Contratto in generale Lo squilibrio tra i valori delle prestazioni nella risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta* Commento a App. Venezia, 7 giugno 2021, n. 1656 COMMENTI Luca Cunial**
Contratto in generale
Lo squilibrio tra i valori delle prestazioni nella risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta*
Commento a App. Venezia, 7 giugno 2021, n. 1656
COMMENTI
Xxxx Xxxxxx**
Sommario: I. CASO. – II. QUESTIONE DI DIRITTO. – III. COMMENTO: 1. Sullo squilibrio tra i valori delle prestazioni. – 2. Il fatto nuovo che determina l’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione. – 3. La necessaria straordina- rietà ed imprevedibilità del fatto nuovo sopravvenuto. – 4. Conclusioni.
Il presente contributo trae spunto da una complessa vicenda giudiziaria per affrontare il de- licato tema relativo ai presupposti che legittimano la richiesta di risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta, interrogandosi, in particolare, sullo squilibrio tra il valore delle prestazioni e sulla necessità che questo sia determinato da un fatto nuovo, imprevedibile al tempo della conclusione del contratto.
The article addresses the delicate issue regarding the conditions that legitimize the request for discharge of the contract due to hardship, focusing in particular on the need that the im- balance between performance values is determined by a new fact, unforeseeable at the time of the conclusion of the contract.
Parole chiave: Risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta - Squilibrio tra prestazioni - Fatto sopravvenuto - Hardship - Imbalance between performance values - Event occurred
I. CASO
Il caso preso in esame dalla sentenza trae origine da una lunga e complessa vicenda giudiziaria. Le questioni giu- ridiche sollevate nel corso del giudizio sono molteplici e controverse, e attengono sia a profili di diritto proces- suale, sia a profili di diritto sostanziale. Lo scopo della presente nota è tuttavia solo quello di focalizzarsi sull’a- nalisi di una specifica questione di diritto sostanziale, inerente in particolare ai presupposti che legittimano la domanda di risoluzione del contratto per eccessiva one- xxxxxx sopravvenuta ai sensi dell’art. 1467 c.c. (1).
* Contributo pubblicato all’esito di valutazione.
** Dottorando di ricerca in diritto privato, Università di Padova,
(1) Sul tema cfr., tra gli altri, SACCO e DE NOVA, Il contratto, in
Tratt. Dir. civ. Sacco, II, 3a ed., Utet, 2004, 707; BIANCA, Diritto
Nella vicenda che qui interessa, alla Società Beton era stata affidata in concessione – mediante stipula di ap- posita convenzione-contratto tra la società, il Comu-
Civile. 5. La responsabilità, Xxxxxxx, 1995, 385; BOSELLI, voce Ec- cessiva onerosità, in Noviss. dig. it., VI, Utet, 1957, 334; MIRABEL- LI, Dei contratti in generale, Utet, 1980, 652; XXXXXXXXX, Eccessiva onerosità e appalto, Xxxxxxx, 1983, 43. È appena il caso di segnalare l’orientamento secondo cui, a fronte di una imprevedibile alterazio- ne dell’equilibrio economico originariamente convenuto, le parti sarebbero tenute a rinegoziare secondo buona fede il contenuto del contratto. Sul tema, si v. le considerazioni di XXXXXXX, Adeguamen- to e rinegoziazione nei contratti a lungo termini, Jovene, 1996, il quale si riallaccia alla dottrina di origine tedesca il cui primo espo- nente fu HORN, Neuverhandlungspflicht, in Archiv für die civilisti- sche Praxis, 1981, 255 e ss., nonché la recente Relazione tematica n. 56 della Corte Suprema di Cassazione, Ufficio del Massimario e del Ruolo, sulle “Novità normative sostanziali del diritto “emergenzia- le” anti-Covid 19 in ambito contrattuale e concorsuale”.
ne di Valeggio sul Mincio e la Regione VENETO – la gestione del trattamento dei rifiuti solidi urbani, la quale si sarebbe dovuta svolgere su di un sito di pro- prietà della stessa Società Beton, ubicato nel Comune di Valeggio sul Mincio.
In base a detta convenzione, la società concessionaria, a fronte del diritto a incamerare la tariffa per il confe- rimento dei rifiuti, si impegnava a sostenere gli oneri connessi al loro trattamento, ivi compresi quelli di ge- stione dell’attività c.d. post mortem, ovvero successiva alla cessazione dei conferimenti di rifiuti e consisten- te nello smaltimento dei sottoprodotti (in particolare, biogas e percolato) sino all’esaurimento dell’attività biologica della discarica, nonché quelli legati alla bo- nifica e al ripristino della funzione originaria del sito. Con particolare riguardo alla conduzione della sud- detta attività post mortem – la cui durata, pur non essendo in alcun modo predeterminata dalla conven- zione, veniva ciò nonostante dalle parti stimata, sulla base delle conoscenze all’epoca disponibili, in quindi- ci anni –, si stabiliva che la società avrebbe potuto far fronte ai relativi costi attingendo da un fondo formato dal Comune con parte delle somme da esso previa- mente percepite a titolo di corrispettivo della conces- sione, con facoltà di ritrarre una somma ulteriore, a titolo di utile, in misura pari al 10% di detti costi.
Senonché, disposta da parte del Comune di Valeggio sul Mincio la chiusura della discarica al conferimento di nuovi rifiuti e intrapresa da parte della Società Be- ton l’attività di smaltimento dei sottoprodotti, l’origi- naria previsione di una durata quindicennale di detta attività si rivelava erronea, con la conseguenza che, una volta esauriti i fondi accantonati dal Comune – i quali erano stati per l’appunto calcolati in funzione della ipotizzata durata quindicennale dell’attività post mortem di trattamento dei rifiuti –, la Società veniva a trovarsi nella condizione di dover proseguire l’atti- vità di smaltimento di biogas e percolato dovendone sostenere direttamente e interamente i relativi costi. Contestando di essere tenuta a tanto, la concessiona- ria, in virtù della clausola compromissoria annessa alla convenzione-contratto, promuoveva la procedura arbitrale (rituale e di diritto) ivi chiedendo che venis- se accertato – tra le altre cose, per quel che rileva ai nostri precipui fini – il proprio diritto al pagamento di un corrispettivo da parte del Comune anche per l’attività di smaltimento dei sottoprodotti che si sa- rebbe protratta oltre gli inizialmente previsti quindici anni, fino all’esaurimento dell’attività biologica della discarica, o, in via subordinata, che, a causa dell’esau- rimento dei fondi cui essa aveva finora potuto attin-
xxxx per far fronte ai costi di detta attività, il contratto venisse risolto a cagione della sopravvenuta eccessi- va onerosità della prestazione da lei dovuta ai sensi dell’art. 1467 c.c.
