requisiti di capacita`, e` costituito dalla natura del termine di dieci giorni decorrente «dalla data della richiesta medesima« di comprovare tali requisiti con la presentazione della documentazione indicata nel bando e nella lettera di xxxxxx.
E` indiscutibile che tale termine comincera` a decorrere
dalla data in cui la richiesta perviene al partecipante sorteggiato (12).
Ma il problema piu` delicato e` quello di stabilire se il termine in questione sia perentorio, cioe` non possa esse- re abbreviato o prorogato o invece debba ritenersi ordi- natorio, cioe` possa essere abbreviato o prorogato o co- munque non sia stabilito a pena di decadenza.
Dei «termini» dispone - come noto - il codice del rito civile, nel libro primo, titolo VI, cap. II, agli artt. 152- 155.
Per la verita`, il secondo comma dell’art. 152 sancisce che i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari perentori (13).
I termini perentori sono quelli la cui decorrenza da` luo- go automaticamente alla decadenza del potere di com-
piere l’atto (14) o, come ci si esprime efficacemen- te (15), il termine perentorio concreta un fatto giuridi- co strutturalmente autonomo caratterizzato da una pro- pria efficacia di tipo estintivo.
Peraltro la rigida indicazione dell’art. 152 del codice del rito civile, che di se´ si riferisce per la sedes materiae e per espressa indicazione del legislatore, solo ai termini per il compimento degli atti del processo, non ha carattere tassativo, perche´ la perentorieta` del termine puo` anche
«discendere dalla qualificazione dell’atto e dalla sua sus- sunzione sotto una determinata norma» (16).
Nel diritto pubblico ed in specie nel diritto amministra- tivo i termini sono generalmente perentori, «all’eviden- te scopo di non lasciare troppo a lungo nell’incertezza le situazioni giuridiche determinate o circoscritte dagli atti della pubblica amministrazione» e sono di conseguenza brevi, in quanto la loro commisurazione e` ispirata al ge- nerale principio del favor per il pubblico interesse al quale e` appunto uniformata l’azione della pubblica am- ministrazione (17).
Nel caso in esame non si possono, a nostro avviso, nu- trire dubbi circa il carattere perentorio del termine di dieci giorni fissato dall’art. 10, 1-quater della legge 109/ 94 nel testo introdotto dalla legge 415/98 per la presen- tazione dei documenti attestanti il possesso dei requisiti di capacita` economico-finanziaria e tecnico-amministra- tiva richiesti dal bando di gara.
Non solo l’assunto e` derivato dai principi generali piu`
avanti richiamati, ma ancora di piu` dal dettato legislati- vo, xxxxxx´ dalla mancata presentazione o da una pre-
Note:
(12) La Corte Costituzionale si e` pronunciata sul problema della decor- renza dei termini, soprattutto quando essa abbia ripercussioni sul diritto di difesa, affermando che «non e` garantita l’effettivita` del diritto di difesa tu- telato dall’art. 24 Cost., quando l’inizio del decorso del termine d’impu- gnazione non coincida con la concreta conoscibilita` dell’atto da impugna- re», in Xxxxx Xxxx. 00 dicembre 1990, n. 538. La Xxxxx xx Xxxxxxxxxx, xxx. X, 00 marzo 1988, n. 2536, ha a sua volta affermato che «la notifica per mezzo del servizio postale non si esaurisce con la spedizione dell’atto, ma si perfeziona con la consegna del relativo plico al destinatario». Xxxxxx X., nella nota a T.A.R. Piemonte 69/2000 cit., non manca di ricordare che «contrariamente a quanto sostenuto da taluno, la decorrenza del ter- mine va collegata al ricevimento della richiesta, e non certo dalla data di invio, altrimenti il termine da esiguo diventerebbe addirittura impossibile da rispettare, con esiti applicativi al limite del paradosso». Per l’opinione contraria Xxxxxxxx B., La nuova legge sui lavori pubblici, ed. ICA, 1999, 86
(13) Il codice di procedura civile del 1865 si esprimeva con formula di- versa e probabilmente piu` precisa all’art. 46 (I termini, scaduti i quali la leg- ge stabilisce la decadenza o la nullita`, sono perentori...), mettendo in risalto non tanto l’espressa dichiarazione della legge, che a volte puo` mancare, ma piuttosto l’effetto che la legge riconnette al trascorrere del termine.
(14) Xxxxxxxxx X., Corso di diritto processuale civile, Torino, 1995, I, 376.
(15) Xxxxxxx N., Dei termini, in Commentario del codice di diritto processuale civile, diretto da Xxxxxxx E., I, Torino 1973, 1537.
(16) Cos`ı, come sempre, acutamente si esprime Satta S., in Commentario al codice di procedura civile, Milano, 1959, libro primo, sub art. 152, pp. 532-533 e Xxxx. 30 luglio 1951, n. 2229; anche peraltro: Xxxxxxxx X., Commentario al codice di procedura civile, Napoli, 1961, sub art. 152, 408.
(17) Sul punto in particolare: Xxxxxx X., voce Termine (diritto amministra- tivo), in Enc. Dir., Vol. XLIV, Milano 1992, 223-224.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
827
sentazione difforme da quanto dichiarato nella doman- da di partecipazione alla gara si fa automaticamente de- rivare l’applicazione della sanzione nella norma stessa prevista (18).
Dalla natura perentoria del termine di dieci giorni per comprovare il possesso dei requisiti indicati dalla norma, ne discende che l’applicazione delle sanzioni previste avviene automaticamente sia allorquando la prova non e` fornita, sia quando essa attesti la difformita` rispetto a quanto il soggetto partecipante alla gara aveva dichiara- to nella domanda o nell’offerta.
Si prescinde a questo punto sia dall’effettivo possesso dei requisiti da parte dell’impresa, sia dal dato che la do- cumentazione che li attesti, li comprovi o li renda evi- denti pervenga trascorso il termine perentorio di giorni dieci dal ricevimento della richiesta.
L
Le sanzioni
e sanzioni, poi, sono quelle tassativamente previste dalla norma in esame: esclusione del concorrente dalla gara, escussione della cau-
zione provvisoria, segnalazione del fatto all’Autorita` per la vigilanza sui lavori pubblici per l’applicazione della sanzione amministrativa di cui all’art. 4, com- ma 7 della medesima legge 109/94 e della sospensio- ne da tre a sei mesi dalla partecipazione alle proce- dure di affidamento di lavori pubblici, come previsto dall’art. 8, comma 7 della legge.
Come si vede si tratta di sanzioni pesanti, nell’applica- zione delle quali, al verificarsi dei rigidi presupposti indi- cati, i soggetti aggiudicatori non hanno discrezionalita` neppure nella loro graduazione, discendendo esse dalla formale violazione del precetto primario costituito insie- me dalla necessita` di dare la prova positiva del fatto ri- chiesto e di darla nel termine perentorio di dieci giorni. Tra le sanzioni che le amministrazioni o i soggetti aggiu- dicatori dovranno applicare assume rilievo l’escussione della cauzione prestata insieme alla presentazione del- l’offerta per l’affidamento dei lavori e che, allo stato, l’art. 30 della legge 109/94 indica pari al 2 per cento dell’importo dei lavori stessi.
Secondo il dettato della legge e secondo l’interpretazio- ne concreta che si e` data alla prestazione di tale cauzio- ne, essa funge da garanzia per l’adempimento da parte dell’aggiudicatario dell’obbligo di concludere il contratto di appalto, s’intende nel caso di aggiudicazione agli esiti della gara.
La cauzione ha, in altri termini, funzione simile alla clausola penale (art. 1382 c.c.) (19) fungendo da risar- cimento, indipendentemente dalla prova del danno, in caso di inadempimento (sottoscrizione del contratto) o da ritardo nell’adempimento (mancata sottoscrizione nei tempi previsti).
L’originaria e tipica funzione della cauzione come fin qui si e` esposto, assume, quindi, con l’introduzione del comma 1-quater dell’art. 10 della legge Merloni, un’ulte- riore funzione che e` quella di esser posta anche a garan-
zia della correttezza e linearita` del comportamento pre- contrattuale che si manifesta appunto in sede di presen- tazione dell’offerta e quindi la relativa escussione viene a sanzionare una sorta di responsabilita` precontrattuale delle imprese partecipanti alle gare di appalto (art. 1337 c.c.) (20).
Il rigore del disposto che stiamo esaminando, che sotto- pone alla stessa sanzione l’impresa inerte e l’impresa che ha reso dichiarazione infedeli, impone tuttavia di esonerare dall’applicazione delle sanzioni il soggetto che possa dimostrare che l’intempestivita` o l’incomple- tezza della presentazione dei documenti richiesti dipen- da da cause o fatti a lui non imputabili o siano dovuti ad errori materiali e formali operati da terzi ed estranei quindi dalla sfera di azione dell’impresa gravata dell’o- nere.
Note:
(18) Sul punto la giurisprudenza e` pressoche´ unanimemente concorde. Senza riserve favorevole alla tesi: T.A.R. Veneto, sez. I, 13 dicembre 2000, n. 2804; T.A.R. Piemonte, sez. II, 22 gennaio 2000, n. 69; T.A.R. Lazio, sez. III bis, 30 maggio 2000, n. 4437; T.A.R. Toscana, sez. I, 6 no- vembre 2000, n. 2273 e Cons. Stato, sez. VI, ord., 13 febbraio 2001, n. 1020. In senso contrario, invece, T.A.R. Lombardia, sez. III, ord., 23 no- vembre 2000, n. 3841. Il Consiglio di Stato (sez. IV, 6 aprile 1987, n. 204) anche se aveva in via generale dedotto la natura ordinatoria dei ter- mini stabiliti per il completamento di atti del procedimento amministrati- vo, aveva peraltro ammesso la natura perentoria del termine a seguito del cui decorso la legge faccia derivare una decadenza. In senso piu` rigoroso per la perentorieta` del termine in procedimenti amministrativi, anche senza espressa indicazione di decadenza da parte della legge, si vedano: Cass., sez. lav. 20 aprile 1984, n. 2608; Cass., sez. lav. 20 gennaio 1986, n. 352.
(19) In questo senso, T.A.R. Toscana, sez. I, 14 settembre 1995, n. 430; Cass., sez. III, 20 maggio 1999, n. 4912; T.A.R. Campania, 11 giugno 1999, n. 1604; T.A.R. Lazio, sez. III, 29 marzo 2000, n. 2443, in TAR 2000, 4, 1772, nella quale si afferma, a proposito della cauzione provviso- ria del 2%, che «in tal modo, il Legislatore ha inteso introdurre una clau- sola penale (art. 1382 c.c.), piuttosto che una caparra confirmatoria (art. 1385 c.c.), atteso che appare manifesta l’intenzione di predeterminare la conseguenza dell’inadempimento (incameramento della cauzione), in fun- zione di liquidazione forfetaria del danno subito, prescindendo quindi, da qualsiasi considerazione sull’esatta portata quantitativa del nocumento pa- tito omissis». In generale sul tema dell’apposizione di clausola penale in convenzioni tra p. a. e privati, si segnala l’interessante parere del Cons. Stato, sez. II, 11 gennaio 1996, n. 3157.
(20) Sul tema generale della responsabilita` pre-contrattuale, di estremo interesse e` l’analisi compiuta da Xx Xxxxxxx X., Correttezza e diligenza pre- contrattuali: il problema economico, in Riv. Dir. Comm. 1999, I, 565. L’au- tore compie un’esauriente ricostruzione della responsabilita` pre-contrat- tuale, analizzando attentamente le problematiche sottese al comporta- mento delle parti nella fase di formazione del contratto, non soltanto dal punto di vista giuridico, ma anche dal punto di vista economico. Xx Xx- xxxxx esordisce affermando che «Nella fase di formazione del contratto sono normalmente presenti asimmetrie di informazione tra le parti con- traenti. Una parte puo` avere piu` informazioni dell’altra su circostanze inerenti alla contrattazione; e si presume che una parte abbia piu` infor- mazioni dell’altra su circostanze che riguardano la propria sfera o la sfera sotto il proprio controllo (sulle proprie qualita` personali, sulle qualita` della propria prestazione, del proprio bene ecc.), inerenti al contratto da concludere. La presenza di asimmetrie crea le condizioni favorevoli per- che´ la parte con piu` informazioni intraprenda azioni disoneste di vario ti- po (moral hazard), che possono consistere anche nel dare informazioni false in senso ampio, a proprio vantaggio e a svantaggio dell’altra» (citata pag. 565 ss.).
828 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
Cos`ı potrebbe verificarsi ad esempio nel caso di mate- riale impossibilita` dell’ufficio pubblico di fornire il docu- mento richiesto o di errore commesso dall’ufficio nella redazione della certificazione da inoltrare.
In questo caso il soggetto partecipante avra` l’onere di comunicare tempestivamente e nei termini alla stazione appaltante le ragioni del ritardo o dell’incompiutezza per far apprezzare alla stessa la non imputabilita` del fatto e l’eventuale concessione di una proroga o la correzione d’ufficio dell’errore materiale (21).
Del resto un’interpretazione diversa legata al dato for- male richiesto dalla norma, prescindendo quindi dal- l’imputabilita` in capo al soggetto obbligato, sarebbe tan- to irragionevole da rischiare la sanzione di illegittimita` costituzionale per violazione del principio di ragionevo- lezza (22).
E`, poi, del tutto evidente che il comportamento dei
soggetti aggiudicatori in sede di applicazione delle san- zioni qui esaminate e` soggetto al controllo giurisdizio- nale in sede di giurisdizione esclusiva del giudice ammi- nistrativo, il quale potra` rilevare - e diremo in primo luogo - l’insussistenza della fattispecie prevista dalla norma ed erroneamente affermata dalla stazione appal- tante.
Va, inoltre, segnalato che l’ulteriore applicazione della sanzione amministrativa del pagamento di una somma, rimessa all’Autorita` per la vigilanza sui lavori pubblici, ai sensi dell’art. 4, comma 7, della legge 109/94, e` sotto-
Vi e` da dire, peraltro, che la disposizione in esame pone il termine per la richiesta dei documenti attestanti il possesso dei requisiti di cui si discute all’aggiudicatario e al secondo classificato solo a carico della stazione appal- tante («La suddetta richiesta e`, altres`ı, inoltrata entro dieci giorni dalla conclusione delle operazioni di ga- ra...») per il compimento di attivita` amministrative.
Non puo`, quindi, trattarsi che di un termine avente na- tura sollecitatoria ai fini della rapida conclusione del procedimento, la cui mancata osservanza non produce conseguenze, ne´ tanto meno sanzioni di decadenza dal diritto di richiedere la comprova del possesso di tali re- quisiti.
Non e`, invece, fissato dalla legge alcun termine per l’a- dempimento da parte dei soggetti richiesti (aggiudicata- rio e secondo classificato), che peraltro potra` (o meglio dovra`) essere indicato dalla stazione appaltante nell’atto di comunicazione.
Tale termine, tuttavia, non si ritiene possa avere carat- tere perentorio, in correlazione anche a quanto stabilito da precedenti analoghe disposizioni (art. 19, legge 584/ 1977 e 30, D.Lgs. 406/91), che la giurisprudenza ritene- va non avere carattere vincolante sulla automatica de- cadenza dall’aggiudicazione (23), ma soprattutto perche´ in assenza di un termine perentorio non puo` negarsi al- l’amministrazione il diritto di avvalersi o meno del de- corso del termine per la prevalenza che puo` assumere
posta all’accertamento dell’omissione fatta «senza giusti-
ficati motivi» e quindi ad un apprezzamento discrezio- nale e ragionevole da parte dell’Autorita` Amministrati- va.
Resta, infine, da esaminare la seconda parte della nor- ma, che come si e` indicato all’inizio, individua una fat- tispecie diversa e che si distingue nettamente dalla pre- cedente per la sua intrinseca ratio, uscendo fuori dal- l’ambito delle cosiddette verifiche a campione.
In questo caso, infatti, si effettua sull’aggiudicatario, si potrebbe dire quasi obbligatoriamente, perche´ egli deve comunque dimostrare il possesso dei requisiti anche di capacita` economico-finanziaria e tecnico-organizzativa previsti dal bando.
Inoltre la verifica si effettua sul «concorrente che segue in graduatoria» ci pare, prevalentemente, per finalita` preventive (se dovesse essere escluso l’aggiudicatario, l’a- nalisi sul secondo classificato, possibile nuovo aggiudica- tario, sarebbe gia` fatta) e acceleratorie della conclusione della procedura.
Peraltro l’effetto della verifica nel caso che si riscontrino inadempimenti agli oneri di produzione o ritardi colpe- voli, oltre il limite del termine concesso, anche del se- condo classificato, produce inevitabilmente la ridetermi- nazione della soglia di anomalia dell’offerta, definita ai sensi dell’art. 21, comma 1-bis della legge n. 109/94 e, quindi, una diversa eventuale nuova aggiudicazione a favore di un soggetto diverso da quello risultante vinci- tore prima della verifica.
Note:
(21) Per un’interpretazione analoga a quella proposta nel testo si veda:
T.A.R. Piemonte, sez. II, 22 gennaio 2000, n. 69, ove si e` affermata l’i- napplicabilita` della sanzione ad un’impresa che aveva presentato, per erro- re della Camera di Commercio, bilanci afferenti a due esercizi di una so- cieta` omonima a quella richiesta, di cui peraltro l’obbligato aveva acqui- stato un ramo di azienda.
(22) L’elemento soggettivo e` regolato dall’art. 3, comma 1, legge 689/81, il quale prevede che «nelle violazioni cui e` applicabile una sanzione am- ministrativa ciascuno e` responsabile della propria azione od omissione, co- sciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa». Nella legge penale le ipo- tesi di responsabilita` obiettiva sono espressamente regolate dall’art. 42, comma 3, c.p. che dispone « la legge determina i casi nei quali l’evento e` posto altrimenti a carico dell’agente, come conseguenza della sua azione od omissione». In materia si segnala Cass., sez. I, 11 giugno 1987, n. 5071, in cui si dice che a proposito dell’autore di violazioni per le quali e` prevista sanzione amministrativa «il quale e` scriminato soltanto in man- canza di colpa, al pari di quanto avviene in materia penale per i delitti colposi e le contravvenzioni, alle quali le infrazioni amministrative sono al riguardo equiparate». Sul tema della colpevolezza, Cerbo P., op. cit., 76, ricorda come «affinche´ un soggetto sia punito con una sanzione ammini- strativa e` necessario che la violazione, per la quale e` prevista la sanzione, sia in qualche modo imputabile a quel soggetto; in altre parole egli deve esserne, in base a quanto previsto astrattamente dalla legge, responsabile: solo in presenza di una simile situazione di imputabilita`, del resto, si puo` muovere ad un soggetto un rimprovero (che rende possibile la successiva applicazione della sanzione amministrativa)».
(23) Interpretazione analoga, con qualche attenuazione, non condivisa, circa la vincolativita` dell’applicazione della sanzione, si trova nella Circo- lare MM.LL.PP. 25 ottobre 1999 n. 1285/508/333, che si puo` leggere in questa Rivista, 2000, 2, 133 ss. e in particolare p. 135. Nel senso del testo si erano espresse tra le altre decisioni: T.A.R. Toscana, sez. I, 28 luglio 1983, n. 723 in TAR 1983, I, 3575; T.A.R. Umbria, 2 settembre 1988, n. 268 in TAR 1988, I, 3400.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
829
l’interesse pubblico di addivenire all’aggiudicazione ad un’offerta seria e conveniente.
Una volta, invece, che il termine, anche eventualmen- te prorogato, sia decorso e in modo piu` evidente quan- do sia riscontrata la presenza di dichiarazioni non veri- tiere non avallate dal riscontro positivo dei requisiti ri- chiesti in ordine alla capacita` economico-finanziaria e tecnico-amministrativa, la stazione appaltante e` vinco- lata nell’applicazione delle identiche sanzioni previste per i soggetti sorteggiati preliminarmente alla formazio-
ne della graduatoria e, come abbiamo visto, in sede pre- liminare di verifica.
Anzi in questo caso l’inadempimento si rivela anche piu` grave perche´ esso normalmente produce la modifi- cazione della graduatoria per effetto del ricalcolo della soglia di anomalia, rende vane attivita` amministrative compiute a volte anche di natura lunga e complessa, sconvolge posizioni di affidamento e comunque adduce discredito alla stessa serieta` delle procedure di selezione concorrenziale dei soggetti migliori.
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
Centro per la formazione e l’aggiornamento professionale degli avvocati
I SEMINARI DELL’AVVOCATURA
Xxxx - Xxxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxxx, Xxx Xxxxxxxx, 0
Programma
30 giugno 2001 LA TESTIMONIANZA
NEL PROCESSO
Esame e controesame nel processo penale
Prof. Avv. Xxxxxxxx Xxxxx
La prova giudiziale civile
Prof. Avv. Xxxxxxxx Xxxxx
Il contributo della psicologia nella formulazione e valutazione della prova
Prof. Avv. Xxxxxxxx Xx Xxxxxxx
13 ottobre 2001 LE TECNICHE
DELL’INTERPRETAZIONE
Il linguaggio della legge
Xxxx. Xxxxxxx Xxxxx
La verifica di legittimita` costituzionale della norma
Prov. Avv. Xxxxxxxxxx Xxxx
La interpretazione e l’applicazione delle norme comunitarie
Prof. Avv. Xxxxxxx Xxxxxxx
17 novembre 2001 LE TECNICHE DIFENSIVE
NEL PROCESSO DEL LAVORO
Problematiche di qualificazione o inquadramento del rapporto giuridico controverso
Prof. Avv. Xxxxxxxx Xxxxxxx
Adattamenti delle tecniche difensive nelle controversie del lavoro
dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni
Prof. Avv. Xxxxx Xxxxxxx
Disciplina dell’onere probatorio e disparita` sostanziale delle parti
Prof. Avv. Xxxxxxx Xxxxxxxxx
I lavori saranno coordinati dall’avv. Xxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxx
830 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
Affidamento, esecuzione e giurisdizione alla luce
della L. 205/2000: rigenerazione o omologazione del G.A.? (*)
di XXXXXXX XXXXX
La legge n. 205/2000 ha ulteriormente ampliato le competenze ed i poteri del giudice amministrativo e ha sostanzialmente omologato le tutele offerte dallo stesso e dal giudice ordinario. Tuttavia, secondo la giurisprudenza, numerose controversie sull’esecuzione dei contratti pubblici restano ancora attribuite al giudice ordinario. Il sistema che ne consegue appare imperfetto; di qui alcune proposte, in attesa di una riforma costituzionale.
L
Inquadramento normativo ed approccio alle problematiche
a prima disposizione di interesse e` l’art. 33 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come sosti- tuito dall’art. 7, comma 1, lett. a), della legge
21 luglio 2000, n. 205, nella parte di seguito riporta- ta:
«1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudi- ce amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli afferenti alla vigilan- za sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobiliare, al servizio farmaceutico, ai trasporti, alle telecomunica- zioni e ai servizi di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481.
2. Tali controversie sono, in particolare, quelle:
b) tra le amministrazioni pubbliche e i gestori comun- que denominati di pubblici servizi;
d) aventi ad oggetto le procedure di affidamento di ap- palti pubblici di lavori, servizi e forniture, svolte da sog- getti comunque tenuti all’applicazione delle norme co- munitarie o della normativa nazionale o regionale;
e) riguardanti le attivita` e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell’espletamento di pubblici servizi, ivi comprese quelle rese nell’a`mbito del Servizio sanitario nazionale e della pubblica istruzione, con esclusione dei rapporti individuali di utenza con soggetti privati, delle controversie meramente risarcito- rie che riguardano il danno alla persona o a cose e delle controversie in materia di invalidita`».
Si passa poi alle novita` normative apportate dalla legge
n. 205/2000, costituite, rispettivamente, dall’art. 6 e dal- l’art. 4, che ha inserito l’art. 23-bis della legge 6 dicem- bre 1971, n. 1034.
Secondo il comma 1 del citato art. 6, dal titolo «Dispo- sizioni in materia di giurisdizione»: «Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie relative a procedure di affidamento di la- vori, servizi o forniture svolte da soggetti comunque te- xxxx, nella scelta del contraente o del socio, all’applica- zione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla norma- tiva statale o regionale».
Ai sensi dell’art. 23-bis, comma 1, lett. b) e c), della leg- ge n. 1034/1971 «Le disposizioni di cui al presente arti- colo si applicano nei giudizi davanti agli organi di giu- stizia amministrativa aventi ad oggetto:
b) i provvedimenti relativi alle procedure di aggiudica- zione, affidamento ed esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilita`, ivi compresi i bandi di gara e gli atti di esclusione dei concorrenti, nonche´ quelli relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate alle predette opere;
c) i provvedimenti relativi alle procedure di aggiudica- zione, affidamento ed esecuzione di servizi pubblici e forniture, ivi compresi i bandi di gara e gli atti di esclu- sione dei concorrenti».
Le norme della legge n. 205/2000 costituiscono senza dubbio punto di partenza ma sono, in parte, anche mo- mento di arrivo, rappresentando il recepimento di prin- cipi affermati dalla giurisprudenza.
Nota:
(*) Il testo e` quello dell’intervento, dal titolo «Affidamento, esecuzione e giurisdizione», tenuto al convegno su «I servizi pubblici nella legge 21 lu- glio 2000 n. 205», svoltosi a Cagliari - Pula, Hotel «Is Morus», nei giorni 25, 26 e 27 maggio 2001.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
831
Si vedra` in breve che cosa e` successo, che sta succeden- do, cosa non e` accaduto e quello che, invece, potrebbe accadere. Ma il sistema, lo si anticipa gia` da ora, appare imperfetto per due ordini di considerazioni:
a) l’indeterminatezza della nozione di servizio pubblico: quasi concetto-fisarmonica, estensibile o restringibile, a tutto detrimento degli utenti del servizio giustizia (ve- dremo come la tendenza del giudice amministrativo e` nel primo senso e quella del giudice ordinario, anche se non sempre, nel secondo);
b) le eccezioni, le quali comportano che, nell’ambito della materia del servizio pubblico attribuita al giudice amministrativo, vi siano invece degli spazi, non di poca rilevanza, riservati al giudice ordinario.
’L
Le controversie tra le amministrazioni pubbliche e i gestori di servizi pubblici
art. 33, comma 2, lett. b), del D.Lgs. n. 80/ 1998, come sostituito dall’art. 7, comma 1, lett. a), della legge n. 205/2000, ha compor-
tato il superamento delle questioni di giurisdizione sorte sulla natura dei gestori dei servizi e dei loro at- ti, e ha reso irrilevante l’esame sulla sussistenza di una formale concessione in favore del gestore, dato che la nozione di servizio pubblico non e` necessaria- mente connessa al suo rilascio. Quello che rileva e` la qualita` di gestore di pubblico servizio, indipen- dentemente dal titolo giuridico in base al quale av- viene la gestione: legge o provvedimento ammini- strativo. Si prescinde, quindi, dall’esistenza della concessione e dalla necessita` di impugnare atti o provvedimenti.
La giurisdizione esclusiva si estende a tutti gli aspetti del rapporto intercorrente tra l’amministrazione ed il sogget- to gestore, indipendentemente dal modulo organizzativo adottato. Le controversie tra le amministrazioni pubbli- che e i gestori, comunque denominati, di servizi pubbli- ci coprono l’intero ambito delle questioni di carattere patrimoniale e contrattuale relative ai diritti ed obblighi reciproci tra l’amministrazione ed il soggetto gestore del servizio pubblico, inerenti la gestione stessa.
La disposizione ha comportato, inoltre, il superamento della giurisprudenza della Corte di Cassazione, la quale aveva ritenuto che, nel caso di gara bandita da societa` concessionaria della pubblica amministrazione, pure se limitatamente alla realizzazione dell’opera, l’impugnazio-
strativo (2). Mentre, nell’ipotesi di gara bandita, per la conclusione di un appalto di lavori pubblici, da parte di una societa` per azioni la quale non sia concessionaria dell’amministrazione, anche se abbia capitale pubblico di maggioranza o totale partecipazione pubblica, oppure sia stata costituita ad iniziativa di un ente pubblico, gli atti di gara dovevano essere impugnati innanzi al giudi- ce ordinario (3). Cio` in quanto l’insussistenza di una concessione comportava la mancanza dell’esercizio di pubbliche funzioni da parte del soggetto concessionario. La giurisprudenza della Corte di Cassazione, che aveva dato adito a tutta una serie di critiche da parte della dottrina, incentrate soprattutto sull’inesattezza giuridica della tesi dell’«organo indiretto» e sull’esigenza di far confluire innanzi ad un solo giudice la contestazione de- gli atti di una gara indetta per la realizzazione di un’ope- ra pubblica, e` stata poi successivamente superata.
Il Consiglio di Stato ha dapprima affermato che i sog- getti privati i quali aggiudicano gare di appalto di opere pubbliche - ove presentino le caratteristiche richieste dalla disciplina comunitaria e dalla legislazione interna di adeguamento, limitatamente agli atti della serie pro- cedimentale di evidenza pubblica - sono pubbliche am- ministrazioni in senso soggettivo, come tali deputati al- l’esercizio di potesta` pubbliche capaci di sortire un effet- to di affievolimento nei confronti delle posizioni dei partecipanti alla gara (4). Ha poi ritenuto che tutte le controversie relative a gare di appalto sottoposte alle re- gole dell’evidenza pubblica, ancorche´ la stazione appal- tante sia un soggetto privato, rientrino nella giurisdizio- ne del giudice amministrativo; cio` sempre per il motivo che i soggetti privati, laddove operino come ammini- strazioni aggiudicatrici, devono qualificarsi pubbliche amministrazioni in senso soggettivo (5). Nel medesimo senso si e` orientata la Corte di Cassazione, ritenendo l’attribuzione delle dette controversie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (6).
E` essenziale l’attinenza delle controversie alla gestione
del servizio. Esse possono riguardare l’attuazione degli accordi conclusi tra amministrazione e soggetto gestore al fine di disciplinare le modalita` di svolgimento del ser- vizio pubblico, le convenzioni contenenti gli obblighi e i diritti delle parti regolanti i rapporti tra gli enti locali azionisti e la societa` per azioni (art. 120, comma 4, del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, in tema di societa` per
ne del bando e degli atti della gara spettasse alla giuri-
sdizione del giudice amministrativo, sulla considerazione che gli atti del concessionario, quando siano rivolti al- l’esercizio delle pubbliche funzioni trasferite dalla conce- dente, hanno carattere di atti amministrativi, ancorche´ provenienti da un organo indiretto dell’amministrazio- ne, e sono quindi soggetti ai rimedi giurisdizionali ap- prestati per questi atti (1). Cos`ı che, sia le controversie relative alle concessioni cos`ı dette di pubbliche funzio- ni, sia quelle di sola costruzione, sono state ritenute ri- servate alla giurisdizione esclusiva del giudice ammini-
Note:
(1) Cass., Sez. Un., 29 dicembre 1990, n. 12221.
(2) Cass., Sez. Un., 10 dicembre 1993, n. 12166.
(3) Cass., Sez. Un., 6 maggio 1995, n. 4991, conosciuta anche con il no- me di «Siena Parcheggi»; Cass., 27 marzo 1997, n. 2738; Cass., 4 gennaio 1993, n. 3.
(4) Cass., sez. VI, 27 ottobre 1998, n. 1478.
(5) Cass., sez. VI, 5 aprile 2000, n. 1948.
(6) Cass., Sez. Un., 13 febbraio 1999, n. 64; Cass., 12 giugno 1999, n. 332; Cass., 24 febbraio 2000, n. 40.
832 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
azioni di trasformazione urbana), oppure i rapporti tra l’ente, o gli enti pubblici, e i soci privati nelle societa` miste con capitale pubblico di minoranza (che sono re- golati all’atto della costituzione della societa`, o con ap- posite convenzioni, in modo da assicurare il corretto svolgimento del servizio e la permanente verifica della conformita` dell’assetto societario all’interesse pubblico alla gestione del servizio: art. 5 del D.P.R. 16 settembre 1996, n. 533. Vi rientrano, inoltre, la controversia avente ad oggetto la rescissione del contratto di appalto di un pubblico servizio (7) e tutte le pretese risarcitorie fatte valere dall’amministrazione nei confronti del gesto- re, conseguenti alla violazione di obblighi nascenti dal rapporto stesso.
Se non sussiste l’attinenza delle controversie alla gestio- ne del servizio - ad esempio, nel caso di vertenze a se- guito di locazione di un immobile concesso da un sog- getto gestore di servizio pubblico a favore dell’ammini- strazione - si esce dall’orbita dell’art. 33, comma 2, lett. b), del D.Lgs. n. 80/1998, come sostituito dall’art. 7, comma 1, lett. a), della legge n. 205/2000.
I
Le controversie sulle procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture
l combinato disposto dell’art. 33, comma 2, lett. d), del D.Lgs. n. 80/1998, come sostituito dal- l’art. 7, comma 1, lett. a), della legge n. 205/ 2000, e dell’art. 6 della legge n. 205/2000, ha com- portato il superamento della problematica sull’appli- cazione della normativa alle sole procedure indette ed espletate da soggetti preposti alla gestione di ser- vizi pubblici, o a tutte quelle sottoposte al rispetto delle norme comunitarie o della normativa naziona- le o regionale, indipendentemente dalla qualificazio- ne del soggetto che le indice. La giurisprudenza pre- valente - nella ricerca di un’interpretazione armoni- ca con il comma 1 del citato art. 33 e coerente con i margini tracciati dal legislatore delegante con l’art. 11, comma 4, lett. g), della legge 15 marzo 1997, n. 59 (entrambe le norme parlano di servizi pubblici) - aveva limitato la disposizione dell’art. 33, comma 2, lett. d) (ex lett. e), del D.Lgs. n. 80/1998 ai soli ap- palti «strumentali» alla gestione di un pubblico ser-
vizio (8).
L’art. 6 della legge n. 205/2000, conformemente alla giurisprudenza, sia del Consiglio di Stato (9) che della Corte di Cassazione (10), ha demandato alla giurisdizio- ne esclusiva del giudice amministrativo tutte le contro- versie relative a procedure di affidamento di lavori, ser- vizi o forniture svolte da soggetti comunque tenuti al- l’applicazione della normativa comunitaria o al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica. La giurispruden- za amministrativa, gia` antecedentemente al D.Lgs. n. 80/1998, aveva considerato rientrante nella propria giu- risdizione le controversie concernenti procedure di ap- palto bandite da soggetti che, pur essendo formalmente
privati, fossero tenuti al rispetto delle norme di evidenza pubblica (11).
L’irragionevolezza consisteva nella circostanza che, se la procedura ad evidenza pubblica era posta in essere da un ente gestore di un servizio pubblico, si radicava la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sen- si dell’art. 33, comma 2, lett. d), del D.Lgs. n. 80/1998 - come sostituito dall’art. 7, comma 1, lett. a), della legge
n. 205/2000 - con tutti i connessi poteri (istruttori e de- cisori) di cui al successivo art. 35, compreso quello alla condanna al risarcimento del danno. Mentre, nell’ipote- si in cui la procedura concorsuale era indetta da un sog- getto non gestore, l’attribuzione alla giurisdizione gene- rale di legittimita` del giudice amministrativo impediva al medesimo di disporre dei detti poteri; con la conse- guenza che, per ottenere il risarcimento del danno, si doveva successivamente andare innanzi al giudice ordi- nario.
Anche tale problematica appare superata dalle nuove disposizioni della legge n. 205/2000, che, tra l’altro, hanno consentito al giudice amministrativo, nell’ambito di ogni materia attribuita alla sua giurisdizione (non solo quella esclusiva), di conoscere di tutte le questioni rela- tive all’eventuale risarcimento del danno, anche attra- verso la reintegrazione in forma specifica, ed agli altri diritti patrimoniali conseguenziali, ed hanno ampliato i poteri istruttori (nuovo testo dell’art. 7, comma 3, della legge n. 1034/1971 e art. 16 della legge n. 205/2000).
L’art. 6 della legge n. 205/2000 ha reso pleonastica la disposizione dell’art. 33, comma 2, lett. d), del D.Lgs.
n. 80/1998 - come sostituito dall’art. 7, comma 1, lett. a), della legge n. 205/2000 - che si sarebbe dovuta eli- minare in quanto ricompresa nella prima. Nell’esigenza di rimediare all’intervento della sentenza della Corte Costituzionale 17 luglio 2000, n. 292, le disposizioni del citato art. 33 sono state inserite nel testo del dise- gno di legge contenenti le disposizioni in materia di giustizia amministrativa senza raccordarle con le altre preesistenti.
La giurisprudenza, nelle prime applicazioni della nuova normativa, si e` orientata nel senso che le liti attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sono solo quelle attinenti alla fase pubblicistica di affi- damento dell’appalto; fase caratterizzata dall’evidenza pubblica, che si apre con il bando di gara e si conclude
Note:
(7) T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 27 novembre 2000, n. 4422.
(8) Cons. Stato, sez. V, 10 aprile 2000, n. 2078 e T.A.R. Piemonte, sez. II, 21 gennaio 1999, n. 17.
(9) Tra le tante, Cons. Stato, sez. VI, 9 maggio 2000, n. 2681.
(10) Cass., Sez. Un., 13 febbraio 1999, n. 64, in questa Rivista 1999, 6, 616 con commento di V. de Gioia, Le Sezioni Unite cambiano rotta sugli appalti comunitari indetti dalle S.p.a miste.
(11) Cons. Stato, sez. V, 7 giugno 1999, n. 295, in questa Rivista 1999, 9, 983 con commento di X. Xxxxxx, Gli appalti del Grande Giubileo del 2000, riparto di giurisdizione.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
833
con l’aggiudicazione, comprendendovi anche i provve- dimenti di non ammissione alla gara o di esclusione dei vari concorrenti e quelli che incidono in autotutela su- gli stessi. Sono, invece, escluse le controversie relative alla successiva e distinta fase di esecuzione del contrat- to, di natura privatistica, che sono devolute al giudice ordinario siccome generalmente incidenti su posizioni di diritto soggettivo. Tutto quello che accade dopo la definizione della gara, ossia dopo l’aggiudicazione ed a seguito della sottoscrizione del contratto, non rientra nell’ambito dell’art. 33, comma 2, lett. d), del D.Lgs. n. 80/1998 - come sostituito dall’art. 7, comma 1, lett. a), della legge n. 205/2000; fatta eccezione per eventuali provvedimenti che, in quanto esplicazione di potere autoritativo, incidono su posizioni di interesse legitti- mo, quali quelli relativi all’aggiudicazione (ad esempio, annullamento o revoca della stessa) o all’approvazione del contratto.
Secondo la Corte di Cassazione, in particolare, sono at- tribuite al giudice ordinario le vertenze tra il gestore di un servizio pubblico ed i suoi fornitori (di beni o attivi- ta` strumentali) che siano attinenti al momento dell’ese- cuzione dei relativi contratti. Tali sono quelle relative al momento esecutivo di contratti di appalto di fornitu- ra stipulati dal gestore del servizio pubblico per l’acquisi- zione dei beni o prestazioni strumentali al servizio stes- so (12).
Al momento esecutivo appartengono anche la doman- da di annullamento del contratto da parte del ricorrente illegittimamente escluso da una gara, nonche´ il ricorso proposto contro un provvedimento di rescissione o di risoluzione di un contratto; non si applica l’art. 33, comma 2, lett. d), del D.Lgs. n. 80/1998, come sostitui- to dall’art. 7, comma 1, lett. a), della legge n. 205/ 2000 (13). Vi rientra, invece, la domanda di condanna al risarcimento del danno a causa della mancata stipula del contratto da parte dell’amministrazione (14).
Da questo orientamento si discosta il T.A.R. Calabria, Reggio Calabria (15), secondo cui la giurisdizione esclu- siva del giudice amministrativo, ai sensi del citato art. 33, comma 2, lett. d), si estende anche alla risoluzione unilaterale ed alla rescissione, da parte della pubblica amministrazione, del contratto di appalto, ai sensi, ri- spettivamente, degli artt. 345 e 340 della legge 20 mar- zo 1865, n. 2248, all. F; cio` in quanto le relative proce- dure rientrano, sia pure in negativo, tra quelle di affida- mento di appalti pubblici di cui parla il D.Lgs. n. 80/ 1998.
Secondo la giurisprudenza prevalente, invece, deve rite- nersi che, sia il potere di rescindere il contratto in via unilaterale, di cui all’art. 340 della legge n. 2248/1865, all. F, sia la facolta` di risoluzione di cui al successivo art. 345 (in conformita` a quanto previsto, negli appalti pri- vati, dall’art. 1671 c.c.) - si tratta di norme ancora in vi- gore, non essendo comprese tra quelle della legge n. 2248/1865, all. F, abrogate dall’art. 231 del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554; anche se la risoluzione e` stata
procedimentalizzata dagli artt. 118 e seguenti del D.P.R.
n. 554/1999 ed il contenuto del citato art. 345 e` stato riprodotto dall’art. 122 del decreto stesso - non costitui- scano manifestazione di potesta` autoritativa ma esercizio di poteri di autonomia negoziale, ed attengano alla fase dell’esecuzione contrattuale. Le relative controversie continuano, quindi, ad essere di competenza del giudice ordinario (16). Cio` anche in quanto l’eventuale natura autoritativa dell’atto di rescissione non e` idonea a scalfi- re la consistenza di diritto soggettivo della posizione ac- quista dall’appaltatore a seguito e per effetto della stipu- la del contratto (17).
La citata decisione del T.A.R. Calabria, Reggio Xxxx- xxxx, x. 000/0000, xxxxxxxxx all’entrata in vigore della legge n. 205/2000, e` stata annullata dal Consiglio di Stato (18), sulla base pero` della circostanza per cui la costruzione di una caserma dei Carabinieri, di cui si controverteva, non rientra nella nozione giuridica di pubblico servizio ed in quanto, indipendentemente da ogni questione sulla natura dell’atto di risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 340 della legge n. 2248/1865, all. F, le parti avevano individuato ab origine il giudice della controversia in quello ordinario. Affermazione quest’ultima che non pare condivisibile, dato che le parti non hanno il potere di incidere sull’assetto della giurisdizione, il quale e` determinato dalla legge.
Note:
(12) Cass., Sez. Un., 30 marzo 2000, n. 72; nella specie, e` stata ritenuta appartenere al giudice ordinario la controversia instaurata da un comune al fine di ottenere la risoluzione, per grave inadempimento della societa` appaltatrice, del contratto di appalto avente ad oggetto la preparazione e la consegna di pasti per le scuole materne, elementari e medie inferiori si- te nel suddetto comune.
(13) Rispettivamente: T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 23 dicembre 1999, n. 5049 in questa Rivista, 2000, 5, 553 con commento di X. Xxxxx- do, I limiti della giurisdizione in materia di appalti pubblici e gli effetti della stipu- lazione del contratto nella determinazione del danno risarcibile; T.A.R. Marche 12 marzo 1999, n. 260 in questa Rivista 1999, 8, 907; T.A.R. Sardegna 22 novembre 2000, n. 999.
(14) T.A.R. Toscana, sez. II, 24 febbraio 1999, n. 224 in questa Rivista 1999, 5, 546 con commento di F. Xxxxx Xxxxx, Primi chiarimenti sull’ambito applicativo della nuova tutela risarcitoria ex art. 35 D.Lgs. 80/98 .
(15) T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 27 gennaio 2000, n. 71 in questa Rivista 2000, 7, 729 con commento di X. Xx Xxxxx, Esecuzione dell’appal- to e giurisdizione esclusiva del G.A. ex art. 33 D.Lgs. 80/98; id. 25 febbraio 2000, n. 147 e 23 novembre 2000, n. 1957.
(16) Cass., Sez. Un., 7 marzo 2001, n. 95; T.A.R. Piemonte, sez. III, 15 febbraio 2001, n. 1083; T.A.R. Lazio, sez. II, 17 novembre 2000, n. 1193; Cons. Stato, sez. V, 24 aprile 2000, n. 2435 e 16 marzo 1999, n. 258; T.A.R. Toscana, sez. II, 15 febbraio 2000, n. 186; Cass., Sez. Un., 11 novembre 1994, n. 9409, 8 marzo 1993, n. 2756, e 4 dicembre 1990, n. 11591.
(17) T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 21 febbraio 2001, n. 868 in questa Rivista 2001, 4, 420 con nota di X. Xxxxxx, Xxxxxxxx l’estraneita` alla giurisdi- zione esclusiva del G.A. dell’esecuzione degli appalti; Cass., sez. I, 4 febbraio 2000, n. 1217.
(18) Cons. Stato, sez. IV, 29 novembre 2000, n. 6325 in questa Rivista
2001, 1, 68 con commento di X. Xxxxxxxxxx, La giurisdizione esclusiva del
G.A. in materia di appalti pubblici dopo la legge 205/2000.
834 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
La giurisprudenza, inoltre, ha ritenuto la giurisdizione del giudice ordinario:
a) sulle questioni di invalidita` del contratto a seguito del venire meno (per annullamento giurisdizionale o in autotutela) del provvedimento di approvazione dell’ag- giudicazione (19);
b) con riguardo alla contestazione dell’ordine di sospen- sione dei lavori impartito dal direttore dei lavori (20).
L
Le controversie riguardanti le attivit`a e le prestazioni rese nell’espletamento di servizi pubblici
a dizione normativa - di cui all’art. 33, com- ma 2, lett. e), del D.Lgs. n. 80/1998, come sostituito dall’art. 7, comma 1, lett. a), della
legge n. 205/2000 - e` molto ampia, comprendendo potenzialmente tutte le controversie conseguenti al- l’espletamento di servizi pubblici e, quindi, anche quelle riguardanti le pretese meramente patrimoniali successive all’inadempimento di obbligazioni pecu- niarie. Il problema e` stato immediatamente percepi- to dalla sez. V del Consiglio di Stato (21), che ave- va rimesso una serie di questioni all’esame dell’adu- nanza plenaria, sul rilievo che «allo stato, appare prevalente la tesi, fondata sull’ampia dizione lettera- le dell’art. 33, secondo cui la giurisdizione esclusiva amministrativa...si estende a tutte le controversie originate dall’espletamento del servizio sanitario na- zionale, ancorche´ sostanzialmente prive di collega- mento specifico con l’interesse pubblico, con le sole eccezioni previste dallo stesso art. 33 o ricavabili da esplicite disposizioni speciali».
Secondo l’adunanza plenaria del Consiglio di Sta-
to (22):
a) rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice am- ministrativo, ai sensi del citato art. 33 (nel testo cos`ı co- me sostituito dall’art. 7, comma 1, lett. a, della legge n. 205/2000), tutte le controversie, comprese quelle riguar- danti il mancato pagamento di somme, intercorrenti tra il titolare di una farmacia e una A.S.L. o un’altra ammi- nistrazione pubblica facente parte del Servizio sanitario
rio. Le prestazioni rese all’amministrazione sanitaria, af- finche´ essa consegua i beni utilizzati per gestire il servi- zio sanitario, si collocano a monte del servizio stesso e non si confondono con le prestazioni del servizio pub- blico, il quale si caratterizza per il fatto che e` erogato al pubblico degli utenti. La Corte di Cassazione, nella spe- cie, ha anche escluso che l’attivita` di produzione e di- stribuzione dei farmaci da parte delle case farmaceutiche costituisca servizio pubblico, in quanto non si indirizza istituzionalmente al pubblico ma serve a rifornire strut- ture (ospedaliere e farmaceutiche) che in un secondo momento soddisfano le esigenze della collettivita`.
In queste ipotesi, invece, il Tribunale di Roma (24), ri- mettendo alla Corte Costituzionale la questione di legit- timita` costituzionale del combinato disposto del citato art. 33 con l’art. 11, comma 4, lett. g), della legge n. 59/1997, con riferimento agli artt. 76 e 77, comma 1, della Cost., ha dato per presupposto che siano di com- petenza del giudice amministrativo ipotesi che al funzio- namento del Servizio sanitario nazionale si collegano solo in maniera indiretta e strumentale; quali controver- sie per crediti sorti da servizi di pulizia a favore di azien- de pubbliche o quelle riguardanti forniture di materiale di cancelleria, o comunque prestazioni e servizi resi a fa- vore delle aziende sanitarie pubbliche.
Come si vede, la definizione dei confini dell’«espleta- mento di pubblici servizi» puo` radicare o meno la giuri- sdizione esclusiva del giudice amministrativo a seconda se si fornisca un’interpretazione estensiva, comprensiva di tutto quello che serve all’esercizio del servizio, oppure restrittiva, limitata al solo rapporto di gestione del servi- zio stesso.
La giurisprudenza amministrativa si sta evolvendo nel senso che - in applicazione dell’art. 33, comma 2, lett. e), del D.Lgs. n. 80/1998, come sostituito dall’art. 7, comma 1, lett. a), della legge n. 205/2000 - in presenza di una gestione di un pubblico servizio, alla giurisdizione del giudice amministrativo appartiene anche la fase contrattuale successiva alla stipula; a differenza di quan- to avviene in tema di appalti pubblici di lavori, servizi e
nazionale, anche quando si controverte dell’inadempi-
mento di un’obbligazione pecuniaria;
b) «i crediti del titolare della farmacia si riferiscono a prestazioni svolte nell’esercizio di un pubblico servizio in senso tecnico, regolamentato in ogni suo aspetto dal diritto amministrativo in ragione delle esigenze della collettivita`».
Su di un piano diverso, ma anche con riguardo a diffe- rente fattispecie, si pone la Corte di Cassazione (23), per la quale rientra nella giurisdizione del giudice ordi- nario la controversia avente ad oggetto il pagamento di forniture di prodotti sanitari e farmaceutici effettuate da case farmaceutiche alla A.S.L.; trattandosi di attivita` che non puo` intendersi resa nell’espletamento di un pubblico servizio, poiche´ effettuata a favore dell’A.S.L. allo scopo di consentirle la gestione del servizio sanita-
Note:
(19) Cass., Sez. Un., 22 dicembre 1999, n. 931.
(20) Cons. giust. amm. sic. 28 settembre 1998, n. 538.
(21) Ordinanza 9 novembre 1999, n. 2440 in questa Rivista 2000, 1, 45 con commento di X. Xx Xxxxx, Giurisdizione esclusiva del G.A. ex art. 33 D.Lgs. 80/1998 e procedimenti sommari.
(22) Ordinanza 30 marzo 2000, n. 1, con cui sono state decise le questio- ni rimesse dalla sez. V in questa Rivista 2000, 6, 617 con commento di
X. Xxxxxx, La tutela anticipatoria dei crediti pecuniari verso la P.A. tra tutela cautelare e tutela sommaria.
(23) Cass., Sez. Un., 30 marzo 2000, n. 71 in questa Rivista 2000, 6, 603 con commento di X. Xxxxxxxx, L’art. 33 D.Lgs. 80/98 al vaglio della Cassa- zione e del Consiglio di Stato.
(24) Ordinanze 16 settembre 1999, n. 659 in questa Rivista, 2000, 2, 149 e 26 luglio 1999, n. 704.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
835
forniture (25). In senso contrario, T.A.R. Toscana, sez. II, 25 ottobre 2000, n. 2188, secondo cui spetta al giu- dice ordinario la controversia relativa all’obbligo del- l’amministrazione di corrispondere le maggiori spese so- stenute dal gestore di un pubblico servizio in pendenza del rapporto contrattuale.
’L
Le concessioni di servizi pubblici
art. 5 della legge n. 1034/1971, essendo sta- te soppresse al comma 1 le parole «o di ser- vizi» in virtu` dell’art. 33, comma 3, del
X.Xxx. n. 80/1998 - come sostituito dall’art. 7, com- ma 1, lett. a), della legge n. 205/2000 - disciplina oramai le sole concessioni di beni pubblici. In tal modo, ai fini della giurisdizione, il regime giuridico dei rapporti che derivano dalle concessioni di beni pubblici si differenzia rispetto a quelli concernenti i servizi pubblici. Le controversie in tema di «inden- nita`, canoni ed altri corrispettivi», in caso di gestio- ne di un servizio pubblico, pur avendo evidente ca- rattere patrimoniale, sono devolute alla giurisdizione amministrativa esclusiva.
In essa rientra la vertenza che vede la pubblica ammini-
gono nell’esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilita`, siano conosciuti dal giudice amministrativo. A meno che si ritenga che la norma non abbia innovato alcunche´, volendosi riferire solo a quei provvedimenti i quali, pur intervenendo nella fase esecutiva contrattuale, incidono sempre su posizioni di interesse legittimo; si pensi alla revisione dei prezzi contrattuali che, secondo la giurisprudenza e con riguardo all’an debeatur, era espressione di poteri autoritativi dell’amministrazione, al- l’atto che respinge la domanda di autorizzazione al su- bappalto, ai provvedimenti di autotutela concernenti il procedimento di scelta del contraente, compreso l’annul- lamento d’ufficio dell’atto di aggiudicazione, o al provve- dimento di nomina dei collaudatori. Il che comportereb- be il ritorno all’individuazione del giudice sulla base del- le posizioni giuridiche soggettive e non piu`, come invece innovato dalla legge n. 205/2000, della materia.
D’altra parte, deve osservarsi che l’art. 23-bis, comma 1, lett. b) e c), della legge n. 1034/1971, come inserito dall’art. 4 della legge n. 205/2000, non parla di esecu- zione contrattuale ma di «provvedimenti relativi alle procedure di...esecuzione di opere pubbliche o di pub- blica utilita`» e di «esecuzione di servizi pubblici e forni-
strazione parte attrice contro un privato concessionario
ture»; cos`ı
che la fase dell’esecuzione delle opere, dei
per conseguire il pagamento di canoni o comunque di
compensi dovuti all’amministrazione stessa dal conces- sionario di un servizio pubblico per effetto della conces- sione medesima. Tale vertenza si caratterizza anche per la circostanza che la parte resistente non e` piu` la pubbli- ca amministrazione, come avviene nello schema tradi- zionale del giudizio amministrativo, bens`ı un privato.
N
Il rito speciale ed il riparto di giurisdizione
ovita` rispetto alla posizione della giurispru- denza prevalente sembra essere stata appor- tata dal disposto dell’art. 23-bis, comma 1,
lett. b) e c), della legge n. 1034/1971, come inserito dall’art. 4 della legge n. 205/2000, il quale sottopone a disciplina speciale i giudizi innanzi agli organi di giustizia amministrativa aventi ad oggetto, tra gli al- tri, i provvedimenti relativi, oltre che alle procedure di aggiudicazione e di affidamento, anche a quelle di esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilita`, nonche´ di servizi pubblici e forniture. Tra l’altro, con riguardo ai provvedimenti «di esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilita`», non si tratta di novita` assoluta, essendovi gia` menzione degli stes- si nel testo dell’art. 19, comma 2, D.L. 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla leg- ge 23 maggio 1997, n. 135, abrogato dall’art. 4, comma 2, della legge n. 205/2000.
Il testo letterale della norma potrebbe comportare che vertenze su provvedimenti relativi alla fase dell’esecuzio- ne dei contratti stipulati dai soggetti gestori di servizi pubblici (sempre se strumentali o connessi all’esercizio del servizio stesso), e comunque sugli atti che interven-
servizi e delle forniture non e` detto che sia anche quella dell’esecuzione contrattuale.
I primi commentatori della norma hanno rilevato il suo carattere eminentemente processuale, in quanto diretta a dettare disposizione particolari sul processo in determi- nate materie, senza alcuna influenza sul riparto della giurisdizione, la quale viene regolata dagli artt. 6 e 7 della legge n. 205/2000, ed hanno ribadito che la fase dell’esecuzione contrattuale, svolta secondo moduli rigo- rosamente privatistici, e` sempre soggetta alla giurisdizio- ne ordinaria. Nello stesso senso sono le prime applica- zioni giurisprudenziali (26).
L
Lo scenario conseguente
o scenario che consegue a quanto esposto, in tema di affidamento, esecuzione e giurisdizio- ne, e` il seguente.
Il giudice amministrativo, in caso di:
a) rapporti tra pubbliche amministrazioni e soggetti ge- stori di servizi pubblici, inerenti la gestione del servizio stesso;
Note:
(25) T.A.R. Lazio, sez. III, 27 dicembre 0000, x. 00000; T.A.R. Campa- nia, Napoli, sez. I, 21 febbraio 2001, n. 868 in questa Rivista, 2001, 4, 455, e 30 maggio 2000, n. 1720, quest’ultima con riguardo ad una con- troversia introdotta da un comune contro il soggetto concessionario del servizio di illuminazione votiva cimiteriale.
(26) T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 21 febbraio 2001, n. 868 cit.
T.A.R. Piemonte, sez. III, 15 febbraio 2001, n. 1083. Nello stesso senso
X. Xxxxxxxxxx, La giurisdizione esclusiva del G.A. in materia di appalti pubblici dopo la legge n. 265/2000 in questa Rivista 2001, 68.
836 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
b) attivita` e prestazioni rese nell’espletamento di servizi pubblici;
c) concessioni di servizi pubblici; conosce:
a.a) di questioni di carattere patrimoniale e contrattuale relative a diritti ed obblighi reciproci;
a.b) dell’adempimento e della violazione di obblighi na- scenti dal rapporto;
a.c) delle prestazioni svolte nell’esercizio del servizio;
a.d) delle pretese patrimoniali conseguenti all’inadempi- mento di obbligazioni pecuniarie e, quindi, al mancato pagamento di somme di denaro;
a.e) delle pretese risarcitorie conseguenti alla violazione di obblighi nascenti dal rapporto;
a.f) di ogni fase del rapporto contrattuale successiva alla stipula, comprese le controversie in ambito di risoluzio- ne del contratto.
Il giudice amministrativo non conosce, invece, delle controversie relative alla fase dell’esecuzione del con- tratto di appalti pubblici (di lavori, servizi e forniture), se incidenti su posizioni di diritto soggettivo; con esclu- sione dei provvedimenti - sui quali ha giurisdizione - che, esplicazione di potere autoritativo, incidono su si- tuazioni di interesse legittimo. Stesso discorso vale per le concessioni di lavori pubblici, le quali, ai sensi del- l’art. 31-bis della legge 11 febbraio 1994, n. 109, sono equiparate agli appalti ai fini della tutela giurisdizionale.
E
Il sistema imperfetto. Alcune proposte a favore della giurisdizione del giudice amministrativo
merge evidente che il giudice amministrativo ha giurisdizione esclusiva su controversie pri- ve di specifico collegamento con l’interesse
pubblico; come quelle nelle quali, in materia di ser- vizi pubblici, si verte dell’adempimento e dell’esecu- zione di rapporti obbligatori. Si tratta di obblighi che conseguono a convenzioni ed accordi, tra la pubblica amministrazione ed i privati, che hanno natura negoziale, stante il tramonto, anche per effet- to della normativa comunitaria, dell’ottica unica- mente provvedimentale della concessione (l’art. 19, comma 2, della legge n. 109/1994 definisce le con- cessioni di lavori pubblici come contratti). Al giudi- ce amministrativo, in ambito di concessione di ser- vizi pubblici, sono attribuite le controversie conse- guenti alla pretesa dell’amministrazione al pagamen- to, in tutto o in parte, di canoni, o alla disdetta del- la concessione. Mentre la fase dell’esecuzione degli appalti pubblici viene riservata alla giurisdizione del giudice ordinario, pur rispondendo, la materia dell’a- dempimento e della violazione di obblighi nascenti dal rapporto, a specifici interessi collettivi; quali l’e- satta o la pronta e sollecita esecuzione dell’opera pubblica, del servizio o della fornitura.
duate in esigenze di semplificazione, concentrazione, speditezza, pienezza ed effettivita` della tutela giurisdizio- nale. Tra l’altro, la quantita` ed il tipo di materie da ri- comprendere nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e` rimessa alla discrezionalita` del legisla- tore; discrezionalita` che non pare incontrare un preciso limite costituzionale all’attribuzione di nuove materie, come ritenuto dall’adunanza plenaria del Consiglio di Stato (ordinanza 30 marzo 2000, n. 1). Anche se sulla questione si dovra` pronunciare la Corte Costituzionale, a seguito dell’ordinanza del Tribunale di Roma, sez. II, 16 novembre 2000, n. 145, il quale, relativamente al- l’art. 34 del D.Lgs. n. 80/1998, dubita della costituziona- lita` dell’ampliamento delle attribuzioni del giudice am- ministrativo nella materia edilizia ed urbanistica.
E` anche vero pero` che la tendenza legislativa ha com-
portato la trasformazione del giudice amministrativo da giudice della sola funzione pubblica a giudice della pub- blica amministrazione; cio` a seguito del cambiamento del diritto amministrativo stesso, da autoritativo a pari- tetico. Tutta l’attivita` della pubblica amministrazione, sia di diritto pubblico che di diritto privato, deve essere sempre svolta nel (ed al fine del) perseguimento dell’in- teresse pubblico ed e` connessa alla cura di interessi col- lettivi. L’interesse pubblico sussiste non solo nell’ambito dell’attivita` tipicamente provvedimentale nell’esercizio di poteri, e quindi in sede di funzione pubblica, ma an- che dell’attivita` negoziale e prestazionale svolta dall’am- ministrazione. Ed e` per questo che tutta l’azione della pubblica amministrazione non e` libera, dovendo invece sottostare, in ossequio ai principi di buon andamento e di imparzialita` affermati dall’art. 97 della Cost., a precisi limiti; quali gli obblighi di motivazione, di comunicare l’avvio del procedimento, di assicurare la trasparenza dell’attivita` amministrativa con il consentire il diritto di accesso ai documenti amministrativi (27), ai sensi degli artt. 3, 7, 22 e 23 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e, piu` generalmente, di seguire i modi, le forme e le scan- sioni del procedimento previsto dalla normativa.
In ipotesi di gare bandite da soggetti privati, attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo, non c’e` l’e- sercizio di funzioni pubbliche; vi e`, semmai, l’evidenza pubblica conseguente all’interesse pubblico sotteso al- l’attivita` svolta dal privato o alla spesa di denaro pubbli- co. Il che comporta la necessita` dell’applicazione di de- terminate regole procedimenti previste dalla normativa a fini di scelta del contraente.
Tutte queste esigenze sono presenti anche nelle contro- versie relative all’esecuzione dei cos`ı detti contratti pub- blici o ad evidenza pubblica. In tale ambito l’ammini- strazione emana provvedimenti che trovano la loro fon- te in una potesta`, stabilita non dal contratto bens`ı dalla legge; come sono le ipotesi di cui agli artt. 340 e 345
Sono note le ragioni alla base della sempre maggiore at-
tribuzione di materie, negli ultimi tempi, alla giurisdizio- ne esclusiva del giudice amministrativo; ragioni indivi-
Nota:
(27) Cons. Stato, Ad. plen., 22 aprile 1999, n. 4.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
837
della legge n. 2248/1865, all. F e all’art. 122 del D.P.R.
n. 554/1999, nonche´ i vari casi di risoluzione del con- tratto di lavori pubblici previsti dagli artt. 118, 119, 120 e 121 del D.P.R. n. 554/1999, che regolano nel detta- glio anche il procedimento da seguire. Il «diritto di re- scindere», «il diritto di recedere» e «la facolta` di risolve- re» non sono esercitabili dall’amministrazione a suo ar- bitrio, senza limite alcuno; per la rescissione e la risolu- zione la norma prevede la sussistenza di dati presupposti (quali, ad esempio, la frode e la grave negligenza nell’i- nadempimento di obblighi e condizioni), mentre lo stesso recesso, nella sostanza, non e` illimitato, poiche´ l’amministrazione e` tenuta a dare giustificazione della propria decisione a seguito degli oneri conseguenti, an- che maggiori a quelli preventivati, che essa comporta. Nel caso di risoluzione, inoltre, va seguito, nelle varie fasi, il procedimento previsto dal D.P.R. n. 554/1999.
