LA NATURA DEL CONTRATTO DI LEASING E LA DISCIPLINA APPLICABILE NELL’IPOTESI DI RISOLUZIONE
LA NATURA DEL CONTRATTO DI LEASING E LA DISCIPLINA APPLICABILE NELL’IPOTESI DI RISOLUZIONE
PER INADEMPIMENTO DELL’UTILIZZATORE
SOMMARIO: 1. Il contratto di leasing: inquadramento funzionale e collocazione sistematica – 2. Natura trilaterale del leasing: riqualificazione esegetica verso una semplificazione strutturale – 3. Disciplina applicabile in caso di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore sullo sfondo delle pronunce della Cassazione: insussistenza della bipartizione del leasing finanziario.
1.- La figura contrattuale del leasing1 è stata introdotta negli Stati Uniti2
* Dottore in Giurisprudenza presso l’Università Roma Tre.
1 X. Xxxxxxx, Il contratto e le società di leasing nell’ottica di una regolamentazione legislativa, in AA.VV., Il leasing verso gli anni ’90: fra realtà negoziale e prospettive di cambiamento, Brescia, 1988, 112-117; X. Xxxx, Qualificazione dei contratti di leasing e di factoring e suoi effetti nella procedura fallimentare, in Nuova giur. comm., II, 1988, 370-391; X. Xxxxx, Aspetti pratici del leasing finanziario, in Il diritto dell’economia, 1969; U. Apice, Il contratto di leasing nelle procedure concorsuali, Padova, 1991; X. Xxxxxxx, Il leasing ed il factoring: tutela giudiziaria dei contraenti, in Riv. it. leasing, 1988, 49-63; X. Xxxxxxxx, Osservazioni in tema di leasing, in Giur. comm., 1985, II, 158- 161; X. Xxxxxxx, Leasing, regime delle clausole penali. Tutela del contraente debole, in Riv. not.., 1979, I, 1085; X. Xxxxxxxx, Sale and lease back, in Foro pad., 1987, I, 415; X. Xxxxxxxxx, Il leasing. Profili privatistici e tributari, in Quaderni di giur. comm., Milano, 1975; X. Xxxxxxx, Il contratto di lease back, in Contratto e impresa, 1986; Id., Locazione finanziaria, in Riv. dir. civ., 1986, II, 585; Cappiello, Inadempimento del fornitore e responsabilità del concedente, ivi, 1989; X. Xxxxxxxx, Collegamento negoziale e vicende della proprietà. Due profili della locazione finanziaria, Xxxxxx, 0000; Id., La locazione finanziaria comne contratto con causa di finanziamento, in Il Tremisse, n. 19 del 1975, 27; Id., La locazione finanziaria, in Nuova giur. comm., 1985, II, 35; Id., Unidroit e progetti di convenzione sul leasing finanziario internazionale, ivi, 1985, 405; Id., La locazione finanziaria di un immobile da costruire, 1986, 223; Id., La Cassazione, la locazione finanziaria e i contratti di finanziamento, ivi, 1986, 348; Id., Il leasing usufrutto, ivi, 1986; Id., La locazione finanziaria e l’art. 1526 c.c., in Giur. it. 1987, I, 1987; Id., La locazione finanziaria agevolata, ivi, 1987; Id., Alcune considerazioni sul contratto di locazione finanziaria, in Banca borsa, 1976; Id., Contratti di finanziamento e poteri del giudice, in Riv. it. leasing, 1991; Id., Trasparenza e informazione dei servizi bancari e finanziari e obblighi di informazione, ivi, 1992, 213: Id., La tipizzazione legislativa del contratto di locazione finanziaria, ivi, 1993; Id., L’applicabilità dell’art. 1526 c.c.: un falso problema?, ivi, 1993. Id., I contratti di finanziamento, Torino, 1989; Id., La locazione finanziaria, Torino, 1996; X. Xxxxx, Autonomia privata e causa di finanziamento, Milano, 1990; X. Xxxxxx, Leasing e principio di solidarietà, ivi, 1986; D. De Martini, Proprietà e disponibilità dei beni negli investimenti comuni, nel leasing, nella multiproprietà, Padova, 1988; G. De Nova, Il tipo contrattuale, Padova, 1974; Id., Il contratto di
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dall’intuito degli operatori finanziari, per poi essere importata in Europa3 come schema contrattuale che potesse accompagnare, nonché coadiuvare, lo sviluppo tecnologico e commerciale4 figlio dell’esperienza economica del secondo dopoguerra.
leasing, Milano, 1994; Gli usi di leasing e di factoring, ivi, 1989; X. Xx Xxxx, Lease back e patto commissorio, ivi, 1989; X. X’Xxxxx, Imprese e nuovi contratti, Napoli, 1991; X. Xxxxxxxxx, L’esperienza di regolamentazione normativa nel «leasing», in Riv. it. leasing, 1988, 223; X. Xxxxxxxxx, La locazione finanziaria, Milano, 1977; X. Xxxxxxxx, Il leasing verso una disciplina legislativa completa, ivi, 1983, IV; Id., La locazione finanziaria negli orientamenti di civil e di common law, in Riv. it. leasing, 1988; X. Xxxxxxx, Leasing internazionale, Milano, 1985; E. M. Xxx, L’essenza del credito e il leasing finanziario, in Riv. soc., 1978; Id., Il leasing e le operazioni inesistenti, ivi, 1992; X. Xxxxxxxx, Natura del leasing e oggetto dello scambio, in Riv. it. leasing, 1987; X. Xxxxxx, Il leasing finanziario nella teoria dei crediti di scopo, Milano, 1989; X. Xxxxxxxxxxx, Xxxxxxx: la risoluzione non investe i canoni già pagati, in Corr. giur., 1986; Xxxxxxxxx, Osservazioni sulla giurisprudenza della Cassazione del dicembre 1989 in merito all’applicabilità dell’art. 1526 x.x. xxxx xxxxxxxxx xxxxxxxxxxx, xx Xxx. xx. leasing, 1990; X. Xxxx Xxxxxxxxx, L’equivalenza delle prestazioni nei contratti di leasing, in Riv. it. leasing, 1986.
2 Il termine leasing (dall’inglese to lease = prendere o dare in locazione) è permutato dall’esperienza degli Stati Uniti e indica fattispecie non sempre omogenee: si può distinguere tra financial leasing e l’operation leasing, così come in Francia tra credit bail e location.
3 Gli anni ’60 è il periodo in cui, grazie alle società di emanazione bancaria, si è sviluppato nel mercato dei paesi europei: sul punto v. X. Xxxxxxxx , I contratti per il finanziamento dell’impresa, Mutuo di scopo, leasing, factoring, in Tratt. Dir. Comm., diretto da Xxxxxxxxx, sez. II, IV, Torino, 2002, 144. Nel secondo dopoguerra, periodo di massima espansione del leasing nei paesi anglosassoni, il contratto assume una diversa connotazione assumendo una finalità di finanziamento, in ragione del ruolo primario che hanno assunto banche, società assicuratrici e finanziarie quale parte terza rispetto all’utilizzatore e al fornitore.
4 Riguardo al ruolo che tale contratto ha rivestito nello sviluppo dell’imprenditoria x. Xxxx. Xxxxxxxx, 00 dicembre 1972, in Banca borsa., 1973, II, p. 287 s., che come prima sentenza in tema di leasing, specifica come la meritevolezza del negozio si fonda sulla circostanza che
<tale contratto può presentare una notevole utilità per l’economia, in quanto consente l’utilizzazione dei fattori produttivi da parte di un imprenditore che, altrimenti, in mancanza cioè di tutti i mezzi liquidi per acquistare i beni strumentali, non potrebbe iniziare o dovrebbe cessare l’esercizio della sua impresa>. Medesima argomentazione è ripresa dal Trib. Ancona, 21-1-1981, in Banca borsa, 1983, II, 103, il quale avalla la meritevolezza di tutela del contratto
<poiché consente, attraverso lo sviluppo dei mezzi finanziari alternativi, l’utilizzazione di beni strumentali alla produzione pur in mancanza di capitali a disposizione per il loro acquisto da parte dell’imprenditore>.
5 In tal senso, U. Breccia, La nozione di tipico e atipico: spunti critici e ricostruttivi, in Tipicità ed atipicità nei contratti, in Quad. di giur. comm., Milano, 1983, 11 s.
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«atipicità standardizzata», attraverso la quale si avvicinano le prassi negoziali di molti contratti che presentano poco di atipico o innominato, lasciando pur tuttavia il disegno contrattuale non riconducibile a regolamenti tipizzati; la voluntas degli ideatori di aggirare gli schemi improntati dall’ordinamento alla libertà negoziale, con la formazione di strutture che, nella realtà, si manifestano quali adattamenti a schemi già esistenti6.
La difficoltà di inquadrare la disciplina del leasing, a causa dell’assenza di un quadro normativo ben definito che definisca compiutamente l’istituto, non deve far pensare che il legislatore abbia ignorato tale contratto, basti pensare alla legge del 2 maggio 1976 n. 183, al Testo unico bancario7 (d.lg. 3 settembre 1993, n. 385), alla Convenzione Unidroit firmata ad Ottawa il 28 Maggio 19988 e recepita nel nostro ordinamento con la l. 14 luglio 1993, n.
6 X. Xxxxxxx, I problemi di legittimità e di disciplina dei negozi atipici, in Riv.dir. civ., 1987, I, 498 s.
7 Tale testo normativo qualifica la locazione finanziaria come contratto di impresa, stabilendo il contenuto delle condizioni economiche e giuridiche dello stesso.
8 La traduzione del testo nella parte generale recita: Articolo 1 La presente
Convenzione disciplina l’operazione di leasing finanziario descritta al paragrafo 2, nella quale una parte (il concedente) a) stipula un contratto (il contratto di fornitura), sulla base delle indicazioni di un’altra parte (l’utilizzatore), con un terzo (il fornitore) in base al quale il concedente acquista impianti, materiali o altri beni strumentali (il bene o il bene strumentale) alle condizioni approvate dall’utilizzatore nella misura in cui lo concernono, e b) stipula un contratto (il contratto di leasing) con l’utilizzatore dando a quest’ultimo il diritto di usare il bene contro pagamento di canoni. 2.- L’operazione di leasing finanziario, di cui al paragrafo precedente, è un’operazione che presenta le seguenti caratteristiche: a) l’utilizzatore sceglie il bene ed il relativo fornitore senza fare primario affidamento sulla capacità di giudizio del concedente; 2 b) il bene è acquistato dal concedente in collegamento con un contratto di leasing, stipulato o da stipulare tra concedente ed utilizzatore e di cui il fornitore è a conoscenza; c) i canoni fissati nel contratto di leasing sono calcolati tenendo conto in particolare dell’ammortamento di tutto o di una parte sostanziale del costo dei bene. 3.- La presente Convenzione si applica a prescindere dalla circostanza che l’utilizzatore abbia o meno, fin dal principio o in seguito, l’opzione di acquistare il bene o di prorogare il leasing per un periodo ulteriore ed a prescindere dal fatto che tale opzione possa essere esercitata per un prezzo o per un canone nominali. 4.- La presente Convenzione si applica ad ogni operazione di leasing concernente ogni bene strumentale ad eccezione di quelli usati dall’utilizzatore essenzialmente per usi personali, familiari o domestici.
Articolo 2 Nei casi di una o più operazioni di sub-leasing concernenti lo stesso bene, la presente Convenzione si applica a ciascuna operazione che sia un’operazione di leasing finanziario e che sia comunque soggetta alla presente Convenzione, come se il soggetto dal quale il primo concedente (così come definito nel paragrafo 1 dell’articolo precedente) ha acquistato il bene fosse il fornitore, e come se il contratto, in base al quale il bene è stato
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259, che, nonostante si riferisca alle ipotesi in cui utilizzatore e concedente appartengano ad ordinamenti diversi, rappresenta un fondamentale modello operativo di leasing9, nonché numerose leggi10, nel campo fiscale,
acquistato, fosse un contratto di fornitura.
Articolo 3.- La presente Convenzione si applica allorquando il concedente e l’utilizzatore abbiano la loro sede dì affari in Stati diversi e quando: a) questi Stati o lo Stato nel quale il fornitore ha la propria sede di affari sono Stati contraenti; o b) il contratto di fornitura ed il contratto di leasing sono disciplinati dalla legge di uno Stato contraente. 2.- Nella presente Convenzione, il riferimento alla sede di affari di una delle parti. significa, se tale parte ha più di una sede di affari, la sede che ha la più stretta relazione con il contratto in questione e la sua esecuzione, tenuto conto delle circostanze note e contemplate dalle parti in qualsiasi momento anteriore o al momento della conclusione del contratto.
Articolo 4 - L’applicazione delle disposizioni della presente Convenzione non viene meno qualora il bene venga ad essere incorporato o connesso ad un immobile. 2.- Le questioni relative all’incorporazione o alla fissazione del bene ad un immobile, così come quelle relative agli effetti sui diritti inter se del concedente e di un soggetto 3 titolare di diritti reali sull’immobile sono regolate dalla legge dello Stato dove tale immobile è situato.
