Contratto di locazione - Miglioramenti della cosa locata - Indennizzo per il conduttore - Sussistenza - Requisiti
Corte d'Appello | Roma | Sezione 8 | Civile | Sentenza | 15 settembre 2020 | n. 4166
GIURISPRUDENZA
Data udienza 10 settembre 2020
Integrale
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Contratto di locazione - Miglioramenti della cosa locata - Indennizzo per il conduttore - Sussistenza - Requisiti
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE D'APPELLO DI ROMA SEZ. VIII CIVILE
così composta:
xxxx. Xxxxxx Xxxxxxxx - Presidente xxxx. Xxxxxxxxx Xxxxxxxx - Consigliere
xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxxxx - Consigliere rel.
ha pronunziato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, la seguente Sentenza
nella causa civile di nuovo rito di II grado iscritta al n. 663 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2014, posta in deliberazione all'udienza collegiale dell'11-6-2020, vertente
tra
(...), elettivamente domiciliato in Roma, Via (...), presso lo studio dell'Avv. Cl.Ri., che lo rappresenta e difende in virtù di procura in atti;
- Appellante - e
(...) e (...), elettivamente domiciliati in Roma, Via (...), presso lo studio dell'Avv. Xx.Xx., che li rappresenta e difende, unitamente all'Avv. Pi.Lu.Ti., in virtù di procura in atti;
- Appellati -
Oggetto: azione ex art. 1592 e 1593 c.c.. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ritualmente notificato, il sig. (...) adiva il Tribunale di Roma assumendo che, con contratto sottoscritto in data 10/1/2000, registrato il 20/2/2000, la sig.ra (...) gli aveva concesso in locazione, per un periodo di anni sei, l'immobile sito in R., Via (...), seminterrato; tale contratto si era poi rinnovato per altri sei anni, andando a scadere il 9/1/2012, giusta disdetta inviata dalla locatrice con racc. A.R. del 23/10/2010.
Nel corso della locazione, la sig.ra (...), con atto dell'1/3/2011, aveva venduto l'immobile ai sigg. (...) e (...), che lo avevano acquistato, rispettivamente, in qualità di nudo proprietario e di usufruttuario.
Il ricorrente sosteneva altresì che l'immobile oggetto di locazione gli era stato consegnato dall'originaria proprietaria in condizioni non idonee all'uso contrattuale convenuto, "ovvero privo delle condizioni necessarie di vivibilità e decoro", presentando uno stato di degrado caratterizzato da una pavimentazione sconnessa, pareti screpolate e porte fatiscenti, nonché dagli impianti idraulico ed elettrico necessitanti "una totale sistemazione"; in particolare, stanti le condizioni in cui l'immobile si trovava, le parti originarie avevano convenuto espressamente che tutte le
opere di ristrutturazione sarebbero state eseguite dal conduttore, tanto che la locatrice aveva all'uopo autorizzato il conduttore ad eseguirli a propria cura e spese. Inoltre, nonostante tale pattuizione, lo stesso conduttore, dopo la sottoscrizione del contratto e prima dell'inizio dei lavori, con racc. A.R. del 10/2/2000, ricevuta il 22/2/2000, aveva comunicato alla sig.ra (...) "le opere che avrebbe eseguito nell'immobile locato, la ditta esecutrice, l'inizio dei lavori ed il loro costo"; quindi detti lavori erano stati eseguiti dalla s.r.l. (...), per il costo complessivo di Lire 57.600.000, come da fattura di pari importo n. 5/2000, previa espressa autorizzazione della locatrice e al solo fine di garantire al conduttore il pieno godimento per l'uso contrattuale convenuto.
Ciò premesso, una volta ricevuta la disdetta contrattuale, il sig. (...), con racc. A.R. del 6/11/2010, aveva chiesto alla sig.ra (...) che alla riconsegna dell'immobile gli fosse versato il giusto indennizzo per le migliorie apportate al medesimo; detta richiesta, poi, era stata reiterata in data 30/11/2010 e, a seguito della vendita dell'immobile, anche ai nuovi proprietari con racc. A.R. del 23/12/2011. Il 28/12/2011, il ricorrente aveva consegnato ai nuovi proprietari l'immobile locato che, come da apposito verbale sottoscritto dalle parti, versava in buono stato di manutenzione.