I provvedimenti con i quali l’amministrazione dispone la rescissione, il recesso o la risoluzione, anche se inci- dono su di un contratto, sono sempre manifestazioni di attivita` funzionalizzata, di natura pubblicistica; laddove non rilevano le posizioni di diritto soggettivo scaturenti dal contratto, ma emerge quella situazione costituita dalla pretesa a che tale attivita` si svolga in presenza dei presupposti, nelle forme e nel rispetto dei limiti stabiliti dalla legge, oltre che nella cura del preminente interesse pubblico. E che cos’e` questa se non una posizione so- stanziale di interesse legittimo, malgrado la legge parli di diritto?
Ne consegue la giurisdizione del giudice amministrativo anche sui detti provvedimenti, data la sottoposizione del relativo procedimento alle regole dell’evidenza pub- blica; in presenza di atti sia della pubblica amministra- zione che di soggetti privati, laddove operino come am- ministrazioni aggiudicatrici. La ragione, alla base di sif- fatta conclusione, e` analoga a quella che ha portato il Consiglio di Stato, prima dell’entrata in vigore della legge n. 205/2000, ad attribuire al giudice amministrati- vo tutte le controversie relative a gare di appalto, an- corche´ la stazione appaltante fosse stata un soggetto pri- vato.
La tutela sara` anche maggiore, dato che al giudice am- ministrativo e` consentito annullare il provvedimento, oltre che condannare al risarcimento del danno per ef- fetto del nuovo testo dell’art. 7, comma 3, della legge n. 1034/1971; mentre il giudice ordinario puo` solo disap- plicare in via incidentale il provvedimento amministra- tivo (28). Si valorizza cos`ı in qualche modo anche il di- sposto dell’art. 23-bis, comma 1, lett. b) e c), della legge
n. 1034/1971, come inserito dall’art. 4 della legge n. 205/2000.
Quanto alle questioni inerenti all’esecuzione dei con- tratti stipulati dai soggetti gestori di pubblici servizi, la giurisprudenza prevalente non ha dato rilievo al caratte-
della legge n. 205/2000 - mentre il punto di partenza e` dato dal precedente comma 1, che dispone la devolu- zione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministra- tivo di «tutte le controversie in materia di pubblici ser- vizi»; con la conseguenza che l’attribuzione dell’intera materia puo` comprendere anche le questioni inerenti all’esecuzione dei contratti di appalto (di lavori, servizi e forniture) stipulati dai detti soggetti gestori, se strumen- tali o comunque connessi all’esercizio del servizio stesso. Nella materia dei pubblici servizi non puo` non rientrare l’attivita` svolta dai soggetti gestori, necessaria, propedeu- tica e connessa all’attivita` di erogazione del pubblico servizio.
La giurisprudenza prevalente, la quale esclude che il ci- tato art. 33 abbia devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche le controversie atti- nenti all’esecuzione dei contratti stipulati dai soggetti gestori di servizi pubblici per lo svolgimento degli stessi, comporta il permanere dei problemi connessi alla con- vivenza, nella medesima materia, tra giudice ordinario e giudice amministrativo ed alla delimitazione dei loro spazi rispettivi; con il conseguente dissolvimento della
«filosofia» che ammanta l’attribuzione di materie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
L
Considerazioni finali
a quasi completa parificazione dei poteri del giudice amministrativo nei due tipi di giudi- zio operata dalla legge n. 205/2000 - in ambi-
to di poteri istruttori e di condanna al risarcimento del danno; questi ultimi esercitabili dal giudice am- ministrativo anche nella giurisdizione generale di le- gittimita` - ha portato la sostanziale omologazione delle tutele offerte dall’uno e dall’altro giudice. Al giudice amministrativo sono stati attribuiti i medesi- mi poteri del giudice ordinario - anche in ambito cautelare - e l’oggetto del giudizio si e` spostato deci- samente dall’atto al rapporto.
L’oggetto del giudizio amministrativo deve essere il rap- porto tra le parti, in cui l’atto si pone solo in quanto manifestazione di volonta` di una delle due (quella pub- blica o solo formalmente privata). Cos`ı che appare inu- tile anche differenziare la giurisdizione generale di legit- timita` da quella esclusiva. Il termine esclusivo indica so- lo che il giudice amministrativo vi conosce, malgrado si tratti di diritti soggettivi, per effetto di apposita attribu- zione della materia da parte della legge.
La constatazione e` oltre modo conseguente. Siamo in presenza di un sistema imperfetto, perfezionabile con una riforma costituzionale, anziche´ nel senso della ripar- tizione per materie della giurisdizione tra giudice ammi- nistrativo e giudice ordinario, in quello dell’attribuzione al primo di tutte le controversie in cui sia parte una
re meramente esemplificativo dell’elencazione delle
controversie di cui al comma 2 dell’art. 33 del D.Lgs. n. 80/1998 - come sostituito dall’art. 7, comma 1, lett. a),
Nota:
(28) Si veda al riguardo Xxxx., sez. I, 4 febbraio 2000, n. 1217.
838 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
pubblica amministrazione, o, in determinati casi, sogget- ti alla stessa equiparati. Il giudice amministrativo divie- ne cos`ı il giudice dell’amministrazione, ossia il giudice dell’«attivita` (di qualsiasi natura) connessa alla cura di interessi collettivi, sia essa svolta da soggetti pubblici o privati» (29). Solo questo appare, al momento, il siste- ma in grado di soddisfare esigenze di semplificazione, concentrazione, speditezza, pienezza ed effettivita` della tutela giurisdizionale.
Alcune domande seguono necessariamente. Quanta vi- ta residua ha un modulo che mantenga nel nostro ordi- namento un duplice ordine di giurisdizioni? Non e` me- glio proiettarsi verso un sistema di giudice unico, con specializzazioni al suo interno, e con varie garanzie di funzionamento che consentano al giudice amministrati- vo di continuare ad utilizzare tutto il proprio bagaglio culturale e professionale relativo all’attivita` pubblica e di interesse pubblico, nonche´ alle attivita` comunque ad esse connesse? Attivita`, tra l’altro, sempre piu` di caratte- re specificamente economico.
Si e` gia` arrivati ad un punto di non ritorno e, comun-
que, ad un momento cruciale per l’assetto di tutto il si- stema giudiziario; nel quale il giudice amministrativo, ri- generato a nuova vita dalla legge n. 205/2000, dovra` in- cominciare a pensare a collocarsi diversamente. Non perdendosi mai di vista l’interesse primario, che deve es- sere quello di assicurare la migliore tutela degli utenti del «servizio» giustizia (30).
mento, in Corr. Giur., 1999, 433; Xxxxxxxx E., Il privato parte resistente nel processo amministrativo nelle materie di cui agli artt. 33 e 34 del decreto legi- slativo 31 marzo 1998, n. 80, in Dir. Proc. Amm., 1999, 634; Xxxxxxxx E., La tutela nei contratti della pubblica amministrazione nella giurisdizione esclu- siva del giudice amministrativo, in Dir. Proc. Amm., 1999, 295; Xxxxxxxx F., La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (art. 7, prima parte), in Caringella F. - Protto M., Il nuovo processo amministrativo dopo la legge 21 luglio 2000 n. 205, Milano, 2001, 531; Fracchia F., Appalti pubblici al di sopra della soglia comunitaria, giurisdizione esclusiva del giudice ammini- strativo e art. 33 D.Lgs. 80/98, in Foro It., 1999, I, 2276; Xxxxxxxx R., L’art. 33 d.lgs. n. 80/98 al vaglio della Cassazione e del Consiglio di Stato, in Giornale dir. amm., 2000, 602; Xxxxxxxx R., Affidamento di appalti pub- blici: difficolta` nell’applicazione dei nuovi criteri di riparto. Il commento, in questa Rivista, 2000, 768; Xxxxxxxxx G., La nozione di «amministrazione aggiudicatrice» quale criterio di riparto tra giurisdizione ordinaria e ammini- strativa: l’appalto e` pubblico, privato o...comunitario?, in Giust. Civ., 1999, 977; Xxxxxxxxxx X., I procedimenti speciali, in Xxxxxxx Irelli V., Verso il nuovo processo amministrativo. Commento alla legge 21 luglio 2000 n. 205, Torino, 2000, 293; Goisis F., L’art. 33 del D.Lgs. 80/1998 e la giurisdizio- ne amministrativa sulle gare di appalto indette da societa` miste locali: alcuni argomenti a favore di una loro qualificazione come imprese (pubbliche), in Dir. Proc. Amm., 1999, 201; Lipari M., I riti abbreviati, in Caringella F.
- Protto M., Il nuovo processo amministrativo dopo la legge 21 luglio 2000
n. 205, Milano, 2001, 263; Lipari M., Il nuovo rito in materia di appalti pubblici, in questa Rivista, 2001, 10; Xxxxx A., Un’interpretazione (forse) troppo estensiva del concetto di «procedure di affidamento di appalti pubblici» ex art. 33, lett. e, D.Lgs. n. 80 del 1998, in Riv. Trim. appalti, 2000, 547; Misserini G., La nozione di ente aggiudicatore ed il conseguente riparto di giurisdizione: verso la soluzione di una vexata quaestio?, in Riv. Amm., 1999, 917; Xxxxxx A., Xxxxxxxx l’estraneita` alla giurisdizione esclusiva del
G.A. dell’esecuzione degli appalti, in questa Rivista, 2001, 420; Xxxxxxxx
P. S., Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nel settore degli ap- palti pubblici e questioni connesse, in Riv. Trim. Appalti, 2000, 257; Scoca
F. G. - Police A., La risoluzione del contratto di appalto di opere pubbliche, in Riv. Trim. Appalti, 1997, 24; Steccanella M., Giudice amministrativo competente anche sulla risoluzione del contratto, in Edilizia e Territorio, 2000, 46; Tarullo S., Giustizia amministrativa ed appalti pubblici: influssi
comunitari e linee di tendenza, in Cons. Stato, 2000, II, 1107; Virga G., I
Note:
(29) Passo riportato da Cons. Stato, Ad. plen., ord., 30 marzo 2000, n. 1 cit. Sui confini della nuova giurisdizione esclusiva del G.A. in materia di risarcimento del danno, assai istruttiva e` la lettura della sentenza del
C.G.A. 14 giugno 2001 n. 296.
(30) Per la bibliografia sull’argomento vedi: Xxxxxxxxxx X., Note sull’am- bito di applicazione dell’art. 33, comma 2, lett. e) del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, con particolare riferimento alle controversie relative all’esecuzio- ne di contratti di appalto (aventi un oggetto strumentale alla gestione ed ero- gazione di un pubblico servizio), in Dir. Proc. Amm., 2000, 537; Carbone V., Sezioni Unite, Adunanza Plenaria, T.A.R. Calabria a confronto sulla nuova giurisdizione esclusiva dopo il D.Lgs. n. 80/1998, in Corr. Giur., 2000, 591; Caringella F., La giurisdizione esclusiva del G.A. in materia di appalti pubblici dopo la legge 205/2000, in questa Rivista, 2001, 68; Cian- flone A., L’appalto di opere pubbliche, Milano, 1999; Cicirello D., La Pubblica Amministrazione davanti al T.A.R.: da parte resistente a parte ri- corrente, in questa Rivista, 2001, 208; Clarich M., La risoluzione delle con- troversie nelle opere pubbliche: dalla legge 205 alla Camera arbitrale, relazio- ne svolta al convegno sul tema organizzato dall’IGI in Roma il 23 mag- gio 2001; Crespi M., Rapporti contrattuali e poteri dell’amministrazione: il recesso e la risoluzione del contratto nell’appalto di opera pubblica, in Foro Amm., 2000, 97; Delfino B., Soggetti privati, amministrazioni aggiudicatrici e problemi di giurisdizione, in Cons. Stato, 2000, II, 1083; De Xxxx X., Pro- cedure di affidamento (art. 6, 18 co.), in Xxxxxxx Irelli V., Verso il nuovo processo amministrativo. Commento alla legge 21 luglio 2000 n. 205, Tori- no, 2000, 131; De Nictolis R. - Caringella F., La giurisdizione del giudice amministrativo sulle procedure di affidamento dei pubblici appalti (art. 6, comma 1), in Caringella F. - Protto M., Il nuovo processo amministrativo dopo la legge 21 luglio 2000 n. 205, Milano, 2001, 429; De Palma M., Esecuzione dell’appalto e giurisdizione esclusiva del g.a. ex art. 33 d.lgs. 80/ 98, in questa Rivista, 2000, 728; De Palma M., S.p.a. mista e giurisdizione amministrativa, in questa Rivista, 1999, 263; Xxxxxxx M.V., Una svolta della Cassazione: gli appalti «comunitari» al giudice amministrativo. Il com-
procedimenti abbreviati previsti dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, in www.giu- xx.xx.; Volpe C., I servizi pubblici (art. 7, 18 co., lett. a), in Xxxxxxx Irelli V., Verso il nuovo processo amministrativo. Commento alla legge 21 luglio 2000 n. 205, Torino, 2000, 91; Volpe C., Interesse pubblico, attivita` pri- vata e giurisdizione, in Riv. Amm., 1996, 779; Volpe C., Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione di nuovo sulla strada della teoria dell’organo indiret- to: abbandono temporaneo o addio definitivo?, in Riv. Trim. Appalti, 1995, 207.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
839
Valutazione di impatto ambientale
Inadempimenti nell’attuazione della valutazione di impatto ambientale e diretta applicabilita` delle direttive comunitarie
La decisione della Commissione europea in commento ripropone per l’ennesima volta il problema dell’at- tuazione della procedura di valutazione di impatto ambientale nel nostro ordinamento, e delle conse- guenze dei ripetuti inadempimenti statali e regionali in proposito.
COMMISSIONE DELLE COMUNITA` EUROPEE, parere motivato 3 agosto 2000, C(2000) 18 26 definitivo
Parere motivato indirizzato alla Repubblica italiana, ai sensi dell’art. 226 del trattato CE, per violazione dell’art. 12 della direttiva 85/337/CEE e 3 della direttiva 97/11/CE
La direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambienta- le di determinati progetti pubblici e privati e la direttiva 97/11/CE del Consiglio del 3 marzo 1997 che modifica la direttiva 85/337/CEE concernente la valutazione del- l’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, mirano a prevenire all’origine inquinamenti ed altre perturbazioni disponendo che i progetti per i quali si prevede un impatto ambientale importante, segnata- mente per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, formino oggetto di una valutazione del loro impatto. Gli allegati I e II delle due direttive elencano le classi progettuali coperte dalle direttive.
L’articolo 12 della direttiva 85/337/CEE recita: «Gli
Stati membri prendono le misure necessarie per confor- marsi alla presente direttiva entro un termine di tre an- ni a decorrere dalla notifica». La direttiva e` stata notifi- cata il 3 luglio 1985. Gli Stati membri avrebbero dovu- to adottare le misure di recepimento entro il 3 luglio 1988.
L’articolo 3, comma 1 della direttiva 97/11/CE reci- ta: «Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro e non oltre il 14 marzo 1999. Essi ne informano immediatamente la Commissione». Il comma 3 dello stesso articolo precisa che «Per le domande di autorizzazione sottoposte all’au- torita` competente anteriormente allo scadere del termi- ne fissato al paragrafo 1, continuano ad applicarsi le di- sposizioni della direttiva 85/337/CEE nella versione ori- ginaria».
Fatto
Le regioni Xxxxxx Xxxxxxx, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte, Veneto e Toscana hanno adottato delle leggi regionali sulla valutazione d’impatto ambientale (VIA) al fine di adattare la normativa regionale al diritto co- munitario in materia di VIA e/o al decreto del Presi- dente della Repubblica, D.P.R. 12 aprile 1996 (atto di indirizzo e coordinamento per l’attuazione dell’articolo 40, comma 1 della legge 23 febbraio 1994, n. 146, con- cernente disposizioni in materia di valutazione d’impat- to ambientale, pubblicato nella GURI n. 210 del 7 set- tembre 1996), che ha stabilito un elenco di categorie di progetti (comprendente tutte le categorie di progetti dell’Allegato II della direttiva 85/337/CEE, con qualche eccezione, a qualcuna delle categorie di progetti aggiun- te nell’Allegato II della direttiva 97/11/CE) per le quali le Regioni sono competenti ad applicare la normativa sulla VIA e le relative norme procedurali da applicarsi. Questo atto non e` «direttamente applicabile» e deve es- sere recepito dalle regioni nei singoli ordinamenti regio- nali.
Le leggi in questione sono le seguenti:
– Legge regionale 18 maggio 1999, n. 9, dell’Xxxxxx- Romagna, «Disciplina della procedura di valutazione dell’impatto ambientale», pubblicata nel Bollettino uffi- ciale regionale n. 66 del 21 maggio 1999;
– Decreto del Presidente di Giunta 8 luglio 1996, n. 245, del Friuli-Venezia Giulia, «Regolamento di esecu- zione delle norme della Regione autonoma Friuli-Vene- zia Giulia in materia di valutazione d’impatto ambienta-
840 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
le», pubblicata nel Bollettino ufficiale della Xxxxxxx xxxx- xxxx Xxxxxx-Xxxxxxx Xxxxxx, x. 00, dell’11 settembre 1996;
– Legge regionale 14 dicembre 1998, n. 40, del Pie- monte, «Disposizioni concernenti la compatibilita` am- bientale e le procedure di valutazione», pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Piemonte, Supplemento Ordinario n. 50 del 17 dicembre 1998;
– Legge regionale 26 marzo 1999, n. 10, del Veneto,
«Disciplina dei contenuti e delle procedure di valutazio- ne d’impatto ambientale», pubblicata nel Bollettino uffi- ciale regionale n. 29 del 30 marzo 1999;
– Legge regionale 3 novembre 1998, n. 79, della Toscana, «Norme per l’applicazione della valutazione d’impatto ambientale», pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Toscana n. 37 del 12 novembre 1998.
L’articolo 32, comma 5 della legge regionale 18 mag- gio 1999, n. 9, dell’Xxxxxx-Romagna stabilisce che:
«Salvo diversa determinazione del proponente, le pro- cedure di cui alla presente legge non si applicano ai progetti di impianti, opere o interventi elencati negli Allegati A.1, A.2, A.3, B.1, B.2 e B.3 per i quali, alla data di pubblicazione delle direttive (di applicazione della legge), siano gia` state presentate le istanze per l’ot- tenimento delle autorizzazioni o degli atti di assenso co- munque denominati in materia di tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e di tutela della salute dei citta- dini, a norma delle disposizioni vigenti».
L’articolo 22, comma 3 del Decreto del Presidente di Giunta 8 luglio 1996, n. 245, del Friuli-Venezia Giulia stabilisce: «Le procedure di cui al presente regolamento non si applicano ai progetti delle opere e degli interven- ti per i quali siano state inoltrate istanze alle autorita` competenti a rilasciare autorizzazioni, concessioni, pare- ri, nulla osta o altri atti comunque finalizzati alla realiz- zazione dell’opera o dell’intervento prima della decor- renza dell’applicazione del regolamento alle scadenze di cui al comma 2».
L’articolo 23, comma 4 della legge regionale 14 di- cembre 1998, n. 40, del Piemonte recita: «Sono sotto- posti alle disposizioni di cui alla presente legge i progetti per i quali, alla data di pubblicazione della stessa, non sia stato avviato alcun iter procedurale finalizzato alla realizzazione dell’opera, nonche´ i piani e i programmi per i quali non sia stato adottato alcun atto formale per l’avvio della specifica procedura di approvazione».
L’articolo 27, comma 4 della legge regionale 26 mar- zo 1999, n. 10, del Veneto dispone che: «La procedura di valutazione d’impatto ambientale non si applica ai progetti di cui al comma 1 per i quali, alla data di en- trata in vigore della presente legge, siano gia` state pre- sentate le istanze per l’ottenimento delle autorizzazioni o approvazioni, a norma delle disposizioni vigenti».
L’articolo 27, comma 1 della legge regionale 3 no- vembre 1998, n. 79, della Toscana stabilisce: «Non so- no soggetti alle procedure di valutazione d’impatto am- bientale i progetti per i quali alla data di entrata in vi-
gore della presente legge sia stato emanato il provvedi- mento definitivo di autorizzazione, che consenta la rea- lizzazione dell’opera, impianto o altro intervento».
Le disposizioni delle normative del Friuli-Venezia Giulia, Piemonte e Veneto stabiliscono che tutti i pro- getti per i quali la domanda di autorizzazione e` stata sot- toposta all’autorita` competente prima della data di en- trata in vigore della legge (nel caso del Friuli del regola- mento) regionale non sono coperti dalla normativa re- gionale sulla VIA prevista dalla stessa legge (o dal rego- lamento).
La disposizione della legge dell’Xxxxxx-Romagna pre- vede che tutti i progetti per cui la domanda di autorizza- zione e` stata sottoposta all’autorita` competente prima della data di pubblicazione delle direttive regionali di applicazione della legge regionale non sono coperti dalla normativa regionale sulla VIA disposta dalla stessa leg- ge.
La disposizione della legge della Toscana e` legger- mente differente: stabilisce che tutti i progetti autorizzati prima della data di entrata in vigore della legge regiona- le non sono coperti dalla normativa regionale sulla VIA disposta dalla stessa legge.
Le violazioni contestate
L’articolo 12 della direttiva 85/337/CEE stabilisce che gli Stati membri prendono le misure necessarie per conformarsi alla direttiva entro il 3 luglio 1988.
L’articolo 3 della direttiva 97/11/CE stabilisce che gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislati- ve, regolamentari e amministrative necessarie per con- formarsi alla direttiva entro e non oltre il 14 marzo 1999 e che la direttiva si applica a tutti i progetti per i quali la domanda di autorizzazione e` stata sottoposta alle autorita` competenti dopo il 14 marzo 1999.
Scaduto il termine di recepimento, l’obbligo di appli- care le direttive comunitarie negli ordinamenti degli Stati membri vincola tutte le autorita` competenti dello Stato membro.
Nella sentenza della Corte del 21 gennaio 1999, Commissione delle Comunita` europee contro Repubbli- ca portoghese, in causa C-150/97, la Corte ha stabilito (punto 18) che:
«A questo proposito, va ricordato che la Corte ha gia` dichiarato, nella sentenza 9 agosto 1994, causa C- 396/92, Bund Naturschutz in Bayern e a. (Racc. pag. I- 3717) che l’art. 12, n. 1, della direttiva dev’essere inter- pretato nel senso che non consente ad uno Stato mem- bro che ha recepito detta direttiva nel proprio ordina- mento giuridico nazionale dopo il 3 luglio 1988, data di scadenza del termine di trasposizione, di esentare, me- diante una disposizione transitoria, dagli obblighi relati- vi alla valutazione dell’impatto ambientale stabiliti dalla direttiva i progetti la cui procedura di approvazione fos- se stata avviata prima dell’entrata in vigore della legge nazionale di trasposizione di detta direttiva, ma dopo il
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
841
3 luglio 1988 (v. pure, in questo senso, sentenze 11 ago- sto 1995, causa C-431/92, Commissione/Germania, Racc. pag. I-2189, punto 28; 18 giugno 1988, causa X- 00/00, Xxxxxxxxxxxx Xxxxxx van Noord-Xxxxxxx, Racc. pag. I-3923, punti 23-28, e 22 ottobre 1998, causa C- 301/95, Commissione/Germania, Racc. pag. I-0000, punto 29)».
Xx xxxxx xxx Xxxxxxxx (xxxxxxxx 00) x xxx Xxxxxx (xx- ticolo 27) e il regolamento del Friuli-Venezia Giulia (articolo 22) esentano dal regime della VIA tutti i pro- getti per i quali la domanda di autorizzazione e` stata sot- toposta alle autorita` competenti tra il 3 luglio 1988 e la data della loro entrata in vigore. La legge dell’Xxxxxx- Romagna (articolo 32) esenta dal regime della VIA tut- ti i progetti per i quali la domanda di autorizzazione e` stata sottoposta alle autorita` competenti tra il 3 luglio 1988 e la data di pubblicazione delle direttive di appli- cazione della legge. La legge della Toscana (articolo 27) esenta dal regime della VIA tutti i progetti per i quali la domanda di autorizzazione e` stata sottoposta alle autorita` competenti dopo il 3 luglio 1988 e l’autorizza- zione e` intervenuta prima della data di entrata in vigore della legge.
Nella misura in cui i progetti coperti dalle suindicate disposizioni regionali di esenzione sono elencati nell’Al- legato II della direttiva 85/337/CEE, tali progetti, ai sen- si della direttiva, avrebbero dovuto essere inclusi, dal 3 luglio 1988, nell’ambito di applicazione delle normative, statali o regionali, di recepimento della direttiva 85/ 337/CEE.
La legge regionale del Veneto (articolo 27) esenta dal regime della VIA tutti i progetti per i quali la do- manda di autorizzazione e` stata sottoposta alle autorita` competenti tra il 14 marzo 1999 e la data della sua en- trata in vigore. La legge dell’Xxxxxx-Romagna (articolo 32) esenta dal regime della VIA, tutti i progetti per i quali la domanda di autorizzazione e` stata sottoposta alle autorita` competenti tra il 14 marzo 1999 e la data di pubblicazione delle direttive di applicazione della legge.
Nella misura in cui i progetti coperti dalle suindicate disposizioni regionali di esenzione corrispondono alle categorie progettuali aggiunte all’Allegato II della diret- tiva 97/11/CE, tali progetti, ai sensi della direttiva, avrebbero dovuto essere inclusi, dal 14 marzo 1999, nel- l’ambito di applicazione delle normative, statali o regio- nali, di recepimento della direttiva 97/11/CE.
La procedura ai sensi dell’articolo 226 del trattato CE
In base a quanto sopra esposto, la Commissione ha ritenuto che le disposizioni delle normative regionali ci- tate siano contrarie alle direttive 85/337/CEE e 97/11/ CE.
Con lettera di messa in mora (SG(2000) D/103126 del 13 aprile 2000) la Commissione ha comunicato alle autorita` italiane che, alla luce degli elementi allora in suo possesso, essa considerava che, poiche´ le regioni
Xxxxxx-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte, Ve- neto e Toscana avevano escluso dall’ambito di applica- zione delle rispettive normative regionali di recepimen- to delle direttive 85/337/CEE e 97/11/CE determinate classi progettuali dell’Allegato II delle direttive 85/337/ CEE e 97/11/CEE quando la domanda di autorizzazione e` stata sottoposta alle autorita` competenti (o l’autorizza- zione e` stata data) prima dell’entrata in vigore delle sud- dette normative, l’Italia era venuta meno agli obblighi derivanti dall’articolo 12 della direttiva 85/337/CEE, e dall’articolo 3 della direttiva 97/11/CE.
La Commissione ha chiesto al governo italiano di inviare le proprie osservazioni in merito a quanto segna- lato nella lettera entro due mesi dal suo ricevimento e ha dichiarato che, dopo aver preso nota di tali osserva- zioni o in mancanza dell’invio delle stesse nei termini stabiliti, avrebbe potuto emettere un parere motivato ai sensi dell’articolo 226 del trattato CE.
Con lettera del 29 giugno 2000 (prot. n. 7911), le autorita` italiane hanno risposto alla lettera di messa in mora. Tale risposta non mette in discussione l’assunto della Commissione. Le autorita` italiane riconoscono la validita` dei rilievi effettuati dalla Commissione nella lettera di messa in mora e comunicano che sono in cor- so delle riunioni tra il Ministero dell’Ambiente e le Re- gioni interessate, competenti in via esclusiva in materia, al fine di sollecitare le procedure di modifica delle nor- mative regionali rilevanti. Il ragionamento espresso nel- la lettera di messa in mora della Commissione, e ripetu- to in questo parere motivato, non e` contestato. La vio- lazione della direttiva da parte delle normative regionali non e` contestata. Le Regioni interessate non hanno an- cora modificato le disposizioni delle suindicate leggi, ri- levanti ai sensi della presente procedura.
Alla luce di quanto sopra riportato e delle informa- zioni attualmente in suo possesso, la Commissione e` ob- bligata a constatare che l’Italia e` venuta meno agli ob- blighi derivanti dall’articolo 12 della direttiva 85/337/ CEE, e dall’articolo 3 della direttiva 97/11/CE.
Per questi motivi la Commissione,
dopo aver posto, con lettera di messa in mora (SG(2000) D/105126) del 13 aprile 2000, il governo italiano in grado di produrre le proprie osservazioni e avendo ricevuto una risposta insoddisfacente,
emette
ai sensi dell’articolo 226, primo comma del trattato CE,
il parere motivato secondo il quale,
poiche´ le regioni Xxxxxx-Romagna, Friuli-Venezia
842 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
Giulia, Piemonte, Veneto e Toscana escludono dall’am- biente di applicazione delle rispettive normative regio- nali di recepimento delle direttive 85/337/CEE e 97/11/ CE determinate classi progettuali dell’Allegato II delle direttive 85/337/CEE e 97/11/CEE quando la domanda di autorizzazione e` stata sottoposta alle autorita` compe- tenti (o l’autorizzazione e` stata data) prima dell’entrata in vigore delle suddette normative,
l’Italia e` venuta meno agli obblighi derivanti dall’ar- ticolo 12 della direttiva 85/337/CEE, e dall’articolo 3 della direttiva 97/11/CE.
In applicazione dell’articolo 226, secondo comma del trattato CE, la Commissione invita la Repubblica italiana ad adottare le misure necessarie per conformarsi al presente parere motivato entro e non oltre il termine di due mesi a decorrere dalla sua notifica.
IL COMMENTO
di Xxxxxxxx Xxxxxxxx
La Commissione ha censurato le norme di diverse leggi e regolamenti regionali (dell’Xxxxxx-Romagna, del Friuli-Venezia Giulia, del Piemonte, del Veneto e della Toscana) con cui era stata esentata dall’applicazione della VIA una serie di progetti afferenti all’allegato II della direttiva 337/1985 «quando la domanda e` stata sottoposta alle autorita` competenti (o l’autorizzazione e` stata data) prima dell’entrata in vigore delle sudette normative», richiamando la sentenza della Corte di Giustizia del 21 gennaio 1999, nella causa C-150/97 (Commissione delle Comunita` europee vs. Repubblica por- toghese), ove si era affermato che agli Stati membri non sono consentite disposizioni transitorie intese ad eludere gli obblighi relativi alla valutazione di impatto ambien- tale dopo la scadenza del termine di recepimento delle relative direttive comunitarie (1).
Le direttive 337/1985/CEE e 11/1997/CE
Non e` ovviamente questa la sede per ripercorrere l’intera vicenda della valutazione di impatto ambientale, e della sua attuazione (o, forse, come meglio vedremo fra poco, della inattuazione) nell’ordinamento italiano, trattandosi di problematica ampiamente nota, e oggetto di una letteratura ormai vastissima (2): per quanto qui interessa basti solo ricordare in estrema sintesi alcuni dei contenuti delle direttive 337/85 e 11/1997 che assu- mono maggior rilievo in questa sede, e le tappe princi- pali del recepimento delle stesse da parte del legislatore italiano.
Com’e` noto, l’istituto della valutazione di impatto ambientale e` stato introdotto nell’ordinamento comuni- tario solo dopo diversi anni di dibattito sull’opportunita`
o meno di recepire in Europa lo strumento previsto ne- gli S.U. sin dal National Enviromental Protection Act del 1969, attraverso la direttiva 337/85 (3), di cui l’art. 2, comma 1, prevede testualmente che «gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinche´, prima del ri- lascio dell’autorizzazione, i progetti per i quali si prevede un impatto ambientale importante, segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni, o la loro ubicazione, for- mino oggetto di una valutazione del loro impatto».
Il successivo art. 4 rinvia per l’individuazione dei
progetti da sottoporre a VIA a due allegati, e assoggetta le due categorie di progetti a un regime distinto: «...i progetti appartenenti alle classi elencate nell’Allegato I formano oggetto di valutazione ai sensi degli articoli da 5 a 10. I progetti appartenenti alle classi elencate nel- l’allegato II formano oggetto di una valutazione ai sensi degli articoli da 5 a 10 quando gli Stati membri ritengo- no che le loro caratteristiche lo richiedono. A tal fine, gli Stati membri possono, tra l’altro, specificare alcuni tipi di progetti da sottoporre ad una valutazione d’im- patto, o fissare criteri e/o soglie limite per determinare quali dei progetti appartenenti alle classi elencate nel- l’allegato II debbano formate oggetto di una valutazione ai sensi degli articoli da 5 a 10».
L’art. 12 fissava poi il termine per il recepimento del-
la direttiva da parte degli Stati membri in tre anni a de- correre dalla notifica della stessa.
La direttiva 337 viene sensibilmente modificata do- dici anni dopo la sua emanazione attraverso la direttiva 11/1997, che tiene conto sia delle profonde modifiche apportate medio tempore al trattato istitutivo della Co- munita` (4), sia, ovviamente (come meglio si vedra` in appresso), delle esigenze di miglioramento della discipli- na dell’istituto emerse nell’esperienza applicativa del te- sto originario.
Delle premesse di questa seconda direttiva interessa- no soprattutto quelle relative all’individuazione dei pro- getti da sottoporre alla valutazione di impatto, contenu- te nei «considerando» 6-9: «considerando che e` oppor- tuno completare l’elenco dei progetti che hanno inci- denze notevoli sull’ambiente, e che pertanto devono es-
Note:
(1) Decisione pubblicata nel sito internet xxxx://xxxxxx.xxx.xxx.
(2) Si rinvia comunque a Fonderico, Valutazione di impatto ambientale, in Xxxxxx, Xx Xxxxxxx, (a cura di) Codice dell’ambiente, Milano, 1999, spec. 1452 ss., e alla dottrina ivi citata.
(3) Cfr., per tutti, Xxxxxxx, La direttiva 85/337/CEE sulla valutazione di im- patto ambientale, in Riv. Giur. Amb., 1987, 499 ss.
(4) Cfr., in proposito, De Cesaris, Le politiche comunitarie in materia di am- biente, in Cassese (a cura di), Diritto ambientale comunitario, Milano, 1996, spec. 27 ss.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
843
sere sottoposti di norma ad una valutazione sistematica; considerando la possibilita` che progetti di altri tipi non abbiano in tutti i casi incidenze notevoli sull’ambiente; che e` opportuno che detti progetti siano sottoposti a valutazione qualora, a giudizio degli Stati membri, pos- sano influire in modo rilevante sull’ambiente; conside- rando che gli Stati membri possono fissare le soglie o i criteri per stabilire quali di questi progetti debbano esse- re sottoposti a valutazione a seconda dell’entita` del loro impatto ambientale; che per gli Stati membri non sa- rebbe obbligatorio esaminare caso per caso i progetti al di sotto di tali soglie o al di fuori di tali criteri; conside- rando che nel fissare tali soglie o criteri e nell’esaminare caso per caso i progetti, per stabilire quali di questi deb- bano essere sottoposti a valutazione a seconda dell’enti- ta` del loro impatto ambientale, gli Stati membri do- vrebbero tener conto dei pertinenti criteri di selezione contenuti nella presente direttiva; che, secondo il prin- cipio di sussidiarieta`, gli Stati membri sono i soggetti piu` idonei per l’applicazione di detti criteri nei casi con- creti».
In attuazione di tali premesse, viene dunque riformu- lato l’allegato I, che individua 21 categorie di progetti da sottoporre necessariamente a VIA, a fronte delle 9 categorie del testo originario; e, soprattutto, viene ri- scritto l’art. 4, nel cui nuovo testo i commi 2 e 3 preve- dono che «...per i progetti elencati nell’allegato II gli Stati membri determinano mediante a) un esame del progetto caso per caso; o b) soglie e criteri fissati dagli Stati membri, se il progetto debba essere sottoposto a valutazione a norma degli articoli da 5 a 10. Gli Stati membri possono decidere di applicare entrambe le pro- cedure di cui alle lettere a) e b). Nell’esaminare caso per caso o nel fissare soglie o criteri ai fini del paragrafo 2 si tiene conto dei relativi criteri di selezione riportati nell’allegato III».
La maggior attenzione alla fissazione delle soglie e
Le principali tappe di questo (tormentato) processo di recepimento sono infatti le seguenti:
a) il primo intervento attuativo della valutazione di impatto ambientale si rinviene nell’art. 6 della legge 349/1986, che detta una norma che non caso e` stata re- centemente definita dalla dottrina «a provvisorieta` per- manente» (6), dato che contiene una disciplina mera- mente provvisoria, «in attesa dell’attuazione legislativa delle direttive comunitarie», impegnando a tal fine il Governo a presentare il relativo disegno di legge entro un semestre (7) - e la legge definitiva in materia e` ov- viamente ancora ben al di la` da venire, dato che ben difficilmente il Parlamento riuscira` ad approvare il testo elaborato in proposito dalla Commissione Permanente Territorio, Ambiente, Beni ambientali del Senato negli ultimi mesi della XIII legislatura (8);
b) anche questa norma provvisoria e` pero` divenuta
concretamente applicabile solo dopo la scadenza (il 3 luglio 1988) del termine di recepimento della direttiva 377 nel nostro paese, merce´ l’emanazione del D.P.C.M. 10 agosto 1988, n. 377, e del D.P.C.M. 27 dicembre
1988;
c) questa disciplina riguardava pero` i soli progetti di opere previsti nell’allegato I alla direttiva 337, dato che il legislatore aveva completamente omesso di considera- re i progetti previsti nell’allegato II alla direttiva: il che e` valso al nostro paese una prima procedura di infrazio- ne da parte delle istituzioni comunitarie, iniziata con il parere della Commissione CE del 7 luglio 1993 (9);
d) solo in seguito a questa procedura di infrazione l’art. 40 della legge 146/1994 aveva incaricato il Gover- no di emanare un provvedimento con cui completare l’attuazione della procedura di VIA anche per i progetti dell’allegato II entro un semestre;
e) termine (prevedibilmente) disatteso, dato che il Governo ha emanato tale provvedimento solo con il
dei criteri in relazione a cui dev’essere valutata da parte
degli Stati membri l’opportunita` di sottoporre o meno a VIA i progetti dell’allegato II e` confermata, oltre che dalla riformulazione dell’art. 4, dall’elaborazione ex novo dell’allegato III, che, per l’appunto, detta i criteri di sele- zione secondo cui dev’essere condotta la valutazione preliminare prevista dalla disposizione surrichiamata - la cosiddetta screening procedure (5): una serie di criteri ar- ticolati in dettaglio, considerando ben tre diverse tipolo- gie di parametri, ovverosia le caratteristiche dei progetti, la localizzazione degli stessi, nonche´ le caratteristiche dell’impatto potenziale che puo` derivarne.
Il termine per l’attuazione di questa seconda direttiva viene fissato «entro e non oltre il 14 marzo 1999».
L’attuazione della valutazione di impatto ambientale nell’ordinamento italiano
More solito, lo Stato italiano ha recepito la direttiva 337 in ritardo (il termine scadeva il 3 luglio 1988), e in modo complessivamente insoddisfacente.
Note:
(5) Cfr., in proposito, Schiavano, La valutazione di impatto ambientale nel diritto comunitario, in Ferrara (a cura di), La valutazione di impatto ambienta- le, Padova, 2000, 30.
(6) Come la definisce Ferrara, in La valutazione di impatto ambientale, cit., 1.
(7) Sul punto cfr. Lettera, Lo Stato ambientale, Milano, 1990, 135 ss., se- condo cui con questo testo «tenuto conto della fase di prima applicazione, si e` preferito non estendere l’ampiezza dell’intervento».
(8) Trattasi della proposta 5100, su cui cfr. Garuzzo, La valutazione di im- patto ambientale nei progetti legislativi, in Ferrara (a cura di), La valutazione di impatto ambientale, cit., 255 ss. Per i pdl precedenti cfr. anche Xxxxxxx, Quale futuro per la VIA? Spigolando tra disegni di legge e giurisprudenza in materia di impatto ambientale, in Riv. Giur. Amb., 1995, 789 ss.
(9) Come ricorda puntualmente Fonderico, in La valutazione di impatto ambientale, cit., 1452. Da segnalare che alcuni progetti dell’allegato II era- no stati comunque assoggettati alla procedura di VIA in base a norme settoriali, e che a loro volta le Regioni in taluni casi avevano emanato di- scipline piu` complete di quella nazionale: cfr., Greco, La Costituzione del- l’ambiente, Bologna, 196, 554 ss.; Roccella, La valutazione di impatto am- bientale tra e(le inadempienze di) Stati e Regioni», in questa Rivista, 1999, 147 ss.
844 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
D.P.R. 12 aprile 1996 - che costituiva atto di indirizzo e coordinamento, talche´ in concreto si rinviava agli (ulte- riori) provvedimenti attuativi da emanarsi da parte delle Regioni: per l’individuazione delle opere da assoggettare alla procedura in discorso nella legislazione regionale at- tuativa il decreto peraltro adotta criteri decisamente ete- rogenei, dato che vengono senz’altro sottoposte a valu- tazione di impatto le opere elencate nell’allegato A al decreto (individuate secondo limiti dimensionali); men- tre per quelle richiamate nell’allegato B la VIA si appli- ca solo quando e` prevista la localizzazione delle stesse al- l’interno di aree naturali protette ex lege 394/1991: quando invece tali opere non ricadono in dette aree, e` prevista una verifica caso per caso (secondo i parametri individuati nell’allegato D al decreto) «se le caratteristi- che dei progetti richiedano lo svolgimento della proce- dura di valutazione di impatto ambientale» (10);
f) il decreto del 1996 costituiva pero` ancora una vol- ta un’attuazione carente della direttiva, dato che esclu- deva integralmente numerose categorie di progetti del- l’allegato II dalla VIA: come veniva rilevato dalla Com- missione CE con un nuovo parere motivato, del 29 set- tembre 1998 (11);
g) in esito a questa nuova censura, l’applicazione del- la procedura di impatto ambientale viene estesa a nuo- ve categorie di progetti con il D.P.C.M. del 3 settembre 1999 (12), che modifica il decreto del 1996, anche al fine di dare attuazione alla nuova direttiva 11/1997/CE, che era nel frattempo divenuta pienamente efficace - ovviamente, ancora una volta in ritardo rispetto al ter- mine di recepimento di questo secondo atto comunita- rio;
f) medio tempore era peraltro entrato in vigore anche l’art. 71 del D.Lgs. 112/1998, attuativo della legge «Bas- sanini», n. 59/1997, che demandava al Governo l’ema- nazione di un nuovo atto di indirizzo e coordinamento inteso ad individuare le categorie di opere per cui la procedura di VIA doveva intendersi trasferita alle Re-
che, pure, negli Stati Uniti viene impiegato corrente- mente ormai da oltre trent’anni.
I persistenti inadempimenti italiani nell’attuazione della VIA in relazione
ai progetti dell’allegato II alla direttiva 337
Anche a prescindere dalle (infelici) norme regionali censurate nel parere della Commissione, anche dopo l’emanazione del D.P.C.M. 3 settembre 1999, si ha ra- gione di dubitare della coerenza della normativa italiana alle direttive comunitarie, in particolare per quanto ri- guarda le modalita` con cui sono stati fissati le soglie e i criteri in relazione ai quali i progetti dell’allegato II pos- sono essere esentati dalla valutazione di impatto.
S’e` visto piu` sopra che alcune delle principali modifi-
che alla disciplina comunitaria della VIA recate dalla direttiva 11/1997 riguardano proprio la fissazione di tali soglie e criteri (come d’altra parte era preannunciato nei «considerando» 8 e 9, ove tra l’altro si precisa che, a tal fine, «gli Stati membri dovrebbero tenere conto dei pertinenti criteri di selezione contenuti nella presen- te direttiva»), e, in particolare, consistono nella formu- lazione ex novo dell’allegato III, che contiene per l’ap- punto i criteri in base ai quali effettuare la preliminare screening procedure dei progetti da sottoporre o meno a valutazione di impatto.
La prassi applicativa della direttiva 337 aveva infatti dimostrato che proprio la clausola dell’art. 4 relativa alle soglie e ai criteri predetti costituiva per gli Stati membri l’occasione per aggirare surrettiziamente l’obbligo di sot- toporre a V.I.A. i progetti dell’allegato II, in particolare attraverso la fissazione di limiti dimensionali tali da per- venire in concreto ad escludere dalla procedura la piu` gran parte di detti progetti: e siffatti comportamenti elu- sivi degli Stati membri erano stati censurati in diverse pronunzie dalla Corte di Giustizia, a partire dalla sen- tenza 2 maggio 1996, nella causa C-133/94, Commissio-
gioni: entro un termine di otto mesi dalla data di entra-
ta in vigore del decreto, che, ovviamente, a tutt’oggi e`
rimasto a sua volta disatteso (13).
Dati gli esempi di (scarsissima) tempestivita` e solle- citudine nell’adempimento degli obblighi comunitari cos`ı forniti dal Parlamento e dal Governo, non deve dunque stupire che anche le Regioni si siano a loro volta dimostrate inadempienti nell’attuazione della va- lutazione di impatto ambientale per i progetti di loro competenza.
A onor del vero, l’Italia non e` certo l’unico paese in cui si sono registrati inadempimenti rispetto alla VIA: negli scorsi anni la Corte di Giustizia ha anzi avuto mo- do di censurare analoghi inadempimenti da parte di di- versi nostri partner comunitari, tra cui Belgio, Olanda, Germania, Irlanda, Portogallo.
Ciononostante, forse solo la ben nota fantasia istitu- zionale italiana e` riuscita ad elaborare tali e tanti ostaco- li all’attuazione di uno strumento di tutela ambientale
Note:
(10) Cfr. Xxxxxxxxx, Il sistema delle aree naturali protette alla luce dell’atto di indirizzo e coordinamento del 12 aprile 1996», in Gazz. Ambiente, 1997, 354 ss.; Grassi, Problemi di attuazione della direttiva sulla valutazione di impatto ambientale per i progetti di cui all’allegato II, ivi, 1997, 3 ss.
(11) Cfr. Schiavano, La valutazione di impatto, cit., 67.
(12) Cfr. Schiavano, ibidem.
(13) Da ricordare altres`ı che l’art. 71 del D.Lgs. 112/1998 (in attuazione della delega contenuta nella legge 59/1997) ha dettato nuovi criteri di ri- parto delle competenze in materia di VIA tra Stato e Regione (cfr. Civi- xxxxxx Xxxxxxxxx, «Art. 71», in Falcon (a cura di), Commentario al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, Bologna, 1998, 708 ss., demandando a un emanando atto di indirizzo e coordinamento l’individuazione delle ca- tegorie di opere sottoposte a VIA statale, da trasferire alla competenza delle Regioni: atto di indirizzo e coordinamento non ancora emanato quando viene scritta questa nota, talche´ risulta (manco a dirlo!) in ritardi rispetto al termine di otto mesi che era stato fissato dalla disposizione ap- pena citata. Diverse Regioni hanno comunque gia` autonomamente rece- pito l’art. 71 del D.Lgs. 12: cfr. Lombardi, Xxxxx, Valutazione di impatto e Regioni, in Ferrara (a cura di), La valutazione di impatto ambientale, cit., 294 ss.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
845
ne vs. Belgio (14), in cui si era sottolineato che «...i cri- xxxx e/o le soglie indicati nell’art. 4, comma 2, hanno il fine di facilitare la valutazione delle caratteristiche con- crete che presenta un progetto, in vista di determinare se esso e` soggetto all’obbligo di valutazione di impatto ambientale, e non di sottrarre a priori a tale obbligo in- tere classi di progetti indicati nell’allegato II...di conse- guenza, l’art. 4, comma 2, non conferisce agli Stati membri il potere di escludere globalmente e definitiva- mente uno o piu` classi indicate nell’allegato II dalla possibilita` di una valutazione di impatto ambientale».
Affermazioni espressamente richiamate nella decisio- ne in data 24 ottobre 1996, nella causa C-72/95, Aan- nemersbedrijf P.K. Kraaijevled BV e a. vs. Olanda (15) e ivi ulteriormente svolte, ove si osserva che «se e` vero che l’art. 4, n. 2, comma 2, della direttiva conferisce agli Stati membri un margine di discrezionalita` per spe- cificare taluni tipi di progetti da sottoporre a valutazioni d’impatto o fissare criteri o soglie limite da adottare, detto margine trova pero` i suoi limiti nell’obbligo enun- ciato nell’art. 2, n. 1, di sottoporre ad una valutazione d’impatto i progetti per i quali si prevede un impatto ambientale importante, segnatamente per la loro natura, le loro dimensioni e la loro ubicazione», e (dopo l’ema- nazione della direttiva 11/1997, ma con riguardo alla di- sciplina precedente) nella decisione in data 22 ottobre 1998, nella causa C-301/95, Commissione vs. Germa- nia (16), in cui, rilevato che «la nozione (di progetto suscettibile di impatto rilevante sull’ambiente) non puo` avere un contenuto e una portata diversi a seconda che sia richiamata nell’allegato I o nell’allegato II della di- rettiva», si osserva che «qualsiasi diversa interpretazione della nozione di cui trattasi priverebbe di concreta effi- cacia il principio enunciato nell’art. 2, n. 1, della diret- tiva, secondo il quale i progetti per i quali si prevede un impatto ambientale importante, segnatamente per la lo- ro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, devo- no formate oggetto di una valutazione d’impatto, e attri- buirebbe agli Stati membri il potere di applicare secon- do modalita` discrezionali l’allegato II della direttiva», nonche´ nella piu` recente decisione 21 settembre 1999, nella causa C-392/96, Commissione vs. Irlanda (17), ove si legge che «uno Stato membro che dovesse fissare cri- xxxx e/o soglie limite che tengano conto solo delle di- mensioni dei progetti, e non anche della natura e della loro ubicazione, eccederebbe il margine di discrezionali- ta` di cui dispone ai sensi degli artt. 2, n. 1, e 4, n. 2, della direttiva».
Alla luce di tutto quanto sopra, e` evidente che le modifiche introdotte dalla direttiva 11/1997 partono dal duplice presupposto che le soglie e i criteri previsti dall’art. 4 della direttiva hanno la funzione precipua di agevolare l’individuazione dei progetti dell’allegato II ef- fettivamente dotati di impatto ambientale importante, e che a tal fine agli Stati membri non e` attribuita «una potesta` libera ed incondizionata, in quanto deve essere comunque raggiunto il fine (indisponibile) di dare con-
creta attuazione alla disciplina europea, e, quindi, in coerenza con tale indeclinabile e imperativa necessita`, di non rendere artatamente (e artificiosamente) impos- sibile, o eccessivamente gravoso, il raggiungimento degli obiettivi rilevanti dal punto di vista comunitario» (18), bens`ı una vera e propria potesta` discrezionale, in quanto tale sindacabile nel momento in cui il suo esercizio de- via dai fini perseguiti dalla normativa comunitaria; e, coerentemente con tali presupposti, la direttiva pervie- ne a delimitare e restringere sensibilmente il margine di discrezionalita` conferito in proposito agli Stati membri, attraverso appunto la determinazione dei criteri secondo cui dev’essere effettuata la screening procedure prevista nell’allegato III.
Se dunque si considera che, in quest’ottica, «e` la
stessa fissazione di soglie limite assolute a configurarsi come concreto inadempimento del diritto comunita- rio» (19), risulta confermato il dubbio sulla coerenza della nostra disciplina interna alla direttiva 337/1985, come modificata dalla direttiva 11/1997, dato che an- che il D.P.C.M. 3 settembre 1999 formula una serie di soglie assolute, basate solo su criteri dimensionali, senza prendere in considerazione i ben precisi criteri di valu- tazione preliminare dell’allegato III, e atteso che anche la previsione della verifica preliminare della assoggetta- bilita` dei progetti alla VIA, che si rinviene nell’art. 1 del D.P.R. 12 aprile 1996, riguarda esclusivamente i progetti dell’allegato B al decreto: non puo` certo esclu- dersi a priori che, anche dopo che le soglie sono state disciplinate in modo piu` rigoroso, alcuni dei progetti af- ferenti all’allegato II sfuggano alla valutazione di impat- to nonostante che per caratteristiche, localizzazione, impatto potenziale, possano senz’altro provocare un
«notevole impatto ambientale» - com’e` d’altra parte stato puntualmente rilevato nella decisione 21 settem- bre 1999, cit., ove per l’appunto si legge che «anche un progetto di dimensioni ridotte puo` avere un notevo- le impatto ambientale se e` ubicato in un luogo in cui i fattori ambientali descritti nell’art. 3 della direttiva, co-
Note:
(14) Decisione che puo` essere letta nel sito Internet xxxx://xxxxxx. xxx.xxx.
(15) Pubblicata in Foro It., 1998, IV, 57 ss., con nota di Xxxxxx, Osser- vazioni in tema di efficacia diretta delle direttive comunitarie in materia ambien- tale. Su questa pronunzia cfr. anche Ferrara, Note minime sulla valutazione di impatto ambientale nell’ordinamento italiano, in Sanita` pubblica, 1997, 485 ss.
(16) Anch’essa pubblicata nel sito Internet xxxx://xxxxxx.xxx.xxx.
(17) In Foro It., 2000, IV, 263 ss., commentata da Ferrara, con Valutazio- ne di impatto ambientale e principi della giurisprudenza comunitaria, cit.
(18) Ferrara, Valutazione di impatto ambientale e principi della giurisprudenza comunitaria, cit., 267: da segnalare che l’A. considera in chiave critica que- sto indirizzo della Corte di Giustizia, dato che comprime eccessivamente la sovranita` degli Stati membri. Sui piu` recenti sviluppi della giurispru- denza comunitaria, tutt’altro che consoni al pur conclamato principio di sussidiarieta`, cfr., da ultimo, Xxxxxx, L’Unione e gli Stati membri: competen- ze e sovranita`, in Quad. Cost., 2000, 5.
(19) Ferrara, ibidem.
846 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
me la fauna e la flora, il suolo, l’acqua, il clima, il patri- monio culturale, sono sensibili al minimo cambiamen- to».
Le conseguenze dell’inadempimento all’obbligo di VIA: la diretta applicabilit`a delle direttive nella giurisprudenza comunitaria e italiana
E anche a prescindere dall’esito delle due procedure di infrazione sinora promosse dalla Commissione nei confronti dello Stato italiano, e tuttora pendenti, l’in- sufficiente trasposizione della disciplina comunitaria nel nostro ordinamento non e` certo priva di implicazioni di rilievo.
E` infatti quasi inutile ricordare che la Corte di Giu-
stizia ormai da tempo ha elaborato la nozione di diretti- ve dettagliate, o self-executing, che possono produrre ef- fetti diretti, «una volta spirato il termine assegnato per la loro attuazione, quando pongano obblighi con un contenuto precettivo sufficientemente chiaro e preciso, tale da non richiedere l’adozione di ulteriori atti, e crei- no diretti a favore dei privati individuabili nel loro con- tenuto» (20), sia in caso di mancata attuazione, sia in caso di attuazione insufficiente o inadeguata, nei con- fronti di tutte le pubbliche autorita` dello Stato membro inadempiente (21), non esclusi i giudici nazionali, tenu- ti se del caso a disapplicare le norme interne contrarie ai precetti comunitari (22).
In verita`, la direttiva 337 (anche dopo le modifiche
del 1997) parrebbe xxx xxxxx dal presentare i caratteri di «precisione e incondizionatezza» (23), richiesti dal- l’indirizzo giurisprudenziale teste´ richiamato per afferma- re il carattere self-executing di xxxx xxxxxxxx, proprio in virtu` del potere discrezionale che, come s’e` visto, viene attri- buito dall’art. 4 agli Stati membri; ne´ essa sembrerebbe riconoscere precisi diritti ai singoli cittadini, dato che
«l’unica disposizione della direttiva che contempla la posizione dei singoli controinteressati si rappresenta co- me una disposizione di carattere procedimentale, dalla
nati per stabilire se siano idonei a produrre un impatto ambientale importante, e, in caso affermativo, siano as- soggettati ad una valutazione d’impatto».
Conclusione ribadita (e chiarita) nella recente deci- sione in data 16 settembre 1999 (nella causa C-435/97, World Wildlife Fund e a. vs. Provincia autonoma di Bolza- no) (26), che appunto conclude affermando che «qua- lora le autorita` legislative o amministrative di uno Stato membro eccedano il margine di discrezionalita` ricono- sciuto dagli artt. 4, n. 2, e 2, n. 1 della direttiva, i singo- li possono invocare tali disposizioni dinanzi il Giudice nazionale per ottenere che le autorita` di detto Stato membro disapplichino le norme o misure interne con esse incompatibili. In un caso del genere, spetta alle autorita` dello Stato membro adottare, nell’ambito delle loro competenze, tutti i provvedimenti, generali o parti- colari, necessari affinche´ venga condotto un esame sul- l’idoneita` dei progetti ad avere un notevole impatto ambientale e affinche´, in caso di esito positivo di detto esame, venga effettuato uno studio dell’impatto ambien- tale del progetto».
Sino a poco tempo fa, la giurisprudenza amministra- tiva italiana pareva invece ben lungi da tale conclusio- ne: anche la pronunzia 1272/1989 della I Sezione
T.A.R. Lazio (27), in cui pure si rileva incidentalmente come «anche le prescrizioni puntuali e specifiche conte- nute nelle direttive comunitarie diventino operanti ne- gli Stati membri quando sia scaduto il termine per il re- cepimento delle direttive stesse se lo Stato membro si e` reso inadempiente a tale obbligo», perviene alla conclu- sione dell’assoggettabilita` a VIA, prima dell’emanazione del D.P.C.M. 377/1988, dei progetti individuati nell’al- legato I, sull’assunto dell’efficacia immediata non delle direttive comunitarie, ma, piuttosto, della norma posta dall’art. 6 della legge 349/1986, osservando (con una fi- ducia nella bonta` della voluntas legis che, almeno in re- lazione alla vicenda che qui interessa, potrebbe forse ap-
quale puo` tutt’al piu` inferirsi il diritto dei singoli interes-
sati ad essere informati e ad esprimere un parere sul pro- getto in esame» (24).
Ciononostante, la giurisprudenza comunitaria (pro- babilmente esasperata dai ripetuti inadempimenti alla direttiva 337 da parte della maggioranza degli Stati membri (25); e in considerazione della sempre maggior restrizione degli spazi di discrezionalita` dei singoli Stati in subjecta materia che, come s’e` visto piu` sopra, si regi- stra in conseguenza degli interventi della stessa Corte di giustizia, e delle modifiche normative del 1997), pare ormai orientata univocamente in tal senso, dato che gia` nella decisione in data 24 ottobre 1996, cit., e` giunta alla conclusione che «nel caso in cui sia superato (il) margine di discrezionalita`, e, pertanto, le disposizioni nazionali debbano essere a tal riguardo disapplicate, spetta agli organi dello Stato membro, nell’ambito delle loro attribuzioni, adottare tutti i provvedimenti necessa- ri, generali o particolari, affinche´ i progetti siano esami-
Note:
(20) Strozzi, Il sistema normativo, in Chiti, Creco (a cura di), Trattato di di- ritto amministrativo europeo, Milano, 1997, 30.
(21) Cfr., per tutti, Barone, L’efficacia diretta delle direttive CEE nella giuri- sprudenza della Corte di giustizia e della Corte costituzionale, in Foro It., IV, 1991, 130 ss., e la dottrina ivi citata.
(22) Sul punto cfr. Greco, Incidenza del diritto comunitario sugli atti ammini- strativi italiani, in Chiti, Greco (a cura di), Trattato di diritto amministrativo europeo, cit., 555.
(23) Cos`ı Xxxxxx, Osservazioni in tema di efficacia diretta, cit., 61.
(24) Xxxxxx, op. cit., 67.
(25) Cfr. Schiavano, La valutazione, passim.
(26) In Giorn. Dir. Amm., 2000, 375 ss., con nota di Fonderico, La valu- tazione di impatto ambientale su progetti pubblici e privati, e in Foro It., 2000, IV, 263 ss., con nota di Ferrara, Valutazione di impatto ambientale e principi della giurisprudenza comunitaria: e` solo un problema di ragionevolezza.
(27) In Riv. Giur. Amb., 1990, 336 ss., con nota di Xxxxxxxxxxx, Prima ap- plicazione giurisprudenziale della Direttiva CEE sulla valutazione di impatto am- bientale.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
847
parire eccessiva) che «non e`....pensabile che il Parla- mento, proprio mentre decideva di introdurre in via transitoria e temporanea il procedimento di V.I.A., evi- dentemente per l’urgenza connessa con le esigenze di salvaguardia ambientale poste a fondamento dell’istitu- zione del Ministero disposta con la stessa legge n. 349 del 1986, abbia inteso, attraverso le previsioni del ricor- dato D.P.C.M. di ‘‘individuazione delle categorie di opere da sottoporre a VIA’’, ridiscutere l’impegno co- munitario che lo Stato aveva gia` assunto con la diretti- va 85/337 con riguardo a quelle opere per cui tutti gli Stati membri avevano deciso l’obbligatorieta` della pro- cedura di VIA» (28).
E, successivamente, nella giurisprudenza del Consi- glio di Stato, si perveniva tutt’al piu` alla (prudente) af- fermazione che la disciplina italiana dell’istituto in rilie- vo deve «presumersi conforme, pena la disapplicabilita` da parte del giudice comune» rispetto a quella comuni- taria (29).
E piu` di recente, pure la giurisprudenza che si e` oc- cupata dell’efficacia del D.P.R. 12 aprile 1996 prima della sua attuazione nella legislazione regionale (affer- mando l’efficacia cogente delle prescrizioni di dettaglio in esso contenute) ha evitato di occuparsi della temati- ca che qui interessa (30).
Ma proprio pochi mesi fa la I Sezione del T.A.R. Lombardia, nella sentenza 2864/2000, ha espressamente aderito alle conclusioni della citata decisione 16 settem- bre 1999 della Corte di Giustizia, affermando che le di- rettive comunitarie in questione «risultano ormai in molti aspetti precise, incondizionate e complete a tal punto da poter essere invocate anche dal singolo sogget- to dell’ordinamento interno», e la conseguente necessi- ta` di disapplicare i dati normativi interni da esse diffor- mi (31).
Se dunque si considera che nella surrichiamata deci-
sione 21 settembre 1999 la Corte di giustizia ha osser- vato anche che «per dimostrare che la trasposizione di una direttiva e` insufficiente o inadeguata non e` neces- sario comprovare gli effetti reali della normativa nazio- nale di attuazione...nulla osta a che la Commissione di- mostri detta manchevolezza o insufficienza senza atten- dere che l’applicazione della legge di trasposizione pro- duca effetti pregiudizievoli», non puo` non rilevarsi che, allo stato, la carente attuazione della disciplina comuni- taria nel nostro paese rischia di tradursi in un forte so- spetto di illegittimita` di tutti gli atti di approvazione di opere afferenti all’allegato II che non siano stati sotto- posti a valutazione d’impatto (alla luce dell’affermazio- ne della Corte di giustizia appena richiamata, anche a prescindere dall’effettivo impatto dei relativi progetti), con tutte le intuibili conseguenze sotto il profilo della possibilita` che per tale motivo essi atti vengano colpiti da pronunzie di annullamento: il che rende senz’altro ancora piu` impellente un intervento legislativo che ponga finalmente termine al regime di «provvisorieta` permanente» che si protrae da quasi quindici anni, e
che regoli l’istituto in modo finalmente coerente alla disciplina comunitaria.
Note:
(28) Questa pronunzia veniva poi annullata dalla VI Sezione del Consi- glio di Stato, con sent. 728/1990, in Riv. It. Dir. Pubbl. Com., 1991, 772, con nota di Righi, VIA: il Consiglio di Stato annulla la prima sentenza in materia del T.A.R. Lazio.
(29) Cons. Stato, sez. IV, 741/1993, in Riv. Giur. Amb., 1994, 64 ss., con nota di Xxxxxxxxxx Matteucci, Alcune riflessioni in tema di valutazione d’impatto ambientale.
