COLLEGIO DI MILANO
COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:
(MI) LAPERTOSA Presidente
(MI) BARILLA' Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) CETRA Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) XXXXXXX Xxxxxx di designazione rappresentativa degli intermediari
(MI) GRIPPO Membro di designazione rappresentativa dei clienti
Relatore (MI) CETRA
Seduta del 05/09/2019
FATTO
Con ricorso del 23.06.2018, parte ricorrente, titolare di un contratto di finanziamento a medio termine mediante apertura in c/c con garanzia ipotecaria dell’importo di euro 140.000,00 – ancora in essere –, chiedeva il rimborso di € 29.250,00 a titolo di commissioni ed interessi percepiti dall’intermediario in eccesso rispetto alle condizioni pattuite con accredito in conto corrente, nonché l’applicazione delle corrette condizioni contrattuali anche per il futuro, la produzione di conteggi mancanti nell’estratto conto, oltre al rimborso di spese legali per 1.200,00 euro.
Xxxxxxxx, in particolare, che l’intermediario avrebbe applicato un tasso diverso da quello pattuito, avrebbe addebitato commissioni non previste in contratto, applicato, col tempo, condizioni via via peggiori, incrementando il tasso di interesse e percependo nuove commissioni non contrattualizzate e maggiorate nel corso degli anni, come la Commissione sul fido accordato (CFA), il Corrispettivo di sconfinamento (CSR). Xxxxxxxxx che l’intermediario avrebbe trasferito il rapporto presso una diversa filiale e, malgrado la sua richiesta, non le avrebbe consegnato i conteggi di estinzione; contestava la commissione sugli affidamenti contrattualizzata dalla banca in occasione del trasferimento del rapporto e lamentava che dall’estratto conto al 31 dicembre 2009 risulterebbe un addebito di competenze per euro 918,58 senza dettaglio e con valuta 3
dicembre 2009. Si doleva, infine, di avvenute modifiche del CFA e dello spread, in violazione delle disposizioni di cui all’art. 118 TUB.
L’intermediario, nelle controdeduzioni, affermava che il tasso applicato al contratto di apertura di credito in c/c al momento della sottoscrizione era corrispondente alla “quotazione media dell’indice Euribor a tre mesi maggiorato del 2,25%”; che tali condizioni erano state confermate anche al momento del trasferimento del rapporto presso una diversa filiale.
Sosteneva la legittimità del corrispettivo sul fido accordato (CFA), introdotto come “nuovo onere” con modifica unilaterale del 30.06.2009, contrattualmente pattuito il 20.11.2009, in occasione del trasferimento presso la diversa filiale del rapporto. L’affermazione che dal 5.05.2011 la banca avrebbe aumentato l’aliquota dallo 0.5% annuo al 2% sarebbe stata oggetto di un’errata interpretazione del contratto da parte della cliente: con la pattuizione del 20.11.2009 la CFA sarebbe stata prevista allo 0.5% trimestrale e non annuo, ossia al 2% annuo. Quale “facilitazione temporanea” la banca avrebbe applicato la CFA allo 0.125% trimestrale (0.5% annuo) dal 20.11.2009 al 5.5.2011; da tale ultima data, invece, avrebbe applicato la CFA nella misura contrattualmente prevista, ponendo “fine ad un’agevolazione provvisoriamente e volontariamente riconosciuta” e non quale esercizio dello ius variandi.
Relativamente ai conteggi di estinzione del conto in occasione del trasferimento del rapporto presso una diversa filiale, premetteva che tale documentazione sarebbe stata fornita a suo tempo, e produceva i documenti in allegato. Relativamente al tasso applicato tra il 23.6.2009 ed il 20.11.2009, l’intermediario si rendeva disponibile a rimborsare € 1.492,48.
Quanto alla variazione unilaterale dello spread dal 30.09.2012 la banca avrebbe inviato comunicazione del 27.7.2012 di preavviso di variazione unilaterale; eccepiva la tardività della contestazione della modifica, insisteva sul giustificato motivo della modifica unilaterale. Lo spread sarebbe stato successivamente ricondotto, tramite pattuizione, al 3.25%. infine, con modifica unilaterale del 30.11.2016, efficace dal 10.2.2017 lo spread sarebbe stato alzato al 3.275%.
