BASILEA 2
Fondazione Xxxx Xxxxxxx
BASILEA 2
ACCORDO PER LA TUTELA DELL’ADEGUATEZZA PATRIMONIALE DELLE BANCHE
1. Descrizione generale della disciplina e riflessi sulle imprese
Documento n. 5 del 1° febbraio 2005
Circolare
Xxx X. Xxxxxxxxx, 00 – 00000 Xxxx – tel.: 06/85.440.1 (fax 06/00.000.000) – C.F.:80459660587
xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx - xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx@xxxxxxx.xx
INDICE
Premessa Pag. 1
1. Panoramica sul nuovo accordo di Basilea | “ | 3 |
1.1. Il comitato di Basilea ed il primo accordo | “ | 3 |
1.2. Il nuovo accordo di Basilea (o Basilea 2) | “ | 4 |
1.2.1. Obiettivi e campo di applicazione | “ | 4 |
1.2.2. Struttura dell’accordo: i tre “pilastri” | “ | 4 |
1.2.3. Focus sul primo pilastro e sulla nuova normativa inerente al “rischio di credito” | “ | 5 |
2. Il rischio di credito | “ | 6 |
2.1. Principi generali | “ | 6 |
2.2. Fattori di ponderazione degli impieghi | “ | 9 |
2.3. Sistemi ammessi ai fini della ponderazione del rischio di credito | “ | 13 |
2.4. Correlazioni tra il disposto del nuovo accordo di Basilea ed altre | “ | 17 |
disposizioni normative, importanti nella evoluzione del rapporto | ||
banca-azienda | ||
3. Sistemi di rating | “ | 18 |
3.1. Fattori quantitativi | “ | 19 |
3.2. Fattori quali-quantitativi | “ | 20 |
3.3. Fattori qualitativi | “ | 20 |
4. La nuova istruttoria fidi in relazione alla dimensione aziendale | “ | 22 |
4.1. Impatto variabili quantitative | “ | 22 |
4.2. Impatto variabili quali-quantitative | “ | 23 |
4.3. Impatto variabili qualitative | “ | 23 |
5. Conclusioni | “ | 24 |
Allegato 1 | “ | 26 |
Allegato 2 | “ | 32 |
BASILEA 2
ACCORDO PER LA TUTELA DELL’ADEGUATEZZA PATRIMONIALE DELLE BANCHE
1. Descrizione generale della disciplina e riflessi sulle imprese
Premessa
La presente è la prima di una raccolta di circolari dedicate al cosiddetto Basilea 2.
Il 26 giugno u. s. è stata pubblicata sul sito della Banca dei Regolamenti Internazionali (Bank of International Settlements) la versione definitiva del nuovo accordo di Basilea. Sul medesimo sito (xxx.xxx.xxx) è disponibile, dal 22 novem- bre u.s., anche la versione italiana del documento, sotto il titolo “Convergenza inter- nazionale della misurazione del capitale e dei coefficienti patrimoniali”.
Il nuovo accordo costituisce la revisione del precedente accordo di Basilea, entrato in vigore nel 1988, e per questo è comunemente detto Basilea 2.
All’accordo di Basilea 2 il “Comitato di Basilea” lavora sin dal 1999 e l’entrata in vigore, che era originariamente prevista per il 1° gennaio 2004, è successivamente slittata al 1° gennaio 2007. Ciò testimonia la complessità della nuova normativa, che ha richiesto quasi 5 anni per essere messa a punto.
Il fatto che l’entrata in vigore sia prevista dal 1° gennaio 2007 non deve far pensare che ci sia ancora tanto tempo perché Basilea 2 produca i suoi effetti; infatti le nuove procedure devono essere sottoposte a tre anni di test prima dell’entrata in vigore e quindi le banche le stanno attivando sin dal 1° gennaio 2004.
Con l’avvicinarsi dell’entrata in vigore del nuovo accordo, sempre più spesso voci allarmistiche si levano a mettere in guardia circa le pesanti ripercussioni che l’ac- cordo stesso comporterebbe, in particolare verso le piccole e medio-piccole impre- se, che troverebbero crescente difficoltà nell’accesso al credito bancario.
Può sembrare strano che una normativa rivolta esclusivamente al sistema bancario possa creare tanta apprensione nei confronti delle imprese in generale, specie se si considera che si tratta di una revisione di un precedente accordo che vige da oltre quindici anni e di cui non si è mai sentito parlare in termini similari. Ciò è dovuto al fatto che la nuova normativa rende il risultato economico, che le banche possono realiz- zare, molto sensibile a certe caratteristiche dei soggetti finanziati.
Per questo il nuovo accordo può rappresentare fonte di preoccupazione per le imprese che non adegueranno lo stile di gestione e di relazione con il sistema bancario e, tuttavia, esso è al contrario una grande occasione per chi saprà muoversi opportunamente.
In relazione a ciò, la conoscenza del nuovo accordo di Basilea, ed in particolare di quel- le parti che investono direttamente il rapporto banca-azienda, risulta di grandissima importanza per il consulente aziendale, offrendogli nuove importanti opportunità di collaborazione qualificata. Il ruolo del professionista diventa infatti fondamentale per:
– aiutare l’azienda a stimare la valutazione di affidabilità (rating) che le banche potranno assegnare alla stessa azienda ai fini di Basilea 2;
– individuare le misure più opportune volte a migliorare la suddetta valutazione;
– mettere conseguentemente a punto un progetto organico di evoluzione gestio- nale ed affiancare il cliente nella relativa implementazione;
– assistere l’azienda nella individuazione della banca più coerente con le sue caratteristiche, avute presenti le opzioni dalla banca scelte ai fini di Basilea 2;
– aiutare il cliente nella comunicazione finanziaria al fine di valorizzare le caratte- ristiche positive ai fini del rating;
– affiancare il cliente nelle attività di negoziazione del miglior mix di finanzia- menti e/o relative condizioni realisticamente ottenibili alla luce della sua valuta- zione di affidabilità.
Lo scopo della raccolta di circolari dedicate dalla Fondazione Xxxx Xxxxxxx all’argo- mento è quella di fornire al professionista la conoscenza necessaria ad erogare con competenza ed efficienza i servizi sopraelencati, connessi alla evoluzione dell’ac- cordo di Basilea.
La materia che verrà illustrata dalle circolari è complessa ed articolata non solo per- ché il nuovo accordo di Basilea 2 è di per sè complesso ed articolato, ma anche perché esso è strettamente interconnesso con le molte altre importanti variazioni normative inerenti le modalità di costituzione, amministrazione, gestione e controllo delle azien- de. Le circolari in questione affronteranno quindi i seguenti aspetti:
1. una panoramica generale della normativa che servirà ad inquadrare organicamen- te la portata del cambiamento conseguente all’entrata in vigore del nuovo accordo;
2. i vari approfondimenti del cosiddetto “primo pilastro” ed in particolare della parte che è dedicata al “rischio di credito”, vale a dire di tutti quegli aspetti del nuovo accordo che hanno un impatto diretto e significativo sulla evoluzione del rapporto banca-azienda;
3. la correlazione del dettato di Basilea 2 con le altre innovazioni normative (in pri- mis societarie e fiscali) e relative conseguenze ai fini della migliore politica di gestione dei rapporti con il sistema finanziario;
4. la sintesi organica delle misure organizzative e gestionali, delle strategie comu- nicative e dei piani evolutivi che insieme possono costituire un progetto di otti- mizzazione dei rapporti con il sistema bancario; sintesi che sarà corredata da allegati esplicativi e/o esemplificativi.
I documenti saranno corredati, al fianco della trattazione generale, di sessioni dedi- cate specificamente alle opportunità/necessità delle PMI.
1. Panoramica sul nuovo accordo di Basilea
1.1 Il Comitato di Basilea ed il primo accordo
Il Comitato di Basilea fu istituito nel 1974 tra i governatori delle Banche Centrali del G101.
Obiettivo del Comitato è quello di concordare politiche comuni volte ad evitare che normative, comportamenti e procedure difformi all’interno dei singoli sistemi finan- ziari nazionali possano portare a conseguenze negative sul sistema finanziario globale.
Il primo accordo del 1988 stabilì, per le banche che avevano una operatività sovra- nazionale, un minimo di capitale proprio che le stesse dovevano possedere in rap- porto al totale degli impieghi erogati.
Il rapporto tra capitale netto e impieghi fu stabilito nella misura dell’8%.
La ragione di questo vincolo era quella di evitare una esposizione al rischio eccessi- va da parte degli istituti di credito, al fine di prevenire e ridurre al massimo il rischio di fallimento di una banca.
Questo perché il fallimento di una azienda di credito, in virtù del cosiddetto “effet- to domino” può avere conseguenze molto più gravi del fallimento di una singola impresa e trascinare in crisi la economia di una intera nazione.
Infatti, con effetto domino si intende il rischio che tutti i soggetti economici, che avevano rapporti con la banca fallita, si trovino anch’essi in grave difficoltà con il rischio di fallire a loro volta e di coinvolgere nella crisi le loro banche, iterando ulteriormente il rischio.