II. Questione di Diritto
Il Collegio Arbitrale, dopo aver preliminarmente accer- tato – con lodo non definitivo – l’arbitrabilità della lite, rendeva – con lodo definitivo – la propria decisione, in cui, se, da un lato, rigettava la domanda proposta in via principale dalla società, negando che sussistesse a carico del Comune di Valeggio sul Mincio un obbligo di ver- sare alla stessa un corrispettivo per l’attività post mor- tem rivelatasi necessaria oltre le originarie previsioni, dall’altro, accoglieva la domanda proposta dalla conces- sionaria in via subordinata, sciogliendo – ma solo per l’avvenire (2) – il vincolo contrattuale in ragione della asserita intervenuta eccessiva onerosità della prestazio- ne di smaltimento dei sottoprodotti dovuta dalla società. E ciò perché, secondo la ratio decidendi seguita dagli arbitri, sebbene alla società non spettasse alcun corri- spettivo da parte del Comune per l’attività di gestione post mortem dei rifiuti, ciò nondimeno l’assetto con- cessorio originariamente convenuto tra le parti pre- vedeva che la prestazione cui la concessionaria si era obbligata dovesse “sempre” trovare una propria remu- nerazione – e dunque anche nella fase successiva alla chiusura della discarica ai conferimenti, a prescindere dalla effettiva durata della fase stessa –, sicché, esaurita la capienza del fondo a causa dell’inaspettato protrarsi dell’attività, la prestazione dovuta dalla società sarebbe divenuta, per ciò solo, eccessivamente onerosa.
Entrambi i lodi venivano quindi impugnati dal Co- mune di Valeggio sul Mincio, e per ragioni di rito – attinenti, essenzialmente, alla compromettibilità in arbitri della lite in oggetto –, e per ragioni di merito. Chiamata a risolvere la controversia, la Corte di Ap- pello di Venezia dichiarava la nullità e della clausola compromissoria – perché pattuita in relazione a con- troversie sottratte alla giurisdizione dell’A.G.O. all’e- poca della sottoscrizione delle convenzioni, avvenuta, per l’appunto, anteriormente all’entrata in vigore del- la L. 21 luglio 2000, n. 205 (3) –, e, di conseguenza, dei lodi resi dagli arbitri.
(2) Se infatti di regola la risoluzione ha, ai sensi dell’art. 1458 c.c., effetto retroattivo tra le parti, ciò non vale rispetto ai contratti ad esecuzione continuata o periodica, rispetto ai quali l’effetto non si estende alle prestazioni già eseguite.
(3) Il cui art. 6, comma 2, stabiliva che le controversie concer- nenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione esclusiva del
La società ricorreva dunque per la cassazione di tale sentenza. Chiarita la preliminare questione di rito – a seguito della pronunzia di Cass., sez. un., 18 dicembre 2019, n. 33691 – nel senso della arbitrabilità della lite in oggetto (4), con conseguente cassazione con rinvio del- la sentenza resa dai giudici veneziani, il Comune faceva valere in sede di riassunzione della causa gli originari motivi di impugnazione del lodo arbitrale, inerenti, in particolare, la prospettata erroneità della interpretazio- ne fornita dagli arbitri al disposto di cui all’art. 1467 c.c. Nello specifico le doglianze riguardavano, da un lato, l’esatta individuazione della eccessiva onerosità che legittima il debitore della prestazione a chiedere lo scioglimento giudiziale del vincolo, e, dall’altro, la pro- spettata necessità che una tale sopravvenuta maggiore onerosità sia determinata da un fatto nuovo rispetto al tempo della stipulazione del contratto o, come altri- menti si dice, l’esigenza che a determinare lo squilibrio contrattuale sia una c.d. sopravvenienza (5).
III. Commento
1. Sullo squilibrio tra i valori delle prestazioni.
La questione da risolvere riguarda i caratteri che l’ec- cessiva onerosità sopravvenuta deve presentare al fine di legittimare la richiesta di scioglimento del vin- colo contrattuale ai sensi dell’art. 1467 c.c. (6).
Quanto all’esatta individuazione della eccessiva one- xxxxxx che legittima il debitore della prestazione a chiedere lo scioglimento giudiziale del vincolo, le tesi che si contendono il campo sono essenzialmente due: da un lato, vi è chi ritiene che l’istituto qui in com- mento sia stato apprestato dal legislatore a tutela del- la posizione debitoria in sé e per sé considerata – e si tratta però di un orientamento ormai solo minorita- rio –; mentre, dall’altro, vi è chi sostiene che l’istituto della risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta sia invece funzionale alla salvaguardia del complessivo assetto di interessi originariamente convenuto dalle parti (7).
Nel caso in esame si è visto come il Collegio arbitrale abbia accolto la domanda di risoluzione del contrat- to poiché, esauriti i fondi accantonati dal Comune, la prestazione dovuta dalla società non sarebbe più stata in alcun modo remunerata e sarebbe quindi divenuta, per ciò solo, eccessivamente onerosa (8).
Una simile prospettiva sembra essere condivisa an- che dalla Corte di Appello ma non può che destare qualche perplessità.
di riferimento, entro determinate condizioni, non abbia a mutare. Come non si è mancato di rilevare, attribuire rilevanza giuridica ai mutamenti delle circostanze che avessero a intervenire durante
l’esecuzione del contratto significa incrinare un principio cardine
del nostro sistema, ovvero il principio di intangibilità del rego-
giudice amministrativo ai sensi dell’art. 7, comma 2, l. 6 dicembre 1971, n. 1034 (c.d. L. T.A.R.) (ora trasfuso nell’art. 133 c.p.a.) pote- vano essere risolte mediante arbitrato rituale di diritto.
(4) A detta della Suprema Corte, infatti, ciò che rileva ai fini della individuazione del giudice munito di giurisdizione è il c.d. petitum sostanziale, ossia, nel nostro caso, il diritto al pagamento di som- me quale compenso per l’attività svolta dal concessionario, non es- sendo invece contestato l’esercizio o il mancato esercizio di poteri amministrativi.
(5) Pare inoltre opportuno chiarire che la impugnazione ogget- to del presente giudizio si basa su di una convenzione di arbitrato stipulata anteriormente alla data di entrata in vigore della novella dell’art. 829 c.p.c., avvenuta il 2 marzo 2006 per effetto dell’art. 24 d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40. Da ciò consegue la possibilità per le parti di impugnare il lodo per violazione delle regole di diritto atti- nenti al merito della controversia anche a prescindere da una pre- visione legislativa o da una loro espressa volontà in tal senso. L’art. 829, comma 3, c.p.c. attualmente in vigore prevede infatti testual- mente che «[l]’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia è ammessa se espressamente disposta dalle parti o dalla legge. È ammessa in ogni caso l’impu- gnazione delle decisioni per contrarietà all’ordine pubblico».
(6) Com’è noto, con l’introduzione della disciplina della risolu- zione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta il legisla- tore ha attribuito rilevanza, nel nostro ordinamento giuridico, alla
x.x. xxxxxxxx rebus sic stantibus, secondo la quale il regolamento contrattuale in tanto rimarrebbe vincolante, in quanto il contesto
lamento contrattuale di cui all’art. 1372 c.c. Si esprime in questi termini BARCELLONA, Appunti a proposito dell’obbligo di rinego- ziazione e gestione delle sopravvenienze, in Eur. dir. priv., 2003, 467, secondo cui uno dei «principi xxxxxxxx, che definiscono il sen- so stesso dell’autonomia privata […], è quello che il contratto, e dunque l’accordo raggiunto dalle parti, costituisce per esse la “leg- ge dei loro rapporti”». Per il vero, non è mancato in dottrina chi, già prima dell’introduzione ad opera del legislatore dell’art. 1467
c.c. e, dunque, nonostante la mancanza di una espressa previsio- ne normativa in tal senso, aveva proposto di attribuire rilevanza giuridica all’incremento dei costi nell’esecuzione della prestazione che si fosse verificato tra il momento della conclusione del contrat- to e quello della sua esecuzione. A sostegno di tale tesi si affermava che nei contratti a lungo termine si sarebbe dovuta ritenere impli- citamente contenuta una clausola rebus sic stantibus, in base alla quale il contratto avrebbe continuato ad avere efficacia vincolante per le parti soltanto a condizione che, durante la sua esecuzione, si fosse preservato l’originario equilibrio economico. In tal senso XXXXXXXX, La clausola risolutiva rebus sic stantibus, Firenze, 1898, 26.
