CAPITOLO I - NATURA, OGGETTO E CONTENUTI DEL REGOLAMENTO EDILIZIO SEZIONE I – NORME GENERALI
CAPITOLO I - NATURA, OGGETTO E CONTENUTI DEL REGOLAMENTO EDILIZIO SEZIONE I – NORME GENERALI
Art. 1 - Natura del Regolamento Edilizio
Art. 2 - Oggetto e contenuti del Regolamento Edilizio
Art. 3 - Disposizioni di servizio relative all'applicazione delle norme contenute nel Regolamento Edilizio
Art. 4 – Deroghe al Regolamento Edilizio Art. 5 - Allegati
Art. 6 - Sanzioni sulla mancata applicazione del Regolamento Edilizio
CAPITOLO II: INTERVENTI EDILIZI SEZIONE I – NORME GENERALI
Art. 7 – Attuazione degli interventi edilizi
SEZIONE II: DISCIPLINA DEGLI INTERVENTI INDIRETTI- PIANI ATTUATIVI
Art. 8 – Natura e caratteristiche dei piani attuativi Art. 9 - Piani Attuativi di iniziativa privata
Art. 10 - Piani di Recupero di iniziativa privata Art.11 - Integrazioni alla disciplina dei piani attuativi Art. 12 - Elaborati dei Piani Attuativi
Art. 13 - Elaborati dei Piani di Recupero Art. 14 – Convenzioni
Art. 15 - Aree e attrezzature di interesse pubblico comprese nei piani attuativi
SEZIONE III: DISCIPLINA DEGLI INTERVENTI DIRETTI - PROGETTI UNITARI DI SISTEMAZIONE URBANISTICA, PERMESSI A COSTRUIRE E SEGNALAZIONE CERTIFICATA DI INIZIO ATTIVITA' (SCIA)
Art. 16 - Natura e caratteristiche degli interventi edilizi diretti Art. 17 - Progetti Unitari di Sistemazione Urbanistica
Art. 18 - Titoli abilitanti alla esecuzione di opere edilizie Art. 19 - Attività edilizia libera
Art. 20 - Soggetto competente alla gestione degli atti afferenti alle procedure edilizie Art. 21 - Interventi soggetti a Permesso di costruire
Art. 22 - Procedura per il rilascio del Permesso di costruire
Art. 23 - Decadenza del Permesso di costruire per mancato inizio dei lavori
Art. 24 - Decadenza del Permesso di costruire per mancata ultimazione dei lavori entro il termine assegnato
Art. 25 - Proroga dei termini di decadenza del Permesso di costruire e della SCIA Art. 26 - Opere sottoposte a SCIA e procedure per la presentazione della stessa Art. 27 - Decadenza della SCIA
Art. 28 - Titolarità e voltura del Permesso di costruire e della segnalazione certificata di inizio attività
Art. 29 - Varianti in corso d’opera
Art. 30 - Permesso di costruire e attestazione di conformità, in sanatoria Art. 31 – Opere oggetto di sanatoria: rilascio abitabilità o agibilità
Art. 32 - Opere da eseguirsi con procedura di urgenza
Art. 33 - Progetti di opere edilizie: modalità e documentazione
Art. 34 - Contributo relativo ai Permesso di Costruire e alle Segnalazioni Certificate di Inizio Attività
CAPITOLO III : COMMISSIONE EDILIZIA E COMMISSIONE COMUNALE PER IL PAESAGGIO
SEZIONE I – NORME GENERALI
Art. 35 - Commissioni Consultive dell’Amministrazione Comunale Art. 36 - Commissione Edilizia
Art. 37 - Commissione Comunale per il Paesaggio
Art. 38 - Progetti soggetti all’esame della Commissione Comunale per il paesaggio Art. 39 - Norma transitoria
CAPITOLO IV : PARAMETRI EDILIZI ED URBANISTICI SEZIONE I – DEFINIZIONI
Art. 40 – Individuazione dei parametri edilizi ed urbanistici
CAPITOLO V : REQUISITI DELLE COSTRUZIONI
SEZIONE I – REQUISITI GENERALI PER GLI IMMOBILI ESISTENTI
Art. 41 Obbligo di manutenzione Art. 42 Edifici pericolanti
Art. 43 - Edifici crollati o resi inagibili da eventi calamitosi Art. 44 - Immobili notificati ai sensi del D.Lgs. 42/2004
SEZIONE II – REQUISITI GENERALI PER GLI IMMOBILI DI NUOVA COSTRUZIONE
Art. 45 - Ambito di applicazione Art. 46 - Salubrità del terreno
Art. 47 - Impermeabilità e secchezza degli edifici Art. 48 - Materiali da costruzione ecosostenibili
Art. 49 - Areazione delle unità immobiliari e dei singoli locali Art. 50 - Illuminazione dei locali
Art. 51 - Infissi ed affissi
Art. 52 - Isolamento termico ed acustico degli edifici Art. 53 - Servizi igienici (vedi anche art. 134)
Art. 54 - Misure contro la penetrazione negli edifici di animali in genere. Art. 55 - Raccolta differenziata rifiuti urbani
Art. 56 - Caratteristiche degli edifici destinati ad attività diverse dalla civile abitazione
SEZIONE III – REQUISITI SPECIFICI DEGLI EDIFICI PER ABITAZIONE
Art. 57 - Alloggi e locali di abitazione Art. 58 – Locali interni alle abitazioni
Art. 59 - Caratteristiche dei locali primari, di supporto e accessori Art. 60 - Eccezioni e deroghe per gli interventi su edifici esistenti Art. 61 - Requisiti relativi alla riservatezza.
SEZIONE IV – REQUISITI DEGLI INTERVENTI DI NUOVA INFRASTRUTTURAZIONE
Art. 62 - Parcheggi pubblici Art. 63 - Parcheggi privati
Art. 64 - Parcheggi privati da realizzarsi ai sensi dell’art. 9, comma 1, della L.122/1989 Art. 65 - Schermatura di posti auto all’aperto
Art. 66 - Pavimentazioni, illuminazione ed elementi di definizione dello spazio pubblico Art. 67 - Caratteristiche delle viabilità pubbliche e aree di rispetto stradale
SEZIONE V – INTERVENTI DI RIDUZIONE DEL RISCHIO IDRAULICO
Art. 68 - Uso sostenibile della risorsa idrica e riduzione del rischio idraulico
CAPITOLO VI : ESECUZIONE DEI LAVORI SEZIONE I – NORME GENERALI
Art. 69 – Adempimenti e cautele
Art. 70 - Richiesta di punti fissi di allineamento e quote Art. 71 - Tolleranze di costruzione
Art. 72 - Prescrizioni per il cantiere
Art. 73 - Occupazione e manomissione del suolo pubblico Art. 74 - Comunicazione di ultimazione lavori
SEZIONE II – ADEMPIMENTI
Art. 75 – Adempimenti vari
Art. 76 - Ingressi carrai o passi carrabili Art. 77 - Fascicolo edificio
CAPITOLO VII : ABITABILITÀ ED AGIBILITÀ DELLE COSTRUZIONI
SEZIONE I – ATTESTAZIONE DI ABITABILITÀ ED AGIBILITÀ IN VIA ORDINARIA
Art. 78 - Certificazione di abitabilità o agibilità.
Art. 79 - Annullamento dell’attestazione di abitabilità o agibilità Art. 80 - Controlli e verifiche
SEZIONE II – ATTESTAZIONE DI ABITABILITÀ ED AGIBILITÀ SU IMMOBILI OGGETTO DI CONDONO EDILIZIO
Art. 81 - Domande per immobili oggetto di condono edilizio Art. 82 - Certificazione per gli immobili di vecchia costruzione
CAPITOLO VIII – REQUISITI DEI COMPONENTI DELL'EDIFICIO SEZIONE I – COMPONENTI FORMALI DEGLI EDIFICI
Art. 83 - Spazi comuni di collegamento Art. 84 - Parapetti
Art. 85 - Scale
Art. 86 – Chiostrine e cavedi Art. 87 - Soppalchi
SEZIONE II – IMPIANTI IDRICO, ELETTRICO E DI RISCALDAMENTO
Art. 88 - Impianto idrico Art. 89 – Impianto elettrico
Art. 90 – Impianto di riscaldamento
Art. 91 - Sbocco dei condotti di evacuazione dei prodotti di combustione
SEZIONE III: IMPIANTO FOGNARIO
Art. 92 - Acque pluviali ed acque reflue Art. 93 - Corpi ricettori finali
Art. 94 - Pubbliche fognature Art. 95 - Abitanti equivalenti
Art. 96 - Raccolta e smaltimento delle acque pluviali Art. 97 - Raccolta e smaltimento delle acque reflue
Art. 98 – Recapito delle acque reflue in pubblica fognatura Art. 99 - Recapiti diversi dalla pubblica fognatura
Art. 100 - Fosse biologiche
Art. 101 - Fosse settiche tipo Imhoff
Art. 102 - Depuratori ad ossidazione totale
Art. 103 - Altri tipi di trattamento o depurazione
Art. 104 - Recapito dei liquami nel suolo mediante sub-irrigazione Art. 105 - Recapito dei liquami nel suolo mediante pozzi assorbenti Art. 106 - Fitodepurazione
Art. 107 - Pozzi a tenuta
CAPITOLO IX : DECORO URBANO
SEZIONE I – ASPETTO ESTERIORIE DEI FABBRICATI
Art. 108 – Norma generale
Art. 109 – finiture esterne e tinteggiature degli edifici Art. 110 – Decorazioni pittoriche ed apparati decorativi Art. 111 – Zoccoli ed Elementi decorativi a rilievo
Art. 112 - Terrazze a sbalzo sulla pubblica via Art. 113 - Tettoie a sbalzo
Art. 114 - Manti di copertura, profilo della copertura e pendenza del tetto degli edifici Art. 115 - Cornicioni e gronde
Art. 116 - Terrazze a tasca sulle coperture Art. 117 - tende da sole
Art. 118 - Antenne e parabole riceventi della radio e della televisione Art. 119 – Elementi funzionali agli impianti tecnologici
Art. 120 - Mostre ed insegne (art. 63 RE Cavriglia) Art 121 - Numeri civici
Art. 122 - Cartelli indicatori
SEZIONE II – GIARDINI E AREE DI PERTINENZA ESTERNE AI FABBRICATI
Art. 123 - Giardini e aree scoperte di pertinenza degli edifici
Art. 124 - Muri di cinta Art. 125 - deposito gpl
Art. 126 – piscine e vasche per l'irrigazione
Art. 127 - Impianti a fonti rinnovabili, pannelli solari termici e fotovoltaici, generatori eolici Art. 128 - strade private di accesso alla residenza nelle zone agricole
CAPITOLO X : EFFICIENZA ENERGETICA
Art. 129 - Risparmio energetico, sviluppo delle fonti rinnovabili e corretto impiego dell’energia
Art. 130 - Caratteristiche delle serre solari
CAPITOLO XI : ABBATTIMENTO DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE
Art. 131 - Opere soggette alla prescrizioni in materia di accessibilità degli edifici Art. 132 - Documentazione ed elaborati tecnici
Art. 133 - Prescrizioni e deroghe
CAPITOLO XII : NORME FINALI E TRANSITORIE
Art. 134 - Criteri interpretativi di norme in materia edilizia e urbanistica Art. 135 - Interventi ammissibili nelle aree preordinate all'esproprio
Art. 136 - Interventi ammissibili nelle aree in cui sono decaduti i vincoli preordinati all'esproprio e nelle aree non pianificate
Art. 137 - Norme transitorie
ALLEGATI
Allegato I : Glossario
Allegato II: Regolamento per la realizzazione di strutture temporanee
Allegato III: Criteri interpretativi ed applicativi di norme vigenti in materia edilizia ed urbanistica
Allegato IV: Documentazione minima costituente i progetti dei diversi tipi di intervento Allegato V: Criteri per la realizzazione degli interventi all'interno delle zone di Regolamento Urbanistico
CAPITOLO I - NATURA, OGGETTO E CONTENUTI DEL REGOLAMENTO EDILIZIO SEZIONE I – NORME GENERALI
Art. 1 - Natura del Regolamento Edilizio
1. Il presente Regolamento è stato redatto ai sensi dell’art. 4 del D.P.R. 380/2001 e dell’art. 64 della L.R. 1/2005 nell’esercizio della autonomia normativa di cui all’art. 3 del D.Lgs. 267/2000.
2. Le norme dei regolamenti edilizi comunali non possono in alcun caso costituire variante agli strumenti della pianificazione territoriale.
Art. 2 - Oggetto e contenuti del Regolamento Edilizio
1. Il presente Regolamento disciplina le modalità costruttive, di ornato pubblico ed estetica, igienico sanitarie, nonché le ulteriori materie che abbiano attinenza con l’attività edilizia, con il decoro e l’igiene cittadina, con la tutela dei valori ambientali ed architettonici, con l’attività di vigilanza relativi al territorio comunale e regola lo svolgimento delle attività subdelegate al Comune in materia di paesaggistica.
2. Le prescrizioni del presente Regolamento sono sempre da intendersi fatti salvi eventuali diritti di terzi.
3. Eventuali richiami a disposizioni relative alla disciplina urbanistico edilizia nazionale o regionale contribuiscono alla comprensione del Regolamento. In caso di modifiche o integrazioni a tale normativa nazionale o regionale le norme modificate si intendono recepite nel presente Regolamento anche in assenza di esplicito atto di recepimento da parte del Comune.
4. Solo per quanto riguarda la definizione degli interventi edilizi di cui alla L.R. 1/2005, anche in caso di modifica della norma continua a farsi riferimento al testo di legge vigente al momento dell'approvazione definitiva di Regolamento Urbanistico.
5. Si intendono introdotte nel presente Regolamento e ne fanno parte integrante le ulteriori disposizioni giuridicamente prevalenti sulle norme locali che venissero emanate successivamente alla sua approvazione.
Art. 3 - Disposizioni di servizio relative all'applicazione delle norme contenute nel Regolamento Edilizio
1. Il Responsabile del Settore Urbanistica può emanare disposizioni di servizio e interpretazioni autentiche finalizzate ad applicare le norme del presente Regolamento Edilizio.
Art. 4 – Deroghe al Regolamento Edilizio
1. Le deroghe al Regolamento Edilizio sono concesse, secondo quanto previsto dal Regolamento Edilizio nei singoli articoli, dal Responsabile dell'Area Urbanistica sulla base del parere espresso dalla Commissione edilizia, dall'azienda USL o dall'organismo tecnico preposto, in relazione alle specifiche competenze igienico sanitarie.
Art. 5 - Allegati
1. Gli allegati, che costituiscono parte integrante e sostanziale del presente Regolamento, disciplinano aspetti specifici e settoriali dell’attività degli uffici e dettano criteri interpretativi della vigente disciplina edilizia ed urbanistica.
3. Il complesso degli allegati è costituito da:
- Allegato I : Glossario;
- Allegato II: Regolamento per la realizzazione di strutture temporanee;
- Allegato III: Criteri interpretativi ed applicativi di altre norme vigenti in materia edilizia
ed urbanistica;
- Allegato IV: Documentazione minima costituente i progetti dei diversi tipi di intervento;
- Allegato V: Criteri per la realizzazione degli interventi all'interno delle sottozone di Regolamento Urbanistico.
Art. 6 - Sanzioni sulla mancata applicazione del Regolamento Edilizio
1. Le infrazioni alle norme del presente Regolamento Edilizio, quando non sanzionate da specifiche norme statali, regionali e regolamentari, comportano l'applicazione di una sanzione amministrativa. La sanzione amministrativa è graduata, a seconda dell'entità della violazione, da un minimo di 25 (venticinque) euro ad un massimo di 500 (cinquecento) euro ai sensi dell'art.7 bis del D.Lgs. 267/2000. Alle sanzioni amministrative si applicano ogni anno, automaticamente, le variazioni percentuali dell'indice dei prezzi al consumo, determinate dall'ISTAT, per il mese di novembre sul corrispondente mese dell'anno precedente. Con apposita Deliberazione la Giunta Comunale definisce le sanzioni amministrative da applicare alle diverse infrazioni, anche raggruppate per gruppi omogenei, con riferimento alla loro gravità in termini di lesione degli interessi pubblici e collettivi.
2. Oltre all'applicazione delle sanzioni pecuniarie il Responsabile dell'Ufficio Urbanistica, con atto motivato, intima che lo stato dei luoghi sia ripristinato nella situazione precedente alla violazione assegnando un congruo termine. Il termine può essere eventualmente prorogato, su richiesta dell'interessato, qualora sussistano comprovati motivi.
3. L'inottemperanza entro il termine stabilito comporterà, a seguito di nuovo accertamento, l'applicazione di un'ulteriore sanzione pecuniaria.
CAPITOLO II: INTERVENTI EDILIZI SEZIONE I – NORME GENERALI
Art. 7 – Attuazione degli interventi edilizi
Gli interventi edilizi all'interno del territorio comunale si attuano:
a) attraverso i piani attuativi di iniziativa pubblica e/o privata di cui al titolo V, capo IV, della legge urbanistica regionale;
b) attraverso interventi edilizi diretti, rispettivamente previa Progetto Unitario di Sistemazione Urbanistica di cui all'art. 16 del presente Regolamento, Permesso di Costruire o Segnalazione Certificata di Inizio dell’Attività o, limitatamente ai casi previsti all’art. 78, comma 2 della legge urbanistica regionale, atto comunale di approvazione del progetto esecutivo.
SEZIONE II: DISCIPLINA DEGLI INTERVENTI INDIRETTI- PIANI ATTUATIVI
Art. 8 – Natura e caratteristiche dei piani attuativi
1. I piani attuativi costituiscono strumenti urbanistici di dettaglio per l’attuazione del Regolamento Urbanistico: ciascun piano attuativo può avere, in rapporto agli interventi previsti, i contenuti e l’efficacia di uno o più dei piani o programmi di cui al titolo V, capo IV, sezione II, della legge urbanistica regionale.
2. I Piani Attuativi sono approvati secondo le procedure di cui all’articolo 69 della Legge urbanistica regionale.
3. Nel caso in cui i Piani Attuativi contrastino con gli strumenti urbanistici comunali ad essi sovraordinati, gli stessi sono adottati ed approvati contestualmente alle varianti a tali strumenti.
4. Non danno luogo a variante agli strumenti comunali ad essi sovraordinati eventuali riperimetrazioni delle aree interessate dai piani attuativi conseguenti al maggior dettaglio progettuale secondo quanto stabilito al successivo articolo 10.
5. I piani attuativi di iniziativa privata sono attuati previo rilascio di autorizzazione urbanistica da parte del Comune, dalla cui data decorrono i termini di validità di cui all’art. 68, comma 1, della legge urbanistica regionale. L’autorizzazione urbanistica è subordinata alla stipula di una convenzione fra Comune e proprietari con i contenuti di cui all'articolo 70 della L.R. 1/2005.
Art. 9 - Piani Attuativi di iniziativa privata
1. I Piani Attuativi di iniziativa privata sono obbligatori per i nuovi insediamenti all'interno delle aree specificatamente previste all'interno del Regolamento Urbanistico vigente.
2. Per la realizzazione degli interventi dei piani attuativi per i quali è ammessa l'iniziativa privata i proprietari rappresentanti la maggioranza assoluta del valore dei beni calcolata in base all'imponibile catastale, ricompresi nel piano attuativo, hanno titolo a costituire il consorzio per la presentazione al comune delle proposte di realizzazione dell'intervento secondo le procedure di cui all'articolo 66 della Legge Regionale 1/2005.
Art. 10 - Piani di Recupero di iniziativa privata
1. I Piani di Recupero di iniziativa privata sono ammessi nelle zone di recupero di cui all’articolo 27 della Legge 457/1978 nonché in tutti i casi in cui il Piano sia prescritto o ammesso dalle Norme Tecniche di Attuazione di Regolamento Urbanistico.
2. I Piani di Recupero del patrimonio edilizio attuano il recupero degli immobili, dei complessi edilizi, degli isolati e delle aree all'interno degli ambiti connotati da condizioni di
degrado, come individuate ai sensi dell'articolo 9 del D.P.G.R. 3R/2007, anche attraverso interventi di completamento, di sostituzione edilizia o di ristrutturazione urbanistica individuando le unità minime di intervento.
Art. 11 - Integrazioni alla disciplina dei piani attuativi
1. In sede di elaborazione del progetto di dettaglio dei piani attuativi, il cui perimetro è individuato dagli strumenti urbanistici generali, qualora le indicazioni grafiche riguardanti il perimetro, e/o le suddivisioni interne, cadano in prossimità - ma non coincidano - con elementi reali di suddivisione del territorio rilevabili sul posto o su mappe di scala maggiore (quali recinzioni, fossati, i manufatti esistenti, sponde di fiumi, torrenti ecc.), dette linee grafiche di perimetrazione e di suddivisione possono essere portate a coincidere con i corrispondenti elementi di suddivisione reale del territorio senza che ciò costituisca variante al Regolamento Urbanistico.
2. Nel caso in cui per l'approvazione del Piano Attuativo di iniziativa privata si proceda ai sensi dell'art. 66 della L.R. 1/2005, decorso infruttuosamente il termine assegnato dal comma 2 di detto articolo, il consorzio è abilitato a promuovere, a proprio favore, l'avvio della procedura espropriativa per le aree e le costruzioni dei proprietari non aderenti.
3. Per i piani di recupero il Responsabile Unico del Procedimento può attestare, sulla base di una verifica analitica allegata al piano di recupero, l'impossibilità di reperire gli standard necessari all'interno dell'unità minima di intervento. In tal caso gli standard dovranno essere reperiti entro i limiti delle disponibilità esistenti nelle adiacenze immediate, ovvero su aree accessibili tenendo conto dei raggi di influenza delle singole attrezzature e della organizzazione dei trasporti pubblici. Qualora anche nelle immediate vicinanze si riscontri la non disponibilità di aree idonee, anche in ragione delle caratteristiche morfologiche, di destinazione d'uso o paesaggistico ambientali, il Piano di Recupero deve precisare come siano altrimenti soddisfatti i fabbisogni dei relativi servizi ed attrezzature. Per le opere di urbanizzazione non realizzate sarà versato un corrispettivo il cui importo sarà definito con determinazione da parte del Comune.
4. Qualora nell’ambito del piano attuativo non siano previste opere di urbanizzazione secondaria:
a) in luogo della loro realizzazione verrà prevista la corresponsione da parte dei proprietari di un contributo nella misura stabilita dal titolo VII, capo I, della legge urbanistica regionale e dalle relative determinazioni del Comune;
b) in luogo della cessione delle relative aree verrà prevista la monetizzazione delle stesse, ovvero la corresponsione al Comune di una somma pari al costo di acquisto di aree equivalenti; il prezzo unitario delle aree sarà determinato con riferimento al valore assunto ai fini della determinazione dell’Imposta Municipale sugli immobili (IMU) per i terreni edificabili.
Art. 12 - Elaborati dei Piani Attuativi
1. I piani attuativi dovranno avere i contenuti previsti dall’art. 67 della Legge urbanistica regionale e dovranno contenere tutti gli elaborati necessari per illustrare l'intervento in maniera esauriente e completa. Sono comunque obbligatori i seguenti elaborati minimi:
a) quadro conoscitivo di riferimento;
b) normativa tecnica di attuazione;
c) relazione illustrativa che dà compiutamente conto della coerenza interna ed esterna e che motiva i contenuti del piano con riferimento agli aspetti paesaggistici e socio economici rilevanti per l'uso del territorio e per la salute umana, in attuazione di
quanto previsto dal Regolamento Urbanistico;
d) relazione geologica di fattibilità: la relazione dovrà includere uno specifico studio del microreticolo di drenaggio idrico superficiale, se esistente, ed eventuali modifiche dello
stesso in relazione all’intervento e verifichi la compatibilità delle opere in progetto con le strutture idrauliche naturali e artificiali esistenti;
e) elaborati grafici costituiti da:
e.1) planimetria d’inquadramento dello stato di fatto in scala 1:2.000 o 1:5.000, con indicazione degli eventuali vincoli ricorrenti;
e.2) rilievo quotato del terreno e sezioni, nel rapporto 1:500: gli elaborati devono espressamente dare atto dell’esistenza o meno di alberature, precisandone eventualmente la specie e la dimensione, nonché la compatibilità con l'intervento edilizio proposto;
e.3) documentazione fotografica esaustiva dell'intero ambito d intervento;
e.4) planimetria dell'intervento in scala 1:200 con indicazione della suddivisione in lotti fabbricabili;
e.5) progetto dell'intervento, in scala 1:200, contenente l'individuazione della suddivisione in lotti fabbricabili, le planimetrie, le sezioni, i profili e gli allineamenti, l'orientamento, l'individuazione degli spazi riservati ad aree ed attrezzature di interesse pubblico di cui all'art. 14 del presente Regolamento le destinazioni d’uso degli immobili e delle aree scoperte e la verifica dei parametri urbanistici ed edilizi prescritti da RegolamentoUrbanistico;
e.6) planimetria quotata nel rapporto 1:1.000 o 1:500 delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria (strade, piazze, altri spazi pubblici e di uso pubblico), con indicazione delle superfici che devono essere cedute al Comune;
e.7) planimetria catastale aggiornata (estratto originale di mappa) dell’area interessata dal Piano Attuativo, con allegato l'elenco delle proprietà e la superficie delle relative particelle o porzioni di esse. Nello stesso elaborato, o in elaborato distinto, dovranno essere individuati gli eventuali edifici esistenti, la tipologia di intervento prevista dal Piano Attuativo per ciascun edificio ed il dettaglio, mediante l'indicazione dei relativi dati catastali, delle eventuali proprietà da espropriare o da vincolare secondo le procedure previste dalle leggi statali e regionali;
e.8) studio tipologico ed abaco dei particolari costruttivi;
e.9) eventuali altri elaborati grafici che si rendano necessari ad illustrare aspetti specifici e peculiari del singolo piano attuativo.
2. I piani attuativi dovranno altresì essere corredati dallo schema della relativa convenzione attuativa.
Art. 13 - Elaborati dei Piani di Recupero
1. Oltre agli elaborati individuati all'articolo precedente i Piani di Recupero, nel caso in cui gli interventi previsti interessino edifici esistenti, debbono essere corredati da un'analisi storico-critica stilistica dell’intero edificio.
2. I contenuti minimi di detta analisi devono essere i seguenti:
a) notizie storiche sull’edificio, con gli eventuali riferimenti bibliografici;
b) analisi dell’evoluzione architettonica e di utilizzo dell'immobile, con individuazione delle principali fasi di crescita o di modificazione dell’immobile, corredata, qualora occorra, da idonei schemi esplicativi;
c) analisi dello stato attuale con individuazione:
c.1. degli elementi tipologici e distributivi caratteristici dell’edificio in ragione del loro valore storico-artistico, tipologico-documentario o architettonico-paesaggistico;
c.2. degli eventuali valori storico-artistici, a carattere non strettamente edilizio, custoditi all'interno dell'immobile;
c.3. degli eventuali ampliamenti non storicizzati nonché delle alterazioni non coerenti con l’impianto originario;
d) esposizione delle motivazioni dell’intervento progettato, con illustrazione dei criteri
generali che hanno orientato l'intervento in coerenza con le risultanze dell’analisi svolta;
e) esposizione dettagliata degli accorgimenti progettuali e/o tecnico-costruttivi adottati per conservare e valorizzare gli elementi di pregio o comunque da tutelare.
Art. 14 – Convenzioni
1. Le Convenzioni relative ai piani di cui agli articoli precedenti devono prevedere:
a) la cessione gratuita, entro i termini stabiliti, delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria nel rispetto delle quantità minime fissate da Regolamento Urbanistico;
b) l’assunzione, a carico del proprietario, dell'esecuzione di tutte le opere di urbanizzazione primaria inerenti il piano;
c) il riferimento ad un disciplinare che stabilisca le specifiche tecniche e le modalità esecutive delle opere convenzionate, nonché eseguite, ai fini dello scomputo dagli oneri di urbanizzazione dovuti;
d) l’assunzione, a carico del proprietario, della quota di oneri relativi alle opere di urbanizzazione secondaria, proporzionali all’entità degli insediamenti secondo quanto stabilito dalle tabelle parametriche comunali, ovvero l’esecuzione delle stesse;
e) l’assunzione, a carico del proprietario, degli oneri di manutenzione di tutti gli spazi pubblici e di uso pubblico, fino alla loro cessione al Comune;
f) le fasi di realizzazione dei vari interventi ed i tempi relativi;
g) congrue garanzie finanziarie per l’adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione;
h) le sanzioni convenzionali a carico dei proprietari per l’inosservanza degli obblighi stabiliti nella Convenzione.
2. Gli schemi di tali convenzioni sono approvati dalla Giunta Comunale a seguito dell'approvazione definitiva dei relativi piani attuativi.
Art. 15 - Aree e attrezzature di interesse pubblico comprese nei piani attuativi
1. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai processi di trasformazione edilizia e urbanistica per i quali è prevista l’approvazione di un piano attuativo nonché, in quanto applicabili, agli interventi edilizi diretti nei quali è prevista l’esecuzione di opere di urbanizzazione primaria.
2. Si definiscono di interesse pubblico tutte le aree e le attrezzature destinate all’uso pubblico ed in particolare:
- le aree a verde pubblico e le relative attrezzature;
- i parcheggi pubblici;
- la viabilità carrabile di uso pubblico;
- i percorsi pedonali di uso pubblico;
- le piste ciclabili;
- l’illuminazione pubblica;
- le aree per la raccolta dei rifiuti e le relative attrezzature;
- i cestini e tutti gli altri elementi costituenti arredo urbano di interesse pubblico.
3. Sono altresì definite di interesse pubblico, per la loro importanza nel determinare la qualità di un ambito urbano e per la necessità di coordinare e rendere omogenei tra loro i vari interventi:
- le recinzioni, i cancelli, i muretti posti lungo le viabilità pubbliche;
- gli alloggiamenti dei contatori delle varie utenze posti lungo le viabilità pubbliche;
- le insegne e le targhe pubblicitarie.
4. Per la realizzazione delle aree e/o l’installazione di attrezzature di interesse pubblico dovranno essere redatti specifici progetti da allegarsi agli elaborati del piano attuativo e,
nel caso di interventi diretti, al progetto delle opere di urbanizzazione primaria previste. Tali progetti dovranno essere sviluppati a livello definitivo e comprendere:
- l’esatto rilievo dell’area e le modalità di sistemazione della stessa, con evidenziati gli eventuali movimenti del terreno, le planimetrie quotate e le sezioni più significative;
- l’indicazione delle alberature di cui si prevede la messa a dimora, distinte per numero, specie e dimensione all'impianto;
- l’indicazione degli arbusti e delle siepi, distinte per specie ed ambito localizzativo;
- l’individuazione delle aree da sistemare a prato, con indicazione del tipo di prato e del sistema di irrigazione (modalità, approvvigionamento delle acque, necessità di eventuali locali tecnici, ecc);
- l’eventuale individuazione delle aree e degli spazi destinati alla attività sportiva, ricreativa o per il gioco dei bambini, con indicazione delle caratteristiche tecniche e dei materiali, supportate da schemi grafici, particolari ed elementi illustrativi;
- l’individuazione delle aree destinate alla viabilità carrabile, pedonale e ciclabile (qualora prevista), nonché delle aree destinate a parcheggio e dei relativi spazi di manovra con indicazione delle sezioni tipo, degli eventuali scavi o riporti, delle caratteristiche tecniche e dimensionali degli eventuali muri di sostegno, con descrizione del tipo o tipi di pavimentazione, dei cordonati, del tipo di pozzetti, delle caditoie, ecc, con eventuali particolari o elementi illustrativi;
- il progetto dell’impianto di illuminazione pubblica, con l’ubicazione dei punti luce e la dettagliata descrizione degli elementi illuminanti, con particolari grafici ed eventuali elementi illustrativi;
- l’individuazione delle aree per la raccolta dei rifiuti, con il posizionamento dei cassonetti, la verifica dei relativi spazi di manovra per i mezzi impiegati nella raccolta e le modalità di protezione delle stesse anche dal punto di vista dell’impatto visivo e l’ubicazione dei cestini per i rifiuti;
- la descrizione dei vari manufatti con indicazione del tipo, delle caratteristiche tecniche e dei materiali, con eventuali particolari o elementi illustrativi;
- le modalità da tenersi per la eliminazione delle barriere architettoniche;
- il progetto tipo per la realizzazione dei cancelli, degli ingressi e delle recinzioni posti lungo le viabilità, con indicazione delle dimensioni, dei materiali, delle caratteristiche tecniche, con particolari grafici ed eventuali elementi illustrativi;
- le indicazioni in merito alla eventuale apposizione di insegne e targhe pubblicitarie, specificando la localizzazione e le caratteristiche tecniche dell’insegna o della targa (materiali, dimensioni, tipologia, colori ed eventuale illuminazione);
- le indicazioni sulle modalità di strutturazione dei resede privati con riguardo a tipologia del giardino, tipo di pavimentazione, specie arboree consigliate o da evitare, tipo di illuminazione, ecc, in modo da conseguire una omogeneità complessiva delle nuove aree da strutturare anche per quanto riguarda la sistemazione delle aree libere da costruzioni;
- ogni altra elaborazione ritenuta utile dal Comune, dai progettisti o dallo stesso soggetto attuatore, finalizzata al conseguimento di una maggiore qualità dei processi di trasformazione.
5. Nella redazione dei progetti e nella esecuzione dei lavori dovranno essere osservati i seguenti indirizzi, direttive e prescrizioni:
- dovranno essere realizzate le aree a verde pubblico attrezzato ed a parcheggio pubblico, nella misura stabilita dal Regolamento Urbanistico per ogni specifica sottozona. Qualora la loro ubicazione non sia già prevista negli elaborati del Regolamento Urbanistico, dovranno essere disposte in posizione preferibilmente baricentrica
rispetto all’ambito di trasformazione e in aree fruibili e facilmente raggiungibili;
- le specie arboree da utilizzare negli spazi a verde pubblico dovranno essere di tipo autoctono: lungo le viabilità potranno essere previsti esclusivamente lecci, platani, tigli, ippocastani e bagolari. E' fatto divieto di utilizzare pini od altri tipi di conifere lungo le viabilità;
- almeno l’80% della superficie delle aree a verde pubblico dovrà essere sistemata a verde, con coperture erbacee, arbustive o arboree; la restante superficie potrà essere interessata da piccoli impianti scoperti per la pratica sportiva o per il gioco o da percorsi pedonali. Le dimensioni e la localizzazione di detti impianti dovranno essere commisurate alla dimensione dell’area. I percorsi dovranno essere pavimentati con materiale drenante. E' fatto divieto di impiegare manti in conglomerato bituminoso;
- i parcheggi pubblici dovranno essere alberati con essenze alberature ad alto fusto di specie autoctona e disposte in modo da non ostacolare le manovre di parcheggio delle autovetture.
SEZIONE III: DISCIPLINA DEGLI INTERVENTI DIRETTI - PROGETTI UNITARI DI SISTEMAZIONE URBANISTICA, PERMESSI A COSTRUIRE E SEGNALAZIONE CERTIFICATA DI INIZIO ATTIVITA' (SCIA)
Art. 16 - Natura e caratteristiche degli interventi edilizi diretti
1. Gli interventi edilizi diretti costituiscono strumento di attuazione del Regolamento Urbanistico e dei Piani Attuativi.
2. I relativi progetti devono essere redatti nel rispetto delle disposizioni di legge vigenti in materia e secondo quanto dettagliato nel presente Regolamento Edilizio, in conformità al Regolamento Urbanistico e alle eventuali prescrizioni derivanti da piani attuativi approvati.
3. In materia di disciplina dell’attività edilizia valgono le disposizioni di cui al titolo VI, capi II e III, della legge urbanistica regionale.
4. Nel caso di aree soggette ad interventi edilizi diretti prive, del tutto o in parte, delle necessarie opere di urbanizzazione primaria, a scomputo totale o parziale del contributo di cui all’art. 119 della Legge urbanistica regionale per la quota afferente le opere di urbanizzazione primaria, il rilascio del permesso di costruire è subordinato:
a) all’approvazione da parte del Comune del progetto definitivo delle opere di urbanizzazione necessarie alla funzionalità dell’area oggetto di intervento;
b) alla sottoscrizione da parte dei richiedenti di un atto unilaterale d’obbligo a favore del Comune, da trascrivere nei registri immobiliari a cura e spese degli stessi, che contenga l’impegno, prima del rilascio del certificato di abitabilità o agibilità:
b.1) alla cessione gratuita delle eventuali aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria;
b.2) all’assunzione, a carico dei richiedenti, degli oneri relativi all’esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria necessaria alla funzionalità dell’area oggetto di intervento;
b.3) all’assunzione di congrue garanzie finanziarie per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’atto unilaterale d’obbligo.
5. Per gli interventi edilizi relativi ad immobili ubicati nelle zone A e all'interno del patrimonio extraurbano di matrice storica di cui agli articoli 8 e 9 di Regolamento Urbanistico, le opere e gli interventi sottoposti a Segnalazione Certificata d’inizio dell’attività dovranno conseguire assenso preventivo da parte del Comune. Sono esclusi dall’obbligo del conseguimento dell’assenso preventivo i seguenti interventi edilizi: la
costruzione di pozzi artesiani, la costruzione di serbatoi interrati di volumetria inferiore a mc 5 per lo stoccaggio di gas per riscaldamento a servizio di unità immobiliari esistenti, gli interventi edilizi eseguiti a seguito dell’approvazione di piani attuativi.
