Servizi infragruppo: come orientarsi tra "cost contribution" e "service agreement"
Servizi infragruppo: come orientarsi tra "cost contribution" e "service agreement"
di Xxxxxxxx Xxxxxx Commissione fiscalità internazionale Ordine Dottori Commercialisti di Bologna, Dottore commercialista e revisore dei conti
- Studio Maiese/Partner ACB Group, Membro International fiscal association
A&F N. 15/2005, Pag. 21
Premessa
La prassi internazionale conosce due tipi contrattuali principali per regolamentare i servizi infragruppo (1). Il primo, denominato "contratto di condivisione di costi" (cost contribution agreement, di seguito anche indicato con C.C.A.), rappresenta un accordo quadro con il quale una pluralità di imprese mette in comune risorse al fine di ripartire i costi ed i rischi relativi allo sviluppo, alla produzione o all'acquisto di beni, servizi o diritti, per trarne vantaggi economici reciproci proporzionati ai rispettivi contributi (2).
Con particolare riferimento ai servizi, tipicamente, il CCA trova spazio allorché la casa madre costituisce una struttura centrale sproporzionata rispetto alle sole sue esigenze, ma giustificata alla luce del complessivo fabbisogno del gruppo. Pertanto, le più snelle società controllate devolvono, con cadenza annuale, proprie risorse per il mantenimento dei reparti comuni. (3)
Sotto l'aspetto civilistico il contratto in oggetto è assimilabile al mandato (art. 1703, c.c.) collettivo senza rappresentanza gratuito: la capogruppo (mandataria) si obbliga a compiere un investimento nell'interesse e per conto della pluralità delle società partecipanti all'accordo (mandanti).
Tale tipologia contrattuale si differenzia dal service agreement (contratto per la prestazione di servizi, di seguito indicato anche con il termine S.A.), con il quale, più semplicemente, la società controllata remunera la controllante - in genere a posteriori - per una serie di servizi che riceve. (4)
Inerenza dei servizi infragruppo
L'Amministrazione finanziaria, a prescindere dalla formula contrattuale utilizzata, guarda con sospetto alle prestazioni di servizi infragruppo (5), poiché esse non solo possono costituire un mezzo per dirottare materia imponibile da uno Stato all'altro, ma anche per occultare vere e proprie distribuzioni di utili transfrontaliere, aggirando l'applicazione della ritenuta in uscita da parte del nostro Paese (6).
In particolare, gli organi accertatori, prima di addentrarsi sul terreno assai scivoloso - per stessa ammissione del Fisco (7) - della verifica di congruità del quantum del corrispettivo, appuntano a lungo la propria attenzione sulla questione pregiudiziale dell'inerenza del costo.
A questo proposito, in conseguenza del fatto che in sede di verifica spetti al contribuente fornire la dimostrazione positiva dell'inerenza del costo e non all'Amministrazione finanziaria, l'onere di confutarla risponde ad un principio di portata generale. Per questa particolare tipologia di costi, tuttavia, proprio in ragione della diffidenza con cui sono trattati, l'onere della prova è da un lato minutamente specificato, dall'altro particolarmente arduo.
Di fatto, gli organi accertatori testano il principio dell'inerenza dei servizi infragruppo secondo tre diversi parametri, appurando nell'ordine:
1) se la prestazione è effettivamente stata erogata;
2) se risponde ad un effettivo interesse della controllata;
3) se la controllata ne ha tratto un effettivo vantaggio.
Effettiva erogazione
La prima condizione per l'inerenza è basata sul fatto che il relativo servizio sia effettivamente stato erogato (8). E' vero, infatti, che la mera disponibilità ad effettuare la prestazione - a "semplice richiesta" della società controllata - rappresenta di per sé un servizio foriero di una propria utilità, tuttavia, l'utilità dei servizi meramente potenziali non ha ancora trovato il riconoscimento della prassi ministeriale, ligia al cliché dell'effettiva erogazione e comunque giustifica un corrispettivo sensibilmente inferiore rispetto a quello di un servizio fruito con continuità. La "regolarità o meno delle prestazioni", infatti, è esplicitamente menzionata dalla Cm. n. 32 del 22 settembre 1980 come uno dei fattori rilevanti ai fini della verifica di congruità del compenso.