(7) Per la prima tesi, cfr. XXXXX e DE NOVA, op. cit., 697; per la seconda si v., invece, XXXXXXXXX, op. cit., 652.
(8) In ogni caso l’eccessiva onerosità sopravvenuta va riferita alla prestazione oggettivamente considerata e non alla situazione sog- gettiva in cui si viene a trovare il debitore. Così, tra gli altri, SACCO e DE NOVA, op. cit., 707. Sul punto, cfr. anche la Relazione del Mi- nistro Guardasigilli al Codice Civile del 1942, n. 665.
In effetti, sostenere che per il puro e semplice fatto, di per sé considerato, dell’esaurimento dei fondi ac- cantonati dal Comune – che, secondo la logica che pare essere stata seguita dagli arbitri, avrebbero in qualche misura funto da corrispettivo per l’attività di gestione post mortem dei rifiuti – la prestazione della società Beton sarebbe divenuta eccessivamente one- rosa, equivale ad accedere ad una visione del rapporto contrattuale che potremmo qui definire come “atomi- stica” o “partita”.
In altri termini, sia il collegio arbitrale che la Corte di Appello, invece di accedere ad una visione che tenga conto del complessivo assetto di interessi scaturen- te dalla convenzione stipulata tra le parti, sembrano piuttosto aderire ad una analisi solo partita delle varie fasi del rapporto contrattuale, finendo così, per l’ap- punto, per concludere che, esauriti i fondi accanto- nati, l’equilibrio fino ad allora realizzato «era venuto radicalmente a mutare, non solo riducendo il valore della prestazione percepita dalla Concessionaria, ma anzi azzerandolo» (così si legge nel lodo, a p. 25). La valutazione in ordine ad una eventuale sopravve- nuta alterazione del sinallagma tra le prestazioni delle parti – che, se eccessiva, legittima il contraente one- rato a chiedere lo scioglimento del vincolo ex art. 1467
c.c. – non può invece che conseguire ad una analisi dell’economia complessiva scaturente dal rapporto contrattuale (9).
Come riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità
– peraltro richiamata sia dagli arbitri che dalla Corte di Appello –, infatti, l’eccessiva onerosità sopravve- nuta, ai sensi dell’art. 1467 c.c., «va valutata compa- rando il valore di entrambe le prestazioni al momen- to in cui sono sorte e a quello in cui devono eseguirsi» (10), traducendosi in un aggravio patrimoniale che alteri l’originario rapporto di equivalenza, incidendo sul valore di una prestazione rispetto all’altra.
Limitando il proprio scrutinio alla sola fase succes- siva alla chiusura della discarica ai conferimenti di rifiuti, il Collegio sembra invece aver finito per pren- dere in considerazione la prestazione dovuta dalla so- cietà in sé e per sé, tanto ciò vero che espressamente si riconosce che a fronte della attività di smaltimento dei sottoprodotti nessun corrispettivo era dovuto alla società stessa da parte del Comune.
(9) Si v., in dottrina, C. M. BIANCA, Diritto Civile. 5. La respon- sabilità, cit., 385, secondo cui l’aggravio, nei contratti a titolo one- roso, «consiste nella sopravvenuta sproporzione tra i valori delle prestazioni, per cui una prestazione non è più sufficientemente remunerata dall’altra».
(10) Cass., 29 maggio 1998, n. 5302, in Giur. it., 1999, 709.
Si corre così però il rischio di snaturare il rimedio della risoluzione del contratto per eccessiva onero- sità sopravvenuta, che, da strumento accordato dal legislatore a tutela dell’equilibrio contrattuale origi- nariamente convenuto (11), diverrebbe istituto volto a tutelare la posizione debitoria in sé e per sé consi- derata, ogni qualvolta la prestazione dovesse divenire maggiormente onerosa rispetto a quanto inizialmente previsto (12).
In definitiva, per stabilire se il fatto nuovo sopravve- nuto alteri a tal punto l’equilibrio economico origina- riamente convenuto da legittimare la parte onerata a chiedere lo scioglimento del vincolo, le prestazioni dedotte in contratto non possono essere prese in con- siderazione in maniera atomistica. Occorre, al con- trario, avere riguardo all’intera economia scaturente dall’accordo delle parti.
Più corretto sarebbe dunque stato – almeno secondo l’impostazione che qui si intende suggerire – ricostru- ire il complessivo assetto di interessi divisato dalle parti con il contratto, e, successivamente, valutare se il protrarsi dell’attività di smaltimento dei sottopro- dotti oltre i quindici anni inizialmente previsti fosse in grado di incidere sui costi che la società avrebbe dovuto sostenere a tal punto da alterare radicalmente l’originario equilibrio tra le prestazioni dovute dalle parti (13).
(11) XXXXXXX, op. cit., 334; XXXXXXXXX, op. cit., 652.
(12) Si può qui aggiungere che non a caso l’istituto in esame è stato collocato nell’ambito del Titolo II del Libro IV del c.c., recan- te la disciplina sul contratto in generale, e non, invece, nel Capo IV, Titolo I, Libro IV, relativo ai modi di estinzione dell’obbliga- zione diversi dall’adempimento, tra cui figura solo l’impossibili- tà sopravvenuta della prestazione. Si noti inoltre che una simile impostazione precluderebbe di richiedere la risoluzione ex art. 1467 c.c. a fronte dello svilimento della prestazione dovuta dalla controparte. Sul punto vale la pena richiamare le parole di MA- CARIO, Le sopravvenienze, in Tratt. Contr. Roppo, V, Rimedi – 2, Xxxxxxx, 2006, 631: «“in maniera decisamente pragmatica, ma senza violare alcun canone ermeneutico” dottrina e giurispru- denza ritengono, ormai da tempo, di dover accedere ad una diversa interpretazione della formula, più corretta dal punto di vista teleologico e sistematico dell’art. 1467, nel senso che, perché si abbia eccessiva onerosità è necessario (e sufficiente) che si de- termini una notevole alterazione nel rapporto tra le prestazioni
– […] indipendentemente dalla circostanza che l’incidenza della sopravvenienza sia «diretta» […] ovvero «indiretta» […], produ- cendosi in entrambi i casi la suddetta alterazione del rapporto di equivalenza o, più correttamente, di corrispettività fissato in origine dai contraenti» dovendosi procedere ad una «valutazione comparativa (prima e dopo la sopravvenienza) del rapporto di valore tra le prestazioni».