Articolo 5 - L’applicazione della presente Convenzione può essere esclusa solo con il consenso di ciascuna delle parti del contratto di fornitura e di ciascuna delle parti del contratto di leasing. 2.- Quando l’applicazione della presente Convenzione non sia stata esclusa, in conformità al precedente paragrafo, le parti possono, nelle loro reciproche relazioni, derogare a qualunque delle sue disposizioni o modificarne gli effetti ad eccezione di quanto previsto nel paragrafo 3 dell’articolo 8, nell’alinea b) del paragrafo 3 e nel paragrafo 4 dell’articolo 13.
Articolo 6 - Nella interpretazione della presente Convenzione si deve avere riguardo al suo oggetto, ai suoi obiettivi così come sanciti nel preambolo, al suo carattere internazionale ed all’esigenza di promuovere l’uniformità della sua applicazione così come di assicurare l’osservanza della buona fede nel commercio internazionale. 2.- Le questioni, relative alle materie disciplinate dalla presente Convenzione e che non sono da essa espressamente regolate, sono disciplinate in conformità ai principi generali sui quali la Convenzione si basa o, in mancanza di tali principi, in conformità alla legge applicabile in virtù delle norme di diritto internazionale privato.
9 Riguardo alla possibilità di valorizzare l’indirizzo regolativo proposto nella convenzione, v. X. Xxxxxxx, Operazioni economiche e collegamento negoziale, Padova, 1999, 333. Anche la giurisprudenza ritiene tali disposizioni un valido termine di comparazione: Cass. 2- 11-1998, n. 10926, in Foro it. 1998, I, 3081 s.; Maggiore è l’apertura del Trib. Napoli, 29-3- 2001, in Dir. E giur., 2002, 401, il quale, nell’ipotesi in cui sia riscontrabile in Italia una tipologia contrattuale assimilabile a quella della convenzione, ammette l’applicabilità in via analogica dei principi contenuti in detta convenzione anche ai rapporti contrattuali interni; significativo è l’evidente richiamo della Convenzione all’interno del disegno di legge n. 2735 del 1997, che nella sostanza ne ricalca la disciplina,
10 Al riguardo possono richiamarsi a titolo esemplificativo: la l. n. 517 del 1975 che ha previsto la locazione finanziaria agevolata per il commercio; la l. n. 675 del 1977 sulla 262
dell’antiriciclaggio11, agevolativo e penale12.
Il tentativo di tradurre la locuzione leasing non sempre ha sortito i risultati sperati, sulla base dell’idea che qualsiasi denominazione risente di una mentalità tipizzante che non aiuta l’attività interpretativa13. Il problema si è posto anche riguardo la definizione dei contorni fisionomici e regolamentari della figura contrattuale a causa della continua evoluzione della prassi, che ha determinato una frantumazione delle categorie14 al punto da rendere
<inafferrabili>15 i confini di una definizione univoca di leasing16. Questa visione ha indotto il legislatore a preferire il termine anglosassone senza alcuna traduzione, nello specifico all’art. 17, lett. b, L. 21 maggio 1981, n. 24017.
ristrutturazione industriale; la l. n. 815 del 1980 in tema di leasing agevolato per l’autotrasporto di merci; i numerosi provvedimenti in tema di meccanizzazione del settore agricolo.
11 . Legge sull’antiriciclaggio del 5 luglio 1991, n. 197, pubblicato in Gazz. Uff., 6 luglio, n. 157.
12 Non si deve dimenticare il progetto di legge tipo sulla locazione Unidroit del giugno 2008. Il testo è stato redatto da un Comitato di esperti governativi ed è stato sottoposto nel novembre 2008 all’approvazione dell’Assemblea Generale degli Stati membri dell’Unidroit. La tecnica nella stesura del progetto di legge è stata quella di prevedere la normativa relativa alla locazione ordinaria, al fine segnalare la normativa specifica per la locazione finanziaria. Nello specifico gli articoli che trattano quest’ultima tipologia contrattuale sono: l’art. 7 che istituisce un rapporto diretto tra fornitore ed utilizzatore; l’art. 9 circa la responsabilità del concedente; l’art. 10; l’art. 11 riguardo alla consegna del bene; l’art. 12; l’art 13; l’art. 14; l’art. 16, l’art. 17; l’art. 23 riguardante la risoluzione del contratto su istanza dell’utilizzatore. Sul progetto di legge si veda X. Xxxxxxxx , I contratti nuovi, in Trattato di diritto privato, diretto da X. Xxxxxxx, Torino, 1999
13 X. Xx Xxxx, Il contratto di leasing con 170 sentenze ed altri materiali, 3.
14 U. Breccia, Le nozioni di tipico e atipico: spunti critici e ricostruttivi, cit., 7, che spiega l’impossibilità di creare delle grandi categorie nel codice alle quali ricondurre
<altrettanti punti di riferimento capaci di ricomporre a unità un universo ormai disperso e certamente privo di modelli dominanti>; dello stesso avviso, seppur attraverso argomentazioni diverse v. X. Xxxxxxxxxx, Problemi generali del contratto, cit., 187 s.
15 La definizione è tratta da D. De Martini, Proprietà e disponibilità dei beni, cit., 173.
16 L’aspetto è sottolineato da X. Xxxxxxxx , I contratti per il finanziamento dell’impresa, cit., 149, nt. 2. L’univocità della figura contrattuale è corrotta dai diversi interventi legislativi, dalla modulistica e dalla giurisprudenza relativa a questioni diverse. Per una visione comparatistica sul punto v. X. Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, I contratti di locazione finanziaria, Padova, 1997, 2, nt. 2.
17 L’art. 17, lett. b, L. 21 maggio 1981, n. 240 difatti asserisce che <per le finalità specificate agli articoli seguenti possono costituirsi società consortili fra piccole e medie imprese operanti nei settori dell’industria, dei servizi e dell’artigianato, con la partecipazione, a seconda dei casi, di enti pubblici, anche territoriali, ed enti privati di ricerca ed assistenza
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Risulta preliminare una chiarificazione linguistica. La diffusione del termine leasing in luogo degli schemi contrattuali ad esso riconducibili deve essere precisata e riveduta: sotto tale figura orbitano vicende negoziali che differiscono per esigenze operative, contesti applicativi, natura del bene e modalità d’impiego, così da risultare privo di senso parlare di leasing senza specificare il tipo di operazione di riferimento18. Nello stesso modo l’espressione locazione finanziaria assume i connotati della particolare tipologia di leasing finanziario19, ben discostandosi dall’altro modello, quello operativo20, di cui differiscono finalità, soggetti, beni e clausole del contratto. Quest’ultimo ha una sua funzione specifica ed inquadrata nelle sue modalità di attuazione: l’operazione intercorre tra due soggetti, che assumono le vesti di fornitore-concedente e utilizzatore, senza peraltro l’intervento della società finanziatrice; il contratto ha di solito breve durata; infine, il valore del bene allo spirare del termine rimane in genere elevato. La finalità che si prefigge il leasing operativo, quindi, è quella di permettere la commerciabilità del bene in favore del fornitore-concedente e di evitare all’utilizzatore i rischi connessi alla proprietà del bene, oltre che usufruire di alcuni servizi collaterali21.
Detto questo, la frantumazione in diversi sottotipi22 rischia di ridurre il
tecnica. L’attività di tali società consortili può riguardare: […] b) l’acquisizione di aree, nell’ambito di aree industriali attrezzate, attraverso: […] la vendita, la locazione, il leasing dei fabbricati e degli impianti alle imprese consorziate; la costruzione e la gestione di impianti di depurazione degli scarichi degli insediamenti produttivi>.
18 Non può essere definito un generico schema negoziale di leasing, piuttosto si preferisce riunire sotto lo stesso nome modelli contrattuali con profili funzionali differenti. Sul punto v. M.R. D’Addezio, Leasing in agricoltura, cit., 488, che con riferimento alle diverse forme di operazione distingue tra leasing finanziario ed operativo; De Martini, Proprietà e disponibilità dei beni negli investimenti comuni, nel leasing, nella multiproprietà, cit., 162.
19 X. Xxxxxxxxx, Sulla funzione del leasing, 455 s.
20 X. Xxxxxxxx , I contratti per il finanziamento dell’impresa, cit., p. 163, la tendenza evolutiva del leasing ha visto differenziarsi, nel contesto evolutivo economico, la struttura locativa del leasing operativo da quello finanziario.
00 X. Xx Xxxx, Xx contratto di leasing, cit., 4.
22 X. Xxxxxxxx, I contratti tipici e atipici, cit., 374; Id., Natura del leasing e oggetto dello scambio, in Riv. it. leasing, 1987, 525, rileva un nesso tra i differenti tipi ed il diverso oggetto dello scambio dedotto nei singoli schemi che, pertanto, sono caratterizzati tutti da una stessa disciplina e da elementi costanti, salvi gli adeguamenti necessari alla concreta causa del contratto; R. Clarizia , I contratti per il finanziamento dell’impresa, cit., 163, definisce le diverse sottotipologie semplici varianti applicative dello schema generale prive di autonomia tipologica.
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paradigma contrattuale in una formula priva di contenuto23, qualora non si riconosca l’esistenza di una <causa minima necessaria e sufficiente a caratterizzare il leasing>24 attraverso cui verificare in concreto la natura degli assetti di interesse25, quale sintesi degli aspetti strutturali da riconoscere sulla base del risultato tecnico-funzionale dell’operazione26.
La tipologia contrattuale che nel presente lavoro si intende analizzare è quella di leasing finanziario. La necessità di una ricognizione della disciplina da applicare all’istituto nasce dalla legislazione a macchia di leopardo prodotta sul tema27, la quale non ha permesso né una sua tipizzazione, atteggiamento di cui non si sente comunque la necessità visto che un rigido controllo potrebbe svilirne la diffusione, né tanto meno, cosa ben più grave, una definizione anche lata degli ambiti contrattualistici entro cui inquadrarlo, lasciando all’opera dell’interprete e della giurisprudenza la valutazione circa
23 X. Xxxxxxxx, I contratti tipici e atipici, cit., 360, che riconosce come abnormi la portata applicativa del contratto, con il rischio di esautorare tale schema.
24 In tal senso X. Xxxxxxx-Xxxxxxxxxx, Variazioni civilistiche sul leasing, cit., 677, che, pur nel riconoscere la difficoltà di ridurre ad un unico schema le varianti pratiche del leasing, ha inquadrato la causa minima del contratto nella <locazione da parte di un imprenditore di un bene produttivo […] ad un altro imprenditore per l’esercizio dell’impresa di quest’ultimo, con la facoltà del medesimo di acquistare il bene alla fine del rapporto per un prezzo residuo>.
25 X. Xxxxxxxxx, Precisazioni in tema di causa del negozio giuridico, in Id., Diritto civile, metodo, teoria, pratica, Milano, 1951, 18.
26 Secondo l’opinione di X. Xxxxxx, Istituzioni di diritto privato, 1962, I, 95, bisogna rifarsi a concetti propri di altre discipline, come quella economica, per definire concetti giuridici. Nello stesso senso X. Xxxxx, Interessi e conflitti culturali nell’autonomia privata e nella responsabilità civile, Napoli, 1996, 47.
27 Attraverso uno sguardo retrospettivo sui disegni di legge sulla locazione finanziaria si colgono le peculiarità che l’istituto ha assunto nel tempo. Si veda nello specifico: il primo disegno di legge di D’Arezzo presentato il 25 ottobre 1973, nel quale è chiara la volontà di promuovere e diffondere il contratto in Italia; il disegno di legge del 9 luglio 1976, licenziato da D’Arezzo e Speranza, con il titolo Definizione e disciplina delle operazioni di locazione finanziaria; il disegno di legge del 13 aprile 1977, dal titolo «Disciplina della locazione finanziaria»; il disegno di legge del 29 maggio 1978, dei deputati Xxxxxxxx e Xxxx, nell’intento di estendere le agevolazioni fiscali per l’agricoltura anche alle società di leasing; nel luglio del 1980 il xxxx. Xxxxx Xxxxxxxxxxx elabora un progetto di normativa sulla locazione finanziaria; il progetto del xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxxxx nel luglio del 1981; il disegno di legge del 10 giugno 1993 de senatori Xxxx e Xx Xxxxx; il disegno di legge Xxxxxxxx, presentato nel 1997 e, nella sostanza, conforme a quello Covi, fatta salva la disciplina della risoluzione. Per un’esaustiva trattazione dell’ normativo della locazione finanziaria si veda X. Xxxxxxxx , I contratti nuovi, in Trattato di diritto privato, Torino, 1999, 94-99.
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le norme a cui fare richiamo nelle ipotesi di lacuna normativa.
Gli ambiti critici che possono essere oggetto di discussione sono molteplici, ma l’attenzione dello specifico lavoro graviterà attorno a due profili che nascono sostanziali, ma che presentano un’ingerenza forte riguardo la portata applicativa del contratto. In particolare, per primo si intende chiarire la natura che assume il contratto di locazione finanziaria nella duplice ipotesi di contratto trilaterale o collegamento negoziale, attraverso lo studio della relazione che intercorre tra le fasi della contrattazione, per poi in seguito definire la disciplina da applicare in caso di risoluzione da inadempimento, mediante la negazione di una duplicità di sottotipologie di leasing.
A scopo introduttivo si richiama la definizione che di locazione finanziaria esprime l’art. 17, comma 2, della l. 2 maggio 1976, n. 18328: <per operazioni di locazione finanziaria si intendono le operazioni di locazione di beni mobili e immobili, acquistati o fatti costruire dal locatore, su scelta e indicazione del conduttore, che ne assume tutti i rischi e con facoltà per quest'ultimo di divenire proprietario dei beni locati al termine della locazione, dietro versamento di un prezzo prestabilito>.