(30) Cfr. T.A.R. Lombardia, sez. I, 1311/1999, in Riv. Giur. Amb., 1999, 940 ss., con nota di Coppini, Conferenza di servizi e valutazione di impatto ambientale: una convivenza possibile. Sull’efficacia del D.P.R. 12 aprile 1996 cfr. anche Corte cost., 273/1998, in Le Regioni, 1999, 87 ss.
(31) La sentenza e` pubblicata in Riv. Giur. Amb., 2000, 763 ss., con nota di Xxxxxxxxxx, La stratificazione legislativa in tema di valutazione di impatto ambientale.
848 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
Novita` normative
a cura di XXXXXXXXXX XXXXXX
■ Ambiente e beni culturali
SETTORE FORESTALE
Decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227 - Orientamento e modernizzazione del settore forestale, a norma del- l’articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57 (G.U. 15 giugno 2001, n. 137 s.o.149/L)
Le disposizioni del presente decreto sono finalizzate alla valorizzazione della selvicoltura quale elemento fondamen- tale per lo sviluppo socio-economico e per la salvaguardia ambientale del territorio della Repubblica italiana, nonche´ alla conservazione, all’incremento ed alla razionale gestione del patrimonio forestale nazionale, nel rispet- to degli impegni assunti a livello internazionale e comunitario dall’Italia in materia di biodiversita` e sviluppo so- stenibile con particolare riferimento a quanto previsto dalle Risoluzioni delle Conferenze interministeriali sulla protezione delle foreste in Europa di Strasburgo, Helsinki e Lisbona.
Per il perseguimento delle finalita` indicate, il Ministero delle politiche agricole e forestali, il Ministero dell’am- biente e le regioni svolgono, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, in modo coordinato le attivita` volte a garantire la maggiore efficacia degli interventi pubblici, l’equilibrato sviluppo economico e sociale, soprattutto nelle zone montane, e l’utilizzo delle risorse naturali in maniera sostenibile.
Agli effetti del presente decreto legislativo e di ogni altra normativa in vigore nel territorio della Repubblica i ter- mini bosco, foresta e selva sono equiparati.
Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo le regioni stabiliscono per il terri- torio di loro competenza la definizione di bosco e: a) i valori minimi di larghezza, estensione e copertura necessari affinche´ un’area sia considerata bosco; b) le dimensioni delle radure e dei vuoti che interrompono la continuita` del bosco; c) le fattispecie che per la loro particolare natura non sono da considerarsi bosco.
La stessa disposizione e` integrata dalla indicazione dei suoli assimilati a bosco.
Sono altres`ı assimilati a bosco i fondi gravati dall’obbligo di rimboschimento per le finalita` di difesa idrogeologica del territorio, qualita` dell’aria, salvaguardia del patrimonio idrico, conservazione della biodiversita`, protezione del paesaggio e dell’ambiente in generale, nonche´ le radure e tutte le altre superfici d’estensione inferiore a 2000 me- tri quadri che interrompono la continuita` del bosco.
Nelle more dell’emanazione delle norme regionali di cui sopra e ove non diversamente gia` definito dalle regioni stesse, si considerano bosco i terreni coperti da vegetazione forestale arborea associata o meno a quella arbustiva di origine naturale o artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo, i castagneti, le sugherete e la macchia mediterranea, ed esclusi i giardini pubblici e privati, le alberature stradali, i castagneti da frutto in attualita` di coltura e gli im- pianti di frutticoltura e d’arboricoltura da legno. Le suddette formazioni vegetali e i terreni su cui essi sorgono de- vono avere estensione non inferiore a 2.000 metri quadrati e larghezza media non inferiore a 20 metri e copertura non inferiore al 20 per cento, con misurazione effettuata dalla base esterna dei fusti.
In relazione alle linee guida emanate dal Ministero delle politiche agricole e forestali e dal Ministero dell’ambien- te alle indicazioni fornite ai sensi dell’articolo 2, comma 4, della legge 23 dicembre 1999, n. 499, le regioni defini- scono le linee di tutela, conservazione, valorizzazione e sviluppo del settore forestale nel territorio di loro compe- tenza attraverso la redazione e la revisione dei propri piani forestali. A tal fine, le linee di indirizzo e coordina- mento per gli interventi da realizzare nei settori agricolo, agroindustriale, agroalimentare e forestale comprendono specifiche linee di politica forestale nazionale atte a: a) verificare lo stato e le caratteristiche del bosco in relazione all’economia nazionale e alla situazione ambientale generale, con particolare riferimento alla conservazione della biodiversita`; b) stabilire gli obiettivi strategici della politica nazionale nel settore forestale, anche in attuazione del- le Risoluzioni delle Conferenze interministeriali di Helsinki e Lisbona, e indicare gli indirizzi di intervento nazio- nale ed i criteri generali di realizzazione, nonche´ le previsioni di spesa. Le regioni promuovono la pianificazione forestale per la gestione del bosco e definiscono la tipologia, gli obiettivi, le modalita` di elaborazione, il controllo dell’applicazione e il riesame periodico dei piani.
Il decreto si sofferma altres`ı sul concetto di trasformazione del bosco.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
849
Costituisce trasformazione del bosco in altra destinazione d’uso del suolo, ogni intervento che comporti l’elimina- zione della vegetazione esistente finalizzata a un’utilizzazione del terreno diversa da quella forestale.
La trasformazione del bosco e` vietata, fatte salve le autorizzazioni rilasciate dalle regioni in conformita` all’articolo 151 del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, compatibilmente con la conservazione della biodiversita`, con la stabilita` dei terreni, con il regime delle acque, con la difesa dalle valanghe e dalla caduta dei massi, con la tutela del pae- saggio, con l’azione frangivento e di igiene ambientale locale.
La trasformazione del bosco deve essere compensata da rimboschimenti con specie autoctone, preferibilmente di provenienza locale, su terreni non boscati. Le regioni stabiliscono l’estensione minima dell’area boscata soggetta a trasformazione del bosco oltre la quale vale l’obbligo della compensazione. Il rimboschimento compensativo, anche al fine di ricongiungere cenosi forestali frammentate, e` attuato a cura e spese del destinatario dell’autorizzazione al- la trasformazione di coltura. (Per cenosi si intende il complesso delle specie vegetali o animali che vivono in una determinata zona o stazione).
Le regioni prescrivono le modalita` e i tempi di realizzazione del rimboschimento compensativo e le aree dove de- ve essere effettuato. Tali aree devono ricadere all’interno del medesimo bacino idrografico nel quale e` stata auto- rizzata la trasformazione di coltura.
In luogo del rimboschimento compensativo, le regioni possono prevedere il versamento di una quota in numero corrispondente all’importo presunto dell’intervento compensativo e destinano tale somma alla realizzazione di in- terventi di riequilibrio idrogeologico nelle aree geografiche piu` sensibili, ricadenti anche in altri bacini idrografici. Possono altres`ı prevedere la realizzazione di opere di miglioramento dei boschi esistenti. A garanzia dell’esecuzione degli interventi compensativi e di miglioramento di boschi esistenti, le regioni disciplinano il versamento di ade- guate cauzioni.
Le regioni dettano norme (art. 5) affinche´ venga garantito il recupero dei boschi qualora sussistano gravi processi di degrado o vi siano motivi di pubblica incolumita`, nonche´ norme per la concessione in gestione dei boschi de- gli enti pubblici, assicurando che resti inalterata la loro superficie, destinazione economica e multifunzionalita`.
Per favorire lo sviluppo ed una piu` razionale gestione sostenibile delle risorse forestali, le regioni, gli enti locali e le associazioni agrarie promuovono la costituzione o la partecipazione ai consorzi forestali o altre forme associative, aperte a soggetti privati o imprese.
Le attivita` selvicolturali sono fattore di sviluppo dell’economia nazionale, di miglioramento delle condizioni eco- nomiche e sociali delle zone montane, nonche´ a sostegno di nuove opportunita` imprenditoriali ed occupazionali anche in forma associata o cooperativa. Esse sono strumento fondamentale per la tutela attiva degli ecosistemi e dell’assetto idrogeologico e paesaggistico del territorio.
Ove non diversamente disposto dalle leggi regionali, e` vietata la conversione dei boschi governati o avviati a fustaia in boschi governati a ceduo, fatti salvi gli interventi autorizzati dalle regioni ai fini della difesa fitosanitaria o di altri
motivi di rilevante interesse pubblico. E` vietato altres`ı il taglio a raso dei boschi laddove le tecniche selvicolturali
non siano finalizzate alla rinnovazione naturale, salvo casi diversi previsti dai piani di assestamento regolarmente ap- provati e redatti secondo i criteri della gestione forestale sostenibile di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b).
Sono fatti salvi gli interventi disposti dalle regioni ai fini della difesa fitosanitaria o di altri motivi di interesse pub- blico.
Le regioni, in accordo con i princ`ıpi di salvaguardia della biodiversita`, con particolare riferimento alla conserva- zione delle specie dipendenti dalle necromasse legnose, favoriscono il rilascio in bosco di alberi da destinare all’in- vecchiamento a tempo indefinito.
Al fine di promuovere la crescita delle imprese e qualificarne la professionalita`, le regioni istituiscono (art. 7) elenchi o albi delle imprese per l’esecuzione di lavori, opere e servizi in ambito forestale. Tali soggetti possono ot- tenere in gestione aree silvo-pastorali di proprieta` o possesso pubblico.
Le cooperative ed i loro consorzi che forniscono in via principale, anche nell’interesse di terzi, servizi nel settore selvicolturale, ivi comprese le sistemazioni idraulico-forestali, sono equiparati agli imprenditori agricoli.
Le regioni istituiscono il libro dei boschi da seme per il territorio di propria competenza, in cui sono iscritti i boschi, gli arboreti, gli alberi e le piantagioni di alberi da seme per la produzione di materiale forestale di moltiplicazione, nonche´ inviano al Ministero delle politiche agricole e forestali i dati degli elenchi suddetti al fine di costituire il Registro nazionale del materiale forestale di moltiplicazione.
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA` CULTURALI
Decreto 11 maggio 2001 del Ministero per i beni e le attivit`a culturali - Articolazione della struttura centrale del segretariato generale e delle direzioni generali del Ministero per i beni e le attivit`a culturali (G.U. 19 giugno 2001, n. 140)
Il presente decreto disciplina l’articolazione della struttura centrale del segretariato generale e delle direzioni gene-
850 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
rali del Ministero per i beni e le attivita` culturali, suddivise in unita` dirigenziali non generali denominate «servi- zi». Le relative attribuzioni sono le seguenti:
Servizio I - affari generali e amministrativi: coordinamento degli uffici del Ministero con compiti gestionali; compe- tenze in materia di esportazione dei beni culturali; gestione dei progetti speciali multisettoriali e degli accordi in- tersettoriali; coordinamento di comitati e commissioni intersettoriali; deliberazione di costituzione di societa` e di partecipazione del Ministero a persone giuridiche; competenze del Ministero in materia di deducibilita` delle ero- gazioni liberali in denaro nel settore dei beni e delle attivita` culturali; tenuta del protocollo informatico e gestione dei flussi documentali e degli archivi del segretariato generale; relazioni con il pubblico del segretariato generale; gestione dei servizi e dei compiti generali del Ministero non attribuiti ad altri servizi e funzionamento del segreta- riato generale.
Servizio II - status e formazione del personale: attivita` relativa alla definizione degli organici; relazioni sindacali e
contrattazione nazionale per il personale del Ministero; assunzioni, cessazioni dal servizio, stato giuridico ed econo- mico, informazione del personale del Ministero; gestione del personale del segretariato generale.
Servizio III - ufficio legale e dei servizi aggiuntivi: attivita` contrattuale, gestione dei procedimenti disciplinari, conten- zioso del lavoro e coordinamento della rappresentanza in giudizio del Ministero; servizi di assistenza culturale e ospitalita` offerti al pubblico a pagamento presso istituti vigilati.
Servizio IV - programmazione e bilancio: piani pluriennali e annuali d’intervento e di spesa e bilancio del Ministero; attivita` relativa agli affari del comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE); istruttoria per la stipulazione delle intese istituzionali di programma Stato-regioni e degli accordi di programma quadro in mate- ria di beni culturali; attivita` propedeutica alla Conferenza Stato-regioni e provincie autonome; controllo di rego- larita` amministrativa e contabile dell’azione amministrativa.
Servizio V - nucleo per la valutazione e la verifica degli investimenti pubblici: supporto tecnico alla formulazione, valuta- zione e verifica di programmi, progetti e politiche d’intervento del Ministero; analisi di opportunita` e fattibilita` e monitoraggio degli investimenti pubblici.
Servizio VI- informatica e statistica: sistemi informativi automatizzati del Ministero; rapporti con l’autorita` per l’in- formatica della pubblica amministrazione (AIPA); gestione dei dati statistici relativi alle attivita` del Ministero; rapporti con organismi dell’Unione europea, stranieri e internazionali operanti nel settore delle statistiche sui beni e le attivita` culturali; gestione della banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti.
Servizio VII - sicurezza del patrimonio culturale: programmazione e coordinamento dell’attuazione degli interventi re- lativi alla sicurezza del patrimonio culturale statale; attivita` inerenti alla sicurezza del patrimonio culturale non sta- tale.
Servizio VIII - ufficio studi e osservatorio dello spettacolo: studio e ricerca inerenti alla tutela e alla valorizzazione dei beni culturali e alla formazione del personale del Ministero; Carta dei servizi, iniziative editoriali; raccolta e analisi di dati e notizie relativi al settore dello spettacolo.
Servizio IX - promozione e comunicazione: comunicazione istituzionale interna ed esterna del Ministero; rapporti con il dipartimento per l’informazione e l’editoria.
Servizio X - rapporti con gli organismi sportivi: vigilanza sul Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) e rap- porti con le federazioni sportive nazionali; vigilanza sull’Istituto per il credito sportivo; rapporti con altre ammini- strazioni pubbliche e con istituzioni dell’Unione europea, straniere e internazionali operanti nel settore dello sport; gestione degli interventi finanziari per la realizzazione di impianti sportivi.
Servizio XI- diritto d’autore e vigilanza sulla SIAE: competenze del Ministero in materia di proprieta` letteraria e dirit- to d’autore; vigilanza sulla Societa` italiana degli autori ed editori (SIAE); rapporti con organismi dell’Unione eu- ropea, stranieri e internazionali competenti in materia di proprieta` letteraria e vigilanza sul diritto d’autore.
Servizio XII - ispettorato: controllo di efficienza, efficacia ed economicita` dell’azione amministrativa; verifica ispetti- va tecnica e amministrativa sull’attivita` del Ministero e a supporto dell’attivita` dei comitati di settore; accerta- mento e controllo sulla sussistenza e permanenza dei requisiti per la fruizione dei benefici previsti dalle leggi di so- stegno del cinema.
DESERTIFICAZIONE
Deliberazione 3 maggio 2001 n. 58 del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica - Legge 23 marzo 2001, n. 93. Assegnazione risorse destinate al funzionamento del Comitato nazionale per la lotta alla sic- cit`a e alla desertificazione (G.U. 20 giugno 2001, n. 141)
Per il funzionamento del Comitato nazionale per la lotta alla siccita` ed alla desertificazione, viene assegnato al Ministero dell’ambiente il contributo di lire 1000 milioni (516456,90 euro) per l’anno 2001.
Per effettuare la ricognizione degli stanziamenti afferenti azioni e iniziative finalizzate alla lotta alla siccita` e alla desertificazione viene istituito un gruppo di lavoro con rappresentanti delle amministrazioni centrali coinvolte,
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
851
compresa la Ragioneria generale dello stato e con il supporto dei tecnici operanti nell’ambito del Comitato nazio- nale per la lotta alla siccita` e alla desertificazione, segnalati dal Ministero dell’ambiente.
RISORSE IDRICHE
Deliberazione 4 aprile 2001, n. 47 del Comitato Interministeriale per La Programmazione Economica - Legge n. 36/1994 in materia di risorse idriche. Finalizzazione e riparto di somme di cui al fondo speciale previsto dall’art. 18 - Annualit`a 1999 e 2000 (G.U. 22 giugno 2001, n. 143)
Ripartisce le somme di cui all’art. 18, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, relative agli anni 1999 e 2000, fra le regioni e le province autonome in conformita` ad una tabella allegata alla presente delibera.
Gli importi predetti sono utilizzati, attraverso programmi adottati dalle regioni e dalle province autonome, per il finanziamento di attivita` e interventi finalizzati prioritariamente alla ricognizione delle infrastrutture destinate al ciclo integrato delle acque ed agli adempimenti connessi all’attuazione della legge n. 36/1994, nonche´ per le finalita` di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, relative al risanamento delle acque, al com- pletamento e gestione delle reti di monitoraggio, alla fruizione e gestione del patrimonio idrico, come sopra inteso, ed al riutilizzo in particolare ai fini agricoli, nonche´ alla tutela degli aspetti ambientali a detto patri- monio connessi.
Nella predisposizione ed attuazione dei programmi di cui sopra, si invita all’adozione di adeguate misure intese ad assicurare che l’attivita` di rilevazione delle infrastrutture destinate al ciclo integrato delle acque e le altre attivita` summenzionate si svolgano in piena sinergia con le analoghe attivita` demandate ad altri organismi competenti in materia.
■ Appalti e lavori pubblici
FONDO PER LA PROGETTAZIONE DI OPERE PUBBLICHE
Decreto 27 dicembre 2000, n. 456 del Ministero dei Lavori Pubblici - Regolamento concernente l’istituzione di un fondo destinato alle spese per l’attivit`a di progettazione di cui all’articolo 9 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, come modificato dall’articolo 13, comma 1, della legge 17
maggio 1999, n. 144 (G.U. 14 giugno 2001, n. 136)
E` istituito presso il Ministero dei lavori pubblici un Fondo destinato alla progettazione e a studi e indagini con- nessi, per il potenziamento, adeguamento e ammodernamento delle infrastrutture a cura delle amministrazioni sta- tali e degli enti a carattere sovraregionale vigilati da Amministrazioni statali. Le relative risorse vengono erogate a fondo perduto.
Il Fondo e` altres`ı destinato al finanziamento delle attivita` relative alla progettazione preliminare, definitiva ed ese- cutiva per il completamento delle opere incluse negli elenchi di cui all’articolo 13 del D.L. 25 marzo 1997, n. 67, convertito dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, disposte dai commissari straordinari.
Le disponibilita` del Fondo sono utilizzate prioritariamente per soddisfare le richieste dei commissari straordinari, come previsto dall’articolo 14 della legge17 maggio 1999, n. 144.
Sempre in via prioritaria possono altres`ı essere finanziati progetti di: a) interventi ammissibili al cofinanzia- mento comunitario; b) opere infrastrutturali individuate sul territorio nazionale nelle zone colpite da calami- ta` naturali e/o dissesto idrogeologico; c) opere infrastrutturali di completamento delle previsioni dei piani re- golatori portuali; d) opere nel settore della sicurezza anche penitenziaria; e) opere relative ad organismi inter- nazionali ovvero ad organi costituzionali o aventi rilevanza costituzionale; f) opere previste nei programmi triennali delle Amministrazioni aggiudicatrici, di cui all’articolo 14 della legge n. 109 del 1994, da inserire nel piano annuale, quando non sia possibile affidare la progettazione ai competenti uffici della Amministra- zione.
Una quota pari al 10% delle disponibilita` del Fondo e` riservata a proposte relative all’indizione di concorsi di pro- gettazione come disciplinati dai commi da 1 a 5 dell’articolo 59 del D.P.R. n. 554/99 per interventi di rilevante interesse sociale, urbanistico, architettonico o ambientale, promossi da Amministrazioni statali anche d’intesa con enti locali, ovvero da enti sovraregionali vigilati da Amministrazioni statali.
Nell’ambito delle priorita` indicate al precedente comma 1 le richieste sono valutate secondo i seguenti criteri di precedenza: a) progetti che prevedono la partecipazione di capitali privati, in quanto suscettibili di gestione eco- nomica; b) progetti di recupero del patrimonio edilizio esistente; c) progetti di completamenti di interventi gia` realizzati o in corso di esecuzione; d) progetti relativi a lavori di manutenzione.
852 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
■ Atti amministrativi
RESPONSABILITA` AMMINISTRATIVA DELLE PERSONE GIURIDICHE
Decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 - Disciplina della responsabilit`a amministrativa delle persone giuridi- che, delle societ`a e delle associazioni anche prive di personalit`a giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300 (G.U. 19 giugno 2001, n. 140)
Il presente decreto legislativo disciplina la responsabilita` degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da rea- to.
Si tratta di rilevantissima normativa che, tendenzialmente, supera il brocardo societas delinqui non potest.
Le disposizioni del D.Lgs 231/2001 si applicano agli enti forniti di personalita` giuridica e alle societa` e associazioni anche prive di personalita` giuridica. Non si applicano allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pub- blici non economici nonche´ agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.
■ Edilizia e urbanistica
BENI IMMOBILI REGIONALI
Decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 237 - Norme di attuazione dello Statuto speciale della regione Friuli-Vene- zia Giulia, recanti il trasferimento alla regione di beni immobili dello Stato (G.U. 21 giugno 2001, n. 142)
Sono trasferiti alla regione Friuli-Venezia Giulia i beni immobili e i diritti reali sugli immobili appartenenti allo Stato indicati in un elenco allegato.
I beni immobili trasferiti, entrano a far parte del demanio della regione o dell’ente locale destinatario. I verbali di consegna costituiscono titolo per la trascrizione, l’intavolazione e la voltura catastale a favore della regione dei be- ni immobili consegnati. Il trasferimento dei beni con tutte le pertinenze, gli accessori, gli oneri e i pesi inerenti ha luogo (art. 3) nello stato di fatto e di diritto in cui essi si trovano alla data di consegna. I processi relativi ai beni trasferiti ai sensi del presente decreto sono proseguiti dalla regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ovvero dall’ente pubblico destinatario, o nei loro confronti. Tutti gli atti, contratti, formalita` ed adempimenti necessari per l’attuazione del presente decreto, anche nel caso di trasferimento ai sensi dell’articolo 2, comma 3, sono esenti (art. 5) da ogni diritto e tributo.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
853
a cura di XXXXX XXXXXX XXXXXXXXXX
■ Decisioni della Corte
COMPETENZE REGIONALI IN MATERIA URBANISTICA
Corte Costituzionale, sentenza 26 giugno 0000, x. 000,
Xxxx. Xxxxxxx, Xxx. Xxxxx
(X.X. 1a Serie Speciale, 4 luglio 2001, n. 26)
`E illegittimo, in relazione agli artt. 117 e 118 della Costi- tuzione, l’art. 25, comma 2, lettera g), del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali, in attuazione del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), nella parte in cui prevede che, ove la conferenza di servizi registri un accordo sulla variazione dello strumen- to urbanistico, la determinazione costituisce proposta di variante sulla quale si pronuncia definitivamente il con- siglio comunale, anche quando vi sia il dissenso della Re- gione.
Con la decisione in epigrafe la Corte Costituzionale ha di- chiarato l’illegittimita` costituzionale dell’art. 25, comma 2, lettera g), del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimen- to di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle re- gioni e agli enti locali, in attuazione del Capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), nella parte in cui prevede che, ove la conferenza di servizi registri un accordo sulla variazione dello strumento urbanistico, la determinazione costituisce proposta di variante sulla quale si pronuncia definitiva- mente il consiglio comunale, anche quando vi sia il dis- senso della Regione.
La questione trae origine dal ricorso proposto dalla Regio- ne Veneto (in questa Rivista 1998, 9, 954), per violazione degli articoli 117 e 118 della Costituzione, avverso l’art. 25, comma 2, lettera g), del D.Lgs. n. 112 del 1998, che come e` noto, demanda ad uno o piu` regolamenti la disci- plina del procedimento in materia di autorizzazione all’in- sediamento di attivita` produttive, stabilendo che essi deb- bono prevedere che, nel caso in cui il progetto sia in con- trasto con uno strumento urbanistico, si possa ricorrere alla conferenza di servizi, la cui determinazione, se vi e` accordo sulla variante, costituisce proposta di variante, sulla quale si pronuncia definitivamente il consiglio comunale. Ad av- viso della ricorrente tale previsione sarebbe lesiva della competenza regionale in materia urbanistica in quanto
esproprierebbe la Regione del potere di concorrere a defi- nire l’assetto urbanistico.
Il Giudice delle leggi ha osservato che in applicazione delle regole generali fissate dall’art. 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, come modificato dalla legge n. 340 del 2000, e gia` prima dall’art. 14, comma 3-bis, della stessa leg- ge nel testo modificato dalla legge n. 127 del 1997, la con- ferenza di servizi puo` adottare una determinazione positiva sul progetto, non conforme allo strumento urbanistico ge- nerale, anche quando vi sia dissenso di taluna delle ammi- nistrazioni partecipanti, e dunque anche, in particolare, della Regione. In tale ipotesi, la previsione secondo cui la proposta di variante puo` essere approvata definitivamente dal consiglio comunale, senza l’ulteriore approvazione re- gionale, equivale a consentire che lo strumento urbanistico sia modificato senza il consenso della Regione, con conse- guente lesione della competenza regionale in materia urba- nistica.
Ne´ puo` valere, a far ritenere salvaguardata tale competen- za, il richiamo al disposto dell’art. 14, comma 3-bis, della legge n. 241 del 1990, introdotto dall’art. 17 della legge n. 127 del 1997, che attribuiva fra l’altro al Presidente della Regione, previa delibera del consiglio regionale, il potere di disporre la sospensione della determinazione di conclu- sione positiva del procedimento, adottata dall’amministra- zione procedente a seguito della conferenza di servizi. A parte ogni altra considerazione, infatti, detta disposizione non e` piu` in vigore, a seguito della riformulazione degli ar- ticoli da 14 a 14-quater della legge n. 241 del 1990, opera- ta dalla legge n. 340 del 2000: oggi l’art. 14-quater si limita a prevedere che se una o piu` amministrazioni hanno espresso nell’ambito della conferenza il proprio dissenso sulla proposta dell’amministrazione procedente, quest’ulti- ma assuma comunque la determinazione di conclusione del procedimento sulla base della maggioranza delle posi- zioni espresse, e che solo qualora il motivato dissenso sia espresso da un’amministrazione «preposta alla tutela am- bientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico- artistico o alla tutela della salute», la decisione sia rimessa al Consiglio dei ministri (con l’intervento del Presidente della Regione quando il dissenso e` espresso da una Regio- ne) ove l’amministrazione dissenziente o quella procedente sia un’amministrazione statale, ovvero «ai competenti or- gani collegiali esecutivi degli enti territoriali» nelle altre ipotesi (art. 14-quater, commi 3 e 4). Non e` dunque ap- propriata l’integrazione apportata di recente al regolamento in materia di sportelli unici per gli impianti produttivi dal-
854 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
l’art. 1 del regolamento approvato con D.P.R. 7 dicembre 2000, n. 440, la` dove dispone, per l’ipotesi di pronuncia definitiva del consiglio comunale sulla proposta di variante dello strumento urbanistico, che «non e` richiesta l’appro- vazione della Regione, le cui attribuzioni sono fatte salve dall’art. 14, comma 3-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241».
TUTELA DELL’AMBIENTE E RAPPORTI PRIVATISTICI
Corte costituzionale, sentenza 14 giugno 2001, n. 190,
Pres. Ruperto, Red. Mezzanotte
(G.U. 1a Serie Speciale, 20 giugno 2001, n. 24)
`E infondato il dubbio di legittimit`a costituzionale dell’ar- ticolo 23, comma 4, della legge della Regione Veneto 28 aprile 1998, n. 19 (Norme per la tutela delle risorse idro- biologiche e della fauna ittica e per la disciplina dell’e- sercizio della pesca nelle acque marittime ed interne del- la Regione Veneto), sollevato, in riferimento agli articoli 3, 41 e 117 della Costituzione.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto pro- muoveva giudizio di legittimita` costituzionale dell’articolo 23, comma 4, della legge della Regione Veneto 28 aprile 1998, n. 19 (Norme per la tutela delle risorse idrobiologi- che e della fauna ittica e per la disciplina dell’esercizio del- la pesca nelle acque marittime ed interne della Regione Veneto), in riferimento agli articoli 3, 41 e 117 della Co- stituzione, nella parte in cui dispone che, in attesa di una disciplina specifica in materia di acquacoltura, nella realiz- zazione di nuovi impianti non e` consentita l’esportazione dei materiali di risulta provenienti dalle relative escavazio- ni.
A giudizio del remittente la disposizione teste´ citata contie-
ne un refuso, ossia, la parola «esportazione», che, sulla base del criterio ermeneutico costituito dall’intenzione del legi- slatore, deve, invece, essere letta come «asportazione».
Fatta questa precisazione terminologica, il giudice a quo ri- tiene che la disposizione oggetto di denuncia si ponga in contrasto con l’articolo 41 della Costituzione, in quanto
«dalla sua applicazione potrebbe derivare l’impossibilita` di realizzare un impianto di acquacoltura tutte le volte in cui il materiale scavato per la costruzione delle vasche non possa essere in alcun modo collocato nell’ambito del me- desimo appezzamento di terreno ovvero lo possa essere solo con grave detrimento e danno per le restanti attivita` agri- xxxx che sullo stesso vengano esercitate»; limitazione, que- sta, dell’iniziativa economica privata, non giustificata, nel caso di specie, da alcuno dei limiti previsti dall’articolo 41 della Costituzione, e in particolare da quello dell’utilita` so- ciale.
L’apposizione di vincoli all’attivita` privata, contrasterebbe,
poi, ad avviso del remittente, con l’articolo 3 della Costi- tuzione per la «mancanza di proporzione del divieto rispet- to all’obiettivo avuto di mira, e con l’articolo 117 della
Costituzione, che non consentirebbe alla legislazione regio- nale di intervenire nell’ambito privatistico».
La questione ad avviso della Consulta e` infondata. Segnatamente, i giudici chiariscono che con l’espressione
«esportazione», il legislatore regionale ha inteso porre un divieto statuendo che i materiali di cui trattasi non posso- no essere portati fuori del terreno sul quale insiste l’impian- to, al fine, da un lato di impedire che il privato, giovando- si della concessione per la realizzazione di impianti di ac- quacoltura, ponga in essere un’attivita` di cava, in assenza di qualsiasi autorizzazione regionale, e faccia oggetto di commercio i materiali di risulta provenienti dai lavori di scavo per la costruzione delle vasche degli impianti; dall’al- tro, di garantire l’immediato ripristino dei luoghi e dell’am- biente, nel caso in cui l’attivita` di acquacoltura non abbia luogo o venga per qualsiasi ragione a cessare.
Cio` posto, i Giudici hanno ritenuto di non condividere il
rilievo secondo cui la norma in questione incide sui rap- porti tra privati, oltrepassando i limiti desumibili dall’arti- colo 117 della Costituzione: se alle Regioni e` precluso legi- ferare in materia di diritto privato, tale preclusione concer- ne i rapporti intersoggettivi e non riguarda il potere di conformare il contenuto del diritto di proprieta` al fine di assicurarne la funzione sociale. Nel caso di specie, poiche´ l’acquacoltura costituisce un’attivita` imprenditoriale agrico- la (art. 2, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 102
«Norme concernenti l’attivita` di acquacoltura»), incidente anche sull’assetto del territorio, non puo` dubitarsi che la disciplina relativa alla costruzione dei relativi impianti rientri nella competenza delle Regioni, le quali, quindi, ben possono regolamentare l’utilizzazione dei terreni inte- ressati da quegli impianti.
La disposizione censurata, in definitiva, lungi dal sopprime- re la liberta` di iniziativa economica in relazione all’attivita` di acquacoltura, si limita a regolarne l’esercizio, ponendo condizioni che, finalizzate come sono alla tutela dell’am- biente, non appaiono irragionevoli. In altri termini, la di- sciplina sotto accusa «non solo non preclude, in linea di principio, l’esercizio dell’attivita` di acquacoltura, ma, a sal- vaguardia delle esigenze di ripristino ambientale, rimette al soggetto interessato la scelta, tipicamente imprenditoriale, circa l’estensione dell’impianto in relazione alle altre possi- bili utilizzazioni del fondo».
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
855
Accordi ex art. 11 L. 241/90
e giurisdizione esclusiva del G.A.
CASSAZIONE CIVILE, Sez. Un., 12 marzo 2001, n. 105
Pres. Xxxxxxxx - Rel. Preden - Min. Beni Culturali Attivit`a Culturali x. Xxxxxxxx
La controversia tra privato e pubblica amministrazione per la definizione della fase procedimentale pro- dromica all’eventuale accordo determinativo del contenuto discrezionale di un provvedimento - ovvero, nei casi previsti dalla legge, sostitutivo del medesimo - previsto dall’art. 11 legge 7 agosto 1990 n. 241, appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo: anche tale fase rientra, infatti, nella formazione del predetto accordo, la cui cognizione `e devoluta, ai sensi del quinto comma del suc- citato art. 11, in via esclusiva al predetto giudice, si da eliminare in radice ogni questione sul riparto di giurisdizione in base alla tipologia dell’atto ed alla materia oggetto di esso.
(Art. 11, comma 5, legge 7 agosto 1990, n. 241)
Diritto
1. L’unico mezzo del ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 5 e 7 della legge 6 dicembre
Per consolidata giurisprudenza di questa S.C., il ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. costituisce rimedio consentito soltanto avverso le pronunzie di contenuto decisorio, idonee cioe` ad incidere in via definitiva,
1971 n. 1034 cos`ı
come modificati ed integrati dagli
con forza di giudicato, sulle posizioni dedotte in giudi-
artt. 33 e seguenti del D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80 in re-
lazione all’art. 360 n. 1 c.p.c. Deducono le amministrazioni ricorrenti:
– che l’obbligo di avviare e concludere il procedimento di cui all’art. 2 della legge n. 241 del 1990 riguarda esclusivamente i procedimenti, iniziati a domanda o d’ufficio, volti all’adozione di atti amministrativi unilate- rali, ma non puo` condizionare l’uso di strumenti con- venzionali alternativi agli atti unilaterali, quali sono gli accordi sostitutivi di provvedimenti, che hanno natura di atti di autonomia privata che si realizzano solo e nei limiti di un consenso liberamente acquisito, in relazione ai quali l’amministrazione non puo` tollerare coercizioni, sia pure meramente sollecitatorie, da parte del giudice amministrativo;
– che nella specie il giudice amministrativo ha inoltre compiuto una valutazione di merito - in ordine all’an- nosita` della vicenda, alla necessita` che sia conclusa ed alla opportunita` di assicurare un’adeguata esposizione al pubblico della collezione Torlonia - che non compete al giudice amministrativo in sede di giudizio di legittimi- ta`.
1.1. Il ricorso ex art. 111 Cost. e` inammissibile. L’impugnazione ha ad oggetto un’ordinanza del Consi- glio di Stato, pronunciata in sede di impugnazione av- verso precedente ordinanza del T.A.R. del Lazio adotta- ta in sede cautelare ex art. 21, ultimo comma, della leg- ge n. 1034 del 1971.
zio.
Ora, l’ordinanza adottata dal giudice amministrativo in sede cautelare ex art. 21, ultimo comma, della legge n. 1034 del 1971 (in relazione al quale la tutela interinale, normativamente prevista nella sola forma della sospen- sione dell’atto impugnato, e` stata erogata dalla giurispru- denza amministrativa anche mediante strumenti diversi, ed in particolare mediante ordinanze aventi contenuto impositivo di comportamenti) difetta di tali connotati, investendo una misura di tipo cautelare e provvisorio senza pregiudizio alcuno per la risoluzione della contro- versia (v., in tema di sospensione dell’atto impugnato, sent. n. 534/93; n. 634/88).
2. Il ricorso, in quanto proposto in relazione a giudizio
pendente davanti al giudice amministrativo nel quale non e` intervenuta pronuncia di merito, ma sono stati adottati soltanto provvedimenti cautelari, puo` tuttavia convertirsi in regolamento preventivo di giurisdizione (sent. n. 634/88).
2.1. Va affermata la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 11, comma 5, della leg- ge n. 241 del 1990.
2.1.1. Dispone la norma suindicata che, in accoglimen- to di osservazioni e proposte presentate dai soggetti inte- ressati, l’amministrazione puo` concludere, senza pregiu- dizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimen- to del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fi- ne di determinare il contenuto discrezionale del provve-
856 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
dimento finale, ovvero, nei casi previsti dalla legge, in sostituzione di questo (comma 1).
A tali accordi, che devono essere stipulati, a pena di nullita`, in forma scritta, si applicano, in quanto compa- tibili, i principi del codice civile in materia di obbliga- zioni e contratti (comma 2).
Gli accordi sostitutivi di provvedimenti sono soggetti ai medesimi controlli previsti per questi ultimi (comma 3). All’amministrazione e` riconosciuta facolta` di recesso, per sopravvenuti motivi di interesse pubblico, con ob- bligo di indennizzo (comma 4).
Le controversie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi di cui al presente articolo sono riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice am- ministrativo (comma 5).
2.1.2. Il giudizio in relazione al quale va individuato il giudice munito del potere giurisdizionale e` stato instau- rato a seguito del silenzio serbato dalle amministrazioni ricorrenti sulla diffida con la quale Xxxxxxxxxx Xxxxxxxx le aveva invitate a definire, nel termine previsto dalla legge n. 241 del 1990, il procedimento amministrativo, da lungo tempo avviato, diretto alla conclusione di un accordo di programma avente ad oggetto la realizzazio- ne, nell’area della ex Villa Carcano, adiacente alla Villa Torlonia, in Roma, di una struttura da destinare a mu- seo e servizi annessi per l’esposizione al pubblico della collezione privata di archeologia greco-romana della fa- miglia Torlonia.
Risulta quindi dedotta in giudizio una situazione di pen-
denza di un procedimento amministrativo aperto ad istanza di un soggetto privato, interessato a concordare, con le amministrazioni competenti, in vista dell’eserci- zio delle rispettive funzioni pubbliche, il contenuto di un provvedimento avente ad oggetto la realizzazione di un’iniziativa coinvolgente sia l’interesse del privato istante, sia l’interesse pubblico sotto il profilo edilizio, urbanistico e culturale (qual e` quella finalizzata alla co- struzione, da parte di un privato, su terreni di sua pro- prieta` siti in zona urbana di rilevante interesse storico- artistico, di un museo destinato all’esposizione di una collezione privata di reperti archeologici e dotato dei necessari servizi accessori, comprensivi di un parcheggio interrato), in relazione alla quale il privato interessato si duole dell’inerzia delle amministrazioni nell’addivenire all’auspicato accordo determinativo del contenuto del provvedimento, volto a comporre, con scelta latamente
controversia la fase prodromica alla (eventuale) con- clusione dell’accordo, sia applicabile la norma che at- tribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice ammi- nistrativo «le controversie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi» (art. 11, comma 5).
Al quesito va data risposta positiva.
Va anzitutto rilevato che, ai fini dell’attribuzione al giudice amministrativo della giurisdizione esclusiva di cui trattasi, non rileva il criterio della «materia» (adot- tato invece, ad esempio, dal D.Lgs. n. 80 del 1998 ne- gli artt. 33 e 34, poi riprodotti dalla legge n. 205 del 2000), bens`ı il criterio della tipologia dell’atto destina- to al perseguimento del pubblico interesse. Atto che viene individuato nell’accordo mediante il quale, in virtu` della convergente volonta` del privato interessato e della p.a., viene determinato il contenuto discrezio- nale di un provvedimento amministrativo volto a per- seguire interessi pubblici (o che a questo si sostituisce, nei soli casi previsti dalla legge). Cio` che rileva e` che il soddisfacimento dell’interesse pubblico sia perseguito mediante il peculiare strumento dell’accordo, restando indifferente la materia sulla quale incide il provvedi- mento finale, il cui contenuto e` determinato dall’ac- cordo.
Circa l’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in tema di accordi determinativi del contenuto di un provvedimento diretto a perseguire interessi pubblici (o sostitutivi di questo), va notato, sul piano letterale, che la formulazione della norma e` di estrema ampiezza, suscettiva, in quanto tale, di ab- bracciare la totalita` delle controversie concernenti l’e- sercizio della funzione amministrativa mediante il pe- culiare strumento dell’accordo. Il riferimento alle
«controversie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi» consente di affermare che non vengono in considerazione soltanto le controver- sie che insorgono in relazione ad un accordo gia` con- cluso, per vagliarne la conformita` al modello legale o per individuarne la portata ed il contenuto, o che at- tengono all’esecuzione dell’accordo (ipotesi gia` esami- nate da queste S.U.: sentt. n. 7452/97; n. 8593/98), ivi compreso il recesso, ma anche quelle che riguarda- no la fase procedimentale prodromica alla (eventuale) conclusione dell’accordo, quale fase concernente la
«formazione» dell’accordo.
discrezionale, i vari interessi, pubblici e privati, coinvolti
E tale interpretazione estensiva risulta altres`ı
coerente
nella vicenda.
L’atto che, secondo l’auspicio dell’interessato, dovrebbe concludere il procedimento suindicato, va quindi ri- compreso nello schema degli accordi determinativi del contenuto di un provvedimento amministrativo discre- zionale da emettersi dalla p.a. a conclusione di un pro- cedimento preordinato all’esercizio di una pubblica fun- zione amministrativa, previsti dall’art. 11 della legge n. 241 del 1990.
2.1.3. Cio` posto, occorre stabilire se, concernendo la
con la ratio ispiratrice della scelta legislativa di introdur- re in materia di accordi ex art. 11 della legge n. 241 del 1990 una giurisdizione esclusiva, atteso che la previsio- ne di una giurisdizione esclusiva e` di per se´ volta ad eli- minare in radice questioni di riparto di giurisdizione, mediante l’attribuzione ad un determinato giudice della totalita` delle controversie concernenti il settore consi- derato.
3. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
857
IL COMMENTO
di Xxxxxxx Xxxxx
La decisione delle Sezioni Unite che si annota si presta a letture diverse e variegate, andando ad occupa- re nel frastagliato ginepraio di decisioni adottate dal giu- dice del riparto in punto di giurisdizione un posto di ri- lievo, non foss’altro che per le linee di indirizzo che pa- re scorgere fra le righe della sentenza della corte di legit- timita`.
Qualsivoglia considerazione sul retroterra della deci- sione deve comunque muovere dalla correttezza della soluzione adottata nella fattispecie concreta posta al va- glio delle Sezioni Unite.
Si trattava, in particolare, di capire se le doglianza del privato rispetto al comportamento silente dell’ammini- strazione che, richiesta di addivenire alla conclusione di un accordo di programma avente ad oggetto la realizza- zione in Roma di una struttura da destinare a museo e servizi annessi per l’esposizione al pubblico della collezio- ne privata di reperti archeologici greco-romani della fa- miglia Torlonia, fosse proponibile innanzi dal giudice amministrativo.
Il T.A.R., adito in sede cautelare - e successivamente il Consiglio di Stato -, non avevano mostrato incertezze o tentennamenti di sorta a riconoscere tutela interinale al privato, imponendo all’amministrazione di porre in essere ogni iniziativa finalizzata allo svolgimento ed alla conclusione dell’iter procedimentale preordinato all’e- ventuale formazione dell’accordo di programma ipotizza- to nella prospettiva di definizione della vicenda.
Evidentemente non soddisfatta dell’esito negativo del giudizio cautelare, l’amministrazione propone ricorso ex art.111 Cost. innanzi alle Sezioni Unite sostenendo per un verso che rispetto agli accordi sostitutivi di prov- vedimento, caratterizzati da un consenso liberamente acquisito, l’amministrazione non poteva tollerare coerci- zioni, anche solo meramente sollecitatorie, da parte del giudice amministrativo e lamentando, per altro verso, lo straripamento dei poteri del g.a. che aveva a suo dire compiuto una valutazione di merito - concernente l’an- nosita` della vicenda, la necessita` che fosse conclusa e l’opportunita` di assicurare un’adeguata esposizione al pubblico della collezione Torlonia - che invece esulava dal giudizio di legittimita` incardinato.
La soluzione delle Sezioni Unite
La risposta delle Sezioni Unite e` giustamente sbriga- tiva nell’escludere l’ammissibilita` del ricorso ex art.111 Cost. rispetto ad un provvedimento adottato nell’ambi- to di una fase cautelare del giudizio e quindi in assenza di statuizioni definitive di merito.
Puo` complessa la valutazione espressa dalla Corte in ordine alla legittimita` dell’operato del g.a.
Convertendo il ricorso ex art.111 Cost. in regola- mento preventivo di giurisdizione, il giudice del riparto
chiarisce che il g.a. aveva fatto uso delle prerogative che l’art.11 legge n. 241/1990 gli riconosceva nell’ambi- to della giurisdizione esclusiva in materia di accordi so- stitutivi di provvedimento, sindacando la vicenda con- nessa alla fase prodromica all’eventuale conclusione del- l’accordo proprio perche´ rientrante nell’ampia nozione di accordo contenuta nell’art.11 legge n. 241/1990 che riservava alla giurisdizione (esclusiva) tutte le controver- sie in materia di formazione degli accordi medesimi.
Sul punto, vale la pena ricordare che l’art. 1 della legge n. 241/90 dispone che l’attivita` amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed e` retta da crite- ri di economicita`, efficacia e pubblicita` secondo le mo- dalita` previste dalla stessa legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, mentre l’art. 2 ha cura di chiarire che ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, la pubblica amministrazione ha il do- vere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedi- mento espresso entro un termine non superiore a 30 giorni, in quanto non sia gia` direttamente disposto per legge o per regolamento.
La stessa legge prevede poi la partecipazione al pro- cedimento dei soggetti nei confronti dei quali il provve- dimento finale e` destinato a produrre effetti diretti e di quelli che per legge debbono intervenirvi (art. 7), non- che´ la partecipazione facoltativa di qualunque soggetto portatore d’interessi pubblici e privati o d’interessi diffusi (art. 9), disponendo quindi con l’art. 11 comma 1 che l’Amministrazione procedente puo` concludere accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto di- screzionale del provvedimento finale - c.d. accordi pro- cedimentali - o, nei casi previsti dalla legge, in sostitu- zione di questo - c.d. accordi sostitutivi - assoggettando- li, ove non diversamente previsto, ai principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili (comma 2), e riservando alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi (comma 5).
E` dunque in tale ambito che la Corte, convertendo
il ricorso ex art.111 Cost. in regolamento preventivo di giurisdizione (1) al fine di valutare i limiti del potere
Nota:
(1) La sentenza che si annota ricorda in motivazione Cass. Sez. Un., 26 gennaio 1988 n. 634, in Giust. Civ. 1988, I, 1758 che ha ammesso, con riguardo all’ordinanza resa dal giudice amministrativo sulla sospensione o meno in via cautelare dell’atto della pubblica amministrazione la conver- sione del ricorso per cassazione, proposto a norma degli art. 362 c.p.c. e 111 Cost., in istanza di regolamento preventivo di giurisdizione, pure se non metta in discussione la cognizione di detto giudice sulla domanda, nei limiti in cui sollevi questioni inerenti alle attribuzioni giurisdizionali circa il suddetto intervento cautelare.
858 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
esercitato dal giudice amministrativo (2), sussume la vi- cenda concreta nell’ambito della giurisdizione esclusiva, reputando che nella situazione di pendenza di un proce- dimento amministrativo aperto ad istanza di un soggetto privato, interessato a concordare il contenuto di un provvedimento avente ad oggetto la realizzazione di un’iniziativa coinvolgente interessi pubblici e priva- ti (3), il giudice amministrativo puo` conoscere anche delle vicende correlate alla situazione di inerzia dell’am- ministrazione che ha omesso di dare corso al procedi- mento volto alla conclusione di un accordo finalizzato a perseguire tanto l’interesse del privato allo sfruttamento edilizio dell’area quanto gli interessi pubblici - edilizi ur- banistici e culturali - perseguiti dall’amministrazione.
Una lettura ragionata della decisione. I punti di contratto con Cass. n. 494/2000
La soluzione offerta dalla Cassazione sembra inecce- pibile tanto in punto di giurisdizione che con riguardo alle dichiarate inammissibilita` del ricorso ex art. 111 Cost.
E` infatti risalente il principio che rispetto ad una
pronuncia del Consiglio di Stato, il vizio di eccesso di potere giurisdizionale, per sconfinamento nel merito, de- ducibile con ricorso alle sezioni unite della Corte di cas- sazione, e` configurabile nell’ambito della giurisdizione di legittimita` di detto giudice amministrativo, non anche con riguardo alla giurisdizione esclusiva la quale non e` giurisdizione sull’atto, ma giurisdizione piena sul rappor- to, a prescindere dalla natura delle posizioni soggettive del privato nei confronti dell’amministrazione (4).
Va invece messo in rilievo come le Sezioni Unite, per porre in risalto la portata ampia del precetto norma- tivo che ha riservato al g.a. la giurisdizione esclusiva in materia di accordi procedimentali, utilizzino espressioni lessicali che richiamano nitidamente alla mente identi- che assimilazioni sperimentate delle Sezioni Unite per determinare la portata della giurisdizione esclusiva del
G.A. riscritta dall’art. 34 del decreto legislativo n. 80/98 a proposito della materia urbanistica (5).
Riecheggiano come macigni, per indicare gli ambiti della giurisdizione esclusiva in materia di accordi proce- dimentali, i riferimenti terminologici - giu` utilizzati in Cass. n. 494/2000 - alla formulazione di estrema ampiez- za della norma (art. 11 legge n. 241/1990), come tale suscettiva di abbracciare la totalita` delle controversie con- cernenti l’esercizio della funzione amministrativa.
Non meno sintomatico e` il richiamo della S.U. alla ratio ispiratrice della scelta legislativa di introdurre in materia di accordi una giurisdizione esclusiva in quanto volta ad eliminare in radice questioni di riparto di giurisdizio- ne mediante l’attribuzione ad un determinato giudice della totalita` delle controversie concernenti il settore considerato.
Rinvio che venne del pari utilizzato da Xxxx. S.U. 494/2000 per giustificare la nozione lata di urbanisti- ca (6), comprensiva di ogni aspetto attuativo connesso a scelte urbanistiche, ivi compresi gli ambiti relativi alla
formazione dei moduli convenzionali ed alla correlata responsabilita` precontrattuale (7).
Ora, sarebbe troppo semplicistico ritenere che siffatte coincidenze terminologiche dipendano dalla mera circo- stanza che unico sia stato l’estensore di entrambe le pro- nunzie.
Pare piuttosto che l’incedere lessicale appena evoca- to sia frutto di una ben precisa impostazione metodolo- gica che, del resto, si era gia` notata nella storica senten- za Xxxx. S.U. n. 500/1999 (8) in cui era stato chiara- mente espresso il convincimento che il legislatore del 1998, adottando il D.Lgs. n. 80/98, aveva non solo im- boccato una decisa scelta nel senso del superamento del tra- dizionale sistema del riparto di giurisdizione in riferimento al- la dicotomia diritto soggettivo interesse legittimo, a favore del- la previsione di un riparto affidato al criterio della materia, ma anche operato un’estensione delle ipotesi di giurisdizione esclusiva in vista di assicurare effettivita` alla tutela giurisdi- zionale evitando la necessita` del successivo ricorso a due giu- dici diversi.
Oggi, la Corte trova l’occasione per ribadire tali con-
Note:
(2) E` ius receptum che il sindacato della Corte di cassazione sulle decisioni del Consiglio di Stato e` circoscritto all’osservanza dei limiti esterni della giurisdizione, per cui possono essere denunciati solo vizi attinenti: a) all’e- sistenza stessa della giurisdizione, il che si verifica quando il Consiglio di Stato abbia esercitato la propria giurisdizione nella sfera riservata al legisla- tore o alla discrezionalita` amministrativa, oppure, al contrario, quando ab- bia negato la propria giurisdizione sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in modo assoluto di funzione giurisdizionale;
b) ai limiti della giurisdizione, il che si verifica quando il Consiglio di Sta- to abbia giudicato su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad al- tra giurisdizione speciale, oppure quando abbia negato la propria giurisdi- zione nell’erroneo presupposto che essa appartenga ad altri, oppure ancora quando in materia attribuita alla propria giurisdizione abbia effettuato un sinda- cato di merito in casi in cui la sua potestas iudicandi e` limitata alla sola indagine sulla legittimita` degli atti amministrativi; c) all’erronea costituzione del colle- gio giudicante, dato che la mancanza dei presupposti costitutivi essenziali dell’organo si inquadra anch’essa nel difetto di giurisdizione - cfr. Cass. Sez. Un., 4 agosto 1995, n. 8550, in Giust. Civ. Mass. 1995,1481.
(3) Va notato che la Corte, per definire il modulo convenzionale che il privato avrebbe voluto determinare con la propria iniziativa utilizza l’e- spressione di «accordo di programma». Sul punto v. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2000, 540 che distingue fra «contratto di programma» che puo` genericamente indicare gli atti mediante i quali sog- getti pubblici e privati raggiungono intese mirate al conseguimento di obiettivi comuni dagli «accordi di programma» che riguardano intese fra pubbliche amministrazioni dai quali derivano obblighi reciproci alle parti interessate. Tale distinzione, peraltro, non trova univoco conforto nella legislazione che utilizza talvolta l’espressione accordo di programma anche per indicare intese cui prendono parte i privati.
(4) Cass., Sez. Un., 12 dicembre 1989, n. 5525, in Giust. Civ. Mass. 1989, fasc. 12.
(5) Il riferimento e` a Cass. Sez. Un., 13 luglio 2000, n. 494 in questa Ri- vista 2000, 9, 1019.
(6) Sia consentito sul punto rimandare a Conti, La panurbanistica approda in Cassazione, in questa Rivista, 2000, 9, 1088.
(7) E senza nemmeno lasciare fuori neanche le azioni possessorie e nun- ciatorie nei confronti della p.a. correlate a comportamenti adottati dal- l’amministrazione.
(8) Xxxx’essa redatta dallo stesso estensore della sentenza in commento.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
859
cetti discettando sulla portata dell’art.11 della legge n. 241/1990 che, come osservato nella decisione in rasse- gna (9), non utilizza il criterio della «materia» - adottato dal D.Lgs. 80/1998 negli articoli 33 e 34, poi riprodotti dalla legge 205/00 - bens`ı quello della tipologia dell’atto destinato al perseguimento del pubblico interesse.
Ed e` fin troppo semplice scorgere in questa assimila- zione di intenti fra la disciplina del 1990 e quella del 1998 una tacita conferma del convincimento che gia` prima delle riforme dell’ultimo biennio fosse iniziato - e forse sottovalutato stando almeno alla sostanziale indif- ferenza con la quale dottrina e giurisprudenza ordinaria accolsero la norma dell’art.11 sul riparto di giurisdizione
- un corso normativo volto a marginalizzare il ruolo del giudice ordinario nelle vicende connesse all’esercizio dell’attivita` amministrativa ed alla tutela delle posizioni giuridiche del privato da questa incise.
Il che, a ben vedere, evoca l’idea che gia` nel 1990 fosse ben presente nel legislatore la volonta` di aggregare complessi di controversie innanzi ad un unico giudice prescindendo dalla natura giuridica della posizione sog- gettiva agitata dalle parti (10). Ed anzi, addirittura, di- mostra che la scelta normativa attuata con la legge n.
volta indirizzare a marginalizzare il ruolo del giudice or- dinario nel contenzioso fra cittadino e p.a., garantisca al privato un sistema di tutela dotato di quell’autonomia ed indipendenza che sicuramente il giudice ordinario, fin quando ha avuto la possibilita` di operare, ha perse- guito e strenuamente attuato.
Rispetto a questi problemi, che toccano all’evidenza i punti nodali dell’assetto normativo interno, la posizio- ne assunta in punto di giurisdizione dal giudice del ri- parto con la pronunzia in epigrafe, e con quelle altre ri- cordate in motivazione, ha il sapore di una presa d’atto, quasi deferente, dello ius cognitum che non lascia scam- po ad operazioni ermeneutiche di segno opposto e che nemmeno intravede nella Corte Costituzionale una possibile ancora di salvezza che possa ristabilire i vecchi equilibri in punto di giurisdizione (13).
Ma e` possibile credere che all’interno del massimo organo della giurisdizione ordinaria non conviva, anche, un’anima piu` rigidamente orientata a difendere - rectius a recuperare - al giudice ordinario nicchie di tutela nelle quali e` l’agire ingiusto della p.a. a campeggiare (14)?
Non resta che attendere i prossimi sviluppi.
142/1990 aveva una portata forse ancor piu` dirompente
di quella che oggi vuole attribuirsi al D.Lgs. n. 80/1998
- ed alla legge n. 205/2000 - proprio perche´ lo sposta- mento della giurisdizione viene l`ı attuato in via trasver- sale attraverso il rinvio alla particolare tipologia del mo- dulo procedimentale utilizzato dalla p.a. Cos`ı prescin- dendo dalla specificazione della materia incisa dall’agire amministrativo.
Puo` certo stupire che alla profonda modificazione di
un sistema amministrativo che dalla autoritarieta` muove velocemente - ed ineluttabilmente - verso istituti con- sensualistici abbia fatto da contraltare una struttura di riparto giurisdizionale che invece di ampliare conse- quenzialmente la giurisdizione del giudice ordinario - tradizionalmente visto e voluto come giudice delle posi- zioni giuridiche che non arretrano di fronte all’agire pa- ritetico della p.a.- abbia spostato il baricentro della tute- la verso il giudice amministrativo anche per controver- sie relative a momenti genetici e funzionali di accordi procedimentali (11).
Ma cio` non consente di negare che le guide-line in- traprese in tema di giurisdizione abbiano l’intento di- chiarato, almeno in astratto, di razionalizzare il sistema garantendo al cittadino, anche ai fini risarcitori, un’ef- fettivita` di tutela che la pregressa esperienza aveva spes- se volte disatteso.
Conclusioni
Il vero cruccio che resta all’interprete e` quello di ca- pire se l’operazione legislativa coronata con le ulteriori innovazioni apportate al sistema di riparto dalla legge n. 205/2000 - ed ancora approfondite dalla recente legge 5 marzo 2001 n. 57 contenente «Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati» (12), ancora una
Note:
(9) V. analogamente Conti, La Panurbanistica, cit.
(10) Sembra utile ricordare che Xxxx. Sez. Un., 4 gennaio 1995, n. 91, in Giust. Civ. 1996, I, 193, con nota di nota Xxxxxxx ha sottolineato come l’accordo di programma di cui all’art. 27 legge 8 giugno 1990 n. 142 con- siste nel consenso unanime delle amministrazioni interessate e si presenta come espressione di poteri pubblicistici nei confronti dei privati titolari di diritti soggettivi relativi alle aree interessate dall’accordo; pertanto lo stesso affievolisce tali diritti in interessi legittimi, con la conseguenza che in ma- teria sussiste la giurisdizione generale di legittimita` del giudice amministra- tivo, anche nel caso di intervenuta sospensione dell’accordo di program- ma (la quale incide solo sulla esecutivita`, mentre le modificazioni gia` in- trodotte a carico dei controinteressati, al pari di quelle a loro favore, resta- no ferme).
(11) V. sul punto le interessanti osservazioni di Xxxxxx, Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e garanzia dei diritti del cittadino, in Foro Amm., 2000, 1571.
(12) Per il richiamo all’art. 6 a proposito della giurisdizione del g.a. in ma- teria di sanzioni irrogate dal Ministro dell’Industria per le infrazioni a cari- co delle imprese assicuratrici inosservanti della disciplina in tema di liqui- dazione dei danni derivanti dalla circolazione dei veicolo a motore e dai natanti sia consentito il rinvio a Conti, La Corte Costituzionale prende tem- po sull’eccesso di delega dell’art. 34 D.lgs. n. 80/98, in questa Rivista., 2001, 5, 499.
(13) Come e` noto la Corte di Cassazione si e` limitata, timidamente, a sollevare la questione di legittimita` costituzionale dell’art. 34 D.Lgs. n. 80/ 98 con ord. 25 maggio 2000, n. 43 in questa Rivista 2000, 7, 11 con nota di Xxxxx, La devoluzione al giudice amministrativo delle cause nelle procedure espropriative, non prospettando vizi che potessero ritenere vulnerati i xxxx- ni costituzionali di unita` della giurisdizione, ragionevolezza e imparzialita`. La Corte costituzionale con l’ordinanza n. 17/2001 in questa Rivista 2001, 5, 499, ha rimesso gli atti alle Sezioni Unite per valutare gli effetti della normativa sopravvenuta (l’art. 7, legge 205/2001) sulla q.l.c.
(14) Sul punto occorre rammentare che tanto Xxxx. Sez. Un. 30 marzo 2000 n. 72 e Cass. Sez. Un. 30 marzo 2000 n. 71, entrambe in Corr. Giur., 2000, 591, con nota di Xxxxxxx, non ritennero necessario solleva- re la questione di costituzionalita` dell’art. 33 D.Lgs. n. 80/98 per contrasto con l’art. 103 comma 1 Cost. piuttosto operando in sede interpretativa una lettura restrittiva della medesima disposizione.
860 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
a cura di XXXXXXXX XX XXXXX
■ Appalti e lavori pubblici
ESECUZIONE DI LAVORI E RESPONSABILITA` PER FATTO DEI LAVORATORI
Cassazione civile, sez. III, 22 maggio 2001, n. 6970 Pres. Giustiniani - Rel. Lucentini
La responsabilit`a indiretta di cui all’art. 2049 c.c. per il fatto dannoso commesso da un dipendente postula l’esi- stenza di un rapporto di lavoro ed un collegamento tra fatto dannoso del dipendente stesso e mansioni da que- sti espletate, senza che sia, all’uopo, richiesta la prova di un vero e proprio nesso di causalit`a, risultando sufficien- te, viceversa, l’esistenza di un rapporto di cd. «occasio- nalit`a necessaria», da intendersi nel senso che l’incom- benza svolta abbia determinato una situazione tale da agevolare e rendere possibile il fatto illecito e l’evento dannoso, e cio` anche se il dipendente abbia operato oltre i limiti delle sue competenze, o persino trasgredendo gli ordini ricevuti, purch´e sempre entro l’ambito delle pro- prie mansioni.
Con la sentenza in rassegna la S.C. ha cassato la decisione dei giudici di merito, che avevano rigettato la domanda proposta dal proprietario di un immobile, il quale aveva chiesto la condanna al risarcimento dei danni sofferti per l’allagamento dello scantinato della sua abitazione indiriz- zandola nei confronti della societa` subappaltatrice dei lavori di allacciamento alle singole proprieta` del collettore prima- rio di fognatura. L’attore, in particolare, aveva dedotto che i relativi manufatti, in attesa delle licenze di allacciamento, avrebbero dovuto essere interrotti, previa loro sigillatura, ad una distanza di 50 centimetri, mentre la subappaltatrice aveva innestato la diramazione relativa all’immobile di sua proprieta` direttamente all’interno di esso, cos`ı determinan- do, col porre in essere un antecedente dell’allagamento pro- vocato dalle piogge, il danneggiamento dei propri beni.
La Corte d’appello aveva confermato la decisione di rigetto della domanda, rilevando che il collegamento alla proprieta` dell’attore della diramazione fognaria, ad opera dei dipen- denti della societa` subappaltatrice, era stato compiuto, su ri- chiesta del primo, in «indubbia violazione dell’ordine im- partito dalla societa` datoriale ai propri dipendenti». La Cor- te aveva escluso che potesse essere configurata una respon- sabilita` della societa` convenuta, in quanto la descritta vio- lazione non poteva essere in alcun modo riferita all’interes-
se della prima, ovvero essere ritenuta anche solo connessa alle modalita` di attuazione dei compiti e delle incombenze dalla stessa affidati ai dipendenti. La realizzazione del pro- lungamento oltre il limite previsto dal contratto di appalto pubblico risultava infatti indifferente o addirittura contraria agli interessi della societa` convenuta, giacche´ tale iniziativa, sicuramente utile al fine di consentire all’attore di predi- sporre l’allacciamento, approfittando della contemporanea esecuzione dei lavori di ristrutturazione dello stabile di sua proprieta`, non comportava alcun vantaggio economico per la convenuta, finendo semmai per rendere meno agevole l’esecuzione dei lavori e imponendo la coordinazione della posa del tubo con la sistemazione muraria.