(13) Così anche Trib. Milano, Sez. spec. Impresa, 3 luglio 2014, n. 8878, in Contratti: «La domanda di risoluzione di un contratto con prestazioni corrispettive per eccessiva onerosità sopravve-
Di talché, l’incidenza di tali ulteriori costi a carico del- la Società Beton non si sarebbe dovuta valutare con esclusivo riferimento alla fase post mortem, bensì avuto riguardo all’equilibrio economico globalmente fissato nell’assetto concessorio, da determinarsi met- tendo a confronto da un lato il valore complessivo delle utilità ricavate e/o ricavabili dalla società dalla gestione della discarica – utilità di cui la società, con la concessione, aveva ottenuto il diritto allo sfrutta- mento –, e, dall’altro, il peso economico delle obbli- gazioni complessivamente a carico di essa.
Con la conseguenza che l’esaurimento dei fondi accan- tonati dal Comune cui la società aveva sino ad allora potuto attingere per far fronte ai costi di smaltimento dei sottoprodotti non avrebbe ipso facto comportato, come invece ritenuto dagli arbitri, l’eccessiva onero- sità sopravvenuta della prestazione gravante sulla so- cietà concessionaria.
Al contrario, soltanto nella misura in cui il protrar- si dell’attività di trattamento post mortem dei rifiuti oltre le iniziali previsioni fosse stato tale da alterare radicalmente l’equilibrio contrattuale originariamen- te convenuto – avuto riguardo, per l’appunto, al com- plesso delle utilità ricavate e/o ricavabili dalla Società dalla sfruttamento della discarica –, la stessa avrebbe potuto richiedere, ai sensi dell’art. 1467 c.c., lo scio- glimento del vincolo contrattuale per l’eccessiva one- xxxxxx sopravvenuta della prestazione da lei dovuta.
2. Il fatto nuovo che determina l’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione.
Il secondo motivo di impugnazione del lodo arbitrale si fondava sull’assunto per cui la sopravvenuta mag- giore onerosità della prestazione dovuta da una delle parti, per essere rilevante ai sensi dell’art. 1467 c.c., deve essere determinata da un fatto nuovo rispetto al tempo del perfezionamento del contratto, o, come al- trimenti si dice, lo squilibrio contrattuale deve essere provocato da una c.d. sopravvenienza.
Dunque, secondo la tesi prospettata dall’ente pub- blico territoriale, non ogni sopravvenuta maggiore onerosità di una delle prestazioni dedotte in contratto
legittimerebbe il suo debitore a richiedere lo sciogli- mento giudiziale del vincolo, bensì soltanto quella che sia direttamente riconducibile all’irrompere di un fat- to assolutamente nuovo, imprevedibile dai contraenti al tempo della stipula del loro contratto.
Di talché – sempre secondo detta impostazione –, la domanda di risoluzione del contratto proposta dalla società non avrebbe dovuto trovare accoglimento per- ché ciò che sembra in ogni caso difettare è il soprav- venire di un fatto nuovo che abbia alterato il disegno avuto di mira dalle parti al tempo della conclusione del contratto (14).
Per i giudici tale motivo di impugnazione del lodo è da considerarsi inammissibile perché, si sostiene, inve- ce che censurare la violazione di una regola di diritto, mirerebbe a ottenere una diversa valutazione degli elementi di fatto.
Prosegue la Corte rilevando che il Collegio Arbitrale ha ritenuto fatto sopravvenuto e imprevedibile che la durata della fase post mortem di smaltimento dei sot- toprodotti si sia protratta oltre i 15 anni inizialmente previsti, «posto che all’epoca della stipula delle Con- venzioni non vi erano – per nessuna delle parti – ra- gioni che potessero portare a prevedere, appunto che l’attività biologica della discarica non si sarebbe esaurita nel periodo predetto».
Ad avviso di chi scrive, tuttavia, un ragionamento di tal fatta non sembra condivisibile: altro è infatti un semplice errore di previsione compiuto dalle parti, ri- spetto all’irrompere di un fatto nuovo sopravvenuto, che solo legittima – se comportante l’eccessiva one- xxxxxx sopravvenuta della prestazione – l’accoglimen- to della domanda di risoluzione del contratto ex art. 1467 c.c.
L’eccessiva onerosità che giustifica lo scioglimento del vincolo contrattuale è però soltanto quella che di- pende dalla sopravvenienza di un determinato evento straordinario e imprevedibile (15). Ciò è anche dimo- strato dal fatto che l’ambito di applicazione del rime- dio in questione è dallo stesso legislatore limitato ai soli contratti ad esecuzione continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita, ossia soltanto rispetto a quei contratti in cui è ravvisabile uno scarto tempo-
xxxx deve essere corredata dalla rigorosa prova del fatto la cui sopravvenienza abbia determinato una sostanziale alterazione
delle condizioni dello scambio negoziale originariamente conve- nuto tra le parti e della riconducibilità di tale alterazione a cir- costanze assolutamente imprevedibili». Nello stesso senso anche Xxxxx Xxx., Xxxxxx Xxxxxxxx, 00 maggio 2019, n. 425, in DeJure; Trib. Roma, 13 aprile 2017, n. 7407, in DeJure; T.A.R. Bari, 13
maggio 2010, n. 1865, in Foro amm., 2010, 5, 1820. Sul tema, si cfr. anche XXXXXXXXX, La nullità “dinamica” dei contratti di dura- ta, in Riv. dir. civ., 2018, 1258.
(14) Per una nozione di sopravvenienza contrattuale, cfr. XXXXXXX,
voce Sopravvenienza, in Dizionari del diritto privato, promossi da X. Xxxx, Diritto civile a cura di Xxxxxxxxxxx e Pescatore, Xxxxxxx, 2011, 1638.
(15) Così XXXXXXXXX, op. cit., 43: «Non tutti gli avvenimenti posso- no causare l’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione: per l’art. 1467 c.c. sono rilevanti solo quelli sopravvenuti di natu- ra straordinaria e imprevedibile».
rale tra il momento del loro perfezionamento e quello, successivo, della esecuzione delle prestazioni in essi dedotte.
Sicché la ratio del rimedio previsto dall’art. 1467 c.c. è del tutto avulsa da quella sottesa ai rimedi propria- mente volti a soccorrere la parte la quale sia addive- nuta alla stipula di un contratto sulla base di una fal- sa rappresentazione della realtà ovvero, comunque, sulla scorta di un giudizio che si dimostri, in seguito, infondato.
D’altro canto, se ai fini della risoluzione del contrat- to ex art. 1467 c.c. assumessero rilievo anche le false rappresentazioni della realtà o gli errori di giudizio in cui fossero eventualmente incorse le parti, riuscireb- be difficile comprendere la ragione per cui il rimedio in questione viene concordemente circoscritto ai soli contratti le cui prestazioni non risultano essere state ancora interamente eseguite (16).
In definitiva, nel caso che qui interessa, il protrarsi dell’attività necessaria allo smaltimento di biogas e percolato oltre l’originaria previsione quindicennale non può dunque essere considerato una sopravve- nienza tale da legittimare la richiesta di risoluzione del contratto ex art. 1467 c.c. avanzata dalla società, risolvendosi, tutt’al più, in una semplice previsione rivelatasi successivamente fallace (17).
(16) BIANCA, Diritto Civile. 5. La responsabilità, cit., 422.
