RIMEDI - 1
XXXXXXXX XXXXX
TRATTATO
DEL
CONTRATTO
IV
RIMEDI - 1
a cura di
Xxxxxxx Xxxxxxx
Seconda edizione
Sezione non inclusa
PRESENTAZIONE
1. Un’introduzione di servizio
Introdurre questa nuova edizione (2022) del Trattato del Contratto è compito che posso svolgere riproponendo concetti e parole con cui avevo introdotto l’edizione originaria (2006).
Sarà dunque un’introduzione molto sobria; sarà, per meglio dire, una semplice Presentazione. Non dunque, neanche per un minimo, un discorso sul contratto. Xxxxx, strettamente, un discorso sul prodotto editoriale che qui si offre: i sei volumi di Trattato del Contratto, della cui direzione ho avuto l’onore di occuparmi.
Saranno pagine di puro servizio. Di servizio all’utente: al quale cerche- ranno di chiarire come l’opera è stata pensata; che cosa ci si può aspettare da essa; e in definitiva come “usarla” (da “utente”, appunto, che all’opera si rivolge per averne “utilità ”: preferisco pensare al destinatario del Trat- tato in questi termini, piuttosto che nella più neutra figura di “lettore”).
Dunque, essenzialmente un opuscoletto di istruzioni per l’uso. Nulla più.
2. I pubblici
Il Trattato è stato concepito per pubblici ben definiti.
Primariamente per il pubblico interessato alla pratica legale: i profes- sionisti del diritto. Vorrebbe quindi essere, prima di tutto, uno strumento offerto come aiuto al giudice che deve decidere la lite, al notaio o all’avvo- cato consulente/negoziatore che devono impostare il contratto del cliente, al litigator forense che deve organizzare le difese nel processo.
E qui sia consentito rimarcare subito, per quanto occorra, che opera destinata alla pratica non vuole dire in nessun modo opera piatta, intellet- tualmente scialba e povera. Al contrario: se si tratta di aiutare il bravo giudice, il bravo consulente, il bravo difensore a rendere prestazioni pro- fessionali all’altezza di standard elevati, ciò che occorre non è un sussidio che voli basso; bensì un pacchetto di contributi intellettualmente vivi, ricchi, forti, pieni di conoscenza e d’intelligenza. E d’altra parte: nulla meno di questo si poteva chiedere a, e ci si poteva attendere da, autori come quelli che formano la squadra del Trattato.
Opera primariamente orientata alla pratica legale significa, in negati- vo, opera non orientata primariamente ad altre e diverse funzioni. In
VIII PRESENTAZIONE
particolare, non primariamente alla funzione didattica: scopo qualificante del Trattato è dare strumenti funzionali non già all’apprendimento di un sistema di nozioni, bensì alla soluzione di problemi.
Esiste tuttavia un segmento della didattica giuridica, che per sua natu- ra e vocazione è contiguo all’universo della pratica legale (o addirittura
funzionale a questa): e in questo segmento non può escludersi che al Trattato si guardi con qualche interesse. In concreto: se appare non reali- stico un impiego didattico del Trattato per corsi di laurea triennale, non sembra affatto da escludere qualche suo impiego nella fase più avanzata del percorso di laurea magistrale in giurisprudenza (che si caratterizza pro- prio per essere istituzionalmente orientata allo sbocco nelle professioni legali classiche, di cui è prerequisito vincolante); e tanto meno può esclu- dersi che il Trattato possa utilmente finire nelle mani di laureati che — frequentando le Scuole di specializzazione per le professioni legali, o corsi similari — si preparano all’esame di avvocato ovvero al concorso per magistratura o notariato.
3. Problemi, non concetti
Calibrare la trattazione sulle esigenze delle professioni legali significa orientarla in modo diretto e immediato sui problemi, molto più che sui concetti, sulle definizioni, sulle categorie (che sono piuttosto gli strumenti/ oggetti della rappresentazione didattica, o della costruzione scientifico- dogmatica).
Il Trattato, ad esempio, non ritiene di dover analizzare e spiegare in termini generali “che cosa è il contratto”: mestiere che appartiene ai ma- nuali (nella loro funzione didattica); e alle monografie o ai saggi (nella loro funzione di costruzione scientifico-dogmatica). Ecco perché negli indici dell’opera programmaticamente non trova spazio nessun contributo sulla definizione dell’art. 1321 e sui suoi elementi costitutivi. Xxxxx trova spazio la discussione di problemi, la cui soluzione indirettamente e strumental- mente possa implicare una certa definizione di contratto e un certo modo di intendere i suoi requisiti: ad es. se a un determinato atto, la cui “patri- monialità” sia dubbia o molto labile, si applichi o non si applichi (la defini- zione dell’art. 1321, e dunque) la disciplina legale del contratto.
Un esempio ancora. Il professionista legale non percepisce, in prima battuta, la causa del contratto come un problema che egli debba affrontare e risolvere come tale; dal suo punto di vista, la causa viene in gioco piuttosto come strumento che egli può utilizzare per affrontare e risolvere questa o quella questione pratica incontrata nei passaggi della sua profes- sione. Questioni — esse sì percepite come effettivi e stringenti problemi professionali — quali ad esempio: la sorte di un’operazione con corrispet- tivo non enunciato, o con corrispettivo vistosamente inadeguato, o in bilico
PRESENTAZIONE IX
fra onerosità e gratuità, o congegnata in modo da presentarsi come “pre- stazione isolata”, o investita da fattori che rendono irrealizzabile l’assetto d’interessi divisato, o collegata ad altra operazione contrattuale, o sospet- tata di essere in frode alla legge, o di avere motivo illecito, ecc. Questioni — tutte — per la cui trattazione e soluzione pratica può essere importante il buon uso della categoria causale.
Ecco perché il Trattato punta non tanto a esaurire il tema in un unico luogo entro cui spiegare didatticamente o analizzare dottrinalmente “che cosa” è, o ricostruire storicamente “che cosa” è stata, la causa del contratto come categoria (anche se qualche pagina così orientata non manca, a soddisfazione del professionista culturalmente sensibile). Xxxxx preferisce disseminarlo in tanti luoghi diversi — corrispondenti ai problemi appena esemplificati, e ad altri ancora — in ciascuno dei quali si parla certo di causa: ma se ne parla in funzione puntualmente strumentale a quegli specifici problemi.
In breve. Concetti e categorie vengono in gioco come strumenti per affrontare e risolvere i problemi che il professionista legale incontra nella pratica. Ma punto di partenza sono i problemi; e punto di arrivo la solu- zione di problemi.
4. La prospettiva della lite
Un fil rouge di quest’opera è l’idea che per trattare in modo efficace i problemi, secondo una logica di intelligente servizio al professionista legale, sia molto utile assumere la prospettiva della lite: cioè mettersi dal punto di vista di un conflitto di concreti interessi e pretese, devoluto a un giudicante.
Per tornare a un esempio già proposto. Quando si affronta il problema di un contratto che non enuncia corrispettivo, o enuncia un corrispettivo inadeguato (problemi riferibili a categorie come causa e nullità), conviene prima di tutto cercare di capire quali possono essere le contrastanti posi- zioni di interesse delle parti, alla cui tutela si finalizza praticamente la soluzione del problema: una parte invoca il difetto di causa perché punta alla nullità del contratto, e ci punta perché non vuole eseguire la propria prestazione, o vuole recuperarla se l’ha già eseguita, o vuole difendersi da un addebito di responsabilità per inesecuzione; all’opposto, controparte sostiene che la causa è perfetta perché vuole che il contratto sia tenuto valido, e lo vuole valido per avere la prestazione oppure il risarcimento al posto della prestazione ineseguita.
Avere presente questo scenario litigioso aiuta — credo — ad affrontare i problemi (trattamento del contratto con corrispettivo inadeguato o non enunciato) e maneggiare le categorie (causa, nullità) nel modo più realisti- co, efficace, vicino alle esigenze degli utenti del Trattato. A comprendere, per esempio, che nella pratica delle professioni legali un problema di causa
X PRESENTAZIONE
mancante, e quindi di possibile nullità del contratto, va probabilmente affrontato in modo diverso, a seconda che le prestazioni siano già state eseguite o meno.
Tenendo altresì conto che la prospettiva della lite è utile non solo al professionista che giudica o difende nel processo fra le parti, ma anche a quello che lavora sul drafting contrattuale: a lui la prospettiva della lite potenziale serve per lavorare a prevenirla, o per mettere la parte assistita nella posizione migliore ove mai la lite avesse in futuro a divenire attuale.
5. L’attenzione alle prassi interpretative
Un’opera destinata primariamente alle professioni legali ha l’impera- tivo di rappresentare le prassi del diritto vivente. Per questo il Trattato dà grande spazio e attenzione alla giurisprudenza; e naturalmente anche alla dottrina, specie nella misura in cui entri in dialettica con la giurisprudenza, influenzandone gli orientamenti.
Questo non significa meccanico assemblaggio di massime vuote e cie- che; né magazzini di citazioni dottrinali. Significa — nelle intenzioni di chi ha concepito il Trattato, e definito il suo metodo — prima di tutto rappre- sentazione oggettiva, fedele, completa ancorché concisa dello “stato del- l’arte interpretativa” relativamente ai problemi volta per volta discussi (con l’impegno, circa la giurisprudenza, di legare per quanto possibile le regole enunciate alle specificità dei casi decisi, alla vivezza delle fattispecie concre- te). Ma significa anche — ben al di là della asettica e neutrale registrazione delle soluzioni giurisprudenziali e dottrinali xxx xxx xxxxxxxx — esercizio di vaglio critico sulle stesse.
Ancora una volta: da autori quali gli autori del Trattato non ci si può certo attendere un appiattimento sul genere letterario della “rassegna”.
Si è detto sopra della ratio, in nome della quale il Trattato non contiene, ad esempio, una parte dedicata alla definizione del contratto come tale. Identica ratio presiede a una scelta che se non fosse, appunto, una scelta deliberata, potrebbe additarsi come deplorevole lacuna: la mancanza di una parte o sezione o capitolo dedicato al diritto europeo dei contratti.
Non sarà certo il direttore del Trattato — che fra l’altro partecipa da anni, con convinto entusiasmo, al Board of Directors della European Review of Contract Law, e per lungo tempo ha concorso attivamente ai lavori dell’Eu- ropean Group for an Integrated Contract Law (Eu.G.I.Co.L.) — a negare la rilevanza crescente e vieppiù decisiva della dimensione europea nella con- formazione del diritto contrattuale quo utimur.
Ma il punto è che il Trattato (ripetiamolo ancora una volta!) sceglie di xxxxxxsi nella dimensione del “problema”, molto più che in quella del
Termine estratto capitolo
6. L’Europa?
Sezione non inclusa
I.
LE NULLITÀ E IL CONTRATTO NULLO
di
Xxxxxxx Xxxxxxxxx
Capitolo I
LA NULLITÀ TRA VECCHI E NUOVI SCENARI
1. Le nuove frontiere della nullità contrattuale. — 2. I confini tradizionali: a) invalidità e inefficacia. — 3. Segue. b) Nullità e inesistenza. — 4. La nullità nel sistema dell’invalidità. —
5. Le figure della nullità: a) nullità sospesa e sopravvenuta. — 6. Segue. b) Nullità relativa e parziale (rinvio).
1. Le nuove frontiere della nullità contrattuale
Le figure della invalidità contrattuale, pressoché immutabili e uguali a se stesse fin dall’impronta ricevuta dalla sistemazione Pandettistica, in seguito trasfuse nel BGB e più tardi recepite dal legislatore del ’42 nel binomio nullità-annullabilità (1), sperimentano nell’ultimo torno di anni significative mutazioni, che sembrano averne a tratti alterato la fisionomia originaria, consegnata dalla tradizione.
In particolare, e per quanto qui più direttamente interessa, è il terri- torio della nullità a risentire in misura maggiore del fermento normativo che attraversa le categorie concettuali tradizionali, già peraltro avviato dalla legislazione speciale — con riguardo a taluni specifici settori (2) — e vieppiù accelerato su decisivo impulso della normativa di fonte comunita-
(1) Sulle tappe che hanno scandito l’itinerario culturale, poi culminato nelle scelte del legislatore del ’42 in ordine all’assetto della materia dell’invalidità negoziale: dal mo- dello del Codice civile tedesco del 1900 (Bürgerliches Gesetzbuch), al Progetto italo-francese di un codice delle obbligazioni e dei contratti del 1927, fino ai diversi Progetti del Libro delle obbligazioni, v. la proposta ricostruttiva, sorretta da limpide argomentazioni, di X.X. XXXXX, Appunti sull’invalidità del contratto (dal codice civile del 18t5 al codice civile del 1942), in Riv. dir. comm., 1996, I, 367 ss.