La S.C. non ha condiviso tale percorso argomentativo. Es- sa ha, in primo luogo, ricordato che la responsabilita` indi- retta di cui all’art. 2049 c.c. per il fatto dannoso commesso da un dipendente postula l’esistenza di un rapporto di la- voro ed un collegamento tra il fatto dannoso del dipen- dente e le mansioni da questi espletate, senza che sia, al- l’uopo, richiesta la prova di un vero e proprio nesso di cau- salita`, risultando sufficiente, viceversa, l’esistenza di un rap- porto di «occasionalita` necessaria», da intendersi nel senso che l’incombenza svolta abbia determinato una situazione tale da agevolare e rendere possibile il fatto illecito e l’e- vento dannoso, e cio` anche se il dipendente abbia operato oltre i limiti delle sue incombenze, o persino trasgredendo gli ordini ricevuti, purche´ sempre entro l’ambito delle pro- prie mansioni (si vedano, ad es., Cass. 20 marzo 1999 n. 2574, Cass. 26 giugno 1998 n. 6341, Cass. 21 giugno
1999 n. 6233).
Al contrario, fuoriesce dalla struttura della fattispecie legale il fatto che il preponente abbia un qualche interesse, inte- so come vantaggio economico, al concreto esercizio delle mansioni del preposto (vantaggio che, peraltro, nel caso di violazione delle istruzioni, non potrebbe, almeno in linea tendenziale, che mancare). Sul punto, la sentenza in rasse- gna ha rilevato che in senso contrario non puo` essere va- lorizzato il dictum di Xxxx. 17 marzo 1990 n. 2226, secondo la quale occorre, ai fini della responsabilita` del committen- te, che il commesso abbia perseguito finalita` coerenti con quelle in vista delle quali le mansioni gli furono affidate, e non finalita` proprie alle quali il primo «non sia neppure mediatamente interessato o compartecipe». In tale conte- sto, il concetto di interesse mediato, correlato alle finalita` perseguite dal commesso, esprime l’esigenza della riferibilita` del comportamento del preposto (determinativo del dan- no) all’ambito delle mansioni a lui affidate.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
861
JOINT VENTURE E CONTRATTI
DI ASSICURAZIONE FIDEIUSSORIA
Cassazione civile, sez. III, 17 maggio 2001, n. 6757 Pres. Fiduccia - Rel. Segreto
L’istituto dell’associazione in partecipazione di cui all’art. 2549 e segg. c.c., che si qualifica per il carattere sinal- lagmatico fra l’attribuzione da parte di un contraente (associante) di una quota degli utili, anche forfetari, de- rivanti dalla gestione di una sua impresa o di un suo af- fare all’altro (associato) e l’apporto, da quest’ultimo
strada, pretendendo dall’appaltatore il rilascio di garanzia a semplice richiesta, dovendo versare un acconto, nonche´ altra garanzia dello stesso tipo per l’esatta esecuzione delle opere. La Cassa centrale di Risparmio V.E. dichiaro` la pro- pria disponibilita` al rilascio di due fideiussioni bancarie di cui una per 10.600.000 Saudi Ryalz, pari a 2.600 milioni di lire e l’altra per 42.504.600 S.R., pari a L. 10.626 milio- ni e chiese alla B.N.L. di rilasciare nell’interesse dell’appal- tatrice dette garanzie fideiussorie, assumendo l’obbligazione di rimborsare alla mandataria B.N.L. tutte le somme che questa fosse stata chiamata a pagare. L’appaltatrice deposi- to` quindi presso la Cassa la somma di L. 4.850 milioni,
conferito, che pu`o
essere di qualsiasi natura, purch´e
che costituiva la garanzia per quest’ultima nell’ipotesi di
strumentale per l’esercizio di quell’impresa o per lo svol-
gimento di quell’affare, non determina la formazione di un soggetto nuovo o la costituzione di un patrimonio
escussione della fideiussione prestata.
Successivamente la Cassa autorizzo` lo svincolo di L. 2.500 milioni, previa sostituzione di una polizza fideiussoria rila-
autonomo, n´e
la comunione dell’affare o dell’impresa,
sciata dalla S.p.a. Le Assicurazioni d’Italia, con la coassicu-
che restano di esclusiva pertinenza dell’associante; per-
tanto, `e solo l’associante che fa propri gli utili, salvo, nei rapporti interni, il suo obbligo di liquidare all’associato la sua quota di utiliea restituirgli l’apporto. Da tale isti- tuto si differenzia la figura, di origine anglosassone, del- le «joint venture» e - fra l’altro e piu` in particolare - quelle delle «joint venture corporations», con il quale termine si indicano forme di associazione temporanea di imprese finalizzate all’esercizio di un’attivit`a economica in un settore di comune interesse, nelle quali le parti prevedono la costituzione di una societ`a di capitali, con
razione della S.p.a. Toro. A seguito di altra polizza xxxxxxx- xxxxx, rilasciata dalla stessa Assitalia, con coassicurazione della Sida, Xxxxx Xxxxxxx, L’Ancora e l’Abeille, la Cassa autorizzo` lo svincolo della restante somma.
Nel giugno 1979, su consenso dell’Amministrazione saudi- ta, la garanzia prestata per la concessa anticipazione venne ridotta a S.R. 22.21.256. Nello stesso anno, la Maniglia cadde in dissesto e non fu in grado di continuare i lavori. La B.N.L., escussa dall’amministrazione Saudita, provvide al pagamento della garanzia, avuta la disponibilita` della Cassa per il rimborso.
autonoma personalit`a
giuridica rispetto ai «coventu-
Quindi la Cassa provvide ad escutere gli assicuratori per le
rers», alla quale affidare la conduzione dell’iniziativa
congiunta.
Il contratto di assicurazione fideiussoria o cauzionale, pur presentando peculiarit`a inerenti al rapporto assicura- tivo, costituisce, sostanzialmente, una fideiussione, sic- ch´e resta assoggettato alla regolamentazione di questa figura, salva diversa previsione contrattuale.
Ai sensi dell’art. 1322, comma 2, c.c., sono ammissibili sia il contratto di garanzia cosiddetta autonoma (perfor- mance bond) - con cui il garante si obbliga ad eseguire la prestazione oggetto della garanzia «a semplice o pri- ma domanda» del creditore garantito, senza opporre ec- cezioni attinenti alla validit`a, all’efficacia ed alla vicenda del rapporto principale (salvo «l’exceptio doli») - sia il contratto di «controgaranzia autonoma», con cui, il con- trogarante garantisce nello stesso modo il garante princi- pale. Il meccanismo dell’adempimento «a prima richie- sta» tanto nel caso della «garanzia» che in quello della
«controgaranzia», scatta a seguito dell’inadempimento dell’obbligazione principale.
I principi di diritto enunciati in epigrafe si riferiscono ad una controversia della quale e` necessario indicare i termini fondamentali.
Il Ministero delle comunicazioni dell’Arabia Saudita aveva commesso in appalto alla Maniglia Costruzioni S.p.a. «in partecipazione o in joint venture» con l’impresa Al Xxxxx General Contracting Company ltd., la realizzazione di una
fideiussioni ed e` in relazione a tali rapporti che e` insorta la controversia esaminata dalla sentenza in rassegna.
Tralasciando alcuni aspetti di secondario rilievo, i princi- pali profili di doglianza dell’Assitalia, del Xxxxx Xxxxxxx e dell’Abeille, la cui pretesa di non essere obbligate verso la Cassa era stata disattesa dai giudici di merito, ruotavano attorno: a) al fatto che le garanzie in questione erano nulle in quanto il contratto di appalto garantito non era stato posto in essere dalla garantita Maniglia Costruzioni, ma dalla joint venture Maniglia Xxxxx; b) alla sussistenza del vi- zio del consenso delle assicuratrici, a norma degli artt. 1892, 1893 e 1427 c.c., poiche´ il contratto era stato stipu- lato effettivamente dalla Maniglia; c) alla violazione del- l’art. 1956 c.c., in quanto la proroga della garanzia prestata dalla Cassa non aveva determinato la liberazione delle Compagnie, che avevano continuato ad incassare i premi ed erano state messe al corrente della proroga, con lettera del 29 novembre 1979, a cui non era stato effettuato alcun rilievo; d) alla circostanza che la riduzione della fideiussio- ne della Cassa avrebbe dovuto comportare la riduzione della garanzia da loro prestata.
La Cassazione si e` impegnata, in primo luogo, nella verifi- ca della natura del soggetto appaltatore, confermando che, avendo la Corte di merito ritenuto che il contratto di ap- palto fosse stato sottoscritto dalla Maniglia, nella qualita` di associante della Al Xxxxx, correttamente aveva ritenuto che essa fosse l’unica appaltatrice dell’opera, anche perche´ su di essa gravavano tutti i costi, i ricavi ed i rischi dell’o-
862 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
xxxx, avendo la Al Xxxxx diritto al compenso calcolato sul- l’importo lordo dell’opera, nella misura del 2,5% per i ser- vizi resi.
Il rapporto, alla stregua di tali risultanze, ben poteva essere ricondotto alla figura dell’associazione in partecipazione di cui all’art. 2549 e ss. c.c., che si qualifica per il carattere si- nallagmatico fra l’attribuzione da parte di un contraente (associante) di una quota degli utili derivante dalla gestio- ne di una sua impresa o di un suo affare all’altro (associa- to) e l’apporto, da quest’ultimo conferito, che puo` essere di qualunque natura, purche´ avente carattere strumentale per l’esercizio di quella impresa o per lo svolgimento di quel- l’affare. In tale ipotesi non si determina la formazione di un soggetto nuovo o la costituzione di un patrimonio auto- nomo, ne´ la comunione dell’affare o dell’impresa, che re- stano di esclusiva pertinenza dell’associante.
La S.C. ha, in particolare, sottolineato come tale valutazio- ne non fosse incrinata dal riferimento delle ricorrenti ai principi e alle norme in tema di joint venture e di associa- zioni temporanea di imprese, letti come idonei a fondare l’esistenza di un nuovo soggetto giuridico o quanto meno in centro di imputazione con una propria autonomia ri- spetto ai soggetti che vi partecipano. La Corte, dopo aver ricordato che con il termine joint venture vengono indicate le varie e diverse forme di associazione temporanea tra due o piu` imprese finalizzate all’esercizio di un’attivita` economi- ca in un settore di comune interesse, siano esse rivolte al- l’esecuzione di un opera complessa, ovvero limitate alla prestazione di particolari servizi o al compimento di un sin- golo affare, ha precisato che la nozione non consente, per la sua ampiezza e generalita`, di delineare un preciso istituto giuridico. Ed infatti nel sistema anglosassone, dove questa figura e` sorta, si distingue tra contractual joint ventures (o unincorporated joint ventures) e joint venture corporations (o incorporated joint ventures). Nelle prime l’accordo di coope- razione tra le imprese non da` vita ad un’organizzazione di- stinta da quella dei co-venturers; nelle seconde, invece, le parti prevedono la costituzione di una societa` di capitali, cui affidare la conduzione dell’iniziativa congiunta. Solo in questo secondo caso si ha la nascita di una nuova societa`, mentre nel primo caso i co-venturers conservano la loro autonomia: caratteristica del contratto di joint venture e` proprio quella di ritenere ogni imprenditore responsabile per la propria parte di opera.
Sulla scorta di tali premesse ed in assenza della dimostra- zione che in concreto fosse emerso, come controparte del- l’amministrazione appaltante, un soggetto giuridico diverso dal soggetto garantito, la S.C. ha, pertanto, confermato la valutazione del giudici di merito che avevano escluso la nullita` delle polizze sotto il profilo che non sarebbe venuta ad esistenza l’obbligazione principale garantita con la fi- deiussione della Cassa, a sua volta controgarantita dall’assi- curatrice.
Ad analoghe conclusioni si giunge, peraltro, considerando la legge 584/1977 e il D.Lgs. 406/1991, che configurano l’associazione temporanea di impresa come un rapporto di mandato che non determina di per se´ organizzazione o as-
sociazione fra le imprese riunite, ognuna delle quali conser- va la propria autonomia ai fini della gestione e degli adem- pimenti fiscali e degli oneri sociali.
Del resto, cio` che veniva garantito dalla Cassa nei con- fronti del Governo arabo era l’adempimento del contratto di appalto del 1977 da parte della Maniglia (e questo era anche l’oggetto della controgaranzia). Ne consegue che il solo fatto che a partire dal 1979 i lavori in questione fosse- ro stati eseguiti dalla joint venture Maniglia Al Xxxxx, non influenzava l’oggetto della garanzia (l’adempimento dell’o- riginario contratto di appalto da parte della Maniglia), sal- vo che non si fosse sostenuto (e provato) che lo stesso contratto di appalto con il Governo arabo (garantito) fosse modificato ovvero che il Governo arabo avesse consentito una cessione del contratto originario di appalto della Ma- niglia S.p.a., in partecipazione con la Al Xxxxx, alla joint venture Maniglia Al Xxxxx, e, soprattutto, che avesse con- sentito che detta cessione di contratto fosse regolata dalla legge italiana, la cui violazione era stata dedotta come vizio della sentenza, con liberazione del cedente. Pertanto, se fermo il contratto originario di appalto, i lavori appaltati, in luogo di essere eseguiti solo dalla Maniglia S.p.a., erano stati eseguiti a partire dall’aprile 1979 dalla joint venture in questione, per effetto di un accordo interno tra la Al Shu- la e la Maniglia Costruzioni, l’inadempimento rilevante nei confronti del governo arabo (inadempimento garanti- to) rimaneva esclusivamente quello della Maniglia S.p.a., da individuarsi secondo la legge nazionale che regolava quell’appalto, anche se poi la Maniglia, con un contratto con la Al Xxxxx, avesse associato quest’ultima nell’esecu- zione dei lavori ovvero avesse «subappaltato» alla joint ven- ture la parte di lavori ancora da eseguire.
Quanto alla dedotta violazione degli artt. 1892, 1893, 1427 c.c, la Corte ha rilevato, in primo luogo, che, secon- do la giurisprudenza prevalente, il contratto di assicurazio- ne fideiussoria, pur presentando peculiarita` inerenti al rap- porto assicurativo, costituisce, sostanzialmente, una fideius- sione, sicche´ resta assoggettato alla regolamentazione di questa figura, salva diversa previsione contrattuale; pertan- to, nelle ipotesi di dichiarazioni inesatte o reticenti del contraente-debitore in ordine alla formazione del rapporto principale, non trova applicazione la disciplina dell’art. 1892 c.c., relativa al contratto di assicurazione, ma la vali- dita` del contratto deve essere valutata alla stregua delle re- gole dell’annullabilita` per errore o per dolo (Cass. 11038/ 1991; Cass. 3552/1998).
Portata derogatoria all’applicazione delle norme sulla fi- deiussione viene in particolare riconosciuta alla clausola con la quale venga espressamente prevista la possibilita`, per il creditore garantito, di esigere dal garante il pagamen- to immediato del credito «a semplice richiesta» o «senza eccezioni», in quanto tale previsione, precludendo al ga- rante l’opponibilita` al beneficiario delle eccezioni spettanti al debitore principale ai sensi dell’art. 1945 c.c., risulta in- compatibile con il principio di accessorieta` che caratterizza la fideiussione (Cass. n. 6499/90; n. 6607/92; n. 3940/95), e vale per converso a qualificare il negozio come contratto
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
863
autonomo di garanzia, legittimamente fondato sul princi- pio di autonomia negoziale: Cass: 7341/87; 6496/91; 12341/92; 3519/94, e specificamente come un contratto autonomo di garanzia di tipo cauzionale.
Esclusa l’operativita` della disciplina speciale dettata in te- ma di contratto di assicurazione, la Corte ha anche confer- mato l’insussistenza del dolo omissivo. Quest’ultimo non e` infatti integrato dal silenzio o dalla reticenza, richiedendosi che il comportamento passivo si inserisca in una condotta configurabile, nel complesso, quale malizia o astuzia volta a realizzare l’inganno perseguito (Cass. 7572/1983; 4833/ 1981; 11038/1991, sulla linea di un indirizzo consolidato, segnatamente, in tema di dolo omissivo in assicurazione fi- deiussoria; Cass. 8295/1994). Il connotato essenziale del dolo invalidante e` dato infatti dalla volontaria realizzazio- ne, ad opera di una parte, di un’alterazione nella rappre- sentazione delle situazioni determinanti sulla formazione del consenso della controparte, al fine di coartarne la libe- ra determinazione. Per contro il semplice silenzio, anche su situazioni di interesse della controparte, e la reticenza non immutano la rappresentazione della realta`, ma si limi- tano a non contrastare la percezione della realta` alla quale sia pervenuto l’altro contraente.
Quanto all’errore giuridicamente rilevante, esso era escluso in quanto il contratto era stato stipulato dalla Maniglia Costruzioni e non dalla joint venture Maniglia Al Xxxxx, mentre, quanto alla costituzione della joint venture nel 1979, essa non poteva assumere rilievo per l’assorbente ra- gione che il vizio del consenso e` rilevante solo nella fase di formazione del contratto. E cio` a tacer del fatto che la circostanza era ben nota alle imprese assicuratrice per effet- to della citata missiva del 29 novembre 1979, con la quale si comunicava la proroga della garanzia richiesta dal Go- verno arabo non «essendo ultimati i lavori da parte della impresa Maniglia Xxxxx».
Quanto al profilo attinente alla mancata riduzione propor-
il garante si obbliga ad eseguire la prestazione oggetto della garanzia «a semplice o prima domanda» del creditore ga- rantito, senza opporre eccezioni attinenti alla validita`, al- l’efficacia ed alla vicenda del rapporto principale (salvo l’exceptio doli) - sia il contratto di «controgaranzia autono- ma», con cui, in presenza di contratti collegati a catena, il controgarante garantisce nello stesso modo il garante prin- cipale: il meccanismo dell’adempimento «a prima xxxxxx- sta» tanto della «garanzia» che della «controgaranzia» scat- ta a seguito dell’inadempimento dell’obbligazione principa- le (Cass. 12341/1992).
Cio` posto, poiche´ l’assicurazione fideiussoria ha come cau- sa esclusivamente la garanzia dell’adempimento del debito- re e non la copertura di un rischio, non puo` assumere rilie- vo la pretesa modifica del rischio assunto, che se e` rilevan- te in tema di contratto di assicurazione tipico, nessun ruolo svolge invece nell’assicurazione fideiussoria.
Per cio` che concerne l’asserita violazione dell’art. 1956
c.c., tenuto conto che il beneficiario aveva fatto credito al debitore principale senza la speciale autorizzazione del fi- deiussore e pur conoscendo le precarie condizioni patrimo- niali in cui si era venuto a trovare il debitore stesso, la
S.C. ha sottolineato che l’appendice della polizza fideiusso- ria contemplava la proroga e che la stessa, con lettera del 27 novembre 1979, era stata portata a conoscenza delle compagnie di assicurazione le quali nulla avevano obietta- to, continuando a percepire i premi.
■ Espropriazione per pubblico interesse INDENNITA` DI ESPROPRIO E RIDUZIONE DEL 40% Cassazione civile, sez. I, 8 maggio 2001, n. 6361
Pres. Rocchi - Rel. Reale
Con riguardo ai procedimenti di determinazione dell’in-
zionale dell’obbligazione delle controgaranti, in considera-
dennit`a
di espropriazione ancora in corso al momento
zione della riduzione dell’importo della fideiussione della Cassa da s.r. 42.504.600 a s.r. 22.216.256, la sentenza in rassegna ha precisato che le compagnie di assicurazione si erano obbligate a coprire, nel limite dei massimali concor- dati, l’intero debito in cui fosse incorsa la Cassa di rispar- mio nel caso di escussione della fideiussione dalla stessa prestata, e quindi a corrispondere l’intero importo che que- st’ultima fosse stata chiamata a pagare all’ente appaltante per la prestata garanzia, sempre nei limiti del massimale, che erano inferiori alla prima garanzia.
Se una riduzione della prima garanzia era stata pattuita tra la stazione appaltante e l’impresa appaltatrice, questa non poteva avere riflesso per determinare un’analoga riduzione della controgaranzia, poiche´ le societa` assicuratrici si erano obbligate al pagamento del 100% (e non quindi in per- centuale) di quanto la Cassa avesse corrisposto.
Quanto al dedotto, mancato rispetto delle norme in tema di controgaranzie, la S.C. ha rilevato che, ai sensi dell’art. 1322, comma 2, c.c., sono ammissibili sia il contratto di garanzia cosiddetta autonoma (performance bond) - con cui
dell’entrata in vigore della legge n. 359 del 1992, affin-
ch´e l’espropriato sia assoggettato alla decurtazione del quaranta per cento dell’indennit`a stessa, occorre che, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 283 del 1993, l’espropriante abbia offerto all’espropriato un’in- dennit`a nuovamente determinata secondo i nuovi criteri di cui all’art. 5-bis della citata legge, e che tale nuova of- ferta sia stata ragionevolmente tempestiva, oltre che congrua e, in ogni caso, non palesemente mirata ad otte- nere l’abbattimento dell’indennit`a. La rideterminazione deve essere eseguita dalla competente Commissione Pro- vinciale per le Espropriazioni, cui `e demandato il compito di liquidare l’indennit`a definitiva - quale `e quella deter- minata nel corso del procedimento di cui si tratta, inter- venendo nella fase successiva alla pronuncia del decreto di espropriazione, quando non `e piu` possibile convenire alcuna cessione del bene, ormai trasferito nel patrimonio dell’espropriante - e che nella procedura di cui si tratta ha una posizione di terziet`a, laddove l’espropriante `e parte nel giudizio contenzioso promosso dall’espropriato.
864 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
Chiamata a decidere in ordine alla doglianza dell’espro- priata, la quale aveva censurato la riduzione del 40%, ope- rata dalla Corte d’appello nel giudizio di determinazione dell’indennita`, nonostante l’espropriante avesse offerto sol- tanto dopo l’inizio del processo una seconda indennita` provvisoria determinata con i criteri introdotti dall’art. 5- bis legge 359/1992, la S.C. ha tratteggiato un importante profilo procedimentale.
Nella sentenza in rassegna, la Corte ha ricordato che, a se- guito della sentenza 283/1993 della Corte costituzionale, dichiarativa dell’illegittimita` dell’art. 5-bis citato, nella par- te in cui non prevedeva, in favore dei soggetti gia` espro- priati al momento della sua entrata in vigore «e nei con- fronti dei quali l’indennita` di espropriazione non sia ancora divenuta incontestabile, il diritto di accettare l’indennita` senza subire la riduzione del 40%», la giurisprudenza di le- gittimita` ha ripetutamente affermato che la riduzione del quaranta per cento e` legittimamente operata solo quando l’espropriante abbia offerto un’indennita` nuovamente de- terminata ai sensi del citato art. 5-bis e l’espropriato l’abbia rifiutata (di recente, si vedano Cass. 3040/00, 4530/99, 509/98).
E` stato aggiunto (Cass. 13945/99 e Corte Cost. 262 e 300
del 2000) che la nuova offerta deve essere «ragionevol- mente tempestiva» oltre che «congrua» e, in ogni caso,
«non tanto distante dal valore del bene da elidere sostan- zialmente la scelta del privato tra accettazione dell’inden- nita` offerta in misura minore ma esente da decurtazione e rischio della liquidazione giudiziale gravata dall’integrale applicazione della riduzione» (Cass. 10797/99, 2271/99), s`ı che essa sia «palesemente mirata ad ottenere l’abbattimen- to dell’indennita`» (Cass. 1997/00, 9814/99).
Cio` posto, la pronuncia in epigrafe ha precisato che l’in- dennita` determinata nel corso del procedimento non puo` che essere «definitiva», perche´ interviene nella fase succes- siva alla pronuncia del decreto di espropriazione, quando non e` piu` possibile convenire alcuna cessione del bene, or- mai trasferito nel patrimonio dell’espropriante in forza del provvedimento ablativo. La «rideterminazione» deve esse- re eseguita, pertanto, dalla competente Commissione Pro- vinciale per le Espropriazioni (che nella procedura ha una posizione di «terzieta`») cui e` demandato (art. 15 legge 865/71) il compito di liquidare l’indennita` definitiva (Cass. 9584/97, 9662/97). Non puo` provvedervi invece lo stesso espropriante il quale, dopo il provvedimento ablati- vo, ha assunto la posizione di soggetto debitore dell’inden- nita`; egli e` «parte» nel giudizio contenzioso promosso dal- l’espropriato e non e` piu` «parte» del procedimento espro- priativo ormai concluso. La Corte ha giustificato tale ap- prodo, sottolineando che una differente soluzione consen- tirebbe quel «preordinato abbattimento dell’indennita`» che la giurisprudenza vuole sanzionare. L’espropriante, in- fatti, proponendo un’indennita` solo formalmente determi- nata secondo i criteri dell’art. 5-bis, potrebbe vanificare l’accertamento giudiziale in corso di formazione offrendo, con intenzionale tempismo, una somma congrua, pur se non distante dal valore eventualmente gia` stimato.
L’espropriante ha sicuramente il diritto di proporre una so- luzione «transattiva» della controversia ma non quello di determinare unilateralmente - addirittura in qualunque sta- dio del giudizio - la misura dell’indennita` di espropriazione e, in tal modo, di conseguire (avendo cura di non superare il limite di assoluta inadeguatezza che determinerebbe l’ini- doneita` dell’offerta) un’iniqua riduzione del dovuto, grazie agli effetti che la legge fa discendere dalla mancata accetta- zione.
Sulla scorta di tali premesse, e` stata cassata la decisione della Corte d’appello, che aveva omesso di accertare se l’indennita` offerta provenisse unilateralmente dalla stessa parte onerata dell’obbligo di corrispondere l’indennita` e di esprimere l’indispensabile giudizio sulla sua congruita` e adeguatezza in relazione all’indennita` dalla stessa Corte de- terminata ai sensi del citato art. 5-bis.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
865
La discrezionalita` tecnica sotto la lente del G.A.
CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 5 marzo 2001 n. 1247
Pres. Quaranta - Est. Lipari - Erogasud S.p.a. c. Gasmet sud S.p.a., Comune di Cassino
La discrezionalit`a tecnica non `e sottratta, aprioristicamente, al sindacato del giudice amministrativo, concernendo valutazioni da operarsi alla stregua di criteri, regole e parametri tecnici o scientifici, diret- tamente od indirettamente richiamati dalla norma giuridica che disciplina il potere e quindi non appar- tenenti al merito amministrativo.
Il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici pu`o limitarsi al controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dall’attivit`a amministrativa, se questa `e la domanda della parte e se cio` appare sufficiente per valutare l’illegittimit`a del provvedimento impugnato, nondimeno tale sindacato pu`o an- che consistere nella verifica diretta dell’attendibilit`a delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza, quanto a criterio tecnico ed a procedimento applicativo.
Deve essere riconosciuta la necessit`a di isolare ipotesi di valutazioni riservate da apposite norme all’am-
ministrazione, quanto meno nei casi in cui essa risulti titolare di una particolare competenza legata alla tutela di valori costituzionali speciali. In tal senso, appare particolarmente significativa l’indicazione ri- cavabile dall’articolo 17, comma 2, della legge n. 241/1990, il quale statuisce il principio di non surroga- bilit`a delle valutazioni tecniche spettanti alle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggi- stico-territoriale e della salute dei cittadini.
Diritto
1 - Con delibera n. 61/10 del 30 luglio 1996, il consiglio comunale di Xxxxxxx approvava definitivamente gli atti della procedura ristretta, ai sensi dell’articolo 24, comma 1, lettera 1), lett. A) del D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 158 (criterio del prezzo piu` basso), per l’affidamento del servi- zio di distribuzione del gas metano nel territorio comu- nale e l’ampliamento della rete del metanodotto, per un periodo di ventinove anni, aggiudicando il servizio alla Soc. Erogasud, previa verifica della congruita` dell’offerta economica, posta al di sotto della soglia di anomalia.
2 - La sentenza appellata ha annullato il provvedimen- to, accogliendo il ricorso proposto dalla societa` Gasmet, classificatasi al terzo posto della graduatoria, e respingen- do le eccezioni preliminari ed il ricorso incidentale pro- poste dalla aggiudicataria. I motivi accolti dal tribunale concernono:
– l’irritualita` delle offerte formulate dalla Erogasud e dal- la Impregest, per violazione del principio di segretezza;
– l’incompetenza del consiglio comunale ad assumere determinazioni meramente esecutive di precedenti prov- vedimenti adottati dallo stesso organo, concernenti le modalita` di affidamento del servizio;
– l’illegittimita` della procedura di verifica della anoma- lia dell’offerta presentata dalla societa` prima classificata allestito della procedura ristretta.
3 - L’impresa appellata deduce, preliminarmente, la tar- divita` dell’appello. A sostegno dell’eccezione, l’interessa- ta afferma che la procedura in contestazione non riguar- da solo l’affidamento di un servizio, ma concerne anche l’esecuzione di opere (per un valore complessivo pari ad 11 miliardi): ne deriverebbe l’applicazione della discipli- na racchiusa nell’articolo 19 del D.L. n. 67/1997, con- vertito nella legge n. 135/1997, il quale stabilisce la ri- duzione alla meta` di tutti i termini processuali, compresi quelli relativi alla proposizione dell’appello. Poiche´ la sentenza di primo grado e` stata notificata in data 11 set- tembre 1997, l’impugnazione, proposta in data 14 otto- bre 1997, deve ritenersi tardiva, essendo spirato il termi- ne assegnato di trenta giorni.
L’eccezione e` infondata in punto di fatto. Il collegio condivide la tesi espressa dalla dottrina secondo cui la speciale disciplina introdotta dall’articolo 19 (ora abro- gato dalla legge n. 205/2000, ma applicabile in forza dei principi generali in materia di successione di leggi pro- cessuali) definisce il proprio ambito oggettivo di appli- cazione attraverso il collegamento tra gli atti ammini- strativi contestati e l’esecuzione delle opere pubbliche o di pubblica utilita`. La ratio della norma, scolpita dalla Corte Costituzionale con la decisione n. 427/1999, con- siste nell’accelerazione del rito in materie caratterizzate da peculiari profili di rilevanza economica, indipenden- temente dalla disciplina sostanziale in concreto applica-
866 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
bile (legge n. 109/1994; normativa comunitaria; regole dei «settori esclusi»).
Si e` anche affermato che la portata espansiva del nuovo
«microsistema normativo» impone di risolvere i casi dubbi nel senso dell’inserimento della concreta contro- versia nell’area dell’articolo 19, allo scopo di assicurare coerenza di trattamento giuridico (sul versante proces- suale) a situazioni sostanzialmente uguali, o, quanto me- no, omogenee. Ne deriva che l’articolo 19 opera con pienezza anche quando le opere assumono portata ac- cessoria rispetto al contenuto complessivo delle presta- zioni (di servizi o di forniture) ed il rapporto e` discipli- nato, nei suoi aspetti sostanziali, da norme diverse da quelle sugli appalti di opere.
Cio` chiarito, occorre precisare, tuttavia, che l’abbrevia-
zione dei termini non incide sulla disciplina della so- spensione feriale, pienamente operante anche nel rito speciale, senza alcuna possibilita` di deroga o di riduzione della sua durata. Nel caso di specie, la sentenza e` stata notificata nel corso della sospensione feriale (11 settem- bre 1997): il termine breve e` iniziato a decorrere il 16 settembre e l’appello, notificato il 14 ottobre, e` certa- mente tempestivo.
4 - In primo luogo, l’appellante deduce l’inammissibilita`
del ricorso introduttivo del giudizio davanti al tribunale, sostenendo la tardivita` di alcune delle censure proposte e segnatamente di quelle riguardanti l’illegittima ammis- sione delle offerte della Soc. Impregest e della soc. Ero- gasud, in asserita violazione delle regole sulla segretezza delle offerte. Tali motivi afferiscono a modalita` di pre- sentazione delle offerte, note alla ricorrente sin dal 17 aprile 1994, data di notificazione di un primo ricorso proposto contro la deliberazione della giunta municipale di Cassino n. 2189 del 30 dicembre 1995.
Il motivo non merita accoglimento. La Sezione ha co- stantemente affermato il principio secondo cui, nelle procedure concorsuali, la contestazione relativa alla legit- timita` dell’ammissione dei candidati e` tempestivamente proposta mediante l’impugnazione dell’atto conclusivo del procedimento, non essendo configurabile un onere di immediata impugnazione dell’atto endoprocedimentale con cui l’amministrazione valuta i requisiti di partecipa- zione alla procedura dei concorrenti. Tale provvedimen- to assume portata lesiva degli interessi della parte a cui si riferisce solo quando comporta l’esclusione di taluno dei partecipanti, segnando, per tale soggetto, il definitivo ar- resto procedimentale dell’iter amministrativo. Al contra- rio, la parte che intenda contestare l’ammissione degli al- tri concorrenti non ha alcun onere di impugnazione, im- mediata delle determinazioni intermedie della procedura. In tal senso, e` ripetutamente chiarito che l’interesse ad impugnare l’ammissione dei concorrenti ad una proce- dura concorsuale puo` essere fatto valere solo mediante l’impugnazione dell’atto conclusivo della procedura me- desima da parte degli altri concorrenti non aggiudicata- ri, dovendosi, in particolare, escludere che in relazione ai contenuti dei verbali di gara si configurino oneri di
impugnazione e conseguenti ipotesi di acquiescenza (si veda, fra le tante decisioni, Cons. Stato, sez. VI, 22 gen- naio 1994, n. 34).
Nella vicenda in esame, la delibera della giunta munici- pale n. 2189 non costituisce ancora l’atto terminale del- la procedura selettiva, e, dunque, non assume portata lesiva degli interessi facenti capo alla impresa non vinci- trice, ricorrente in primo grado.
5 - Con un secondo mezzo, l’appellante ripropone la censura, articolata con il ricorso incidentale, riguardante l’asserita illegittima ammissione dell’offerta economica della societa` Gasmet, sottoscritta dal rappresentante le- gale della societa`, ma non autenticata.
In relazione a tale motivo, l’appellata (attraverso l’impu- gnazione incidentale) eccepisce la tardivita` del ricorso incidentale di primo grado, non notificato, a suo dire, all’avvocato domiciliatario del ricorrerete principale. L’eccezione non merita accoglimento. In punto di fatto, e` utile evidenziare che la notifica e` stata effettuata pres- so lo studio del difensore del ricorrente, a mani di un impiegato. La relata di notifica indica il nominativo del- la parte sostanziale del rapporto processuale e non quello del difensore. Si tratta, all’evidenza, di una mera irrego- larita` dell’attestazione compiuta dall’organo notificante, inidonea ad incidere sulla portata effettiva dell’atto.
A tutto concedere, la riscontrata difformita` della relazio- ne dal modello normativo potrebbe integrare una nulli- ta` della notificazione (e non la sua radicale inesistenza giuridica), pienamente sanata dal conseguito raggiungi- mento dello scopo dell’atto. Infatti, la parte interessata ha comunque avuto effettiva conoscenza dell’atto ed e` stata posta in grado di sviluppare compiutamente le! proprie difese, deducendo in merito delle censure artico- late in forma incidentale.
6 - Nel merito, la censura e` infondata. Le prescrizioni del bando compiono un puntuale riferimento all’onere dei partecipanti alla gara di presentare le «dichiarazioni in firma autentica del legale rappresentante». La locu- zione utilizzata dalla lex specialis di gara va interpretata nel contesto unitario delle regole fissate dell’amministra- zione, tenendo anche conto delle prevalenti prassi ope- rative delle gare pubbliche.
In questa corretta prospettiva ermeneutica, deve essere ridimensionata la portata del principio secondo cui l’of- ferta economica del concorrente ad una. licitazione pri- vata assume il significato civilistico di una proposta con- trattuale. A dire dell’appellante, la qualificazione dell’at- to secondo i parametri generali del diritto privato impo- ne di rilevarne la natura di vera e propria dichiarazione negoziale. Ne conseguirebbe, quindi, l’assoggettamento alla disciplina formale indicata dal bando di gara, riferi- ta, genericamente, alle dichiarazioni, senza ulteriori spe- cificazioni, e, comunque, senza limitazioni di sorta.
Sul piano concettuale astratto, e` certamente condivisi-
bile l’idea secondo cui le proposte contrattuali (e, anco- ra piu` in generale, tutti gli atti diretti a definire il conte- nuto dell’accordo in itinere) presentano la fisionomia ti-
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
867
pica della «dichiarazione». Tuttavia, nell’ottica della ga- ra d’appalto ad evidenza pubblica, risulta necessario compiere una piu` articolata distinzione fra i diversi atti provenienti dalle parti, assoggettati a regole parzialmen- te diverse, correlate alla loro specifica funzione all’inter- no del procedimento.
In questo ordine di idee, occorre distinguere, essenzial- mente, tre diverse categorie di atti:
I) la domanda di partecipazione alla procedura selettiva;
II) l’offerta in senso proprio (nella duplice componente economica e tecnica);
III) le ulteriori dichiarazioni riguardanti, principalmente, i requisiti soggettivi dell’impresa.
Le regole di gara che impongono particolari oneri forma- li agli atti di parte riguardano, tradizionalmente, solo le categorie indicate e ai punti I) e III). In relazione al pun- to I), l’imposizione di particolari modalita` di sottoscrizio- ne risponde all’esigenza di acquisire la certezza e la serieta` della volonta` di partecipare alla procedura selettiva.
Con riguardo al punto III), invece, le dichiarazioni assu- mono rilievo in relazione al loro contenuto rappresenta- tivo di fatti, stati, situazioni. La prescrizione di rigorosi oneri formali (peraltro, attualmente in fase di riduzione e di nazionalizzazione, per effetto della recente normati- va semplificatrice) deriva dalla esigenza di responsabiliz- zare gli autori delle dichiarazioni, individuati attraverso l’attestazione del pubblico ufficiale che autentica la sot- toscrizione, ed esposti alle sanzioni per il caso di affer- mazioni non veritiere.
La stessa esigenza di rigorosa autenticita` non emerge in relazione all’offerta economica e tecnica. La provenienza soggettiva dall’impresa e` adeguatamente dimostrata dal- l’inserimento nel plico che contiene la domanda di par- tecipazione, debitamente sigillato. Ne´ si pongono parti- colari esigenze di responsabilizzazione dell’autore dell’of- ferta, giacche´ ogni difformita` dalle prescrizioni di gara, se rilevante, puo` comportare conseguenze sfavorevoli sol- tanto alla stessa impresa, determinando l’esclusione dalla procedura o la preferenza accordata agli altri concorrenti. Non solo, ma, come correttamente evidenziato dal tri- bunale, la prescrizione dell’autentica della firma si pone in contrasto con l’esigenza di garantire la segretezza del- l’offerta economica.
Alla luce di queste considerazioni, le regole del bando di gara vanno agevolmente ricostruite nel senso che la prescrizione della firma autentica e` riferita soltanto alle dichiarazioni in senso stretti, allegate alla domanda di partecipazione, attestanti le condizioni soggettive stabili- te dall’amministrazione. La regola non trova applicazio- ne, invece, con riguardo alla offerta economica. Ne de- riva che l’ammissione alla gara della Erogasud va giudi- cata pienamente conforme alla normativa di gara.
7 - Cio` chiarito, e` possibile esaminare l’ulteriore censura articolata dall’appellante, che concerne, secondo una diversa prospettiva, il problema delle modalita` di pre- sentazione delle offerte economiche da parte dei con- correnti. L’appellante contesta la pronuncia di primo
grado nella parte in cui ha affermato che l’autenticazio- ne della firma apposta alla offerta presentata dalla socie- ta` Erogasud determina una violazione del principio di segretezza. In altri termini, il tribunale ha affermato non solo che l’autenticazione delle firme era superflua, ma anche che era contrastante, con i principi regolatori delle gare pubbliche.
A dire dell’interessata, l’autenticazione avrebbe rafforza- to la serieta` dell’offerta economica presentata, senza in- cidere sul principio di segretezza dell’offerta, anche con- siderando che:
– l’attestazione e` stata compiuta dall’ufficiale dell’ana- grafe delegato del comune di Aprilia e non da quello di Xxxxxxx;
– la firma e` stata apposta in calce ad una dichiarazione in cui era stata lasciata in bianco la cifra relativa all’of- ferta, successivamente scritta a mano, prima dell’invio in piego chiuso all’amministrazione procedente.
Il motivo non merita accoglimento.
Anche volendo ammettere che l’autenticazione dell’of- ferta segni una maggiore «serieta`» dell’offerta, non si ve- de per quale ragione l’intenzione di rafforzare la proposta economica presentata all’amministrazione possa prevalere sul fondamentale principio di segretezza delle offerte. D’altro canto, il particolare meccanismo di presentazione della domanda di partecipazione alla gara non pare evi- denziare apprezzabili profili di incertezza in ordine alla provenienza soggettiva della sua componente economica. In concreto, poi, l’asserita funzione certificativa dell’au- tentica risulta smentita dallo stesso appellante, il quale sostiene che la parte relativa alla cifra dell’offerta econo- mica e` stata inserita nel documento, in epoca successiva alla sottoscrizione. Se fosse cos`ı (ma la circostanza non e` dimostrata) resterebbe confermata la conclusione che la autentica di firma non potrebbe essere giustificata da un asserito collegamento con la funzione di esprimere, con sicurezza, il riferimento soggettivo dell’offerta al le- gale rappresentante dell’impresa.
A ben vedere, la linea difensiva dell’appellante dimostra la intrinseca contraddizione tra il principio di segretezza dell’offerta economica e l’autentica della firma: questa potrebbe essere superata solo attraverso l’autentica di una firma di un documento in bianco, successivamente compilato dall’interessato. L’irrazionalita`, oltre che l’ille- gittimita`, di questo modo di operare risultano di tutta evidenza.
E` opportuno sottolineare che il principio di segretezza
delle offerte economiche mira a tutelare l’amministra- zione (e gli altri concorrenti) da potenziali alterazioni del gioco della concorrenza. Dunque, non rileva ne´ l’in- tenzione del soggetto autore della violazione, ne´ la cir- costanza che, in concreto, non siano emerse distorsioni della normale dinamica di svolgimento della gara.
Pertanto, e` irrilevante la circostanza che l’autentica sia stata effettuata non gia` da un funzionario della stessa am-
ministrazione comunale di Cassino, ma da un dipenden- te del diverso comune di Aprilia. La astratta potenzialita`
868 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
offensiva della violazione della regola di segretezza rimane comunque identica. E` vero semmai il contrario: sottopor-
re l’offerta economica al comune di Cassino avrebbe ali- mentato il sospetto di una violazione dolosa dell’obbligo di segretezza, con tutti i corollari sul piano delle responsa- bilita` degli agenti. Senza dire, poi, che la partecipazione del funzionario, di un altro comune, conferma, in ogni caso, l’attitudine diffusiva della notizia riservata.
8 - Con la memoria conclusionale, l’appellante ha accu- ratamente sviluppato un altro argomento difensivo, so- stenendo, in sintesi, che non potrebbe prospettarsi alcu- na violazione del principio di segretezza, perche´ il pub- blico ufficiale autenticatore e`, a sua volta, vincolato al segreto, avendo acquisito le notizie riservate nell’espleta- mento, legittimo, di un atto del suo ufficio.
L’argomento non e` condivisibile. La violazione della re-
gola oggettiva che impone il segreto va apprezzata dal punto di vista di chi divulga il dato e non nella prospet- tiva di chi lo riceve. Quindi, seppure e` possibile ritenere che il funzionario, autenticando l’atto, abbia adempiuto ad un dovere del suo ufficio, non per questo verrebbe meno il contrasto con la regola della segretezza..
La potenzialita` offensiva della violazione, poi, e` solo parzialmente attenuata dalla circostanza che il pubblico ufficiale e` a sua volta tenuto al segreto, poiche´ non pos- sono comunque escludersi condotte commissive od omissive, colpevoli o non colpevoli, idonee a concretiz- zare l’astratto rischio paventato dalla norma sul segreto.
E` appena il caso, di precisare, poi, che la regola della se-
xxxxxxxx assume carattere strumentale alla correttezza complessiva delle operazioni di gara, indipendentemente dal suo esito e dalla collocazione in graduatoria delle of- ferte rese conoscibili. Pertanto, l’interesse alla deduzione della sua violazione sussiste in capo a tutti i partecipanti alla gara, e non puo` essere circoscritto alle sole imprese autrici delle offerte. Tanto piu` che la censura di violazio- ne della regola di segretezza mira proprio a determinare l’esclusione dei concorrenti che le hanno formulate.
9 - L’appellante ripropone il ricorso incidentale di pri- mo grado, sostenendo che l’offerta della Gasmet non poteva essere ammessa, in quanto condizionata ed ille- gittimamente accompagnata dalla produzione di altri documenti. Inoltre, l’offerta non corrisponderebbe ai pa- rametri indicati dalla lex specialis di gara.
La censura e` destituita di fondamento. Il «prospetto dei benefici economici», inserito nella busta contenente l’of- ferta economica della Gasmet, non contrasta con la pre- scrizione del bando, secondo la quale in detti busta non devono essere contenuti altri documenti». Si intende che l’espressione si riferisce soltanto agli altri atti rilevanti nella procedura di gara, da esaminare prima della valuta- zione dell’offerta economica. Il «prospetto» in contesta- zione si collega strettamente con l’offerta economica e, quindi, non incide sui requisiti della sua validita` formale. L’offerta economica, ancorata al volume di gas erogato, non e` «condizionata», ma esprime correttamente le mo- dalita` di determinazione del corrispettivo richiesto.
Per le stesse ragioni, non risulta contrastare con il ban- do l’indicazione di un’offerta diversificata in funzione degli anni di riferimento, trattandosi, al contrario, della ragionevole proiezione economica della lunga dimensio- ne temporale del rapporto.
10 - L’appellante sostiene, ancora, l’erroneita` della pro- nuncia del tribunale, il quale ha affermato l’incompe- tenza del consiglio comunale ad approvare gli atti di ga- ra. La censura e` infondata.
Il nuovo sistema del riparto di competenze tra giunta e consiglio comunale e` retto dal principio secondo cui l’organo elettivo e` chiamato ad esprimere gli indirizzi politici ed amministrativi di rilevo generale, che si tra- ducono in «atti fondamentali», tassativamente elencati all’articolo 32 della legge n. 142/1990.
La giunta municipale «compie gli atti di amministrazio- ne che non siano riservati dalla legge al consiglio, e che non rientrino nelle competenze, previste dalle leggi o dallo statuto, del sindaco, degli organi di decentramen- to, del segretario o dei funzionari dirigenti».
In tale contesto, il ruolo del consiglio va ragionevol- mente riferito alle sole determinazioni che comportano un’effettiva incidenza sulle scelte fondamentali dell’ente, mentre la giunta resta investita del compito di attuare gli indirizzi formulati dall’organo elettivo.
Tale principio si applica coerentemente anche alla ma- teria dei pubblici servizi. Il rilevo generale di tali attivita` giustifica la competenza dei consigli in ordine alla defi- nizione delle linee generali di organizzazione, del servizio e dei criteri di scelta del concessionario, ma non com- porta affatto la titolarita` del potere di adottare tutti i provvedimenti attuativi degli indirizzi fissati in sede consiliare. In particolare, la concreta gestione della gara e l’approvazione della graduatoria spettano alla Giunta, quanto meno nelle ipotesi in cui il consiglio abbia gia` definito in modo sufficientemente puntuale, i criteri operativi del procedimento selettivo.
11 - In questa, corretta prospettiva, la Sezione ha affer- mato che mentre l’affidamento di attivita` o servizi me- diante convenzione rientra nella competenza del consi- glio comunale ai sensi dell’art. 32 comma 2 lett. f) legge 8 giugno 1990 n. 142, se il consiglio ha gia` stabilito sif- fatto affidamento a trattativa privata - approvandone le modalita` d’invito alla gara ufficiosa, il disciplinare e lo schema della convenzione -, spetta alla giunta comuna- le, come mera attivita` esecutiva di quanto gia` statuito, la concreta aggiudicazione del servizio all’appaltatore (Cons. Stato, sez. V, 11 febbraio 1999, n. 160; 4 no-
vembre 1994, n. 1260).
Nella stessa direzione, si e` chiarito che, ai sensi dell’art. 32 comma 2 lett. f), legge 8 giugno 1990 n. 142, legitti- mamente il consiglio comunale opera la scelta relativa alle modalita` di gestione del servizio di tesoreria, indivi- duando lo strumento con cui gestire il servizio e defi- nendo contestualmente gli aspetti determinati dal con- tratto e le modalita` della gara ufficiosa (i criteri per l’af- fidamento del servizio e la scelta del concessionario) ri-
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
869
mettendo alla giunta la gestione concreta della gara e la scelta del contraente (T.A.R. Veneto sez. I, 16 novem- bre 1995, n. 1355).
Nel caso di specie, non pare contestabile che il consi- glio comunale aveva da tempo delineato i caratteri es- senziali del servizio, nonche´ le modalita` di individuazio- ne del concessionario, esaurendo la propria potesta` deci- xxxxx. La fase della gara, meramente attuativa delle op- zioni compiute dal consiglio doveva essere gestita, in tutta la sua interezza, dalla giunta municipale.
12 - Con un ultimo motivo, l’appellante sostiene la cor- rettezza dell’operato dell’amministrazione nella valuta- zione di congruita` dell’offerta proposti.
A dire dell’interessata, il tribunale non si sarebbe limita- to a considerare la legittimita` dell’operato dei comune di Cassino, compiendo, al contrario, una inammissibile valutazione di merito dell’offerta, riservata all’ammini- strazione.
La censura e` infondata, per le ragioni di seguito illustra- te.
La Sezione ha ripetutamente affermato che, in linea ge- nerale, il giudizio sull’anomalia dell’offerta costituisce una tipica valutazione tecnico-discezionale riservata al- l’amministrazione e sindacabile dal giudice solo nel caso di palesi errori di fatto o di evidenti contraddizioni logi- che.
In tal senso, si e` affermato, fra l’altro, che nel corso del subprocedimento volto alla verifica della congruita` delle offerte anomale secondo i principi del diritto comunita- rio, le valutazioni dell’amministrazione costituiscono espressione di un potere di natura tecnico-discrezionale, di per se´ insindacabile in sede giurisdizionale, salva l’i- potesi in cui le valutazioni siano manifestamente illogi- che o fondate su insufficiente motivazione: pertanto, fermo restando che le determinazioni finali dell’ammini- strazione devono basarsi su una adeguata istruttoria e su una congrua motivazione (affinche´ in sede giurisdiziona- le possa verificarsi se esse risultino affette da eccesso di potere), l’amministrazione deve prendere specificamente in considerazione le giustificazioni e deve chiaramente esporre le ragioni per cui queste sono considerate insod- disfacenti, quando si sia convinta che in concreto l’of- ferta migliore o piu` conveniente sia effettivamente ano- mala e non dia adeguato affidamento circa il corretto adempimento del contratto da stipulare; quando, vice- versa, l’amministrazione considera l’offerta migliore o piu` conveniente, non occorre che tale determinazione si basi su un’articolata motivazione, ripetitiva delle me- desime giustificazioni o di esse mediante la valutazione favorevole sulla attendibilita` delle giustificazioni, spet- tando in tal caso a chi ricorre contro l’aggiudicazione l’onere di individuare gli specifici elementi da cui il giu- dice amministrativo puo` evincere che la valutazione tecnico- discrezionale sia manifestamente irragionevole (Cons. Stato, sez. V, 22 giugno 1998, n. 463).
Va avvertito, peraltro, che il tema della sindacabilita` giurisdizionale della discrezionalita` tecnica e` oggetto di
una recente e profonda rimeditazione in sede dottrina- ria, non priva di echi in alcune decisioni del giudice amministrativo.
La riforma del processo amministrativo, portata dalla legge n. 205/2000, ha introdotto la consulenza tecnica nell’ordinario giudizio di legittimita`, imponendo all’in- terprete di definire con maggiore ampiezza l’oggetto del sindacato giurisdizionale e le modalita` attuative dell’ac- certamento dei fatti rilevanti.
Ne´ puo` essere trascurato, poi, che il disegno di legge ge- nerale sull’azione amministrativa, gia` approvato dalla Camera dei deputati (AC 6844-A), nel nazionalizzare ed ordinare il sistema delle invalidita` del provvedimen- to amministrativo, propende per una concezione sostan- ziale, e non meramente formale, dei vizi di illegittimita`, considerati quali indicatori della lesione di interessi con- creti di rilevanza pubblica o riferiti a soggetti determina- ti. La categoria della discrezionalita` tecnica non e`
espressamente considerata, lasciando intendere un’op- zione, implicita ma chiara, volta a non delimitare la tu- tela delle parti, in funzione del collegamento tra l’atto e l’applicazione di tecniche particolari da parte, dell’am- ministrazione.
14 - La fungibilita` degli apprezzamenti tecnici e la loro distanza concettuale dalla attivita` direttamente correlata alla cura dell’interesse pubblico e` desumibile, poi, anche dall’articolo 17 della legge n. 241/1990, secondo cui, in caso di inerzia, la valutazione tecnica dell’amministrazio- ne competente puo` essere sostituita da quella di altri soggetti pubblici od universitari, «dotali di qualificazio- ne e capacita` tecnica equipollenti».
15 - Sul piano sistematico, occorre considerare anche la trasformazione dell’oggetto del giudizio amministrativo, nella sua fisionomia generale e nella struttura particolare del processo in determinate materie od in controversie tipizzate. In ambito generale, sembra ormai acquisita la convinzione che il giudizio non e` riducibile al controllo di legittimita` dell’atto, considerato in modo isolato, ma, sulla base delle censure articolate dalle parti, mira a de- finire il contenuto sostanziale del rapporto controverso, visto nelle sue componenti fattuali e giuridiche. La maggiore ampiezza del sindacato si esprime, necessaria- mente, anche attraverso l’accertamento dei dati storici in concreto rilevanti.
Con riguardo a modelli processuali di portata piu` speci- fica, va sottolineato il carattere esclusivo della giurisdi- zione in materia di procedure di affidamento dei servizi pubblici e di appalti pubblici, segnato dal decreto legi- slativo n. 80/1998 e dalla legge n. 205/2000. In tali am- biti, la pienezza della cognizione dei giudice emerge con maggiore nettezza, anche alla luce del principio di effet- tivita` della tutela delle parti.
16 - Allo stesso tempo, poi, la conformazione sostanzia- le della disciplina delle offerte anomale e l’esigenza di assicurare, nel rispetto della normativa comunitaria, lo svolgimento concorrenziale dell’attivita` di impresa, ga- rantendo tutela effettiva agli interessi economici dei
870 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
partecipanti alla gara, senza creare pregiudiziali zone franche all’operato dei soggetti pubblici, impongono di estendere il sindacato di legittimita` sull’attivita` ammini- strativa fino alla massima profondita` compatibile con i confini della funzione giurisdizionale disegnati dalla Co- stituzione, senza pregiudiziali limitazioni.
17 - Non pare contrastare con questa indicazione il principio espresso dalla Corte di giustizia delle comunita` europee 21 gennaio 1999 in causa C-120/97. L’afferma- zione secondo cui il diritto comunitario non prescrive livelli di incisivita` del controllo giurisdizionale sulla va- lutazione amministrativa degli elementi tecnici tali da consentire ai giudici nazionali competenti di sostituire ala loro valutazione degli elementi di fatto a quella delle autorita` amministrative competenti va collocata nulla logica propria del caso deciso, in cui erano in contesta- zione valutazioni di carattere sanitario. Semmai, la nor- mativa comunitaria in materia di appalti (direttiva 89/ 66-CEE) conferma la linea di tendenza volta ad assicu- rare, in tale ambito, la massima tutela delle posizioni delle imprese coinvolte nella procedura di gara.
18 - Non puo` trascurarsi, poi, che nella giurisprudenza
piu` recente, il richiamo al criterio della limitata sindaca- bilita` della discrezionalita` tecnica, seppure costante, non si traduce, concretamente, nella enunciazione in una univoca ratio decidendi, ne´ comporta, necessariamente, una reale restrizione dei poteri cognitori del giudice.
Spesso, il riferimento alla «palese illogicita`» del percorso argomentativo svolto dall’amministrazione esprime la duplice esigenza che la parte ricorrente deduca con suf- ficiente chiarezza e specificita` il contenuto delle critiche rivolte all’atto amministrativo e che l’erroneita` del giu- dizio sull’anomalia (operato applicando tecniche d’inda- gine caratterizzate dalla presenza di variabili elementi di opinabilita`) possa essere affermato con un ragionevole grado di certezza.
Da questo angolo visuale, i precedenti indirizzi della Se- zione sottolineano la necessita` di evitare che gli accerta- menti sull’anomalia dell’offerta si possano risolvere nella radicale sostituzione della valutazione espressa dall’am- ministrazione, automaticamente vanificata dalla propo- sizione del ricorso. Al contrario, l’apprezzamento dell’a- nomalia dell’offerta, compiuto con l’ausilio di una con- sulenza tecnica, o direttamente dal giudice, non puo` prescindere dall’esame critico dei dati acquisiti dall’am- ministrazione.
19 - Cio` chiarito, il collegio ritiene utile svolgere alcu-
ne puntualizzazioni di carattere generale, che segnano l’integrazione dei precedenti indirizzi espressi dalla Se- zione.
I) Il limite proprio della giurisdizione amministrativa, correlato alla dimensione costituzionale della funzione ed al suo corretto rapporto con i compiti assegnati ai pubblici poteri, riguarda la insindacabilita` del merito amministrativo. In tale prospettiva, resta sicuramente preclusa al giudice amministrativo (in sede di giudizio
di legittimita`) la diretta valutazione dell’interesse pubbli- co concreto perseguito dall’atto impugnato.
II) La discrezionalita` tecnica non sfugge, aprioristica- mente, al sindacato del giudice amministrativo, perche´ essa riguarda un concetto diverso dal merito ammini- strativo. Essa identifica, al contrario, le ipotesi in cui l’o- perato dell’amministrazione, in relazione a particolari materie, deve svolgersi secondo criteri, regole e parame- tri tecnici o scientifici, direttamente od indirettamente richiamati dalla norma giuridica che disciplina il potere.
III) Detta eventualita` si manifesta in settori crescenti dell’attivita` amministrativa, considerando, fra l’altro, la rapidissima evoluzione del progresso scientifico e tecni- co e dell’interesse pubblico manifestato in ambiti con- trassegnati da elevato tasso di specificita` tecnica. Il set- tore dei contratti e dei servizi pubblici, legato alla evolu- zione dell’impresa e delle tecnologie applicate risulta particolarmente soggetto a tale fenomeno.
IV) L’applicazione delle tecniche imposta dalle norme si manifesta in modalita` differenziate. La prima, e piu` semplice, e` quella in cui la conoscenza specialistica e` su- scettibile di tradursi in una legge scientifica universale, caratterizzata dal requisito della certezza, nei limiti con- naturati alle basi epistemologiche di ogni conoscenza. In tale eventualita`, l’applicazione delle regole richiamate dalla norma giuridica sfocia nel compimento di un ac- certamento tecnico, la cui cognizione da parte del giudi- ce non dovrebbe incontrare eccessive restrizioni, nem- meno secondo la tesi piu` tradizionale.
V) La seconda ipotesi riguarda le fattispecie in cui l’ap- plicazione della tecnica e` svolta allo scopo di compiere valutazioni od apprezzamenti non assistiti dalla nota del- la certezza, o quanto meno da quella elevata probabilita`, prossima alla certezza, tipica delle moderne scienze cau- salistiche. In tale eventualita`, il supporto tecnico del giudizio mira a concretizzare il contenuto di concetti giuridici indeterminati. od elastici, costruiti attraverso il riferimento a nozioni ricavate direttamente dalla scienza o dalla tecnica.
VI) In questi casi, il tasso piu` o meno elevato di opina- bilita` del giudizio e la circostanza che la valutazione spetta, in prima battuta, all’amministrazione, non auto- rizza a ritenere che ci si trovi in presenza di un insinda- cabile apprezzamento dell’interesse pubblico. L’esercizio della discrezionalita` tecnica, in questo modo, sostanzia un rilevante profilo di ricostruzione del fatto e, come ta- le va conosciuto dal giudice, nell’esercizio dei suoi ordi- nari poteri istruttori.
VII) L’apprezzamento degli elementi di fatto del prov- vedimento, siano essi semplici o complessi (da rilevare attraverso valutazioni tecniche) attiene sempre alla le- gittimita` del provvedimento e, pertanto, non puo` essere sottratto al giudice, pena la violazione del principio di effettivita` della tutela giurisdizionale e del nuovo xxxx- ne costituzionale della parita` processuale delle parti, co- me emerge dalla puntuale regola del giusto processo sancita dal novellato articolo 111 della Costituzione.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
871
VIII) Il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tec- nici puo` limitarsi al controllo formale ed estrinseco del- l’iter logico seguito dall’attivita` amministrativa, se que- sta e` la domanda della parte e se cio` appare sufficiente per valutare l’illegittimita` del provvedimento impugna- to. Ma tale sindacato puo` anche consistere nella verifica diretta dell’attendibilita` delle operazioni tecniche sotto il profilo della loro correttezza, quanto a criterio tecnico ed a procedimento applicativo.
IX) Resta fermo il principio secondo cui non spetta al giudice amministrativo riesaminare le autonome valutazioni dell’interesse pubblico compiute dall’am- ministrazione, sulla base delle cognizioni tecniche ac- quisite. La frequente contestualita` (se non commistio- ne) fra i due profili lascia comunque intatta la neces- sita` di distinguere accuratamente i due aspetti, che ri- flettono il confine tra legittimita` e merito del provve- dimento.
X) Deve essere riconosciuta la necessita` di isolare ipote-
si di valutazioni riservate da apposite norme all’ammini- strazione, quanto meno nei casi in cui essa risulti titola- re di una particolare competenza legata alla tutela di va- lori costituzionali speciali. In tal senso, appare partico- larmente significativa l’indicazione ricavabile dall’artico- lo 17, comma 2, della legge n. 241/1990, il quale statui- sce il principio di non surrogabilita` delle valutazioni tec- niche spettanti alle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e della salute dei cittadini.
20 - Le considerazioni che precedono consentono di in- dividuare, in modo appropriato, la delimitazione del sin- dacato giurisdizionale in materia di ammissione o di esclusione delle offerte anomale.
Alla base della normativa che disciplina tale materia (la quale ha subito continui e profondi mutamenti), si po- ne indubbiamente l’opportunita` di evitare che l’ammi- nistrazione aggiudichi contratti in apparenza convenien- ti sul piano strettamente economico, ma destinati a rea- lizzare successive vicende patologiche, a causa della non remunerativita` del compenso offerta dall’aggiudicatario. Nel sistema normativo, peraltro, l’anomalia o la con- gruita` dell’offerta non sono direttamente riferite alla comparazione con l’interesse pubblico, ma presuppongo- no un apprezzamento orientato secondo valutazioni di carattere tecnico scientifico.
Il dato emerge con chiarezza dall’articolo 89, comma 2 del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 (regolamento di attuazione della legge generale sui lavori pubblici), il quale compie un esplicito riferimento al supporto di or- ganismi tecnici della stazione appaltante, necessario per effettuare la valutazione di anomalia dell’offerta sospetta di anomalia.
Ma il rilievo e` comunque presente anche nella normati- va di rango primario. L’articolo 21-bis della legge n. 109/1994 indica quali elementi valutabili ai fini della
zioni particolarmente favorevoli dell’offerente. Analoga indicazione e` contenuta nell’articolo 25 del D.Lgs. n. 157/1995 e nell’articolo 25 del D.Lgs. n. 158/1995.
