Contratto in generale La simulazione relativa parziale tra ontica e deontica* Commento a Cass., 24 novembre 2023, n. 32724 (ord.) COMMENTI Aurelio Gentili**
Contratto in generale
La simulazione relativa parziale tra ontica e deontica*
Commento a Cass., 24 novembre 2023, n. 32724 (ord.)
COMMENTI
Xxxxxxx Xxxxxxx**
Sommario: I. CASO. – II. QUESTIONI DI DIRITTO. – III. COMMENTO: 1. La simulazione: “apparenza e realtà”? – 2. Simu- lare un vincolo. – 3. Una ricostruzione alternativa. – 4. Una osservazione metodologica.
La simulazione del contratto è tradizionalmente spiegata come caso di contrasto tra apparenza e realtà. Si tratta invece di contrasto tra due dichiarazioni, l’una valida per i rapporti interni, l’altra per i rapporti esterni. Ove tale contraddizione non ricorra, non si dà simulazione, ancor- ché il contratto possa essere finalizzato a scopi ulteriori rispetto a quelli tipicamente suoi propri.
Contract simulation is traditionally explained as a case of contrast between appearance and reality. On the contrary, it is a conflict between two declarations, one valid for external rela- tions, the other for internal relations. When there is not such contradiction, there is not simu- lation, even if the contract is intended also for purposes other than those which are typically its own.
Parole chiave: Simulazione - Apparenza - Realtà - Defettibilità - Negozio indiretto - Simula- tion - Appearence - Reality - Defeasability - Indirect act
I. CASO
Una società in liquidazione cita in giudizio la moglie del liquidatore per sentire dichiarare l’invalidità del contratto con cui questa le ha ceduto a titolo oneroso delle partecipazioni sociali. Allega l’illiceità della cau- sa del contratto affermando che la cessione era preor- dinata a definire non i rapporti economici societari, bensì i rapporti patrimoniali tra la convenuta ed il marito (come detto amministratore unico, poi liqui- datore della società attrice). Xxxxxx, di conseguenza, la condanna della convenuta cedente alla restituzione del corrispettivo percepito.
Costituitasi in giudizio, la convenuta eccepisce la vali- dità dell’atto di cessione, e in via riconvenzionale chie-
de che la società attrice sia condannata ad adempiere alle obbligazioni contrattuali assunte, mediante il ver- samento a suo favore del residuo del prezzo convenuto per la cessione, non ancora corrisposto, oltre interessi di mora al tasso convenzionalmente pattuito.
Il Tribunale accoglie parzialmente la domanda princi- pale e dichiara nullo il contratto di cessione di quote, condannando la società attrice a restituirle.
Proposto appello dalla cedente, la Corte territoriale lo rigetta integralmente e conferma la sentenza di primo grado. Secondo la Corte il contratto di cessione delle partecipazioni societarie realizzava una simulazione oggettiva parziale, perché il corrispettivo della vendi- ta di azioni e quote era rappresentato dal pagamento, da parte della società cessionaria, di quanto dovuto
dal marito della cedente, in vista della definizione dei
* Contributo pubblicato all’esito di valutazione.
** Professore emerito di Diritto civile, Università Roma Tre.
rapporti patrimoniali tra i coniugi separandi (ossia le condizioni di mantenimento e l’assegno divorzile). La cessione realizzava quindi una pattuizione preventiva
di tali condizioni, e ciò avrebbe potuto pregiudicare la libertà di determinarsi in sede di giudizio di se- parazione. Pertanto, il contratto era simulato e visto nella sua realtà era da dichiarare nullo per violazione dell’art. 160 c.c. in quanto volto a definire anticipata- mente i rapporti patrimoniali tra i coniugi.