(2) Così il d.lgs. 385/1993 (t.u. delle leggi in materia bancaria e creditizia), in cui è confluita da un lato la disciplina del credito al consumo (l. 142/1992, di attuazione della dir. 87/102/CE), dall’altro, quella sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari (l. 154/1992, di attuazione della dir. 89/646/CE); e, prima, la l. 287/1990 (c.d. Xxxxx antitrust); e, ancora, la l. 192/1998, in materia di contratti di subfornitura, le quali ultime, pur non costituendo diretta attuazione di direttive comunitarie, si ispirano ai principi in materia di concorrenza, già contenuti nell’art. 81 (ex art. 85) del Trattato istitutivo della Comunità europea, così come modificato dal Titolo II (art. G) del Trattato di Maastricht, e ora negli artt. 101 e 102 del Trattato FUE.
4 LE NULLITÀ E IL CONTRATTO NULLO I.
ria ed europea, tutta fortemente incentrata sulla protezione del contraen- te-consumatore nei rapporti con l’impresa (3).
All’interno del capitolo dei rimedi contrattuali, il nuovo paesaggio della nullità — che oggi si offre allo sguardo dell’interprete — s’inscrive a sua volta nella cornice evolutiva di un più ampio sfondo, che si estende ai territori dell’autonomia contrattuale, fino ad investire la stessa nozione e configurazione tradizionale del contratto (4).
Così, il nuovo modello di contratto, che emerge dalle discipline setto-
(3) Per ricordare le disposizioni più significative in un percorso a ritroso: il d.lgs. 50/1992, di attuazione della dir. 85/577/CE in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali; il d.lgs. 111/1995, di attuazione della dir. 90/314/CE, relativa ai viaggi, alle vacanze ed ai circuiti “tutto compreso”; il d.lgs. 58/1998 (t.u. in materia di intermediazione finanziaria), in cui è confluita la disciplina relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari (d.lgs. 415/1996, di attuazione della dir. 93/22/CE); il d.lgs. 427/1998, che ha attuato la dir. 94/47/CE, sulla tutela dell’acquirente in multiproprietà; il d.lgs. 185/1999, di attuazione della dir. 97/7/CE, in tema di contratti a distanza; il d.lgs. 24/2002, di attuazione della dir. 99/44/CE, in materia di vendita e garanzia di beni di consumo, la quale ha dapprima introdotto nel codice gli artt. 1519-bis-1519-nonies, disciplina successivamente trasposta nel c. cons. (artt. 128-135), ora sostituita dall’art. 1, c. 1, d.lgs. n. 170/2021, che ha recepito la dir. 2019/771/UE, relativa a determinati aspetti dei contratti di vendita di beni; il d.lgs. 231/2002, di attuazione della dir. 2000/35/CE (come modificato dal d.lgs. n. 192/ 2012), in materia di ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, con sfera di applicazione peraltro limitata ai soli rapporti tra imprese; il d.lgs. 70/2003, di attuazione della dir. 2000/31/CE, in materia di commercio elettronico; il d.lgs. 190/2005, di attuazione della dir. 2002/65/CE, relativa alla “commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori”; fino ai più recenti provvedimenti di attuazione di direttive europee: il d.lgs.
n. 170/2021 cit. (di attuazione della dir. 2019/771/UE, relativa a determinati aspetti dei contratti di vendita di beni, entrata in vigore il 1° gennaio 2022, che abroga la dir. 99/44/CE); il d.lgs. n. 173/2021 (di attuazione della dir. 2019/770/UE, relativa a determinati aspetti dei contratti di fornitura di contenuto digitale e di servizi digitali, entrata in vigore l’11 dicembre 2021).
La modifica più consistente resta, tuttavia, quella relativa all’introduzione nel titolo II del libro IV del nuovo Capo XIV-bis intitolato “Dei contratti del consumatore” (artt. 1469-bis-1469-sexies), in attuazione della dir. 93/13/CE. Com’è noto, la gran parte delle disposizioni che formano il cuore del corpus normativo che regola i contratti del consuma- tore è successivamente confluita nel Codice del consumo (d.lgs. 206/2005), su cui v. le osser- vazioni d’insieme di ALPA, Il codice del consumo, d.lgs. t settembre 2005, n. 20t, in Contr., 2005, 1017 ss.; DE CRISTOFARO, Il “codice del consumo”: un’occasione perduta?, in Studium iuris, 2005, 1137 ss.; e di GENTILI, Codice del consumo ed esprit de géométrie, in Contr., 2006, 159 ss., spec. 167 ss., sulle nullità di protezione.
Termine estratto capitolo
(4) “Se è vero che il contratto di oggi non è più quello di ieri, ciò vale anche per il regime della sua patologia”. Anche per essa “vi è ormai un prima e vi è un dopo, dove il prima è rappresentato dal tranquillo e statico mondo delle previsioni codicistiche, e il dopo, invece, dalle molteplici, eversive e spesso irriducibili statuizioni di derivazione comunitaria”(così XXXXXXX, Nullità e inefficacia nel sistema europeo dei contratti, in Eur. dir. priv., 2001, 489); e v. anche BRECCIA, Prospettive nel diritto dei contratti, in Riv. crit. dir. priv., 2001, 176, testo e nota 31, il quale sottolinea la “rottura del nesso rigido fra la categoria della nullità e i corollari codificati”.
Capitolo II
FONDAMENTO E CAUSE DI NULLITÀ DEL CONTRATTO
1. Il fondamento generale della nullità: la regola del c. 1 e il problema della nullità “virtuale”. — 2. Segue. Violazione di norme penali. — 3. Segue. Violazione di norme imperative: un po’ di casistica. — 4. Nullità “testuali”. — 5. Nullità c.d. “strutturali” (cenni e rinvio). — 6. Nullità c.d. “funzionali”. Contratti illeciti e contratti “illegali”.
1. Il fondamento generale della nullità: la regola del c. 1 e il problema della nullità “virtuale”
Nel disegno del legislatore del ’42 il c. 1 dell’art. 1418 — secondo cui “il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente” — sembra esprimere ad un tempo il fondamento generale della nullità, che risiede nella nuda e semplice contrarietà del regolamento contrattuale a norme imperative, nonché il carattere di norma di chiusura del sistema.
È questo il senso che immediatamente si coglie dalla Relazione al Codice civile, ove si legge che “la violazione delle norme imperative è ricordata quale ragione autonoma di nullità per comprendere anche le ipotesi che potrebbero non rientrare nel concetto di causa illecita” (1). E ancora: “la precisazione risolve altresì la dibattuta questione circa gli effetti della violazione di una norma imperativa in cui non sia espressamente comminata la sanzione di nullità del vincolo: è normale l’effetto dirimente, ma sempre quando la volontà della legge non possa indirizzare a conse- guenze diverse” (2).
(1) Così la Relazione al codice civile, Libro delle obbligazioni, n. 116 (n. 649 nella versione definitiva), Roma, 1941, 100. La precisazione, nel contrapporre violazione di norme impe- rative quale ragione autonoma di nullità, e illiceità della causa, apre all’ingresso della distinzione tra contratto “illecito” e contratto “illegale”, di cui più oltre si dirà (infra, par. 6). Sottolinea la “preoccupazione del legislatore di non trascurare nessuna ipotesi”, DE NOVA, Il contratto contrario a norme imperative, in Riv. crit. dir. priv., 1985, 436; di “completomania del legislatore” parla DI MAJO, La nullità, in Tratt. Xxxxxxx, Il contratto in generale, VII, Xxxxxx- xxxxxx, 2002, 74.
(2) Relazione al codice civile, cit. Da ricordare che l’inciso finale del c. 1 “salvo che la legge disponga diversamente”, è stato inserito successivamente, a seguito del coordina- mento tra i vari libri (DE NOVA, Il contratto contrario a norme imperative, cit., 436 s., ripreso da
36 LE NULLITÀ E IL CONTRATTO NULLO I.
In queste ultime parole è racchiuso anzitutto il concetto di nullità “virtuale”, vale a dire “inespressa, ma implicita nella natura imperativa della norma” (3): funzione della prima parte della disposizione sarebbe infatti quella di comminare la nullità in virtù della semplice contrarietà del contratto a norme imperative, anche là dove la conseguenza della nullità non sia espressamente prevista dalla norma imperativa violata.
La formula del c. 1, art. 1418 appare dunque espressione di “un principio generale, rivolto a regolare i casi in cui alla violazione di precetti imperativi non consegua una sanzione espressa di nullità del relativo negozio” (4).
Né l’idea “pervasiva” della nullità (virtuale) esce indebolita dai succes- sivi commi dell’art. 1418, i quali, disciplinando ciascuno specifiche catego- rie di nullità, farebbero emergere il carattere residuale del principio pro-
VILLA, Contratto e violazione di norme imperative, Xxxxxxx, 1993, 22; una chiara esposizione degli orientamenti dottrinali sul sistema dell’art. 1418 è offerta da XXXXXXX, Contratto illecito e norma penale, Xxxxxxx, 2000, 115 ss.
(3) X.X. XXXXX, Appunti sull’invalidità negoziale (dal codice civile del 18t5 al codice civile del 1942), in Riv. dir. comm., 1996, 393; e ora ID., Introduzione al sistema dell’invalidità del contratto, in Tratt. Xxxxxxx, Il contratto in generale, VIII, Xxxxxxxxxxxx, 2002, 27. Evidente l’influsso del modello tedesco racchiuso nel § 134 BGB, che esprime, nella sostanza, analogo principio: “Ein Rechtsgeschäft, das gegen ein gesetzliches Verbot verstößt ist nichtig, wenn sich nicht aus dem Gesetz ein anderes ergibt” (“Un negozio che contrasta con un divieto legale è nullo, se dalla legge non risulta diversamente”). Com’è noto, a principi di segno opposto era ispirato il sistema previgente, dominato dal principio di rigorosa tassatività delle cause di nullità, riassunto nell’adagio, risalente all’esperienza del droit coutumier, “pas de nullité sans texte”.
(4) Il principio è enunciato dapprima in C. 17.6.1960, n. 1591, in Sett. Cass., 1960, 1138, e ribadito da C., sez. un., 21.8.1972, n. 2697, in Giust. civ., 1972, I, 1914, in motiva- zione; la massima può ritenersi ormai consolidata: così, tra le tante, C. 13.5.1977, n. 1901, in Mass. Foro it., 1977; C. 11.10.1979, n. 5311, in Xxx. xxxxx., 0000, XX, 000; X. 00.0.0000, x. 0000, xx Xxxx xx., 1980, I, 2860; C. 13.9.2000, n. 12067, in Giur. it., 2002, 69, con nota di FONTANA, Xxxxx note su potestà legislativa regionale e disciplina dei rapporti di diritto privato a margine di una sentenza della Cassazione; da ultimo, C. 7.3.2001, n. 3272, in Giust. civ., 2001, 2109, e C. 6.4.2001, n. 5114, in Corr. giur., 2001, 1062, con nota di MARICONDA, Intermediario finanziario non autorizzato e nullità del controllo di “swap” sulla nullità del contratto del contratto di “swap”, stipulato da un intermediario abusivo. La categoria della nullità virtuale è ammessa, sulla scorta della Relazione al codice civile, n. 649, tra gli altri, da OPPO, Ordinamento valutario e autonomia privata, in Riv. dir. civ., 1981, I, 603 s., nota 19; X.X. XXXXX, Introduzione al sistema dell’invalidità del contratto, cit., 17 ss.; XXXXXXX, Il contratto illecito, in Tratt. Xxxxxxx, Il contratto in generale, XIII, III, Xxxxxxxxxxxx, 1999, 125; BIANCA, Diritto civile, 3, Il contratto, 2ª ed., Xxxxxxx, 2000, 617 s.; DE NOVA, Il contratto contrario a norme imperative, cit., 436, 439 ss.; XXXXXXX, Diritto civile e commerciale, II, 1, 4ª ed., Cedam, 2004, 346; perplessità esprimono SACCO, Il contratto, in Tratt. Vassalli, Utet, 1975, 525 s. (poi sensibilmente attenuati in SACCO e DE NOVA, Il contratto, I, in Tratt. Xxxxx, 3ª ed., Utet, 2004, 78 s.) e TOMMASINI, Xxxxxxx, b) Diritto privato, in Enc. Dir., XVIII, Xxxxxxx, 1978, 878, ad avviso del quale, se nel sistema dell’art. 1418 “risulta troppo rigido il criterio della tassatività, non meno viziato di formalismo il criterio che collega la nullità ... ai divieti previsti da norme imperative”.
II.1.
