CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE
CONSIGLIO NAZIONALE DELLE RICERCHE
COMMISSIONE INCARICATA DI FORMULARE PARERI IN MATERIA DI NORMATIVA TECNICA RELATIVA ALLE COSTRUZIONI
Istruzioni
per la Progettazione, l’Esecuzione ed il Controllo di Interventi di Consolidamento Statico mediante l’utilizzo di
Compositi Fibrorinforzati
Materiali, strutture di c.a. e di c.a.p., strutture murarie
ROMA – CNR 13 luglio 2004 – rev. 7 ottobre 2008
Proprietà letteraria riservata del
Consiglio Nazionale delle Ricerche
INDICE
1 PREMESSA 1
1.1 PREMESSA ALLA VERSIONE DEFINITIVA DEL DOCUMENTO A CONCLUSIONE DELL‟INCHIESTA PUBBLICA 3
1.2 CONTENUTO E SCOPO DELLE ISTRUZIONI 3
1.3 SIMBOLOGIA 5
2 MATERIALI 8
2.1 INTRODUZIONE 8
2.2 LE CARATTERISTICHE DEI COMPOSITI E DEI LORO COMPONENTI 8
2.2.1 Principali fibre per compositi 11
2.2.1.1 Tipologie di fibre disponibili in commercio e classificazione 11
2.2.1.2 Fibre di vetro 13
2.2.1.3 Fibre di carbonio 15
2.2.1.4 Fibre arammidiche 15
2.2.1.5 Altre tipologie di fibre 17
2.2.1.6 Caratteristiche tecniche del filato 17
2.2.2 Tessuti non impregnati 18
2.2.2.1 Caratteristiche tecniche dei tessuti non impregnati 19
2.2.3 Matrici 21
2.2.3.1 Resine epossidiche 21
2.2.3.2 Resine poliestere 22
2.2.3.3 Altre tipologie di resine 23
2.2.3.4 Scheda tecnica della resina 23
2.2.4 Adesivi e principi generali di incollaggio 25
2.2.4.1 Scheda tecnica dell‟adesivo 27
2.3 SISTEMI DI RINFORZO 28
2.3.1 Proprietà meccaniche dei sistemi di rinforzo 29
2.3.2 Sistemi preformati 31
2.3.2.1 Caratteristiche meccaniche 31
2.3.2.2 Schede tecniche per compositi preformati 32
2.3.3 Sistemi impregnati in situ 33
2.3.3.1 Determinazione area resistente 33
2.3.3.2 Caratteristiche meccaniche 35
2.3.3.3 Schede tecniche per sistemi impregnati in situ 36
2.3.4 Sistemi preimpregnati 36
2.4 QUALIFICAZIONE DEI MATERIALI 36
2.4.1 Livello 1: Proprietà fisico-meccaniche 37
2.4.2 Livello 2: Proprietà a lungo termine 39
2.5 ACCETTAZIONE 39
2.5.1 La scelta e la verifica dei materiali: i compiti e le responsabilità degli operatori 39
2.6 TRASPORTO, STOCCAGGIO E MOVIMENTAZIONE 41
3 CONCETTI BASILARI DEL PROGETTO DI RINFORZO E PROBLEMATICHE SPECIALI 43
3.1 REQUISITI FONDAMENTALI 43
3.2 REQUISITI DI DURABILITÀ 44
3.3 PRINCIPI GENERALI DEL PROGETTO DI RINFORZO 44
3.3.1 Generalità 44
3.3.2 Coefficienti parziali ed azioni di calcolo 45
3.3.3 Proprietà dei materiali e dei prodotti 45
3.3.4 Capacità di calcolo 46
3.4 COEFFICIENTI PARZIALI 46
3.4.1 Coefficienti parziali γm per i materiali ed i prodotti 46
3.4.2 Coefficienti parziali γRd per i modelli di resistenza 47
3.5 PROBLEMI SPECIALI DI PROGETTO E RELATIVI FATTORI DI CONVERSIONE 47
3.5.1 Azioni ambientali e fattore di conversione ambientale ηa 47
3.5.2 Modalità di carico e fattore di conversione per effetti di lunga durata ηl 49
3.5.3 Resistenza alle azioni causate da impatto ed esplosione 49
3.5.4 Resistenza alle azioni causate da atti vandalici 49
3.6 LIMITI DEL RINFORZO NEL CASO DI ESPOSIZIONE AL FUOCO 50
4 RINFORZO DI STRUTTURE DI C.A. E DI C.A.P 51
4.1 VALUTAZIONE DELLA RESISTENZA NEI CONFRONTI DELLA DELAMINAZIONE 51
4.1.1 Meccanismi di rottura per delaminazione 51
4.1.2 Verifiche di sicurezza nei confronti della delaminazione 52
4.1.3 Resistenza allo stato limite ultimo per delaminazione di estremità (modalità 1) 53
4.1.4 Resistenza allo stato limite ultimo per delaminazione intermedia (modalità 2) 53
4.1.5 Verifica delle tensioni di interfaccia allo stato limite di esercizio 54
4.2 RINFORZO A FLESSIONE 56
4.2.1 Generalità 56
4.2.2 Analisi del comportamento allo stato limite ultimo 56
4.2.2.1 Generalità 56
4.2.2.2 Stato della struttura all‟atto del rinforzo 57
4.2.2.3 Resistenza di progetto a flessione dell‟elemento rinforzato con FRP 57
4.2.2.4 Resistenza di progetto a flessione dell‟elemento rinforzato con FRP in presenza di forza assiale (pressoflessione) 59
4.2.2.5 Collasso per delaminazione di estremità 60
4.2.3 Analisi del comportamento agli stati limite di esercizio 61
4.2.3.1 Basi del calcolo 61
4.2.3.2 Verifica delle tensioni 62
4.2.3.3 Verifica delle frecce 63
4.2.3.4 Verifica dell‟apertura delle fessure 63
4.2.4 Duttilità 64
4.3 RINFORZO A TAGLIO 64
4.3.1 Generalità 64
4.3.2 Configurazioni per il rinforzo a taglio 64
4.3.3 Resistenza di progetto a taglio dell‟elemento rinforzato con FRP 65
4.3.3.1 Resistenza di progetto a taglio 65
4.3.3.2 Resistenza efficace di progetto del rinforzo 67
4.3.3.3 Limitazioni e dettagli costruttivi 68
4.4 RINFORZO A TORSIONE 68
4.4.1 Generalità 68
4.4.2 Configurazioni per il rinforzo a torsione 69
4.4.3 Resistenza di progetto a torsione dell‟elemento rinforzato con FRP 69
4.4.3.1 Resistenza di progetto a torsione 69
4.4.3.2 Limitazioni e dettagli costruttivi 70
4.5 CONFINAMENTO 71
4.5.1 Generalità 71
4.5.2 Resistenza di progetto a compressione centrata o con piccola eccentricità dell‟elemento confinato 72
4.5.2.1 Stima della pressione laterale di confinamento 73
4.5.2.1.1 Sezioni circolari 75
4.5.2.1.2 Sezioni quadrate e rettangolari 75
4.5.3 Duttilità di elementi presso-inflessi confinati con FRP 76
4.6 RINFORZO A FLESSIONE DI STRUTTURE DI C.A.P. 77
4.6.1 Utilizzo di compositi FRP per elementi pre-tesi o post-tesi di c.a 77
4.6.1.1 Analisi del comportamento allo stato limite ultimo 77
4.6.1.2 Analisi del comportamento agli stati limite di esercizio 78
4.7 INTERVENTI IN ZONA SISMICA 78
4.7.1 Principi generali di intervento 78
4.7.1.1 Obiettivi della progettazione 78
4.7.1.2 Criteri per la scelta dell‟intervento con FRP 79
4.7.2 Strategie di intervento 79
4.7.2.1 Eliminazione dei meccanismi di collasso di tipo fragile 80
4.7.2.2 Xxxxxxxxxxxx xxx xxxxxxxxxx xx xxxxxxxx xx xxxxx 00
4.7.2.3 Incremento della capacità deformativa globale di una struttura 80
4.7.2.3.1 Incremento della capacità deformativa locale degli elementi 80
4.7.2.3.2 Applicazione del criterio della gerarchia delle resistenze 81
4.7.3 Verifiche di sicurezza 81
4.7.3.1 Elementi e meccanismi duttili 81
4.7.3.1.1 Pressoflessione 81
4.7.3.1.2 Rotazione rispetto alla corda 81
4.7.3.2 Elementi e meccanismi fragili 82
4.7.3.2.1 Taglio 82
4.7.3.2.2 Zone di sovrapposizione 82
4.7.3.2.3 Svergolamento delle barre longitudinali 83
4.7.3.2.4 Nodi 84
4.8 INSTALLAZIONE, MONITORAGGIO E CONTROLLO 84
4.8.1 Controllo e preparazione del substrato 84
4.8.1.1 Valutazione del deterioramento del substrato 85
4.8.1.2 Rimozione e ricostruzione del substrato ed eventuale trattamento delle barre metalliche 85
4.8.1.3 Preparazione del substrato 85
4.8.2 Raccomandazioni per l‟esecuzione a regola d‟arte 86
4.8.2.1 Condizioni di umidità e temperatura dell‟ambiente e del substrato 86
4.8.2.2 Particolari costruttivi e norme di esecuzione 86
4.8.2.3 Protezione del sistema di rinforzo 87
4.8.3 Controllo di qualità dell‟esecuzione 87
4.8.3.1 Prove semi-distruttive 87
4.8.3.2 Prove non distruttive 88
4.8.4 Qualifica degli operatori per l‟esecuzione delle prove 89
4.8.5 Monitoraggio dell‟intervento di rinforzo 89
4.9 ESEMPI NUMERICI 90
5 RINFORZO DI STRUTTURE MURARIE 91
5.1 GENERALITÀ 91
5.1.1 Oggetto ed ambito di applicazione 91
5.1.2 Interventi di restauro su strutture di interesse storico e monumentale 91
5.1.3 Criteri per il progetto del consolidamento strutturale 91
5.1.4 Articolazione degli interventi 92
5.2 VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA 92
5.2.1 Modellazione della struttura 92
5.2.2 Criteri di verifica 93
5.2.3 Verifiche di sicurezza 93
5.3 VALUTAZIONE DELLA RESISTENZA ALLA DELAMINAZIONE 95
5.3.1 Considerazioni generali e modi di collasso 96
5.3.2 Resistenza alla delaminazione radente allo stato limite ultimo 96
5.3.3 Resistenza alla delaminazione in presenza di azione normale al piano di adesione 98
5.4 VERIFICHE DI ELEMENTI STRUTTURALI RICORRENTI 98
5.4.1 Rinforzo di pannelli murari 98
5.4.1.1 Verifiche per azioni fuori dal piano 98
5.4.1.1.1 Verifica per ribaltamento semplice 99
5.4.1.1.2 Verifica per flessione della striscia muraria verticale 100
5.4.1.1.3 Verifica per flessione della striscia orizzontale 102
5.4.1.2 Verifiche per azioni nel piano del pannello 103
5.4.1.2.1 Pressoflessione nel piano 103
5.4.1.2.2 Taglio 103
5.4.2 Architrave e fascia di piano 104
5.4.2.1 Verifica per funzionamento ad architrave 105
5.4.2.2 Verifica per funzionamento a fascia di piano 106
5.5 RINFORZO DI ELEMENTI STRUTTURALI A SEMPLICE E DOPPIA CURVATURA 106
5.5.1 Archi 107
5.5.1.1 Schema ad arco 107
5.5.1.2 Schema a portale 108
5.5.2 Volte a semplice curvatura: volte a botte 108
5.5.3 Volte a doppia curvatura: cupole 109
5.5.3.1 Regime membranale 109
5.5.3.2 Regime flessionale 109
5.5.4 Volte a doppia curvatura su pianta quadrata 110
5.6 CONFINAMENTO DI COLONNE DI MURATURA 110
5.6.1 Resistenza di progetto a compressione centrata dell‟elemento confinato 111
5.6.2 Confinamento di colonne circolari 113
5.6.3 Confinamento di colonne quadrate o rettangolari 114
5.7 PRINCIPI GENERALI DI INTERVENTO PER COSTRUZIONI IN ZONA SISMICA 117
5.7.1 Obiettivi della progettazione 117
5.7.2 Criteri per la scelta dell‟intervento con FRP 118
5.8 INSTALLAZIONE, MONITORAGGIO E CONTROLLO 119
5.8.1 Controllo e preparazione del substrato 120
5.8.1.1 Valutazione del deterioramento del substrato 120
5.8.1.2 Rimozione e ricostruzione del substrato 121
5.8.2 Raccomandazioni per l‟esecuzione a regola d‟arte 121
5.8.2.1 Condizioni di umidità e temperatura dell‟ambiente e del substrato 122
5.8.2.2 Particolari costruttivi e norme di esecuzione 122
5.8.2.3 Protezione del sistema di rinforzo 122
5.8.3 Controllo di qualità dell‟esecuzione 123
5.8.3.1 Prove semi-distruttive 123
5.8.3.2 Prove non distruttive 123
5.8.4 Qualifica degli operatori 124
5.8.5 Monitoraggio dell‟intervento di rinforzo 125
6 APPENDICE A (SULLE TECNICHE DI PRODUZIONE DEI COMPOSITI E SUI LEGAMI COSTITUTIVI DEI MATERIALI ELASTICI LINEARI ORTOTROPI) 126
6.1 TECNICHE DI PRODUZIONE 126
6.1.1 Pultrusione 126
6.1.2 Laminazione 127
6.2 COMPORTAMENTO MECCANICO DEI COMPOSITI 128
6.2.1 Effetto di carichi agenti in direzioni diverse dalle direzioni di simmetria del materiale 131
6.2.2 Criteri di rottura 133
6.3 INDICAZIONI RELATIVE ALLE PROVE MECCANICHE DI CARATTERIZZAZIONE DEI MATERIALI FIBRORINFORZATI 135
7 APPENDICE B (SULLA DELAMINAZIONE) 138
7.1 MODALITÀ DI ROTTURA PER DELAMINAZIONE 138
7.2 MODELLAZIONE DEL LEGAME DI ADERENZA TRA RINFORZO E CALCESTRUZZO 140
7.2.1 Energia specifica di frattura del legame di interfaccia 140
7.2.2 Il legame di aderenza 141
7.3 RESISTENZA ALLA DELAMINAZIONE ALLO STATO LIMITE ULTIMO IN CORRISPONDENZA DI FESSURE DA FLESSIONE (MODALITÀ 2) – METODO SEMPLIFICATO 142
8 APPENDICE C (SUL RINFORZO A PRESSOFLESSIONE DI ELEMENTI DI C.A.) 144
8.1 VALUTAZIONE DELLA RESISTENZA DI PROGETTO A FLESSIONE DELL‟ELEMENTO RINFORZATO CON FRP IN PRESENZA DI FORZA ASSIALE (PRESSOFLESSIONE) 144
9 APPENDICE D (SUL LEGAME COSTITUTIVO DEL CALCESTRUZZO CONFINATO) 147
9.1 LEGAME COSTITUTIVO DEL CALCESTRUZZO CONFINATO 147
10 APPENDICE E (SU ESEMPI DI PROGETTAZIONE DI RINFORZI CON FRP) 149
10.1 DATI GEOMETRICI, MECCANICI E DI CARICO DELLA STRUTTURA 149
10.2 IPOTESI DI VARIAZIONE DI DESTINAZIONE D‟USO 150
10.3 PROGETTO DEL RINFORZO A FLESSIONE 151
10.4 PROGETTO DEL RINFORZO A TAGLIO 154
10.5 CONFINAMENTO DI PILASTRI PRESSOINFLESSI CON PICCOLA ECCENTRICITÀ 157
10.6 CONFINAMENTO E RINFORZO LONGITUDINALE DI PILASTRI PRESSOINFLESSI CON GRANDE ECCENTRICITÀ 160
1 PREMESSA
È sensazione comune, da parte di quanti sono impegnati in attività di ricerca o di progettazione nel campo del consolidamento con materiali compositi fibrorinforzati, che l‟Italia stia assumendo una posizione particolare in ambito internazionale, sia per il valore dei contributi di conoscenza forniti, sia per la presenza di un patrimonio edilizio particolarmente vario ed importante. Ne fanno parte, infatti, costruzioni di rilevante importanza storica ed architettonica, oltre che realizzazioni più re- centi di muratura, di c.a., di c.a.p. e di acciaio. La maggior parte di queste ultime ha superato ab- bondantemente i trent‟anni di vita, per cui molte di esse necessitano di interventi più o meno urgenti di riabilitazione strutturale.
Sono a tutti ben note le fondamentali iniziative in campo internazionale per individuare linee guida che rispondano alle esigenze delineate. Si ricordano le istruzioni giapponesi (JSCE - 1997), quelle americane (ACI 440 - 2000) ed infine quelle europee (FIP-CEB - 2001). Ad esse va aggiunto, per completezza, il documento di studio approvato dal CNR nel gennaio „99 dal titolo “Impiego delle armature non metalliche nel c.a.”.
Tutti i documenti suddetti si riferiscono ad organismi strutturali con ossatura di conglomerato ce- mentizio armato.
L‟interesse scientifico verso le applicazioni innovative degli FRP per la riabilitazione strutturale, da un lato, e la peculiarità del patrimonio edilizio italiano, ampiamente variegato, dall'altro, hanno atti- rato negli ultimi anni l‟interesse di numerosi ricercatori operanti nei settori della Meccanica delle Strutture, delle Costruzioni, della Riabilitazione Strutturale e dell'Ingegneria Sismica. Essi hanno dato vita ad una serie di programmi scientifici che hanno meritato il finanziamento dei più impor- tanti enti di ricerca italiani ed in particolare del MIUR e del CNR. In coda al paragrafo è riportato un elenco di rilevanti programmi di ricerca sull‟argomento, finanziati negli ultimi cinque anni, ai quali hanno partecipato la maggior parte degli autori del presente documento, sia in qualità di coor- dinatori nazionali che di coordinatori locali di singole unità di ricerca.
Un contributo significativo agli argomenti consegnati nel documento è stato reso possibile proprio grazie al supporto economico dei suddetti finanziamenti, cui si dà ampio riconoscimento.
Appare evidente come la redazione di un documento italiano di Istruzioni per la progettazione, l‟esecuzione ed il controllo di interventi di consolidamento statico mediante l‟utilizzo di compositi fibrorinforzati (FRP), non fosse più rinviabile: soprattutto, quella di un documento di respiro ampio utilizzabile per le diverse tipologie presenti nel patrimonio edilizio nazionale, dalle costruzioni di
c.a. e di c.a.p. a quelle murarie, dalle costruzioni di legno a quelle metalliche.
Il CNR, per il tramite della propria Commissione incaricata di formulare pareri in materia di Nor- mativa tecnica relativa alle costruzioni, ha avvertito tempestivamente tale esigenza e si è adoperata per soddisfarla. A tal fine essa ha promosso nel mondo accademico ed industriale una specifica ini- ziativa attraverso l‟azione catalizzatrice di un gruppo di docenti di Scienza e di Tecnica delle co- struzioni, da tempo impegnati in ricerche sugli FRP, tra i quali alcuni componenti della stessa Commissione. I docenti sono: Xxxxx Xxxxxxx, Xxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxx Xx Xxxxxxx, Xxxx Xxxxxx, Xxxxxxx Xxx, Xxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxx Xx Xxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxx Xxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxx, Xxxxxxx Xxxxx, Xxxxxx Xxxxx Xxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxx, Xxxx Xxxxx, Xxxxx Xxxxxx, Xxxxxx Xxxxxxx.
All‟iniziativa hanno aderito quasi tutti i docenti e ricercatori italiani impegnati in questo settore e- mergente e promettente delle costruzioni, i responsabili tecnici delle maggiori ditte produttrici e in- stallatrici di rinforzi di materiale composito, nonché rappresentanti di enti e di società che utilizzano i materiali fibrorinforzati per il consolidamento di manufatti e opere d'arte.
I loro nominativi e le relative affiliazioni sono riportati in coda al testo.
A partire dal 15 gennaio 2004, essi sono stati impegnati nella redazione di un documento rispon-
dente ai requisiti sopra delineati ed articolato nelle seguenti parti:
- Materiali
- Concetti basilari del rinforzo con FRP e problematiche speciali
- Rinforzo di strutture di c.a. e di c.a.p.
- Rinforzo di strutture murarie
- Rinforzo di strutture metalliche
- Rinforzo di strutture di legno
- Nuove costruzioni con l‟impiego di FRP.
Il documento è stato inoltre concepito con un intento informativo ed esplicativo, indispensabile per la diffusione, in ambito professionale, delle conoscenze meccaniche e tecnologiche basilari per l‟utilizzo dei nuovi materiali.
Dopo sei mesi di intensa ed appassionata attività di lavoro, sono pronte per la pubblicazione le pri- me quattro parti; la pubblicazione delle rimanenti altre è invece prevista entro il prossimo anno 2005.
Elenco di rilevanti progetti di ricerca sui materiali compositi finanziati dal MIUR e dal CNR negli ultimi cinque anni
-1998-2000: Ricerca PRIN dal titolo: "I materiali compositi nelle costruzioni civili", Coordinatore Nazionale: Xxxx. Xxxxx Xxxxxxx;
- 2000-2002: Ricerca PRIN dal titolo: "Rinforzo strutturale del costruito con materiali compositi: individuazione di linee guida progettuali per l'affidabilità e la durabilità", Coordinatore Nazionale: Xxxx. Xxxxx Xxxxxxx;
- 2002-2004: Ricerca PRIN dal titolo: "Rinforzo attivi e passivi con l‟utilizzo di materiali compositi nel costruito e per l‟innovazione tecnologica nelle costruzioni civili", Coordinatore Nazionale: Xxxx. Xxxxx Xxxxxxx;
- 2002-2003: Ricerca PRIN dal titolo: "L‟impiego dei compositi nel rinforzo sismico di strutture in cemento armato", Coordinatore Nazionale: Xxxx. X. Xxxxxxxx;
- 2003-2005: Ricerca PRIN dal titolo: "L‟impiego di materiali con microstruttura per l‟innovazione tecnologica delle strutture civili", Coordinatore Nazionale: Xxxx. Xxxxxx Xxxxxx;
- 2003-2005: Ricerca PRIN dal titolo: "Comportamento e criteri di progetto nell‟adeguamento con compositi di strutture in c.a.", Coordinatore Nazionale: Xxxx. Xxxxxxx Xxxxx;
- 2003-2005: Ricerca dal titolo "Modellazione di materiali innovativi per la salvaguardia struttura- le", (Coordinatore: Xxxx. Xxxxx Xxxxxxx), nell‟ambito del Progetto Strategico MIUR (legge 449/97) dal titolo "Diagnosi e salvaguardia di manufatti architettonici con particolare riferimento agli effetti derivanti da eventi sismici ed altre calamità naturali", Coordinatore Nazionale: Xxxx. Xxxxxx Xxxxxx;
- 2003-2005: Ricerca dal titolo "Effetti delle proprietà reologiche dei materiali compositi negli in- terventi strutturali per l‟ingegneria civile" (Coordinatore: Xxxx. Xxxxx Xxxxxx) nell‟ambito del Pro- getto Strategico MIUR (legge 449/97) dal titolo "Materiali compositi per applicazioni strutturali di rilevante interesse industriale", Coordinatore Nazionale: Prof. Sesto Viticoli;
- 2003-2005 Ricerca dal titolo "Strutture in materiale composito" (Coordinatore: xxxx. Xxxxxx Xx- xxxx) nell‟ambito del Progetto Strategico MIUR (legge 449/97) dal titolo "Materiali compositi per applicazione strutturali di rilevante interesse industriale", Coordinatore nazionale prof. Sesto Vitico- li;
- 2003: Centro di Eccellenza su "Compositi strutturali per applicazioni innovative nell‟ingegneria civile", con sede presso l‟Università di Napoli, Responsabile: Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxx.
1.1 PREMESSA ALLA VERSIONE DEFINITIVA DEL DOCUMENTO A CONCLUSIONE DELL’INCHIESTA PUBBLICA
Il documento è stato sottoposto a inchiesta pubblica nel periodo novembre 2004 – gennaio 2005. A seguito di essa sono state introdotte modifiche e/o integrazioni al testo che hanno consentito di por- re rimedio a refusi, integrare argomenti non trattati nella primitiva versione e sopprimerne altri rite- xxxx esuberanti e, quindi, superflui.
Il documento aggiornato è stato discusso ed approvato dagli autori nel corso delle riunioni dell‟1 e 2 marzo 2005 presso la sede del CNR in Roma.
Si ringraziano quanti, dal mondo delle Professioni, delle Istituzioni, dell‟Industria e dell‟Università, hanno partecipato in modo attivo ad un processo che, legittimamente, deve competere all‟intera comunità tecnica e scientifica di un Paese moderno ed avanzato.
1.2 CONTENUTO E SCOPO DELLE ISTRUZIONI
Scopo delle presenti Istruzioni è quello di fornire, nell‟ambito delle attuali Norme vigenti, un do- cumento orientativo per la progettazione, l‟esecuzione ed il controllo di interventi di consolidamen- to strutturale mediante l‟utilizzo di compositi fibrorinforzati. Le Istruzioni, per loro genesi e natura, non sono infatti delle norme cogenti ma rappresentano esclusivamente un aiuto per i tecnici a filtra- re con discrezione la ponderosa bibliografia, nazionale ed internazionale, che la letteratura specifica mette a disposizione, lasciando comunque ad essi la responsabilità finale delle scelte operate.
Il documento tratta dei seguenti argomenti:
- Materiali;
- Concetti basilari del rinforzo con FRP e problematiche speciali;
- Rinforzo di strutture di c.a. e di c.a.p.;
- Rinforzo di strutture murarie.
Nell‟ambito del rinforzo delle strutture di c.a. e di c.a.p. e di quelle murarie sono inoltre fornite spe- cifiche indicazioni concernenti le costruzioni in zona sismica, in linea con i più recenti orientamenti recepiti nelle Normative nazionali ed internazionali.
La trattazione del primo argomento, comprendente una puntuale rassegna dei vari pregi, come an- che dei difetti, presentati dai materiali polimerici, è affrontata con un taglio didattico ed include un‟Appendice (Appendice A) nella quale sono presentate alcune nozioni di natura meccanica, rite- nute basilari per un utilizzo consapevole dei materiali compositi in campo strutturale. In essa sono evidenziate le differenze peculiari che tali materiali presentano rispetto agli usuali materiali da co- struzione di tipo isotropo, con particolare riguardo ai legami costitutivi ed alle verifiche di resisten- za.
Gli altri argomenti sono impostati secondo lo stile usuale dei documenti tecnici pubblicati dal CNR e recanti istruzioni in campo strutturale. Per essi viene seguito l‟approccio, ampiamente condiviso, degli Eurocodici: le diverse proposizioni sono distinte in Principi e Regole di Applicazione; ciascu- na proposizione è contraddistinta da un numero d‟ordine; i principi sono contrassegnati dall‟ulteriore etichetta (P).
Solo a scopo di completezza, si ricorda che i primi comprendono:
- affermazioni generali e definizioni, a carattere meccanico-strutturale, universalmente con- divise;
- esigenze riconosciute e/o modelli analitici accreditati presso la comunità tecnico-scientifica, la cui valenza è universalmente giudicata prioritaria rispetto ad eventuali alternative, salvo
esplicito avviso contrario;
mentre le seconde consistono in procedure a validità generalmente riconosciuta, che seguono i Principi e ne soddisfano le esigenze.
Il documento comprende altre quattro Appendici:
- Appendice B, contenente un approfondimento sulle modalità di rottura per delaminazione e sul legame di aderenza tra rinforzo di FRP e substrato di calcestruzzo;
- Appendice C, sulla valutazione della resistenza di progetto a pressoflessione di pilastri di
c.a. rinforzati con FRP;
- Appendice D, su alcuni argomenti relativi al legame costitutivo del calcestruzzo confinato;
- Appendice E, contenente alcuni esempi numerici relativi al rinforzo con FRP di membrature di c.a..
1.3 SIMBOLOGIA
Si riporta di seguito il significato dei principali simboli utilizzati nel documento.
Notazioni generali
(.)c valore della grandezza (.) riferita al calcestruzzo
(.)cc valore della grandezza (.) riferita al calcestruzzo confinato (.)d valore di progetto (o di calcolo) della grandezza (.)
(.)f valore della grandezza (.) riferita al composito fibrorinforzato (.)k valore caratteristico della grandezza (.)