In simili casi, infatti, non solo i soggetti creditori della banca si trovano improvvisa- mente a rischio di perdere integralmente il proprio credito e comunque nella situa- zione, nell’immediato, di non disporne liberamente, ma anche i soggetti finanziati sono improvvisamente in difficoltà per la improvvisa indisponibilità dei finanzia- menti già programmati, con le conseguenti ripercussioni sulla intera gestione.
Nell’ipotesi in cui la banca fallita avesse anche una attività sovranazionale, l’effetto a catena sopra descritto potrebbe essere esportato in altri paesi trascinando l’intera economia mondiale in una gravissima recessione.
Naturalmente i singoli paesi aderenti al primo accordo di Basilea erano liberi di estenderne l’applicazione a tutte le banche all’interno del proprio paese.
Questa fu la scelta fatta dall’Italia.
1 Gruppo costituito inizialmente tra i 10 paesi maggiormente industrializzati. Attualmente il gruppo è stato allargato e vi aderiscono: Belgio, Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito, Stati Uniti, Spagna, Svezia e Svizzera.
Quando nel 1988 fu stipulato il primo accordo di Basilea esso fu considerato un primo importante passo, ma sin da allora si levarono delle critiche perché esso appariva inadeguato o insufficiente. Se ne condivisero unanimemente gli obiettivi, ma si disse che esso andava ampliato e migliorato per le seguenti ragioni:
– non prendeva in considerazione altri rischi al di fuori del rischio di credito;
– il merito del rischio non era sufficientemente differenziato a misura della affidabilità della controparte;
– non teneva adeguato conto della differente situazione di rischio connessa a composizione diversa dei crediti e dei debiti in rapporto alle rispettive scadenze;
– non teneva adeguatamente conto del diverso grado di rischio connesso a maggiore o minore frazionamento del portafoglio crediti;
– non teneva in considerazione il beneficio della presenza di strumenti di copertura e/o compensazione del rischio (es. garanzie).
Le pressioni per rivedere l’accordo portarono nel 1999 ad avviare la procedura for- male di revisione, a conclusione della quale è stato siglato il nuovo accordo di cui qui ci occupiamo.
1.2 Il nuovo accordo di Basilea (o Basilea 2)
1.2.1 Obiettivi e campo di applicazione
Gli obiettivi di Basilea 2 rimangono quelli di prevenire l’eventualità che il fallimen- to di una banca con attività sovranazionale possa portare ad una crisi economica di portata mondiale. Il nuovo accordo è tuttavia molto più sofisticato del precedente in quanto, prendendo in considerazione le summenzionate obiezioni mosse al primo accordo, istituisce un articolato normativo molto più vasto e complesso.
La nuova normativa è ancora obbligatoria solo per le banche con attività sovrana- zionale, tuttavia questa volta il campo di applicazione tocca direttamente le rela- zioni tra banche ed imprese e quindi ha un effetto che comprende l’intera econo- mia.
Naturalmente i paesi, che vogliono prevenire la possibilità che l’effetto domino dovuto al fallimento di una banca locale possa causare una crisi economica di livel- lo nazionale, possono estendere la applicazione del Basilea 2 a tutte le banche nazionali. Si tratta di una scelta che, tra l’altro, può influire positivamente sul rating assegnato al paese. È la scelta fatta dall’Italia.
1.2.2 Struttura dell’accordo: i tre “pilastri”
L’accordo di Basilea 2 poggia su tre principi normativi fondamentali per il sistema bancario che vengono detti “pilastri”. Va detto subito che solo il primo di questi principi coinvolge le valutazioni delle imprese e dei professionisti che le assistono:
• i requisiti patrimoniali minimi
Ridefinisce la normativa inerente al capitale minimo che deve essere detenuto dalle banche in funzione del rischio complessivamente assunto;
• il processo di controllo prudenziale
Stabilisce i principi chiave del controllo prudenziale che, con riferimento al rispetto sostanziale e non solo formale della norma inerente ai requisiti di capi- tale, deve essere effettuato dagli Istituti di vigilanza, nonchè le responsabilità degli stessi Istituti e gli standard di riferimento ai fini del controllo;
• la disciplina di mercato
Definisce gli standard minimi di informazione che ogni banca, soggetta agli ob- blighi di Basilea 2, deve fornire al mercato in tema di: patrimonio di vigilanza, esposizione ai rischi, processi di valutazione dei rischi e ambito di applicazione.
I 3 PILASTRI DELL’ACCORDO BASILEA 2 |
REQUISITI PROCESSO DI DISCIPLINA DI PATRIMONIALI CONTROLLO MERCATO MINIMI PRUDENZIALE Normativa inerente Principi chiave del Standard minimi di al capitale minimo controllo prudenziale informazione che che deve essere che deve essere ogni banca deve detenuto dalle effettuato dagli fornire al mercato banche in funzione Istituti di vigilanza del rischio assunto |
1.2.3 Focus sul primo pilastro e sulla nuova normativa inerente al “rischio di credito”
Come abbiamo accennato, il primo pilastro ridefinisce i requisiti minimi di capitale tenendo conto delle obiezioni che furono fatte al precedente accordo di Basilea.
Esso prende in considerazione tutte le categorie di rischio rilevanti, vale a dire:
• il rischio di credito: è il rischio conseguente alla concessione di finanziamenti a terzi a qualsiasi titolo ed in qualsiasi forma;
• il rischio operativo: è il rischio derivato a qualsiasi soggetto economico per il semplice fatto di operare ed è, per certi versi, simile in linea di principio per tutti gli operatori economici. Esempi di rischi operativi specifici per le banche
possono essere quelli connessi ad errori del personale, a rapine, a frodi sia interne che esterne, a guasti e/o malfunzionamenti del sistema informativo, a catastrofi naturali con i loro danni diretti e/o indiretti (esempio perdita di dati gestionali), etc. etc;
• gli aspetti di rischio inerenti al portafoglio di negoziazione: con detto portafo- glio si intende l’insieme delle “posizioni in strumenti finanziari e su merci detenute per la negoziazione o la copertura del rischio relativo ad altre posizioni comprese nel
medesimo portafoglio”2. Il rischio relativo a tali strumenti è quello di mercato,
inerente cioè a possibili fluttuazioni repentine e consistenti del loro valore.
REQUISITI PATRIMONIALI MINIMI | ||
Valutazione | ||
RISCHIO DI | del | RISCHIO DI |
CREDITO | RISCHIO | MERCATO |
portafoglio crediti | portafoglio di | |
negoziazione | ||
RISCHIO | ||
OPERATIVO | ||
collegato | ||
all’operatività |
La parte del nuovo accordo di Basilea che, ai nostri fini, ha il più rilevante impatto sulla evoluzione dell’intero sistema economico è quella relativa al rischio di credi- to. Per questo motivo da questo momento in poi ci concentreremo esclusivamente su questo aspetto.
2. Il rischio di credito
2.1 Principi generali
Il rischio di credito, come già nel precedente accordo, viene, in linea di principio, prevenuto attraverso l’obbligo delle banche di detenere un patrimonio netto totale pari almeno all’8% degli impieghi erogati.
2 Cfr. il comma 685 del documento, che elenca i contenuti dell’accordo, già citato in premessa: “Conver- gen za internazionale della misurazione del capitale e dei coefficienti patrimoniali”.
Tuttavia la normativa è ora molto più articolata e complessa e prevede una serie di eccezioni e precisazioni, di cui l’aspetto più rilevante è che il totale degli impieghi, che deve essere preso a base di calcolo, non si ottiene sommando semplicemente il valore dei finanziamenti concessi, ma bensì moltiplicando preventivamente ciascu- no dei finanziamenti per un fattore di ponderazione, fattore che tiene conto delle caratteristiche di rischio della specifica operazione3.
ADEGUATEZZA PATRIMONIALE DELLE BANCHE |
Patrimonio di Vigilanza = 8% Attività Ponderate per il Rischio (finanziamento x fattore di ponderazione) |
Basilea 2 conferma l’obbligo delle banche di detenere un patrimonio netto pari all’8% dei finanziamenti erogati moltiplicati per un fattore di ponderazione del rischio. La novità riguarda le modalità di determinazione dei coefficienti di ponderazione che tengono conto delle caratteristiche di rischio della specifica operazione |
In virtù di tale fattore di ponderazione, un singolo finanziamento all’impresa può valere ai fini del calcolo dei requisiti del capitale per una frazione (per esempio solo il 20% dell’importo del finanziamento stesso, valore che può scendere ulterior- mente in presenza di garanzie e/o particolari caratteristiche del tipo di operazio- ne) oppure un multiplo del finanziamento stesso.
La presenza di questo fattore è importantissimo perché significa che, a parità di capitale investito, una banca può potenzialmente vedersi abilitata ad effettuare impieghi per un valore che può variare anche di decine di volte in funzione delle scelte che fa in merito alle caratteristiche dei finanziamenti erogati.
Questo fattore, come vedremo più dettagliatamente più avanti, dipende da varie caratteristiche della operazione specifica di finanziamento.
3 In realtà anche nel precedente accordo esisteva una sorta di ponderazione delle operazioni di finanziamen- to, ma esse erano del tutto standardizzate e indipendenti dalle grandezze ora introdotte che entrano nel merito specifico della affidabilità del soggetto garantito, della solidità delle garanzie etc..