Occorre, inoltre, sottolineare il fatto che l'Amministrazione finanziaria ha il vantaggio di valutare l'inerenza di questi costi "con il senno del poi", in ipotesi a distanza di anni dalla stipulazione del contratto. Il fatto che entro tale lasso di tempo i servizi oggetto del contratto non siano mai stati erogati tradirebbe la loro sostanziale inutilità per la controllata e, nella migliore delle ipotesi, legittimerebbe una rettifica del relativo corrispettivo. (9)
Dai contratti, dunque, andrebbero sicuramente espunti quei servizi di cui la società controllata sa in anticipo che non beneficerà, anche per evitare pericolose implicazioni penali (10).
Quelli di cui beneficerà saltuariamente, invece, dovrebbero essere classificati separatamente, come servizi potenziali "a richiesta".
Per tali servizi, infatti, è ammessa la corresponsione di un corrispettivo che, però, dovrà necessariamente essere contenuto. In tale ipotesi, in particolare, esso non potrà eccedere il costo che la società sosterrebbe se, negli sporadici casi di necessità, si rivolgesse ad un terzo.
Gli organi accertatori, inoltre, sono soliti esigere la prova, invero "diabolica", dell'effettiva erogazione (11) alla singola società controllata anche con riferimento ai servizi generali. (12). Benché la pretesa sembri piuttosto pretestuosa - i servizi generali sono per definizione erogati nei confronti di tutto il gruppo e quindi di nessuna società in particolare - essa trova un'eco anche nella giurisprudenza di Cassazione (13) e nei principi OCSE: "C'è un maggiore rischio di doppia imposizione in virtù del fatto che potrebbe essere più difficile (..omissisà) per il fruitore del servizio (comune, ndr.) beneficiare della deduzione per il compenso corrisposto se non è in grado di dimostrare che i servizi sono stati forniti" (14).
La scelta di centellinare il riferimento ai servizi generali, dunque, non sarebbe dettata, tanto dalla conclamata indeducibilità dei relativi costi, quanto dall'esigenza cautelativa di minimizzare il rischio di contenzioso.
Per il resto, la prova dell'effettiva erogazione è, delle tre condizioni sopra citate, quella meno legata al contratto: essa costringerà la
società, durante l'erogazione dei servizi, a conservare gelosamente la documentazione attestante che le pattuizioni non sono rimaste disapplicate, anche sollecitando la collaborazione della capogruppo estera. L'esperienza insegna che in alcuni gruppi - a maggior ragione in quelli "chiusi" non pungolati da vigili minoranze - i rapporti e le prestazioni interne si svolgono in assenza di formalità, muovendo dalla considerazione che esse si esauriscono all'interno di uno stesso soggetto economico. Tale assunto vale sicuramente sotto il profilo civilistico, ma sotto quello fiscale è vero l'esatto contrario: poiché l'Amministrazione finanziaria presuppone che le pratiche di "travaso di materia imponibile" da una società all'altra trovino il loro "terreno di coltura ideale" all'interno dei gruppi societari, è necessario un supplemento di formalità per scardinare questo pregiudizio.
Biglietti aerei, fatture di vitto e alloggio dei trasfertisti stranieri, ma anche le relazioni ed i rapporti inviati dalla capogruppo estera sono tutti indizi preziosi delle funzioni del soggetto estero. Quanto a questi ultimi documenti (relazioni e rapporti), il flusso di informazioni cui l'Amministrazione finanziaria è più sensibile è quello che proviene dall'estero verso l'Italia e non viceversa. In particolare, è stato chiarito che le attività di analisi/controllo rilevano solo a condizione che la società controllata sia messa al corrente degli esiti. (15) I gruppi più strutturati, peraltro, a fronte di cospicui costi da riaddebitare, si spingono ad incaricare un soggetto indipendente di stilare una relazione pro veritate sui servizi resi dalla controllante.
Rispondenza ad un concreto interesse
Il servizio soddisfa un concreto interesse della società controllante quando quest'ultima è in grado di dimostrare che in assenza del medesimo servizio si sarebbe rivolta a terzi indipendenti sostenendo comunque un costo.
Tale definizione esclude tanto i servizi per i quali la società "cliente" non manifesterà alcun bisogno quanto quelli che danno già origine ad un costo deducibile.
Per quanto attiene i primi, si osserva che mettere sullo stesso piano servizi che saranno effettivamente resi (pochi) con quelli che resteranno sulla carta (molti), tramite un'elencazione rituale e standardizzata, è controproducente, perché a posteriori minerebbe la credibilità dell'intero contratto. La lista dei servizi, dunque, va ridotta al minimo per dare al contratto una veste quanto più sobria possibile. La duplicazione, invece, dovrebbe essere evitata sia rispetto ai servizi che rientrano nelle mansioni già coperte da personale interno sia rispetto a quelli delegati a consulenti esterni, per i quali l'Amministrazione finanziaria può facilmente rilevare l'infrazione sulla scorta dei documenti contabili (fatture ricevute) della società. In particolare, sarà difficile perorare l'avvenuta esternalizzazione oltre confine dei servizi afferenti l'area legale/fiscale, essendo imperniati sulla conoscenza dell'ordinamento e della prassi nazionale (16). Al più, l'attività della capogruppo estera potrebbe cumularsi a quella del consulente locale in alcuni casi isolati (17).