FONDAMENTO E CAUSE DI NULLITÀ DEL CONTRATTO
37
clamato dal c. 1 (5). In qualunque ordine si ritenga di riscrivere l’art. 1418, il rilevato carattere residuale o di norma di chiusura del c. 1, non vale a comprimere la forza evocativa dell’enunciato, che immediatamente se- gnala il limite all’agire dei privati (6).
Eppure, chi s’interroghi oggi sul significato e sulla portata applicativa dell’affermazione contenuta nel c. 1 dell’art. 1418, non trova risposte univoche in dottrina e giurisprudenza, in ordine ai criteri attraverso i quali formulare il giudizio di nullità di un contratto che pure contrasti con una norma imperativa, la quale nulla disponga circa le conseguenze connesse alla sua violazione.
Il quesito è antico (7), ma conserva attualità proprio alla luce della legislazione recente, soprattutto di matrice europea, caratterizzata da un continuo proliferare di norme imperative, poste a presidio di interessi non solo generali, ma anche particolari, o, meglio, “seriali” (8), cioè di categorie o classi di contraenti, ritenuti meritevoli di protezione negli scambi del mercato.
Nel mobile scenario legislativo attuale, fuori delle ipotesi — ormai peraltro numerose — di nullità “testuale” (9), non è sempre limpido il nesso tra violazione della norma imperativa e nullità del contratto; e pro- prio l’esigenza di tutela di contraenti “deboli” finisce talvolta per orientare l’interprete — nel silenzio della norma violata — verso soluzioni alternative alla (radicale) nullità del regolamento contrattuale, che potrebbe talora risolversi proprio in pregiudizio della parte, a protezione della quale la norma imperativa è stata disposta.
(5) « Non pare che “l’idea delle nullità virtuali”, espressa dall’art. 1418, c. 1, sia messa in forse dai successivi commi dello stesso articolo »: così OPPO, Ordinamento valutario e autonomia privata, cit., 604, nota 19; concorda X.X. XXXXX, Introduzione al sistema dell’invalidità del contratto, cit., 18; per il carattere residuale, XXXXX, Il contratto, in Tratt. Iudica-Xxxxx, Xxxxxxx, 2001, 746 s.; DI MAJO, La nullità, cit., 74; GENTILI, Le invalidità, in Tratt. Contratti Xxxxxxxx, II, I contratti in generale, a cura di E. Xxxxxxxxx, Utet, 1999, 1333; e, prima, DE NOVA, Il contratto contrario a norme imperative, cit., 437; v. anche TOMMASINI, Xxxxxxx, cit., 885, secondo il quale il c. 1 sarebbe addirittura inutile, in quanto ripetitivo di un principio ricavabile agevolmente dei cc. 2-3.
(6) Sembra al contrario comprimere l’autonoma rilevanza e il conseguente ambito applicativo della nullità “virtuale” di cui al c. 1, la recente decisione, per altri versi sicura- mente apprezzabile, di C. 29.9.2005, n. 19024, in Danno resp., 2006, 25 ss., con nota di XXXXX e AFFERNI, Xxx contratti finanziari al contratto in genere: punti fermi della Cassazione su nullità virtuale e responsabilità precontrattuale, di cui si dirà infra, par. 3.
(7) Risale alle teorizzazioni di F. FERRARA sen., Teoria del negozio illecito nel diritto civile italiano, Xxxxxxx, 1914; e di CARRARO, Il negozio in frode alla legge, Cedam, 1943; e v. ora l’attenta ricostruzione storica della disposizione dell’art. 1418 offerta da VILLA, Contratto e violazione di norme imperative, Xxxxxxx, 1993, 1 ss.
(8) GENTILI, Nullità, annullabilità, inefficacia (nella prospettiva del diritto europeo), in
Contr., 2003, 201 ss.
(9) Infra, par. 3.
38 LE NULLITÀ E IL CONTRATTO NULLO I.
Il riferimento alle norme imperative impone di individuarne prelimi- narmente la nozione.
In proposito la definizione comunemente accolta attribuisce carattere imperativo alla norma inderogabile dall’autonomia privata, in quanto po- sta a tutela di un interesse pubblico (o generale) (10).
Spicca immediatamente, quale tratto distintivo della norma impera- tiva, la qualifica di inderogabilità, che vale a contrapporla a quella dispo- sitiva e suppletiva. Si è poi precisato in dottrina come tra le norme impe- rative richiamate dal c. 1 — a differenza di quelle menzionate nel c. 2 — siano da ricomprendere non solo le norme proibitive, bensì anche quelle precettive o ordinative (11).
Nell’universo delle norme imperative è ancora possibile isolare un nucleo più ristretto, rappresentato dalle norme che esprimono principi riassumibili nel concetto di ordine pubblico: in questo senso, carattere imperativo dovrà attribuirsi, pur in difetto di una esplicita previsione di nullità, alla norma posta a “tutela di principi, valori e interessi riconducibili
(10) Per tutti, ROPPO, Il contratto2, cit., 700 ss.; GENTILI, Le invalidità, cit., 1332; DI MARZIO, La nullità del contratto, Cedam, 1999, 241 ss.; XXXXXXX, Diritto civile e commerciale, II, 1, cit., 347 s.; e, prima, DE NOVA, Il contratto contrario a norme imperative, cit., 441; XXXXXXXXX, Il negozio contrario a norme imperative, in Legislazione economica (1978-1979), Xxxxxxx, 1981, 309 ss., 316 ss.; VILLA, Contratto e violazione di norme imperative, cit., 88; in giurisprudenza, per il riferimento alla natura dell’interesse tutelato, v. tra le tante: C., sez. un., 21.8.1972, n. 2967, cit.; X. 00.00.0000, x. 0000, xx Xxxx xx., 1976, I, 309; C. 13.5.1977, n. 1901, in Mass. Giur. it., 1977; C. 4.11.1982, n. 6601, in Giust. civ., 1983, I, 1172 ss., con nota di COSTANZA; C. 17.6.1985, n. 3642, in Nuova giur. civ. comm., 1986, I, 284, con nota di MINEO, Assegnazione in proprietà. Contratti stipulati in base a provvedimento di individuazione illegittimo; C. 26.1.2000, n. 863, in Giur. it., 2000, 1585, che indica nell’interesse dell’intera collettività “il solo idoneo ad attribuire carattere di imperatività al precetto”; C. 7.3.2001, n. 3272, in Mass. Foro it., 2001; C. 15.3.2001, n. 3753, in Giur. it., 2001, 2083 e C. 6.4.2001, in Foro it., 2001, I, 2185, che, dichiarando la nullità di un contratto di swap stipulato da un intermediario abusivo, hanno fatto richiamo “ai valori fondamentali del sistema” quali la tutela dei risparmiatori uti singuli, e del risparmio pubblico quale elemento di valore dell’economia nazionale; da ultimo, nel senso che “la natura della norma violata deve essere individuata in base all’interesse pubblico tutelato”, C. 18.7.2003, n. 11256, in Contr., 2004, 237 ss., con nota di SANVITO.
Termine estratto capitolo
(11) Così X.X. XXXXX, Ordine pubblico, buon costume e la teoria del contratto, Xxxxxxx, 1970, 159 ss.; XXXXXXX, Diritto civile e commerciale, II, 1, cit., 359. Da ricordare, in proposito, che l’art. 294 del Progetto definitivo del Libro delle obbligazioni prevedeva la nullità del contratto “contrario a norme imperative o proibitive della legge”; sul dibattito e sulla soluzione alla fine prevalsa in seno alla Commissione delle Assemblee legislative riferisce ALBA- NESE, Violazione di norme imperative e nullità del contratto, Jovene, 2003, 1 ss. Delimita in modo chiaro il perimetro della nullità virtuale per violazione di norme imperative, la recentissima
C. sez. un., 15.3.2022, n. 8472, in Nuova giur. civ. comm., 2022, I, 755, con nota di VULPIANI (nella specie si è esclusa la nullità per violazione di norme imperative della fideiussione prestatata da un c.d. confidi minore nei confronti di un proprio associato a garanzia di un credito derivante da un contratto non bancario).
Capitolo III
LA DISCIPLINA DEL CONTRATTO NULLO
1. Configurazione tradizionale della nullità e ricadute sul versante del trattamento giuri- dico: a) legittimazione ad agire. — 2. Segue. b) Rilevabilità d’ufficio da parte del giudice: presupposti e limiti. — 3. Segue. c) L’imprescrittibilità dell’azione. Usucapione e prescri- zione delle azioni di ripetizione. — 4. Natura ed effetti della sentenza. — 5. Segue. La c.d. pubblicità sanante (cenni). — 6. Nullità e azioni restitutorie. — 7. Nullità e risarcimento: la responsabilità per conclusione di un contratto nullo.
1. Configurazione tradizionale della nullità e ricadute sul versante del trattamento giuridico: a) legittimazione ad agire
La qualificazione negativa dell’assetto di interessi che si pone in con- trasto con le regole di esercizio dell’autonomia privata (1) e/o con i valori fondamentali dell’ordinamento (2), e che si traduce — nell’opinione tra- dizionale — in una radicale e definitiva inefficacia dell’atto, si riflette, poi, sul piano del trattamento giuridico, in una coerente disciplina della nullità, i cui tratti qualificanti sono tradizionalmente indicati nella nota sequenza di corollari: legittimazione assoluta, rilevabilità d’ufficio da parte del giu- dice, imprescrittibilità, insanabilità.
Ma per un verso l’apparente coerenza del disegno appare subito offu- scata dalla stessa disciplina positiva, là dove prospetta diverse “ragioni” di nullità del contratto, cui collega un differente trattamento giuridico (con- tratto “illegale”, illecito, e, in quest’ambito, immorale) (3). Per l’altro, anche il principio dell’assoluta e radicale inefficacia del contratto nullo pare ormai consegnato alla storia dei dogmi.
(1) Così, MAJELLO, La patologia discreta del contratto annullabile, in Riv. dir. civ., 2003, 338 s., che ricollega la nullità non alla carenza strutturale dell’atto, bensì alla “violazione dei limiti imposti dalla legge all’autonomia privata”.
(2) TOMMASINI, Nullità, b) Diritto privato, in Enc. Dir., XXVIII, Xxxxxxx, 1978, 876, che individua nella nullità “il criterio di qualificazione (negativa) nel controllo sulla meritevo- lezza degli interessi delle parti rispetto ai valori che un ordinamento storicamente definito intende realizzare e perciò garantire”.
(3) Per tutti, TOMMASINI, Nullità, cit., 888, il quale sottolinea “i diversi atteggiamenti che la nullità assume per la più compiuta realizzazione degli interessi della comunità giuridica”; XXXXXXXXXX, Nullità speciali, Xxxxxxx, 1975, 96; e v. gli AA. citati supra, cap. II, par. 6, nota 133.
76 LE NULLITÀ E IL CONTRATTO NULLO I.
A più riprese la dottrina ha infatti svelato la severa incrinatura del dogma, condensato nell’antico brocardo quod nullum est nullum producit effectum (4) e, come anche di recente è stato osservato, “l’affermazione secondo cui il contratto nullo è privo originariamente di efficacia è frutto di un procedimento logico di interpretazione delle norme che riguardano la nullità, in quanto nessuna di esse sancisce espressamente tale regola” (5). L’ingresso massiccio, nello scenario contrattuale, delle nullità c.d. protettive ha poi accentuato un’idea di nullità non più intesa come cate- goria unitaria — sotto il profilo del fondamento sostanziale (la necessaria tutela di un interesse generale), e del conseguente trattamento giuridico
— appiattita, cioè, sui concetti di irrilevanza e di inqualificazione dell’atto, bensì come “disciplina di effetti del contratto rilevante, in tutto o in parte non congruenti col regolamento (...) posto dai privati, tramite congegni tecnici differenziati, in ragione della diversa composizione di interessi gradatamente realizzata dalla norma” (6).
Una nullità, dunque, “graduata nel proprio fondamento e differenziata quanto alla disciplina volta a volta applicabile” (7), in relazione alle esigenze di tutela di interessi ritenuti meritevoli dal legislatore nelle situazioni di “strutturale” debolezza contrattuale di una delle parti, e alla luce del com- plessivo contesto in cui si realizza la concreta operazione economica (8).
(4) Sulla rilevanza del contratto nullo, pur a partire da differenti prospettive rico- struttive: IRTI, Due saggi sul dovere giuridico (obbligo-onere), Jovene, 1973, 107 ss.; IUDICA, Impugnative contrattuali e pluralità di interessati, Cedam, 1973, 79 ss.; XXXXXXXXX, Nullità, cit., 873 s.; FILANTI, Inesistenza e nullità del negozio giuridico, Jovene, 1983, 43 ss.; XXXXXXXXXX, Contratto nullo e fattispecie giuridica, Jovene, 1995, 11 ss., 65 ss.; anche XXXXXXXXXX, Nullità speciali, cit., 77 ss.; XXXXXXXX, Disciplina della nullità e interessi protetti, Esi, 2001, 48; e v. anche supra, cap. I e infra, capp. IV e V.