Avverso tale sentenza la moglie cedente propone ri- corso per cassazione, lamentando (tra l’altro) la falsa applicazione dell’art. 1414 c.c. La ricorrente asserisce invece che le somme concordate quale corrispettivo della cessione rientravano in un più ampio finanzia- mento dei soci che il marito, come detto amministra- tore e poi liquidatore della società, avrebbe concesso alla sua holding, onde consentirle di compiere ulte- riori operazioni societarie, come si poteva riscontrare dai bilanci di esercizio della società.
La Cassazione ritiene fondata la doglianza, taccian- do di apoditticità la sentenza di appello che qualifica la cessione di partecipazioni societarie quale negozio parzialmente simulato in senso oggettivo che masche- ra una definizione anticipata dei rapporti patrimoniali tra i coniugi separandi. Per la Corte Suprema la sen- tenza è del tutto priva di basi argomentative, in quanto non individua alcun fatto che attesti il carattere simu- lato della cessione. Per motivare questa conclusione la Corte di legittimità mette a punto la dottrina della simulazione consolidata dalla giurisprudenza (1).
Ne è assunto basilare che la simulazione «individua un’ipotesi di dissociazione concordata tra volontà e dichiarazione» (2). La Corte distingue anzitutto tra
(1) Tra gli Autori che si sono occupati di tale istituto si rinvia, es- senzialmente, a: FERRARA, Della simulazione dei negozi giuridici, Athenaeum, 1922; SALV. XXXXXX, Contributo esegetico allo studio della simulazione: l’art. 1414 c. c., Xxxxxxx, 1955; X. XXXXXXX, La simulazione dei negozi giuridici, Utet, 1960; XXXXXXX, Il contratto simulato: teorie della simulazione e analisi del linguaggio, Jo- vene, Napoli, 1982; PELLICANÒ, Il problema della simulazione nei contratti, Cedam, 1988; XXXXXX, La simulazione e l’interesse a si- mulare nei contratti, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1988, 1, 67 ss.;
simulazione assoluta e relativa (3): nel primo caso i soggetti convengono che il negozio simulato costitui- sca una mera apparenza nei confronti dei terzi, ma che in realtà non li vincoli essendo privo di qualsiasi fun- zione e quindi lasciando inalterata la reale situazione inter partes; nel secondo caso il negozio apparente occulta un diverso ed effettivo impegno negoziale pre- so dai contraenti, che ha la funzione autonoma di con- formare il rapporto inter partes, ma in modo diverso da ciò che si fa apparire. In questo caso l’operazione è più complessa e mira a creare, oltre all’apparenza di un negozio, anche la sostanza di un negozio diverso, che rimane occulto rispetto ai terzi (4).
In questo quadro, afferma la Cassazione, «la contro- dichiarazione o accordo simulatorio è il necessario elemento di collegamento tra situazione apparente e situazione reale e consente di stabilire quale sia l’in- tento pratico perseguito dai soggetti: se esso cioè si limiti alla creazione di una finzione di atto o se esso lasci residuare un diverso ed effettivo impegno ne- goziale; si descrive, pertanto, la simulazione come procedimento complesso». La controdichiarazione mette in luce il contrasto «tra due manifestazioni entrambe volute, ma per fini diversi. Tali manifesta- zioni in realtà si coordinano: o nel senso che l’una to- glie all’altra ogni valore vincolante tra le parti o nel senso che l’una si compone con l’altra, piegandola a perseguire, ove possibile, dietro la veste apparente, un diverso risultato pratico» (5). E «nel caso della simulazione relativa il nesso tra dichiarazione e con- trodichiarazione comporta una sorta di singolare compenetrazione tra negozio dissimulato e negozio simulato: il primo sarebbe un fatto complementare, destinato a riempire del suo contenuto il secondo». La Cassazione rammenta poi che la simulazione può essere oggettiva o soggettiva a seconda che essa «cada sul contenuto del contratto ovvero sui suoi soggetti»
ID., Autonomia privata e simulazione, Cedam, 1990; XXXXXXXXX,
Della simulazione di effetti negoziali, Cedam, 1992; MONTECCHIARI, La simulazione del contratto, Xxxxxxx, 1999; XXXXX, Statica e di- namica del negozio simulato, Esi, 2015; XXXXX, Simulazione (artt. 1414-1417), in Comm. cc. Xxxxxxxxxxx, diretto da Xxxxxxxx, Xxxxxxx, 2017.