La prestazione del soggetto "fornitore", inoltre, non deve costituire un mezzo per alleggerire la società estera da un carico di costi fissi che sosterrebbe in ogni caso. Sotto questo aspetto occorre prestare particolare attenzione ai cosiddetti "costi dell'azionista", sostenuti dalla controllante nella veste di capogruppo. Il riaddebito di tali costi non è deducibile, poiché le funzioni di supervisione latu sensu sono connaturate allo status di società controllante e rispondono solo di riflesso all'interesse della controllata (18). Un gruppo di imprese, infatti, è tale solo se risponde a principi omogenei di gestione e persegue obiettivi unitari (19): i costi di coordinamento delle attività globali, pertanto, si riferiscono al reddito della capogruppo (da cui solo possono essere dedotti) e diventerebbero non inerenti (e non deducibili) se venissero "ribaltati" a valle (20). Anche l'attività legata all'elaborazione di piani e rapporti finanziari e commerciali attinenti le società del gruppo, nonché l'attività di controllo delle performance delle controllate, secondo l'Amministrazione finanziaria (21), rientrano tra le prerogative naturali della controllante. (22)
Ciascuna società, nella veste di fruitrice del servizio, dovrebbe operare esclusivamente in nome e per conto proprio. Pertanto, è da censurare la prassi, riscontrabile soprattutto nei contratti riguardanti le sub-holding italiane, di dichiarare che la società agisce nell'interesse dell'intera sezione (italiana) del gruppo.
Tale clausola equivale ad enunciare la non inerenza, parziale o totale, del costo sostenuto rispetto al reddito della sub-holding. Se, infatti, una parte delle spese addebitate dalla capogruppo estera viene sostenuta per conto di altre società, solo queste ultime potranno dedurre il relativo costo una volta che la sub- holding abbia a sua volta esercitato la rivalsa.
Per altro verso, è opportuno che, accanto ad un piccolo compenso fisso per remunerare la generica disponibilità della capogruppo ad erogare i servizi oggetto del contratto, la parte principale del corrispettivo sia fatturata a posteriori, in base a richieste notificate dalla controllata (anche tramite una semplice e-mail), indicando i termini del problema ed il tipo di intervento richiesto. Il servizio, infatti, sarà più facilmente considerato rispondente ad un concreto interesse della controllata se è connesso alla manifestazione di uno specifico bisogno
(23) .
Conseguimento di un beneficio effettivo e diretto
Se di norma, ai fini del requisito dell'inerenza, è sufficiente la dimostrazione che il costo è sostenuto e collegato all'attività esercitata, per i servizi infragruppo la prassi ministeriale richiede una prova ulteriore. La società è tenuta a dimostrare anche di aver tratto dal servizio un vantaggio reale, preferibilmente misurabile in termini di maggiori ricavi o minori costi di gestione. (24) Il vantaggio, inoltre, deve essere diretto (25): non è tale quello che investe la platea delle società appartenenti al gruppo riflettendosi sulla singola affiliata. Anche per questa via, dunque, l'inclusione nel contratto dei servizi amministrativi e generali e di quelli propri dell'azionista si conferma foriera di complicazioni.
Si noti, infine, che il parametro in esame rappresenta l'anello di congiunzione tra l'inerenza (deducibilità o meno del costo) e la congruità (quanta parte del costo è deducibile), poiché la specificazione de "la natura e l'ampiezza dei benefici attesi da ciascun partecipante" è anche il principale criterio di imputazione del costo complessivo (26):
Verifica di congruità
Una volta data la dimostrazione dell'inerenza (rispetto ai tre parametri predetti), occorre provare che il quantum dell'addebito è congruo. La snellezza e la semplicità organizzativa della controllata - in sé insindacabili riflesso di un'insindacabile scelta imprenditoriale - giustificano sicuramente la dipendenza della società da fornitori di servizi esterni. Non legittimano, però, il ricorso come fornitore esterno rispetto alle altre società del gruppo, salvo che queste non operino a condizioni concorrenziali.