La norma parla impropriamente di locazione, visto che nella realtà si tratta di godimento di un bene verso il pagamento di un canone comprensivo dell’ammortamento, dell’interesse sul capitale investito, delle spese di gestione e del margine dl profitto per la società concedente, dunque lontano dal rappresentare il corrispettivo di una locazione.
Dal punto di vista economico, l’operazione si fonda sull’intervento di tre soggetti quali la società di leasing, l’utilizzatore e il fornitore del bene oggetto del contratto stesso. Questi soggetti intelaiano una serie di atti che si concretizzano nell’individuare il fornitore del bene; pattuire le modalità di acquisto ad opera del futuro concedente; rivolgere all’impresa di leasing una proposta di finanziamento; qualora gli elementi soggettivi e oggettivi della proposta siano valutati positivamente, il concedente sottopone
28 Xxxxx recante la disciplina per l’intervento straordinario nel mezzogiorno per il quinquennio 1976-80. L’importanza della norma è confermata dalla prassi ministeriale che ha accolto come definizione di leasing finanziario quella del citato art. 17, all’interno della risoluzione dell’agenzia delle entrate, n. 175/E del 12 agosto 2003, pubblicata in Il fisco, n. 32/2003, fasc. 2, 5039, nella quale l’operazione di leasing finanziario differisce dalle altre forme di locazione per la presenza dell’opzione finale di acquisto. Xxxxx stesso indirizzo si collocano gli usi della C.C.I.A.A. di Milano.
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all’utilizzatore il testo definitivo dell’accordo e nell’ipotesi che il lessee lo sottoscriva avviene il perfezionamento del contratto.
Alla scadenza l’utilizzatore si trova nella facoltà di scegliere se chiedere il rinnovo con canoni commisurati al valore residuo del bene, acquistare il bene ad un valore determinato alla conclusione del contratto attraverso l’opzione d’acquisto ovvero restituire il bene. Lo specifico atteggiarsi del contratto di leasing finanziario nella fase di chiusura, viene assunto a criterio scriminante su cui fondare la diversità rispetto alla vendita a rate, differenza di cui in seguito si esamineranno motivi ed effetti nella fase di risoluzione.
In una ponderazione degli interessi da una parte si coglie il vantaggio della società utilizzatrice (lessee) ad impiegare nel processo produttivo determinati beni di cui, a causa della carenza di mezzi finanziari, non potrebbe sostenere i costi dell’acquisto, dall’altra parte l’interesse dell’impresa concedente (lessor) ad investire capitale e del fornitore a commercializzare i propri prodotti31.
29 X. Xxxxxxx, Contratti moderni, I singoli contratti, IV, in Trattato di diritto Civile, diretto da Xxxxxxx Xxxxx, Torino. Nello specifico, con riguardo all’obbligo assunto dal concedente di completare la compravendita con il fornitore v. G. De Nova, Il contratto di leasing, III, cit. 36;
M. R. La Torre, Manuale della locazione finanziaria, Milano, 2002, 481; Xxxxxxxxx – Barocco, La locazione finanziaria, in Tratt. Dir. Priv., diretto da X. Xxxxxxxx, 00, XXX, Xxxxxx, 0000, 29; Munari, voce Leasing, cit., 663; X. Xx Xxxx, Nuovi contratti, cit., 283; X. Xxxxxxxx, I contratti di finanziamento, cit., 89. In giurisprudenza Cass. 21 giugno 1993, n. 6862, FI, 1993, I, 2144.
30 Particolarità inserita nei formulari è la predisposizione di una clausola risolutiva espressa nell’ipotesi di qualsiasi inadempimento dell’utilizzatore, malgrado abbia incontrato grande diffidenza dei giudici a causa dell’indeterminatezza del contenuto: Trib. Milano, 18-9- 1986, RIL, 1988, 488 s.; App. Milano, 11-3-1986, RIL, 1986, 685 s.; Trib. Milano, 30-9-1985, RIL, 1986, 752 s.; in dottrina X. Xxxxxxx, Contratti moderni, I singoli contratti, IV, in Trattato di diritto Civile, cit.
31 X. Xxxxxxx, La problematica del leasing finanziario come tipo contrattuale, in Riv. dir. civ., 2000, II, 644. Caratteristiche proprie della finalità finanziaria del contratto si rinvengono nell’applicazione di tassi concorrenziali rispetto ad altre forme di finanziamento; la possibilità sia di finanziare la massima percentuale del valore dell’investimento, sia di modulare
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Quale strumento di finanziamento degli investimenti il leasing è diretto all’incremento tecnologico degli strumenti produttivi dell’impresa, quale fonte addizionale di credito, che si sviluppa attraverso la contabilizzazione dei canoni da versare come costo di esercizio, anziché l’immobilizzazione di somme di denaro per la vita dell’xxxxxxx00. Nella pratica del contratto prende corpo una corrispondenza biunivoca tra il modo di atteggiarsi della struttura triangolare e la connotazione finanziaria della funzione.
La locazione finanziaria si presenta come un contratto atipico33 di finanziamento, nello specifico uno strumento di tecnica finanziaria estremamente elastico34, rilevando ai fini di questa classificazione la mancanza di una disciplina organica sul piano civilistico35. Non è mancato
l’operazione secondo le specifiche esigenze, v. X. Xxxxx, Il leasing: origine, evoluzione e sviluppi futuri, cit., 655 s.; in argomento v. anche X. Xxxxxxx, Prospettive contabili e fiscali del leasing finanziario, in Corr. trib., 11/2004, 835. Oltre ai vantaggi di ordine contabile e manageriali, il leasing finanziario offre uno spettro di agevolazioni fiscali: da un lato è consentito all’utilizzatore di detrarre dall’imponibile tassabile sia le somme pagate come corrispettivo contrattuale, sia l’IVA versata nell’anno; dall’altro lato, permette alle imprese di leasing l’ammortamento fiscale dei beni concessi in godimento, sottolineando il favore di tale contratto a dispetto delle rigide disposizioni del legislatore in tema di ammortamento.
32 Così Xxxxx, Le attività bancarie, cit, 79 s.
33 In tal senso X. Xxxxxxx, leasing, in Id, I singoli contratti, IV, Contratti moderni, Factoring, Franchising, Leasing, in Tratt. Dir. Civ., diretto da X. Xxxxx, Torino 2004, 272; Id., Proprietà-garanzia e contratto. Formule e regole nel leasing finanziario, in Riv. it. leasing, 1993, 30 s.;
X. X’Xxxxxxx, Leasing in agricoltura, cit., 490, nt. 1; Xxxxxxx, Il leasing, cit., 102. In giurisprudenza si è affermato questo principio per sostenere la liceità del leasing con la Cass. 28-10-1983, n. 6390, GI, 1985, I, 1, 1144, la quale afferma che <l’atipicità del leasing e la circostanza che l’ordinamento prevede figure negoziali tipiche idonee ad assicurare finalità consimili non ostative a che tale contratto trovi tutela giuridica, quale espressione del principio dell’autonomia negoziale>; Cass. 17-5-1991, n. 5571, in Giur. comm., 1991, II, 881; App. Bologna, 5-6-1993, in Riv. it. leasing, 1993, 803; App. Milano, 8-2-1990, ivi, p. 400; App. Firenze, 22-3-1989, Arch. Civ., 1990, 41; App. Milano 23-9-1986, in Riv. not., 1987, 824; Trib. Milano, 31-10-1991, in Riv. it. leasing, 1993, 486; Trib. Firenze 25-7-1991, ivi., 480; Trib. Milano, 6-12-1990, ivi, 1991, 462; Trib. Milano, 8-2-1990, ivi, 1992.
34 Trib. Milano, 15-2-1982, in Riv. dir. comm., 1985, II, 163, il quale specifica la funzione il suo <ruolo economico positivo>; nella stessa direzione App. Milano, 27-4-1982, in Banca borsa, 1983, II, 184, che considera le <esigenze degli imprenditori a dare vita ad una figura negoziale non tipica […] sicuramente meritevole di tutela […] e non contrastante con alcuna regola fondamentale del nostro ordinamento giuridico>; V. anche Trib. Milano, 31-10- 1991, in Banca borsa, 486, ove si dichiara che <il contratto di locazione finanziaria o leasing è meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico ai sensi dell’art. 1322 c.c.>
35 La natura del contratto di leasing è ancora formalmente atipica a causa della mancanza di una regolazione legale organica, X. Xx Xxxx, Il contratto di leasing, 3° ed., 268
chi ha tentato, attraverso una diversa opinione, di ricondurlo sotto uno schema tipico, ritenendo sufficienti anche interventi sparsi del legislatore che individuino gli aspetti strutturali e funzionali principali36, nonostante il loro carattere frammentario e talora occasionale.
Questa ricostruzione si scontra con l’idea che la tipizzazione di un contratto deve risultare da un documento normativo che definisca tutte le disposizioni caratteristiche del negozio. Nel caso specifico devono essere coordinati e raccolti dati normativi tutt’altro che omogenei, addirittura nella maggior parte dei casi sviluppati da organismi sovranazionali37, il che permette di qualificare il contratto al più in una fase di tipizzazione38. Gli stessi documenti normativi che regolano il leasing (art. 15, l. 24 maggio 1977, n. 227; art. 8, l. 2 maggio 1977, n. 675; art. 17, lett. B, l. 21 maggio 1981, n.
240) ne favoriscono una lettura in chiave atipica: difatti il vizio di fondo che caratterizza tutti gli interventi legislativi sulla locazione finanziaria è quello di darne una definizione, senza tuttavia delineare in maniera completa la fattispecie causale minima dell’operazione, con il risultato di rinvenire quale fonte principale di disciplina le condizioni generali di contratto praticate dalle società di leasing, oltre che negli interventi correttivi della giurisprudenza riguardo agli aspetti maggiormente controversi39.
La ricerca dell’interprete nel creare un ponte tra la figura contrattuale in
Milano, 1995, 9.
36 X. Xxxxxxxx , La tipizzazione legislativa del contratto di leasing finanziario, in Riv. it. leasing, 1993, 257; Id., I contratti per il finanziamento dell’impresa, cit., 167 s. La disciplina normativa sarebbe regolata negli aspetti strutturali e funzionali: le leggi antiriciclaggio e il decreto di recepimento della II direttiva CEE indicano i soggetti che possono esercitare questa attività finanziaria; la normativa in tema di trasparenza; le norme in tema di agevolazioni; la legislazione fiscale; le istituzioni della Banca d’Italia per la redazione del, bilancio d’impresa e del bilancio consolidato degli enti finanziari.
37 Ci si riferisce alla summenzionata convenzione Unidroit firmata ad Ottawa il 28 Maggio 1998 e recepita nel nostro ordinamento con la l. 14 luglio 1993, n. 259. Nella realtà dei fatti, in base a tale convenzione il leasing finanziario rimane atipico relativamente ai soli beni di consumo, trovando una precisa fisionomia riguardo ai cespiti funzionali all’attività d’impresa. Sul punto si v. X. Xxxxxxx, I nuovi contratti nella prassi civile e commerciale, in Il diritto privato nella giurisprudenza, a cura di X. Xxxxxx, XII, Torino, 572.
38 X. Xxxxxxx, I nuovi contratti nella prassi civile e commerciale, cit., 570.
39 Questo ha permesso a parte della dottrina di inquadrare tale fenomeno nel novero dei contratti che hanno assunto una tipizzazione socio-giurisprudenziale. Sul punto x. Xxxxxxx, Proprietà garanzia e contratto, cit. 33, nt. 27; X. Xxxxxxxx , Contratti di finanziamento e poteri del giudice, in Riv. it. leasing, 1991, 278.
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specie ed altre similari, in modo da allargare la disciplina di queste ultime alla locazione finanziaria, non sempre ha raggiunto lo scopo sperato. Del resto uno dei fattori che hanno permesso la rapida diffusione del leasing nel nostro ordinamento risiede nella novità funzionale dello schema contrattuale40.
Una parte della dottrina41 ha assunto la locazione come modello precettivo del leasing finanziario. Le motivazioni risiedono nell’identificare l’essenza del contratto nello scambio temporaneo tra l’attribuzione del godimento del bene ed il pagamento del canone, col risultato di unificare le disciplina dei due contratti.