(17) Secondo XXXXXXXXX, op. cit., 47: «Non è da ritenersi, inve- ce, rilevante […] l’inatteso sopravvenire della conoscenza di un evento». Senza dirsi che una simile circostanza potrebbe forse addirittura ritenersi rientrante in quell’alea normale del contratto che, a mente dell’art. 1467, comma 2, c.c., preclude alla parte la cui prestazione sia divenuta eccessivamente onerosa di richiedere lo scioglimento del vincolo contrattuale. Com’è noto, il legislato- re non fornisce una definizione del concetto di “alea normale” del contratto. Sul punto, è dato riscontrare in dottrina una molteplici- tà di differenti impostazioni: vi è chi, ad esempio, fa coincidere tale concetto con quello di eccessività della onerosità sopravvenuta di cui al comma 1 dell’art. 1467 c.c., affermando che per “alea norma- le” deve intendersi la «soglia oltre la quale la sopravvenuta one- xxxxxx diventa “eccessiva”, e fa scattare il rimedio». Così XXXXX, Il contratto, Xxxxxxx, 2011, 952. Vi è poi chi, come XXXXXX, voce Alea, in Enc. dir., I, Ab-Ale, Xxxxxxx, 1958, 1024 e XXXXXXX, Eccessiva onerosità della prestazione e superamento dell’alea normale del contratto, in Riv. dir. comm., 1960, 428, propende per l’autono- mia concettuale delle due nozioni.
Secondo autorevole dottrina, essa consiste nell’incertezza, per ef- fetto del differimento, del risultato economico dell’affare conclu- so, e nel rischio, cui le parti si sottopongono stipulando un dato contratto, di variazioni di costi e valori che rimane entro i limiti della normalità. Così XXXXXX, Diritto civile. 3. Il contratto, Xxxxxxx, 2000, 492.
3. La necessaria straordinarietà ed imprevedibilità del fatto nuovo sopravvenuto.
Ma vi è di più. Deve infatti ancora aggiungersi che, a mente dell’art. 1467 c.c., non ogni sopravvenienza che alteri l’originario equilibrio economico convenuto dalle parti consente lo scioglimento del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta.
Il fatto nuovo che altera il complessivo assetto di in- teressi convenuto dalle parti, oltre a dover – come ap- pena detto – intervenire in un momento successivo rispetto a quello della conclusione del contratto, deve altresì presentare i caratteri, come espressamente ri- chiesto dall’art. 1467 c.c., della imprevedibilità e della straordinarietà (18).
Ci si soffermi, in particolare, su tale ultimo requisito. Secondo il consolidato orientamento della giurispru- denza di legittimità, si tratta di un requisito di natura oggettiva, da accertare sulla base di elementi – quali la frequenza, le dimensioni, l’intensità – suscettibili di misurazione (e quindi tali da consentire, attraver- so analisi quantitative, classificazioni quanto meno di carattere statistico) (19).
(18) Il legislatore ha dunque circoscritto rigorosamente l’ambi- to di applicazione del rimedio in esame, ponendo a carico delle parti un “onere di prevedere” – così in SACCO e DE NOVA, op. cit., 707 – quegli aggravi nell’adempimento che dovessero derivare da eventi privi di tali caratteristiche. L’utilizzo da parte del legi- slatore della formula “avvenimenti straordinari ed imprevedibi- li” pone in capo all’interprete il delicato problema di capire con quale grado di prevedibilità, specificità e certezza venga preso in considerazione dall’ordinamento giuridico l’evento cui si ri- connette l’eccessiva onerosità sopravvenuta: come rileva ROPPO, op. cit., 945: «più alto è il grado di specificità, più il fatto sarà imprevedibile»; mentre, con riferimento al requisito della proba- bilità, «è prevedibile un fatto probabile al 60%, è imprevedibile un fatto con il 2% di probabilità; per un fatto probabile al 20% si discuterà». Si segnala però la tendenza della giurisprudenza di legittimità ad accordare il rimedio in questione anche in caso di eccessiva onerosità sopravvenuta riconducibile ad avvenimenti assolutamente ordinari e prevedibili, come, ad esempio, il feno- meno inflattivo. In dottrina si è in proposito parlato di “progres- siva attenuazione del rigore del parametro”. L’espressione è di ROPPO, op. cit., 954.
(19) Cass., 19 ottobre 2006, n. 22396, in Mass. Giust. civ., 2006,
10. L’evento “straordinario” è l’evento non ordinario, che si ma- nifesta raramente, nel tipo ovvero nella portata. Di regola, l’e- vento straordinario risulterà anche imprevedibile, a meno che le circostanze del caso concreto, eccezionalmente, non lo facciano apparire come prevedibile. Dall’altro lato, come pure rilevato da attenta dottrina (C. M. BIANCA, Diritto Civile. 5. La responsabilità, cit., 426) perché un evento sia prevedibile – nel senso che qui ri- leva – non basta la astratta possibilità del suo accadimento: ogni avvenimento straordinario risulta infatti genericamente prevedi- bile; ma, evidentemente, l’art. 1467 c.c. non può fare riferimento ad un così astratto grado di prevedibilità. Esso si riferisce invece a previsioni dotate di un maggior margine di specificità e certezza.
Seguendo l’impostazione della Suprema Corte, dun- que, in tanto si potrebbe parlare di sopravvenienza di un fatto nuovo straordinario e imprevedibile, in quanto ci si ritrovi al cospetto di un accadimento ca- pace di impedire ciò che avviene, invece, nella norma- lità dei casi (20).
Nel caso in oggetto, non sembra però dato ravvisare alcun fatto sopravvenuto che presenta delle simili ca- ratteristiche. In altri termini, per poter correttamente invocare l’istituto della risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta sarebbe dovuto in- tervenire, successivamente alla stipulazione del con- tratto, un fatto nuovo e tale fatto, contrariamente a quanto avviene nella normalità dei casi, avrebbe do- vuto avere l’effetto di allungare il periodo di tempo altrimenti necessario all’esaurimento dell’attività bio- logica della discarica.
Senonché, che il periodo di quindici anni originaria- mente previsto non fosse sufficiente per l’esaurimen- to dell’attività di smaltimento dei sottoprodotti, non è una circostanza palesatasi soltanto con riferimento alla discarica da cui trae origine la presente contro- versia, bensì con riguardo a tutte le altre discariche di rifiuti solidi urbani ad essa assimilabili.
Non si pone, dunque, un problema di sopravvenienza nel senso in cui questa espressione deve essere intesa nell’ambito dell’istituto di cui all’art. 1467 c.c., bensì, semmai, un problema di puro e semplice deficit co- noscitivo.
4. Conclusioni.
Il rimedio della risoluzione del contratto per ecces- siva onerosità sopravvenuta rappresenta uno stru- mento di giustizia contrattuale basato sull’implicito riconoscimento della clausola c.d. rebus sic stantibus (21): il contratto è vincolante soltanto nella misura in cui non sopravvengano fatti nuovi straordinari e imprevedibili tali da alterare significativamente l’o- riginario assetto di interessi convenuto tra le parti. Diverso è invece il caso in cui, pur non intervenen- do alcun fatto nuovo nel senso sopra delineato, le originarie previsioni delle parti si dovessero succes- sivamente rivelare erronee; circostanza cui può certo conseguire una loro diversa valutazione in ordine alla perdurante convenienza dell’affare intrapreso.