Per questo detta ponderazione era del tutto ininfluente dal punto di vista che a noi interessa in questo con- testo.
Le opportunità ed i rischi che Basilea 2 introduce per tutte le aziende discendono dalla forte sensibilità della ponderazione del rischio di credito rispetto a queste caratteristiche.
I rischi maggiori derivano dalla abitudine che hanno spesso le aziende italiane di privilegiare l’attenzione agli aspetti economici e fiscali sottovalutando quelli finan- ziari.
Ciò vale in particolare per le medio-piccole imprese, che sono in genere meno sen- sibili verso quelle evoluzioni ambientali che non siano strettamente collegate alla operatività del proprio business.
Di queste caratteristiche, quelle che hanno una maggiore rilevanza sulla pondera- zione del rischio, sono proprio quelle che incidono direttamente sul rapporto banca-azienda.
Infatti, il primo e di gran lunga più importante fattore di ponderazione prende in considerazione la valutazione di affidabilità del soggetto finanziato.
Un secondo importante elemento preso in considerazione è la eventuale presenza di strumenti di mitigazione del rischio (tra cui le garanzie) e le loro specifiche caratteristiche.
L’importanza dei fattori di ponderazione risulta molto alta, ai fini dei futuri rap- porti banca-azienda, in virtù del fatto che nelle banche c’è una correlazione molto stretta tra le grandezze dello Stato Patrimoniale e le grandezze più significative del conto economico.
A motivo di detta correlazione, il fatto di selezionare i finanziamenti con le caratte- ristiche che consentono di moltiplicare gli impieghi a parità di capitale investito equivale per la banca a moltiplicare potenzialmente anche l’utile di gestione, e quindi il ROE cioè l’indice di ritorno sull’investimento degli azionisti.
Naturalmente, la Proprietà della banca ha come primario interesse l’obiettivo di massimizzare il ritorno sul capitale da essa stessa investito. Quindi, il comporta- mento prevedibile di tutte le banche sarà quello di orientare la gestione in modo da privilegiare, in maniera molto più marcata che in passato, le opportunità di impie- ghi a più bassa ponderazione di rischio.
È prevedibile che questa spinta comportamentale sarà molto forte perché il beneficio che si può ottenere è molto consistente, ed altrettanto forte è, viceversa, la penalizza- zione nei casi in cui si dia corso a operazioni con ponderazione di rischio elevata.
Nell’allegato 1 è presentato un esempio schematico e semplificato che illustra questa forte correlazione tra le ponderazioni associate agli impieghi e i risultati economici.
È molto importante che si apprezzi fino in fondo questo aspetto, non solo perché esso è la base della comprensione dell’impatto di Basilea 2 sui rapporti banca-azien- da (che è il motivo che ci muove), ma anche perché esso consente di comprendere il punto di vista della banca nel corso di una eventuale trattativa negoziale, e quin- di di maturare la sensibilità su cosa e quanto si può ragionevole chiedere ed ottene- re nel caso specifico (non solo dal punto di vista dell’importo del finanziamento ma di tutte le condizioni dirette ed indirette).
2.2 Fattori di ponderazione degli impieghi
Come abbiamo detto, Basilea 2 introduce per le banche la seguente importante innovazione:
– ai fini del calcolo dei requisiti minimi di capitale, il totale dei finanziamenti com- plessivamente erogati dalla banca viene “qualificato” dal punto di vista del rischio, cioè ciascun finanziamento viene sommato non semplicemente sulla base dell’importo erogato ma moltiplicato per un fattore di ponderazione del rischio stesso.
In questo modo, ciascun finanziamento assume nella formula un peso maggiore o minore in funzione della stima del rischio che a detto finanziamento viene associato.
L’accordo di Basilea 2 persegue l’obiettivo di elaborare questa stima secondo para- metri controllati ed il più possibile oggettivi.
Questa elaborazione della stima del rischio viene effettuata inserendo, nel calcolo dei requisiti minimi di capitale, alcune variabili che costituiscono altrettanti fattori di ponderazione.
I fattori di ponderazione delle operazioni di finanziamento presi in considerazione da Basilea 2 sono in tutto quattro:
1. Probabilità di inadempienza (PD = Probability of default): che consiste nella pro- babilità che il soggetto finanziato non sia in grado, per qualsiasi ragione, di adempiere integralmente alla restituzione del finanziamento alla scadenza dello stesso;
2. Perdita in caso di inadempienza (LGD= Loss given default): che consiste nella percentuale presunta di perdita, rispetto al credito complessivamente erogato, in caso di inadempienza;
3. Esposizione in caso di inadempienza (EAD= esposure at default): è il valore del finanziamento o il valore che prudenzialmente può essere considerato a rischio di inadempienza al momento del calcolo dei requisiti minimi di capi- tale;
4. Scadenza effettiva (M = Maturity): è la scadenza contrattuale (media ponderata delle scadenze ove si parli di rimborso rateale) del finanziamento.
PD (Probability of default)
Fattori di ponderazione degli impieghi
EAD (Esposure At Default)
M (Maturity)
LGD (Loss Given Default)
ESPOSIZIONE IN CASO
DI INADEMPIENZA
SCADENZA EFFETTIVA
PERDITA IN CASO DI INADEMPIENZA
PROBABILITA’ DI INADEMPIENZA
Anche se la formula di calcolo del capitale minimo fissata da Basilea 2 è estrema- mente complessa (e sarebbe inutile ai nostri fini cimentarci con tale complessità, che introduce alcuni aspetti di matematica superiore), ci basta osservare che la logica sottostante la scelta dei fattori, e il ruolo che in linea di principio giocano nella formula suddetta, è molto facilmente comprensibile e condivisibile.
La PD (probabilità di inadempienza) formalmente è una stima della probabilità che il soggetto finanziato si trovi, entro un anno dal momento della elaborazione della stima stessa, in una condizione di inadempienza formale.
Detta stima corrisponde, di fatto, ad una valutazione della affidabilità del soggetto finanziato, aspetto su cui torneremo ampliamente a tempo debito.
Il fatto di formalizzare la definizione di inadempienza ha l’obiettivo di indurre tutti gli operatori a rispettare uno standard di comportamento che sia il più possibile alli- neato agli obiettivi di Basilea 2. Per questo motivo la norma statuisce dei parametri quanto più possibile oggettivi, e nello stesso tempo prudenziali, per definire se e quando lo stato del soggetto finanziato va considerato come “inadempienza”.
A tal fine, va ricordato che sono considerati “inadempienza”:
• il momento in cui viene avviata una procedura concorsuale a carico del debitore a richiesta di uno qualsiasi dei creditori;
• il ritardo nel pagamento di una obbligazione significativa quando questo ritardo supera i 90 giorni4;
4 Le norme transitorie prevedono che per alcuni paesi tale termine possa essere elevato a 180 giorni per un periodo massimo di 5 anni successivamente all’entrata in vigore dell’accordo –nota in calce a comma 452 -. Per l’Italia vale tale deroga. Pertanto, fino al 2011, per le banche italiane la situazione di inadempienza del debitore sarà determinata da crediti scaduti da 180 giorni.
• il caso in cui una qualsiasi delle banche affidanti ha posto la posizione del debito- re “a sofferenza”;
• tutti i casi in cui le informazioni sulla situazione economico-finanziaria del debi- tore facciano oggettivamente prevedere che, alla luce del normale corso degli eventi, questi non sarà in grado di assolvere alla scadenza le obbligazioni assun- te, quand’anche la scadenza non sia ancora intervenuta.
La PD (probabilità di inadempienza) naturalmente gioca ai fini della ponderazione del rischio in maniera direttamente proporzionale, nel senso che, tanto più alta è tale probabilità, tanto più pesa il finanziamento ai fini dei requisiti di capitale mini- mo richiesto alla banca affidante.
La PD (probabilità di inadempienza) consiste, come detto, in una implicita valuta- zione di affidabilità anche se, naturalmente, essa varia in proporzione inversa rispetto a tale valutazione di affidabilità: più alta è la valutazione di affidabilità, più bassa è la PD associata al cliente. La valutazione di affidabilità è effettuata attraverso un processo valutativo formale detto “rating”.
Il “rating” costituisce un aspetto chiave dal nostro punto di vista e torneremo in maggior dettaglio sull’argomento.
La LGD (perdita in caso di inadempienza) è espressa anch’essa in percentuale e stima quanta parte del finanziamento concesso andrebbe persa in caso di inadempienza del cliente.
Questa grandezza dipende a sua volta da tre fattori:
1. dalla presenza di garanzie (reali o personali), che determina tassi di recupero superiori a quelli dei prestiti non garantiti, e il rispettivo valore di mercato; ovvero dalla presenza di altri presidi (es. lettere di patronage, ecc.) in grado di influenzare la LGD;
2. dal costo finanziario del tempo di recupero, che varia in funzione di detto tempo di recupero (totale o parziale) e del tasso di mercato ottenibile da altre attività finanziarie;
3. dai costi amministrativi diretti, relativi a procedure concorsuali/stragiudiziali e a procedure di recupero interne delle banche. Detti costi dipendono dalla qua- lità delle procedure di recupero crediti della banca, dal costo medio, dalla tem- pestività ed efficacia delle procedure giuridiche del paese etc.