Al di là delle considerazioni precedentemente esposte riguardo alla diversità funzionale e strutturale dei canoni, la critica ha guardato con interesse la diversità di disciplina, come dedotta nella generalità dei formulari, che caratterizza il leasing rispetto alla normativa in tema di locazione, come evidente nei rischi addossati all’utilizzatore e nell’assenza di garanzie assunte dal concedente. La ragione di tale critica può essere desunta, in maniera più ampia, dalle differenti finalità che sono poste a base dei due contratti: mentre da una parte si concretizza un finanziamento e la concessione del godimento ed il pagamento dei canoni sono prodromiche alla restituzione della somma mutuata42, ed eventualmente all’acquisizione del bene, dall’altro lato la finalità del contratto si esaurisce nel utilizzo del bene, senza che si concretizzi un finanziamento o che si pattuisca ex ante alcuna opzione di acquisto in favore dell’utilizzatore. Non bisogna dimenticare che la stessa struttura trilaterale dell’operazione di leasing mal si coniuga con lo schema bilaterale della locazione, nella quale viene a mancare quel susseguirsi di fasi negoziali che caratterizzano il contratto in commento, oltre che la presenza dell’ente finanziatore esclusivamente nella locazione
40 X. Xxxxxx, Il leasing: origine, evoluzione e sviluppi futuri, cit., 7 secondo il quale il leasing finanziario si presenta come <forma contrattuale finanziaria sui generis […] non essendo un doppione delle vendite rateali, non essendo una forma di credito garantito, non essendo una semplice locazione, non essendo uno schermo fiscale, non essendo neppure una forma di finanziamento che presenta notevoli vantaggi nel bilancio delle imprese utilizzatrici e non consentendo neppure interamente di evadere i rischi e le responsabilità che normalmente gravano sulla proprietà dei beni>; in dottrina anglosassone T.M. Xxxxx, Xxxxxxx finance, cit., 127, in cui il leasing finanziario viene inquadrato come <a sui generis type of commercial contract>
41 In dottrina si v. X. Xxxxx, La locazione dei beni strumentali (leasing), 293; X. Xxxxxxxxx, Il leasing. Profili privatistici e tributari, 85. In giurisprudenza Trib. Firenze, 4-6-1981; App. Frienze, 27-1-1983.
42 Cass. 6-5-1986, n. 3023, in Riv. it. leasing, 1986, 141
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finanziaria.
In altro modo si è tentato di inquadrare il leasing finanziario nella categoria dei contratti di credito, nella convinzione che la sua natura finanziaria, oltre che atipica, sia di preminente rilevanza nella ricerca di una disciplina da applicare. In particolare <risulta evidente soprattutto nella natura dei canoni periodicamente corrisposti, il cui ammontare è determinato tenendo conto, tra l’altro, del prezzo di acquisto […] rappresentano la restituzione del finanziamento ottenuto>43.
Contro tale affermazione di principio si è indirizzato chi evidenzia, pur ammettendo la funzione di finanziamento dello strumento in esame, che i fondi strumentali all’acquisizione di bene non siano ricevuti direttamente dall’utilizzatore, ma vengano reperiti dal concedente e solo in via mediata utilizzati dal fruitore44. Pare che gli spunti a favore della lettura che riconduce la locazione finanziaria nell’alveo dei contratti di credito possano essere colti all’interno della stessa critica: il riconoscimento di finalità e funzioni comuni, difatti nello specifico non è stato messo in dubbio lo scopo di finanziamento, è congeniale all’opera di raggruppamento in medesime categorie di contratti strutturalmente differenti e con cause specifiche che, pur nella stessa categoria, lo caratterizzano rispetto ad ogni altro45. L’ammissione del leasing finanziario nel novero dei contratti di finanziamento, pertanto, non implica una identità di causa o struttura con altre fattispecie della stessa categoria46.
La posizione suddetta trova conferma nell’orientamento della Cassazione che è ferma nel riconoscere la sua natura finanziaria, tanto riguardo al momento economico dell’operazione, quanto sul piano degli effetti giuridici. La conclusione è quella di includere la locazione finanziaria tra i contratti di
43 X. Xxxxxxxx , voce Finanziamenti, in Noviss. Dig. It., App., III, Torino, 1982, 761.
44 X. Xxxxxxxxx, La locazione finanziaria, Milano, 1977, 8, in cui si legge che
<l’utilizzatore non riceve direttamente fondi per il finanziamento della sua impresa, bensì evita di pagare il prezzo del bene al momento in cui inizia ad usarlo e si impegna a versare al concedente un corrispettivo periodico di valore prossimo a quello dell’investimento>.
45 In giurisprudenza esistono sentenze di merito che riconoscono la natura finanziaria del contratto di locazione finanziaria: Trib., Milano, 18-2-1985, in Ric. it. leasing, 1985, 521; Trib. Milano, 27-6-1985, ibidem, p. 185; Trib Milano, 19-9-1985, ivi, 1986, 198; Trib., Milano, 30-9-1985, ibidem; Trib. Bologna, 4-12-1986, ivi, 1987, 211.
46 X. Xxxxxxxxxx, Il leasing, in I contratti in generale, diretta da Xxxxx Xxxx e Xxxxx Xxxxxxx, II, Torino, 1991, 151.
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2.- La querelle relativa alla struttura del contratto di leasing, che apparentemente potrebbe essere confusa come una semplice qualificazione formale, dunque priva di ripercussioni sotto il profilo pratico, si attesta al contrario quale punto di partenza lungo cui sviluppare ogni discorso attinente alla locazione finanziaria48.
Le tesi che si intendono superare, nello specifico, propugnano un collegamento negoziale50 in senso tecnico e funzionale all’interno del leasing
47 In tal senso Cass. 28-10-1983, n. 6390, in Foro it., 1983, I, 2997, affronta la qualificazione giuridica della natura del contratto affermando che il leasing <è diretto a procurare essenzialmente non tanto la proprietà del bene, quanto la disponibilità di esso per un determinato periodo, trascorso il quale i vantaggi offerti dal bene dato in locazione divengono di trascurabile entità e la stessa proprietà del bene di secondaria importanza>; Cass. 6-5-1986, n. 3023, in Riv. it. leasing, 1986, 141, la quale ha specificato che il leasing finanziario è <rivolto a consentire ad una parte la disponibilità della cosa mediante il prestito di capitale effettuato dall’altra>, assumendo il canone come tramite per la restituzione della somma mutuata; per un quadro di fondo x. Xxxxxxxxxx, Il leasing, cit., 153 – 155.
48 Nella realtà parte della dottrina ha svilito il rilievo riguardante la caratteristica della trilateralità per il sorgere di una locazione finanziaria: X. Xxxxxxxxx, Xxxxxxx, xxx, 000; X. Xxxxxxxxx e X. Xxxxxxxx, La locazione finanziaria, in Tratt. Dir. Priv., Diretto da Xxxxxxxx, Torino, 2000, 5; X. Xx Xxxx, Il contratto di leasing, cit, 34 s.
49 Circa lo sviluppo del dibattito vd. X. Xxxxxxxx , Collegamento negoziale e vicende della proprietà. Due profili della locazione finanziaria, cit., 9 s.; Id., La locazione finanziaria, in I contratti per il finanziamento, cit., 272 s.; Id, La locazione finanziaria, in I contratti nuovi, cit, 153 s.; X. Xxxxxx, Funzione e natura giuridica del patto di riacquisto nell’operazione di leasing, FP, 1985, I, c. 398 s.
50 L’affrermazione secondo cui il contratto di leasing finanziario costituisce un’ipotesi
di collegamento funzionale è riportata in numerose statuizioni del supremo giudice:
<L’operazione di leasing finanziario […] non dà luogo ad un unico contratto plurilaterale, ma consta di due contratti. Il contratto di leasing e quello di fornitura realizzano una figura di collegamento negoziale. Questo collegamento, consistente in ciò che il contratto di fornitura, nel complesso dell’operazione, ha la funzione di mezzo per l’esecuzione di quello di leasing, risulta da più indici: la struttura del procedimento di formazione negoziale, in cui intervengono in varia sequenza le tre parti; la sussunzione, a contenuto del contratto di fornitura, di elementi individuati insieme dal fornitore e dall’utilizzatore; la circostanza che i contratti, di fornitura come di leasing, esplicitino, per solito, come ragione dell’acquisto del 272
finanziario, inteso quale connessione tra il contratto di compravendita, stipulato tra il fornitore e il conduttore, ed il contratto di locazione finanziaria, intercorso tra concedente ed utilizzatore.
Il tema del collegamento negoziale deve essere sintetizzato quale fenomeno nel quale due o più negozi, distinti ed autonomi, risultano sotto il profilo funzionale connessi vicendevolmente51. Gli argomenti che tale prospettiva utilizza nel comprovare l’esistenza di questo collegamento gravitano attorno all’esistenza di clausole che permettono l’estensione delle ripercussioni patologiche di un contratto sull’altro, quali la clausola c.d. di estensione della garanzia, o il patto di riacquisto stipulato tra fornitore e concedente52.
La teoria incardina i due contratti, attraverso l’ammissione della sussistenza del collegamento, all’interno del brocardo simul stabunt simul cadent, con l’ovvia risultanza di riversare nell’uno gli eventi giuridici dell’altro, quali la nullità, la risoluzione e in generale ogni causa di invalidità ed inefficacia53.
Con il collegamento le parti non intendono istituire un nesso tra due contratti alla ricerca di un’ulteriore finalità distinta da quella peculiare del
bene da parte del concedente sia la sua concessione in godimento all’utilizzatore che lo ha scelto; la previsione, contenuta nel contratto di fornitura, che la consegna del bene dovrà farsi dal fornitore direttamente all’utilizzatore>. (Cass. 2-11-1998, n. 10926, xxxx://xxx.xxxxxxxxx.xx). Nel medesimo orientamento, anche se con argomenti
differenti, App. Milano, 21-12-1999, Nuova giur. comm., 2000, I, 322. Riguardo a tale ultima sentenza v. X. Xxxxxxxx. Sulla qualificazione del leasing, in Nuova giur. comm., 2000, I, 324
51 X. Xxxxxxxx , I contratti nuovi, in Trattato di diritto privato, diretto da Xxxxx Xxxxxxx, Torini, 1999, 153. Per una prospettiva esaustiva sul tema del collegamento negoziale x. Xxxxxxxxxx, Negozi giuridici collegati, in Riv. It. Sc. Giur, 1937, 1 s; X. Xxxxxx, In tema di collegamento funzionale tra contratti, in Giur. Compl. Cass. Civ., 1949, II, 328; Id, In tema di negozi collegati, ivi, 1951, III, 320; X.Xxxxxxxx, Appunti in tema di negozi giuridici collegati, in Giust. civ., 1954, I, 259; X. Xxxxxxxxx, Collegamento e connessione tra negozi, in Riv. dir. comm., 1955, I, 357; X. Xxxxxxxxx, In tema di negozi collegati, in Dir. Xxxx., 1960, 273; X. Xxxxxxxx, voce Contratto collegato, in Enc. Dir.; Xxxxxxxx, Xxx contratti collegati, in Riv. dir. comm, 1962, II, 342; X. Xxxxxxxxx, Negozi collegati in funzione di scambio, in Riv. dir. civ., 1979, II, 297.
52 X. Xxxxxx, Leasing, cit., 657 s.; Id., Il leasing finanziario nella teoria dei crediti di scopo, cit., 23.
53 X. Xxxxxxxx, I contratti nuovi, cit, 154-155, nello specifico l’A. chiarisce che <Tutta la problematica del fenomeno del collegamento contrattuale assume rilievo essenziale nella esclusiva individuazione dell’unità o pluralità di contratti in una fattispecie complessiva, riassumendosi in una mera operazione di rilevazione della volontà espressa delle parti la ricerca delle conseguenze giuridiche derivanti dal collegamento contrattuale>.
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singolo contratto, bensì ricercano il perfetto espletamento di entrambi, i quali rimarranno perfetti ed autonomi, senza l’intenzione di raggiungere uno scopo ulteriore e distinto da quello dei singoli negozi54. Il collegamento è strumentale al controllo di influenza delle vicende di un contratto rispetto all’altro, i quali, altrimenti, rimarrebbero reciprocamente insensibili55.
Questo è il punto da cui partire per la definizione del problema. L’operazione contrattuale in commento si articola attorno ad un accordo preparatorio tra fornitore ed utilizzatore, un negozio tra utilizzatore e concedente ed infine l’acquisto da parte di quest’ultimo del bene oggetto del contratto, anche se il corrispettivo verrà versato nei confronti del fornitore soltanto avvenuta la verifica di idoneità del bene medesimo.
Ai fini di una chiara definizione formale e sostanziale del contratto, si deve desistere dal ricercare l’esistenza di una moltitudine di negozi giuridici che possano vestire giuridicamente le diverse fasi della negoziazione, la quale, in quanto prende le vesti di un procedimento complesso, deve essere suddivisa in fasi procedurali e non in singoli contratti collegati.
Il contratto che deriva dalla complessa operazione non può essere sintetizzato da una concatenazione di singoli negozi giuridici, bensì dovrà essere valutato nella sua globalità, tanto per quanto inerisce lo scopo unitario, quanto per l’unicità della struttura.
Lo sguardo deve essere esteso al complesso della locazione finanziaria e non focalizzarsi sulla procedura dello stesso che, pur utilizzando
54 V. a tal proposito Cass. 18-7-2003, n. 11240, la quale è chiara nell’affermare che <il collegamento negoziale non dà luogo ad un nuovo ed autonomo contratto, ma è un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, che viene realizzato non per mezzo di un singolo contratto ma attraverso una pluralità coordinata di contratti, i quali conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è finalizzato ad un unico regolamento dei reciproci interessi. Pertanto, il criterio distintivo tra contratto unico e contratto collegato non è dato da elementi formali, […] bensì dall’elemento sostanziale dell’unicità o pluralità degli interessi perseguiti. […] Allorché le parti di un leasing finanziario stipulino, con contratto coevo o successivo, un patto di riscatto del bene concesso in godimento, tra i due contratti i quali, ancorché autonomi, sono lo strumento di cui le parti si avvalgono per conseguire il risultato di far acquistare all’utilizzatore la proprietà del bene concesso in godimento si crea un vincolo di collegamento, tale per cui le vicende di un contratto si comunicano necessariamente all’altro, di tal che risulta precluso cedere il contratto di leasing indipendentemente da quello che prevede il patto di riscatto>.