Art. 17 - Progetti Unitari di Sistemazione Urbanistica
1. Nei casi espressamente previsti dal Regolamento Urbanistico o in ogni caso in cui, in ragione della particolare rilevanza o complessità urbanistica, se ne ravvisi l'opportunità, il Comune può subordinare l’attuazione degli interventi diretti alla approvazione di un progetto unitario di sistemazione urbanistica relativo all’area oggetto di intervento.
2. I progetti unitari di sistemazione urbanistica sono di norma costituiti dagli stessi elaborati che costituiscono i piani attuativi. La realizzazione degli interventi in essi previsti potrà essere subordinata alla stipula di una convenzione con il Comune, o alla sottoscrizione di un atto unilaterale d’obbligo a favore del Comune, da trascrivere nei registri immobiliari a cura e spese dei proponenti, che disciplini il processo edificatorio dell’area.
3. I progetti unitari di sistemazione urbanistica vengono approvati con deliberazione della Giunta Comunale, con la quale viene approvato anche l’eventuale schema di convenzione o di atto unilaterale d’obbligo per l’attuazione.
Art. 18 - Titoli abilitanti alla esecuzione di opere edilizie
1. Ai sensi di quanto prescritto dall'art. 77 della L.R. 1/2005, l’esecuzione di opere edilizie, a seconda della natura delle medesime, è soggetta:
– al rilascio del Permesso di costruire nei casi previsti dall’art. 78 della stessa legge;
– a Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) nei casi previsti dall'articolo 79 della L.R. 1/2005;
2. I progetti da allegare ai titoli abilitativi di cui al primo comma debbono essere costituiti, in funzione del tipo di intervento che si intende eseguire, dalla documentazione minima indicata all'Allegato IV al presente Regolamento Edilizio.
Art. 19 - Attività edilizia libera
1. Fermo restando il rispetto della disciplina urbanistico-edilizia- regolamentare, non sono soggette ad alcun titolo abilitativo le opere descritte all’art. 80 della L.R. 1/2005 ed in dettaglio:
a) gli interventi di manutenzione ordinaria;
b) gli interventi volti all'eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di rampe o di ascensori esterni, oppure di manufatti che alterino la sagoma dell'edificio;
c) le opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico, ad esclusione di attività di ricerca di idrocarburi, e che siano eseguite in aree esterne al centro edificato;
d) i movimenti di terra strettamente pertinenti all'esercizio dell'attività agricola e pratiche agro-silvo-pastorali, compresi gli interventi su impianti idraulici agrari, a condizione che non incidano su sistemazioni storiche dei terreni realizzate ai fini delle pratiche colturali agricole oppure della difesa del suolo;
e) l’installazione di serre mobili stagionali, sprovviste di struttura in muratura, funzionali allo svolgimento dell’attività agricola, diverse dalle serre e dai manufatti di cui al comma 2, lettera d-bis);
f) gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’articolo 79, comma 2, lettera b della L.R. 1/2005, ivi compresa l’apertura di porte interne e lo spostamento di pareti interne, nonché le opere e le modifiche necessarie per realizzare ed integrare i servizi igienico sanitari e tecnologici, sempre che tali interventi non riguardino le parti strutturali
dell’edificio, non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari, non comportino modifiche della destinazione d’uso né aumento del numero delle medesime;
g) le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità, comunque entro un termine non superiore a novanta giorni;
h) le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, nel rispetto delle disposizioni regionali e comunali in materia di contenimento dell’impermeabilizzazione del suolo, ivi compresa la realizzazione di intercapedini interamente interrate e non accessibili, vasche di raccolta delle acque a fini irrigui, volumi tecnici interrati e locali tombati consimili;
i) le aree ludiche senza fini di lucro, quali sistemazioni di spazi esterni per il gioco e il tempo libero attraverso l’installazione di manufatti semplicemente ancorati al suolo senza opere murarie, e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici;
l) i manufatti precari, le serre temporanee e le serre con copertura stagionale previsti e disciplinati dal regolamento di attuazione dell'articolo 41, comma 8 della L.R. 1/2005.
3. L’interessato agli interventi di cui alle lettere da f) a l), è tenuto a comunicare al Comune l'inizio lavori corredato dalle autorizzazioni eventualmente obbligatorie ai sensi delle normative di settore e, limitatamente agli interventi di cui alla lettera f), i dati identificativi dell’impresa alla quale intende affidare la realizzazione dei lavori.
Art. 20 - Soggetto competente alla gestione degli atti afferenti alle procedure edilizie
1. Tutti gli atti afferenti alle procedure edilizie, incluso il rilascio del Permesso di costruire e gli atti ad esso connessi, la stipula delle convenzioni e gli atti repressivi dell’abusivismo edilizio, competono, ai sensi dell’art. 107 del D.Lgsl. 267/2000 e del Regolamento comunale sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, al Responsabile dell'Area Urbanistica.
Art. 21 - Interventi soggetti a Permesso di costruire
1. Sono soggetti al rilascio del Permesso di costruire gli interventi indicati dall’art. 78 della
L.R. 1/2005, in funzione dell’incidenza delle stesse sulle risorse essenziali del territorio.
2. Se il Responsabile Unico del Procedimento rileva che l’istanza di Permesso di costruire, seppure conforme a norme, leggi e regolamenti vigenti, riguarda interventi che, ai sensi della L.R. 1/2005, risultano assoggettati a SCIA, informa il richiedente, secondo la procedura definita dalla L. 241/1990 e s.m.i., che la richiesta di Permesso di costruire è da considerarsi nulla e lo invita a presentare la Segnalazione Certificata di Inizio Attività.
Art. 22 - Procedura per il rilascio del Permesso di costruire
1. Per le procedure di rilascio del Permesso di costruire ed i termini di inizio e di fine lavori si fa riferimento agli articoli 82 e 83 della L.R.1/2005.
2. La completezza formale della domanda di permesso di costruire, in riferimento alla “documentazione minima costituente i progetti dei diversi tipi di intervento” individuata all'Allegato IV del presente Regolamento Edilizio, è verificata dal responsabile del procedimento nei termini di legge; qualora la domanda risulti incompleta o non conforme entro lo stesso termine ne viene data comunicazione all'interessato, invitandolo a presentare le integrazioni necessarie ai fini istruttori entro un termine massimo di 60 giorni.
3. Qualora l'interessato non provveda alle integrazioni richieste nel termine assegnato la domanda di permesso di costruire sarà archiviata. I richiedenti saranno informati dell'archiviazione secondo le procedure di cui al Capo I della L.R. 241/1990.
4. Dell'avvenuto rilascio del Permesso di costruire viene data comunicazione al richiedente, avvalendosi eventualmente anche degli strumenti telematici previsti dal D.Lgs. 82/2005, specificando l'entità del contributo di cui al Titolo VII della L.R.1/2005.
5. Il ritiro dell'atto è subordinato al deposito dell’attestazione di avvenuta corresponsione del contributo di cui al comma precedente.
6. Qualora la verifica di conformità alle norme igienico sanitarie non comporti valutazioni tecnico discrezionali il progettista deve dare dimostrazione, in un apposito capitolo della relazione tecnica illustrativa, del rispetto della disciplina igienico-sanitaria vigente, da verificarsi da parte del Responsabile Unico del Procedimento. Nei casi invece in cui vi sia necessità di valutazioni tecnico discrezionali, è necessario che il richiedente acquisisca, prima della presentazione della istanza, il parere della Azienda Sanitaria competente per territorio: in caso contrario provvede il Responsabile Unico del Procedimento ai sensi dell’art. 83, comma 10, della stessa legge, con spese a carico del richiedente.
7. Nel caso in cui le Norme Tecniche di Attuazione (NTA) del Regolamento Urbanistico vigente assoggettino l'esecuzione delle opere alla stipula di una convenzione, il rilascio del Permesso di Costruire è subordinato alla stipula della convenzione medesima.
Art. 23 - Decadenza del Permesso di costruire per mancato inizio dei lavori
1. Xxx l'interessato non provveda al ritiro del Permesso di costruire entro un anno dalla data del rilascio, il Permesso medesimo decade.
2. Parimenti, ove il titolare del Permesso di costruire non dia inizio ai lavori entro il termine di un anno dal rilascio, lo stesso Permesso decade.
3. Con la decadenza viene meno il titolo alla esecuzione delle opere oggetto di Permesso di costruire e per l’esecuzione delle stesse dovrà essere richiesto un nuovo Permesso di costruire. All’eventuale nuova richiesta di Permesso di costruire si applica la normativa edilizio-urbanistica vigente al momento della presentazione della nuova istanza.
4. Nel caso in cui non vi sia stata alcuna variazione di norme, leggi e regolamenti vigenti rispetto alle opere oggetto del Permesso di costruire originario, il nuovo Permesso di costruire può essere rilasciato con riferimento agli elaborati grafici allegati al Permesso di costruire decaduto.
Art. 24 - Decadenza del Permesso di costruire per mancata ultimazione dei lavori entro il termine assegnato
1. Nel caso che i lavori regolarmente iniziati non siano ultimati entro il termine di validità del Permesso di costruire, lo stesso decade di diritto; con la decadenza viene meno il titolo all’esecuzione delle opere residue oggetto di Permesso di costruire e per l’esecuzione delle stesse dovrà essere richiesto un nuovo Permesso di costruire.
2. Quando non sussistano i presupposti per la concessione della proroga di cui all’art. 77, comma 3, della L.R. 1/2005, deve essere presentata una nuova richiesta di Permesso di costruire, con riferimento alla parte non ultimata.
3. Nel caso in cui non vi sia stata alcuna variazione di norme, leggi e regolamenti vigenti rispetto alle opere oggetto del Permesso di costruire originario, il nuovo Permesso di costruire può essere rilasciato con riferimento agli elaborati grafici allegati al Permesso di costruire decaduto. In tale caso la richiesta deve essere corredata da una dettagliata relazione tecnica che consenta agli uffici di stabilire con certezza gli interventi già realizzati e quelli che necessitano di nuovo titolo. La relazione dovrà essere accompagnata da elaborati grafici esplicativi di dettaglio.
4. La nuova richiesta è valutata in base alla normativa urbanistico-edilizia vigente al momento del rilascio del nuovo Permesso di costruire.
Art. 25 - Proroga dei termini di decadenza del Permesso di costruire e della SCIA
1. Il termine di ultimazione dei lavori, in ottemperanza a quanto stabilito dall’art. 77, comma 3 e comma 7, della L.R. 1/2005 può essere prorogato solo per fatti estranei alla volontà dell’intestatario del titolo abilitativo; sono riconosciute come tali, e danno quindi
diritto alla proroga del termine di ultimazione le seguenti fattispecie, elencate a titolo esemplificativo e non esaustivo:
– sequestro penale del cantiere;
– provvedimento di sospensione dei lavori;
– dichiarazione di fallimento dell’originario intestatario del titolo abilitativo in caso di acquisto del bene dalla curatela del fallimento;
– ritrovamenti archeologici le cui conseguenti indagini comportino ostacolo alla regolare esecuzione dei lavori;
– impedimenti derivanti da eventi naturali eccezionali ed imprevedibili;
– situazioni particolari in cui deve essere assicurata la prosecuzione di un servizio contemporaneamente all’esecuzione delle opere e ciò non fosse prevedibile al momento della richiesta del Permesso di costruire.
2. Quando ricorra uno dei casi di cui al comma precedente, l’intestatario del titolo abilitativo può presentare apposita istanza di proroga, cui vanno allegati i documenti attestanti la natura del fatto che ha provocato il ritardo e la sua estraneità alla volontà del titolare.
Art. 26 - Opere sottoposte a SCIA e procedure per la presentazione della stessa
1. Le opere e gli interventi sottoposti a SCIA elencati all’art. 79 della L.R. 1/2005 sono eseguiti con le modalità e le procedure stabilite dagli artt. 82 e 84 della stessa legge regionale nonché dal presente Regolamento.
2. La SCIA è corredata dal progetto delle opere, costituito dagli elaborati e documenti prescritti dal presente Regolamento per l’intervento ricorrente.
3. Nel caso in cui l'intervento preveda incremento di superficie utile a corredo della SCIA deve essere prodotto l'apposito modello ISTAT, debitamente compilato.
4. Eventuali atti di assenso, comunque denominati, rilasciati da soggetti diversi dal Comune devono essere allegati alla SCIA al momento della presentazione sulla base di quanto indicato all'art. 79 comma 5 della L.R. 1/2005.
5. Per gli atti di assenso di competenza comunale, la relativa istanza deve essere depositata contestualmente alla SCIA e unitamente alle ulteriori copie degli elaborati grafici necessarie per l’ottenimento degli atti di assenso richiesti.
6. L’atto di assenso di cui all'articolo 79 comma 5 lettera d) della L.R. 1/2005 è rilasciato dal Responsabile del Procedimento previa acquisizione del parere della commissione edilizia. Procedura ed elaborati da presentare ai fini della richiesta sono specificati all'Allegato IV “Documentazione minima costituente i progetti dei diversi tipi di intervento” articolo 5 del presente Regolamento.
7. Nel caso in cui le NTA di Regolamento Urbanistico assoggettino l'esecuzione delle opere alla stipula di una convenzione, la presentazione della SCIA è subordinata alla stipula della convenzione medesima.
8. La presentazione della SCIA è inoltre subordinata alla corresponsione, se dovuti ai sensi della Legge Urbanistica, del contributo di cui all’art. 119 della L.R. 1/2005.
Art. 27 - decadenza della SCIA
1. Ove il titolare della SCIA non completi i lavori entro il termine di tre anni dalla presentazione della stessa, questa decade di diritto. Con la decadenza viene meno il titolo all’esecuzione delle opere non ancora realizzate e per l’esecuzione delle stesse deve essere presentata una nuova SCIA. La conformità della nuova SCIA alla normativa urbanistico- edilizia deve essere valutata in base alla disciplina vigente alla data di efficacia della stessa.
2. Nel caso in cui non vi sia stata alcuna variazione di norme, leggi e regolamenti vigenti rispetto alle opere oggetto della SCIA. originaria, la nuova SCIA può essere rilasciata con riferimento agli elaborati grafici allegati al titolo decaduto. In tale caso la richiesta deve
essere corredata da una dettagliata relazione tecnica che consenta agli uffici di stabilire con certezza, gli interventi già realizzati e quelli che necessitano di nuovo titolo. La relazione può essere accompagnata da elaborati grafici esplicativi di dettaglio.
Art. 28 - Titolarità e voltura del Permesso di costruire e della segnalazione certificata di inizio attività
1. Il Permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell'immobile o dell'area, o a chi abbia titolo. E' legittimato a richiedere il Permesso di costruire chiunque abbia la disponibilità del suolo, dell'immobile o della parte di esso nella quale devono essere eseguiti i lavori, ed in genere, chiunque ne abbia diritto secondo le disposizioni di legge.
2. In luogo del titolare possono richiedere il Permesso di costruire il delegato (con atto notarile), il procuratore speciale o il mandatario.
3. Il Permesso di costruire è trasferibile, insieme all'immobile o all'area, ai successori o aventi causa. In caso di trasferimento il subentrante deve darne comunicazione al Responsabile dell'Area Urbanistica, il quale rilascia il provvedimento di voltura consistente nel cambiamento di intestazione, che lascia inalterato il contenuto dell'atto abilitativo. L'atto di voltura, se non accompagnato da equivalenti garanzie sostitutive prestate dal nuovo titolare, non comporta la liberazione dell'originario titolare dagli obblighi già sorti a suo carico circa il pagamento dei contributi.
4. Il Permesso di costruire non incide sulla titolarità della proprietà o di altri diritti reali relativi agli immobili realizzati per effetto del rilascio dell'atto.
5. Le suddette norme valgono, in quanto applicabili, anche per le Segnalazioni Certificate di Inizio Attività.
Art. 29 - Varianti in corso d’opera
1. Alle opere in corso di esecuzione a seguito di Permessi di costruire o di SCIA edilizie è possibile apportare varianti con le modalità di cui all’art. 83 bis della L.R. 1/2005.
Art. 30 - Permesso di costruire e attestazione di conformità in sanatoria
1. Il Permesso di costruire o l’attestazione di conformità in sanatoria possono essere rilasciati dal Comune ai sensi e con le procedure di cui all’art. 140 della L.R. 1/2005 soltanto se l’intervento realizzato è conforme agli strumenti della pianificazione territoriale, agli atti di governo del territorio, nonché al Regolamento Edilizio vigente, sia al momento della realizzazione dell’opera che al momento della presentazione della domanda.
2. Per gli interventi che non hanno rilevanza penale, la sanzione da corrispondersi sarà pari ad una somma da determinarsi ai sensi del Titolo VIII della L.R. 1/2005, fermo restando l’obbligo del pagamento del contributo di cui al Titolo VII della L.R. 1/2005, se dovuto.
3. Il rilascio del Permesso di costruire o dell’attestazione di conformità in sanatoria, nel caso di interventi in corso d’opera, è subordinato alla dimostrazione che le opere già eseguite non sono di per sé difformi dalle vigenti disposizioni in materia edilizia, al momento della esecuzione ed al momento della presentazione dell’istanza, ancorché la relativa abitabilità o agibilità possa essere ottenuta solamente attraverso le necessarie successive opere di completamento.
Art. 31 – Opere oggetto di sanatoria: rilascio abitabilità o agibilità
1. L’abitabilità o l’agibilità degli immobili sanati deve essere attestata nei casi e con le modalità previsti dall’art. 86 della L.R. 1/2005.
Art. 32 - Opere da eseguirsi con procedura di urgenza
1. Potranno essere iniziate in assenza di Permesso di costruire o SCIA:
a) le opere da eseguirsi su ordinanza del Sindaco per la tutela della pubblica incolumità;
b) le opere che presentino documentato carattere di necessità ed urgenza limitatamente a quanto strettamente necessario a scongiurare uno stato di pericolo.
2. Nei casi indicati al comma precedente, entro 24 ore dall’inizio delle opere deve essere data comunicazione al Sindaco, specificando natura ed entità delle medesime, nonché la motivazione che ha determinato la necessità di procedere con urgenza.
3. Il Sindaco può disporre l'invio sul posto un tecnico comunale per l'accertamento dell'effettivo stato di pericolo o grave danno a cose, persone, animali.
4. Nel termine perentorio di 15 giorni dalla data di presentazione della comunicazione, l'interessato deve integrarla con regolare richiesta di Permesso di costruire oppure con il deposito di SCIA in funzione del tipo di intervento ricorrente.
5. In mancanza della presentazione della richiesta di Permesso di costruire ovvero in caso di mancato deposito della SCIA, le opere sono considerate come eseguite in assenza di titolo e perseguite di conseguenza.
Art. 33 - Progetti di opere edilizie: modalità e documentazione
1. Il soggetto avente titolo può sottoscrivere l’istanza di permesso di costruire o la SCIA in presenza del soggetto preposto a ricevere gli atti previa presentazione di un documento di identità. In alternativa il sottoscrittore può allegare alla domanda già firmata la fotocopia di un proprio documento di identità valido.
2. Il Direttore dei lavori e l’assuntore dei medesimi, quando non indicati sin dal momento della richiesta, devono essere nominati prima dell’inizio dei lavori; le eventuali sostituzioni del direttore o dell’assuntore dei lavori devono essere immediatamente comunicate per iscritto al Comune.
3. La documentazione minima costituente il progetto e le caratteristiche dei singoli elaborati sono prescritte nell’Allegato “IV” al presente Regolamento.
Art. 34 - Contributo relativo ai Permesso di Costruire e alle Segnalazioni Certificate di Inizio Attività.
1. Il contributo relativo alla esecuzione di opere edilizie, inclusa la casistica degli interventi a titolo gratuito, è disciplinato dal Titolo VII della L.R. 1/2005.
CAPITOLO III : COMMISSIONE EDILIZIA E COMMISSIONE COMUNALE PER IL PAESAGGIO
SEZIONE I – NORME GENERALI
Art. 35 - Commissioni Consultive dell’Amministrazione Comunale
1. Al fine di garantire l'uniforme ed univoca applicazione della vigente disciplina urbanistica ed edilizia, delle norme di Regolamento Urbanistico e del presente Regolamento vengono istituite le seguenti Commissioni Consultive:
a) Commissione Edilizia
b) Commissione Comunale per il Paesaggio
2. Le commissioni esprimono pareri motivati sulla qualità architettonica e funzionale degli edifici, degli spazi aperti e dei manufatti in genere e sul loro inserimento territoriale anche in relazione ai caratteri del contesto di riferimento.
3. Resta ferma la competenza esclusiva del Responsabile Unico del Procedimento circa l'accertamento della conformità alle norme vigenti.
Art. 36 - Commissione Edilizia
1. La Commissione Edilizia è composta da membri di diritto e da membri elettivi.
2. Sono membri di diritto della Commissione Edilizia:
• il Responsabile dell'Area Urbanistica
• il Responsabile dell'Area Tecnica
• il Segretario Generale del Comune
• il Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco, o un suo delegato
• il Funzionario medico responsabile dell'igiene del territorio per la nostra USL, o un suo delegato
3. Sono membri elettivi, scelti dalla Giunta Comunale sulla base di una rosa di nomi fornita dai rispettivi ordini professionali:
• un Ingegnere
• un Architetto
• un Geometra
• un Geologo
4. La Commissione Edilizia è presieduta dal Responsabile dell'Area Urbanistica o da un suo delegato.
5. Alle sedute della Commissione Edilizia partecipa anche il Responsabile del Procedimento, quale relatore, con funzioni di Segretario della Commissione.
6. Le riunioni delle Commissione Edilizia si tengono di norma con cadenza mensile e sono valide ogni qualvolta siano presenti almeno la metà più uno dei commissari aventi diritto al voto, compreso il Presidente.
7. I membri della Commissione Edilizia restano in carica cinque anni e non possono essere rieletti.
8. La Commissione Edilizia esprime il proprio parere relativamente a:
a) Regolamento Edilizio e sue modificazioni;
b) Piani Attuativi e loro varianti;
c) Progetti unitari di sistemazione urbanistica di cui all'art. 16 del presente Regolamento Edilizio;
d) Progetti oggetto di istanza di Permesso a costruire;
e) Progetti oggetto di SCIA, su proposta del Responsabile del Procedimento;
f) Progetti diversi da quelli sopra elencati, su proposta del Responsabile del Procedimento.
9. Le sedute della Commissione Edilizia risultano validamente costituite qualora siano presenti almeno la metà più uno dei membri.
10. La Commissione Edilizia si esprime a maggioranza dei presenti aventi diritto al voto; in caso di parità prevale il voto del presidente della Commissione.
11. La Commissione Edilizia, a seguito dell'illustrazione della pratica da parte del Responsabile del Procedimento, si esprime sui profili ambientali, paesaggistici, urbanistici ed architettonici dell'opera progettata. In particolare:
• valuta la coerenza, il decoro ed i caratteri distributivo-funzionali dell'opera esaminata
• richiede affinamenti di progettazione al fine di elevare la qualità architettonica del manufatto edilizio
• controlla materiali e colori verificando le relazioni visive e il buon ordine dell'ambiente
• cura la salvaguardia dell'ambiente sia antico che moderno ed il suo inconfondibile carattere
12. Il parere espresso dalla Commissione Edilizia non è vincolante e non costituisce presunzione del rilascio di eventuali titoli abilitativi, la cui potestà compete esclusivamente agli Organi comunali preposti, che possono assumere determinazioni anche difformi dai pareri della Commissione stessa, dandone adeguata motivazione.
13. La Commissione Edilizia, qualora lo ritenga necessario, può convocare il richiedente e/o i progettisti per avere chiarimenti sui progetti sottoposti al suo esame.
Art. 37 - Commissione Comunale per il Paesaggio
1. Per l’esercizio della funzione di cui all’art. 88 della L.R. 1/2005, è istituita la Commissione per il Paesaggio, formata da tre membri esperti nominati dalla Giunta Comunale ed aventi i requisiti prescritti dall’art.89, comma 6, della L.R. 1/2005.
2. I membri restano in carica cinque anni e non possono essere rieletti.
3. Le deliberazioni di nomina dei componenti della Commissione per il Paesaggio, individuati previo avviso pubblico, sono corredate da curricula attestanti il possesso dei requisiti di idoneità di cui al precedente secondo comma, nonché dell’eventuale documentazione sugli specifici titoli di esperienza e professionalità in materia paesaggistica.
4. La Commissione per il Paesaggio accerta e verifica la compatibilità degli interventi con i vincoli posti a tutela del paesaggio mediante l’espressione, a maggioranza, del proprio parere, con la presenza di almeno due membri.
5. Sono considerati dimissionari quei commissari che, senza giustificato motivo, restino assenti per più di tre sedute consecutive.
6. Ai componenti della Commissione per il paesaggio è corrisposto un gettone ai sensi e per gli effetti del comma 8 dell’art. 89 della L.R. 1/2005.
Art. 38 - Progetti soggetti all’esame della Commissione Comunale per il paesaggio
1. Sono soggetti al parere della Commissione Comunale per il Paesaggio gli interventi ricadenti in zone sottoposte a vincolo paesaggistico che interessino i beni soggetti alla disciplina della parte terza del D.Lgs 42/2004 con le eccezioni previste dall'art. 149 del medesimo decreto.
2. Nei soli casi di “bellezze panoramiche considerate come quadri e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze”, non si considerano soggetti all’autorizzazione di cui all’art. 87 della L.R. 1/2005, i progetti degli interventi che non comportano modifiche esterne dei fabbricati e che non alterino lo stato dei luoghi.
Art. 39 - Norma transitoria
1. Fino alla decadenza della vigente commissione edilizia sono fatte salve le norme stabilite dal precedente Regolamento Edilizio comunale in merito a composizione, funzionamento e durata in carica della Commissione Edilizia Comunale.
2. Alla suddetta scadenza il Comune potrà valutare, a garanzia di maggiore efficienza nello svolgimento congiunto dei rispettivi ruoli, la possibilità di allineare il mandato della Commissione edilizia con quello della Commissione Comunale per il Paesaggio.
CAPITOLO IV : PARAMETRI EDILIZI ED URBANISTICI
SEZIONE I – DEFINIZIONI
Art. 40 – Individuazione dei parametri edilizi ed urbanistici
1. Anche ai sensi del D.P.G.R. 64R/2013 “Regolamento di attuazione dell’articolo 144 della legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo del territorio) in materia di unificazione dei parametri urbanistici ed edilizi per il governo del territorio” ai fini della realizzazione delle previsioni del Regolamento Urbanistico si considerano i seguenti parametri urbanistici:
1.1) Indice insediativo residenziale;
1.2) Superficie territoriale (St);
1.3) Superficie fondiaria (Sf);
1.4) Superficie per attrezzature e spazi pubblici (Sap);
1.5) Indice di fabbricabilità territoriale (It);
1.6) Indice di utilizzazione territoriale (Ut);
1.7) Indice di fabbricabilità fondiaria (If);
1.8) Indice di utilizzazione fondiaria (Uf);
1.9) Superficie utile lorda (Sul);
1.10) Superficie utile (Su);
1.11) Superficie utile abitabile o agibile (Sua);
1.12) Superficie non residenziale o accessoria (Snr);
1.13) Superficie convenzionale complessiva (Scc);
1.14) Superficie coperta (Sc);
1.15) Rapporto di copertura (Rc);
1.16) Rapporto di occupazione del sottosuolo (Ros);
1.17) Altezza massima (Hmax);
1.18) Altezza interna netta (Hin);
1.19) Altezza virtuale (Hv);
1.20) Numero dei piani (Np);
1.21) Volume lordo (Vl);
1.22) Volume (V);
1.23) Volume virtuale dell’edificio (Vve) e volume virtuale dell’unità immobiliare (Vvui);
1.24) Superficie di vendita (Sv);
1.25) Superficie di somministrazione (Ss);
1.26) Superficie permeabile di pertinenza (Spp);
1.27) Rapporto di permeabilità (Rp);
1.28) Densità arborea (Da);
1.29) Superficie agraria utilizzabile (Sau);
1.30) Distanza dai fabbricati (Df) e dai confini (Dc);
1.31) Distanza da strade (Ds);
1.32) Allineamento della costruzione (A).
1.1) Indice insediativo residenziale (Ir)
1. Si definisce “indice insediativo residenziale” (Ir) il parametro che esprime il quantitativo di superficie utile lorda (Sul), oppure di volume (V), convenzionalmente attribuito dagli strumenti ed atti comunali a ciascun abitante insediato o insediabile. L’indice insediativo residenziale è fissato dal comune in mc 80 per abitante insediato.
2. In sede di formazione degli atti comunali di governo del territorio, e relative varianti, il numero complessivo di abitanti convenzionalmente insediati o insediabili sul territorio
comunale, calcolato in applicazione dell’indice insediativo residenziale (Ir) di cui al comma 1, costituisce parametro di riferimento per il dimensionamento degli standard urbanistici e delle altre dotazioni territoriali prescritte dalle norme statali e regionali.
3. Per standard urbanistici ai fini del comma 2, si intendono le dotazioni minime per spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggio, con esclusione degli spazi destinati alle sedi viarie.
1.2) Superficie territoriale (St)
1. Si definisce “superficie territoriale” (St) la superficie complessiva delle aree soggette ad un piano attuativo, oppure delle aree che siano oggetto di un intervento unitario comunque denominato subordinato alla previa stipula di convenzione.
2. La superficie territoriale (St) è comprensiva di tutte le superfici fondiarie (Sf) destinate agli interventi privati nonché di tutte le superfici per attrezzature e spazi pubblici (Sap), ancorché già esistenti. La misura e l’ubicazione di tali superfici è definita dagli strumenti ed atti comunali, oppure prevista in sede di formazione e approvazione del piano attuativo o intervento unitario comunque denominato subordinato alla previa stipula di convenzione.
3. La superficie territoriale (St) comprende le aree ricadenti all’interno delle fasce di rispetto stradale di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo Codice della Strada).
1.3) Superficie fondiaria (Sf)
1. Si definisce “superficie fondiaria” (Sf) la porzione dell’area di intervento utilizzabile o utilizzata a fini edificatori privati, comprendente l’area di sedime degli edifici e gli spazi di pertinenza degli stessi.
2. La superficie fondiaria (Sf) è costituita dalla parte residua della superficie territoriale (St), una volta detratte le superfici per attrezzature e spazi pubblici (Sap) di cui al successiv0 punto 1.4).
b.3. Nel caso di interventi edilizi diretti in aree di saturazione, la superficie fondiaria è costituita dal terreno compreso nella zona omogenea di riferimento disponibile per la edificazione. Per l’individuazione di tale area si farà riferimento alla situazione catastale vigente al momento della adozione del Regolamento urbanistico.
b.4. Nel caso di aree a destinazione di zona omogenea inframmezzate da spazi od opere pubbliche si potrà fare riferimento alla superficie fondiaria complessiva di tali aree, previo stipula di atto pubblico registrato e trascritto che vincoli all’erigendo edificio le aree utilizzate ai fini del soddisfacimento degli indici.
1.4) Superficie per attrezzature e spazi pubblici (Sap)
1. Si definisce “superficie per attrezzature e spazi pubblici” (Sap) la porzione della superficie territoriale (St) destinata alla viabilità, all’urbanizzazione primaria e secondaria ed alle dotazioni territoriali pubbliche in genere, comprendente le aree di proprietà pubblica, o comunque a destinazione pubblica, nonché le parti eventualmente assoggettate o da assoggettarsi ad uso pubblico, ancorché private.
1.5) Indice di fabbricabilità territoriale (It)
1. Si definisce “indice di fabbricabilità territoriale” (It) il parametro numerico che esprime in metri cubi di volume (V) le quantità massime edificabili per ogni metro quadrato di superficie territoriale (St).
1.6) Indice di utilizzazione territoriale (Ut)
1. Si definisce “indice di utilizzazione territoriale” (Ut) il parametro numerico che esprime
in metri quadrati di superficie utile lorda (Sul) le quantità massime edificabili per ogni metro quadrato di superficie territoriale (St).
1.7) Indice di fabbricabilità fondiaria (If)
1. Si definisce “indice di fabbricabilità fondiaria” (If) il parametro numerico che esprime in metri cubi di volume (V) le quantità massime edificabili per ogni metro quadrato di superficie fondiaria (Sf).
1.8) Indice di utilizzazione fondiaria (Uf)
1. Si definisce “indice di utilizzazione fondiaria” (Uf) il parametro numerico che esprime in metri quadrati di superficie utile lorda (Sul) le quantità massime edificabili per ogni metro quadrato di superficie fondiaria (Sf).
1.9) Superficie utile lorda (Sul)
1. Si definisce “superficie utile lorda” (Sul) la somma delle superfici di tutti i piani fuori terra, seminterrati ed interrati, comprensive degli elementi di cui al comma 2 e con l’esclusione degli elementi di cui ai commi 3, 4, 5, 6 e 7.
2. Nel computo della superficie utile lorda (Sul) sono compresi:
a) gli elementi verticali del fabbricato compresi nell’involucro edilizio di cui alla Parte I dell’Allegato A, quali muri perimetrali, pilastri, partizioni interne;
b) le scale interne all’involucro edilizio ad uso esclusivo di singole unità immobiliari. La superficie utile lorda (Sul) di tali scale è computata con esclusivo riferimento al piano abitabile o agibile più basso da esse collegato e corrisponde alla superficie sottostante alla proiezione delle rampe e dei pianerottoli intermedi;
c) i vani ascensore ad uso esclusivo di singole unità immobiliari. La superficie utile lorda (Sul) di tali vani è computata con esclusivo riferimento al piano abitabile o agibile più basso tra quelli serviti;
d) le logge o portici con il lato minore superiore a ml 2,00, misurato come distanza tra la parete esterna del fabbricato ed il filo esterno di delimitazione della sagoma del medesimo. Ai fini del computo della superficie utile lorda (Sul) si considera la sola parte eccedente la misura indicata;
e) i sottotetti recuperati a fini abitativi ai sensi della legge regionale 8 febbraio 2010, n. 5 (Norme per il recupero abitativo dei sottotetti);
f) i piani o locali sottotetto diversi da quelli di cui alla lettera e), per le porzioni aventi altezza interna netta (Hin) superiore a ml 1,80, ancorché non delimitate da muri;
g) ogni altra superficie non esclusa dal computo della superficie utile lorda (Sul) ai sensi dei commi 3, 4, 5, 6 e 7.
3. Dal computo della superficie utile lorda (Sul) sono escluse le seguenti superfici non residenziali o accessorie (Snr):
a) le logge o portici con il lato minore non superiore a ml 2,00, misurato come distanza tra la parete esterna del fabbricato ed il filo esterno di delimitazione della sagoma del medesimo. Ai fini del computo della superficie utile lorda (Sul) si considera la sola parte eccedente la misura indicata. Determina comunque incremento di superficie utile lorda (Sul) l’eventuale installazione di infissi vetrati per la realizzazione di verande;
b) i balconi, indipendentemente dall’entità dell’aggetto rispetto al filo delle pareti perimetrali esterne dell’edificio. Determina comunque incremento di superficie utile lorda (Sul) l’eventuale installazione di infissi vetrati per la realizzazione di verande;
c) le terrazze prive di copertura;
d) le parti condominiali o ad uso comune, sia interne che esterne all’involucro edilizio, quali porticati privati, androni di ingresso, scale e vani ascensore condominiali, passaggi coperti carrabili o pedonali, ballatoi, lavatoi comuni e altri locali e spazi di servizio;
e) le superfici coperte da tettoie, ivi comprese quelle poste a servizio degli impianti per la distribuzione dei carburanti;
f) le autorimesse private, singole o collettive, totalmente interrate, comprensive dei relativi spazi di manovra, ricadenti nelle aree ad esclusiva o prevalente funzione agricola individuate dagli strumenti ed atti comunali, o in aree ad esse assimilate dai medesimi strumenti ed atti, purché legate da vincolo di pertinenzialità permanente all’unità immobiliare di riferimento, e con altezza interna netta (Hin) non superiore a ml 2,40, misurata nel punto più alto. Un’altezza interna netta (Hin) maggiore può essere ammessa ai fini dell’esclusione dal computo della superficie utile lorda (Sul) solo per obblighi derivanti dalla normativa antincendio o da altre norme di sicurezza.
Ai fini dell'esclusione dal computo della Superficie Utile Lorda (SUL) la superficie netta delle autorimesse non potà superare i mq. 25 per ogni unità immobiliare.
g) le autorimesse private, singole o collettive, comprensive dei relativi spazi di manovra, ricadenti in aree diverse da quelle indicate alla lettera f), indipendentemente dalla loro collocazione rispetto alla quota del piano di campagna, purché con altezza interna netta (Hin) non superiore a ml 2,40, misurata nel punto più alto, ed a condizione che siano prive di requisiti igienico-sanitari e dotazioni atti a consentire la permanenza ancorché saltuaria di persone. Un’altezza interna netta (Hin) maggiore può essere ammessa ai fini dell’esclusione dal computo della superficie utile lorda (Sul) solo per obblighi derivanti dalla normativa antincendio o da altre norme di sicurezza. Fatta eccezione per le autorimesse totalmente interrate con le caratteristiche di cui alla lettera h), l’esclusione dal computo della superficie utile lorda (Sul) non riguarda eventuali parti eccedenti le dotazioni minime di parcheggio per la sosta stanziale e di relazione definite dalle norme statali e regionali in materia urbanistico-edilizia oppure, se superiori, dalla disciplina comunale;
h) le cantine, nonché in generale i locali totalmente interrati non destinati alla presenza continuativa di persone, purché con altezza interna netta (Hin) non superiore a ml 2,40 misurata nel punto più alto.
i) i locali motore ascensore, le cabine idriche, le centrali termiche, ed altri vani tecnici consimili.