Una simile evenienza potrà però al più legittimare
– sempreché ne ricorrano i relativi presupposti – l’esperimento dei rimedi accordati dal legislatore a tutela di un corretto processo di formazione della volontà contrattuale (22). Non potrà invece legit- timare il ricorso ad un istituto, quale quello di cui all’art. 1467 c.c., che presuppone l’irrompere di fatti assolutamente nuovi – come, del resto, si è sempre ritenuto (23) –, capaci di stravolgere completamen- te quanto le parti potevano ragionevolmente preve- dere al tempo della conclusione del loro contratto.
“Imprevedibile” è invece l’evento di cui, sulla base di un criterio di normalità, il contraente medio non si prefigura il verificarsi al tempo della conclusione del contratto. In dottrina vi è però anche chi, come XXXXXXX, Le sopravvenienze, cit., 626, accoglie tale con- cetto in termini soggettivi, affermando che «[l’] imprevedibilità del fatto deve essere valutata seguendo una logica interpretativa […] relativa della nozione di imprevedibilità, ossia non dando per scontato che, sulla base di un criterio di normalità, il contraente
normale abbia tenuto conto della sua eventualità». Sulla base di tali considerazioni è stato pure proposto un accostamento tra il
concetto di imprevedibilità e quello di alea normale del contratto di cui all’art. 1467, comma 2, c.c. Secondo tale ultima impostazio- ne, rientrerebbe nell’alea normale del contratto, che impedisce alla parte onerata di richiedere lo scioglimento del vincolo con- trattuale, quella maggiore onerosità della prestazione derivante da eventi che presentano i caratteri della ordinarietà e della prevedi- bilità. Sul punto, v. SACCO e DE NOVA, op. cit., 707. In termini simili ROPPO, op. cit., 955, secondo cui “il giudizio sull’imprevedibilità della sopravvenienza si intreccia col giudizio sul superamento dell’alea normale”.
(20) Per XXXXXXXXX, op. cit., 45: «Straordinario è … tutto ciò che sta al di fuori del normale volgere degli eventi».
(21) Così la Relazione del Ministro Guardasigilli al Codice Civile
del 1942, n. 665.
(22) Ci si potrà in particolare interrogare se la parte le cui previ- sioni si siano poi rivelate erronee possa eventualmente chiedere l’annullamento del contratto per errore.
(23) Nell’applicazione giurisprudenziale dell’istituto qui in com- mento sono stati infatti ritenuti fatti nuovi – tali da legittimare, se comportanti l’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, la richiesta di risoluzione del contratto – lo scoppio di guerre o, ancora, fenomeni inflattivi particolarmente significativi, in grado di determinare un notevole svilimento del potere d’acquisto della moneta.
CORTE D’APPELLO DI VENEZIA, sentenza 7 giugno 2021, n. 1656; Pres. Est. Xxxxxxx.
Risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta – Squilibrio tra prestazioni – Fatto sopravvenuto.
«Il sopravvenuto squilibrio tra il valore delle prestazioni di un contratto di durata legittima la richiesta di risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1467 c.c., con effetti ex nunc, senza che abbia rilievo l’equilibrio economico complessivo originariamente convenuto dalle parti» (mass. non ufficiale).
In Fatto
1. Nella sentenza che ha dato origine alla presente fase di rinvio lo svolgimento del processo sino al giudizio di legittimità è così testualmente riassunto:
“1. Alla società Bastian Beton Spa (d’ora in poi Be- ton) era stata affidata in concessione la gestione del trattamento dei rifiuti in condizioni di sicurezza am- bientale e nel rispetto delle prescrizioni di legge su un sito (l’area della discarica) di proprietà della conces- sionaria stessa nel territorio del Comune di Valeggio sul Mincio, loc. (Omissis); la Beton aveva assunto gli oneri connessi, ivi compresi quelli legati alla bonifica e al ripristino della funzione originaria del sito e gli oneri di gestione dell’attività post mortem, successiva alla cessazione dei conferimenti di rifiuti, comportan- te l’attività di smaltimento dei sottoprodotti (biogas e percolato) sino all’esaurimento dell’attività biologica della discarica, con diritto a incassare la tariffa per il conferimento dei rifiuti.
1.1. In particolare, il Comune di Valeggio sul Mincio, con delib. 8 ottobre 1987, n. 185, aveva approvato la Convenzione tra lo stesso Comune, la Regione Ve- neto e la Beton, avente ad oggetto la realizzazione e la gestione della discarica controllata di rifiuti solidi urbani ed assimilabili; per portare a conclusione la vita biologica della discarica la suddetta Convenzione era stata modificata con delib. 20 settembre 1994, n. 112; il Comune ne aveva disposto la chiusura a partire dal 31 luglio 1996; con delib. 31 gennaio 1997, n. 7 era stata adottata una Convenzione aggiuntiva per la ge- stione post mortem della discarica da parte della Be- ton mediante utilizzo delle somme accantonate per la gestione dopo la chiusura della stessa; con provvedi- mento del 23 maggio 2005 il Comune aveva disposto la revoca della concessione in essere e, con successivo
provvedimento del 29 dicembre 2005, aveva disposto la revoca del provvedimento di revoca e dato atto che il rapporto sarebbe proseguito con la Beton; in data 13 ottobre 2010 il Comune aveva diffidato la Beton a garantire l’esaurimento della discarica.
2. La Beton aveva promosso una procedura arbitrale, con domanda in data 3 marzo 2011, nella quale aveva chiesto (in tal senso precisando le domande nel corso del giudizio arbitrale) che venisse accertato il proprio diritto, quale concessionaria, al pagamento dei corri- spettivi della gestione della discarica, degli impianti di salvaguardia e del trattamento dei sottoprodotti nel- la fase successiva alla chiusura dei conferimenti, fino all’esaurimento dell’attività biologica della discarica stessa; che venisse accertata la liceità e/o legittimità della sospensione dell’esecuzione della prestazione da parte della concessionaria; che il Comune venisse condannato al pagamento delle indennità e/o dei cor- rispettivi maturati per le prestazioni eseguite; in via subordinata, che venisse risolta la convenzione-con- tratto per eccessiva onerosità sopravvenuta, a norma dell’art. 1467 c.c.; che il Comune venisse condannato al pagamento dell’indennizzo per ingiustificato arric- chimento.
3. Il Comune di Valeggio sul Mincio, di contro, aveva eccepito la nullità e/o invalidità e/o inefficacia delle clausole compromissorie e il difetto di giurisdizione del Collegio arbitrale; aveva chiesto, comunque, di ri- gettare le avverse domande e, in via riconvenzionale, di dichiarare l’obbligo della società di provvedere alla installazione e gestione degli impianti a salvaguardia e al trattamento dei sottoprodotti fino all’esaurimento dell’attività biologica della discarica, nonché di ese- guire le opere di bonifica e sistemazione dell’area,
assumendosene gli oneri e rilasciando fideiussione a garanzia.