(5) MAJELLO, La patologia discreta del contratto annullabile, cit., 332.
(6) XXXXXXXXXX, Nullità speciali, cit., 11 s., 49 ss.; ma il rilievo circa il sistema “plurale” della nullità non è nuovo: così IUDICA, Impugnazioni contrattuali e pluralità di interessati, cit., 91:
« ... in luogo della nullità come categoria logico sistematica, oppure come fattispecie unitaria di diritto positivo, esistono “le nullità” e cioè più statuti della invalidità »; nonché BELVEDERE, Nullità nel codice civile e nella legislazione speciale, in Abusivismo edilizio e invalidità negoziale, Xxxxxxx, 1994, 9, ove l’osservazione per cui “non si può escludere a priori che il nostro diritto positivo conosca non una sola ed unitaria figura di nullità negoziale, ma tipi diversi di nullità”; in tal senso GIOIA, Nuove nullità relative a tutela del contraente debole, in Contr. impr., 1999, 1358, la quale sottolinea “il passaggio da una concezione monolitica della nullità a una costruzione variegata e diversificata di nullità, ciascuna innervata su un diverso rapporto contrattuale, dal quale è condizionata, sia per la funzione e, a volte, anche per la disciplina
...”; X. XXXXXXX, Nullità e inefficacia nel sistema europeo dei contratti, in Eur. dir. priv., 2001, 490, il quale prende atto della “frammentazione della categoria in una pluralità e molteplicità di modelli e corrispondenti statuti normativi”.
(7) XXXXXXXXXX, Nullità speciali, cit., 9.
(8) Cioè quell’insieme di xxxxxxx (non più intrinseci, bensì) estrinseci al contratto, dai quali dipende la qualificazione del contratto come nullo, e che contribuiscono a rendere “il giudizio di nullità più discrezionale, più oscillante, meno sicuro”: così XXXXX, Il contratto2, in
III.1.
LA DISCIPLINA DEL CONTRATTO NULLO
77
La nuova vocazione della nullità di matrice europea — nel suo trascor- rere da nullità-sanzione (9) a nullità-funzione (di protezione) (10) — ri- mette in discussione i principi tradizionali in tema di impugnazione. Ciò vale, anzitutto, per la legittimazione all’azione, ma con evidenti ricadute sulle altre regole operative: rilevabilità d’ufficio, sanatoria, natura della pronuncia giudiziale, al punto da incrinare la distinzione tra nullità e annullabilità.
a) Legittimazione ad agire. A partire dalla premessa che lega il rimedio della nullità alla lesione di interessi generali (11), si ritiene comunemente che l’azione di nullità abbia carattere « assoluto », nel senso che “chiunque vi ha interesse” (art. 1421), e in ogni tempo, possa agire per ottenere una sentenza che accerti la mancata produzione degli effetti dell’atto e il con- seguente venir meno della “forza di legge” dell’assetto di interessi pro- grammato.
Tratt. Xxxxxx-Xxxxx, Xxxxxxx, 2011, 706, il quale richiama “il contesto di circostanze che fa da cornice alla conclusione del contratto” (ad es., la qualità delle parti, il difetto di trattativa sulla clausola vessatoria, la negoziazione avvenuta fuori dei locali commerciali); o, ancora, fattori che riguardano “l’impatto che il contratto potrà avere su una certa realtà esterna” (ad es., l’effetto restrittivo della concorrenza o il realizzarsi di un abuso di dipendenza econo- mica); per analoghe considerazioni DI MAJO, La nullità, in Tratt. Xxxxxxx, Il contratto in generale, VII, Xxxxxxxxxxxx, 2002, 128, per il quale “è evidente che, in tali casi, si attinge a situazioni o circostanze tutte esterne al singolo contratto, perché proprie di situazioni più complessive, in cui si trovano le parti. Si guarda dunque ai « dintorni » del contratto”; e così, da ultimo, XXXXXXX, Atti notarili “proibiti” e sistema delle invalidità, in Riv. dir. priv., 2005, 264: “... molte fattispecie di nullità, soprattutto per quanto concerne le comminatorie più recenti legate agli andamenti del mercato o alla condizione della parte, dipendono non dall’inter- pretazione della previsione legale in sé, ma dalla ricognizione delle effettive circostanze di fatto cui essa collega la nullità che dispone”
(9) Cfr. IRTI, La nullità come sanzione civile, in Contr. impr., 1987, 541 ss., che tuttavia contesta la tesi della nullità come sanzione; ID., Due saggi sul dovere giuridico (obbligo-onere), cit., 100 ss., 104, ove l’affermazione per cui: “l’invalidità è intrinsecamente incompatibile con il concetto di sanzione”.
(10) Una nullità, cioè, “che è e sta in diretto ed immediato rapporto di congruenza e di corrispondenza con un determinato assetto di interessi, in ragione della natura degli stessi, della specifica posizione delle parti, dei beni e servizi negoziati”: XXXXXXX, Nullità e inefficacia nel sistema europeo dei contratti, cit., 499; ID., Invalidità e inefficacia. Modalità assiolo- giche della negozialità, in Riv. dir. civ., 2003, 208; da ultimo, Contratto e regolamento nel piano d’azione delle nullità di protezione, in Riv. dir. civ., 2005, 459 ss., spec. 468 s., 480 s.; sulla nullità in funzione di protezione: PUTTI, Le nullità nella legislazione di derivazione comunitaria, in Giur. Sist. Bigiavi, I contratti in generale, diretto da Xxxx x Xxxxxxx, Agg. 1991-1998, III, Utet, 1999, 2164 ss.; GIOIA, Nullità di protezione tra esigenze del mercato e nuova cultura del contratto confor- mato, in Corr. giur., 1999, 611: “La nullità si conforma... alle nuove esigenze di tutela protettiva, smettendo il suo abito di sanzione civile”; POLIDORI, Discipline della nullità e interessi protetti, cit., 16 ss., 103 ss.; da ultimo, DI MAJO, La nullità, cit., 127 ss., 130.
(11) Il criterio è ancora ben saldo in giurisprudenza: tra le tante, C. 13.6.1992, n. 7244, in Riv. dir. agr., 1994, II, 290 ss.; C. 14.5.1999, n. 4774, in Società, 1999, 1326 ss.
78 LE NULLITÀ E IL CONTRATTO NULLO I.
Legittimati ad attivare il giudizio di nullità sono perciò non soltanto le parti, ma anche gli aventi causa da costoro, purché dimostrino di avervi “interesse”: non, tuttavia, un generico interesse a contestare la validità del contratto, né una mera aspettativa — si sottolinea in giurisprudenza — bensì un interesse ad agire, ai sensi dell’art. 100 c.p.c. (12).
In particolare, chi agisce per la nullità — precisa ancora la giurispru- denza — ha l’onere di dimostrare che l’intervento del giudice si rende necessario allo scopo di evitare la lesione attuale di un proprio diritto, e non può quindi limitarsi ad invocare la rimozione della situazione di incertezza determinata dalla presenza di un contratto nullo, se non offre la prova che essa è fonte di un pregiudizio giuridicamente rilevante alla propria sfera giuridica (13).
Parte della dottrina invita perciò a non confondere il requisito del- l’“interesse”(sostanziale), alla luce del quale l’art. 1421 “seleziona” i legit- timati all’azione di nullità, con l’interesse (processuale) ad agire ex art. 100
c.p.c. (14). Il concetto di interesse assume qui un diverso e più specifico contenuto, come interesse “qualificato”, connesso alle “situazioni sostan-
(12) Tra le molte, C. 17.3.1981, n. 1553, in Mass. Giur. it., 1981; C. 9.3.1982, n. 1475,
in Giur. it., 1982, I, 1, 879; C. 12.7.1991, n. 7717, in Mass. Giur. it., 1991, la quale ha escluso che l’azione possa essere proposta sotto la specie di un fine generale di attuazione della legge; tra le più recenti C. 11.1.2001, n. 338, ivi, 2001; C. 9.3.2003, n. 5575, ivi, 2003, che ha escluso la permanenza di un interesse all’accertamento della nullità del contratto quando si era ormai prescritta l’azione di ripetizione della prestazione in base ad esso effettuata. In dottrina, diffusamente, sulla lettura tradizionale dell’art. 1421 in punto di legittimazione ad agire, PAGLIANTINI, L’azione di nullità tra legittimazione ed interesse, in Comm. cod. civ. diretto da
E. XXXXXXXXX, Dei contratti in generale (cur. NAVARRETTA e ORESTANO) artt. 1387-1424, Utet, 2012, 641 ss.
(13) L’orientamento è ormai consolidato sulla scia di precedenti ormai datati: C., sez. un., 27.6.1961, n. 1553, in Giust. civ., 1961, I, 1575: tra le più recenti in tal senso, C. 1.7.1993,
Termine estratto capitolo
n. 7197, in Mass. Foro it., 1993; C. 7.1.2002, n. 88, ivi, 2002, per una ipotesi in cui, in sede di impugnazione del licenziamento di un portiere di un immobile, intimato a seguito della sop- pressione del servizio di portierato, era stata dedotta la nullità del contratto tra il condominio e una società di vigilanza, stipulato dopo la ristrutturazione dell’immobile. La Suprema Corte ha ritenuto la carenza di interesse in quanto, dovendo accertarsi la sussistenza del giustificato motivo al momento del licenziamento, la rimozione del contratto con la società, intervenuto in una situazione di fatto mutata, non avrebbe importato l’illegittimità del licenziamento; v. anche C. 15.4.2002, n. 5420, ibidem; e, in dottrina, per tutti, DI MAJO, La nullità, cit., 156; PECCENINI, in Simulazione. Nullità del contratto. Annullabilità del contratto, Artt. 1414-144t, in Comm. Scialoja-Branca, Zanichelli-Soc. ed. Foro it., 1998, 166.
(14) MONTICELLI, L’azione di nullità del contratto, in Comm. Xxxxxx, XX, Xxxx, 0000, 196 ss.; XXXXXXXX e MARICONDA, L’azione di nullità, in Giur. Sist. Bigiavi, I contratti in generale, diretto da Xxxx x Xxxxxxx, IV, 1, Utet, 1991, 467; PECCENINI, Simulazione. Nulltà del contratto. Annullabilità del contratto, cit., 165; in tempi più recenti, cfr. le considerazioni di XXXXXXXXXXX, L’azione di nullità tra legittimazione ed interesse, in Comm. cod. civ. diretto da X. XXXXXXXXX, cit., 642 x.
Capitolo IV
LA NULLITÀ PARZIALE
1. Nullità di “singole clausole” o di “parti” del contratto e principio di conservazione. —
2. La “depurazione” del regolamento di interessi nel rispetto della regola dell’autonomia.
— 3. La “depurazione” del regolamento di interessi in forza di un intervento sostitutivo eteronomo: il rapporto tra gli artt. 1419, c. 2, e 1339. — 4. Segue. Un po’ di casistica. — 5. La nullità parziale c.d. necessaria. — 6. La nullità parziale soggettiva: il contratto plurilaterale.
1. Nullità di “singole clausole” o di “parti” del contratto e principio di conservazione
La costruzione unitaria della nullità, condensata nell’antico adagio “Quod nullum est nullum producit effectum”, trova una significativa smentita nello stesso “modo di operare delle cause di nullità” (1). Il riscontro di una causa di nullità del contratto non determina, infatti, quale conseguenza immediata e inevitabile, l’inefficacia radicale e definitiva dell’intero con- tratto. Esso « non fa che mettere in moto — come è stato detto — regole seconde, che vanno a comporre il “trattamento” del contratto nullo » (2), confermando al contempo l’idea della nullità in termini di qualificazione (pur negativa) dell’assetto di interessi che si pone in contrasto con le regole di esercizio dell’autonomia privata.
La regola dell’art. 1419, insieme agli analoghi principi rinvenibili negli artt. 1420 e 1424 (v. infra), esprime, nell’opinione dottrinale più diffusa e
(1) E pure significativa è la circostanza che la nullità parziale sia collocata in una apposita sezione, dedicata — appunto — al “modo di operare delle cause di nullità” da SACCO, in SACCO e DE NOVA, Il contratto, II, in Tratt. Xxxxx, Utet, 2004, 543 ss., il quale precisa che « la nozione di “nullità dell’atto” dovrebbe essere adoperata come puro medio logico, che viene dopo il vizio (causa di nullità) e precede la descrizione dell’incidenza del vizio sull’efficacia del contratto (carenza di taluni effetti, o di tutti gli effetti, o divergenza tra gli effetti voluti e quelli operati) »; l’indicazione di metodo è condivisa da DI MAJO, La nullità, in Tratt. Xxxxxxx, Il contratto in generale, VII, Xxxxxxxxxxxx, 2002, 102 ss.