(2) La sentenza richiama quali precedenti conformi: Cass., 19 ottobre 2007, n. 21995; Cass., 17 gennaio 2003, n. 614; Cass., 9 aprile 1987, n. 3501.
Sul punto la dottrina (XXXXXXX, Il contratto simulato, cit., 259 ss.) si attesta su una posizione diversa, escludendo che vi sia divergenza tra voluto e dichiarato, volendo le parti avvalersi del meccanismo simulatorio; sussistono pertanto due volontà distinte ma collegate all’unico fine di creare quel complesso meccanismo in cui i piani
dell’efficacia esterna e dell’efficacia interna del regolamento d’inte- ressi convivono pur essendo difformi.
(3) Sulla distinzione, v. per tutti, FERRARA, Della simulazione dei negozi giuridici, cit., 173.
Dubitano della utilità di questa distinzione: CERONI, Autonomia privata e simulazione, cit., 50 ss.; PELLICANÒ, Il problema della si- mulazione nei contratti, cit., 12 ss.
(4) La sentenza richiama Xxxx., 19 dicembre 2019, n. 34024; Cass., 27 novembre 2009, n. 25055.
(5) In particolare, sul tema delle controdichiarazioni, v. per tutti, SACCO, Le controdichiarazioni, in Tratt. contr. Xxxxxxxx, X, t. II, Utet, 2018, 238 ss.
(dovendosi discorrere in quest’ultima ipotesi di inter- posizione fittizia) (6).
Richiama infine l’indirizzo giurisprudenziale per cui la simulazione può essere anche parziale laddove l’accordo simulatorio investa solo alcuni elementi del contratto (7), ovvero soltanto uno dei negozi contem- plati in un atto (8).
In conclusione, il giudice di legittimità afferma che la peculiarità dell’istituto vada «considerata in relazio- ne alla funzione negoziale» la quale è «manipolata dai soggetti in vista di scopi pratici della più diversa natura, a fronte del dato costante della creazione di una situazione apparente e, quindi, non vincolante. Invece, il dato variabile è sostanziato dall’esistenza di un sottostante e diverso vincolo effettivo. E ciò con l’intento di creare l’apparenza di un negozio, con o senza l’intento di occultare un negozio diverso».
Stante questo inquadramento, la Corte rileva che
«nella motivazione della pronuncia impugnata non è dato ravvisare la valorizzazione di alcuna emer- genza fattuale idonea» ad integrare un’ipotesi di si- mulazione. Per dichiarare l’invalidità della cessione di quote societarie i giudici di merito hanno «gene- ricamente richiamato l’intento di definire, in via an- ticipata, l’adempimento dei doveri coniugali» senza tuttavia offrire «alcuna contezza degli elementi di raccordo tra la paventata violazione dei doveri inde- rogabili – di cui non è stato affatto tracciato il sub- strato realizzativo – e l’integrazione di un’ipotesi di simulazione oggettiva parziale» (9).