Dei summenzionati fattori, quelli citati ai punti 2 e 3 possono essere valutati con riferimento a pool di posizioni similari e interessano marginalmente i nostri fini, mentre il primo va stimato con riferimento alla posizione specifica e ci interessa direttamente.
Con riferimento al punto in questione, infatti, influiscono sulla valutazione di rischio la tipologia e le caratteristiche delle eventuali garanzie presentate nel caso specifico.
Nei confronti delle garanzie la norma assume un atteggiamento molto prudenziale e restrittivo. Nel regolare il loro contributo alla riduzione del rischio prende in esame:
- nel caso delle garanzie reali, la stabilità dei valori di mercato e la facilità di realiz- zo dei cespiti posti a garanzia;
- nel caso di garanzie personali, la affidabilità del garante (o dei garanti), il che ci riporta al tema del rating (valutazione di affidabilità).
Va notato che il valore della perdita in caso di inadempienza può anch’esso variare in maniera molto significativa. Può, infatti, sia scendere fino a zero per operazioni interamente garantite da garanzie reali su cespiti con certe caratteristiche (es. stru- menti finanziari di largo mercato con valore sufficientemente stabile e in presenza di scarto adeguato) sia salire oltre il 100%.
Ciò perché, come detto, si deve considerare, ai fini del rischio di perdita, non solo il valore nominale del finanziamento concesso, ma anche gli interessi maturati e gli oneri delle procedure di recupero.
L’EAD (esposizione all’inadempienza) questo indicatore è espresso in valore assoluto. Esso corrisponde al rischio potenziale che viene assunto con il finanziamento. Questo rischio potenziale viene dimensionato a partire dal debito corrente e corret- to sulla base delle caratteristiche tipiche dell’operazione.
Per esempio, con riferimento a finanziamenti nella forma di scoperto di conto va tenuto presente che il cliente può senza preavviso utilizzare tutto il plafond accor- datogli e quindi il rischio potenziale tiene presente il fido “accordato5” e la EAD assume un valore di norma superiore al valore del debito corrente. Invece nel caso di una operazione di mutuo o di qualsiasi altro finanziamento a rimborso rateale la EAD prende in considerazione un valore medio tra la attuale esposizione e quella prevista alla fine dell’esercizio sulla base del piano di ammortamento (in questo caso quindi la EAD risulta inferiore al debito corrente).
La scadenza effettiva (M = maturity) del finanziamento entra nella definizione dei requisiti minimi di capitale con l’obiettivo di tener conto del maggior rischio potenziale dovuto all’eventuale disallineamento tra le scadenza dei crediti e dei debiti della banca.
Questo fattore entra nella formula di calcolo della ponderazione del rischio perché, in presenza di una raccolta tutta o prevalentemente a breve termine, la erogazione di una alta percentuale di impieghi a medio-lungo termine può comportare, per la banca, una grave crisi di liquidità, nel caso di sfavorevoli evoluzioni del mercato. Infatti l’eventuale aumento dei tassi finanziari spinge i depositanti a pretendere un adeguamento delle condizioni, ovvero, in mancanza di detto adeguamento, a dirottare i propri depositi verso forme più remunerative.
Vengono in considerazione a tal fine alcuni episodi relativi a istituti di medio-credi- to che in un momento di tassi contenuti avevano parzialmente coperto i mutui ero- gati con quote di raccolta a breve-medio termine. Con l’incremento del tasso di
5 Con fido “accordato” si intende il limite di indebitamento che il cliente, nel corso della normale operatività, può raggiungere senza dover richiedere alla banca ulteriori autorizzazioni.
inflazione e la conseguente lievitazione dei tassi finanziari la massa dei risparmia- tori era pronta a ritirare i propri risparmi se non si fossero adeguati i tassi alle nuove condizioni del mercato finanziario, spingendo gli istituti in gravi difficoltà.
La variabile M entra nella formula sulla base della durata residua dei finanzia- menti (espressa in anni), con l’effetto di una ponderazione più alta del rischio quanto più lunga è la durata residua del finanziamento.
Concludendo questa esposizione delle variabili su cui Basilea 2 elabora il calcolo dei requisiti minimi di capitale è utile sottolineare i seguenti punti:
• il principale fattore di ponderazione del rischio è dato dal “rating”, cioè da una valutazione della affidabilità del soggetto finanziato. Al rating viene associata la PD (probabilità di inadempienza). Le aziende dovranno essere attente a miglio- rare tutti gli aspetti della gestione e comunicazione finanziaria, e quindi incidere anche sulla gestione economica, organizzativa e fiscale, perché l’importanza di ottenere un buon rating dal sistema bancario diviene, in prospettiva, elemento cruciale per la sua stessa sopravvivenza;
• un secondo fattore molto importante è dato dalla presenza di elementi di mitiga- zione del rischio e, dal nostro punto di vista, qui va considerato il peso delle garanzie. Nel caso delle garanzie personali, entra in gioco il rating dell’eventuale garante;
• gli altri fattori di ponderazione riguardano, oltre l’importo del finanziamento, il tipo di operazione e la relativa durata. Esse hanno ai fini della nostra esposizione minore rilevanza.
2.3. Sistemi ammessi ai fini della ponderazione del rischio di credito
Ai fini della ponderazione dei finanziamenti, operazione come detto necessaria a calcolare l’importo sul quale va applicata la percentuale dell’8% per arrivare a definire il livello minimo di mezzi propri che la banca deve detenere, Basilea 2 pre- vede tre diverse opzioni di calcolo.
L’accordo di Xxxxxxx 2 mette a disposizione più opzioni perché le soluzioni più avanzate sono talmente sofisticate che è prevedibile che non tutte le banche saran- no in grado di modificare nel breve-medio termine i propri sistemi informativo- gestionali per adeguarli agli standard richiesti da tali opzioni sofisticate.
Le tre opzioni ammesse da Basilea 2 ai fini della ponderazione del rischio di credito sono:
• sistema standard.
In questo caso i fattori di ponderazione PD (probabilità di inadempienza), LGD (perdita in caso di inadempienza) e M (scadenza effettiva), sono definiti, in linea generale, dalla stessa normativa.
La definizione è stabilita in maniera standardizzata sulla base di alcuni para- metri molto semplici come: la categoria giuridico-economica di appartenenza
del soggetto finanziato, le dimensioni aziendali (nel caso che il soggetto finan- ziato sia una azienda), le caratteristiche tecniche della operazione di finanzia- mento e così via.
In questo caso, quindi, la banca non è tenuta a elaborare una propria valutazio- ne di affidabilità ai fini del calcolo dei requisiti di capitale.
La banca è comunque invitata a verificare la adeguatezza dei sistemi utilizzati nelle valutazioni interne per la gestione dei rischi di credito.
Per tutte le variabili previste nella formula di calcolo, dunque, compresa la PD, la banca che utilizza il sistema standard deve fare riferimento a grandezze codificate secondo regole standard sulla base dei parametri poco sopra menzio- nati.
A proposito della possibilità di utilizzare il rating nella definizione della PD, esistono alcune eccezioni di cui parleremo in seguito.
• sistema “IRB” base (“internal ratings-based foundation” = basato su rating
interni).
Le banche che scelgono questa opzione sono chiamate ad effettuare, per tutti i finanziamenti concessi, una loro valutazione di affidabilità del soggetto finan- ziato.
Esse devono mettere a punto un sistema di rating sufficientemente oggettivo, capillare, affidabile, che rispetti i seguenti parametri:
deve prevedere un numero di classi non inferiore a otto: sette per i clienti adempienti più una per gli inadempienti;
deve essere in grado di assegnare univocamente ogni cliente ad una classe; deve associare ad ogni classe una soglia minima e massima di Probabilità di inadempienza (PD);
deve essere statisticamente attendibile, nel senso che, analizzando la evoluzio- ne delle inadempienze verificate a consuntivo tra tutti i clienti attribuiti ad una stessa classe, il risultato deve rientrare nei parametri statisticamente ammessi sulla base delle soglie di probabilità previste per la stessa classe.
Ai fini del calcolo dei requisiti di capitale, la PD media della classe sarà asse- gnata a tutti i finanziamenti concessi ai clienti appartenenti a quella classe.
Per quanto riguarda le altre variabili previste dalla formula di calcolo dei requi- siti minimi di capitale, invece, le banche che scelgono questa opzione faranno riferimento a valori standardizzati, prefissati dalla norma in maniera abbastan- za semplificata, in analogia con quanto visto a proposito del precedente siste- ma standard.
• sistema “IRB” avanzato (“internal ratings-based advanced”)
Il sistema IRB avanzato è simile al precedente, con la differenza che, in questo caso, le banche devono elaborare le loro stime anche per il calcolo delle altre variabili (LGD “perdita in caso di inadempienza” e M “scadenza effettiva”). Ciò richiede la messa a punto di un sistema informativo vasto e sofisticato, rispondente a opportuni requisiti di attendibilità statistica molto rigorosi.