(.)mc valore della grandezza (.) riferita alla muratura confinata (.)R valore della grandezza (.) vista come resistenza
(.)s valore della grandezza (.) riferita all‟acciaio
(.)S valore della grandezza (.) vista come sollecitazione
Lettere romane maiuscole
Ac area della sezione di calcestruzzo, al netto delle armature metalliche
Af area del rinforzo di FRP
Afw area del rinforzo a taglio di FRP
Al area complessiva delle armature metalliche longitudinali
Asw area della sezione di un braccio di una staffa
As1 area delle armature metalliche in trazione
As2 area delle armature metalliche in compressione
Ec modulo di elasticità normale del calcestruzzo
Ef modulo di elasticità normale del rinforzo di FRP
Efib modulo di elasticità normale della fibra
Em modulo di elasticità normale della matrice
Es modulo di elasticità normale delle armature metalliche
Fmax,d valore di progetto della massima forza di trazione trasmissibile da un rinforzo di FRP al supporto
Fpd valore di progetto della massima forza di ancoraggio trasmissibile da un rinforzo di FRP incollato su una muratura in presenza di un‟azione normale al piano di adesione
Ga modulo di elasticità tangenziale dell‟adesivo
Gc modulo di elasticità tangenziale del calcestruzzo
Io momento di inerzia della sezione di c.a. fessurata e non rinforzata
I1 momento di inerzia della sezione di c.a. fessurata e rinforzata con FRP
Ic momento di inerzia della sezione omogeneizzata
If momento di inerzia del rinforzo di FRP rispetto al proprio asse baricentrico, parallelo all‟asse neutro della trave
MRd momento resistente di progetto della sezione rinforzata con FRP
MSd momento flettente sollecitante di progetto
Mo momento flettente sollecitante la sezione di c.a. all‟atto dell‟applicazione del rinforzo di FRP
M1 momento flettente sollecitante la sezione di c.a. rinforzata con FRP dovuto ai carichi appli- cati successivamente all‟intervento
NRcc,d resistenza di progetto a compressione centrata dell‟elemento di c.a. confinato con FRP
NRmc,d resistenza di progetto a compressione centrata della muratura confinata con FRP
NSd sforzo normale sollecitante di progetto
Pfib frazione in peso delle fibre
Pm frazione in peso della matrice
Tg temperatura di transizione vetrosa della resina
Tm temperatura di fusione della resina
TRd resistenza di progetto a torsione dell‟elemento di c.a. rinforzato con FRP TRd,f contributo a torsione del rinforzo di FRP alla resistenza di progetto TRd,max resistenza a torsione della biella compressa di calcestruzzo
TRd,s contributo a torsione delle armature metalliche alla resistenza di progetto
TSd momento torcente sollecitante di progetto
Tx titolo del filato in direzione x
Vfib frazione in volume delle fibre
VRd resistenza di progetto a taglio dell‟elemento rinforzato con FRP
VRd,ct contributo del calcestruzzo alla resistenza a taglio di progetto
VRd,xxx contributo della biella compressa di xxxxxxxxxxxx alla resistenza a taglio di progetto VRd,s contributo delle armature metalliche trasversali alla resistenza a taglio di progetto VRd,f contributo del rinforzo di FRP alla resistenza a taglio di progetto
VSd taglio sollecitante di progetto
VRd,m contributo della muratura alla resistenza a taglio di progetto della muratura rinforzata
Lettere romane minuscole
bf larghezza del rinforzo di FRP
d altezza utile della sezione
fbd resistenza di progetto dell‟adesione tra rinforzo di FRP e calcestruzzo (o muratura) fbk resistenza caratteristica dell‟adesione tra rinforzo di FRP e calcestruzzo (o muratura) fc resistenza (cilindrica) a compressione del calcestruzzo
fccd resistenza di progetto del calcestruzzo confinato
fcd resistenza di progetto a compressione del calcestruzzo fck resistenza caratteristica a compressione del calcestruzzo fctm valore medio della resistenza a trazione del calcestruzzo ffd resistenza di progetto del rinforzo di FRP
ffdd resistenza di progetto alla delaminazione del rinforzo di FRP (modalità 1) ffdd,2 resistenza di progetto alla delaminazione del rinforzo di FRP (modalità 2) ffed resistenza efficace di progetto del rinforzo a taglio di FRP
ffk resistenza caratteristica del rinforzo di FRP
ffpd resistenza di progetto alla delaminazione del rinforzo di FRP in direzione radente
fmk resistenza caratteristica a compressione della muratura
fhmk resistenza caratteristica a compressione della muratura in direzione orizzontale
fmcd resistenza di progetto a compressione della muratura confinata con FRP
fmd resistenza di progetto a compressione della muratura
fhmd resistenza di progetto a compressione della muratura in direzione orizzontale
fmtd resistenza di progetto a trazione della muratura
fmtk resistenza caratteristica a trazione della muratura
fmtm valore medio della resistenza a trazione della muratura
fvd resistenza di progetto a xxxxxx xxxxx xxxxxxxx
fvk resistenza caratteristica a taglio della muratura
fy resistenza allo snervamento delle armature longitudinali misurata in situ fyd resistenza di progetto allo snervamento delle armature longitudinali
fywd resistenza di progetto allo snervamento delle armature trasversali
fl pressione di confinamento
fl,eff pressione efficace di confinamento
h altezza della sezione
keff coefficiente di efficienza dell‟azione di confinamento
kH coefficiente di efficienza orizzontale
kV coefficiente di efficienza verticale
kα coefficiente di efficienza legato all‟inclinazione α delle fibre rispetto all‟asse longitudinale dell‟elemento confinato
lb lunghezza di ancoraggio
le lunghezza ottimale di ancoraggio
pb distanza tra gli strati di barre nel confinamento di colonne murarie
pf passo di strisce o di cerchiature di FRP
s scorrimento di interfaccia
sf scorrimento di interfaccia corrispondente alla completa delaminazione
tf spessore del rinforzo di FRP
wf larghezza delle strisce di FRP
x distanza dell‟asse neutro dall‟estremo lembo compresso della sezione retta
Lettere greche maiuscole
ΓFk valore caratteristico dell‟energia specifica di frattura
ΓFd valore di progetto dell‟energia specifica di frattura
Lettere greche minuscole
αfE coefficiente di penalizzazione della rigidezza del tessuto αff coefficiente di penalizzazione della resistenza del tessuto γm coefficiente parziale per materiali o prodotti
γRd coefficiente parziale per i modelli di resistenza
εo deformazione del calcestruzzo al lembo teso prima dell‟applicazione del rinforzo
εc deformazione del calcestruzzo al lembo compresso
εccu deformazione ultima di progetto del calcestruzzo confinato
εco deformazione del calcestruzzo al lembo compresso prima dell‟applicazione del rinforzo
εcu deformazione ultima del calcestruzzo
εf deformazione del rinforzo di FRP
εfd deformazione massima di progetto del rinforzo di FRP
εfd,rid valore ridotto della deformazione massima di progetto del rinforzo di FRP nel confinamento di elementi di c.a. o di muratura
εfk deformazione caratteristica a rottura per trazione del rinforzo di FRP
εfdd deformazione massima del composito fibrorinforzato compatibile con la delaminazione
εmcu deformazione ultima a compressione della muratura confinata
εmu deformazione ultima a compressione della muratura
εs1 deformazione dell‟armatura metallica in trazione
εs2 deformazione dell‟armatura metallica in compressione
εyd valore di progetto della deformazione di snervamento dell‟armatura metallica
η fattore di conversione
νfib coefficiente di Poisson delle fibre νm coefficiente di Poisson della matrice ρfib densità delle fibre
ρm densità della matrice
σc tensione nel calcestruzzo
σf tensione nel rinforzo di FRP
σs tensione nelle armature metalliche tese
σSd tensione normale al paramento murario agente in corrispondenza della superficie di adesione tra il rinforzo di FRP e la muratura
τb,e tensione tangenziale equivalente all‟interfaccia adesivo-calcestruzzo
ϕu curvatura ultima
ϕy curvatura allo snervamento
2 MATERIALI
2.1 INTRODUZIONE
I materiali fibrorinforzati a matrice polimerica (FRP) a fibre continue, cui fa riferimento il presente documento, sono materiali compositi, eterogenei ed anisotropi, che mostrano un comportamento prevalentemente elastico lineare fino al collasso. Essi trovano largo impiego nel consolidamento e nel rinforzo delle strutture civili. I vantaggi degli FRP sono molteplici: leggerezza, elevate proprietà meccaniche, caratteristiche anticorrosive. I compositi per il rinforzo strutturale sono disponibili in diverse geometrie: esse vanno dalle lamine pultruse, utilizzate per il rinforzo di elementi dotati di superfici regolari, ai tessuti bidirezionali che possono essere invece facilmente adattati alla forma dell‟elemento da rinforzare prima della fase di impregnazione. I compositi si adattano bene anche ad applicazioni in cui è necessario preservare le caratteristiche estetiche della struttura originaria (e- difici di interesse storico o artistico) o in casi in cui i rinforzi tradizionali sarebbero di difficile ap- plicazione per limitatezza dello spazio a disposizione.
Esistono inoltre esempi di applicazioni di rinforzi di composito con fibre discontinue e matrice po- limerica o con fibre continue e matrice inorganica che, per specifiche applicazioni, si sono dimo- strati particolarmente promettenti; le suddette tipologie di rinforzo non sono qui trattate in quanto non è disponibile su di esse una mole sufficiente di studi scientifici, tale da garantirne l‟affidabilità per impieghi strutturali.
Il presente capitolo riporta le informazioni essenziali per poter acquisire una conoscenza di base dei materiali compositi, dei loro componenti (fibre, matrici ed adesivi) e delle loro proprietà fisiche e meccaniche.
Tali informazioni sono indispensabili per conoscere i pregi e i difetti dei materiali compositi fibro- rinforzati e per poterne comprendere la motivazione di tipo tecnologico, allo scopo di usufruire u- tilmente dei primi e mitigare, se possibile, i secondi. Il suddetto obiettivo è di peculiare importanza nell‟ottica di garantire la durevolezza dell‟intervento di rinforzo con FRP, che ha la peculiarità di vedere accoppiati materiali tradizionali, come calcestruzzo e muratura, con materiali dalla tecnolo- gia nettamente più avanzata.
Il lettore già adeguatamente informato sulle proprietà tecnologiche e meccaniche dei materiali com- positi fibrorinforzati può differire la consultazione dei §§ 2.2 e 2.3 e proseguire la lettura del docu- mento a partire dal § 2.4.
2.2 LE CARATTERISTICHE DEI COMPOSITI E DEI LORO COMPONENTI
I materiali compositi presentano le seguenti caratteristiche:
• sono costituiti da due o più materiali (fasi) di natura diversa e “macroscopicamente” distin- guibili;
• almeno due delle fasi presentano proprietà fisiche e meccaniche “sufficientemente” diverse tra loro, in modo da impartire al composito proprietà differenti da quelle dei costituenti.
I compositi fibrorinforzati a matrice polimerica soddisfano entrambe le suddette caratteristiche: essi sono infatti costituiti da una matrice polimerica di natura organica e da fibre di rinforzo, le cui prin- cipali proprietà sono quantificabili attraverso i valori indicativi riportati in Tabella 2-1. Come si può notare le fibre di carbonio possono esibire valori del modulo di elasticità normale molto più elevati di quelli relativi ai comuni materiali da costruzione. Si tratta quindi di materiali molto efficienti dal punto di vista strutturale, che tuttavia possono generare problemi di accoppiamento con altri mate- riali, aspetto quest‟ultimo da doversi sempre valutare con molta attenzione da parte del progettista. La matrice può essere considerata, almeno nei casi più comuni, come un continuo isotropo. La fase
di rinforzo, ad eccezione della fibra di vetro, è invece un materiale anisotropo (proprietà diverse nelle diverse direzioni). Contribuiscono a definire il rinforzo:
• la geometria: forma, dimensioni e distribuzione delle dimensioni;
• la disposizione: orientazione rispetto agli assi di simmetria del materiale; se essa è casuale (nel piano o nello spazio) il composito risulta avere caratteristiche simili a quelle di un mate- riale isotropo (“quasi-isotropo”); in tutti gli altri casi il composito è anisotropo;
• la concentrazione: frazione in volume, distribuzione della concentrazione (dispersione).
Un composito è quindi un continuo non omogeneo e, nella maggior parte dei casi, anisotropo.
Tabella 2-1 – Confronto tra le proprietà delle fibre di rinforzo e delle matrici più comuni e dell‟acciaio da costruzione (valori indicativi).
Modulo di elasticità normale E | Resistenza a trazione σr | Deformazione a rottura εr | Coefficiente di dilatazione termica α | Densità ρ | |
[GPa] | [MPa] | [%] | [10-6 °C-1] | [g/cm3] | |
Fibre di vetro E | 70 – 80 | 2000 – 3500 | 3.5 – 4.5 | 5 – 5.4 | 2.5 – 2.6 |
Fibre di vetro S | 85 – 90 | 3500 – 4800 | 4.5 – 5.5 | 1.6 – 2.9 | 2.46 – 2.49 |
Fibre di carbonio (alto modulo) | 390 – 760 | 2400 –3400 | 0.5 – 0.8 | -1.45 | 1.85 – 1.9 |
Fibre di carbonio (alta resistenza) | 240 – 280 | 4100 – 5100 | 1.6 – 1.73 | -0.6 – -0.9 | 1.75 |
Fibre arammidiche | 62 – 180 | 3600 – 3800 | 1.9 – 5.5 | -2 | 1.44 – 1.47 |
Matrice polimerica | 2.7 – 3.6 | 40 – 82 | 1.4 – 5.2 | 30 – 54 | 1.10 – 1.25 |
Acciaio da costruzione | 206 | 250 – 400 (snervamento) 350 – 600 (rottura) | 20 – 30 | 10.4 | 7.8 |
È conveniente, ai fini dell‟esame delle loro proprietà, distinguere i compositi fibrorinforzati in due categorie principali, indipendentemente dalla tecnologia di produzione:
• monostrato (lamina),
• multistrato (laminati).
I laminati sono materiali costituiti da strati di qualche decimo di millimetro di spessore (detti lami- ne) sovrapposti tra loro. Nel caso più semplice, le fibre sono contenute esclusivamente nel piano della lamina (non sono presenti fibre disposte perpendicolarmente a tale piano). Le dimensioni dei laminati sono intermedie fra quelle delle fibre di rinforzo e quelle delle strutture di interesse inge- gneristico (Tabella 2-2). Esiste anche una particolare classe di compositi multistrato, detti laminati ibridi, in cui le singole lamine sono composte da fibre di natura differente (ad es. compositi a matri- ce epossidica con fibre sia di carbonio che arammidiche per ottenere un composito rigido e tenace) o da materiali differenti (ad es. i compositi a strati alternati di resina epossidica con fibre arammidi- che e di alluminio).
Il principale vantaggio dei laminati è rappresentato dalla massima libertà nella disposizione delle fibre, pur essendo ovviamente richiesto un controllo sistematico sulle scelte operate e quindi sulle proprietà del materiale composito.
Tabella 2-2 – Scala dei compositi fibrosi a matrice polimerica.
dimensioni rappresentative
pm nm μm mm m km
Atomo * *
Molecole polimeriche * * Polimeri biologici * *
Cristalliti * *
Sferuliti * *
Diametro delle fibre Spessore lamine Spessore laminati
*
* * *
* *
Lunghezza laminati * * *
Strutture * * *
Le lamine sono in generale dei materiali anisotropi e conseguentemente la descrizione delle loro proprietà meccaniche dipende dalla scelta del sistema di riferimento. Di solito gli assi del riferimen- to vengono fatti coincidere con quelli di simmetria del materiale (o assi naturali). In Figura 2-1 è il- lustrato il caso di un rinforzo unidirezionale.
Figura 2-1 – Assi di riferimento per lamine unidirezionali. |
Il rapporto tra i valori delle proprietà di un materiale composito nelle diverse direzioni è detto grado di anisotropia. Nel caso di laminati unidirezionali, in Tabella 2-3 sono riportati alcuni valori indica- tivi del grado di anisotropia delle principali proprietà che interessano la progettazione (Ei: modulo di elasticità normale; Gij: modulo di elasticità tangenziale; σri: sforzo di rottura; αi: coefficiente di dilatazione termica).
Tabella 2-3 – Grado di anisotropia di laminati unidirezionali fibrorinforzati (valori indicativi).
E1 /E2 | E1 / G12 | σ r1/σ r2 | α1/α2 | |
Carburo di silicio/ceramica | 1.09 | 2.35 | 17.8 | 0.93 |
Boro/alluminio | 1.71 | 5.01 | 11.6 | 0.30 |
Carburo di silicio/alluminio | 1.73 | 5.02 | 17.0 | 0.52 |
Vetro-S/epossidica | 2.44 | 5.06 | 28.0 | 0.23 |
Vetro-E/epossidica | 4.42 | 8.76 | 17.7 | 0.13 |
Boro/epossidica | 9.27 | 37.40 | 24.6 | 0.20 |
Carbonio/epossidica | 13.60 | 19.10 | 41.4 | -0.07 |
Arammide/epossidica | 15.30 | 27.80 | 26.0 | -0.07 |
I materiali compositi possono essere più resistenti e - almeno nel caso dei compositi a fibra di car- bonio - più rigidi dei materiali da costruzione tradizionali. Conseguentemente, quando per uno spe- cifico progetto, il peso della struttura diventa rilevante, i compositi possono risultare molto attrattivi grazie alla loro minore densità. La resistenza specifica (resistenza/densità) dei compositi può assu- mere valori fino a quattro volte superiori rispetto a quelli esibiti dai materiali tradizionali; il loro modulo di elasticità normale specifico (modulo/densità) fino al doppio. Ciò significa che, a parità di rigidezza, una struttura di materiale composito può arrivare a pesare circa la metà di un‟altra realiz- zata con un materiale da costruzione tradizionale.
La natura delle fasi che costituiscono il composito contribuisce in maniera determinante alla forma- zione delle proprietà finali del materiale. Tuttavia, per ottenere un composito ad elevata resistenza meccanica, non è sufficiente utilizzare fibre “resistenti”: è anche indispensabile garantire una buona adesione tra la matrice ed il rinforzo.
L‟adesione viene di solito promossa mediante l‟impiego di un terzo componente, che, applicato in strato molto sottile sulla superficie delle fibre, la rende compatibile con la matrice organica. Tale trattamento superficiale del rinforzo comporta la presenza di una terza fase intermedia tra la matrice e le fibre, detta interfaccia o interfase (Figura 2-2). L‟interfaccia consiste normalmente in uno strato molto sottile (spesso monoatomico), localizzato alla superficie del rinforzo, le cui caratteristiche, pur non contribuendo direttamente alle proprietà meccaniche globali del composito, sono tuttavia fondamentali per il successo del sistema complessivo nelle applicazioni strutturali.
Figura 2-2 – Rappresentazione schematica delle fasi costituenti un composito. |
Anche se il dettaglio dei meccanismi chimico-fisici che determinano l‟adesione tra fibra e matrice è delegato al produttore del materiale, non va dimenticato che la mancanza di adesione tra fibre e ma- trice è una delle cause principali di cedimento strutturale dei materiali compositi.
2.2.1 Principali fibre per compositi
Le fibre più usate per la produzione di materiali compositi sono quelle di vetro, di carbonio e le fi- bre arammidiche. La particolare geometria filiforme, ancorché molto versatile per la realizzazione dei compositi, conferisce a tali materiali caratteristiche di rigidezza e di resistenza molto più elevate di quelle possedute dagli stessi materiali quando siano utilizzati in configurazione tridimensionale: ciò è dovuto alla minore densità di difetti che tipicamente compete alla configurazione monodimen- sionale rispetto a quest‟ultima.
2.2.1.1 Tipologie di fibre disponibili in commercio e classificazione
Le fibre sono costituite da filamenti continui molto sottili e quindi difficili da manipolare singolar- mente. Per tale motivo esse sono disponibili commercialmente in varie forme, di cui le più comuni sono (Figura 2-3):
• filamento (monofilament): elemento base con dimensioni di circa 10 μm di diametro;
• cavo di filatura (tow): è il prodotto della macchina di filatura ed è costituito da un fascio formato da un gran numero di filamenti (dell‟ordine delle migliaia), praticamente senza tor- sione, destinato ad essere filato, ritorto o strappato per l‟utilizzazione sotto forma di fibra di- scontinua;
• filo o filato (spun yarn): filo formato da fibre tenute insieme da torsione;
• filo assemblato (roving): fascio costituito da filati assemblati parallelamente e senza torsione intenzionale.
Figura 2-3 – Tipologie di fibre. |
Combinando insieme alcune centinaia di tows o yarns si ottiene il tape, in cui i tows o gli yarns
possono essere semplicemente affiancati oppure cuciti tra loro o fissati su un supporto.
La classificazione delle fibre è mutuata direttamente da quella tradizionalmente utilizzata per le fi- bre tessili.
I filamenti costituenti i filati sono caratterizzati essenzialmente dalla composizione chimica e dalla massa per unità di lunghezza. L‟unità di misura della massa lineare o titolo (massa per unità di lun- ghezza) secondo la norma ISO 2974:2000(E) è il Tex, equivalente a 1 g per km di fibra. Un‟altra unità di misura di massa lineare, ormai obsoleta, è il denaro (denier), che equivale a 0.111 Tex.
La designazione tecnica delle fibre di vetro viene effettuata secondo le norme ISO 1139:1973(E) e ISO 2078:1993(E) e consta dei seguenti elementi:
• una lettera che identifica il tipo di vetro utilizzato;
• una seconda lettera che indica il tipo di fibra utilizzato:
- C (iniziale di “Continuo”, per i filamenti);
- D (iniziale di “Discontinuo”, per le fibre discontinue);
• un numero che indica il diametro nominale (in μm) del filamento;
• un numero, separato da uno spazio, che indica la massa lineare della fibra in Tex;
• il senso e il valore di torsione (Figura 2-4), espresso in giri/m (opzionale);
• il numero di fili costituenti i ritorti (opzionale);
• un codice del produttore contenente tutte quelle informazioni, non codificate, ritenute indi- spensabili per caratterizzare il prodotto (opzionale).
Torsione negativa (S). | Torsione positiva (Z). |
Figura 2-4 – Definizione dei due possibili sensi di torsione. |
Alcuni esempi di designazione, con la relativa interpretazione, sono elencati di seguito:
• EC10 40: filamento continuo di vetro E, di 10 μm di diametro e di massa lineare pari a 40 Tex.
• EC9 34 Z 40: filamento continuo in vetro E, avente 9 μm di diametro e di massa lineare pari a 34 Tex, ritorto a 40 giri/m. La lettera Z indica una torsione definita come positiva secondo la norma ISO 1139:1973(E) (la torsione negativa viene indicata con la lettera S).
• EC9 34 Z 160 x 4 S 150: la lettera “x” indica che si tratta di un filo costituito da più filamen- ti identici. La sigla che precede la “x” identifica le caratteristiche dei filamenti, come visto in precedenza; il numero successivo (4) indica il numero dei filamenti e la lettera S una tor- sione negativa, effettuata a 150 giri/m.
• EC9 x 4 S 150: designazione semplificata del precedente filamento.
Alcuni filati (yarn), comunemente usati per i compositi strutturali, corrispondono alla sigla EC5 10 x 2, a base di vetro E, oppure alla sigla SC5 4 x 2, a base di vetro S.
Per le fibre di carbonio si è soliti classificare i filati in termini di “k” dove il simbolo k sta per “mi- gliaia”: ad esempio un filato da 1k sarà costituito da 1000 filamenti (66.6 Tex), uno da 3k (200 Tex) ne conterrà 3000, ecc. Valori tipici sono: 0.5k, 1k, 3k, 6k, 12k, 18k, 24k, 48k.
Oltre che in forma di yarn o di roving, le fibre sono anche disponibili commercialmente in compo- sizioni opportunamente arrangiate in modo da formare una grande varietà di tessuti (fabric). In tal caso la disposizione delle fibre può essere tale da conferire ai corrispondenti compositi delle caratte- ristiche di quasi isotropia nel piano. Nei tessuti si distingue una direzione principale, detta ordito (warp), ed una trasversale ortogonale alla prima, detta trama (weft).
2.2.1.2 Fibre di vetro
Sono fibre comunemente usate in campo navale ed industriale per la fabbricazione di compositi con prestazioni medio-alte. Si caratterizzano per la loro elevata resistenza.
Il vetro è composto principalmente da silice (SiO2) in struttura tetraedrica (SiO4). Sono aggiunti in varie proporzioni ossidi di alluminio ed altri ioni metallici (Tabella 2-4) per facilitare le operazioni di lavorazione o per modificare alcune proprietà (ad esempio le fibre di vetro S rispetto alle E esibi- scono una resistenza a trazione più elevata, come mostrato in Tabella 2-1).
Tabella 2-4 – Composizione tipica delle fibre di vetro (% in peso).
VETRO E | VETRO S | |
Ossido di silicio | 54.3 | 64.20 |
Ossido di alluminio | 15.2 | 24.80 |
Ossido di ferro | - | 0.21 |
Ossido di calcio | 17.2 | 0.01 |
Ossido di magnesio | 4.7 | 10.27 |
Ossido di sodio | 0.6 | 0.27 |
Ossido di boro | 8.0 | 0.01 |
Ossido di bario | - | 0.20 |
Varie | - | 0.03 |
Nelle sue linee essenziali la tecnologia di produzione delle fibre di vetro è basata sulla filatura di una miscela (batch) costituita principalmente da sabbia, allumina e calcare. I componenti sono mi- scelati a secco e portati a fusione (circa 1260 °C) in una fornace a refrattari (tank). Il vetro fuso vie- ne alimentato direttamente su filiere di platino (bushings) e fatto passare per gravità attraverso ap- positi fori praticati sul fondo.
I filamenti, prodotti per filatura da fuso, sono quindi raggruppati, con l‟imposizione eventuale di una leggera torsione, a formare una treccia o fibra (strand o end), tipicamente costituita da 204 fi- lamenti. I singoli filamenti presentano un diametro medio dell‟ordine dei 10 μm e sono ricoperti da un legante o bozzima (binder o size). I filati sono raccolti, perlopiù senza ritorcitura, in roving. I va- lori della massa lineare tipici del roving per applicazioni nel settore civile sono superiori a 2000 Tex.
Le fibre di vetro sono anche disponibili in forma di fogli sottili, denominati mat. Un mat può essere costituito sia da fibre lunghe continue che da fibre corte (cioè fibre discontinue di lunghezza tipica compresa tra 25 e 50 mm) disposte casualmente nel piano (Figura 2-5) e tenute assieme da un le- gante chimico. La larghezza dei mat è variabile tra 5 cm e 2 m; la loro densità di massa è dell‟ordine di 0.5 kg/m2.
Le fibre di vetro esibiscono un modulo di elasticità normale inferiore a quello delle fibre di carbonio o a quello delle fibre arammidiche (circa 70 GPa per le fibre di vetro E) ed offrono una resistenza all‟abrasione relativamente modesta, che richiede una certa cautela nelle operazioni di manipolazio- ne prima dell‟impregnazione. Inoltre, esse presentano una pronunciata attitudine allo scorrimento viscoso ed una modesta resistenza a fatica. Per promuovere l‟adesione tra fibre e matrice e per pro- teggere le fibre dall‟azione degli agenti alcalini e dall‟umidità, le fibre sono sottoposte a trattamenti di ensimaggio (sizing) con sostanze aventi funzione di compatibilizzante. Tali trattamenti sono mol- to utili ai fini della durabilità e della resistenza a fatica (statica e dinamica) del materiale composito. Gli FRP a base di fibre di vetro si denotano usualmente con l‟acronimo GFRP.
Fibre discontinue. | Mat a fibre discontinue. |
Figura 2-5 – Mat in fibra di vetro. |
2.2.1.3 Fibre di carbonio
Sono fibre usate per la fabbricazione di compositi ad elevate prestazioni e si distinguono per il loro alto modulo di elasticità normale e per la loro elevata resistenza. Esibiscono un comportamento a rottura intrinsecamente fragile caratterizzato da un assorbimento di energia relativamente modesto, anche se le tensioni di rottura sono elevate.
A confronto con le fibre di vetro e con quelle arammidiche, le fibre di carbonio risultano essere le meno sensibili ai fenomeni di scorrimento viscoso (creep) e di fatica e sono contraddistinte da una modesta riduzione della resistenza a lungo termine.
La struttura cristallina della grafite è di tipo esagonale, con gli atomi di carbonio organizzati in strutture essenzialmente planari, tenute insieme da forze trasversali di interazione del tipo Van der Waals, di gran lunga più deboli rispetto a quelle che agiscono tra gli atomi di carbonio nel piano (legami covalenti). Per tale motivo il loro modulo di elasticità normale e la loro resistenza sono e- stremamente elevati nelle direzioni contenute nei suddetti piani, mentre risultano notevolmente infe- riori nella direzione trasversale (comportamento anisotropo).
La struttura delle fibre di carbonio non è completamente cristallina come quella della grafite. Il ter- mine “fibre di grafite” viene tuttavia utilizzato nel linguaggio comune, anche se in modo improprio, per indicare fibre con un contenuto di carbonio maggiore del 99%; il termine “fibre di carbonio” in- dica, invece, fibre con un contenuto di carbonio variabile tra l‟80 ed il 95%.
Il numero di filamenti contenuti nel cavo di filatura (tow) può variare da 400 a 160000.
La moderna tecnologia di produzione delle fibre di carbonio si basa essenzialmente sulla pirolisi, cioè la decomposizione termica in assenza di ossigeno di sostanze organiche, dette precursori, tra le quali le più usate sono le fibre di poliacrilonitrile (PAN) e di rayon. Le fibre di PAN vengono dap- prima “stabilizzate”, cioè sottoposte ad un trattamento termico a 200-240 °C per 24 h in aria, affin- ché la loro struttura molecolare subisca un‟orientazione preferenziale nella direzione del carico ap- plicato. In seguito subiscono un trattamento di carbonizzazione a 1500 °C in atmosfera inerte, du- rante il quale la maggior parte degli elementi chimici diversi dal carbonio, presenti nel precursore, sono eliminati. Le fibre carbonizzate possono quindi essere sottoposte ad un trattamento di grafitiz- zazione in atmosfera inerte a 3000 °C durante il quale la struttura cristallina delle fibre può svilup- parsi completamente, avvicinandosi a quella della grafite pura.
Gli FRP a base di fibre di carbonio si denotano usualmente con l‟acronimo CFRP.
2.2.1.4 Fibre arammidiche
Le fibre arammidiche (o aramidiche secondo una consuetudine invalsa in base alla corrispondente denominazione inglese) sono fibre di natura organica, costituite da poliammidi aromatiche in forma estremamente orientata. Introdotte per la prima volta nel 1971, esse si distinguono per l‟elevata te- nacità e per la loro resistenza alle operazioni di manipolazione. Il modulo di elasticità normale e la resistenza a trazione sono intermedi tra quelli delle fibre di vetro e quelli delle fibre di carbonio (Figura 2-6 e Figura 2-7). La loro resistenza a compressione è di norma pari a circa 1/8 di quella a trazione: infatti, a causa dell‟anisotropia della struttura della fibra, i carichi di compressione favori- scono lo snervamento localizzato con conseguente instabilità e formazione di piegature (kinks). Le fibre arammidiche possono degradarsi per esposizione prolungata alla luce solare, con perdita della resistenza a trazione fino al 50%. Inoltre possono risultare sensibili all‟umidità. Il comportamento viscoso (creep) è simile a quello delle fibre di vetro, ma rispetto a queste ultime la resistenza a rot- tura è molto più elevata. Anche la resistenza a fatica flessionale è più elevata di quella delle fibre vetro.
Per le implicazioni dei suddetti comportamenti ai fini progettuali, si rimanda al capitolo 3, in cui sono trattati i problemi speciali di progetto.
La tecnologia di produzione delle fibre arammidiche si basa sull‟estrusione ad alta temperatura ed alta velocità del polimero in soluzione con successivo raffreddamento veloce (quenching) ed essic- camento. La sintesi del polimero viene effettuata a monte dell‟apparecchiatura di estrusione con l‟impiego di soluzioni fortemente acide.
È possibile sottoporre le fibre così prodotte ad un trattamento di orientazione a caldo per avvolgi- mento su bobine rotanti ad elevata velocità (post-spinning) allo scopo di migliorarne le caratteristi- che meccaniche.
Le fibre arammidiche sono disponibili in commercio sotto forma di yarn, roving e di tessuti. Gli FRP a base di fibre arammidiche si denotano usualmente con l‟acronimo AFRP.
Figura 2-6 – Confronto tra le più comuni fibre di rinforzo: comportamento a trazione monoassiale. |
Figura 2-7 – Confronto tra le più comuni fibre di rinforzo: i valori del modulo e della resistenza sono rapportati alla densità (valori “specifici”). |
2.2.1.5 Altre tipologie di fibre
Le tipologie di fibre fin qui descritte risultano essere ad oggi le più utilizzate per la produzione di materiali compositi destinati ad applicazioni nel campo civile. Ad esse si affiancano le fibre di boro che, analogamente a quelle di carbonio, presentano un elevato modulo di elasticità normale ed una cospicua resistenza, soprattutto a compressione. Sono però caratterizzate da una densità di massa più elevata.
In presenza di temperature elevate è possibile ricorrere a differenti tipi di fibre, quali le fibre cera- miche (ad esempio fibre di allumina e di carburo di silicio), le cui caratteristiche meccaniche, in- sieme con quelle delle fibre di boro, sono esposte in Tabella 2-5.
Tabella 2-5 – Proprietà delle fibre di boro e delle fibre ceramiche.
Fibre di Boro | Fibre ceramiche | |||
Allumina (CFP)* | SiC (CVD)** | SiC (pirolisi) | ||
Diametro [μm] | 16.5 | 20 ± 5 | 140 | 10-20 |
Densità [g/cm3] | 2.63 | 3.95 | 3.3 | 2.6 |
Sforzo di rottura [MPa] | 2800 | 1380 | 3500 | 2000 |
Modulo di elasticità normale [GPa] | 385 | 379 | 430 | 180 |
(*) Chemically Formed Processes
(**) Chemical Vapour Deposition
2.2.1.6 Caratteristiche tecniche del filato
I filati non sono commercializzati come materiali per il rinforzo strutturale, in quanto costituiscono la materia prima per la fabbricazione dei tessuti. Le aziende produttrici possono mettere a disposi- zione le caratteristiche del filato ed i relativi certificati di conformità allo scopo di tutelare i loro clienti. Di seguito viene proposta la struttura di una scheda tecnica tipo del filato. Essa risulta esau- riente per numero e tipo di informazioni fornite. La normativa internazionale di riferimento è la ISO 2113:1996(E).
Per determinare o verificare il titolo di un filato è possibile operare secondo la norma ISO 1889:1997(E). Si preleva, cioè, dal tessuto un campione di filato di lunghezza definita e se ne effettua la pesatura; il valore del titolo è dato dal rapporto:
T = P ⋅1000 , (2.1)
x L
essendo Tx il titolo del filato, espresso in Tex [g/km]; P la massa del campione, espresso in gram- mi; L la lunghezza del campione, espressa in metri.
L‟area, in mm2, della sezione trasversale di un filo o di una matassa (yarn, tow o roving), A, è de- terminabile a partire dal titolo e dalla densità del filato mediante la seguente relazione:
A = Tx
ρ ⋅1000
, (2.2)
essendo ρ la densità di massa del filato, espressa in g/cm3, e Tx il titolo, espresso in Tex.
La valutazione delle suddette quantità può essere utile per un controllo di qualità del prodotto forni- to.