E se è vero che l’individuazione della causa simu- xxxxx è indice rilevante ma non indispensabile per dimostrare l’esistenza di un accordo simulatorio, è altrettanto vero che «nel caso di specie non è stato mai precisato: a) se la cessione delle partecipazioni societarie (recte della quota e delle azioni) sia effet- tivamente avvenuta nella sua interezza (come sem- brerebbe dalla correlata condanna alla restituzione) o solo in parte; b) e, in conseguenza, in quali termini detta traslazione di quota e azioni abbia inciso sulla misura del corrispettivo (ove destinato a far fronte congiuntamente all’ulteriore finalità indicata), ossia quale parte del corrispettivo sia stata destinata a far fronte all’acquisto e quale alla finalità ulteriore pro- grammata; c) a fronte del richiamo alla paventata definizione anticipata delle condizioni di separazio- ne, in quale modo sia stato regolamentato l’assetto dei rapporti coniugali in ragione dell’operazione negoziale effettuata (anche in vista della rinuncia a future pretese da esercitare in sede di separazione o divorzio)». E ciò «tanto più che il riferimento alla definizione dei rapporti economico-patrimoniali con il coniuge – che non è stato, almeno formalmente, parte del negozio di cessione (bensì mero rappre- sentante legale della società cessionaria) – avrebbe presupposto, nella logica dell’integrazione di una fattispecie complessa di simulazione, la sua parte- cipazione al giudizio o comunque l’integrazione del contraddittorio verso tale parte».
Si tratta di «carenze […] talmente radicali» da esclu- dere che nel caso di specie si versi in un’ipotesi di
simulazione. Per questa ragione la Corte accoglie il
(6) Sul tema dell’interposizione di persona, si rinvia a: X. XXXXX- GNA, Il problema della interposizione di persona, Xxxxxxx, 1962; XXXXXXXXX, voce Interposizione di persona, in Enc. dir., XXII, Xxxxxxx, 1972, 143 ss.; XXXXX, Interposizione reale e interposizione fittizia: una distinzione ancora valida, in Riv. dir. comm., 1974, I, 217 ss.; X. XXXXX, L’interposizione di persona, Cedam, 1990.
(7) Cfr. Cass., 2 marzo 2007, n. 4901, in Onelegale; Cass. 24 giu- gno 2003, n. 10009, ivi; Cass., 24 aprile 1996, n. 3857, in Contrat- ti, 1996, 5, 456; Cass., 2 ottobre 1978, n. 4366, in Onelegale.
(8) Cass., 13 febbraio 1992, n. 1751, in Foro it., 1992, I, 1775 ss.
(9) Ciò coerentemente con l’orientamento che dichiara nulli per illiceità della causa quegli accordi con i quali i coniugi fissano pre- ventivamente il regime giuridico-patrimoniale in vista della futura separazione o del futuro divorzio, perché stipulati in violazione del principio fondamentale di radicale indisponibilità dei diritti in materia matrimoniale, espresso dall’art. 160 c.c. (Cass., ord. 28 giugno 2022, n. 20745, in Onelegale; Cass., 30 gennaio 2017, n. 2224, in Nuova giur. civ. comm., 2017, 7-8, 953 ss.; Cass., 18 feb- braio 2000, n. 1810, in Corr. giur., 2000, 8, 1020 ss.). Senza però offrire alcuna contezza degli elementi di raccordo tra la paventa- ta violazione dei doveri inderogabili – di cui non è stato affatto tracciato il substrato realizzativo – e l’integrazione di un’ipotesi di simulazione oggettiva parziale.
primo motivo di ricorso; per effetto di ciò, i restanti tre motivi rimangono assorbiti, giacché fondati sul presupposto dell’accertata nullità dell’operazione ne- goziale.
II. Questioni di diritto
La sentenza in commento propone due questioni. La prima è quella dell’indice del carattere simulato di una pattuizione, indice che la Suprema Corte non rav- visa nell’accertamento dei giudici di merito. La secon- da è quella del concetto di simulazione contrattuale, che la Corte desume dagli esiti della dottrina più tra- dizionale e soprattutto dal consolidato orientamento giurisprudenziale. Questo concetto è determinante anche al fine di stabilire quale indice possa valere a esplicitare il carattere simulato di una pattuizione, e perciò prende rilievo nel caso.
Anticipando qui ciò che si osserverà nel seguito, re- lativamente al primo punto la sentenza appare im-
peccabile. Relativamente al secondo punto invece si constatano nella concettualizzazione della Corte varie incertezze.