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Poiché ogni invito ad ottenere la corresponsione di tale indennizzo era risultato vano, il sig. (...) sosteneva di esservi visto costretto ad adire l'Autorità giudiziaria affinché, previa declaratoria del suo diritto a vedersi riconosciuto l'indennizzo di cui agli artt. 1592 e 1593 c.c. per i miglioramenti apportati all'immobile, i sigg. (...) e (...) fossero condannati al pagamento, in suo favore, a tale titolo, della somma di Euro 26.785,13, oltre interessi legali; in via subordinata, affinché i medesimi fossero condannati al pagamento di tale somma a titolo di indennizzo per indebito arricchimento, "considerato l'utile vantaggio economico conseguito dal locatore-proprietario a seguito dei lavori eseguiti dal ricorrente nell'immobile già condotto in locazione" o, comunque, anche in altra misura da determinarsi in via equitativa, oltre interessi; il tutto con vittoria di spese processuali.
In via istruttoria, il ricorrente chiedeva ammettersi prova testimoniale e, all'occorrenza, l'espletamento di apposita C.T.U..
Costituitisi in giudizio, i sigg. (...) e (...), dopo aver sollevato alcune eccezioni preliminari, si limitavano a resistere, chiedendo il rigetto della domanda, con vittoria di spese processuali.
All'esito dell'istruttoria, meramente documentale, il Tribunale, con sentenza n. 23402/2013, rigettava la domanda, condannando il ricorrente alla rifusione delle spese processuali.
Il Tribunale, sostanzialmente, riteneva non solo che nel caso di specie mancasse l'autorizzazione del locatore all'effettuazione di specifici interventi per apportare le migliorie all'immobile locato, ma anche la prova che lo stesso, al momento della sottoscrizione del contratto, non fosse idoneo all'uso convenuto e, quindi, che abbisognasse di opere di intervento a carico del locatore; infine, in relazione alla domanda subordinata di indebito arricchimento, riteneva che nel caso specifico sussistesse una giusta causa per l'intervenuto spostamento patrimoniale.
Con ricorso ritualmente notificato, il sig. (...) proponeva appello avverso tale decisione, assumendone l'erroneità e l'ingiustizia.
Con un primo motivo di doglianza, il sig. (...), dopo aver rammentato, ai sensi dell'art. 1575 c.c., l'obbligo del locatore di fornire al conduttore un immobile in normale stato di manutenzione e idoneo all'uso convenuto, lamentava che il Tribunale, ai fini di tale accertamento, si era limitato soltanto ad esaminare il contenuto del contratto di locazione, senza procedere ad un esame dello stato dell'immobile al momento in cui il negozio era stato concluso. In particolare, secondo l'appellante, poiché il contratto non aveva dichiarato né che l'immobile fosse idoneo all'uso concordato, né che non lo fosse, sarebbe stato necessario procedere ad un accertamento in concreto circa la effettiva condizione dell'immobile al momento della stipula, il quale era del tutto mancato, anche a causa della mancata ammissione delle prove testimoniali offerte dal ricorrente, con la conseguenza che il difetto di prova sul punto non avrebbe potuto essergli addebitato.
Infatti, lo stato di fatiscenza dell'immobile locato era rilevabile sia dalla dichiarazione scritta resa dal sig. (...) (peraltro indicato quale teste), che lo aveva visionato tra la fine del 1999 e l'inizio dell'anno 2000, sia dalla perizia di parte redatta dall'Arch. (...), ritualmente prodotta in giudizio, sia dalla fattura n. (...) rilasciata dalla s.r.l. (...), che aveva curato i lavori di rifacimento. In ogni caso, poi, il Tribunale non aveva neanche ritenuto di procedere all'espletamento di apposite indagini peritali d'ufficio, come espressamente richiesto dal ricorrente.