55 X. Xxxxxxxx , I contratti nuovi, cit, 154; Id., La locazione finanziaria, cit., 194; in giurisprudenza x. Xxxx. 27-1-1997, n. 827, in nRiv. not., 1997, II, 485.
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apparentemente nelle sue fasi schemi contrattuali quali la compravendita e la locazione, estrinseca la sua unica finalità nel finanziamento dell’utilizzatore.
La locazione finanziaria, pertanto, deve essere concepita quale unitario contratto atipico con finalità tipica di finanziamento, e le attività negoziali interne ad esso devono essere interpretate quali singole fasi di un processo prodromiche alla realizzazione della causa di finanziamento, in quanto i contratti di cui si ipotizza la connessione non sono giustificati da un’autonoma validità ed efficacia.
Questa prospettiva permette di ricondurre le patologie non ai singoli contratti collegati, di compravendita e di locazione, che nella realtà fattuale non si perfezionano, ma alle fasi che compongono il processo al cui compimento si concretizza la locazione finanziaria: la risoluzione, l’inadempimento o la generica invalidità di qualsiasi momento negoziale inficia l’intera operazione senza che ci sia bisogno di clausole dalle quali far risalire un collegamento contrattuale.
La condizione riassunta nel brocardo simul stabunt simul cadent, non è una diretta conseguenza della connessione, bensì è connaturata nell’iter formativo del negozio: le fasi diverse devono essere tenute distinte dai contratti di cui esse possono presentare similitudini.
In questo contesto, l’automatica ripercussione delle vicende di un contratto sull’altro sarà perfetta, in quanto i negozi fanno parte del medesimo disegno contrattuale, anche in assenza di clausole che estendano gli effetti di tali eventi invalidanti: questo sulla base dell’idea che piuttosto d’inadempimento o nullità, nella realtà si dovrebbe parlare di inadempimento parziale o nullità parziale del contratto di locazione finanziaria, le quali ai sensi degli artt. 1218 e 1419 x.x. xxxxxxxxxxx la possibilità di investire l’intera efficacia del contratto, qualora non ci si trovi di fronte ad una patologia di scarsa importanza.
Altro punto sul quale riflettere è quello secondo cui il collegamento negoziale possa fondarsi sull’intendimento manifestato da tutte le parti interessate attraverso accordi negoziali56, concretizzando un paradigma di
56 X. Xxxxxxxx , Collegamento negoziale e vicende della proprietà. Due profili della locazione finanziaria, cit., 9 s.; Id., La locazione finanziaria, in I contratti per il finanziamento, cit., 272 s.; Id, La locazione finanziaria, in I contratti nuovi, cit, 153 s.; Id., Contratti di leasing, cit., 327; Id., I contratti di finanziamento, cit., 84; A. Munari, Funzione e natura giuridica del patto di riacquisto nell’operazione di leasing, FP, 1985, I, c. 398 ss.; Id., voce leasing, cit., 659; Id., Il leasing
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collegamento c.d. «funzionale o volontario»57.
In tal caso la connessione negoziale scaturirebbe dall’attività creativa delle parti58, adibendo ai contratti una funzione ulteriore rispetto a quella che tipicamente espleterebbero uti singuli, quasi si volesse raggiungere una prospettiva più ampia mediante l’utilizzo di diversi schemi contrattuali59.
Ci si è spinti sino ad affermare che nelle fattispecie di collegamento coesistono due cause, afferenti l’una alle singole entità contrattuale e l’altra
finanziario nella teoria dei crediti di scopo, cit., 25; X. Xxxxxxx, Una nuova proposta per la tutela dell’utilizzatore nel leasing finanziario, AC, 1998, 257-260; X. Xxxxx, Autonomia privata e causa di finanziamento, cit, 212 s; X. Xxxxx, Il leasing, cit., 180 s.; X. Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, Locazione finanziaria e tecniche di attuazione dei diritti, cit., 439 s.
57 Per un’esaustiva disamina v. X. Xxxxxxx, Contratti moderni, I singoli contratti, IV, in
Trattato di diritto Civile, diretto da Xxxxxxx Xxxxx, Torino, 284 s.
58 Punto di partenza sul quale fondare l’idea di collegamento è quello di ravvisare nell’intento delle parti l’interesse di porre in essere i negozi al fine di raggiungere uno scopo comune. Diverse, però, sono le ricostruzione attraverso le quali accertare la presenza di tale volontà. Sono esemplificatamene due le direzioni sviluppate: da una parte, chi afferma che deve sempre esistere un accordo negoziale espresso, in tal senso x. X. Xx Xxxxxxx, X xxxxxxxxx xxxxx, Xxxxxx, 0000, 61 ss., mentre dall’altra parte, chi ritiene possibile dedurre l’intenzione delle parti dall’insieme delle circostanze che accompagnano la formazione negoziale, così X. Xxxxxxxxx, Collegamento e connessione fra negozi, cit, 380 ss.; inoltre, sembrano riconoscere la sufficienza degli elementi oggettivi, X. Xxxxxxxx, Contratto collegato, cit., 49 s.; X. Xxxxxxxxxx, I contratti. Parte generale, Torino, 1990, 97 s.; X. Xxxxxx, La disciplina della causa, cit., 582; X. Xxxxxxxx, I contratti collegati, cit., 35; X. Xxxxxxxx, Recenti orientamenti, cit., 237; Ead., I contratti collegati, cit., 133; sul punto v. anche X. Xxxxxxxxxxxx, Collegamento negoziale, Enc. Dir., VII, Milano, 1960, 376 ss.; e cfr. F. Falgano, Il negozio giuridico, in Trattato di diritto civile diretto da X. Xxxx e X. Xxxxxxxx, proseguito da X. Xxxxxxx, 2º ed., Milano, 2002, 113 s.
59 Tale nozione «tecnica» di collegamento negoziale è stata accolta da X. Xxxxxxxx, Contratto collegato, enc. Dir., X, Milano, 1962, 48 s. Riguardo alla rilevanza da attribuire a tale struttura la dottrina non ha trovato omogeneità di vedute: in tale contesto si v. X. Xxxxxxxx, I contratti collegati: principi della tradizione e tendenze innovative, CeI, 2000, 127, 130; Ead., Recenti orientamenti in tema di collegamento negoziale, Nuova giur. comm., 1997, II, 233; X. Xxxxxxxx, Contratti collegati: il caso del credito al consumo, Nuova giur. comm., 1995, I, 305; Ead., I Contratti collegati, Genova, 1986; C.M. Xxxxxx, Il contratto, 2º ed., Milano, 2000, 481 s; X. Xxxxxxx, Il Contratto, I, in Tratt. Dir. Civ. e comm., già diretto da X. Xxxx e X. Xxxxxxxx, e continuato da X. Xxxxxxx, Milano, 1987, 316 s.; S.O. Xxxxxx - X. Xxxxxxxxx, Contratti misti e contratti collegati, in Enc. Xxxx., IX, Roma, 1 ss.; X. Xxxxx, Collegamento negoziale: funzionale od occasionale?, in Giur. it., 2002, I, 1618 s.; X. Xxxxxx, Riflessioni sugli effetti della risoluzione di uno dei negozi collegati, Nuova giur. comm., 2002, I, 658 e s.; X. Xxxxxx, La disciplina della causa, in I contratti in generale, a cura di X. Xxxxxxxxx, in Trattato dei contratti, a cura di X. Xxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, 529, 579 s.; X. Xxxxxxx, Operazione economiche e collegamento negoziale, Padova, 1999, 38; X. Xxxxxxxx, I contratti collegati, Milano, 1998, 10; C. De Mari, Collegamento negoziale e legittimazione all’azione di nullità, in Giur. it., 1993, I, 1, 1075 s.
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all’intera operazione di leasing. Questa «doppia causa», sempre secondo tale ricostruzione, si manifesterebbe nell’unitarietà dell’operazione e nell’inscindibilità dello scopo comune, cosicché il frammento di causa non avrebbe un’autonoma funzione causale, bensì esisterebbe soltanto nell’ottica del complesso negoziale.
Il problema che maggiormente incontra la lettura da ultimo esposta è che, in tale prospettiva, si avrebbe una sopravvivenza delle singole cause sottese alla compravendita ed alla locazione, con la conseguenza di consentire l’individuazione degli stessi segmenti contrattuali e l’applicabilità a ciascuno degli stessi delle peculiari pertinenze normative.
Entrambe le prospettive incontrano il limite nell’unitarietà della causa di finanziamento, la quale non potrebbe sopravvivere tanto con la coesistenza di tali forme contrattuali, tanto con la loro normativa di riferimento. L’autonomia dei contratti di compravendita e locazione non deve rilevare in alcun modo, stante l’assoluta estraneità riguardo alla finalità di finanziamento di cui necessita il leasing. Inoltre, si deve preferire il concetto di consequenzialità delle cause e non anche quello di autonomia.
Sulla scorta di quanto detto, rimane altrettanto obsoleta la possibilità di configurare una moltitudine di cause all’interno di un negozio unitario: infatti, gli effetti della compravendita e della locazione, qualora non confluissero interamente nella causa di finanziamento, rimarrebbero tipi contrattuali del tutto estranei ed inconciliabili con lo scopo sociale del leasing. Non si riescono a trovare, difatti, ragioni valide per segmentare un unico negozio giuridico in una moltitudine di cause contrattuali, le quali, tra le altre cose, mal si conciliano individualmente con la prospettiva generale: come si è precedentemente affermato, non bisogna confondere le diverse fasi in cui è strutturato il leasing con le diverse tipologie contrattuali alle quali
assomigliano.
Il contesto causale nel quale si manifestano la compravendita e la locazione deve far propendere, pertanto, per la trilateralità della struttura contrattuale in questione, con la «derubricazione» dei singoli tipi contrattuali in fasi procedurali del negozio di leasing60.
60 Relativamente alla natura trilaterale del contratto, nel contesto giurisprudenziale, si x. Xxxx. 2-11-1998, n. 10926; Cass. 30-6-1998, n. 6412, in FI, 1998, 3081, con commento di X. Xxxxx. La prima vicenda vede l’utilizzatore agire tanto nei confronti della società di leasing quanto nei confronti del fornitore del bene per far <dichiarare la risoluzione del contratto
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La causa di finanziamento che caratterizza il leasing non può essere compresa tra quella di godimento, propria della locazione, e quella di scambio, riferibile alla vendita. Il leasing finanziario si esplica, dunque, quale figura contrattuale caratterizzata da una sua autonoma identità causale, ossia qualificata da una struttura contrattuale individuale e con finalità propria.
Quale estrema argomentazione, infine, è il medesimo dato letterale della Convenzione di Ottawa61 che propende per questa visione, declamando il leasing come rapporto trilaterale ed unitario62. Tale prospettiva rappresenterebbe un’armonica composizione delle ragioni dei giuristi e degli economisti: questi ultimi, che verosimilmente appaiono quali i fruitori effettivi di questo schema contrattuale63, difatti, da sempre identificano il
per inadempimento della fornitrice con condanna di questa a riprendersi le apparecchiature, a restituire il prezzo riscosso ed a risarcire i danni prodotti e da liquidarsi in separato giudizio>. La Cassazione accoglie la tesi della trilateralità, salvo respingere ogni pretesa avanzata verso il lessor. La seconda decisione rigetta l’opposizione al decreto ingiuntivo emesso a favore della società di leasing nei confronti dell’utilizzatore, il quale non aveva consegnato i beni, pur riconoscendogli la legittimazione ad agire verso il fornitore non parte del processo. Si v. inoltre Cass. 24-4-1998, n. 4219, GCM, 1998, 877, nella quale l’adesione alla trilateralità è del tutto secondaria, giacché l’azione di risoluzione della compravendita era stata proposta anche dalla società di leasing; Cass. 2-3-1998, n. 2265, GCM, 1998, 478 (il dispositivo negherà tutela al lessee); Cass. 16-5-1997, n. 4367, GCM, 1997, 772, dove si enuncia che <la locazione finanziaria si svolge come un rapporto trilaterale>; pressoché identiche sono le argomentazioni svolte e le conclusioni fatte proprie da Cass. 30-5-1995, n. 6076, GCM, 1995, 1119; Cass. 11-7-1995, n. 7595, VN, 1995, 1372, dove la statuizione è indirizzata a far sì che, a fronte della domanda di risoluzione del contratto avanzata dalla società di leasing, possa essere riconosciuto all’utilizzatrice il diritto di agire nei riguardi del fornitore, ma la Cassazione finirà per accogliere l’impugnazione proposta dal fornitore avverso la sentenza di secondo grado che lo aveva condannato a rimborsare l’utilizzatrice di tutte le somme che questa aveva pagato e che avrebbe dovuto in futuro pagare alla società di leasing; infine, App. Milano, 30 marzo 1999, BBTC, 2001, 78, dove il collegio, pur sposando la lettura trilaterale del leasing, nega la legittimazione ad agire dell’utilizzatore nei confronti del fornitore.
61 Per maggiore chiarezza si v. l’art. 1 della Convenzione Unidroit sul leasing finanziario internazionale tenuta ad Ottawa il 28 maggio 1988. Tale convenzione è stata resa esecutiva in Italia con la l. 14-7-1993, n. 259. Riguardo al testo in inglese si v. I Contratti, 1995, 421.