Xxxxxxxxx vuole che nel commento si inverta l’ordine, per ricavare da un concetto realmente efficace della simulazione quale sia l’indice che nel caso concreto la rivela.
III. Commento
1. La simulazione: “apparenza e realtà”?
Solo ad un esame superficiale la ricapitolazione che la Cassazione fa nella sentenza in commento della nozione di simulazione può apparire coerente. A ben vedere tale ricapitolazione rivela varie debolezze logi- che. Per rendersene conto, basta ripercorrerla.
1.1. – Una prima debolezza logica è l’approccio in ter- mini di contrasto tra volontà e dichiarazione. Come detto, l’assunto basilare della sentenza è che la simu- lazione «individua un’ipotesi di dissociazione con- cordata tra volontà e dichiarazione».
È questa la tesi della più classica dottrina di indirizzo volontaristico (10). Ma anche prescindendo dalla pre- sa di distanza che dottrine più recenti hanno compiu- to rispetto all’approccio volontaristico (11), e stando – ma solo per ragionarlo – ad esso, l’assunto non tiene. Esso nel suo approccio tipicamente ontico (essere e non essere, essere e apparire, realtà e finzione) pre- suppone che nella simulazione ci sia una verità (il rapporto reale tra le parti, invariato nella simulazione assoluta e diversamente conformato nella relativa) e una finzione (il rapporto fittizio tra le parti come ap- pare sulla base del contratto simulato). E che il primo sia voluto e il secondo dichiarato.
Ma ci vuole poco a vedere che non è così.
La “verità” (vedremo più avanti che tale approccio ontico in termini di verità e finzione è incongruo, ma qui lo uso per mostrare che non tiene): a) è necessa- riamente sempre dichiarata: senza una controdichia- razione non si potrebbe mai stabilire che il negozio
simulato è finto (12) (altro è, poi, la forma di tale con- trodichiarazione: l’accordo simulatorio che in essa si rivela può manifestarsi in varie forme, ma è elemento essenziale del concetto, e non esiste giuridicamente se non si manifesta in qualche modo); e senza la mani- festazione esteriore di quelle regole del rapporto che debbono valere tra le parti non si avrebbe mai dissi- mulazione; b) non è propriamente voluta nella simu- lazione assoluta, in cui le parti simulanti lasciano le cose come stavano, mentre è voluta nella relativa, in cui è prodotto del negozio dissimulato.
Per contro, la finzione dichiarata: a) è certamente vo- luta: i simulanti agli effetti esterni (cioè per i terzi) vogliono davvero che sussistano i diritti e gli obblighi che appaiono costituiti dal negozio simulato (p. es.: in una cessione patrimoniale fatta per sfuggire ai cre- ditori i simulanti vogliono poter opporre l’avvenuta cessione), altrimenti fallirebbero lo scopo; è solo nei rapporti interni che non li vogliono; b) è sì dichiarata ma anche negata: la controdichiarazione dice il con- trario del negozio simulato.
Ne segue che non è vero che la simulazione «indivi- dua un’ipotesi di dissociazione concordata tra volon- tà e dichiarazione».
Tanto poco è vero che la Suprema Corte nella stessa sentenza in commento, poche righe più avanti, smen- tisce. E infatti dice – questa volta più giustamente
- che «attraverso la controdichiarazione è messo in luce il contrasto tra due manifestazioni, entram- be volute, ma per fini diversi». «Entrambe volute», dunque. E ovviamente entrambe dichiarate, perché se rimanessero in interiore homine non avrebbero alcu- na rilevanza.
Con che emerge che il contrasto non è – sempre espri- mendosi in termini volontaristici – tra volontà e di- chiarazione ma tra una volontà e relativa dichiarazio- ne in un senso e una volontà e relativa dichiarazione in un altro senso.