L'entità del corrispettivo, pertanto, può essere rettificata tutte le volte in cui non sia in linea con i prezzi di mercato. L'importo addebitato, anzi, il più delle volte dovrà essere inferiore rispetto ai prezzi di mercato. Secondo l'Agenzia delle Entrate, infatti, la controllante, a differenza di un terzo indipendente, deve rinunciare a qualsiasi margine sui costi sostenuti se il servizio reso non forma oggetto dell'attività istituzionale dell'impresa prestatrice (27) e, in ogni caso, se rientra nell'ambito di un contratto di suddivisione dei costi (28).
Conseguenza diretta di questo orientamento restrittivo è che la maggior parte delle volte, nell'esame di congruità, i metodi tradizionali, sia principali (confronto del prezzo, prezzo di rivendita, cost plus) sia alternativi (metodo della redditività del capitale investito, dei margini lordi del settore economico, della ripartizione dei profitti globali), postulando il conseguimento di un profitto, saranno relegati ad un ruolo marginale, mentre la verifica sarà imperniata attorno alla ricognizione del costo sostenuto dalla controllante.
Più precisamente, l'importo massimo addebitabile sarà identificato nel minore tra il costo sostenuto dalla controllante ed il vantaggio incrementale procurato alla controllata. Sotto questo aspetto, la capogruppo dovrà tenere memoria dei tempi e del numero di risorse dedicate alla risoluzione del problema della controllata in un apposito prospetto. (29) A fine esercizio essa invierà una fattura riepilogativa dei servizi effettivamente erogati, con allegato il prospetto, addebitando i soli costi sostenuti. Ovviamente, la ricostruzione del costo dei servizi sconterà tutte le imprecisioni proprie di una scienza imperfetta qual è la contabilità analitica: fortunatamente, tali difficoltà sono riconosciute dalla stessa Amministrazione finanziaria, che, opportunamente, si accontenta di una "ricostruzione approssimativa del costo del servizio" (30). Nel giustificare il costo addebitato, la capogruppo potrà far riferimento non solo ai costi diretti ma anche a quelli indiretti
(31) sostenuti in proprio. Sarebbe opportuno, però, almeno per i costi principali, allegare alla fattura periodica un estratto delle sue scritture contabili che ne comprovi l'effettività.
Un'esemplificazione delle singole voci rilevanti per ricostruire il costo complessivo è contenuta nel primo rapporto OCSE. (32) Peraltro, il testo nulla aggiunge rispetto ad una definizione di "costo pieno" intuitiva sulla base di semplici rudimenti di contabilità analitica.
L'Amministrazione finanziaria non ha mai fatto mistero della propria predilezione per questo criterio di imputazione del costo (33). Solo quando l'opzione della ricostruzione puntuale del costo si rivela impraticabile, imponendo aggravi amministrativi sproporzionati, è tollerato come extrema ratio il ricorso a chiavi di riparto. A patto, però, che queste siano razionali e riflettano il vantaggio conseguito da ciascun fruitore del servizio (34).
Per quanto attiene la razionalità, una volta raggruppati i servizi in categorie omogenee (35), si dovrebbe assegnare partitamente a ciascuna di queste categorie un proprio costo ed un autonomo criterio di imputazione (36): E' di tutta evidenza, infatti, che una imputazione ancorata al numero di dipendenti impiegati dalla controllata rispetto al numero totale di dipendenti della divisione può essere considerata razionale rispetto ad una certa tipologia di costi (ad esempio, spese di addestramento del personale) ed irrazionale rispetto ad una tipologia diversa (ad esempio, consulenza in materia finanziaria).
Quanto al vantaggio conseguito, il contratto non dovrà limitarsi ad un richiamo a finalità generiche, quali "consentire alla controllata di mantenere una struttura semplificata" o "facilitarne la gestione". Al contrario, dovranno essere identificate le specifiche aree funzionali lasciate sguarnite dagli organici della società controllata (ad esempio: Risorse Umane, Information Technology, Finanza d'impresa), soffermandosi sulla ratio economica della scelta di avvalersi delle strutture centralizzate (ad esempio, conseguimento di economie di scale o di scopo, eliminazione di sacche di inefficienza) ed adducendo dati o fatti che confermano l'esternalizzazione (ad esempio, eventuali recenti riduzioni degli organici). (37) Tutte le volte in cui il vantaggio, non presentando connotati esclusivamente qualitativi, sia quantificabile, esso stesso identificherà il limite massimo del costo riaddebitato (38).