Con un secondo motivo di appello, poi, il sig. (...) censurava l'impugnata sentenza nella parte in cui il Tribunale aveva ritenuto non dimostrata la circostanza dell'avvenuto rilascio, da parte della locatrice, di un'apposita autorizzazione all'effettuazione dei lavori in questione.
In particolare, l'appellante ha ribadito che la sig.ra (...) lo aveva autorizzato all'effettuazione di tali lavori, la quale era stata da lui espressamente interpellata anche prima del loro inizio (con comunicazione del 10/2/2000), dichiarandosi consenziente alla loro esecuzione; al contrario, ove la locatrice avesse ritenuto le opere in questione non necessarie o, comunque, fosse stata contraria alla loro esecuzione, "avrebbe dovuto rispondere e specificamente contestare la missiva del conduttore", con la conseguenza che "la mancanza di dissenso" della predetta doveva ritenersi "elemento perfettamente idoneo a confermare la sua piena approvazione e consenso a quanto aveva già autorizzato nel contratto". In ogni caso, poi, il ricorrente aveva chiesto di poter dimostrare tale circostanza attraverso apposita prova testimoniale, non ammessa dal Tribunale, sicché un eventuale difetto di prova non avrebbe potuto essergli imputato in alcun modo.
Con un terzo motivo di doglianza, poi, l'appellante ha lamentato il mancato esame della domanda concernente l'accertamento del valore delle opere realizzate e, di conseguenza, l'accrescimento del valore dell'immobile; quindi, sul punto, richiamava nuovamente le risultanze della perizia di parte già prodotta in primo grado.
Infine, con un ultimo motivo di censura, il sig. (...) lamentava l'avvenuto rigetto della domanda -proposta in via subordinata- volta ad ottenere un indennizzo in ragione dell'ingiustificato arricchimento di cui il locatore aveva comunque beneficiato a seguito dei lavori eseguiti dal conduttore.
Infatti, pur essendo vero che l'azione ex art. 2041 ha natura complementare e sussidiaria, era altresì vero che nel caso in questione la preesistenza di un contratto di locazione non poteva ritenersi ostativa alla sua formulazione, in quanto, a dire dell'appellante, lo spostamento patrimoniale avrebbe potuto ritenersi derivante dal contratto di locazione solo ove fossero state ritenute fondate le domande ex artt. 1592 e 1593 c.c..
Quindi, nel lamentare altresì l'ingiustizia della disposta condanna alla rifusione delle spese processuali in favore dei resistenti, a dire dell'appellante avvenuta in violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., il sig. (...) concludeva chiedendo l'integrale riforma dell'impugnata sentenza, con la condanna degli appellati alla rifusione delle spese di lite.
Costituitisi in giudizio, gli appellati si sono limitati a resistere, chiedendo il rigetto dello spiegato gravame, con vittoria di spese del grado.
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All'udienza del 10/9/2020, dopo la discussione, la causa la causa è stata decisa come da separato dispositivo, di cui è stata data immediata lettura in udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di appello è infondato.
Infatti, dall'esame del contratto di locazione del 10/1/2000, sottoscritto dalla sig.ra (...) e dal sig. (...), non emerge alcuna circostanza da cui poter inferire che l'immobile di Via (...) non fosse idoneo all'uso "ufficio" concordato dalle parti con il contratto stesso.
Del resto, si deve presumere che, ove effettivamente detto immobile non fosse stato idoneo all'uso che il conduttore -con l'accordo della locatrice- intendeva farne, non avrebbe sottoscritto il contratto stesso o, comunque, avrebbe preteso che di tale circostanza fosse dato espressamente conto nello stesso contratto, convenendo, eventualmente, che il canone di locazione fosse da lui versato solo a partire dal momento in cui l'immobile fosse stato reso idoneo a tale uso, previa apposita ristrutturazione connessa alle specifiche condizioni del bene locato.
Al contrario, le parti non fecero mai menzione di tale circostanza nel contratto, mentre il semplice fatto che il conduttore sia stato autorizzato dalla locatrice "alla ristrutturazione dei locali" a propria cura e spese non permette di collegare tale attività ad una effettiva condizione di inidoneità del locale all'uso pattuito.