L’intermediario concludeva rendendosi disponibile a procedere al ricalcolo degli interessi corrispettivi praticati al rapporto nel periodo 23.06.2009 – 20.11.2009 applicando i minori tassi indicati da controparte; di conseguenza si rendeva disponibile a stornare gli originari addebiti a titolo di corrispettivo di sconfinamento rapporto; si dichiarava disponibile, pertanto, a riconoscere al ricorrente l’importo pari ad euro 1.492,48.
In sede di repliche, il ricorrente insisteva nel contestare l’introduzione della CFA, sostenendo che non gli fosse mai stata inviata la comunicazione di modifica unilaterale del 22 maggio 2009, citata dall’intermediario e non prodotta. Precisava che la normativa allora in vigore richiedeva la “predeterminazione con patto scritto” della commissione per il servizio di messa a disposizione dei fondi; confermava l’originaria richiesta di rimborso ed aggiungeva quella di rimborso della quota dello 0,125% delle CFA percepite a partire dal 23.11.2010, pari ad euro 5.690,44, originariamente non contestata; con richiesta di rimborso di ulteriori euro 1100,00 per spese legali, per un totale di euro 2.300,00.
DIRITTO
La controversia sottoposta all’esame del Collegio attiene alla richiesta di rimborso di somme a titolo di commissioni ed interessi percepiti dall’intermediario in eccesso rispetto alle condizioni pattuite.
In particolare la ricorrente lamenta, in relazione al rapporto intrattenuto presso l’intermediario, la mancata applicazione del tasso contrattualmente previsto; la mancata
ricezione delle comunicazioni di variazione unilaterale in relazione alle commissioni applicate; la commissione di errori da parte della banca nella rilevazione dell’euribor o incremento dello spread a partire dal 10 febbraio 2017; la mancata consegna dei conteggi di liquidazione delle competenze per euro 918,58, addebitate in data 4 dicembre 2009 (scalare, conteggio interessi e conteggio CFA; tale ultima documentazione sarebbe stata allegata alle controdeduzioni, nonché, da ultimo, l’introduzione della commissione CFA).
L’intermediario, dal canto suo, ammessa l’erroneità degli interessi applicati tra il 23.6.2009 e il 20.11.2009 e l’addebito del corrispettivo di sconfinamento rapporto (CSR) nel primo trimestre del 2010 e 2011 non essendo più presente uno sconfinamento, una volta applicati i tassi d’interesse nella misura indicata dal cliente, sarebbe disponibile a riconoscere al cliente € 1.492,28.
Dalla documentazione in atti è possibile riscontrare che in data 23.06.2009 le parti sottoscrivevano il contratto di finanziamento a medio termine mediante apertura di credito in conto corrente con garanzia ipotecaria n. **12573.91; il contratto di conto corrente prevedeva un tasso debitore del 3,550% fino al 30.06.2009; uno spread dell’1,485% con possibilità di maggiorazione di 2,250 punti, una commissione trimestrale di massimo scoperto dello 0,125%. Il contratto prevedeva, inoltre, la possibilità di modificare le condizioni economiche applicate al finanziamento rispettando, in caso di variazioni sfavorevoli al cliente, le prescrizioni di cui all’art. 118 TUB e successive variazioni e modificazioni.
L’intermediario afferma di aver inviato, in data 30/06/2009, una modifica delle condizioni contrattuali, tuttavia non fornisce documentazione comprovante la ricezione della stessa la quale, comunque, fa riferimento ad una comunicazione del 22/05/2009, ossia precedente alla sottoscrizione del contratto.