(2) DI MAJO, La nullità, cit., 103, e v. anche SACCO, in SACCO e DE NOVA, Il contratto, cit., 544: “... il giudice, accertata la presenza di una causa di nullità, deve concludere per la nullità degli effetti solo dopo aver risolto due problemi: se la causa della nullità diffonde i suoi effetti sull’intiero contratto, o su un’area più ristretta, o su un’area più ampia; se la causa della nullità conduce ad un’assenza di risultati del negozio, o se invece conduce semplicemente a risultati diversi da quelli voluti dalle parti ...”.
110 LE NULLITÀ E IL CONTRATTO NULLO I.
nella giurisprudenza prevalente, il generale favore dell’ordinamento per la conservazione, per quanto possibile, degli atti di autonomia negoziale, ancorché difformi dallo schema legale (3). Da ciò si fa derivare il carattere “eccezionale” dell’estensione della nullità che colpisce la “parte” o la “clau- sola” all’intero contratto, con la conseguenza che è a carico di chi ha interesse a far cadere in toto l’assetto di interessi programmato fornire la prova dell’interdipendenza del resto del contratto dalla clausola nulla (4); mentre resta preclusa al giudice la possibilità di rilevare d’ufficio l’effetto estensivo della nullità parziale all’intero contratto (5).
(3) Per tutti, CRISCUOLI, La nullità parziale del negozio giuridico, Xxxxxxx, 1959, 103; XXXXXXXXX, Nullità, b) Diritto privato, in Enc. Dir., XVIII, Xxxxxxx, 1978, 903; FILANTI, Nullità,
I) Diritto civile, in Enc. Giur. Treccani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1990, ad vocem, 6; BIANCA, Diritto civile, 3, Il contratto, 2a ed., Xxxxxxx, 2000, 639; XXXXXXX, Il negozio giuridico, in Tratt. Cicu-Messineo, 2a ed., Xxxxxxx, 2002, 351; ID., Diritto civile e commerciale, II, 1, 4a ed., Cedam, 2004, 418 ss.; e v. anche XXXXXXX, Della nullità del contratto, in Comm. cod. civ. diretto da X. XXXXXXXXX, Dei contratti in generale (cur. NAVARRETTA e ORESTANO) artt. 1387-1424, Utet, 2012, 589 ss.; da ultimo, offre una interessante lettura del c. 1 della norma, XXXXXXXX, La “decodificazione” giurisprudenziale dell’art. 1419, primo comma, c.c. e le sue fattispecie, in Eur. dir. priv., 2021, 553 ss., ma v., in proposito, i rilievi critici di XXXXX, circa la diffusa propensione a ricondurre il fondamento della regola dell’art. 1419 al principio di conservazione (così negli scritti: Nullità parziale del contratto e giudizio di buona fede, in Riv. dir. civ., 1971, 715 s., testo e nota 93; ID., I poteri del giudice ex art. 1421 cod. civ. e la nullità parziale del contratto, in Foro pad., 1971, 1102.
(4) Giurisprudenza compatta sul punto: fra le tante, C. 28.1.1970, n. 174, in Foro pad., 1971, 1100, con nota critica di XXXXX, I poteri del giudice ex art. 1421 cod. civ. e la nullità parziale del contratto, cit.; C. 10.1.1975, n. 91, in Mass. Foto it., 1975; C. 10.3.1980, n. 1592, in Giur. it., 1980, I, 1, 1586; X. 00.0.0000, x. 0000, xx Xxxx. Xxxx xx., 1980; C. 15.12.1982, n. 6817, ivi, 1982; C. 8.4.1983, n. 2499, ivi, 1983; C. 26.6.1987, n. 5675, in Giust. civ., 1988, I, 2090; C. 3.2.1995, n. 1306, in Giur. it., 1996, I, 1, 252; C. 1.3.1995, n. 2340, in Giust. civ., 1995, I, 2438; C. 16.11.1996, 10050, in Mass. Foro it., 1996; C. 13.11.1997, n. 11248, ivi, 1997; C. 19.7.2002, n. 10536, in Giust. civ., 2003, I, 2858; C. 5.5.2003, n. 6756, in Mass. Foro it., 2003; C. 20.5.2005, n. 10690, ivi, 2005; C. 16.12. 2005, n. 27732, in Rep. Foro it., 2005. (5) X. 00.0.0000, x. 00, xx Xxxx. Xxxx xx., 1975; C. 22.1.1980, n. 500, ivi, 1980; C. 11.8.1980, n. 4921, cit.; X. 0.0.0000, n. 1306, cit.; più di recente C. 27.1.2003, n. 1189, in Mass. Foro it., 2003; in dottrina DI MAJO, La nullità, cit., 104; ROPPO, Il contratto2, in Tratt. Xxxxxx-Xxxxx, Xxxxxxx, 2011, 813, che pare aver sciolto i dubbi espressi con puntuali e articolate osservazioni, in I poteri del giudice ex art. 1421 cod. civ. e la nullità parziale del contratto, cit., 1101 ss.; per la rilevabilità d’ufficio, pur entro i limiti segnati dall’art. 1421, v. anche XXXXXX, Diritto civile, 3, Il contratto, cit., 640; DI MARZIO, La nullità del contratto, Xxxxxxx, 1999, 607 s.; XXXXXXXXXX, L’azione di nullità del contratto, in Comm. Cendon, X, Utet, 2000, 194 s.; FILANTI, Nullità, cit.; dubbi esprime XXXXXX, La nullità parziale, in Giur. Sist. Bigiavi, I contratti in generale, diretto da Xxxx e Xxxxxxx, III, Utet, 1991, 407, segnalando “la distonia conseguente al riconoscimento della disponibilità delle parti circa il rilievo di un vizio di per sé importante la nullità”; e così pure SACCO, in SACCO e DE NOVA, Il contratto, II, cit., 548, per il quale “Tanto varrebbe dire che se una clausola è nulla e manca la volontà ipotetica delle
parti di tenere in piedi il contratto depurato, l’intiero contratto è annullabile”.
IV.1.
LA NULLITÀ PARZIALE
111
Il meccanismo della nullità parziale era ignoto al codice del 1865 (6) come pure al Code civil, provenendo dall’esperienza tedesca, ove peraltro era (ed è ancor oggi) accolta una regola all’apparenza di segno opposto, quale quella contenuta nel § 139 BGB, che dalla clausola nulla fa derivare senz’altro la nullità dell’intero contratto, “a meno che si debba ritenere che sarebbe stato concluso anche senza la clausola nulla” (7).
Riguardo all’ambito su cui incide la nullità, prevale in dottrina l’opi- nione che attribuisce valore meramente descrittivo alla distinzione tra nullità di una “parte” del contratto e nullità di “singole clausole”, sottoli- neando la sostanziale equivalenza delle due espressioni, anche in ragione della comune disciplina disposta dal legislatore (8).
Al termine “clausola”, in questo e in altri simili contesti (9), si attribuisce comunemente il significato di singolo precetto dell’autonomia privata, anche composto da più proposizioni che si integrano a vicenda (clausola- precetto), munito dei requisiti dell’individualità rispetto al contenuto com- plessivo del contratto, e della inscindibilità in più “parti” isolatamente dotate di una qualche rilevanza giuridica (10). Si è inoltre precisato che il meccanismo della nullità parziale riguarda solo le clausole secondarie o
(6) Nel vigore di quel codice, tuttavia, il principio e le sue possibili applicazioni non erano sfuggite alla dottrina: ne riferisce GENTILI, Le invalidità, in Tratt. Contratti Xxxxxxxx, II, I contratti in generale, a cura di E. Xxxxxxxxx, Utet, 1999, 1352; in proposito v. anche PUTTI, La nullità parziale. Diritto interno e comunitario, ESI, 2002, 152 ss., nota 47.
(7) “wenn nicht anzunehmen ist, dass es auch ohne den nichtigen Teil vorgenommen sein würde”. Al di là della diversa formulazione, ritiene le due disposizioni “sostanzialmente espressive di regole in larga misura coincidenti ... tutto risolvendosi sul piano di un diverso regime probatorio”, XXXXX, I poteri del giudice ex art. 1421 e la nullità parziale del contratto, cit., 1102.
(8) XXXXXXXXX, La nullità parziale del negozio giuridico, cit., 184 ss; SARACINI, Nullità e sostituzione di clausole contrattuali, Xxxxxxx, 1971, 16; XXXXXXX, Nullità parziale del contratto e inserzione automatica di clausole, Xxxxxxx, 1974, 16; SICCHIERO, La clausola contrattuale, Xxxxx, 2003, 58 ss.; tendono invece a distinguere FRAGALI, Clausole, frammenti di clausole, rapporti tra xxxxxxxx e negozio, in Giust. civ., 1959, I, 314 s.; XXXXXXX, Contributo all’esegesi dell’art. 1419, in Riv. trim dir. proc. civ., 1978, I, 505 ss; e cfr. XXXXXXXXXX, I contratti, Parte generale, 2a ed., Xxxxxxxxxxxx, 2000, 110, 266, nota 28.
(9) Discusso è, tuttavia, in dottrina se il significato e la portata da attribuire al termine “clausola” sia il medesimo anche agli effetti della regola sostitutiva di cui al c. 2: per tutti, XXXXX, Nullità parziale e giudizio di buona fede, cit., 727 ss.; per una efficace sintesi del dibattito dottrinale, PUTTI, La nullità parziale, cit., 203 ss.; v. anche infra, par. 3.
(10) TAMPONI, Contributo all’esegesi dell’art. 1419, cit., 105, 144 s.; v. anche XXXXXXX, Xxxxxxxx, frammenti di clausole, rapporti fra clausole e negozio, cit., 312 ss.; XXXXXX, Su una “rimeditazione” relativa al c. 2 dell’art. 1419 c.c., in Riv. giur. lav., 1958, II, 545; XXXXXXXXX XXXX, Sul significato del termine “clausola” in relazione al c. 2 dell’art. 1419 c.c., in Riv. trim. dir. proc. civ., 1960, 683 ss.; XXXXXXXXX, Clausola del negozio, in Enc. Dir., VII, Xxxxxxx, 1960, 194; CATAU- DELLA, Sul contenuto del contratto, Xxxxxxx, 1966, 183 ss.; in giurisprudenza v. la non più recente e pur fondamentale X. 00.00.0000, x. 0000, xx Xxxx xx., 1958, I, 1603, con nota di XXXXXXXXXX; nonché X. 00.0.0000, x. 0000, xx Xxx. dir. comm., 1963, II, 271, con nota di G.B.
112 LE NULLITÀ E IL CONTRATTO NULLO I.
accessorie, mentre ove la nullità colpisca una clausola principale o essen- ziale, ai fini della definizione legale del tipo, la conseguenza è, invariabil- mente, la nullità dell’intero contratto (11), senza che possa farsi luogo alla valutazione di “essenzialità” di cui al c. 1.
Secondo una parte della dottrina il principio espresso dall’art. 1419 dovrebbe trovare applicazione in via analogica anche al contratto annulla- bile (12).
Adesioni riscuote altresì, soprattutto in giurisprudenza, la tesi che estende l’applicabilità dell’art. 1419 all’ipotesi di collegamento nego- ziale (13).
2. La “depurazione” del regolamento di interessi nel rispetto della regola dell’autonomia
Ruolo centrale nell’interpretazione del c. 1 riveste dunque la valuta- zione di essenzialità o meno della clausola o della parte colpita da nullità, rispetto all’intero contratto. In proposito, la prima indicazione che offre il legislatore è di indubbia intonazione soggettiva: “se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità”.
Secondo un primo, e ormai risalente orientamento dottrinale, stretta- mente fedele al dogma della volontà, l’indagine relativa all’estensione della nullità parziale all’intero contratto deve essere condotta in senso sogget- tivo, con riferimento alla volontà “reale” o almeno “ipotetica” delle parti, considerata al momento della conclusione del contratto (14), e ricostruita in via interpretativa attraverso i canoni offerti dall’art. 1362: a partire,
XXXXX, Volontà del privato e volontà della legge nella nullità del negozio giuridico; e in Giust. civ., 1962, I, 1, 1168; X. 00.0.0000, x. 0000, xx Xxxx. Xxxx xx., 1979; C. 26.6.1987, n. 5675, cit.
(11) Riassume i termini della questione GENTILI, Le invalidità, cit., 1355 ss. ed ivi
riferimenti; e cfr. TOMMASINI, Nullità, cit., 905 ss.