LE ALTERNATIVE DELLE BANCHE PER LA PONDERAZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO | ||
Sistema standard | Sistema IRB base | Sistema IRB avanzato |
Sistema basato su rating | ||
I fattori di ponderazione | Sistema basato su rating | interni per la valutazione di |
vengono stabiliti in maniera | interni per la valutazione di | affidabilità del soggetto |
standardizzata sulla base | affidabilità del soggetto | finanziato (PD), della perdita in |
di alcuni parametri | finanziato (PD) | caso di inadempienza (LGD) |
e della scadenza effettiva (M) |
Tra i tre sistemi il più semplice e meno oneroso dal punto di vista organizzativo è, naturalmente, il primo.
Tale sistema è però anche il meno conveniente: in media, dal punto di vista dei requisiti minimi di capitale richiesti, esso porta, a parità di volumi operativi, a un impegno maggiore, con una differenza che può risultare anche consistente.
Per questo motivo si prevede che solo le banche minori continueranno ad utilizza- re a lungo questo sistema.
Le banche primarie stanno già collaudando le loro procedure, per partire con i sistemi IRB sin dalla entrata in vigore dell’accordo6.
Si può prevedere che anche le banche medie adegueranno le loro procedure nei tempi più brevi possibili, mentre già si osservano iniziative tra le associazioni di categoria delle banche più piccole, affinchè pure esse, o molte di esse, possano pas- sare ai sistemi più convenienti entro scadenze ragionevoli.
Tutto ciò premesso, va osservato che il processo di valutazione della affidabilità del richiedente il finanziamento ha un ruolo importante anche per le banche che utiliz- zano il sistema standard.
Infatti Basilea 2 ammette l’utilizzo del rating eventualmente assegnato al richieden- te da parte di una “azienda di rating esterna” (ECAI = External Credit Assessement Institution). Tale “ECAI” deve essere ufficialmente riconosciuta dalle autorità di vigilanza del paese. In questo caso il rating può essere utilizzato dalla banca ai fini della assegnazione della PD.
6 I sistemi di rating interni per poter essere utilizzati devono avere almeno tre anni di storia.
A titolo di esempio si consideri che se una azienda di medio-grandi dimensioni otte- nesse un rating compreso tra “AAA” e “A-“ secondo la scala di riferimento della società di valutazione “Standard & Poors”7 a detta azienda andrebbe assegnata una PD pari al 20%, mentre il valore che viene attribuito in assenza di rating è il 100%8.
Va aggiunto che il rating non è importante solo in questi casi.
Infatti, l’obiettivo di Basilea 2 è di spingere tutte le Istituzioni finanziarie, e in con- seguenza di ciò tutte le aziende in generale, a far evolvere i propri sistemi organiz- zativi e gestionali verso migliori livelli di efficacia ed efficienza operativa, e quindi di redditività e qualità della gestione in generale.
In questo ambito, Xxxxxxx 2 invita tutte le banche a utilizzare sempre migliori proce- dure di rating, anche se queste devono essere usate ai soli fini interni.
L’obiettivo è un progressivo e continuo miglioramento delle procedure di gestione del rischio di credito.
Indipendentemente dal fatto che dette procedure siano sufficientemente rigorose da rispondere agli standard necessari per poter essere usate nei sistemi IRB (base o avanzato), si raccomanda di utilizzare sistemi di rating sempre più evoluti, e di adeguare coerentemente la applicazione delle condizioni finanziarie al rating della clientela.
Con applicazione coerente delle condizioni finanziarie si intende che ai clienti con
rating migliore devono essere applicate condizioni finanziarie più favorevoli.
Tale ultima raccomandazione è fatta a tutte le banche, non esclusivamente a quelle che usano i sistemi IRB, di base o avanzato.
Infine, l’accordo di Basilea 2 sottolinea che non è ammesso utilizzare, ai fini interni di gestione del rischio, sistemi di valutazione della affidabilità del cliente diversi da quelli utilizzati per il calcolo dei requisiti di capitale.
7 Ai fini del rating Basilea 2 fa in genere riferimento alla scala proposta, appunto, dalla grande società interna- zionale di rating S&P, scala ampliamente utilizzata e riconosciuta, per esempio, dagli investitori nei mercati di capitali. Tuttavia utilizzare questa scala non è un obbligo, purchè l’associazione tra i valori del rating e le PD sottostanti rispetti canoni rigorosi di correlazione e di attendibilità statistica.
8 Questo è il valore ordinario del fattore di ponderazione, tuttavia va osservato che il Basilea 2 da questo punto di vista riconosce un trattamento privilegiato alle PMI, alle quali è assegnato un valore standard del fattore di ponderazione pari al 75%. Una esposizione verso una impresa, per poter usufruire di questa ponderazio- ne di rischio preferenziale, deve rispettare i seguenti criteri:
1. il fatturato totale annuo dell’azienda, e di tutto il gruppo ove l’azienda appartenga ad un gruppo, deve essere inferiore a 50/M di euro.
2. la forma tecnica deve rientrare nelle categorie tipiche del portafoglio cosiddetto “retail” cioè al dettaglio. Per esempio sono esclusi la sottoscrizione di titoli emessi dal cliente, sia azionari che obbligazionari.
3. l’esposizione percentuale massima consentita verso un unico obbligato (l’intero gruppo in caso di appar- tenenza a gruppi aziendali) deve essere inferiore allo 0,2%.
4. la esposizione massima in valore assoluto deve essere inferiore a 1/Mln di euro.
Il trattamento preferenziale riservato a operazioni con questo tipo di caratteristiche è coerente con il ricono- scimento che un maggior frazionamento delle posizioni comporta di per se stesso un minor rischio, a parità degli altri fattori.
2.4 Correlazioni tra il disposto del nuovo accordo di Basilea ed altre disposizioni normative importanti nella evoluzione del rapporto banca-azienda
Alla luce di tutto quanto fin qui esposto possiamo ora meglio apprezzare quali possono essere le implicazioni che il nuovo accordo comporta in termini di evolu- zione dei rapporti delle aziende con il sistema bancario e quale può conseguente- mente essere il ruolo del professionista nell’assistere la azienda durante e dopo questa evoluzione.
Ai fini di ottimizzare il rapporto con il sistema bancario le priorità consistono in:
• mettere in campo tutti gli strumenti atti a migliorare il “rating” assegnato alla azienda dalla propria banca;
• valutare consapevolmente costi/benefici dell’inserimento di eventuali garanzie a presidio del rischio delle operazioni;
• scegliere il miglior mix di forme tecniche di finanziamento, in relazione alle oggettive esigenze del cliente, sulla base della valutazione integrata con gli aspetti di cui si è detto.
A sua volta l’obiettivo di migliorare il rating introduce, già esso solo, una serie arti- colata di implicazioni e collegamenti.
I collegamenti riguardano, tra l’altro:
– le innovazioni normative introdotte dal nuovo diritto societario a proposito della redazione dei bilanci, delle nuove norme statutarie e strutture di controllo;
– la introduzione dell’uso dei principi contabili internazionali (IAS/IFRS);
– alcune innovazioni fiscali quali la “thin capitalization” e/o le norme sulla traspa- renza, etc.
Anche l’obiettivo di negoziare al meglio la concessione di garanzie trova collega- menti significativi con alcune innovazioni.
In particolare è importante agire per tempo al fianco di quelle aziende che fondano le loro capacità di credito sulla garanzia accessoria di un Consorzio Fidi, con la consapevolezza che il ruolo dei Consorzi Fidi e la loro disponibilità/possibilità ai fini della concessione di garanzie, a favore delle aziende consorziate, viene note- volmente toccata dal combinato del nuovo accordo di Basilea con il D. Lgs. 385/93 e successive modifiche ed integrazioni (“Testo Unico Legge Bancaria e normativa complementare” – seconda dizione – luglio 2000) e con le nuove norme di cui all’art. 13 del D.L. 30/09/2003 n. 269 al titolo “Disciplina della attività di garanzia collettiva dei fidi” e successive modifiche9.
Esamineremo in maggior dettaglio le ragioni di questi collegamenti, e le modalità di comportamento suggerite in virtù di tali ragioni, nei prossimi documenti.
9 Vedi allegato alla Legge 24/11/2003 n. 326.
3. Sistemi di rating
Grande importanza avranno nel prossimo futuro i rating ovvero le valutazioni di affidabilità assegnate ai richiedenti i finanziamenti.
Si tratta di un argomento centrale nei nostri obiettivi, e avremo l’opportunità e la necessità di tornare su detto argomento con approfondimenti successivi e cre- scenti.
Per ora ci limitiamo alla seguente panoramica introduttiva.
Per sistema di rating si intende il processo formale con il quale viene elaborato il
rating del soggetto sottoposto a valutazione.
Questo processo deve essere il più oggettivo ed attendibile possibile ed a tal fine si richiede che sia formalmente procedurizzato.
Questo affinchè possa essere ripetibile, e possa essere verificabile in qualsiasi momento da un organo di controllo.