In termini non volontaristici la simulazione è l’ado- zione contemporanea da parte dei simulanti di due regole almeno in parte incompatibili, l’una destina- ta a valere nei rapporti interni e l’altra nei rapporti
(10) In Italia questa concezione, mutuata dalla dottrina tedesca, trovò la sua compiuta espressione in FERRARA, Della simulazione dei negozi giuridici, Milano, 1909. La si trova ripresa da CARIOTA FERRARA, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano (1948), Napoli, 2011, p. 539.
(11) XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico (1943), Esi, 1994, 393 ss.; PUGLIATTI, La simulazione dei negozi unilaterali, in ID., Diritto civile – Metodo, Teoria – Pratica – Xxxxx, Giuf- frè, 1951, 543 ss.; XXXXXXXXX, La simulazione del negozio giuridico, Jovene, 1957; X. XXXXXXXXXXXX, Contributo alla teoria del negozio giuridico, Jovene, 1969, 201 ss.
(12) E su questo concorda anche la sentenza in commento, dove dice che «la controdichiarazione o accordo simulatorio è il ne- cessario elemento di collegamento tra situazione apparente e si- tuazione reale e consente di stabilire quale sia l’intento pratico perseguito dai soggetti: se esso cioè si limiti alla creazione di una finzione di atto o se esso lasci residuare un diverso ed effettivo im- pegno negoziale». Xxxxxxx è però confondere controdichiarazione e accordo simulatorio.
esterni. In ciò il fingere è l’accidente. La sostanza è la contraddizione.
1.2. – Una seconda debolezza logica è l’assunto che il proprium della simulazione, il suo «dato costante» come dice la Corte, sarebbe «la creazione di una si- tuazione apparente e, quindi, non vincolante». Anche questo è un assunto comune della più classica dottrina di indirizzo volontaristico, e più in genera- le del suo approccio tipicamente ontico (essere e non essere, essere e apparire, realtà e finzione). Ma basta considerare la disciplina legale per vedere che non tiene.
Se il contratto simulato creasse «una situazione appa- rente e, quindi, non vincolante», il simulato alienante e i suoi aventi causa prevarrebbero sempre: accertata la verità le brume della finzione si dissiperebbero. Ma gli artt. 1415 e 1416 c.c. ci dimostrano che non è così: il subacquirente di buona fede dal simulato acquiren- te, i suoi creditori che in buona fede abbiano iniziato l’esecuzione sui beni oggetto del contratto simulato, prevalgono sul simulato alienante e i suoi creditori. E i creditori chirografari del simulato acquirente, anche di mala fede, prevalgono sui creditori del simulato alienante anche di buona fede il cui credito sia sorto dopo l’atto simulato.
Il che dimostra che i diritti (chiamiamoli così) “si- mulati” non sono apparenza ma sostanza, che può cedere a ragioni più forti, ma esiste e vale contro ra- gioni più deboli. Quindi la c.d. “situazione apparente” è, almeno entro certi limiti, vincolante. È, cioè – per esprimersi ancora una volta con il lessico della tradi- zione – un effetto giuridico e non la sua apparenza. E i conflitti non sono decisi dal criterio apparenza/re- altà, ma da un criterio di prevalenza che considera il diritto simulato un fattore concreto della fattispecie, e che decide il conflitto in base alla maggior coerenza ed alla maggior specificità delle ragioni in contrasto. Insomma: il contratto simulato, lungi dal creare «una situazione apparente e, quindi, non vincolante» crea una situazione concreta. Solo che per la contraddizio- ne interna che la inficia è una situazione defettibile, che perciò secondo i casi vincola oppure cade.
1.3. – Queste debolezze hanno un’origine.
Non mi riferisco qui tanto alla loro origine storica. Storicamente è certo che la divergenza tra volontà e dichiarazione, la creazione di un’apparenza non vin-
Xxxxxxx, Betti, Pugliatti (solo per fare esempi) (13) vi trova appunto la teorica della divergenza e dell’appa- renza.