4. Dal computo della superficie utile lorda (Sul) sono altresì esclusi:
a) le scale esterne all’involucro edilizio ad uso esclusivo di singole unità immobiliari, ove prive di copertura o non delimitate da tamponamenti perimetrali, purché limitate al superamento di un solo piano di dislivello;
b) le scale di sicurezza, comunque confi gurate, poste all’esterno dell’involucro edilizio, ivi comprese quelle ad uso esclusivo di singole unità immobiliari purché adibite esclusivamente a tale funzione;
c) i porticati pubblici o asserviti ad uso pubblico;
d) le gallerie pedonali pubbliche o asservite ad uso pubblico;
e) gli spazi aperti sottostanti ad elementi aggettanti dalle pareti perimetrali esterne del fabbricato quali pensiline a sbalzo o altri elementi consimili con funzione di copertura privi di sostegni verticali purché con aggetto non superiore a ml 2,00;
f) i piani o locali sottotetto diversi da quelli di cui alla lettera e) del comma 2, per le porzioni aventi altezza interna netta (Hin) non superiore a ml 1,80, ancorché non delimitate da muri;
g) gli eventuali spazi scoperti interni al perimetro dell’edificio, quali cortili, chiostrine e simili;
h) le autorimesse pubbliche o asservite ad uso pubblico, indipendentemente dalla loro collocazione rispetto alla quota del terreno;
i) i volumi tecnici, come definiti all'interno dell’Allegato I “Glossario” parte II “Definizioni di elementi costitutivi o di corredo delle costruzioni” al presente Regolamento Edilizio,
diversi da quelli di cui al comma 3, lettera i);
j) le intercapedini orizzontali o verticali comunque configurate;
k) i palchi morti ed altre analoghe superfici con accessibilità limitata al mero deposito di oggetti;
l) gli spazi sottotetto privi di scale fisse di collegamento con piani sottostanti, o di altri sistemi stabili di accesso, e non dotati di aperture esterne o a filo tetto, con la sola eccezione dell’abbaino o altra apertura avente esclusiva funzione di accesso alla copertura;
m) tutti i maggiori volumi e superfici necessari a realizzare i requisiti di accessibilità e visitabilità degli edifici, come definiti e disciplinati dalle specifiche disposizioni regionali volte all’eliminazione delle barriere architettoniche;
n) le opere, interventi e manufatti comunque privi di rilevanza urbanistico-edilizia.
5. Sono comunque esclusi dal computo della superficie utile lorda (Sul) tutti i maggiori spessori, volumi e superfici, finalizzati all’incremento delle prestazioni energetiche degli edifici, nei limiti entro i quali, nell’ambito dei procedimenti ordinati alla formazione dei titoli abilitativi edilizi, le norme in materia consentono di derogare a quanto previsto dalle normative nazionali, regionali o dai regolamenti edilizi comunali, in merito alle distanze minime tra edifici, alle distanze minime di protezione del nastro stradale, nonché alle altezze massime degli edifici.
In ogni caso sono esclusi, quali incentivi urbanistici in applicazione delle norme regionali in materia di edilizia sostenibile:
a) lo spessore delle murature esterne per la parte eccedente i 30 cm;
b) i sistemi bioclimatici, quali pareti ventilate, rivestimenti a cappotto e simili, capaci di migliorare le condizioni ambientali e ridurre i consumi energetici, nel rispetto dei requisiti tecnico-costruttivi, tipologici ed impiantistici definiti dalle norme regionali in materia di edilizia sostenibile;
c) le serre solari come definite all'interno dell’Allegato I “Glossario” parte II “Definizioni di elementi costitutivi o di corredo delle costruzioni” al presente Regolamento Edilizio, e come disciplinate dalle norme regionali in materia di edilizia sostenibile.
6. Limitatamente alla destinazione d’uso commerciale al dettaglio, sono inoltre escluse dal computo della superficie utile lorda (Sul), a condizione che non si determinino eccedenze di superficie coperta (Sc):
a) le gallerie commerciali, intese come spazi coperti aperti al pubblico durante gli orari di esercizio;
b) le dotazioni di parcheggio per la sosta stanziale e di relazione, qualora reperite in autorimesse o spazi coperti, indipendentemente dalla loro collocazione rispetto alla quota del terreno e purché con altezza interna netta (Hin) non superiore ai minimi prescritti dalla normativa antincendio. L’esclusione dal computo della superficie utile lorda (Sul) non riguarda eventuali parti eccedenti le dotazioni minime di parcheggio per la sosta stanziale e di relazione definite dalle norme statali e regionali in materia urbanistico edilizia, oppure, se superiori, dalla disciplina comunale.
7. La superficie utile lorda (Sul) costituisce parametro per il calcolo del numero di abitanti convenzionalmente insediati o insediabili sul territorio comunale in applicazione dell’indice insediativo residenziale (Ir) di cui all’articolo 2. La superficie utile lorda (Sul) concorre altresì al calcolo del contributo per oneri di urbanizzazione di cui all’articolo 120 della l.r. 1/2005.
1.10) Superficie utile (Su)
1. Nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 120 della l.r. 1/2005, si definisce “superficie utile” (Su) la superficie effettivamente calpestabile di un’unità immobiliare, oppure di un edificio o complesso edilizio, corrispondente alla somma della superficie utile abitabile o agibile (Sua) e della superficie non residenziale o accessoria (Snr), come definite ai punti
1.11 e 1.12.
1.11) Superficie utile abitabile o agibile (Sua)
1. Si definisce “superficie utile abitabile o agibile” (Sua) la superficie effettivamente calpestabile dei locali di abitazione, ivi compresi i sottotetti recuperati a fini abitativi ai sensi della l.r. 5/2010, oppure dei locali o ambienti di lavoro, comprensiva di servizi igienici, corridoi, disimpegni, ripostigli ed eventuali scale interne all’unità immobiliare, e con esclusione di:
a) murature, pilastri, tramezzi;
b) sguinci, vani di porte e finestre;
c) logge, portici, balconi, terrazze e verande;
d) cantine, soffitte, ed altri locali accessori consimili;
e) autorimesse singole;
f) porzioni di locali, e altri spazi comunque denominati, con altezza interna netta (Hin) inferiore a ml 1,80;
g) intercapedini e volumi tecnici;
h) tettoie pertinenziali.
2. La superficie utile abitabile o agibile (Sua) delle eventuali scale interne alle singole unità immobiliari è computata con esclusivo riferimento al piano abitabile o agibile più basso da esse collegato, e corrisponde alla superficie sottostante alla proiezione delle rampe e dei pianerottoli intermedi.
3. Non costituiscono superficie utile abitabile o agibile (Sua) spazi di uso comune o asserviti ad uso pubblico quali:
a) autorimesse collettive;
b) porticati privati, androni di ingresso, scale e vani ascensore condominiali, passaggi coperti carrabili o pedonali, ballatoi, lavatoi comuni, nonché altri locali e spazi coperti di servizio condominiali o di uso comune;
c) locali motore ascensore, cabine idriche, centrali termiche, ed altri vani tecnici consimili;
d) porticati e altri spazi coperti consimili asserviti ad uso pubblico.
4. La superficie utile abitabile o agibile (Sua) corrisponde alla parte residua della superficie utile (Su), una volta detratta la superficie non residenziale o accessoria (Snr).
5. La superficie utile abitabile o agibile (Sua) concorre alla determinazione della superficie convenzionale complessiva (Scc) di cui all’articolo 14, costituente parametro di riferimento per il calcolo del contributo per costo di costruzione di cui all’articolo 121 della l.r. 1/2005.
1.12) Superficie non residenziale o accessoria (Snr)
1. Si definisce “superficie non residenziale o accessoria” (Snr) di una unità immobiliare la porzione della superficie utile (Su) destinata a servizi e accessori, misurata al netto di:
a) murature, pilastri, tramezzi;
b) sguinci, vani di porte e finestre;
c) porzioni di locali, e altri spazi comunque denominati, con altezza interna netta (Hin) inferiore a ml 1,80.
d) intercapedini e volumi tecnici.
2. Nel computo della superficie non residenziale o accessoria (Snr) di una unità immobiliare sono compresi:
a) logge, portici, balconi, terrazze e verande;
b) cantine, soffitte, ed altri locali accessori consimili;
c) autorimesse singole;
d) tettoie pertinenziali.
3. Nel computo della superficie non residenziale o accessoria (Snr) di un edificio o complesso edilizio sono altresì compresi spazi di uso comune o asserviti ad uso pubblico
quali:
a) autorimesse collettive;
b) porticati privati, androni di ingresso, scale e vani ascensore condominiali, passaggi coperti carrabili o pedonali, ballatoi, lavatoi comuni, nonché altri locali e spazi coperti di servizio condominiali o di uso comune;
c) locali motore ascensore, cabine idriche, centrali termiche, ed altri vani tecnici consimili;
d) porticati e altri spazi coperti consimili asserviti ad uso pubblico.
4. La superficie non residenziale o accessoria (Snr) corrisponde alla parte residua della superficie utile (Su), una volta detratta la superficie utile abitabile o agibile (Sua).
5. La superficie non residenziale o accessoria (Snr) concorre alla determinazione della superficie convenzionale complessiva (Scc) di cui all’articolo 14, costituente parametro di riferimento per il calcolo del contributo per costo di costruzione di cui all’articolo 121 della l.r. 1/2005.
1.13) Superficie convenzionale complessiva (Scc)
1. Si definisce “superficie convenzionale complessiva” (Scc) il quantitativo, espresso in metri quadrati, ottenuto sommando la superficie utile abitabile o agibile (Sua) con il 60 per cento della superficie non residenziale o accessoria (Snr).
2. La superficie convenzionale complessiva (Scc) costituisce parametro di riferimento per il calcolo del contributo per il costo di costruzione di cui all’articolo 121 della l.r. 1/2005.
1.14) Superficie coperta (Sc)
1. Si definisce “superficie coperta” (Sc) la superficie risultante dalla proiezione sul piano orizzontale dell’ingombro planimetrico massimo dell’edificio fuori terra, delimitato dagli elementi verticali esterni dell’edificio medesimo, quali pareti perimetrali, pilastri, setti portanti.
2. Sono compresi nel computo della superficie coperta (Sc), le logge, i portici, i porticati, le tettoie ed i ballatoi, compresi quelli posti in aggetto rispetto al filo delle pareti perimetrali dell’edificio.
3. Sono esclusi dal computo della superficie coperta (Sc):
a) i balconi aventi aggetto dalle pareti esterne del fabbricato non superiore a ml 2,00. Non determina incremento di superficie coperta (Sc) l’eventuale installazione di infissi vetrati per la realizzazione di verande;
b) gli sporti di gronda con aggetto non superiore a ml 2,00;
c) gli elementi aggettanti dalle pareti perimetrali esterne del fabbricato, quali pensiline a sbalzo o altri elementi consimili con funzione di copertura privi di sostegni verticali, purché con aggetto non superiore a ml 2,00;
d) le scale esterne all’involucro edilizio, ove prive di copertura e non delimitate da tamponamenti perimetrali;
e) le scale di sicurezza, comunque configurate, poste all’esterno dell’involucro edilizio, purché adibite esclusivamente a tale funzione;
f )i volumi tecnici realizzati in tutto o in parte fuori terra nei casi in cui, per esigenze dettate dalle norme di sicurezza, gli stessi non possano essere totalmente interrati o collocati all’interno dell’involucro edilizio;
g) le opere, interventi e manufatti comunque privi di rilevanza urbanistico-edilizia.
4. Sono esclusi dal computo della superficie coperta (Sc) tutti i maggiori spessori, volumi e superfici, finalizzati all’incremento delle prestazioni energetiche degli edifici, nei limiti entro i quali, nell’ambito dei procedimenti ordinati alla formazione dei titoli abilitativi edilizi, le norme in materia consentono di derogare a quanto previsto dalle normative nazionali, regionali o dai regolamenti edilizi comunali, in merito alle distanze minime tra edifici, alle distanze minime di protezione del nastro stradale, nonché alle altezze massime
degli edifici.
In ogni caso sono esclusi, quali incentivi urbanistici in applicazione delle norme regionali in materia di edilizia sostenibile:
a) lo spessore delle murature esterne per la parte eccedente i 30 centimetri;
b) i sistemi bioclimatici, quali pareti ventilate, rivestimenti a cappotto e simili, capaci di migliorare le condizioni ambientali e ridurre i consumi energetici, nel rispetto dei requisiti tecnico-costruttivi, tipologici ed impiantistici definiti dalle norme regionali in materia di edilizia sostenibile;
c) le serre solari come definite all'interno dell’Allegato I “Glossario” parte II “Definizioni di elementi costitutivi o di corredo delle costruzioni” al presente Regolamento Edilizio, e come disciplinate dalle norme regionali in materia di edilizia sostenibile.
5. Gli ingombri planimetrici sul terreno dei manufatti esclusi dal calcolo della superficie coperta (Sc) ai sensi del presente regolamento rilevano comunque ai fini della verifica del rispetto delle disposizioni in materia di riduzione dell’impermeabilizzazione superficiale di cui alle norme regionali.
1.15) Rapporto di copertura (Rc)
1. Si definisce “rapporto di copertura” (Rc) la proporzione, espressa in percentuale, tra la superficie coperta (Sc) massima ammissibile e la superficie fondiaria (Sf).
1.16) Rapporto di occupazione del sottosuolo (Ros)
1. Si definisce “rapporto di occupazione del sottosuolo” (Ros) la proporzione massima consentita, espressa in percentuale, tra la superficie dei piani o locali totalmente o prevalentemente interrati, misurata al lordo delle pareti perimetrali, e la superficie fondiaria (Sf) del lotto urbanistico di riferimento.
2. Nel computo del rapporto di occupazione del sottosuolo (Ros) sono compresi tutti i manufatti totalmente o prevalentemente interrati ricadenti nel lotto urbanistico di riferimento, ivi compresi volumi tecnici ed intercapedini.
1.17) Altezza massima (Hmax)
1. Si definisce “altezza massima” (Hmax) dell’edificio la maggiore tra le altezze dei vari prospetti, misurate con riferimento:
a) in alto, alla linea d’intersezione tra il filo della parete perimetrale esterna e la quota di imposta della copertura, comunque configurata. Sono considerate anche le eventuali porzioni di edificio arretrate rispetto al filo della facciata principale, laddove emergenti dal profilo della copertura. In caso di copertura inclinata a struttura composta è presa a riferimento la quota d’imposta dell’orditura secondaria o, in mancanza, la quota di imposta della struttura continua;
b) in basso, alla linea di base di ciascun prospetto, corrispondente alla quota del terreno, del marciapiede, o della pavimentazione, posti in aderenza all’edificio.
2. Non si considerano ai fini del computo dell’ altezza massima (Hmax):
a) i prospetti la cui linea di base sia posta ad una quota inferiore a quella del piano di campagna naturale o originario;
b) i parapetti continui posti a delimitare coperture piane praticabili;
c) i volumi tecnici, gli impianti e gli apparati tecnologici.
3. Fatta eccezione per gli edifici posti ad una quota altimetrica superiore a 1000 metri s.l.m., nel caso di coperture inclinate con pendenza superiore al 30 per cento deve essere aggiunta, ai fini del computo dell’altezza massima (Hmax), la maggiore altezza raggiunta al colmo dalla falda inclinata rispetto all’altezza raggiungibile con la pendenza del 30 per cento.
4. Sono esclusi dal computo dell’altezza massima (Hmax) tutti i maggiori spessori, volumi
e superfici, finalizzati all’incremento delle prestazioni energetiche degli edifici, nei limiti entro i quali, ai sensi delle norme in materia, è permesso derogare, nell’ambito dei procedimenti ordinati alla formazione dei titoli abilitativi edilizi, a quanto previsto dalle normative nazionali, regionali o dai regolamenti edilizi comunali, in merito alle distanze minime tra edifici, alle distanze minime di protezione del nastro stradale, nonché alle altezze massime degli edifici.
1.18) Altezza interna netta (Hin)
1. Si definisce “altezza interna netta” (Hin) di un piano o di un locale l’altezza effettiva misurata tra il piano finito di calpestio e l’intradosso della struttura soprastante, sia essa di interpiano o di copertura.
2. Ai fini della determinazione dell’altezza interna netta (Hin) non si considerano i controsoffitti di qualsivoglia tipologia, ancorché realizzati in corrispondenza della struttura di copertura al fine di renderla conforme alle norme in materia di risparmio energetico.
3. In presenza di coperture voltate, inclinate o comunque irregolari, l’altezza interna netta (Hin) è determinata come media ponderale delle altezze rilevate, o previste dal progetto, prendendo a riferimento per il calcolo il filo interno delle pareti che delimitano il piano, o il singolo locale, oggetto di misurazione, fatto salvo quanto disposto al successivo punto 1.22 comma 1, per il calcolo del volume (V) del piano sottostante una copertura inclinata.
4. Non rilevano ai fini del computo dell’altezza interna netta (Hin):
a) il maggior spessore di eventuali elementi appartenenti all’orditura principale del solaio o della copertura;
b) il maggior spessore dei solai finalizzato al conseguimento di un ottimale isolamento termico e acustico, purché realizzati nel rispetto dei requisiti tecnico-costruttivi definiti dalle norme regionali in materia di edilizia sostenibile.
5. Le altezze minime prescritte dalle norme igienico sanitarie per i locali e ambienti di abitazione e di lavoro sono verificate tenendo conto dei controsoffitti di cui al comma 2.
6. Ai soli fini del calcolo del volume (V) degli edifici con copertura inclinata l’altezza interna netta (Hin) minima del piano sottostante la copertura è determinata con le modalità specificate al successivo punto 1.22 comma 1.
1.19) Altezza virtuale (Hv)
1. Si definisce “altezza virtuale” (Hv) la misura convenzionale di altezza dell’edificio (Hve) o dell’unità immobiliare (Hvui), da utilizzarsi ai fini del computo del relativo volume virtuale (Vv). Essa è fissata nella misura di:
a) ml 3,50 per le seguenti destinazioni d’uso: commerciale al dettaglio, commerciale all’ingrosso e depositi, industriale e artigianale, nonché per le destinazioni d’uso ad esse assimilate dalla disciplina della distribuzione e localizzazione delle funzioni prevista ai sensi dell’articolo 58 della l.r. 1/2005;
b) ml 3,00 per le altre destinazioni d’uso.
2. Per edifici con pluralità di funzioni l’altezza virtuale dell’edificio (Hve) è individuata con riferimento alla destinazione d’uso prevalente.
1.20) Numero dei piani (Np)
1. Si definisce ”numero dei piani” (Np) il parametro numerico corrispondente ai livelli calpestabili fuori terra o seminterrati della costruzione. Sono compresi nel computo del numero dei piani (Np):
a) gli attici e i piani abitabili o agibili comunque denominati ricavati al di sopra della copertura principale dell’edificio, comunque configurata. Non sono compresi nel computo del numero dei piani (Np) i livelli calpestabili costituiti in via esclusiva o prevalente da terrazze o la strici solari e nei quali non siano presenti spazi o locali costituenti superficie
utile abitabile o agibile (Sua);
b) i piani sottotetto, i piani ammezzati, i piani seminterrati, nei quali siano presenti spazi o locali costituenti superficie utile abitabile o agibile (Sua) o superficie non residenziale o accessoria (Snr).
1.21) Volume lordo (Vl)
1. Si definisce “volume lordo” (Vl) dell’edificio l’ingombro volumetrico nello spazio occupato dalla sagoma del medesimo, delimitata:
a) nella parte superiore dall’estradosso della copertura, comunque configurata;
b) nelle parti laterali dal filo esterno delle pareti perimetrali dell’edificio fuori terra, compresi eventuali bow-window e ballatoi in aggetto ed al lordo di spazi praticabili aperti quali logge, portici o porticati;
c) nella parte inferiore dalla quota del terreno, del marciapiede o della pavimentazione, posti in aderenza all’edificio.
2. E’ esclusa dal computo del volume lordo (Vl) la porzione interrata dell’edificio, di qualsiasi destinazione e consistenza.
1.22) Volume (V)
1. Si definisce “volume” (V) dell’edificio la cubatura ricavata moltiplicando la superficie utile lorda (Sul) complessiva dei singoli piani per l’altezza interna netta (Hin) di ciascun piano o locale. Negli edifici con copertura inclinata l’altezza interna netta (Hin) minima del piano sottostante la copertura da utilizzarsi per il calcolo della media ponderale delle altezze rilevate o previste dal progetto, è determinata con riferimento all’intersezione tra il piano di imposta dell’orditura secondaria della copertura medesima e il filo esterno della parete perimetrale.
2. Nel computo del volume (V) realizzabile in applicazione delle previsioni degli strumenti ed atti comunali vanno detratti i volumi, calcolati ai sensi del comma 1, già legittimamente esistenti sul lotto urbanistico di riferimento interessato dall’intervento, con esclusione delle consistenze che dovessero essere demolite preventivamente o contestualmente alle opere da realizzarsi in base al nuovo titolo abilitativo.
3. All’interno di un involucro edilizio non rileva ai fini del computo del volume (V) l’eventuale eliminazione di solai esistenti, oppure la riduzione di spessore dei medesimi in caso di rifacimento.
4. Sono esclusi dal computo del volume (V) tutti i maggiori spessori, volumi e superfici, finalizzati all’incremento delle prestazioni energetiche degli edifici, nei limiti entro i quali, nell’ambito dei procedimenti ordinati alla formazione dei titoli abilitativi edilizi, le norme in materia consentono di derogare a quanto previsto dalle normative nazionali, regionali o dai regolamenti edilizi comunali, in merito alle distanze minime tra edifici, alle distanze minime di protezione del nastro stradale, nonché alle altezze massime degli edifici.
5. Il volume (V) costituisce parametro per il calcolo del numero di abitanti convenzionalmente insediati o insediabili sul territorio comunale, in applicazione dell’indice insediativo residenziale (Ir) di cui al precedente punto 1.1. Il volume (V) concorre altresì al calcolo del contributo per oneri di urbanizzazione di cui all’articolo 120 della l.r. 1/2005.
1.23) Volume virtuale dell’edificio e volume virtuale dell’unità immobiliare (Vve)
1. Si definisce “volume virtuale dell’edificio” (Vve) la cubatura ricavata moltiplicando la superficie coperta (Sc) dell’edificio per l’altezza virtuale del medesimo (Hve), oppure per l’altezza massima (Xmax), se inferiore.
2. Si definisce “volume virtuale dell’unità immobiliare” (Vvui) la cubatura ricavata moltiplicando la superficie utile lorda (Sul) dell’unità immobiliare per l’altezza virtuale
della medesima (Hvui).
3. Il volume virtuale dell’edificio (Vve) di cui al comma 1 è utilizzato dalla disciplina comunale come parametro di riferimento per il dimensionamento di interventi di sostituzione edilizia, parziale o totale, oppure di ristrutturazione urbanistica.
4. Il volume virtuale dell’unità immobiliare (Vvui) di cui al comma 2 è utilizzato dalla disciplina comunale come parametro di riferimento:
a) ai fini del calcolo delle dotazioni di parcheggio per la sosta stanziale, relativamente agli esercizi commerciali al dettaglio nonché alle altre attività ad essi assimilate dagli strumenti o atti comunali, oppure dalla disciplina della distribuzione e localizzazione delle funzioni ai sensi dell’articolo 58 della l.r. 1/2005, limitatamente ai casi in cui l’altezza virtuale (Hvui) risulti inferiore all’altezza interna netta (Hin). A tal fine non rileva la tipologia di esercizio definita in applicazione delle norme regionali o statali in rapporto al parametro della superficie di vendita;
b) ai fini della determinazione del contributo per oneri di urbanizzazione di cui all’articolo 120 della l.r. 1/2005, limitatamente agli edifici che, al fine della gerarchizzazione delle facciate, adottino le seguenti altezze interne nette:
- piani totalmente interrati: H. interna netta max = m. 2.40
- piani parzialmente interrati: H. interna netta max = m. 2.70
- piani terra e primo: H. interna netta max = m. 3.50
- piani secondo e superiori: H. interna netta max = m. 3.00
1.24) Superficie di vendita (Sv)
1. Ai sensi dell’articolo 15, comma 1, lettera c), della legge regionale 7 febbraio 2005, n. 28 (Codice del Commercio. Testo Unico in materia di commercio in sede fissa, su aree pubbliche, somministrazione di alimenti e bevande, vendita di stampa quotidiana e periodica e distribuzione di carburanti), si definisce “superficie di vendita” (Sv) di un esercizio commerciale, l’area destinata alla vendita, compresa quella occupata da banchi, scaffalature, vetrine, cabine di prova e simili e le aree di esposizione della merce, se accessibili alla clientela. Non costituisce superficie di vendita, anche se accessibile alla clientela, l’area scoperta, purché adiacente all’esercizio commerciale e di dimensioni non superiori al 20 per cento della superficie di vendita e quella destinata a magazzini, depositi, locali di lavorazione, servizi, spazi collocati oltre le casse, uffici se non accessibili alla clientela.
1.25) Superficie di somministrazione (Ss)
1. Ai sensi dell’articolo 41, comma 1, lettera b), della l.r. 28/2005, si definisce “superficie di somministrazione” (Ss), la superficie appositamente attrezzata per essere utilizzata per la somministrazione. Rientra in essa l’area occupata da banchi, scaffalature, tavoli, sedie, panche e simili, nonché lo spazio funzionale esistente tra dette strutture. Non vi rientra l’area occupata da magazzini, depositi, locali di lavorazione, cucine, uffici e servizi.
1.26) Superficie permeabile di pertinenza (Spp)
1. Si definisce “superficie permeabile di pertinenza” di un edificio (Spp) la porzione della superficie fondiaria (Sf) non impegnata da pavimentazioni, manufatti permanenti o costruzioni, fuori terra o interrate, e che consente l’assorbimento almeno parziale delle acque meteoriche da parte del terreno, contribuendo all’alimentazione delle falde acquifere.
2. La superficie permeabile di pertinenza (Spp) comprende le pavimentazioni autobloccanti prefabbricate posate su massicciata, sabbia o terra, a condizione che:
a) ai livelli sottostanti non siano presenti strati impermeabili quali massetti in calcestruzzo o simili;
b) non si tratti di corsie di percorrenza o di spazi di manovra di autoveicoli o di automezzi pesanti.
1.27) Rapporto di permeabilità (Rp)
1. Si definisce “rapporto di permeabilità” (Rp) la proporzione, espressa in percentuale, tra la superficie permeabile di pertinenza (Spp) e la superficie fondiaria (Sf).
2. Nella realizzazione di nuovi edifici, ancorché derivanti da interventi di sostituzione edilizia, e negli interventi di ampliamento di edifici esistenti comportanti incremento di superficie coperta (Sc), è garantito il mantenimento di un rapporto di permeabilità pari ad almeno il 25 per cento della superficie fondiaria (Sf).
3. Nelle aree già urbanizzate il soddisfacimento dei requisiti minimi di permeabilità dei suoli di cui al comma 2 può essere assicurato ricorrendo in parte a sistemi di autocontenimento o di ritenzione temporanea:
a) ove sussistano obiettivi impedimenti al reperimento dei quantitativi minimi di superficie permeabile di pertinenza (Spp);
b) ove sussistano rischi di inquinamento degli acquiferi sotterranei.
4. I sistemi di autocontenimento o di ritenzione temporanea di cui al comma 3 possono essere adottati ove sia garantito il rispetto di tutte le seguenti condizioni:
a) sia assicurato, previa idonea depurazione, il recapito controllato delle acque meteoriche nel sottosuolo, o in corsi d’acqua superficiali, oppure in fognatura, in misura equivalente al quantitativo di superficie permeabile di pertinenza (Spp) non reperito;
b) non siano prevedibili danni o problematiche conseguenti ad eventuali fenomeni di ristagno;
c) non sussistano rischi di inquinamento del suolo e del sottosuolo.
1.28) Densità arborea (Da)
1. Si definisce “densità arborea” (Da) il parametro che indica il numero di alberi di alto fusto da mettere a dimora in proporzione alla superficie fondiaria (Sf) del lotto urbanistico di riferimento, oppure alla superficie per attrezzature e spazi pubblici (Sap) interessata dall’intervento. Per i filari alberati la densità arborea (Da) è definita in proporzione all’estensione lineare dell’area di intervento.
1.29) Superficie agraria utilizzabile (Sau)
1. Si definisce “superficie agraria utilizzabile” (Sau) la porzione del fondo agricolo effettivamente destinata a produzioni aziendali o a coltivazioni da parte di soggetti non professionali, con esclusione delle superfici forestali, delle tare agricole, degli incolti e dei fabbricati.
1.30) Distanza dai fabbricati (Df) e dai confini (Dc)
1. Le distanze tra gli edifici, da osservare per le nuove costruzioni, sono fissate dall’art. 9, del D.M. 1444/1968, fatte salve, nel caso in cui gli intervalli tra edifici siano aperti alla pubblica circolazione dei veicoli e/o dei pedoni, le eventuali maggiori distanze prescritte dalle norme in materia di costruzioni in zona sismica (DM 16/01/1996 lettera c.4).
2. La distanza di un fabbricato dai confini o dall'edificio prospiciente si misura sulla linea retta virtuale che ha origine dal fabbricato e corre ortogonalmente alla parete del medesimo fino ad intersecare rispettivamente il confine, la strada o la parete dell’edificio prospiciente. Al fine della misura della distanza non si tiene conto degli eventuali elementi sporgenti considerati non rilevanti, ai sensi del presente regolamento, ai fini della sagoma dell’edificio.
3. Ai sensi dell'art. 11 del D.Lgs. 115 del 2008 “Attuazione della direttiva 2006/32/CE relativa all'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici e abrogazione della
direttiva 93/76/CEE” nel caso di interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti che comportino maggiori spessori delle murature esterne e degli elementi di copertura necessari ad ottenere una riduzione minima del 10 per cento dei limiti di trasmittanza previsti dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modificazioni, certificata con le modalità di cui al medesimo decreto legislativo, e' permesso derogare, nell'ambito delle pertinenti procedure di rilascio dei titoli abitativi di cui al titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, a quanto previsto dalle normative nazionali, regionali o dai regolamenti edilizi comunali, in merito alle distanze minime tra edifici e alle distanze minime di protezione del nastro stradale, nella misura massima di 20 centimetri per il maggiore spessore delle pareti verticali esterne, nonché alle altezze massime degli edifici, nella misura massima di 25 centimetri, per il maggior spessore degli elementi di copertura. La deroga può essere esercitata nella misura massima da entrambi gli edifici confinanti.
4. I valori della distanza minima degli edifici dai confini sono precisati, per le singole sottozone, dal Regolamento Urbanistico.
5. La costruzione di un edificio a distanza dal confine inferiore a quella minima prescritta può essere ammessa in caso di esplicito accordo convenzionale tra i proprietari confinanti, trascritto presso la competente Conservatoria, con cui il proprietario confinante si impegna all’istituzione di una servitù che lo obbliga ad arretrare il proprio edificio a distanza tale da assicurare il rispetto della distanza minima prescritta tra gli edifici ai sensi delle disposizioni normative e regolamentari vigenti al momento della sottoscrizione dell'accordo.
6. Le prescrizioni in materia di distanza minima dai confini, di cui al precedente punto 3., non si applicano alle porzioni completamente interrate degli edifici a condizione che le medesime non fuoriescano dalla quota del terreno a sistemazione avvenuta.
7. Non è richiesto il rispetto di alcuna distanza minima dal confine per le costruzioni che debbano erigersi in aderenza al confine nei seguenti casi:
a) costruzioni da realizzarsi a ridosso di edifici già esistenti sul confine di proprietà (con appoggio sul muro reso comune ai sensi dell’art. 874 C.C. e con edificazione in aderenza al medesimo ai sensi dell’art. 877 C.C.);
b) costruzioni da realizzarsi sul confine di proprietà in forza della libertà di scelta del primo edificante quando ammesso dal Regolamento Urbanistico e quando ciò non comporti sostanziali limitazioni alla possibilità edificatoria del lotto contiguo.
8. Gli interventi di ristrutturazione urbanistica e di sostituzione edilizia devono rispettare le distanze previste per la nuova edificazione. Per gli interventi di ristrutturazione edilizia tale obbligo è limitato alle porzioni che modificano la sagoma dell’edificio originario.
1.31) Distanza da strade (Ds)
1. Per distanza di un edificio dalla strada s'intende la lunghezza del segmento minimo congiungente l’elemento più sporgente del fabbricato e la linea che delimita la carreggiata.
2. I valori della distanza minima degli edifici dalle strade sono precisati, per le singole zone, dal Regolamento Urbanistico, oltre che, in ragione dell'altezza dell'edificio di nuova costruzione, ai sensi della lettera C.3 del DM 16/01/1996 “Norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche”.
3. In assenza di specifiche prescrizioni, la distanza degli edifici dalle strade dovrà essere comunque conforme alle prescrizioni del D.Lgs. 285/1992 (Nuovo codice della strada) e del relativo Regolamento di esecuzione ed attuazione (D.P.R. 495/1992).
4. Ai sensi dell'art. 11 del D.Lgs. 115 del 2008 “Attuazione della direttiva 2006/32/CE relativa all'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici e abrogazione della direttiva 93/76/CEE” nel caso di interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti che comportino maggiori spessori delle murature esterne e degli elementi di copertura
necessari ad ottenere una riduzione minima del 10 per cento dei limiti di trasmittanza previsti dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modificazioni, certificata con le modalità di cui al medesimo decreto legislativo, e' permesso derogare, nell'ambito delle pertinenti procedure di rilascio dei titoli abitativi di cui al titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, a quanto previsto dalle normative nazionali, regionali o dai regolamenti edilizi comunali, in merito alle distanze minime tra edifici e alle distanze minime di protezione del nastro stradale, nella misura massima di 20 centimetri per il maggiore spessore delle pareti verticali esterne, nonché alle altezze massime degli edifici, nella misura massima di 25 centimetri, per il maggior spessore degli elementi di copertura. La deroga può essere esercitata nella misura massima da entrambi gli edifici confinanti.
5. Se il Regolamento Urbanistico prevede la rettifica, l’ampliamento o la formazione di nuovi tracciati stradali, la distanza minima di cui al presente articolo deve essere verificata con riferimento sia all’attuale stato dei luoghi che a quello derivante dall’attuazione delle previsioni di Regolamento Urbanistico.
6. Gli interventi di ristrutturazione urbanistica e di sostituzione edilizia devono rispettare le distanze previste per la nuova edificazione. Per gli interventi di ristrutturazione edilizia tale obbligo è limitato alle porzioni che modificano la sagoma dell’edificio originario.
1.32) Allineamento della costruzione (A)
1. Si definisce allineamento della costruzione, la linea lungo la quale sono disposte al suolo le costruzioni ed i manufatti in genere. L'allineamento, quando non riportato sugli strumenti urbanistici generali e attuativi, dovrà privilegiare il tracciato a partire dagli edifici esistenti adiacenti ai fini della configurazione di una cortina muraria unitaria.
CAPITOLO V : REQUISITI DELLE COSTRUZIONI
SEZIONE I – REQUISITI GENERALI PER GLI IMMOBILI ESISTENTI
Art. 41 - Obbligo di manutenzione
1. I proprietari hanno l'obbligo di mantenere gli edifici sia nel loro insieme che in ogni loro parte in buone condizioni di efficienza, di stabilità e di decoro. Analogo obbligo sussiste per le aree scoperte interne al centro edificato, siano esse di pertinenza degli edifici esistenti o meno.
2. Per i fini di cui al comma precedente, ciascun proprietario è tenuto a provvedere tempestivamente alle necessarie opere di manutenzione ogni qualvolta se ne ravvisi la necessità.
3. Qualora il proprietario non vi provveda spontaneamente e lo stato di conservazione dell’edificio si deteriori al punto di non garantire normali condizioni di sicurezza o di decoro od igieniche, il Sindaco può emettere apposita ordinanza che disponga l’esecuzione dei lavori di manutenzione, riparazione e ripristino che siano reputati necessari.
4. In caso di rifiuto o di inadempienza dell'interessato, il Comune può provvedere d'autorità a spese del medesimo.
5. Sono soggette agli obblighi di cui ai commi precedenti tutte le parti dell’edificio e gli impianti a servizio del medesimo, quando siano suscettibili di arrecare pregiudizio all’igiene dell’xxxxxxxx, xxxxx xxxxxxx xxxxxxxxxxx x xxxxx xxxxx xxxxxxxx.
0. I proprietari degli immobili sono obbligati a togliere tempestivamente qualunque iscrizione o imbrattamento che arbitrariamente sia stato fatto, anche se da terzi.
Art. 42 - Edifici pericolanti
1. Quando un edificio, o una parte di esso, minacci pericolo il proprietario o gli inquilini hanno l'obbligo di darne immediata comunicazione al Sindaco e, nei casi di urgenza, ad eseguire un immediato puntellamento e prendere tutti i provvedimenti di messa in sicurezza necessari.
2. Accertato il fatto e qualora il proprietario non provveda direttamente secondo le procedure indicate all'articolo 32 “Opere da eseguirsi in procedura d'urgenza” il Sindaco potrà ingiungere al proprietario di provvedere al consolidamento ed eventualmente allo sgombero ed alla demolizione dell'edificio o della parte di esso che xxxxxxx rovina assegnando un congruo termine.
Art. 43 - Edifici crollati o resi inagibili da eventi calamitosi
1. Gli interventi finalizzati alla ricostruzione filologica di edifici crollati o resi inagibili a seguito di eventi calamitosi, accidentali o comunque derivanti da causa di forza maggiore, sono ammissibili, con intervento diretto, in qualsiasi zona del territorio comunale, previa verifica della legittimità urbanistica del manufatto preesistente ed entro 10 anni dall’evento calamitoso.