Ripetibilità e verificabilità sono definite come segue.
a) La ripetibilità richiede il rispetto delle seguenti due condizioni:
1. il processo deve poter essere applicato coerentemente, nella sua logica, a tutti gli operatori che devono essere sottoposti a valutazione;
2. dovrebbe essere possibile riprodurre le condizioni informative della valuta- zione originaria e, in tali condizioni, ripercorrere il processo di valutazione pervenendo, indipendentemente dal valutatore, ai medesimi risultati, sem- prechè la valutazione stessa sia eseguita da analisti di adeguata preparazione.
b) La seconda delle due condizioni appena elencate, necessarie alla ripetibilità, è anche il presupposto della verificabilità. Questa, infatti, consiste proprio nella possibilità, da parte degli organi di controllo (sia interni che esterni all’ente valutatore), di poter riprodurre in momenti successivi, anche relativamente lontani nel tempo, le condizioni informative del periodo della valutazione, e quindi verificare che, con l’esecuzione di tutti i passaggi formali previsti dalla procedura, si pervenga nuovamente al rating assegnato dall’analista o dal gruppo di analisti che ha eseguito la originaria valutazione.
Verificabilità e ripetibilità sono due fattori fondamentali perché il sistema di rating possa essere sottoposto ai test statistici previsti da Basilea 2 e superare i requisiti di attendibilità richiesti.
Tali requisiti di attendibilità vengono accertati verificando che le frequenze degli errori non superino certe soglie minime predefinite10.
10 La verifica è effettuata sulla base delle procedure di “inferenza statistica”. Sono procedure in grado di cal- colare la probabilità di un evento a partire dalla analisi della frequenza della distribuzione dell’evento stes- so nel passato.
La attendibilità dei test “inferenziali” è tanto maggiore quanto piú numeroso è il campione e quanto piú lunga è la storia a disposizione per la analisi. Per questo motivo, le banche che vogliono utilizzare propri sistemi di rating interni devono sottoporre i sistemi stessi ad una verifica almeno triennale, prima dell’en- trata in vigore del Basilea 2. Quindi gli effetti del Basilea 2 sono in realtà già cominciati, a partire dal 1 gen- naio 2004.
Nel processo di rating deve essere fatto ricorso quanto più possibile alla elaborazio- ne di dati quantitativi, perché sono per definizione i più oggettivi e verificabili.
Poiché, però, tutti gli elementi rilevanti ai fini della valutazione del rischio devono essere presi in considerazione, i sistemi di rating contemplano anche una serie di fattori qualitativi sulla cui importanza esiste una ampia e consolidata convergenza tra gli analisti economico-finanziari.
Anticipiamo qui di seguito, a titolo indicativo, un elenco schematico dei fattori che sono ordinariamente presi in considerazione nei processi di rating.
Abbiamo suddiviso tali fattori in tre gruppi come segue: fattori quantitativi, fattori quali-quantitativi, fattori qualitativi.
3.1 Fattori quantitativi
Si tratta di elementi di grande importanza perché sono caratterizzati dalla maggio- re “oggettività”.
Grazie a tale “oggettività” i modelli di elaborazione possono pervenire a valutazio- ni univoche, indipendenti dall’intervento di un valutatore “umano” (che sono in- vece per loro natura soggettivi).
Non a caso quasi sempre il perfezionamento di questa parte della procedura di
rating è affidata a modelli di elaborazione automatici.
Il risultato di queste elaborazioni automatiche è di regola definito “scoring” anzichè “rating”. In questo modo si sottolinea che la valutazione è di tipo quantitativo e oggettivo.
Nei processi di scoring mancano quei correttivi di giudizio basati sugli aspetti qua- litativi. L’influenza di questi ultimi, infatti, può essere considerata solo con il con- tributo della sensibilità dell’analista.
Lo “scoring”, dunque, ha il pregio della assoluta oggettività, ma non possiede l’e- lasticità necessaria a tener conto degli elementi qualitativi, delle eccezioni e i casi particolari.
La valutazione di affidabilità è invece così complessa che l’influenza di questi aspetti è troppo significativa per poter essere ignorata.
I modelli di scoring erano già utilizzati dalle banche maggiori da molti anni. L’accordo di Basilea 2 ne fissa rigorosi standard di funzionamento e di utilizzo, laddo- ve in precedenza le banche li usavano in piena libertà ed autonomia ai loro fini interni. Gli elementi quantitativi tipicamente comprendono:
1. Bilancio e rendiconti finanziari ufficiali
2. Dati interni di evoluzione rapporto
3. CRIF11 e Centrale dei rischi
11 CRIF è l’acronimo di “Centrale dei Rischi Finanziari”, istituita su base volontaria tra gli operatori del setto- re, quindi non solo le banche ma anche le primarie società finanziarie. La Centrale di Rischi è obbligatoria per tutte le banche ma è limitata ai finanziamenti superiori a 75000 €. La CRIF non è obbligatoria, ma è aperta anche ad altre società finanziarie e prende in considerazione tutti i finanziamenti senza limite di importo. Il limite della CRIF, come detto, è che, per motivi di costo, non tutte le banche vi aderiscono.
3.2 Fattori quali-quantitativi
Si tratta di fattori di valutazione che hanno un contenuto numerico ma ciò nono- stante non possono essere sempre considerati oggettivi, spesso perché hanno un contenuto previsionale come per esempio nel caso dei budget aziendali o degli andamenti settoriali prospettici.
Il loro contenuto cambia quindi in funzione del tempo e del soggetto emittente. Anche per questo i dati sono in genere accompagnati da relazioni esplicative e qualificative.
Anche quando si tratta di rilevazioni a consuntivo, come le statistiche sugli anda- menti di settore e/o di area geografica, tali rilevazioni hanno limiti dovuti al fatto che si tratta di indagini campionarie e come tali dipendenti dalla numerosità del campione oltrechè dalla accuratezza delle rilevazioni.
Pur con tutte queste limitazioni gli elementi in questione hanno evidentemente una grande valenza ai fini del rating.
Questa classe di elementi comprende:
• piani e budget aziendali, ovviamente corredati dalla descrizione delle strategie, i presupposti operativi e le ipotesi evolutive ambientali si cui poggiano le proiezioni economico-finanziarie;
• indagini degli andamenti di mercato per settore, area geografica, etc.. Si tratta di indagini che prendono spunto da rilevazioni statistiche campionarie mirate a verificare l’andamento di alcune grandezze economiche significative per la tipologia della azienda in esame. Sulla base di queste indagini possono essere svolte proiezioni delle tendenze di varie grandezze significative.
Grandezze come: evoluzione della domanda, dell’offerta, dell’occupazione, del tasso di inflazione, sono infatti importanti per la proiezione del fatturato, della evoluzione dei prezzi, dei costi delle materie prime, degli investimenti, della occupazione e dei costi del personale etc. oppure per la previsione dell’impatto che può derivare al settore dalla concorrenza di altre aree geografiche o di pro- dotti surrogatori e così via.
3.3 Fattori qualitativi
Le grandi agenzie internazionali di rating hanno sempre assegnato alle variabili qualitative una grande importanza. Si tratta effettivamente di elementi che hanno una grande significatività.
Le banche, invece, non hanno da questo punto di vista una grande tradizione: fino a ieri la valutazione di questi elementi, quando veniva fatta, era gestita in maniera non rigorosamente formalizzata dal “settorista”/”addetto ai fidi”.
L’accordo di Xxxxxxx 2 non definisce rigorosamente le procedure di analisi qualitati- va, nè stabilisce quali variabili vanno prese in considerazione.
Peró, come abbiamo detto, statuisce obiettivi misurabili di attendibilità dei risultati dell’intero processo, ed indica in maniera implicita (e in qualche caso esplicita) gli aspetti che devono essere valutati in questa fase della analisi: continuità aziendale, potenzialità commerciali e produttive, affidabilità amministrativa ecc.
In conseguenza delle indicazioni della normativa e facendo tesoro della esperienza delle più qualificate agenzie di rating internazionali, le banche stanno inserendo nei propri sistemi di rating la analisi “sistematica” delle variabili qualitative.
Tali variabili possono variare da banca a banca, ma in linea di massima compren- dono:
• Storia e tradizione aziendale.
• Corporate governance: assetti proprietari, norme statutarie e modelli di ammini- strazione e controllo.
• Organizzazione e sistemi gestionali.
• Posizionamento competitivo.
• Innovazione, qualità/quantità degli investimenti in R&S.
RATING
( Processo globale
di valutazione)
• Informazioni commerciali con particolare riferimento alla presenza/assenza dei cosiddetti “eventi pregiudizievoli”.
VALUTAZIONE DEL RISCHIO |
valutazioni qualitative Valutazioni integrative di carattere quali- quantitativo: budget, trend di mercato ecc. SCORING: Valutazioni di tipo quantitativo e oggettivo effettuate con modelli automatici basati su bilanci , andamento dei conti correnti e degli altri rapporti con la banca e/o il sistema finanziario . |
4. La nuova istruttoria fidi in relazione alla dimensione aziendale
Nel precedente capitolo ci siamo occupati dei sistemi di rating ed abbiamo visto come si modificano le procedure di concessione e revisione dei finanziamenti da un punto di vista generale.
Facciamo ora alcune riflessioni su come Basilea 2 modifica le procedure di istrutto- ria-fidi delle banche con particolare riferimento al tipo ed alle dimensioni dell’a- zienda coinvolta nella operazione. I principi di Basilea 2 trovano applicazione infat- ti nei confronti di tutte le aziende clienti delle banche, siano esse grandi, medie, piccole o addirittura micro-imprese.
Le seguenti sono schematizzazioni e come tali suscettibili di eccezioni. Sono, infat- ti, necessarie precisazioni in merito ai casi particolari, relativi per esempio a tipi specifici di operazioni.