Proprietà | Unità di misura | Metodo di prova normativa di riferimento |
diametro fibra | µm | |
densità fibra | g/cm3 | |
n° filamenti | ||
titolo | Tex | ISO1889:1997(E) |
tipo di finissaggio (size) | ||
contenuto di finissaggio | % | ISO1887:1995(E) ISO10548:2002(E) |
modulo di elasticità normale | GPa | ISO10618:1999(E) |
resistenza a trazione (valore medio e caratteristico) | MPa | ISO10618:1999(E) |
deformazione a rottura | % | ISO10618:1999(E) |
contenuto di umidità | % | ISO3344:1997(E) |
SCHEDA TECNICA: filato
IL PRODUTTORE DEVE RIPORTARE I VALORI STATISTICI NECESSARI PER LA VALUTAZIONE DELLE RESISTENZE CARATTERISTICHE (AD ESEMPIO MEDIA, SCARTO QUADRATICO MEDIO, POPOLAZIONE, FRATTILE, INTERVALLO DI CONFIDENZA).
Descrizione filato
Nome commerciale, tipo di filato, ritorcitura, finissaggi, ed ogni altra informazione generale ritenu- ta utile.
Caratteristiche del filato
Condizioni di stoccaggio
Descrizione
Precauzioni d’uso e sicurezza
Descrizione
2.2.2 Tessuti non impregnati
Il tessuto non impregnato di resina è comunemente contraddistinto dall‟attributo “secco”. Il tessuto più semplice è ottenuto a partire dal roving ed è detto stuoia (woven roving). Poiché il roving è es- senzialmente privo di ritorcitura, il filo tende a schiacciarsi all‟incrocio tra trama e ordito. Il tessuto che si ottiene è adatto a realizzare manufatti di grandi dimensioni ed elevato spessore.
Per applicazioni più specifiche, richiedenti un‟ottimizzazione del peso strutturale, si utilizzano tes- suti ottenuti direttamente dalla tessitura dei fili (yarn), caratterizzati da maggiore leggerezza e com- pattezza.
Un composito laminato ricavato da tessuti presenta sempre una frazione volumetrica di fibre infe- riore rispetto a quella di un laminato composto da lamine di fibre unidirezionali, a causa dell‟ondulazione (crimp) imposta dalla tessitura.
Le tipologie di tessuto più comuni sono la tela, il batavia ed il raso. La tela (plain) presenta la strut- tura più rigida e stabile, in quanto possiede una trama molto fitta. I principali svantaggi sono la dif- ficoltà di impregnazione con la resina e il fatto che trama e ordito si presentano molto ondulati. Quest‟ultima caratteristica implica una minore efficienza del rinforzo nel piano del laminato. L‟ondulazione di questo tipo di tessuto è pari a circa il 10%.
Il batavia (twill, 2 fili sopra e 2 fili sotto) e ancor più il tessuto raso (satin) sono più flessibili e, in proporzione, più facilmente danneggiabili in fase di manipolazione. Il tessuto satin è intrinsecamen- te il più rigido nel piano di laminazione, presentando la minore ondulazione delle fibre in entrambe le direzioni.
Accanto alle suddette tipologie, ne esistono altre quali, ad esempio, il crowfoot, il basket e il leno. In Figura 2-8 sono riportate le geometrie dei tessuti che più frequentemente ricorrono nelle applica- zioni correnti. La rappresentazione è conforme alla seguente convenzione:
• casella nera o tratteggiata = filo di trama sopra il filo di ordito;
• casella bianca = filo di trama sotto il filo di ordito.
Tela o tessuto semplice | Twill (batavia) | Satin (raso da 5) |
Figura 2-8 – Esempi di tessuti. |
Esistono anche tessuti multiassiali, nei quali le fibre sono orientate in più di due direzioni del piano. Essi possono essere costituiti da fili intessuti o semplicemente cuciti tra di loro.
Sono infine disponibili anche tessuti tridimensionali, in cui la presenza di una seconda “trama” in direzione ortogonale al piano impartisce maggiore resistenza e conferisce al prodotto proprietà par- ticolari (ad esempio, la capacità di rigonfiarsi quando vengono impregnati con la resina).
2.2.2.1 Caratteristiche tecniche dei tessuti non impregnati
I tessuti per il rinforzo strutturale sono comunemente distribuiti allo stato secco ed in rotoli, da uti- lizzare per l‟impregnazione in cantiere con apposite resine. Possono essere unidirezionali, con le fibre tutte orientate nella direzione della lunghezza e tenute insieme da un trama leggera di tipo non strutturale; bidirezionali, costituiti da una tessitura trama-ordito ortogonale di solito bilanciata (stes- sa percentuale di fibre nelle due direzioni); multiassiali, con fibre orientate in diverse direzioni del piano. L‟utilizzatore di tessuti secchi può richiedere alle aziende produttrici i certificati di conformi- tà dei prodotti alle specifiche dichiarate.
Qui di seguito viene riportata a titolo di esempio la struttura di una scheda tecnica tipo per tessuti mono e bidirezionali (le schede tecniche dei tessuti in commercio potrebbero riportare anche altre informazioni o limitarsi ad una parte di quelle indicate). La struttura suggerita risulta esauriente per numero e tipo di informazioni fornite.
SCHEDA TECNICA: tessuto non impregnato
IL PRODUTTORE DEVE RIPORTARE I VALORI STATISTICI NECESSARI PER LA VALUTAZIONE DELLE RESISTENZE CARATTERISTICHE (AD ESEMPIO MEDIA, SCARTO QUADRATICO MEDIO, POPOLAZIONE, FRATTILE, INTERVALLO DI CONFIDENZA).
Descrizione tessuto
Tipo di armatura (tela, batavia, raso, spina, ecc.), tipo di filato (trama e ordito), altri componenti ol- tre alla trama ed all‟ordito (finissaggi, velo, filo legatura, ecc.), ed ogni altra informazione generale ritenuta utile.
Caratteristiche del tessuto
Proprietà | Direzione del filato | Unità di misura | Metodo di prova normativa di riferimento |
titolo filato | ordito | Tex | ISO 1889:1997(E) |
trama | Tex | ||
densità filato | g/cm3 | ||
n° fili/cm | ordito | n°/cm | ISO 4602:1997(E) |
trama | n°/cm | ||
massa | totale | g/m2 | ISO 3374:2000(E) |
ordito | g/m2 | ||
trama | g/m2 | ||
modulo di elasticità normale a trazione | ordito | MPa | |
trama | MPa | ||
resistenza a trazione (valore medio e caratteristico) | ordito | [N] | ISO 4606:1995(E) (textile glass) ISO 13934-1:1999(E) |
trama | [N] | ||
deformazione a rottura | ordito | % | ISO 4606:1995(E) (textile glass) ISO 13934-1:1999(E) |
trama | % |
Caratteristiche del filato
Vedere scheda tecnica filato
Condizioni di stoccaggio
Descrizione
Precauzioni d’uso e sicurezza
Descrizione
Indicazioni sull’utilizzo del prodotto in un sistema di rinforzo
Il produttore può fornire indicazioni relative ad altri prodotti da abbinare al tessuto per la realizza- zione del sistema di rinforzo quali, ad esempio, le resine da impregnazione, eventuali rivestimenti protettivi, primer, putty, ecc. Tali informazioni devono essere corredate da risultati di prove di compatibilità eseguite sul sistema completo (vedere § 2.5).
La normativa generale di riferimento è la UNI 8099:1980.
Per tessuti multiassiali, oltre alle indicazioni generali riguardanti il tipo di filato e le altre caratteri- stiche del tessuto, deve essere riportata anche l‟orientazione di ciascuno strato di fibre.
Nel seguito sono illustrati esempi relativi alla determinazione di alcune quantità caratteristiche dei tessuti utilizzati per il rinforzo strutturale.
Nel caso in cui siano forniti solo il titolo del filato e la geometria, la determinazione della massa per unità di superficie delle fibre in una determinata direzione può essere eseguita attraverso la seguente relazione:
p = Tx ⋅ Nf
, (2.3)
x 10
nella quale px è la massa del tessuto o della componente del tessuto nella direzione interessata, e- spressa in g/m2, Tx è il titolo del filato riferito alla direzione in esame, espresso in Tex [g/km], Nf è il numero di fili per unità di larghezza riferiti alla direzione in esame [no/cm].
Ad esempio, dato un tessuto unidirezionale caratterizzato da 3.8 fili/cm e da un titolo del filato di 800 Tex, la massa per unità di superficie risulta essere:
p = 800 [Tex]⋅ 3.8 [fili/cm] = 304 g / m2 .
x 10
Nel caso in cui sia necessario determinare il numero di fili disposti in un‟assegnata direzione per u- nità di lunghezza nella direzione ortogonale, si può operare secondo la norma ISO 4602:1997(E): si contano cioè i fili disposti in direzione ortogonale su una base prefissata del tessuto (larga ad esem- pio 10 cm) e si riconduce tale numero proporzionalmente all‟unità di lunghezza prescelta.
2.2.3 Matrici
Le matrici più utilizzate per la fabbricazione dei compositi fibrorinforzati sono quelle polimeriche a base di resine termoindurenti. Tali resine sono disponibili in forma parzialmente polimerizzata e si presentano liquide o pastose a temperatura ambiente. Per miscelazione con un opportuno reagente esse polimerizzano (reticolano) fino a diventare un materiale solido vetroso; la reazione può essere accelerata agendo sulla temperatura. I vantaggi da esse presentati sono diversi: sono caratterizzate da una bassa viscosità allo stato fluido e quindi da una relativa facilità di impregnazione delle fibre, da ottime proprietà adesive, dalla possibilità di avere formulazioni che reticolano a temperatura am- biente, da una buona resistenza agli agenti chimici, dall‟assenza di una temperatura di fusione, ecc. I principali svantaggi sono invece rappresentati dall‟ampiezza del campo di temperature di eserci- zio, limitato superiormente dalla temperatura di transizione vetrosa, dalla modesta tenacità a frattura (comportamento “fragile”) e dalla sensibilità all‟umidità in fase di applicazione sulla struttura.
Le resine termoindurenti più diffuse nel settore civile sono le epossidiche. Anche impiegate sono le resine poliestere o vinilestere.
Poiché il materiale viene miscelato a partire dai diversi componenti direttamente in cantiere e assu- me le sue caratteristiche strutturali finali attraverso una reazione chimica, esso dovrebbe sempre es- sere applicato da personale specializzato.
Sono anche disponibili materiali compositi fibrorinforzati con matrici polimeriche termoplastiche, che possono richiedere tecniche di applicazione diverse dalle precedenti. Ad esempio, sono allo studio barre di composito con matrice termoplastica le quali, rispetto all‟analogo prodotto con ma- trice termoindurente, hanno il vantaggio di poter essere piegate in qualsiasi momento mediante un opportuno trattamento termico.
2.2.3.1 Resine epossidiche
Le resine epossidiche sono caratterizzate da una buona resistenza all‟umidità ed agli agenti chimici ed inoltre presentano ottime proprietà adesive. Sono perciò particolarmente indicate per la realizza- zione di compositi da impiegare nel settore civile.
La temperatura massima di esercizio dipende dalla formulazione e dalla temperatura di reticolazio- ne. Per temperature di esercizio superiori a 60 °C, la resina deve essere opportunamente selezionata tenendo conto delle competenti variazioni delle sue caratteristiche meccaniche. Al contrario non sussistono, di solito, limiti significativi per la temperatura minima di esercizio.
Il reagente principale è costituito da liquidi organici a basso peso molecolare che contengono un certo numero di gruppi epossidici, anelli composti da un atomo di ossigeno e da due atomi di carbo- nio:
Figura 2-9 – Gruppo epossidico. |
Tali sostanze possono, ad esempio, essere prodotte per reazione di epicloridrina con composti am- minici o acidi del bisfenolo A.
Il prepolimero epossidico, solitamente, è un fluido viscoso, la cui viscosità dipende dal grado di po- limerizzazione. Alla suddetta miscela, che in termini di composizione costituisce il reagente princi- pale, viene aggiunto un agente reticolante (di solito un‟ammina alifatica).
La reazione, di tipo radicalico, è esotermica e ha luogo senza la formazione di prodotti secondari. Può essere condotta sia a temperatura ambiente che ad elevata temperatura, a seconda delle necessi- tà tecnologiche e delle proprietà finali desiderate.
La struttura chimica della resina può essere variata a piacere in base alla composizione chimica del prepolimero epossidico.
La resina epossidica più comunemente utilizzata per materiali compositi è il diglicidiletere del bi- sfenolo A (DGEBA).
2.2.3.2 Resine poliestere
Le resine poliestere sono caratterizzate da una viscosità inferiore rispetto a quella delle epossidiche e presentano una notevole versatilità ed un‟elevata reattività. La resistenza meccanica e le proprietà adesive sono solitamente inferiori rispetto alle analoghe esibite dalle resine epossidiche.
Le poliestere insature sono polimeri lineari ad alto peso molecolare, che contengono doppi legami C=C in grado di reagire chimicamente. Il grado di polimerizzazione, e quindi la lunghezza della molecola, può essere variato; tuttavia, a temperatura ambiente, la resina si presenta solitamente co- me una sostanza solida. Per poter essere impiegata deve quindi essere disciolta in un opportuno sol- vente: di solito quest‟ultimo consiste in un monomero reattivo, che riduce la viscosità della resina e facilita quindi il processo di impregnazione delle fibre. Il monomero (in genere stirene) deve conte- nere anch‟esso dei doppi legami C=C, che consentano di creare dei ponti di reticolazione tra le mo- lecole di poliestere.
La reazione è esotermica e ha luogo senza la formazione di prodotti secondari. Può essere condotta sia a temperatura ambiente che ad elevata temperatura a seconda delle necessità tecnologiche e delle proprietà finali desiderate.
La struttura chimica delle resine poliestere può essere variata a piacere, sia cambiando l‟acido e il glicole utilizzati nella sintesi del polimero, sia impiegando un monomero reattivo diverso.
La famiglia delle resine poliestere per materiali compositi è costituita essenzialmente da isoftaliche, ortoftaliche e bisfenoliche.
2.2.3.3 Altre tipologie di resine
I limiti intrinseci delle resine termoindurenti, sopra elencati, in particolare la modesta tenacità, le temperature di esercizio piuttosto basse e la tendenza ad assorbire umidità dall‟ambiente, hanno portato in anni recenti allo sviluppo di compositi a matrice termoplastica. Tali resine sono caratte- rizzate dalla capacità di fluire una volta riscaldate ad una temperatura sufficientemente elevata, su- periore, cioè, alla Tg (temperatura di transizione vetrosa) nel caso di materiali amorfi e superiore al- la Tm (temperatura di fusione) nel caso di materiali semicristallini. La forma dei componenti può quindi essere modificata a piacere, riscaldando semplicemente il materiale ad un‟opportuna tempe- ratura (formatura a caldo). Pur essendo al momento il loro impiego in campo civile piuttosto limita- to, sono allo studio applicazioni di potenziale notevole importanza (ad esempio barre di rinforzo per conglomerato cementizio armato). Rispetto alle resine termoindurenti, quelle termoplastiche sono mediamente più tenaci e, in alcuni casi, presentano temperature di esercizio più elevate. Sono inoltre caratterizzate da una migliore resistenza nei confronti dei fattori ambientali.
La principale limitazione al loro uso è rappresentata dalla viscosità elevata, che rende problematica l‟impregnazione delle fibre e richiede apparecchiature di lavorazione complesse e costose.
Per impieghi ad elevata temperatura in ambienti chimicamente aggressivi, sono state sviluppate le resine vinilestere, che, dal punto di vista applicativo, rappresentano un compromesso tra le presta- zioni delle resine poliestere tradizionali e quelle delle resine epossidiche.
Vanno infine ricordate le matrici di natura inorganica (cementizie, metalliche, ceramiche, ecc.), il cui utilizzo per la realizzazione di compositi fibrorinforzati in campo civile - soprattutto quelle ce- mentizie - sta progressivamente diffondendosi. Pur non essendo esaminate nel presente documento, il loro impiego è tuttavia ritenuto possibile a condizione che risulti suffragato da una documentazio- ne tecnica e da una campagna sperimentale adeguate, comprovanti un‟efficacia almeno pari a quella delle matrici organiche qui trattate.
2.2.3.4 Scheda tecnica della resina
SCHEDA TECNICA: resina
Descrizione resina
Nome commerciale, mono o bicomponente, pasta o liquida, tipologia di utilizzo ed ogni altra informa- zione generale ritenuta utile.
Caratteristiche della resina non miscelata
%
Di seguito viene riportata a titolo di esempio la struttura di una scheda tecnica tipo per le resine (le schede tecniche delle resine in commercio potrebbero riportare anche altre informazioni o limitarsi ad una parte di quelle indicate). La struttura suggerita risulta esaustiva per numero e tipo di infor- mazioni fornite.
Proprietà | Unità di misura | Comp. A | Comp. B | Miscela | Metodo di prova normativa di riferimento | Note | |
colore | |||||||
viscosità a 25 °C | Pa∙s | ISO 2555:1989(E) ISO 3219:1993(E) | (1) | ||||
indice di tissotropia | ASTM D2196-99 | (1) | |||||
densità | g/cm3 | ISO 1675:1985(E) | |||||
rapporto di miscelazione | in volume | % | |||||
in peso | % | ||||||
condizioni di stoccaggio (contenitore sigillato) | tempo | mesi | |||||
temperatura | ° C |
(1) Per resine non tissotropiche si può usare il viscosimetro Xxxxxx (solo misura di viscosità); per resine tissotropiche è ne- cessario usare il viscosimetro Xxxxxxxxxx.
Caratteristiche della resina miscelata
Condizioni di miscelazione:
Descrizione
Condizioni di applicazione:
Descrizione
Proprietà | Unità di misura | Metodo di prova normativa di riferimento | Note | |
tempo di lavorabilità (a 35 °C) | ISO 10364:1993(E) | (2) | ||
tempo di gelo | a 5 ° C | min | ISO 9396:1997(E) ISO 2535:2001(E) ISO 15040:1999(E) | (3) |
a 20 ° C | ||||
a 35 ° C | ||||
temperatura minima di applicazione | °C | |||
picco esotermico | tempo | min | ISO 12114:1997(E) | |
temperatura | °C | |||
tempo di completa reticolazione (full cure) | a 5 ° C | min | ISO 12114:1997(E) | |
a 20 ° C | ||||
a 35 ° C |
(2) Tempo di lavorabilità (pot life o working life) = tempo massimo di lavorabilità dopo la miscelazione dei reagenti.
(3) Tempo di gelo (gel time) = tempo necessario affinché, dopo la miscelazione dei reagenti, il prodotto passi dallo stato li- quido a quello di gel in condizioni di temperatura prestabilite.
Proprietà della resina reticolata
Proprietà | Unità di misura | Temperatura di prova | Valore | Metodo di prova normativa di riferimento | |
stagionato 5 gg. a 22 °C | stagionato 1 ora a 70 °C | ||||
ritiro volumetrico | --- | ISO 12114:1997(E) | |||
coefficiente di dilatazione termica | 10-6 °C-1 | --- | ISO 11359-2:1999(E) | ||
temperatura di transizione vetrosa, Tg | °C | --- | ISO 11357-2:1999(E) (DSC) ISO11359-2:1999(E) (TMA) ASTM E1640 (DMA) | ||
modulo di elasticità nor- male a trazione | GPa | ISO 527:1993(E) | |||
resistenza a trazione | MPa | ISO 527:1993(E) | |||
deformazione a rottura | % | ISO 527:1993(E) |
Condizioni di stoccaggio
Descrizione
Precauzioni d’uso e sicurezza
Descrizione
2.2.4 Adesivi e principi generali di incollaggio
La messa in opera di alcuni tipi di rinforzo strutturale a base di FRP, come ad esempio le lamine pultruse, richiede l‟utilizzo di adesivi. La scelta più appropriata dell‟adesivo e del tipo di trattamen- to superficiale da effettuare prima dell‟applicazione va fatta in base alla natura del substrato della struttura da riparare e del materiale di rinforzo. Risulterebbe quindi complesso trattare in modo ana- litico l‟argomento, in quanto sarebbe necessario innanzitutto distinguere i vari casi (strutture di ac- ciaio, conglomerato armato, muratura o legno) secondo un‟articolazione esuberante per i limiti del presente documento.
Le schede tecniche dei materiali da rinforzo riportano solitamente indicazioni sul tipo di adesivo da utilizzare in funzione della natura della struttura che si intende rinforzare. Anche l‟applicazione di tessuti secchi da impregnare in cantiere può essere considerata in senso lato come un caso di assem- blaggio mediante adesivi, in quanto la stessa resina utilizzata per l‟impregnazione svolge la funzio- ne di adesivo.
Molto importante, per il corretto utilizzo degli adesivi, è il tipo di trattamento superficiale da ese- guire prima della loro applicazione. Per tale motivo si è ritenuto utile in questo paragrafo soffermar- si soprattutto sui motivi che rendono necessaria un‟adeguata preparazione del substrato, illustrando i meccanismi fisici, chimici e meccanici alla base dell‟adesione.
Per una trattazione più approfondita si rimanda ai testi specifici sull‟argomento.
Si definisce adesivo un materiale, quasi sempre di natura polimerica, in grado di realizzare un col- legamento tra almeno due superfici e di trasmettere forze di entità anche rilevante (collegamento strutturale). Esistono molte tipologie di adesivi naturali e sintetici (elastomeri, resine termoplastiche e termoindurenti mono o bicomponente); i più adatti per i materiali compositi sono gli adesivi a ba- se di resine epossidiche. Gli adesivi epossidici si presentano come una miscela viscosa bicomponen- te; una volta induriti, a seguito di una reazione chimica di reticolazione, essi realizzano il collega- mento strutturale.
I vantaggi delle giunzioni adesive rispetto a quelle meccaniche sono molteplici: possibilità di unire materiali diversi, maggior rigidezza, distribuzione dei carichi più uniforme, consolidamento delle parti, assenza di fori potenzialmente dannosi per le conseguenti concentrazioni tensionali, resistenza a fatica, minori costi di intervento. Esistono anche alcuni limiti che richiedono una particolare at- tenzione nelle applicazioni in campo civile: gli adesivi sono infatti sensibili alle condizioni ambien- tali, quali l‟umidità, e non sono idonei per esposizioni ad alte temperature (resistenza al fuoco).
Nel caso delle giunzioni adesive si possono individuare le seguenti tre tipologie di frattura (Figura 2-10).
• Frattura coesiva: avviene all‟interno di uno dei materiali che costituiscono il giunto. Lo stes- so materiale è dunque presente su entrambe le superfici di frattura, le quali possono presen- tarsi lisce o rugose. È il tipo di frattura che si osserva nelle condizioni ideali di applicazione dell‟adesivo.
• Frattura adesiva: avviene all‟interfaccia tra l‟adesivo e l‟aderendo, quando la resistenza dell‟interfaccia (forza di adesione) è minore di quella dell‟aderendo. Le superfici di frattura sono solitamente lisce e costituite da due materiali differenti. Questo tipo di frattura è indice di una non corretta applicazione dell‟adesivo.
• Frattura mista: si presenta alternativamente sia come coesiva che adesiva. Le superfici di frattura sono molto irregolari e sono caratterizzate dalla coesistenza di entrambi i materiali. Si manifesta in presenza di un substrato debole e non consolidato, come ad esempio una mu- ratura o un calcestruzzo molto degradati, in concorso con modalità di applicazione dell‟adesivo non ottimali.
ADERENDO ADERENDO ADERENDO ADERENDO ADERENDO ADERENDO | ||||
frattura adesiva | frattura coesiva | frattura mista | ||
Figura 2-10 – Confronto tra le diverse tipologie di frattura. |
ADERENDO
ADERENDO
ADERENDO
ADERENDO
ADERENDO
ADERENDO
L‟efficienza del giunto adesivo dipende da molti aspetti, tra cui il tipo di trattamento superficiale, già richiamato, la composizione chimica e la viscosità dell‟adesivo, la tecnica di applicazione ed in- fine il processo di indurimento o di reticolazione dello stesso adesivo.
I meccanismi di adesione consistono principalmente nell‟aggrappaggio meccanico (interlocking) dell‟adesivo con la superficie dell‟aderendo e nella formazione di legami chimici tra le molecole polimeriche e quelle del substrato. Conseguentemente, nel determinare la resistenza dell‟adesivo, risultano fondamentali quei trattamenti superficiali tesi ad incrementare la tensione superficiale all‟interfaccia ovvero a modificare chimicamente la superficie dell‟aderendo, aumentandone la ru- gosità e quindi l‟area effettiva di contatto.
In letteratura sono descritte diverse tipologie di meccanismi di adesione che vengono qui nel seguito riassunti.
Legame di tipo fisico: coinvolge legami secondari, quali forze di Xxx xxx Xxxxx, legami ionici e i- drogeno tra le molecole dell‟adesivo e dell‟aderendo. Per l‟interpretazione di tale legame è necessa- rio rifarsi alla teoria dell‟attrazione elettrostatica e dell‟absorbimento, secondo la quale una buona adesione è innanzitutto garantita se l‟adesivo è in grado di bagnare il substrato (wetting), cioè è in grado di spandersi sulla superficie solida. A tal fine è necessario che l‟energia superficiale dell‟aderendo ΓSV (energia specifica riferita all‟unità di superficie) sia maggiore di quella dell‟adesivo ΓLV (Figura 2-11): ad esempio le resine epossidiche bagnano molto bene l‟acciaio, cir- costanza che non si verifica per altri materiali, quali ad esempio il polietilene.
ΓLV θ = angolo di contatto ΓSV θ = 0° wetting completo θ 0° < θ <180° wetting parziale ΓSL θ = 180° assenza di wetting |
Figura 2-11 –Teoria dell‟adsorbimento e angolo di contatto. |
Legame chimico-covalente: coinvolge legami primari (legami covalenti) tra le molecole del substra- to e dell‟adesivo (Figura 2-12). La frattura implica quindi la rottura dei suddetti legami. Ciò giusti- fica, ad esempio, nel caso delle fibre di vetro, l‟utilizzo di agenti compatibilizzanti: essi si legano agli ossidi presenti in superficie per poi reagire con l‟adesivo durante la reticolazione ovvero per da- re luogo a fenomeni diffusivi (vedere punto successivo).
Fenomeni diffusivi o interdiffusivi: in seguito alla diffusione o interdiffusione degli atomi o delle molecole attraverso l‟interfaccia, si instaura un‟unione tra le due superfici (Figura 2-12). Il mecca- nismo descritto è peculiare per i compositi a matrice polimerica, in cui la mobilità delle catene ren- de possibile la formazione di “allacciamenti” (entanglements); in tal caso il fattore tempo assume una notevole importanza nei confronti della resistenza finale mobilitata dal giunto.
Aggrappaggio meccanico (mechanical interlock theory): il legame sfrutta la resistenza allo scorri-
mento reciproco tra superfici localmente compenetrate; da qui l‟importanza di avere superfici molto irregolari su scala microscopica (rugosità) sulle quali l‟adesivo possa spandersi, riempire i pori e le fessure presenti e, quindi, solidificare (Figura 2-12).
Attrazione elettrostatica | Reazione chimica (legame covalente) |
Interdiffusione e formazione di allacciamenti | Aggrappaggio meccanico (mechanical interlocking) |
Figura 2-12 – Meccanismi di adesione. |
Qualsiasi tipo di trattamento superficiale ha come obiettivo primario la “pulizia” della superficie di applicazione, ossia la rimozione di tutte le eventuali contaminazioni superficiali, quali ossidi, parti- celle estranee, oli, grassi, polveri, umidità, ecc. Quasi sempre, inoltre, il trattamento posto in essere modifica chimicamente la superficie dell‟aderendo favorendo la formazione di legami più forti con l‟adesivo, tali da resistere ad agenti ambientali aggressivi, tendenti nel tempo a degradare la resi- stenza dell‟incollaggio. Contestualmente, il trattamento deve inoltre garantire un‟adeguata rugosità superficiale.
I trattamenti più semplici che vengono usualmente utilizzati nei placcaggi con compositi fibrorin- forzati consistono nella decontaminazione con opportuni solventi e nell‟abrasione della superficie mediante sabbiatura. Quest‟ultima consente non solo di rimuovere sostanze estranee (ad esempio ossidi) ma anche di assicurare la rugosità superficiale necessaria. In alcune situazioni, prima di stendere l‟adesivo, può essere opportuno applicare sul substrato un primer con funzione di compati- bilizzante. Ovviamente, l‟utilizzo di lamine pultruse preformate richiede in aggiunta un‟adeguata pulizia della faccia della lamina che verrà poi incollata sul supporto. In alcuni casi le lamine sono protette da una pellicola che mantiene la faccia in questione al riparo da agenti contaminanti esterni. La pellicola va rimossa solo al momento dell‟applicazione del rinforzo.
È importante sottolineare che qualsiasi trattamento superficiale deve essere necessariamente esegui- to subito prima dell‟applicazione del rinforzo onde evitare il pericolo di ricontaminazione.
Tra gli agenti contaminanti, in aggiunta a tutte le possibili sostanze estranee presenti in cantiere, va tenuto in conto l‟umidità: è infatti buona norma assicurare che le superfici di incollaggio siano ben asciutte prima dell‟applicazione dell‟adesivo.
Nel prosieguo del documento verranno fornite puntuali prescrizioni per mitigare il rischio di insuc- cessi legati agli aspetti sopra richiamati.
2.2.4.1 Scheda tecnica dell’adesivo
Gli adesivi più adatti per i materiali compositi sono quelli a base di resine epossidiche bicomponen- ti. La competente scheda tecnica dovrebbe quindi riportare non solo le proprietà fisico-chimiche dei singoli componenti, ma anche le proprietà adesive. Poiché le prime sono già state elencate nel
§ 2.2.3.4, la scheda tecnica qui riprodotta fa riferimento alle sole proprietà adesive.
SCHEDA TECNICA: adesivo
IL PRODUTTORE DEVE RIPORTARE I VALORI STATISTICI NECESSARI PER LA VALUTAZIONE DELLE RESISTENZE CARATTERISTICHE (AD ESEMPIO MEDIA, SCARTO QUADRATICO MEDIO, POPOLAZIONE, FRATTILE, INTERVALLO DI CONFIDENZA).
Descrizione dell’adesivo
Nome commerciale, mono o bicomponente, pasta o liquida, tipologia di utilizzo, ed ogni altra informazio- ne generale ritenuta utile.
Proprietà adesive della resina
Proprietà | Unità di misura | Temperatura di prova | Valore | Metodo di prova normativa di riferimento | |
stagionato 5 gg. a 22 °C | stagionato 1 ora a 70 °C | ||||
resistenza a taglio (valore medio e caratteristico) | MPa | single lap shear ISO 4587:2003(E) | |||
resistenza a peeling (valore medio e caratteristico) | kN/m | floating-roller method ISO 4578:1997(E) |
N.B. per il rinforzo esterno con lamine/nastri di FRP è in preparazione una norma ISO (TC71/SC6N): "Non-conventional rein- forcement of concrete - Test methods-Part 2: Fiber reinforced polymer (FRP) sheets" in cui vengono proposte due prove per valutare l‟adesione sul calcestruzzo: "Test Method for direct pull-off strength of FRP sheets with concrete" e "Test Method for bond properties of FRP sheets to concrete". Un‟analoga prova di pull-off, “Test method for direct tension pull-off test”, è pro- posta anche dal documento ACI 440.3R-04 “Guide Test Methods for Fiber-Reinforced Polymers for Reinforcing or Strengthen- ing Concrete Structures” dell‟American Concrete Institute.
Per l‟adesione sull‟acciaio tali norme non propongono prove specifiche. Esiste però un‟analoga normativa Giapponese (JSCE-E544-2000 in "Test methods for continuous fiber sheets") che propone anche un test di lap shear strength tra FRP e ac- ciaio. I documenti citati prevedono inoltre una prova di resistenza a taglio dell‟adesivo basata sul lap shear test.
Condizioni di stoccaggio
Descrizione
Precauzioni d'uso e sicurezza
Descrizione
2.3 SISTEMI DI RINFORZO
I sistemi di FRP idonei per il rinforzo esterno di strutture possono essere classificati nella maniera appresso indicata.