Nei fatti, l'utilizzo delle chiavi di riparto sarà più frequente per taluni service agreements aventi per oggetto servizi generali e per i contratti di suddivisione di costi, che per definizione sono riferiti a strutture centralizzate di interesse comune. Per questi ultimi, inoltre, l'onere della prova risulta appesantito dall'obbligo di fornire talune indicazioni aggiuntive. Sia i principi OCSE sia la Cm. n. 32/1980, infatti, richiedono, quali elementi essenziali dell'atto, la lista di tutte le società partecipanti all'investimento e, per ciascuna, la percentuale di ripartizione del costo complessivo ed i criteri di imputazione utilizzati. (39)
La congruità dell'importo addebitato alla società controllata, pertanto, nell'ambito di questi contratti, è sinonimo di coerenza rispetto ad addebiti praticati e servizi resi a ciascuna delle altre partecipanti.
Conclusioni
Le considerazioni che precedono consentono di evidenziare come per i servizi infragruppo transfrontalieri la collocazione della deducibiltà del costo sulle due "architravi" dell'inerenza e della congruità non possa essere lasciata al caso, ma debba essere oggetto di cure e attenzioni particolari.
Si può sottolineare, inoltre, che C.C.A. e S.A., pur rappresentando due "abiti giuridici" adatti alla stessa occasione, non sono interscambiabili. Ciascuno dei due termini evoca un distinto tipo contrattuale ormai ampiamente codificato nella prassi tributaria nazionale ed internazionale, con la conseguenza che innanzi ad un contratto qualificato, ad esempio, come C.C.A., l'Amministrazione finanziaria adopera un determinato metro di giudizio e si aspetta di trovare certe caratteristiche e non altre.
Così, il ricorso allo schema del C.C.A. non ha senso quando l'importo dei servizi è modesto rispetto al totale dei costi sostenuti dalla controllante, perché costringe a tarare la complessità del contratto sull'importo dei costi da allocare, piuttosto che sul valore dei servizi destinati alla controllata. (40)
Similmente, se la capogruppo intende articolare i propri rapporti con le controllate su una serie di semplici contratti bilaterali, sprovvisti di qualsiasi collegamento negoziale, dovrebbe preferire la veste giuridica più duttile del service agreement.
Al contrario, la scelta del cost contribution agreement può rivelarsi obbligata a fronte di investimenti di cui si coglieranno i frutti solo nel lungo periodo o di quelli che interessano l'intero gruppo, perché è l'unica che permette di dare la prova della congruità del corrispettivo non solo in termini assoluti ma anche relativi e comparati, come richiesto dall'Amministrazione finanziaria.
La regola aurea per una corretta regolamentazione di questi servizi, dunque, è il compimento di una scelta di campo chiara per una soltanto delle due tipologie contrattuali, in ossequio alle peculiarità della fattispecie concreta.
La prima fonte di incomprensioni con l'Amministrazione finanziaria, infatti, consiste proprio nelle commistioni troppo disinvolte tra gli elementi propri del C.C.A. e quelli dell'S.A., che spesso i contratti in rassegna denunciano sin dalla denominazione.
Note:
(1) Sotto il profilo sistematico, la questione della deducibilità dei costi per servizi infragruppo transfrontalieri può essere ricondotta a quella più ampia dei "prezzi di trasferimento", oggetto dell'art. 9 (Imprese associate) del Modello di Convenzione OCSE. Proprio per chiarire la portata applicativa di tale articolo e "le varie metodologie che possono essere seguite per rettificare gli utili nel caso in cui le operazioni
abbiano avuto luogo a condizioni diverse da quelle applicabili a situazioni di libera concorrenza (Commentario all'art. 9 del Modello
OCSE )", l'OCSE ha diramato nel corso degli anni tre diversi rapporti. L'ultimo in ordine cronologico (OECD, "Transfer pricing guidelines for multinational enterprises and tax administrations", 1995) dedica un capitolo ciascuno rispettivamente alle prestazioni di servizi infragruppo (Cap. VII) e agli accordi per la condivisione dei costi (cost sharing agreements o cost contribution agreements, Cap. VIII). Cfr. X. Xxxxxxx, "Il transfer pricing", in Corso di diritto tributario internazionale, coordinato da X. Xxxxxx, Xxxxx, 2002.
(2) Cfr. M. Piazza, Guida alla fiscalità internazionale, 2004, Il sole 24 ore, pagg. 1142 e ss.. Una definizione dell'OCSE di C.C.A. è
contenuta nel par. 8.3, Cap. VIII, del rapporto del 1995 citato.
(3) Il rapporto OCSE del 1995 menziona esplicitamente tra le possibili finalità di un C.S.A.: "mettere in comune risorse per l'acquisto di
servizi centralizzati", Cap. VIII, par. 8.7, traduzione dell'Autore.