Mi riferisco invece alla loro origine teorica. Sarebbe stato naturale, posto che il diritto è dover essere e il contratto è una regola, accostarsi alla loro “simula- zione” (ma la c.d. simulazione del dover essere è dav- vero simulazione?) in termini deontici. E in termini deontici vi si accosta appunto il codice italiano, che disciplina i conflitti in termini di prevalenza o no dei
c.d. diritti simulati, e non di loro esistenza, perché la loro asserita apparenza non è inesistenza, e il negozio che li costituisce di certo non è inesistente (Nicht-Ge- schäft) e forse neppure è nullo (Nichtiges Geschäft), tant’è che la disciplina è diversa (14). Invece la dottri- na classica vi si è accostata in termini ontici, cioè di essere e apparire, che è un sembrare ma non essere. Da che discenderebbe che il contratto simulato non sia neppure un vero contratto (Scheingeschäft), e i suoi effetti siano mere ombre. E poi si è trovata in- garbugliata a spiegare come ciò che appare ma non è possa al caso trionfare su ciò che è, e così a constatare, con le parole di un autore, i “miracoli del diritto”.
Ma il diritto non fa miracoli. Semplicemente, non era giusto l’approccio.
2. Simulare un vincolo.
La sentenza cassa la decisione della Corte territoriale perché non trova in essa nessun indice che attesti il carattere simulato della pattuizione. In questo la pro- nuncia è impeccabile. Effettivamente la Corte d’Ap- pello affermava che la cessione di quote e azioni aves- se lo scopo di far conseguire alla moglie cedente un corrispettivo finalizzato ad anticiparle i trattamenti economici connessi al prossimo scioglimento del ma- trimonio, senza saper indicare alcun segno inequivo- co che questa fosse la funzione del negozio.
Non si tratta soltanto di una questione di prova quan- to, prima ancora, di struttura della fattispecie. Non si può, infatti affermare una simulazione relativa se non si indica, accanto alla regola dell’assetto di interessi simulato, la regola che la contrasta e la regola dell’as- setto di interessi dissimultato. Della cui adozione an- drà poi data prova.
Ma nella specie (per quanto se ne capisce dalla sua re- visione in sede di legittimità) che il corrispettivo della
colante, sono i tipici modi in cui la simulazione è stata
intesa dalla dottrina classica. Ripresi dalla giurispru- denza. Chi rilegga Xxxxxx, Manigk, von Thur, Ferrara,
(13) Il lettore mi giustificherà se nel limitato orizzonte di questo commento non posso soffermarmi sulla letteratura in materia di simulazione e sui suoi contenuti.
(14) Un punto acquisito in dottrina a partire da SCOGNAMIGLIO,
Contributo alla teoria del negozio giuridico, cit., 201.
cessione servisse ad anticipare i trattamenti dovuti per la separazione e il divorzio era una supposizione di cui il giudice d’appello non indicava il segno. Per affermare la simulazione si sarebbe dovuto indicare (e poi provare) che (per esempio) la cessione era par- ziale, o che il corrispettivo includeva un surplus fina- lizzato ad anticipare il trattamento divorzile, o altro di eguale significato.
In termini più generali, mancava nella ricostruzione del giudice d’appello l’indispensabile indicazione, e poi prova, della controdichiarazione (15), nonché del negozio dissimulato (16). Ed è pacifico in tutte le con- cezioni della simulazione relativa che questi ne sono elementi essenziali, che l’interprete che la affermi deve indicare e che la parte che la eccepisca deve pro- vare.
3. Una ricostruzione alternativa.
Come sopra accennato, dalla lettura della decisione di legittimità non si arriva ad intendere in tutti i dettagli quale ricostruzione dei fatti e degli scopi avesse por- tato il giudice d’appello a configurare una simulazione relativa. È comunque abbastanza chiaro che, nella sua visione, il corrispettivo della cessione doveva servire non solo e non tanto a remunerarla quanto e soprat- tutto a far conseguire in via anticipata alla moglie se- paranda, cedente, i trattamenti economici dovuti per la separazione e il divorzio.