Vi è in atti, altresì, una richiesta di trasferimento, da parte della ricorrente, del rapporto, datata 20.11.2009, con estinzione del rapporto n. **12573.91 ed accensione, presso altra filiale dell’intermediario, di un nuovo conto corrente n. **12573.11; anche la disciplina di questo rapporto riservava alla banca la facoltà di modificare le condizioni economiche applicate ai rapporti in conto corrente, sempre nel rispetto del dettato dell’art. 118 TUB. Risulta, altresì, che, in pari data (20/11/2009) le parti avrebbero sottoscritto (l’intermediario per corrispondenza) un “atto integrativo” di modifica delle condizioni economiche e/o contrattuali.
Ulteriori proposte di modifica unilaterale del contratto sarebbero state predisposte dall’intermediario in data 02.07.2012 e 27.07.2012, ove veniva previsto un incremento dello spread che da +2,25 punti, passava a +4,50 punti. A giustificazione di tale modifica, la Banca adduceva che essa discendeva dalla necessità di riequilibrare il rapporto, alteratori significativamente negli ultimi mesi, tra i tassi debitori, intesi quali parametri di riferimento più relativi spread, applicati alle operazioni della specie, e tassi creditori che il Sistema, quindi anche l’intermediario deve applicare alla clientela per poter assicurare nel continuo la necessaria correlata provvista.
Il 7/07/2015 le parti avrebbero inoltre sottoscritto un altro accordo modificativo delle condizioni contrattuali, con un ulteriore incremento dello spread da +4,50 a +4,5090; tale comunicazione non recherebbe l’indicazione di una modifica avvenuta ai sensi dell’art. 118 TUB.
Vi è in atti una ulteriore modifica contrattuale dello spread applicato per il calcolo del tasso di interesse debitore, con il passaggio da +3,25 a +3,2750 punti percentuali; la comunicazione, datata 30.11.2016, recava la dicitura “non spedire” e sarebbe stata giustificata dall’intermediario, adducendo la necessità di un adeguamento dovuto all’alterazione dell’equilibrio contrattuale determinatasi a seguito dell’entrata in vigore della normativa in materia della produzione di interessi su interessi nelle operazioni poste in
essere nell’esercizio dell’attività bancaria – c.d. anatocismo – di cui all’art. 120, comma 2, t.u.b., come modificato dal d. l. n. 18/2016 al quale è stata attuazione attraverso il D.M. 343, delibera CICR del 3 agosto 2015.
Ciò premesso, il Collegio rileva che, alla luce delle evidenze documentali, nel caso di specie l’intermediario non abbia ottemperato alle disposizioni di cui all’art. 118 TUB, sulla modifica unilaterale delle condizioni contrattuali, ove è stabilito che nei contratti a tempo indeterminato può essere convenuta, con clausola approvata specificamente dal cliente, la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste dal contratto qualora sussista un giustificato motivo.
Il secondo comma della disposizione normativa stabilisce, infatti, che qualunque modifica unilaterale delle condizioni contrattuali debba essere comunicata espressamente al cliente secondo modalità contenenti in modo evidenziato la formula: “Proposta di modifica unilaterale del contratto”, con preavviso minimo di due mesi, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente. Le variazioni contrattuali per le quali non siano state osservate le prescrizioni del presente articolo sono inefficaci, se sfavorevoli per il cliente.
Il quarto comma della norma prevede, poi, che le variazioni dei tassi di interesse adottate in previsione o in conseguenza di decisioni di politica monetaria riguardano contestualmente sia i tassi debitori che quelli creditori, e si applicano con modalità tali da non recare pregiudizio al cliente.
Xxxxxx, nel caso specifico, le comunicazioni di modifica unilaterale del contratto datate 30.06.2009, 02.07.2012, 27.07.2012, 07.07.2015 e 30.11.2016, non rispettano le
prescrizioni dell’art. 118 t.u.b. con conseguente inefficacia delle modifiche in esse contenute, in quanto sfavorevoli al cliente.