Si tratta di profili che, pur contrassegnati da margini notevoli di opinabilita`, non sembrano esprimere, di per se´, valori riferiti alla cura concreta dell’interesse pubbli- co, sottratti al controllo di legittimita`.
Cio` significa che, nel giudizio proposto contro le deter-
minazioni amministrative in materia di offerte anomale, sembra inappropriata la pregiudiziale limitazione della cognizione del giudice, in base al rilievo che essa urte- rebbe contro la peculiarita` tipica della discrezionalita` tecnica.
21 - In ogni caso, l’appellata pronuncia del tribunale non pare discostarsi dall’indirizzo interpretativo piu` tra- dizionale, in quanto individui analiticamente i profili di illogicita` del giudizio di congruita` dell’offerta anomala presentata dalla Erogasud, senza ripercorrere ex novo, sostituendolo, l’accertamento sviluppato dall’ammini- strazione.
In altri termini, la decisione impugnata si ferma al sin- dacato estrinseco (od indiretto o «debole») sull’operato dell’amministrazione, ritenendo tale esame sufficiente per accertare l’illegittimita` della ammissione dell’offerta della Erogasud. La pronuncia non si spinge fino a com- piere un sindacato «forte», o diretto, sulla valutazione dell’amministrazione.
La Sezione condivide, nel suo complesso, il giudizio ma- nifestato dal giudice di primo grado, che resiste alle cen- sure esposte dall’appellante.
Al riguardo, e` opportuno premettere che, la gara in contestazione, da aggiudicarsi con il criterio del prezzo piu` basso ai sensi dell’articolo 24, lettera a) del decreto legislativo n. 158/1995 (e dunque secondo parametri ri- gidi in ordine alla graduazione delle offerte), ha deter- minato il seguente risultato:
I) Erogasud lire 00.000.000.000;
II) Impregest lire 00.000.000.000;
III) Gasmet Sud lire 00.000.000.000;
IV) Gas Gasdotti Siciliani lire 00.000.000.000;
V) Metanodotti Padani lire 00.000.000.000;
VI) A.T.I. Imola lire 7.731.920.000.
Conformemente alle previsioni del bando, l’offerta della Erogasud risulta da tre diverse componenti:
a) canone di concessione, pari a lire 104/mc, per un to- tale di lire 00.000.000.000;
b) sconto sul prezzario lavori, pari all’86%, per un totale di lire 9.718.000.000;
e) sconti sulle utenze del Comune, pari a lire 0.
Le prime due componenti hanno evidenziato, entrambi, il lamentato sospetto di anomalia.
22 - Secondo l’articolo 25 del decreto legislativo n. 158/1995 (normativa espressamente richiamata dal ban- do), la verifica dell’amministrazione deve appuntarsi sul- le giustificazioni fornite dal concorrente, afferenti a:
congruita` delle offerte: l’economicita` del procedimento
di costruzione; le soluzioni tecniche adottate, le condi-
– l’economicita` del procedimento d`ı
fabbricazione;
costruzione o di
872 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
– le soluzioni tecniche adottate;
– le condizioni particolarmente favorevoli di cui gode l’offerente;
– l’originalita` dell’offerta.
La verifica dell’amministrazione trascura l’esame di que- sti profili, anche perche´ essi non risultano analiticamen- te esposti nelle giustificazioni dell’interessata.
La relazione del consulente esterno prescelto dal comu- ne, invece attribuisce un rilievo determinante alla pre- messa di fondo secondo cui la concessione del servizio di distribuzione del gas, caratterizzata dalla previsione di un regime tariffario applicato ai rapporti di utenza, ren- derebbe di difficile configurabilita` la stessa ipotesi di of- ferte anomale.
Al tempo stesso, poi, la valutazione dell’amministrazio- ne pare fermarsi alla considerazione prevalente del giu- dizio di convenienza sull’offerta economica, senza una effettiva analisi delle componenti economiche dell’offer- ta.
La documentazione del procedimento di gara evidenzia che la Erogasud, in relazione ai lavori oggetto dell’appal- to ha proposto un ribasso pari a lire 9.718.000.000, cor- rispondenti ad una riduzione dell’86% sul prezzario indi- cato dal comune.
La consulenza del comune, considera «immediatamente evidente» l’eccessiva entita` del ribasso, ma ritiene di po- terlo giustificare considerando la «importante dicotomia fra valore di mercato dei lavori e valore di investimen- to». In tal modo, l’amministrazione assegna rilevanza ad un profilo esterno ai parametri delineati dal legislatore, mettendo in evidenza, semmai, alcuni profili che po- trebbero assumere un certo peso, a tutto concedere, nel- l’ambito della componente dell’offerta riguardante il ca- none concessorio.
Ne´ pare giustificata l’offerta attraverso il riferimento alla
ipotizzata espansione della rete di distribuzione ed ai re-
lativi frutti. L’ipotesi appare indicata, in modo alquanto approssimativo e generico e, certamente non specifica alcuna particolarita` tecnica ed economica della gestione del servizio propria della offerta formulata dall’impresa. 23 - L’economicita` del ribasso sul canone concessorio, comunque, risulta del tutto indimostrata, essendo pale- semente inadeguato il generico riferimento alla cono- scenza del servizio, derivante dalla pregressa attivita` del- l’impresa, e dalla titolarita` di rapporti concessori in co- muni limitrofi. In effetti, tali dati, di per se´, assoluta- mente neutri, avrebbero dovuto essere tradotti in precisi riferimenti ad economie effettive di gestione (quali l’uti- lizzazione congiunta di mezzi e di personale, la specifica attitudine ad utilizzare precedenti investimenti dell’im- presa).
In sintesi, la consulenza esterna non evidenzia alcuna particolarita` di carattere tecnico dell’offerta della Eroga- sud idonea a spiegare le ragioni del ribasso anomalo del- l’impresa. Il fulcro della valutazione risulta spostato sulla dimensione cronologica del servizio e della connessa at- tivita` costruttiva. Ma il dato in questione, oltre ad appa- rire estraneo al percorso accertativo indicato dalla nor- mativa primaria, risulta ricostruito in modo generico ed incompleto.
La perplessita` del giudizio espresso dal consulente (e re-
cepito dall’amministrazione) emerge poi dalla circostan- za che la relazione insiste particolarmente sull’esigenza di effettuare una costante vigilanza sul gestore del servi- zio, allo scopo di verificare il rispetto degli standards mi- nimi indicati dalla convenzione e dalle carte dei servizi. Ne deriva quindi, l’esattezza della pronuncia del tribu- nale in ordine alla illegittima ammissione della offerta presentata dalla Erogasud.
24 - In definitiva, quindi, l’appello deve essere rigettato. Le spese possono essere compensate.
IL COMMENTO
di Xxxxxxx Xxxxxx
Ubi remedium ibi ius
Autorevole e rigoroso e` l’insegnamento che la que- stione della sindacabilita` giurisdizionale della discrezio- nalita` tecnica costituisce questione da affrontare e risol- vere sul piano del diritto sostanziale e che i limiti di or- dine processuale non vengono ad inferire circa la sussi- stenza del principio di carattere sostanziale che l’ammi- nistrazione sia «legata» da ogni previsione di fatto posta dalla norma.
Ma ancora una volta nella logica del remedies preceed right, piu` consona al common layer che al giurista conti- nentale, pare essere stata una legge di riforma del pro- cesso amministrativo, ed in particolare l’innesto nel giu-
dizio di legittimita` della consulenza tecnica con l’art. 16 della legge 21 luglio 2000 n. 205, ad offrire il destro alla giurisprudenza per un deciso revirement nel trattamento giurisdizionale delle valutazioni non discrezionali della pubblica amministrazione (1).
Nota:
(1) Sul punto, oltre ai numerosi commentari e contributi sulla legge di ri- forma, diventa imprescindibile il riferimento al saggio di Xxxxx Xxxxxxxx, Consulenza tecnica d’ufficio e sindacato giurisdizionale della discrezionalita` tecni- ca, in Caringella - Protto, La riforma del processo amministrativo, Milano, 2001, 913 ss., il cui approccio al problema del controllo giurisdizionale delle valutazioni tecniche risulta per molti aspetti ripreso e sviluppato nel- la sentenza della V Sezione qui in esame.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
873
Nell’ambito dell’ormai inarrestabile ampliamento del sindacato giurisdizionale sulle valutazioni tecniche del- l’amministrazione, la sentenza in commento pare desti- nata a rappresentare in futuro un leading case, non solo perche´ in essa si respinge esplicitamente e definitiva- mente, per la prima volta, l’equazione tra discrezionalita` tecnica e merito amministrativo, ma soprattutto perche´ l’arresto contiene una chiara delimitazione del sindacato giurisdizionale in ragione del diverso grado di opinabili- ta` della valutazione tecnica, non trascurando di esami- nare le ipotesi piu` problematiche in cui vi e` commistio- ne tra la valutazione tecnica e il merito amministrativo, fornendo anzi precise indicazioni in ordine al fonda- mento del carattere riservato ed insindacabile della va- lutazione (2).
Un’indagine a tutto tondo sul fenomeno della di- screzionalita` tecnica condotta dalla V Sezione con rife- rimento ad una fattispecie concreta, quella relativa alla verifica della congruita` delle offerte anomale secondo i principi del diritto comunitario, in un certo senso para-
digmatica, coinvolgendo valutazioni dell’amministrazio- ne che, secondo l’indirizzo giurisprudenziale finora asso- lutamente prevalente, costituiscono espressione di un potere di natura tecnico-discrezionale, di per se´ insinda- cabile in sede giurisdizionale, salva l’ipotesi in cui le va- lutazioni siano manifestamente illogiche o fondate su insufficiente motivazione (3).
Valutazione tecnica e merito amministrativo
In punto di premessa, netta e` l’affermazione che la
«discrezionalita` tecnica non sfugge, aprioristicamente, al sindacato del giudice amministrativo, perche´ essa ri- guarda un concetto diverso dal merito amministrati- vo». La precisazione, se potrebbe apparire scontata, al- la luce delle piu` recenti ricostruzioni dottrinali e delle piu` evolute decisioni giurisprudenziali, in realta` pone fine a quella sorta di «equivoco concettuale» che tal- volta si e` annidato nella formula della discrezionalita` tecnica (4).
Occorre rammentare che, in passato, accanto ad un primo approccio teorico al problema volto a distinguere le valutazioni discrezionali insindacabili dalla valutazioni opinabili occasionate dalla ricorrenza di formulazioni normative indeterminate (5), e` prevalsa in dottrina una concezione pandiscrezionale della valutazione ammini- strativa, nella quale alla ricostruzione unitaria della di- screzionalita` amministrativa conseguiva l’assimilazione delle valutazioni tecniche anche sotto il profilo conte- nutistico dell’attivita` valutativa consistente nel persegui- mento dell’interesse pubblico (6).
La recente dottrina sembra giunta unanimemente al- l’opposta conclusione dell’estraneita` fra valutazione tec- nica e valutazione discrezionale, intesa come apprezza- mento coinvolgente il pubblico interesse (7). In parti- colare, la prospettiva di assimilazione delle valutazioni tecniche alla discrezionalita` amministrativa e` definitiva- mente superata con l’affermarsi di un modello ricostrut-
tivo della discrezionalita` in termini positivi di «potere di scelta», che consegue ad una «comparazione qualita- tiva e quantitativa degli interessi pubblici e privati che concorrono in una situazione sociale oggettiva» (8): se quindi la discrezionalita` amministrativa consiste in una valutazione di interessi non e` piu` condivisibile l’opinio- ne che l’apprezzamento tecnico solo perche´ opinabile costituisca esercizio di discrezionalita`.
Peraltro, deve constatarsi come al definitivo sgancia- mento dell’attivita` valutativa tecnica dalla discrezionali- ta` amministrativa non sia seguita la contemporanea af-
Note:
(2) Un’analisi cos`ı approfondita di tutti gli aspetti del fenomeno delle va- lutazioni tecniche manca nella pur importante sentenza Cons. Stato, sez. IV, 9 aprile 1999 n. 601, in Dir. Proc. Amm. 2000, 182, con nota di Del- signore, Il sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche: nuovi orientamenti del Consiglio di Stato, e di Xxxxxxx, Discrezionalita` tecnica» e si- tuazioni giuridiche soggettive. Xxxxx stesso tema si e` pronunciato da ultimo su una linea di continuita`, il T.A.R. Veneto, sez. I, il quale, con ordinan- za 20 giugno 2001 n. 45, ha ammesso la possibilita` di disporre una consu- lenza tecnica ai fini del sindacato sulla congruita` delle valutazioni poste in essere da una commissione aggiudicatrice.
(3) Per limitarsi ai precedenti della stessa Sezione, v. Cons. Stato, sez. V, 26 gennaio 2000, n. 345, in Vita not., 2000, 226 e 31 ottobre 2000, n. 5886 ancora inedita.
(4) Sulla discrezionalita` tecnica si rinvia, senza pretesa di completezza, ai contributi di De Pretis, Valutazione amministrativa e discrezionalita` tecnica, Padova, 1995 (l’opera contiene un limpido raffronto tra la cultura giuridi- ca tedesca e quella italiana); Marzuoli, Potere amministrativo e valutazioni tecniche, Milano, 1985, Benvenuti, La discrezionalita` amministrativa, Pado- va, 1986, 15 ss.; Xxxxxxxx, L’attivita` tecnica della pubblica amministrazione, Milano, 1987. V. anche i saggi di Virga P., Appunti sulla cosiddetta discre- zionalita` tecnica, in Jus, 1957, 96 ss.; Xxxxxxx, Discrezionalita` tecnica della
P.A. e giudice amministrativo, in Scritti in memoria di X. Xxxxxxx`, Milano, 1967, III, 300 ss.; Xxxxxxx, Riflessioni sui concetti di legittimita` e merito nel processo amministrativo, in Studi per il Centocinquantenario del Consiglio di Stato, Roma, 1981, III, 1573; Ledda, Potere, tecnica e sindacato giudiziario sull’amministrazione pubblica, in Dir. Proc. Amm., 1983, 371 ss.; Xxxxxxx Xxxxxx, Note in tema di discrezionalita` amministrativa e sindacato di legittimita`, in Dir. Proc. Amm., 1984, 463 ss.; Xxxxxxxxx, Giudice ordinario e giudice amministrativo di fronte agli apprezzamenti tecnici della pubblica amministrazio- ne, in Studi in memoria di X. Xxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, 419 ss.; Azzena, Spunti per una riflessone su: regole tecniche e merito amministrativo in relazione alla possibilita` di sindacato giurisdizionale sulle discrezionalita`, in Studi in ricordo di X. Xxxxxxxxxx, Milano, 1988, 597 ss.; Salvia, Attivita` amministrativa e di- screzionalita` tecnica, in Scritti in onore di Xxxxxx Xxxxx, Milano, 1994, II, 1635 ss.
(5) La tendenza a ricondurre sul piano teorico la discrezionalita` tecnica all’area di interpretazione della norma caratterizzava l’opera di Cammeo, Commentario alle leggi di giustizia amministrativa, Xxxxxx, x.x., X, 000 ss., Id., La competenza di legittimita` della IV Sezione e l’apprezzamento dei fatti valuta- bili secondo criteri tecnici, in Giur. It., 1902, III, 275; Id, Corso di diritto am- ministrativo, ristampa a cura di G. Miele, Padova, 1960 195 ss. Anche Xxxxxxxx, Discrezioanlita` pura e discrezionalita` tecnica, in Giur. It., 1910, 10 ss. Sulle diversita` delle due posizioni x. Xxxxxxxx, Potere amministrativo e valutazioni tecniche, cit., 7 ss.
(6) Soprattutto nelle opere di Xxxxxxxxxx e Xxxxxxx, sulle quali cfr. De Pre- tis, Valutazione amministrativa e discrezionalita` tecnica, cit., 153 ss.
(7) Il passaggio fondamentale e` sottolineato nelle compiute ricostruzioni di Marzuoli, Potere amministrativo e valutazioni tecniche, cit., 30 ss. e, piu` re- centemente, De Pretis, Valutazione amministrativa e discrezionalita` tecnica, cit., 168 ss., alla quale si rinvia per ulteriori riferimenti.
(8) Xxxxxxxx, Il potere discrezionale della pubblica amministrazione. Concetti e problemi, Milano, 1939, 74 ss.
874 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
fermazione del completo assoggettamento al sindacato giurisdizionale, che sarebbe stata inevitabile secondo l’o- riginario impiego dalla categoria della discrezionalita` nell’approccio al fenomeno in discorso.
Merita quindi di essere adeguatamente valorizzata, nella motivazione della sentenza della V Sezione, la pre- cisazione che, diversamente dalle scelte di opportunita` connesse all’apprezzamento dell’interesse pubblico, la cd. discrezionalita` tecnica si riferisce esclusivamente «al- le ipotesi in cui l’operato dell’amministrazione, in rela- zione a particolari materie, deve svolgersi secondo crite- ri, regole e parametri tecnici o scientifici, direttamente od indirettamente richiamati dalla norma giuridica che disciplina il potere».
Cio` che quindi, a fronte delle chiare indicazioni rin- venibili nella sentenza in commento, non risulta piu` as- sentibile e` il ricorso incondizionato alla categoria del merito amministrativo per giustificare la sottrazione del- la valutazione al sindacato pieno e diretto della valuta- zione tecnica.
Il giudice, chiamato al controllo su apprezzamenti di natura tecnica, non potra` piu` assumere comportamenti self-restraint nello spingere il proprio sindacato sulla va- lutazione amministrativa, trovando facile asilo nella massima tralatizia secondo cui «le valutazioni tecnico- discrezionali o comunque caratterizzate da profili tecnici attengono al merito amministrativo e non possono esse- re censurate dal giudice amministrativo se non nei limi- ti in cui esse appaiono viziate per travisamento dei fatti, per illogicita` od irragionevolezza od incongruenza della motivazione».
Del resto, la dottrina recente non aveva mancato di evidenziare che l’acritica riconduzione al merito ammi- nistrativo delle valutazioni tecniche, sotto il profilo del- l’insindacabilita` giurisdizionale, rappresenta una «spiega- zione fittizia», poiche´ «non ogni valutazione del fatto e`, di per se´, merito in senso amministrativo; tale e` solo quella valutazione che e` riservata all’esclusiva compe- tenza dell’amministrazione e, dinnanzi al problema di sapere se una certa valutazione e` o meno riservata, non si puo` dire che essa e` tale perche´ e` merito» (9).
Le valutazione tecniche a basso grado di opinabilit`a
Ripudiata vigorosamente l’equazione tra valutazione tecnica e merito amministrativo, la pars construens della decisione in rassegna si fonda sulla chiara consapevolez- za delle diverse modalita` in cui puo` manifestarsi l’appli- cazione delle tecniche imposta dalle norme, cui conse- gue un diverso grado di opinabilita` della valutazione e una minor o maggior incisivita` del sindacato giurisdizio- nale.
La prima ipotesi presa in considerazione e` quella in cui la conoscenza specialistica e` suscettibile di tradursi in una legge scientifica universale, caratterizzata dal re- quisito della certezza, ovviamente nei limiti connaturati alle basi epistemologiche di ogni conoscenza.
Secondo il Collegio, quando la valutazione e` presie- duta da regole tecniche verificabili alla stregua di scien- ze esatte, senza margini di rilevante opinabilita` scientifi- ca, l’evidente eterogeneita` tra l’area della valutazione o dell’accertamento tecnico e quella del merito ammini- strativo impedisce ogni sovrapposizione del piano della tecnica al piano dell’opportunita` amministrativa con il conseguente ampliamento della sfera dell’insindacabilita` senza alcun riscontro di diritto positivo.
Era questo il caso, affrontato dalla IV Sezione del Consiglio di Stato (10), in cui si controverteva della le- gittimita` della valutazione circa la dipendenza da causa di servizio dell’infermita` del dipendente pubblico, giac- che´ l’attivita` valutativa si esaurisce completamente nella verifica del rapporto di causalita` tra le prestazioni lavo- rative e l’infermita` del dipendente. Alla verifica positiva vien dietro ineluttabilmente il riconoscimento al dipen- dente del beneficio economico previsto dalla legge, esclusa ogni ponderazione dell’interesse pubblico. In questa e in simili ipotesi i possibili margini di opinabili- ta` concernono unicamente la valutazione tecnica senza mai convergere o sovrapporsi con l’opportunita` ammi- nistrativa.
In questa prospettiva, giustamente la V Sezione non
ravvisa alcun ostacolo ordinamentale al pieno sindacato del giudice amministrativo, anche alla luce della tesi re- strittiva, rimanendo esclusa qualsiasi ingerenza in ambiti riservati alla pubblica amministrazione Poiche´ l’applica- zione delle regole richiamate dalla norma giuridica sfo- cia nel compimento di un accertamento tecnico, ossia in una valutazione tecnica presieduta da leggi universal- mente riconosciute (11), non esiste alcun margine di soggettivita` tale da escludere una ripetizione in sede processuale della valutazione.
Le valutazioni tecniche ad elevato grado di opinabilit`a
La seconda ipotesi su cui si appunta l’attenzione del Collegio riguarda invece le fattispecie in cui l’applicazio- ne della tecnica e` svolta allo scopo di compiere valuta- zioni od apprezzamenti non assistiti dal crisma della cer- tezza, o quanto meno da quella elevata probabilita`, pros- sima alla certezza, tipica delle moderne scienze causali- stiche.
Cos`ı, traendo esempio dalle fattispecie che piu` fre- quentemente hanno occupato la giurisprudenza ammi- nistrativa, il pensiero va alla valutazione che l’ammini- strazione e` chiamata a compiere per stabilire se un certo bene abbia i caratteri di bellezza paesistica od ambienta-
Note:
(9) Marzuoli, Potere amministrativo e valutazioni tecniche, cit., 222-223.
(10) Cons. Stato, sez. IV, 9 aprile 1999, n. 601, cit.
(11) Per l’applicazione del metodo di sussunzione sotto leggi scientifiche del nesso causale e per la dignita` scientifica delle leggi statistiche, cfr. Stel- la, Leggi scientifiche e spiegazione causale nel diritto penale, Milano, 1990, 115 ss.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
875
le o al momento in cui, in una procedura ad evidenza pubblica, deve appurarsi se le giustificazioni a corredo di un’offerta anomala siano o meno congrue, ovvero anco- ra debba determinarsi la nozione di mercato rilevante negli accordi diretti a falsare la concorrenza (12).
In tali fattispecie, la valutazione mira a concretizzare il contenuto di concetti giuridici indeterminati. od ela- stici, costruiti attraverso il riferimento a nozioni ricavate direttamente dalla scienza o dalla tecnica. Ebbene, an- che in tali ipotesi, secondo il Collegio, il problema di discriminare tra la sfera del merito amministrativo e quella della discrezionalita` tecnica connesso all’elevato grado di opinabilita` non puo` sempre ed in ogni caso far ritenere che ci si trovi in presenza di un insindacabile apprezzamento dell’interesse pubblico.
Di grande importanza, non solo sul piano ricostrutti- vo, e` l’affermazione che, anche in queste ipotesi, l’eserci- zio della discrezionalita` tecnica, «sostanzia un rilevante profilo di ricostruzione del fatto e, come tale va cono- sciuto dal giudice, nell’esercizio dei suoi ordinari poteri istruttori». L’affermazione assume, infatti, il significato inequivoco di estendere i poteri istruttori, ed in partico- lare il nuovo mezzo istruttorio della consulenza tecnica, all’accertamento di «tutti» i presupposti di fatto del rap- porto controverso (13), anche quando l’applicazione della norma di legge richiede all’amministrazione apprez- zamenti di natura tecnica e quando, dunque, e` attraver- so l’interposizione dell’atto amministrativo che si adegua il concetto indeterminato alla fattispecie concreta.
In linea di principio, quindi, tutto il procedimento logico che presiede alla sussunzione del rapporto contro- verso nella norma, ivi compresa la valutazione tecnico- specialistica, rimane attratto nella cognizione giudiziale. Inequivoca e` infatti l’affermazione che «l’apprezzamento degli elementi di fatto del provvedimento, siano essi semplici o complessi (da rilevare attraverso valutazioni tecniche) attiene sempre alla legittimita` del provvedi- mento e, pertanto, non puo` essere sottratto al giudice, pena la violazione del principio di effettivita` della tutela giurisdizionale e del nuovo canone costituzionale della parita` processuale delle parti, come emerge dalla pun- tuale regola del giusto processo sancita dal novellato ar- ticolo 111 della Costituzione».
In questa prospettiva, la chiara quanto innovativa
presa di posizione della Sezione contribuisce ulterior- mente ad alimentare la piu` moderna concezione del processo amministrativo, che, abbandonata l’anacroni- stica icona del «processo fatto all’atto», assume ad og- getto il rapporto controverso, per la tutela della pretesa sostanziale (14).
Per tutti gli aspetti evidenziati, la sensibilita` dimo- strata dalla V Sezione per le istanze di tutela effettiva delle situazioni soggettive del privato pare andare ben al di la` della portata precettiva che si tende oggi a ricono- scere ai supremi principi del «giusto processo» e di effet- tivita` della tutela giurisdizionale, atteso che con riferi- mento al primo e` ancora molto dubbia la sua completa
trasposizione nelle controversie con la pubblica ammini- strazione (15) e con riguardo al secondo, come si avra` modo di riferire, la stessa Corte di Giustizia ha giudicato compatibile un sindacato minimo sulle valutazioni tec- niche.
Il sindacato estrinseco ed intrinseco (debole): l’attendibilit`a della valutazione
Alla luce delle premesse ricostruttive del fenomeno delle valutazioni tecniche dell’amministrazione, il Colle- gio rileva che il sindacato giurisdizionale sugli apprezza- menti tecnici puo` limitarsi al controllo formale ed estrinseco dell’iter logico seguito dall’attivita` amministra- tiva, se questa e` la domanda della parte e se cio` appare sufficiente per valutare l’illegittimita` del provvedimento impugnato.
Secondo i modelli elaborati dalla dottrina, il sindaca- to estrinseco si sostanzia in una forma di controllo sulle valutazioni tecniche attuato solo mediante massime di esperienza appartenenti al sapere comune, ossia di do- minio dell’intera collettivita`, e che pertanto non si spin- ge fino alla verifica tecnico specialistica della determina- zione amministrativa (16).
Si tratta, a ben vedere, di un sindacato ritagliato su quello (estrinseco) che si opera sulla discrezionalita` am- ministrativa e che si svolge secondo criteri di logica for- male dato che il suo oggetto non e` costituito diretta- mente dal problema tecnico, ma dalla cortezza formale del cd. iter logico seguito dall’amministrazione (17).
Note:
(12) La citata Cons. Stato, sez. IV, n. 601 del 1999 osserva in particolare che «l’applicazione di una norma tecnica puo` comportare valutazione di fatti suscettibili di vario apprezzamento, quando la norma tecnica conten- ga concetti indeterminati o comunque richieda apprezzamenti opinabili».
(13) Cfr. Xxxxx, Il principio del contraddittorio e l’istruttoria nel processo ammi- nistrativo e tributario, in Dir. Proc. Amm. 2000, 328, il quale ritiene che, in attuazione del principio del contraddittorio, la cognizione del processo amministrativo deve assorbire tutti gli elementi di fatto e che, pertanto, a prescindere dal contenuto specifico della decisione (eventualmente solo demolitoria), al giudice deve concedersi la facolta` di avvalersi di un con- sulente tecnico terzo ed imparziale.
(14) Cfr. recentemente Clarich, La giustizia amministrativa, in Trattato di diritto amministrativo a cura di Cassese, Milano, 2000, 1773. In passato, la necessita` di individuare l’oggetto del processo amministrativo nel rapporto controverso ha trovato il suo principale propugnatore in Greco, L’accerta- mento autonomo del rapporto nel giudizio amministrativo, Milano, 1980, 5 ss.
(15) Gallo C. E., La Convenzione europea per i diritti dell’uomo nella giuri- sprudenza dei giudici amministrativi italiani, in Dir. Amm., 1996, I, 499; Prot- to, L’effettivita` della tutela giurisdizionale nelle procedure di aggiudicazione di pubblici appalti, Milano, 1997, 388 ove ult. riff. alla tendenza degli organi deputati all’interpretazione della Convenzione europea dei diritti dell’uo- mo ad escludere l’applicazione delle norme sull’equo processo alle contro- versie tra cittadini e amministrazione involgenti situazioni soggettive ri- conducibili alla figura degli interessi legittimi pretesivi.
(16) Cfr. Delsignore, Il sindacato del giudice amministrativo, cit., 198; Paro- di, Tecnica, ragione e logica nella giurisprudenza amministrativa, Torino, 1990, 52 ss.
(17) Scoca, Sul trattamento giurisprudenziale della discrezionalita`, in Parisio (cur.), Potere discrezionale e controllo giudiziario, Milano, 1988, 121.
876 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
Ben piu` rilevante appare quindi il successivo passag- gio della motivazione, in cui si afferma che il sindacato sulle valutazioni tecniche «puo` anche consistere nella verifica diretta dell’attendibilita` delle operazioni tecni- che sotto il profilo della loro correttezza, quanto a crite- rio tecnico ed a procedimento applicativo».
E` chiara ed evidente l’adesione del Consiglio di Sta-
to all’estensione del sindacato al cd. controllo intrinseco della valutazione tecnica che, diversamente da quello estrinseco, richiede al giudice di occuparsi direttamente del problema tecnico oggetto della valutazione ammini- strativa avvalendosi non solo delle massime di esperien- za, ma di regole e conoscenze tecniche, appartenenti al- la medesima scienza specialistica ed ai modelli professio- nali applicati dall’amministrazione.
In ordine all’incisivita` del controllo intrinseco della discrezionalita` tecnica, la recente dottrina ha opportu- namente distinto un sindacato intrinseco «forte» da un sindacato intrinseco «debole»: mentre il primo implica la prevalenza della valutazione tecnica sviluppata nel processo su quella effettuata dall’Autorita` amministrati- va, anche nei casi in cui la scelta e` condizionata da obiettivi margini di opinabilita`, il secondo, invece, con- duce a censurare solo le valutazioni tecniche che ap- paiono sicuramente inattendibili (18).
Il primo modello genera sicuramente maggiori pro- blemi di ingerenza di un apprezzamento «soggettivo» del giudice «nel merito del problema tecnico inteso co- me questione controversa», giacche´ egli e` chiamato a sovrappone la propria valutazione tecnica opinabile a quella dell’Amministrazione o, piu` precisamente, so- vrappone il proprio modello logico di attuazione del concetto indeterminato a quello prescelto dall’ammini- strazione. Cos`ı, nel caso delle valutazione connesse alla verifica dell’anomalia dell’offerta ad una gara d’appalto, al giudice xxxx` concesso di pronunciarsi in questi termi- ni: «... poiche´ l’analisi tecnica del ciclo produttivo ese- guita dal c.t.u. garantisce risultati apprezzabili e compati- bili con l’obiettivo che l’amministrazione vuole realizza- re con l’appalto, avuto anche riguardo alle economie di scala, alla qualificazione professionale dei dipendenti ed alle capacita` dei macchinari disponibili, erra l’Ammini- strazione nel ritenere le giustificazioni insufficienti e l’of- ferta anomala» (19).
Il secondo modello utilizza invece le cognizioni tec- niche solo per un controllo di «ragionevolezza e coe- renza tecnica» della decisione amministrativa e «non riguarda questioni tecniche controverse». In altri termi- ni, il giudice ripercorre il procedimento conoscitivo dell’autorita` e ne vaglia il risultato, ma al solo fine veri- ficarne l’attendibilita` scientifica, arrestandosi di fronte alla sfera di opinabilita` che sostanzia il nucleo forte del concetto giuridico indeterminato. Il giudice, ad esem- pio, riconoscera` il potere finale dell’Amministrazione di stabilire che l’offerta e` anomala e che le giustificazioni sono incongrue per l’esiguo numero di lavoratori e per l’insufficienza dei mezzi, a condizione pero` che essa ab-
bia spiegato, con istruttoria completa e motivazione esauriente e, soprattutto, sulla base di un giudizio tecni- co attendibile, il perche´ le giustificazioni sono incon- grue (20).
Occorre peraltro rammentare che, ancora prima del- la legge di riforma del processo amministrativo, parte della dottrina aveva ritenuto che un sindacato intrinse- co debole fosse esercitabile dal giudice amministrativo gia` in base all’ordinamento previgente, in cio` trovando conforto in alcune decisioni del giudice amministrativo di primo grado (21). La stessa dottrina rilevava peraltro la sussistenza di un ostacolo alla praticabilita` di siffatto controllo delle valutazione tecniche nei limiti all’am- missibilita` della consulenza tecnica nel processo ammi- nistrativo, auspicando una forzatura o quanto meno un’interpretazione evolutiva del sistema probatorio di- nanzi al giudice amministrativo (22).
La soluzione del caso concreto
La precisa individuazione dell’oggetto del sindacato intrinseco nella «attendibilita` della valutazione tecnica» rende evidente la propensione della V Sezione verso un sindacato intrinseco di tipo «debole», sebbene nella parte conclusiva della motivazione tale forma di sinda- cato venga equiparato al sindacato estrinseco, lasciando quindi addirittura intendere la possibilita` di controllo intrinseco di tipo forte, ove il sindacato estrinseco non appaia «sufficiente per valutare l’illegittimita` del provve- dimento».
Siffatta conclusione trova conferma nella soluzione accolta dal Collegio in relazione al caso di specie sotto- posto al suo esame, nel quale l’impresa appellante riba- diva la correttezza della valutazione operata dall’ammi- nistrazione in ordine alla congruita` delle giustificazioni dell’anomalia dell’offerta, considerata invece illegittima dal giudice di prime cure.
Ravvisato che la decisione impugnata in appello si era fermata tutto sommato al sindacato estrinseco - e qui ricorre la dubbia equiparazione con il sindacato de- bole - sull’operato dell’amministrazione, ritenendo tale esame sufficiente per accertare l’illegittimita` dell’ammis- sione dell’offerta dell’impresa appellante, la Sezione ri-
Note:
(18) A favore della caratterizzazione del sindacato del g.a. come di tipo debole cfr. Xxxxxxx, Prime riflessioni sul nuovo regime delle prove in materia di pubblico impiego, in Foro Amm. 1987, 1344; Id., Riflessione sui concetti di le- gittimita` e merito nel processo amministrativo, in Studi per il centocinquantena- rio del Consiglio di Stato, Roma, 1981, III, 1573.
(19) Cos`ı testualmente Cintioli, Consulenza tecnica d’ufficio e sindacato giu- risdizionale della discrezionalita` tecnica, cit., 924.
(20) Cintioli, Consulenza tecnica d’ufficio e sindacato giurisdizionale della di- screzionalita` tecnica, cit., 924 s.
(21) T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 12 maggio 1997, n. 586, in que- sta Rivista, 1997, 1262, con nota di Xxxxx, Valutazioni tecniche e istruttoria del giudice amministrativo e confermata da Cons. Stato, sez. V, 2310/97 in Sospensive, 5022
(22) Scoca, Sul trattamento giurisprudenziale della discrezionalita`, cit., 122.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
877
percorre la valutazione dell’amministrazione attraverso uno scrutinio dell’attendibilita` della valutazione sotto il profilo dei criteri seguiti e della correttezza del procedi- mento conoscitivo, giungendo infine a confermare la decisione del tribunale amministrativo.
Infatti, lungi dall’affrontare direttamente il problema tecnico, si rilevano gli errori in cui e` incorsa l’ammini- strazione prendendo in considerazione ai fini della giu- stificazione dell’anomalia elementi che, per un verso, esulano dai parametri delineati dal legislatore (art. 25, D.Lgs. n. 158/1995) e, per altro verso, non appaiono idonei, alla luce delle argomentazioni e delle conclusio- ni cui e` pervenuta l’amministrazione, a giustificare il ca- rattere anormalmente basso dell’offerta (23).
Nella stessa prospettiva si pone la piu` recente ordi- nanza del T.A.R. Veneto, sez. I, 20 giugno 2001, n. 45, nella quale, con riferimento alla valutazione delle offerte da parte della commissione giudicatrice in una gara d’appalto, si afferma che «il ricorso alla consulenza tec- nica appare necessario sia per acquisire un giudizio qua- lificato sulla attendibilita` delle operazioni svolte quanto a criterio tecnico e procedimento applicativo, sia per accertare la veridicita` e attendibilita` delle affermazioni di fatto e delle conclusioni tratte sulla base di elementi di natura e contenuto non discrezionale».
La commistione tra discrezionalit`a tecnica e discrezionalit`a amministrativa
Secondo il Collegio rimangono in ogni caso sottratte alla cognizione del giudice amministrativo le «autono- me» valutazioni dell’interesse pubblico compiute dal- l’amministrazione, sulla base delle cognizioni tecniche acquisite.
E` evidente il riferimento a quelle non rare ipotesi in
cui sussiste una contestualita` cronologica, se non addi- rittura una sovrapposizione concettuale sul piano logico tra il momento della valutazione tecnica opinabile e quello della ponderazione dell’interesse pubblico.
Siffatta commistione caratterizza, ad esempio, il pro- cesso valutativo che conduce ad accertare le caratteristi- che di un bene al fine dell’imposizione di un vincolo di tutela paesistica o ad accertare l’entita` e la consistenza delle aree da espropriare ai fini della realizzazione di un’opera pubblica. In queste ipotesi, i due momenti va- lutativi si confondono in un procedimento logico unita- rio e la difficolta` di separare i due momenti e` in larga misura accentuata dallo sviluppo della tecnica e dai mu- tamenti organizzativi e funzionali dell’azione ammini- strativa cui si e` accennato in principio.
Sotto altro profilo, parte della dottrina, pur favorevo- le alla piena sindacabilita` giurisdizionale delle valutazio- ni tecniche, ha avvertito che in alcuni settori (ad es., la tutela dei beni culturali) la legge ha assunto al rango di interesse pubblico un interesse che ha anche valenza tecnico-scientifica, attribuendone la cura all’autorita` amministrativa (24).
Altra dottrina, rifiutando la rigida contrapposizione
tra opinabilita` della valutazione (sindacabile) ed oppor- tunita` nella ponderazione degli interessi (insindacabile), ha inteso individuare aree di insindacabilita` con riferi- mento a valutazioni caratterizzate da un elevato grado di soggettivita` o irripetibilita`, come nel caso dei concor- si e degli esami in genere e delle valutazioni delle com- missioni giudicatrici (25), o ancora con riguardo ad ipo- tesi in cui la valutazione tecnica si sovrappone al giudi- zio di natura politica rimesso all’organo da specifiche norme di legge (26).
Sul punto, pare chiara la posizione assunta dalla V Sezione con la precisazione che l’insindacabilita` rimane comunque circoscritta alle «autonome» valutazioni del- l’interesse pubblico e con la recisa affermazione che la
«frequente contestualita` (se non commistione) fra i due profili della valutazione amministrativa», tecnico e di- screzionale, «lascia comunque intatta la necessita` di di- stinguere accuratamente i due aspetti, che riflettono il confine tra legittimita` e merito del provvedimento».
Ed e` proprio la necessita`-possibilita` di distinguere in concreto all’interno delle valutazioni complesse gli aspetti connessi alla ponderazione dell’interesse pubblico da quelli di semplice opinabilita` del giudizio, oggi riba- dita dal Consiglio di Stato, che probabilmente costituira` la nuova frontiera nello studio della discrezionalita` tec- nica. Il richiamo alla riflessione pare gia` provenire da un settore, proprio quello relativo alle valutazioni relati- ve al pregio storico culturale od artistico di un’area, an- cora non molto tempo fa interamente ascritto al merito amministrativo (27) e che oggi si ritiene - anche auto- revolmente - suscettibile di piena cognizione da parte del giudice amministrativo (28).
Note:
(23) La stessa conclusione e` stata raggiunta, con un sindacato intrinseco di tipo debole sulla valutazione di verifica dell’anomalia dell’offerta, dalla stessa Sezione nella sentenza Cons. Stato, sez. V, 4 maggio 2001, n. 2517, nella quale peraltro ricorre la massima secondo cui «il giudizio sull’anoma- lia dell’offerta nelle gare di appalto di opere pubbliche costituisce una tipi- ca valutazione tecnico-discrezionale dell’Amministrazione ed e` sindacabile solo ove presenti palesi errori di fatto, aspetti di manifesta irrazionalita` o evidenti contraddizioni logiche».
(24) Xxxxxxx Xxxxxx, Note in tema di discrezionalita`, cit., 493 ss.
(25) Xxxxxxx Xxxxxx, Note in tema di discrezionalita`, cit., 496.
(26) De Pretis, Valutazione amministrativa e discrezionalita` tecnica, cit., 303 ss.
(27) Ancora recentemente Cons. Stato, sez. VI, 3 gennaio 2000, n. 28, in questa Rivista, 2000, 209; Cons. Stato, sez. V, 11 aprile 1991 n. 546, in Foro Amm., 1991, 1120; Cons. Stato, sez. VI, 9 agosto 1986 n. 630, in Riv. Giur. Edil., 1987, I, 89.
(28) Di particolare interesse e` la sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, 26 giugno 2000, n. 3600.
Tale decisione e` intervenuta in un giudizio avente a oggetto l’impugnati- va di uno strumento urbanistico nella parte in cui destina un’area di pro- prieta` della parte ricorrente a verde privato di interesse pubblico, anziche´ ricomprenderla in zona di completamento turistico ha con verificazione disposto Fra i vari motivi di ricorso parte ricorrente ha dedotto il difetto di logica delle scelte urbanistiche del comune, basate su un esame cartola- re della situazione dei luoghi del tutto insufficiente a dare contezza della reale situazione dei luoghi e al fine di accertare la compatibilita` della nuo-
(segue)
878 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
Il fondamento del carattere riservato della valutazione tecnica
Altrettanto importante e` il passaggio conclusivo del tracciato argomentativo della sentenza in cui, dopo aver affermato la tendenziale piena sindacabilita` della discre- zionalita` tecnica si riconosce «la necessita` di isolare ipo- tesi di valutazioni riservate da apposite norme all’ammi- nistrazione, quanto meno nei casi in cui essa risulti tito- lare di una particolare competenza legata alla tutela di valori costituzionali speciali».
Appare evidente il riferimento a quell’orientamento dottrinale che, abbandonata la prospettiva rivolta alla tecnicita` della valutazione, propone un approccio al fe- nomeno delle valutazioni non discrezionali che riporta, sull’influenza del pensiero giuridico tedesco, al centro il dato normativo individuando nella struttura della nor- ma, unitamente all’elemento organizzativo inteso in funzione di astratta legittimazione, la «volonta` specifica e positiva» del legislatore di affidare in via riservata al- l’amministrazione il compito di operare una determinata valutazione (29).
Tuttavia, non puo` sfuggire l’indeterminatezza del suggerito fondamento del carattere riservato della valu- tazione tecnica e della conseguente sottrazione al sinda- cato giurisdizionale, giacche´ si finisce per aggiungere al gia` problematico approccio al fenomeno l’ulteriore ope- razione interpretativa del substrato normativo volta a ravvisare gli elementi idonei a fondare un potere di va- lutazione riservato all’amministrazione: tutto cio` a scapi- to di un trattamento uniforme di valutazioni analoghe quanto ad oggetto o a contenuto.
Forse consapevole di cio`, la Sezione ha inteso ulte-
riormente precisare la propria affermazione di carattere generale con lo specifico riferimento ai casi in cui l’am- ministrazione «risulti titolare di una particolare compe- tenza legata alla tutela di valori costituzionali speciali», ravvisando in particolare il dato di diritto positivo ido- neo a fondare il carattere riservato della valutazione nel- l’articolo 17, comma 2, della legge n. 241/1990, il quale statuisce il principio di non surrogabilita` delle valutazio- ni tecniche spettanti alle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e della salute dei cittadini.
Proprio l’esemplificazione fornita induce ad escludere che il Collegio abbia inteso affermare la sussistenza di valutazioni tecniche insindacabili tout court, difficilmen- te sostenibile alla luce del dettato costituzionale, trattan- dosi di fattispecie in cui, come rilevato dalla piu` attenta dottrina, lo scrutinio giurisdizionale trova un limite nel- l’assoluta impossibilita` di discernere la valutazione tecni- ca dal giudizio di natura politica rimesso all’organo in funzione della tutela di interessi di ordine primario, a lo- ro volta garantiti da norme di rango costituzionale (ad es., pianificazione urbanistica, tutela della salute colletti- va, tutela paesistico-ambientale e storico-ambientale).
Xxx` porta a concludere che anche in ipotesi norma- tive esplicitamente volte a fondare un potere riservato
di valutazione alla pubblica amministrazione, l’interpre- te non sia affatto esonerato dal compito di distinguere, ove possibile e in ragione della fattispecie concreta, gli aspetti della valutazione legati al dato tecnico (sindaca- bili) da quelli invece involgenti apprezzamenti dell’in- teresse pubblico, fatta salva in ogni caso la piena sinda- cabilita` delle valutazioni che si sostanziano nella rico-
Note:
(segue nota 28)
va destinazione con la conformazione urbanistica della zona ha chiesto che fosse esperita apposita istruttoria. Il Collegio ha ritenuto la richiesta istruttoria meritevole di accoglimento e ha disposto verificazione ai sensi dell’articolo 26 del R.D. n. 642 del 1907 dopo avere rilevato che la con- sulenza tecnica non poteva essere disposta, trattandosi di controversia ra- dicata anteriormente all’entrata in vigore del D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80 e quindi non attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministra- tivo dagli articoli 34 e 35 del cit. decreto 80.
La verificazione, affidata a una amministrazione terza (docente universita- rio indicato dal Preside della Facolta` di architettura) ponendo a carico della parte ricorrente l’onere di anticipare al perito le spese, si basava su una serie di quesiti formulati al «perito» che, nonostante le premesse del Collegio, mettono in luce l’importanza dell’introduzione generalizzata nel processo amministrativo del ricorso alla consulenza tecnica.
Ed invero il Consiglio di Stato dopo aver rilevato che alla cognizione del giudice adito e` devoluta la valutazione delle possibili incongruita` nella scelta pianificatoria dei terreni sotto il profilo della logica corrispondenza allo stato dei luoghi sia sotto il profilo della loro correttezza quanto al cri- terio tecnico e al procedimento applicativo, a fronte della richiesta di par- te ricorrente di ammettere C.T.U. chiedendo al perito di stabilire se la scelta pianificatoria si ponga in coerenza con le caratteristiche urbanisti- che della zona, ha ritenuto l’oggetto della consulenza (rectius della disposta verificazione) non pienamente ammissibile atteso che la posizione sogget- tiva coinvolta ha la consistenza di interesse legittimo data la natura auto- ritativa dello strumento urbanistico rimesso alle particolari esigenze del- l’Amministrazione insindacabili dal giudice amministrativo se non per quanto riguarda la legittimita` dei presupposti oggetto di valutazione, la lo- gicita` della valutazione e la congruenza delle conclusioni.
Al perito sono stati rivolti i quesiti di seguito elencati che, nonostante le premesse, sembrano in qualche caso comportare apprezzamenti di merito:
1) dica il perito se l’intera area presenti una in fatto destinazione d’uso univoca e omogenea di villa con giardino;
2) dica il perito in che misura e con quali modalita` tal destinazione sia compromessa dalla variante n. 66;
3) dica il perito se la destinazione urbanistica della porzione di proprieta` a verde privato d’interesse pubblico sia compatibile o meno con quella del- l’intera proprieta` B. esponendone le ragioni nell’uno e nell’altro caso;
4) dica il perito se il mantenimento della proprieta` B. ad unica destinazio- ne di zona residenziale di completamento sia compatibile o meno con la nuova capacita` insediativa teorica impressa alla zona di 239.520 abitanti, specificandone per ambedue i casi le ragioni;
5) dica il perito se il mantenimento dell’intera proprieta` B. o di parte di
essa a destinazione di zona residenziale di completamento sia compatibile o meno con i limiti previsti dal D.P.G.R. 2 aprile 1995 n. 126;
6) dica il perito se il mantenimento dell’intera proprieta` B: o di parte di essa a destinazione di zona residenziale di completamento sia incompatibi- le con la salvaguardia dei beni di interesse culturale, paesistico e ambien- tale;
7) dica il perito se l’aumento nella parte richiesta dal B., nell’opposizione alla destinazione di zona residenziale di completamento a scapito di quella a verde privato di interesse pubblico comprometta il rapporto tra gli spazi destinati a servizi e ad attrezzature collettive e gli spazi minimi derivanti dall’applicazione degli standard regionali alla popolazione insediata e inse- diabile sulle aree destinate alla residenza, motivandone le ragioni e specifi- candone in che misura siano alterati.
(29) De Pretis, Valutazione amministrativa e discrezionalita` tecnica, cit., 363 ss.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
879
struzione del fatto da parte della pubblica amministra- zione.
L’ampliamento dei poteri istruttori e il principio dispositivo
Sebbene non ricorra nella motivazione alcun esplici- to riferimento al sistema probatorio, non puo` certo ne- garsi che sulla nuova giurisprudenza del Consiglio di Stato abbia in buona parte influito l’ampliamento dello strumentario probatorio processulamministrivistico alla consulenza tecnica operato con il gia` citato art. 16 della legge 205/2001.
Suscita qualche ulteriore riflessione quell’inciso sibil- lino nell’argomentare della Sezione, secondo cui l’inten- sita` del sindacato dipende dalla «domanda della parte» e dalla necessita` di «valutare l’illegittimita` del provvedi- mento impugnato».
L’affermazione pare forse preludere ad un non lonta- no ripensamento in senso riduttivo della correzione in tono acquisitivo del principio dispositivo nel processo amministrativo dovuta alla ben nota esigenza di realizza- re l’uguaglianza sostanziale nel processo amministrativo, rimediando cos`ı al disequilibrio tra amministrazione e ri- corrente (30). Alla base del ripensamento dovrebbe es- servi la considerazione che l’introduzione della consu- lenza tecnica, intesa come ulteriore passo verso la parita` delle armi nel processo amministrativo, possa condurre ad una valutazione piu` rigorosa dell’assolvimento da parte del ricorrente del cd. principio di prova.
La consulenza tecnica e` un mezzo istruttorio tipica- mente utilizzato dal giudice ordinario per integrare le proprie conoscenze in un ambito particolare in cui non si ritiene sufficientemente preparato (31). Essa, dunque, piu` che contribuire alla determinazione del convinci- mento del giudice circa la verita` o non verita` di deter- minati fatti, offre al giudice e alla attivita` da lui svolta l’ausilio di cognizioni tecniche non possedute, da valu- tare nella fase della decisione; il consulente puo` svolgere pero` anche il compito di constatare i fatti di causa e for- nire al giudice i chiarimenti tecnici che questi ritiene opportuno chiedergli.
La giurisprudenza ordinaria ha pero` precisato che la
possibilita` che il giudice affidi al consulente tecnico l’in- carico non solo di valutare i fatti da lui stesso accertati o dati per esistenti, ma anche quello di accertare i fatti stessi, divenendo la consulenza tecnica fonte oggettiva di prova, non significa che le parti possano sottrarsi al- l’onere probatorio e rimettere l’accertamento dei propri diritti all’attivita` del consulente, rimanendo invece ne- cessario che la parte deduca quanto meno il fatto che pone a fondamento del proprio diritto (32).
Il riferimento, nella sentenza in commento, alla «do- manda della parte» e alla necessita` di «valutare l’illegit- timita` del provvedimento», intesa come la prospettazio- ne del ricorrente, si presta essere intesa come richiamo alla necessita` di evitare che il ricorso indiscriminato alla consulenza tecnica possa supplire all’inerzia della parte
nell’allegazione dei fatti. In altri termini, la riconosciuta possibilita` che la consulenza tecnica costituisca fonte oggettiva di prova e accertamento dei fatti sui cui si fonda la pretesa attorea, da un parte, e il temperamento del principio dispositivo, dall’altra, non dovrebbero con- sentire la proposizione di ricorsi-velina, in cui si rimette al consulente l’onere di individuare i tratti di illegittimi- ta` nell’operato dell’amministrazione.
In questo senso, in una recente pronuncia il T.A.R. Xxxxxx Xxxxxxx, dopo aver escluso l’ammissibilita` del- la consulenza tecnica in un giudizio avente per oggetto materie ricomprese fra quelle attribuite alla giurisdizio- ne esclusiva, ma riguardanti posizione di interesse legit- timo, ha comunque stigmatizzato il fatto che il ricor- rente avesse affidato alla consulenza tecnica l’assolvi- mento di gran parte degli oneri probatori che, invece, le incombevano direttamente in relazione alle censure dedotte, di carattere squisitamente tecnico, e affermato che «anche ove fosse stata ammissibile, la C.T.U. non avrebbe potuto assumere tale ruolo sostitutivo, giacche´ le funzioni del consulente d’ufficio sono preordinate non ad accertare fatti rilevanti, ma ad acquisire ele- menti di valutazione o a ricostruire circostanze a fine di controllo sulle prove di parte e di ausilio al giudi- ce» (33).
Quando il giudice nazionale fa meglio di quello comunitario
Merita infine qualche notazione il passaggio della motivazione in cui la V Sezione precisa che la piena sindacabilita` giurisdizionale delle valutazioni tecniche non trova contraddizione nella recente sentenza Upjohn, in cui la Corte di Giustizia ha affermato che il diritto comunitario non prescrive livelli di incisivita` del con- trollo giurisdizionale sulla valutazione amministrativa degli elementi tecnici tali da consentire ai giudici nazio- nali competenti di sostituire la loro valutazione degli elementi di fatto a quella delle autorita` amministrative competenti (34).
Secondo il Collegio la pronuncia del giudice comu- nitario va collocata nella logica propria del caso deciso,
Note:
(30) Laschena, L’istruzione nel processo amministrativo. Profili generali, in Studi per il centocinquantenario del Consiglio di Stato, Roma, 1981, III, 1810 ss..
(31) Redenti, Diritto Processuale Civile, II, Milano, 1957, 200 ss.; Man- drioli, Corso di diritto processuale civile, II, Torino, 1998,182 ss.
(32) Cass., Sez. Un., 4 novembre 1996 n. 9522, in Danno e responsabilita`, 1997, II, 20, con nota di Xxxxxxx, Responsabilita` aquiliana della p.a. per danno all’integrita` fisica del dipendente.
(33) T.A.R. Xxxxxx Xxxxxxx, Bologna, sez. I, 2 febbraio 2000 n. 86, in questa Rivista, 2000, 681.
(34) Xxxxx xxxxx. Xx, 00 gennaio 1999, in causa C-120/97, in Riv. It. Dir. Pubbl. Com. 1999, 495, con nota di Caranta, Tutela giurisdizionale ef- fettiva delle situazioni giuridiche soggettive di origine comunitaria ed incisivita` del sindacato del giudice nazionale (Kontrolldichte); in Giur. It. 1999, 833, con nota di Protto, Valutazioni tecniche, giudici nazionali e diritto comunitario.
880 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
in cui erano in contestazione valutazioni di carattere sa- nitario: nella fattispecie si trattava dell’impugnazione, davanti alla Court of Appeal britannica, di un atto di re- voca di un’autorizzazione all’immissione in commercio di un farmaco, adottata in virtu` della direttiva 65/65/ CEE sul presupposto della ricorrenza, contestata dalla parte ricorrente, degli elementi ivi previsti, ossia la noci- vita` della specialita` medicinale, la carenza di effetto te- rapeutico, l’assenza di dichiarazione espressa sulla com- posizione quantitativa e qualitativa.
Qualche Autore (35) ha inteso, infatti, ravvisare un atteggiamento di maggior apertura del giudice comuni- tario ad un piu` incisivo sindacato sulle valutazioni tec- niche delle autorita` nazionali in una successiva pronun- cia della Corte del Lussemburgo, nella quale si e` ricono- sciuto il potere del giudice nazionale di verificare se le Autorita` competenti, sulla base dell’esame in concreto
rettiva 89/665 CEE), applicabile al caso di specie, con- ferma la linea di tendenza volta ad assicurare, in tale ambito, la massima tutela delle posizioni delle imprese coinvolte nella procedura di gara; ma rimane sempre valida l’osservazione che le norme di diritto derivato so- no suscettibili di interpretazione alla luce dei principi generali del diritto comunitario (39) e che quindi, an- che alla luce della presa di posizione del giudice ammi- nistrativo italiano a favore della piena sindacabilita` del- le valutazione tecniche, appare quanto mai opportuno un revirement della Corte di Giustizia (40).
Il giudice amministrativo signore del fatto
In via conclusiva, non si rinuncia a rilevare che la ri- conosciuta piena sindacabilita` giurisdizionale delle valu- tazioni tecniche dell’amministrazione non puo` rimanere
eseguito e che le ha condotte ad esonerare il progetto
di ristrutturazione di un aeroporto dalla procedura di va- lutazione di impatto ambientale istituito dalla direttiva comunitaria, abbiano correttamente valutato l’impor- xxxxx xxxxx dell’impatto ambientale (36).
Gli e` che la sentenza della V Sezione dimostra una sensibilita` del Consiglio di Stato per le istanze di tutela del privato maggiore di quella finora dimostrata dal giu- dice comunitario. Xxxxxx assistendo ad un lento ma inarrestabile processo di uniformazione dei sistemi nazio- nali di tutela giurisdizionale nei confronti delle pubbli- che autorita`, al cospetto del quale la decisione in com- mento segna un importante passo di avvicinamento del sistema italiano a quei sistemi, come quello tedesco, piu` progrediti nel controllo giurisdizionale della valutazioni non discrezionali della pubblica amministrazione.
Nell’ambito del predetto fenomeno di uniformazione dei diritti processuali nazionali, il modello comunitario di giustizia amministrativa ha svolto, per molti aspetti, il ruolo di catalizzatore e di vettore nella circolazione dei modelli, mentre per altri ha segnato il passo di fronte a sistemi piu` evoluti nella tutela del privato.
Proprio a commento della richiamata decisione nel caso Upjohn si era avuto modo di rilevare che la man- canza nell’ordinamento comunitario di un diverso ap- proccio al fenomeno delle valutazioni tecniche occasio- nate dalla ricorrenza di concetti giuridici indeterminati rispetto alle valutazioni discrezionali, proprio del sistema tedesco e ora anche di quello italiano (37), non con- sente legittimamente di trarre dal decisum del giudice comunitario univoche conseguenze in ordine al caratte- re in ogni caso riservato delle valutazioni non discrezio- nali che le amministrazioni nazionali sono autorizzare a compiere nell’applicazione del diritto comunitario, an- che perche´ cio` significherebbe privare di ogni contenu- to il principio di effettivita` della tutela giurisdizionale e lo stesso principio di effettivita` del diritto comunita- rio (38).
E` pur vero, come rileva giustamente la V Sezione,
che la normativa comunitaria in materia di appalti (di-
Note:
(35) Cintioli, Consulenza tecnica d’ufficio e sindacato giurisdizionale della di- screzionalita` tecnica, cit., 938 ss.
(36) Xxxxx xxxxx. Xx, 00 settembre 1999, in causa C-435/97, WWF/Pro- vincia autonoma di Bolzano, in questa Rivista, 2000, 910.
(37) Cio` e` dovuto, come piu` volte sottolineato dalla dottrina - soprattut- to tedesca -, alla mancanza nel trattamento comunitario delle valutazioni amministrative di un approccio indirizzato alle diverse componenti strut- turali della norma: Tatbestand e Rechtsfolge, al quale consegua simmetrica- mente una diversa intensita` del sindacato giurisdizionale. Quindi la ricor- renza nella versione tedesca delle sentenze di espressioni come Ermessen- befugnis, Ermessenspielraum, Beurteilungsspielraum e Beurteilungermessen suo- nano come richiami solo nominalistici alla contrapposizione elaborata dalla scienza giuridica tedesca tra discrezionalita` (Ermessen) e spazio di va- lutazione non discrezionale (Beurteilungsspielraum), individuando in ogni caso ambiti di libera valutazione dell’amministrazione comunitaria. I di- versi aspetti dell’attivita` valutativa dell’amministrazione risultano quindi unitariamente ricondotti alla nozione di discrezionalita`, senza quindi possi- bilita` di individuare con riferimento alle norme indeterminate (unbe- stimmte Rechtsbegriffe) inequivoche affermazioni in termini di vincolativita` sul versante della fattispecie normativa (Tatbestandsseite). X. Xxxxxx, Valu- tazioni tecniche, giudici nazionali e diritto comunitario, cit.
(38) Sul principio di effettivita` della tutela giurisdizionale affermato in ambito comunitario cfr. Chiti M.P., L’effettivita` della tutela giurisdizionale tra riforme nazionali e influenza del diritto comunitario, in Dir. Proc. Amm. 1998, 499, sia inoltre consentito il rinvio a Protto, L’effettivita` della tutela giurisdizionale nelle procedure di aggiudicazione di pubblici appalti, Milano, 1997. Per l’evoluzione della giurisprudenza comunitaria, Tizzano, La tutela dei privati nei confronti degli Stati membri dell’Unione Europea, in Foro It. 1995, V, 13; v. anche Galetta D. U., Giustizia amministrativa italiana a di- ritto comunitario: problemi e prospettive di sviluppo nell’ottica di una giustizia amministrativa europea, in Riv. It. Dir. Pubbl. Com. 1999, 1003; Caranta, Diritto comunitario e tutela giuridica di fronte al giudice amministrativo italiano, in Riv. It. Dir. Pubbl. Com. 2000, 81; Id., Tutela giurisdizionale (italiana, sotto l’influenza comunitaria), in Trattato di diritto amministrativo europeo, Mi- lano, 1997, 653; Xxxxxxxxxx, Influenze dell’ordinamento comunitario sulla tu- tela giurisdizionale, in AA.VV., Sovranazionalita` Europea: posizioni soggettive e normazione, in Quaderni del Consiglio di Stato, Torino, 2000; Xxxxxxx, Principi generali di diritto comunitario sulla disciplina del processo, in Dir. Un. Eur., 1997, 341.
(39) Per una ricostruzione della disciplina uniforme di tutela nei pubblici appalti come sistema «aperto» all’interpretazione integratrice dei principi generali del diritto comunitario, primo fra tutti il principio di effettivita` della tutela giurisdizionale, si rinvia ancora a Protto, L’effettivita` della tutela giurisdizionale nelle procedure di aggiudicazione di pubblici appalti, cit., passim.