(4) Tra i tipi contrattuali meno diffusi per la regolamentazione dei servizi infragruppo merita almeno una segnalazione il cost bearing agreement (CBA), utilizzato soprattutto per l'acquisto da parte del gruppo di beni immateriali. In esso l'investimento iniziale è sopportato da una sola società (cost bearer) che in un secondo momento, sulla base di contratti di licenza, concede unicamente i diritti di godimento
sul bene alle altre società del gruppo. Questi accordi comportano un rientro dell'investimento molto diluito nel tempo e rispetto al cost
sharing (in cui la proprietà dell'investimento è ab origine acquisita pro quota da tutte le partecipanti) l'ordinaria applicazione delle ritenute in uscita sui canoni da parte dello Stato ove la licenziante è ubicata. Si veda la relazione resa dal panel di esperti composto da Xxxxxxxxxxxx, Xxxxxx, Xx Xxxxxxx, Xxxx, Xxxxx, Xxxx, Thiria, nell'ambito del congresso annuale dell'International fiscal association, tenutosi a San Xxxxxxxxx il 3 ottobre 2001, nell'ambito del seminario "Cost sharing practises for development of intangibles". Gli atti del congresso sono stati pubblicati in Cahiers de Droit Fiscal International.
(5) Questi timori, che, in verità, accompagnano anche le cessioni transfrontaliere di beni materiali, si acuiscono quando, passando per le
cessioni di beni immateriali, si giunge alle prestazioni di servizi, in virtù della crescente evanescenza ed intangibilità di queste ultime operazioni.
(6) Cfr. X. Xxxxxxxxxx, "Prestazioni di servizi infragruppo e deducibilità dei costi", in Il Fisco, n. 40/1996.
(7) Si veda la Cm. n. 32/1980.
(8) Nei principi OCSE l'effettività del servizio è addirittura considerata sinonimo dell'inerenza: "Due sono le questioni che si pongono con riferimento all'esame del prezzo di trasferimento per i servizi infragruppo. Una questione è se i servizi infragruppo sono davvero stati erogati. L'altra è quale dovrebbe essere il corrispettivo addebitato ai fini fiscali, in conformità al principio del valore normale" (OECD,
"Transfer pricing guidelines for multinational enterprises and tax administrations", 1995, par. 7.5, traduzione dell'Autore).
(9) In questo senso anche il rapporto OCSE, secondo cui "è improbabile che un'impresa indipendente sosterrebbe costi per la mera disponibilità del servizio (stand by charges, ndr.) allorché il bisogno del servizio è remoto, l'utilità di disporre di questi servizi a richiesta è trascurabile o allorché i servizi a richiesta potrebbero essere ottenuti tempestivamente da altre fonti a prescindere da accordi aventi per
oggetto la semplice disponibilità del servizio" (rapporto OCSE del 1995, par. 7.17, traduzione dell'Autore).
(10) Con l'introduzione della nuova normativa penale tributaria, il legislatore ha previsto il delitto di dichiarazione fraudolenta (art. 2, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74), in base al quale è punito colui che indica in dichiarazione elementi passivi fittizi avvalendosi anche di altri documenti per operazioni inesistenti. L'art. 1, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 74/2000, afferma che per fatture o altri documenti per
operazioni inesistenti si intendono quei documenti emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i
corrispettivi o l'imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero, che riferiscono l'operazione a soggetti diversi da quelli effettivi. Si veda: E. Mastrogiacomo, "La falsificazione degli oneri deducibili e detraibili", in Il fisco, n. 27/2004.
(11) La questione ha suscitato un vivace dibattito sviluppatosi soprattutto riguardo alla fattispecie contigua ed esplicitamente prevista dal
Modello OCSE (art. 7, par. 3) dell'imputazione delle spese generali ed amministrative (c.d. spese di regia) alla stabile organizzazione italiana da parte della casamadre non residente. Si vedano, ad esempio, la relazione del SECIT n. 60 del 17 luglio 1995 e la circolare n. 271/1997.
(12) Per servizi generali si intendono quelli che manifestano la propria utilità nei confronti dell'intera divisione e non solo nei confronti della
società controllata.
(13) Sentenza n. 14016 del 13 luglio 1999 (contra la n. 10062 del 17 maggio 2000). Si confronti sul punto anche X. Xxxxxxx, "Spese di regia: la Corte di Cassazione si pronuncia", in Amministrazione & Finanza, n. 10/2002. Nella sentenza n. 3861 del 15 marzo 2002, invece, sembra addirittura adombrato il principio per cui i costi generali sostenuti dalla controllante non sarebbero deducibili dalla controllata, in
quanto società giuridicamente autonoma, dal cui potere decisionale tali costi non dipendono. Anche queste sentenze hanno per oggetto la fattispecie dell'imputazione delle spese di regia alla stabile organizzazione italiana da parte della casa madre estera. Si veda anche la nota 7.