Le informazioni di cui al seguente schema saranno approfondite e commentate in maggior dettaglio nei prossimi documenti.
4.1 Impatto variabili quantitative
Aziende coinvolte: grandi, medie, piccole e micro-imprese (vedi tabella seguente).
Ai fini del rating le variabili quantitative verranno utilizzate da tutte le banche, verso tutte le aziende, indipendentemente dalle dimensioni e le forme giuridiche.
Solo lo scoring di bilancio sarà giocoforza semplificato nei confronti di quelle mi- cro-imprese che operano in regime di contabilità semplificata e rendono disponibi- le solamente la dichiarazione dei redditi, che non dà sufficienti informazioni per l’analisi delle grandezze di natura patrimoniale.
Anche riguardo queste imprese tuttavia le banche prevedono di utilizzare informa- zioni integrative che saranno richieste per tutti i fidi, con la sola eccezione delle operazioni di importo assolutamente marginale. Per questi tipi di operazioni, infat- ti, non risulterebbe economicamente sostenibile neanche la immissione dei suddet- ti dati integrativi nel sistema informativo.
Per quanto riguarda lo scoring andamentale saranno coinvolti tutti i clienti affida- ti (anche privati, e quindi, a maggior ragione, tutte le imprese, di qualsiasi dimen- sione).
Il peso dello scoring andamentale diverrà ancora più importante nei confronti delle aziende minori, che forniscono minori supporti di valutazione.
Per quanto riguarda la Centrale dei Rischi (C.d.R.) naturalmente sono esclusi i sog- getti affidati per importi inferiori alla soglia di censimento mentre per quanto riguarda la CRIF, esiste l’eventualità che la banca non aderisca.
4.2 Impatto variabili quali-quantitative
Aziende coinvolte: grandi, medie, piccole e micro-imprese (vedi tabella seguente).
L’accordo di Basilea 2 introduce l’uso sistematico del budget aziendale e della analisi del business plan come elemento di valutazione.
Naturalmente è prevedibile che per gli affidamenti di importo marginale la atten- zione alla acquisizione di tale tipo di documenti sarà minore ed è possibile che il tempo per la analisi degli stessi sarà molto ridotto, cosicchè detta analisi sarà in tali casi molto superficiale.
Tuttavia l’inserimento di questi documenti nelle procedure di istruttoria è stato confermato anche dalle banche che hanno optato per il sistema standard, ed anche nei confronti delle micro-imprese.
Le eccezioni riguardano solo finanziamenti di importo non significativo (es. espo- sizioni verso la stessa azienda/gruppo complessivamente inferiori a 10 o 20 mila euro) o alcuni tipi di operazioni (es. mutui su immobili residenziali).
Per quanto riguarda le analisi di mercato/settore, queste rientrano nelle procedure di affidamento, ma le relative indagini sono di norma effettuate direttamente a cura delle banche con il ricorso ad agenzie specializzate.
Le risultanze di queste indagini saranno utilizzate nella valutazione dei piani aziendali, ma solo per le operazioni di importo significativo (esposizioni verso uno stesso operatore superiori ai 150, 250 mila euro).
4.3 Impatto variabili qualitative
Aziende coinvolte: grandi, medie, piccole e micro-imprese (vedi tabella seguente).
Per questo tipo di variabili, occorre scendere in maggior dettaglio, come faremo nei prossimi documenti.
Infatti, per esempio, per le aziende maggiori saranno presi in considerazione tutti i fattori elencati nel precedente capitolo, mentre per le micro-imprese gioche- ranno solo la sistematica rilevazione degli “eventi pregiudizievoli” e una indagi- ne rapida e superficiale circa gli altri aspetti illustrati in precedenza, con esclusio- ne naturalmente di quelli relativi alle informazioni statutarie e di “corporate governance”.
Analisi dell’impatto dei fattori di valutazione per tipologia di impresa | ||||
LEGENDA: | ||||
G: impresa grande | √ Fattore utilizzato | |||
M: impresa media | Sf Fattore utilizzato superficialmente | |||
P: piccola impresa Mc: micro-impresa | - Fattore non utilizzato | |||
Fattori quantitativi | G | M | P | Mc |
1. Xxxxxxxx e rendiconti finanziari ufficiali | √ | √ | √ | Sf |
2. Dati interni di evoluzione rapporto | √ | √ | √ | √ |
3. CRIF12 | √ | √ | √ | √ |
4. Centrale dei rischi13 | √ | √ | √ | √ |
Fattori quali- quantitativi | ||||
Piani e budget aziendali | √ | √ | √ | Sf |
Indagini degli andamenti di mercato | √ | √ | Sf | - |
Fattori qualitativi | ||||
1. Storia e tradizione aziendale | √ | √ | Sf | Sf |
2. Corporate governance | √ | √ | Sf | - |
3. Organizzazione e sistemi gestionali | √ | √ | Sf | - |
4. Posizionamento competitivo | √ | √ | Sf | Sf |
5. Innovazione, qualità/quantità degli investimenti in RGS | √ | √ | Sf | Sf |
6. Informazioni commerciali (eventi “pregiudizievoli”) | √ | √ | √ | √ |
5. Conclusioni
Xxxxxxx qui fornito una prima panoramica dei contenuti del nuovo accordo di Basilea. La conoscenza del nuovo accordo è il presupposto per apprezzare le con- seguenze che esso avrà sui rapporti banca-azienda e consentire, quindi, di cogliere le opportunità che la nuova situazione apre al ruolo del consulente aziendale.
Nei prossimi documenti svilupperemo in maggior dettaglio i seguenti argomenti:
– modalità di funzionamento dei sistemi di scoring e dei sistemi di rating.
Correlazione tra i rating assegnati alle aziende clienti e condizioni principali ed accessorie ottenibili in sede di trattativa con le banche;
– impatto di Basilea 2 sulla opportunità/efficacia del rilascio di garanzie ai fini del- l’ottenimento del credito e del miglioramento delle condizioni finanziarie;
– conseguenze sulle garanzie rilasciate dai consorzi Fidi. Comportamenti consiglia- ti nei confronti di aziende che hanno ottenuto finanziamenti solo grazie alla assi- stenza di un tale tipo di garanzia;
– relazioni tra il rating e il combinato delle norme amministrative, fiscali e societa- rie, con riferimento, in particolare, alle più recenti innovazioni. Soluzioni che possono favorire il miglioramento del rating;
12 In dipendenza della adesione della banca al sistema volontario CRIF
13 In dipendenza dell’importo totale della esposizione verso la banca
– strategie di evoluzione gestionale utili per il miglioramento del rating aziendale: introduzione del sistema di controllo di gestione economico-finanziario; predi- sposizione di piani e budget; realizzazione di un sistema di gestione anticipata di tesoreria; razionalizzazione della gestione finanziaria nel suo complesso;
– corredo informativo da presentare alle banche per valorizzare le potenzialità della azienda ai fini del miglioramento del rating. Esempi di schema di redazione dei vari documenti, con formati separati personalizzati sulle esigenze delle PMI.
ALLEGATO 1
POTENZIALE CORRELAZIONE NEL BILANCIO DELLA BANCA TRA RATING DEGLI IMPIEGHI E RISULTATI ECONOMICI
Quello proposto è un esempio semplificato e schematico e come tale puramente indicativo.
Nella tabella 1 a pagina seguente è presentato lo schema delle correlazioni all’inter- no del Bilancio della Banca.
Come si vede, dal Totale della Raccolta, che è costituita dalla somma dei depositi della clientela, hanno origine gli interessi passivi che sono tra i costi della banca quelli concettualmente più rilevanti.
Il prodotto tra il tasso passivo medio e il volume complessivo della raccolta è, infatti, per definizione uguale agli interessi passivi.
I costi finanziari sono quindi la componente più importante dei costi variabili e sono strettamente correlati a:
1. volume della raccolta
2. livello dei tassi finanziari
Analoga correlazione esiste tra il volume degli impieghi e il tasso medio degli inte- ressi attivi.
Anche qui, il prodotto tra il tasso attivo medio e il volume complessivo degli impieghi è uguale agli interessi attivi.
Tenuto presente che il conto economico di una banca può essere schematizzato in maniera semplificata come segue:
Interessi attivi
- interessi passivi
+ Commissioni ed altri ricavi da servizi Margine finanziario lordo
- accantonamenti e perdite su crediti Margine finanziario netto
- altri costi operativi UTILE LORDO
nelle tabelle successive viene simulato come cambierebbe il conto economico della banca, fino al livello del margine finanziario, nella ipotesi che:
• il tasso attivo medio e il tasso passivo medio rimangano invariati
• l’incidenza dei ricavi da servizi sia in media relativamente costante e propor- zionale alla somma dei volumi serviti complessivamente, vale a dire alla somma totale di raccolta e impieghi.
La correlazione di cui al secondo comma non è assoluta, ma abbastanza realistica in media.
Ci fermiamo a livello del margine finanziario netto perché è la grandezza più significativa dal nostro punto di vista.
Infatti, gli altri costi operativi sono in generale quasi fissi e quindi variano in maniera piuttosto marginale rispetto alla variazione dei volumi operativi.