(12) CRISCUOLI, La nullità parziale del negozio giuridico, cit., 269 ss.; MESSINEO, Il contratto in genere, in Tratt. Cicu-Messineo, Xxxxxxx, 1972, 301; XXXXX, in SACCO e DE NOVA, Il contratto, II, cit., 546; X. 0.0.0000, x. 0000, xx Xxxx. Xxxx xx., 1980; C. 4.12.1982, n. 6609, ivi, 1982; ritiene per contro discutibile la legittimità dell’applicazione analogica dell’art. 1419 all’an- nullabilità parziale, TOMMASINI, Nullità, cit., 904.
(13) X. 00.0.0000, x. 0000, xx Xxxx. xx., 1981, I, 1, 1537; C. 21.10.1982, n. 5474, in
Giust. civ., 1983, I, 1242; C. 30.5.1987, n. 4822, ivi, 1987, I, 2883; C. 18.1.1988, n. 321, ivi,
Termine estratto capitolo
1988, I, 1214; App. Perugia, 12.3.2003, in Rass. giur. umbra, 2003, 415, con nota di XXXXX, Contratti collegati e disciplina della nullità parziale: un difficile connubio (il caso di patto commisso- rio), la quale ha escluso che la nullità del patto commissorio comporti la nullità del contratto di prestito collegato, in precedenza concluso; in dottrina, SACCO, in SACCO e DE NOVA, Il contratto, II, cit., 549; CARRESI, Il contratto, in Tratt. Cicu-Messineo, XXI, 2, Xxxxxxx, 1987, 586; XXXXXX, Nullità parziale, cit., 405.
(14) FEDELE, Della nullità del contratto, in Comm. D’Xxxxxx-Xxxxx, Libro delle obbliga- zioni, Barbera, 1948, 682 s.; CRISCUOLI, La nullità parziale del negozio giuridico, cit., 232 ss.;
Capitolo V
IL RECUPERO DEL CONTRATTO NULLO
1. Il dogma dell’insanabilità del contratto nullo e le eccezioni: le ipotesi classiche di sanabi- lità mediante esecuzione. — 2. La conversione: ratio e ambito di applicazione. — 3. Segue. Presupposti e modo di operare. — 4. Conversione c.d. formale e conversione c.d. legale. —
5. Conversione e nullità “protettive”: verso il declino del rimedio?
1. Il dogma dell’insanabilità del contratto nullo e le eccezioni: le ipotesi classiche di sanabilità mediante esecuzione
Il diverso fondamento sostanziale della nullità rispetto alla annullabi- lità è la ragione comunemente posta a base del principio che esclude, di regola, la convalida del contratto nullo (art. 1423), e che si riflette nella sequenza degli altri noti corollari: legittimazione assoluta, rilevabilità d’uf- ficio, imprescrittibilità, insanabilità.
Il principio appare coerente con la circostanza che il rimedio sia stabi- lito a presidio di interessi generali, e sia quindi sottratto alla disponibilità delle parti; si accorda, altresì, con la regola della legittimazione estesa a far valere la nullità, la quale non potrebbe certo consentire una legittimazione alla convalida parimenti estesa, con il risultato di mettere a rischio l’intero sistema dei traffici e la sicurezza delle contrattazioni (1).
In questa prospettiva si spiega come neppure l’esecuzione spontanea del contratto importi convalida (2); e come, allo stesso modo, sia esclusa
(1) XXXXX, Il contratto2, in Tratt. Iudica-Xxxxx, Xxxxxxx, 2011, 802 s.. Una rilettura in chiave critica del dogma dell’insanabilità del contratto nullo è offerta dallo studio mono- grafico di PAGLIANTINI, Autonomia privata e divieto di convalida del contratto nullo, Xxxxxxxxxxxx, 2007; ID., in Comm. cod. civ., diretto da X. Xxxxxxxxx, cit., 701 ss.
(2) Neppure l’esecuzione spontanea del contratto da parte dei contraenti ne sana la nullità, la quale pertanto, nel giudizio in cui sia fatta valere una pretesa fondata sul contratto, deve essere rilevata d’ufficio dal giudice anche contro la volontà delle parti, in virtù del suo potere-dovere di accertare, indipendentemente dall’attività delle parti, l’esi- stenza dei fatti costitutivi del diritto dell’attore (C. 24.12.1994, n. 11156, in Mass. Foro it., 1994; C. 5.6.2003, n. 8993, ivi, 2003: nella specie la nullità derivava dall’essere il contratto frutto di un accordo criminoso tra le persone fisiche incaricate di esprimere la volontà degli enti stipulanti).
136 LE NULLITÀ E IL CONTRATTO NULLO I.
l’ammissibilità di una rinuncia all’azione di nullità, che, ove ammessa, finirebbe in pratica per eludere il divieto previsto dall’art. 1423 (3).
Resta tuttavia l’interrogativo se, di fronte alle numerose ipotesi di nullità c.d. protettive emerse nel panorama legislativo attuale, la previ- sione espressa di una legittimazione riservata in capo al contraente debole non valga ad attribuire a quest’ultimo un potere di convalida del contratto (o della clausola nulla), analogo a quello che l’art. 1444 attribuisce al contraente legittimato ad agire per l’annullamento, stabilendo in tal modo una sorta di coincidenza tra le due “riserve”, previste rispettivamente dagli artt. 1421 e 1423 (4).
Il quesito trova per lo più risposta negativa in dottrina. Da un lato, proprio in ragione della ratio protettiva delle previsioni di nullità disposte a tutela di contraenti in posizione di asimmetria di potere contrattuale, la quale orienta a “precludere la convalida e lasciare sempre possibile la contestazione del negozio”; ad evitare — si osserva — “che la stessa debo- lezza contrattuale che ha indotto a concluderlo non porti, dietro pressione della controparte a convalidarlo, frustrando così definitivamente lo scopo legislativo” (5). Dall’altro, in ragione della stretta compenetrazione tra interessi particolari (o, meglio, “seriali”) e interessi generali, che caratte- rizza la gran parte delle nullità “protettive”, e in cui la legittimazione riservata al singolo contraente, quale esponente della categoria protetta, non implica una completa disponibilità del rimedio, come sarebbe se la
(3) XXXXX, Il contratto2, cit., 803; nonché X. 00.00.0000, x. 00000, xx Xx Xxxx; contra, in giurisprudenza, C. 9.8.1973, n. 2280, in Mass. Foro it., 1973, 799, la quale ha affermato che “l’indisponibilità dell’esistenza di una causa di nullità non impedisce al soggetto che ha proposto la domanda diretta alla relativa declaratoria, di rinunziare alle situazioni sogget- tive cui si ricollegano l’interesse e la legittimazione all’azione proposta, e quindi di deter- minare la cessazione della materia del contendere”: con la conseguenza che viene meno il potere del giudice di dichiarare d’ufficio la nullità; nonché X. 0.0.0000, n. 3925, in Giust. civ., 1978, I, 110, la quale ha precisato che: “se è vero che il negozio nullo non è convali- dabile, è però anche vero che la parte interessata può rinunciare all’azione di nullità, dovendosi configurare queste rinunce come atti di disposizione della situazione soggettiva sostanziale legittimante l’azione di nullità”.
(4) Prospetta il quesito e lo scioglie in senso positivo, POLIDORI, Nullità relativa e potere di convalida, in Rass. dir. civ., 2003, 935, 946 ss., limitatamente però alle ipotesi in cui la ragione della nullità (relativa) non sia legata ad uno squilibrio abusivo, bensì derivi “dal- l’assenza di un requisito di struttura o di contenuto, rivolto a garantire, a prescindere dallo squilibrio, la massima trasparenza delle condizioni contrattuali”(ivi, 949); ed è ciò che accade, ad es., nelle discipline contrattuali in cui si prevedono requisiti di forma a pena di nullità a tutela del contraente debole: così negli artt. 127, d.lgs. 385/1993, in tema di contratti bancari, e 27, c. 3, 30, c. 7, d.lgs. 58/1998, in materia di contratti aventi ad oggetto servizi di investimento.
(5) GENTILI, Le invalidità, in Tratt. Contratti Xxxxxxxx, II, I contratti in generale, a cura di
E. Xxxxxxxxx, Utet, 1999, 1373 e, prima, 1347 s.; ma cfr. POLIDORI, Nullità relativa e potere di convalida, cit., 940.
V.1.
IL RECUPERO DEL CONTRATTO NULLO
137
semplice inerzia o la volontaria e consapevole esecuzione potessero inte- grare una convalida (6).
Com’è noto, entro la “riserva” contenuta nell’art. 1423, c. 2, si è soliti ricondurre — per limitarci alla materia contrattuale — le ipotesi di cui agli artt. 799 e 2126, relative rispettivamente alla donazione nulla, la cui nullità “non può essere fatta valere dagli eredi o aventi causa dal donante, che, conoscendo la causa della nullità, hanno, dopo la morte di lui, confermato la donazione o vi hanno dato volontaria esecuzione (7), e al contratto di lavoro nullo, in cui si prevede che la “nullità non produce effetti per il tempo in cui il rapporto ha avuto esecuzione” (8).
Le modalità attraverso cui, nell’un caso e nell’altro, avviene il “recu- pero” dell’atto nullo inducono tuttavia ad escludere la configurabilità di una vera e propria sanatoria, analoga o assimilabile al diritto potestativo attribuito alla parte cui spetta l’azione di annullamento ex art. 1444; e ciò — come si è appena avvertito — anche nelle situazioni, ormai così numerose da incrinare la regola tradizionale, in cui la legittimazione a far valere la nullità sia espressamente riservata al solo contraente protetto.
A ben vedere, infatti, le ipotesi richiamate non rappresentano altret- tante eccezioni, alla regola generale dell’art. 1423, sotto il profilo della “convalidabilità” dell’atto, bensì contraddicono semmai l’altra regola — peraltro non scritta, e anzi a tratti smentita dalla disciplina positiva — della radicale e assoluta inefficacia del contratto nullo. E non a caso una parte consistente della dottrina — pur a partire da differenti premesse argomen- tative — tende a ricondurre le ipotesi in questione entro un più ampio e generale fenomeno di “sanatoria” (9), o meglio “recupero” degli effetti
(6) XXXXXXX, Le invalidità, cit., 1347; XXXXXXXXXX, Nullità speciali, Xxxxxxx, 1975, 201; ma cfr. POLIDORI, Nullità relativa e potere di convalida, cit., 941; ID., Discipline giuridiche della nullità e interessi protetti, ESI, 2001, 89 ss.
(7) Analoga disciplina è poi prevista in tema di disposizioni testamentarie nulle dall’art. 590, su cui v., per tutti X. XXXXXXXXX, L’oggetto della conferma ex art. 590, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1964, 1394 ss.; X.X. XXXXX, Il recupero del negozio invalido, in Riv. dir. comm., 1986, I, 40 ss.; riconduce l’art. 799 al campo di applicazione del c. 2 dell’art. 1423, GARDANI CONTURSI-LISI, Delle donazioni, Artt. 7t9-809, in Comm. Scialoja-Branca, Zanichelli-Soc. ed. Foro it., 1976, 452 s.
(8) Per tutti MONTICELLI, Contratto nullo e fattispecie giuridica, Jovene, 1995, 116 ss., ove una rassegna delle principali ricostruzioni dottrinali della fattispecie. A questa ipotesi la dottrina accosta quella relativa alla nullità del (contratto) di società di cui all’art. 2332, la quale “non pregiudica l’efficacia degli atti compiuti in nome della società dopo l’iscrizione nel registro delle imprese”: per tutti, GENTILI, Le invalidità, cit., 1374 s.; POLIDORI, Discipline giuridiche della nullità e interessi protetti, cit., 56 ss.
(9) Riconoscono un valore meramente descrittivo al termine “sanatoria”, XXXXXXX, L’attribuzione patrimoniale mediante conferma, Xxxxxxx, 1974, 111, ivi, nota 98; X.X. XXXXX, Il recupero dell’atto invalido, in Xxx. xxx. xxxx., 0000, X, 0 xx., 00; ID., Convalida, conferma e sanatoria del negozio giuridico, in Dig. disc. priv., sez. civ., IV, Utet, 1989, 337 ss., ivi, 338;
138 LE NULLITÀ E IL CONTRATTO NULLO I.
della disposizione nulla, attuato mediante un’attività di conferma o attra- verso condotte esecutive (10).