(14) OCSE, rapporto del 1995, Cap. VII, par. 7.27, traduzione dell'Autore. Il precedente rapporto del 1979, invece, evidenziava la difficoltà
di dimostrare, per i servizi generali, il requisito del conseguimento di un vantaggio effettivo: "Quando è l'organizzazione centrale ad affrontare delle spese a beneficio dell'insieme del gruppo, sarà spesso assai difficile determinare se i differenti membri del gruppo ne hanno ricavato un reale vantaggio", OCSE, rapporto del 1979, Cap. IV, par. 153.
(15) Cm. n. 32/1980.
(16) Esempi di questo tipo di prestazioni di servizi potrebbero essere i seguenti: consulenza nella redazione della dichiarazione fiscale annuale, consulenza fiscale in materia contrattuale, di contenzioso tributario, consulenza in merito ad operazione straordinarie (fusione, scissione, liquidazione, etc.), assistenza durante le verifiche fiscali svolte dall'Amministrazione finanziaria nazionale, preparazione delle
minute delle riunioni del consiglio di amministrazione, informazioni, riguardanti gli aspetti nazionali ed internazionali del diritto societario.
(17) Ci si riferisce a questioni che, riguardando la politica fiscale/legale dell'intero gruppo, si prestino ad essere "orchestrate" dal centro ed eseguite, con i dovuti adattamenti, in periferia (ad esempio, la determinazione dei prezzi di trasferimento per l'intero gruppo), oppure all'ipotesi, esplicitamente prevista dall'ultimo rapporto OCSE, in cui su materie particolarmente complesse si desideri acquisire un doppio
parere.
(18) Cfr. il rapporto OCSE del 1979, secondo cui "uno dei criteri utilizzati per decidere se questo genere di servizio potrà a buon diritto
essere fatturato ai membri del gruppo sarà il carattere diretto o indiretto del vantaggio", Cap. IV, par. 157.
(19) Cfr. G. D'Xxxxxxx, "Service agreement e transfer pricing", in Il Fisco, n. 13/2004.
(20) Una spia dello svolgimento da parte della controllante delle descritte funzioni dell'azionista può essere l'indicazione, in conformità ai
nuovi obblighi civilistici di pubblicità imposti dall'art. 2497-bis e ss., c.c., di tale società come quella preposta all'attività di direzione e coordinamento sulla controllata.
(21) Si veda la Cm. n. 32/1980, Cap. VI, par. 2. Più permissivo, invece, l'OCSE, che, nell'ultimo rapporto, ha ridimensionato l'ampia
categoria dei costi dell'azionista individuata con il rapporto del 1984, distinguendo al suo interno tra costi di direzione (stewardhip costs, deducibili anche dalle controllate) e costi dell'azionista (shareholder costs).
(22) A titolo esemplificativo, altri servizi "a rischio" che spesso si incontrano nella prassi professionale sono quelli di coordinamento del
gruppo, di gestione dei rapporti del gruppo con il sistema bancario, assistenza nell'adempimento degli obblighi di informare la società madre, assistenza in merito all'uso dei sistemi di contabilità imposti dalla casa madre, consulenza nella comunicazione dei dati finanziari e contabili richiesti dal mercato finanziario sul quale la capogruppo è quotata, adeguamento ai principi contabili internazionali applicati solo dalla controllante.
(23) In questo senso, esplicitamente il rapporto OCSE del 1995, Cap. VII, par. 7.8, traduzione dell'Autore.
(24) Xxxxxxxx, pur sottolineando come nella generalità dei casi il vantaggio debba essere effettivo, il rapporto OCSE del 1979, Cap. IV, par.
151, stabilisce che "all'occorrenza, si potrà ammettere che un servizio ha procurato un vantaggio reale se al momento in cui è stato reso, ci si aspettava che fosse utile all'altra impresa, anche se il potenziale vantaggio atteso non si è poi in pratica realizzato".
(25) "Da un punto di vista generale, una deduzione a fini fiscali non si giustificherà se un'impresa associata non ricava che un vantaggio
indiretto o lontano", OCSE, rapporto del 1979, Cap. IV, par. 153.
(26) Conformemente anche il rapporto OCSE del 1995, al par. 8.9.