2. Alle condizioni indicate al precedente comma gli interventi finalizzati alla ricostruzione non filologica sono considerati interventi di sostituzione edilizia e sono assoggettati alla puntuale disciplina della sottozona di Regolamento Urbanistico in cui ricadono.
3. Una volta decorso il termine decennale, e comunque non oltre 30 anni dall’evento, l’intervento deve essere preceduto dall’approvazione di apposito Piano di Recupero che verifichi la compatibilità dell’intervento di ricostruzione con l’assetto attuale dell’area.
Art. 44 - Immobili notificati ai sensi del D.Lgs. 42/2004
1. Eventuali prescrizioni del presente Regolamento Edilizio non sono operative sugli immobili che presentano parti o elementi soggetti a vincolo diretto di tutela di cui al
D.Lgs. 42/2004 relativamente alle sole parti/elementi tutelati.
2. Le restrizioni di cui al comma precedente trovano applicazione anche in caso di vincoli imposti e notificati successivamente all’entrata in vigore del presente Regolamento e decorrono dalla data di notifica del vincolo. Analogamente, dette restrizioni cessano di sussistere nel caso in cui i vincoli vengano revocati, anche in questo caso con decorrenza dalla data di notifica della revoca del vincolo.
SEZIONE II – REQUISITI GENERALI DEGLI IMMOBILI DI NUOVA COSTRUZIONE
Art. 45 - Ambito di applicazione
1. Le prescrizioni generali di cui al presente Capitolo si applicano a tutti gli edifici di nuova costruzione o risultanti da interventi di ristrutturazione urbanistica o sostituzione edilizia, qualsiasi sia la loro ubicazione, consistenza e destinazione d’uso.
2. Le stesse prescrizioni si applicano agli altri interventi di ristrutturazione edilizia solo quando ciò sia espressamente previsto dal presente Regolamento.
3. Sono fatte salve le diverse prescrizioni del presente Regolamento per destinazioni particolari o discendenti dall’applicazione di normative specifiche.
Art. 46 - Salubrità del terreno
1. E’ vietato realizzare nuovi edifici su terreni già adibiti a discariche o a sedi di attività che abbiano inquinato il suolo, fino a quando gli stessi non siano stati sottoposti a bonifica secondo le norme vigenti in materia; la destinazione d’uso di progetto deve essere compatibile con i requisiti del terreno conseguenti alla bonifica eseguita a termini di legge.
2. Nel caso in cui ci si trovi in presenza di acque di falda sotterranea, le costruzioni dovranno prevedere idonee opere di drenaggio e di impermeabilizzazione a protezione delle fondazioni.
3. In ogni caso, ai fini del miglior rapporto tra l'edificio e il suolo su cui lo stesso insiste, valgono le seguenti prescrizioni:
- se il terreno è soggetto all'invasione delle acque superficiali o sotterranee, le opere edilizie sono consentite solo se preventivamente si procede all'esecuzione di opere che garantiscano la salubrità dell'edificio senza assolutamente determinare inquinamento o interconnessione delle falde superficiali con quelle sottostanti;
- le opere edilizie devono assolutamente evitare che si creino connessioni tra acque di falda e fognature;
- le abitazioni presso rilievi e terrapieni sostenuti da muri devono essere dotate di impianti idonei per l'allontanamento delle acque meteoriche e per evitare infiltrazioni.
Art. 47 - Impermeabilità e secchezza degli edifici
1. Tutti gli edifici devono essere adeguatamente isolati dall'umidità del suolo e da quella derivante da agenti atmosferici. Gli elementi costitutivi dell'edificio devono poter cedere le eventuali acque di condensazione e permanere asciutti.
2. I locali abitabili posti al piano terreno, indipendentemente dalla quota del pavimento rispetto al terreno circostante a sistemazione avvenuta, devono avere il piano di calpestio isolato mediante solaio rialzato e distaccato dal terreno di ameno 40 cm. L'intercapedine deve essere areata a mezzo di bocchette adeguatamente dimensionate e localizzate per favorire la circolazione dell'aria. In alternativa al solaio potrà essere realizzato un vespaio areato di altezza minima di cm 50. Per i locali non abitabili è ammessa la costruzione di vespaio semplice non areato.
3. Qualora i locali abitabili risultino anche parzialmente al di sotto della quota del terreno circostante, deve essere prevista la realizzazione di uno scannafosso areato, con larghezza
non inferire a metri 0,80 e non superiore a metri 1,50, che circondi i locali in oggetto per tutta la parte interessata. La cunetta dello scannafosso deve essere più bassa del piano di calpestio dei locali abitabili di almeno cm 20. Eventuali griglie di aerazione non devono presentare pericolo per i pedoni e devono essere sicure in relazione alle eventuali condizioni di uso a cui possono essere sottoposte. Gli scannafossi non devono essere in comunicazione con locali abitabili o agibili.
4. Possono fare eccezione ai commi precedenti le sistemazioni di edifici esistenti qualora sia dimostrata l'impossibilità di perseguire le soluzioni tecniche citate, in rapporto alla conservazione ed alla valorizzazione delle caratteristiche ambientali, funzionali e tecnologiche preesistenti e al valore o interesse storico-architettonico dell'edificio. Il progetto dovrà, quando possibile, indicare allora le soluzioni alternative adeguate al perseguimento dei requisiti sopra descritti.
Art. 48 - Materiali da costruzione ecosostenibili
1. In tutti gli interventi disciplinati dal presente Regolamento devono essere impiegati materiali non suscettibili di causare danni alla salute delle persone e all'ambiente.
2. E’ consigliato l’utilizzo di materiali e finiture naturali o riciclabili, che richiedano un ridotto carico energetico, nel loro intero ciclo di vita, e ridotte emissioni inquinanti.
Art. 49 - Areazione delle unità immobiliari e dei singoli locali
1. L’aerazione dei singoli locali deve essere assicurata mediante finestrature prospettanti direttamente su spazi liberi, nel rispetto di quanto stabilito dal presente Regolamento in materia di distanza tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti.
2. Per il soddisfacimento dei suddetti rapporti non possono essere computate le finestre lucifere, se non previa istituzione di servitù coattiva nei confronti del confinante trascritta alla competente conservatoria.
3. Di norma le superfici apribili devono essere uniformemente distribuite su tutti i fronti esterni in modo da favorire i moti convettivi naturali per la circolazione dell'aria interna.
4. Per ogni unità immobiliare derivante da interventi di nuova edificazione, ristrutturazione urbanistica e sostituzione edilizia, deve essere garantita la ventilazione trasversale mediante aperture ubicate su due fronti contrapposti o su fronti ortogonali anche prospettanti su cortili o su chiostrine. In luogo della ventilazione trasversale naturale possono essere previsti sistemi di immissione ed estrazione dell’aria, di tipo naturale o meccanizzato, conformi alle norme UNI.
Art. 50 - Illuminazione dei locali
1. L’illuminazione dei locali deve essere assicurata mediante finestrature, aventi una superficie pari ad almeno 1/8 della superficie di calpestio del locale medesimo, prospettanti direttamente su spazi liberi nel rispetto di quanto stabilito dal presente Regolamento in materia di distanza tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti. Parametri inferiori, rispetto ai valori sopra riportati, possono essere ammessi soltanto previo parere favorevole della Azienda Sanitaria Locale competente per territorio.
2. Le finestrature devono essere dotate di idonei dispositivi che ne consentano l’oscuramento totale e parziale.
3. L’efficacia dell’illuminazione naturale è convenzionalmente ritenuta valida per una superficie di profondità pari a 2,5 volte l’altezza dell’architrave della finestra misurata dal pavimento, e per una larghezza pari a 1,50 volte la medesima misura, con riferimento alle mazzette della finestra: le porzioni degli ambienti che per loro conformazione geometrica non risultino raggiunti dall’illuminazione naturale, devono essere esplicitamente individuate nelle planimetrie di progetto ed adeguatamente illuminate artificialmente.
4. Per il soddisfacimento dei rapporti sopra descritti non possono essere computate le
finestre lucifere, se non previa istituzione di servitù coattiva nei confronti del confinante trascritta alla competente conservatoria.
6. Per gli interventi da eseguirsi sugli edifici classificati come soggetti a restauro o comunque definiti di valore storico, culturale ed architettonico di cui all’art. 81 della L.R. 1/2005, le norme regolamentari possono essere derogate, previa acquisizione del parere A.S.L., se il rispetto delle stesse, adeguatamente documentato nei modi stabiliti dalla legge regionale, risulta incompatibile con la conservazione delle caratteristiche architettoniche del manufatto.
Art. 51 - Infissi ed affissi
1. Tutte le porte che prospettino sulla pubblica via o su altri spazi destinati al pubblico transito devono aprirsi, di norma, verso l’interno dell’edificio.
2. Quando ciò non sia possibile, ovvero quando debbano aprirsi verso l’esterno ai fini di assicurare il rispetto di normative specifiche, le porte devono essere debitamente arretrate rispetto al filo della facciata in modo tale da non costituire intralcio alla libera circolazione di veicoli e pedoni.
3. Le disposizioni di cui ai precedenti commi 1 e 2 possono essere derogate solamente per gli edifici esistenti per motivi di sicurezza ove sia dimostrata la materiale impossibilità del rispetto di quanto ivi previsto.
4. Le persiane, gli avvolgibili con apparato a sporgere ed altri simili affissi possono aprirsi verso l'esterno solo quando la loro parte inferiore si trovi ad altezza di almeno m. 2,30 dal filo retromarciapiede.
Art. 52 - Isolamento termico ed acustico degli edifici
1. Tutti gli edifici di nuova costruzione devono essere progettati e costruiti nel rispetto delle norme vigenti in materia di contenimento dei consumi energetici, con particolare riferimento alla parte seconda, Capo quinto del D.P.R. 380/2001.
1. Tutti gli edifici di nuova costruzione devono essere progettati e costruiti adottando tecniche e materiali atti a garantire sufficienti livelli di isolamento acustico.
Art. 53 - Servizi igienici (vedi anche art. 134)
1. Ogni alloggio destinato ad uso di abitazione deve comprendere almeno un bagno ogni otto camere, o frazione di esse, costituito da vaso, bidet, lavabo, vasca da bagno o doccia.
2. La dotazione minima dei suddetti impianti può essere suddivisa anche in più locali, sempre che essi siano riservati esclusivamente ai servizi igienici.
3. Nel caso di servizi igienici finalizzati all’utilizzo di persone diversamente abili, è ammesso l’utilizzo di apparecchi multifunzione, nel rispetto della specifica normativa di settore.
4. Tutte le unità immobiliari destinate ad attività di vario genere con permanenza di persone (negozi, uffici, studi professionali, bar, altri esercizi pubblici), ad eccezione dei casi in cui sono obbligatori servizi igienici accessibili ai sensi della normativa per il superamento delle barriere architettoniche, devono essere provvisti di almeno un servizio igienico (con un vaso wc ed un lavabo a suo servizio esclusivo) con lato minore di metri 1,20 e superficie minima di mq.2,50 compreso l'antibagno.
5. Ogni immobile destinato ad attività produttiva deve avere un sufficiente numero di servizi igienici (vaso wc, lavabi, docce) a seconda del numero dei dipendenti e dell'attività svolta. Tali servizi igienici devono comunque essere dotati, quando non diversamente disposto da normative specifiche, di:
- lavabi, in misura non inferiore ad 1 ogni 10 addetti (o frazione) contemporaneamente in servizio;
- wc, in misura non inferiore ad 1 ogni 10 addetti (o frazione) contemporaneamente in
servizio.
6. Gli immobili destinati ad attività produttiva devono essere dotati degli ulteriori servizi igienico-assistenziali (quali docce, spogliatoi, ambulatori o camere di medicazione, refettori e locali di riposo) che risultino necessari per il disposto della vigente normativa in materia di igiene del lavoro. Per il dimensionamento e le caratteristiche di tali spazi valgono le disposizioni della normativa che li prescrive.
7. Non è consentito accedere direttamente ai servizi igienici dai locali adibiti all’uso di cucina o dagli spazi di cottura nonché dai locali destinati alla produzione, deposito e vendita di sostanze alimentari o bevande; in tali casi l’accesso deve avvenire attraverso un apposito spazio di disimpegno (antibagno) in cui possono essere collocati apparecchi sanitari diversi dal vaso wc e dal bidet.
8. Il pavimento dei servizi igienici deve essere di materiale facilmente lavabile e disinfettabile; le pareti devono essere rivestite con analogo materiale fino all'altezza di almeno m. 1,00.
9. Ogni apparecchio sanitario deve essere di materiale resistente, impermeabile e facilmente lavabile.
10. I vasi wc devono essere forniti di apparecchi per cacciata d'acqua di portata non inferiore a litri sei e di un sistema a doppia cacciata di portata di litri tre.
11. Tutti gli apparecchi sanitari devono essere forniti di sifone idraulico atto ad evitare esalazioni moleste. La camera del sifone di ciascun apparecchio deve essere ventilata mediante una conduttura di aerazione diversa da quella di scarico e comunicante con una conduttura verticale di aerazione sfociante in alto sul tetto.
12. L’utilizzazione di apparecchiature elettromeccaniche per l’allontanamento forzato dei reflui è ammessa solo quando si tratti di un servizio igienico aggiuntivo rispetto agli obblighi di legge.
13. Gli scarichi derivanti da impianti tipo “Sanitrit” devono essere convogliati in apposito depuratore ovvero nella prima camera delle fossa biologica.
14. Le disposizioni del presente articolo, salvo quella di cui al comma precedente, si applicano anche agli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente, limitatamente allo specifico intervento progettato.
15. Nelle aree urbane storiche e in tutti gli edifici costruiti prima del 1942 o comunque negli interventi da eseguirsi sugli edifici classificati di interesse architettonico, tipologico e ambientale, le indicazioni di cui sopra possono essere derogate ogni qualvolta ciò risulti non compatibile con la conservazione delle caratteristiche ambientali, tipologiche, costruttive ed architettoniche del manufatto.
Art. 54 - Misure contro la penetrazione negli edifici di animali in genere
1. In tutti gli edifici, siano essi esistenti che di nuova costruzione, sono adottati specifici accorgimenti tecnici onde evitare la penetrazione di roditori, volatili e di animali in genere.
2. Tutte le aperture di areazione devono essere protette da griglie, reti o altro dispositivo atto ad impedire, per dimensioni e robustezza delle maglie, la penetrazione di ratti e topi. Qualora sussista il rischio della penetrazione di insetti volanti, come api, vespe ecc. o striscianti si dovrà montare anche una rete a maglie fitte, facilmente rimovibile per una periodica manutenzione.
3. Nel caso in cui l’areazione sia conseguita mediante condotti che conducono all’esterno (sia nel caso di ventilazione naturale che forzata), analoghe protezioni devono essere predisposte all’estremità del condotto, la quale deve inoltre essere facilmente accessibile per i necessari controlli.
4. Il sistema delle condutture di scarico e delle fognature, così come quello delle relative ventilazioni, deve essere a perfetta tenuta e privo di forature o discontinuità. I punti nei quali le condutture attraversano murature devono essere ben sigillati e non presentare
interstizi.
Art. 55 - Raccolta differenziata rifiuti urbani
1. Ogni intervento di nuova costruzione, di ristrutturazione urbanistica o sostituzione edilizia che interessino una SUL maggiore di mq. 2.000 deve prevedere appositi spazi, convenientemente delimitati, che consentano la raccolta differenziata dei rifiuti urbani.
Art. 56 - Caratteristiche degli edifici destinati ad attività diverse dalla civile abitazione
1. I luoghi che sono costruiti o trasformati per essere adibiti a funzioni per le quali vigano normative specifiche (scuole, alberghi, ospedali, impianti sportivi, ecc.) devono essere progettati e realizzati in conformità alle specifiche normative in materia.
2. In tutti gli altri casi per il dimensionamento dei locali non destinati alla residenza, fatte salve le norme vigenti per ogni specifica attività e salvo diverse prescrizioni della competente struttura A.S.L., valgono le seguenti prescrizioni:
a) la superficie di ciascun locale destinato ad attività industriale e/o artigianale non dovrà essere inferiore a mq 9 fatti salvi i casi in cui la minore superficie sia necessaria per dimostrate esigenze di lavorazione;
b) la superficie di ciascun locale commerciale e di servizio, adibito ad archivio, magazzino e/o a uffici, rientranti non dovrà essere inferiore a mq 5 per addetto, con un minimo assoluto di mq 9;
c) le camere di medicazione, ambulatori aziendali e simili devono avere superficie non inferiore a mq.9;
d) i refettori, le mense aziendali ed i locali di riposo devono avere superficie non inferiore a mq 9 e comunque tale da assicurare una superficie di almeno mq 1 per ogni addetto contemporaneamente presente nel locale.
3. I locali posti al piano seminterrato o interrato, come definiti all'interno dell’Allegato I “Glossario” parte II “Definizioni di elementi costitutivi o di corredo delle costruzioni” al presente Regolamento Edilizio, degli edifici esistenti e di quelli di nuova costruzione possono essere adibiti ad ambienti di lavoro previo parere favorevole da parte dei Servizi di Igiene e Sanità Pubblica della A.S.L. competente per territorio.
SEZIONE III – REQUISITI SPECIFICI DEGLI EDIFICI PER ABITAZIONE
Art. 57 - Alloggi e locali di abitazione
1. Per il dimensionamento minimo degli edifici residenziali e dei relativi locali si fa riferimento al D.M. 5/7/1975.
2. In merito allo specifico dimensionamento dei locali di abitazione valgono inoltre le seguenti specifiche:
a) è ammessa la realizzazione di una zona cottura direttamente nella stanza di soggiorno: in tal caso la verifica dei parametri fissati per i locali di abitazione permanente deve essere fatta rispetto alla superficie di pavimento complessiva dei due vani. Qualora la zona di cottura sia ricavata in adiacenza al soggiorno, la superficie minima della medesima dovrà essere di almeno mq. 6,00.
b) i locali adibiti a servizio igienico non possono avere superficie inferiore a mq. 2,50, incluso l’eventuale antibagno, e larghezza non inferiore a mt. 1,20. Nel caso di più servizi igienici nella stessa unità immobiliare, detti valori minimi sono riferiti al solo servizio igienico principale.
3. Negli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente diversi dalla sostituzione edilizia e dalla ristrutturazione urbanistica è consentito il mantenimento di valori inferiori a quelli prescritti al precedente articolo purché siano rispettati i seguenti requisiti minimi:
a) per i locali ad uso “camera da letto” vengono stabilite le seguenti superfici minime: mq. 8 per un posto letto e mq 10 per due posti letto, aumentabile di mq 6 per ogni posto letto aggiuntivo.
4. E’ fatta ulteriore deroga per gli interventi da eseguirsi sugli edifici classificati come soggetti a restauro, o comunque definiti di valore storico, culturale ed architettonico di cui all’art. 81 della L.R. 1/2005, per i quali le norme regolamentari possono essere derogate se il rispetto delle stesse, adeguatamente documentato nei modi stabiliti dalla legge regionale, risulta incompatibile con la conservazione delle caratteristiche architettoniche del manufatto.
5. Per l’esercizio della deroga è necessario il parere favorevole dell’Azienda Sanitaria competente per territorio, nel rispetto delle fonti legislative primarie in materia igienico sanitaria.
Art. 58 – Locali interni alle abitazioni
1. Il presente Regolamento Edilizio suddivide funzionalmente i locali di abitazione in tre categorie: locali primari o che comportano la permanenza continuativa di persone, locali di supporto o che non comportano la permanenza continuativa di persone e locali accessori o adibiti esclusivamente a funzioni complementari alla residenza e che comportano presenza soltanto saltuaria ed occasionale di persone. Per le definizioni si rimanda all’Allegato I “Glossario” parte I “Definizioni tecniche di riferimento per gli interventi urbanistico- edilizi” al presente Regolamento Edilizio.
Art. 59 - Caratteristiche dei locali primari, di supporto e accessori
1. I locali di abitazione primaria e di supporto devono essere fuori terra.
2. I locali seminterrati possono essere utilizzati come locali primari e di supporto soltanto se soddisfano tutte le seguenti condizioni:
a) le parti contro terra devono essere protette da scannafosso areato ed ispezionabile avente le caratteristiche di cui all'articolo 47 comma 3;
b) il piano di calpestio, ove non sia presente una sottostante cantina, deve essere isolato dal terreno mediante solaio o vespaio adeguatamente areato di altezza non inferiore a 40 cm;
c) il locale deve rispondere a tutte le altre prescrizioni relative alle caratteristiche fisiche previste del presente Regolamento in relazione allo specifico uso cui è adibito.
3. In difetto anche di uno solo dei requisiti di cui ai punti sopraelencati, i locali interrati possono essere utilizzati soltanto come locali accessori.
4. Ciascun locale primario deve essere dotato di superfici finestrate apribili in misura non inferiore a 1/8 della superficie del pavimento; detto rapporto potrà essere ridotto ad 1/12 per i locali sottotetto se l’illuminazione è conseguita tramite lucernari. Le dimensioni delle finestre saranno misurate sul vano murario che determina l'apertura. Nel caso di sottotetti recuperati ad uso abitazione valgono le specifiche norme di cui alla L.R. 5/2010 “Norme per il recupero abitativo dei sottotetti”.
5. L’areazione e l’illuminazione dei locali di supporto deve essere garantita limitatamente a quelli adibiti a servizi igienici ed a spazi di cottura: per detti locali l’areazione e l’illuminazione può essere sia naturale diretta che meccanizzata. Nel caso di areazione ed illuminazione esclusivamente naturale diretta le superfici finestrate apribili devono risultare non inferiori a 1/12 della superficie del pavimento.
6. I locali accessori possono fruire di illuminazione ed areazione meccanizzata.
7. L’altezza dei locali destinati ad abitazione primaria non deve essere minore di m. 2,70. Nel caso di locali con altezza non omogenea, l’altezza media non deve essere inferiore a m. 2,70 e l’altezza minima non deve essere inferiore a m. 2,40.
8. L’altezza libera dei locali di supporto non deve essere minore di m. 2,40. Nel caso di locali con altezza non omogenea, l’altezza media non deve essere inferiore a m. 2,40 e
l’altezza minima non deve essere inferiore a m. 2,20.
9. Per i locali accessori l'altezza media non deve essere inferiore a m. 1,80.
Art. 60 - Eccezioni e deroghe per gli interventi su edifici esistenti
1. Negli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente diversi dalla sostituzione edilizia e dalla ristrutturazione urbanistica è consentito il mantenimento di valori inferiori a quelli prescritti al precedente articolo a condizione che non si determini un peggioramento della situazione preesistente sotto il profilo igienico sanitario.
2. In edifici esistenti è consentita la realizzazione di servizi igienici con altezza media inferiore a quella prescritta all'articolo precedente se l’unità è già dotata di un altro servizio conforme alle prescrizioni del presente Regolamento; in ogni caso l’altezza minima dell’ulteriore servizio igienico non potrà essere inferiore a m. 1,80 e quella media non inferiore a m. 2,20.
3. E’ fatta inoltre deroga per gli interventi da eseguirsi sugli edifici classificati come soggetti a restauro, o comunque definiti di valore storico, culturale ed architettonico di cui all’art. 81 della L.R. 1/2005, per i quali le norme regolamentari possono essere derogate se il rispetto delle stesse risulta incompatibile con la conservazione delle caratteristiche architettoniche del manufatto, adeguatamente documentate nei modi stabiliti dalla legge regionale. Per l’esercizio della deroga è richiesto il parere favorevole dell’Azienda Sanitaria Locale competente per territorio.
Art. 61 - Requisiti relativi alla riservatezza.
1. Gli edifici destinati ad abitazione, se direttamente prospettanti su spazi pubblici o di uso comune, dovranno avere i parapetti delle finestre ivi prospettanti ad un’altezza non inferiore a m. 1,80 rispetto alla quota di calpestio degli spazi esterni medesimi. Potranno essere ammesse soluzioni alternative purché evitino l’introspezione e garantiscano un sufficiente livello di riservatezza degli alloggi.
SEZIONE IV – REQUISITI DEGLI INTERVENTI DI NUOVA INFRASTRUTTURAZIONE
Art. 62 - Parcheggi pubblici
1. Gli spazi pubblici destinati al parcheggio delle autovetture dovranno avere dimensioni ottimali di m. 2,40 x m. 5,00. Misure di poco inferiori potranno essere ammesse previo valutazione della Commissione edilizia nei casi in cui la geometria degli spazi disponibili non consenta il raggiungimento dello standard ottimale.
2. Le aree destinate a parcheggio pubblico sono misurate sugli spazi effettivamente destinati alla sosta delle autovetture con esclusione delle corsie di servizio e degli spazi di manovra.
3. Le aree destinate a parcheggio pubblico dovranno essere adeguatamente ombreggiate. La disposizione degli esemplari arborei dovrà essere studiata in modo tale da determinare una corretta disponibilità di zone d’ombra sull’intera superficie considerata: indicativamente dovrà essere rispettato un rapporto di 1 albero ogni 5 posti auto in linea, ovvero 1 ogni 10 se gli stalli sono contrapposti. Gli alberi dovranno essere di specie autoctona, preferibilmente a crescita veloce, presentare chioma a portamento espanso ed avere una dimensione a maturità compresa tra i 10 ed i 16 metri di altezza. Sull’area di pertinenza degli alberi sono da evitare gli interventi di bitumatura e le cementificazioni.
Art. 63 - Parcheggi privati
1. Si definiscono parcheggi privati gli spazi destinati alla sosta degli automezzi ed i relativi spazi di manovra, quali che siano la loro tipologia, collocazione e caratteristiche costruttive (autorimesse singole o collettive, posti auto coperti o schermati o scoperti, autosilo e
ricoveri meccanizzati, ecc.) e la cui fruizione non sia pubblica.
2. Gli spazi da destinare a parcheggi privati a servizio degli edifici di nuova costruzione devono avere superficie non inferiore a un metro quadrato ogni 10 metri cubi di costruzione secondo quanto stabilito dall’art. 41-sexies della L. 1150/1942 come sostituito dal secondo comma dell’art. 2 della L. 122/1989, fatti salvi i casi in cui il Regolamento Urbanistico consenta superfici superiori.
3. Per effetto della modifica introdotta dalla L. 246/2005 all’art. 41-sexies, dalla L. 1150/1942 che ha eliminato il gravame della pertinenzialità in riferimento alla quota di parcheggi prevista dallo stesso articolo, si ritengono ope-legis superate le disposizioni relative all’obbligo di pertinenzialità dei parcheggi, anche in riferimento ai titoli abilitanti già rilasciati che li prescrivano in forza del disposto di legge previgente, fermo restando l’obbligo di destinazione d’uso a parcheggio di detti spazi.
4. Il Regolamento Urbanistico prescrive i casi in cui detta dotazione minima debba essere conseguita anche per interventi diversi dalla nuova costruzione.
5. Nella superficie destinata a parcheggio privato possono essere computati, oltre agli spazi effettivamente destinati al parcheggio degli autoveicoli, anche le corsie di distribuzione, le rampe di accesso ad esclusivo servizio dei parcheggi, le aree di manovra e gli altri spazi direttamente connessi con la funzione di parcheggio. Sono escluse dal computo le strade e le rampe di accesso di uso non esclusivo, nonché ogni altro spazio che non abbia diretta attinenza con la funzione di parcheggio, anche quando indispensabile per accedere al medesimo.
Art. 64 - Parcheggi privati da realizzarsi ai sensi dell’art. 9, comma 1, della L.122/1989
1. Ai sensi dell'art. 9 comma 1 della Legge 122/1989 “i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti.” La deroga si applica esclusivamente per la realizzazione di spazi per parcheggio a servizio di edifici esistenti ed opera soltanto rispetto alla disciplina di carattere urbanistico edilizio per cui deve essere garantito il rispetto di tutte le altre norme vigenti.
2. Le addizioni per realizzare le autorimesse pertinenziali fuori terra, ancorché non computabili ai fini dell’applicazione degli indici di fabbricabilità, sono realizzabili soltanto ove ciò non sia escluso dal Regolamento Urbanistico in funzione della tutela dei caratteri storico tipologici degli edifici e nel rispetto del parametro della superficie coperta di zona. Tali addizioni devono inoltre rispettare le distanze dai confini e dai fabbricati previste per la nuova edificazione.
Art. 65 - Schermatura di posti auto all’aperto
1. In corrispondenza di parcheggi all’aperto a servizio di unità immobiliari esistenti o di progetto, ovvero in aree destinate dal Regolamento Urbanistico a parcheggio pubblico, sono ammesse (e non dovranno verificare nessun parametro e/o indice edilizio o urbanistico) opere di schermatura dei medesimi quali tettoie, pensiline, grigliati e simili, a condizione che si rispettino integralmente le seguenti condizioni:
a) i parcheggi non devono essere adibiti né ospitare altra funzione;
b) le strutture debbono essere progettate e realizzate in modo tale da limitare l’impatto visivo degli autoveicoli in parcheggio, adottando le soluzioni progettuali, i materiali e le tecniche costruttive più idonee a favorirne il corretto inserimento nel contesto (strutture astiformi in metallo o legno con eventuale copertura in tela, vetro, canniccio e eventuale schermatura grigliata con specie rampicanti autoctone);
c) l'altezza massima non deve essere superiore a m.2,40;
d) la profondità della struttura deve essere limitata a quella effettivamente necessaria alla
protezione degli autoveicoli, con un massimo assoluto di m. 6,00;
e) la struttura non deve comportare riduzione delle aree permeabili oltre il limite di legge e la sua proiezione sul suolo non deve superare la metà della superficie scoperta di pertinenza dell’edificio cui è asservita.
Art. 66 - Pavimentazioni, illuminazione ed elementi di definizione dello spazio pubblico
1. In occasione della progettazione di strumenti attuativi, le strade e in generale gli elementi di definizione dello spazio pubblico dovranno conformarsi alle seguenti prescrizioni:
- solo il nastro stradale percorribile dai veicoli a motore potrà essere impermeabilizzato con manto d'asfalto con caratteristiche fonoassorbenti; i marciapiedi saranno realizzati con cordonati in pietra o cemento e pavimentazione in elementi di cemento;
- le aree di parcheggio saranno trattate preferibilmente con elementi che assicurano la permeabilità del terreno e dovranno essere previste alberature in misura pari ad un albero per ogni posto auto.
2. In occasione della realizzazione di opere di urbanizzazione primaria, di opere di rifacimento dei manti stradali, di opere per la collocazione dei corpi illuminanti o di elementi di arredo, deve essere redatto un progetto complessivo di tutti gli elementi di definizione dello spazio pubblico che preveda, tra l'altro, l'esecuzione contestuale di eventuali lavori di manutenzione o di rifacimento delle reti di distribuzione. La pavimentazione di piazze escluse al traffico veicolare dovrà escludere manti di finitura in conglomerato bituminoso.
Art. 67 - Caratteristiche delle viabilità pubbliche e aree di rispetto stradale
1. Le nuove viabilità all'interno del territorio urbano dovranno, di norma, essere eseguite nel rispetto delle seguenti indicazioni:
- carreggiata stradale, di larghezza minima pari a m. 7,00;
- due marciapiedi, ciascuno di larghezza minima pari a m. 1,50;
- due aiuole con alberature di tipo autoctono su entrambi i lati della carreggiata, ciascuna di larghezza minima pari a m. 1,50;
- una pista ciclabile, nel caso sia previste nella cartografia di progetto, di larghezza minima pari a m. 3,00.
2. Nel caso in cui il tracciato stradale interessi terreni ricadenti in zona agricola dovrà essere curato in particolare l'inserimento dell'infrastruttura nel contesto e dovranno essere rispettate le seguenti prescrizioni:
- dovranno essere realizzate tutte quelle opere, utilizzando tecniche di ingegneria naturalistica, che siano necessarie al fine di assicurare un corretto inserimento ambientale e la più completa stabilità dei terreni attraversati nei confronti di frane, smottamenti, cedimenti, senza compromettere lo scolo naturale;
- dovranno essere previste piantumazioni sui ciglio delle scarpate con specie locali e caratteristiche dell'ambiente rurale.
- in funzione dei traffici e della funzione della viabilità la larghezza della carreggiata dovrà essere contenuta il più possibile.
3. Le fasce di rispetto stradale interessano fasce laterali degli assi viari con profondità variabile secondo quanto stabilito dal Codice della Strada.
4. Gli interventi realizzabili all'interno delle suddette fasce sono stabiliti dall'articolo 50 lettera a) di Regolamento Urbanistico.
SEZIONE V – INTERVENTI DI RIDUZIONE DEL RISCHIO IDRAULICO
Art. 68 - Uso sostenibile della risorsa idrica e riduzione del rischio idraulico
1. Le prescrizioni di carattere nazionale, regionale, o derivanti da provvedimenti dell’Autorità di Bacino del Fiume Arno, operano direttamente sugli interventi edilizi, senza necessità che le stesse siano recepite dal presente Regolamento.
2. Le prescrizioni ed i vincoli di cui al primo comma si applicano anche ai provvedimenti in sanatoria previsti dagli artt. 36 e 37 del D.P.R. 380/2001 e art. 140 della L.R.1/2005.
3. Dette prescrizioni e vincoli non si applicano, invece, alle istanze di condono edilizio ai sensi del Capo IV della L. 47/1985, della L. 724/1994 e del Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269 come recepito dalla L.R. 41/2004 “ Norme in materia di sanatoria edilizia straordinaria” salvo che le stesse non determinino un vincolo di inedificabilità assoluta, nel qual caso diviene applicabile l’art. 33 della L.47/1985.
4. Allo scopo di disciplinare l’uso sostenibile della risorsa acqua si applicano le seguenti norme:
- per i nuovi insediamenti residenziali e/o produttivi potrà essere realizzato un unico pozzo ad uso condominiale;
- al fine di evitare o limitare il convogliamento delle acque meteoriche nelle rete fognaria o nel reticolo idrografico superficiale nelle nuove edificazioni, negli ampliamenti di edifici esistenti e nella sistemazione di aree pertinenziali dovrà essere garantito il mantenimento di una superficie permeabile di pertinenza pari ad almeno il 25 per cento della superficie fondiaria (art. 16 del D.P.G.R. 2R/2007);
- le nuove sistemazioni pubbliche e private per parcheggi, piazzali, viabilità carrabile e pedonale dovranno consentire l’infiltrazione o la ritenzione anche temporanea delle acque quando ciò non contrasti con esigenze di tutela storica o paesistica;
- ogni volta che le condizioni ambientali lo consentano dovrà essere favorita la dispersione delle acque piovane, mediante processi lenti e senza che si determinino fenomeni di ristagno, su superfici permeabili adiacenti evitando di interessare condotti fognari o il reticolo idrografico superficiale;
- quando possibile deve essere inoltre privilegiata l'istallazione di cisterne di accumulo interrate che consenta il reimpiego delle acque pluviali per usi non pregiati e comunque compatibili con la loro qualità (irrigazione aree verdi, scarichi sanitari, ecc.).
5. Nei casi in cui gli interventi descritti al punto precedente interessino aree od edifici che già presentino superficie permeabile inferiore al 25% del lotto la superficie permeabile dovrà essere incrementata sino al raggiungimento di detta misura minima.
6. In caso di interventi di nuova costruzione, ristrutturazione urbanistica, sostituzione edilizia e ristrutturazione edilizia, ove sia necessario o opportuno realizzare superfici a parcheggio impermeabili per scongiurare la percolazione in falda degli oli dispersi dalle autovetture, sarà possibile verificare il rispetto dei parametri relativi alla superficie drenante mediante sistemi di subirrigazione che, pur in presenza di manti superficiali impermeabili, garantiscano, attraverso un adeguato sistema di raccolta e depurazione delle acque pluviali, una re-irrigazione diffusa del substrato in misura non inferiore a quella richiesta dalla D.C.R. 12/2000.
CAPITOLO VI : ESECUZIONE DEI LAVORI SEZIONE I – INIZIO LAVORI
Art. 69 – Cautele
1. In fase di realizzazione delle opere edilizie l'esecutore dovrà adottare, sotto la propria ed esclusiva responsabilità tutte le cautele atte a evitare ogni pericolo di danno a persone e/o cose e ad attenuare, per quanto possibile, le molestie che i terzi possano risentire dall'esecuzione dei lavori.
Art. 70 - Richiesta di punti fissi di allineamento e quote
1. Fatti salvi gli ulteriori adempimenti previsti ai fini dell'inizio lavori dalla normativa vigente in materia di edilizia e di sicurezza dei cantieri, il titolare del Permesso di costruire o della SCIA deve chiedere ai competenti Uffici comunali l’assegnazione sul terreno di punti fissi da assumere a riferimento, sia planimetrico che altimetrico per le opere da realizzare in relazione ai seguenti interventi:
a) nuove costruzioni e opere accessorie;
b) ampliamenti, ristrutturazioni edilizie, opere pertinenziali, restauri e risanamenti conservativi limitatamente a interventi per interventi su edifici soggetti a vincolo ex D.lgs 42/2004;
c) opere di urbanizzazioni primaria e/o secondaria pubbliche o private;
d) apertura o modifica di accessi stradali pubblici o privati;
e) interventi di ristrutturazione urbanistica e/o di sostituzione edilizia;
f) opere previste in attuazione di piani attuativi convenzionati.
2. I punti fissi di allineamento e quota vengono assegnati dai tecnici comunali entro 15 giorni dalla data di deposito della richiesta. Gli appositi picchetti saranno posti a cura e spese dell'interessato che dovrà fornire personale e mezzi necessari per dette operazioni.