(40) Come gia` vivamente auspicato in Protto, Valutazioni tecniche, giudici nazionali e diritto comunitario, cit.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
881
priva di conseguenze in ordine alla «giustiziabilita`» di principi che secondo l’ordinamento interno e comuni- tario informano l’attivita` delle pubbliche autorita`, primo fra tutti il principio di proporzionalita` La dottrina che si e` occupata del tema, ha ravvisato nel principio di proporzionalita`, sull’esempio del diritto tedesco e dell’ordinamento comunitario, diverse compo- nenti strutturali distintamente anche se non autonoma- mente concernenti l’idoneita`, la necessarieta` e l’adegua- tezza dell’atto amministrativo rispetto al fine persegui- to (41). La stessa dottrina ha riscontrato la presenza di alcune delle suddette componenti nel sindacato dell’eccesso di potere sotto il profilo della ragionevolezza dell’agire am- ministrativo (42), rilevando tuttavia che il pieno con- trollo dell’attivita` amministrativa sotto il profilo della proporzionalita` richiederebbe l’estensione dei poteri co- glitori del giudice amministrativo a valutazioni dei pre- supposti di fatto che, secondo l’ordinamento interno, appartengono al merito amministrativo. | La chiara e precisa delimitazione dei profili di oppor- tunita` (insindacabili) rispetto a quelli di opinabilita` (tendenzialmente sindacabili) della valutazione ammini- strativa amplia notevolmente l’area della legittimita` a scapito di quella del merito amministrativo, aumentan- do cos`ı le occasioni e opportunita` di sindacare la pro- porzionalita` dell’atto, nelle componenti predette, rispet- to ai presupposti di fatto pur rimanendo «nominalmen- te» entro i ranghi del tradizionale vizio dell’eccesso di potere. |
Note: (41) A. M. Sandulli, La proporzionalita` dell’azione amministrativa, Padova 1998; Galetta D. U., Principio di proporzionalita` e sindacato giurisdizionale nel diritto amministrativo, Milano, 1998. (42) Vipiana, Introduzione al principio di ragionevolezza nel diritto pubblico, Padova, 1999. | |
NOVITA` MODULO ENTI LOCALI 2001 Bilanci e controllo - Servizi - Tributi e fiscalita` a cura di X. Xxxxxxx, X. Xxxxxx, X. Xxxxx IPSOA Editore, maggio 2001, pp. 708, L. 90.000 (E 46,48) Il Modulo (edizione aggiornata della «Guida pratica Per facilitare la consultazione il testo propone nu- enti locali 2000») racchiude in un unico volume i merosi schemi, tabelle e tavole sinottiche. Allo stes- quattro grandi filoni che insieme costituiscono il set- so scopo i pur copiosi riferimenti normativi sono in- tore operativo degli enti locali: seriti in modo tale da non disturbare la lettura. 1. bilancio e gestione finanziaria, Un minuzioso indice analitico riporta accanto a cia- 2. servizi pubblici locali, scuna voce il numero che la contrassegna nel testo, 3. entrate tributarie, consentendo una ricerca rapida, agevole e puntuale. 4. obblighi fiscali e previdenziali. L’opera, autorevolmente coordinata da Xxxxxxxx Xxx- Xxxx’ambito di ogni sezione la descrizione delle atti- neti dell’Universita` di Bologna insieme ad Xxxxxxxx xxxx` che concorrono a realizzare una corretta ed ef- Borghi, presidente dell’Ancrel, e a Xxxxx Xxxxx, com- ficace gestione dell’ente e` puntualmente corredata mercialista e revisore contabile, si avvale della com- delle relative prescrizioni dettate dal legislatore, petenza di numerosi coautori, esperti di settore. dei piu` significativi chiarimenti ministeriali, non- che´ di utili considerazioni, suggerimenti ed esempi che scaturiscono dall’esperienza sul campo. Sia l’operatore dell’ente locale, sia il suo consulente potranno quindi trovare nel Modulo uno strumento unitario - e fino ad oggi unico - di consultazione im- Per informazioni rivolgersi a: Ipsoa - Ufficio Vendite mediata e di approfondimento, che traccia un quadro (Tel. 00 00000000; fax 00 00000000; completo delle attivita` svolte nell’ente o intorno al- xxxx://xxx.xxxxx.xx) l’ente e delle connesse problematiche. oppure consultare l’Agente Ipsoa di zona |
882 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
Ottemperanza speciale
«contra silentium»
ed ottemperanza anomala nel processo amministrativo
CONSIGLIO DI STATO, sez. IV, 18 febbraio 2001, n. 396
Pres. Camera ( ff) - Est. De Xxxxxxxxx - Xxxxxxxx S.r.l. c. Comune di Udine
L’ottemperanza di una decisione di annullamento, per difetto di motivazione, di un atto di revoca di de- libera giuntale mai ratificata dal Consiglio, recante approvazione di un progetto per attrezzare una zona a verde pubblico, nonch´e degli atti, conseguenti alla predetta revoca, di approvazione di un diverso pro- getto di parco pubblico e di avvio dell’espropriazione dei suoli e del precedente (e presupposto) silenzio
-rifiuto sull’istanza rivolta al Comune a provvedere in modo conforme alla delibera giuntale poi revocata non comprende la restituzione dell’area espropriata ed il risarcimento dei danni in favore del proprieta- rio dei suoli espropriati, ma solo la riedizione del potere mediante l’adozione di un provvedimento che tenga luogo del silenzio-rifiuto.
L’ottemperanza alla decisione del giudice amministrativo si svolge nei limiti oggettivi del giudicato e pertanto deve escludersi che possa, al di l`a dei ristretti limiti previsti dall’art. 35, comma 2 del D.Lgs.
n. 80/1998, aggiungere un ulteriore contenuto cognitivo al giudicato gi`a formatosi.
Non `e ammissibile che la domanda di risarcimento danni venga per la prima volta formulata in sede di ottemperanza.
Il particolare tipo di sentenza previsto dall’art. 35, comma 2 del D.Lgs. n. 80/1998 `e equivalente alla sentenza di condanna c.d. generica del processo civile, sicch´e, in difetto della determinazione, nel pro- cesso di cognizione, dell’an debeatur e dei criteri di determinazione della somma dovuta a titolo di risar- cimento, non `e ammissibile un intervento condannatorio del giudice dell’ottemperanza.
L’ottemperanza c.d. «anomala» di cui all’art. 35, comma 2 del D.Lgs. n. 80/1998 trova la sua ratio nella differenza fra l’istituto del risarcimento del danno fra privati ed il risarcimento del danno ingiusto pro- dotto dalla pubblica amministrazione, che per lo piu` incide su interessi legittimi, non esattamente liqui- dabili con applicazione di criteri rigorosi e predeterminati.
Il giudizio sulla sussistenza della fattispecie aquiliana di risarcimento danni per lesione da interessi le- gittimi - avente la complessit`a delineata dalla sentenza n. 500/1999 - spetta in ogni caso alla compe- tenza funzionale del giudice della cognizionee non a quello dell’ottemperanza.
Diritto
1. La decisione ottemperanda - avendo ritenuto che la delibera di Giunta n. 1043/89, di cui alla narrativa in fatto che precede, non statuisse il mero ritiro di un pre-
vati coinvolti nell’azione amministrativa, anche in rela- zione al loro grado di consolidamento».
Preso atto che cio` non era avvenuto, la decisione d’ap- pello annullava «sia ... la delibera di G.M. 1043/89 di revoca immotivata della delibera 2892/85 e ... gli atti
cedente atto improduttivo di effetti, bens`ı
integrasse
ad essa conseguenti ... sia ... il silenzio rifiuto», essendosi
una vera e propria revoca di un atto gia` dotato di effica-
cia - ha annullato la citata delibera della Giunta muni- cipale di Udine per difetto di motivazione, trattandosi di atto che «poteva - e puo` - adottarsi solo previo con- fronto e ponderazione di tutti gli interessi pubblici e pri-
«comunque radicato in capo alla Saturnia una posizione differenziata e qualificata in termini di interesse legitti- mo, da cui derivava l’obbligo di provvedere, o quanto- meno di rispondere alla parte istante».
2. L’odierno ricorso in ottemperanza - sul presupposto,
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
883
non controverso, del passaggio in giudicato della succi- tata decisione - prende le mosse dal rilievo che tra gli atti annullati si ascrive la delibera consiliare n. 99 del 1989, di approvazione del progetto per la realizzazione di un parco pubblico attrezzato sull’area de qua, per poi
- argomentando ex artt. 34 e 35 D.Lgs. 31 marzo 1998,
n. 80, alla luce dei principi posti dalla sentenza n. 500 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione - richiede- re a questo giudice dell’ottemperanza di disporre «il ri- sarcimento del danno c.d. urbanistico, afferente, cioe`, all’uso del territorio».
La tesi della difesa di parte ricorrente e` che «il procedi- mento di reintegrazione e risarcimento, regolato dall’art. 35 del D.Lgs. 80/1998, prevede una prima fase collabo- rativa tra ricorrente vittorioso del giudizio della cogni- zione (annullatorio) e Amministrazione debitrice, la quale deve avanzare una proposta ripristinatoria e risar- citoria atta a restaurare in tutte le sue componenti la posizione giuridica del soggetto, incisa contra legem dal- l’atto annullato ..., e, in caso di mancata accettazione della proposta da parte del creditore vittorioso (ed a for- tiori in mancanza di ogni proposta), l’intervento anche condannatorio del giudice dell’ottemperanza (art. 35, secondo comma, del D.P.R. 80)».
In particolare, «la societa` istante ritiene che la corretta e puntuale esecuzione della decisione annullatoria deb- ba aver luogo:
a) con la riconsegna alla medesima dell’area appresa senza titolo, stante l’effetto ex tunc dell’annullamento, con l’accessione civile delle opere ed infrastrutture abu- sivamente realizzatevi dal Comune, contro pagamento, che viene formalmente offerto, della minor somma intra expensum et melioratum (art. 936, secondo comma, c.c.),
...; impegno, qui assunto e che la medesima societa` va a formalizzare depositando atto di assunzione d’obbligo ... di ... utilizzare le strutture di obiettivo interesse pubbli- co, diventate «sue», secondo le modalita` stabilite (o da stabilirsi dal Comune); ... di completare, entro congruo termine che sara` proposto dal Comune, la costruzione delle ulteriori infrastrutture previste dal P.R.G. e non ancora attuate e [attendere] alla loro gestione;
b) col risarcimento del danno maturato nelle lunghe more (oltre dieci anni) di illecito impedimento dell’e- sercizio dell’attivita` di impresa».
Parte ricorrente ha quindi fatto riferimento a una perizia estimativa, recante il calcolo di tale danno nella misura di £ 00.000.000.000.
In linea con la tesi ora sostenuta, gia` nell’atto di messa in mora con cui aveva richiesto l’esecuzione del giudica- to «la societa` annuncio` che in mancanza della formula- zione di congrua proposta ‘‘a favore dell’avente titolo al pagamento di una somma entro congruo termine’’ ... avrebbe adito il giudice dell’ottemperanza sia ai sensi dell’ultima parte del secondo comma del citato art. 35 del D.Lgs. 80/1998, che ai sensi dell’art. 90 del Reg. proc. n. 642 del 1907».
In forza di tali premesse, la Saturno S.r.l. ha formulato
una serie di richieste istruttorie, altres`ı instando per lo svolgimento di consulenza tecnica d’ufficio per stabilire sia il valore attuale delle opere realizzate dal Comune con materiali propri sull’area della societa`, sia l’ammon- tare del danno d’impresa, come sopra descritto, in tutte le sue componenti indicate nella summenzionata perizia di parte.
Ha concluso, quindi, chiedendo che «nel merito, voglia il Consiglio di Stato emanare tutti gli atti ritenuti op- portuni a dare alla decisione annullatoria l’effetto piena- mente ripristinatorio della posizione giuridica della So- cieta`, illecitamente incisa dagli atti annullati, come in- dicati e formalmente richiesti sopra ... e conseguente- mente:
a) condannare il Comune alla restituzione e ai paga- menti di quanto risultante a suo debito operata la com- pensazione col debito della Societa` da accessione delle opere costruite dal Comune sulla sua area;
b) dichiarare irriti e nulli eventuali rapporti di conces- sione della gestione delle infrastrutture di proprieta` della Societa`, che fossero stati stipulati dal Comune con terzi
..., dichiarando pienamente legittimata la Societa` a ge- stire le dette infrastrutture e quelle che, in attuazione della previsione del P.R.G., andra` a realizzare sull’area, secondo quanto esposto».
3. La domanda di ottemperanza - che, cos`ı come formu- lata nel presente giudizio, risulta rivolta ad ottenere, alla stregua di quello che si e` appena trascritto, la restituzio- ne dell’area (con accessione di quanto realizzatovi) ed il risarcimento dei danni asseritamente subiti - e` inammis- sibile, in quanto palesemente esorbitante dall’effetto (di- chiarativo e costitutivo) del giudicato formatosi inter partes sulla decisione n. 288/99 di questa Sezione.
Due sono le considerazioni da svolgere.
3.1. La prima, attinente alla domanda di restituzione, e` che il giudicato si e` formato su di una decisione di an- nullamento degli atti sopra indicati, per difetto di moti- vazione della delibera giuntale n. 1043 del 1989, con conseguente illegittimita` sia del silenzio rifiuto sull’istan- za del 1985, sia dei successivi atti per vizi derivati, in quanto tutti adottati sulla base della citata deliberazione n. 1043.
La corretta esecuzione del giudicato, dunque, passa at- traverso l’adozione di un provvedimento comunale espresso che tenga luogo dell’annullato silenzio rifiuto (con eventuale riadozione, emendati dai riscontrati vizi, degli altri provvedimenti che sono stati caducati dalla decisione della cui ottemperanza si tratta); e`, d’altronde, nell’ambito dello svolgimento di siffatte attivita` che an- dra` valutato (in prima battuta da parte dell’Amministra- zione e quindi, se del caso, del giudice amministrativo) se e quali siano stati gli effetti prodotti dagli ulteriori provvedimenti che sono stati medio tempore adottati dal Comune di Udine e che non sarebbero stati mai impu- gnati.
Tuttavia, nessuna istanza in tal senso e` stata formulata dalla societa` ricorrente: sicche´ non v’e` luogo, da un la-
884 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
to, allo svolgimento delle predette attivita` ad opera di questo giudice dell’ottemperanza in sostituzione del- l’Amministrazione inerte; ne´, d’altronde, v’e` spazio in questa sede, stanti i ricordati limiti oggettivi del giudica- to, per ordinarsi la restituzione del fondo di cui trattasi alla Saturnia S.r.l. (con eventuale accessione), in quan- to tale esito della vicenda in esame e` solo uno tra quelli possibili, ma non gia` l’unico cui necessariamente debba condurre la decisione ottemperanda.
3.2. La seconda considerazione attiene, invece, alla do- manda di risarcimento dei danni asseritamente subiti dalla societa` ricorrente.
Contrariamente a quanto assume la difesa di quest’ulti- ma, non e` esatto l’assunto che l’art. 35, comma 2, del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, preveda «l’intervento an- che condannatorio del giudice dell’ottemperanza» in ca- so di fallimento della «prima fase collaborativa tra ricor- rente vittorioso del giudizio della cognizione (annullato- rio) e Amministrazione debitrice».
Invero il giudice dell’ottemperanza, anche ai sensi della citata norma recentemente introdotta nell’ordinamento italiano, e` chiamato ad un intervento primieramente esecutivo del contenuto del giudicato formatosi nel cor- so del giudizio di cognizione; solo entro limitati ambiti il giudizio di ottemperanza e` idoneo ad aggiungere un ulteriore contenuto cognitivo (cioe` sostanziale) al giudi- cato gia` formatosi.
Deve escludersi in radice, percio`, la possibilita` che la
domanda di risarcimento del danno possa venire per la prima volta formulata in sede di ottemperanza.
Essa sarebbe, in tali ipotesi, una domanda del tutto nuo- va che, come tale, e` bens`ı proponibile, ma e` soggetta al- l’ordinario vaglio, articolato su due gradi di giudizio, del giudice della cognizione.
Questi dovra`, in primo luogo, verificare il fondamento della domanda risarcitoria relativamente all’effettiva sus- sistenza, nell’an, di un danno patrimoniale risarcibile.
In secondo luogo, dopo aver accertato la sussistenza del- l’obbligazione risarcitoria per quanto attiene, appunto, all’an della pretesa del ricorrente (rendendo, quantome- no, una pronunzia equivalente alla c.d. condanna gene- rica del processo civile), e` ancora il giudice della cogni- zione che, per quanto sia in tale sede effettivamente possibile, dovra` altres`ı «stabilire i criteri in base ai quali l’amministrazione pubblica o il gestore del pubblico ser- vizio devono proporre a favore dell’avente titolo il paga- mento di una somma entro un congruo termine» (art. 35, comma 2, D.Lgs. 80/98): il giudice, in tale ipotesi, e` chiamato a fissare in sede di cognizione anche i criteri sulla cui base dovra` avvenire, sull’accordo delle parti o, in difetto, in sede, questa volta, di ottemperanza, la «de- terminazione della somma dovuta» a titolo di risarci- mento (vale a dire la determinazione, anche nel quan- tum, dell’obbligazione risarcitoria).
L’erroneita` della tesi di parte consiste, insomma, nell’a- scrivere alla fase dell’ottemperanza anche le attivita` di cui al comma 1 e quelle di cui al primo periodo del
comma 2 del citato art. 35; esse sono invece di compe- tenza del «giudice amministrativo» in sede di cognizio- ne, essendo riservato al giudizio «previsto dall’art. 27, comma 1, numero 4, del testo unico approvato con
X.X. 00 giugno 1924, n. 1054» solamente il compi- mento delle attivita` di cui al secondo periodo del com- ma 2 del medesimo art. 35.
Nel sistema, cos`ı ricostruito, vi sono bens`ı alcune diver- genze, anche significative, rispetto al giudizio risarcitorio civile, senza tuttavia che si debba dar adito a quel totale stravolgimento dei suoi principi cardinali (tra cui, ap- punto, la pronuncia sulla domanda risarcitoria alla fase cognitoria del giudizio) che sarebbe invece insito nelle tesi svolte dalla difesa della societa` odiernamente ricor- rente.
Le divergenze consistono, dunque, nella possibilita` che il giudice, in sede di cognizione (una volta che abbia accertato la sussistenza dell’an debeatur), anziche´ liquida- re precisamente il quantum del risarcimento dovuto dal- l’Amministrazione si limiti a stabilire i criteri sulla cui base dovra` poi essere liquidato il danno risarcibile; ov- vero a disporre «anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto» (pronunciando dunque, in quest’ultima ipotesi, solo una condanna generica al risarcimento del danno, ove altro egli non possa concretamente fare).
Xxxxxxxx divergenze rispetto al giudizio civile si spiegano, pero`, con le differenze che concretamente esistono tra il danno patrimoniale che si produce tra privati, e quello, parimenti «ingiusto» alla luce dei menzionati sviluppi normativi e giurisprudenziali, che puo` essere prodotto dalla pubblica amministrazione nello svolgimento della sua attivita` amministrativa (che, per lo piu`, incide su interessi legittimi degli amministrati).
Vuoi in ragione della novita` della materia del risarci- mento del danno da lesione di interessi legittimi, vuoi, soprattutto, per l’oggettiva eterogeneita` della consistenza di questi ultimi nelle diverse fattispecie, in non pochi casi l’esatta liquidazione del danno risarcibile non puo` avvenire con applicazione di criteri rigorosi e predeter- minati.
Se, da un lato, in un maggior numero di ipotesi potra`
aprirsi la via alla liquidazione equitativa ex artt. 2056 e 1226 del codice civile, d’altro canto in molti casi occor- rera` attingere preventivamente a ponderazioni intrinse- camente connesse al merito amministrativo per poter operare, anche ai sensi delle citate norme codicistiche, una definitiva liquidazione del danno da risarcire: e` pro- prio a tali fini che risulta assai opportuno il richiamo, operato dal legislatore, ai piu` duttili strumenti proces- suali offerti dalle forme del giudizio d’ottemperanza.
Le cennate divergenze rispetto al giudizio risarcitorio ci- vile non possono giungere, tuttavia, fino al punto di comportare la traslazione in sede di ottemperanza di tut- to il giudizio risarcitorio, indifferentemente per l’an e per il quantum (come invece avverrebbe seguendo le ar- gomentazioni svolte dalla difesa di parte ricorrente).
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
885
E` sin troppo chiaro che, se cos`ı fosse (oltre a risultare violata la chiara dizione, in senso contrario, del citato art. 35, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 80/98), verrebbe ad essere del tutto pretermessa la verifica di sussumibilita` della situazione concreta nell’astratta fattispecie com- plessa di cui all’art. 2043 c.c. - che e` applicabile, mutatis mutandis, anche al danno ingiusto prodotto dalle pub- bliche amministrazioni, e che postula, tra l’altro, l’accer- tamento di un pregiudizio effettivo, patrimonialmente valutabile, che sia collegato da un nesso di causalita` im- mediata e diretta con l’illegittimita` del provvedimento amministrativo da cui la lesione sia derivata - con so- stanziale trasformazione del risarcimento del danno in una sorta di sanzione patrimoniale il cui versamento consegue, in modo quasi automatico, all’annullamento di un atto amministrativo; laddove e` invece necessario accertare l’effettiva sussistenza di tutti gli elementi della fattispecie aquiliana (cui si e` parzialmente accennato), in una con il piu` complesso ed articolato vaglio dell’ef- fettivo contenuto e della specifica consistenza dell’inte- resse legittimo che, nel singolo caso, sia stato leso dal- l’atto o dal comportamento amministrativo illegittimo.
E` superfluo, dunque, ribadire ancora una volta che per tutto questo complesso accertamento - se non si voglia stravolgere immotivatamente il ruolo del giudizio esecu- tivo rispetto a quello cognitivo - debba necessariamente affermarsi la competenza funzionale del giudice della co- gnizione; non importa se cio` avvenga nell’ambito dello stesso giudizio annullatorio, ovvero in separata sede (purche´ entro il limite quinquennale di prescrizione del diritto), ma comunque pur sempre nell’ambito di un giudizio ordinario articolato sul doppio grado (salvo casi di espressa deroga legislativa, che attualmente non si ravvisano) ed a cognizione piena sull’an nonche´, se pos- sibile, sul quantum delle pretese risarcitorie del danneg- giato.
4. In conclusione, il ricorso in esame deve essere dichia- rato inammissibile, essendo teso ad ottenere in sede di ottemperanza una pronuncia che trascende radicalmen- te i limiti oggettivi e contenutistici del giudicato effetti- vamente formatosi tra le parti.
Le spese del presente giudizio d’ottemperanza, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccom- benza.
IL COMMENTO
di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx
«Destino e xxxxxxx` son cos`ı avversi che i nostri pia- ni spesso vanno persi: nostri i pensieri, gli esiti mai.» (Shakespeare, il re-attore in Amleto).
La sentenza in commento, rapportata alla presunta recente intentio legislatoris in tema di silenzio fa venire in mente i versi del re-attore in Amleto, piu` che mai cal- zanti di fronte ad un dictum giudiziale che sembra ridi- mensionare la portata innovativa di disposizioni poste con legge n. 205/2000 da un legislatore non sempre ac- corto e gli entusiasmi dottrinali (forse prematuri) che, successivamente alla riforma del processo amministrati- vo, hanno indotto a pensare che nel nostro ordinamen- to fosse viva e vitale un’azione di adempimento «alla tedesca» (1).
I piani del legislatore devono sempre fare i conti con gli esiti (piu` ragionati) della giurisprudenza.
Nel caso in commento una societa` immobiliare, pro- prietaria di un’area destinata a verde pubblico, si e` vista dichiarare inammissibile un ricorso per l’ottemperanza di una sentenza del Consiglio di Stato di annullamento: 1) del silenzio rifiuto sull’istanza volta a chiedere provvedi- menti conformi all’approvazione di un progetto per la realizzazione di un’area verde; 2) dell’atto di revoca del-
banistico subito in conseguenza del decennale impedi- mento all’attivita` di impresa, argomentando dagli artt. 34 e 35 del D.Lgs. n. 80/1998.
I giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto che l’an- nullamento del silenzio non comportasse la restituzione dei suoli e che il risarcimento danni non fosse ottenibile in ottemperanza anomala per difetto, nel giudicato azio- nato, di una statuizione sull’an debeatur e sui criteri di ri- sarcimento, nelle forme della condanna generica.
Stante la novita` del dettato normativo su cui si in- nesta la pronuncia e` necessario fare il punto sul giudizio di ottemperanza all’annullamento del silenzio e sulla
x.x. xxxxxxxxxxxx anomala dopo la riforma del processo amministrativo.
In tema di silenzio la letteratura e` vastissima, ma la vicenda va in qualche modo ripercorsa al fine di dare un esatto inquadramento dogmatico alla tematica.
Il termine silenzio e` riferito tradizionalmente agli isti- tuti che sono preposti alla rimozione o alla prevenzione degli effetti negativi dell’inerzia amministrativa, in vista della tutela dei soggetti interessati all’emanazione di un atto amministrativo.
l’approvazione di detto progetto; 3) degli atti, conseguen-
ti a detta revoca, di approvazione di diverso progetto per la realizzazione di un parco e di avvio dell’esproprio.
Nel ricorso in ottemperanza la societa` chiedeva: 1) la restituzione dei suoli; 2) il risarcimento del danno ur-
Nota:
(1) Cfr. per tutti X. Xxxxxxxxx, Giudizio amministrativo e silenzio della pub- blica amministrazione in Il nuovo processo amministrativo a cura di X. Xxxxx- gella e X. Xxxxxx, Milano, 2001.
886 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
L’istituto del silenzio-rigetto invece si riferisce al campo dell’amministrazione giustiziale ed e` sostanzial- mente fuori dall’ambito della tematica in esame.
Il problema deriva dal tradizionale principio di sepa- razione dei poteri e dalla conseguente impossibilita` per il giudice di sostituirsi all’amministrazione nell’esercizio del potere amministrativo ed, in particolare, in quella modalita` di esercizio del potere definita discrezionalita` amministrativa.
L’interesse del privato ad ottenere un provvedimento amministrativo puo` essere soddisfatto sostanzialmente con due tecniche.
Con la prima, come e` noto, e` lo stesso ordinamento giuridico che attribuisce all’inerzia amministrativa un si- gnificato, mediante una classica fictio iuris, e quindi e` la norma che definisce la fattispecie del silenzio come si- lenzio significativo (ed abbiamo allora l’istituto del si- lenzio - assenso ovvero il silenzio impugnabile come si- lenzio - rifiuto o silenzio - diniego, quest’ultimo legal- mente tipizzato come ad es. in tema di accesso alla do- cumentazione amministrativa).
Con la seconda tecnica, di carattere coercitivo e strumentale, la norma, agendo sul piano delle compe- tenze amministrative, prevede una sanzione a carico dell’organo amministrativo rimasto inerte, con conse- guente perdita del potere di provvedere sulla domanda amministrativa, e sua sostituzione con altro organo, ol- tre ad eventuali sanzioni anche di carattere penale (artt. 650 c.p., 328 c.p.).
La prima tecnica e` riconducibile ad una concezione
delle forme di tutela elaborate dal diritto amministrativo di tipo liberale e soggettivo, conforme ad un modello di processo amministrativo come processo di parti, da ri- corso, incentrato sui motivi, avente lo scopo di meglio garantire chi e` attivo nella «lotta per il diritto».
La seconda tecnica rivela la prevalenza di una con- cezione oggettiva delle tutele amministrative, privilegia l’officiosita` dell’azione amministrativa, la sua doverosita` su un piano generale sganciato dalla posizione dei priva- ti, intesi quali meri destinatari degli effetti favorevoli della cura dell’interesse pubblico svolta in un ambito ri-
xxxxx come e` noto con la legge 31 marzo 1889, n. 5982 per esercitare la giustizia nell’amministrazione).
La legge istituiva della IV Sezione costruiva il ricorso come impugnazione di un atto amministrativo lesivo e supposto illegittimo, ci si chiedeva quindi in qual modo fosse esperibile un rimedio tutte le volte in cui la lesio- ne del privato non dipendesse da un atto che non si sa- rebbe dovuto emanare, ma dalla mancanza di un atto che, dal punto di vista del privato, si sarebbe dovuto emanare.
Altro problema era poi quello del rimedio avverso la mancata formazione di un atto definitivo impugnabile per effetto del differimento sine die della pronuncia su ri- corso gerarchico (problema risolto poi con l’istituto del silenzio-rigetto).
Risulto` ben presto evidente che, se la IV Sezione
fosse rimasta indifferente rispetto al rifiuto dell’ammini- strazione a provvedere, cio` avrebbe comportato la possi- bilita`, per l’amministrazione, di esautorare la giustizia, cos`ı creandosi una facile e agevole via per emanciparsi dal sindacato del giudice.
Il problema era quello del senso del silenzio, se do- vesse essere interpretato come affermazione o come ne- gazione, ed ancora il problema era quello della natura del silenzio se dovesse essere interpretato come atto o come fatto o comportamento.
La prima sentenza che attribuisce un significato al si- lenzio e` del 1902 (2) mentre il primo intervento legisla- tivo e` del 1934 (R.D. 3 marzo 1934, n. 383).
In tale quadro il silenzio e` stato letto come il rove- scio dell’atto amministrativo, che produce gli stessi effet- ti del diniego, sia che si tratti di un provvedimento di primo grado (silenzio - rifiuto o silenzio - inadempimen- to) sia che si tratti di un provvedimento di secondo gra- do (silenzio - rigetto).
Tralasciando la dottrina (3) che attribuisce autono- mia concettuale al silenzio - diniego quale fattispecie di silenzio - rifiuto o rigetto normativamente qualificata da impugnare nel termine decadenziale a pena di inammis- sibilita`, il silenzio - rifiuto identificato con l’inadempi- mento e` sempre stato ritenuto determinante la possibili-
servato allo Stato - amministrazione, e, per questo, con-
serva ancora l’eco paternalistica del PolizeiStaat.
La soluzione di carattere definitorio e` stata adottata a livello generale dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, che ha affermato, sin dal secolo scorso, in consi- derazione del carattere autoritativo e formale dell’atto amministrativo, e della conseguente impossibilita` di fin- gerne l’esistenza con contenuti positivi e concreti, che il silenzio su un’istanza del privato, in ricorrenza di deter- minate condizioni, equivale a rigetto della domanda.
Quest’orientamento giurisprudenziale e` stato per molto tempo l’unica disciplina del silenzio.
Il problema si pose quasi contemporaneamente al sorgere della giustizia amministrativa, sin dai primi anni di attivita` della IV Sezione del Consiglio di Stato (isti-
Note:
(2) Cfr. c.d. arret Xxxxx Cons. Stato, sez. IV, 22 agosto 1902, n. 429 in Giur. It. 1902, III, 343 nel quale con «mirabile sinteticita`» - come osser- vato da Lignani in Enc. Dir., XLII, voce Silenzio (dir. amm.) - si motiva:
«infondata e` l’eccezione di irricevibilita` del ricorso per mancanza di prov- vedimento definitivo. E` vero che contro i decreti di dispensa dal servizio o di destituzione pronunciati dai capi delle Corti, e` fatto salvo il reclamo
al Ministro di Xxxxxx e Giustizia ma quando, come nella specie, l’impiega- to colpito da quella misura disciplinare ripetutamente ricorre al ministero, quando notifica a questo giudiziariamente un atto invitandolo a provve- dere e non vi ottiene alcuna risposta, non potrebbesi non riconoscere nel prolungato silenzio dell’autorita` superiore la determinazione di far proprio il provvedimento contro il quale fu invano ad essa proposto reclamo»; pe- raltro va sottolineato che, secondo altra opinione,il leading case in materia sarebbe costituito da Cons. Stato, sez. IV, 2 marzo 1894, n. 78 relativo al- l’impugnazione di una pronuncia di non doversi provvedere.
(3) Sandulli, Manuale, Napoli, 1989, 675-682.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
887
ta` di ricorso sine die al giudice amministrativo poiche´ in tal caso l’inadempimento maturerebbe giorno per gior- no.
Di conseguenza il silenzio, salvo norme specifiche, e` da ricondurre al fenomeno dell’inadempimento ad ob- blighi.
Tale inadempimento si faceva constare con il decor- so di un congruo lasso di tempo dopo il deposito dell’i- stanza e, successivamente mediante l’assegnazione, a mezzo diffida, di un ulteriore congruo lasso di tempo al- l’amministrazione al fine di ottenere l’adozione di una determinazione espressa.
Il privato era il dominus del tempo del procedimento purche´ fosse congruo (visto in tale ottica l’istituto del termine del procedimento appare addirittura «frodato- rio» per il privato e si pensi alla deprecabile tendenza delle amministrazioni ad autoassegnarsi termini lunghis- simi per la definizione dei procedimenti amministrativi ex lege n. 241/1990).
Successivamente l’art. 5 del citato t.u. delle leggi co- munali e provinciali del 1934 regolava la materia del ri- corso gerarchico in via generale prevedendo che, per la formazione del silenzio, fosse necessario un atto di diffi- da ed il decorso di un termine rigido (sessanta giorni).
Si discusse molto circa l’applicabilita` o meno della disposizione che disciplinava il silenzio - rigetto al silen- zio - rifiuto, prevalendo poi negli anni sessanta la tesi dell’applicabilita` (4).
Nel 1971 le riforme dell’istituzione dei T.A.R. (legge 6 dicembre 1971, n. 1034) e della semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi gerarchici (D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199) erano destinate ad incidere profondamente sulla ricostruzione dell’istituto abrogan- do l’art. 5 della previgente legge com. e prov.
La riforma disciplinava solo l’istituto del silenzio - ri- getto, non prevedendo piu` un atto di parte per la sua formazione, ma solo il decorso del termine di novanta giorni dalla proposizione del ricorso gerarchico, senza che la decisione sia stata comunicata al ricorrente.
La mancanza della diffida e` stata vista come una sor- ta di insidia per il privato, e, quindi la giurisprudenza ha cercato un fondamento diverso all’istituto rinvenuto co- me e` noto, nell’art. 25 del t.u. imp. civ. Stato (5), di- sposizione che regola l’inerzia del funzionario al fine di affermarne la responsabilita` civile.
Pertanto, all’avvento della legge n. 241/1990 la disci- plina era rappresentata dalla riforma normativa del 1971 per il silenzio rigetto e dalla giurisprudenza preto- ria per il silenzio - rifiuto.
Il legislatore ha ritenuto di operare sul terreno dell’i- nerzia amministrativa con l’art. 2 della legge n. 241/ 1990 stabilendo il dovere dell’amministrazione di con- cludere il procedimento con un provvedimento espresso tutte le volte che si ritenga sussistente un obbligo di provvedere.
La sussistenza dell’obbligo di provvedere in relazione alle varie vicende del procedimento e` stata oggetto di
approfondita disamina da parte della giurisprudenza che ha ritenuto tale obbligo quale fondamento dell’istituto del silenzio - rifiuto, incidente sull’ammissibilita` del ri- corso giurisdizionale (6).
L’amministrazione poi, una volta accertato l’obbligo di provvedere, deve adottare il provvedimento finale nel termine previsto da propri atti di autorganizzazione o dalla legge.
Da cio` deriva che, decorso il termine di legge o di regolamento, potra` proporsi ricorso al giudice, senza do- ver fare ricorso al consueto meccanismo della diffi- da (7).
Sulla disciplina ha inciso altres`ı il nuovo art. 21-bis della legge T.A.R., inserito dall’art. 2 della legge n. 205/ 2000 di riforma del processo amministrativo, che ha previsto un rito speciale per i ricorsi avverso il silenzio dell’amministrazione, senza tuttavia toccare il momento formativo del silenzio (ma secondo alcuni toccando il rapporto fra giudice ed amministrazione, attraverso la vera e propria introduzione di un’azione di adempimen- to alla tedesca) (8).
Il fondamento dell’istituto: obbligo di provvedere e potere discrezionale
L’esatta individuazione del fondamento dell’istituto incide sulla determinazione dell’oggetto del giudizio e, pertanto, su quello che si puo` chiedere al giudice e su quello che il giudice puo` fare all’esito di un giudizio avente ad oggetto il silenzio.
In una prima ottica, formalistica e riduttivamente in- centrata sul parallelismo fra atto amministrativo e silen- zio, l’oggetto del giudizio e` il mero annullamento dell’at- to tacito di diniego, dovendosi il silenzio intendere co- me silenzio-attizio, silenzio equiparato, per fictio iuris, al provvedimento amministrativo.
In una seconda piu` feconda prospettiva, che muove dalla natura di mero contegno da riconoscersi all’inerzia amministrativa, e` stato osservato che l’oggetto del giudi-
Note:
(4) Cons. Stato, Ad. plen., 3 maggio 1960, n. 8 in Cons. Stato 1960, I, 822 ss.
(5) Cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 10 marzo 1978, n. 10 in Cons. Stato
1978, I, 335.
(6) Una ampia casistica in Xxxxxxxxx, Il processo amministrativo nella legisla- zione e nella giurisprudenza Milano, 1984, 1073 ss. ove si menzionano i se- guenti gruppi di fattispecie in materia di mancanza dell’obbligo: casi in cui l’amministrazione ha gia` provveduto con atti divenuti inoppugnabili poiche´ l’autotutela e` sempre pienamente discrezionale, salve peculiari eve- nienze o sopravvenienze, casi in cui la p.a. non e` competente, casi in cui non ha il potere di provvedere, infine casi in cui manca qualche presup- posto del provvedimento richiesto.
(7) In tal senso cfr. Schinaia, Notazioni sulla nuova legge sul procedimento amministrativo con riferimento alla deregulation delle attivita` soggette a provve- dimenti autorizzatori ed all’inerzia dell’amministrazione in Dir. Proc. Amm., 1991, 2, 184 ss.
(8) Cfr. X. Xxxxxxxxx, Giudizio amministrativo e silenzio della pubblica ammi- nistrazione in Il nuovo processo amministrativo, a cura di X. Xxxxxxxxxx e X. Xxxxxx, Milano, 2001.
888 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
zio, nel caso del silenzio - rifiuto inteso come istituto di carattere generale, sarebbe l’accertamento dell’obbligo
tenza si limita alla mera declaratoria di inadempimento dell’obbligo, senza valutare la fondatezza dell’istanza pro-
di provvedere da parte dell’amministrazione.
posta dal privato, cos`ı
rimettendo gli atti all’autorita`
Sarebbe l’unico caso, in giurisdizione generale di le- gittimita`, in cui la sentenza del giudice amministrativo avrebbe esclusiva natura di sentenza di accertamento e non di annullamento, vincolando in tal modo in positi- vo il comportamento futuro dell’amministrazione (9).
Anche l’ottemperanza si modella e si atteggia diver- samente a seconda della natura che si voglia riconoscere alla sentenza avente ad oggetto un ricorso avverso il si- lenzio - rifiuto.
Nella prospettiva «classica» della sentenza di annul- lamento, il provvedimento giurisdizionale puo` intender- si come autosatisfattivo, comportando solo il sorgere dell’obbligo di provvedere a carico dell’amministrazione, reinvestita del potere relativo dopo la parentesi giurisdi- zionale.
All’ulteriore inerzia seguirebbero solo sanzioni indi- rette di tipo penalistico, ma non vi sarebbe modo, per il giudice, di sostituirsi all’amministrazione, titolare del po- tere di provvedere.
Nella seconda prospettiva, l’accertamento dell’ina- dempimento ed il suo protrarsi dopo il passaggio in giu- dicato della sentenza, non rimarrebbero senza effetto sul piano dei rimedi giurisdizionali amministrativi, a pena di una perdita di effettivita` della giurisdizione del giudi- ce amministrativo, pertanto, esse sarebbero pienamente ottemperabili.
Peraltro si e` riconosciuto un diverso valore alla sen- tenza di annullamento del silenzio - rifiuto e di accerta- mento dell’obbligo di provvedere, ritenendosi da una parte della dottrina che tali decisioni in tema di silenzio avrebbero il valore sostanziale di una pronuncia di con- danna, fissando gli estremi del dovere inadempiuto nel- la parte motivazionale della decisione, impartendo in tal modo alla pubblica amministrazione istruzioni e di- rettive sul modo in cui essa deve adempiere il dovere ri- masto inadempiuto.
Tale valore, da riconoscersi alla parte motivazionale della decisione sul silenzio - rifiuto, non sarebbe analogo a quello della motivazione della sentenza di annulla- mento di un provvedimento espresso (nella quale le di- rettive contenute in motivazione segnano i confini del-
che deve pronunciarsi sull’istanza.
La giurisprudenza ha ritenuto che, in tema di attivita` vincolate, la pronuncia possa andare oltre il mero accer- tamento dell’inadempimento all’obbligo di provvedere, ma in tema di attivita` discrezionali non si e` spinta cos`ı in avanti (10).
Il problema e` di quelli centrali per definire il ruolo della giurisdizione del giudice amministrativo e del pro- cesso, dovendosi muovere l’interprete nell’alternativa mai del tutto risolta fra giudizio sull’atto e giudizio sul rapporto, ricercando il sempre mobile fondamento della possibile tutela.
Perche´ la difficolta` e` nel fondamento: non basta ri- solvere tutto nella menzione dell’obbligo di provvedere ma bisogna prendere atto che tale obbligo opera all’in- terno di un rapporto giuridico del tutto particolare quel- lo fra il cittadino ed il potere amministrativo, potere avente connotati discrezionali.
Quale obbligo e` quello che incide pur sempre sul po- tere ossia su una posizione che postula solo soggezione innanzi a se´? Quale rapporto giuridico di prestazione, leggibile nel prisma dei rapporti creditori di diritto-ob- bligo e` quello configurabile laddove la situazione giuridi- ca soggettiva e` l’interesse legittimo (oppositivo o preten- sivo)? Quale consistenza ha il diritto del cittadino alla domanda amministrativa? Quale possibilita` di esauri- mento della posizione dell’amministrazione ha lo sche- ma del rapporto giuridico incentrato sull’obbligo di provvedere? Ma, per converso, che resta del potere am- ministrativo in caso di violazione dell’obbligo di provve- dere? L’obbligo di provvedere violato non autorizza il giudice a sostituirsi all’amministrazione, in giurisdizione di merito, per garantire effettivita` alla tutela delle posi- zioni dei privati, al di la` della fondatezza delle istanze da questi ultimi avanzate?
Sono le domande insolute che rendono il potere
«inafferrabile» e potrebbero indurre a ritenere che, in materia di silenzio, ogni riforma non sia destinata ad al- tro che a produrre amletismi di nuovo conio.
Conviene allora ancorarsi alle poche certezze che of- fre la scienza amministrativistica.
l’effetto conformativo della sentenza) poiche´, nel caso
del silenzio rifiuto, il giudizio, in mancanza di un atto amministrativo si svolgerebbe direttamente sull’obbligo di provvedere e sul suo contenuto, obbligo preesistente alla sentenza di annullamento del giudice amministrati- vo e non riconducibile quindi al potere conformativo dell’azione amministrativa da riconoscersi in via genera- le alla sentenza costitutiva di annullamento.
In diversa prospettiva, pur concorde nell’accettare la natura di accertamento della sentenza in tema di silen- zio, si e` rilevato che nel nostro ordinamento non e` stata introdotta in modo espresso alcuna azione di adempi- mento nei confronti dell’amministrazione, e che la sen-
Note:
(9) Sul punto cfr. Xxxxxxx, voce Silenzio in Enc. Dir. XLII, Milano, 1990, 569.
(10) Una delle ricostruzioni piu` efficaci e lucide della problematica e` in Caianiello, Diritto processuale amministrativo Milano, 1990, 385 ss. che evi- denzia, fra l’altro, con intento costruttivo, in una lunga ed ancora attuale disamina sull’oggetto del processo amministrativo, come ogni sentenza amministrativa ha un nucleo di accertamento costitutivo e che «il giudice amministrativo e` stato concepito proprio in funzione di sostituzione del- l’amministrazione», che vi e` una generale esigenza di satisfattivita` della giurisdizione amministrativa, cos`ı evitando di contrapporre artificiosamen- te nel processo amministrativo annullamento ed accertamento e distin- guendo l’oggetto del processo a seconda della situazione giuridica fatta va- lere.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
889
Fra queste feconda ed insuperata appare la notazione dell’illustre autore che voleva il silenzio innestato su una relazione di durata fra cittadino ed amministrazione, nel corso della quale si svolge un complesso gioco di aspettative e di influenze (11).
Il silenzio e` la disciplina del rapporto che si apre con l’inerzia dell’amministrazione su una domanda del priva- to sulla quale l’amministrazione ha obbligo di provvede- re e che si chiude con l’esercizio della funzione ammini- strativa: in tale spazio costituisce un campo ancora pro- blematico, nonostante la riforma della legge n. 205/ 2000, la concreta determinazione del contenuto dell’ob- bligo di provvedere ossia la determinazione del provve- dimento, che non puo` non dipendere dalla situazione soggettiva vantata nei confronti dell’amministrazione ed in definitiva, dalla natura del potere che quest’ultima deve esercitare.
Ed ancora la natura del potere non puo` definirsi solo
a partire da norme processuali come l’art. 21-bis della legge T.A.R., che disciplina il ricorso in tema di silen- zio, introducendo un rito piu` snello e rapido perche´ in- centrato sull’emanazione di una rapida condanna a provvedere e sul rapido accesso ad un giudizio di «ot- temperanza speciale».
Sarebbe un segno di tipica inversione metodologica fra diritto processuale e sostanziale la conclusione che facesse dipendere l’individuazione dell’oggetto del giudi- zio da una specifica norma processuale su un rito specia- le, mentre il ruolo che il giudice amministrativo e` chia- mato a svolgere nei confronti del silenzio dipende, in modo evidente, dalla ricostruzione che si faccia della natura del potere amministrativo e del rapporto fra cit- tadino ed amministrazione.
Forse qualche spunto per una ricostruzione unitaria dell’istituto, che non incontri le consuete aporie logiche dovute alla distinzione fra potere discrezionale e potere vincolato, si puo` trarre ponendosi nella piu` ampia pro- spettiva del rapporto fra cittadino e p.a., come suggerito da Xxxxx.
E` il tema dell’uguaglianza giuridica tra amministrazio-
ne e cittadino che si deve porre al centro della ricostru- zione dell’istituto del silenzio (12).
Ed allora sara` evidente che lo statuto dell’ammini- strazione che viola il dovere di provvedere nel caso concreto non puo` essere il medesimo dell’amministra- zione che esercita tempestivamente il potere attribuitole nell’interesse pubblico: in effetti finche´ la funzione non viene esercitata amministrazione e cittadino sono sul piano di parita`, ma tale parita` si riduce ad un nudum nomen se non e` materiata da forme di tutela adeguata avverso l’inerzia dell’amministrazione.
A questo punto e` evidente come il silenzio possa svolgere una funzione di riequilibrio delle posizioni fra privato ed amministrazione, in senso lato sanzionatoria dell’inerzia, agendo non sul piano della riduzione del potere discrezionale ad attivita` a rime obbligate, dettate dal giudice, quanto sul piano dello spostamento di com-
petenza, dall’organo amministrativo ordinario a quello straordinario (commissario ad acta nominato dal giudi- ce), del potere di provvedere, con singolare abbinamen- to alla tecnica qualificatoria di tutela (basata sulla attri- buzione di significati al silenzio) della tecnica coercitivo strumentale, basata sulla sostituzione di competenze.
Questo non comporta il riconoscimento all’ordine di provvedere di un contenuto di riconoscimento della fondatezza dell’istanza del privato anche nel caso in cui l’amministrazione sia titolare di potere discrezionale, ma conduce a ritenere che l’ulteriore inadempimento del- l’amministrazione alla condanna portante il generico or- dine di provvedere, legittima la nomina di un commis- sario «che provveda in luogo dell’amministrazione» (art. 21-bis legge T.A.R.).
Tale commissario, organo ibrido come sempre, si at- teggera` come organo straordinario della p.a. piuttosto che come ausiliario del giudice, nei casi in cui l’ammini- strazione abbia un potere discrezionale di determinazio- ne del contenuto del provvedimento ed il giudice, nello iussum giudiziale non abbia approfondito alcun profilo di fondatezza, nel merito, dell’istanza del privato.
In tali casi il commissario si deve ritenere dotato del potere di provvedere, per ordine del giudice ma non in esecuzione di un dictum giudiziale avente preciso conte- nuto, in sostituzione della stessa amministrazione, al fine di superare la situazione illecita determinata dall’inerzia amministrativa.
L’amministrazione, per parte sua, perde il potere di provvedere dall’insediamento del commissario, salva la possibilita` di tener conto del provvedimento tardivo dell’amministrazione, adottato prima dell’insediamento del commissario (13).
Le teorie progressive sull’azione di adempimento dopo la riforma
In una prospettiva completamente diversa si situa la dottrina piu` volte richiamata (14) che ritiene ammissi- bile, sulla scorta dell’art. 21-bis della legge T.A.R. intro- dotto dalla legge n. 205/2000 l’azione di adempimento alla tedesca.
In proposito, dopo un’approfondita disamina della disciplina tedesca a fini comparativistici, la dottrina ha evidenziato gli argomenti in base ai quali dovrebbe rite- nersi possibile una condanna all’adozione di un certo provvedimento amministrativo e non solo all’adozione del provvedimento.
Note:
(11) Cos`ı Xxxxx, Diritto amministrativo e processo amministrativo nel bilancio di dieci anni di giurisprudenza in Foro It., 1985, V, 121 ss.
(12) In tal senso cfr. B. E. Xxxxxxxxx, Silenzio della pubblica amministrazione
in Dig. IV disc. pubbl., XIV, Torino, 1999, 160 ss.
(13) Sul venir meno del potere in conseguenza della nomina, nel quadro della disciplina antecedente la riforma di cui alla legge n. 205/2000 cfr.
T.A.R. Puglia, sez. I, 2 maggio 1994, n. 910 in TAR 1994, 2789.
(14) Cfr. X. Xxxxxxxxx op. ult. cit.
890 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
In primo luogo s’e` rilevato che il giudice amministra- tivo ha sempre accertato, anche nel giudizio di annulla- mento, la situazione soggettiva lesa.
In secondo luogo s’e` notato (sulla scorta di Xxxxxxx- lo) che ogni sentenza anche di annullamento ha un contenuto, nel suo nucleo, di accertamento della posi- zione giuridica vantata, quale metro per valutare l’ille- gittimita` di un provvedimento.
Ancora: s’e` sottolineato che non vi sono vincoli co- stituzionali impeditivi all’introduzione di una «giurisdi- zione piena» in tema di silenzio poiche´ l’art. 103 Cost. affida al Consiglio di Stato ed agli altri organi di giusti- zia amministrativa la tutela delle posizioni di interesse legittimo ma non detta limiti particolari ai poteri del giudice amministrativo (15). Poi, sul piano degli argo- menti esegetici, si e` rilevato che l’art. 21-bis legge
T.A.R. non contiene alcun riferimento ai vizi di legitti- mita` dell’atto, poiche´ si tratta di un giudizio sulla spet- tanza del bene della vita, e che l’ordinamento italiano non contiene una norma limitativa del tipo dell’art.
114 VwGO (Verwaltungsgerichtsordnung) e quindi non contiene alcuna norma di salvaguardia del merito amministrativo, salva la verifica dei concetti giuridici indeterminati e pertanto si configura nel nostro ordina- mento una vera e propria giurisdizione di merito.
Il proprium della giurisdizione di merito sarebbe la valutazione giudiziale sostitutiva della scelta discrezio- nale dell’amministrazione, il giudice che si fa ammini- stratore.
L’art. 21-bis, in questa chiave, non tutela solo un in- teresse alla tempestivita` dell’azione amministrativa ma legittima il giudice, tramite il commissario ad acta, a scendere sul terreno della concreta analisi dell’assetto degli interessi e della risoluzione della vicenda inerente la spettanza del provvedimento richiesto dal privato.
Il provvedimento da adottare in via sostitutiva deve essere definito nella stessa sentenza di condanna xxxxxx´ il commissario ad acta e` un ausiliario del giudice che esegue la sentenza, senza poter andare al di la` di un ruo- lo strettamente strumentale alla sua esecuzione.
Non v’e` timore di alterazione degli equilibri costitu- zionali relativi all’unita` dell’indirizzo politico, stante la separatezza fra politica ed amministrazione e la rarita` dei casi di silenzio su attivita` programmatorie di rilievo poli- tico.
La sostituzione del giudice all’amministrazione poi, non sarebbe violativa dei canoni costituzionali poiche´ avverrebbe in un clima di patologica inerzia dell’ammi- nistrazione.
I confini dell’istituto - tuttavia conclude la dottrina esaminata - saranno sempre tracciati in via pretoria dai giudici amministrativi e qui ritorna la possibilita` di per-
prontata a self restraint con riguardo agli sconfinamenti nel merito amministrativo.
La portata della sentenza in tema di silenzio
Nella sentenza in commento si valuta tra le righe la concezione del silenzio che ha mosso il giudice xxxxxx- strativo.
Per nulla impressionato dalle rilevanti novita` norma- tive richiamate dalla societa` ricorrente (consistenti nel D.Lgs. n. 80/1998 e nella sentenza n. 500/1999 della Corte di Cassazione) e dal prospettato contenuto esecu- tivo della pronuncia relativa all’annullamento del silen- zio - rifiuto (al quale si lega un significato implicito di integrale riconoscimento del danno urbanistico che si assume subito ed un effetto integralmente ripristinatorio della posizione giuridica della societa` fatta valere con l’i- stanza sulla quale si era formato il silenzio annullato) il giudice amministrativo dichiara inammissibile la doman- da di ottemperanza perche´ esorbitante dall’effetto dichia- rativo e costitutivo del giudicato formatosi inter partes.
Osserva il giudice amministrativo che l’esecuzione del giudicato sull’inerzia passa nella specie attraverso l’a- dozione di un provvedimento che tenga luogo dell’an- nullato silenzio - rifiuto.
Il giudice amministrativo non esclude la possibilita` di riadozione dell’atto annullato, emendato dai vizi rile- vati dal giudice, consistenti in sostanza nella mancata ponderazione di tutti gli interessi coinvolti nella fatti- specie, ivi compreso quello della societa` ricorrente la cui istanza finalizzata alla realizzazione del verde pubbli- co attrezzato non era mai stata presa in esame, dopo l’approvazione in via urgente da parte della giunta mu- nicipale del progetto della ricorrente, approvazione av- venuta con atto mai ratificato dal Consiglio ed annulla- to senza sufficiente motivazione.
Quindi la spettanza del bene della vita, secondo l’as- sunto del giudice di Palazzo Spada, deve essere valutata dall’amministrazione e non e` implicita nella pronuncia di annullamento del silenzio - rifiuto da intendersi come mero accertamento dell’obbligo di provvedere senza vincoli ulteriori per l’azione amministrativa.
Si tratta di un indice abbastanza significativo dell’esi- stenza del self- restraint del giudice amministrativo in te- ma di silenzio e giurisdizione di merito.
In fondo, si puo` osservare, arricchendo la prospettiva con lo sguardo al nuovo art. 21-bis della legge T.A.R.: con tale disposizione il legislatore non ha voluto fare al- tro che accelerare i termini per lo svolgimento del giu- dizio.
La sentenza deve essere succintamente motivata, fat- to che non sembra armonizzarsi con la valutazione del merito amministrativo.
dere l’acquisizione del pensiero appena ottenuta come
nell’adagio shakespeariano posto quale incipit di questa nota: la volonta` ed i piani del legislatore dovendo fare i conti con gli esiti della concezione giudiziale del rappor- to fra giudice ed amministrazione, tradizionalmente im-
Nota:
(15) In tal senso anche Pajno Il riparto di giurisdizione in Trattato Cassese, parte speciale, vol. IV, Milano 2000 e 2001 sui limiti costituzionali espri- mono una posizione diversa, come e` noto, Corasaniti e Bile.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
891
I termini per l’appello sono ridotti per finalita` accele- ratorie che nulla hanno a che fare con la trasposizione in sede giurisdizionale di temi attinenti il merito ammi- nistrativo.
Se il giudice incontra il potere discrezionale dell’am- ministrazione, annulla il silenzio e condanna a provve- dere rimettendo all’amministrazione la valutazione di- screzionale della fattispecie.
La nomina del commissario e` un atto dovuto per il fatto che al commissario, in ipotesi di perdurante inerzia dell’amministrazione, sono rimesse le valutazioni discre- zionali di competenza di quest’ultima, anche il di fuori dell’esistenza di guide-lines di tipo giudiziale.
Cio` sarebbe piu` in linea con l’esigenza di rispettare l’unita` dell’indirizzo politico - amministrativo e di evita- re che lo Stato di diritto si trasformi in stato dei giudici. L’indirizzo adombrato dal Consiglio di Stato nella pronuncia in commento sembra in sostanza non decam- pare da un’adesione al tradizionale modello di relazioni fra giudice ed amministrazione in tema di silenzio, no-
nostante la riforma di cui alla legge n. 205/2000.
Peraltro non si puo` ignorare che la giurisprudenza evidenzia che l’obbligo di provvedere viene scrutinato con maggiore o minore profondita` secondo una logica del case by case piuttosto ferrea anche se empiricamente fondata.
L’obbligo di provvedere si spinge nella direzione di un certo provvedimento se vi sono attivita` vincolate; puo` essere, tuttavia, anche in assenza di queste ultime, che il giudice accerti i presupposti dell’istanza (legitti- mazione attiva, competenza dell’autorita` ad`ıta, ritualita` e tempestivita` dell’istanza) fino ad allargarsi all’oggetto del provvedimento in relazione all’area dei motivi avan- zati con il ricorso.
Per tale via puo` anche esaurire l’intera materia (atti
autoritativi a contenuto vincolato come gli inquadra- menti rendevano l’evenienza piuttosto frequente, il giu- dice annullava il rifiuto accertando il possesso dei tito- li).
Talvolta s`ı e` ritenuto che il giudice non puo` accerta- re, in presenza di un potere discrezionale, la spettanza del bene della vita, tuttavia perdurando l’inerzia del- l’amministrazione, nel successivo giudizio di xxxxxxx- ranza potra` entrare nel merito (16).
Altre volte, aderendo all’opzione sopra definita pro- gressiva, si e` affermato che il giudice puo` determinare il contenuto dell’atto che l’amministrazione e` chiamata ad adottare (17).
La attitudine al self restraint e` solo la cornice cultura-
ra e propria attivita` esecutiva del dictum giudiziale ora le forme di un’attivita` amministrativa svolta dal commissa- rio ad acta nominato dal giudice, con esaurimento della competenza ordinaria della p.a. rimasta inerte.
In conseguenza di cio` si coglie la portata attuativo- cognitiva dell’ottemperanza, che ha una certa attitudine ad integrare il giudicato amministrativo, fisiologicamen- te legata alla necessaria incidenza del giudizio ammini- strativo sull’azione della p.a. intesa quale attivita` peren- nemente in fieri, incerta nel suo farsi quotidiano, sog- getta a continui mutamenti e correzioni, fra flessibilita` e coerenza, vincoli e sopravvenienze, tanto che in alcun modo l’attivita` del giudice amministrativo in tema di esecuzione del giudicato puo` essere paragonata a quella, scandita da termini e certezze e segnata dal titolo esecu- tivo, del giudice civile.
L’ottemperanza si rivela giudizio di natura esecutiva ma eventualmente anche cognitoria, poiche´ il giudizio amministrativo non si svolge secondo lo schema tipico del diritto civile diritto - obbligo, ma secondo lo sche- ma del sindacato su potesta`, schema che non viene me- no anche ove si verta in tema di inadempimento del- l’obbligo di provvedere, poiche´ tale obbligo di provve- dere non e` suscettibile di esaurire la funzione ammini- strativa in presenza della discrezionalita` nel quomo- do (18).
In diversa ma affine prospettiva, la natura mista del giudizio di ottemperanza e` stata ritenuta prevalentemen- te cognitoria e solo secondariamente di esecuzione, poi- che´ si tratterebbe di un giudizio che progressivamente attua la definizione delle regole da rispettare nel corso dello svolgimento dell’attivita` amministrativa, work in progress come e` tipico dell’attivita` amministrativa o pro- secuzione del giudizio di merito diretta ad arricchire il contenuto della sentenza amministrativa (19).
Esecuzione e` attuazione di una regola, dove una re- gola non c’e` o e` vaga non puo` esservi esecuzione ma cognizione.
In materia di silenzio - rifiuto l’attivita` esecutiva sara` prevalente le quante volte il giudizio di condanna, per la natura del potere sindacato, vincolato in alcuni suoi aspetti, vertera` sul contenuto dell’atto amministrativo rifiutato mentre, in presenza di un nucleo di discrezio- nalita` rimasto non vagliato dal giudizio di condanna, solo successivamente, nella fase eventuale del processo successiva alla sentenza - nella quale, in presenza della perdurante inerzia dell’amministrazione, si puo` presenta- re un’istanza per la nomina del commissario ad acta - la
le entro la quale si muove, con attitudine casuistica e
creatrice, l’attivita` pretoria del giudice amministrativo.
L’ottemperanza speciale alla sentenza di condanna in tema di silenzio
L’ottemperanza speciale in tema di silenzio si model- la in relazione alla diversa sagoma dell’accertamento ef- fettuato in sentenza, prendendo ora la forma di una ve-
Note:
(16) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 27 settembre 1993, n. 796.
(17) Cons. Stato, sez. V, 12 marzo 1996, n. 251.
(18) Su tali concetti Caianiello, Esecuzione delle sentenze amministrative in
Enc. Dir., agg. III, 1999.
(19) Cfr. Xxxxxxx`, L’ottemperanza come prosecuzione del giudizio amministra- tivo in Il giudizio di ottemperanza Milano, 1983, 159 ss.
892 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
cognizione del giudice amministrativo potra` dirsi piena- mente estesa al merito ed il profilo cognitorio dell’attivi- ta` potra` dirsi prevalente sul profilo esecutivo.
Cio` tuttavia avverra` solo in presenza di una perdu- rante inerzia della p.a. della durata di trenta giorni dalla comunicazione della sentenza recante l’ordine di prov- vedere all’emanazione dell’atto rifiutato.
Puo` quindi dirsi che e` normale che, tenuta all’esecu- zione della condanna sia di norma l’amministrazione, mediante l’esercizio del potere discrezionale prima non esercitato, se vi e` uno spazio di discrezionalita` non esaurita dalla valutazione del giudice in sede di condan- na.
La mancanza dell’atto di esercizio del potere in pre- senza della sentenza di condanna determina il trasferi- mento di competenza in capo all’organo straordinario nominato dal giudice e fonda la giurisdizione di merito integrativo-attuativa, anche nello spazio di valutazione del merito amministrativo, che tuttavia deve intendersi lasciato alla scelta dell’organo straordinario nei limiti esterni di legittimita` che il giudice amministrativo vor- ra` segnare all’atto della nomina, onde circoscrivere l’ambito dell’intervento legittimo dell’organo commis- sariale.
La specialita` del rito risiede nella circostanza che sembra possibile prescindere dal passaggio in giudicato della sentenza (ottemperabili, dopo la legge n. 205/2000 sono tutte le sentenze di primo grado), dall’esistenza di un ricorso ad hoc (l’art. 21-bis richiede una richiesta di parte, quindi un qualsiasi atto depositato nel giudizio precedente, senza necessita` di notifica ad altre parti ed, in particolare all’amministrazione dovendosi effettuare in via officiosa, successivamente al deposito dell’istanza, le comunicazioni necessarie all’integrazione del contrad- dittorio), dalla semplicita` delle forme, camerali, dalla concentrazione del giudizio di ottemperanza speciale, che si configura come una fase eventuale del precedente giudizio di condanna.
Ma la specialita` risiede anche nell’ampiezza dei pote- ri di cognizione da riconoscersi al giudice nella fase di ottemperanza, potendosi in tal caso addentrare l’organo straordinario nello svolgimento concreto dell’attivita` amministrativa, nei limiti fissati dalla domanda sulla quale la p.a. e` rimasta inerte, senza che sia necessario immaginare che i limiti oggettivi del giudicato debbano necessariamente condurre alla prefigurazione di un provvedimento di un certo contenuto e che l’attivita` del commissario, essendo strettamente strumentale alla sentenza, sia possibile solo in presenza di un accogli- mento dell’azione di adempimento.
Deve infatti ritenersi che l’azione di adempimento non abbia ingresso nel nostro ordinamento e che, nondimeno, esso garantisca l’effettivita` della tutela giu- risdizionale, mediante la tecnica della nomina dell’or- gano del commissario ad acta sagomata sull’intervento della p.a. tipico del controllo amministrativo sostituto- rio.
Deve quindi riconoscersi che l’obiter dictum della sen- tenza, secondo il quale in limitati ambiti il giudizio di ottemperanza e` idoneo ad aggiungere un contenuto co- gnitivo (cioe` sostanziale) al giudicato gia` formatosi e` ri- feribile all’ottemperanza speciale della sentenza di con- danna in tema di silenzio, in presenza di perdurante inerzia dell’amministrazione e di mancato esercizio di un potere discrezionale.
Opinando altrimenti, ove non si ammetta l’azione di adempimento, dovrebbe concludersi per l’impossibilita` di eseguire la sentenza, affidandosi solo a sanzioni pena- li, che tuttavia non sono idonee a far conseguire il bene della vita.