Così è, anzitutto, con riguardo alla conferma o all’esecuzione della donazione nulla prevista dall’art. 799, comportamenti che pure sembre- rebbero riflettere le due forme della convalida (rispettivamente espressa e tacita), secondo il modello dell’art. 1444 (11). Tuttavia l’accostamento viene per lo più respinto dalla prevalente dottrina, la quale sottolinea, per contro, le differenze tra conferma e convalida sotto il profilo della neces- saria identità soggettiva tra i protagonisti della vicenda “sanante” (12): così, mentre legittimata alla convalida del contratto annullabile è la stessa parte che può agire per l’annullamento, legittimati alla conferma della dona- zione nulla sono, invece, solo gli eredi o gli aventi causa dal donante, dopo la sua morte, e non quest’ultimo né tanto meno il donatario.
Ma soprattutto — al di là delle divergenti proposte ricostruttive in- torno alla natura dell’atto confermativo (13) — si esclude che, in presenza di più legittimati, l’eventuale conferma proveniente da uno solo possa spiegare una definitiva efficacia sanante dell’atto nullo, lasciando sempre aperta la possibilità dell’impugnazione da parte degli altri; con il risultato
XXXXXXXX e MARICONDA, Il recupero del contratto nullo, in Giur. Sist. Bigiavi, I contratti in generale, diretto da Xxxx x Xxxxxxx, IV, I, Utet, 1991, 520, i quali parlano di “figura concettuale pericolosamente indefinita”; cfr. anche XXXXXXXXXX, Contratto nullo e fattispecie giuridica, Cedam, 1995, 188.
(10) Più ampiamente, sui rapporti tra nullità ed esecuzione v. XXXXX, in SACCO e DE NOVA, Il contratto, in Tratt. Sacco, 3ª ed., Utet, 2004, 503 ss.; DI MAJO, La nullità, in Tratt. Xxxxxxx, Il contratto in generale, VII, Xxxxxxxxxxxx, 2002, 118 ss.; XXXXX, Il contratto, cit., 857 ss.
(11) Sottolinea le somiglianze DI MAJO, La nullità, cit., 121; e così ROPPO, Il contratto, cit., 856.
(12) Tra gli altri, X.X. XXXXX, Convalida, conferma e sanatoria del negozio giuridico, cit., 335 ss.; ID., Il recupero del negozio invalido, cit., 38 ss.; XXXXXXX, L’attribuzione patrimoniale mediante conferma, cit., 73 ss. 94 ss.; ID., Manuale di diritto privato, Esi, 2004, 968; MONTICELLI, Contratto nullo e fattispecie giuridica, cit., 194 ss., al quale si rinvia per una rassegna delle differenti ipotesi ricostruttive in ordine alle fattispecie di cui agli artt. 590 e 799; da ultimo, GENTILI, Le invalidità, cit., 1373; XXXXX, Il contratto2, cit., 803; POLIDORI, Discipline della nullità e interessi protetti, cit., 54.
Termine estratto capitolo
(13) XXXXXXX, L’attribuzione patrimoniale mediante conferma, cit., 144 ss., il quale, esclu- dendo ogni fenomeno di sanatoria, ricostruisce la conferma come negozio attributivo autonomo rispetto all’atto (nullo) confermato, che in questo rinviene la propria causa giustificatrice. Più in particolare, per effetto della conferma si realizzerebbe una duplice attribuzione: dal donante a colui che conferma (o esegue) e da questi al beneficiario, mentre la donazione nulla costituirebbe la giustificazione causale dell’attribuzione patrimoniale;
X.X. XXXXX, Il recupero del negozio giuridico invalido, cit., 39; ID., Convalida, conferma e sanatoria del negozio giuridico, cit., 353 ss., il quale qualifica la conferma come atto giuridico in senso stretto, privo di ogni valenza sanante, il cui unico effetto consiste nella perdita, per chi confermi o esegua, “della possibilità di far valere successivamente la nullità delle disposi- zioni testamentarie e delle donazioni (nulle) confermate”; in quest’ordine di idee anche DI MAJO, La nullità, cit., 122; GENTILI, Le invalidità, cit., 1374; XXXXX, Il contratto, cit., 856.
Capitolo VI
LE NULLITÀ “SPECIALI” O DI PROTEZIONE
1. Figure emblematiche di nullità “speciali”: affinità e dissonanze: a) contratti del consuma- tore e dell’utente di servizi bancari e finanziari. — 2. Segue. b) Rapporti tra imprese. —
3. Segue. c) Nullità e ordine pubblico di direzione. — 4. Nullità e nuova disciplina dell’usura nella l. 108/1996 (cenni). — 5. Alla ricerca di un coerente paradigma alternativo alla nullità codicistica. — 6. Nullità “nuove” ed esigenze di coerenza sistematica.
1. Figure emblematiche di nullità “speciali”: affinità e dissonanze: a) contratti del consumatore e dell’utente di servizi bancari e finanziari
Il territorio delle c.d. nullità c.d.“speciali” — per lo più testuali, ma anche virtuali — la cui disciplina si discosta, in modo più o meno marcato, dallo schema classico della nullità, coincide in gran parte con l’area degli interventi normativi settoriali disposti a tutela del consumatore lato sensu inteso, e ora raccolti e ordinati in quella sorta di testo unico della materia, che costituisce il codice del consumo (1).
Proprio la natura settoriale delle discipline, dettate per offrire risposta ad esigenze di tutela di interessi “concreti e occasionali” (2), è all’origine delle difficoltà di ricondurre entro un disegno unitario e coerente l’arci- pelago delle singole previsioni di nullità, ciascuna conformata all’interesse la cui protezione il legislatore intende volta a volta assicurare (3).
Se ne offre qui una sorta di inventario, ordinato per tipologie.
a) contratti del consumatore. Il blocco più consistente è certo rappre- sentato dalle nullità che investono ormai l’intera area dei contratti del consumatore: non solo la disciplina delle clausole abusive, già contenuta nel capo XIV-bis, agli artt. 1469-bis ss., poi confluita nel codice del con-
(1) Su cui v., a ridosso dell’entrata in vigore del Codice del consumo, gli interventi di ALPA, Il codice del consumo, d.lgs. t settembre 2005, n. 20t, in Contr., 2005, 1017 ss.; di GENTILI, Codice del consumo ed esprit de géométrie, in Contr., 2006, 159 ss., spec. 167 ss., sulle nullità di protezione; e di G. DE CRISTOFARO, Il “codice del consumo”: un’occasione perduta? in Studium iuris, 2005, 1137 ss.
(2) DI MAJO, Le nullità, in Tratt. Xxxxxxx, Il contratto in generale, VII, Xxxxxxxxxxxx, 2002,
127.
(3) È questo il leit-motiv del lavoro di XXXXXXXX, Discipline della nullità e interessi protetti,
Esi, 2001, 11 ss.
154 LE NULLITÀ E IL CONTRATTO NULLO I.
sumo (4), bensì tutto il “pacchetto” che regola le “particolari modalità di conclusione dei contratti del consumatore” (contratti conclusi fuori dei locali commerciali e a distanza), fino a ieri oggetto di leggi speciali, e anch’essi successivamente inglobati nel codice del consumo (5); così come la disciplina relativa a “singoli contratti” (contratti di multiproprietà, con- tratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio; nonché contratti di vendita di beni di consumo) (6). In queste discipline nulla si prevede — e nulla del resto si prevedeva —
in ordine al regime della nullità, sotto il profilo della legittimazione, rile- vabilità d’ufficio, prescrittibilità, sanabilità.
Appena più completa, da questo punto di vista, è la disciplina dei “Contratti del consumatore in generale” (come recita il Titolo I, artt. 33-38
c. cons.), e da qui conviene prendere avvio.
Anzitutto sottolineando la novità — peraltro forse scontata — rappre- sentata dal fatto che il legislatore, accogliendo il pressante invito della prevalente dottrina (7), chiama finalmente con nome più adeguato il rime-
(4) Nella Parte III, Il rapporto di consumo, Titolo I, Dei contratti del consumatore in generale: art. 36, rubricato proprio “Nullità di protezione”. Com’è noto il legislatore del ’96 aveva “tradotto” la “non vincolatività” delle clausole abusive nella forma dell’inefficacia, impegnando la dottrina in estenuanti discussioni circa il significato e la portata da attribuire a quel richiamo: le tappe essenziali del dibattito e i filoni dottrinali più rappresentativi sono riassunti da A. ORESTANO, L’inefficacia delle clausole vessatorie, in Tratt. Contratti Xxxxxxxx, III, I contratti dei consumatori, 1, a cura di E. Xxxxxxxxx-X. Xxxxxxxxx, Utet, 2005, 381 ss.; più ampiamente, XXXXXXXX, Le nullità di protezione nel sistema delle invalidità negoziali, Cedam, 2008, 342 ss.
(5) Disciplina in origine contenuta rispettivamentte nel d.lgs. 50/1992 e nel d.lgs. 185/1999, poi trasfusa nella Parte III, Titolo III, Capo I, artt. 45-67 vicies-bis, c. cons.
(6) In origine contenuta rispettivamente nel d.lgs. 427/1998 e negli art. 1519-bis ss., poi trasfusa nella Parte III, Titolo IV, Capo I, rispettivamente agli artt. 69-81-bis e nella Parte IV, Titolo III, Capo I, artt. 128-135 c. cons.; cui sono da aggiungere le previsioni di nullità contenute nel d.lgs. 122/2005, in materia di immobili da costruire: nullità che possono essere fatte valere solo dall’acquirente (artt. 2, c. 1 e 4, c. 1, su cui x. Xxx. Xxxxxx, 00.0.0000; X. 00.0.0000, x. 00000; C. 22.11.2019, n. 30555, tutte in De Jure).
(7) Troppo noto l’iter che ha condotto alla formulazione dell’art. 1469-quinquies, con la qualificazione in termini di “inefficacia” delle clausole abusive, e il successivo, fluviale dibattito dottrinale intorno al significato e alla portata da attribuire a quel richiamo: a riguardo, per tutti, e senza pretesa di completezza, CIAN, Il nuovo Capo XIV bis (titolo II, libro IV) del codice civile. Sulla disciplina dei contratti con i consumatori, in Studium iuris, 1996, 417 ss.; XXXXXXXXX, in La nuova disciplina delle clausole vessatorie nel codice civile, a cura di Xxxxxxxx, Jovene, 1996, 188 ss.; XXXXX, in Nuove leggi civ. comm., 1997, 1217 ss.; XXXXXXX, Clausole vessatorie e contratto del consumatore, a cura di Cesàro, Cedam, 1996, 486 ss.; XXXXXXXX, in Le clausole vessatorie nei contratti con i consumatori, a cura di Xxxx-Xxxxx, Xxxxxxx, 1997, I, 687 ss.; ID., in Clausole vessatorie nei contratti del consumatore, Artt. 14t9-bis-1469-sexies, in Comm. Xxxxxxxxxxx, Xxxxxxx, 2003, 1033 ss.; da ultimo, A. ORESTANO, L’inefficacia delle clausole vessato- rie, cit., 384 ss.; VALLE, L’inefficacia delle clausole vessatorie, Cedam, 2004; XXXXXXXX, Le nullità di protezione nel sistema delle invalidità negoziali, cit., 342 ss.
VI.1.
LE NULLITÀ “SPECIALI” O DI PROTEZIONE
155
dio: “nullità di protezione” è infatti rubricato l’art. 36, c. cons. Nullità che colpisce soltanto le clausole giudicate vessatorie “mentre il contratto ri- mane valido per il resto”: nullità necessariamente parziale, dunque. Nullità che “opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice”: nullità relativa, verrebbe da dire.
Eppure, come già altrove osservato (8), è tuttavia controverso se l’e- spressione sia immediatamente traducibile in una regola di legittimazione riservata, con conseguente “correzione/adeguamento” del potere del giu- dice di rilevare la nullità nell’interesse del solo consumatore (9), oppure — secondo una diversa proposta interpretativa (10) — debba ritenersi che il meccanismo di tutela qui adottato lasci immutata la regola della legittima- zione assoluta, pur con il diverso limite rappresentato dalla circostanza che la nullità, da chiunque fatta valere — e quindi, in ipotesi, anche dal pro- fessionista che ha predisposto la clausola abusiva — “opera soltanto a
(8) Supra, cap. III, par. 1.