62 X. Xxxxxxx, Leasing finanziario, in I nuovi contratti, in Il diritto privato nella giurisprudenza, (a cura) di X. Xxxxxx, XII, Torino, 586.
63 In realtà sembrerebbe più corretto destinare tale contratto ad un particolare settore commerciale-merceologico, quale quello delle piccole-medie imprese. Tale asserzione trova conforto nel preambolo della Convenzione di Ottawa: <Recognising that leasing provides developing countries and countries in transition, in particular with an important source of capital for the development of infrastructure and small and medium-size enterprise>. Ad un prima lettura sembrerebbe che il contratto in questione sia maggiormente 278
leasing come un’operazione trilaterale.
3.- Le difficoltà incontrate nello sviluppare una visione comunemente condivisa riguardo alla struttura del leasing finanziario ha condotto gli interpreti, nonché la giurisprudenza, a sviluppare quadri logico-interpretativi che potessero determinare la normativa applicabile nei casi di manifestazioni patologiche del contratto.
Nello specifico, è ancora oggetto di disputa quale debba essere la disciplina da applicare nelle ipotesi di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore, nell’ipotetico caso di mancata corresponsione dei canoni nei confronti della società concedente.
Le prospettive argomentative si sono sostanzialmente divise lungo due opposte direzioni, le quali hanno preso spunto dalle diverse considerazioni circa la riconducibilità o meno della locazione finanziaria nell’alveo della normativa inerente alla vendita con riserva di proprietà.
Nonostante la produzione dottrinaria in questo ambito, sono state le statuizioni giurisprudenziali, nello specifico della Cassazione, a sviluppare le argomentazioni più trancianti sul tema. E’ necessario sviluppare, pertanto, un discorso che prenda spunto dall’iter giurisprudenziale sviluppatosi negli anni.
La disputa orbita attorno alla possibilità di applicare la disciplina di cui all’art. 1526 c.c., relativa alle ipotesi di risoluzione di vendita con riserva di proprietà, al contratto di locazione finanziaria, mediante un’assimilazione dei due istituti e la correlativa estensione analogica della disciplina.
Il suddetto articolo permetterebbe all’utilizzatore resosi inadempiente di pretendere la restituzione dei canoni riscossi dal concedente, salvo il diritto a un equo compenso per l’uso del bene ed al risarcimento del danno.
Al fine di argomentare in modo analitico la vicenda occorre passare in rassegna le principali decisioni giurisprudenziali sul tema.
Una prima statuizione della Suprema Corte64 ha escluso
comparabile con il leasing operativo rispetto alla locazione finanziaria, ma una valutazione di più ampio respiro non lascia spazio a possibili incomprensioni, in quanto le responsabilità, gli obblighi, i rischi e le obbligazioni in capo alle parti coincidono con i caratteri propri del leasing finanziario. Sul punto si v. X. Xxxxxxxx , Model law on leasing, in Europa e dir. Privato, Milano, 2009, 971.
64 Cass. 6-5-1986, n. 3023, in Riv. it. leasing, 1986, 141. In tal senso ha argomentato la S.C.: dapprima viene precisato che la causa della locazione finanziaria consiste non
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l’applicazione dell’art. 1526 c.c. nelle ipotesi di risoluzione del contratto di leasing finanziario, avallando l’indirizzo solcato dalla giurisprudenza di merito65, la quale aveva negli effetti attribuito rilevanza ed autonomia giuridica al contratto di specie.
La disciplina di cui all’art. 1526 c.c. è applicabile nelle ipotesi di vendita con riserva di proprietà, vicenda contrattuale nella quale il trasferimento della titolarità è connaturato alla natura del negozio. Altrettanto non si può dire per quanto attiene alla locazione finanziaria, nella quale il diritto di riscatto lascia alla discrezionalità dell’utilizzatore la possibilità di acquisire o meno il bene67. Tale squilibrio contrattuale, che si radica nell’esistenza di
<nell’acquisto della proprietà di un bene con una particolare agevolazione nel pagamento del prezzo, bensì in un finanziamento per l’acquisto della disponibilità immediata di quel bene – e solo eventualmente della proprietà di esso – con l’impegno dell’utilizzatore di rimborsare ratealmente la somma anticipata del finanziatore, maggiorata degli interessi e della remunerazione del capitale per il rischio dell’operazione>. Questa ricostruzione si conferma alla luce della <rapida obsolescenza a cui normalmente sono soggette le cose oggetto del finanziamento; onde, come rilevato, il pagamento dei canoni relativi assume il valore sostanziale ed assorbente di un mutuo finanziario (i canoni pagati valendo in definitiva a remunerare il proprietario del valore economico consumato dall’utilizzatore) e non quello di pagamento periodico di un prezzo di acquisto>. Aggiunge la S.C. che <il contratto di leasing finanziario è, per sua natura, un contratto di durata che non si esaurisce in unico atto, ma che, al contrario, presuppone una prestazione continuativa, da un lato (la messa a disposizione del bene), e una controprestazione periodica, dall’altro (il pagamento rateale dei canoni)>. Alla luce di quanto detto <al contratto di leasing finanziario, quale contratto privo di una particolare disciplina tipica, risultano direttamente applicabili, in forza del richiamato principio di cui all’art. 1323 x.x., xx xxxxx xxxxx xxxxxxxxxx xxxxxxxx xxx xxxxxxxxx, xxx le quali vi è, in tema di risoluzione dei contratti di durata, quella di cui all’art. 1458, palesemente incompatibile con la previsione normativa di cui all’art. 1526, riferita al contratto nominato di vendita con riserva della proprietà>.
65 Trib. Milano 27-6-1985 e Trib. Milano 19-9-1985, in Riv. it leasing, 1986, 184 e 198.
66 Per una maggiore e più approfondita argomentazione v. X. Xxxxxxxx , I contratti nuovi, in Trattato di diritto privato, cit, 186 s.
67 La sentenza menzionata è xxxxxx nell’affermare che mentre nell’ipotesi di vendita con riserva di proprietà, nel caso del leasing finanziario il trasferimento della proprietà all’utilizzatore <appare solo come una mera eventualità, da realizzarsi attraverso un procedimento non automatico, ma integrato, al contrario, mediante il ricorso all’istituto 280
un’opzione, non sembrerebbe avallare l’applicazione di una disciplina di favore come quella riportata nell’art. 1526 c.c.
Inoltre, la qualità del concedente di intermediario finanziario, oltre alla necessaria trilateralità del rapporto contrattuale nel leasing finanziario, scoraggia ogni ipotetica assimilazione della locazione finanziaria con la vendita ex art. 1523 c.c.
Riguardo all’art. 1526 c.c. la Cassazione da ultimo richiamata, difatti, ha rilevato come questo presupponga <che il venditore sia anche il produttore del bene, e quindi che alla produzione si affianchi l’organizzazione di una rete di vendita del prodotto, che permetta la sua facile ricollocazione sul mercato in caso di risoluzione del contratto; nella locazione finanziaria, invece, la società di leasing è soltanto un intermediario finanziario, che non dispone come tale di un’organizzazione capace di riproporre efficacemente il bene sul mercato, in termini di una sua immediata riutilizzazione>68.
La restituzione dei canoni come intesa nell’art. 1526 c.c. è stata strutturata alla luce della qualifica che il venditore riveste nella vendita con riserva di proprietà: il differente ruolo svolto dal concedente-finanziatore non permette l’estensione di questa disciplina, in quanto, oltre alla cessazione della corresponsione dei canoni, si aggiungerebbe l’onere di rendere commerciabile il bene restituito. Tale maggiore aggravio deve essere bilanciato dai canoni già versati, che configurerebbero il corrispettivo del deterioramento del bene oltre alle spese per il suo mantenimento sino alla sua cessione a terzi.
Come ulteriore nota si prenda in considerazione che il bene oggetto del contratto è stato acquistato su indicazione e necessità dell’utilizzatore e che, pertanto, a nulla giova la restituzione dello stesso in capo al concedente, anzi configurando spesso un aggravio economico per quest’ultimo, viste le difficoltà e i costi che la società di leasing dovrà affrontare per la ricerca di un nuovo acquirente69.
dell’opzione, dall’espressione di una diversa e nuova manifestazione di volontà negoziale, sulla base di considerazioni relative ad una convenienza economica valutabile soltanto alla scadenza del periodo di locazione>.
68 X. Xxxxxxxx , I contratti nuovi, in Trattato di diritto privato, cit., 188.
69 In tal senso si è espresso X. Xxxxxxxxx, Osservazioni sulla giurisprudenza della Cassazione del dicembre 1989 in merito all’applicabilità dell’art. 1526 c.c. alla locazione finanziaria, cit., 300; X. Xx Xxxx, Il leasing, cit., 279; X. Xxxxxxxxxx, op. cit., 665; X. Xxxxxxxx , op. cit., 193; X. Xxxxxx, op. cit., 680; X. Xxxxxxx, op. cit., 631 s.
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La stessa natura dell’utilizzatore non tradisce alcuna somiglianza con la vendita a rate, la qualità di imprenditore o lavoratore autonomo caratterizza, infatti, la locazione finanziaria, escludendone il perfezionamento qualora il destinatario abbia diversa natura: in tale caso, sarebbe al più ravvisabile la figura del così detto leasing al consumo, figura contrattuale assai diffusa nella pratica operativa, ma strutturalmente e casualmente assimilabile alla locazione70.
Il nodo relativo alla tipologia di disciplina da applicare nel caso di inadempimento dell’utilizzatore è stato sciolto dalla stessa Cassazione, la quale ha qualificato la locazione finanziaria alla stregua di un contratto atipico di durata71, attraverso il riconoscimento del principio recato nell’art. 1323 c.c. Questo permette, senza dubbio, la possibilità di applicare estensivamente la fattispecie generica riportata nell’art. 1458 c.c. riguardo alla possibilità di ripetere i canoni corrisposti. Attraverso tale ultima ricostruzione la risoluzione non verrebbe estesa retroattivamente alle prestazioni già eseguite, le quali rimarranno nel patrimonio del contraente ricevente72 come controprestazione73 dell’utilizzatore che nel tempo ha usufruito del bene riducendone il valore.
La questione che riguarda la natura di contratto di durata del leasing finanziario non suscita alcuna perplessità. Difatti, la prestazione dell’utilizzatore, che si concretizza nel pagamento dei canoni, prosegue sino all’acquisizione del bene attraverso il pagamento dell’opzione ovvero sino al rilascio dello stesso in caso di mancato acquisto. Anche per quanto attiene il
70 In tal senso si è espresso il Trib. Milano 15-5-1978, in G. De Nova, Il contratto di
leasing, Milano, 1985, 77; inoltre si v. X. Xxxxxxxx , I contratti nuovi, cit., 188.
71 Le parole della Cassazione asseriscono che la locazione finanziaria <presuppone una prestazione continuativa, da un lato (la messa a disposizione del bene), e una controprestazione periodica, dall’altro (il pagamento dei canoni).
72 L’art. 1458, comma 1, c.c. recita: <la risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo tra le parti, salvo il caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica, riguardo ai quali l’effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite>.
73 Sul punto sono chiare le parole di X. Xxxxxxxx , I contratti nuovi, cit., 189: <invero, il concedente con la stipula del contratto di locazione finanziaria non si obbliga esclusivamente ad una prestazione istantanea (l’acquisizione del bene dal fornitore) ma anche ad una prestazione continuativa, non di far godere il bene (propria della locazione) bensì di assicurare all’utilizzatore per tutta la durata contrattuale una situazione giuridica soggettiva tale che, se vorrà, potrà alla scadenza, esercitandone il diritto di opzione, divenire proprietario del bene>.
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concedente la prestazione è protratta nel tempo e si esplica nel permettere all’utilizzatore il libero godimento del bene.
Il merito che deve ascriversi alla sentenza n. 3023 del 1986 è quello di aver trattato autonomamente la figura del leasing finanziario, mediante una puntuale analisi delle caratteristiche soggettive e causali che ne rendono inapplicabile la disciplina della vendita con riserva di proprietà, tanto in via diretta, tanto in via analogica74. Tutto questo alla stregua di una qualificazione causale di finanziamento, ergo del tutto differente dalla
<logica estranea>75 sottesa all’art. 1526 c.c.
In un quadro che parrebbe aver trovato i suoi confini, si instilla il dubbio che questa non sia la visione definitivamente accolta. Mediante un revirement parziale, infatti, la Suprema Corte ha voluto cambiare i termini del ragionamento.
Le statuizioni di cui si tratta sono le sei sentenze della Cassazione del dicembre del 198976, attraverso le quali si è tentata una rilettura della disciplina applicabile in caso di inadempimento dell’utilizzatore, mediante una forzatura interpretativa riguardo la natura del contratto di leasing77.