• Sistemi preformati (precured systems) (§ 2.3.2):
sono costituiti da componenti di varia forma preparati in stabilimento mediante pultrusione o laminazione, i quali sono incollati all‟elemento strutturale da rinforzare.
• Sistemi impregnati in situ (wet lay-up systems) (§ 2.3.3):
sono costituiti da fogli di fibre unidirezionali o multidirezionali o da tessuti che sono impre- gnati con una resina, la quale funge anche da adesivo con il substrato interessato (es. calce- struzzo, muratura, …).
• Sistemi preimpregnati (prepreg systems) (§ 2.3.4):
sono costituiti da fogli di fibre unidirezionali o multidirezionali o da tessuti preimpregnati con resina parzialmente polimerizzata. Possono essere incollati al substrato da rinforzare con (o senza) l‟uso di resine aggiuntive.
2.3.1 Proprietà meccaniche dei sistemi di rinforzo
Nei compositi fibrorinforzati le fibre svolgono il ruolo di elementi portanti sia in termini di resisten- za che di rigidezza, mentre la matrice, oltre a proteggere le fibre, funge da elemento di trasferimento degli sforzi tra le fibre ed eventualmente tra queste ultime e l‟elemento strutturale a cui il composito è stato applicato. La maggior parte dei compositi è costituita da fibre che posseggono una elevata resistenza e rigidezza, mentre la loro deformazione a rottura è inferiore a quella della matrice.
ffib,max
In Figura 2-13 sono descritti qualitativamente i legami costitutivi di fibre, matrice e corrispondente composito. Quest‟ultimo presenta una rigidezza inferiore a quella delle fibre e perviene a rottura in corrispondenza di una deformazione, εf,max, coincidente con quella di rottura delle fibre. Superata tale deformazione, infatti, non è possibile un completo trasferimento degli sforzi dalle fibre alla ma- trice.
ffib,max
FIBRA
FRP
fm,max
MATRICE
xxxx,xxx
εm,max
,max
fm
xxxx,xxx
xx,xxx
Figura 2-13 – Legami costitutivi di fibre, matrice e corrispondente composito.
A puro scopo esemplificativo, nella Tabella 2-6 sono confrontati i valori di alcune proprietà mecca- niche di un prodotto preformato con quelli medi delle corrispondenti fibre. I valori del modulo di elasticità normale, Ef, e della tensione di rottura, ff, del composito risultano inferiori a quelli delle fibre, mentre i valori delle deformazioni ultime a trazione risultano tra loro comparabili.
Tabella 2-6 – Confronto tra proprietà meccaniche di un prodotto preformato con quelle delle corrispondenti fibre.
Sistemi preformati | Modulo di elasticità normale [GPa] | Tensione di rottura [MPa] | Deformazione a rottura [%] | |||
FRP Ef | Fibre Efib | FRP ff | Fibre ffib | FRP εfu | Fibre εfib,u | |
CFRP (basso modulo) | 160 | 210-230 | 0000 | 0000-0000 | 1.6 | 1.4-2.0 |
CFRP (alto modulo) | 300 | 350-500 | 1500 | 2500-3100 | 0.5 | 0.4-0.9 |
Nel caso di compositi costituiti da fibre unidirezionali è possibile stimare, con ragionevole appros- simazione, il comportamento meccanico del composito mediante modelli micromeccanici, ad esem- pio utilizzando la regola delle miscele (eq. (6.5) in Appendice A):
Ef =Vfib⋅Efib+ (1-Vfib)⋅Em, (2.4)
ff ≅ Vfib⋅ffib+ (1-Vfib)⋅fm, (2.5)
essendo Vfib la frazione in volume delle fibre (rapporto tra il volume delle fibre ed il volume totale del composito), Efib ed Em, rispettivamente, i moduli di elasticità normale delle fibre e della matrice. Si segnala che la regola delle miscele, basata sull‟ipotesi di perfetta aderenza tra fibre e matrice, fornisce, nel caso di compositi unidirezionali, una stima abbastanza accurata del modulo di elastici- tà normale, ma non altrettanto della resistenza. Ai fini della progettazione del sistema è comunque sempre necessario fare riferimento a valori sperimentali delle suddette quantità (Ef ed ff), come ver- rà discusso nel prosieguo.
Per una corretta definizione della rigidezza e della resistenza di un composito impregnato in situ è necessario conoscere la geometria (rapporto in volume o in peso delle fibre e della matrice) e le ca- ratteristiche meccaniche dei componenti che costituiscono il composito in esame.
Per convincersene, si faccia ad esempio riferimento ad un composito costituito da un nastro di tes- suto unidirezionale, di larghezza pari a 100 mm (area delle fibre Afib = 70 mm2), impregnato con quantità variabili di resina. È del tutto evidente che, dividendo l‟area complessiva del nastro impre- gnato, Af (somma di quelle della resina e delle fibre), per la sua larghezza, si ottiene lo spessore del composito. Le proprietà dei singoli componenti sono riportate in Tabella 2-7. L‟influenza del con- tenuto di resina sui valori delle proprietà meccaniche nella direzione delle fibre, stimate attraverso le eqq. (2.4), (2.5) , è descritta in Tabella 2-8.
Tabella 2-7 – Proprietà dei componenti.
Fibre | Matrice |
Efib= 220 GPa | Em= 3 GPa |
ffib= 4000 MPa | fm= 80 MPa |
Tabella 2-8 – Influenza della frazione volumetrica sulle caratteristiche meccaniche di un composito.
Afib [mm2] | Am [mm2] | Af [mm2] | Vfib [%] | Ef [GPa] | ff [MPa] | εfu [%] | Ffu [kN] | Ef ⋅Af [kN] |
70 | 0 | 70 | 100 | 220.0 | 4000 | 1.81 | 280.0 | 15400 |
70 | 30 | 100 | 70 | 154.9 | 2824 | 1.82 | 282.4 | 15490 |
70 | 70 | 140 | 50 | 111.5 | 2040 | 1.83 | 285.6 | 15610 |
70 | 163.3 | 233.3 | 30 | 68.1 | 1256 | 1.84 | 293.0 | 15890 |
ff [MPa]
4000
Fibre
Vf
100%
3000
2000
FRP 70%
50%
1000
30%
0
0
0.4 0.8 1.2 1.6
2
εf
ff (MPa)
Vf
εf
Figura 2-14 –Dipendenza del legame costitutivo del composito dalla frazione volumetrica.
In particolare, la Tabella 2-8 e la Figura 2-14 si riferiscono a frazioni volumetriche delle fibre va- riabili tra il 30% e il 70%. Come caso limite è preso anche in considerazione il valore 100% della frazione volumetrica.
I valori della rigidezza e della resistenza delle fibre sono notevolmente superiori a quelli della ma- trice (Tabella 2-7); conseguentemente, per valori della frazione volumetrica ricadenti nell‟intervallo sopra considerato, le proprietà del composito (Ef ed ff ) sono governate principalmente da quelle delle fibre, dal momento che il contributo della matrice risulta irrilevante.
Se le suddette proprietà sono riferite alla sezione complessiva del composito è evidente che i valori del modulo di elasticità normale e dello sforzo di rottura diminuiscono all‟aumentare della percen- tuale di resina, ovvero al diminuire della frazione volumetrica, Vf, rispetto ai corrispondenti valori riferiti alle fibre. Lo stesso non capita riferendosi ai valori della forza di rottura, Fuf, e della rigidez- za estensionale (Ef⋅Af), i quali subiscono invece variazioni trascurabili (3-4%). È infatti evidente che la riduzione dei valori di Ef ed ff sono compensati dall‟aumento dell‟area della sezione totale tra- sversale rispetto a quella delle sole fibre.
Ciò dimostra che, nel valutare i valori delle proprietà meccaniche da utilizzare nella progettazione del sistema di rinforzo, è sempre necessario conoscere la quantità di resina impiegata (frazione vo- lumetrica Vf ) qualora si faccia riferimento ai valori di rigidezza e resistenza del composito (Ef e ff). In caso contrario, è necessario operare in termini di rigidezza estensionale del rinforzo, Ef⋅Af, e di resistenza ultima, Fuf, i quali possono essere valutati trascurando il contributo della matrice.
Si rileva che i valori così stimati non tengono conto, come meglio sarà chiarito nel prosieguo, di al- tri importanti parametri, legati alla produzione dello stesso composito, che influiscono sensibilmen- te sul suo comportamento a rottura.
2.3.2 Sistemi preformati
2.3.2.1 Caratteristiche meccaniche
I compositi preformati sono caratterizzati da una disposizione unidirezionale delle fibre che permet- te di utilizzare, con buona approssimazione, la regola delle miscele per la determinazione dei valori delle caratteristiche meccaniche di rigidezza e di resistenza del composito, dal momento che le competenti frazioni volumetriche variano tra il 50% e il 70%.
Tali valori rappresentano comunque solo una stima, spesso in eccesso, di quelli effettivi, in quanto non tengono conto dell‟influenza di altri importanti parametri, quali l‟aderenza tra fibre e matrice, la presenza di difetti di produzione e di vuoti o quella di imperfezioni nella distribuzione o
nell‟allineamento delle fibre. Per valutare affidabilmente i valori delle proprietà meccaniche del composito è necessario ricorrere ad adeguate sperimentazioni in modo da ottenere valori statistica- mente significativi, che tengano conto anche del livello qualitativo della tecnica produttiva adottata. I valori forniti dai produttori devono perciò essere basati su criteri analoghi a quelli discussi nel
§ 2.4.
Si noti che, nel caso di sistemi preformati, i produttori forniscono abitualmente le caratteristiche meccaniche del composito riferite alla sezione trasversale del laminato, di cui sono fissate le dimen- sioni.
2.3.2.2 Schede tecniche per compositi preformati
SCHEDA TECNICA: compositi preformati
(lamine, barre per armatura ordinaria, cavi di precompressione)
IL PRODUTTORE DEVE RIPORTARE I VALORI STATISTICI NECESSARI PER LA VALUTAZIONE DELLE RESISTENZE CARATTERISTICHE (AD ESEMPIO MEDIA, SCARTO QUADRATICO MEDIO, POPOLAZIONE, FRATTILE, INTERVALLO DI CONFIDENZA).
Descrizione
Nome commerciale, tipo di fibra, tipo di resina, tecnologia di produzione (pultrusione, laminazione, ecc.), marchiatura ed ogni altra informazione generale ritenuta utile.
Caratteristiche geometriche e fisiche
(1) Valore utile nel caso di barre e cavi di sezione non circolare per il calcolo della lunghezza di ancoraggio.
(2) Valore utile per il calcolo della frazione in peso di fibra quando è nota quella in volume o viceversa.
%
Di seguito, viene proposta a titolo di esempio la struttura di una scheda tecnica tipo per compositi preformati (lamine, barre, cavi, ecc.). Come già precedentemente osservato, le schede tecniche dei compositi in commercio potrebbero includere anche altre informazioni o riportare solo parte di quelle appresso indicate. La struttura proposta risulta esaustiva per numero e tipo di informazioni fornite.
Proprietà | Unità di misura | Metodo di prova normativa di riferimento | Note | |
spessore (lamina) | mm | |||
larghezza | mm | |||
lunghezza | mm | |||
geometria della sezione (barre, cavi) | ||||
area nominale (barre, cavi) | mm2 | |||
perimetro nominale (barre, cavi) | mm | (1) | ||
colore | ||||
densità | fibra | g/cm3 | ISO 1183-1:2004(E) | (2) |
matrice | g/cm3 | |||
contenuto di fibra | in peso | % | ISO 11667:1997(E) | |
in volume | % | |||
temperatura di transizione vetrosa della resina (Tg) | °C | ISO 11357-2:1999(E) (DSC) ISO11359-2:1999(E) (TMA) ASTM E1640 (DMA) | ||
temperatura limite massima di utilizzo | °C | |||
conducibilità elettrica | S/m |
Proprietà
Proprietà | Unità di misura | Metodo di prova normativa di riferimento | Note |
modulo di elasticità normale a trazione | GPa | ISO 527-4,5:1997(E) | |
resistenza a trazione (valore medio e caratteristico) | MPa | ISO 527-4,5:1997(E) | |
deformazione a rottura a trazione | % | ISO 527-4,5:1997(E) | |
modulo di elasticità normale a compressione (barre) | GPa | ISO 14126:1999(E) | |
resistenza a compressione (barre) (valore medio e caratteristico) | MPa | ISO 14126:1999(E) | |
deformazione a rottura per compressione (barre) | % | ISO 14126:1999(E) | |
resistenza a creep | ISO 899-1:2003(E) | (3) | |
rilassamento (barre, cavi) | (4) | ||
aderenza: tensione tangenziale (barre, cavi) | prova di pull-out | (4) |
(3) La ISO 899-1:2003(E) è la normativa di riferimento generale per la determinazione del comportamento a creep di mate- riali polimerici rinforzati (compositi) o non, mentre per le barre per armatura ed i cavi di precompressione è in preparazione una norma ISO (TC71/SC6N): "Non-conventional reinforcement of concrete - Test methods-Part 1: Fiber reinforced pol- ymer (FRP) bars and grids” in cui è proposta una prova specifica per le barre di FRP ("Test Method for creep failure"). In alternativa esiste una prova proposta nel documento ACI 440.3R-04 “Guide Test Methods for Fiber-Reinforced Polymers for Reinforcing or Strengthening Concrete Structures” dal titolo: “Test Method for creep rupture of FRP bars”
(4) Nella norma ISO (TC71/SC6N) riguardante barre e cavi di FRP sono proposte le due seguenti prove: "Test method for bond strength by pull-out testing” per l‟aderenza e "Test Method for long-term relaxation" per il rilassamento. Prove analo- ghe sono previste dal documento ACI 440.3R-04
Condizioni di stoccaggio
Descrizione
Precauzioni d’uso e sicurezza
Descrizione
Indicazioni sull’utilizzo del prodotto in un sistema di rinforzo
Il produttore può fornire indicazioni relative ad altri prodotti da abbinare al composito preformato per la realizzazione del sistema di rinforzo quali, ad esempio, gli adesivi, eventuali rivestimenti protettivi, primer, putty, ecc. Tali informazioni devono essere corredate da risultati di prove di compatibilità ese- guite sul sistema completo.
2.3.3 Sistemi impregnati in situ
Nel caso di sistemi impregnati in situ non è possibile stimare a priori, con sufficiente accuratezza, lo spessore finale del laminato, ed è perciò consigliabile fare riferimento alle proprietà meccaniche ed all‟area resistente del tessuto secco, basandosi sui dati forniti nelle schede tecniche.
2.3.3.1 Determinazione area resistente
Per la determinazione dell‟area resistente del tessuto, Art, è necessario fare riferimento alla scheda tecnica del tessuto utilizzato.
L‟area resistente, comunemente riferita alle direzioni principali, è espressa per unità di larghezza di quest‟ultimo ed è calcolabile mediante la seguente relazione generale:
Art
= Tx ⋅ Nf
10 ⋅ ρ
, (2.6)
fib
essendo Art l‟area resistente del tessuto nella direzione interessata, espressa in mm2/m, Tx il titolo del filato riferito alla direzione in esame, espresso in Tex [g/km], Nf il numero di filati per unità di larghezza riferiti alla direzione in esame [no/cm], ρfib la densità delle fibre [g/cm3].
Nel caso di tessuti che presentano lo stesso numero di fibre nelle direzioni di trama ed ordito (bilan- ciati), detta pt la massa del tessuto per unità di area espressa in g/m2, è anche possibile ricavare l‟area resistente, Art, utilizzando la seguente relazione:
Art
pt
=
2 ⋅ ρ
fib
. (2.7)
Nel caso di un tessuto unidirezionale, con lo stesso significato dei simboli, l‟area resistente, Art, è valutabile come:
=
p
ρ
Art t
fib
. (2.8)
Talvolta si usa riferire l‟area resistente del tessuto allo spessore di una lastra equivalente costituita dal solo materiale delle fibre. Lo spessore equivalente, teq, espresso in mm, è ottenibile mediante la seguente relazione:
t = Art
eq 1000
. (2.9)
Un inconveniente connesso a tale modo di procedere consiste nel fatto che ad uno stesso tessuto non bilanciato, cioè con grammature diverse nelle direzioni di trama ed ordito, verrebbero ad essere as- sociati due diversi spessori della lastra equivalente.
A titolo di esempio viene riportato il calcolo dell‟area resistente per tre diverse tipologie di tessuti a base di fibre di carbonio: un tessuto a tela semplice (plain weave) non bilanciato (tessuto A); uno a tela semplice ma bilanciato (tessuto B); ed infine un tessuto unidirezionale (tessuto C). Le caratteri- stiche di tali tessuti sono riassunte in Tabella 2-9.
Tabella 2-9
Proprietà | Unità di misura | Tessuto A | Tessuto B | Tessuto C | |
Massa del tessuto | g/m2 | 187 | 286 | 304 | |
Densità della fibra | g/cm3 | 1.76 | 1.76 | 1.8 | |
N° di fili/cm | trama | n°/cm | 4 | 6 | -- |
ordito | n°/cm | 8 | 6 | 3.8 | |
Titolo | trama | Tex | 67 | 200 | -- |
ordito | Tex | 200 | 200 | 800 |
Nel caso di tessuto non bilanciato (tessuto A), applicando la relazione (2.6) si perviene a:
trama
67 [Tex]⋅ 4 [fili/cm] mm2
Art
= 10 ⋅1.76 [g/cm3]
= 15.2
m
(area resistente nella direzione della trama),
ordito
200 [Tex]⋅8 [fili/cm] mm2
Art
= 10 ⋅1.76 [g/cm3]
= 90.9
m
(area resistente nella direzione dell'ordito).
Nel caso del tessuto B, per entrambe le direzioni, si ottiene:
200 [Tex]⋅ 6 [fili/cm] mm2
Art =
10 ⋅1.76 [g/cm3 ]
= 68.2 .
m
Alternativamente, sempre nel caso del tessuto B, se si utilizza la relazione (2.7), si perviene allo stesso risultato:
t
p ⎡⎣g/m2
240 mm2
mm2
Art =
2 ⋅ ρ
fib
=
⎡⎣g/cm3 ⎤⎦ 2⋅1.76 m
= 68.2 .
m
Infine, nel caso del tessuto unidirezionale (tessuto C), applicando la (2.8) risulta:
t
p ⎡⎣g/m2
304 mm2
mm2
Art = ρ
fib
=
⎡⎣g/cm3 ⎤⎦ 1.80 m
= 168.9 .
m
2.3.3.2 Caratteristiche meccaniche
Nel caso di sistemi impregnati in situ, le proprietà meccaniche del composito non possono essere determinate semplicemente moltiplicando l‟area resistente del tessuto secco, Art, valutata in accordo con la (2.6), per i valori del modulo di elasticità normale e della resistenza delle fibre o del tessuto. I valori riferiti alle fibre non tengono infatti conto della reale geometria del tessuto (tessitura, trama- ordito). A tal riguardo è necessario segnalare che le curvature esibite dai fasci di fibre, in corrispon- denza delle intersezioni trama-ordito, influenzano in modo considerevole le proprietà meccaniche del tessuto. Allo stesso modo, i valori di rigidezza e resistenza riferiti al tessuto secco, se eventual- mente disponibili, non sarebbero utilizzabili direttamente per determinare le quantità relative al composito: essi infatti prescindono dalla presenza di imperfezioni geometriche (allineamento e re- golarità di distribuzione delle fibre), di quella di vuoti e della irregolarità di distribuzione della resi- na influenzata dall‟architettura del tessuto.
Per poter tener in conto l‟effetto dei suddetti parametri è possibile operare in due modi alternativi, entrambi richiedenti adeguate informazioni da parte del produttore e/o del fornitore.
Modalità 1
È possibile penalizzare la rigidezza e la resistenza delle fibre introducendo due coefficienti ridutti- vi: il primo, αfE, a carico della rigidezza ed il secondo, αff , a carico della resistenza.
Conseguentemente, è possibile scrivere:
Af⋅Ef = αfE⋅Afib⋅Efib, (2.10)
dove la quantità Afib rappresenta l‟area resistente del tessuto, Art, nella direzione considerata, valuta- ta in accordo con quanto suggerito nel § 2.3.3.1, Efib è il modulo di elasticità normale delle fibre nu- de, mentre il prodotto Af⋅Ef è quello che compete al composito dopo l‟impregnazione. Il coefficiente
riduttivo αfE deve essere stimato dal fornitore e/o dal produttore e deve essere determinato sulla base di prove sperimentali eseguite su campioni di composito corrispondenti a ben definite frazioni vo- lumetriche. Tale coefficiente può tenere conto dell‟influenza del tipo di resina utilizzata e della ge- ometria del rinforzo, ma non della qualità dell‟installazione e della natura del supporto.
Nello stesso spirito, per quanto riguarda la resistenza del composito, si può scrivere:
Af⋅ff = αff⋅Afib⋅ffib, (2.11)
dove le quantità introdotte sono state precedentemente definite. Modalità 2
In alternativa al metodo sopra riportato, il produttore e/o il fornitore del sistema possono dichiarare i
valori caratteristici delle proprietà meccaniche del composito posato in opera, basandosi su indagini sperimentali eseguite su sistemi completi. In tal modo è possibile tenere conto di tutte le variabili che influiscono sul comportamento del sistema finale, includendo anche la natura e la geometria del supporto.
2.3.3.3 Schede tecniche per sistemi impregnati in situ
Per i sistemi impregnati in situ non è possibile formulare una scheda tecnica specifica ed è necessa- rio rifarsi alle caratteristiche tecniche dei tessuti non impregnati (secchi). È comunque indispensabi- le che i fornitori e/o i produttori indichino i valori dei coefficienti riduttivi αfE ed αff, fornendo pun- tuali informazioni sulla campagna di prove sperimentali eseguite.
2.3.4 Sistemi preimpregnati
I compositi preimpregnati (prepreg) sono impregnati direttamente negli stabilimenti di produzione e, dopo un eventuale trattamento di pre-polimerizzazione della resina stessa, sono avvolti in rotoli. Il preimpregnato è un foglio sottile (di solito di spessore pari a circa 0.15 mm), flessibile e modera- tamente appiccicoso, racchiuso tra due strati di film distaccante (carta siliconata o simili). Il preim- pregnato deve essere conservato in condizioni controllate di umidità e temperatura e la sua reticola- zione deve avvenire al momento dell‟applicazione, con l‟ausilio di un opportuno trattamento termi- co.
Per quanto riguarda le caratteristiche meccaniche e le schede tecniche è possibile fare riferimento ai sistemi impregnati in situ (§ 2.3.3).
2.4 QUALIFICAZIONE DEI MATERIALI
Il processo di qualificazione di un prodotto FRP con le competenti prove sperimentali è sviluppato dal produttore con tre specifici obiettivi:
• assicurare la qualità del prodotto ed il rispetto di valori minimi richiesti;
• fornire un numero statisticamente significativo di risultati sperimentali relativi alle caratteri- stiche fisiche e meccaniche del prodotto che siano un utile strumento per la progettazione dell‟intervento di rinforzo;
• fornire eventualmente dati relativi a prove sperimentali da cui possano desumersi informa- zioni sul comportamento nel tempo del prodotto FRP.
Le prove di qualificazione riguardano le caratteristiche meccaniche (rigidezza e resistenza) e fisiche possedute dai materiali compositi, indipendentemente dalla particolare applicazione.
Per quanto attiene al livello di qualità dell‟installazione ed al suo monitoraggio nel tempo, si rinvia ai successivi paragrafi dedicati a tali specifici argomenti.
È possibile distinguere due livelli di qualificazione dei prodotti:
• Livello 1: in cui si definiscono le caratteristiche fisiche e meccaniche del composito attra- verso un‟analisi statistica di una serie sufficientemente ampia di prove.
• Livello 2: in cui si definiscono anche le caratteristiche fisiche e meccaniche del composito a lungo termine.
Le prove meccaniche e fisiche di qualificazione devono essere condotte da un laboratorio qualifica- to che disponga di tutte le attrezzature necessarie e che abbia una comprovata esperienza nella ca- ratterizzazione dei materiali compositi.
È opportuno che ciascun produttore fornisca le caratteristiche meccaniche ricavate su base statistica e comprendenti i valori caratteristici, di cui devono essere definiti i corrispondenti frattili, i valori medi, gli scarti quadratici, l‟intervallo di confidenza ed il numero di campioni esaminati. A tali va- lori possono essere applicati gli opportuni coefficienti parziali definiti anche in base alla tecnica di produzione.
2.4.1 Livello 1: Proprietà fisico-meccaniche
Nel caso di compositi prodotti in stabilimento, i campioni saranno costituiti da spezzoni di barre o di lamine, estratti dalla produzione secondo criteri definiti.
Nel caso invece di compositi prodotti in situ, i campioni dovranno essere realizzati con gli stessi componenti impiegati in situ ed in condizioni ambientali definite. Il campione da produrre è comu- nemente un laminato multistrato di forma rettangolare e di dimensioni tali da poter ricavare un nu- mero di provini statisticamente significativo (almeno cinque provini per ogni tipo di prova).
In Tabella 2-10 sono riportate le prove di caratterizzazione più comuni e le corrispondenti norme tecniche maggiormente utilizzate (ISO ed ASTM).
Tabella 2-10 – Caratteristiche meccaniche e fisiche dei compositi.
Proprietà | Normativa di riferimento | |
ISO | ASTM | |
Proprietà meccaniche |
| |
modulo di elasticità normale a trazione | 527-4, 5:1993(E) | D3039-00, D5083-02, D3916-02 |
resistenza a trazione | 527-1, 4, 5:1993(E) | D3039-00, D5083-02, D3916-02 |
deformazione a rottura a trazione | 527-1, 4, 5:1993(E) | D3039-00, D5083-02, D3916-02 |
modulo di elasticità normale a compressione | 14126:1999(E) | D3410 |
resistenza a compressione | 14126:1999(E) | D3410 |
deformazione a rottura a compressione | 14126:1999(E) | D3410 |
resistenza a creep | 899-1:2003(E) | D2990-01 |
Proprietà fisiche |
| |
Densità | 1183-1:2004(E) | D792-00 |
coefficiente di dilatazione termica | 11359-2:1999(E) | E831, D696 |
temperatura di transizione vetrosa (della matrice) | 11357-2:1999(E) (DSC) 11359-2:1999(E) (TMA) | E1356, E1640 |
contenuto di fibre | 11667:1997(E) | D3171, D2584 |
È possibile integrare le prove di qualificazione dei compositi con quelle relative ai singoli compo- nenti come suggerito in Tabella 2-11 (tessuti) e Tabella 2-12 (resine).
Tabella 2-11 – Caratteristiche meccaniche dei tessuti.
Proprietà | Normativa di riferimento ISO | Tipologia di prodotto |
Proprietà meccaniche | ||
modulo di elasticità normale a trazione | 4606:1995(E), 13934-1:1999(E) | tessuto |
resistenza a trazione | 4606:1995(E), 13934-1:1999(E) | tessuto |
deformazione a rottura a trazione | 4606:1995(E), 13934-1:1999(E) | tessuto |
Tabella 2-12 – Caratteristiche meccaniche e fisiche delle resine (matrice e adesivo).
Proprietà | Normativa di riferimento | Tipologia di prodotto | |
ISO | ASTM | ||
Proprietà meccaniche | |||
modulo di elasticità normale a trazione | 527-1:1993 (E) | D638-02 | resina |
resistenza a trazione | 527-1:1993 (E) | D638-02 | resina |
deformazione a rottura a trazione | 527-1:1993 (E) | D638-02 | resina |
modulo di elasticità normale a compressione | 604:2002(E) | D695 | resina |
resistenza a compressione | 604:2002(E) | D695 | resina |
deformazione a rottura a compressione | 604:2002(E) | D695 | resina |
resistenza a taglio | 4587:2003(E) | D3163-01 | adesivo |
resistenza a peeling | 4578:1997(E) | D3167-03 | adesivo |
Proprietà fisiche | |||
viscosità | 2555:1989(E), 3219:1993(E) | D2196-99 | resina |
indice di tissotropia | D2196-99 | resina | |
densità | 1675:1985(E) | D1217-93 | resina |
tempo di gelo | 9396:1997(E), 2535:2001(E) 15040:1999(E) | D2471-99 | resina |
tempo di lavorabilità | 10364:1993(E) | D1338-99 | resina, adesivo |
picco esotermico | 12114:1997(E) | D2471-99 | resina |
tempo di completa reticolazione | 12114:1997(E) | D4473-03 | resina |
ritiro volumetrico | 12114:1997(E) | D6289-03 | resina |
coefficiente di dilatazione termica | 11359-2:1999(E) | E831, D696 | resina |
temperatura di transizione vetrosa | 11357-2:1999(E) (DSC) 11359-2:1999(E) (TMA) | E1356, E1640 | resina |
2.4.2 Livello 2: Proprietà a lungo termine
Si possono distinguere tre tipi di comportamento nel tempo in relazione:
• ai fenomeni di degrado chimico;
• ai fattori ambientali (es. cicli di gelo-disgelo);
• alla modalità di applicazione del carico: costante (creep) o variabile (fatica).
Le prove devono essere eseguite su provini di geometria opportuna, ricavati dal campione di riferi- mento secondo le modalità precedentemente descritte. La geometria del provino dipende dal parti- colare tipo di prova che si intende eseguire.
Per i primi due tipi di comportamento, le prove sono eseguite su provini sottoposti preventivamente a trattamenti di condizionamento termico o ambientale. Dopo aver condizionato il provino per un tempo opportuno, è possibile determinare la proprietà meccanica o fisica di interesse come prescrit- to dalla normativa ISO (o ASTM) (Tabella 2-10, 2-8, 2-9).
Se la variazione nel tempo di una particolare proprietà è correlata al degrado chimico del materiale è possibile prevedere il valore che le compete ad un certo istante di tempo applicando la procedura di Xxxxxxxxx, estrapolando cioè i risultati di prove condotte a breve termine ed a temperatura eleva- ta. Si rileva che i valori così ottenuti non tengono assolutamente conto dell‟effetto di sforzi agenti sul materiale o di fattori ambientali, quali l‟esposizione prolungata a raggi ultravioletti, acidi, alcali, sali e altri agenti aggressivi di varia natura.
Per determinare la resistenza del sistema di rinforzo sotto particolari condizioni ambientali è neces- sario riferirsi alle normative specifiche. In alcune situazioni si può ottemperare a tale esigenza rife- rendosi a normative sviluppate per la qualificazione di altri materiali: ad esempio, nei riguardi dell‟influenza dei cicli di gelo-disgelo sulle proprietà del rinforzo, ci si può avvalere della medesi- ma procedura di condizionamento utilizzata per il calcestruzzo. Dopo aver condizionato il provino, si può risalire al valore della proprietà desiderata seguendo le indicazioni della competente normati- va di riferimento (Tabella 2-10, 2-8, 2-9).
Si segnalano al riguardo le UNI EN 13687-(1÷5) utili in particolare per effettuare cicli di invec- chiamento e per la verifica della durata del legame adesivo.
L‟analisi del comportamento a lungo termine del materiale sottoposto a carico costante richiede l‟esecuzione di prove di creep: la normativa di riferimento per i materiali compositi fibrorinforzati a matrice polimerica è la ISO 899-1:2003(E); in alternativa ci si può riferire alla ASTM D2990-01.
Per il comportamento a fatica, la normativa di riferimento è la ISO 13003-2003(E) o la ASTM D 3479-02.
2.5 ACCETTAZIONE
I materiali fibrorinforzati da utilizzarsi per il consolidamento di strutture devono essere assoggettati ad una serie di controlli che assicurino un livello adeguato delle caratteristiche meccaniche e fisi- che. Per i materiali da costruzione esistono da tempo specifiche norme che, oltre a definire i valori minimi delle proprietà fisico-meccaniche dei materiali e le procedure di prova, specificano i sistemi di certificazione ed i criteri di accettazione (§ 6.3). Qui nel seguito vengono riassunte in forma schematica alcune note relative alle responsabilità ed alle azioni che i vari operatori devono svolge- re per assicurare la qualità dei materiali fibrorinforzati usati nel consolidamento delle costruzioni.