(9) In tal senso la dottrina prevalente: ROPPO, Il contratto2, in Trattt. Iudica-Xxxxx, Xxxxxxx, 2011, 862 s., secondo il quale, la regola generale “va intesa in modo da renderla funzionale all’interesse del consumatore”: così, “il giudice chiamato a decidere su pretese avanzate dal professionista fondate sulla clausola vessatoria, può respingerle rilevandone l’inefficacia (nullità), ancorché non eccepita dal consumatore; ma di fronte ad una domanda del consumatore, fondata sulla clausola non può farlo”, poiché in tal modo la caduta della clausola finirebbe per pregiudicare l’interesse del consumatore stesso. Così anche DI MAJO, Le nullità, cit., 129 ss.; E. XXXXXXXXX, Tutela del consumatore e clausole vessatorie, Esi, 1999, 157 ss.; XXXXXXXXXX, Nullità, legittimazione relativa e rilevabilità d’ufficio, in Riv. dir. priv., 2002, 685 ss.; GIOIA, Nullità di protezione, tra esigenze del mercato e nuova cultura del contratto conformato, in Corr. giur., 1999, 602 ss.; ID., Nuove nullità relative e tutela del contraente debole, in Contr. impr., 1999, 1332 ss., ivi spec. 1341 ss.; POLIDORI, Discipline della nullità e interessi protetti, cit., 99 ss.; ALBANESE, Violazione di norme imperative e nullità del contratto, Jovene, 2003, 59 ss., e già BUSNELLI, Una possibile traccia per una analisi sistematica della disciplina delle clausole abusive, in Nuove leggi civ. comm., 1997, 775; XXXXXXXX, in Le clausole vessatorie, cit., 701; XXXXX, in Nuove leggi civ. comm., cit., 1217 ss.; cfr. invece XXXXXXXXXX, I contratti dei consumatori, in Materiali e commenti sul nuovo diritto dei contratti, a cura di Xxxxxxx, Cedam, 1999, 180 s.
(10) XXXXXXX, L’inefficacia delle clausole abusive, in Riv. dir. civ., 1997, I, 403 ss., 425, che già collocava la disciplina dell’inefficacia delle clausole abusive “in termini di ratio, all’inter- sezione tra tutela di interessi generali e particolari; e, in termini di trattamento, all’incontro tra intervento imperativo sul mercato e situazioni disponibili da parte dell’interessato”, ed ivi, 432, la qualifica dell’inefficacia di cui all’art. 1469-quinquies in termini di “nullità parziale unidirezionale”; ID., Nullità, annullabilità, inefficacia (nella prospettiva del diritto europeo), in Contr., 2003, 205, ove l’osservazione per cui: « È nella conservazione, non nella distruzione del contenuto del contratto che la protezione consiste. Sicché limitare la legittimazione al contraente, di per sé è inutile. Il beneficio è nel fatto che chiunque la rilevi, la nullità “operi solo a vantaggio del consumatore”: una formula per equivoco intesa come allusione alla legittimazione e invece relativa al modo di operare unidirezionale della nullità ». In questa linea anche XXXXXX, I contratti non negoziati, ESI, 2000, 81 ss., 241; R. QUADRI, “Nullità” e tutela del contraente debole, in Contr. impr., 2001, 1143 ss., ivi spec. 1161 ss.; ID., Le c.d. “nullità protettive”, in Diritto dei consumatori e nuove tecnologie, a cura di X. Xxxxxxxx, I, Xxxxxxxxxxxx, 2003, 413 ss., spec. 424 ss.
156 LE NULLITÀ E IL CONTRATTO NULLO I.
vantaggio del consumatore”: nel senso, cioè, che, ove la clausola preveda ad un tempo diritti e obblighi per il consumatore, la nullità travolga solo quel frammento di clausola che preveda doveri a suo carico, facendo salvi i diritti disposti in suo favore (11).
Questa lettura avrebbe il pregio di evitare la forzosa convivenza tra due regole ritenute tra loro logicamente incompatibili: legittimazione relativa
— che implica disponibilità degli effetti del rimedio — e rilevabilità d’uffi- cio della nullità da parte del giudice — che invece la esclude (12). E proprio l’opzione legislativa a favore della rilevabilità d’ufficio, sembrerebbe de- porre nel senso della sottrazione al consumatore della completa disponi- bilità degli effetti del rimedio, in quanto stabilito anche a salvaguardia di interessi generali, connessi alla funzionalità ed efficienza del mercato.
Tace il legislatore riguardo ad altri segmenti di disciplina della nullità, segnatamente in ordine a sanatoria, prescrizione, effetti nei confronti dei terzi, che — in quanto non espressamente derogati — dovrebbero seguire le regole ordinarie.
Il modello di “nullità” delle clausole abusive (art. 36, c. cons.) è stato dapprima riprodotto — e precisato — nell’art. 1519-octies c.c., poi transitato nell’art. 134 c. cons., e ora nell’art. 135 sexies, in materia di vendita di beni di consumo (13), ove si dispone la nullità del patto, anteriore alla comunica- zione al venditore del difetto di conformità, teso ad escludere o limitare i diritti riconosciuti al consumatore: qui, anzi, la compatibilità tra legittima- zione riservata a quest’ultimo e rilevabilità d’ufficio è soluzione addirittura espressa. Anche qui, tuttavia, ove si escluda che il consumatore resti arbitro assoluto dell’azionabilità del rimedio, l’esercizio del potere attribuito al giu- dice in ordine al rilievo della nullità dovrebbe ritenersi condizionato alla realizzazione dell’interesse del consumatore medesimo (14).
(11) XXXXXXX, L’inefficacia delle clausole abusive, cit., 429; critico, sul punto, X’XXXXX, Nullità virtuale-Nullità di protezione (Variazioni sulla nullità), in Le forme della nullità, a cura di PAGLIANTINI, Giappichelli, 2009, spec. 12 ss. V. meglio supra, cap. III, par. 2.
(12) XXXXXXX, L’inefficacia delle clausole abusive, cit., 424 ss., ove giustifica la regola della rilevabilità d’ufficio alla luce della tutela dell’interesse generale alla regolazione del mer- cato; di qui l’inderogabilità della disciplina, in quanto espressione dell’ordine pubblico economico. Sul punto v. quanto osservato supra, cap. III, par. 2.
547 ss., spec. 556 ss.
(13) D.lgs. 24/2002, di attuazione della dir. 1999/44/CE garanzie relative all’acquisto di beni di consumo, la cui disciplina è stata successivamente trasfusa nell’art. 134 c. cons., su cui x. XXXXXXXX-DE CRISTOFARO, in La vendita dei beni di consumo (art. 128-135 del d.lgs. t settembre 2005 n. 20t), CommentariTo,earcmuraindei Ce.Ms.tBraiatntcoa, icnaNpuiotvoe lleoggi civ. comm., 2006, sub art. 134,
(14) Attribuendo in tal modo al giudice un ruolo di “supplenza” rispetto alla parte debole, rimasta inerte: così, espressamente, con riguardo alla rilevabilità d’ufficio dell’inef- ficacia (ora nullità) delle clausole abusive, A. ORESTANO, L’inefficacia delle clausole vessatorie, cit., 404; e, prima, BUSNELLI, Una possibile traccia per una analisi sistematica della disciplina delle clausole abusive, cit., 775; in tal senso, con specifico riguardo alla disciplina della vendita dei
II.
LE ANNULLABILITÀ
di
Xxxxxx xxx Xxxxx
Capitolo I PREMESSE E PROSPETTIVE
1. Tipologia delle cause di annullabilità. La norma imperativa tra formazione e contenuto del contratto. — 2. L’interesse presidiato dall’annullamento. Le cause di annullamento: tipicità e anomalie.
1. Tipologia delle cause di annullabilità. La norma imperativa tra for- mazione e contenuto del contratto
L’annullabilità rappresenta una forma di invalidità volta, tendenzial- mente, a proteggere l’interesse di uno dei contraenti rimediando ad un vizio della formazione del contratto o ad una patologia del suo contenuto che riveli, o rifletta nella valutazione normativa, un’anomalia della fase formativa. L’individuazione delle sue cause esprime, tuttavia, una scelta di diritto positivo, sicché in astratto un determinato vizio potrebbe soggiacere ad uno dei diversi modelli di invalidità od essere assoggettato ad una disciplina speciale (nullità, nelle sue varie esplicazioni, annullabilità, un’a- nodina inefficacia).
Se ne ricava una conferma dalle recenti esperienze normative, dove la protezione di un contraente è perseguita mediante forme di nullità stru- mentali al perseguimento del suo interesse, e quindi destinate ad operare in modo unidirezionale (v., ad esempio, l’art. 1469-quinquies ora art. 36, c. cons.), o attribuendogli un diritto di ripensamento che si esterna nella facoltà di recedere entro un termine di decadenza (cfr. gli artt. 6, d.lgs. 50/1992 e 5, d.lgs. 185/1999 ora artt. 64 ss., c. cons.) (1).
Questi modelli si fondano su dati seriali, oggettivi e preesistenti al contratto, finalizzando la tutela dell’interesse individuale ad un corretto sviluppo del mercato. Mentre l’annullabilità — che pure, in astratto, po- trebbe adeguarsi a tali fattispecie, ma che sarebbe comunque priva dell’im- pronta stragiudiziale che vuol caratterizzarle — s’incentra, tendenzial- mente, su cause marcatamente soggettive, volte a garantire la protezione dell’autodeterminazione del contraente.
(1) V., tra i numerosi contributi in argomento, XXXXXXXXX, Tutela del “contraente debole” nella formazione del consenso, Xxxxxxxxxxxx, 2005, passim e spec. 73 ss. Esula dall’ambito di questa riflessione dar conto della consistente mole di contributi apparsi sul tema successi- vamente alla prima edizione.
184 LE ANNULLABILITÀ II.
Tradizionalmente l’invalidità viene articolata nelle due grandi catego- rie della nullità e dell’annullabilità. Ma questa sistematica risente dei nu- merosi, disomogenei e, perciò, talvolta insidiosi innesti normativi, che tendono a scalfire l’unità concettuale delle categorie rimodulandole verso modelli atomistici e, almeno apparentemente, in misura più o meno ac- centuata, autonomi (2). E tuttavia le asimmetrie del sistema non costitui- scono una novità: già, ad esempio, le invalidità matrimoniali, pur essendo rubricate come ‘nullità’, denotano un regime articolato che si sottrae ad una rigida classificazione alla stregua delle nullità contrattuali e si accosta, sotto più profili, a quello dell’annullamento (3).
Egualmente, il regime dell’invalidità delle deliberazioni degli organi collettivi è stato tradizionalmente impostato sulla ripartizione nul-lità/ annullabilità in relazione alla rilevanza, temporanea o permanente, della patologia ed alla legittimazione generalizzata a farla valere anche là dove la lettera della legge non prende posizione (v. gli artt. 1137 e 2479-ter; ma cfr., per l’espressa previsione dell’annullabilità, gli artt. 23 e 2377) (4): un’impostazione che, per quanto tocca il termine per impugnare, è ora scalfita dal nuovo tenore dell’art. 2379, c. 1, che prevede una nullità soggetta a decadenza (5).
Il fatto è che, nelle esperienze giuridiche contemporanee, la patologia del contratto, come tutta la dinamica contrattuale, è questione di diritto positivo, e cioè di scelte normative, non di precostruzione della giuridicità. Dunque le nuove figure ed il loro raccordo con le invalidità già previste pongono un vero problema di inquadramento solo là dove si tratti di colmare lacune della disciplina attingendo le regole, od i criteri per indi- viduare le regole, da applicare dal regime di una categoria generale di riferimento.
(2) Per alcune considerazioni sul tema x. XXXXXXX, Nullità annullabilità inefficacia (nella prospettiva del diritto europeo), in Contr., 2003, 200 ss.; XXXXXXX, Invalidità e inefficacia. Modalità assiologiche della negozialità, in Riv. dir. civ., 2003, I, 201 ss.; XXXXXX, Nullità anomale e conformazione del contratto (note minime in tema di “abuso dell’autonomia contrattuale”), in Riv. dir. priv., 2005, 285 ss.; LO SURDO, Il diritto della concorrenza tra vecchie e nuove nullità, in Banca borsa tit. cred., 2004, 175 ss. Anche a questo proposito rileva quanto osservato nella nota 1.
(3) Cfr., ad esempio, l’art. 117, c. 2, là dove contempla l’azione “di annullamento”.
(4) È assai frequente, quasi pacifica, l’affermazione che quei vizi delle deliberazioni deducibili, con legittimazione relativa, entro un termine danno luogo ad altrettante cause di annullabilità. Essa muove dall’idea, discutibile, che i caratteri della nullità descritti nella
disciplina generale del cTonetrrmattoinnee rea ptrraestetnotincoaupni’itmoploronta generale e costante.
(5) E sancisce l’irrilevanza della mancata convocazione, della mancanza di verbale e dell’impossibilità o illiceità dell’oggetto decorsi tre anni dall’iscrizione o dal deposito della deliberazione nel registro delle imprese, se la deliberazione vi è soggetta, o, in caso contra- rio, dalla trascrizione nel libro adunanze dell’assemblea; salva comunque l’impugnabilità senza limiti di tempo delle deliberazioni “che modificano l’oggetto sociale prevedendo attività illecite o impossibili”.