Le argomentazioni intraprese da queste ultime sentenza sono state in seguito ricalcate dalla Cassazione, la quale ha sostanzialmente ripreso i
74 X. Xxxxxxxxxxx, Il corriere giuridico, 856.
75 X. Xxxxxxxx , I contratti nuovi, cit., 189.
76 Nello specifico si tratta delle sentenze n. 5569, Pres. Granata, Est. Xxxxxxxx, GI, 1990, I, 1, con nota di Xxxxxxxx, Nuovi orientamenti della Cassazione in tema di locazione finanziaria, ivi, c. 379 s; n. 5570, Pres. Granata, Est. Xxxxxxxx, in RIL, 1989, 585 s, con nota di La Torre, I due tipi di leasing secondo la nuova giurisprudenza della Cassazione, ivi, 586 s.; n. 5571, Pres. Granata, Est. Xxxxxxx, in CorG, 1990, 164 s.; n. 5572, Pres. Granata, Est. Xxxxxxx, in FI, 1990, I c. 463, 487 s., con nota di X. Xx Xxxx, La Cassazione e il leasing: atto secondo, ivi, c. 464 s.; n. 5573, Pres. Granata, Est. Bibolini: in RIL, 1989 585 s. con nota di La Torre, cit, in GI, 1990, I, 1, c. 742 s., con nota di X. Xxxxxxxx , Nuova figura di leasing e vecchi problemi: l’applicabilità dell’art. 1526 x.x., xxx, x. 000 x.; n. 5574, Pres. Granata, Est. Bibolini.
77 Pare che tale posizione sia stata presa sulla scorta di diversi contributi della dottrina sull’argomento, i quali hanno trovato puntualizzazioni in successive pronunce di diverse corti di merito: v. a titolo esemplificativo n. 6390 del 1983; n. 3023 del 1986; n. 8766 del 1987; n. 5623 del 1988. Inoltre, pare che abbia contribuito la ricerca <del punto di equilibrio tra l’esigenza, da una parte, della conservazione della funzionalità del contratto di leasing finanziario […] dall’altra parte, delle statuizioni reciproche delle parti in caso di sopravvenuta inefficacia del negozio […] xxx xx xxxx xx xxxxxxx xxx […] xxxxx pregiudicata senza giusta causa la posizione dell’utilizzatore del bene oggetto del leasing>. Tale passaggio è tratto dalla sent. N. 5573 del 1989. Sul punto si v. G. De Nova, Xxxxx contratti, cit. 276.
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medesimi concetti senza però sviluppare pensieri forieri di nuove esplicazioni78.
78 A tal proposito si x. Xxxx. 13-5-2008, n. 11893, la quale ribadisce che <al leasing traslativo in caso di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore, si applica in via analogica la norma contenuta nell’art. 1526 c.c., diretta normalmente a disciplinare la vendita con riserva di proprietà; per cui, mentre l’utilizzatore, restituita la cosa, ha diritto alla restituzione delle rate riscosse, il concedente ha diritto ad ottenere un equo compenso per l’uso dei beni oggetto del contratto e, naturalmente, il risarcimento del danno. In ogni caso, il risarcimento del danno ed il diritto all’equo compenso pretendono azioni distinte che adempiono a scopi diversi e che, quindi, richiedono l’espressa domanda>; Cass. 23-5-2008, n. 13418 <Nel leasing traslativo, al quale si applica la disciplina della vendita con riserva di proprietà, in caso di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore, quest’ultimo, restituita la cosa, ha diritto alla restituzione delle rate riscosse, fatto salvo il diritto del concedente di trattenere un equo compenso per l’uso della cosa, oltre al risarcimento del danno. Tuttavia l’equo compenso comprende la remunerazione del godimento del bene e il deprezzamento conseguente alla sua non commerciabilità come nuovo e al logoramento per l’uso, ma non il mancato guadagno da parte del concedente, mentre il risarcimento del danno può derivare da un deterioramento anormale della cosa dovuto all’utilizzatore>; cfr. Cass. 28-8-2007, n. 18195; infine, Cass. 8-1-2010, n. 73 <Nel leasing traslativo, al quale si applica per analogia la disciplina dettata dall’art. 1526 c.c. per la risoluzione del contratto di vendita con riserva di proprietà in caso di inadempimento dell’utilizzatore, quest’ultimo, riconsegnato il bene, ha diritto alla restituzione delle rate riscosse, mentre il concedente ha diritto ad un equo compenso per l’uso della cosa, il quale comprende la remunerazione del godimento del bene, il deprezzamento conseguente alla sua incommerciabilità come nuovo e il logoramento per l’uso, ma non include il risarcimento del danno che può derivare da un deterioramento anormale della cosa né comprende il mancato guadagno>. Cass. 2-3-2007, n. 4969, che precisa che <La risoluzione del contratto di leasing per inadempimento dell’utilizzatore è soggetta all’applicazione, in via analogica, delle disposizioni fissate dall’art. 1526 c.c. con riguardo alla vendita con riserva della proprietà, ove si tratti di leasing c.d. traslativo; pertanto, da un lato, il venditore deve restituire i canoni riscossi, dall’altro, ha diritto ad un equo compenso per l’uso della cosa, oltre al risarcimento del danno. L’ammontare dell’equo compenso potrà legittimamente superare, nella sua concreta determinazione, il solo corrispettivo del temporaneo godimento del bene predetto, mentre, recuperato, da parte del concedente, il capitale monetario impegnato nell’operazione, in vista del corrispondente guadagno mediante il detto compenso ed il residuo valore del bene, il risarcimento del danno non si presta ad essere commisurato all’intera differenza necessaria per raggiungere il guadagno atteso, poiché, con l’anticipato recupero del bene e del suo valore, il concedente è di norma in grado di procurarsi, attraverso il reimpiego di quel valore, un proporzionale utile, che deve conseguentemente essere calcolato in detrazione rispetto alla somma che l’utilizzatore stesso avrebbe dovuto corrispondere se il rapporto fosse proseguito>. Vedi però Cass. 28-8-2007, n. 18195: <In tema di leasing traslativo, l’inadempimento dell’utilizzatore obbliga quest’ultimo, restituita la cosa e fermo il suo diritto alla restituzione delle rate pagate, sia al risarcimento del danno sia alla corresponsione di un equo compenso alla controparte, in considerazione dell’utilizzazione del bene oggetto del contratto, trovando applicazione in via 284
La rottura rispetto alla precedente posizione fonda le sue radici nella diversa qualificazione della natura del contratto di leasing, la quale assume una duplice veste.
Nella pratica il negozio in commento, sempre secondo la posizione della Cassazione, troverebbe estrinsecazione attraverso due modelli, ai quali verrebbero applicate forme di tutela differenti.
Una prima fattispecie, denominata «tradizionale», sarebbe prodromica alla realizzazione di un finanziamento ed avrebbe ad oggetto beni che esauriscono la propria utilità economica all’interno di un definito lasso temporale. Sempre con riferimento al medesimo modello, inoltre, i canoni assumerebbero la funzione di corrispettivo dell’utilizzo del bene79. Questo modello di leasing sarebbe stato l’unico preso in considerazione dalle statuizioni precedenti della Cassazione e dovrebbe essere parificato del tutto ad un contratto ad esecuzione continuata o periodica80. Alla tipologia suddetta, pertanto, dovrebbe essere applicata estensivamente la tutela riconosciuta nel caso di risoluzione da inadempimento ex art. 1458 c.c., primo comma, seconda ipotesi, per quanto riguarda i canoni già riscossi dal concedente.
Riguardo al secondo modello, quello c.d. «traslativo» ed applicabile anche nel caso di beni non strumentali all’xxxxxxx00, la caratteristica scriminante sarebbe la non coincidenza tra durata del rapporto ed avvenuta obsolescenza del bene, con la conseguenza che allo scadere dei canoni rimarrebbe vivo l’interesse dell’utilizzatore a rilevarne la titolarità. Così i canoni muterebbero la loro natura in parte del pagamento del prezzo e non solo del godimento del bene, cosicché sconterebbero, oltre ad una quota riconducibile all’utilizzo, anche una parte del prezzo82.
La struttura contrattuale delineata assumerebbe similitudini talmente marcate con la vendita con riserva di proprietà, sempre secondo le intenzione della S,C., tali da giustificare l’estensione analogica della disciplina
analogica l’art. 1526 c.c.>.
79 In questi termini si è espresso A. Luminoso, Natura del leasing e oggetto dello scambio, cit., 525 s.
80 Così recita la sentenza n. 5570 del 1989.
81 Come riportato dalla sentenza n. 5570.
82 La Cassazione n. 5573 ha inoltre aggiunto che è possibile inquadrare <la non perfetta corrispettività a coppie tra periodi di godimento e rate di canone, incorporanti ratei di prezzo>.
285
riportata nell’art. 1526 c.c., la cui ratio si giustifica con l’intento di escludere il vantaggio privo di causa attributiva e di ricondurre ad equità le prestazioni eseguite dalle parti83.
La decisione circa i caratteri pratici che permettano la classificazione delle diverse fattispecie concrete nell’uno e nell’altro modello, poi, è inquadrata alla stregua di una <quaestio voluntatis, la cui soluzione è compito specifico del giudice di merito, salvo il controllo di legittimità di questa Corte Suprema>84. Tralasciando un commento circa l’autoreferenzialismo della statuizione, la medesima Corte ha dapprima tentato di tipizzare le differenze tra i modelli attraverso un’articolata serie di criteri indiziari, salvo poi ricondurre la lettura di questi indicatori alla stregua del <quadro complessivo degli altri indici di riscontro risultanti dal regolamento concordato dalle parti>85.
Le critiche che sono state mosse alla bipartizione si sono concentrate sul pretestuoso ricorso all’art. 1526 c.c. quale mezzo di controllo sull’autonomia contrattuale delle parti, così da evitare che il concedente potesse locupletare a danno dell’utilizzatore inadempiente, mediante la ritenzione dei canoni riscossi e la restituzione del bene.
Tale visione, però, ha subito la risposta di chi ha ritenuto che i rimedi esercitabili al fine di riallineare le posizioni contrattuali già siano indicati dall’ordinamento, come nello specifico la riconducibilità ope legis della clausola penale ex art. 1384 c.c.; la previsione contrattuale che nell’ipotesi di risarcimento a favore del concedente questo venga ridotto dalla cessione del bene, mediante imputazione del ricavato a credito dell’utilizzatore86; infine, il ricorso all’azione generale di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c.
L’applicazione estensiva di una disciplina, inoltre, non può venire utilizzata al fine di ridurre l’incidenza dell’autonomia privata all’interno di un
83 X. Xxxxxxx, Contratti moderni, I singoli contratti, IV, in Trattato di diritto Civile, cit.
84 Seppure la Cassazione abbia tentato di accreditare il proprio ragionamento mediante il latinismo, il risultato è un’affermazione di onnipotenza che non solo permetterebbe al giudice di classificare la causa del contratto di leasing ora come traslativa, ora come finanziaria, ma arriverebbe al punto di alternare discrezionalmente le forme di tutela esercitabili in caso di risoluzione e rimettere la volontà del contraente all’intuizione del giudice di merito che, e questo è il punctum dolens, potrebbe essere sconfessato soltanto dal Supremo Xxxxxxx.
85 Così, fra le altre, x. xxxx x. 0000.
86 X. Xxxxxxxx , I contratti nuovi, cit., 197.
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contratto, soprattutto se, come nel caso di specie, l’interesse che verrebbe tutelato sarebbe soltanto quello della parte inadempiente. In caso contrario si ridurrebbe la portata pratica dell’autonomia privata, che incontrerebbe un limite onnipresente nell’applicazione estensiva delle tutele ex lege, le quali rappresenterebbero uno strumento dell’ordinamento atto a vanificare ogni discrezionale valutazione delle parti.
Pare quasi che la giurisprudenza si sia mossa in maniera da riequilibrare una situazione di fatto che avrebbe consentito al concedente, sempre secondo la Cassazione, di appropriarsi di un bene che, qui si coglie l’inesattezza più marcata, manterrebbe un rilevante valore residuale: in tale modo, la Corte si arrogherebbe il ruolo di riequilibrare l’autonomia contrattuale. A ben vedere, però, qualora si giustificasse questa posizione si realizzerebbe l’assurdo secondo cui l’utilizzatore si avvantaggerebbe del proprio inadempimento, in quanto utilizzerebbe il bene vedendosi altresì ripetere i canoni versati, fatto naturalmente salvo il risarcimento danni che egli dovrebbe nei confronti del concedente.
Proprio sulla scorta delle affermazione e dei ragionamenti inaugurati nel 1989, la Cassazione si è pronunciata attraverso una serie di decisioni87 che hanno trovato il culmine nella sentenza delle Sezioni Unite n. 65 del 199388,
87 Sotto questo profilo sono chiare le parole di X. Xxxxxxx, Contratti moderni, I singoli contratti, cit., 312: <la Cassazione ha immediatamente dimostrato di aderire al proprio nuovo orientamento, con le sentenze rese, sempre in cause fallimentari, dalla sez. II, 5 giugno 1991,
n. 6357 e 20 febbraio 1992, n. 2083: sentenze tutte che aderiscono pienamente, e senza spunti ulteriori, all’indirizzo binario inaugurato dalle pronunce del 1989 – finendo però nel primo caso per confermare la decisione della corte d’appello che aveva applicato l’art. 1526 c.c., e xxxxxxxx con xxxxxx, negli altri due giudizi, le decisioni di merito che avevano regolato lo scioglimento del rapporto bensì secondo i dettami dell’art. 1526 c.c., ma senza valutare compiutamente quel complesso di indici su cui la nostra cassazione ritiene ormai doveroso fondare la scelta della normativa applicabile>.