Giova poi evidenziare che il giudicante di prime cure, a differenza di quanto sostenuto dall'odierno appellante, non risulta aver mai affermato "che non sia onere del locatore fornire un appartamento idoneo all'uso concordato", essendosi limitato solo a statuire che gli obblighi previsti a carico del locatore dagli artt. 1575 e 1576 c.c. non comprendono l'esecuzione di opere di modificazione o trasformazione della cosa locata tali da rendere il bene stesso idoneo alle specifiche esigenze del conduttore, tranne il caso in cui sia stata, nello stesso contratto, specificamente garantita l'idoneità dell'immobile ad un determinato uso: ipotesi, questa, che nel contratto in questione non è assolutamente ravvisabile, essendosi le parti limitate solo a convenire genericamente l'uso dell'immobile come "ufficio".
Ne consegue che i lavori svolti dal conduttore a seguito dell'accoglimento della sua generica richiesta di essere autorizzato alla "ristrutturazione dei locali" non possono essere ritenuti indispensabili per rendere l'immobile locato idoneo ad essere utilizzato come ufficio, con la conseguenza che essi non potevano incombere a carico della locatrice.
Ne deriva che del tutto inconferenti si appalesano le richieste probatorie avanzate dall'appellante che, pertanto, debbono essere disattese, con la conseguenza che il primo motivo di appello deve essere respinto.
Analoghe considerazioni, poi, valgono per il secondo motivo di censura, con il quale l'appellante ha nuovamente sostenuto che la locatrice gli avesse manifestato un espresso consenso all'esecuzione dei miglioramenti di cui all'art. 1592 c.c..
Infatti, secondo il costante insegnamento della Corte di Cassazione, cui questa Corte di merito aderisce, "nel contratto di locazione, il diritto del conduttore alla indennità per i miglioramenti della cosa locata presuppone, ai sensi dell'art. 1592 c.c., che le relative opere siano state eseguite con il consenso del locatore, e tale consenso, importando cognizione dell'entità, anche economica, e della convenienza delle opere, non può essere implicito, né può desumersi da atti di tolleranza, ma deve concretarsi in una chiara ed inequivoca manifestazione di volontà volta ad approvare le eseguite innovazioni, così che la mera consapevolezza (o la mancata opposizione) del locatore riguardo alle stesse non legittima il conduttore alla richiesta dell'indennizzo" (Cass. n. 15317/2019; nello stesso senso, vedi Cass. n. 4532/2019, n. 2494/2009 -riportata dallo stesso giudice di prime cure- e n. 6094/2006).
Inoltre, ai sensi dell'art. 2967 c.c., grava sul conduttore che chieda l'indennità ex art. 1592 c.c. per i miglioramenti apportati alla cosa locata, l'onere di provare il consenso del locatore alla loro esecuzione, trattandosi di fatto costitutivo del preteso diritto (Cass. n. 14/2017; 17861/2007; 2740/1988).
Ciò premesso, dall'esame degli atti emerge solamente la dimostrazione che il sig. (...), in occasione dell'invio della missiva datata 10/2/2000, comunicò alla sig.ra (...) i lavori di ristrutturazione che egli aveva in animo di effettuare all'interno dell'immobile locato, da lui personalmente ritenuto "inabitabile", senza però ottenere una risposta al riguardo e, tanto meno, una risposta interpretabile quale inequivoca manifestazione di volontà volta ad approvare possibili innovazioni; inoltre, la circostanza che la locatrice non abbia espressamente manifestato un dissenso al
riguardo, a differenza di quanto sostenuto dall'appellante non può essere interpretato quale specifica approvazione all'effettuazione dei miglioramenti di cui agli artt. 1592 e/o 1593 c.c., soprattutto ove si consideri che la sig.ra (...), in occasione della stipula del contratto, aveva già accolto la generica richiesta del conduttore di procedere ad una ristrutturazione dell'immobile a sua esclusiva cura e spese.