3. Delle operazioni di assegnazione sarà redatto, contestualmente, apposito verbale sottoscritto dal titolare del Permesso di costruire (o, in sua rappresentanza, dal direttore dei lavori) e dal tecnico comunale incaricato dell’assegnazione. Copia del verbale di assegnazione deve essere mantenuta presso il cantiere congiuntamente al Permesso di costruire o alla SCIA.
4. Decorso il termine temporale di cui al secondo comma del presente articolo senza che i punti fissi siano stati assegnati, il titolare del Permesso di costruire può procedere nei lavori rimanendo sollevato da ogni responsabilità in merito all’esatta collocazione dell’opera, sempre che la medesima sia stata eseguita in conformità al progetto approvato.
Art. 71 - Tolleranze di costruzione
1. Nell’esecuzione di opere edilizie di qualsiasi tipo, salvo quanto diversamente imposto da leggi o normative specifiche, sono ammesse le seguenti tolleranze di costruzione rispetto alle misure nominali contenute nel progetto:
– per lunghezze fino a m. 2,00: ± 5%
– per lunghezze oltre a m. 2,00 e fino a m.. 6,00: ± 2%
– per lunghezze oltre a m. 6,00: ± 1%
– per altezze fino a m. 5,00: ± 2%
– per altezze oltre a m. 5,00: ± 1%
2. Per le altezze interne dei singoli vani e per le altre altezze prescritte da norme regolamentari di carattere locale, è consentita in ogni caso una tolleranza di ± cm. 2, ferme restando le altezze minime fissate dal D.M. 5 Luglio 1975 che sono per loro natura inderogabili; parimenti sono inderogabili le disposizioni in materia di distanze minime dai confini e tra fabbricati stabilite dal D.M. 1444/1968.
Art. 72 - Prescrizioni per il cantiere
1. Nei cantieri dove si eseguono opere edilizie, di qualsiasi natura ed entità esse siano, devono essere rispettate le norme di prevenzione infortuni, le norme sulla prevenzione incendi, l'obbligo a termine di legge della denuncia di eventuali ritrovamenti di presunto interesse storico, artistico o archeologico, nonché ogni altra disposizione in materia di conduzione dell’attività edilizia in genere.
2. In tutti i cantieri soggetti all’applicazione del D.Lgs. 494/1996 devono essere integralmente rispettate le prescrizioni del piano di sicurezza e coordinamento.
3. Per tutta la durata dei lavori il cantiere deve essere recintato e deve essere organizzato in modo da essere libero da materiali inutili, dannosi o che producano inquinamento.
4. Il cantiere deve essere provvisto di segnalazioni di ingombro e di pericolo diurne e notturne, nonché di dispositivi rifrangenti ad integrazione dell’illuminazione stradale.
5. L’accesso al cantiere non deve costituire pericolo per la circolazione stradale e comunque per la pubblica incolumità.
Art. 73 - Occupazione e manomissione del suolo pubblico
1. E' vietato ingombrare le vie o gli spazi pubblici adiacenti all'opera in costruzione.
2. Solo nel caso di assoluta necessità l'Amministrazione Comunale può consentire al deposito temporaneo di materiali su suolo pubblico. In caso l'interessato deve richiedere ed ottenere la relativa autorizzazione amministrativa dell’Ente proprietario, previo pagamento del canone dovuto. Il soggetto responsabile del cantiere deve in ogni caso assicurare la costante nettezza del suolo pubblico comunque interessato.
3. A termine dei lavori devono essere rimesse in pristino tutte le opere pubbliche o di uso pubblico che siano state manomesse in conseguenza dei lavori e l'area pubblica provvisoriamente occupata per l'esecuzione dei lavori dovrà essere ripristinata a cura e spese dell'esecutore.
Art. 74 - Comunicazione di ultimazione lavori
1. L’avvenuta ultimazione dei lavori deve essere comunicata dal titolare del Permesso di costruire o della SCIA, contestualmente alla certificazione della conformità dell'opera al progetto contenuto nel titolo abilitativo o nelle varianti ad esso.
2. Dopo l’avvenuta comunicazione di ultimazione dei lavori, il titolo in forza del quale sono stati eseguiti i lavori, ancorché non ne siano scaduti i termini di validità, si intende inefficace. Qualsiasi ulteriore opera o variante deve essere preventivamente richiesta/comunicata al Comune conformemente ai disposti di legge.
3. Quando, per inerzia del titolare del Permesso di costruire o della SCIA o degli altri soggetti responsabili dell’esecuzione delle opere, non sia data regolare comunicazione della fine dei lavori, le opere si considerano comunque in corso e ciascuno dei soggetti interessati all'esecuzione delle stesse continua a mantenere le responsabilità previste dall’art. 131 della L.R. 1/2005.
SEZIONE II – ADEMPIMENTI
Art. 75 – Adempimenti vari
1. Nel corso dell'intervento edilizio si dovrà provvedere ai seguenti adempimenti:
a) il titolare del Permesso a costruire o della SCIA o, in sua vece, il progettista, ogni qualvolta un progetto, per la specifica attività o destinazione d’uso prevista, sia soggetto al parere preventivo del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco, deve acquisire il relativo nulla osta prima dell’inizio dei lavori e provvedere a trasmetterlo ai competenti uffici comunali, salvo più favorevoli disposizioni di legge (il conseguimento del nulla osta costituisce condizione per il rilascio del Permesso di costruire o per l'efficacia della SCIA
solo nei casi espressamente previsti dalla legge);
b) il titolare del Permesso a costruire o della SCIA o, in sua vece, il progettista, nel caso si proceda a nuova tinteggiatura dei fronti dell'edificio, nel corso dei lavori dovrà proporre all'Ufficio Urbanistica una gamma di colori, al fine di individuare la tinta più adatta all'intervento, sulla base delle seguenti indicazioni:
- le proposte ancorché riferite ad un singolo edificio/fronte dovranno mirare alla ricerca di un’armonia cromatica sia con gli edifici attigui che con il contesto. A tal fine si dovrà porre attenzione a scongiurare la mancanza di differenziazione cromatica nelle situazioni in cui sarebbe invece legittima (l’uniformità cromatica spesso ostacola la percezione di più edifici attigui come distinti e impoverisce la percezione della prospettiva stradale) e, al contempo, a non compromettere l’unitarietà d'immagine di un determinato prospetto, con interventi parziali di differenziazione cromatica arbitraria, legati essenzialmente alla diversa proprietà dell’immobile.
- all'interno delle zone A, delle zone a matrice storica e nelle sottozone B1 come definite da Regolamento Urbanistico agli articoli 8, 9 e 11, in linea di principio, le tinte più decise e caratterizzanti dovranno essere usate sulla base di una documentata analisi che ne attesti l’originale presenza;
- per gli interventi su elementi architettonici, partitura e decori (tridimensionali o dipinti) quali cornici, basamenti, cantonali, mostre ecc. troveranno utilizzo privilegiato, ma non esclusivo, i colori di tonalità più chiara quali i bianchi, beige e grigi.
c) il titolare del Permesso di costruire o SCIA dovrà provvedere alla richiesta del numero civico all'ufficio Anagrafe del Comune ogni qualvolta le opere comportino la realizzazione di nuovi accessi dalla pubblica via o comunque variazione della numerazione civica preesistente. In caso di demolizioni di fabbricati che non debbano essere più ricostruiti o nel caso di soppressione di porte esterne di accesso, il proprietario è tenuto a notificare al Comune i numeri soppressi;
d) il titolare del Permesso di costruire o SCIA dovrà provvedere alla richiesta richiesta di allacciamento alla pubblica fognatura (l'allacciamento è obbligatorio per i nuovi insediamenti in zone servite dalla fognatura comunale e per i nuovi insediamenti produttivi in qualsiasi zona ubicati, pena il diniego della certificazione di abitabilità ed agibilità);
e) il titolare del Permesso di costruire o SCIA dovrà provvedere alla domanda di autorizzazione allo scarico in acque superficiali (solo per gli insediamenti diversi da quelli di cui alla precedente lettera “c”);
f) il titolare del Permesso a costruire o della SCIA o, in sua vece, il progettista, dovrà richiedere all'Ufficio Regionale competente, quando le opere siano state oggetto di controllo da parte di tale Ufficio, il certificato di conformità alla normativa antisismica.
Art. 76 - Ingressi carrai o passi carrabili
1. La costruzione di ingressi carrai o passo carrabili è consentita alle seguenti condizioni:
- quando l'ingresso carraio sia collegato con una rampa, questa non dovrà superare la pendenza dei 20% e dovrà essere previsto un tratto piano, pari ad almeno m. 5 di lunghezza, tra l'inizio della livellata inclinata ed il filo dello spazio di pubblico transito;
- la distanza degli ingressi carrai dall'intersezione fra due strade percorse da traffico veicolare, non dovrà essere inferiore a m.12.
2. La costruzione degli ingressi carrai, compreso l'eventuale adeguamento del marciapiede antistante la rampa, è per intero a carico della proprietà che sarà soggetta, inoltre, alla applicazione delle tasse stabilite dal Comune per l'occupazione di suolo pubblico.
Art. 77 - Fascicolo edificio
1. Il responsabile amministrativo di ciascun edificio è tenuto a raccogliere e conservare presso la sua sede legale tutta la documentazione relativa all’edificio (progetti, abitabilità, certificazioni degli impianti, relazioni tecniche, certificazioni energetiche etc.) sia in materia edilizia che di sicurezza.
CAPITOLO VII : ABITABILITÀ ED AGIBILITÀ DELLE COSTRUZIONI
SEZIONE I – ATTESTAZIONE DI ABITABILITÀ ED AGIBILITÀ IN VIA ORDINARIA
Art. 78 - Certificazione di abitabilità o agibilità
1. La certificazione di abitabilità o di agibilità è necessaria nei casi specificati al comma secondo dell'art. 86 L.R. 1/2005.
2. La certificazione di abitabilità o agibilità è attestata dal Direttore dei lavori o da un professionista abilitato, su incarico del proprietario dell'immobile o del titolare del Permesso di costruire o della SCIA.
3. Dalla data della presentazione della certificazione decorrono l’abitabilità o l’agibilità nonché i termini per le eventuali ispezioni di cui all’art. 86 quarto comma, della L.R. 1/2005.
Art. 79 - Annullamento dell’attestazione di abitabilità o agibilità
1. Qualora, da verifica effettuata d'ufficio, l’attestazione e la documentazione allegata risultino incomplete o non conformi alle norme ed alle disposizioni del presente Regolamento, il responsabile del procedimento richiede all'interessato di integrarla con i necessari documenti o atti, purché non siano nella disponibilità del Comune, avvertendo che la mancata presentazione entro il termine assegnato può comportare l’annullamento degli effetti della certificazione.
Art. 80 - Controlli e verifiche
1. Le ispezioni di cui all’art. 86, quarto comma, della L.R. 1/2005 sono eseguite dal personale tecnico dell’ufficio comunale competente coadiuvato da personale dell’Azienda Sanitaria Locale competente per territorio. I sopralluoghi sono effettuati entro centottanta giorni dalla presentazione delle attestazioni.
2. Nel caso che gli uffici abbiano richiesto integrazioni alla documentazione allegata alla richiesta di abitabilità/agibilità il termine per le ispezioni è interrotto e inizia a decorrere nuovamente dalla data di presentazione delle integrazioni documentali richieste.
SEZIONE II – ATTESTAZIONE DI ABITABILITÀ ED AGIBILITÀ SU IMMOBILI OGGETTO DI CONDONO EDILIZIO
Art. 81 - Domande per immobili oggetto di condono edilizio
1. Nel caso di immobili oggetto di condono edilizio il certificato di abitabilità o agibilità può essere rilasciato a seguito della Concessione in sanatoria, in ottemperanza a quanto disposto dall’art. 35 della L. 47/1985 e dalla Circolare Ministeriale 30 luglio 1985, n. 3357/25, punto 9.
2. Per quanto attiene, in particolare, le norme in materia di sicurezza statica, la rispondenza è attestata dal certificato di idoneità di cui alla lettera “b” del terzo comma dell’art. 35 della L. 47/1985. Il certificato può essere rilasciato anche in deroga ai requisiti fissati da norme regolamentari, purché sia acquisito il parere favorevole della Azienda Sanitaria competente per territorio. Rimane fermo l’obbligo che le opere oggetto di condono non contrastino con le disposizioni vigenti in materia di sicurezza statica e prevenzione degli incendi e degli infortuni.
3. Quando non si utilizzi la procedura di cui all’art. 35 della L. 47/1985 l’abitabilità o l’agibilità sono conseguite con la procedura di cui all’art. 86 della L.R. 1/2005, previa eventuale richiesta di parere alla Azienda Sanitaria Locale competente per territorio.
Art. 82 - Certificazione per gli immobili di vecchia costruzione
1. Per gli edifici, o loro parti, di costruzione antecedente al 27 Luglio 1934 (entrata in vigore del Testo unico delle leggi sanitarie, TULS), la sussistenza dei requisiti necessari per l'utilizzazione degli immobili può essere attestata mediante apposita dichiarazione, resa dal proprietario sotto forma di perizia giurata, che attesti:
a) la conformità urbanistico-edilizia del bene anche per quanto riguarda la destinazione d'uso;
b) il possesso dei requisiti di salubrità previsti dalle vigenti leggi e dal presente Regolamento;
c) il rispetto della normativa in materia di sicurezza delle strutture e degli impianti, il rispetto della normativa in materia di abbattimento delle barriere architettoniche;
d) il rispetto della normativa in materia di contenimento dei consumi energetici e in materia di prevenzione dell'inquinamento idrico ed atmosferico;
e) la regolare iscrizione in catasto del bene;
2. La perizia giurata deve essere resa da un tecnico abilitato, incaricato dalla proprietà dell’immobile o da soggetto avente comunque un titolo equivalente alla proprietà. In caso di immobili di proprietà pubblica, la perizia giurata può essere sostituita da una perizia resa da un tecnico abilitato e vistata dal Comune.
CAPITOLO VIII – REQUISITI DEI COMPONENTI DELL'EDIFICIO SEZIONE I – COMPONENTI FORMALI DEGLI EDIFICI
Art. 82 - Spazi comuni di collegamento
1. In tutti i casi in cui siano prescritte, dal presente Regolamento o da altre norme, larghezze minime per i collegamenti pedonali comuni (orizzontali, inclinati o verticali che essi siano), le eventuali porte, sportelli e simili che si aprano sul collegamento non devono mai comportare riduzione della larghezza minima prescritta. Nel caso di serramenti che si aprano sul collegamento, la larghezza di quest’ultimo deve essere pari almeno a quella minima prescritta con una maggiorazione pari al massimo ingombro del serramento aperto. Ove non sia possibile conseguire detta maggiore larghezza i serramenti devono aprirsi verso l’interno dei vani adiacenti il collegamento oppure essere di tipo scorrevole.
2. Gli spazi di collegamento destinati alla circolazione promiscua di persone e di automezzi devono essere dotati di opportuna segnaletica.
3. Gli spazi privati di uso comune, in condizioni meteorologiche normali, non devono presentare superfici di calpestio sdrucciolevoli.
4. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente, in ragione dello specifico intervento progettato.
Art. 83 - Parapetti
1. Le finestre con parapetto pieno devono presentare il davanzale ad un'altezza di almeno
m. 0,90 dalla quota del pavimento interno e comunque la somma tra l'altezza e la profondità dei davanzali non deve mai risultare inferiore a m. 1,10.
2. Le finestre a tutta altezza e quelle con parapetto pieno di altezza inferiore a quella prescritta al comma precedente devono essere dotate di parapetti, in metallo od altro idoneo materiale, di un'altezza non inferiore a m. 1,00.
3. I balconi e le terrazze devono essere dotate di parapetti, in metallo, muratura od altro idoneo materiale, di un'altezza non inferiore a m. 1,00 e progettati e realizzati in maniera tale da resistere agli urti accidentali.
4. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente, in ragione dello specifico intervento progettato.
Art. 84 - Scale
1. Le scale che costituiscono parte comune o che siano di uso pubblico devono presentare le seguenti caratteristiche:
– larghezza non inferiore a m. 1,20;
– andamento regolare, con rampe rettilinee, prive di ventagli o altri artifizi suscettibili di renderne disagevole l’uso;
– gradini regolari, di norma di forma rettangolare, con pedata ed alzata costanti per l’intero sviluppo della scala;
– pedata non inferiore a cm. 30 ed alzata tale che la somma tra la pedata ed il doppio dell’alzata sia compresa tra cm. 62 e cm. 64;
– pianerottoli intermedi di profondità non inferiore alla larghezza della rampa e pianerottoli di arrivo mai inferiori a m. 1,30;
– parapetti di altezza non inferiore a m. 1,00 (misurata al centro della pedata) e di conformazione tale da risultare non attraversabili da una sfera del diametro di cm. 10;
– corrimano su almeno un lato della scala, nel caso di rampe di larghezza fino a m. 1,80, e su ambedue i lati per rampe di larghezza superiore.
2. Può essere fatta eccezione alle prescrizioni di cui sopra solo nel caso di scale in esubero rispetto alla dotazione minima comunque prescritta.
3. Le scale comuni di tipo chiuso, di norma, devono essere dotate di areazione naturale diretta. Negli edifici fino a tre piani fuori terra l'illuminazione e la ventilazione potrà avvenire a mezzo di lanterna a vetri munita di aperture per la ventilazione.
4. Non è mai ammesso conseguire i livelli di areazione ed illuminazione prescritti dal presente Regolamento per i vari tipi di locali di abitazione mediante aperture realizzate su pozzi scale comuni di tipo chiuso, anche quando questi risultino areati ed illuminati direttamente.
5. Le scale interne a singole unità immobiliari devono presentare le seguenti caratteristiche:
– larghezza non inferiore a m. 0,80;
– gradini regolari, con pedata ed alzata costanti per l’intero sviluppo della scala;
– pedata non inferiore a cm. 25 ed alzata tale che la somma tra la pedata ed il doppio dell’alzata sia compresa tra cm. 62 e cm. 64;
– pianerottoli intermedi e di arrivo di profondità non inferiore alla larghezza della rampa;
– parapetti di altezza non inferiore a m. 0,90 (misurata al centro della pedata).
6. Le prescrizioni del presente comma non si applicano alle scale per l’accesso a vani tecnici o a locali accessori e di servizio.
Art. 85 – Chiostrine e cavedi
1. Negli edifici di nuova costruzione anche risultanti da interventi di ristrutturazione urbanistica e negli interventi di sostituzione edilizia, le chiostrine devono rispettare le seguenti prescrizioni:
a) la superficie della chiostrina non deve essere inferiore a mq. 12,00;
b) il lato minore della chiostrina non deve mai essere inferiore a m. 3,00;
Dette dimensioni si intendono nette da quelle proiezioni orizzontali dei balconi e di qualsiasi altra sporgenza sotto gronda per la parte eccedente m. 0,20 di aggetto.
2. Quando la chiostrina abbia andamento verticale irregolare le prescrizioni di cui al presente articolo vanno verificate in corrispondenza di ogni variazione di sezione. In tal caso sono considerate chiostrina le sole porzioni per cui risultino integralmente rispettate le prescrizioni di cui al comma 1.
3. Sulle chiostrine possono essere aperte finestre di locali di supporto o di locali accessori secondo la definizione di cui alla parte I “Definizioni tecniche di riferimento per gli interventi urbanistico edilizi” dell'Allegato I “Glossario” al presente Regolamento Edilizio. Non è mai ammesso aprirvi finestre di locali di abitazione primari, salvo che il locale sia dotato di altra finestratura, prospettante su spazio aperto o su cortile regolamentare, di dimensioni tali da assicurare il rispetto dei requisiti di cui all'articolo 50 del presente Regolamento.
4. Gli interventi su chiostrine esistenti che già presentino condizioni di contrasto con il presente Regolamento, devono, ove possibile, prevedere il miglioramento dei parametri dimensionali di cui al comma 1.
5. Sui cavedi non è mai ammessa l'apertura di finestre di locali di abitazione come definiti all'interno della parte I “Definizioni tecniche di riferimento per gli interventi urbanistico edilizi” dell'Allegato I “Glossario” al presente Regolamento Edilizio.
6. Il piano di fondo dei cavedi, a qualsiasi quota posizionato, deve essere facilmente accessibile per consentire le necessarie operazioni di pulizia e di manutenzione. Esso deve inoltre essere convenientemente impermeabilizzato, pavimentato e provvisto di apposito sistema di raccolta ed allontanamento delle acque piovane.
Art. 87 - Soppalchi
1. La formazione di soppalchi è ammessa nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) l'altezza minima degli spazi sottostanti ai soppalchi non deve essere minore di
2,20 metri.
b) tra il pavimento finito dei soppalchi ed il soffitto finito dei locali, ove questi siano destinati alla permanenza di persone, deve intercorrere un'altezza di 2,20 metri;
c) la superficie dei soppalchi non deve essere superiore ad 1/3 di quella del locale soppalcato;
d) non siano costruiti tramezzi che determinino vani ad illuminazione ed areazione indiretta.
2. La verifica dei requisiti di areazione ed illuminazione è effettuata considerando complessivamente le superfici finestrate apribili e di pavimento sia del soppalco che del locale su cui il medesimo si affaccia.
3. Negli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente diversi dalla sostituzione edilizia e dalla ristrutturazione urbanistica, è consentito il mantenimento di valori inferiori a quelli prescritti nei commi precedenti, a condizione che non si determini un peggioramento della situazione preesistente sotto il profilo igienico sanitario: non è pertanto consentito il passaggio da un uso che prevede la presenza saltuaria di persone ad altro uso che invece ne preveda la presenza continuativa se non è possibile assicurare il pieno rispetto delle condizioni previste per i nuovi edifici.
4. Sui soppalchi adibiti ad ambienti di lavoro artigianale o industriale dovranno essere esposti in punti ben visibili cartelli riportanti il carico massimo ammissibile in condizioni di normale esercizio (espresso in kg/mq), così come questo risulta dal progetto strutturale.
SEZIONE II – IMPIANTI IDRICO, ELETTRICO E DI RISCALDAMENTO
Art. 88 - Impianto idrico
1. Ogni fabbricato, di nuova costruzione o esistente, deve essere provvisto di acqua potabile, attinta, salva dimostrata impossibilità tecnica, dall’acquedotto pubblico, così da garantire un regolare rifornimento per ogni unità immobiliare.
2. Gli impianti per la distribuzione dell'acqua potabile all'interno degli edifici devono essere costruiti in modo da non determinare impurità ed alterare i caratteri organolettici dell’acqua.
3. Qualora gli edifici abbiano locali abitabili con il pavimento a quota tale che non possa essere garantita una regolare erogazione, devono essere dotati di apparecchiature per il sollevamento dell'acqua e serbatoi di accumulo dimensionati in base all’utenza servita e protetti dalle escursioni termiche.
4. Il locale destinato ad accogliere l’impianto di sollevamento dell’acqua deve avere altezza non inferiore a m. 2,00, pavimento e pareti facilmente lavabili, caditoia di raccolta delle acque di lavaggio, reticella anti insetti alle aperture ed al tubo di troppo pieno, serbatoio di materiale idoneo a venire in contatto con alimenti e con copertura sigillata.
5. I serbatoi di accumulo devono essere di idoneo materiale, a perfetta tenuta e di norma posizionati fuori terra: eventuali serbatoi interrati devono essere protetti da scannafosso che ne consenta l’ispezione e essere dotati di chiusura che impedisca infiltrazioni di acque meteoriche. La tubazione di troppo pieno non deve presentare continuità con l’impianto di smaltimento delle acque reflue e deve essere protetta all’estremità con rete anti insetti.
Art. 89 – Impianto elettrico
1. Ogni edificio deve essere allacciato alla rete pubblica di distribuzione dell’energia elettrica, fatti salvi i casi in cui il fabbisogno elettrico sia integralmente soddisfatto mediante l’uso di fonti energetiche rinnovabili o assimilate.
2. Per gli impianti elettrici che, per potenzialità, tipologia o dimensione degli ambienti, siano soggetti all'obbligo della progettazione ai sensi della L.46/1990 e del DPR.447/1993,
deve essere depositata, presso l'Ufficio Urbanistica e prima dell'inizio dei relativi lavori, la documentazione tecnica prevista.
Art. 90 – Impianto di riscaldamento
1. Gli edifici di nuova costruzione adibiti a qualsiasi funzione che presupponga la permanenza di persone devono essere dotati di impianto di riscaldamento.
2. Gli edifici esistenti che siano privi di tale impianto devono esserne dotati in occasione di qualsiasi intervento che non sia di semplice manutenzione ordinaria.
Art. 91 - Sbocco dei condotti di evacuazione dei prodotti di combustione
1. Di norma lo sbocco dei condotti di evacuazione dei prodotti di combustione deve avvenire al di sopra della copertura degli edifici, in conformità alle prescrizioni di cui all’art. 5, comma 9, del D.P.R. 412/1993.
2. Dette prescrizioni non si applicano nel caso di:
– mera sostituzione di generatori di calore individuali;
– singole ristrutturazioni di impianti termici individuali esistenti, siti in edifici plurifamiliari che già non dispongano di sistemi di evacuazione dei prodotti della combustione sopra il tetto dell’edificio.
3. I condotti di evacuazione diversi da quelli dei prodotti di combustione di cui ai commi precedenti, quando siano suscettibili di produrre esalazioni nocive o moleste (condotti per la ventilazione forzata di servizi igienici, condotti per l’evacuazione dei fumi di cucina o di caminetti, ecc.), devono anch’essi avere sbocco al di sopra della copertura dell’edificio.
4. Le prescrizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche agli interventi sul patrimonio edilizio esistente limitatamente allo specifico intervento in progetto.
SEZIONE III: IMPIANTO FOGNARIO
Art. 92 - Acque pluviali ed acque reflue
1. In funzione della loro natura, le acque provenienti dagli edifici si distinguono in:
– acque pluviali;
– acque reflue.
2. Sono acque pluviali quelle di natura meteorica, di infiltrazione o di falda, provenienti da coperture, terrazze, cortili, chiostrine, scannafossi, drenaggi, superfici scoperte e simili.
3. Sono acque reflue quelle provenienti dagli impianti sanitari dell’edificio ed in genere tutte le acque di risulta da una qualsiasi forma di utilizzazione civile che comporti compromissione della loro naturale purezza.
4. In funzione della loro provenienza a loro volta le acque reflue si distinguono in:
– acque nere;
– acque saponose.
5. Sono acque nere le acque di rifiuto provenienti dai vasi wc e da tutti gli altri apparecchi sanitari con analoga funzione.
6. Sono acque saponose quelle provenienti dalle cucine, dai lavabi ed in genere da tutti quegli apparecchi sanitari od elettrodomestici la cui funzione presuppone l’impiego di saponi, detersivi, tensioattivi e simili.
Art. 93 - Corpi ricettori finali
1. I corpi ricettori finali cui possono essere condotte le acque reflue si distinguono in:
– pubblica fognatura;
– corpo d’acqua superficiale;
– suolo;
– sottosuolo.
2. Si definisce come pubblica fognatura il complesso di canalizzazioni specificatamente destinate a raccogliere e portare a recapito le acque meteoriche e/o di lavaggio provenienti da aree urbanizzate e quelle reflue provenienti dalle diverse attività.
3. Si definisce come corpo d’acqua superficiale qualsiasi massa d’acqua che, indipendentemente dalla sua entità, presenti proprie caratteristiche idrologiche, fisiche, chimiche e biologiche (laghi e corsi d’acqua, sia naturali che artificiali, falde sotterranee e simili).
4. Si definisce come suolo l’insieme degli strati superficiali del terreno, utilizzati come mezzo di trattamento che sfrutti la naturale capacità depurante del terreno.
5. Si definisce come sottosuolo l’insieme delle unità geologiche atte a conferire agli scarichi il massimo confinamento possibile, bloccandoli in strutture porose isolate dalla circolazione idrica sotterranea mediante appropriate barriere geologiche impermeabili.
Art. 94 - Pubbliche fognature
1. Le pubbliche fognature, in funzione del tipo di acque che vi possono essere condotte e del loro recapito, si distinguono in:
– fognatura nera, riservata all’immissione di acque nere ed acque saponose;
– fognatura bianca, riservata all’immissione di acque pluviali;
– fognatura mista, in cui è ammessa l’immissione di tutte le acque reflue (nere, saponose, pluviali).
2. Il trattamento delle acque e le modalità della loro immissione nella pubblica fognatura variano in funzione del tipo di fognatura secondo quanto prescritto dal presente Regolamento.
Art. 95 - Abitanti equivalenti
1. I dispositivi di depurazione delle acque nere e delle acque saponose sono dimensionati in funzione del numero di abitanti equivalenti.
2. Il numero di abitanti equivalenti si determina come segue:
– un abitante equivalente ogni mq. 35 di superficie utile lorda (o frazione) negli edifici di civile abitazione;
– un abitante equivalente ogni due posti letto in edifici alberghieri, case di riposo e simili;
– un abitante equivalente ogni cinque posti mensa in ristoranti e trattorie;
– un abitante equivalente ogni due posti letto in attrezzature ospedaliere;
– un abitante equivalente ogni cinque addetti in edifici destinati ad uffici, esercizi commerciali, industrie o laboratori che non producano acque reflue di lavorazione;
– un abitante equivalente ogni cinque posti alunno in edifici scolastici o istituti di educazione diurna;
– quattro abitanti equivalenti ogni wc installato per musei, teatri, impianti sportivi ed in genere per tutti gli edifici adibiti ad uso diverso da quelli in precedenza indicati.
Art. 96 - Raccolta e smaltimento delle acque pluviali
1. Ciascun edificio deve essere dotato di un impianto atto a garantire la raccolta delle acque pluviali ed il loro convogliamento fino ad uno dei recapiti finali ammessi dal presente Regolamento.
2. Le condutture costituenti l’impianto devono essere di materiale resistente ed impermeabile, avere giunture a perfetta tenuta ed essere di numero ed ampiezza sufficiente per ricevere e convogliare le acque piovane fino al recapito finale.
3. Le coperture devono essere munite di canali di gronda lungo tutti i cornicioni, tanto verso le aree di uso pubblico quanto verso i cortili ed altri spazi scoperti.
4. Le calate devono essere collocate di preferenza esteriormente all'edificio ed all’estremità inferiore di ogni calata devono essere installati pozzetti d'ispezione ad interruzione
idraulica. Pozzetti d'ispezione devono inoltre essere installati lungo le condutture interrate nei punti in cui si verifichi un repentino cambiamento di direzione o la confluenza di più condutture.
5. Tutte le tubazioni costituenti l’impianto devono condurre ad un pozzetto finale d'ispezione, posto ai limiti interni della proprietà, da cui si diparta la tubazione che conduce al recapito finale.
6. L’impianto di raccolta e smaltimento delle acque pluviali deve essere del tutto indipendente da quelli delle acque di altra natura. E' vietato immettere nelle tubazioni o nei pozzetti delle acque piovane acque reflue di qualsiasi altra provenienza. La confluenza di acque piovane con le altre acque reflue è consentita solo a livello del pozzetto finale d'ispezione nel caso di recapito in pubblica fognatura di tipo misto.
7. Le acque pluviali possono essere smaltite mediante:
– convogliamento in pubblica fognatura bianca o mista;
– convogliamento in acque superficiali;
– dispersione nel suolo;
– accumulo in cisterna per uso irriguo, antincendio e simili (fermo restando che le eventuali tubazioni di troppo pieno devono comunque condurre ad una delle altre destinazioni ammesse).
8. Quando possibile ed opportuno, deve essere privilegiato il reimpiego delle acque pluviali per usi non pregiati e comunque compatibili con la loro qualità (irrigazione aree verdi, scarichi wc, ecc.) oppure la dispersione delle medesime, mediante processi lenti, negli spazi verdi.
Art. 97 - Raccolta e smaltimento delle acque reflue
1. Ciascun edificio deve essere dotato di un impianto atto a garantire la raccolta delle acque reflue ed il loro convogliamento fino ad uno dei recapiti finali ammessi dal presente Regolamento.
2. Le condutture delle acque reflue devono essere di materiale resistente ed impermeabile, avere giunture a perfetta tenuta ed essere di numero e sezione sufficienti per ricevere e convogliare le acque medesime.
3. Per dette condutture valgono le seguenti prescrizioni generali:
a) le tubazioni verticali devono essere poste in opera incassate nelle murature o in apposite cassette che le isolino dagli ambienti interni; la collocazione esterna alle murature (tubazioni a vista) è ammessa solo in cavedi od in altri spazi riservati al passaggio degli impianti tecnologici;
b) le tubazioni verticali devono essere prolungate in alto sopra la copertura dell’edificio, in modo tale da garantire la ventilazione delle medesime ed avere l'estremità superiore provvista di mitra o cappello di ventilazione e di reticella contro gli insetti;
c) negli edifici di nuova costruzione deve essere inoltre realizzato un sistema di ventilazione secondaria, anche mediante un'unica calata di diametro adeguato, che sfiati le colonne delle acque nere e saponose, sia ai piedi delle stesse che in prossimità di ogni attacco;
d) le tubazioni orizzontali interrate devono essere provviste di pozzetti di ispezione senza interruzione del transito nei punti in cui si verifica un cambiamento di direzione, una variazione di livello o la confluenza di più condutture.
4. Prima di essere condotte al recapito finale, le acque reflue devono essere condotte ad uno dei dispositivi di depurazione ammessi dal presente Regolamento in funzione del tipo di acque e del recapito finale medesimo.
Art.98 – Recapito delle acque reflue in pubblica fognatura
1. Le caratteristiche degli impianti di trattamento delle acque reflue che recapitano in
pubblica fognatura si differenziano in funzione del tipo di fognatura e del tipo di acque:
1.a. Recapito in fognatura mista
1.a.1. Acque nere: nelle zone servite da pubblica fognatura mista, le acque nere, prima di essere recapitate in fognatura, devono essere condotte ad una fossa settica bicamerale o comunque ad un dispositivo di depurazione atto a dare un refluo con caratteristiche qualitative conformi alle normative vigenti.
1.a.2. Acque saponose: nelle zone servite da pubblica fognatura mista, le acque saponose, prima di essere recapitate in fognatura, devono essere condotte ad un pozzetto ad interruzione idraulica o comunque ad un dispositivo di depurazione atto a dare un refluo con caratteristiche qualitative conformi alle normative vigenti.
1.b. Recapito in fognatura nera
1.b.1. Acque nere: nelle zone servite da pubblica fognatura nera, le acque luride potranno essere collegate alla fognatura anche senza alcun tipo di trattamento preventivo, secondo le istruzioni che saranno di volta in volta impartite dal competenti uffici comunali.
1.b.2. Acque saponose: nelle zone servite da pubblica fognatura nera, le acque saponose, prima di essere recapitate in fognatura, devono essere condotte ad un pozzetto ad interruzione idraulica o comunque ad un dispositivo di depurazione atto a dare un refluo con caratteristiche qualitative conformi alle normative vigenti.
Art. 99 - Recapiti diversi dalla pubblica fognatura
1. Nelle zone sprovviste di pubblica fognatura, tutte le calate delle acque nere devono terminare in basso in sifoni a chiusura idraulica, muniti di bocchetta di ispezione o in pozzetti interruttori a chiusura idraulica ispezionabili. Tali sifoni o pozzetti devono collegarsi mediante condutture interrate ad un impianto di depurazione atto a dare un refluo con caratteristiche qualitative conformi alle normative vigenti.
2. Devono inoltre essere installati due pozzetti di prelievo, uno a monte ed uno a valle del sistema di depurazione, per consentire la verifica dei limiti imposti dalle norme vigenti.
3. Le caratteristiche degli impianti si differenziano in funzione del tipo di recettore finale:
3.a. Recapito nel suolo
3.a.1. Le acque reflue per essere smaltite nel suolo devono essere preventivamente condotte ad una vasca settica di tipo Imhoff (o in alternativa ad una fossa biologica bicamerale o tricamerale). Alla stessa vasca debbono essere condotte anche le acque saponose, previo pre-trattamento in un pozzetto ad interruzione idraulica. I liquidi in uscita dalla vasca settica Xxxxxx devono essere condotti con un’unica tubazione al recapito finale nel suolo, che potrà avvenire mediante pozzo disperdente o sub-irrigazione a pettine.
3.b. Recapito in acque superficiali
3.b.1. Le acque reflue essere smaltite in acque superficiali devono essere preventivamente trattate in un impianto ad ossidazione totale.
3.c. Recapito in impianti a fitodepurazione
3.c.1. Quando non risulti possibile od economicamente conveniente condurre le acque reflue trattate ad uno dei recapiti finali indicati ai punti 3.a e 3.b, è ammesso condurre le medesime ad un impianto di fitodepurazione con le caratteristiche di cui dal successivo articolo 106.
Art. 100 - Fosse biologiche
1. Le fosse biologiche, o vasche settiche di tipo tradizionale, sono caratterizzate dal fatto di avere compartimenti comuni per il liquame ed il fango.
2. Le fosse biologiche possono essere costruite in opera o mediante l’impiego di elementi
prefabbricati: in ogni caso devono essere assicurati la tenuta idraulica e la facile estrazione dei reflui.
3. Alle fosse biologiche non possono essere mai condotte acque saponose o acque pluviali.
4. Le fosse biologiche devono, di norma, essere collocate nel resede dell’edificio ad una distanza non inferiore a m. 1,00 dalle opere di fondazione del medesimo.
5. Negli interventi sul patrimonio edilizio esistente, laddove non sia possibile il rispetto delle distanze sopra dette, è ammessa la collocazione ad una distanza inferiore purché si dimostri che sono stati adottati tutti gli accorgimenti atti ad evitare che la rottura accidentale della fossa possa provocare infiltrazioni al di sotto delle fondazioni dell’edificio o nei locali ai piani interrati.