(27) Quanto ai service agreement, testualmente, secondo l'Amministrazione finanziaria: "relativamente al margine di utile a favore della
consociata prestatrice del servizio si conviene, in linea generale, sul suo riconoscimento solo relativamente a quei servizi che costituiscono l'oggetto principale della sua attività" (Cap. VI, par. 5, Cm. n. 32/1980).
(28) Parimenti, per i cost contribution agreement "sarà ritenuta inammissibile la quota di contribuzione di ciascuna consociata corrisposta
quale margine di utile per la società capogruppo e ciò in quanto la distribuzione dei costi non è oggetto della sua attività istituzionale" (Cap. VI, par. 6, Cm. n. 32/1980).
(29) Sul punto si veda anche: F. Lorcet, "Rapporti di "service infragruppo": attività di accertamento tributario e corretta regolamentazione
del rapporto", in Il Fisco, n. 25/2003. Per altro, non necessariamente la redazione del prospetto rappresenterà un aggravio amministrativo per la capogruppo: in molte multinazionali tali documenti sono redatti comunque per esigenze di controllo interno.
(30) Xx. x. 00/0000, Xxx. XX.
(31) "Il prezzo fatturato dovrebbe come regola generale, riflettere l'insieme dei costi diretti ed indiretti, poiché in una situazione di libera
concorrenza un prestatore di servizi indipendente si sforzerà di recuperare la totalità delle spese", rapporto del 1979, Cap. IV, par. 165.
(32) "I costi diretti sono quelli che si possono ricollegare ad un determinato servizio, come le retribuzioni dei dipendenti che sono direttamente incaricati di fornire questo servizio, le spese per il materiale e le forniture utilizzate direttamente per la prestazione del servizio. I costi indiretti sono quelli che non si possono ricollegare ad una particolare attività, ma che sono legati a i costi diretti come le
spese di riscaldamento, illuminazione, telefono, le spese afferenti l'occupazione di un locale (affitto e manutenzione degli edifici, spese
relative alla sorveglianza ed alla pulizia degli uffici) e come le altre spese generali del reparto che sopporta i xxxxx xxxxxxxxx. E' anche necessario includere tra i costi indiretti una parte appropriata delle spese dei reparti connessi e le altre spese generali ed amministrative nella misura in cui possono essere ragionevolmente imputate ad una determinata prestazione di servizio", OCSE, rapporto 1979, Cap. IV, par. 166.
(33) Concordi sul punto anche i principi OCSE: "Di solito per le amministrazioni finanziarie il metodo della ricostruzione del costo si rivela
di grande utilità pratica, perché consente di identificare con chiarezza il servizio reso e la base per il riaddebito". rapporto del 1995, Cap.
VII, par. 7.2.
(34) "Qualsiasi addebito deve essere fondato su un beneficio prevedibile con ragionevolezza ed identificabile. Qualsiasi imputazione indiretta dovrebbe riflettere le caratteristiche commerciali del caso specifico (il criterio di imputazione deve adattarsi al caso specifico), dare garanzie contro le manipolazioni, essere conforme a validi principi contabili ed essere in grado di produrre costi o imputazioni di costi
che siano proporzionali ai benefici attuali o ragionevolmente prevedibili del fruitore del servizio". OCSE, rapporto del 1995, Cap. VII, par.
23.
(35) Ad esempio: consulenza legale e contrattuale, consulenza finanziaria, consulenza commerciale, spese di pubblicità e di costruzione
della comune immagine di marca.
(36) In genere, il criterio di imputazione è pari al peso relativo (%) che un parametro della controllata (quale fatturato, numero di
dipendenti, numero di società operative controllate) assume rispetto al totale della divisione.
(37) Si veda sul punto, ancora, la relazione resa dal panel di esperti, nell'ambito del congresso annuale dell'International fiscal association
citato in precedenza.
(38) Si ponga il caso di una capogruppo che mette a disposizione dell'affiliata un servizio centralizzato di assistenza clienti telefonico,
consentendole di eliminare il proprio, con un risparmio di costi di 200.000 euro l'anno. L'importo del riaddebito non potrà comunque eccedere, per l'appunto, tale valore.
(39) L'Amministrazione finanziaria americana impone di segnalare l'adesione ad un CCA e la lista di tutte le altre società partecipanti
anche nella dichiarazione dei redditi, compilando un apposito quadro.
(40) Ipotizzando 1000 il costo complessivo e 20 il valore dei servizi fruiti dalla controllata, se si opta per un C.S.A., la congruità del valore pari a 20 non sarà valutata di per sé ma rispetto all'imputazione alle altre società partecipanti dei residui 980 (1000 - 20).