2.5.1 La scelta e la verifica dei materiali: i compiti e le responsabilità degli operatori
I produttori e/o i fornitori:
• La produzione dei materiali per il rinforzo deve essere costantemente oggetto di programmi di controllo della qualità. Questi ultimi devono coprire tutti gli elementi che costituiscono il sistema di rinforzo (fibre, matrici, adesivi, compositi preformati ed altri componenti).
• I produttori devono fornire i certificati di prova dei prodotti per assicurare la rispondenza di ogni lotto di fabbricazione con le specifiche dichiarate.
• Quando possibile, sui prodotti deve essere riportata una marchiatura che ne permetta la completa rintracciabilità. In caso contrario, i prodotti devono essere accompagnati da eti- chette o cartellini riportanti tutte le informazioni per la loro rintracciabilità.
• I produttori e/o i fornitori che sono in grado di proporre sistemi completi di rinforzo (insie- me di fibre, resine, preformati o preimpregnati, adesivi ed altri componenti), possono forni- re, oltre alle caratteristiche meccaniche e fisiche dei singoli componenti, anche le caratteri- stiche meccaniche del sistema completo indicando il tipo di substrato utilizzato a cui si fa ri- ferimento. Tali valori devono essere supportati da validazioni sperimentali effettuate in labo- ratorio o in situ (prove su strutture in scala reale) e documentate da dettagliati rapporti di prova.
• Sistemi completi di rinforzo, certificati con le modalità di cui al punto precedente, saranno indicati nel prosieguo come Applicazioni di tipo A; gli altri saranno invece indicati come Applicazioni di tipo B:
Applicazioni di tipo A | Sistemi di rinforzo di cui sono certificati sia i materiali che il sistema completo applicato ad un substrato definito. |
Applicazioni di tipo B | Sistemi di rinforzo di cui sono certificati solo i materiali. |
Il progettista:
• Deve indicare chiaramente nel progetto la qualità e le caratteristiche (geometriche, meccani- che e fisiche) dei costituenti il sistema di rinforzo (quali il laminato preformato oppure le fi- bre e le resine nel caso della tecnologia wet lay-up) specificandone, dove necessario, i requi- siti minimi di accettazione.
• Deve specificare quali sono i criteri di accettazione dei materiali e dell‟applicazione del si- stema di rinforzo. Nel primo caso egli deve indicare al direttore dei lavori quali sono i pre- lievi e le prove da effettuare. Ad esempio, in base all‟importanza e all‟entità dell‟applicazione, può suggerire di eseguire delle prove per verificare alcune o tutte le carat- teristiche meccaniche e fisiche fornite dal produttore nelle schede tecniche. Nel secondo ca- so il progettista può indicare eventuali prove di qualità dell‟installazione come suggerito nel
§ 4.8.3 per le strutture di conglomerato cementizio armato e nel § 5.8.3 per le strutture mura- rie.
Le imprese appaltatrici e gli applicatori:
• Xxxxxx procurarsi il materiale indicato dal progettista, dai produttori e/o fornitori che assi- curino la qualità dei prodotti.
• Devono verificare che i prodotti siano accompagnati da schede tecniche adeguate, riportanti i valori delle caratteristiche meccaniche e fisiche, ed eventualmente da certificati di collaudo in laboratorio.
• Devono verificare che i prodotti siano conformi alle prescrizioni indicate dal progettista e, nel caso non siano disponibili materiali con i requisiti indicati, devono concordare possibili alternative con il progettista e/o con il direttore dei lavori.
Il direttore dei lavori:
• Svolge un ruolo decisionale sull‟accettazione dei prodotti.
• Deve verificare, sia in fase di appalto delle forniture che al momento della consegna, la ri- spondenza del materiale fornito con le prescrizioni del progettista.
• Deve verificare la provenienza del materiale fornito. I prodotti pultrusi riportano abitual-
mente un marchio del produttore ed altre indicazioni atte all‟identificazione del prodotto. Altri materiali sono muniti di etichette o cartellini recanti le informazioni necessarie per la loro rintracciabilità.
• Deve verificare le caratteristiche meccaniche e fisiche dei prodotti mediante i certificati di prova in accompagnamento della fornitura.
• In base all‟importanza ed all‟entità dell‟applicazione, può richiedere l‟esecuzione di prove sperimentali per valutare la qualità dei materiali e verificare la corrispondenza dei risultati con i valori forniti dal produttore. Tali prove sono da eseguirsi presso laboratori con provata esperienza e dotati di attrezzature idonee alla caratterizzazione di materiali fibrorinforzati. I criteri di accettazione possono essere basati sulla massima deviazione ammissibile dei risul- tati ottenuti rispetto ai valori conseguiti durante i controlli di produzione. In tal caso è neces- sario assicurarsi che le procedure di prova siano le stesse e che i campioni siano ottenuti con i medesimi materiali e le medesime tecniche di produzione. In alcuni casi particolari è pos- sibile siano richieste prove per la determinazione delle caratteristiche meccaniche e fisiche da eseguirsi sia su campioni semplici che su campioni precondizionati per verificare, ad e- sempio, la permanenza delle caratteristiche al variare della temperatura o dell‟umidità.
• Nel caso di Applicazioni di tipo A è facoltà del direttore dei lavori richiedere prove di accet- tazione del sistema globale installato. Nel caso di Applicazioni di tipo B, il direttore dei la- vori deve richiedere una serie di prove per il controllo del prodotto finito (materiale compo- sito) e della qualità dell‟installazione come suggerito nel § 4.8.3 per le strutture di conglo- merato cementizio armato e nel § 5.8.3 per le strutture murarie.
I laboratori di prova:
• Devono essere di provata esperienza nella caratterizzazione sperimentale di materiali fibro- rinforzati.
• Devono essere dotati delle attrezzature di misura e di prova adeguate.
• Xxxxxx svolgere le prove sperimentali secondo le procedure indicate in norme specifiche per i materiali fibrorinforzati.
• Xxxxxx emettere dei dettagliati rapporti di prova riportanti tutte le informazioni relative alla strumentazione di prova ed i risultati.
• Devono essere dotati di un manuale qualità e svolgere le attività sperimentali secondo pro- cedure di prova in accordo alle norme per la qualità dei laboratori di prova (EN-ISO17025 “Requisiti generali per la competenza dei laboratori di prova e di taratura”).
Il collaudatore:
Nel caso sia richiesto il collaudo della struttura o del sistema di rinforzo, il collaudatore deve:
• verificare la qualità dei materiali impiegati mediante i certificati di accompagnamento delle forniture;
• verificare l‟accettazione dei materiali da parte del direttore dei lavori;
• verificare i risultati delle eventuali prove sperimentali di accettazione richieste dal direttore dei lavori.
2.6 TRASPORTO, STOCCAGGIO E MOVIMENTAZIONE
Le modalità di trasporto, stoccaggio, utilizzo e conservazione dei materiali di base del sistema di composito sono importanti sia per garantire che le proprietà dei singoli componenti non risultino al- terate, sia per garantire il rispetto delle norme minime di sicurezza.
• Trasporto. I costituenti del sistema composito fibrorinforzato devono essere confezionati e trasportati in modo opportuno, nel rispetto degli eventuali regolamenti applicabili.
• Stoccaggio. Per preservare le proprietà del sistema fibrorinforzato e garantire il rispetto delle
norme di sicurezza, i costituenti devono essere conservati osservando le raccomandazioni del fornitore e/o del produttore.
Per preservare le proprietà delle fibre e delle resine è importante che esse siano conservate in idonee condizioni di temperatura (intervallo consigliato 10°-24° C) ed in ambiente sufficien- temente asciutto (grado di umidità inferiore al 20%), a meno di specifiche diverse suggerite dal produttore.
Le lamine e gli altri elementi preformati possono subire danneggiamenti a seguito di piega- tura o inopportuna sovrapposizione.
Alcuni costituenti, quali ad esempio agenti reticolanti reattivi, iniziatori, catalizzatori, sol- venti per la pulizia delle superfici, ecc., richiedono specifici accorgimenti per motivi di sicu- rezza ed il loro immagazzinamento dovrebbe essere conforme alle modalità suggerite dal produttore o prescritte da eventuali normative. Catalizzatori ed iniziatori (generalmente pe- rossidi) vanno immagazzinati separatamente dagli altri reagenti per evitare l‟accidentale contatto ed il conseguente innesco della reazione di reticolazione.
Le proprietà delle resine non reticolate possono mutare nel tempo e, soprattutto, possono ri- sentire delle condizioni di umidità e temperatura. Queste ultime possono influire anche sulla reattività della miscela e sulle proprietà della resina reticolata. Il produttore è tenuto ad indi- care il tempo di stoccaggio (tempo di banco) entro cui le proprietà dei materiali a base di re- sine termoindurenti si conservano inalterate. Qualsiasi costituente che abbia superato il tem- po di banco o che abbia subito un deterioramento od una contaminazione non deve essere adoperato. Tutti i costituenti ritenuti inutilizzabili devono essere dismessi secondo quanto specificato dal produttore, nonché secondo quanto prescritto dagli eventuali regolamenti vi- genti in materia di salvaguardia ambientale.
• Movimentazione. Il produttore è tenuto a fornire per tutti i costituenti del sistema fibrorin- forzato le schede tecniche riportanti le informazioni relative alla sicurezza (MSDS – Mate- rials Safety Data Sheet).
Le sostanze utilizzate in combinazione con le resine termoindurenti sono generalmente a- genti indurenti, reticolanti, iniziatori (perossidi), isocianati e riempitivi. Tra i potenziali peri- coli, cui si può andare incontro quando si lavora con resine termoindurenti, solventi e fibre di rinforzo, si elencano:
- irritazioni e sensibilizzazione della pelle;
- inalazione di vapori di solventi, diluenti e monomeri;
- rischio di incendio o esplosione per effetto di elevate concentrazioni nell‟aria di so- stanze infiammabili o per contatto con fiamme o scintille (sigarette incluse);
- reazioni esotermiche tra i reagenti, che possono essere causa di incendi o incidenti a persone;
- presenza di polveri derivanti dalla lavorazione o dalla movimentazione di compositi fibrorinforzati.
È quindi necessario assumere le opportune precauzioni quando si lavora con tali prodotti o con i loro componenti. La complessità delle resine termoindurenti e dei materiali ad esse as- sociati richiede che tutti gli operatori leggano attentamente le etichette e gli MSDS di tali materiali al fine di evitare spiacevoli incidenti.
Per maneggiare fibre e resine si consiglia l‟uso di guanti monouso, nonché di vestiti o tute. I guanti, di gomma o di plastica, devono essere resistenti ai solventi; inoltre, quando si lavora con solventi o con i componenti delle resine, si devono indossare occhiali di protezione. In- fine, in presenza di frammenti di fibre, polvere o vapori di solventi, o mentre si miscelano e si stendono le resine, è necessario ricorrere a protezioni respiratorie, come richiesto specifi- camente dai produttori. Il luogo di lavoro deve risultare sempre adeguatamente ventilato.
3 CONCETTI BASILARI DEL PROGETTO DI RINFORZO E PROBLEMATICHE SPECIALI
(1)P Formano oggetto del presente capitolo gli interventi di rafforzamento delle strutture esistenti di conglomerato cementizio armato normale e precompresso e di muratura per i quali si vogliano impiegare compositi fibrorinforzati per il consolidamento di elementi strutturali non soddisfacenti i requisiti e le verifiche di sicurezza prescritte dalla Normativa vigente. Gli stessi concetti sono validi anche per le strutture esistenti di metallo e di legno, non comprese nel documento.
(2)P Si assume che:
• la scelta ed il progetto del sistema di rinforzo siano eseguiti da tecnici qualificati ed esperti;
• la successiva esecuzione dell‟intervento sia effettuata da maestranze in possesso di un ade- guato livello di capacità ed esperienza;
• siano garantite un‟adeguata supervisione ed un controllo di qualità durante lo sviluppo del processo;
• i materiali da costruzione ed i prodotti utilizzati siano impiegati come di seguito specificato.
(3)P Il progetto del sistema di rinforzo deve soddisfare requisiti di resistenza, di esercizio e di du- rabilità. In caso di incendio, la resistenza del rinforzo deve essere adeguata al tempo di esposizione che si vuole garantire.
(4)P Il sistema di rinforzo deve essere posizionato nelle zone in cui è necessario resistere a ten- sioni di trazione. Non si devono affidare tensioni di compressione al composito fibrorinforzato.
3.1 REQUISITI FONDAMENTALI
(1)P Il progetto del sistema di rinforzo deve presupporre i seguenti requisiti fondamentali:
• i rischi ai quali la struttura potrebbe essere soggetta vanno accuratamente individuati, elimi- nati o attenuati;
• la configurazione del rinforzo deve risultare poco sensibile ai suddetti rischi;
• la stessa configurazione deve inoltre sopportare l‟occorrenza di danneggiamenti localizzati;
• sistemi di rinforzo che collassino senza segnali di preavviso vanno opportunamente evitati. (2)P I requisiti fondamentali sopra definiti potranno ritenersi soddisfatti se si garantisce:
• la scelta di materiali opportuni;
• un progetto adeguato con un‟accorta cura dei particolari costruttivi;
• la definizione, nell‟ambito di ogni intervento, di procedure di controllo per la progettazione, la produzione, l‟esecuzione e l‟uso.
(3)P Qualora il rinforzo strutturale riguardi costruzioni di interesse storico e monumentale, si ri- chiede una valutazione critica dell‟intervento rispetto ai canoni della conservazione e del restauro. Va dimostrata, in termini oggettivi, la reale efficacia dell‟intervento, che deve prevedere soluzioni in grado di assicurare la compatibilità (fisico-chimica, costruttivo-meccanica, strutturale), la durabi- lità e la reversibilità.
3.2 REQUISITI DI DURABILITÀ
(1)P Il rinforzo deve essere progettato in modo che il degrado atteso nel corso della vita utile del- la struttura rinforzata non ne riduca le prestazioni al di sotto del livello previsto, tenendo conto sia delle condizioni ambientali sia del programma di manutenzione. Tale requisito è di peculiare impor- tanza ed il suo soddisfacimento deve essere perseguito in maniera tangibile ed oggettiva da tutti gli operatori coinvolti in un processo di rinforzo con FRP (§ 2.5.1).
(2) Per assicurare durabilità all‟intervento di rinforzo vanno tenuti in debito conto:
• la destinazione d‟uso prevista della struttura rinforzata;
• le condizioni ambientali attese;
• la composizione, le proprietà e le prestazioni dei materiali preesistenti e di quelli nuovi, nonché dei prodotti utilizzati per la messa in opera di questi ultimi;
• la scelta della configurazione del rinforzo e dei particolari costruttivi;
• la qualità delle maestranze ed il livello di controllo;
• particolari misure protettive, ad esempio, nei confronti del fuoco o dell‟impatto;
• la manutenzione attesa durante la vita utile.
(3)P Problemi speciali di progetto (azioni ambientali, modalità di carico, ecc.) devono essere i- dentificati in fase di progetto così che possa essere valutata la loro importanza in relazione agli a- spetti di durabilità del rinforzo, possano essere adottati gli opportuni valori dei fattori di conversio- ne (§ 3.5) ed inoltre possano essere previsti adeguati accorgimenti per la protezione dei materiali impiegati.
(4) In assenza di valori dei fattori di conversione relativi allo specifico sistema adottato, il livel- lo di qualsiasi tipo di degrado a carico del rinforzo deve essere stimato in maniera accurata. Tale stima può essere eseguita sulla base di modelli teorici, di indagini sperimentali, di esperienze dedot- te da interventi precedenti o sulla base di una loro combinazione.
3.3 PRINCIPI GENERALI DEL PROGETTO DI RINFORZO
3.3.1 Generalità
(1)P Le verifiche degli elementi rinforzati devono essere condotte sia nei riguardi degli stati limi- te di esercizio (SLE) che nei riguardi degli stati limite ultimi (SLU), come definiti nella Normativa vigente.
(2) La verifica nei riguardi di uno stato limite può essere omessa a favore di quella nei confronti di un altro stato limite, sempre che la prima sia una conseguenza della seconda.
(3)P Si deve verificare, mediante il metodo dei coefficienti parziali, che, in tutte le situazioni pre- vedibili, adottando i valori di progetto (o di calcolo) delle azioni, delle sollecitazioni e delle resi- stenze, non sia violato alcuno stato limite. Deve cioè risultare:
E ≤ R , (3.1)
d d
dove
Ed ed Rd
sono, rispettivamente, i valori di progetto (o di calcolo) della generica domanda (ef-
fetto, sollecitazione, ecc.) presa in considerazione e della corrispondente capacità (in termini di resi- stenza o di deformazione) nell‟ambito dello stato limite esaminato.
(4) I valori di calcolo si ricavano da quelli caratteristici attraverso opportuni coefficienti parzia- li, i cui valori, per i vari stati limite, sono codificati nella Normativa vigente, ovvero sono indicati nel presente documento con riferimento allo specifico ambito qui trattato.
(5) Qualora si intenda effettuare interventi di tipo strutturale su singoli elementi di fabbrica, se non sussistono le condizioni che impongono l‟adeguamento, occorre dimostrare che l‟insieme delle opere previste è comunque tale da far conseguire alla struttura un consistente grado di sicurezza nei confronti delle azioni. Tali interventi si definiscono di miglioramento. Per gli interventi di miglio- ramento è peraltro comunque richiesto di calcolare il grado di sicurezza corrispondente al raggiun- gimento di ciascuno stato limite previsto per la tipologia strutturale in esame, nella situazione pre- cedente ed in quella successiva all‟intervento.
3.3.2 Coefficienti parziali ed azioni di calcolo
(1)P Ai fini delle verifiche di sicurezza e della definizione delle azioni di calcolo si fa riferimento alla vita utile che la struttura dovrebbe avere se fosse di nuova realizzazione. Ne consegue la pre- scrizione di adottare gli stessi coefficienti parziali per i materiali preesistenti e le stesse azioni di calcolo previste dalle Normative vigenti per le nuove costruzioni.
3.3.3 Proprietà dei materiali e dei prodotti
(1)P I valori delle proprietà dei materiali o dei prodotti usati nel rinforzo devono essere stati de- terminati mediante prove normalizzate di laboratorio, come quelle indicate nel capitolo relativo ai materiali.
(2)P I valori delle proprietà dei materiali preesistenti nella struttura da rinforzare devono essere desunti dai risultati di prove normalizzate, in situ o in laboratorio, ed inoltre, se disponibili, dagli e- laborati del progetto originale o da documentazione acquisita in tempi successivi.
(3) Le proprietà meccaniche di resistenza e di deformazione dei materiali o dei prodotti usati nel rinforzo, nonché quelle dei materiali preesistenti nella struttura da rinforzare (salvo ove diversamen- te indicato nella Normativa vigente), sono quantificate dai corrispondenti valori caratteristici. La de- rivazione del valore caratteristico di una proprietà meccanica attraverso prove in situ deve tenere in conto: la dispersione dei risultati delle prove, l‟incertezza statistica associata al numero di prove e- seguite, l‟eventuale conoscenza statistica precedente.
(4) I soli parametri di rigidezza (moduli elastici) dei materiali o dei prodotti usati nel rinforzo e quelli dei materiali preesistenti sono valutati attraverso i corrispondenti valori medi.
(5) Nel caso di sistemi impregnati in situ, ai coefficienti riduttivi αfE e αff (§ 2.3.3.2), applicati, rispettivamente, al modulo di elasticità normale ed alla resistenza delle fibre, non può essere attri- buito un valore maggiore di 0.90.
(6) Per la generica proprietà di resistenza o di deformazione di un materiale o di un prodotto u- sato nel rinforzo, il valore di calcolo, Xd , può essere espresso in forma generale mediante una rela- zione del tipo:
X = η ⋅ X k , (3.2)
d γ
m
dove η è un fattore di conversione che tiene conto, in maniera moltiplicativa, di problemi speciali di
progetto (§ 3.5),
Xk è il valore caratteristico della proprietà in questione,
γ m è infine il coefficiente
parziale del materiale o del prodotto, che tiene conto del tipo di applicazione (Tabella 3-2).
(7) Per la generica proprietà di un materiale preesistente nella struttura da rinforzare, il valore di
calcolo,
Xd , può determinarsi eseguendo una serie di prove in situ e valutandone i risultati in ac-
cordo alla Normativa vigente oppure come:
γ γ
X = η ⋅ X k(n) = η ⋅ m ⋅ (1− k ⋅V ) , (3.3)
d X n X
m m
dove Xk(n) è il valore caratteristico della proprietà X risultante dal numero n di prove eseguite in situ,
γ m è il coefficiente parziale relativo al materiale preesistente, mX
è il valore medio della proprietà
X risultante dal numero n di prove eseguite, il valore di
kn è fornito in Tabella 3-1 in funzione del
suddetto numero n, il coefficiente di variazione, VX , è supposto noto. Il valore del coefficiente di variazione, VX , può essere assunto pari a 0.10 per l‟acciaio, a 0.20 per il calcestruzzo ed a 0.30 per la muratura e per il legno. Il valore del fattore di conversione, η, è generalmente assunto pari a 0.85 per il calcestruzzo e a 1.00 per l‟acciaio, la muratura e il legno.
Tabella 3-1 – Valori di kn per la determinazione del valore caratteristico.
n | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 8 | 10 | 20 | 30 | ∞ |
kn | 2.31 | 2.01 | 1.89 | 1.83 | 1.80 | 1.77 | 1.74 | 1.72 | 1.68 | 1.67 | 1.64 |
3.3.4 Capacità di calcolo
(1) La capacità di calcolo,
Rd , è esprimibile come:
Rd =
1 ⋅ R{X
γ
Rd
d,i ; ad,i
} . (3.4)
Nella (3.4)
R{⋅} è una opportuna funzione riconducibile allo specifico modello meccanico conside-
rato (ad esempio quello per la flessione, per il taglio, per l‟ancoraggio) e γ Rd
è un coefficiente par-
ziale che tiene conto delle incertezze insite nel suddetto modello. Come argomenti della funzione
R{⋅} figureranno, in generale, i valori di calcolo, X , dei materiali/prodotti usati per il rinforzo,
d,i
oppure dei materiali preesistenti, ed i valori nominali, ad,i , dei parametri geometrici chiamati in cau- sa nel modello.
(2)P Di regola, per l‟elemento rinforzato, non può essere considerato un incremento della capaci- tà di calcolo, dovuto al solo FRP, superiore al 60% di quella dell‟elemento non rinforzato. Tale li- mitazione non si applica per azioni eccezionali e sismiche.
3.4 COEFFICIENTI PARZIALI
3.4.1 Coefficienti parziali γm per i materiali ed i prodotti
(1) Per gli stati limite ultimi, possibili valori da attribuire ai coefficienti parziali
γ m , che nel ca-
so dei materiali e dei prodotti di composito fibrorinforzato vengono denotati con γ f , sono suggeriti
nella seguente Tabella 3-2, distinguendo i casi in cui il collasso avviene per rottura del materiale o per delaminazione:
Tabella 3-2 – Coefficienti parziali γm per i materiali ed i prodotti.
Modalità di collasso | Coefficiente parziale | Applicazione tipo A(1) | Applicazione tipo B(2) |
Rottura | γf | 1.10 | 1.25 |
Delaminazione | γf,d | 1.20 | 1.50 |
(1) Sistemi di rinforzo certificati in accordo a quanto indicato al capitolo 2 di queste Istruzioni (§ 2.5). (2) Sistemi di rinforzo non certificati in accordo a quanto indicato al capitolo 2 di queste Istruzioni (§ 2.5). |
(2) Per gli stati limite di esercizio, si suggerisce di attribuire un valore unitario a tutti i coeffi-
cienti parziali γ m = γ f
dei materiali e dei prodotti di composito fibrorinforzato, ad eccezione di casi
specificamente indicati.
3.4.2 Coefficienti parziali γRd per i modelli di resistenza
(1) Per gli stati limite ultimi i valori suggeriti per i coefficienti parziali di resistenza sono riportati nella seguente Tabella 3-3.
Tabella 3-3 – Coefficienti parziali γRd.
γ Rd
dei diversi modelli
Modello di resistenza | γRd |
Flessione/Pressoflessione | 1.00 |
Taglio/Torsione | 1.20 |
Confinamento | 1.10 |
3.5 PROBLEMI SPECIALI DI PROGETTO E RELATIVI FATTORI DI CONVERSIONE
(1) Sono di seguito riportati alcuni valori di riferimento da attribuire al fattore di conversione η, (§ 3.3.3(6)) in relazione ad aspetti che possono influenzare la durabilità ed il comportamento degli FRP in particolari condizioni.
3.5.1 Azioni ambientali e fattore di conversione ambientale ηa
(1)P Le proprietà meccaniche (per esempio la resistenza a trazione, la deformazione ultima ed il modulo di elasticità normale) di alcuni sistemi di FRP degradano in presenza di determinate condi- zioni ambientali quali: ambiente alcalino, umidità (acqua e soluzioni saline), temperature estreme, cicli termici, cicli di gelo e disgelo, radiazioni ultraviolette (UV).
(2) Effetti da ambiente alcalino. L‟acqua contenuta nei pori del calcestruzzo può provocare un degrado della resina e delle zone di interfaccia. Il danneggiamento della resina dovuto all‟attacco di alcali è in genere più grave di quello dovuto all‟umidità. È opportuno che la resina completi il pro- cesso di maturazione prima dell‟esposizione ad ambienti alcalini.
(3) Effetti dell‟umidità (acqua e soluzioni saline). I principali effetti dell‟assorbimento di umidi- tà riguardano la resina e sono: plasticizzazione, riduzione della temperatura di transizione vetrosa, riduzione di resistenza e riduzione (meno pronunciata) di rigidezza. L‟assorbimento di umidità di- pende dal tipo di resina, dalla composizione e qualità delle lamine, dallo spessore, dalle condizioni di maturazione, dall‟interfaccia resina-fibra e dalle condizioni di lavorazione. In ambiente marino, dove effetti osmotici possono causare la formazione di bolle nella resina, è consigliabile l‟uso di ri- vestimenti protettivi.
(4) Effetti di temperature estreme e di cicli termici. Gli effetti primari della temperatura riguar- dano la risposta viscosa della resina e quindi del composito. Al crescere della temperatura si mani- festa una diminuzione del modulo di elasticità normale della resina. Se la temperatura supera quella di transizione vetrosa, il livello di prestazione del composito di FRP si abbassa in maniera significa- tiva. I cicli termici, in generale, non sortiscono effetti deleteri, anche se possono favorire la forma- zione di microfratture nei sistemi che utilizzano resina ad alto modulo. Per gli intervalli di tempera- tura tipici delle infrastrutture civili è possibile evitare indesiderati decadimenti delle prestazioni scegliendo il sistema in modo che la temperatura di transizione vetrosa sia sempre più elevata della temperatura massima alla quale opererà il componente o la struttura.
(5) Effetti di cicli di gelo e disgelo. In generale, l‟esposizione a cicli di gelo e disgelo non influi- sce sulla prestazione delle fibre; riduce invece quella della resina e dell‟interfaccia tra fibre e resina, a causa del verificarsi di distacchi fra esse. Per temperature al di sotto dello 0 °C, i sistemi a base di resina polimerica possono migliorare le proprie prestazioni sviluppando valori più elevati di resi- stenza e rigidezza. Gli effetti del degrado prodotto da cicli termici possono essere amplificati dalla presenza di umidità: la ciclicità favorisce infatti la crescita e la propagazione delle microfratture provocate dalla presenza di soluzioni saline in ambiente umido.
(6) Effetti di radiazioni ultraviolette (UV). Raramente le radiazioni UV degradano le prestazioni meccaniche dei sistemi a base di FRP, nonostante alcune resine possano accusare, per effetto di es- se, una certa fragilizzazione ed erosione superficiale. In generale, l‟effetto più deleterio legato all‟esposizione UV è la penetrazione di umidità e di altri agenti aggressivi attraverso la superficie danneggiata. I sistemi a base di FRP possono essere protetti in tal senso con l‟aggiunta di appropria- ti additivi nella resina e/o con l‟uso di opportuni rivestimenti.
(7) La Tabella 3-4 suggerisce, per alcuni tipi di materiale e condizioni di esposizione, i valori da attribuire al fattore di conversione ambientale ηa. Essi rappresentano delle stime conservative basate sulla durabilità dei diversi tipi di fibra. I valori in tabella possono essere aumentati del 10% (in ogni caso deve sempre risultare ηa ≤ 1) qualora si impieghino rivestimenti protettivi le cui proprietà di mitigazione degli effetti dell‟esposizione ambientale risultino sperimentalmente comprovate e sem- pre che tali rivestimenti siano mantenuti per tutta la durata del periodo di utilizzo del sistema a base di FRP.
Tabella 3-4 – Fattore di conversione ambientale ηa per varie condizioni di esposizione e vari sistemi di FRP.
Condizione di esposizione | Tipo di fibra / resina | ηa |
Vetro / Epossidica | 0.75 | |
Interna | Arammidica / Epossidica | 0.85 |
Carbonio / Epossidica | 0.95 | |
Vetro / Epossidica | 0.65 | |
Esterna | Arammidica / Epossidica | 0.75 |
Carbonio / Epossidica | 0.85 | |
Vetro / Epossidica | 0.50 | |
Ambiente aggressivo | Arammidica / Epossidica | 0.70 |
Carbonio / Epossidica | 0.85 |
3.5.2 Modalità di carico e fattore di conversione per effetti di lunga durata ηl
(1)P Le proprietà meccaniche (per esempio la resistenza a trazione, la deformazione ultima ed il modulo di elasticità normale) di alcuni sistemi a base di FRP degradano per l‟effetto della viscosità, del rilassamento e della fatica.
(2) Effetti di viscosità e rilassamento. In un sistema a base di FRP la viscosità ed il rilassamento dipendono dalle proprietà delle resine e delle fibre di rinforzo. In genere le resine termoindurenti (poliesteri insaturi, esteri vinili, resine epossidiche e fenoliche) sono meno viscose di quelle termo- plastiche (polipropileni, nylon, policarbonati, ecc.). Poiché la presenza di fibre diminuisce la visco- sità delle resine, tali fenomeni sono più pronunciati quando il carico è applicato trasversalmente alle fibre o quando il composito è caratterizzato da una bassa percentuale in volume di fibre.
La viscosità può essere ridotta assicurando, in esercizio, un livello tensionale sufficientemente bas- so. I sistemi a base di CFRP sono i meno suscettibili a rotture per viscosità; quelli a base di fibre a- rammidiche sono moderatamente suscettibili; quelli a base di fibre di vetro sono i più suscettibili.
(3) Effetti di fatica. Le prestazioni dei sistemi a base di FRP in condizioni di fatica sono gene- ralmente molto buone. Esse dipendono dalla composizione della matrice e, moderatamente, dal tipo di fibre. Nei compositi unidirezionali le fibre presentano di solito pochi difetti e conseguentemente contrastano in modo efficace la formazione di fessure. Inoltre, la propagazione di eventuali fessure presenti è ostacolata dall‟azione esplicata dalle fibre presenti nelle zone adiacenti.
(4) Per evitare la rottura del rinforzo di FRP sotto tensioni prolungate nel tempo, ovvero in con- dizioni di carico ciclico, possibili valori da attribuire al fattore di conversione ηl nelle verifiche agli stati limite di esercizio, sono suggeriti in Tabella 3-5. In presenza sia di carico persistente che cicli- co il fattore di conversione complessivo è ottenuto come prodotto dei relativi fattori di conversione.
Tabella 3-5 – Fattore di conversione per effetti di lunga durata ηl per vari sistemi di FRP (carichi di esercizio).
Modalità di carico | Tipo di fibra / resina | ηl |
Persistente (viscosità e rilassamento) | Vetro / Epossidica | 0.30 |
Arammidica / Epossidica | 0.50 | |
Carbonio / Epossidica | 0.80 | |
Ciclico (fatica) | Tutte | 0.50 |
3.5.3 Resistenza alle azioni causate da impatto ed esplosione
(1) Il comportamento dei sistemi a base di FRP soggetti ad azioni causate da impatto o da esplo- sione è tuttora oggetto di studio. Prime indicazioni consigliano di orientare la scelta verso sistemi a base di fibre arammidiche (più resistenti all‟impatto) e/o di fibre di vetro piuttosto che verso sistemi a base di fibre di carbonio.