6. Nei soli casi in cui non sia possibile alcuna conveniente collocazione esterna all’edificio e comunque esclusivamente per gli interventi sul patrimonio edilizio esistente, è ammessa la realizzazione della fossa biologica all’interno di un vano riservato esclusivamente a tale scopo oppure, ove anche ciò non risulti possibile, all'interno del vano scala. In tutti i casi di collocazione interna all’edificio, la fossa biologica deve rispettare le seguenti ulteriori condizioni:
– essere separata dal solaio di calpestio del vano soprastante da una camera d’aria di altezza non inferiore a cm. 40, adeguatamente areata con condotti di ventilazione sfocianti direttamente all’esterno;
– presentare gli accorgimenti già prescritti per le fosse a ridosso degli edifici;
– essere dotata di idoneo passaggio o condotto che ne consenta la vuotatura meccanica senza interessare locali abitabili o nei quali è comunque ammessa la presenza continuativa di persone.
7. Le fosse biologiche, ovunque posizionate, devono essere accessibili ed ispezionabili e devono essere dimensionate in funzione del numero di abitanti equivalenti corrispondente all’edificio (o porzione di edificio) che vi recapita.
8. Ciascuna fossa biologica deve essere costituita da due camere distinte e presentare una capacità utile complessiva (volume interno delle camere) pari ad almeno 225 litri per ogni abitante equivalente. Nella parete che divide le due camere devono essere realizzati, al di sopra del livello del liquido, idonei fori di ventilazione in modo da mantenere uniforme la pressione ed assicurare la ventilazione di entrambe le camere. In mancanza di tale requisito devono essere previste tubazioni di ventilazione per entrambe le camere.
9. Ogni fossa biologica deve essere dotata di propria tubazione di ventilazione, posizionata in prossimità del cielo della fossa, di diametro non inferiore a cm. 10 e sfociante sopra la copertura dell’edificio o comunque in posizione tale da non disperdere cattivi odori in prossimità di locali abitabili. L’estremità superiore della tubazione di ventilazione deve essere dotata di reticella anti insetti di materiale inossidabile.
Art. 101 - Fosse settiche tipo Imhoff
1. Le fosse settiche tipo Imhoff sono caratterizzate dal fatto di avere compartimenti distinti per il liquame e il fango.
2. Alle fosse settiche Imhoff non possono essere mai condotte acque pluviali.
3. Le fosse settiche Imhoff devono essere dimensionate in funzione del numero di abitanti equivalenti corrispondente all’edificio (o porzione di edificio) che vi recapita. Il comparto di sedimentazione deve avere capacità pari a 40-50 litri per abitante equivalente, con un minimo assoluto di 250 litri. Il compartimento del fango deve avere capacità pari a 150- 160 litri per abitante equivalente, con un minimo assoluto di 900 litri. E’ ammesso ridurre la capacità del compartimento del fango fino a 100-120 litri per abitante equivalente a condizione che l’estrazione del fango sia eseguita due volte l’anno.
4. Le fosse settiche Imhoff, qualsiasi sia il materiale di cui sono costituite, devono rispondere alle seguenti prescrizioni tecniche generali:
– deve essere assicurato uno spazio libero di almeno cm. 20 tra il livello del liquido ed il cielo della fossa;
– le tubazioni per l’afflusso e l’efflusso dei liquami devono avere diametro non inferiore a cm. 10 e devono costituire idonea interruzione idraulica sia in ingresso che in uscita, immergendosi almeno 30 cm. sotto il livello del liquido.
5. Per quanto attiene il posizionamento, la ventilazione e le caratteristiche costruttive, le fosse settiche Imhoff devono rispondere alle stesse prescrizioni già dettate per le fosse biologiche.
Art. 102 - Depuratori ad ossidazione totale
1. L’utilizzo dei depuratori ad ossidazione totale, nelle varie forme in cui i medesimi si trovano in commercio, è richiesto ogni volta che, per il tipo di ricettore finale cui si intende convogliare le acque trattate, si debba conseguire un livello di depurazione molto spinto, con riduzione pressoché totale delle sostanze organiche biodegradabili e nitrificazione delle parti azotate.
2. I depuratori ad ossidazione totale, disponibili in commercio in numerose varianti, sono solitamente costituiti da elementi monoblocco prefabbricati, in genere suddivisi in più vasche o scomparti, ed utilizzano un sistema di depurazione a fanghi attivi ad ossidazione totale, basato sull’azione dei batteri presenti nel liquame che, riuniti in colonie, costituiscono un fango attivo. Nell’impianto viene insufflata meccanicamente l’aria necessaria alla sopravvivenza ed alla riproduzione dei batteri, i quali utilizzano per la loro nutrizione le sostanze organiche inquinanti contenute nel liquame, abbattendole.
3. Il livello di depurazione conseguito da ciascun impianto deve risultare da apposita documentazione tecnica o certificazione rilasciata dalla ditta produttrice e l’impianto medesimo potrà essere utilizzato solo per il trattamento di acque reflue destinate a corpi ricettori congruenti con il livello di depurazione garantito.
4. Sia la posa che la manutenzione dell’impianto devono avvenire in completa conformità alle specifiche tecniche fornite dal costruttore.
Art. 103 - Altri tipi di trattamento o depurazione
1. Potranno essere ammessi impianti di trattamento e depurazione delle acque reflue diversi da quelli indicati agli articoli precedenti solo quando sia dimostrato che gli stessi conseguano livelli di depurazione conformi alla normativa vigente in funzione del tipo di ricettore finale cui sono destinate le acque trattate.
Art. 104 - Recapito dei liquami nel suolo mediante sub-irrigazione
1. L’utilizzo del suolo come recapito finale, mediante sub-irrigazione, dei liquami provenienti dal trattamento delle acque reflue è ammesso nelle zone sprovviste di pubblica fognatura, secondo le specifiche indicate nel presente articolo.
2. Il liquame chiarificato in uscita dalla fossa settica tipo Imhoff (o da altro idoneo dispositivo di trattamento) deve essere condotto, mediante tubazione a tenuta, in un pozzetto e da qui immesso nella condotta o rete disperdente.
3. La condotta disperdente può essere costituita da tubazioni microfessurate continue o da elementi tubolari opportunamente distanziati l’uno dall’altro. La condotta disperdente deve essere protetta superiormente da tegole (o comunque da elementi semicurvi atti a svolgere analoga funzione protettiva) ed avere pendenza compresa tra lo 0,2% e lo 0,6%.
4. La condotta deve essere posata in una trincea profonda almeno cm. 70, la cui metà inferiore deve essere riempita con pietrisco di varia pezzatura (3-6 o superiore) che avvolga completamente la condotta. La parte superiore della trincea deve essere riempita con il terreno proveniente dallo scavo, previa interposizione di uno strato di tessuto-non tessuto o di altro materiale atto ad impedire che il terreno di rinterro penetri nei vuoti del
sottostante riempimento in pietrisco.
5. Di norma la trincea deve essere posizionata lontano da fabbricati, aie, aree pavimentate o in altre sistemazioni che ostacolano il passaggio dell'aria nel terreno.
6. La distanza fra il fondo della trincea ed il massimo livello della falda non deve essere inferiore ad un metro. Nel tratto a valle della condotta, l’acqua di falda non può essere utilizzata per uso potabile o domestico o per irrigazione di prodotti mangiati crudi, a meno di accertamenti chimici e microbiologici effettuati caso per caso da parte della Azienda Sanitaria Locale. Fra la condotta disperdente e un qualunque serbatoio, pozzo od altra opera destinata al servizio di acqua potabile deve essere mantenuta una distanza minima di metri 30.
7. L’andamento della trincea e della condotta disperdente può essere lineare e continuo su una sola fila oppure costituito da una condotta centrale con ramificazioni a pettine, a doppio pettine o ad altro analogo. Lo sviluppo lineare complessivo della condotta disperdente deve essere determinato in funzione della natura del terreno e del numero di abitanti equivalenti.
8. In fase di esercizio deve essere controllato periodicamente che non si manifestino impaludamenti superficiali.
9. Ogni qual volta ci si trovi in presenza di terreni impermeabili la sub-irrigazione potrà essere dotata di drenaggio: il sistema consiste in una trincea, profonda da m. 1,00 a m. 1,50 con il fondo costituito da uno strato di argilla sul quale si posa la condotta drenante sovrastata in senso verticale da strati di pietrisco grosso, minuto e grosso. Nello spessore dell'ultimo strato si colloca la condotta disperdente. Tubi di aerazione di adeguato diametro devono essere collocati verticalmente, dal piano di campagna fino allo strato di pietrisco grosso inferiore, disposti alternativamente a destra e a sinistra delle condotte e opportunamente distanziati. La condotta drenante sbocca in un idoneo ricettore (rivolo, alveo, impluvio, ecc.), mentre la condotta disperdente termina chiusa 5 metri prima dello sbocco della condotta drenante. Per quanto attiene le caratteristiche costruttive e di posa delle condotte, il loro posizionamento, le distanze di rispetto ecc. si applicano le prescrizioni già impartite per le normali condotte di sub-irrigazione.
Art. 105 - Recapito dei liquami nel suolo mediante pozzi assorbenti
1. L’utilizzo del suolo come recapito finale, mediante pozzo assorbente, dei liquami provenienti dal trattamento delle acque reflue è ammesso nelle zone sprovviste di pubblica fognatura, , secondo le specifiche indicate nel presente articolo.
2. Il liquame chiarificato in uscita dalla fossa settica tipo Imhoff (o da altro idoneo dispositivo di trattamento) deve essere condotto, mediante tubazione a tenuta, in un pozzetto da cui deve essere poi immesso nel pozzo assorbente.
3. Il pozzo deve avere forma cilindrica e diametro interno di almeno un metro. Esso può essere costruito in muratura (pietrame o mattoni) oppure in calcestruzzo e deve essere privo di platea. Nella parte inferiore, in corrispondenza del terreno permeabile, le pareti devono essere permeabili (praticandovi feritoie o realizzandole in muratura a secco o con altra idonea tecnica costruttiva). Sul fondo del pozzo, in luogo della platea, deve essere realizzato uno strato di pietrame e pietrisco dello spessore di circa mezzo metro. Analogo anello di pietrame e pietrisco (sempre dello spessore di circa mezzo metro) deve essere formato esternamente alla porzione permeabile delle pareti del pozzo. In entrambi i casi, in prossimità del fondo e della parete permeabile, il pietrame deve essere di pezzatura maggiore rispetto al pietrisco soprastante o retrostante.
4. La copertura del pozzo deve trovarsi ad una profondità di almeno cm. 60. Il pozzetto in uscita dalla fossa Xxxxxx deve essere collocato sulla copertura del pozzo e dotato di adeguati chiusini. Lo spazio residuo soprastante la copertura del pozzo e l’anello di pietrisco circostante, deve essere re-interrato mediante terreno ordinario con soprassesto
per evitare ogni avvallamento e previa interposizione di uno strato di tessuto-non tessuto o di altro materiale atto ad impedire che il terreno di rinterro penetri nei vuoti del sottostante riempimento in pietrisco. Per la ventilazione dello strato drenante devono essere poste in opera tubazioni di aerazione di opportuno diametro, che interessino lo strato di pietrisco per una profondità di almeno un metro.
5. Di norma i pozzi assorbenti debbono essere posizionati lontano da fabbricati, aie, aree pavimentate o altre sistemazioni che ostacolano il passaggio dell'aria nel terreno.
6. La differenza di quota tra il fondo del pozzo ed il massimo livello della falda non deve essere inferiore a 2 metri. Nel tratto a valle della condotta, l’acqua di falda non potrà essere utilizzata per uso potabile o domestico o per irrigazione di prodotti mangiati crudi, a meno di accertamenti chimici e microbiologici caso per caso da parte dell'autorità sanitaria. Fra il pozzo e un qualunque serbatoio, pozzo od altra opera destinata al servizio di acqua potabile deve essere mantenuta una distanza minima di 50 metri.
7. La superficie della parete perimetrale del pozzo, deve essere determinata in funzione della natura del terreno e del numero di abitanti equivalenti. In ogni caso la capacità del pozzo non deve essere inferiore a quella della vasca di chiarificazione che precede il pozzo stesso.
8. In fase di esercizio deve essere controllato periodicamente che non vi sia accumulo di sedimenti o di fanghiglia nel pozzo e che non si verifichino impantanamenti nel terreno circostante.
Art. 106 - Fitodepurazione
1. L’utilizzo di impianti a fitodepurazione come recapito finale dei liquami provenienti dal trattamento delle acque reflue è ammesso nelle zone sprovviste di pubblica fognatura, con le specifiche indicate dal presente Regolamento.
2. L’impianto a fitodepurazione (impianto fitodepurativo assorbente) sfrutta il potere depurativo di determinati tipi di vegetazione ed è costituito sostanzialmente da uno o più letti assorbenti, sul fondo dei quali corre una tubazione disperdente che rilascia il liquame in prossimità dell’apparato radicale delle piante.
3. I letti assorbenti sono costituiti da vassoi di estensione complessiva commisurata alla potenzialità dell’impianto e realizzati in materiale atto a garantirne la tenuta. Sul fondo dei letti viene steso uno strato di ghiaietto (pezzatura mm. 8-15 ) dello spessore di almeno cm. 30 al di sopra del quale viene riportato uno strato di terreno vegetale di spessore non inferiore a cm. 40. Il terreno vegetale viene quindi adeguatamente piantumato con arbusti sempreverdi od altra vegetazione idrofila.
4. Il liquame chiarificato in uscita dalla fossa Imhoff (o da altro idoneo dispositivo di trattamento) deve essere condotto, mediante tubazione a tenuta, in un pozzetto da cui deve essere poi immesso nella condotta disperdente. Detta condotta corre sul fondo del letto assorbente, immersa nello strato di ghiaietto, ed è costituita da tubazioni microfessurate continue, posate con pendenza non superiore allo 0,4%.
5. Il livello del liquame nell’impianto, determinato dal livello del pozzetto di distribuzione, deve corrispondere allo strato di ghiaietto posato sul fondo del letto assorbente. Da qui i liquidi saranno assorbiti, per capillarità, dall’apparato radicale delle piante collocate nel soprastante strato di terreno vegetale.
6. In uscita dall’impianto, sul lato opposto a quello di ingresso del liquame, deve essere posto un secondo pozzetto di ispezione e da questo deve dipartirsi una tubazione di troppo pieno di sicurezza che consente il celere deflusso di improvvisi ed eccessivi apporti meteorici, mantenendo il liquido nell’impianto ai livelli di progetto. La tubazione di troppo pieno smaltirà l’eccesso di acqua nel suolo mediante un breve tratto di tubazione disperdente per sub-irrigazione.
7. Le dimensioni dei letti assorbenti e della superficie piantumata devono essere tali da
garantire sufficienti livelli di depurazione ed evitare la formazione di reflui effluenti. A tal fine l’impianto deve presentare un’estensione (superficie della faccia superiore dello strato di ghiaietto) di almeno mq. 1,50 per ogni abitante equivalente, con un minimo assoluto di mq. 6.
8. La vegetazione da piantumare deve essere costituita da arbusti o fiori con spiccate caratteristiche idrofile, quali ad esempio:
Arbusti Fiori
Aucuba Japonica Auruncus Xxxxxxxxx Xxxxx Astilbe
Calycantus Florindus Elymus Arenarius Cornus Alba Felci
Cornus Florida Iris Pseudoacorus Cornus Stolonifera Iris Kaempferi
Cotoneaster Salicifolia Lythrum Officinalis Kalmia Latifolia Nepeta Musini
Laurus Cesarus Petasites Officinalis Sambucus Nigra
Thuya Canadensis
9. Per l'esercizio deve essere controllato periodicamente che non si manifestino impaludamenti superficiali.
Art. 107 - Pozzi a tenuta
1. E’ consentita l’installazione di pozzi a tenuta solo nei casi in cui è prevista la fertirrigazione con le limitazioni previste dalla vigente normativa (L.R. 5/1986). Il pozzo deve raccogliere esclusivamente reflui di tipo organico (liquame animale ed acque di vegetazione) privi di ogni altra contaminazione chimica ed avere caratteristiche di perfetta tenuta e capacità adeguate allo scopo, oltre che essere muniti di colonna di ventilazione sul tetto.
CAPITOLO IX : DECORO URBANO
SEZIONE I – ASPETTO ESTERIORIE DEI FABBRICATI
Art. 108 – Norma generale
1. Sono soggette alle prescrizioni di cui al presente Capitolo le opere esteriori agli edifici, con particolare riferimento agli elementi da realizzarsi su facciate che prospettino sulla pubblica via o comunque su spazi pubblici, ovunque ubicati nell’ambito del territorio comunale, ivi comprese le zone non urbanizzate.
2. Il rispetto di dette norme è condizione necessaria ma non sufficiente per l’ammissibilità dell’opera, la quale rimane sempre subordinata al rispetto delle caratteristiche tipologiche ed architettoniche previste per gli edifici nelle singole sottozone di Regolamento Urbanistico secondo quanto dettagliato all'Allegato V “Criteri per la realizzazione degli interventi all'interno delle sottozone di Regolamento Urbanistico” al presente Regolamento.
Art. 109 – Finiture esterne e tinteggiature degli edifici
1. Nelle aree urbane storiche e in tutti gli edifici costruiti prima del 1942, gli intonaci esterni dovranno preferibilmente essere realizzati con malta di calce. E' altresì ammesso l'utilizzo di intonaci con altre composizioni purché garantiscano la traspirazione della struttura e abbiano caratteristiche di finitura superficiale assimilabili a quelli tradizionali.
2. Negli edifici di valore storico-architettonico in occasione di interventi di tinteggiatura delle facciate è obbligatorio eseguire saggi per individuare i colori preesistenti da riproporre. In caso di mancanza di tracce di vecchie coloriture saranno da utilizzare tinte a base di calce (o assimilabili) sui colori tradizionali delle terre. Non è ammesso l'utilizzo di vernici al quarzo o simili.
3. La stuccatura di eventuali murature in pietra a faccia vista dovrà avvenire a “raso pietra” con malta a base di calce e/o cemento bianco, misto a terre locali.
Art. 110 – Decorazioni pittoriche ed apparati decorativi
1. Qualsiasi intervento di tinteggiatura deve assicurare la conservazione ed il recupero di eventuali decorazioni pittoriche originarie o storicizzate (finti bugnati, fasce marcapiano, incorniciature di finestre, infissi, cantonate in bozze, lesene, ecc.). Quando tali decorazioni presentino lacune si deve, di norma, procedere alla loro integrazione impiegando le stesse tecniche, forme e colori.
2. Nel caso di edifici che non presentino allo stato attuale riquadrature od altre decorazioni pittoriche, ma che per tipologia, epoca di costruzione ed inserimento nel contesto rimandino all’uso di simili decorazioni, può essere ammessa la realizzazione di un semplice apparato decorativo costituito da fasce marcapiano, fasce marca davanzale e riquadri a porte e finestre.
Art. 111 – Zoccoli ed Elementi decorativi a rilievo
1. Gli zoccoli, ed in genere tutte le parti basamentali degli edifici, non possono mai occupare il suolo pubblico.
2. Potrà derogarsi alla disposizione di cui al comma precedente solo nel caso in cui si intervenga su edifici esistenti privi di zoccolatura e ricadenti nella zona omogenea “A”, quando venga dimostrato come la realizzazione dello zoccolo sia elemento utile al miglior inserimento nel contesto di un edificio privo di proprio valore storico ed architettonico.
3. Ferme restando le limitazioni di cui ai commi precedenti, gli zoccoli da realizzarsi su pareti di edifici e muri di cinta confinanti con spazi pubblici devono avere altezza non inferiore a cm. 60 ed essere realizzati in pietra od altro materiale resistente ed
impermeabile.
4. Nell’ambito della zona omogenea “A”, gli zoccoli formati con intonaco a buccia d'arancia non saranno ammessi.
5. Gli elementi decorativi a rilievo e gli altri elementi sporgenti dal piano verticale della facciata, fino ad una altezza di m. 2,10 da terra, non devono presentare sporgenza superiore a cm. 6 rispetto al filo dello zoccolo del fabbricato o, in assenza del medesimo, rispetto al filo retromarciapiede. Gli elementi decorativi posti ad altezza superiore potranno avere aggetti superiori a condizione che ben si armonizzino sia con il resto della facciata che, quando si tratti di edifici ricadenti in zona “A”, con quelle contigue e con i caratteri tipologici ed architettonici del contesto.
Art. 112 - Terrazze a sbalzo sulla pubblica via
1. Sulle strade o piazze fornite di marciapiedi, le terrazze a sbalzo non devono aggettare oltre la larghezza dell'eventuale marciapiede sottostante e comunque non oltre m. 1,50 dal piano verticale della facciata e devono essere impostate a una quota tale da lasciare un‘altezza libera non inferiore a m. 3,50 tra il marciapiede e l’intradosso del terrazzo.
2. Eventuali mensole, travi od altri elementi a sostegno o decorazione del terrazzo non possono in nessun caso essere impostate a quota inferiore di oltre un metro rispetto a quella prescritta per il terrazzo medesimo.
Art. 113 - Tettoie a sbalzo
1. Le tettoie a sbalzo da realizzare su facciate prospicienti spazi pubblici sono ammesse solo per la protezione dell’accesso principale dell’edificio o degli ingressi a luoghi aperti al pubblico.
2. Dette tettoie, qualsiasi sia la loro sporgenza, devono in ogni caso mantenere un’altezza libera non inferiore a metri 2,50 misurata dal filo retromarciapiede al punto più basso della tettoia.
3. In nessun caso sono ammesse tettoie a sbalzo di sporgenza superiore alla larghezza del marciapiede o comunque a metri 2,50.
4. Le tettoie a sbalzo devono essere munite di appositi sistemi per la raccolta ed il convogliamento alla fognatura delle acque piovane.
Art. 114 - Manti di copertura, profilo della copertura e pendenza del tetto degli edifici
1. Nelle zone A e B1 di Regolamento Urbanistico in tutti gli edifici esistenti i manti di copertura realizzati con tegole e coppi devono essere conservati, reintegrati o sostituiti con manti analoghi.
2. Nelle zone A e B1 di Regolamento Urbanistico in tutti gli edifici esistenti vanno mantenuti e restaurati i lastrici solari esistenti. Non è ammesso applicare e lasciare in vista guaine e vernici impermeabilizzanti.
3. Nelle restanti zone di Regolamento Urbanistico eventuali coperture piane possono essere lastricate o coperte con ghiaia o erba.
4. In caso di sopraelevazione o di rialzamento del sottotetto, quando previsto dagli strumenti urbanistici generali e attuativi, è ammessa la ricomposizione della copertura, al fine di trasformare il tetto nella tipologia a due falde o a padiglione.
Art. 115 - Cornicioni e gronde
1. I cornicioni di coronamento e gli aggetti di gronda degli edifici non possono avere sporgenze superiori a m. 1,20 dal filo facciata.
2. E’ fatta eccezione per le gronde di fabbricati di particolare rilevanza architettonica, per le quali, quando eccedenti i limiti di cui al comma precedente, valuta caso per caso la Commissione Edilizia.
Art. 116 - Terrazze a tasca sulle coperture
1. Negli edifici esterni al perimetro del centro storico, o altro ambito assimilato, è ammessa la realizzazione di terrazze a tasca sulle coperture degli edifici nella misura massima del 10% della S.U.L. dell’unità immobiliare di cui la terrazza è a servizio. Ai fini della verifica del rapporto percentuale deve essere considerata la sola S.U.L. posta sullo stesso piano della terrazza e quella eventualmente posta al piano immediatamente sottostante.
2. La terrazza deve avere rispondente alle seguenti caratteristiche:
a) deve essere completamente incassata ed essere posizionata all’interno di una sola falda;
b) deve essere arretrata di almeno 1 metro rispetto al filo esterno della facciata ed al colmo;
c) la distanza della terrazza dal confine non deve essere inferiore a m. 1.50, fatta salva la possibilità di realizzare terrazze contigue attraverso accordi tra proprietà confinanti.
3. La superficie destinata a terrazze non deve comunque superare la superficie massima di mq. 20.
Art. 117 - Tende da sole
1. Le tende da sole che aggettano dal filo delle facciate prospettanti su spazi pubblici sono consentite unicamente per la protezione degli esercizi commerciali al piano terra. Tali tende devono essere del tipo lineare, retrattile e realizzate in tela impermeabile di colori pastello, con una sporgenza massima di cm.150 e un'altezza minima di cm.220 dal suolo
2. In ogni caso le tende non possono determinare intralcio alla circolazione di mezzi e persone.
Art. 118 - Antenne e parabole riceventi della radio e della televisione
1. Le antenne e le parabole riceventi della radio e della televisione, in linea generale, devono essere collocate sulla copertura degli edifici, su falde non prospicienti la pubblica via: sono ammesse collocazioni alternative (in giardini o cortili, su corpi edilizi ribassati, in nicchie o chiostrine, ecc.) quando la conformazione dell’edificio renda tale collocazione di minore impatto visivo rispetto a quella sulla copertura ed a condizione che sia del tutto invisibile dalla pubblica via. Non è consentito installare le parabole su balconi, terrazze e comunque sulle facciate degli edifici.
2. E’ ammessa l’installazione di una sola antenna televisiva per ricezioni di tipo tradizionale e di una sola parabola per ricezioni satellitari per ogni edificio contraddistinto da specifico numero civico. Su edifici composti da più unità immobiliari, si dovranno in ogni caso installare antenne televisive condominiali.
3. Le parabole devono avere finitura opaca di colore idoneo a mimetizzarsi con la struttura sulla quale sono installate: devono inoltre essere prive di logotipi, fregi, scritte od altri elementi suscettibili di evidenziarne la presenza.
4. Quando, per ragioni di carattere tecnico adeguatamente motivate, non sia possibile il posizionamento dei dispositivi secondo quanto prescritto al comma 1 questi devono essere posizionati ad una distanza dal filo di gronda sufficiente a renderle non visibili dalla via.
5. Le antenne e le parabole riceventi della radio e della televisione che rispondano alle prescrizioni di cui ai commi precedenti si considerano opere che non alterano l’aspetto esteriore degli edifici ai sensi e per gli effetti dell’art. 149 del D.Lgs. 42/2004, per cui non necessitano di rilascio di autorizzazione paesaggistica.
6. Alle prescrizioni di cui ai commi precedenti può derogarsi, previa parere della Commissione Edilizia, solo in casi del tutto particolari e fornendo specifica e puntuale motivazione.
Art. 119 – Elementi funzionali agli impianti tecnologici
1. Non è consentito installare a vista, sulle falde di copertura degli edifici, elementi funzionali agli impianti tecnologici quali pompe di calore, unità motocondensanti,
parabole, a meno che la copertura non presenti, per sua originaria conformazione, parti nascoste dalla pubblica via o da recettori sensibili.
2. La collocazione dei suddetti elementi esternamente alle coperture è in genere ammissibile:
- quando posizionati su coperture piane ed occultati da appositi manufatti delle dimensioni strettamente necessarie a contenere l’impianto tecnologico: tali manufatti devono essere addossati alle eventuali murature emergenti dalla copertura piana e tinteggiati nello stesso colore delle medesime.
- quando collocati sulla copertura di corpi edilizi posti a quota inferiore rispetto alla copertura dell’edificio principale che prospettino su spazi completamente interni all’edificio;
- quando collocati in corrispondenza di cartelle o murature emergenti dalla copertura ed arretrati rispetto alla linea di gronda in misura sufficiente a non renderli visibili dal basso.
4. Valgono inoltre le seguenti prescrizioni:
- i cavi degli impianti devono essere posti sotto traccia e quindi del tutto invisibili all’esterno. Nei casi di recupero del patrimonio edilizio esistente, ad esclusione degli interventi di ristrutturazione urbanistica, sostituzione edilizia e di ristrutturazione edilizia con demolizione e fedele ricostruzione, quando non sia possibile porre i cavi sotto traccia si considerano rispondenti alle prescrizioni del presente Regolamento i cavi che risultino:
a) disposti secondo una linea verticale in corrispondenza dei limiti della facciata od in immediata prossimità dei discendenti pluviali e quindi nascosti dai medesimi;
b) disposti secondo linee orizzontali al di sopra di fasce marcapiano od altri elementi decorativi a rilievo, in modo da restare nascosti dai medesimi;
c) disposti al di sotto del manto di copertura immediatamente al di sopra del canale di gronda;
d) dipinti nello stesso colore della facciata o dell’elemento decorativo che li nasconde;
I suddetti cavi dovranno preferibilmente essere ospitati in apposite canalette.
- i vani contatore, se posti in margine a strade pubbliche, devono essere alloggiati in strutture adatte al loro contenimento che offrano soluzioni architettonicamente coerenti con l'edificio a cui si riferiscono ed inoltre devono essere, quanto più possibile, integrati con le strutture di recinzione. E' in ogni caso fatto divieto demolire, per la realizzazione dei vani contatore, parti di muratura di valore storico, o cornici e stipiti di pregio. Gli sportelli di chiusura di vani contatore devono essere realizzati in ferro e tinteggiati nei colori della porzione di muratura in cui si inseriscono.
5. Alle prescrizioni di cui ai commi precedenti può derogarsi, previa parere della Commissione Edilizia, solo in casi del tutto particolari e fornendo specifica e puntuale motivazione.
Art. 120 - Mostre ed insegne (art. 63 RE Xxxxxxxxx)
1. Le facciate dei fabbricati di nuova costruzione o derivanti da interventi di ristrutturazione urbanistica, quando i fabbricati medesimi prevedano locali a destinazione commerciale o esercizi pubblici, devono essere predisposte per le relative mostre ed insegne.
2. Le mostre ed insegne devono essere collocate esclusivamente nei vani e spazi prestabiliti, in modo da non mascherare né demolire stipiti, architravi, davanzali e cornici, ed il loro aggetto non potrà superare i cm. 10 rispetto al piano verticale passante per il filo retromarciapiede. Le cornici superiori delle mostre e delle vetrine che si trovino poste ad almeno m. 2,50 dalla quota del retromarciapiede potranno aggettare fino a cm. 15 oltre la sporgenza ordinaria.
3. Nelle zone zone A di cui all'articolo 8 di Regolamento Urbanistico la nuova segnaletica di
carattere commerciale dovrà essere di norma collocata all’interno della sagoma delle aperture del piano terra e, comunque, dovrà avere collocazione e dimensioni tali da non nascondere alcun particolare architettonico o decorativo esistente. Non sono in alcun caso ammesse:
- insegne a bandiera o applicate ai balconi;
- insegne applicate al di sopra del marcapiano, ideale o reale, fra piano terra e piano primo.
4. L'apposizione delle insegne è soggetta ad autorizzazione da parte del Comune: l'autorizzazione può essere rifiutata quando trattasi di edifici storici ed artistici o quando vi ostino ragioni di pubblico decoro o di edilizia. L'autorizzazione può essere revocata in ogni caso in cui se ne ravvisi la necessità per ragioni di pubblica utilità.
5. Gli oggetti di arredo non potranno essere utilizzati come supporto di segnaletica commerciale.
6. Le placche di campanelli, le targhe e le buche per lettere devono essere realizzate in ottone, pietra o marmo (evitando comunque l'uso della plastica e dell'alluminio anodizzato) e devono essere poste in opera avendo cura di non occultare gli stipiti delle aperture. Nel caso di più placche per campanelli, di targhe e di buche per lettere afferenti ad una stessa apertura, esse devono essere contenute entro idoneo supporto ordinatore.
Art 121 - Numeri civici
I numeri civici devono essere esposti esternamente al fabbricato, in prossimità della porta di ingresso, secondo la tipologia adottata dal Comune. La loro posa sarà a carico dei proprietari degli immobili.
Art. 122 - Cartelli indicatori
1. L'Amministrazione Comunale ha la facoltà di applicare e mantenere, sulle fronti degli edifici di qualunque natura essi siano, senza corresponsione di alcuna indennità o compenso e previo avviso agli interessati:
− cartelli indicatori del nome di vie, piazze o altri spazi pubblici;
− cartelli portanti indicazioni di pubblica utilità quali, ad esempio: cartelli relativi al transito ed alla viabilità, piastrelle e capisaldi per indicazioni di tracciamento e ed individuazione di idranti, mensole o ganci e tubi di illuminazione pubblica, lapidi e fregi decorativi aventi scopo di commemorare personalità celebri o eventi storici della vita nazionale o cittadina.
2. I proprietari hanno l'obbligo di non rimuovere detti cartelli, di non sottrarli alla pubblica vista e di rinnovarli quando siano stati distrutti o danneggiati per fatti loro imputabili.
3. Nel caso debbano eseguirsi lavori su edifici ai quali siano appoggiati cartelli indicatori o altri elementi di cui sopra l'esecutore dei lavori dovrà dare avviso della loro esistenza all'Ufficio Urbanistica che prescriverà i provvedimenti del caso. Il proprietario è comunque tenuto a curare la loro perfetta conservazione e ad effettuare il loro ripristino, qualora durante l'esecuzione dei lavori fosse necessaria la loro rimozione.
SEZIONE II – GIARDINI E AREE DI PERTINENZA ESTERNE AI FABBRICATI
Art. 123 - Giardini e aree scoperte di pertinenza degli edifici
1. Nei centri urbani, la sistemazione dei giardini e delle aree scoperte di pertinenza degli edifici dovrà essere orientata a criteri di decoro urbano, trattandosi di luoghi che “visivamente” dilatano lo spazio pubblico. Particolare riguardo dovrà essere posto alla progettazione delle recinzioni, degli ingressi carrai e degli accessi pedonali, alla individuazione e alla localizzazione delle specie arboree.
2. Nelle aree agricole, la sistemazione dei giardini e delle aree scoperte di pertinenza degli edifici, in coerenza con i caratteri della cultura abitativa rurale, dovrà privilegiare la localizzazione di specie arboree ed arbustive sempreverdi a nord, quale barriera protettiva per il fabbricato dai venti freddi, e la localizzazione verso sud delle specie caducifoglie, ombreggianti durante il periodo estivo e che in inverno permettono l'irraggiamento solare del fabbricato.
Art. 124 - Muri di cinta
1. Le opere e gli elementi di recinzione aventi carattere storico o tipologico vanno conservati e manutenuti attraverso adeguate tecniche di restauro.
2. I nuovi muri di cinta e le nuove recinzioni in genere non potranno avere altezza superiore a metri 2,20 e dovranno essere realizzati in uno dei seguenti modi:
- con cancellate in ferro di disegno semplice e lineare;
- con arbusti da siepe eventualmente appoggiati a una rete metallica con paletti posti sul lato interno della siepe;
- con muri in laterizio, pietra naturale o in altri materiali purché intonacati e tinteggiati.
3. Per la definizione degli accessi alle proprietà è consentita la realizzazione di strutture in muratura in pietra o mattoni faccia a vista o in altri materiali solo se intonacati e tinteggiati, ovvero di strutture realizzate in ferro in forme e disegno semplici.
4. Su eventuali recinzioni con caratteristiche diverse da quanto specificato al comma 1 si esprime, caso per caso, la Commissione Edilizia.
5. In occasione della progettazione di strumenti attuativi le eventuali recinzioni dovranno essere progettate e normate insieme al sistema degli spazi pubblici e divenire elemento prescrittivo in fase di realizzazione.
6. Nelle aree agricole la recinzioni dei fondi dovrà essere motivata da esigenze di salvaguardia delle colture e degli allevamenti e comunque non dovrà essere in contrasto con quanto previsto dal Regolamento Urbanistico per le singole sottozone. Le recinzioni in zona agricola dovranno di norma essere realizzate con pali di castagno o metallici ed eventuale rete a maglia sciolta ed essere posizionate in modo da seguire gli elementi naturali e morfologici del terreno. Le recinzioni potranno essere schermate da essenze quali biancospino, rovo, ginestra, ecc. Nelle aree agricole i filari di arbusti o di alberi sono da considerarsi elementi di definizione delle proprietà agricole e sono trattati alla stregua delle opere murarie, garantendone la conservazione.
Art. 125 - deposito gpl
1. Nelle zone non servite dalla rete di gas comunale è sempre ammessa l'istallazione di depositi gpl ai fini di provvedere al riscaldamento degli edifici.
2. Nel rispetto della distanza dai fabbricati prevista dalle norme specifiche in materia, i depositi devono essere interrati al fine di limitarne l'impatto visivo. Quando possibile si predilige l'istallazione di "depositi condominiali" interrati a servizio di più unità immobiliari.
3. Dove l'interramento del serbatoio risulti impossibile si dovrà provvedere alla schermatura perimetrale del luogo con specie autoctone cercando di evitare l'introspezione diretta da strade vicinali e poderali e da viste di interesse paesaggistico.
Art. 126 – piscine e vasche per l'irrigazione
1. La realizzazione di piscine ad uso privato è ammessa, con le limitazioni di Regolamento Urbanistico per le singole sottozone, in presenza di modifiche del profilo naturale del terreno non superiore a metri 1,50.
2. Per la realizzazione di piscine ad uso privato valgono le seguenti regole:
a) la forma della piscina deve integrarsi con le geometrie degli edifici di cui è pertinenza;
b) la pavimentazione ai bordi dovrà essere delle dimensioni più contenute possibili e dovrà utilizzare materiali presenti nel contesto naturale circostante e/o nell'edificio con preferenza per quelli naturali (pietra, legno) o, se presente, il cotto;
c) per il rivestimento interno della vasca potranno essere utilizzati tutta la gamma dei grigi e dei sabbia o il bianco;
3. Gli scarichi non in pubblica fognatura devono essere autorizzati dall'ufficio comunale competente, previo parere ARPAT.