4. Con lodo non definitivo del 5 – 25 agosto 2011, il Collegio arbitrale riteneva che la controversia appar- tenesse alla giurisdizione esclusiva del giudice ammi- nistrativo ma concludeva per l’arbitrabilità della lite, sul presupposto che fosse applicabile la L. n. 205 del 2000, art. 6, comma 2, – che consentiva la compro- mettibilità in arbitrato rituale di diritto delle contro- versie concernenti diritti soggettivi devolute al giudi- ce amministrativo – per un duplice ordine di ragioni. In primo luogo, perché reputava che detta norma avesse natura interpretativa, e non innovativa, e fosse applicabile anche alle clausole compromissorie sot- toscritte in epoca anteriore all’entrata in vigore del- la citata legge. In secondo luogo, perché riteneva che con il provvedimento del 29 dicembre 2005 (quando la L. n. 205 era già in vigore) il Comune avesse riaffi- dato alla Beton la concessione già revocata secondo le condizioni in essere, tra le quali rientrava anche la clausola compromissoria.
4.1. Con lodo definitivo del 16 aprile – 3 maggio 2012, il Collegio arbitrale rigettava le domande principali della Beton ed accertava gli obblighi della stessa di attuare le procedure di salvaguardia ambientale fino all’esaurimento dell’attività biologica della discarica e di assumerne gli oneri; accoglieva la domanda subor- dinata della società di risoluzione della convenzione per eccessiva onerosità sopravvenuta, a far data dal 1 agosto 2011.
5. Entrambi i lodi venivano impugnati, dinanzi alla Corte di appello di Venezia, dal Comune di Valeggio sul Mincio in via principale e dalla Beton in via inci- dentale condizionata.
Omissis
6. La Corte di appello di Venezia, con sentenza del 29 maggio 2015, ha dichiarato la nullità di entrambi i lodi, avendo ritenuto sussistere la giurisdizione del giudice amministrativo e nulla la clausola compro- missoria perché pattuita in relazione a controversie sottratte alla giurisdizione del giudice ordinario all’e- poca della sottoscrizione delle convenzioni, tutte an- teriori all’entrata in vigore della L. n. 205 del 2000; ha escluso che la compromettibilità in arbitri potesse desumersi dal provvedimento del 29 dicembre 2005 (di revoca o ritiro della revoca della concessione) che aveva stabilito la prosecuzione del rapporto, senza novare né sostituire le convenzioni originariamente stipulate tra le parti; ha ritenuto tardivamente dedot- ta dalla Beton e non provata la qualificazione del rap- porto in termini di “concessione di lavori pubblici”, in
base alla quale la società aveva sostenuto la giurisdi- zione del giudice ordinario, anziché di “concessione di pubblico servizio”; sul punto la Corte ha rimarca- to che il Collegio arbitrale aveva applicato l’art. 133 c.p.a., lett. c), in tema di concessioni di pubblici ser- vizi, e che su detta qualificazione del rapporto si era formato il giudicato.
7. Avverso questa sentenza la Beton ha proposto ri- corso per cassazione, resistito dal Comune di Valeggio sul Mincio”.
2. Le sezioni unite della s. corte, con sentenza 18- 12-2019, n. 33691, ha accolto il terzo motivo del ri- corso, con il quale si sosteneva che la questione di giurisdizione dovesse essere risolta a favore della giurisdizione del giudice ordinario, con conseguen- te compromettibilità in arbitrato della controversia, dovendosi valutare il petitum sostanziale (pagamento somme quale compenso per l’attività svolta dal con- cessionario), atteso che era stato azionato il diritto al compenso per la gestione della discarica nella fase post mortem, e non essendo invece contestati l’eser- cizio o il mancato esercizio di poteri amministrativi, nel mentre la mancanza di un riconoscimento docu- mentale del credito era questione attinente non alla giurisdizione, ma al merito della controversia.
I giudici di legittimità hanno pertanto disposto la cas- sazione della sentenza della corte d’appello di Venezia con rinvio della causa avanti la stessa per il giudizio sul merito delle impugnazioni al lodo arbitrale, oltre che per la regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.
3. Con separati atti hanno riassunto il processo Ba- stian Beton s.r.l. e Comune di Valeggio sul Mincio promuovendo le cause nn. 531/2020 e 669/2020 R.G., successivamente riunite.
4. All’udienza del gennaio 2021 (la cui trattazione è stata disposta ai sensi del D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 7, lett. H, (convertito nella L. n. 27 del 2020) e D.L. n. 28 del 2020, mediante deposito di note scrit- te), la causa, dimesse dalle parti le conclusioni scritte, come in epigrafe riportate, è stata riservata per la de- cisione, previa assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
In Diritto
1. Ambito di cognizione in sede di giudizio di impu- gnazione per nullità del lodo (art. 829 c.p.c.).
Non è inopportuno ricordare, prima di passare alla disamina dei singoli motivi, i limiti propri del giudi- zio di impugnazione del lodo e inerenti alla natura
di critica vincolata dei motivi di impugnazione e al conseguente ambito di cognizione riservato alla corte d’appello nella fase rescindente, come risultano dalle disposizioni normativi e dai consolidati insegnamenti del giudice di legittimità.
1.1 I motivi ammissibili in sede di impugnazione del lodo sono soltanto quelli contemplati dall’art. 829
c.p.c. e per le ragioni ivi precisate.
1.2. In secondo luogo, occorre considerare che la pre- sente impugnazione si basa su di una convenzione di arbitrato risalente ad epoca antecedente al 2-3-2006 (entrata in vigore della novella dell’art. 829 c.p.c. con la quale viene stabilita la possibilità di impugnare il lodo per la violazione di regole di diritto relative al merito della controversia solo se espressamente di- sposta dalle parti o dalla legge ovvero per contrarietà all’ordine pubblico), ragione per cui deve ritenersi soggetta alla precedente disciplina, con possibilità pertanto di denunciare anche la violazione delle re- gole di diritto attinenti al merito della controversia (Cass. s.u. 9341/2016).
(Omissis)
Come ricordato, nella presente controversia sono riu- nite le due cause con le quali le parti hanno, entram- be, riassunto in sede di rinvio il processo, riproponen- do l’impugnazione principale (Comune di Valeggio sul Mincio) e quella incidentale condizionata (Xxxxxxx Xxxxx s.r.l.).
Ragioni di economia processuale oltre che di ordine logico-giuridico rendono opportuno prendere le mos- se dalla disamina dell’impugnazione principale for- mulata dal Comune.
2. Impugnazione principale.
Omissis
2.2. Il Comune ha formulato cinque motivi di impu- gnazione avverso il lodo.
Due di essi (il primo e il secondo) sono incentrati sulla denuncia di una “contraddittorietà” delle disposizio- ni del lodo, mentre con i residui motivi si lamenta la violazione di regole di diritto “su cui si fonda l’istituto della risoluzione del contratto per eccessiva onerosi- tà”, con riferimento alla necessità che il fatto soprav- venuto incida sull’equilibrio economico del contratto (terzo motivo), alla necessità che il fatto produca una eccesiva onerosità (quarto motivo) e, infine, al carat- tere necessariamente “sopravvenuto” del fatto impre- vedibile (quinto motivo).
Omissis
Con il terzo motivo si lamenta la violazione delle rego- le di diritto in tema di risoluzione per eccessiva one- xxxxxx sopravvenuta, segnatamente denunciando che
sarebbe erronea la valutazione in ordine all’incidenza del fatto sopravvenuto sull’onerosità del contratto.