3.5.4 Resistenza alle azioni causate da atti vandalici
(1)P I materiali compositi fibrorinforzati sono particolarmente sensibili all‟incisione ed alla lace- razione prodotte da strumenti da taglio.
(2) Nelle applicazioni di rinforzo in ambienti aperti al pubblico si suggerisce di predisporre ade- guate misure di protezione del sistema di rinforzo. Va comunque verificata la sicurezza dell‟elemento strutturale facendo riferimento alla situazione successiva ad un eventuale atto vanda- lico, in assenza di rinforzo. A tal fine, nei confronti dello SLU, si adotta la combinazione di azioni
per situazioni quasi permanenti con i valori dei coefficienti parziali dei materiali per situazioni ec- cezionali.
3.6 LIMITI DEL RINFORZO NEL CASO DI ESPOSIZIONE AL FUOCO
(1)P I materiali compositi fibrorinforzati sono particolarmente sensibili all‟esposizione alle alte temperature, circostanza che si può ad esempio verificare in caso di incendio. Quando la temperatu- ra ambientale supera quella di transizione vetrosa della resina (o della temperatura di fusione nel ca- so di materiali semicristallini), la resistenza e la rigidezza del sistema di FRP diminuiscono drasti- camente. Nei casi di FRP applicato esternamente su elementi di calcestruzzo o di muratura, l‟esposizione ad elevate temperature produce, inoltre, un rapido deterioramento dell‟aderenza FRP/supporto, con conseguente delaminazione del composito e perdita di efficacia del rinforzo.
(2) In condizioni di esposizione al fuoco, le proprietà meccaniche di sistemi a base di FRP ap- plicati all‟esterno possono essere notevolmente migliorate incrementando lo spessore del rivesti- mento protettivo utilizzato. È suggerito l‟impiego di rivestimenti che riducano la propagazione delle fiamme e la produzione di fumi. È comunque consigliato l‟impiego di sistemi di isolamento certifi- cati. Ulteriori specifiche sull‟applicazione di sistemi protettivi sono contenute nei §§ 4.8.2.3 e 5.8.2.3.
(3)P Nel caso di esposizione al fuoco, per prevenire il collasso della struttura rinforzata con FRP, fin quando non saranno disponibili ulteriori informazioni sul reale comportamento dei rivestimenti e dei diversi tipi di resine in siffatte condizioni, è consigliato contenere prudenzialmente il contributo richiesto al rinforzo.
(4) Si suggerisce che la combinazione di azioni per situazioni eccezionali (fuoco), come definita dalla Normativa vigente, faccia riferimento alle situazioni di seguito elencate, nelle quali il valore di calcolo dell‟effetto dell‟azione termica indiretta viene denotato con il simbolo Ed.
• Situazione eccezionale in presenza del rinforzo (Ed ≠ 0), nel caso in cui il rinforzo stesso sia stato progettato per un prefissato tempo di esposizione al fuoco. In questo caso sono da con- siderare le azioni di esercizio sulla struttura per la combinazione frequente. Le capacità degli elementi, opportunamente ridotte per tener conto del tempo di esposizione al fuoco, vanno calcolate con i coefficienti parziali relativi alle situazioni eccezionali, come previsto dalla Normativa vigente (per il composito fibrorinforzato γf = 1).
• Situazione successiva all‟evento eccezionale (Ed = 0), in assenza di rinforzo. In questo caso sono da considerare le azioni sulla struttura per la combinazione quasi permanente. Le capa- cità degli elementi, opportunamente ridotte per tener conto del tempo di esposizione al fuo- co, sono da calcolare con i coefficienti parziali relativi alle situazioni eccezionali.
4 RINFORZO DI STRUTTURE DI C.A. E DI C.A.P.
4.1 VALUTAZIONE DELLA RESISTENZA NEI CONFRONTI DELLA DELAMINAZIONE
4.1.1 Meccanismi di rottura per delaminazione
(1)P Nel rinforzo di elementi di c.a. mediante lamine o tessuti di materiale composito, il ruolo dell‟aderenza tra calcestruzzo e composito assume grande importanza in quanto il meccanismo di rottura per delaminazione (perdita di aderenza) è di tipo fragile. Nello spirito del criterio di gerar- chia delle resistenze tale meccanismo di crisi non deve precedere il collasso per flessione o per ta- glio dell‟elemento rinforzato.
concrete
debonding:
in concrete
betweecnalcconestruzcretezo and adhesive
Calcestruzzo
elaminazion
minazione tra estruzzo e adesivo
concrete
debonding: e l calcestruzzo
in concrete
ela betweecnalcconestruzcretezo lc and adhesive
(2)P La perdita di aderenza tra composito e calcestruzzo può riguardare lamine o tessuti applicati all‟intradosso di travi di c.a. per il rinforzo a flessione e sulle facce laterali (usualmente tessuti) per il rinforzo a taglio. In linea di principio (Figura 4-1), la delaminazione può prodursi all‟interno dell‟adesivo, tra calcestruzzo ed adesivo, nel calcestruzzo o all‟interno del rinforzo (ad esempio tra strati di tessuto orditi con differenti angoli di inclinazione delle fibre). Nel caso di rinforzi posti cor- rettamente in opera, poiché la resistenza dell‟adesivo è in genere molto più elevata di quella a tra- zione del calcestruzzo, la delaminazione avviene sempre all‟interno di quest‟ultimo con l‟asportazione di uno strato di materiale, il cui spessore può variare da pochi millimetri fino ad inte- ressare l‟intero copriferro delle barre di armatura.
Delaminazione nel calcestruzzo
Delaminazione tra calcestruzzo e adesivo
Delaminazione nell‟adesivo
Calcestruzzo
Adesivo
FRP
Delaminazione nel rinforzo
adhesive
in adhesive
Adesivo
aminazione
D
adhesive
in adhesive
desivo
elaminazione
LLaamiminnaa inin FFRRPP
Delaminazione nneellllaa llaamiminana
Figura 4-1 – Perdita di aderenza tra rinforzo e calcestruzzo.
(3)P I modi di collasso per delaminazione di lamine o tessuti utilizzati per il rinforzo a flessione possono essere classificati nelle seguenti quattro categorie, rappresentate schematicamente nella Fi- gura 4-2.
• Modalità 1 (Delaminazione di estremità);
• Modalità 2 (Delaminazione intermedia, causata da fessure per flessione nella trave);
• Modalità 3 (Delaminazione causata da fessure diagonali da taglio);
• Modalità 4 (Delaminazione causata da irregolarità e rugosità della superficie di calcestruzzo).
g + q
Modalità 1 Modalità 2
zona fessurata
zona di massimo momento flettente
Modalità 4
Modalità 3
zona non fessurata
Figura 4-2 – Trave rinforzata a flessione con lamine di FRP: modalità di rottura per delaminazione.
(4) Nel prosieguo si farà riferimento esclusivamente alle modalità 1 e 2, essendo quelle che si verificano con maggiore frequenza in situazioni ordinarie.
Per mitigare il rischio di insorgenza delle altre modalità si possono attuare i suggerimenti sul con- trollo e sulla preparazione del substrato riportati nelle presenti Istruzioni (§ 4.8).
(5) Ulteriori dettagli sulla modalità di crisi per delaminazione e sui criteri utilizzati per le verifi- che di sicurezza sono forniti nell‟Appendice B.
4.1.2 Verifiche di sicurezza nei confronti della delaminazione
(1)P La verifica di sicurezza nei confronti della crisi per delaminazione richiede la valutazione della massima forza trasmissibile dal calcestruzzo al rinforzo, nonché la valutazione delle tensioni, sia tangenziali che normali, mobilitate all‟interfaccia calcestruzzo-FRP. La prima valutazione risulta necessaria per la verifica allo SLU, la seconda per la verifica dello stato tensionale in esercizio.
(2)P Con riferimento ad una tipica prova di aderenza, come quella rappresentata schematicamen- te in Figura 4-3, il valore ultimo della forza sopportabile dal rinforzo di FRP, prima che subentri la delaminazione, dipende, a parità di tutte le altre condizioni, dalla lunghezza, lb, della zona incollata. Tale valore cresce con lb fino ad attingere un massimo corrispondente ad una ben definita lunghez- za, le: ulteriori allungamenti della zona di incollaggio non comportano incrementi della forza tra- smessa.
La lunghezza le viene definita lunghezza ottimale di ancoraggio e corrisponde quindi alla lunghezza minima di quest‟ultimo che assicura la trasmissione del massimo sforzo di aderenza.
l ≥ l
Fmax
b e
tf
b
f
b
Figura 4-3 – Forza massima trasmissibile da un rinforzo di FRP.
(3) La lunghezza ottimale di ancoraggio, le, può essere stimata nel modo seguente:
E ⋅ t
f f
2 ⋅ f
ctm
e
l = [lunghezze in mm], (4.1)
dove Ef e tf sono, rispettivamente, il modulo di elasticità normale nella direzione della forza e lo spessore del composito fibrorinforzato ed fctm è la resistenza media a trazione del calcestruzzo costi- tuente il supporto.
(4) L‟energia specifica di frattura, ΓFk, del legame di aderenza rinforzo-calcestruzzo è esprimi- bile come:
fck ⋅ fctm
Γ Fk = 0.03 ⋅ kb ⋅
[forze in N, lunghezze in mm] , (4.2)
nella quale fck è la resistenza caratteristica del calcestruzzo.
Il valore fornito dalla (4.2) è da intendersi come valore caratteristico (frattile del 5%). Sempre nella (4.2) inoltre, kb è un fattore di tipo geometrico il cui valore è funzione della larghezza della trave rinforzata, b, e di quella del rinforzo, bf :
2 − bf
b
1+ bf
400
kb = ≥ 1
[lunghezze in mm], (4.3)
sempre che bf / b ≥ 0.33 (per bf / b < 0.33 si adotta il valore di kb corrispondente a bf / b = 0.33).
4.1.3 Resistenza allo stato limite ultimo per delaminazione di estremità (modalità 1)
(1) Con riferimento ad una delaminazione che coinvolga i primi strati di calcestruzzo e per lun- ghezze di ancoraggio maggiori o uguali a quella ottimale, la tensione di progetto del rinforzo, fdd, ovvero il valore della massima tensione alla quale il rinforzo può lavorare nella sezione terminale di ancoraggio - una volta avvenuto il trasferimento degli sforzi dal calcestruzzo al rinforzo di FRP - vale:
γ f,d ⋅
γ c
2 ⋅ Ef ⋅ Γ Fk
tf
1
ffdd = ⋅
, (4.4)
essendo γf,d il coefficiente parziale indicato in Tabella 3-2 (§ 3.4.1) e γc il coefficiente parziale del calcestruzzo.
La relazione (4.4) può essere utilizzata per le verifiche di delaminazione:
• nel caso di rinforzi a flessione (§ 4.2.2.5);
• nel caso di rinforzi a taglio (§ 4.3.3.2).
(2) Nel caso di lunghezze di ancoraggio, lb, minori di quella ottimale, le, la tensione di progetto deve essere opportunamente ridotta in accordo con la relazione:
= f
l ⎛ x x
xxxx,xxx xxx
x x xx 0 x x ⎟ . (4.5)
l l
e ⎝ e ⎠
(3) Quando si faccia ricorso a particolari dispositivi di ancoraggio (barre trasversali di composi- to, fasciatura dell‟estremità mediante tessuti, ecc.), la forza massima di ancoraggio deve essere va- lutata mediante apposite indagini sperimentali.
4.1.4 Resistenza allo stato limite ultimo per delaminazione intermedia (modalità 2) (1)P Allo scopo di prevenire il meccanismo di delaminazione secondo la modalità 2, si può veri- ficare che la variazione di tensione Δσf nel rinforzo di FRP tra due fessure consecutive non superi
un opportuno valore limite ΔσR. Quest‟ultimo dipende, in generale, dalle caratteristiche del legame
di aderenza (come definito nell‟Appendice B), dalla distanza tra le fessure e dal livello di tensione
σf nel rinforzo.
(2) In alternativa, è possibile ricorrere ad una procedura semplificata consistente nel verificare che allo SLU la tensione nel composito fibrorinforzato non ecceda un valore massimo, ffdd,2, fornito
2 ⋅ Ef ⋅ Γ Fk
tf
dalla seguente relazione:
γ f,d ⋅
γ c
f = k ⋅ f =
kcr ⋅
, (4.6)
fdd,2 cr fdd
nella quale, in mancanza di dati specifici, il coefficiente kcr può essere assunto pari a 3.0.
Il corrispondente valore della deformazione di progetto del composito fibrorinforzato, εfdd , vale:
εfdd =
ffdd,2 . (4.7)
Ef
4.1.5 Verifica delle tensioni di interfaccia allo stato limite di esercizio
(1)P In una trave rinforzata con FRP, all‟interfaccia tra calcestruzzo e rinforzo si verificano con- centrazioni tensionali (tangenziali e normali) localizzate in corrispondenza di fessure trasversali presenti nel calcestruzzo, soprattutto alle estremità del rinforzo. Tali concentrazioni possono provo- care la fessurazione dell‟interfaccia innescando il distacco tra i due materiali.
(2)P È opportuno che, in condizioni di esercizio, ciò non accada, soprattutto in presenza di cicli di carico e di cicli di gelo/disgelo. La competente verifica può essere eseguita mediante un calcolo delle tensioni di interfaccia utilizzando modelli elastici lineari.
(3) Si deve controllare che, all‟interfaccia adesivo-calcestruzzo, per la combinazione di carico rara o frequente, la tensione tangenziale “equivalente”, τb,e, appresso definita, sia inferiore alla resi- stenza di adesione tra il rinforzo ed il substrato di calcestruzzo, fbd:
b,e bd
τ ≤ f . (4.8)
(4) La tensione tangenziale “equivalente” τb,e è definibile a partire dalla tensione tangenziale media τm, valutata in corrispondenza della corda sulla quale si interfacciano adesivo e calcestruzzo:
b,e id m
τ = k ⋅τ , (4.9)
dove:
- kid è un coefficiente (≥ 1) che tiene conto della concentrazione di tensioni tangenziali e normali nelle zone terminali (Appendice B):
id σ τ
k = (k1.5 +1.15 ⋅ k1.5 )2 / 3 ; (4.10)
- i coefficienti kσ e kτ valgono rispettivamente:
σ τ f
k = k ⋅ β ⋅t , (4.11)
τ
k = 1+ α ⋅ a ⋅
M(z=a)
V ⋅ a
; (4.12)
(z=a)
- M(z=a) è il momento agente nella sezione di interruzione del rinforzo;
- V(z=a) è il taglio agente nella sezione di interruzione del rinforzo, posta a distanza z=a
dall‟estremità della trave (Figura 4-4);
q
z
FRP
a
L
Figura 4-4 – Definizione dei parametri geometrici.
- α e β sono due costanti elastiche dipendenti dalle caratteristiche dell‟interfaccia e del rinforzo di FRP:
K1
E ⋅ t
f f
α = , (4.13)
⎛ b ⋅ 2.30 ⋅ K
⎞1 4
β = ⎜ f 1 ⎟
, (4.14)
f f
⎝ 4 ⋅ E ⋅ I ⎠
essendo Ef, tf, bf, If e K1 rispettivamente, il modulo di elasticità normale, lo spessore del rinforzo di FRP, la sua larghezza, il competente momento d‟inerzia (rispetto al proprio asse baricentrico paral- lelo alla dimensione di lunghezza bf) ed il coefficiente angolare del ramo lineare crescente del le- game di aderenza (Appendice B), assunto pari a:
ta Ga + tc Gc
K1 =
1 , (4.15)
dove inoltre, rispettivamente, Ga e Gc sono i moduli di elasticità tangenziale dell‟adesivo e del cal- cestruzzo, ta è lo spessore nominale dell‟adesivo e tc lo spessore efficace del calcestruzzo parteci- pante alla deformabilità dell‟interfaccia (in genere si può assumere tc = 20 ÷ 30 mm);
- τm è la tensione tangenziale media alla Jourawski:
V
τ
=
(z=a)
Ic nf
m
⋅tf ⋅(h − xe )
; (4.16)
- xe ed Ic sono, rispettivamente, la distanza dell‟asse neutro dall‟estremo lembo compresso ed il momento d‟inerzia della sezione omogeneizzata, eventualmente parzializzata se in presenza di fes- surazione;
- nf = Ef/Ec è il coefficiente di omogeneizzazione (con Ec modulo di elasticità normale del calce- struzzo corrispondente alla combinazione di carico considerata, rara o frequente).
(5) Qualora sia previsto un ancoraggio terminale, realizzato mediante fasciatura ad U, l‟effetto delle tensioni normali ai fini della verifica dell‟interfaccia può essere trascurato e, pertanto, il coef-
ficiente kσ nella (4.11) può essere assunto pari a zero.
(6) La resistenza di progetto dell‟adesione tra rinforzo e calcestruzzo, fbd, è funzione della resi- stenza caratteristica a trazione del calcestruzzo, fctk, ed è fornita dalla relazione:
= k
fbd b
⋅ fctk , (4.17)
γ
b
dove il coefficiente parziale γb vale 1.0 per la combinazione di carico rara, 1.2 per la combinazione di carico frequente ed inoltre il fattore di tipo geometrico kb ≥ 1 è deducibile dalla relazione (4.3).
(7) Nel calcolo delle tensioni di ancoraggio, in condizioni di esercizio (SLE), è possibile riferirsi allo stato di sollecitazione corrispondente all‟incremento di carico che interviene successivamente all‟applicazione del rinforzo.
4.2 RINFORZO A FLESSIONE
4.2.1 Generalità
(1)P Il rinforzo a flessione si rende necessario per elementi strutturali soggetti ad un momento flettente di progetto maggiore della corrispondente resistenza. In particolare, nel prosieguo sarà e- saminato il caso di flessione retta, ad esempio quello che si verifica in presenza di asse di sollecita- zione coincidente con un asse di simmetria della sezione trasversale dell‟elemento rinforzato.
(2)P Il rinforzo a flessione con materiali compositi può essere eseguito applicando una o più la- mine, ovvero uno o più strati di tessuto, al lembo teso dell‟elemento da rinforzare.
4.2.2 Analisi del comportamento allo stato limite ultimo
4.2.2.1 Generalità
(1)P Il progetto allo SLU richiede il dimensionamento del rinforzo di FRP in modo che il mo- mento sollecitante di progetto, MSd, e quello resistente di progetto della sezione rinforzata, MRd, soddisfino la disequazione:
Sd Rd
M ≤ M . (4.18)
(2)P Le ipotesi fondamentali su cui si basa l‟analisi allo SLU delle sezioni di c.a. rinforzate con FRP sono le seguenti:
• conservazione della planeità delle sezioni rette fino a rottura, in modo che il diagramma del- le deformazioni normali sia lineare;
• perfetta aderenza tra i materiali componenti (acciaio-calcestruzzo, FRP-calcestruzzo);
• incapacità del calcestruzzo di resistere a sforzi di trazione;
• legami costitutivi del calcestruzzo e dell‟acciaio conformi alla Normativa vigente;
• legame costitutivo del composito fibrorinforzato elastico lineare fino a rottura.
(3) L‟intervento di rinforzo risulta efficace per sezioni a debole armatura (acciaio teso snervato allo SLU: dilatazione dell‟acciaio, εs, maggiore o uguale del valore di progetto della deformazione di snervamento, εyd); le regole appresso riportate si riferiscono esclusivamente a tale situazione.
(4)P Si ipotizza che la rottura per flessione si manifesti quando si verifica una delle seguenti con- dizioni:
• raggiungimento della massima deformazione plastica nel calcestruzzo compresso, εcu, come definita dalla Normativa vigente;
• raggiungimento di una deformazione massima nel rinforzo di FRP, εfd, calcolata come:
εfd
= min ⎧
⎨ηa
⎩
⋅ εfk ,ε γ f
⎫ , (4.19)
⎬fdd
⎭
dove εfk è la deformazione caratteristica a rottura del rinforzo, γf e ηa sono i coefficienti de- finiti rispettivamente nella Tabella 3-2 e nella Tabella 3-4, εfdd è la deformazione massima per delaminazione intermedia come definita al § 4.1.4 (generalmente il valore minimo nella (4.19) corrisponde ad εfdd).
(5)P È importante verificare che il taglio resistente dell‟elemento rinforzato sia superiore a quello associato al diagramma del momento flettente di progetto. L‟incremento del taglio resistente, even- tualmente necessario, deve essere conseguito in accordo con le prescrizioni fornite nel § 4.3.
(6)P Poiché generalmente il rinforzo di FRP viene applicato su una struttura già sollecitata, si de- ve tenere conto dello stato di deformazione della struttura all‟atto del rinforzo.
4.2.2.2 Stato della struttura all’atto del rinforzo
(1)P Nell‟ipotesi che il rinforzo di FRP sia applicato su un elemento soggetto ad una sollecitazio- ne preesistente, cui corrisponda un momento applicato Mo si deve procedere alla valutazione dello stato deformativo iniziale quando Mo sia maggiore del momento di fessurazione. In caso contrario, lo stato deformativo iniziale può essere di norma trascurato.
(2)P Il calcolo viene eseguito nell‟ipotesi di comportamento elastico lineare dei due materiali co- stituenti la trave e, in particolare, di incapacità del calcestruzzo a sopportare sforzi di trazione.
(3)P Le deformazioni significative sono quella al lembo compresso, εco, e quella al lembo teso, εo, dove viene applicato il rinforzo di FRP. Esse possono essere ricavate in base alla linearità del diagramma delle deformazioni normali sulla sezione retta, in funzione delle caratteristiche meccani- che e geometriche della sezione reagente.
4.2.2.3 Resistenza di progetto a flessione dell’elemento rinforzato con FRP
(1)P La valutazione della resistenza flessionale della sezione si effettua secondo quanto indicato nel § 4.2.2.1.
(2) Le due equazioni da utilizzare per la risoluzione del problema sono quella di equilibrio alla traslazione nella direzione dell‟asse della trave e quella di equilibrio alla rotazione intorno all‟asse passante per il baricentro delle armature tese e parallelo all‟asse neutro.
(3) Con riferimento alla situazione esemplificativa rappresentata in Figura 4-5, si possono di- stinguere due tipi di rottura, a seconda che si raggiunga la massima dilatazione del rinforzo di FRP (zona 1) o la massima contrazione del calcestruzzo (zona 2).
(4) Nella zona 1 la rottura si attinge per raggiungimento della deformazione (dilatazione) elasti- ca limite di progetto nelle fibre: un qualunque diagramma delle deformazioni corrispondente a tale modalità di rottura ha come punto fisso il valore limite della deformazione delle fibre, εfd, definito dalla relazione (4.19).
Le deformazioni normali che competono alle diverse fibre della sezione retta, distese parallelamente all‟asse neutro, possono essere calcolate, invocando la linearità del diagramma, attraverso le se- guenti relazioni:
- (FRP)
εf = εfd ,
- (calcestruzzo al lembo compresso) ε
= (ε + ε ) ⋅ x
≤ ε ,
c fd o
(h − x) cu
- (acciaio in compressione)
ε = (ε + ε ) ⋅ x − d2 ,
s2 fd o
(h − x)
- (acciaio in trazione)
ε = (ε + ε ) ⋅
d − x ,
s1 fd o
(h − x)
εc0
nelle quali si è utilizzata la simbologia di Figura 4-5 e dove εcu è la deformazione limite che il cal- cestruzzo può attingere a compressione (deformazione di progetto). In particolare, la posizione, x, dell‟asse neutro è individuata dalla distanza di quest‟ultimo dall‟estremo lembo compresso della se- zione retta.
εco
εcu
εs2
x = ξ d
σs2
σc
As2
d
εcu
σc
x =ξ d
εs2 σs2
1
M
2
εs >εyd
fyd
σf
εfd ε
o
Αs2
tf
bf
b
Af
Αs1
h
d
d2
εy,d
εfd
σs1
σf
As1
h
f
b
d1
ε0
b
Af
Figura 4-5 – Modalità di rottura di una sezione di c.a. rinforzata esternamente con lamine di FRP.
Generalmente è superfluo verificare l‟entità della deformazione esibita dall‟acciaio teso allo SLU, in quanto, per i valori usuali della deformazione limite delle fibre, εfd, e del calcestruzzo, εcu, il va- lore di progetto di tale deformazione non viene mai attinto. Nel caso in cui la deformazione ultima dell‟acciaio stabilita dalla Normativa vigente dovesse essere superata, se ne deve tenere conto nel calcolo della posizione dell‟asse neutro e conseguentemente in quello del momento resistente.
(5) Nella zona 2 la rottura avviene per schiacciamento del calcestruzzo con acciaio teso snerva- to, mentre la deformazione limite delle fibre non è stata ancora raggiunta: in tal caso resta fissata la deformazione massima del calcestruzzo compresso, εcu, in funzione della quale si ricavano, per li- nearità, le deformazioni normali negli altri materiali. Ancora una volta le deformazioni normali competenti alle diverse fibre della sezione retta dell‟elemento, distese parallelamente all‟asse neu- tro, possono essere calcolate invocando la linearità del diagramma attraverso le seguenti relazioni:
- (FRP)
ε = εcu ⋅ (h − x) − ε
f x
0 ≤ εfd ,
- (calcestruzzo al lembo compresso)
εc = εcu ,
- (acciaio in compressione)
- (acciaio in trazione)
εs2 = εcu
εs1 = εcu
⋅ x − d2 ,
x
⋅ d − x ,
x
nelle quali si è utilizzata la simbologia di Figura 4-5.
(6) Per entrambe le tipologie di rottura (asse neutro in zona 1 o in zona 2), la posizione, x, dell‟asse neutro è determinata a partire dall‟equazione di equilibrio alla traslazione lungo l‟asse del- la trave:
0 =ψ ⋅ b ⋅ x ⋅ f
+ A ⋅σ − A ⋅ f − A ⋅σ
, (4.20)
cd s2 s2 s1 yd f f
essendo
cd cd
f = 0.85⋅ f , per tenere conto dell‟effetto dei carichi di lunga durata.
Il valore del momento resistente, MRd, può essere invece determinato a partire dall‟equazione di e- quilibrio alla rotazione intorno all‟asse passante per il baricentro delle armature tese e parallelo all‟asse neutro:
γ
M = 1 ⋅ ⎡⎣ψ ⋅ b ⋅ x⋅ f
⋅ (d − λ ⋅ x ) + A ⋅σ ⋅ (d − d ) + A ⋅σ ⋅ d ⎤⎦ , (4.21)
Rd
Rd
cd s2 s2 2 f f 1
dove il coefficiente parziale γRd deve essere assunto pari a 1.00 (Tabella 3-3, § 3.4.2).
Nelle equazioni (4.20) e (4.21) i coefficienti adimensionali ψ e λ rappresentano, rispettivamente, l‟intensità del risultante degli sforzi di compressione e la distanza di quest‟ultimo dall‟estremo lem-
bo compresso, rapportati nell‟ordine a b ⋅ x ⋅ fcd ed a x.
(7) Se gli acciai sono in fase elastica, le loro tensioni di lavoro sono ottenibili moltiplicando le competenti deformazioni per il modulo di elasticità normale; altrimenti sono da assumere pari al li- mite di snervamento, fyd. Nelle zone 1 e 2 l‟entità della deformazione esibita dalle barre d‟acciaio in trazione è sempre superiore a quella di progetto, εyd.
(8) Poiché il rinforzo di FRP ha un comportamento elastico-lineare fino a rottura, la sua tensio- ne di lavoro può essere calcolata come prodotto della competente deformazione per il modulo di e- lasticità normale del composito fibrorinforzato (nella direzione dell‟asse della trave).
(9) Per evitare che allo SLU l‟acciaio teso sia in campo elastico, il coefficiente adimensionale
ξ=x/d non deve eccedere il valore limite ξlim fornito dalla seguente relazione:
ξlim
= εcu
εcu + ε yd
. (4.22)
4.2.2.4 Resistenza di progetto a flessione dell’elemento rinforzato con FRP in pre- senza di forza assiale (pressoflessione)
(1)P Valgono i principi introdotti nel § 4.2.2.1, dal punto (1)P al punto (5)P, portando tuttavia in
conto la dipendenza del momento resistente di progetto della sezione rinforzata, MRd, dallo sforzo normale sollecitante di progetto, NSd.
(2)P L‟attivazione dell‟azione del rinforzo in corrispondenza delle zone nodali deve essere assi- curata attraverso l‟adozione di soluzioni costruttive idonee. Inoltre, le fibre longitudinali impiegate per il rinforzo a pressoflessione devono essere adeguatamente confinate al fine di evitare il distacco delle stesse e l‟espulsione del materiale di supporto. In tali condizioni, nella valutazione della de- formazione massima mediante la (4.19), si assume il valore corrispondente al primo termine in pa- rentesi.
(3) Valgono le regole di applicazione introdotte nel § 4.2.2.3, dal punto (2) al punto (9), tenendo conto che il primo membro della (4.20) non è più nullo ma è pari allo sforzo normale sollecitante di progetto, NSd.
(4) In alternativa a quanto previsto nel punto precedente, è possibile valutare in modo approssi- mato la resistenza di progetto a flessione dell‟elemento rinforzato con FRP in presenza di forza as- siale (pressoflessione) seguendo la procedura descritta nell‟Appendice C.
4.2.2.5 Collasso per delaminazione di estremità
(1)P La delaminazione di estremità dipende da una serie di fattori quali l‟ubicazione della zona di formazione delle fessure e la tipologia di queste ultime (fessure taglianti e/o flessionali), la presenza di irregolarità sulla superficie di applicazione del rinforzo, la concentrazione di tensioni nelle zone di ancoraggio.
(2) Nel caso di travi di c.a., la massima distanza dall‟appoggio, a, alla quale è possibile applica- re il rinforzo di FRP senza temere il collasso per delaminazione, può essere calcolata imponendo l‟uguaglianza tra il valore di progetto della massima tensione di trazione trasferibile al rinforzo e- sterno (eq. (4.4) per lb ≥ le) e quello della tensione mobilitata nel composito ad una distanza a+lb dall‟appoggio sotto l‟azione del carico ultimo di progetto agente sull‟elemento rinforzato.
Nel caso che la lunghezza di ancoraggio disponibile sia lb < le si utilizza la (4.5) al posto della (4.4).
(3) Qualora l‟ancoraggio sia realizzato in una zona soggetta a prevalenti sollecitazioni taglianti, che possono quindi indurre fessure inclinate, la forza di trazione mobilitata nel composito, alla di- stanza a+lb, deve essere calcolata dopo aver operato un‟opportuna traslazione del diagramma del momento flettente, di entità a1. Tale traslazione deve avvenire nel verso che dà luogo ad un aumen- to del valore assoluto del momento flettente (Figura 4-6).
a lb
a1
Figura 4-6 – Traslazione del diagramma del momento flettente.
Sul piano operativo, generalmente, la forza di ancoraggio può essere valutata incrementando il mo- mento di calcolo sollecitante della seguente quantità:
M = V ⋅ a , (4.23)
Sd 1
dove VSd è il taglio sollecitante di progetto, a1=0.9⋅d⋅(1−cotα), α è l‟inclinazione dell‟armatura a ta- glio e d è l‟altezza utile della sezione.
(4) In presenza di dispositivi speciali per l‟ancoraggio delle estremità di lamine o tessuti, è pos- sibile omettere le verifiche di cui al § 4.1.3 a condizione di disporre di un‟opportuna certificazione di tali dispositivi basata su adeguate indagini sperimentali. La certificazione deve riguardare i mate- riali impiegati (adesivi e rinforzi), gli specifici sistemi utilizzati per migliorare l‟ancoraggio (barre trasversali annegate nel copriferro, fasciatura trasversale mediante tessuti, ecc.), la successione delle fasi indicate dal produttore per la preparazione delle superfici, i tempi di esecuzione e le condizioni ambientali.