4. Nelle zone agricole, fermo restando quanto previsto ai commi precedenti, potranno essere realizzate vasche per l'irrigazione previa approvazione di programma di miglioramento agricolo ambientale. E' comunque sempre consentito posizionare serbatoi interrati di accumulo per le acque piovane da riutilizzare a fini irrigui.
Art. 127 - Impianti a fonti rinnovabili, pannelli solari termici e fotovoltaici
1. Per quanto riguarda l'istallazione di pannelli solari termici e/o fotovoltaici sulle coperture inclinate devono essere rispettate le seguenti prescrizioni:
- sugli edifici ubicati nelle Zone A e nella sottozone B1, definite da Regolamento Urbanistico agli articoli 8 e 11, i pannelli devono essere posizionati in parallelo con la falda di copertura ed essere realizzati con superfici scure e non riflettenti in modo da determinare un impatto visivo assimilabile ai lucernari. Nel caso di pannelli solari termici non è consentita l’installazione a vista di serbatoi di accumulo che dovranno essere posizionati in sottostanti locali coperti. Nel caso di pannelli solari fotovoltaici il posizionamento dovrà seguire uno schema ordinato che interessi porzioni di superficie con geometria regolare: non è consentita l'istallazione a “nido d'ape” o sfalsata. E' sempre possibile istallare le cosiddette “tegole fotovoltaiche”.
configurazione consentita tegola fotovoltaica
- sugli edifici ubicati nelle zone a matrice storica definite all'art. 9 di Regolamento Urbanistico, l'istallazione dei pannelli dovrà essere fatta preferibilmente su eventuali annessi /capanni/tettoie adiacenti al fabbricato principale senza interessare quest'ultimo. Anche in questo caso i pannelli devono essere posizionati in parallelo con la falda di copertura ed essere realizzati con superfici scure e non riflettenti in modo da determinare un impatto visivo assimilabile ai lucernari. Nel caso di pannelli solari termici non è consentita l’installazione a vista di serbatoi di accumulo che dovranno essere posizionati in sottostanti locali coperti;
2. Per quanto riguarda l'istallazione di pannelli solari termici e/o fotovoltaici sulle coperture piane devono essere rispettate le seguenti prescrizioni:
- sugli edifici ubicati nelle zone A, all'interno del patrimonio extraurbano di matrice storica e nelle sottozone B1, rispettivamente definite da Regolamento Urbanistico agli articoli 8, 9, 11, i pannelli solari termici e fotovoltaici e i loro componenti possono essere installati con
inclinazione ritenuta ottimale, privilegiando comunque l’installazione nella parte centrale della copertura, o comunque in quella meno visibile dalla pubblica via o dagli adiacenti spazi pubblici o dagli eventuali punti panoramici/recettori sensibili.
3. Al di fuori degli ambiti di cui ai precedenti commi, ferme restando le disposizioni legislative nazionali e regionali di settore e l'eventuale necessità di autorizzazione paesaggistica, non è previsto nessun limite all'installazione di pannelli solari termici e/o fotovoltaici sulle coperture piane o inclinate.
4. Gli impianti a terra devono essere realizzati con tecniche che non pregiudichino la reversibilità dell’intervento ed il recupero della fertilità dei terreni.
Art. 128 - Accesso alla residenza nelle zone agricole
1. La costruzione di strade private di accesso alla residenza nelle zone agricole, in coerenza con quanto previsto per le singole sottozone dal Regolamento Urbanistico, potrà essere realizzata alle seguenti condizioni:
- dovranno essere realizzate tutte quelle opere, utilizzando tecniche di ingegneria naturalistica, che siano necessarie al fine di assicurare un corretto inserimento ambientale e la più completa stabilità dei terreni attraversati nei confronti di frane, smottamenti, cedimenti, senza compromettere lo scolo naturale;
- il progetto esecutivo dell'opera dovrà comprendere un atto di impegno, da parte dei proprietari della strada nei confronti del Comune dal quale risulti l'obbligo di provvedere alla pulizia e all'illuminazione in corrispondenza dei fabbricati, l'esonero per il Comune da ogni responsabilità per danni a cose e persone derivanti dal traffico e la possibilità per il Comune, senza alcun corrispettivo, di utilizzare la strada per la collocazione di condotte idriche, elettriche, di gas e fognanti.
3. Il tracciato stradale dovrà inserirsi in modo armonioso all'interno del contesto rurale: a tal fine il Comune potrà prescrivere particolari accorgimenti, quali alberature, materiali di costruzione e di finitura.
4. La larghezza di tali strade resta stabilita da una minima di m.2,50 ad una massima di m.3,50 con possibilità di individuare adeguate piazzole per lo scambio delle vetture.
CAPITOLO X : EFFICIENZA ENERGETICA
Art. 129 - Risparmio energetico, sviluppo delle fonti rinnovabili e corretto impiego dell’energia
1. Agli interventi edilizi che prevedano, dal punto di vista energetico, un’elevata qualità costruttiva associata ad interventi di riqualificazione puntuale, si applicano incentivi di carattere economico mediante una riduzione percentuale degli oneri di urbanizzazione secondaria da adottarsi contestualmente alla determinazione dei contributi ai sensi dell’art. 127 della L.R. 1/2005.
2. In forza di quanto previsto dall’art. 146, comma 2, della L.R. 1/2005, lo spessore delle murature esterne superiore ai minimi fissati dai regolamenti edilizi e comunque superiore ai 30 centimetri, il maggior spessore dei solai necessario al conseguimento di un ottimale isolamento termico e acustico, le serre solari e tutti i maggiori volumi e superfici necessari a realizzare i requisiti di accessibilità e visitabilità degli edifici, quali risultano dalle istruzioni tecniche di cui all'articolo 37, non sono computati ai fini degli indici di fabbricabilità stabiliti dagli strumenti urbanistici.
3. Agli interventi di edilizia sostenibile sono inoltre applicati incentivi di carattere edilizio urbanistico mediante la previsione negli strumenti urbanistici di un incremento fino al 10 per cento della superficie utile lorda (S.U.L.) ammessa per gli interventi di nuova edificazione, di ristrutturazione urbanistica, di sostituzione e di ristrutturazione edilizia, compatibilmente con i caratteri storici ed architettonici degli edifici e del contesto in cui si inseriscono.
Art. 130 - Caratteristiche delle serre solari
1. Ogni serra solare, per poter essere qualificata tale, deve rispettare integralmente le condizioni di cui ai successivi commi.
2. La formazione della serra solare non deve determinare nuovi locali riscaldati o comunque locali atti a consentire la presenza continuativa di persone (locali di abitazione, luoghi di lavoro, ecc.).
3. La specifica finalità del risparmio energetico deve essere certificata nella relazione tecnica, nella quale deve essere valutato il guadagno energetico, tenuto conto dell’irraggiamento solare, su tutta la stagione di riscaldamento. Come guadagno energetico si intende la differenza tra l’energia dispersa in assenza (Qo) e quella dispersa in presenza della serra (Q). In particolare deve essere verificato che Qo – Q> 25% Qo
4. La struttura di chiusura deve essere completamente trasparente, fatto salvo l’ingombro della struttura di supporto: la serra solare deve essere apribile ed ombreggiabile (cioè dotata di opportune schermature mobili o rimovibili) per evitare il surriscaldamento estivo.
5. La superficie lorda della serra solare, in ogni caso, non potrà eccedere il 10% della SUL dell’edificio o dell’unità immobiliare a servizio della quale viene realizzata.
6. Le serre solari che rispettano integralmente le condizioni di cui al presente articolo si considerano volumi tecnici e sono pertanto escluse dal computo della S.U.L..
7. La realizzazione di serre solari, in quanto volumi tecnici, è ammissibile in ogni parte del territorio comunale quando conforme alle prescrizioni del presente Regolamento e non in contrasto con le norme di Regolamento Urbanistico in relazione alla classificazione dei singoli edifici.
CAPITOLO XI : ABBATTIMENTO DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE
Art. 131 - Opere soggette alla prescrizioni in materia di accessibilità degli edifici
1. Per barriere architettoniche si intendono:
a) gli ostacoli fisici che sono fonte di disagio per la mobilità di chiunque ed in particolare di coloro che, per qualsiasi causa, hanno una capacità motoria ridotta o impedita in forma permanente o temporanea;
b) gli ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la comoda e sicura utilizzazione di parti, attrezzature o componenti;
c) la mancanza di accorgimenti e segnalazioni che permettono l'orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi.
2. All'interno del Programma di intervento per l'Abbattimento delle Barriere Architettoniche (PEBA) allegato al Regolamento Urbanistico sono indicati, in dettaglio, gli interventi da eseguire, per la fruibilità da parte di soggetti diversamente abili o con disabilità temporanea, sulle seguenti infrastrutture:
− parcheggi;
− verdi pubblici;
− edifici pubblici (prendendo in considerazione uffici pubblici, scuole, palestre, cimiteri);
− piazze (prendendo in considerazione quelle in cui sono presenti attività commerciali e servizi alla persona)
− impianti sportivi (prendendo in considerazione quelli in cui è previsto l'accesso al pubblico).
3. Tutti gli edifici, pubblici o privati, con qualsiasi destinazione d'uso, in cui ci sia frequenza o permanenza di persone, devono essere costruiti in modo da permetterne l’utilizzazione anche a persone che presentino disabilità fisiche o psichiche o sensoriali, anche temporanee.
4. La norma prevista al comma terzo si applica anche agli spazi di pertinenza degli edifici, quali ad esempio i parcheggi e i percorsi di accesso, nonché agli impianti tecnologici sia ad uso collettivo che a servizio di singole unità immobiliari, con esclusione dei locali tecnici il cui accesso è riservato ai soli addetti specializzati.
5. Gli Enti pubblici o le Aziende incaricate o autorizzate dal Comune che effettuano lavori di scavo e ripristino, modifiche, ristrutturazioni delle sedi stradali e dei marciapiedi, o quant’altro, sono soggetti alla realizzazione delle opere di abbattimento di barriere architettoniche necessarie per l’accessibilità del marciapiede come previsto dal D.P.R. n. 503/1996 sulla base di specifiche tecniche concordate con gli uffici Comunali.
6. Gli obblighi di cui ai commi precedenti si estendono a tutto il territorio comunale.
Art. 132 - Documentazione ed elaborati tecnici
1. I progetti edilizi devono essere corredati da specifici elaborati grafici e da una relazione tecnica contenenti:
- la descrizione delle soluzioni progettuali e delle opere previste per l’eliminazione delle barriere architettoniche;
- gli accorgimenti tecnico-strutturali ed impiantistici nonché i materiali di cui si prevede l’impiego;
- il grado di accessibilità (accessibilità, visitabilità o adattabilità) raggiunto dall'edificio.
2. Il progetto deve evidenziare l'eventuale ricorso ad una o più delle soluzioni tecniche alternative di cui all’art. 7.2 del D.M. 236/1989. Dette soluzioni tecniche alternative sono ammesse quando garantiscono esiti equivalenti o migliori rispetto a quelli conseguibili
mediante l’applicazione delle soluzioni tecniche indicate dalla norma di riferimento.
3. La conformità del progetto alla normativa vigente in materia di superamento delle barriere architettoniche deve essere certificata dal progettista, nella sua qualità di professionista abilitato, mediante la dichiarazione di cui all’art. 1, comma 4, della L. 13/1989. La dichiarazione di conformità può essere formulata anche all’interno della certificazione di conformità delle opere al progetto, di cui all’art. 86, primo comma, della L.R.1/2005.
Art. 133 - Prescrizioni e deroghe
1. Limitatamente allo specifico intervento progettato, le SCIA non possono essere inoltrate e i Permessi di costruire non possono essere rilasciati in mancanza della conformità alla normativa in materia di superamento delle barriere architettoniche.
2. Per gli edifici pubblici e privati aperti al pubblico soggetti al vincolo di cui al D.Lgs. 42/2004, quando l’adeguamento alle norme in materia di superamento delle barriere architettoniche non sia possibile nel rispetto dei valori storico-architettonici tutelati dal vincolo, la conformità alle norme medesime può essere conseguita, per il disposto dell’art. 24, comma 2, della legge 104/1992, mediante opere provvisionali, come definite dall’art. 7 del D.P.R. 164/1956, nei limiti della compatibilità suggerita dal vincolo ricorrente.
3. Le norme sulle barriere architettoniche sono derogabili solo per gli edifici o loro parti che, nel rispetto di normative di settore, non sono realizzabili senza barriere architettoniche nonché per i locali tecnici il cui accesso è riservato ai soli addetti specializzati.
CAPITOLO XII : NORME FINALI E TRANSITORIE
Art. 134 - Criteri interpretativi di norme in materia edilizia e urbanistica
1. Al fine di garantire, in fase di istruttoria delle singole pratiche edilizie, la massima trasparenza e l'uniforme applicazione delle vigenti norme in materia edilizia ed urbanistica, valgono i criteri interpretativi ed applicativi di cui all’Allegato “C”. A detti criteri deve attenersi ogni soggetto che, a qualsiasi titolo, intervenga nel procedimento.
Art. 135 - Interventi ammissibili nelle aree preordinate all'esproprio
1. La realizzazione degli interventi previsti dal Regolamento Urbanistico nelle aree soggette a vincolo preordinato all'esproprio è riservata in linea generale al Comune ed agli Enti istituzionalmente competenti.
2. E’ ammessa, in relazione ai termini di validità del vincolo, l'attuazione anticipata delle previsioni di Regolamento Urbanistico da parte di soggetti diversi, previa valutazione dell'interesse pubblico. Il soggetto attuatore potrà procedere alla realizzazione dell'opera previa approvazione del progetto esecutivo da parte della Giunta Comunale del progetto esecutivo dell'intervento e la stipula di apposita convenzione con la quale si impegni, tra l'altro:
a) a fare salva l'Amministrazione dal pagamento di eventuali indennità relative alla decadenza o reiterazione del vincolo;
b) a mantenere la destinazione attribuita all'area al momento della realizzazione dell’intervento sino all'eventuale modifica di iniziativa pubblica dello strumento urbanistico generale;
c) a dare facoltà al Comune, in caso di dimostrato e sopravvenuto interesse pubblico, di procedere all’acquisizione sia dell'area che dell'immobile od impianto ivi realizzato, a fronte di un indennizzo che tenga conto:
- del valore dell'area a prezzo di esproprio;
- del valore dell’opera realizzata in funzione dei costi sostenuti per la realizzazione della stessa, così come determinati nell’atto di convenzione e dello stato di conservazione del bene, escludendo ogni eventuale plusvalore derivante dall'attività svolta.
3. In tutte le zone preordinate all'esproprio, con la sola eccezione delle zone a parco esterne ai centri abitati, fino all'avvio della procedura espropriativa sono consentite la conduzione agricola del fondo e la prosecuzione di attività commerciali preesistenti che non comportino trasformazione permanente del suolo.
4. In tutte le zone preordinate all'esproprio sono ammesse inoltre le occupazioni di suolo per attività di coltura e commercializzazione di prodotti connessi all’attività vivaistica, inclusa la messa in opera di serre non ancorate stabilmente al suolo, purché destinate esclusivamente alla coltivazione. Il provvisorio utilizzo delle aree è subordinato alla preventiva autorizzazione da parte della Giunta Comunale subordinata alla stipula di atto unilaterale d’obbligo con il quale gli interessati si impegnano:
a) a rinunciare, al momento dell’esproprio, all'eventuale plusvalore determinato dalle opere o dall'uso che non comportino trasformazione permanente del suolo ed a procedere a semplice richiesta al ripristino dell'area nello stato precedente all'intervento;
b) a mettere in atto tutte le misure atte ad evitare inquinamento del suolo e del sottosuolo;
c) a prestare idonee garanzie fidejussorie a garanzia degli impegni di cui sopra.
5. A presidio dell’attività insediata può essere installato un solo manufatto con le caratteristiche di cui all'Allegato II al presente Regolamento.
Art. 136 - Interventi ammissibili nelle aree in cui sono decaduti i vincoli preordinati all'esproprio e nelle aree non pianificate
1. Il vincolo decade se entro cinque anni dalla data di apposizione non è dichiarata la pubblica utilità dell'opera. Nel caso trova applicazione la disciplina dettata dall’art. 9 del
D.P.R. 380/2001 e dall’art. 27, quarto comma, della L. 457/19781.
2. L’art. 63 della L.R. 1/2005 “Aree non pianificate” trova applicazione, invece, soltanto alla decadenza della specifica disciplina degli strumenti della pianificazione territoriale e gli atti di governo del territorio. Nelle aree non pianificate esterne al perimetro aggiornato dei centri abitati sono consentiti esclusivamente gli interventi previsti dalla presente legge per il territorio a prevalente o esclusiva funzione agricola. Nelle aree non pianificate interne al perimetro dei centri abitati sono consentiti esclusivamente gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo senza mutamento delle destinazioni d'uso.
3. Sono fatte salve le norme a tutela del suolo, dell'ambiente, dell'igiene, della sicurezza dei cittadini, del patrimonio storico, artistico e culturale.
Art. 137 - Norme transitorie
1. Alle richieste di Permesso di costruire nonché alle SCIA presentate prima dell'entrata in vigore del presente Regolamento, su istanza dell'interessato, si continuano ad applicarsi le norme del Regolamento vigente al momento della presentazione.
1 nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici sono consentiti:
a) gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria e restauro e risanamento conservativo che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse;
b) fuori dal perimetro dei centri abitati, salvo norma più restrittiva, gli interventi di nuova edificazione nel limite della densità massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadro; in caso di interventi a destinazione produttiva, la superficie coperta non può comunque superare un decimo dell'area di proprietà.
Nelle aree nelle quali non siano stati approvati gli strumenti urbanistici attuativi previsti dagli strumenti urbanistici generali come presupposto per l'edificazione, oltre agli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria e restauro e risanamento conservativo, sono consentiti gli interventi di ristrutturazione edilizia che riguardino singole unità immobiliari o parti di esse. Tali ultimi interventi sono consentiti anche se riguardino globalmente uno o più edifici e modifichino fino al 25 per cento delle destinazioni preesistenti, purché il titolare del permesso si impegni, con atto trascritto a favore del comune e a cura e spese dell'interessato, a praticare, limitatamente alla percentuale mantenuta ad uso residenziale, prezzi di vendita e canoni di locazione concordati con il comune ed a concorrere negli oneri di urbanizzazione.
ALLEGATO I
“GLOSSARIO”
(definizioni tecniche di riferimento)
Parte I - Definizioni tecniche di riferimento per gli interventi urbanistico-edilizi
complesso edilizio
Insieme di edifici, pertinenze e parti di uso comune, caratterizzato da autonomia funzionale obiettivamente riconoscibile.
complesso immobiliare
Si definisce complesso immobiliare l’insieme di edifici collegati o meno fisicamente tra di loro ma caratterizzati dalla presenza di parti a comune che ne determinano la sostanziale unitarietà.
edificio
Costruzione stabile dotata di autonomia morfotipologica e funzionale, costituita da una o più unità immobiliari e da eventuali parti di uso comune.
Salvo diverse disposizioni del regolamento edilizio comunale, si considerano edifici unifamiliari, ai fini dell’esenzione dalla quota di contributo relativo al costo di costruzione di cui all’articolo 124, comma 2, legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo del territorio), le costruzioni composte da una sola unità immobiliare, aventi superficie convenzionale complessiva (Scc) pari o inferiore a mq 105, e che nella loro interezza, dalle fondazioni alla copertura, risultino completamente autonome, anche nella configurazione eventualmente modificata dall’intervento edilizio. L’ampliamento del 20% può essere riferito sia al volume (V) sia alla superficie convenzionale complessiva (Scc) dell’edificio. E’ ammissibile l’aumento concomitante di entrambi i parametri, sempre che l’incremento di ciascuno di essi resti contenuto entro la misura del 20%.
In particolare si definisce:
- edificio produttivo: un edificio destinato alla produzione ed alla trasformazione di beni ed in cui vengono svolte le attività lavorative proprie del processo produttivo, indipendentemente dalla natura e dal numero degli addetti.
- edificio commerciale un edificio destinato alla commercializzazione di beni o servizi ed in cui vengono svolte le attività lavorative proprie del processo commerciale indipendentemente dal numero degli addetti e dal luogo di produzione dei beni commercializzati.
- edificio destinato alla produzione di servizi un edificio nel quale vengono svolte le attività lavorative proprie del processo di fornitura di servizi, intesi come attività di carattere amministrativo, direzionale o libero professionale svolte autonomamente, indipendentemente dal numero degli addetti.
- edificio destinato ad attività ricettiva un edificio nel quale viene svolta attività ricettive di tipo alberghiero ed extra alberghiero per ospitalità collettiva, indipendentemente dal numero degli addetti.
edificio unifamiliare
Ai fini dell'applicazione delle condizioni di gratuità di cui all'art.9 della L.10/1977 e tenuto conto dell'art.23 comma 2 della L.R.52/1999, per edificio unifamiliare si deve intendere il fabbricato, che soddisfi tutti i seguenti requisiti:
- sia a destinazione residenziale;
- ad intervento eseguito, risulti costituito da un solo alloggio con superficie utile abitabile al netto delle murature non maggiore di mq. 95 e superficie destinata a servizi ed accessori
(superficie non residenziale) inferiore od uguale a mq. 40;
- sia privo di spazi comuni;
- sia autonomamente utilizzabile, ancorché compreso in schiere o tipologie in linea;
- sia costituito da una sola unità immobiliare ad uso residenziale che occupi l'intera costruzione, dalle fondazioni alla copertura, fatti salvi i soli vani accessori e pertinenziali (cantina, garage, ecc.) che possono avere propria e distinta rappresentazione catastale.
edificio inabitabile/inagibile
Si definisce inabitabile/inagibile l’edificio o l’unità immobiliare per la quale vengano a mancare i requisiti di cui all’art. 86 della L.R. 1/2005.
Anche successivamente alla certificazione di abitabilità un alloggio, o una parte di esso, è non abitabile/agibile quando ricade almeno una delle seguenti condizioni:
- quando manca di aeroilluminazione;
- quando manca la disponibilità di servizi igienici e/o di acqua potabile;
- quando è in condizioni di degrado tali da pregiudicare la incolumità degli occupanti;
- quando è alloggio improprio, ossia quando è ricavato in locali aventi caratteristiche di assoluta e totale incompatibilità con l'uso abitativo quali, ad esempio, garage, stalle, cantine e simili.
L'edificio, o la parte di esso, dichiarato inabitabile/inagibile non può essere utilizzato fino a quando non sono rimosse le cause che hanno determinato la dichiarazione di inagibilità.
unità immobiliare
Insieme di locali e spazi tra loro collegati, avente autonomo accesso e indipendenza funzionale, capace di soddisfare autonomamente specifiche esigenze di utilizzo, siano esse di tipo residenziale o di tipo diverso dalla residenza. Costituiscono parte integrante dell’unità immobiliare le sue eventuali pertinenze o spazi accessori di uso esclusivo.
Il dimensionamento di ciascuna unità immobiliare presuppone il rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari riferite ai diversi tipi di utilizzo o di attività da insediare.
alloggio
Si definisce alloggio un edificio residenziale rispondente ai requisiti minimi di cui al D.M. 5 luglio 1975 e destinato a soddisfare esigenze residenziali.
locale di abitazione
Si definisce locale di abitazione la porzione di alloggio destinata ad uno specifico utilizzo e dotata di specifica autonomia funzionale.
In funzione delle loro caratteristiche dimensionali e costruttive, nonché della loro rispondenza alle prescrizioni del presente Regolamento, i locali si distinguono in:
a) Locali di abitazione primari: sono locali primari quelli che comportano la permanenza continuativa di persone, quali:
a1) camere da letto;
a2) soggiorni e sale da pranzo; a3) cucine abitabili;
a4) xxxxxxx, studi privati ed altri locali a questi assimilabili.
b) Locali di supporto: sono locali secondari o di supporto quelli che non comportano la permanenza continuativa di persone, quali:
b1) spazi di cottura; b2) servizi igienici;
b3) spazi di disimpegno, vani scala, corridoi; b4) dispense, guardaroba, lavanderie e simili.
c) Locali di abitazione accessori: sono locali accessori quelli adibiti esclusivamente a funzioni complementari alla residenza, che comportano presenza soltanto saltuaria ed
occasionale di persone, quali: c1) soffitte;
c2) cantine;
c3) ripostigli e quanto ad essi assimilabili.
Non rientrano nella classificazione di locale i volumi tecnici e gli spazi, ancorché accessibili, adibiti a funzioni di protezione dell’edificio (scannafossi e simili) o al passaggio ed alla manutenzione degli impianti (cavedi e simili).
locale non destinato alla residenza
I locali non destinati alla residenza, sono così classificati:
- locali di categoria a): laboratori e locali adibiti ad attività lavorativa (ambienti in cui vengono svolte attività industriali, artigianali, produttive, anche se svolte dal solo titolare);
- locali di categoria b): locali adibiti ad attività commerciali e di servizio ed archivi e magazzini con permanenza di addetti (locali adibiti a permanenza di merci e materiali vari utilizzati nello svolgimento di servizi, commerciali o altro) ove non si ha esposizione a fattori di rischio chimico o fisico connessi con l'attività; uffici di tipo amministrativo e direzionale, studi professionali, sale lettura, sale riunioni, ambulatorio aziendale, camera di medicazione, refettorio, locali di riposo;
- locali di categoria c): spogliatoi, servizi igienici, docce, disimpegni, magazzini, archivi e depositi senza permanenza di addetti.
organismo edilizio
Unità immobiliare, o edificio, oppure complesso edilizio, interessato dall’intervento urbanistico-edilizio e/o dal mutamento della destinazione d’uso.
involucro edilizio
Figura solida di inviluppo che delimita tutte le parti chiuse dell’edificio, comprese eventuali porzioni interrate, di qualsiasi destinazione e consistenza.
L’involucro edilizio è delimitato nella parte superiore dall’estradosso della copertura, comunque configurata, nelle parti laterali dal filo esterno delle pareti perimetrali dell’edificio, al lordo di eventuali bow-window e verande, nella parte inferiore dall’intradosso del piano di calpestio più basso, ancorché parzialmente o totalmente interrato.
Non concorrono alla determinazione dell’involucro edilizio:
a) le logge, i portici, i porticati, gli spazi praticabili aperti in genere;
b) i ballatoi aperti, i balconi, gli aggetti ornamentali, gli sporti di gronda, le pensiline ed altre coperture a sbalzo comunque denominate;
c) le eventuali tettoie poste in aderenza all’edificio o a parti di esso;
d) le scale esterne, ivi comprese le scale di sicurezza, fatta eccezione per gli eventuali spazi chiusi e coperti posti in aderenza all’edificio da esse delimitati;
e) gli eventuali pilastri o setti portanti posti in posizione esterna rispetto al filo delle pareti perimetrali;
f) i volumi tecnici posti in aderenza all’edificio o sulla copertura del medesimo, ivi compresi gli abbaini, fatta eccezione per i volumi tecnici totalmente integrati con l’edificio medesimo dal punto di vista morfotipologico e strutturale;
g) lo spessore delle pareti esterne per la parte eccedente i minimi fissati dai regolamenti edilizi, e comunque per la parte eccedente i 30 cm, costituente incentivo urbanistico ai sensi delle norme regionali in materia di edilizia sostenibile;
h) tutti i maggiori spessori, volumi e superfici, finalizzati all’incremento delle prestazioni energetiche degli edifici, nei limiti entro i quali, nell’ambito dei procedimenti ordinati alla formazione dei titoli abilitativi edilizi, le norme in materia consentono di derogare a quanto previsto dalle normative nazionali, regionali o dai regolamenti edilizi comunali, in
merito alle distanze minime tra edifici, alle distanze minime di protezione del nastro stradale, nonché alle altezze massime degli edifici.
gerarchizzazione delle facciate di un edificio
Al fine di favorire la gerarchizzazione delle facciate degli edifici multipiano, sono previste le seguenti altezze interne nette dei vari piani degli edifici:
- piani totalmente interrati: H. interna netta max = m. 2.40
- piani parzialmente interrati: H. interna netta max = m. 2.70
- piani terra e primo: H. interna netta max = m. 3.50
- piani secondo e superiori: H. interna netta max = m. 3.00
Per gli immobili realizzati nel rispetto dei limiti sopra indicati, ai fini della determinazione degli oneri di urbanizzazione di cui all'art. 120 della L.R. 1/2005, si utilizza come parametro di riferimento il volume virtuale come definito al punto 1.23 del capitolo IV “Parametri urbanistici ed edilizi” del presente Regolamento Edilizio.
sagoma
Figura solida di inviluppo che delimita l’ingombro volumetrico nello spazio occupato da un edificio, escluse eventuali porzioni interrate.
La sagoma è delimitata nella parte superiore dall’estradosso della copertura, comunque configurata, nelle parti laterali dal filo esterno delle pareti perimetrali dell’edificio fuori terra, compresi eventuali bow-window e ballatoi in aggetto ed al lordo di spazi praticabili aperti quali logge, portici o porticati; nella parte inferiore dalla quota del terreno, del marciapiede o della pavimentazione, posti in aderenza all’edificio.
Non concorrono alla determinazione della sagoma:
a) la porzione interrata dell’edificio, di qualsiasi destinazione e consistenza. Relativamente alla determinazione della quota del piano di campagna in aderenza all’edificio – e alla conseguente individuazione delle sue porzioni interrate - non rileva la presenza puntuale di manufatti di accesso a locali interrati quali scale esterne o rampe;
b) i balconi, gli aggetti ornamentali, gli sporti di gronda, le pensiline ed altre coperture a sbalzo comunque denominate;
c) le eventuali tettoie poste in aderenza all’edificio, ove obiettivamente autonome rispetto al medesimo dal punto di vista morfotipologico o strutturale e come tali aventi sagoma distinta;
d) gli eventuali pilastri o setti portanti posti in posizione esterna rispetto al filo delle pareti perimetrali;
e) le scale esterne, ivi comprese le scale di sicurezza, fatta eccezione per gli eventuali spazi chiusi e coperti posti in aderenza all’edificio da esse delimitati;
f) i volumi tecnici posti in aderenza all’edificio o sulla copertura del medesimo, ivi compresi gli abbaini, fatta eccezione per i volumi tecnici totalmente integrati con l’edificio medesimo dal punto di vista morfotipologico e strutturale;
g) lo spessore delle pareti esterne per la parte eccedente i minimi fissati dai regolamenti edilizi, e comunque per la parte eccedente i 30 cm, costituente incentivo urbanistico ai sensi delle norme regionali in materia di edilizia sostenibile;
h) tutti i maggiori spessori, volumi e superfici, finalizzati all’incremento delle prestazioni energetiche degli edifici, nei limiti entro i quali, nell’ambito dei procedimenti ordinati alla formazione dei titoli abilitativi edilizi, le norme in materia consentono di derogare a quanto previsto dalle normative nazionali, regionali o dai regolamenti edilizi comunali, in merito alle distanze minime tra edifici, alle distanze minime di protezione del nastro stradale, nonché alle altezze massime degli edifici.
Non costituiscono modifiche della sagoma:
- le eventuali modeste rotazioni o traslazioni dell’edificio o manufatto rispetto all’area di
sedime assentita;
- l'installazione di infissi vetrati per la realizzazione di verande, ove ricavate delimitando con infissi vetrati, parzialmente o totalmente apribili, spazi accessori quali una loggia o portico, una terrazza o parte di essa, un balcone (sottostante o meno ad altro balcone o sporto di gronda), una tettoia direttamente accessibile da una unità immobiliare, o parte di essa.
lotto urbanistico di riferimento
Porzione di terreno la cui relazione qualificata con un edificio o complesso edilizio, esistente o da realizzare, assume rilevanza ai fini dell’applicazione delle previsioni contenute negli strumenti ed atti comunali.
Il lotto urbanistico di riferimento comprende l’area di sedime dell’edificio o complesso edilizio e i relativi spazi di pertinenza; possono farne parte anche eventuali porzioni di terreno ubicate nelle immediate vicinanze, purché funzionalmente correlate a titolo permanente all’edificio o complesso edilizio medesimo.
Ai fini dell’individuazione del lotto urbanistico di riferimento assumono rilevanza elementi quali:
- la destinazione dei suoli definita dagli strumenti e atti comunali;
- per gli edifici di recente origine, la porzione di superficie fondiaria (Sf) originariamente presa a riferimento per l’edificazione e per il calcolo delle dotazioni di parcheggio per la sosta stanziale, quale risulta da atti abilitativi di natura urbanistico-edilizia;
- per gli edifici di origine non recente, la posizione catastale del fabbricato alla data di adozione dello strumento urbanistico, oppure, in mancanza, quella desumibile dal catasto d’impianto o dalla documentazione maggiormente risalente nel tempo tra quella disponibile.
area di sedime
Impronta a terra della sagoma dell’edificio o manufatto edilizio.
Il perimetro dell’area di sedime è pertanto delimitato dal filo esterno delle pareti perimetrali dell’edificio (o manufatto edilizio), al lordo di spazi praticabili aperti quali logge, portici o porticati, nonché di eventuali tettoie poste in aderenza all’edificio medesimo, ove obiettivamente autonome dal punto di vista morfotipologico o strutturale e come tali aventi sagoma distinta.
Sono esclusi dal perimetro dell’area di sedime:
a) lo spessore delle pareti esterne per la parte eccedente i minimi fissati dai regolamenti edilizi, e comunque per la parte eccedente i 30 cm, costituente incentivo urbanistico ai sensi delle norme regionali in materia di edilizia sostenibile;
b) le scale esterne, ivi comprese le scale di sicurezza, fatta eccezione per gli eventuali spazi chiusi e coperti posti in aderenza all’edificio da esse delimitati;
c) i volumi tecnici posti in aderenza all’edificio, salvo quelli totalmente integrati con il medesimo dal punto di vista morfotipologico e strutturale.
dotazioni di parcheggio per la sosta stanziale
Quantitativi minimi di aree per parcheggio ad uso privato, comprensive dei relativi spazi di manovra, da reperirsi in relazione a specifiche categorie di intervento edilizio o mutamento della destinazione d’uso degli organismi edilizi in conformità con le norme statali o regionali.
La misura minima di tali dotazioni è definita dall’articolo 41 sexies, legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica), oppure, se superiore, da specifiche disposizioni contenute in strumenti, atti o norme regolamentari comunali.
dotazioni di parcheggio per la sosta di relazione
Quantitativi minimi di aree per parcheggio ad uso privato, comprensive dei relativi spazi di
manovra, da reperirsi in relazione alla creazione o ampliamento, anche mediante mutamento della destinazione d’uso, di esercizi commerciali, di esercizi di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, o di altre attività ad essi assimilate dalla ‘disciplina della distribuzione e localizzazione delle funzioni’ approvata dal comune ai sensi dell’articolo 58 della legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo del territorio).
La misura minima di tali dotazioni è definita ai sensi della legge regionale 7 febbraio 2005
n. 28 (Codice del Commercio. Testo unico in materia di commercio in sede fissa, su aree pubbliche, somministrazione di alimenti e bevande, vendita di stampa quotidiana e periodica e distribuzione di carburanti) e relativo regolamento di attuazione, con riferimento alle superfici di vendita dei singoli esercizi commerciali, oppure, se superiore, da specifiche disposizioni contenute in strumenti, atti o norme regolamentari comunali.
dotazioni di parcheggio pubblico
Quantitativi minimi di aree per parcheggi pubblici o ad uso pubblico, comprensive dei relativi spazi di manovra, da reperirsi e localizzarsi in sede di formazione del regolamento urbanistico, oppure, salva diversa disposizione del medesimo, in sede di formazione dei piani attuativi in esso previsti.
La misura minima di tali dotazioni è definita dal d.m. 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art. 17 della L. 6 agosto 1967, n. 765), oppure, se superiore, da specifiche disposizioni contenute in strumenti, atti o norme regolamentari comunali.
incremento del carico urbanistico
Aumento della sollecitazione prodotta dalle trasformazioni del sistema insediativo in termini di necessità di dotazioni territoriali, infrastrutture, attrezzature e spazi pubblici o di interesse pubblico.
Si ha comunque incremento di carico urbanistico in caso di:
a) interventi di nuova edificazione, di ristrutturazione urbanistica, oppure addizioni volumetriche agli edifici esistenti, come definiti dalle norme regionali, ove comportanti incremento del numero di abitanti convenzionalmente insediati o insediabili, ai sensi dell’articolo 2 del presente regolamento, oppure reperimento di dotazioni aggiuntive di parcheggi per la sosta stanziale o di relazione;
b) interventi comunque denominati dai quali derivi incremento del numero di unità immobiliari, anche in assenza di contestuale mutamento della destinazione d’uso;
c) mutamenti della destinazione d’uso di organismi edilizi esistenti, ove comportanti il reperimento di dotazioni aggiuntive di parcheggi per la sosta stanziale o di relazione;
d) incremento della superficie di vendita o della superficie di somministrazione di esercizi commerciali o di esercizi di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico esistenti;
e) interventi comunque denominati dai quali derivi un aumento della superficie utile.
superficie aeroilluminante
Si definisce superficie aeroilluminante di un locale la superficie finestrata apribile prospettante direttamente su spazi liberi, nel rispetto di quanto stabilito dalla normativa in materia di distanza tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti. La superficie aeroilluminante è misurata convenzionalmente al lordo dei telai delle finestre o porte finestre, con esclusione delle sole parti non vetrate.
componenti del sistema del verde
Costituiscono componenti del sistema del verde: il verde urbano (vedi), il verde di
connettività urbana (vedi), il verde pubblico attrezzato (vedi).
verde di connettività urbana
Verde, pubblico o privato, interno al tessuto insediativo, che ha la funzione di mantenere o stabilire collegamenti fra le aree verdi presenti o previste negli insediamenti urbani. Ne fanno parte in particolare:
- gli spazi verdi adiacenti ai corsi d’acqua, i percorsi pedonali e le piste ciclabili caratterizzati dalla presenza di verde e alberi che, penetrando nell’area urbanizzata, costituiscono completamento della rete ecologica territoriale in ambito urbano;
- il verde e le alberature adiacenti alle strade, in particolare quelle realizzate con criteri di architettura paesaggistica;
- gli spazi verdi e le aree agricole residuali presenti ai margini del centro abitato.
verde pubblico attrezzato
il verde pubblico attrezzato è costituito dalle aree adibite a verde dotate di infrastrutture per le attività sportive e legate al tempo libero, infrastrutture per l’intrattenimento ed il gioco o attrezzature per gli animali domestici.
verde urbano
Insieme delle componenti vegetali interne e limitrofe al perimetro dell’area urbana, siano esse pubbliche o private, che concorrono a garantire l’equilibrio ecologico e sono indispensabili a compensare le emissioni di anidride carbonica derivanti dalle attività dell’uomo;
volumi pertinenziali
Si definiscono volumi pertinenziali ai fini dell'applicazione dell'art. 79 comma 2 lettera e) della Legge Urbanistica Regionale i volumi, realizzati all’interno del resede di riferimento dell'edificio nella misura non superiore al 20 per cento del medesimo. La realizzazione dei suddetti è ammessa, ai sensi del Regolamento Urbanistico, in un raggio massimo di 20 metri dal perimetro dell'edificio principale. Entro la stessa distanza deve essere compresa la ricostruzione di volumi secondari demoliti facenti parte di un medesimo organismo edilizio.