Per quanto riguarda gli accantonamenti e le perdite su crediti, la variazione è
dipendente non solo dal volume degli impieghi, ma anche dal tasso medio di inci- denza delle perdite.
Per questo, nelle nostre ipotesi in cui l’incremento dei volumi consegue a un miglior rating medio degli impieghi, i costi menzionati al precedente capoverso devono variare anch’essi, ma in maniera meno che proporzionale.
Infatti, se i sistemi di rating rispondono ai requisiti di attendibilità richiesti, una banca che sceglie impieghi a basso rischio dovrebbe veder scendere la percentuale di incidenza media della voce di costo in oggetto.
Nelle nostre simulazioni abbiamo, invece, tenuto costante tale tasso di incidenza media. Questo significa che l’impatto delle conseguenze sul margine finanziario netto della banca è potenzialmente ancora più rilevante di quanto emerge dagli esempi che seguono.
Tutto ciò premesso presentiamo 3 tabelle che simulano schematicamente altrettante situazioni:
1. Tabella A: caso con coefficiente medio di ponderazione di rischio degli impieghi pari al 100%.
Tasso passivo medio: 1% Tasso attivo medio: 8%
% ricavi da servizi su totale Raccolta + Impieghi: 1,5% Tasso % incidenza media perdite su crediti: 1%
2. TABELLA B: caso in cui, in conseguenza di un rating medio degli impieghi sfa- vorevole, il coefficiente di ponderazione degli stessi sia pari al 150%.
Tasso passivo medio: 1% Tasso attivo medio: 8%
% ricavi da servizi su totale Raccolta + Impieghi: 1,5% Tasso % incidenza media perdite su crediti: 1%
3. TABELLA C: caso in cui, in conseguenza di un rating medio degli impieghi molto favorevole, il coefficiente di ponderazione sia pari al 20%.
Tasso passivo medio: 1% Tasso attivo medio: 8%
% ricavi da servizi su totale Raccolta + Impieghi: 1,5% Tasso % incidenza media perdite su crediti: 1%
Nelle tabelle, come si vede, varia solo il coefficiente medio di ponderazione degli impieghi; restano ferme tutte le altre variabili indipendenti.
Il risultato delle suddette simulazioni porta a cambiamenti dei valori del margine finanziario molto significativi: tra 74,5 e 562 unità di conto14.
14 Naturalmente l’esempio è riferito a casi estremi. Tuttavia va osservato che, almeno in linea teorica, la varia- zione degli indici di ponderazione potrebbe essere ancora piú alta, con analoghe maggiori conseguenze sui margini finanziari.
fig.1 Schema di correlazione tra Stato patrimoniale e conto economico della banca
TABELLA A Simulazione di un caso–tipo con coefficiente medio di ponderazione di rischio degli impieghi pari al 100%.
Gli Impieghi consentiti risultano pari a: Mezzi propri x 12,5.
Il coefficiente 12,5 risulta dal rapporto 100/8: consente di riportare la proporzione tra Mezzi propri e
Impieghi all’8%.
La raccolta è fissata pari a “Impieghi – Mezzi propri” per rispettare l’obbligo di quadratura dello Stato Patrimoniale semplificato (si ignora l’incidenza delle altre voci, che sono di valore meno significativo).
Interessi attivi = tasso attivo medio x Impieghi. Interessi passivi = Tasso passivo medio x Raccolta.
Ricavi da servizi = Ricavi % medi da servizi x (Raccolta + Impieghi). Perdite su crediti = Impieghi x 0,01.
Schema di STATO PATRIMONIALE | ||||||||
Rapporto cap.netto/i mpieghi | 8,0% | Ricavi % m edi da servizi | 1,5% | |||||
Tasso atti vo m edi o | 8% | Tasso passi vo m edi o | 1% | |||||
ATTIVITÁ | PASSIVITÁ | |||||||
Im pieghi | 1250 | Raccolta | 1150 | |||||
Mezzi propri | 100 | |||||||
Totale | 1250 | Totale | 1250 | |||||
Schema di CONTO ECONOMICO | ||||||||
Interessi attivi | 100 | |||||||
Interessi passivi | 12 | |||||||
altri ricavi da servizi | 36 | |||||||
perdite su crediti | 13 | incidenza | 1% | |||||
M. finanziario netto | 112 | |||||||
Altri costi operativi | ||||||||
Utile | ||||||||
TABELLA B Simulazione del caso in cui in conseguenza di un rating medio degli impieghi sfavorevole il coefficiente di ponderazione degli stessi sia pari al 150%.
Gli Impieghi consentiti risultano pari a: Mezzi propri x 12,5 : 1,5 = 1250/1,5 = 833,333…
La correzione è dovuta perché in questo caso Il rapporto dell’8% deve risultare tra Mezzi propri e
Impieghi ponderati al 150% (quindi moltiplicati per 1,5).
Tutte le altre voci sono calcolate come nella precedente tabella.
Schema di STATO PATRIMONIALE | ||||||||
Rapporto cap.netto/i mpieghi | 12,0% | Ricavi % m edi da servizi | 1,5% | |||||
Tasso atti vo m edi o | 8% | Tasso passi vo m edi o | 1% | |||||
ATTIVITÁ | PASSIVITÁ | |||||||
Impieghi | 833,3 | Raccolta | 733,3 | |||||
Mezzi propri | 100 | |||||||
Totale | 833,3 | Totale | 833,3 | |||||
Schema di CONTO ECONOMICO | ||||||||
Interessi attivi | 66,7 | |||||||
Interessi passivi | 7 | |||||||
altri ricavi da servizi | 23,5 | |||||||
perdite su crediti | 8 | incidenza | 1% | |||||
M. finanziario netto | 74,5 | |||||||
Altri costi operativi | ||||||||
Utile | ||||||||
TABELLA C – Simulazione del caso in cui in conseguenza di un rating medio degli impieghi molto favorevole il coefficiente di ponderazione sia pari al 20%.
Gli Impieghi consentiti risultano pari a: Mezzi propri x 12,5 x 5 = 1250 x 5 = 6250.
In questo caso Il rapporto dell’8% deve risultare tra Mezzi propri e Impieghi ponderati al 20% (quin- di divisi per 5).
Tutte le altre voci sono calcolate come nelle tabelle precedenti.
Schema di STATO PATRIMONIALE | ||||||||
Rapporto cap.netto/i mpieghi | 1,6% | Ricavi % m edi da servizi | 1,5% | |||||
Tasso atti vo m edi o | 8% | Tasso passi vo m edi o | 1% | |||||
ATTIVITÁ | PASSIVITÁ | |||||||
Im pieghi | 6250 | Raccolta | 6150 | |||||
Mezzi propri | 100 | |||||||
Totale | 6250 | Totale | 6250 | |||||
Schema di CONTO ECONOMICO | ||||||||
Interessi attivi | 500 | |||||||
Interessi passivi | 61,5 | |||||||
altri ricavi da servizi | 186 | |||||||
perdite su crediti | 62,5 | incidenza | 1% | |||||
M. finanziario netto | 562 | |||||||
Altri costi operativi | ||||||||
Utile | ||||||||
ALLEGATO 2
GLOSSARIO
delle abbreviazioni e/o termini tecnici utilizzati nel presente documento
BIS (Bank of International Settlements) | Banca dei Regolamenti Internazionali. |
EAD (IEsposure at Default) | (Importo sottoposto a rischio di inadempienza). |
ECAI (External Credit Assignment Institution) | Agenzia di valutazione di affidabilità esterna (alla banca). |
IRB (Internal ratings based) | (Sistema) fondato su rating interni. Opzione, ammessa dal Basilea 2, per la ponderazione dei finanziamenti erogati ai fini del calcolo dei requisiti di capitale. |
IRB Advanced | Approccio IRB Avanzato. Opzione più sofisticata tra quelle fondate sul sistema IRB. |
IRB Foundation. | Approccio IRB base. Opzione più semplice tra quelle fondate sul sistema IRB. |
LGD (Loss given Default) | Perdita in caso di inadempienza. |
M (Maturità) | Scadenza Effettiva (o durata residua del finanziamento). |
Mapping | processo mediante il quale si abbinano le soglie minima e massima della PD alle varie classi di rating. |
PD (Probability of Default) | Probabilità di inadempienza. |
“Pilastri” | “Pilastri”nel senso di “Principi di fondo” o “filoni” di cui si compone il “Basilea 2”. |
Plafond (di fido) | Massimale, limite superiore entro il quale il cliente ha preventiva autorizzazione a disporre autonomamente. |
Pool | Gruppo, insieme. |
Rating (1) | Processo di elaborazione della “valutazione di affidabilità” attribuita a un cliente della Banca. |
Rating (2) | “Valutazione di affidabilità” attribuita a un cliente della Banca. |
Rotazione (del fido) | Somma dei movimenti registrati sul conto affidato: una rotazione |
soddisfacentemente alta si ha quando i valore dei movimenti è multiplo di 4-6 volte del fido accordato. | |
Scoring | Processo di una valutazione del rischio cliente basato su elaborazione automatica di fattori quantitativi. |
Sistema standard | Opzione, ammessa dal “Basilea 2”, per la ponderazione dei finanziamenti erogati ai fini della elaborazione dei requisiti minimi di capitale. |