4.2.3 Analisi del comportamento agli stati limite di esercizio
4.2.3.1 Basi del calcolo
(1)P Il presente paragrafo tratta gli SLE più comuni, ed in particolare quelli relativi a:
• limitazione delle tensioni (§ 4.2.3.2);
• controllo dell‟inflessione (§ 4.2.3.3);
• controllo della fessurazione (§ 4.2.3.4).
Altri stati limite di esercizio possono risultare importanti in particolari situazioni, pur non essendo espressamente elencati nelle presenti Istruzioni.
(2)P Sotto i carichi di esercizio è necessario verificare che:
• i livelli tensionali nei materiali siano opportunamente limitati allo scopo di evitare lo sner- vamento dell‟acciaio e di mitigare i fenomeni di viscosità nel calcestruzzo e nel rinforzo esterno;
• le deformazioni e le frecce non attingano valori eccessivi, tali cioè da inficiare il normale uso della struttura, produrre danni ad elementi non portanti, arrecare disturbo psicologico agli utenti;
• i fenomeni fessurativi risultino opportunamente contenuti, dal momento che la presenza di fessure troppo numerose o troppo aperte potrebbe ridurre notevolmente la durabilità delle strutture, la loro funzionalità, il loro aspetto e danneggiare l‟integrità del legame di aderenza all‟interfaccia FRP-calcestruzzo.
(3)P Le verifiche in condizioni di esercizio possono essere svolte in campo elastico-lineare te- nendo conto sia del comportamento per sezione interamente reagente che per sezione fessurata. Va tenuta in conto l‟eventuale deformazione preesistente al momento dell‟applicazione del rinforzo. Le tensioni nei materiali sono valutabili per sovrapposizione degli effetti.
Le ipotesi alla base del calcolo sono:
• comportamento elastico lineare omogeneo dei materiali;
• conservazione della planeità delle sezioni rette;
• assenza di scorrimenti (perfetta aderenza) tra calcestruzzo ed armatura metallica e tra calce-
struzzo e rinforzo di FRP.
(4)P La prima ipotesi comporta l‟assunzione di un modulo di elasticità normale (nella direzione dell‟asse della trave) costante per ciascun materiale; la seconda implica la linearità del diagramma delle deformazioni sulla sezione retta dell‟elemento inflesso; la terza, insieme con la prima, permet- te di definire un rapporto di proporzionalità tra la tensione dell‟acciaio e quella di una fibra di calce- struzzo posta alla stessa quota (σs /σc= Es /Ec= ns), nonché tra la tensione del rinforzo di FRP e quel- la della fibra di calcestruzzo ad esso adesa (σf /σc= Ef /Ec= nf).
Tali rapporti sono definiti come coefficienti di omogeneizzazione: nell‟ordine, dell‟acciaio o del rinforzo rispetto al calcestruzzo compresso. Essi permettono di rappresentare il diagramma delle tensioni su una sezione di c.a. rinforzata con FRP come quello su una sezione omogenea, purché si intendano i valori delle tensioni che competono all‟acciaio e al rinforzo amplificati, rispettivamente, ns e nf volte.
I valori dei coefficienti di omogeneizzazione devono essere stabiliti tenendo conto dell‟evoluzione della viscosità e quindi facendo riferimento a situazioni sia a breve che a lungo termine.
(5)P Per effettuare le verifiche in condizioni di esercizio è necessario valutare la posizione dell‟asse neutro ed il momento di inerzia della sezione di c.a. fessurata e non fessurata, prima e do- po l‟applicazione del rinforzo di FRP.
(6)P Nel calcolo delle tensioni, se del caso, è necessario considerare, oltre agli effetti dei carichi, anche quelli delle variazioni termiche, della viscosità, del ritiro e di eventuali altre distorsioni.
4.2.3.2 Verifica delle tensioni
(1)P In condizioni di esercizio le tensioni nel composito fibrorinforzato, calcolate per la combi- nazione di carico quasi permanente, devono soddisfare la limitazione σf ≤η ⋅ ffk , essendo ffk la ten- sione caratteristica di rottura del rinforzo ed η il fattore di conversione, i cui valori sono suggeriti nel § 3.5.
Le tensioni nel calcestruzzo e nell‟acciaio vanno limitate in accordo con quanto prescritto nella Normativa vigente.
(2) In presenza di un momento M0 agente sulla sezione all‟atto dell‟applicazione del rinforzo e di un momento M1 dovuto ai carichi applicati dopo l‟intervento, le tensioni indotte dal momento complessivo M=M0+M1 possono essere valutate in maniera additiva, nel modo seguente:
• tensioni nel calcestruzzo: σc = σc0+ σc1, σc0= M0 / W0,cs, σc1= M1 / W1,cs;
• tensioni nell‟acciaio teso: σs = σs0+ σs1, σs0= ns M0 / W0,si, σs1= ns M1 / W1,si;
1,f
• tensioni nelle fibre: σf = nf M1 / W i.
Nelle relazioni sopra riportate, con riferimento alla Figura 4-5, i moduli di resistenza sono così de- finiti:
- W0,cs =I0 /x0: modulo di resistenza della sezione di c.a. relativo al lembo di calcestruzzo più compresso;
- W0,si =I0 /(d-x0): modulo di resistenza della sezione di c.a. relativo all‟acciaio in trazione;
- W1,cs =I1 /x1: modulo di resistenza della sezione di c.a. rinforzata relativo al lembo di calce- struzzo più compresso;
- W1,si =I1 /(d-x1): modulo di resistenza della sezione di c.a. rinforzata relativo all‟acciaio in tra- zione;
- W i =I /(H-x ): modulo di resistenza della sezione di c.a. rinforzata relativo al composito fi-
1,f 1 1
brorinforzato.
Inoltre, per quanto riguarda le caratteristiche geometriche della sezione retta e la posizione dell‟asse neutro, nell‟ipotesi che il momento M0 induca fessurazione nella sezione, i momenti di inerzia I0 e I1 e le distanze x0 e x1 degli assi neutri dall‟estremo lembo compresso sono relativi, rispettivamente, alla condizione di sezione di c.a. fessurata e non rinforzata, e di sezione di c.a. fessurata e rinforzata con FRP.
Anche in questo caso i coefficienti di omogeneizzazione utilizzati devono tenere conto dell‟evoluzione della viscosità del calcestruzzo, distinguendo tra verifiche a breve ed a lungo termi- ne.
4.2.3.3 Verifica delle frecce
(1)P Le deformazioni esibite dalle strutture rinforzate con FRP devono rispettare le limitazioni imposte dalla Normativa vigente.
(2)P Il modello adottato deve simulare il comportamento reale della struttura con un livello di ac- curatezza adeguato agli obiettivi del calcolo. In particolare, si deve tenere conto dell‟eventuale pre- senza della fessurazione per gli effetti da essa prodotti sulla deformazione del corrente teso e di quello compresso.
(3)P Se risulta appropriato, il modello meccanico adottato deve consentire di tenere conto:
• degli effetti della viscosità e del ritiro;
• dell‟effetto irrigidente del calcestruzzo teso tra le fessure;
• della fessurazione preesistente, provocata da carichi antecedenti all‟applicazione del rinfor- zo;
• dell‟influenza di distorsioni eventualmente agenti, quali ad esempio quelle di origine termi- ca;
• della modalità di applicazione del carico, sia essa statica o dinamica;
• del valore più appropriato del modulo di elasticità normale del calcestruzzo in funzione del tipo di inerte e della maturazione al momento della messa in carico.
(4)P È opportuno rilevare che, in caso di calcolo non lineare delle frecce, non vale il principio di sovrapposizione degli effetti.
(5) Il calcolo della freccia per travi di c.a. rinforzate con FRP può essere effettuato mediante in- tegrazione del diagramma delle curvature. Queste ultime possono essere valutate attraverso un‟analisi non lineare che tenga conto della fessurazione e dell‟effetto irrigidente del calcestruzzo teso.
In alternativa, sono possibili analisi semplificate, del tipo di quelle in uso per le ordinarie sezioni di c.a., sempre che siano suffragate da adeguate sperimentazioni.
(6)P La presenza di una deformazione iniziale, preesistente all‟applicazione del rinforzo, può es- sere tenuta in conto sommando le frecce che competono alle diverse fasi.
4.2.3.4 Verifica dell’apertura delle fessure
(1)P Per proteggere l‟armatura metallica interna e garantire la funzionalità degli elementi, occorre prevedere opportune limitazioni sui valori dell‟apertura delle fessure in condizioni di esercizio.
(2)P I limiti di fessurazione delle strutture rinforzate con FRP devono soddisfare le prescrizioni contenute nella Normativa vigente.
(3) Allo stato attuale non sono disponibili modellazioni accurate e completamente affidabili per il calcolo dell‟apertura delle fessure di strutture di c.a. rinforzate con FRP. In letteratura sono repe- ribili diverse formulazioni a base sperimentale che modificano opportunamente le espressioni in uso per le ordinarie sezioni di c.a. onde tener conto della presenza del rinforzo esterno.
L‟evidenza sperimentale dimostra che le membrature di c.a. placcate con FRP presentano, general- mente, fessure di ampiezza inferiore anche se più ravvicinate.
(4)P È possibile adottare modellazioni più complesse ed accurate purché siano supportate da ade- guate sperimentazioni.
4.2.4 Duttilità
(1)P Per elementi inflessi la duttilità, intesa come capacità di deformazione in campo plastico, di- pende sia dal comportamento della sezione, sia dalle modalità effettive di collasso dell‟elemento strutturale nel suo complesso.
(2)P Per quanto riguarda la sezione, una maggiore duttilità è assicurata quando il collasso avviene per schiacciamento del calcestruzzo. La rottura del rinforzo di FRP, per superamento della sua resi- stenza a trazione, comporta invece un collasso di tipo fragile.
(3)P La duttilità è influenzata soprattutto dalla modalità di rottura dell‟elemento strutturale nel suo complesso, indipendentemente dal tipo di sezione. Può ritenersi del tutto assente se si innesca il fenomeno di delaminazione prima di ogni altro meccanismo di rottura.
4.3 RINFORZO A TAGLIO
4.3.1 Generalità
(1)P Il rinforzo a taglio si rende necessario nel caso di elementi strutturali per i quali il taglio di calcolo, eventualmente valutato con i criteri della gerarchia delle resistenze, sia superiore alla corri- spondente resistenza di calcolo. Quest‟ultima deve essere determinata considerando i contributi del calcestruzzo e dell‟eventuale armatura trasversale presente.
(2)P Il rinforzo a taglio va verificato per il solo SLU.
(3)P In aggiunta alle tipologie nel seguito considerate, se ne possono adottare anche altre non contemplate in queste Istruzioni, purché ne sia dimostrata l‟efficacia e ne sia quantificato il contri- buto resistente a taglio.
4.3.2 Configurazioni per il rinforzo a taglio
(1) Il rinforzo a taglio con materiali compositi si realizza applicando strisce di tessuto, su uno o più strati, in aderenza alla superficie esterna dell‟elemento da rinforzare (Figura 4-7). Le strisce possono essere applicate in maniera discontinua, con spazi vuoti fra strisce consecutive, oppure in maniera continua, con strisce adiacenti l‟una all‟altra. In quest‟ultimo caso il rinforzo assume l‟aspetto di un foglio.
β |
β = 90°
β
0° < β < 180°
Figura 4-7 – Orientamenti del rinforzo a taglio in forma di strisce.
(2) Elementi distintivi del rinforzo sono: la geometria (spessore, larghezza, passo) delle strisce di tessuto adese alla membratura rinforzata e l‟angolo di inclinazione delle fibre rispetto all‟asse longitudinale di quest‟ultima.
(3) La disposizione del rinforzo attorno alla sezione può avvenire nelle seguenti modalità: rin- forzo laterale, rinforzo ad U e rinforzo in avvolgimento (Figura 4-8).
laterale | ad U | in avvolgimento |
Figura 4-8 – Disposizione del rinforzo a taglio attorno alla sezione.
(4) Nel caso di rinforzi ad U su sezioni rettangolari o a T, è possibile migliorare le condizioni di vincolo delle estremità libere (non avvolte completamente attorno agli angoli delle sezioni) dei tes- suti, mediante l‟applicazione, in tali zone, di barre, lamine o strisce di materiale composito. In tale eventualità, se è dimostrata l‟efficacia del vincolo offerto dai suddetti dispositivi, il comportamento del rinforzo ad U può considerarsi equivalente a quello del rinforzo in avvolgimento.
(5) Il rinforzo a taglio può anche essere realizzato mediante l‟inserimento di barre o lamine di materiale composito in apposite fessure praticate sulle facce esterne dell‟elemento. Tale tipologia di rinforzo non è oggetto delle presenti Istruzioni; qualora fosse utilizzata, la sua efficacia dovrebbe essere supportata da evidenze sperimentali.
4.3.3 Resistenza di progetto a taglio dell’elemento rinforzato con FRP
4.3.3.1 Resistenza di progetto a taglio
(1) La resistenza di progetto a taglio dell‟elemento rinforzato può essere valutata attraverso la seguente relazione:
VRd = min{VRd,ct + VRd,s + VRd,f ,VRd,max } , (4.24)
dove VRd,ct
e VRd,s
sono, rispettivamente, i contributi del calcestruzzo e dell‟armatura trasversale di
acciaio, da valutarsi in accordo con i Codici e la Letteratura Tecnica più recenti; VRd,f
è il contributo
del rinforzo di FRP, da valutarsi come indicato nel seguito; VRd,max
è la resistenza della biella com-
pressa di calcestruzzo, da valutarsi in accordo con i Codici e la Letteratura Tecnica più recenti.
(2) Nel caso di disposizione laterale su una sezione rettangolare, il contributo del rinforzo di FRP, VRd,f , può essere valutato in base al meccanismo di “cucitura” delle fessure da taglio, nel mo- do seguente:
1 sin β w
Rd,f w fed f
sinθ
p
V = γ ⋅min{0.9 ⋅d, h }⋅ f ⋅ 2 ⋅t ⋅ ⋅ f , (4.25)
Rd f
dove il coefficiente parziale γRd deve essere assunto pari a 1.20 (Tabella 3-3, § 3.4.2), d è l‟altezza
utile della sezione, hw è l‟altezza dell‟anima della trave,
ffed
è la resistenza efficace di calcolo del
rinforzo, da valutarsi come indicato nel § 4.3.3.2, tf è lo spessore del rinforzo di FRP, β è l‟angolo
di inclinazione delle fibre rispetto all‟asse dell‟elemento, θ è l‟angolo di inclinazione delle fessure da taglio rispetto all‟asse dell‟elemento (in mancanza di determinazione più accurata, si può assu- mere θ = 45°), wf e pf sono, rispettivamente, la larghezza e il passo delle strisce, misurati ortogo- nalmente alla direzione delle fibre (Figura 4-9). Si noti che nel caso di strisce poste in adiacenza o di fogli il rapporto wf/pf è pari ad 1.0.
(3) Nel caso di disposizione ad U o in avvolgimento su una sezione rettangolare, il contributo del rinforzo di FRP, VRd,f , può essere valutato in base al meccanismo a traliccio di Xxxxxxx e risulta pari a:
1
VRd,f = γ
⋅ 0.9⋅ d ⋅ f
⋅ 2 ⋅t
fed f
⋅ (cotθ + cot β ) ⋅ wf
p
, (4.26)
Rd f
dove, per il significato dei simboli, si rimanda al precedente punto (2).
hw
θ
β
pf
p'
w
f
f
h d
c
bw tf
p
f
Figura 4-9 – Elementi distintivi di un rinforzo a taglio sotto forma di strisce.
(4) Nel caso di disposizione in avvolgimento con fibre ortogonali all‟asse dell‟elemento da rin- forzare ( β = 90° ), avente sezione circolare di diametro D, il contributo del rinforzo di FRP, VRd,f , è fornito dalla relazione:
VRd,f =
1 ⋅ D ⋅ f
γ
Rd
fed
π
⋅ ⋅ t
2 f
⋅ cotθ . (4.27)
(5) Nelle relazioni (4.25)÷(4.27) è lecito sostituire alla quantità pf
il passo pf
delle strisce mi-
surato lungo l‟asse dell‟elemento, purché si tenga presente che
pf =
pf ⋅sin β .
4.3.3.2 Resistenza efficace di progetto del rinforzo
(1) In corrispondenza delle fessure da taglio si manifestano delle concentrazioni tensionali all‟interfaccia calcestruzzo-FRP che possono innescare la delaminazione del rinforzo.
Una procedura semplificata per valutare lo stato tensionale responsabile del fenomeno consiste nell‟introdurre la cosiddetta “resistenza efficace” del rinforzo, definita come la tensione di trazione in esso presente all‟atto della delaminazione.
(2) Nel caso di disposizione laterale su una sezione rettangolare, la resistenza efficace di calcolo del rinforzo è fornita dalla relazione:
leq zrid,eq
z ⎛ ⎞2
ffed = ffdd ⋅ rid,eq ⋅⎜1− 0.6 ⋅ ⎟ , (4.28)
min{0.9 ⋅ d, hw } ⎝ ⎠
dove
ffdd è la resistenza di progetto alla delaminazione, da valutarsi mediante la (4.4) tenendo conto
del successivo punto (5), d è l‟altezza utile della sezione, hw è l‟altezza dell‟anima della trave ed i- noltre:
z = z + l , z = min{0.9 ⋅ d, h } − l ⋅sin β , l = sf
⋅sin β , (4.29)
rid,eq rid eq rid w e eq
ffdd / Ef
essendo le la lunghezza efficace di ancoraggio, fornita dalla (4.1), β l‟angolo di inclinazione delle
fibre rispetto all‟asse longitudinale dell‟elemento, sf sumersi pari a 0.2 mm (vedere Appendice B) ed Ef FRP nella direzione delle fibre.
lo scorrimento ultimo di delaminazione da as- il modulo di elasticità normale del rinforzo di
(3) Nel caso di disposizione ad U su una sezione rettangolare, la resistenza efficace di calcolo del rinforzo è fornita dalla relazione:
= x
x 0 x xxxx β ⎤
{ ⋅ }
ffed fdd
⋅ ⎢1− ⋅ e ⎥ . (4.30)
3 min 0.9 d, h
⎣ w ⎦
(4) Nel caso di disposizione in avvolgimento su una sezione rettangolare, la resistenza efficace di calcolo del rinforzo è fornita dalla relazione:
⎡ 1 l ⋅sin β ⎤ 1
⎡ l ⋅sin β ⎤
f = f
⋅ ⎢1− ⋅ e ⎥ +
(ϕ ⋅ f − f
) ⋅ ⎢1− e ⎥ , (4.31)
fed fdd
6 min{0.9⋅ d, h }
2 R fd fdd
min{0.9⋅ d, h }
⎣ w ⎦ ⎣ w ⎦
dove
ffd
è la resistenza di progetto a rottura del rinforzo di FRP, da valutarsi come nel § 3, ed inol-
tre:
R
ϕ = 0.2 +1.6⋅ rc , 0 ≤ rc
≤ 0.5 , (4.32)
bw bw
essendo rc
il raggio di curvatura dell‟arrotondamento dello spigolo della sezione attorno a cui è av-
volto il rinforzo, bw
la larghezza dell‟anima della sezione.
Nell‟equazione (4.31) il contributo del secondo termine va considerato solo se positivo.
(5) Nella valutazione della resistenza di progetto alla delaminazione,
ffdd
(eq. (4.4)), interviene
il coefficiente di ricoprimento kb fornito dalla (4.3): nel presente paragrafo, nel caso di rinforzi di- scontinui sotto forma di strisce, si deve porre bf = wf e b = pf, mentre nel caso di rinforzi continui
sotto forma di fogli o di strisce adiacenti, si deve porre b = b = min{0.9⋅d, h }⋅sin(θ + β)/ sinθ ,
f w
essendo hw l‟altezza dell‟anima della trave.
(6) Se si adottano dispositivi atti a vincolare le estremità libere di rinforzi ad U e si dimostra che la loro resistenza è almeno pari a quella del rinforzo avvolto attorno allo spigolo della sezione, la resistenza efficace di calcolo può essere ottenuta a partire dalla (4.31). In caso contrario, la resisten- za efficace di calcolo del rinforzo è fornita dalla (4.30).
(7) Nel caso di avvolgimento in fogli con β = 90°, applicato su una sezione circolare di diametro
D, la resistenza efficace di calcolo del rinforzo è fornita dalla relazione:
f = E ⋅ε , (4.33)
dove Ef
fed f f,max
è il modulo di elasticità normale del rinforzo di FRP nella direzione delle fibre e εf,max
è un
opportuno valore limite da imporre alla deformazione di quest‟ultimo. In mancanza di una determi- nazione più accurata, si può assumere εf,max = 0.005.
4.3.3.3 Limitazioni e dettagli costruttivi
(1) Nel caso di disposizione ad U ed in avvolgimento, gli spigoli della sezione dell‟elemento da rinforzare a contatto con il materiale composito devono essere arrotondati, in modo da evitare il
tranciamento del rinforzo. Il raggio di curvatura, 20 mm.
rc , dell‟arrotondamento deve essere non minore di
(2) Nel caso di rinforzi discontinui costituiti da strisce di materiale composito, la larghezza, wf, ed il passo, pf, delle strisce, misurati (in mm) ortogonalmente alla direzione delle fibre, devono ri- spettare le seguenti limitazioni: 50 mm ≤ wf ≤ 250 mm e wf ≤ pf ≤ min{0.5·d, 3·wf, wf + 200 mm}.
4.4 RINFORZO A TORSIONE
4.4.1 Generalità
(1)P Il rinforzo a torsione si rende necessario nel caso di elementi strutturali per i quali il momen- to torcente di calcolo, eventualmente valutato con i criteri della gerarchia delle resistenze, sia supe- riore alla corrispondente resistenza di calcolo. Quest‟ultima deve essere determinata considerando i contributi del calcestruzzo e dell‟eventuale armatura trasversale presente.
(2)P Il rinforzo a torsione va verificato per il solo SLU.
(3)P In aggiunta alle tipologie appresso elencate, se ne possono adottare anche altre non contem- plate in queste Istruzioni, purché sia dimostrata la loro efficacia e sia quantificato il loro contributo resistente a torsione.
4.4.2 Configurazioni per il rinforzo a torsione
(1) Il rinforzo a torsione con materiali compositi si realizza applicando strisce di tessuto, su uno o più strati, in aderenza alla superficie esterna dell‟elemento da rinforzare (Figura 4-7). Le strisce possono essere applicate in maniera discontinua, con spazi vuoti fra strisce consecutive, oppure in maniera continua, con strisce adiacenti l‟una all‟altra. In quest‟ultimo caso il rinforzo assume l‟aspetto di un foglio.
(2) Il rinforzo è contraddistinto dalla geometria (spessore, larghezza, passo) delle strisce di tes- suto adese alla membratura rinforzata. Le fibre devono essere disposte con un angolo di inclinazio- ne β =90° rispetto all‟asse longitudinale.
(3) Il rinforzo può essere disposto attorno alla sezione solo in avvolgimento (Figura 4-8).
(4) Il rinforzo a torsione può anche essere realizzato mediante l‟inserimento di barre o lamine di materiale composito in apposite fessure praticate sulle facce esterne dell‟elemento. Tale tipologia di rinforzo non è oggetto delle presenti Istruzioni; qualora fosse adottata, la sua efficacia dovrebbe es- sere supportata da evidenze sperimentali.
4.4.3 Resistenza di progetto a torsione dell’elemento rinforzato con FRP
(1)P Le Istruzioni che seguono si applicano agli elementi prismatici in cui si possa individuare una sezione anulare fittizia resistente.
4.4.3.1 Resistenza di progetto a torsione
(1) La resistenza di progetto a torsione dell‟elemento rinforzato può essere valutata attraverso la seguente relazione:
TRd = min{ TRd,s + TRd,f ,TRd,max }, (4.34)
dove TRd,s
è il contributo dell‟armatura di acciaio, da valutarsi in accordo con i Codici e la Lettera-
tura Tecnica più recenti; TRd,f è il contributo del rinforzo di FRP, da valutarsi come indicato nel se-
guito; XXx,xxx
è la resistenza della biella compressa di calcestruzzo, da valutarsi in accordo con i Co-
dici e la Letteratura Tecnica più recenti.
(2) Il contributo dell‟armatura di acciaio, TRd,s , è fornito da:
⎧ A A ⎫
T = min ⎨ sw ⋅ 2 ⋅ B ⋅ f ⋅cotθ , l ⋅ 2 ⋅ B ⋅ f ⋅ tanθ ⎬, (4.35)
⎩ p
u
⎭
Rd,s
e ywd
e yd
e
dove
Asw
è l‟area della sezione di un braccio di una staffa, p è il passo delle staffe,
Be è l‟area rac-
chiusa dal poligono avente per vertici i baricentri delle armature longitudinali,
fywd
è la resistenza
di progetto allo snervamento dell‟acciaio dell‟armatura trasversale,
Al è l‟area totale delle armature
longitudinali, ue
è il perimetro del predetto poligono,
fyd è la resistenza di progetto allo snervamen-
to dell‟acciaio dell‟armatura longitudinale e θ è l‟angolo di inclinazione delle bielle compresse ri- spetto all‟asse dell‟elemento (in mancanza di determinazione più accurata, si può assumere θ =45°).
(3) La resistenza della biella compressa di xxxxxxxxxxxx nella (4.34), è data da:
T = 0.50⋅ f ⋅ B ⋅ h , (4.36)
Rd,max cd e s
dove
fcd
è la resistenza di progetto a compressione del calcestruzzo, hs
è lo spessore della sezione
anulare fittizia resistente, pari ad 1/6 del diametro del cerchio massimo inscritto nel poligono avente per vertici i baricentri delle armature longitudinali.
(4) Nel caso in cui dalla (4.35) risulti che la minima resistenza a torsione è quella dell‟armatura trasversale, il contributo del rinforzo di FRP nella (4.34) è fornito da:
1
TRd,f = γ
⋅ 2 ⋅ f
⋅ t
fed f
⋅ b ⋅ h ⋅ wf ⋅cotθ , (4.37)
p
Rd f
dove il coefficiente parziale γRd deve essere assunto pari a 1.20 (Tabella 3-3, § 3.4.2),
ffed
è la resi-
stenza efficace di calcolo del rinforzo, da valutarsi come nel § 4.3.3.2, tf
è lo spessore della striscia
o del foglio di FRP, b è la base della sezione, h è l‟altezza della sezione, θ è l‟angolo di inclinazione delle bielle compresse rispetto all‟asse dell‟elemento (in mancanza di determinazione più accurata,
si può assumere θ =45°), wf
e pf
sono, rispettivamente, la larghezza ed il passo delle strisce, misu-
rati ortogonalmente alla direzione delle fibre. Si noti che nel caso di strisce applicate in adiacenza o nel caso di fogli il rapporto wf /pf è pari ad 1.0.
(5) Se dalla (4.35) risulta che la minima resistenza a torsione è quella dell‟armatura longitudina- le, non è possibile effettuare un rinforzo di FRP.
(6) Nel caso di sollecitazione combinata di torsione, TSd , e xxxxxx, VSd , deve essere soddisfatta la limitazione:
TSd TRd,max
+ XXx
XXx,xxx
x 0 , (4.38)
in cui TRd,max
si valuta con l‟ausilio della (4.36) e VRd,max
si valuta secondo la Normativa vigente. Il
calcolo del rinforzo a torsione si esegue indipendentemente da quello del rinforzo a taglio: l‟area complessiva di rinforzo è conseguentemente la somma delle singole aree competenti all‟intervento per il taglio ed all‟intervento per la torsione.
4.4.3.2 Limitazioni e dettagli costruttivi
(1) Nel caso di rinforzi per torsione, gli spigoli della sezione dell‟elemento da rinforzare a con- tatto con il materiale composito devono essere arrotondati, in modo da evitare il tranciamento di
quest‟ultimo. Il raggio di curvatura,
rc , dell‟arrotondamento deve essere non minore di 20 mm.
(2) Nei rinforzi eseguiti con strisce di materiale composito, la larghezza wf ed il passo pf di que- ste, misurati (in mm) ortogonalmente alla direzione delle fibre, dovranno rispettare le seguenti limi- tazioni: 50 mm ≤ wf ≤ 250 mm, e wf ≤ pf ≤ min{0.5·d, 3·wf, wf + 200 mm}.
4.5 CONFINAMENTO
4.5.1 Generalità
(1)P Un adeguato confinamento degli elementi di c.a. può determinare un miglioramento delle prestazioni dell‟elemento strutturale. In particolare, esso consente di incrementare:
• la resistenza ultima e la corrispondente deformazione ultima, per elementi sollecitati da sforzo normale centrato o con piccola eccentricità;
• la duttilità e, congiuntamente all‟impiego di rinforzi longitudinali (§ 4.2.2.4 e Appendice C), la resistenza ultima per membrature pressoinflesse.
(2)P Il confinamento di elementi di c.a. può essere realizzato con tessuti o lamine di FRP disposti sul contorno in modo da costituire una fasciatura esterna continua (ricoprimento) o discontinua (cerchiatura).
(3)P L‟incremento della resistenza a compressione e della corrispondente deformazione ultima del calcestruzzo confinato con FRP dipendono dalla pressione di confinamento applicata. Quest‟ultima è funzione della rigidezza del sistema e della forma della sezione trasversale dell‟elemento da confinare.
(4)P Per la ridistribuzione dei carichi verticali non è consentito fare affidamento sulla duttilità di elementi soggetti a sforzo normale centrato o con piccola eccentricità.
(5)P Un sistema confinante a base di FRP (elastico fino a rottura), a differenza di un sistema di acciaio (elasto-plastico), esercita una pressione laterale sempre crescente, in senso stretto, all‟aumentare della dilatazione trasversale dell‟elemento confinato.
(6)P Un tipico legame tensione-deformazione “σ-ε” relativo a prove di compressione condotte su provini confinati con FRP è riportato in Figura 4-10.
σc
lineare
non lineare
εc
Figura 4-10 – Andamento del legame tensione-deformazione per calcestruzzo confinato con FRP.
(7)P Per valori della deformazione assiale εc pari allo 0.2%, la tensione nel calcestruzzo confinato è solo di poco superiore a quella esibita dal calcestruzzo non confinato, e cioè alla resistenza di quest‟ultimo.
(8)P Per deformazioni superiori allo 0.2% il legame tensione-deformazione è non lineare e la pendenza della corrispondente curva “σ-ε” diminuisce progressivamente fino ad assumere, nell‟ultimo tratto, un valore pressoché costante. In quest‟ultimo tratto, ad andamento lineare, il cal- cestruzzo confinato perde progressivamente la sua integrità per effetto di una fessurazione sempre più estesa.
(9)P Il collasso dell‟elemento confinato si raggiunge per rottura delle fibre. Tuttavia, a partire da un certo valore della deformazione assiale, l‟elemento confinato con FRP è assimilabile ad un reci- piente dalle pareti molto flessibili riempito di materiale incoerente. Da questo momento in poi, esso perde di fatto la propria funzionalità potendo assorbire solo modeste ed insignificanti sollecitazioni trasversali. In considerazione di ciò, il collasso dell‟elemento confinato è convenzionalmente rag- giunto quando si attinge una deformazione limite delle fibre pari a 0.004.
4.5.2 Resistenza di progetto a compressione centrata o con piccola eccentricità dell’elemento confinato
(1)P Il confinamento di un elemento di c.a. con FRP si rende necessario quando occorra incre- mentare la sua resistenza in condizioni di compressione centrata o in presenza di piccola eccentrici- tà.
(2)P Per ottenere un efficace confinamento è buona norma disporre le fibre in direzione perpen- dicolare all‟asse dell‟elemento.
(3)P Nel caso di disposizione ad elica, l‟efficacia del confinamento va opportunamente valutata.
(4)P In assenza di una pretensione iniziale, il rinforzo di FRP esercita un confinamento passivo sulla membratura compressa. L‟azione di confinamento diventa significativa nella fase di plasticiz- zazione, e quindi di fessurazione, dell‟elemento rinforzato, a seguito della più vistosa dilatazione trasversale esibita da quest‟ultimo. In maniera esplicita, si rileva che prima della fessurazione del calcestruzzo il sistema a base di FRP è praticamente scarico.