La Cassazione ci attesta che questa non è la dimostra- ta verità del caso: tale finalità non emerge.
Ma supponiamo che invece emergesse. La qualifica- zione in termini di simulazione (relativa) sarebbe cor- retta?
Sono leciti dubbi. Si ha dissimulazione quando la re- gola del rapporto tra le parti è diversa, in tutto o in parte, dalla regola del rapporto per i terzi. Per esem- pio: le parti agli occhi dei terzi vendono ma nel loro rapporto donano, e simili.
Qui – sempre detto con le riserve imposte da una imprecisa cognizione dei fatti, noti solo nel limite in cui il giudizio di legittimità li considera – la fatti-
specie pare (ripeto: pare) diversa. Sembra piuttosto (ammessa e non concessa l’ipotesi di una funzione del patto anticipatoria dei trattamenti divorzili) che la cessione fosse stata voluta non tanto per sé e per i suoi fini normali, quanto per l’effetto collaterale di attribuire alla cedente una rilevante somma sostitu- tiva di ciò che ella avrebbe conseguito a seguito della separazione e divorzio.
Ma, se è così, il negozio più che simulato pare indiret- to (17). Non vi si ravvisano infatti due regole diverse dei rapporti, ma una sola che però serve per fini che non sono quelli del tipo ma altri.
4. Una osservazione metodologica.
La simulazione è sempre stata un caso difficile della dottrina del diritto civile, e continua a dare filo da tor- cere alla giurisprudenza pratica e teorica.
Benché vi si siano cimentati i maggiori ingegni giu- ridici, una spiegazione totalmente lineare e coerente non è stata data finora né dai volontaristi, né dai di- chiarativisti, né dai fautori delle teorie causali, né dai precettivisti, né dai teorici dell’autoregolamento, o di altre concezioni del negozio. La contraddizione che le parti pongono in essere tra quello che la dottrina clas- sica (a mio avviso impropriamente) individua come “apparenza e realtà” tende pervicacemente a suscitare contraddizioni nelle teorie formulate per spiegarla.
A pensarci, è abbastanza curioso che il pensiero giuri- dico non sia in grado di dominare pienamente un suo prodotto. La dottrina contemporanea, che può guar- dare al fenomeno ammaestrata da tanto dispiego di intelligenza, dovrebbe finalmente dirci perché.
(15) In tal senso Cass., 13 ottobre 2020, n. 22126, in Onelegale; Cass., 7 gennaio 2019, n. 123, ivi; Trib. Trani, 4 ottobre 2023, n. 1456, in DeJure; Trib. Massa, 22 febbraio 2022, n. 139, ivi; Trib. Milano, 25 giugno 2019, n. 6184, ivi.
La giurisprudenza di più stretto indirizzo volontaristico ritiene che più che la controdichiarazione in cui si esterna vada individuato e provato l’accordo simulatorio: Trib. Perugia, 10 giugno 2019, n. 901, in DeJure; in dottrina in tal senso XXXXXXXXX XXXX, BRECCIA, BU- SNELLI e XXXXXX, Diritto civile, I, 2, Utet, 1989, 737, nt. 287 e 744,
nt. 295.
(16) Cass., 14 giugno 2002, n. 8585, in Onelegale.
(17) Sul negozio indiretto v. DI XXXXX, voce Negozio indiretto, in Dig. disc. priv., Sez. civ., XII, Utet, 1995, 125 ss.; XXXXXX, voce Ne- gozio giuridico indiretto, in Enc. giur., XX, Treccani, 1990; AURIC- CHIO, voce Negozio indiretto, in Noviss. dig. it., XI, Utet, 1965, 220 ss.; XXXXXX, Il negozio giuridico indiretto, Xxxxxxx, 1937; ASCARELLI, Il negozio indiretto e le società commerciali, in Studi di diritto commerciale in onore di C. Vivante, Società Editrice del Foro Ita- liano, 1931, 23 ss.