Fermo restando il limite di distanza fissato al comma 1. non sono computati ai fini dell’applicazione degli indici di fabbricabilità fondiaria e territoriale gli interventi consistenti nella realizzazione di autorimesse pertinenziali all’interno del perimetro dei centri abitati.
unità Fondiaria Agricola
Per “unità fondiaria agricola”, ai fini del Regolamento Urbanistico, si intende l'insieme dei terreni e dei fabbricati costituenti un'unità tecnico-economica condotta unitariamente da un imprenditore agricolo o da forme giuridiche ad esso assimilabili (società di persone, società di capitali, cooperative).
L'unità fondiaria agricola costituisce l'unità di intervento per il rilascio di concessioni finalizzate all'attività agricola.
L'unità fondiaria agricola può essere costituita da terreni in proprietà, in affitto con contratto di affitto regolarmente registrato di durata residua almeno quinquennale, o con altri diritti di godimento quali: usufrutto, enfiteusi, benefici parrocchiali.
Nei casi in cui l'unità agricola non sia costituita esclusivamente da terreni in proprietà la richiesta di concessione/istallazione di nuovi annessi dovrà essere avanzata da tutte le proprietà interessate.
L'unità agricola può essere costituita da più appezzamenti di terreno non contigui tra loro (corpi aziendali). In tali casi gli interventi edilizi di norma dovranno essere ubicati nel
corpo aziendale dove già insistono altri fabbricati o in assenza di questi nel corpo aziendale di superficie maggiore. Ubicazioni diverse degli interventi edilizi potranno essere ammesse solo in presenza di esigenze organizzative aziendali, debitamente documentate da una apposita relazione tecnica, o nei casi in cui siano presenti vincoli restrittivi alla edificabilità nei corpi aziendali già dotati di edifici o di superficie maggiore.
abbaino
Parte II
Definizioni di elementi costitutivi o di corredo delle costruzioni
Volume tecnico appositamente configurato e dimensionato per consentire l’accesso alla copertura, piana o inclinata. Le aperture in esso collocate possono concorrere alla verifica dei requisiti igienico-sanitari di locali e spazi sottotetto.
Non sono identificabili come abbaini le porzioni di copertura in contropendenza finalizzate all’illuminazione ed aerazione di spazi o locali posti al piano sottotetto.
balcone
Struttura edilizia a sviluppo orizzontale, aperta e praticabile, posta in aggetto rispetto alla sagoma dell’edificio, munita di ringhiera o di parapetto, direttamente accessibile dall’unità immobiliare o comunque di uso privato esclusivo, nonché priva di autonoma copertura, salva la parziale protezione dagli agenti atmosferici eventualmente offerta da soprastanti balconi, sporti di gronda o altri elementi aggettanti.
ballatoio
Spazio praticabile di uso comune finalizzato a distribuire l’accesso a più unità immobiliari, configurato come elemento a sviluppo orizzontale compreso entro il filo delle pareti perimetrali esterne dell’edificio, o posto in aggetto alle medesime.
Il ballatoio concorre alla determinazione della sagoma dell’edificio anche ove configurato come spazio aperto delimitato da semplice ringhiera o parapetto. Se provvisto di tamponamenti esterni, il ballatoio concorre altresì alla determinazione dell’involucro edilizio.
bow-window
Porzione finestrata di un locale, anche con sviluppo su più piani, sporgente dal filo delle pareti perimetrali esterne di un edificio.
cantine (o scantinati)
Locali accessori, totalmente o prevalentemente interrati, generalmente adibiti ad uso di ricovero o ripostiglio di oggetti, merci o materiali, e comunque sprovvisti di requisiti e dotazioni atti a consentire la permanenza ancorché saltuaria di persone.
cavedio
Spazio interno ad un fabbricato, con collegamento all'esterno solo in sommità e di dimensioni tali da non poter essere qualificato come chiostrina, da utilizzare per il passaggio e la manutenzione degli impianti tecnologici o per la formazione di prese d’aria per locali tecnici o comunque per vani inabitabili. Per le caratteristiche dei cavedi si fa riferimento all'art. 86 del presente Regolamento.
chiostrina
Spazio interno circondato per l'intero perimetro da fronti della costruzione non rispondente ai requisiti dimensionali del cortile. Per le caratteristiche delle chiostrine si fa riferimento all'art. 85 del presente Regolamento;
patio: spazio aperto interno ad un singolo alloggio circondato per l'intero perimetro da fronti della costruzione;
controsoffitto e doppio pavimento
1. Si definiscono rispettivamente controsoffitto o doppio pavimento le strutture rimovibili realizzate, nel primo caso, in posizione sottostante l'intradosso del solaio o, nel secondo caso, in posizione soprastante l'originale pavimento.
2. Lo spazio interposto tra le suddette strutture ed il solaio può essere utilizzato come alloggiamento di impianti e connessioni tecnologiche.
corte
Spazio interno circondato per il almeno 2/3 del perimetro da fronti della costruzione e per la parte restante solo da recinzioni, porticati o aperto. Sui fronti prospicienti la corte possono essere aperte finestre di ogni tipo di locale, ivi compresi quelli destinati alla presenza continuativa di persone.
cortile
Spazio interno circondato per l'intero perimetro da fronti della costruzione. Sui fronti prospicienti il cortile possono essere aperte finestre di ogni tipo di locale, ivi compresi quelli destinati alla presenza continuativa di persone.
copertura
Delimitazione superiore di un edificio, o di altro manufatto edilizio comunque denominato provvisto o meno di tamponamenti laterali, atta ad assicurare protezione dagli agenti atmosferici. La copertura è costituita da una struttura portante e da un manto superficiale esterno e comprende anche gli eventuali strati di coibentazione e di impermeabilizzazione interposti tra i medesimi. Essa assume diverse denominazioni in ragione della sua configurazione strutturale e morfotipologica oppure in relazione al materiale usato per la struttura o per il manto superficiale.
costruzione temporanea
Le costruzioni temporanee sono strutture fisiche assimilabili, per dimensioni e caratteri funzionali, a manufatti edilizi ma destinate ad un utilizzo circoscritto nel tempo, tale da non determinare una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio così come disciplinata dal Titolo VI della L.R. 1/2005.
Le caratteristiche fisiche delle strutture temporanee, i materiali utilizzabili ed i sistemi di ancoraggio al suolo sono descritti all'Allegato II di Regolamento Edilizio.
finiture degli edifici
Ai fini del presente Regolamento sono da considerarsi finiture degli edifici: gli infissi, gli intonaci, i rivestimenti, le tinteggiature, i pavimenti, i gradini, le soglie, i manti di copertura, i canali di gronda, i pluviali, le canne fumarie, le canne di aspirazione, i comignoli, le ringhiere, i parapetti, le inferriate, le sistemazioni e le pavimentazioni esterne, ecc.
gazebo da giardino
Ai fini del presente Regolamento si definisce gazebo una struttura leggera costituita da una struttura verticale astiforme in metallo o legno e da copertura in tela, vetro o canniccio. La struttura deve essere completamente aperta sui quattro lati e avere funzione di ombreggiamento degli spazi di soggiorno temporaneo all'aperto. L'altezza al colmo, ai fini del presente Regolamento, non può essere superiore a metri 3 e la superficie coperta non può essere superiore a 15 mq.
Non è ammesso più di un gazebo per ogni resede di pertinenza. La superficie occupata dal gazebo, se pavimentata, è considerata superficie impermeabile soggetta a verifica.
impianti tecnologici
Ai fini del presente Regolamento sono da considerarsi impianti tecnologici l'impianto
elettrico, radio televisivo, di riscaldamento e di climatizzazione, idrico e sanitario, del gas, di sollevamento delle persone o di cose, di protezione antincendio, ecc.
intercapedini
Spazi variamente configurati delimitati da strutture portanti, pareti, pannellature fisse o controsoffitti, ed aventi esclusiva funzione igienico-sanitaria, finalizzata alla salubrità, al comfort igrometrico o alla climatizzazione dei locali dell’edificio, oppure esclusiva funzione tecnologica, finalizzata all’alloggiamento di tubazioni o impianti. L’accessibilità alle intercapedini è limitata alle sole operazioni di ispezione e manutenzione.
Sono da considerarsi intercapedini spazi quali scannafossi, gattaiolati, cavedi, colonne per la ventilazione di locali tecnici o vani accessori, camini del vento, sottotetti non praticabili.
intradosso
Piano di imposta di strutture monolitiche quali solette o solai, oppure, nel caso di strutture composte quali quelle in legno o assimilabili, piano di imposta dell’orditura secondaria con interasse non superiore a cm 80.
Ai fini dell’individuazione dell’intradosso non rileva la presenza di eventuali controsoffitti, né l’eventuale maggior spessore dell’orditura principale.
loggia (o portico)
Spazio praticabile coperto, aperto sul fronte esterno su uno o più lati talora scanditi da pilastri o colonne, direttamente accessibile dall’unità immobiliare o comunque ad uso privato esclusivo. Laddove non collocati al piano terreno la loggia o il portico sono di norma delimitati da un parapetto o da una ringhiera.
Le logge o portici, pur non facendo parte dell’involucro edilizio, concorrono alla determinazione della sagoma dell’edificio.
Non sono qualificabili come loggia e vanno pertanto considerati a tutti gli effetti locali chiusi, gli spazi che siano aperti verso l’esterno per meno di 1/4 del perimetro complessivo o che presentino, anche in assenza della suddetta caratteristica, interposizione di infissi vetrati od altri elementi suscettibili di determinare un vano chiuso.
parti condominiali o di uso comune
Locali o spazi variamente configurati non afferenti in via esclusiva a singole unità immobiliari, quali ad esempio porticati privati, androni di ingresso, scale e vani ascensore condominiali, passaggi coperti carrabili o pedonali, ballatoi, autorimesse collettive, lavatoi comuni, cabine idriche, centrali termiche condominiali, chiostrine, cortili interni.
pensilina
Struttura accessoria di copertura, realizzata con materiali durevoli, posta in aggetto alle pareti perimetrali esterne di un edificio e priva di montanti verticali di sostegno.
pergolato
Ai fini del presente Regolamento si definisce pergolato una struttura leggera composta di elementi verticali e orizzontali, in legno o metallo, variamente configurata e idonea a consentire il supporto di vegetazione rampicante. Il pergolato ha esclusiva funzione ombreggiante e non è suscettibile di offrire riparo dalle precipitazioni atmosferiche. La superficie occupata dal pergolato, ai fini del presente Regolamento, non può essere superiore a 30 mq.
È sempre obbligatoria la piantumazione di rampicanti che siano sostenuti dal pergolato. La presenza di qualsiasi tipo di copertura esclude la struttura dalla definizione di pergolato.
La superficie occupata dal pergolato, se pavimentata, è considerata superficie impermeabile e come tale soggetta a verifica.
piani o locali fuori terra, interrati e seminterrati o parzialmente interrati
I Piani degli edifici o singoli locali si distinguono in fuori terra (vedi), interrati (vedi) e seminterrati o parzialmente interrati (vedi), in funzione della loro posizione rispetto alla quota del terreno circostante.
piano o locale fuori terra
Piano dell’edificio - o singolo locale - il cui livello di calpestio sia collocato in ogni sua parte ad una quota superiore a quella del terreno, del marciapiede o della pavimentazione, posti in aderenza all’edificio medesimo.
piano o locale interrato
Piano dell’edificio - o singolo locale - il cui soffitto, misurato all’intradosso, risulti in ogni sua parte ad una quota pari o inferiore a quella del terreno, del marciapiede, della pavimentazione, nonché di eventuali rampe o scale esterne, posti in aderenza all’edificio medesimo.
In caso di manufatti isolati, oppure di locali in tutto o in parte esterni all’area di sedime dell'edificio cui afferiscono, si considerano interrati solo i locali, o parti di essi, il cui estradosso di copertura non fuoriesca dalla quota del terreno, del marciapiede o della pavimentazione posti in aderenza all’edificio medesimo.
piano o locale seminterrato o parzialmente interrato
Piano dell’edificio - o singolo locale - posto ad una quota intermedia rispetto ai piani o locali fuori terra ed a quelli interrati.
Si considerano prevalentemente interrati i piani o i locali seminterrati la cui volumetria, misurata al lordo delle pareti perimetrali esterne, sia in prevalenza collocata al di sotto della quota del terreno, del marciapiede, della pavimentazione, nonché di eventuali rampe o scale esterne, posti in aderenza all’edificio.
piano sottotetto
Piano dell’edificio posto immediatamente sotto la copertura, comunque configurata, delimitato inferiormente da un solaio praticabile ed utilizzabile per spazi o locali destinati alla permanenza continuativa di persone, se provvisto di idonei requisiti igienico-sanitari, oppure per spazi o locali accessori, se sprovvisto dei suddetti requisiti.
I sottotetti non praticabili delimitati inferiormente da controsoffitti o elementi consimili, aventi esclusiva funzione igienico-sanitaria o tecnologica, sono da considerarsi intercapedini.
pilotis
Si definisce come pilotis il piano terreno di un edificio aperto su tutti i lati con interposti pilastri come elementi strutturali.
porticato
Xxxxxx coperto situato al piano terreno o ad altro livello di accesso all’edificio, scandito da colonne o pilastri, aperto lungo il perimetro esterno dell’edificio, o verso spazi pertinenziali interni, e costituente spazio condominiale o di uso comune, oppure pubblico o asservito ad uso pubblico.
Non fanno parte del porticato le eventuali porzioni delimitate da pareti, infissi o altri elementi suscettibili di determinare vani chiusi.
Il porticato, pur non facendo parte dell’involucro edilizio, concorre alla determinazione della sagoma dell’edificio.
Non sono qualificabili come porticato e vanno pertanto considerati a tutti gli effetti locali chiusi, gli spazi che siano aperti verso l’esterno per meno di 1/4 del perimetro complessivo o che presentino, anche in assenza della suddetta caratteristica, interposizione di infissi
vetrati od altri elementi suscettibili di determinare un vano chiuso.
prospetti, facciate o fronti
Si definiscono prospetti, facciate o fronti di un edificio le parti esterne verticali di un edificio che sono visibili da spazi pubblici o privati.
Ai fini del presente Regolamento non costituiscono prospetto le pareti che, seppur perimetrali, prospettino su chiostrine, cortili chiusi o comunque spazi aperti completamente interni alla costruzione.
scannafosso
Si definisce scannafosso l'intercapedine realizzata per isolare i muri perimetrali di un edificio quando questo è posto ad una quota inferiore a quella del terreno circostante. Tale intercapedine, se di larghezza (intesa come distanza tra il muro dell'edificio e il muro esterno dell'intercapedine stessa) superiore a cm. 100, non è considerata volume tecnico (vedi definizione di seguito).
Per le caratteristiche degli scannafossi si fa riferimento all'art. 47 comma 3 del presente Regolamento.
serra solare
Elemento di architettura bioclimatica - dalle caratteristiche obiettivamente distinte da quelle delle comuni verande - costituito da una serra vera e propria finalizzata ad introitare la radiazione solare coadiuvando nella stagione invernale il riscaldamento dell’edificio o dell’unità immobiliare.
La serra solare deve essere posta in condizioni ottimali di irraggiamento e schermata all’irraggiamento durante la stagione estiva, per evitare il surriscaldamento dei locali contigui.
La specifica finalità del risparmio energetico è certificata nella documentazione tecnica di progetto, nella quale è quantificata, attraverso i necessari calcoli energetici, la riduzione dei consumi di combustibile fossile per il riscaldamento invernale.
La serra solare costituisce volume tecnico e non può essere destinata alla permanenza continuativa di persone, né dotata a tal fine di climatizzazione artificiale. Essa concorre alla determinazione dell’involucro edilizio e della sagoma dell’edificio.
Per le caratteristiche delle serre solari si fa riferimento all'art. 130 del presente Regolamento.
soppalco
Struttura orizzontale praticabile con la quale viene ricavata, all’interno di un locale principale di idonea altezza, un quantitativo aggiuntivo di superficie utile abitabile o agibile (Sua), oppure di superficie non residenziale o accessoria (Snr). Il soppalco ha almeno un lato aperto sul locale principale nel quale è collocato.
spazi scoperti interni alle costruzioni
Si definiscono spazi scoperti interni alle costruzioni le aree scoperte circondate da fronti della costruzione e in particolare: xxxxx (xxxx), xxxxxxx (xxxx), xxxxxxxxxx (xxxx), xxxxx (xxxx), xxxxxxx (xxxx).
strutture o manufatti privi di rilevanza urbanistico edilizia
Sono prive di rilevanza urbanistico-edilizia le opere di seguito indicate in quanto non incidenti in modo significativo o permanente sulle risorse del territorio:
− le strutture accessorie (vedi);
− le strutture temporanee (vedi).
strutture accessorie
Sono strutture accessorie le seguenti strutture, a servizio della residenza o di strutture
ricettive, aventi caratteri di precarietà costruttiva e facile amovibilità:
a) i pergolati come definiti all'articolo 23 del presente Regolamento;
b) i gazebo da giardino, come definiti all'articolo 22 del presente Regolamento;
c) gli arredi da giardino di piccole dimensioni e contraddistinti da facile amovibilità e reversibilità, quali barbecue prefabbricati semplicemente appoggiati al suolo, fontanelle, sculture e installazioni ornamentali in genere, fioriere, voliere e simili;
d) le pavimentazioni esterne costituite da elementi accostati e semplicemente appoggiati sul terreno, prive di giunti stuccati o cementati;
e) le tende da sole retrattili collocate, nelle sottozone consentite da Regolamento Urbanistico, sulle facciate degli edifici, purché prive di montanti verticali di sostegno;
f) i piccoli manufatti con funzioni accessorie non destinati alla permanenza di persone collocati nelle aree di pertinenza degli edifici, quali ripostigli per attrezzi, coperture di pozzi e simili, purché realizzati in materiali leggeri, senza parti in muratura, semplicemente appoggiati o ancorati al suolo, e aventi altezza interna netta inferiore a ml 1,80 e superficie non superiore a mq 5,00;
g) le staccionate in legno e le recinzioni realizzate in rete a maglia sciolta e pali in legno o metallo semplicemente infissi al suolo senza opere murarie, nelle sottozone consentite da Regolamento Urbanistico;
Le strutture conformi al comma 1 non concorrono alla definizione della S.U.L. e possono essere sempre istallate, previa semplice comunicazione al Comune, salvo quanto specificato al successivo comma 3 ed eventuali diritti di terzi.
È comunque prescritto:
a) il rispetto delle disposizioni del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio per le opere, interventi e manufatti da realizzarsi o installarsi in aree soggette a tutela paesaggistica;
b) il previo conseguimento degli eventuali nulla-osta o atti di assenso comunque denominati, eventualmente prescritti da discipline di settore per la realizzazione o l’installazione delle opere, interventi e manufatti di cui al presente articolo.
strutture temporanee
Sono strutture temporanee le seguenti strutture, a servizio di attività sportive, ricreative, pubblici esercizi e/o strutture ricettive che presentano temporaneità di installazione:
a) le installazioni stagionali poste a corredo di pubblici esercizi o attività turistico ricettive, costituite da elementi facilmente amovibili quali pedane, paratie laterali frangivento, tende ombreggianti o altri elementi non rigidi di copertura.
b) le strutture mobili quali chioschi, tende ecc.;
c) le coperture pressostatiche/tensostrutture stagionali per lo svolgimento di attività sportive o ricreative al coperto realizzate secondo le specifiche disposizioni di Regolamento Urbanistico per ogni singola sottozona;
d) le strutture temporanee per manifestazioni, concerti, spettacoli viaggianti, eventi sportivi, fiere, sagre e simili, purché mantenute per il solo periodo di svolgimento della manifestazione, comunque non superiore a 120 giorni, comprensivo dei tempi di allestimento e smontaggio delle strutture, con esclusione di qualsiasi intervento avente carattere permanente o durevole;
e) le strutture temporanee di supporto a prospezioni geognostiche o al monitoraggio ambientale;
f) le coperture retrattili a servizio delle attività produttive, mantenute stabilmente in posizione chiusa e utilizzate in posizione aperta per il solo tempo necessario all’effettuazione di operazioni di carico e scarico merci.
Le suddette strutture, tranne il caso di cui al punto d) e f) devono avere di norma un periodo di istallazione di durata non superiore a 180 giorni nell’anno solare.
Per quanto riguarda caratteristiche e modalità di istallazione delle strutture temporanee si
rimanda all'Allegato II al presente Regolamento.
terrazza
Ripiano orizzontale esterno aperto e praticabile, delimitato da un parapetto o da una ringhiera, realizzato a copertura di parti dell’edificio, direttamente accessibile da un’unità immobiliare o da parti condominiali o di uso comune.
Laddove assolva in tutto o in parte alla funzione di copertura principale dell’edificio o di parti di esso la terrazza assume, secondo le diverse configurazioni, la denominazione di lastrico solare o di terrazza a tasca.
tettoia
Costruzione o struttura sorretta da pilastri, o altri elementi strutturali puntiformi, prevalentemente o totalmente priva di tamponamenti esterni e provvista di una copertura capace di offrire stabilmente riparo dagli agenti atmosferici. Adibita ad usi accessori ad un’attività principale di riferimento, oppure alla fruizione protetta di spazi pertinenziali, la tettoia può essere:
a) libera su tutti i lati;
b) libera su due o tre lati e, per i restanti, posta in aderenza ad un fabbricato principale, dal quale può avere anche accesso diretto.
La tettoia di cui alla lettera b), ove configurata come struttura obiettivamente distinta dal fabbricato principale dal punto di vista morfotipologico e strutturale, costituisce fattispecie distinta dalla loggia o portico e dal porticato. La sagoma della tettoia così configurata è da considerarsi autonoma e distinta da quella del fabbricato principale al quale è posta in aderenza.
tipologie edilizie residenziali
Le tipologie edilizie residenziali comprendono:
- edificio isolato: l'unità immobiliare che si sviluppa da cielo e terra con resede privato su quattro lati più o meno consistente. L'edificio isolato a destinazione residenziale può ospitare un o più alloggi.
- edificio a schiera: è costituito da alloggi aggregati caratterizzati ciascuno da uno sviluppo terra tetto, da ingressi indipendenti, spazi privati di pertinenza all'aperto su uno o due fronti e due muri in comune con le unità affiancata (a meno delle testate);
- edificio in linea: è costituito da aggregazioni lineari di alloggi (non necessariamente rettilinee) e servite a due a due da un collegamento verticale. La densità delle case in linea differisce notevolmente in funzione del numero di piani serviti dal collegamento verticale che variano, generalmente, da tre a sei-sette.
- edificio a torre: edificio isolato su tutti i fronti e che presenta almeno un elemento distributivo verticale contenente il gruppo scale (e l'eventuale ascensore) che serve in genere 3 o 4 alloggi ogni piano. Gli edifici a torre presentano generalmente uno sviluppo considerevole in altezza.
veranda
Locale o spazio praticabile coperto ricavato delimitando con infissi vetrati, parzialmente o totalmente apribili, spazi accessori quali una loggia o portico, una terrazza o parte di essa, un balcone (sottostante o meno ad altro balcone o sporto di gronda), una tettoia direttamente accessibile da una unità immobiliare, o parte di essa.
L’installazione di infissi vetrati per la realizzazione della veranda costituisce modifica dell’involucro edilizio, mentre non rileva ai fini della determinazione della sagoma dell’edificio.
volumi tecnici
Manufatti in genere finalizzati a contenere apparecchiature, macchinari o impianti
tecnologici a servizio del complesso edilizio, dell’edificio o dell’unità immobiliare, aventi dimensioni non superiori a quelle indispensabili per l’alloggiamento e la manutenzione dei medesimi, o comunque non superiori ai minimi dettati dalle norme in materia di sicurezza. I volumi tecnici hanno caratteristiche morfotipologiche che ne attestano in modo inequivocabile l’utilizzo, e possono essere sia esterni che interni all’involucro edilizio di riferimento, parzialmente o totalmente interrati, o collocati fuori terra, oppure posti al di sopra della copertura dell’edificio.
Sono esemplificativamente da considerarsi volumi tecnici manufatti quali: cabine elettriche; vani caldaia; locali in genere per impianti centralizzati di riscaldamento, climatizzazione, trattamento e deposito di acque idrosanitarie; extracorsa degli ascensori e relativi locali macchine; cisterne e serbatoi idrici; abbaini ed altri elementi consimili di accesso alla copertura; serre solari; contenitori di macchinari e impianti per attività produttive; scannafossi alla larghezza massima netta di m. 1,00.
Concorrono alla determinazione dell’involucro edilizio e della sagoma dell’edificio di riferimento solo i volumi tecnici posti in aderenza o sulla copertura del medesimo, e che risultino totalmente integrati con esso dal punto di vista morfotipologico o strutturale.
I volumi tecnici devono essere progettati in modo architettonicamente e morfologicamente armonizzato al resto dell’edificio e/o del tessuto edilizio circostante.
ALLEGATO I I
“REGOLAMENTO PER LA REALIZZAZIONE DI STRUTTURE TEMPORANEE”
Art. 1 - Oggetto ed ambito di applicazione
1. Il presente Xxxxxxxxxxx definisce le caratteristiche delle “strutture temporanee”, le modalità per la loro realizzazione, gli usi consentiti e le garanzie per la loro rimozione.
2. Il presente Regolamento si applica alle costruzioni temporanee su aree private, non soggette a servitù di pubblico passaggio, ovvero su aree di proprietà di Enti Pubblici diversi dal Comune di Cavriglia.
3. Le costruzioni temporanee da eseguirsi su aree pubbliche o su aree private soggette a servitù di pubblico passaggio sono autorizzate secondo le norme regolamentari in materia di occupazione di suolo pubblico, o comunque secondo le norme che regolano la concessione a terzi di aree di proprietà comunale.
Art. 2 - Nozione di struttura temporanea
1. Le costruzioni temporanee sono strutture fisiche assimilabili, per dimensioni e caratteri funzionali, a manufatti edilizi ma destinate ad un utilizzo circoscritto nel tempo, tale da non determinare una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, così come disciplinata dal Titolo VI della L.R. 1/2005.
2. Non rientrano tra le strutture temporanee i manufatti precari da realizzarsi in zona agricola di cui all'art. 41 comma 8 della L.R. 1/2005 né le serre temporanee e le serre con copertura stagionale a servizio delle aziende agricole.
3. Le caratteristiche fisiche delle strutture temporanee, i materiali utilizzati, i sistemi di ancoraggio al suolo ecc., devono essere tali da garantirne una facile rimozione.
Art. 3 - Atti abilitanti alla realizzazione delle strutture temporanee.
1. Le costruzioni temporanee oggetto del presente Regolamento, non disciplinate dal Titolo VI della L.R. 1/2005, sono soggette ad autorizzazione amministrativa rilasciata dal Responsabile dell'Area Urbanistica con le modalità fissate nel presente Allegato al Regolamento Edilizio.
2. I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo dei beni soggetti al vincolo paesaggistico hanno l’obbligo di richiedere la preventiva autorizzazione paesaggistica.
3. Le costruzioni temporanee, da eseguirsi su aree pubbliche o su aree private soggette a servitù di pubblico passaggio, vengono autorizzate secondo le norme regolamentari in materia di occupazione di suolo pubblico o comunque secondo le norme che regolano la concessione a terzi di aree di proprietà comunale.
Art. 4 - Ambito temporale delle autorizzazioni
1. Le strutture temporanee sono autorizzate per un periodo non superiore a sei mesi continuativi. Una nuova autorizzazione relativa al medesimo immobile non può essere rilasciata prima che siano trascorsi sei mesi dalla rimozione della struttura precedentemente autorizzata. Fanno eccezione le strutture temporanee ad uso cantiere di cui all'art. 5 del presente allegato.
2. Nell’autorizzazione è indicato il periodo di validità ed il tempo concesso per l’installazione e la rimozione delle strutture temporanee, nonché per la rimessa in pristino delle aree, di norma non superiore a 15 giorni.
3. Per sopravvenute esigenze di interesse pubblico, può in ogni caso disporsi, anche prima della scadenza del termine di validità dell’autorizzazione, la rimozione anticipata delle strutture di cui trattasi.
4. Qualora l’utilizzazione delle strutture di cui sopra sia destinata a ripetersi con cadenza
annuale nello stesso periodo per un tempo determinato, il provvedimento autorizzativo può avere durata pluriennale e comunque non superiore ad anni cinque, a condizione che le strutture in argomento conservino le medesime caratteristiche costruttive e dimensionali. In tal caso la polizza fidejussoria di cui al successivo art.9 ha la medesima validità temporale dell’autorizzazione.
5. La realizzazione di strutture temporanee per periodi superiori a quelli fissati al primo comma è autorizzata esclusivamente nel caso che esse siano destinate a servizio di attività pubblica, seppure gestita da soggetti privati, ovvero a servizio di attività di carattere privato ma riconosciuta di interesse pubblico, preceduta da conforme deliberazione assunta da parte della Giunta Comunale che dia atto dell’esistenza di un pubblico interesse.
Art. 5 - Strutture temporanee ad uso cantiere
1. L'autorizzazione amministrativa per l'installazione di baracche di cantiere (incluse mense, dormitori ed altre strutture precarie a servizio del cantiere) è subordinata al solo possesso del Permesso di costruire o alla presentazione della Segnalazione Certificata di Inizio Attività ed è consentita per il periodo di validità di tali titoli abilitativi.
2. L'installazione di baracche di cantiere per l'esecuzione di opere edilizie che non necessitano di alcun titolo abilitativo è altresì consentita, senza che sia necessaria alcuna autorizzazione, per il tempo strettamente necessario all'esecuzione dei lavori previa comunicazione al Comune della natura dei lavori da eseguire, dei relativi tempi di esecuzione e della necessità di istallazione della struttura temporanea ad uso cantiere.
Art. 6 - Strutture temporanee ad uso sportivo, ricreativo o a servizio di impianti sportivi e ricreativi esistenti
1. Le strutture temporanee ad uso sportivo e ricreativo sono autorizzate esclusivamente in conformità al Regolamento Urbanistico nelle zone destinate allo svolgimento di dette attività.
Art. 7 - Strutture temporanee a servizio di pubblici esercizi
1. L'installazione di strutture temporanee a servizio di pubblici esercizi è consentita con le modalità indicate di seguito:
- i manufatti, antistanti o adiacenti a pubblici servizi quali bar, ristoranti, ecc., oltre ad essere essere facilmente smontabili ed amovibili, dovranno avere struttura metallica o lignea, essete coperti con pannelli metallici o lignei coibentati o con teli di stoffa cerata/plastica e, eventualmente, essere tamponati in vetro o teli in pvc trasparente.
- tutti gli elementi in ferro dovranno essere trattati con vernici a smalto colore nero o antracite mentre gli elementi lignei dovranno essere colorati nei toni dal bianco al grigio scuro.
2. La dimensione dovrà essere commisurata alla grandezza dell'esercizio e all'area a disposizione e non potrà occupare più del 50 % della superficie scoperta di pertinenza esterna dell'esercizio.
3. Qualora tali manufatti insistano su area pubblica sarà necessario richiedere la necessaria concessione di suolo pubblico.
Art. 8 - Strutture temporanee a servizio di manifestazioni
1. Il termine di validità dell’autorizzazione per strutture temporanee a servizio di manifestazioni (esposizioni, mostre, fiere, feste, iniziative culturali, sociali, religiose, politiche, sportive) è limitato alla durata della manifestazione che deve essere predefinita e certa.
2. Le strutture temporanee a servizio di manifestazioni di durata inferiore ai sessanta
giorni consecutivi non sono soggette ad autorizzazione amministrativa ma a semplice comunicazione con indicazione dei termini di inizio e fine della manifestazione.
Art. 9 - Documentazione e garanzie
1. Chiunque intenda realizzare strutture temporanee soggette ad autorizzazione, deve presentare al Comune la documentazione sotto elencata:
a) domanda a firma del richiedente e del proprietario dell’area contenente dichiarazione di impegno a rimuovere, alla scadenza del termine di validità dell’autorizzazione i manufatti temporanei e ricondurre in pristino l’originario stato dei luoghi;
b) planimetria di zona in scala 1:1.000 o 1:2.000;
c) rappresentazione grafica del manufatto;
d) documentazione fotografica dei luoghi;
e) nulla osta della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici, ove occorrente;
3. Qualora il proprietario non vi provveda spontaneamente il Sindaco può emettere apposita ordinanza che disponga la rimozione della struttura e, in caso di inadempienza dell'interessato, può provvedere d'autorità a spese del medesimo.
Art. 10 - Sanzioni
1. Nel caso di omessa o tardiva richiesta della prescritta autorizzazione è applicata la sanzione amministrativa di € 1.000.
2. Le strutture temporanee autorizzate ai sensi del presente Regolamento che, non rimosse entro i termini stabiliti nel provvedimento autorizzatorio e che quindi hanno perso il carattere di temporaneità, sono considerate a tutti gli effetti come prive di titolo abilitativo, e soggette, quindi, al regime sanzionatorio di cui al titolo VIII della L.R. 1/2005.
ALLEGATO III
“CRITERI INTERPRETATIVI ED APPLICATIVI DI NORME VIGENTI IN MATERIA EDILIZIA ED URBANISTICA”
Art. 1 – Ambito di applicazione
1. Gli interventi edilizi come definiti agli articoli 78-80 della L.R. 1/2005 devono essere applicati in base ai criteri interpretativi stabiliti ai successivi articoli da 2 a 11.
1. Le destinazioni d'uso richiamate all'art. 59 della L.R. 1/2005 devono rispondere ai criteri interpretativi stabiliti ai successivi articoli da 12 a 14.
SEZIONE I - INTERVENTI EDILIZI
Art. 2 – Interventi sul patrimonio edilizio esistente
1. Gli interventi sul patrimonio edilizio esistente si distinguono in interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, in interventi di restauro e risanamento conservativo e in interventi di ristrutturazione edilizia, interventi pertinenziali, interventi di ristrutturazione urbanistica e di sostituzione edilizia.
Art. 3 - Interventi di manutenzione ordinaria
1. Si considerano interventi di manutenzione ordinaria le opere di riparazione e sostituzione parziale delle finiture degli edifici e le opere necessarie a mantenere in efficienza gli impianti tecnologici, come definiti alla parte II “Definizioni di elementi costitutivi o di corredo delle costruzioni” dell'Allegato I “Glossario” al presente Regolamento Edilizio, se già esistenti.
2. Gli interventi di manutenzione ordinaria non possono comunque comportare modificazioni o alterazioni dei tipi dei materiali, delle forme esistenti e delle coloriture negli edifici vincolati, classificati o all'interno dei centri storici. In particolare, sugli edifici e le aree vincolate o tutelate dagli strumenti urbanistici generali e attuativi, tali interventi non devono pregiudicare eventuali futuri interventi di restauro. Per tutti gli altri edifici è ammessa la modifica della coloritura sulla base di una gamma di colori messa a disposizione dall'Ufficio Urbanistica Comunale e validata dallo stesso ufficio.
3. Per gli edifici industriali costituiscono inoltre interventi di manutenzione ordinaria quelli definiti come tali dalla Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n. 1918 del 06.11.1977.
Art. 4 - Interventi di manutenzione straordinaria
1. Sono da considerare manutenzione straordinaria le seguenti opere, quando siano eseguite con materiali, caratteri o colori diversi da quelli esistenti:
- rifacimento e sostituzione del manto di copertura;
- rifacimento e sostituzione di intonaci interni ed esterni o coloriture esterne;
- rifacimento e sostituzione degli infissi esterni;
- rifacimento e sostituzione dei pavimenti o rivestimenti interni ed esterni;
- rifacimento e sostituzione di elementi architettonici di finitura (inferriate, cornici, zoccolature, soglie e gradini, ecc.);
- rifacimento e sostituzione delle sistemazioni esterne (pavimentazioni, cancellate, cancelli, recinzioni, muri di sostegno, ecc.).
2. Sono, inoltre, da considerarsi interventi di manutenzione straordinaria le seguenti opere:
- rifacimento o installazione di materiali di isolamento ed impermeabilizzazione;
- rifacimento o installazione di impianti di riscaldamento o raffreddamento;