La ricostruzione effettuata concilia le caratteristiche tradizionali del nostro sistema di giustizia amministrativa con la spinta verso l’effettivita` della tutela giurisdiziona- le, ma testimonia di un processo amministrativo ancora in mezzo al guado fra giudizio su atto e giudizio su rap- porto.
Il giudizio di cui all’art. 35, comma 2 del D.Lgs. n. 80/1998
Particolare interesse riveste anche la parte della sen- tenza dedicata alla c.d. ottemperanza anomala ossia al- l’intervento anche condannatorio del giudice dell’ot- temperanza previsto dall’art. 35, comma 2 del D.Lgs. n. 80/1998 in caso di fallimento della prima fase collabora- tiva tra ricorrente vittorioso nel giudizio di cognizione e amministrazione debitrice.
L’istituto viene letto con parallelismo alla condanna generica del processo civile e viene ritenuto inapplicabi- le in mancanza di una statuizione che contenga una de- cisione sull’an debeatur del risarcimento danni e la indi- cazione dei criteri in base ai quali l’amministrazione pubblica o il gestore del pubblico servizio devono pro- porre a favore dell’avente titolo il pagamento di una somma entro congruo termine.
La sentenza, sulla scorta del noto arresto della Xxxx.
n. 500/1999 rileva che il risarcimento danni non e` una sorta di sanzione patrimoniale conseguente in modo quasi automatico all’annullamento dell’atto amministra- tivo e che, pertanto, nel giudizio di cognizione piena ed esauriente e` necessario accertare l’effettiva sussistenza di tutti gli elementi della fattispecie aquiliana, vagliando l’effettivo contenuto e la specifica consistenza dell’inte- resse legittimo leso dall’atto illegittimo.
Inoltre, su tale punto, v’e` anche la necessita` di non violare la guarentigia costituzionale del doppio grado di giudizio.
In sede di primo commento la disciplina di cui al comma 2 dell’art. 35 e` stata posta in connessione con l’intento del legislatore di consentire il ristoro del danno da lesione di interesse legittimo (poi riconosciuto dalla nota sentenza Xxxx., Sez. Un., n. 500/1999).
Si voleva risolvere un duplice problema: 1) difficolta` di liquidare in modo razionale tale tipo di danno quan- do si risolve in perdita di chanches; 2) opportunita` di in-
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
893
dividuare un meccanismo di determinazione del danno di tipo indennitario, basato sul risarcimento non inte- grale del danno sofferto (20)
Il procedimento e` sempre facoltativo, il giudice am- ministrativo, se ricorrono le condizioni puo` sempre li- quidare il danno per l’intero.
Puo` pronunciare anche condanna generica senza fis- sazione dei criteri qualora vi sia apposita domanda in tal senso.
Controversa e` la questione relativa alla necessita` di un’apposita istanza di parte perche´ il giudice possa pro- nunciare nei limiti della fissazione dei criteri (21).
Si deve ritenere che il tipo di pronuncia costituisca, a differenza della condanna generica, per la finalita`, una sorta di deroga autorizzata al principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato e che il giudice amministrati- vo possa limitarsi alla semplice fissazione dei criteri sen- za liquidare completamente il danno, nonostante la do- manda di parte non abbia chiesto il «risarcimento a tappe».
La formulazione della norma prescinde da un’istanza di parte e depone nel senso della natura officiosa del potere di fissazione dei criteri di risarcimento danni.
L’interpretazione avanzata ha meritato critiche all’i- stituto poiche´ una parte della dottrina ha osservato che non si vede l’utilita` di spezzare l’iter processuale in due fasi distinte, intervallate dal tentativo di liquidazione del danno in via amichevole.
Tuttavia la critica non appare consapevole della spe- cificita` delle difficolta` che il giudice amministrativo in- contra nella liquidazione nonostante la possibilita` di ri- correre a consulenze tecniche, per la possibilita` di valu- tazioni equitative ex artt. 2056 e 1226 c.c e per l’atti- nenza della quantificazione a ponderazioni connesse con il merito amministrativo (si pensi alla consistenza del bene della vita attribuibile, ad es. in ragione delle diverse clausole concessorie ipotizzabili in caso di viola- zione dell’interesse legittimo pretensivo all’ottenimento di una concessione).
I criteri di liquidazione fissati dal giudice devono es- sere assunti come base per un accordo fra p.a. e privato. Se l’accordo non si conclude, con il ricorso previsto dall’art. 27, comma 1, n. 4, del t.u. Cons. Stato, puo` es-
sere chiesta la determinazione della somma dovuta.
Il giudizio di ottemperanza e` atipico o anomalo per- che´ ha ad oggetto la liquidazione del danno ed e` azio- nabile sul presupposto del mancato raggiungimento del- l’accordo, in presenza di una sentenza anche non passa- ta in cosa giudicata.
L’atipicita` dell’ottemperanza in questione aumenta qualora si xxxxxxx l’esperibilita` del rimedio anche nel caso in cui si verifichi un inadempimento all’accordo pur raggiunto.
Tale giudizio e` inammissibile nel caso in cui la sen- tenza, pur non passata in giudicato non contenga alcu- na statuizione sull’an debeatur e, quindi, non si sia svolto
alcun tentativo di definizione bonaria del risarcimento sulla base della decisione del giudice.
L’ottemperanza e` quindi estesa alla liquidazione ma non puo` comportare la traslazione di tutto il giudizio sul risarcimento in sede di ottemperanza cognitiva.
Anche l’ottemperanza anomala rivela la valenza pre- valentemente cognitiva dell’esecuzione della sentenza amministrativa.
La sentenza che definisce il quantum del risarcimento e` appellabile, trattandosi di sentenza che non esegue ma integra il precetto contenuto nella sentenza ottemperata in via anomala.
Eguale conclusione deve trarsi per gli analoghi casi di ottemperanza speciale contra silentium.
Commiato
L’ottemperanza rivela, nella prospettiva dei procedi- menti trattati, la sua attitudine a completare lo iussum giudiziale.
La ragione del peculiare atteggiarsi della esecuzione della sentenza amministrative in modalita` cognitorie ri- siede nell’inafferabilita` del potere, che richiede duttilita` di strumentario giuridico a disposizione del giudice e giudice xxx xxxxxxxx a comprenderne le valenze.
Non e` forse ancora l’ora del giudizio amministrativo sul rapporto, ma l’attivita` pretoria del giudice xxxxxx- xxxxxxxx non e` mai stata cos`ı feconda.
Note:
(20) Cfr. cos`ı lucidamente X. Xxxxxx, La nuova giurisdizione amministrativa in materia edilizia, urbanistica e dei pubblici servizi in questa Rivista 1998, 592 ss.
(21) Cos`ı ancora X. Xxxxxx op. ult. cit.
894 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
Il problema delle polizze fideiussorie rilasciate da intermediari finanziari diversi dalle banche
CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 31 gennaio 2001, n. 355
Pres. Rosa - Est. Lipari - Comune di Clusone c. Impresa Lo Presti
L’Impresa partecipante ad una gara per l’aggiudicazione di un contratto della Pubblica amministrazione non puo` presentare a titolo di cauzione, una fideiussione rilasciata da un Istituto finanziario iscritto nell’elenco tenuto dal Ministero del tesoro ai sensi dell’art. 106 D.Lgs. 18 settembre 1993 n. 385, non essendo il detto Istituto, a tal fine, equiparato ad un’impresa di assicurazione o ad un’azienda di credito autorizzata all’attivit`a bancaria, atteso che la formulazione dell’art. 107 D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554 (recante il regolamento di attuazione della legge 11 febbraio 1994 n. 109 e successive modificazioni) impone di interpretare l’espressione «fideiussione bancaria o assicurativa» valorizzando il profilo ogget- tivo della garanzia da prestarsi - ricondotto allo schema contrattuale della fideiussione - e l’ulteriore elemento di specificazione concernente la natura assicurativa o bancaria del contratto; pertanto, in tale contesto, la posizione degli intermediari finanziari resta ancora diversa da quella delle banche e degli istituti assicurativi, con la conseguenza che resta preclusa la possibilit`a di costituire le garanzie median- te fideiussione prestata da intermediario finanziario.
Diritto
Con il provvedimento impugnato in primo grado, il competente dirigente responsabile del comune di Clu- sone ha disposto la decadenza dell’impresa Lo Presti Vi- to dall’aggiudicazione dell’appalto per la realizzazione di lavori.
Secondo tale atto, l’aggiudicatario non aveva prodotto, nei termini prescritti dal bando, la fideiussione bancaria per la garanzia dell’esecuzione delle opere, prevista dal- l’articolo 30 della legge n. 109/1994 e dal punto E) del bando. Secondo l’amministrazione, tanto la legge stata- le, quanto la clausola di gara imponevano di presentare una garanzia fideiussoria rilasciata da un istituto banca- rio o assicurativo: ne consegue, quindi, l’inidoneita` della polizza fideiussoria rilasciata dall’Istituto Finanziario Me- diterraneo, che assume la fisionomia della «societa` di servizi finanziari» e non rientra tra le imprese autorizzate dalla Banca d’Italia all’esercizio dell’attivita` bancaria se- condo le disposizioni di cui al decreto legislativo 18 set- tembre 1993, n. 385.
A dire del tribunale la decadenza e` illegittima, in quan-
to l’espressione «fideiussione bancaria» deve riferirsi a tutti i soggetti autorizzati dalla legge bancaria alla con- cessione di crediti nei confronti del pubblico. Una di- versa interpretazione si porrebbe in contrasto con la
normativa comunitaria e con il principio costituzionale di liberta` di iniziativa economica privata.
2. L’appello e` fondato.
L’articolo 30 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 stabi- lisce la seguente disciplina.
«1. L’offerta da presentare per l’affidamento dell’esecu- zione dei lavori pubblici e` corredata da una cauzione pari al 2 per cento dell’importo dei lavori, da prestare anche mediante fideiussione bancaria o assicurativa e dal- l’impegno del fideiussore a rilasciare la garanzia di cui al comma 2, qualora l’offerente risultasse aggiudicatario. La cauzione copre la mancata sottoscrizione del contrat- to per fatto dell’aggiudicatario ed e` svincolata automati- camente al momento della sottoscrizione del contratto medesimo. Ai non aggiudicatari la cauzione e` restituita entro trenta giorni dall’aggiudicazione.
2. L’esecutore dei lavori e` obbligato a costituire una ga- ranzia fideiussoria del 10 per cento dell’importo degli stessi. In caso di aggiudicazione con ribasso d’asta supe- riore al 20 per cento la garanzia fideiussoria e` aumentata di tanti punti percentuali quanti sono quelli eccedenti il 20 per cento. La mancata costituzione della garanzia determina la revoca dell’affidamento e l’acquisizione della cauzione da parte del soggetto appaltante o conce- dente, che aggiudica l’appalto o la concessione al con- corrente che segue nella graduatoria. La garanzia copre gli oneri per il mancato od inesatto adempimento e ces-
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
895
sa di avere effetto solo alla data di emissione del certifi- cato di collaudo provvisorio.
2-bis. La fideiussione bancaria o la polizza assicurativa di cui ai commi 1 e 2 dovra` prevedere espressamente la rinun- cia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale e la sua operativita` entro quindici giorni a semplice richiesta scritta della stazione appaltante. La fi- deiussione bancaria o polizza assicurativa relativa alla cauzione provvisoria dovra` avere validita` per almeno centottanta giorni dalla data di presentazione dell’offerta. (...)7. Sono soppresse le altre forme di garanzia e le cau- zioni previste dalla normativa vigente».
La formula legislativa e` incentrata su di un’espressione
che considera il profilo oggettivo della garanzia, ricon- dotto allo schema contrattuale della fideiussione ed un ulteriore elemento di specificazione, concernente la na- tura assicurativa o bancaria del contratto.
Ragioni di carattere sistematico e letterale impongono di ritenere che gli aggettivi utilizzati dalla legge non in- dicano modalita` del rapporto o ambiti legislativi di rife- rimento, ma individuano i soggetti abilitati a prestare le prescritte garanzie.
Nei contratti di garanzia personali la posizione del sog- getto obbligato assume un ruolo determinante: nell’as- setto attuale, il particolare regime soggettivo degli istitu- ti bancari ed assicurativi sembra consentire, di regola, una maggiore affidabilita`, particolarmente necessaria quando la garanzia concerne un credito vantato dalla pubblica amministrazione.
In tale contesto, la posizione degli intermediari finanzia- ri resta ancora diversa da quella delle banche e degli istituti assicurativi, anche se, in una prospettiva di rifor- ma del sistema, resta aperta la possibilita` di estendere l’ambito applicativo della disposizione ad altri soggetti muniti di adeguata qualificazione.
3. Questa ricostruzione interpretativa e` imposta dalla at- tuale formulazione dell’articolo 107 del D.P.R. 21 di- cembre 1999 n. 554 (regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni).
La disposizione, rubricata «requisiti dei fideiussori», sta- bilisce che: «1. Le garanzie bancarie sono prestate da istituti di credito o da banche autorizzati all’esercizio di attivita` bancaria ai sensi del decreto legislativo 18 set- tembre 1993, n. 385».
Con un comma 2, non ammesso al visto dalla Corte dei Conti, si prevedeva che «possono rilasciare garanzia fideiussoria in materia di lavori pubblici anche gli inter- mediari finanziari che svolgono in via esclusiva o preva- lente attivita` di rilascio di garanzie ai sensi del D.Lgs. 18 settembre 1993, n. 385, a cio` autorizzati dal Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione econo- mica, sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio Italiano Cambi, sulla base di criteri volti a stabilire requisiti soggettivi e patri- moniali adeguati».
Lo schema del regolamento confermava, dunque, la tesi secondo cui le fideiussioni possono essere prestate solo
da banche od istituti assicurativi, a meno che una appo- sita norma non segni un’esplicita estensione della disci- plina posta a livello legislativo.
Non solo, ma la formula della disposizione non vistata dall’organo di controllo evidenzia che, nell’intenzione del Governo, l’equiparazione degli intermediari alle banche non e` affatto piena, ma presuppone una specifi- ca autorizzazione (caratterizzata da un iter procedurale particolarmente rigoroso) e la preventiva fissazione di criteri volti a stabilire l’adeguatezza dei requisiti soggetti- vi e patrimoniali posseduti.
4. In tale contesto, quindi, le garanzie fideiussorie degli intermediari avrebbero potuto considerarsi ammissibili solo a partire dall’entrata in vigore del regolamento, previa apposita autorizzazione e sulla base di parametri generali «adeguati».
Con deliberazione n. 4/2000, la Corte dei Conti ha di- chiarato l’illegittimita` della disposizione, osservando che:
«a) l’art. 30 della legge quadro fa esclusivo riferimento alle banche e alle assicurazioni;
b) ai sensi dell’art. 1 della legge 10 giugno 1982, n. 348, le cauzioni a favore dello Stato e degli enti pubbli- ci possono essere costituite o per mezzo di reale e valida cauzione (art. 54 reg. cont. Stato), o tramite fideiussio- ne bancaria ovvero con polizza assicurativa».
Secondo tale disposizione (concernente la costituzione di cauzioni con polizze fideiussorie a garanzia di obbliga- zioni verso lo Stato ed altri enti pubblici) in tutti i casi in cui e` prevista la costituzione di una cauzione a favore dello Stato o altro ente pubblico, questa puo` essere co- stituita in uno dei seguenti modi:
a) da reale e valida cauzione, ai sensi dell’articolo 54 del regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilita` generale dello Stato, approvato con regio decreto 23 maggio 1924, n. 827 e successive mo- dificazioni;
b) da fideiussione bancaria rilasciata da aziende di credi- to di cui all’articolo 5 del regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375 e successive modifiche ed integrazioni;
c) da polizza assicurativa rilasciata da imprese di assicu- razione debitamente autorizzata all’esercizio del ramo cauzioni ed operante nel territorio della Repubblica in regime di liberta` di stabilimento o di liberta` di prestazio- ne di servizi.
Ne deriva che, allo stato, resta preclusa la possibilita` di costituire le garanzie mediante fideiussione prestata da intermediario finanziario.
L’assetto normativo cos`ı ricostruito non sembra contra- stare con i principi costituzionali in materia di iniziativa economica, i quali consentono particolari limitazioni e controlli ragionevolmente circoscritti a specifici settori economici, come quello degli appalti di opere pubbli- che.
5. Non assume rilievo nemmeno la normativa comuni- taria tradotta nel decreto legislativo n. 157/1995 (con- cernete gli appalti di servizi, compresi quelli finanziari),
896 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
la quale prevede che i concorrenti iscritti in elenchi uf- ficiali di prestatori di servizi sono, per cio` solo, idonei al- la effettuazione delle prestazioni corrispondenti alla clas- sifica di iscrizione.
Tale normativa, infatti, si riferisce alle ipotesi in cui l’amministrazione intenda selezionare il soggetto che prestera` un servizio (finanziario) in suo favore, assumen- do l’obbligo di garanzia nei confronti di soggetti terzi. Evidentemente, la stessa disciplina non tocca il campo dei lavori pubblici, dove si tratta di individuare il sog- getto che garantisce all’amministrazione l’adempimento dell’obbligazione assunta dall’appaltatore.
Non assume pregio nemmeno il riferimento a particola- rissime normative di settore (estranee al campo delle opere pubbliche) le quali hanno consentito, in alcuni casi, la fideiussione prestata da intermediari finanziari (D.M. 22 aprile 1997 del Ministero del tesoro). Semmai
l’esplicita previsione normativa rafforza la convinzione che, in assenza di disposizioni speciali, opera la regola generale che esclude l’ammissibilita` di garanzie prestate da soggetti diversi dalle banche e dagli istituti di assicu- razione.
L’assetto normativo in esame, poi, non segna alcun ap- prezzabile contrasto con l’ordinamento comunitario, po- sto che la previsione di specifiche garanzie a favore delle imprese pubbliche non reca apprezzabili pregiudizi alle imprese esecutrici di lavori, considerando il regime con- correnziale dell’attivita` assicurativa e bancaria.
6. Ne deriva, quindi, la legittimita` del provvedimento impugnato in primo grado, pienamente compatibile con l’art. 30 della legge n. 109/1994.
In definitiva, quindi, l’appello deve essere accolto, con la conseguente riforma della pronuncia impugnata.
Le spese dei due gradi possono essere compensate.
IL COMMENTO
di Xxxxxx Xxxxxx e Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxx
Origini e funzione della cauzione nell’appalto di opere pubbliche
Il dovere di prestare «reale e valida cauzione» si inse- risce, in generale, nel contesto degli obblighi di garanzia che fanno capo a coloro che contraggono obbligazioni verso lo Stato. Sin dal 1948 il Legislatore ha avvertito l’esigenza di inserire nell’ordinamento giuridico una si- mile prescrizione generale fornendo una regolamentazio- ne che e` cambiata nel tempo, adeguandosi ai mutamen- ti intervenuti in materia di contratti della Pubblica Am- ministrazione (1). Ancor prima, con l’art. 332 della leg- ge 20 marzo 1865 n. 2248, All. F), il Legislatore si era preoccupato di prevedere una «garanzia provvisoria» da porre a carico dei soggetti partecipanti alla gara, al fine di assicurare, in un momento antecedente al perfezio- narsi del rapporto contrattuale, la serieta` dell’offerta pre- sentata dai concorrenti.
L’adempimento costituiva condizione di ammissione alle gare di appalto e la dimostrazione doveva essere for- nita comprovando la costituzione di un deposito cauzio- nale in contanti ovvero in titoli del Debito Pubblico o garantiti dalla Stato presso una sezione di Tesoreria Pro- vinciale.
Com’e` noto, l’intero sistema delle garanzie e delle coperture assicurative poste a tutela della p.a. appaltante ha subito una integrale rivisitazione ad opera dell’art. 30 della legge 11 febbraio 1994 n. 109, contenente la leg- ge-quadro in materia di lavori pubblici, che - soprattut- to con le modifiche successivamente introdotte dal D.L. 3 aprile 1995 n. 101, convertito nella legge 2 giugno
1995 n. 216, e dalla legge 18 novembre 1998 n. 415 - ha apportato rilevanti innovazioni sostanziali e procedu- rali.
Nella sua originaria formulazione, l’art. 30, comma 2, della legge n. 109/94 prevedeva, infatti, che l’offerta da presentare per l’affidamento dell’esecuzione di lavori pubblici dovesse essere corredata da una cauzione pari al 2% dell’importo dei lavori - cos`ı reintroducendo l’isti- tuto della cauzione provvisoria, a suo tempo abolito dal- l’art. 5 della legge 8 ottobre 1984 n. 687 - da prestare anche mediante fideiussione bancaria o assicurativa.
L’interpretazione giurisprudenziale
La giurisprudenza amministrativa ha costantemente incentrato la propria attenzione sull’istituto della cauzio- ne provvisoria, occupandosi prevalentemente dei modi di prestazione della stessa piu` che della sua natura giuri- dica e funzione.
Dall’esame delle principali decisioni intervenute sulla questione, emerge l’esistenza di due contrapposti orien- tamenti interpretativi.
Il primo, che potremmo definire piu` aderente alla formulazione normativa, segue una linea interpretativa che limita la possibilita` di ampliare la tipologia delle forme di prestazione dei depositi cauzionali, giungendo a dichiarare legittima l’esclusione di un concorrente che aveva presentato la cauzione nelle forme dell’assegno circolare (2).
Il secondo orientamento, di converso, basandosi, da
Note:
(1) Cfr. X. Xxxxxxxxx, X. Xxxxxxxxxx, L’Appalto di Opere Pubbliche, 298 ss.
(2) Cfr. T.A.R. Toscana, sez. II, 19 novembre 0000 x. 000, xx XXX, 0000, 187.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
897
un lato, sull’affermazione dottrinale secondo cui la di- sposizione dell’art. 30 ha dato formale ingresso a nuove forme di garanzia svincolando le garanzie personali dallo schema tipico della fideiussione, e, dall’altro, su un’in- terpretazione «finalistica» dello strumento, prospetta un progressivo ampliamento della tipologia delle garanzie valide ai fini della partecipazione alle gare.
Al fine di contrastare l’impostazione restrittiva, tale ultimo orientamento giurisprudenziale affronta la que- stione della tipicita` delle forme di garanzia ponendo l’accento sull’identica finalita` delle prestazioni previste dalla legge n. 109/94 e di quelle ivi non espressamente menzionate e, segnatamente, sul medesimo livello di ga- ranzia con riguardo all’immediata disponibilita` delle somme senza alcuna condizione e termine (3).
La legittimazione degli intermediari finanziari a prestare le garanzie
La fattispecie concreta che ha posto maggiormente in luce il contrasto esistente tra i contrapposti orienta- menti giurisprudenziali qui brevemente richiamati, ri- guarda sicuramente la questione della validita` delle fi- deiussioni prestate dagli intermediari finanziari.
Tra le espressioni giurisprudenziali riconducibili al- l’impostazione interpretativa di maggior apertura e` op- portuno richiamare, per completezza e profondita` di in- dagine, la decisione della Terza Sezione del T.A.R. Lombardia n. 3702 del 18 novembre 1999 (4).
Con tale decisione i giudici lombardi hanno dichia- rato illegittima l’esclusione di una ditta che aveva pre- sentato offerta di partecipazione ad una gara allegando, quale garanzia, una fideiussione rilasciata da una societa` di intermediazione finanziaria (SIM). L’iter argomentati- vo seguito dal Tribunale prende le mosse proprio dalla funzione della cauzione, ossia dalla circostanza che la fi- deiussione dovrebbe essere rilasciata dalle emittenti in- dicate dalla legge perche´ cio` corrisponderebbe all’avver- tita esigenza che la garanzia sia seria ed affidabile. A giu- dizio della stazione appaltante tale serieta` ed affidabilita` non ricorrerebbe allorquando la fideiussione sia stata ri- lasciata da una societa` di intermediazione finanziaria (SIM), autorizzata solo allo svolgimento di attivita` fi- nanziarie.
Il Tribunale ha ritenuto di non poter aderire a tale
ordine di idee. Sotto un profilo formale legato alle spe- cifiche prescrizioni allegate al bando di gara, il Tribuna- le ha rilevato una contraddizione tra il chiaro ed omni- comprensivo riferimento alla «ricevuta di avvenuto de- posito della cauzione...costituita mediante fideiussione rilasciata da un istituto autorizzato» ed il contestuale ri- chiamo ai requisiti di garanzia che, alla stregua dell’art. 30 legge n. 109/94, deve essere rilasciata da un istituto bancario o assicurativo.
Sotto un piu` sostanziale profilo, il Tribunale non puo` fare a meno di affrontare la linea interpretativa, gia` seguita dalla giurisprudenza intervenuta in analoghe fat- tispecie - il richiamo e` a T.A.R. Campania, sez. I, sen-
tenza 18 febbraio 1999 n. 448 (5) - secondo cui, essen- do rimasta la nozione di attivita` bancaria sostanzialmen- te immutata anche a seguito dell’entrata in vigore del nuovo T.U. delle leggi in materia bancaria e creditizia, resterebbe interdetta la possibilita` per gli intermediari fi- nanziari - quali soggetti non autorizzati alla raccolta del risparmio tra il pubblico - di erogare garanzie e fideius- sioni relativamente a crediti nei confronti della Pubbli- ca Amministrazione.
Pur non ignorando le ragioni giuridiche poste a fondamento di tale orientamento, il Tribunale, nel ri- chiamare le argomentazioni gia` proposte dalla Sezione di Brescia (6), evidenzia come dalla lettura sistematica dei commi 1 e 2 dell’art. 106 del citato T.U.B., emer- ge che il nodo della questione non attiene tanto al fat- to se le societa` di intermediazione possano svolgere o meno attivita` finanziaria, bens`ı se rientri o meno in ta- le attivita` il rilascio di garanzie e, in particolare, di fi- deiussioni.
A tale interrogativo la decisione in esame fornisce ri- sposta positiva. Da un lato, infatti, l’art. 106 abilita tali societa` alla concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, nel cui ambito andrebbe necessariamente ricom- presa la prestazione di garanzie; dall’altro, prosegue il Tribunale, l’esercizio di tale prestazione non andrebbe ad interferire con la riserva apposta per la diversa attivi- ta` della raccolta del risparmio, che resta prerogativa de- gli istituti bancari. In altri termini, nonostante la conti- guita` dei settori, tale ultima attivita` risulta, comunque, ben distinta e separata rispetto al mero svolgimento di attivita` finanziarie.
Con decisione n. 355 del 31 gennaio 2001, la Quin-
ta sezione del Consiglio di Stato ha dichiarato fondato l’appello proposto avverso la decisione del X.XX. Lom- bardia appena esaminata.
L’iter argomentativo seguito dai giudici d’appello trae spunto dall’interpretazione dell’art. 30 della legge n. 109/94 e, soprattutto, dalla formulazione letterale del- l’art. 107 del D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554, recante il regolamento di attuazione della legge quadro in mate- ria di lavori pubblici.
E` opportuno precisare che nell’interpretazione della
normativa in sede di appello ha rivestito particolare ri- lievo un elemento nuovo, intervenuto successivamente alla pubblicazione della decisione di primo grado. La particolare problematica concernente l’idoneita` degli in- termediari finanziari a rilasciare fideiussioni valide ai fini
Note:
(3) Vedansi in tal senso: T.A.R. Sardegna, 21 maggio 1999 n. 609 in TAR, 1999, 3009; T.A.R. Campania, Salerno, 4 maggio 1998 n. 198 in TAR, 1999, 2117.
(4) La sentenza richiamata nel testo e` stata riportata nella Rivista Inter- net di Giustizia Amministrativa «Xxxxx.xx».
(5) La sentenza richiamata nel testo e` stata riportata in TAR, 1999, 3168.
(6) Vedansi le decisioni 8 luglio 1999 n. 610 e 15 maggio 1999 n. 409.
898 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
della partecipazione alle gare d’appalto, infatti, non e` stata affrontata soltanto in sede giurisdizionale.
Infatti, il comma 2 dell’art. 107 del D.P.R. n. 554/ 99, nella sua originaria formulazione governativa, preve- deva la possibilita` che la cauzione provvisoria potesse essere rilasciata anche dagli intermediari finanziari che svolgono in via esclusiva o prevalente attivita` di rilascio di garanzie ai sensi del D.Lgs. 18 settembre 1993 n. 385. La Corte dei Conti, tuttavia, con deliberazione 4/2000, non ha ammesso al visto tale previsione onde, nella de- finitiva formulazione della norma, rivestivano la qualifi- ca di soggetti legittimati a rilasciare le garanzie fideiusso- rie in argomento, unicamente gli istituti di credito, le banche nonche´ le imprese di assicurazione all’uopo autorizzate.
Cio` posto, il Consiglio di Stato ha ritenuto di poter trarre un ulteriore e decisivo argomento a conforto del- l’impostazione restrittiva secondo cui le fideiussioni pos- sono essere prestate solo da banche ed istituti assicurati-
vi. Il giudice di appello giungeva, in buona sostanza, al- la conclusione che l’ordinamento giuridico vigente non consentisse di operare, in via interpretativa, un amplia- mento dell’ambito soggettivo di applicazione dell’art. 30 della legge 109/94, almeno sino a quando un’apposita norma non avesse segnato un’esplicita estensione della disciplina posta a livello legislativo.
La tesi interpretativa del Consiglio di Stato alla luce della nuova formulazione dell’art. 30, comma 9, L. n. 109/94
L’art. 145, comma 50, della legge 23 dicembre 2000
n. 388, recante le «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finan- ziaria 2001)» (7), entrato in vigore il 18 gennaio 2001 (8), ha posto la parola «fine» alle difficolta` erme- neutiche sollevate dall’art. 30, comma 9 (vecchio stile), della legge n. 109/94 e del correlato art. 107 del D.P.R.
n. 554/99, sancendo formalmente la legittimita` delle fi- deiussioni rilasciate «dagli intermediari iscritti nell’elen- co speciale di cui all’articolo del D.Lgs. 18 settembre 1993 n. 385, che svolgono in via esclusiva o prevalente attivita` di rilascio di garanzie, a cio` autorizzati dal Mini- stero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica» (9).
Parrebbe allora che la sentenza qui in commento, nella quale si trova (ri)affermato il principio secondo cui «resta ... preclusa la possibilita` di costituire le garan- zie mediante fideiussione prestata da un intermediario finanziario», sia da considerare «superata» dagli eventi.
In effetti, il rilievo teste´ formulato risponde al vero ancorche´ solo parzialmente, ma, nel contempo, esso of- fre lo spunto per svolgere alcune considerazioni in meri- to alla portata della novita` legislativa introdotta con la
«Finanziaria 2001».
Con la sentenza qui in commento, il Consiglio di Stato, ricollegandosi, come gia` in precedenza riferito, al- l’orientamento interpretativo piu` restrittivo, ha posto in
evidenza come «ragioni di carattere sistematico e lette- rale impongono di ritenere che gli aggettivi utilizzati dalla legge non indicano modalita` del rapporto o ambiti legislativi di riferimento, ma individuano i soggetti abili- tati a prestare le prescritte garanzie», ha ricordato che
«nei contratti di garanzia personali la posizione del sog- getto obbligato assume un ruolo determinante», atteso che «nell’assetto attuale il particolare regime soggettivo degli istituti bancari ed assicurativi sembra consentire, di regola, una maggiore affidabilita` ...», ed ha concluso osservando che «in tale contesto, la posizione degli in- termediari finanziari resta ancora diversa da quella delle banche e degli istituti assicurativi, anche se, in una pro- spettiva di riforma del sistema, resta aperta la possibilita` di estendere l’ambito di applicazione della disposizione ad altri soggetti muniti di adeguata qualificazione».
Orbene, il tenore della sopra segnalata modificazione apportata all’art. 30, comma 9, della legge n. 109/94 e successive modificazioni dall’art. 145, comma 50, legge
n. 388/2000 e` tale per cui la sentenza ora in considera- xxxxx continua a destare interesse sotto un duplice profi- lo.
Innanzitutto, l’ambito oggettivo di applicazione della disciplina dettata dal Titolo V del D.Lgs. 18 gennaio 1993 n. 385 e successive modificazioni, recante il «Te- sto Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia» (di seguito, «T.U.B.»), e` circoscritta - o, per meglio di- re, continua ad essere circoscritta - ai soggetti giuridici che svolgono una o piu` delle seguenti attivita`: (a) as- sunzione di partecipazioni; (b) concessione di finanzia- menti «sotto qualsiasi forma»; (c) prestazione di servizi di pagamento; (d) servizi di intermediazione in cam- bi (10): cio`, demandando al Ministro del Tesoro il compito di specificare il contenuto delle attivita` indica- te nell’art. 106, comma 1, T.U.B. (11) e, xxxxxxxxx, fat- te salve le riserve di attivita` previste dalla legge (12) e, in ogni caso, con l’esclusione dei «soggetti gia` sottopo- sti, in base alla legge, a forme di vigilanza sostanzial-
Note:
(7) Il Provvedimento richiamato nel testo e` stato pubblicato nel Supple- mento ordinario alla G.U. n. 302 del 29 dicembre 2000, n. 219/L.
(8) Vedasi l’art. 158, comma 3, primo periodo, legge 388/2000.
(9) E` appena il caso di notare che la disposizione contenuta nell’art. 145, comma 50, legge n. 388/2000 si applica non gia` nei confronti di «tutti» gli intermediari iscritti nell’elenco speciale di cui all’art. 107, comma 1, T.U.B., bens`ı solo di quelli nell’ambito soggettivo di applicazione del De- creto del Ministro del Tesoro del 2 aprile 1999, recante la «Determinazio- ne, ai sensi dell’art. 106, comma 4, lettera b), del D.Lgs. 18 settembre 1993 n. 385, dei requisiti patrimoniali relativi agli intermediari che svol- gono in via esclusiva o prevalente attivita` di rilascio delle garanzie, non- che´ a quelli che operano quali intermediari in cambi senza assunzione di rischi in proprio (money brokers)», pubblicato nella G.U. n. 86 (serie ge- nerale) del 14 aprile 1999.
(10) Vedasi l’art. 106, comma 1, D.Lgs. 18 settembre 1993 n. 385 e suc- cessive modificazioni.
(11) Vedasi l’art. 106, comma 4, lettera a), primo periodo, T.U.B.
(12) Vedasi l’art. 106, comma 2, T.U.B.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
899
mente equivalenti sull’attivita` finanziaria svolta», previa verifica, da parte del Ministro del Tesoro, della sussi- stenza delle condizioni (13).
In linea di ulteriore approssimazione, l’art. 2, primo periodo, del Decreto del Ministro del Tesoro del 6 lu- glio 1994 stabilisce che «per attivita` di finanziamento sotto qualsiasi forma si intende la concessione dei credi- ti, ivi compreso il rilascio delle garanzie sostitutive del credito e di impegni di firma» (14).
Cio` posto, le disposizioni del T.U.B. propongono, sulla falsariga delle norme del Capo II della legge 5 lu- glio 1991 n. 197 e successive modificazioni, un modello di vigilanza degli intermediari operanti nel settore finan-
autorita` creditizie e i soggetti nei cui confronti tali pote- ri vengono esercitati» (22). La disposizione da ultimo evocata, infatti, al comma 1 prevede che l’azione di vi- gilanza delle «autorita` creditizie» sia orientata alla sana e prudente gestione dei soggetti vigilati, alla stabilita` complessiva, all’efficienza e alla competitivita` del siste- ma finanziario, e, al comma 2, individua i destinatari della vigilanza nelle banche, nei gruppi bancari e negli intermediari finanziari, «intendendosi per tali quelli iscritti nell’elenco generale previsto dall’art. 106»
T.U.B. Con riferimento a quest’ultimo punto, e` stato osservato (23) che «nell’indicare come destinatari della
ziario su tre distinti piani di controllo (15), assoggettan-
do soltanto i cosiddetti intermediari finanziari «a rischio sistemico» - vale a dire, gli intermediari iscritti «anche» nell’elenco speciale tenuto dalla Banca d’Italia ai sensi dell’art. 107, comma 1, T.U.B. (16) - a controlli di tipo regolamentare, informativo ed ispettivo».
Detti intermediari finanziari «a rischio sistemico» so- no stati individuati - in ossequio alla previsione conte- nuta nel citato art. 107, comma 1, T.U.B., testualmente riportato nella nota 16 di questo breve scritto - sulla ba- se dei criteri fissati dal Ministro del Tesoro con il De- creto del 13 maggio 1996 (17), sul presupposto che
«per la determinazione delle singole componenti dei pa- rametri utili per l’iscrizione nell’elenco speciale di cui al- l’art. 107 del testo unico si faccia riferimento sia alla di- sciplina del bilancio degli enti finanziari di cui al X.Xxx. 27 gennaio 1992 n. 87, sia alle norme emanate dalla Banca d’Italia in materia di mezzi patrimoniali degli or- ganismi vigilati» e nella considerazione del fatto che «le finalita` di assoggettare a controllo solo gli intermediari finanziari aventi rilevanza nei circuiti dell’economia e` perseguibile con l’adozione di criteri di selezione degli intermediari medesimi riferiti anche solo ad alcuni dei parametri indicati dall’art. 107, comma 1, del testo uni- co».
Con il Provvedimento del 26 giugno 1996 (18), poi trasfuso nella Circolare n. 216 del 5 agosto 1996 recan- te le «Istruzioni di Vigilanza per gli Intermediari Finan- ziari iscritti nell’«Elenco Speciale»», la Banca d’Italia ha dettato le disposizioni concernenti le modalita` alle quali gli intermediari finanziari (individuati sulla base dei cri- xxxx stabiliti dal Ministro del Tesoro) si sarebbero dovuti attenere per l’iscrizione nell’elenco speciale di cui all’art. 107, comma 1, T.U.B., nonche´ le «composizione dei parametri rilevanti ai fini dell’iscrizione in tale elenco», con la conseguente sottoposizione degli intermediari fi- nanziari in parola ai poteri di vigilanza informati- va (19), regolamentare (20) ed ispettiva (21) della Banca d’Italia.
Per tal via, e` stato compiuto un passo in avanti nel- l’attuazione del «programma» contenuto nell’art. 5 T.U.B., norma-cardine nell’interpretazione del medesi- mo T.U.B., la cui enunciazione e` stata «preordinata a precisare le finalita` dei poteri di vigilanza spettanti alle
Note:
(13) Vedasi l’art. 114, comma 2, T.U.B.
(14) Il Provvedimento richiamato nel testo, recante la «Determinazione, ai sensi dell’art. 106, comma 4, del D.Lgs. 18 settembre 1993 n. 385, del contenuto delle attivita` indicate nello stesso art. 106, comma 1, nonche´ in quali circostanze ricorre l’esercizio delle suddette attivita` nei confronti del pubblico», e` stato pubblicato nella G.U. n. 170 del 22 luglio 1994.
(15) Sul punto, sia consentito fare rinvio a X. Xxxxxxxxx, Attivita` finan- ziaria abusiva: le nozioni di «attivita` finanziaria» e di «pubblico» nella prospetti- va della disciplina sanzionatoria di cui all’art. 132 del T.U. bancario, in Temi Romana, 1996, 3, 507 (ed ivi ulteriori richiami bibliografici).
(16) La disposizione richiamata nel testo recita testualmente: «Il Ministro del Tesoro, sentite la Banca d’Italia e la Consob, determina i criteri ogget- tivi, riferibili all’attivita` svolta, alla dimensione e al rapporto tra indebita- mento e patrimonio, in base ai quali sono individuati gli intermediari fi- nanziari che si devono iscrivere in un elenco speciale tenuto dalla Banca d’Italia».
(17) Il Provvedimento richiamato nel testo, pubblicato nella G.U. n. 125 del 30 maggio 1996, e` stato modificato dal recente Decreto 4 aprile2001, pubblicato nella G.U. n. 90 del 18 aprile 2001.Sull’argomento, cfr. in dottrina, da ultimo, X. Xxxxxx, Gli intermediari finanziari del Titolo V: i controlli, ne Le societa` finanziarie, a cura di X. Xxxxxxx, Xxxxxx, 0000, 147 ss.
(18) Il Provvedimento richiamato nel testo e` stato pubblicato nella G.U.
n. 160 del 10 luglio 1996.
(19) Ai sensi dell’art. 107, comma 3, T.U.B., «gli intermediari inviano al- la Banca d’Italia, con le modalita` e nei termini da essa stabiliti, segnalazio- ni periodiche, nonche´ ogni altro dato e documento richiesto».
(20) Nella sua originaria formulazione, l’art. 107, comma 2, T.U.B. preve- deva: «La Banca d’Italia, in conformita` delle deliberazioni del CICR, det- ta agli intermediari iscritti nell’elenco speciale disposizioni aventi ad og- getto l’adeguatezza patrimoniale e il contenimento del rischio nelle sue di- verse configurazioni. Con riferimento a determinati tipi di attivita`, la Ban- ca d’Italia puo` inoltre dettare disposizioni volte assicurarne il regolare eser- cizio». L’art. 64, comma 19, del D.Lgs. 23 luglio 1996 n. 415 ha modifi- cato la disposizione or ora testualmente riportata, inserendo, fra il primo ed il secondo periodo, la seguente previsione: «La Banca d’Italia puo` adottare, ove la situazione lo richieda, provvedimenti specifici nei con- fronti di singoli intermediari per le materia in precedenza indicate».
(21) L’art. 107, comma 4, T.U.B. prevede: «La Banca d’Italia puo` effet- tuare ispezioni con facolta` di richiedere l’esibizione di documenti e gli atti ritenuti necessari».
(22) Cos`ı la Relazione Governativa al T.U.B., sub art. 5, in Banca d’Italia (a cura della), Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, vol. II, Documenti, in Quaderni di ricerca giuridica della Consulenza Legale, marzo 1994, 126.
(23) Cos`ı X. Xxxxxxx, L’attivita` di vigilanza, ne La nuova legge bancaria. Il
T.U. delle leggi sulla intermediazione bancaria e creditizia e le disposizioni di at- tuazione. Commentario, a cura di X. Xxxxx-Xxxxx x xx X. Xxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, I, 164.
900 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
vigilanza le banche, i gruppi bancari e gli intermediari finanziari, l’art. 5 T.U. sancisce il rilievo unitario, alme- no sotto il profilo di vigilanza, dei gruppi bancari» e
«formalizza il completamento della «rete» normativa che presidia la circolazione della rete mobiliare, realizza- to assoggettando a regolamentazione gli intermediari fi- nanziari ...». In questo quadro, non poteva non essere favorevolmente accolta la modifica della quale abbiamo dato conto nella nota (20). Essa modifica, infatti, e` di- retta a rendere sostanzialmente omogenei tra loro i po- xxxx attribuiti alla Banca d’Italia in materia di vigilanza regolamentare nei confronti delle banche (24), dei gruppi bancari (25) e, per l’appunto, degli intermediari finanziari a rischio sistemico (26) e si atteggiano come ulteriore testimonianza dell’attenzione che in questi ulti- mi anni, nel settore delle societa` operanti in ambito fi- nanziario in senso lato, il Legislatore ha voluto riservare all’organizzazione interna degli intermediari finanziari (bancari e non bancari), rivelando, da una parte, il con- vincimento che la stabilita` degli stessi sia in certa misu- ra connessa all’efficienza della struttura, dall’altra parte, la consapevolezza della necessita` che quest’ultima, al fi-
tivo di applicazione dell’art. 47 T.U.B., consente la piu` ampia concorrenza nel settore delle attivita` legate all’e- rogazione del credito agevolato, alla gestione di fondi pubblici e di agevolazione e a tutti i servizi connessi alle anzidette attivita`.
Un secondo profilo di persistente interesse destato dalla sentenza ora commentata risiede in questo: che es- sa sembra trarre alimento proprio dalla Novella del 2000, laddove veniva espresso l’auspicio che, «in una prospettiva di riforma del sistema, resta aperta la possibi- lita` di estendere l’ambito di applicazione della disposi- zione ad altri soggetti muniti di adeguata qualificazio- ne».
In questo modo, il Giudice ha mostrato s`ı di avere chiara la percezione della rilevanza annessa dal Legisla- tore del 1993 agli obiettivi di stabilita` degli intermediari ma ha trascurato quell’asimmetria di vigilanza tra inter- mediari ex art. 106 T.U.B. ed intermediari ex art. 107
T.U.B. che, se si giustifica in un’ottica di economizza- zione dei controlli, produce, nondimeno, una non irrile- vante sperequazione delle condizioni competitive (28).
ne di assicurare l’efficacia degli interventi delle autorita`
di vigilanza, assuma una particolare conformazione che agevoli la trasmissione e l’esecuzione delle direttive im- partite dalle stesse (27).
Volendo, allora, raggiungere una prima conclusione, non puo` revocarsi in dubbio il fatto che la Novella del 2000 costituisce l’espressione di un’evoluzione normati- va tendente ad «avvicinare» sempre di piu` gli interme- diari finanziari «a rischio sistemico» alle banche, come gia`, del resto, l’art. 21 del D.Lgs. 4 agosto 1999 n. 342 che, ricomprendendo gli intermediari finanziari ex art. 107 T.U.B. «che esercitano l’attivita` di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma» nell’ambito sogget-
Note:
(24) Vedasi l’art. 53 T.U.B.
(25) Vedasi l’art. 67 T.U.B.
(26) Vedasi l’art. 107 nuovo stile T.U.B.
(27) Cfr. in tal senso, sia pure sul piano di valutazioni di carattere piu` ge- nerale, D. Xx Xxxxxx, Le societa` per azioni operanti nel mercato finanziario fra autonomia e controllo, Milano, 1995, 100. In argomento, cfr. anche A. Co- lavolpe, Decreto Eurosim: le modifiche al testo unico bancario, in Le Societa`, 1996, 9, 1075.
(28) Cos`ı U. Filotto, Soggetti operanti nel settore finanziario. Elenco speciale. Aspetti problematici, ne La nuova legge bancaria. Il T.U. delle leggi sulla inter- mediazione bancaria e creditizia e le disposizioni di attuazione. Commentario, a cura di X. Xxxxx-Xxxxx e di X. Xxxxxxxx, Milano, 1996, III, 1763 ss.
NOVITA’ COLLANA «PRATICA DEL DIRITTO CIVILE» DIRETTA DAL XXXX. X. XXXXXX
CONTRATTI DI INFORMATICA
Xxxxxx Xxxxxxxxxx, Xxxxxxxxxx Xxxxxx
IPSOA, 2001, L. 65.000 (E 33,57) (cod. 000288274)
Gli autori analizzano, in maniera molto approfondi- ta, la disciplina dei contratti di informatica (contrat- ti di hardware e di software), esponendo la disciplina applicabile a tali contratti (forma del contratto, par- ti, diritto di recesso, etc.), ed esaminando gli aspetti relativi alla tutela del software e alla tutela del con- sumatore, alla luce delle recenti novita` normative (nuove norme in materia di diritto d’autore, direttiva sul commercio elettronico, etc.).
Correda il volume un’ampia appendice legislativa (testi per esteso di normativa nazionale e comunita- ria), giurisprudenziale (massime di legittimita` e di merito) e di modelli contrattuali.
Per maggiori informazioni rivolgersi all’Ufficio Vendite Dirette (Tel. 00.00000000 - fax 00.00000000) o al- l’Agente IPSOA di zona o consultare il sito: www.i- xxxx.xx
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
901
Prova testimoniale
e processo amministrativo
T.A.R. Lazio, sez. II bis, sent. interlocutoria 28 febbraio 2001, n. 1540 Pres. Bianchi - Est. De Xxxxxxx - Xxxxxxxx c. Comune Palestrina
Il giudice amministrativo pu`o ammettere la prova testimoniale, per accertare la data di effettiva ultima- zione dell’opera abusiva nel giudizio contro il provvedimento di reiezione della domanda di condono adottato dal Comune sulla base di attestazione del direttore dei lavori, ove sussista divergenza tra il contenuto di questa e le dichiarazioni della ricorrente e del proprietario di un fondo vicino, rese al colle- gio in sede di audizione delle parti.
Attraverso i ricorsi in esame, notificati - rispettivamente
- il 17 ottobre 1997 ed il 14 luglio 1998, si impugnano
- per violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili - un diniego di condono edilizio (n. 9726 del 25 giugno 1997, notificato il 7 luglio 1997) ed il conse- guenziale ordine di demolizione, riferiti ad un immobile di circa 150 mq, da adibire a civile abitazione, che si af- ferma abusivamente realizzato alla fine del mese di set- tembre 1993, in ampliamento di un piccolo manufatto agricolo, oggetto - quest’ultimo - di regolare concessio- ne.
La domanda di condono edilizio, avanzata in rapporto alla costruzione abusiva anzidetta, risulta valutata nega- tivamente dal Comune, sulla base di una dichiarazione del direttore dei lavori relativi al manufatto agricolo: questi infatti in data 15 giugno 1994 attestava l’ultima- zione dei lavori (salvo alcune finiture esterne), in con- formita` alla concessione a suo tempo rilasciata, con conseguente contraddizione, in ordine all’affermata rea- lizzazione del fabbricato da condonare entro i termini prescritti dalla legge (31 dicembre 1993).
La ricorrente, tuttavia, sostiene che la costruzione abusi- va sarebbe stata completata all’insaputa del citato Diret- tore dei Lavori subito dopo l’edificazione del manufatto agricolo, nel settembre del 1993, e che il Comune non avrebbe compiuto al riguardo alcun accertamento, men- tre diversi testimoni potrebbero confermare la situazio- ne, affermata nella domanda di condono.
Veniva quindi effettuata - in conformita` alla sentenza
interlocutoria citata nelle premesse - audizione delle parti, come risulta dal verbale in data 20 ottobre 2000, con conseguente acquisizione della dichiarazione del di- rettore dei lavori, arch. Xxxxxxx Xxxxxxx, il cui domicilio era pure reso noto dal Comune (Palestrina, Corso Pier- luigi).
Il citato Comune verbalizzava, inoltre, non solo la to- tale diversita` del manufatto da condonare da quello
oggetto di concessione (di cui il citato Direttore dei Lavori attestava la regolare ultimazione in data 15 giu- gno 1994), ma anche la diversa ubicazione del medesi- mo.
Venivano quindi ascoltati la ricorrente sig.ra Xxxxxxx Xxxxxxx ed il sig. Xxxxxxxxx Xxxxxxx, proprietario di un terreno confinante, i quali concordemente dichiara- vano di avere proceduto all’ampliamento di un tinello agricolo, gia` oggetto di concessione, nel corso dell’anno 1993.
Rilevata, dunque, l’assoluta incompatibilita` delle dichia- razioni sopra sintetizzate, rispetto a quanto a suo tempo attestato dal Direttore dei Lavori, si ritiene opportuno disporre l’acquisizione di prova testimoniale innanzi al Collegio - per l’udienza in data. . - dei signori: Xxxxxxx
Xxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxx, affinche´ attestino sotto giuramento i fatti a loro conoscenza, cir- ca le date di realizzazione del tinello agricolo e del di- chiarato ampliamento del medesimo.
902 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
IL COMMENTO
di Xxxxx Xxxx
Secondo una consolidata giurisprudenza, il combina- to disposto degli artt. 26 X.X. 00 agosto 1907, n. 642, e
44, comma 2, X.X. 00 giugno 1924, n. 1054, consente al giudice amministrativo di ammettere la prova testi- moniale solo nelle controversie devolute alla giurisdizio- ne di merito (1).
Prima del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, unica ecce- zione erano i giudizi in materia di pubblico impiego: con un’importante sentenza, la Corte costituzionale ave- va dichiarato illegittime le ricordate disposizioni, non- che´ l’art. 19 legge 6 dicembre 1971, n. 1034, nella parte in cui, «nelle controversie di impiego di dipendenti del- lo Stato e di enti, riservate alla giurisdizione esclusiva amministrativa, non consentono l’esperimento dei mezzi istruttori previsti negli artt. 421, comma 2 e 4, 422, 424 e 425 del c.p.c. novellati in virtu` della legge 11 agosto 1973, n. 533» (2).
L’impossibilita` di estendere la portata di tale decisio-
ne ad altre controversie era stata confermata dalla stessa Corte: a breve distanza di tempo, aveva escluso la fon- datezza di altra questione di legittimita` costituzionale ri- guardante i limitati mezzi di prova (a cominciare da quella testimoniale) esperibili nella giurisdizione di legit- timita` (3).
Note:
(1) Si vedano, ad es., Cons. Stato, sez. V, 13 giugno 1967, n. 654, in Fo- ro Amm., 1967, I, 2, 862; Cons. Stato, sez. V, 4 luglio 1969, n. 764, ivi, 1969, I, 2, 767, Cons. Stato, sez. V, 27 ottobre 72, n. 721, ivi, 1972, Cons. Stato, sez. V, 7 novembre 1972, n. 792, ivi, 72, I, 2, 1295. Nella giurisprudenza piu` recente v. T.A.R. Toscana, sez. II, 3 luglio 1997, in TAR, 1997, I, 3204; T.A.R. Lombardia, Milano, 23 giugno 1997, n. 1030, ivi, 3045, T.A.R. Umbria, 25 luglio 1997, n. 462, ivi, 3676, nonche´ Cons. Stato, sez. V, 12 agosto 1994, n. 862, in Foro Amm., 1994, 1772, che ritiene inammissibile anche l’istanza volta a provare con testimoni la tempestiva presentazione della richiesta di fissazione dell’udienza di discus- sione.
Per un’ampia panoramica della giurisprudenza sul punto, v. X. Xxxxxxxxx, Il processo amministrativo nella legislazione e nella giurisprudenza. Lo svolgi- mento del giudizio, vol. II, Milano, 1987, 264-267; v., inoltre, A. Police, Il ricorso di piena giurisdizione davanti al giudice amministrativo, II, Padova, 2001, 27, nota 42, e 28, note 43 e 44.
L’unanimita` della giurisprudenza non trova riscontro nella dottrina, spesso divisa, fin dai tempi del noto confronto tra Lessona (favorevole all’ammis- sibilita` di prove orali nel processo amministrativo: cfr. C. Lessona, La am- missibilita` delle prove semplici, ed in ispecie del giuramento decisiorio, in sede di Giustizia amministrativa, in Foro It., 1896, III, 55; v. pero` Trattato delle pro- ve in materia civile, Firenze, 1922-1924, 163-164, ove esprime una posizio- ne differente, prendendo atto della nuova formulazione dell’art. 37, com- ma 1, ed afferma che la «IV Sezione non ha altri poteri istruttori che quelli indicati» dalla legge) ed Xxxxxxx (secondo il quale - cfr. V. E. Or- lando, La giustizia amministrativa, in Trattato completo di diritto amministrati- vo, Milano, 1901, 1019-1032, ma v. specialmente a p. 1028 - l’ammissibi- lita` della prova testimoniale «suppone una base di fatto che bisogna, per regola generale, credere vera e fondata»), sul tema dell’ammissibilita` della prova testimoniale al di fuori del giudizio di merito.
Di recente, la posizione contraria e` stata ribadita da De Xxxx, La prova nel-
la procedura delle giurisdizioni amministrative, in Rass. Cons. Stato, 1974, II, 954, e X. Xxxxxxxxxx, L’istruzione nel processo amministrativo di legittimita`, Pa-
dova, 1977, 144, che considera «insuperabile in via interpretativa» il con- tenuto limitativo dell’art. 44 ». Anche X. Xxxxxxxxx, Il sistema probatorio
del processo amministrativo e le direttrici della riforma, in Scritti per X. Xxxxx, Milano, 1991, vol. III, 539, ritiene il processo amministrativo «caratteriz- zato da prove documentali e (. ) dal carattere formale degli atti autoritati-
vi e dei relativi procedimenti ai quali l’anzidetto processo si riferisce.» (conf. G. B. Verbari, Principi di diritto processuale amministrativo, Milano, 1992, 257, e, da ultimo, X. Xxxxxxxxx, Tipologie istruttorie nel processo am- ministrativo, in TAR, 1998, II, 93-96).
Ne ritiene invece l’ammissibilita`, con dovizia di argomenti, X. Xxxxx, Giu- stizia amministrativa, Padova, 1997, 398-399, secondo il quale «l’esclusione della prova testimoniale ha soltanto una giustificazione storica» da ritener- si superata una volta raggiunta la convinzione che il giudice amministrati- vo esercita «una giurisdizione a tutti gli effetti». Grazie «ad un’opera di saldatura tra processo di cognizione e processo di ottemperanza», anche
X. Xxxxxxxxx Vigorita, Notazioni sull’istruttoria nel processo amministrativo, in Dir. Proc. Amm., 1984, 16, conclude che nel giudizio di legittimita`
«devono trovare senz’altro ingresso i mezzi istruttori utilmente ammessi nel secondo» (il giudizio di merito).
La «debolezza» dell’argomento letterale, d’altra parte, era stata puntual- mente evidenziata da X. Xxxxxxx, Prime riflessioni sul nuovo regime delle pro- ve nelle controversie in materia di pubblico impiego, in Foro Amm., 1987, I, 1345, con riferimento alla disciplina del giudizio in unico grado dinanzi al
T.S.A.P. nel quale la giurisprudenza, «pur in presenza di una disposizione che sembrerebbe prevedere soltanto i mezzi istruttori propri del giudizio amministrativo (art. 196, t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775), ha ritenuto ammissibile la prova testimoniale».
Una posizione «intermedia» e` stata assunta da quella dottrina che ritiene debba essere notevolmente ridimensionata la portata della mancata previ- sione della prova testimoniale, posto che «in sede di verificazioni si posso- no raccogliere dichiarazioni di persone (che vengono verbalizzate) relative all’oggetto della verificazione stessa» (X. Xxxxxxx Xxxxxx, Note in tema di di- screzionalita` amministrativa e sindacato di legittimita`, in Dir. Proc. Amm., 1984, 527). Quest’orientamento ha il merito di tentare di ridurre le con- seguenze negative che derivano dalla limitazione dei mezzi di prova nel processo amministrativo, anche se le dichiarazioni raccolte durante le ve- rificazioni non sono assimilabili a quelle rese, sotto giuramento, dal teste davanti al giudice e con riferimento a specifici capitoli precedentemente ammessi in base a precise regole formali, la cui essenzialita` e` puntualmen- te rimarcata da dottrina e giurisprudenza (v. infra, note 22 e 24).
(2) Corte cost., 10 aprile 1987, n. 146, in Dir. Proc. Amm., 1987, 558 ss., con note di X. Xxxxx, Garanzia del diritto di azione e mezzi istruttori nel giudizio amministrativo, C. E. Xxxxx, Prova testimoniale e processo amministra- tivo di giurisdizione esclusiva, e X. Xxxxxx, Nuovi orientamenti in tema di mezzi di prova del contenzioso sul pubblico impiego.
Sulla sentenza della Corte e le problematiche conseguenti, tra gli altri, v. anche X. Xxxxxxx, op. cit., 1344 ss., e M. E. Schinaia, Notazioni ulteriori sul regime probatorio nelle controversie di pubblico impiego, in Rass. Cons. Sta- to, 1988, II, 1507 ss.
(3) Corte cost., 18 maggio 1989, n. 251, in Dir. Proc. Amm., 1990, 115 ss., con nota di X. Xxxxx, Le limitazioni probatorie nella giurisdizione generale di legittimita`. Secondo X. Xxxxxxx Xxxxxxx (Giustizia amministrativa, in Di- gesto delle discipline pubblicistiche, Torino, 1991, vol. VII, 563) «l’interpreta- zione riduttiva della precedente sentenza era necessaria alla Corte per de- cidere la questione attinente alla limitazione dei mezzi di prova nell’ipotesi in cui il giudice amministrativo sia chiamato a decidere, in via incidentale su questioni di carattere pregiudiziale attinenti a diritti soggettivi».
Anche di recente la giurisprudenza (Cons. Stato, sez. IV, 10 ottobre 2000, n. 715, in Rass. Cons. Stato, 2000, I, 287-288) ha ritenuto che ap- partiene alla scelta discrezionale del legislatore l’estensione dei mezzi di prova per la tutela degli interessi legittimi. Nell’ordinanza di rimessione al- la Corte costituzionale il Consiglio di Stato (sez. IV, 17 aprile 2000, n. 2292, ivi, 998-999), cercando di evitare una nuova decisione negativa, aveva circoscritto la questione alla sola CTU, precisando espressamente che non veniva riproposta «affatto la questione della prova testimoniale». Preoccupazione comprensibile, ove si consideri che, solo pochi mesi pri-
(segue)
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
903
Pertanto solo il legislatore poteva riaprire la questio- ne, stante l’orientamento del giudice delle leggi e la to- tale chiusura della giurisprudenza amministrativa, fermo nel desumere un vero e proprio divieto dalla normativa vigente (4).
Non erano invece mancate aperture in dottrina, al- meno in parte favorevole ad una differente interpreta- zione (5), ritenuta indispensabile dopo le ricordate deci- sioni della Corte, per evitare possibili censure di legitti- mita` costituzionale per materie attribuite alla giurisdizio- ne esclusiva, diverse dal pubblico impiego (6).
Almeno per queste, il problema sembrava poter tro- vare una soluzione con l’art. 35, terzo comma, cit., se- condo il quale «il giudice amministrativo, nelle contro- versie di cui al comma 1, puo` disporre l’assunzione dei mezzi di prova previsti dal codice di procedura civile (...)».
La formulazione della disposizione aveva pero` susci-
tato numerose incertezze nella dottrina, divisa tra i so- stenitori della tesi restrittiva, favorevoli all’ammissione della prova testimoniale nei soli giudizi risarcitori (7), e di quella estensiva, propensi ad ammettere tale mezzo, come gli altri previsti dal codice di procedura civile, in tutte le controversie di cui agli artt. 33 e 34 D.Lgs. cit. (8); alcuni, consapevoli che in entrambi i casi sa- rebbe derivata un’ulteriore differenziazione della discipli- na dei mezzi di prova, avevano accolto un’interpretazio- ne ancora piu` ampia dell’art. 35, comma 3, ritenendolo sempre applicabile nella giurisdizione esclusiva (9).
Note:
(segue nota 3)
ma, proprio con riferimento a questo mezzo di prova, la Corte aveva riba- dito il proprio orientamento negativo a proposito del processo tributario (sent. 21 gennaio 2000, n. 18, in Rass. Cons. Stato, 2000, II, 26 ss.).
(4) Il divieto e` stato poi esteso alle dichiarazioni sostitutive di atto noto- rio, cui non puo` riconoscersi efficacia probatoria perche´ altrimenti si in- trodurrebbe surrettiziamente la prova testimoniale senza neppure la garan- zia del contraddittorio (Cons. Stato, sez. IV, 24 gebbraio 2000, n. 1010, in Rass. Cons. Stato, 2000, I, 392); riconosce a tali dichiarazioni «valore di semplice testimonianza», che lascia al giudice piena liberta` di giudizio,
T.A.R. Lombardia, Brescia, 12 novembre 0000, x. 000, xx XXX, 0000, 134.
Un’acritica equiparazione e` invero discutibile perche´ testimonianza ed atti notori non possono essere confusi, come sottolinea anche la Corte cost. (sent. 21 gennaio 2001, n. 18 cit., 29), che considera questi ultimi dichia- razioni «essenzialmente diverse dalla prova testimoniale, che e` necessaria- mente orale e di solito ad iniziativa di parte (...)» (in dottrina, sul punto cfr. X. Xxxxxxxx, L’istruzione nel processo davanti ai Tribunali amministrativi regionali:esperienze e prospettive, in Dir. Proc. Amm., 1985, 491, e X. Xxxxx, Il principio del contraddittorio e l’istruttoria nel processo amministrativo e tributa- rio, in Dir. Proc. Amm., 2000, 338).