Nello specifico, in virtù dell’art. 118 t.u.b., appena citato, il Collegio rileva come, pacificamente (si veda, Coll. Coord. 7854/2015), in tema di modifiche unilaterali, viga l’obbligo, per la banca, di provare la trasmissione al cliente delle comunicazioni dalle quali scaturiscono modifiche delle condizioni contrattuali, precisando che, trattandosi di comunicazioni recettizie, all’intermediario incombe di provare non solo l’invio, ma anche l’avvenuta ricezione della comunicazione in questione (cfr., tra le altre, Coll. Coord. 535/2015 e Coll. Nord 324/2014). Normalmente tale ricezione si prova attraverso attestazioni direttamente finalizzate a fornire certezza di tale evento (avviso di ricevimento di raccomandata, attestazioni di notifica mediante posta elettronica certificata ecc.).
Xxxxxx, tali prove nel caso in esame non sono state fornite, anzi, alcune comunicazioni prodotte riportano nell’intestazione la dicitura “non spedire”, che depone in senso contrario alla stessa avvenuta spedizione della comunicazione; ne discende l’inefficacia delle variazioni contrattuali contenute nelle diverse comunicazioni di modifica unilaterale del rapporto.
Tale circostanza è assorbente rispetto all’ulteriore profilo, pure sussistente nel caso di specie, della sindacabilità delle comunicazioni di modifica unilaterale del contratto contestate, sotto il profilo del giustificato motivo addotto in esse a loro sostegno: per pacifico orientamento di questo Arbitro, infatti, la giustificatezza della modifica unilaterale deve essere illustrata al cliente in maniera adeguata, di modo che la sussistenza del requisito possa essere controllata.
Ed infatti, le indicazioni fornite dalla Circolare emanata dal Ministero dello Sviluppo economico in relazione al contenuto minimo della nozione di giustificato motivo sono nel senso che deve trattarsi di eventi di comprovabile effetto sul rapporto bancario e in particolare: (i) deve trattarsi di eventi afferenti «la sfera del cliente (ad esempio, il mutamento del grado di affidabilità dello stesso in termini di rischio di credito)»; (ii) deve trattarsi di eventi che «consistono in variazioni di condizioni economiche generali che
possono riflettersi in un aumento dei costi operativi degli intermediari (ad esempio, tassi di interesse, inflazione ecc.)».
Nella specie, le motivazioni dell’intermediario addotte a sostegno della modifica unilaterale sembrano essere inquadrabili negli eventi che «consistono in variazioni di condizioni economiche generali che possono riflettersi in un aumento dei costi operativi degli intermediari (ad esempio, tassi di interesse, inflazione ecc.)».
Tuttavia, la medesima circolare afferma anche che «il cliente deve essere informato, circa il giustificato motivo alla base della modifica unilaterale, in maniera sufficientemente precisa e tale da consentire una valutazione circa la congruità della variazione rispetto alla motivazione che ne è alla base».
Orbene, questa condizione, nel caso di specie non è stata assolta: ad esempio l’indicazione dell’alterazione dell’equilibrio contrattuale determinatasi per via dell’entrata in vigore della normativa in materia di anatocismo (comunicazione del 30.11.2016) oppure la mera necessità di riequilibrare il rapporto (comunicazione del 27.07.2012), espongono a censura le modalità espositive adottate dall’intermediario a sostegno delle modifiche, e rendono oscuro ed non intellegibile il motivo della modifica.
Dall’inefficacia delle modifiche unilaterali di cui alle comunicazioni datate 30.06.2009, 02.07.2012, 27.07.2012, 07.07.2015 e 30.11.2016, avvenute in violazione dell’art. 118 TUB, discende la necessità di una rideterminazione delle condizioni economiche applicate al rapporto, che non tenga conto di siffatte modifiche.
Quanto al ricalcolo degli interessi corrispettivi praticati al rapporto nel periodo 23.06.2009
– 20.11.2009, il Collegio ritiene debba tenersi conto del valore impegnativo delle dichiarazioni dell’intermediario, idonee a soddisfare l’interesse del ricorrente.
Il Collegio non accoglie la domanda di rimborso delle spese legali perché tale assistenza non è obbligatoria per i procedimenti avanti all’ABF.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso ai sensi di cui in motivazione.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00, quale contributo alle spese della procedura, e alla parte ricorrente la somma di € 20,00, quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1