Invero gli arbitri, come sopra già ricordato, hanno osservato che la protrazione del termine di gestione post mortem della discarica aveva condotto non solo a ridurre il corrispettivo previsto contrattualmente, ma anzi ad azzerarlo, con la conseguenza che con l’e- saurimento del fondo post mortem Xxxxxxx Xxxxx si era trovata “a far fronte in via diretta (ossia con esbor- si diretti) ai costi di gestione senza possibilità di mar- gini di guadagno” (lodo, pag. 25).
Il motivo deplora che la valutazione di “eccessiva one- xxxxxx” compiuta dagli arbitri abbia atomisticamente considerato soltanto il rapporto post mortem, omet- tendo di accertare l’incidenza che “i fatti sopravvenu- ti... avrebbero avuto sull’equilibrio dei valori scam- biati tra le parti, secondo l’intero assetto di interessi originariamente fissato” (comparsa di costituzione, pag. 75).
Il motivo, laddove non inammissibile, nella parte in cui sollecita una diversa valutazione dell’indole “ec- cessivamente onerosa” dell’alterazione sull’equilibrio contrattuale del fatto e, pertanto, un apprezzamento sul merito di tale questione in sede di impugnazione per nullità del lodo, è comunque privo di fondamento. Secondo l’iter logico-giuridico adottato dagli arbitri il disallineamento del valore delle prestazioni contrat- tuali, tale da comportarne l’eccessiva onerosità, si è verificato soltanto a seguito della imprevedibile pro- trazione della gestione post mortem, il che val quanto dire che, sino ad allora, il contratto aveva realizzato l’equilibrio economico fissato dalle parti fra presta- zione e controprestazione.
Va rimarcato che gli arbitri hanno al riguardo sot- tolineato (richiamando gli insegnamenti giurispru- denziali) che la valutazione in ordine alla eccessiva onerosità sopravvenuta va compiuta “comparando il valore di entrambe le prestazioni al momento in cui sono sorte e a quello in cui devono eseguirsi” (lodo, pag. 24) e, ricavato l’assetto economico del contratto dalle pattuizioni della convenzione in forza della qua- le la prestazione di Xxxxxxx Xxxxx doveva sempre tro- vare una remunerazione, hanno ritenuto che a fronte della imprevedibile durata della fase post mortem, quell’assetto “era venuto radicalmente a mutare, non solo riducendo il valore della prestazione percepita dalla Concessionaria, ma anzi azzerandolo” (lodo, pag. 25).
In tale precisata prospettiva risulta pienamente con- gruente la decisione di pronunciare la risoluzione ex nunc, proprio in ragione del fatto che sino a quando
la durata del periodo post mortem si era mantenuta nell’ambito delle previsioni, il valore reciproco delle prestazioni si poneva nell’ambito dell’alea connessa al contratto in una sorta di corrispettività a coppie (fra prestazione e controprestazione) e non si erano veri- ficati fatti tali da comportarne un’alterazione signifi- cativa ai sensi dell’art. 1467 c.c.
In questa sede – per evidenziare l’inaccoglibilità del motivo – è sufficiente considerare che la valutazione in proposito operata nel lodo non è stata affatto circo- scritta alla valutazione di una sola obbligazione, ma si è dichiaratamente incentrata sulla constatazione, tratta dalle previsioni contrattuali, secondo cui la pre- stazione da parte della Xxxxxxx Xxxxx doveva sempre trovare una remunerazione e che, a seguito dell’im- prevedibile protrazione del periodo post mortem, la prestazione della concessionaria finiva per essere non soltanto ridotta, ma del tutto privata di alcun corri- spettivo.
Omissis
2.2.5. Quinto motivo di impugnazione.
Il motivo in parola lamenta la violazione di regole di diritto relative alla risoluzione del contratto per ec- cessiva onerosità sopravvenuta, con riguardo alla esi- genza che si tratti di fatti sopravvenuti.
Si sostiene che il Collegio avrebbe erroneamente annesso rilievo ai fini del rimedio ex art. 1467 c.c. a quelle che si sono rivelate unicamente delle erronee previsioni della concessionaria, non già alla presen- za di un fatto nuovo, straordinario e sopravvenuto. L’eventuale fallacia delle valutazioni compiute dalle parti in vista della definizione dell’assetto economi- co del contratto – si soggiunge – non può dar corso all’applicazione della figura di risoluzione in parola. Il motivo non si sottrae a una valutazione di sua inam- missibilità, in quanto – sotto le mentite spoglie di vio- lazione di una regola di diritto – mira a ottenere una diversa valutazione dei fatti posti a base dell’opina- mento degli arbitri nel loro apprezzamento di merito. Occorre in proposito considerare che il collegio arbi- trale ha ritenuto fatto sopravvenuto e imprevedibile che la durata della fase “post mortem” si sia prolun- gata oltre il termine di 15 anni previsto in contratto. Il lodo desume l’equilibrio economico del contratto alla stregua delle pattuizioni delle parti, le quali ave- vano concordemente stabilito nel termine quindicen- nale, osservando che “le stime elaborate proprio dal Comune – sulle quali si fondava anche la determina- zione della quota parte della tariffa destinata ad esse- re accantonata dall’impresa nel c.d. fondo post-mor- tem – ed avallate dalla regione con l’approvazione
del progetto prevedevano come durata massima del periodo post mortem quindici anni”.
Gli arbitri hanno valutato che “la durata superiore del periodo post mortem rappresenta un evento innanzi tutto imprevedibile, posto che all’epoca della stipula delle Convenzioni non vi erano – per nessuna delle parti – ragioni che potessero portare a prevedere, ap- punto che l’attività biologica della discarica non si sa- rebbe esaurita nel periodo predetto” (lodo, pag. 26 s.). Del pari il lodo censisce la sussistenza del requisito della eccezionalità dell’evento alla stregua anche della disciplina normativa dell’epoca e dagli atti di prove- nienza della Regione e dello stesso Comune, oltre che da riscontri rinvenienti dalla giurisprudenza ammini- strativa (puntualmente indicati a pag. 28). Gli arbi- tri danno altresì conto della non riconducibilità della protrazione della durata post mortem all’alea norma- le del contratto (pag. 29).
In definitiva, sul punto, gli arbitri hanno compiuto la loro valutazione sugli elementi che, secondo il loro opinamento, valevano a evidenziare un fatto nuovo, sopravvenuto, eccezionale e imprevedibile tale da al- terare l’equilibrio economico del contratto in misura eccessiva. La sindacabilità di un tale giudizio compor- terebbe l’impingimento da parte del giudice dell’im- pugnazione del lodo in valutazioni di merito non con- sentite in questa sede, come pure innanzi ricordato.
2.3. L’impugnazione principale proposta dal Comune di Valeggio sul Mincio non può trovare accoglimento e va respinta, onde neppure può aprirsi la fase c.d. re- scissoria.
3. L’impugnazione incidentale di Xxxxxxx Xxxxx. L’impugnazione incidentale di Xxxxxxx Xxxxx è stata espressamente proposta in via subordinata all’even- tuale accoglimento dell’impugnazione del Comune. Atteso che è stato disposto il rigetto dell’impugnazione principale del Comune, tale impugnazione condizio- nata non va presa in esame, con assorbimento di tut- te le questioni sollevate dall’ente locale con riguardo all’ammissibilità dell’impugnazione di Xxxxxxx Xxxxx. Omissis