88 Cass. s.u. 7-1-1993, n. 65, in Riv. it. leasing, 1993, 927. Richiamando quasi
letteralmente le sentenze del 1989, le Sez. Un. ribadiscono infatti, che <la ricostruzione […] della intenzione delle parti trasfusa nel regolamento negoziale è problema da risolvere caso per caso, alla luce delle concrete peculiarità delle singole fattispecie, e costituisce una quaestio voluntatis, la cui soluzione è compito specifico del giudice del merito. [Egli] dovrà a tal fine tener conto non solo […] del confronto tra valore residuo del bene e prezzo di opzione, ma anche di ogni altro utile elemento emergente dalle clausole dei singoli contratti. […] Non sembra, poi, che la prospettata difficoltà della ricostruzione della originaria volontà negoziale […] sia diversa e maggiore di quella che il giudice incontra in ogni altra ipotesi in cui si renda necessario accertare ex post la comune intenzione delle parti mediante l’interpretazione della
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la quale ha tentato di sviluppare argomenti che potessero suffragare l’indirizzo binario concentrando ogni riguardo sulla distinzione tra leasing di godimento e traslativo89, senza comunque riuscire a dirimere la questione relativa alla possibile applicazione dell’art. 1526 c.c. alla locazione finanziaria. Anche in questo caso la Giurisprudenza più recente ha avuto modo di pronunciarsi sul punto, riprendendo le argomentazioni precedentemente tratteggiate dalle Sezioni Unite da ultimo richiamate, rievocandone concetti e in molte occasioni parole. Dunque, pare pleonastico passare in rassegna tutte le ultime statuizione della Cassazione, mentre sembra più utile prendere come modello di riferimento la sentenza del 1993, quale manifesto
disciplina contrattuale e la valutazione dei comportamenti delle parti stesse secondo le regole [di ermeneutica contrattuale], dettate dagli artt. 1362 – 1371 c.c>.
89 La Corte di Cass. s.u. 7-1-1993, n. 65, Contr., 1993, 2, 180 ritiene che <le […]
conclusioni raggiunte dal più recente indirizzo giurisprudenziale [inaugurato dalle pronunce
n. 5569-5574/89] conservino piena validità e meritino conferma […]. Ed invero, il discrimen tra leasing «di godimento» e leasing «traslativo» risiede nella previsione originaria, ad opera delle parti, di quello che sarà, alla scadenza del contratto, il rapporto tra valore residuo del bene e prezzo di opzione: nel senso che mentre la previsione di un’apprezzabile eccedenza di valore può essere rivelatrice – sia pur solo in via sintomatica ed indiretta – della originaria volontà delle parti volta essenzialmente al trasferimento della proprietà del bene inizialmente concesso in godimento, l’opposta previsione può invece indurre alla individuazione di una volontà negoziale finalizzata alla sola concessione in godimento>.
90 Si coglie comunque l’occasione per indicare sommariamente le ultime pronunce
giurisprudenziali: Cass. 23-5-2008, n. 13418 <Ai fini della qualificazione come leasing traslativo di un contratto avente ad oggetto l’utilizzazione di beni atti a conservare alla scadenza un valore residuo superiore all’importo convenuto per l’opzione e dietro canoni che scontano anche una quota del prezzo, ciò che rileva, indipendentemente dalla circostanza che concedente sia il produttore del bene ovvero un imprenditore che l’acquisti per porlo a disposizione dell’utilizzatore, è se il godimento temporaneo da parte dell’utilizzatore esaurisca la funzione economica del bene ovvero la durata del contratto sia predeterminata solo in funzione dell’ulteriore differito trasferimento del bene e della rateizzazione del prezzo d’acquisto; in quest’ultima ipotesi, in caso di inadempimento dell’utilizzatore, si applica in via analogica la disciplina della vendita con riserva della proprietà, per cui, ai sensi dell’art. 1526 c.c., l’utilizzatore ha diritto alla restituzione delle rate riscosse ed il concedente ha diritto ad un equo compenso per l’uso della cosa oltre al risarcimento del danno>; Xxxx,. 14-11-2006, n. 24214 <Ricorre la figura di leasing di godimento, pattuito con funzione di finanziamento, rispetto a beni non idonei a conservare un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto a fronte di canoni che configurano esclusivamente il corrispettivo dell’uso dei beni stessi, Si configura, invece, il leasing traslativo allorché la pattuizione si riferisce a beni atti a conservare a quella scadenza un valore residuo superiore all’importo convenuto per l’opzione ed i canoni hanno la funzione di scontare anche una quota del prezzo di previsione del 288
Nello specifico sono state tracciate le caratteristiche essenziali per la classificazione delle due fattispecie, affermando la centralità della coincidenza temporale tra il periodo di consumazione economica del bene e la durata del contratto quale carattere differenziale91. Anche in questa occasione, pertanto, si è avallato l’indirizzo secondo cui il valore del bene al momento della cessazione dell’erogazione dei canoni sarebbe elemento caratterizzante il leasing traslativo ove il prezzo dell’opzione fosse inferiore all’effettivo valore del bene. Si tratterebbe di leasing «di godimento», al contrario, qualora il superiore costo dell’opzione disincentivasse l’acquisto finale.
Il sistema binario prospettato incontra però delle lacune tanto sotto il profilo economico, tanto sotto il profilo giuridico.
Innanzitutto, si deve preporre che la possibilità che una società finanziatrice, nel caso quella di leasing, possa concedere una locazione finanziaria di godimento appare non solo ardito, bensì assurdo, e questo per un duplice motivo: da una parte, più squisitamente economica, il concedente in nessun caso stipula un contratto di leasing con la prospettiva di vedersi riconsegnato il bene e quindi non pagata l’opzione. Questo perché, come ampiamente spiegato, la società concedente assume le vesti di un ente finanziatore che non può trovare redditizio reimmettere sul mercato un bene di qualsiasi natura esso sia. Dall’altra parte, a livello tecnico, il concedente ammette la delibera del contratto soltanto qualora il valore dell’opzione sia compreso entro certi limiti, non permettendo che lo stesso possa superare certi parametri proprio al fine di incentivare il passaggio di titolarità.
Appare scorretto, inoltre, permettere la classificazione in diverse tipologie di un medesimo contratto sulla scorta di valutazioni rimesse alla volontà dell’utilizzatore. Difatti ogni statuizione circa la convenienza economica riguardo l’acquisto del bene potrà essere effettuata soltanto ex post, ossia al momento dell’esercizio dell’opzione. Ogni attività preparatoria del contratto è infatti finalizzata soltanto a definire le prestazioni delle parti e non anche la futura valutazione circa il trasferimento della titolarità del
successivo acquisto. L’accertamento della volontà delle parti trasfusa nelle clausole contrattuali in ordine al tipo di negozio posto in essere rientra nei poteri del giudice del merito e non è censurabile in sede di legittimità, se non per violazione dei criteri ermeneutici, ovvero per vizio di motivazione>, nello stesso senso x. Xxxx. 28-8-2007, n. 18195.
91 X. Xxxxxxx, Contratti moderni, I singoli contratti, cit., 308.
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bene.
La stessa definizione di opzione93, nonché l’utilizzo di questo istituto nel caso di specie, deve confermare che sino alla fine della durata del contratto non può essere cristallizzata la volontà dell’utilizzatore: l’unico elemento fermo è la disponibilità del concedente di alienare definitivamente il bene ad un determinato prezzo, senza che questo vincoli l’altra parte.
La soggettività della bipartizione esclude ogni valutazione circa l’esistenza della stessa. In alcun modo la disciplina di un contratto può variare al differire della manifestazione della volontà in itinere. La disciplina da applicare, infatti, deve essere valutata ex ante ed a prescindere da ogni sindacato di convenienza dell’utilizzatore. Sulla scorta di quanto detto, appare chiaro che l’idea di un unico contratto necessita una disciplina unitaria, la quale non può che parametrarsi sulla natura e la causa del negozio e non anche su scelte postume dei contraenti.
92 X. Xxxxxxxx , I contratti nuovi, cit., 198.
93 L’art. 1331 x.x. xxxxxxx xx xxxxxxxxxxxxxxx xxxxx xxxxxx xx xxxx xx titolare dell’opzione, affermando che <quando le parti convengono che una di esse rimanga vincolata alla propria dichiarazione e l'altra abbia facoltà di accettarla o meno, la dichiarazione della prima si considera quale proposta irrevocabile per gli effetti previsti dall'articolo 1329>. La conclusione del contratto viene fatta in tal modo differire nel tempo per effetto di una più complessa sequenza di atti, pur cristallizzando la volontà del proponente.
94 Giova ricordare, a tal proposito, la già menzionata sentenza della cassazione n. 3023 del 1986, la quale ha testualmente affermato che l’acquisto della proprietà in capo all’utilizzatore <appare solo come una mera eventualità, da realizzarsi attraverso un procedimento non automatico, ma integrato, al contrario, mediante il ricorso all’istituto dell’opzione, dall’espressione di una diversa e nuova manifestazione di volontà negoziale, sulla base di considerazioni relative ad una convenienza economica valutabile soltanto alla scadenza del periodo di locazione>.
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In altro modo, si arriverebbe all’assurdo di regolare un contratto di leasing in un determinato modo classificandolo di godimento, salvo poi cambiarne la natura e disciplina in una fase successiva qualora l’utilizzatore decidesse di riscattare il bene.
Altro rilievo che tende a scongiurare l’idea bifasica è quello che riconosce una sostanziale uniformità di prassi per quanto attiene il leasing mobiliare, dovuta alle clausole impiegate nei formulari ed all’assetto di interessi perseguiti dalle parti con la stipula del contratto95.
Come se questi argomenti non bastassero, sono stati criticati anche gli stessi elementi che la Cassazione ha utilizzato al fine di attribuire valore distintivo tra i due schemi contrattuali. Difatti, il valore dell’opzione finale, quindi del riscatto, non viene deciso a monte dalle parti, come al contrario lascerebbe intendere la Suprema Corte, bensì facendo riferimento al costo del bene, alla tua tipologia ed alla durata del rapporto96, quali fattori sui quali fondare il piano di ammortamento.
Anche riguardo alla durata temporale del negozio, si può asserire che le durate dei contratti di leasing vengono ad oggi standardizzate per tipologie di beni, sulla base dei termini minimi fiscalmente rilevanti97.
La classificazione della locazione finanziaria quale contratto di finanziamento deve scoraggiare, pertanto, ogni disputa relativa ad eventuali sottoclassificazioni, in quanto qualora la causa di finanziamento non sia più centrale, e quindi il trasferimento della proprietà assuma carattere prevalente, quel contratto non potrà configurare una particolare tipologia di leasing, ma semplicemente non potrà essere riconducibile ad una locazione finanziaria. Questo in quanto mancherebbero quegli elementi di carattere soggettivo e
95 X. Xxxxxxx, Contratti moderni, I singoli contratti, cit., 309; ma anche Xxxxxxx, op. cit.;
X. Xx Xxxx, op. cit., 267 s.; X. Xxxxxxxx , op. cit., 181, 194; X. Xxxxxxxxx, Leasing finanziario, si ricomincia da due, cit., 472; X. Xxxxxxxxx, Osservazioni sulla giurisprudenza della Cassazione del dicembre 1989 in merito all’applicabilità dell’art. 1526 c.c. alla locazione finanziaria, cit., 381; X. Xxxxxxxxxx, Il leasing, cit., 143 s.; Xxxxxxxx, Il contratto di vendita, cit., 147.
96 X. Xxxxxxx, Contratti moderni, I singoli contratti, cit., 310; Cfr. M.R. La Torre, I due tipi di leasing secondo la nuova giurisprudenza della Cassazione, cit, 586 s.; Xxxxxxxxx, Osservazioni sulla giurisprudenza della Cassazione del dicembre 1989 in merito all’applicabilità dell’art. 1526 c.c. alla locazione finanziaria, cit., 298; X. Xxxxxxxx, I contratti tipici e atipici, cit., 416; Munari, voce Leasing, cit, 680; X. Xxxxxxxx, Nuova figura di leasing e vecchi problemi: l’applicabilità dell’art. 1526 x.x., xxx, x. 000 x.
00 Xxx xxxxx xx v. X. Xxxxxxxx, I contratti nuovi, cit., 196.
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oggettivo che permettano di riconoscerne la natura di leasing finanziario98.
Appare senza alcun rilievo di ordine economico-giuridico, inoltre, la circostanza che il bene locato, al momento di esercitare il diritto di riscatto, possa avere un valore superiore al costo dell’opzione, il che dovrebbe tra l’altro essere oggetto di una valutazione postuma e specifica per ogni singolo bene.
In definitiva, pare che non si possano configurare diverse tipologie di locazione finanziaria. Il motivo è che tale istituto assumerebbe ora i caratteri della locazione, nel caso di leasing di godimento, ora la disciplina della vendita, nel caso di leasing traslativo, invece di rimanere un negozio atipico e unitario che trova nel finanziamento la peculiare funzione, contenuto e causa contrattuale99.
Sicché, in conclusione, la volontà di acquisire il bene nell’ambito della locazione finanziaria, manifestata dall’utilizzatore al momento dell’esercizio dell’opzione, rimane una statuizione soggettiva e volontaristica, pertanto priva di qualsivoglia rilevanza giuridica e causale.
98 X. Xxxxxxxx, op. cit., 193.
99 X. Xxxxxxxx, op. cit., 195.
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