(5) Oltre agli Autori citati nella nota 1, si v. X. Xxxxxxxx, Profili costitu- zionali dell’istruzione nel processo amministrativo, in Studi per il centenario della quarta sezione, Roma, 1989, II, 779, che considera ammissibili tutti i mezzi di prova del processo civile compresa la testimonianza, anche se «il ricor- so a tale mezzo puo` essere pero` prudentemente limitato, stabilendosene l’ammissibilita` solo quando i fatti non possono essere altrimenti accertati e demandandosene l’ammissione soltanto al collegio». L’esigenza di inter- pretare l’art. 44 «in senso conforme alla Costituzione, riconoscendo al giu- dice poteri che gli consentano di ovviare alla posizione di diseguaglianza sostanziale che esiste fra privato ricorrente e pubblica amministrazione»
era gia` stata rilevata in passato, cfr. X. Xxxxxxxx-X. Xxxxx, Trasparenza e riservatezza nel processo amministrativo, in Riv. Dir. Proc. Amm., 1990, 37. Solo in tal modo, del resto, poteva ragionevolmente spiegarsi la preoccu- pazione di continuare ad applicare una disciplina della quale la dottrina piu` autorevole (X. Xxxxxxx Xxxxxxx, Processo amministrativo (Considerazioni introduttive), in Nss. Dig. It., vol. XIII, Torino, 1968, 1086) aveva eviden- ziato da tempo l’illegittimita` costituzionale, se intesa in termini restrittivi,
«tenendo presente le intrinseche necessita` del giudizio amministrativo e non in base ad un paragone con altri processi». Sui problemi di legittimi- ta` costituzionale posti da un regime di limitazione dei mezzi di prova, cfr.
X. Xxxxxxx, Il giudice amministrativo e la prova: una provocazione a tesi su processo e politica, in Dir. Proc. Amm., 1999, 30-32.
(6) Per ovviare a questo pericolo, soprattutto con riferimento alla distin- zione tra diritti soggettivi ed interessi legittimi, X. Xxxxxxxxx, Sull’istruzio- ne e sulla cautela di giurisdizione esclusiva «civilizzate» dalla Corte Costituzio- nale, in Scritti per X. Xxxxx, Milano, 1991, vol. III, 387, aveva sostenuto l’estensione della portata della sentenza della Corte alle vertenze in mate- ria di interessi legittimi; nello stesso senso v. X. Xxxxxxxxxxxx, Giurisdizio- ne esclusiva e processo amministrativo, Padova, 1988, 236 ss.
(7) Secondo X. Xxxxxxxxx, Posizioni giuridiche soggettive e mezzi di prova nei giudizi amministrativi, in Rass. Cons. Stato, 1999, II, 311, e ora in Scritti giu- ridici in onore di X. Xxxxxxxxx, Padova, 2001, 91 ss., in base all’"esegesi let- terale della norma si puo` individuare come il richiamo effettuato «alle controversie di cui al comma 1» sia rivolto esclusivamente ai profili di na- tura risarcitoria inerenti alle controversie stesse». Nello stesso senso, v. A.
M. Xxxxx, Profili dell’istruzione probatoria nel processo amministrativo fra tradi- zione e novita`, in Rass. Cons. Stato, 1999, II, 2567, secondo cui i nuovi mezzi di prova hanno «la medesima ampiezza d’applicazione del giudizio risarcitorio».
In giurisprudenza v. T.A.R. Xxxxxx-Romagna, Bologna, sez. I, 2 febbraio 2000, n. 86, in TAR, 2000, I, 1129-1130, che peraltro non sembra escludere del tutto la possibilita` di estendere il terzo comma dell’art. 35 alle altre controversie in tema di giurisdizione esclusiva «aventi ad og- getto diritti soggettivi».
(8) V., ad es., X. Xxxxxxx, La nuova giurisdizione del giudice amministrativo, in Riv. Dir. Proc., 1999, 1037; X. Xxxxxxxx, La tutela nei contratti della pubbli- ca amministrazione nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in Dir. Proc. Amm., 1999, 319, ed inoltre F. Figorilli, Commento all’art. 35, in Amministrazioni pubbliche, lavoro, processo, Commento ai D. Lgs. 31 mar- zo 1998 n. 80 e 29 ottobre 1998 n. 387, a cura di X. Xxxx’Xxxx-X. Xxxxxxx, Xxxxxx, 0000, 442.
(9) Ritiene piu` ragionevole l’estensione dei poteri istruttori a tutte le con- troversie di giurisdizione esclusiva, X. Xxxxxx, La nuova giurisdizione ammi- nistrativa in materia edilizia, urbanistica e dei pubblici servizi, in questa Rivista, 1998, 602, «anche se presuppone un’interpretazione estensiva della dispo- sizione, diretta a correggerne in modo vistoso la formulazione linguistica». In senso favorevole ad un’estensione dei mezzi istruttori v. X. Xxxxxxxxx, Novita` legislative in tema di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (prime impressioni sugli artt. 33-35 del D.Lvo 31 marzo 1998, n. 80), in TAR, 1988, II, 177.
In questo senso, inoltre, v. X. Xxxxxxxx, Commento all’art. 35, in La nuo- va giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, Commentario a cura di Al- do Travi, in Nuove leggi civ. comm., 1999, 225; C. E. Gallo, L’istruttoria processuale cit., 3355. Infine v. X. Xx Xxxxxxx, La nuova giurisdizione esclusiva e la prova nel processo amministrativo: prime riflessioni sulla recente ri- forma, in Dir. Proc. Amm., 2000, 34-35, nonche´ 61, ove si sottolinea che la norma «non distingue piu` i vari tipi di controversia riconoscendo all’i- struzione probatoria un regime unitario» ed esclude che «l’interprete possa operare delle distinzioni, peraltro in malam partem, restringendo, cioe`, i di- ritti delle parti, la` dove la legge non distingue per nulla».
Preoccupazioni sul punto sono state espresse anche da X. Xxxxxxxx, Pro- cesso amministrativo e tutele giurisdizionali differenziate, in Riv. Dir. Proc. Amm., 1999, 984, che in relazione all’esigenza di salvaguardare il principio di uguaglianza nel sistema di tutela giurisdizionale, reputa indispensabile estendere i nuovi mezzi di prova «a tutte le controversie di giurisdizione esclusiva concernenti situazioni di diritto soggettivo», e quindi, allo stato, e` discutibile la «ragionevolezza e della legittimita` costituzionale della scelta del legislatore» (p. 984, nota 96); per superare la possibile illegittimita` co- stituzionale dell’art. 35, X. Xxxxxxxxx, L’art. 35, commi 2 e 3, del D.Lgs. n. 80 del 1998, alcuni altri profili processuali della riforma e la disciplina transitoria,
(segue)
904 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
La prova testimoniale in materia urbanistica ed edilizia
La decisione annotata e` forse la prima ad ammettere la prova testimoniale in materia urbanistica ed edilizia.
Con sentenza interlocutoria, nel giudizio di impu- gnazione di un diniego di condono edilizio, il T.A.R. aveva disposto «l’acquisizione di documenti e di dichia- razioni testimoniali, in sede di audizione innanzi al
Il primo comma dell’art. 35, nel testo originario, pre- vedeva che «il giudice amministrativo, nelle controver- sie devolute alla sua giurisdizione esclusiva ai sensi degli articoli 33 e 34, dispone, anche attraverso la reintegra- zione in forma specifica, il risarcimento dei danni».
Il richiamo degli articoli 33 e 34 aveva indotto parte della dottrina ad escludere che le disposizioni processua-
Consigliere delegato dal Collegio per detta fase istrutto-
xxx» per dirimere il contrasto circa la data dell’abuso, non essendovi corrispondenza tra domanda di condono e dichiarazione del direttore dei lavori.
L’«audizione delle parti» non aveva consentito di su- perare le precedenti incertezze, «stante l’assoluta incom- patibilita` delle dichiarazioni». Con la seconda sentenza interlocutoria qui annotata, e` stata disposta «l’acquisi- zione di prova testimoniale davanti al Collegio» per sentire la ricorrente, il direttore dei lavori ed il proprie- tario di un terreno confinante «affinche´ attestino sotto giuramento i fatti a loro conoscenza, circa la data di rea- lizzazione» dell’opera.
La sentenza presenta piu` di un motivo di interesse. A parte l’essenziale e preliminare questione dell’am-
missibilita` della testimonianza, meritano attenzione an- che altri profili quali, ad es., le persone che possono es- sere sentite come testimoni, le modalita` di assunzione della prova, etc.
Non va trascurato, infine, che l’ammissione di prova testimoniale per accertare la data di esecuzione dell’abu- so incide sulla stessa configurazione della tutela giurisdi- zionale: il T.A.R. puo` infatti accertare direttamente il fatto e stabilire se ricorrono, quanto meno in relazione all’epoca dell’abuso, i presupposti di legge per accogliere la domanda di condono.
Prova testimoniale e giurisdizione esclusiva
Nonostante la sicura novita` della questione, il giu- dice non si e` soffermato specificamente sull’ammissi- bilita` della prova testimoniale. La soluzione positiva e` stata considerata scontata, pur in presenza di posizioni contrastanti nel dibattito dottrinale degli ultimi anni e la mancanza, a quanto consta, di precedenti specifi- ci (10).
Il «silenzio» dipende probabilmente dall’entrata in vi- gore della recente legge 21 luglio 2000, n. 205, recante
«Disposizioni sulla giustizia amministrativa», in base alla quale parte della dottrina ha ritenuto superati i contrasti registrati in passato ed appplicabili i mezzi di prova pre- visti dal c.p.c. a tutte le controversie in materia di giuri- sdizione esclusiva, senza distinzioni in merito alla materia o alla natura della posizione soggettiva (diritto soggettivo
o interesse legittimo) dedotta in giudizio (11).
La questione va tuttavia approfondita perche´ l’esatta portata delle modifiche introdotte dalla legge n. 205 non sembra chiarita in modo definitivo (12); d’altra parte, l’attenzione e` stata rivolta principalmente all’art. 16, che ammette la consulenza tecnica d’ufficio (13).
Note:
(segue nota 9)
in Nuova giurisdizione del giudice amministrativo, Torino, 2000, 396, ha pro- spettato la possibilita` di riferire «l’inciso «nelle controversie di cui al 1 comma» a tutte le controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, quanto meno limitatamente a quelle aventi ad oggetto diritti soggettivi, ambito nel quale rientrano anche le controversie in materia di risarcimento del danno (...)».
(10) A quanto consta la giurisprudenza si e` pronunciata specificamente solo sull’ammissibilita` della CTU: Cons. Stato, sez. IV, 8 ottobre 1998, n. 1647, in Rivista internet Giust. it., all’indirizzo http:||xxx.xxxxx.xx|cd- s1|constato4_1998-1647.htm. X. xxxxx X.X.X. Xxxxxxx, Xxxxxxx, 00 aprile 1999, n. 157 (ord.), con nota di D. De Carolis, Tutela della salute e
«nuovi» poteri istruttori del Giudice amministrativo ai sensi dell’art. 35 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, ivi, all’indirizzo http:||xxx.xxxxx.xx|priva- te|tar|tarabruzzo_1999-0157.htm, Cons. Stato, sez. VI, 7 giugno 2000,
n. 3212, in Guida al diritto, 2000, 26, 95 ss., con nota di X. Xxxxx, Se la giurisdizione amministrativa e` esclusiva il giudice dispone perizie tecniche e verifi- che, e Cons. Stato, sez. VI, 6 giugno 2000, n. 3212, in Rass. Cons. Stato, 2000, 1390, secondo cui nella giurisdizione esclusiva sulle concessioni di beni pubblici (nella specie di denaro, trattandosi di contributi) e` possibile ammettere dei mezzi di prova previsti dall’art. 35, comma 3, D.Lgs. n. 80.
(11) In questo senso v. M. G. Xxxxxxxxxx-X. Xxxxxxxxxx, "Codice» di diritto processuale amministrativo, Milano, 2000, 61, per i quali l’art. 35, comma 3, come novellato «dalla legge 205/2000, proprio perche´ si riferisce senza limitazione alcuna alla giurisdizione esclusiva, fa ritenere che i nuovi mezzi di prova possano trovare applicazione in qualunque controversia e quindi, parrebbe, anche quando il giudizio abbia ad oggetto interessi legittimi e si caratterizzi come giudizio di impugnazione»; X. Xxxxxxx, Il processo ammi- nistrativo fra snellezza e civilizzazione, in Corr. Giur., 2000, 1267, il quale evidenzia proprio il venir meno di ogni distinzione essendo stato «elimi- nato il riferimento alle sole materie regolate dagli artt. 33 e 34 previgen- ti», e F. Xxxxx Xxxxx, I mezzi di prova, in X. Xxxxxxxxxx-G. De Marzo-F. Xxxxx Xxxxx-X. Xxxxxxxx, La nuova giurisdizione esclusiva del giudice ammini- strativo dopo la legge 21 luglio 2000, n. 205, Milano, 2001, 560.
Conf. X. Xxxxxxxx, I poteri istruttori, in Il processo davanti al giudice xxxxxx- strativo. Commento sistematico alla legge n. 205/2000, Torino, 2001, 244, che ricollega i nuovi poteri istruttori «a tutta la giurisdizione esclusiva ed anche ai diritti patrimoniali conseguenziali comunque devoluti alla deci- sione del giudice amministrativo».
(12) Perplessita` sul reale significato della nuova formulazione dell’art. 35 sono state manifestate da X. Xxxxx in Commento all’art. 35, in Nuove leggi civ. comm., 1999, 1549 e nelle Lezioni di giustizia amministrativa, Torino, 2001, 252, ove si rileva che la disposizione ha «una formulazione ambi- gua» e comunque «non ha una portata generale e non sembra applicabile neppure a tutte le controversie soggette alla giurisdizione esclusiva»; v. inoltre X. Xxxxxxxx, La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in Il nuovo processo amministrativo dopo la legge 21 luglio 2000 n. 205, a cura di Caringella-Protto, Milano, 2001, 601-602, per il quale «la civilizzazione del rito, riguardando in particolare le controversie aventi ad oggetto diritti soggettivi (...), aumenta la distanza tra processo di impugnazione e proces- so sul rapporto, nell’ambito della giurisdizione esclusiva».
(13) Sul punto cfr. X. Xxxxxxxxx, La fase istruttoria, in Verso il nuovo processo amministrativo, commento alla legge 21 luglio 2000 n. 205, a cura di
X. Xxxxxxx Xxxxxx, Xxxxxx, 0000, 227 ss. e F. Cintioli, Consulenza tecnica d’ufficio e sindacato giurisdizionale della discrezionalita` tecnica, in Il nuovo pro- cesso amministrativo, cit., 913 ss. V. anche X. Xxxxxx, La nuova giustizia amministrativa, Napoli, 2000, 21.
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
905
li di cui al terzo comma potessero valere per tutte le controversie devolute alla giurisdizione esclusiva (14).
Nella nuova formulazione tale riferimento e` stato soppresso; di conseguenza i mezzi di prova del c.p.c. pos- sono ritenersi ammessi, nei casi di giurisdizione esclusi- va, anche al di fuori delle materie di cui agli artt. 33 e 34 citt., quanto meno nelle controversie relative al xx- xxxxxxxxxx del danno (15).
Sotto il profilo letterale, il terzo comma cit. definisce il campo di applicazione dei nuovi mezzi di prova con la stessa locuzione («controversie») presente nel primo comma, talche´ il risarcimento del danno sembra poter essere chiesto in ogni controversia devoluta alla giurisdi- zione esclusiva; inoltre, nel riferirsi alle cause in materia di risarcimento del danno, il secondo comma presenta
ro` difficile negare il contrasto tra principio del giusto processo e divieto assoluto di prova testimoniale.
In base alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, la piu` autorevole dottrina ritiene che «la` dove la prova non e` possibile altrimenti e ferma restando la prudente valutazione del giudice, non si puo` dichiarare inammis- sibile l’unica prova idonea a dimostrare l’assunto di una delle parti, persino se puo` condurre all’inosservanza del- la normativa interna sulle prove» (21).
La testimonianza, come ogni altro mezzo di prova non previsto o espressamente vietato, e` quindi certa- mente ammissibile, pur nel giudizio di legittimita`, quan- do una delle parti non possa provare altrimenti un de- terminato fatto (22).
una formulazione completamente diversa («nei casi di
cui al primo comma ...»).
Il T.A.R. ha seguito l’indirizzo estensivo ed ammesso la testimonianza, dovendo pronunciarsi in una contro- versia riguardante la materia urbanistica che «concerne tutti gli aspetti dell’uso del territorio» (art. 34, comma 1, cit.).
L’imperfetta formulazione della norma, non esclude tale conclusione perche´ sia pure «in casi eccezionali e con somma cautela», «l’interpretazione logica puo` an- che correggere l’espressione materiale della legge» (16).
Non sembra tuttavia possa consentire di risolvere il problema della prova testimoniale nel processo ammini- strativo, come si xxxxxxxx` di chiarire in seguito (17).
Prova testimoniale e giurisdizione di legittimit`a
L’art. 35 cit., come detto, non permette di pervenire ad una soluzione sicura e convincente, considerate le perduranti incertezze in ordine alla sua interpretazione e, soprattutto, il limitato ambito di applicazione da cui sono escluse le vertenze che rientrano nella giurisdizione di legittimita`.
Anche se una dottrina considera superati questi pro- blemi, ritenendo abrogati gli artt. 27 e 44 citt. (18), la giurisprudenza, almeno con riferimento al mezzo di pro- va in esame, sembra negare portata innovativa al decre- to 80, avendo ribadito anche di recente il precedente orientamento negativo (19).
Nonostante le considerazioni gia` svolte in merito al- l’interpretazione dell’art. 35 cit., per superare l’attuale si- tuazione di incertezza occorre affrontare il tema in ter- mini generali, tenendo conto del principio del giusto processo sancito dal nuovo art. 111 Cost., il cui signifi- cato va inteso anche con riferimento alle previsioni del- la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta` fondamentali.
In questa prospettiva e` stata gia` riproposta con forza la questione dell’ammissibilita` della testimonianza nel processo amministrativo di legittimita` ed in quello tri- butario (20).
Esula dai limiti del presente lavoro una disamina ap- profondita della questione; in linea generale sembra pe-
Note:
(14) V. gli Autori citati nella nota 8.
(15) Proprio in relazione all’estensione della giurisdizione amministrativa al risarcimento del danno e` stata prospettata l’esigenza di considerare tali controversie «una autonoma materia devoluta alla giurisdizione esclusi- va», con conseguente «applicabilita` del regime giuridico proprio di tale giurisdizione (si pensi alle disposizioni riguardanti i poteri istruttori, somm- mari e cautelari)», perche´ «a voler opinare diversamente non resterebbe invece che rilevare l’insufficienza dei mezzi probatori e decisori di cui di- spone il giudice amministrativo in sede di legittimita` per accertare il risar- cimento del danno» (X. Xxxxxxxx, op. cit., 608).
(16) X. Xxxxxxxxx, Principii di diritto processuale civile, Napoli, 1928, 82.
(17) X. xxxxx, xxx xxxxx, x. 0.
(18) C. E. Gallo, L’istruttoria processuale, in Trattato di diritto amministrativo
a cura di X. Xxxxxxx, tomo IV, Milano, 2000, 3355.
E` favorevole all’estensione dei poteri istruttori previsti dall’art. 35 al giudi-
zio di legittimita`, X. Xxxxx, La nuova giurisdizione del giudice amministrativo, in Tratt. Dir. Amm. (a cura di) X. Xxxxxxx, Appendice al tomo quarto, Xx- xxxx, 2001, 85, considerandola un «esito (...) ormai imposto dal nuovo assetto del processo amministrativo e dal nuovo volto assunto dalla giuri- sdizione del giudice amministrativo».
(19) Cons. Stato, sez. IV, 10 ottobre 2000, n. 715, cit., 287-288; v., inol- tre, Cons. Stato, sez. IV, 17 aprile 2000, n. 2292, cit., 998-999 (ord.).
(20) F. P. Xxxxx, op. cit., 343, vede nel nuovo art. 111 l’"occasione per ri- pensare ad esigenze istruttorie (...) che fino a questo momento sono state (...) erroneamente trascurate».
(21) X. Xxxxxx, L’art. 111 Cost. e le garanzie europee del processo civile, in
Riv. Dir. Proc., 2001, 10-11.
(22) A questa conclusione, del resto, e` pervenuta anche la Corte cost. (sent. 21 aprile 2000, n. 114, in Nuove leggi civ. comm., con nota di X. Xxxxxxxx, Limiti probatori all’esercizio del diritto al rimborso di tributi indebita- mente corrisposti: l’incostituzionalita` (infine dichiarata) dell’art. 19 D.L. 30 set- tembre 1982, n. 688, 994), che ha ritenuto leso il diritto di agire in giudi- zio nel caso venga inderogabilmente richiesta la prova documentale, con esclusione di ogni altro mezzo di prova, xxxxxx´ «siffatta previsione viene infatti a subordinare la tutela giurisdizionale ad un prova che, secondo cri- xxxx di normalita`, si palesa impossibile, non potendo in via generale essere ipotizzata l’esistenza di un documento contenente la diretta rappresenta- zione del fatto negativo costituito dalla mancata traslazione del peso eco- nomico dell’imposta».
Nello stesso senso e` la dottrina piu` attenta (X. Xxxxx, Lezioni, cit., 250), che considera «naturale porsi l’interrogativo della legittimita` di questa li- mitazione, che appare particolarmente gravosa in alcune ipotesi: per esempio, quando, la prova di un accadimento possa essere data, in con- creto, solo con l’esame dei testimoni».
Ne´ il problema puo` ritenersi meno grave per l’eventuale possibilita` di sentire testimoni durante l’espletamento di nuove verificazioni perche´ e` impossibile attribuire ad una delle parti in causa l’accertamento di fatti
(segue)
906 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
Il principio del giusto processo consente di andare oltre e non limitarne l’ammissibilita` ai soli casi di asso- luta impossibilita`. La testimonianza, come altri mezzi di prova vietati o non previsti, deve essere ritenuta ammis- sibile anche quando il ricorso a mezzi diversi possa com- promettere, ad es., la ragionevole durata del processo che oggi la Costituzione garantisce espressamente (23).
Le brevi considerazioni appena svolte confermano l’ammissibilita` della prova testimoniale. Anche ove si ritenga di doverla ancora escludere a causa della formu- lazione dell’art. 35, non puo` non tenersi conto che oggi Costituzione e Convenzione europea rappresentano il fondamento dell’estensione dei mezzi istruttori del giudi- ce amministrativo, a cominciare dalla prova testimonia- le, prescindendo dalla natura della giurisdizione che esercita nelle singole controversie.
Audizione delle parti e prova testimoniale
Il T.A.R. aveva inizialmente disposto la semplice
«audizione» delle parti davanti ad un delegato del colle- gio; contemporaneamente, senza prestare giuramento, era stato sentito anche il proprietario di un fondo confi- nante, a conoscenza dei fatti di causa.
L’audizione non puo` essere considerata una vera e propria testimonianza, per la quale sono inderogabili il giuramento di rito (24) e le altre formalita` previste dalla legge.
La prova testimoniale e` stata ammessa per l’impossi- bilita` di superare in altro modo il contrasto tra le diver- se «versioni» circa la data di esecuzione delle opere abu- sive.
La sentenza sottolinea che le nuove dichiarazioni do- vranno essere rese sotto giuramento e davanti al colle- gio, mostrando di confidare possano essere piu` precise ed affidabili, date le responsabilita` previste dalla legge per le false dichiarazioni del teste (25).
Non si tratta quindi di un’inutile ripetizione perche´ il TAR ha ritenuto di fare ricorso ad un mezzo di prova
«tipico» per accertare compiutamente i fatti prima di decidere.
Le modalit`a di assunzione della prova
L’art. 35 cit. non indica le modalita` di assunzione dei mezzi di prova ne´ gli eventuali limiti (26); il terzo comma prevede soltanto che, ove occorra, vengano di- sciplinate «nel regolamento di cui al regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, tenendo conto della specificita` del processo amministrativo in relazione alle esigenze di ce- lerita` e concentrazione del giudizio».
La dottrina ha subito rilevato che tale disposizione e` di dubbia interpretazione (27); nonostante la sua gene- ricita` e` tuttavia da escludere si tratti di norma di carat- tere meramente programmatico (28).
In attesa dell’eventuale («ove occorra») disciplina regolamentare, si reputa che il giudice debba attenersi alle modalita` di assunzione delle prove previste dal rego- lamento di procedura e dal codice di rito (29).
Note:
(segue nota 22)
rilevanti per la definizione del giudizio, cio` costituendo «una clamorosa violazione del principio della parita` delle armi» (F. P. Xxxxx, op. cit., 341).
(23) Senza pretesa di completezza e, soprattutto, senza porre alcun limite all’applicazione del principio, possono citarsi alcuni esempi.
Si pensi, ad es., ai possibili ritardi nella concessione della tutela cautelare ove si renda necessario ordinare alla p.a. di produrre in giudizio un docu- mento per provare un determinato fatto essenziale ai fini del riconosci- mento del fumus, per poi dover attendere il decorso del termine fissato dal giudice per l’eventuale valutazione del comportamento omissivo del- l’Amministrazione.
Ancora: mezzi di prova il cui esperimento potrebbe aumentare considere- volmente la durata del giudizio in contrasto con le esigenze di celerita` del processo amministrativo, espressamente salvaguardate dall’art. 35 D.Lgs. 80/98, ovvero (v. infra nel testo n. 7) giudizi in cui il mancato esperimento di un mezzo di prova possa rendere necessaria la rinnovazione del procedi- mento con conseguente possibilita` di un nuovo giudizio.
(24) Sull’indispensabilita` del giuramento del teste cfr., da ultimo, Corte cost., 21 gennaio 2000, n. 18, cit., 29.
V. anche le interessanti considerazioni di X. Xxxxxxxxx (audizione da- vanti alla Commissione affari costituzionali della Camera nella seduta del 24 ottobre 1984, pubblicata nel volume La riforma del processo amministra- tivo, Roma, 1987, 261), secondo il quale «un testimone senza giuramento non serve quasi a niente, perche´ i testimoni sono sempre falsi o falsificati (...)» e quindi «l’introduzione del sistema testimoniale va fatta con estre- mo rigore (...)».
(25) Xxxxxxxx si ritiene che l’attendibilita` della testimonianza dipenda principalmente dal fatto che «proviene da un terzo imparziale (...)», piu` ancora che dalle «sanzioni penali che colpiscono il falso testimone (...)» (X. Xxxxxxxxx, Xxxxx Xxx. Xxxx. Xxx., Xxxxxx, 0000, vol. II, 237).
(26) Si e` osservato che la genericita` dei criteri e` stata forse voluta, «ma non si puo` fare a meno di notare che manca qualsiasi riferimento alla protezione delle aspettative delle parti: contraddittorio, parita` degli stru- menti processuali» (X. Xxxxxx, op. cit., 603).
La dottrina piu` attenta (A. De Xxxxxxx, Intervento, in Funzione ed oggetto della giurisdizione amministrativa. Nuove e vecchie questioni, a cura di X. Xxxxxxxxxx, Torino, 2000, 141) esprime dubbi in ordine alla possibilita` che l’istruttoria possa «essere disciplinata ancora da un regolamento, quando e` principio basilare che le norme di garanzia di carattere proces- suale e le stesse prove sono un sistema di garanzia e, pertanto, debbono essere previste da norme di legge».
Critico verso la scelta di lasciare all’interprete la possibilita` di adattamen-
to e favorevole alla prevalenza del c.p.c., «almeno per il raccoglimento dei mezzi di prova in esso previsti», X. Xxxxxxxxx, L’affermazione legisla- tiva e giurisprudenziale della risarcibilita` del danno derivante dall’esercizio illegit- timo della funzione amministrativa. Profili sostanziali e processuali, in Il siste- ma della giustizia amministrativa dopo il decreto legislativo n. 80/98 e la sen- tenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione n. 500/99. Atti dell’incon- tro di studio svoltosi a Roma - Palazzo Spada il 18 novembre 1999, Milano, 2000, 71.
(27) Non condivide la scelta di lasciare ampi margini di discrezionalita` al giudice, X. Xxxxxxxx, op. cit., 225, che ritiene essergli stata «demandata (...) la creazione delle norme processuali di assunzione dei mezzi di prova. Questo pone gravi problemi di certezza del diritto, di tutela del cittadino e difficolta` applicative che potrebbero portare a sminuire la portata inno- vativa della norma, come e` avvenuto per il pubblico impiego».
(28) I nuovi mezzi di prova sono infatti «gia` immediatamente deducibili nel giudizio amministrativo» (A. Xxxxxx, in Foro It., 1998, III, 354, nota al parere dell’Adunanza Generale del Consiglio di Stato del 12 marzo 1998, n. 30, sullo schema di decreto delegato poi divenuto il D.Lgs. n. 80/98).
(29) Sul punto cfr. X. Xxxxxxxx, op. cit., 983, il quale, per evitare censure di legittimita` costituzionale, ritiene che l’attivita` del giudice «deve essere svolta applicando in via primaria le previsioni processualcivilistiche e nel rispetto, comunque del contraddittorio, della parita` delle armi e delle esi- genze di difesa delle parti.» (conf. v. X. Xxxxxxx, La nuova giurisdizione, cit., 1038).
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
907
La testimonianza delle parti
Quanto all’individuazione dei soggetti che possono testimoniare non sorgono particolari problemi.
Il T.A.R. ha deciso di sentire tre testi.
Nessun particolare problema pone la testimonianza del direttore dei lavori e del proprietario del fondo con- finante; suscita invece perplessita` la decisione di sentire anche la ricorrente.
Le parti non possono testimoniare nel processo civi- le (30); altrettanto deve ritenersi per il giudizio ammini- strativo.
La decisione del T.A.R. non puo` quindi essere con- divisa anche perche´ l’art. 35 cit. esclude espressamente l’ammissibilita` del giuramento (31).
Una diversa conclusione non potrebbe essere giustifi- cata neppure alla luce dell’insegnamento della Corte in- ternazionale dei diritti dell’uomo, propensa ad ammette- re anche la testimonianza della parte ma, come detto, nei soli casi in cui la prova non possa essere data altri- menti (32).
Nel caso di specie non ricorre tale eventualita`; una situazione diversa potrebbe invece determinarsi ove si affermasse la tesi che esclude la possibilita` di sentire co- me teste il responsabile del procedimento, perche´ iden- tificato con la p.a., la cui testimonianza dovrebbe essere di regola «insostituibile» essendo la persona che piu` di ogni altra conosce i fatti (33).
Il carattere sussidiario della prova testimoniale
Gia` in passato la dottrina aveva valutato favorevol- mente l’ampliamento dei mezzi di prova nel processo amministrativo, ritenendo pero` ammissibile la testimo- nianza ove non fosse possibile provare altrimenti un de- terminato fatto (34). Il collegio sembra essersi ispirato a tale criterio: prima di ammettere la prova per testi ave- va acquisito documenti e dichiarazioni.
Le esigenze di concentrazione e celerita` cui fa riferi-
mento l’art. 35 non sono prive di rilievo ai fini dell’as- sunzione della prova testimoniale, che il giudice puo` ammettere solo in mancanza di altri mezzi di prova; in attesa di eventuali modifiche del regolamento, dunque, i nuovi mezzi avranno carattere sussidiario, nel senso che ad essi potra` ricorrersi ove la prova di un fatto non possa essere data con quelli «tradizionali», soprattutto con la piu` rapida produzione di documenti (35).
La ricorrente avrebbe dovuto produrre i documenti relativi alla costruzione quali, ad es., bolle di consegna dei materiali e fatture emesse dall’impresa di costruzione e dal direttore dei lavori (nella specie deve essere accer- tato anche l’oggetto dell’incarico conferitogli) ovvero qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare la data di ultimazione delle opere.
Si tratta di elementi indispensabili per stabilire la da- ta dell’abuso; se mancano o risultano - pur consentendo comunque al giudice di disporre di maggiori elementi nell’esercizio del potere di libera valutazione delle prove
- si rende necessario il ricorso alla testimonianza, in di- fetto di altri mezzi.
I capitoli di prova
L’art. 29 reg. proc. prevede che il giudice «nell’am- mettere i mezzi istruttori, stabilisce i termini da osservare ed i modi con cui debbono seguire, applicando, per quanto e` possibile, le disposizioni del codice di procedu- ra civile».
I capitoli non risultano dalla sentenza interlocutoria che fa solo riferimento alla richiesta di prova testimo- niale avanzata dalla ricorrente, secondo la quale «diversi testimoni potrebbero confermare la situazione, affermata nella domanda di xxxxxxx»; puo` darsi fossero articolati nel ricorso introduttivo.
Note:
(segue nota 29)
Secondo X. Figorilli, op. cit., 443, la decisione di ricorrere agli incombenti istruttori di cui all’art. 35 e` «subordinata all’esito di una doppia valutazio- ne da parte del giudice, sia in ordine all’effettiva esigenza di utilizzare detti strumenti probatori («ove occorra»), sia facendo ben attenzione a non compromettere la specificita` del processo amministrativo in relazione alle esigenze di celerita` e concentrazione del giudizio».
(30) «Il testimone e` una persona diversa dai soggetti interessati chiamata ad esporre al giudice le proprie osservazioni di fatti avvenuti che hanno importanza nella causa» (X. Xxxxxxxxx, op. cit., 826).
(31) Ritenere diversamente significherebbe eludere il divieto legislativo, posto che «la prova testimoniale si contrappone alla confessione e al giu- ramento proprio in relazione al fatto che proviene da un terzo imparziale (...)» (X. Xxxxxxxxx, op. cit., 237).
(32) X. Xxxxxx, op. cit., 11, secondo il quale l’obbligo del giudice, che emerge dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, di ammettere «l’u- nica prova idonea a dimostrare l’assunto di una delle parti» puo` condurre
«quale corollario, all’ammissione della testimonianza anche della parte, ancora non ammessa nel nostro processo civile e, a maggior ragione, dei terzi interessati (...)».
(33) In forza di tale principio si e` ritenuto (A. M. Xxxxx, op. cit., 2567), con ragionamento non persuasivo, che «mai potra` essere chiamato a testi- moniare il responsabile del procedimento (...) soggetto, ne´ totalmente ne´ parzialmente, estraneo alla controversia». Contra v. A. Police, op. cit., 63, secondo il quale la testimonianza del responsabile del procedimento con- sentirebbe di accertare «i motivi effettivi per i quali un provvedimento viene adottato» che spesso non risultano dalla motivazione, che aderisce alla tesi di Scoca (Giustizia amministrativa e riforme della Commissione bica- merale, Relazione al convegno di Catanzaro del maggio 1997 su La giusti- zia amministrativa: aspetti e prospettive).
(34) In questo senso, v. X. Xxxxxxxxx, Il sistema probatorio, in Processo am- ministrativo: quadro problematico e linee di evoluzione, Contributo alle iniziative legislative in corso, Milano, 1988, 175, che ritiene «l’assunzione della prova testimoniale decisiva (...) per accertare la verita` di fatti determinanti». Secondo X. Xxxxx, Note minime sui mezzi di prova nel processo amministra- tivo, in Scritti per X. Xxxxx, Milano, 1991, vol. III, 362, «deve trattarsi (...) dell’unico modo consentito alla parte per provare la fondatezza della pre- tesa».
(35) La dottrina (X. Xxxxxxx Xxxxxxx audizione in La riforma del processo amministrativo, cit., 326) aveva prospettato la necessita` di chiarire se tale presupposto possa ricorrere nel caso di «esito negativo di altri mezzi di prova» ma la risposta sembra essere negativa; la legge deve consentire al cittadino di poter provare un fatto essenziale per il riconoscimento di un bene della vita, perche´ non poter provare un diritto e` sostanzialmente co- me esserne privo, ma cio` non comporta anche il diritto ad una «prova d’appello», salvo che, in concreto, l’esito negativo dipenda dalla mancan- za di un mezzo idoneo.
908 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
A prescindere dal caso di specie, la prova testimonia- le non puo` essere ammessa, neppure d’ufficio, ove man- chi l’articolazione in capitoli, essenziali per la tutela del diritto alla difesa secondo l’antico insegnamento del Consiglio di Stato (36).
In difetto le parti non possono valutarne ammissibili- ta` e rilevanza, ne´ esercitare il diritto alla prova contra- ria (37).
Prova testimoniale e (possibile) evoluzione del processo amministrativo
La questione decisa dal T.A.R. consente qualche ul- teriore considerazione di carattere generale sulla possibi- le evoluzione del giudizio amministrativo.
In presenza di dichiarazioni contrastanti, come nella specie, in passato la giurisprudenza aveva ritenuto ille- gittimo il diniego di condono, perche´ la p.a. non pote- va attribuire tout court prevalenza all’una o all’altra, ob- bligandola a compiere un puntuale ed autonomo accer- tamento dei fatti (38).
Piu` in generale, l’esigenza di una specifica istruttoria era stata esclusa solo in presenza di univoche risultanze d’ufficio quali, ad es., gli accertamenti compiuti dagli or- gani di vigilanza, costituiti da verbali di sopralluogo che, contenendo dichiarazioni di pubblici ufficiali, fan- no fede fino a querela di falso (39).
L’omessa esecuzione degli accertamenti indispensabi- li, la loro contraddittorieta`, etc. comportavano pertanto l’annullamento del diniego, «salvi i provvedimenti che l’Amministrazione adottera` a seguito di adeguata istrut- toria» (40); in sede di rinnovazione dell’atto, la p.a. era tenuta a compiere le indagini non eseguite in preceden- za per stabilire l’effettiva data in cui l’opera era stata rea- lizzata, ad es., assumendo informazioni, eseguendo ispe- zioni, etc.
Il giudice si asteneva quindi dall’accertare l’anno in cui era stato compiuto l’abuso: secondo una concezione classica del processo, verificava soltanto la legittimita` degli accertamenti compiuti nel procedimento ammini- strativo (41).
In questo modo il cittadino era obbligato ad attende- re la nuova istruttoria della p.a. per poi rivolgersi nuo- vamente al giudice in caso di ulteriore diniego; almeno in astratto, dinieghi e decisioni di annullamento pote- vano seguire senza alcun limite.
Ammettendo la prova per testi il T.A.R. non solo ha fatto uso di un nuovo mezzo di prova, in passato non esperibile nel processo amministrativo; ha posto una premessa indispensabile per un giudizio non limita- to alla semplice legittimita` del diniego impugnato.
La decisione di sentire i testi presuppone che, ad av- viso del giudice, la p.a. non abbia adeguatamente accer- tato l’epoca dell’abuso con conseguente illegittimita` del provvedimento impugnato; il T.A.R. tuttavia non si ferma all’esame del diniego ma accerta anche se sussi- stono i presupposti di legge per accogliere la domanda di condono.
Secondo una dottrina la prova testimoniale e` l’unica reale innovazione derivante dall’art. 35 D.Lgs. n. 80 (42); a prescindere dall’esattezza dell’interpretazione prospettata, non va sottaciuto il rischio concreto che anche questa novita` rimanga lettera morta se continue- ra` a prevalere una concezione restrittiva dei poteri deci- sori del giudice amministrativo (43).
Note:
(36) Cons. Stato, sez. IV, 17 novembre 1893, in Foro It., 1894, III, 27, con commento di C. Lessona.
Nello stesso senso, di recente, x. X.X.X. Xxxxx, Xxxxxx, 00 dicembre 1994,
n. 950, in Foro Amm., 1995, I, 1356, che ritiene inammissibile la prova testimoniale ove non risultino depositati in atti gli articolati oggetto della prova che, ai sensi dell’art. 244 c.p.c., debbono essere separatamente for- mulati per ciascuna delle persone incluse nelle liste testimoniali.
Anche la dottrina si e` espressa in questo senso: cfr. X.Xxxxx, Garanzia del diritto di azione, cit., 573, precisa opportunamente che la necessita` di indi- care i «capitoli per la prova testimoniale vige anche per il caso che tale prova sia disposta d’ufficio dal giudice» e, da ultimo, X. Xxxxxxxx, op. cit., 250.
(37) Secondo X. Xxxxxxxxx (op. cit., 836) «la prova contraria e` di dirit- to nel senso che quando sia ammessa la prova per testimoni chiesta da una parte e` ammessa per cio` solo l’altra parte a produrre nello stesso pro- cedimento altri testi per conto suo, per dedurre sui medesimi fatti articola- ti dall’avversario».
La necessita` di garantire il diritto alla «deduzione della prova testimoniale contraria» nel processo amministrativo e` riconosciuta da X. Xxxxxxxxx, op. cit., 399.
(38) T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 14 luglio 0000, x. 000, xx XXX, 0000, X, 0000; nello stesso senso, x. X.X.X. Xxxxxxxxx, Xxxxxx, xxx. XX, 0 novembre 1998, in Riv. Giur. Edil., 1989, I, 177.
(39) Cfr., ad es., Cons. Stato, sez. II, 7 marzo 1990, n. 1130, in Rass. Cons. Stato, 1992, I, 1205.
Resta tuttavia fermo l’onere a carico del cittadino di fornire almeno un principio di prova sull’ultimazione dell’opera (Cons. Stato, sez. V, 12 ot- tobre 1999, n. 1440, ivi, 1999, I, 1612) cui si puo` adempiere, come era avvenuto nel caso di specie, mediante dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorieta` che ha una valenza probatoria privilegiata (Cass. pen., sez. V, 2 giugno 1999, Di Paolo, in Cass. Pen., 2000, II, 436), nel senso che esclu- de la necessita` di produrre ogni altra documentazione (ai sensi dell’art. 39, comma 4, legge n. 724/94), ma non il potere della p.a. di disattenderla ove sussistano circostanze puntuali attestanti il contrario (Cons. Stato, sez. V, 18 dicembre 1999, n. 2034, in Riv. Giur. Edil., 2000, 298).
(40) T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 9 novembre 1998, cit., 177.
(41) Sul punto cfr. X. Xxxxx, Xxxxxxx, cit., 252, per il quale la difformita`
«fra un provvedimento amministrativo e i fatti materiali rilevanti per il potere amministrativo costituisce di per se´ un vizio di legittimita` del prov- vedimento, indipendentemente da ogni considerazione circa l’adeguatezza o meno dell’istruttoria procedimentale, e diventa difficile giustificare per- che´ non sia consentita al giudice la cognizione diretta dei fatti». Nel sen- so che il giudice amministrativo abbia «sentito in modo eccessivo le re- strizioni delle sue possibilita` istruttorie (...) vietandosi quasi totalmente l’accesso alla genuinita` e completezza della situazione di fatto» v. M. Ni- gro, Giustizia amministrativa, Bologna, 1994, 233.
Il «giudice per poter assolvere alle sue funzioni deve conoscere la fattispe- cie» e percio` essere munito di tutti gli strumenti idonei ad una verifica del fatto, che sono appunto gli strumenti probatori disciplinati, con la for- za di una antica tradizione, dal codice di procedura civile» (M. E. Schi- naia, Gli interessi generali emergenti e l’effettivita` della tutela giurisdizionale, in Rass. Cons. Stato, 1999, II, 1767).
(42) E` la tesi di Xxxxxxxx, op. cit., 244.
(43) I due profili si influenzano reciprocamente: v. X. Xxxxx, op. cit., 131, secondo il quale «ogni processo ha un determinato sistema istruttorio e l’istruzione determina il tipo di processo».
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
909
Sicuramente l’ampliamento dei mezzi di prova e` es- senziale per consentirgli la conoscenza diretta del fat- to (44), prescindendo dal provvedimento impugnato e dai documenti.
E` impossibile prevedere se la testimonianza xxxx` un
mezzo di prova cui si fara` ricorso di frequente o in casi limitati (44); cio` che conta e` che oggi il giudice possa utilizzare anche questo mezzo di prova; ancora di piu` conta che l’uso dei poteri istruttori potra` consentire l’ac- certamento diretto del fatto.
Cio` e` imposto dai principi costituzionali ed in modo particolare dal principio del giusto processo in base al quale il cittadino ha diritto ad un proces- so che abbia una «ragionevole durata» (art. 111 Cost.); per ogni istituto del processo, l’interprete dovra` compiere una complessa verifica di compati- bilita` della disciplina vigente con i nuovi principi costituzionali.
Relativamente al tema in esame, l’uso di vecchi e nuovi poteri istruttori xxxx` indispensabile per ridurre il numero delle decisioni che richiedono nuovi provvedi- menti della p.a. per definire il rapporto con il cittadino; in caso contrario il principio del giusto processo e della sua ragionevole durata verrebbero completamente disat- tesi (45).
Il giudice amministrativo puo` - e, se richiesto, de- ve - accertare la data dell’abuso; alla p.a. resta la fa- colta` di adottare gli ulteriori provvedimenti, ma solo con riferimento ai profili eventualmente non esami- nati nell’atto impugnato o comunque non definiti con la sentenza.
L’esigenza di porre un limite temporale alla rinnovazione dell’atto ammi- nistrativo per garantire l’effettivita` della tutela giurisdizionale ed evitare un’eccessivo carico di lavoro nei tribunali, e` del resto chiaramente avver- tita dalla giurisprudenza (v., per tutte, Cons. Stato, sez. V, 6 febbraio 1999, n. 134, in Foro Amm., 1999, 349 ss., che esclude il potere della p.a., anche in relazione a profili non ancora valutati, di riesaminare una questione sulla quale si sia gia` pronunciata in sede di rinnovazione dell’at- to dopo la sentenza di annullamento).
Note:
(44) In merito alla prova testimoniale ed alla sua utilita`, nel corso delle audizioni a suo tempo effettuate in sede parlamentare (e raccolte nel vo- lume La riforma del processo amministrativo, cit.) la dottrina aveva espresso opinioni molto diverse: per Xxxxxxxx (La riforma cit., 230) «la prova testi- moniale (...), assistita da tutte le garanzie sue proprie, potrebbe essere mol- to utile», mentre Virga (p. 309) si era dichiarato favorevole alla sua intro- duzione «in alcune situazioni in cui effettivamente e` difficile poter dimo- strare attraverso la prova documentale l’esistenza dell’interesse legittimo (...)», pur rilevando che occorreva non farsi «illusioni che possa essere di- sposta da parte del giudice amministrativo»; X. Xxxxxx (p. 211) aveva in- vece richiamato l’attenzione sulla necessita` di precisare «i limiti dell’utiliz- zazione della prova testimoniale perche´ (...) non farebbe che allungare i tempi del processo senza produrre sostanzialmente effetti positivi» (tale esigenza era stata peraltro evidenziata anche nell’audizione di X. Xxxxxxx Xxxxxxx, 326).
(45) Non e` certo possibile in questa sede approfondire il tema del giu- sto processo e della sua ragionevole durata. Sembra tuttavia difficile sfuggire ancora alla necessita` di un ripensamento del sistema del pro- cesso amministrativo considerato come una «parentesi» dell’attivita` della p.a. (sul punto si rinvia alle fondamentali pagine di X. Xxxxx, op. cit., 320): cio` e` imposto dalla riforma dell’art. 111 Cost. ma anche da esigenze di efficienza ed economicita` dell’azione amministrativa (art. 1 legge 241/90). Ne´ e` possibile evitarlo invocando la pluralita` dei processi: ai fini dell’applicazione dell’art. 111 cit., la giustizia e la ragionevole durata del processo vanno riferite all’insieme delle azioni e di ogni altra iniziativa per ottenere il soddisfacimento della posizio- ne soggettiva fatta valere.
910 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
L’art. 13 L. 2359/1865
nell’ipotesi di dichiarazione di pubblica utilita` implicita
T.A.R. Lombardia, sez. II, 23 dicembre 2000, n. 9172
Pres. Xxxxxxxx - Est. Xxxxxxxx - A.N.M.A.D.A. S.r.l. c. Comune di Busto Arsizio, Regione Lombardia, Came- ra di Commercio Industria Artigianato di Varese
L’art. 13 della legge n. 2359/1865 ha portata generale nei procedimenti ablatori e trova applicazione anche quando la dichiarazione di pubblica utilit`a inerisca all’approvazione del progetto di opera pubbli- ca, ai sensi dell’art. 1 della legge n. 1/78. Infatti, il termine triennale previsto da quest’ultima norma per l’inizio dell’opera assume carattere integrativo e non sostitutivo dei termini iniziali e finali di cui al- la normativa fondamentale del 1865.
La prefissione dei termini entro i quali dovranno cominciare e compiersi i lavori e le espropriazioni, se- condo il disposto del citato art. 13, assolve alla duplice funzione di garantire, attraverso la verifica del- l’attualit`a e della concretezza dell’interesse pubblico, la seriet`a dell’azione amministrativa e, al contem- po, la certezza anche sotto il profilo temporale delle posizioni soggettive sulle quali detta azione va ad incidere.
La fissazione dei termini previsti dall’art. 13 della legge n. 2359/1865 deve avvenire, a pena di invalidi- t`a, nel primo atto del procedimento espropriativo che, nel caso di dichiarazione implicita di pubblica uti- lit`a, deve essere identificato nel provvedimento di approvazione del progetto, con la conseguenza che la mancata fissazione dei suddetti termini in tale atto rende illegittima l’intera procedura.
Diritto
1) La societa` ricorrente e` proprietaria in Busto Arsizio di un complesso immobiliare localizzarono a sud della
S.S. n. 336, composto da una cascina abitata da tre nu- clei familiari, da un campo di calcio e da un’area attrez- zata per l’addestramento di cani.
A seguito dell’accordo di programma sottoscritto dalle amministrazioni interessate, le aree, classificate al
P.R.G. vigente a zona E1/filtro (subaree agricole), sono state destinate alla realizzazione del Centro Fieristico Polifunzionale e delle relative attrezzature e formano og- getto, nell’ambito della relativa procedura, di previsioni espropriative.
Con il ricorso in epigrafe la societa` ha impugnato tutti gli atti della sequenza procedimentale conclusasi con il decreto del Presidente della Regione Lombardia di ap- provazione del suindicato accordo di programma; a so- stegno dell’impugnazione la parte ha dedotto censure per violazione di legge e per vari profili di eccesso di po- tere.
Si sono costituite in giudizio le amministrazioni interve- nute nella procedura, che deducono l’inammissibilita` e l’infondatezza del ricorso.
Tutte le parti hanno illustrato con memorie le rispettive tesi difensive.
All’udienza odierna, dopo la discussione delle parti, il ri- corso e` stato affidato alla decisione del Collegio.
2) Il ricorso investe gli atti inerenti ad un provvedimen- to complesso, ma unitario che ha ad oggetto l’approva- zione di un accordo di programma per l’attuazione del Polo fieristico di Busto Arsizio.
Prima di procedere all’esame delle questioni che l’impu- gnativa propone e` necessario delineare il quadro norma- tivo e provvedimentale nel quale la vicenda si iscrive.
3) Con L.R. 12 aprile 1999 n. 10 e` stato approvato il
«Piano territoriale d’area Malpensa», il quale, nell’ambi- to degli interventi elencati nell’allegato A, prevede la realizzazione del «Polo fieristico di Busto Arsizio». L’in- tervento e` stato localizzato a sud della S.S. n. 336 all’in- terno di un vasto comprensorio, avente superficie terri- toriale di mq. 145.000, situato tra la via per Cassano Magnano e la via Fagnano (cfr. par. 6.3.6.2. del volume terzo quadro progettuale); l’area oggetto dell’intervento e` stata graficamente individuata nella planimetria (tav. 4.5.) allegata al quadro progettuale.
In base all’art. 2 della legge le indicazioni contenute nel piano costituiscono indirizzi e criteri regionali per la pre-
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
911
disposizione degli atti di programmazione e pianificazio- ne degli enti territoriali interessati. Quanto agli effetti, al secondo comma dell’art. 2 e` stabilito che le relative previsioni prevalgono sulle disposizioni eventualmente contrastanti contenute nel piano territoriale di coordi- namento e negli strumenti urbanistici comunali; inoltre, le opere elencate nell’allegato A del piano territoriale d’area sono dichiarate, al comma sesto dell’art. 1, di pre- minente interesse regionale, di pubblica utilita` e di som- ma urgenza. In base al terzo comma dell’art. 2, entrambi questi effetti sono tuttavia destinati a decadere, qualora, nei ventiquattro mesi successivi all’entrata in vigore del- la legge, non sia intervenuta l’approvazione dei relativi progetti o programmi di attuazione, in esito alle proce- dure indicate all’art. 3, tra le quali e` previsto, in alterna- tiva ad «altri strumenti di programmazione negoziata», il ricorso al modulo procedimentale di cui all’art. 27 leg- ge n. 142/90, ossia la stipulazione di accordi di program- ma tra le amministrazioni interessate.
L’avvio della procedura attuativa puo` farsi risalire alla deliberazione di giunta comunale n. 542 del 9 giugno 1999, con la quale il comune di Busto Arsizio si deter- minava a richiedere alla regione Lombardia la promo- zione di un accordo di programma per la realizzazione del polo fieristico. In accoglimento della richiesta, la Giunta regionale (con atto n. 6/43785 del 24 giugno 1999) stabiliva di promuovere l’accordo richiesto e di iniziare quali soggetti interessati la regione medesima, il comune di Busto Arsizio e la Camera di commercio di Varese.
In seguito l’amministrazione comunale adottava (con del. C.C. n. 65/99) una variante urbanistica espressa- mente finalizzata alla realizzazione del polo fieristico 18 stralcio, mediante la classificazione di un’ampia area avente destinazione agricola a nuova subarea G4-Cen- tro Fieristico Polifunzionale, da attuare mediante accor- do di programma e con ricorso a procedure di acquisi- zione coattiva delle aree interessate; con avviso pubbli- cato sul B.U.R.L. dell’11 agosto 1999 veniva comunica- to che «l’atto deliberativo e gli atti di progetto saranno depositati per dieci giorni a far tempo dal 30 luglio e fi- no al 9 agosto 1999» e che «le eventuali osservazioni... dovranno essere presentate entro venti giorni dalla data di pubblicazione dell’avviso sul B.U.R.L.». Nella stessa seduta consiliare (con del. C.C. n. 66/99) veniva adot- tata, con la procedura semplificata di cui alla L.R. n. 23/97, altra variante relativa al 28 stralcio del nuovo centro fieristico; con tale atto veniva delimitata un’area di circa 75.000 mq. A nuova subarea G4 per la realizza- zione di attrezzature e impianti di interesse generale non compresi nelle zone F e veniva altres`ı destinata a suba- rea F2-servizi di livello comunale altra area di circa
70.000 mq. Entrambe le varianti interessano mappali della societa` ricorrente, che sono espressamente indicati negli elenchi catastali delle proprieta` da acquisire, alle- gati alle deliberazioni medesime.
In data 20 settembre 1999 i rappresentanti delle ammi-
nistrazioni interessate sottoscrivevano l’accordo di pro- gramma, quindi con deliberazione n. 74 assunta nella stessa data il consiglio comunale, ai sensi dell’art. 27, comma 5, legge n. 142/90, ratificava l’adesione del Sin- daco all’accordo, che veniva definitivamente approvato con D.P.G.R. 21 settembre 1999 n. 40284, pubblicato
sul B.U.R.L. del 27 settembre 1999.
Con atto di giunta comunale n. 890 del 29 settembre 1999 si stabiliva di dare mandato al Sindaco per dare corso alle procedure di esproprio e di occupazione d’ur- genza delle aree necessarie all’attuazione dell’intervento e si fissavano i termini per l’inizio e il compimento dei lavori e delle espropriazioni. In esecuzione della proce- dura, il 7 ottobre 1999, e` stato notificato alla ricorrente l’avviso del deposito degli atti del procedimento espro- priativi.
Nel successivo prosieguo della procedura, l’amministra- zione comunale ha acquisito la disponibilita` delle aree e dato corso ai lavori di edificazione del primo lotto delle opere.
4) L’intervenuto completamento della parte strutturale del centro fieristico comporta, secondo la difesa comu- nale, una situazione di fatto inidonea a determinare la sopravvenuta cessazione della materia del contendere e, quindi, l’improcedibilita` del ricorso, essendo «impensa- bile che i ricorrenti possano rientrare in possesso dei lo- ro terreni nel medesimo stato di fatto precedente all’oc- cupazione d’urgenza».
L’eccezione non ha fondamento.
Al riguardo e` sufficiente considerare che la cessazione della materia del contendere puo` conseguire soltanto al sopravvenire di misure pienamente satisfattive dell’inte- resse del quali si chiede tutela, non certo per il caso che il provvedimento lesivo abbia ricevuto attuazione.
Cio` anche nell’ipotesi estrema in cui la completa esecu- zione dell’opera pubblica determini una situazione di ir- reversibilita` dei luoghi e impedisca l’autonoma sopravvi- venza del fondo, dando vita al noto fenomeno della
c.d. accessione invertita. In tal caso, l’interesse alla pro- nuncia permane, ed e` rivolto a sostenere la domanda diretta ad ottenere il risarcimento del danno, una volta riconosciuta l’illegittimita` del procedimento espropriati- vo.
5) La difesa comunale ritiene che il ricorso non sia sup- portato dal necessario interesse all’azione, in quanto lo status urbanistico dell’area deriva direttamente da atti le- gislativi che esulano dalla valutazione del giudizio di le- gittimita` e, quindi, non possono essere investiti dalla pronuncia di annullamento.
Nemmeno questa eccezione ha fondamento.
Secondo i principi generali, l’interesse ad agire si con- creta nell’esigenza dell’attore di raggiungere un risultato utile e giuridicamente apprezzabile, non altrimenti con- seguibile che con l’intervento del giudice.
Cio` posto, se pure e` vero che la previsione del centro fieristico deriva direttamente dal piano d’area approvato con legge regionale, con la conseguenza che la sua loca-
912 URBANISTICA E APPALTI 8/2001
lizzazione non puo` essere posta in discussione, deve nondimeno riconoscersi l’interesse (strumentale) della parte a denunciare le irregolarita` che si assumono poste in essere nella successiva procedura amministrativa di attuazione della previsione normativa, cio` al fine di conseguire l’annullamento degli atti produttivi dell’effet- to ablativo del diritto di proprieta`.
Occorre poi soggiungere che l’interesse all’annullamento degli atti impugnati deve essere ravvisato anche in pre- visione della possibile decadenza degli effetti di cui al- l’art. 1, comma 6, della L.R. n. 10/99, che consegue al decorso dei termini stabiliti dall’art. 2, comma 3; cio` in quanto l’eventuale annullamento dell’accordo di pro- gramma determina una situazione corrispondente alla mancata approvazione dei relativi progetti, cui la legge, al decorso del termine stabilito, riconnette l’effetto di decadenza della dichiarazione di p.u. e, quindi, il venir meno del potere espropriativo.
6) Nel merito e` fondata la censura esposta nel secondo
motivo del ricorso, con la quale si deduce l’illegittimita` del decreto di approvazione dell’accordo per la mancata indicazione dei termini per l’inizio e il completamento dei lavori e delle espropriazioni.
La censura trova conforto nel costante orientamento giurisprudenziale formatosi in materia, che il Collegio condivide, in base al quale l’art. 13 della legge n. 2359 del 1865 ha portata generale nei procedimenti ablatori e trova applicazione anche quando la dichiarazione di pubblica utilita` inerisca all’approvazione del progetto di opera pubblica.
Ed invero, la prefissione dei termini entro i quali do- vranno cominciare e compiersi i lavori e le espropriazio- ni, secondo il disposto dell’art. 13 cit., assolve alla dupli- ce funzione di garantire, attraverso la verifica dell’attua- lita` e della concretezza dell’interesse pubblico, la serieta` dell’azione amministrativa e, al contempo, la certezza anche sotto il profilo temporale, delle posizioni soggetti- ve sulle quali la detta azione va a incidere.
Ne discende che la fissazione dei termini in questione deve avvenire, a pena di invalidita`, nel primo atto del procedimento espropriativi che, nel caso di dichiarazio- ne implicita di pubblica utilita` ex lege, deve essere iden- tificata nel provvedimento di approvazione del progetto, con la conseguenza che la mancata fissazione dei sud- detti termini in tale atto rende illegittima l’intera proce- dura (cfr. Ad. Plen. n. 6/91; T.A.R. Lombardia, I, n. 515/92; T.A.R. Lecce 7 maggio 1991 n. 355).
Non vi e` dubbio quindi che, in applicazione di tale in equivoca e tassativa disposizione, l’atto di approvazione dell’accordo di programma, al quale l’art. 27 comma 5- bis della legge n. 142/90 riconnette portata di dichiara- zione di pubblica utilita`, indifferibilita` e urgenza delle opere e quindi valore di atto iniziale del procedimento ablativo, avrebbe dovuto necessariamente contenere l’indicazione dei termini in questione e che, essendone invece privo, debba considerarsi irrimediabilmente ille- gittimo.
In proposito, e contrariamente a quanto sostenuto dal- la difesa regionale, non corrisponde al vero che i ter- mini in questione siano stati direttamente fissati dalla legge. Analogamente, infatti, a quanto stabilito dal- l’art. 1 legge n. 1/78, l’art. 27 cit. si limita a prevedere la decadenza degli effetti derivanti dalla dichiarazione di p.u. qualora le opere non abbiano inizio nei tre anni successivi all’approvazione dell’accordo, ma non con- tiene alcuna indicazione in ordine ai termini per il completamento dei lavori medesimi e per l’inizio e la fine delle espropriazioni, laddove l’art. 13 richiede l’in- dicazione distinta e specifica dei due tipi di termini la cui fissazione riveste, in entrambi i casi, carattere es- senziale per la validita` dell’atto che dichiara la pubbli- ca utilita` dell’opera (cfr. Cons. Giust. Amm. Sicilia, 28 gennaio 1998 n. 21; Cons. Stato, sez. IV 28 maggio
1998 n. 468).
Detta omissione non puo` nemmeno ritenersi sanata dal- la successiva deliberazione di giunta comunale n. 890/ 99; cio` in quanto, anche a non volere considerare che trattasi di atto proveniente da autorita` diversa da quella che ha approvato il progetto, e` del tutto pacifico in giu- risprudenza che, nel procedimento espropriativi, la fissa- zione dei termini di cui all’art. 13 cit. deve avvenire nell’atto stesso avente ex lege di dichiarazione di pubbli- ca utilita` dell’opera e quindi nell’atto con cui e` stato ap- provato il progetto di opera pubblica, escludendo corre- lativamente che l’onere in questione possa essere assolto mediante atti successivi, seppure in xxx xx xxxxxxxxx x xxxxxxxxx (xxx. Cons. Stato, sez. IV, 21 novembre 1994,
n. 940; id. 27 novembre 1997, n. 1326; Cass. Sez. Un., 4 marzo 1997, n. 1907; Cons. Giust. Amm. Sicilia, 22 luglio 1998, n. 445).
Da tale omissione consegue l’invalidita` dell’accordo di programma e, per illegittimita` derivata, degli atti ad esso conseguenti.
7) E` fondata anche la censura, esposta nel sesto e nel-
l’undicesimo motivo di ricorso, con la quale si lamenta la violazione delle modalita` di pubblicazione degli stru- menti urbanistici. L’interesse alla censura e` denotato dal rilievo che con gli atti censurati l’amministrazione comunale non si e` limitata ad un mero adeguamento formale della propria strumentazione urbanistica ai con- tenuti del piano d’area Malpensa, ma ha definito le modalita` di attuazione delle previsioni urbanistiche contenute nella L.R. n. 10/99, privilegiando, in alter- nativa ad altri possibili strumenti di programmazione negoziata, il ricorso all’accordo di programma e l’attiva- zione di procedure espropriative delle proprieta` coin- volte. I profili innovativi imputabili a tali atti connota- no di contenuti non esclusivamente formali l’esigenza di garantire adeguate forme di pubblicazione agli atti medesimi.
Come si e` avanti precisato, con le deliberazioni consi-
liari n. 65 e 66 del 1999 l’amministrazione comunale ha adottato due varianti urbanistiche finalizzate alla rea- lizzazione del centro fieristico; la prima variante, adotta-
URBANISTICA E APPALTI 8/2001
913