Riguardo, poi, alla mancata ammissione della prova testimoniale richiesta, secondo cui la sig.ra (...), "in un incontro avvenuto in Ostia presso un negozio di ottica all'incirca fine marzo-inizio aprile 2000", venne informata dal conduttore che nell'immobile locato erano stati eseguiti i lavori in questione, dimostrandosi contenta della loro effettuazione, l'estrema genericità della stessa giustificava -e tutt'ora giustifica- una valutazione in termini di completa inammissibilità.
Ne consegue che anche il secondo motivo di appello non può che essere respinto.
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Logico corollario del rigetto dei primi due motivi di appello è il rigetto anche del terzo motivo di doglianza, concernente il mancato esame della domanda di accertamento del valore delle opere realizzate (e, di conseguenza, dell'accrescimento del valore dell'immobile), che resta assorbito nel diniego del diritto del sig. (...) a percepire alcuna indennità per difetto di consenso della locatrice.
Infine, deve essere rigettato anche l'ultimo motivo di censura, concernente il mancato accoglimento della domanda subordinata avanzata ex art. 2041 c.c..
Infatti, a differenza di quanto sostenuto dall'appellante, nel caso che ne occupa lo spostamento patrimoniale in favore del soggetto arricchito risulta del tutto giustificato in ragione del contratto di locazione sottoscritto dalle parti e, segnatamente, della clausola con cui la locatrice, aderendo alla richiesta genericamente avanzata dal conduttore, autorizzò quest'ultimo a procedere ad una ristrutturazione dell'immobile a propria cura e spese. Ne consegue che, come correttamente già ritenuto dal Tribunale, essendo ravvisabile una giusta causa dell'arricchimento, la domanda non può che essere disattesa.
Infine, non risulta neanche ravvisabile alcuna violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in riferimento al governo delle spese di primo grado.
Infatti, all'esito dell'esame dell'impugnata sentenza si deve ritenere che la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese venne adottata sulla scorta del principio della soccombenza prevalente, sicché non vi sono ragioni per sindacare il mancato esercizio, da parte del Tribunale, di un potere del tutto discrezionale quale quello di compensazione, il cui corretto esercizio, peraltro, impone anche l'adozione di adeguata motivazione.
Da quanto premesso deriva che l'appello, totalmente infondato, deve essere rigettato.
Le spese del grado di appello seguono la soccombenza e vengono liquidate, nel minimo (stante la non particolare difficoltà delle questioni giuridiche affrontate), come da separato dispositivo.
Trattandosi di causa iscritta a ruolo successivamente al 31-1-2013, occorre dare atto che sussistono i presupposti di cui all'art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, come introdotto dall'art. 1, comma 17, L. n. 228 del 2012, per il versamento, da parte dell'appellante incidentale, dell'ulteriore importo indicato nella citata disposizione a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta l'appello principale proposto da (...) nei confronti di (...) e di (...) avverso la stessa sentenza del Tribunale di Roma n. 23402/13;
condanna l'appellante al pagamento, in favore degli appellati, delle spese del grado di appello, che vengono liquidate in Euro 150,00 per esborsi e in Euro 3.308,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge;
dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all'art. 13, comma 1 quater del D.(...) n. 115 del 2002, come introdotto dall'art. 1, comma 17, L. n. 228 del 2012, per il versamento, da parte dell'appellante incidentale, dell'ulteriore importo indicato nella citata disposizione a titolo di contributo unificato.
Così deciso in Roma il 10 settembre 2020. Depositata in Cancelleria il 15 settembre 2020.
GIURISPRUDENZA
Data udienza 10 settembre 2020
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Nel contratto di locazione, il diritto del conduttore alla indennità per i miglioramenti della cosa locata presuppone, ai sensi dell'art. 1592 c.c., che le relative opere siano state eseguite con il consenso del locatore, e tale consenso, importando cognizione dell'entità, anche economica, e della convenienza delle opere, non può essere implicito, né può desumersi da atti di tolleranza, ma deve concretarsi in una chiara ed inequivoca manifestazione di volontà volta ad approvare le eseguite innovazioni, così che la mera consapevolezza (o la mancata opposizione) del locatore riguardo alle stesse non legittima il conduttore alla richiesta dell'indennizzo.