(5)P La verifica dell‟elemento confinato consiste nell‟accertare che sia soddisfatta la seguente li- mitazione:
NSd ≤ NRcc,d , (4.39)
essendo
NSd
il valore di progetto dell‟azione assiale agente (da valutarsi, per le diverse combina-
zioni di carico previste, come prescritto dalla Normativa vigente), NRcc,d il valore di progetto della resistenza dell‟elemento confinato.
(6) In assenza di fenomeni di instabilità per carico di punta, la resistenza ultima di calcolo a sforzo normale centrato, o con piccola eccentricità, di un elemento di c.a. confinato mediante FRP può essere calcolata utilizzando la seguente relazione:
N = 1
⋅ A ⋅ f
+ A ⋅ f
, (4.40)
Rcc,d
γRd
c ccd s yd
dove il coefficiente parziale γRd deve essere assunto pari a 1.10 (Tabella 3-3, § 3.4.2), i simboli Ac ed fccd rappresentano, rispettivamente, l‟area della sezione trasversale dell‟elemento e la resistenza di calcolo del calcestruzzo confinato (quest‟ultima valutata come indicato al punto seguente), men- tre i simboli As ed fyd denotano, rispettivamente, l‟area e la resistenza di calcolo dell‟armatura me- tallica eventualmente presente (quest‟ultima valutata come previsto nella Normativa vigente).
(7) La resistenza di progetto del calcestruzzo confinato, fccd, può essere valutata con la seguente relazione:
fccd fcd
= 1+ 2.6
⋅⎛ fl,eff ⎞
f
⎜ ⎟
⎝ cd ⎠
2 / 3
, (4.41)
nella quale fcd è la resistenza di progetto del calcestruzzo non confinato, da valutarsi come prescritto nella Normativa vigente, ed fl,eff è la pressione efficace di confinamento, definita al paragrafo suc- cessivo.
La stessa relazione può essere utilizzata anche ai fini del conseguimento del secondo obiettivo di cui al § 4.5.1(1)P.
(8) Il confinamento risulta efficace se fl,eff / fcd > 0.05.
4.5.2.1 Stima della pressione laterale di confinamento
(1)P La resistenza di un elemento confinato con FRP dipende soltanto da una aliquota della pres- sione di confinamento, fl, esercitata dal sistema, detta pressione efficace di confinamento, fl,eff.
(2) La pressione efficace di confinamento, fl,eff , è funzione della forma della sezione e delle modalità di intervento ed è fornita dalla relazione:
fl,eff
= keff ⋅ fl , (4.42)
dove keff è un coefficiente di efficienza (≤ 1), definibile come il rapporto fra il volume Vc,eff di calce- struzzo efficacemente confinato ed il volume Vc dell‟elemento di calcestruzzo, depurato da quello delle armature longitudinali (generalmente trascurabile).
(3) La pressione di confinamento può essere valutata mediante la relazione:
f = 1 ⋅ ρ ⋅ E ⋅ε
, (4.43)
l 2 f f fd,rid
dove ρf è la percentuale geometrica di rinforzo, dipendente, come descritto nei paragrafi seguenti, dalla forma della sezione (circolare o rettangolare) e dalla modalità di applicazione del confinamen- to lungo l‟elemento (fasciatura continua o discontinua), Ef è il modulo di elasticità normale del ma- teriale in direzione delle fibre ed εfd,rid è un‟opportuna deformazione ridotta di calcolo del composi- to fibrorinforzato, definita di seguito.
(4) Il coefficiente di efficienza, keff, può essere espresso come prodotto di un coefficiente di ef- ficienza orizzontale, kH, per uno di efficienza verticale, kV, e per un altro ancora legato all‟inclinazione delle fibre, kα:
k = k ⋅ k ⋅ k . (4.44)
eff H V α
(5) Il coefficiente di efficienza orizzontale, kH, dipende dalla forma della sezione, se circolare o rettangolare, come descritto nei paragrafi seguenti.
(6) Il coefficiente di efficienza verticale, kV, dipende dalla modalità di applicazione del confi- namento lungo l‟asse longitudinale dell‟elemento.
In caso di fasciatura continua si assume kV = 1.
In caso di fasciatura discontinua (Figura 4-11), realizzata cioè con strisce di FRP disposte ad inte-
rasse pf e distanza netta
pf′ , si deve tenere conto della riduzione di efficacia dovuta al fenomeno di
p
Calcestruzzo non confinato
diffusione delle tensioni tra due fasciature consecutive. Per effetto della diffusione, in una sezione verticale diametrale, si creano delle zone che non risentono del confinamento, aventi approssimati- vamente un contorno parabolico con tangente iniziale inclinata di 45°.
bf
D – pf’/2
D
Calcestruzzo non confinato
pf’ pf
Figura 4-11 – Sezione circolare confinata in maniera discontinua.
Indipendentemente dalla forma della sezione, il coefficiente di efficienza verticale, kV, che consente di portare in conto il fenomeno di diffusione verticale delle tensioni, sopra descritto, può essere as- sunto pari a:
2
⎛ p′ ⎞
k = ⎜1− f ⎟
, (4.45)
V
⎝ 2 ⋅ d
min ⎠
avendo indicato con dmin la minima dimensione trasversale dell‟elemento.
(7) Nel caso di fasciatura discontinua è opportuno che la distanza netta fra le strisce rispetti la
limitazione
pf′ ≤ dmin/2.
(8) Indipendentemente dalla forma della sezione, il coefficiente di efficienza kα, da impiegarsi quando le fibre vengano disposte ad elica, con inclinazione αf delle stesse rispetto alla sezione tra- sversale dell‟elemento, può esprimersi in funzione di αf come:
kα =
1
2
1+ (tanαf )
. (4.46)
(9) La deformazione ridotta di calcolo del composito fibrorinforzato,
ε , è ottenuta a partire
fd,rid
dalla deformazione caratteristica a rottura della fasciatura di FRP, εfk, tenendo conto opportunamen-
te dei fattori ambientali e delle osservazioni di cui al punto (9)P del § 4.5.1, nel modo seguente:
fd,rid a fk f
ε = min{η ⋅ε / γ ; 0.004}, (4.47)
dove ηa e γf sono, rispettivamente, il fattore di conversione ambientale ed il coefficiente parziale del materiale composito fibrorinforzato, i cui valori sono suggeriti, nell‟ordine, nella Tabella 3-4 e nella Tabella 3-2 delle presenti Istruzioni.
4.5.2.1.1 Sezioni circolari
(1)P L‟intervento di confinamento con FRP risulta particolarmente efficace per elementi a sezio- ne circolare soggetti a compressione centrata o a pressoflessione con modesta eccentricità.
(2)P In presenza di fibre disposte in direzione trasversale all‟asse longitudinale dell‟elemento, il sistema di FRP induce una pressione laterale uniforme sulla superficie di contatto, che si oppone all‟espansione radiale dell‟elemento compresso.
f
(3) La percentuale geometrica di rinforzo, ρ , da impiegare nella valutazione della pressione ef- ficace di confinamento è in tal caso fornita dalla relazione:
f
ρ = 4 ⋅ tf ⋅ bf
D ⋅ pf
, (4.48)
dove (Figura 4-11) tf e bf sono, rispettivamente, lo spessore e l‟altezza della generica striscia di FRP, pf è il passo delle strisce e D è il diametro della sezione circolare.
Nel caso di fasciatura continua l‟espressione della percentuale ρf si specializza in 4⋅tf D .
(4) Per le sezioni circolari, il coefficiente di efficienza orizzontale, kH, è pari ad 1.0.
(5) Nel caso di sezioni circolari, la dimensione dmin, introdotta nella (4.45) per il calcolo del co- efficiente di efficienza verticale, va intesa come il diametro della sezione.
4.5.2.1.2 Sezioni quadrate e rettangolari
(1)P Il confinamento con FRP di elementi a sezione quadrata o rettangolare produce incrementi solo marginali della resistenza a compressione. Ne consegue che applicazioni di questo genere de- vono essere attentamente vagliate ed analizzate.
(2)P Prima dell‟applicazione del sistema di FRP è opportuno procedere ad un arrotondamento degli spigoli della sezione, allo scopo di evitare pericolose concentrazioni di tensione localizzate in corrispondenza degli stessi, che potrebbero provocare una rottura prematura del sistema.
(3) Il raggio di curvatura dello spigolo deve soddisfare la seguente limitazione:
c
r ≥ 20 mm . (4.49)
(4) La percentuale geometrica di rinforzo, ρf , da impiegare nella valutazione della pressione ef- ficace di confinamento è:
ρ
2 ⋅ t ⋅ (b + d ) ⋅ b
f
= f f , (4.50)
b ⋅ d ⋅ pf
dove tf e bf sono, rispettivamente, lo spessore e l‟altezza della generica striscia di FRP, pf è il passo delle strisce, mentre b e d sono le dimensioni trasversali della sezione rettangolare.
Nel caso di fasciatura continua l‟espressione di ρf fornita nella (4.50) si specializza in
2⋅tf ⋅(b + d) (b⋅ d) .
(5)P Con riferimento alla Figura 4-12 si può ritenere, con buona approssimazione, che l‟area di calcestruzzo effettivamente confinata sia solo un‟aliquota di quella complessiva. La motivazione di tale comportamento è da attribuirsi all‟“effetto arco” che si manifesta all‟interno della sezione; tale effetto è dipendente dal valore del raggio di arrotondamento degli spigoli, rc.
Calcestruzzo non confinato
rc
d’ d
b’ = b -2 rc
b
Figura 4-12 – Confinamento di sezioni rettangolari.
(6) Il coefficiente di efficienza orizzontale, kH, per le sezioni rettangolari, per tener conto dell‟effetto arco che si attiva nella sezione trasversale, vale:
k H = 1−
b'2 +d '2
3⋅ Ag
, (4.51)
in cui b’ e d’ sono le dimensioni indicate in Figura 4-12 ed Ag è l‟area della sezione trasversale.
(7) In assenza di adeguate prove sperimentali, che ne comprovino l‟efficacia, non va considera- to l‟effetto del confinamento su sezioni rettangolari per le quali b/d>2, ovvero max{b, d} > 900mm .
4.5.3 Duttilità di elementi presso-inflessi confinati con FRP
(1)P Il confinamento con FRP può essere realizzato anche su elementi di calcestruzzo soggetti a pressoflessione; in tal modo è possibile incrementare la loro duttilità e, solo in misura ridotta, la loro resistenza.
(2) In mancanza di determinazioni più accurate, la valutazione della curvatura ultima di una se- zione pressoinflessa può essere perseguita ipotizzando un classico legame costitutivo del tipo parabola-rettangolo, caratterizzato da una resistenza massima pari a fcd, il cui tratto costante si e- stenda fino ad un valore della deformazione ultima di progetto, εccu, fornito dalla seguente relazione:
fl,eff
fcd
ccu
ε = 0.0035 + 0.015⋅ , (4.52)
essendo fl,eff la pressione efficace di confinamento e fcd la resistenza di progetto del calcestruzzo non confinato.
(3) Nella (4.52) la pressione efficace è calcolata assumendo una deformazione ridotta di calcolo del composito fibrorinforzato data da:
ε η γfk ε
ε
fd,rid = a ⋅ ≤ 0.6⋅ fk . (4.53)
f
(4) Determinazioni più accurate della curvatura ultima e del conseguente incremento di resi- stenza flessionale possono essere conseguite con l‟ausilio di appropriati legami costitutivi del calce- struzzo confinato con FRP (Appendice D) in grado di modellare più fedelmente il comportamento descritto nel § 4.5.1 ed in particolare nella Figura 4-10.
4.6 RINFORZO A FLESSIONE DI STRUTTURE DI C.A.P.
4.6.1 Utilizzo di compositi FRP per elementi pre-tesi o post-tesi di c.a.
(1) P I metodi ed i criteri di seguito descritti si applicano nel rinforzo di elementi di conglomerato cementizio armato precompresso, eseguito con lamine di FRP non presollecitate.
4.6.1.1 Analisi del comportamento allo stato limite ultimo
(1)P La determinazione della capacità ultima per flessione di sezioni precompresse si eseguirà secondo procedure analoghe a quelle descritte nel § 4.2.2 per le sezioni di conglomerato cementizio armato normale, con le sole varianti di seguito specificate.
• La deformazione delle armature di precompressione è pari alla somma algebrica della de- formazione del calcestruzzo ad esse adeso più la deformazione al limite di decompressione, ε p ; quest‟ultima rappresenta la deformazione esibita dall‟armatura di precompressione
quando, per un‟opportuna combinazione delle azioni interne, la tensione nel calcestruzzo ad essa circostante è nulla (Figura 4-13).
• La deformazione ultima dell‟armatura di precompressione è pari a (0.01+ ε p ).
• Se l‟età del calcestruzzo è tale da poter considerare esauriti i fenomeni differiti, la deforma- zione εo coincide con quella presente sulla superficie del calcestruzzo all‟atto dalla posa del rinforzo, cambiata di segno. In ogni caso, nella valutazione di εo si devono considerare even- tuali fenomeni di ridistribuzione indotti da cause accidentali (quali ad esempio danneggia- mento da impatto).
• Nel caso in cui i fenomeni differiti del calcestruzzo non possano ritenersi esauriti, il valore di εo è la somma algebrica del valore calcolato precedentemente più la deformazione differi- ta che si sviluppa nel calcestruzzo (sulla superficie di contatto con la lamina) posteriormente all‟applicazione del rinforzo. Nella valutazione di tale deformazione differita, così come nel- la determinazione delle perdite differite dell‟armatura di precompressione, si può trascurare la presenza del rinforzo.
Αs
εcu
σc
d1
εs
σs
h d
Αp
Μ
d2
tf
bf
b
Af
εfd
εo εp εyd
εp
σp σf
Figura 4-13 – Modalità di rottura di una sezione di c.a.p. rinforzata esternamente con lamine di FRP.
(2)P Il raggiungimento dello SLU deve essere preceduto dallo snervamento dell‟armatura di pre- compressione.
(3) Per la verifica nei confronti della delaminazione si rinvia a quanto già detto nei §§ 4.1 e 4.2.
4.6.1.2 Analisi del comportamento agli stati limite di esercizio
(1)P In condizioni di esercizio le tensioni di lavoro del calcestruzzo, dell‟acciaio e del rinforzo di FRP devono soddisfare le limitazioni previste nella Normativa vigente ed in particolare, per quanto attiene al rinforzo di FRP, quelle introdotte nel § 4.2.3.2.
(2)P Di regola non si devono considerare i rinforzi se temporaneamente compressi (ad esempio a seguito della deformazione viscosa del conglomerato).
4.7 INTERVENTI IN ZONA SISMICA
4.7.1 Principi generali di intervento
4.7.1.1 Obiettivi della progettazione
(1)P In zona sismica è possibile rinforzare con FRP strutture di conglomerato cementizio armato che non soddisfino i requisiti di sicurezza nei confronti dell‟azione sismica di progetto relativamen- te ad uno o più stati limite.
(2)P Questa parte del documento recepisce le prescrizioni della Normativa vigente, nonché le in- dicazioni fornite nei codici e nella letteratura più recenti in tema di costruzioni antisismiche, relati- vamente a:
• valutazione della sicurezza sismica;
• requisiti di sicurezza (verifica di stati limite);
• livelli di protezione antisismica (intensità dell‟azione sismica associata);
• metodi di analisi;
• criteri di verifica (distinzione fra elementi “duttili” e “fragili”);
• caratteristiche dei materiali da impiegare nelle verifiche di sicurezza.
4.7.1.2 Criteri per la scelta dell’intervento con FRP
(1) Tipologia, entità ed urgenza dell‟intervento con FRP devono dipendere dall‟esito di una pre- ventiva valutazione della sicurezza sismica, tenendo conto in particolare che:
• errori grossolani vanno eliminati;
• xxxxx xxxxxxxxxxxx xxxxx xxxxxxx (xx xxxxxxx xx xxxxxxxxxx x/x xxxxxxxxx) non possono essere sa- nate con tale tecnica;
• una maggiore regolarità in resistenza può essere ottenuta rinforzando un numero ridotto di elementi;
• risultano sempre opportuni interventi volti a migliorare la duttilità locale;
• l‟introduzione di rinforzi locali non deve ridurre la duttilità globale della struttura. (2)P L‟intervento con FRP è classificabile come:
• rinforzo o ricostruzione totale o parziale degli elementi (interventi selettivi).
(3)P La progettazione di un intervento con FRP deve comprendere le seguenti attività:
• scelta motivata del tipo di intervento;
• scelta delle tecniche e/o dei materiali;
• dimensionamento preliminare dei rinforzi;
• analisi strutturale che tenga conto delle caratteristiche della struttura post-intervento; in par- ticolare per gli elementi riparati o rinforzati con FRP vanno osservate le indicazioni riportate nei paragrafi successivi, adottando per i materiali nuovi o aggiunti i corrispondenti valori di calcolo.
(4)P In zona sismica il rinforzo con FRP di elementi di c.a. è finalizzato principalmente al conse- guimento degli obiettivi di seguito elencati:
• incrementare la resistenza a flessione semplice o a pressoflessione mediante l‟applicazione di compositi con fibre disposte nella direzione dell‟asse dell‟elemento e, in aggiunta, anche in altre direzioni;
• incrementare la resistenza a taglio di elementi mediante applicazione di FRP con le fibre di- sposte ortogonalmente all‟asse dell‟elemento e, in aggiunta, anche in altre direzioni;
• incrementare la duttilità delle sezioni terminali di travi e/o pilastri mediante fasciatura con FRP a fibre continue disposte lungo il perimetro;
• migliorare l‟efficienza delle giunzioni per sovrapposizione, mediante fasciatura con FRP a fibre continue disposte lungo il perimetro;
• impedire lo svergolamento delle barre longitudinali soggette a compressione mediante fa- sciatura con FRP a fibre continue disposte lungo il perimetro;
• incrementare la resistenza a trazione dei pannelli dei nodi trave-pilastro mediante applica- zione di fasce di FRP con le fibre disposte secondo le isostatiche di trazione.
(5)P Per le verifiche di sicurezza degli elementi rinforzati con FRP si possono adottare le proce- dure e le formule riportate nei paragrafi seguenti.
4.7.2 Strategie di intervento
(1)P In quanto xxxxxxxxx, la strategia di intervento con FRP deve essere ispirata ai seguenti princi- pi:
• eliminazione di tutti i meccanismi di collasso di tipo fragile (§ 4.7.2.1);
• eliminazione di tutti i meccanismi di collasso di piano (“piano soffice”) (§ 4.7.2.2);
• miglioramento della capacità deformativa globale della struttura conseguibile in uno dei se- guenti modi (§ 4.7.2.3):
- incrementando la capacità rotazionale delle potenziali cerniere plastiche senza variarne la posizione (§ 4.7.2.3.1);
- rilocalizzando le potenziali cerniere plastiche nel rispetto del criterio della gerarchia delle resistenze (§ 4.7.2.3.2).
4.7.2.1 Eliminazione dei meccanismi di collasso di tipo fragile
(1)P I meccanismi di collasso di tipo fragile da eliminare e le rispettive modalità di intervento so- no:
• crisi per taglio: si interviene rinforzando a taglio gli elementi che presentano tale problema;
• crisi per perdita di aderenza nelle zone di sovrapposizione: si interviene confinando median- te avvolgimento di FRP le zone in cui la lunghezza di sovrapposizione delle barre longitudi- nali risulti insufficiente;
• crisi per svergolamento delle barre longitudinali in compressione: si interviene confinando mediante avvolgimento di FRP le zone di potenziale formazione di cerniere plastiche nelle quali le armature trasversali non siano in grado di impedire lo svergolamento post-elastico delle barre longitudinali compresse;
• crisi per trazione dei pannelli dei nodi: si interviene applicando su di essi un rinforzo di FRP.
4.7.2.2 Eliminazione dei meccanismi di collasso di piano
(1)P Premesso che, in assenza di pareti, i meccanismi di collasso di piano possono attivarsi a se- guito della formazione di cerniere plastiche sia in testa che al piede di tutti i pilastri di quel piano, l‟intervento sarà finalizzato ad incrementare in tali zone la resistenza a flessione composta, con l‟obiettivo di inibire la formazione delle suddette cerniere. In nessun caso è consentito di intervenire sui meccanismi di collasso di piano esclusivamente con l‟intento di incrementare l‟entità degli spo- stamenti che ne precedono l‟attivazione.
4.7.2.3 Incremento della capacità deformativa globale di una struttura
(1)P La capacità deformativa ultima di una struttura è una misura della sua attitudine a sopportare l‟azione sismica.
(2) La capacità deformativa ultima di una struttura può essere saggiata utilizzando i risultati di un‟analisi statica non lineare.
(3)P La capacità deformativa ultima di una struttura dipende dalla capacità deformativa in campo plastico dei singoli elementi resistenti (travi, pilastri e pareti).
4.7.2.3.1 Incremento della capacità deformativa locale degli elementi
(1) La capacità deformativa di travi e di pilastri può essere misurata mediante la rotazione, θ , della sezione di estremità rispetto alla congiungente di quest‟ultima con la sezione di momento nul- lo (“rotazione rispetto alla corda”) a distanza pari alla luce di taglio: LV = M V . Tale rotazione è anche pari al rapporto tra lo spostamento relativo fra le due sezioni suddette e la luce di taglio.
(2)P Generalmente la capacità deformativa in campo plastico degli elementi è limitata dal com- portamento a rottura del calcestruzzo compresso. L‟intervento di confinamento con FRP su tali e-
lementi (prevalentemente pilastri) determina un aumento della deformazione ultima del calcestruzzo compresso, conferendo una maggiore duttilità agli elementi.
4.7.2.3.2 Applicazione del criterio della gerarchia delle resistenze
(1)P L‟applicazione del criterio della gerarchia delle resistenze comporta l‟adozione di provve- dimenti atti ad impedire la formazione di tutte le potenziali cerniere plastiche nei pilastri. Nelle si- tuazioni di “pilastro debole-trave forte”, usuali per strutture intelaiate progettate per soli carichi ver- ticali, le sezioni dei pilastri sono sottodimensionate e denunciano carenza di armatura longitudinale. In questi casi è necessario incrementare la loro resistenza a pressoflessione con l‟obiettivo di ricon- durre la struttura intelaiata ad una situazione di “pilastro forte-trave debole”.
(2)P L‟attuazione del criterio della gerarchia delle resistenze comporta un incremento della resi- stenza a flessione dei pilastri e quindi un incremento del taglio agente in condizioni ultime. Conse- guentemente, è necessario eseguire opportune verifiche a taglio, incrementando eventualmente la resistenza nei confronti di tale caratteristica allo scopo di evitare un collasso di tipo fragile.
4.7.3 Verifiche di sicurezza
4.7.3.1 Elementi e meccanismi duttili
4.7.3.1.1 Pressoflessione
(1) La capacità flessionale di elementi duttili può essere incrementata mediante l‟applicazione di rinforzi di FRP.
(2) Per il progetto dei rinforzi di FRP a carico di elementi inflessi o pressoinflessi si applicano i criteri e le indicazioni fornite nei §§ 4.2 e 4.5.
(3) Quando si incrementi la resistenza flessionale, la trasmissione dell‟azione del rinforzo alle zone nodali deve essere assicurata attraverso l‟adozione di soluzioni costruttive idonee.
(4) Le fibre longitudinali impiegate per il rinforzo a pressoflessione devono essere adeguata- mente confinate al fine di evitare, sotto azioni cicliche, il distacco delle stesse e l‟espulsione del ma- teriale di supporto.
4.7.3.1.2 Rotazione rispetto alla corda
(1) La “rotazione rispetto alla corda” di elementi monodimensionali (prevalentemente travi e pi- lastri) può essere incrementata mediante un confinamento con FRP.
(2) Per la valutazione della rotazione ultima rispetto alla corda,
θu , di elementi rinforzati me-
diante confinamento con FRP, si può fare ricorso alla seguente relazione:
θ = 1 ⋅ ⎡ + (ϕ −ϕ ) ⋅ L ⋅⎛1− 0.5⋅ Lpl ⎞⎤ , (4.54)
u γ ⎢θy u y pl ⎜
L ⎟⎥
el ⎢⎣
⎝ v ⎠⎥⎦
nella quale γel vale, generalmente, 1.5 oppure 1.0, ma solo nel caso di “elementi secondari”, cioè e- lementi la cui rigidezza e resistenza possano essere ignorate nell‟analisi della risposta, pur dovendo essere in grado di assorbire le deformazioni della struttura soggetta all‟azione sismica di progetto conservando la capacità portante nei confronti dei carichi verticali. Inoltre, i vari termini al secondo membro hanno il significato appresso specificato.
- Il simbolo θy
denota la “rotazione rispetto alla corda” esibita dalla sezione terminale quando
l‟acciaio teso raggiunge lo snervamento:
= ϕ
θ
L ⎛ h ⎞
fc
d ⋅ f
⎜
⋅ V + 0.0013⋅ 1+1.5x
x x
x x 0 X
x x 0.00xϕy ⋅
, (4.55)
⎝ V ⎠
essendo h l‟altezza della sezione, db il diametro (medio) delle barre longitudinali, ed inoltre fc e fy, rispettivamente, la resistenza a compressione del calcestruzzo e la tensione di snervamento dell‟acciaio longitudinale (in MPa), ottenute da prove condotte in situ sui materiali esistenti divise per un fattore di confidenza, cui va attribuito un opportuno valore > 1 in assenza di un adeguato li- vello di conoscenza dei dettagli strutturali e delle proprietà dei materiali esistenti.
- Il simbolo ϕu
denota la curvatura ultima della sezione terminale valutata attribuendo alla deforma-
zione ultima del conglomerato, εccu , il valore definito nel § 4.5.3.
- Il simbolo ϕy
denota la curvatura esibita dalla sezione terminale quando l‟acciaio teso attinge la
deformazione di snervamento, εsy , corrispondente a fy.
- Il simbolo
Lpl
denota l‟ampiezza della cerniera plastica valutabile come:
fc
⋅ f
L = 0.1⋅ L
+ 0.17 ⋅ h + 0.24 ⋅
db y
(4.56)
pl V
essendo db il simbolo precedentemente introdotto e relativo al diametro (medio) delle barre longitu- dinali.
- Il simbolo LV
denota la luce di taglio dell‟elemento (distanza fra il punto di massimo momento ed
il punto di momento nullo).
4.7.3.2 Elementi e meccanismi fragili
4.7.3.2.1 Taglio
(1) Per il progetto di rinforzi a taglio con materiali fibrorinforzati si applicano i criteri e le indi- cazioni fornite nel § 4.3, con le seguenti ulteriori prescrizioni:
• sono consentite unicamente le configurazioni ad U o in avvolgimento;
• sono consentiti unicamente rinforzi la cui direzione di maggior resistenza sia ortogonale all‟asse longitudinale dell‟elemento (β =90°).
4.7.3.2.2 Zone di sovrapposizione
(1) Il pericolo di scorrimento delle giunzioni per aderenza nei pilastri può essere eliminato me- diante l‟applicazione di una fasciatura di confinamento a base di FRP.
(2) Per sezioni circolari di diametro D, lo spessore da attribuire a tale fasciatura può essere valu- tato mediante la seguente relazione:
D ⋅ ( f −σ )
t = l sw , (4.57)
f
f 2 ⋅ 0.001⋅ E
nella quale i vari termini al secondo membro hanno il significato appresso specificato.
- Il simboloσsw denota la tensione di trazione nelle staffe corrispondente alla deformazione dell‟1‰ o la pressione di iniezione della malta tra FRP e pilastro, se presente.
- Il simbolo pari a:
fl denota la pressione di confinamento nella zona di sovrapposizione di lunghezza
f =
A ⋅ f
Ls ,
s y
l
e
+
⎡ u
⎤ , (4.58)
b s
⎢⎣ 2 ⋅ n
2 ⋅ (d
+ c)⎥⎦ ⋅ L
dove ue
è il perimetro della sezione all‟interno del poligono che circoscrive le barre longitudinali di
diametro medio db, n è il numero di barre giuntate lungo ue
e c è lo spessore del copriferro.
(3) Per sezioni rettangolari, di dimensioni b e d, si possono utilizzare le espressioni precedenti
sostituendo D con max{b,d}, e riducendo l‟efficacia del confinamento di FRP attraverso il fattore
kH definito nel § 4.5.2.1.2.
4.7.3.2.3 Svergolamento delle barre longitudinali
(1) Il pericolo di svergolamento delle barre longitudinali di armatura può essere eliminato me- diante l‟applicazione di una fasciatura di confinamento realizzata con compositi fibrorinforzati.
(2) Lo spessore, tf, da attribuire a tale fasciatura può essere valutato mediante la seguente rela- zione:
y
0.45⋅ n ⋅ f 2 ⋅ d
t =
≈ 10⋅ n ⋅ d
, (4.59)
f 4⋅ E ⋅ E E
ds f f
nella quale i vari termini al secondo membro hanno il significato appresso specificato.
- Il simbolo n denota il numero totale di barre longitudinali in condizioni di potenziale svergola- mento.
- Il simbolo fy è già stato introdotto nel § 4.7.3.1.2.
- Il simbolo d denota la dimensione della sezione parallela al piano di flessione.
- Il simbolo Ef denota il modulo di elasticità normale della fasciatura di FRP nella direzione delle barre longitudinali.
- Il simbolo Eds denota un opportuno “modulo ridotto” fornito dalla seguente relazione:
4 ⋅ E ⋅ E
E = s i , (4.60)
Es
Ei
ds 2
( + )
dove Es ed Ei sono, rispettivamente, il valore iniziale del modulo di elasticità normale e quello tan- gente in campo plastico delle barre di armatura longitudinali.
4.7.3.2.4 Nodi
(1) Il calcolo dell‟incremento di resistenza a trazione conseguibile nei pannelli dei nodi non confinati va eseguito tenendo conto del contributo del materiale fibrorinforzato nella direzione delle tensioni principali di trazione e limitando la massima deformazione di quest‟ultimo al valore del 4‰. L‟intervento è efficace solo se le estremità del rinforzo sono perfettamente ancorate attraverso l‟adozione di opportuni particolari costruttivi. In caso contrario il rinforzo non può essere ritenuto efficace.
4.8 INSTALLAZIONE, MONITORAGGIO E CONTROLLO
(1)P Il funzionamento ottimale di un rinforzo strutturale di materiale composito è subordinato a diversi fattori. Tra questi, oltre quelli già richiamati nei precedenti capitoli, rientrano la preparazio- ne del substrato su cui il rinforzo è applicato e la sua messa in opera, trattati nel presente paragrafo. Il peso di ciascuno di questi aspetti varia a seconda che ci si riferisca ad applicazioni “per aderenza” (rinforzo a flessione o a taglio) o applicazioni “per contatto” (confinamento passivo di pilastri). A titolo esemplificativo, possono essere omesse alcune verifiche relative alla qualità del substrato quando la configurazione del rinforzo lo consenta (per esempio nel caso di applicazioni in avvolgi- mento come le fasciature chiuse di confinamento) ovvero quando siano previsti appositi dispositivi di ancoraggio collaudati indipendentemente.
(2)P Una volta che un intervento di rinforzo sia stato realizzato, è necessario procedere al suo controllo e, in seguito, al suo eventuale monitoraggio nel tempo mediante prove non distruttive o parzialmente distruttive, elencate nei paragrafi successivi.
(3)P Il presente documento descrive le prove che possono effettuarsi per verificare il livello di qualità delle applicazioni dei materiali compositi e per monitorarne nel tempo il funzionamento. La progettazione del tipo e del numero di prove da eseguire deve essere commisurata all‟importanza dell‟applicazione, valutando:
• se si tratta di edificio o infrastruttura strategica la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile o il cui ruolo assume rilevan- za in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso;
• se l‟intervento riguarda elementi strutturali primari (es. travi e pilastri) o secondari (es. so- lai);
• quale sia l‟estensione dell‟intervento in rapporto alle dimensioni della struttura. (4)P I valori numerici appresso indicati sono da intendersi come valori suggeriti.
4.8.1 Controllo e preparazione del substrato
(1)P Il controllo delle condizioni del substrato coinvolge aspetti legati alla valutazione del grado di deterioramento di quest‟ultimo, alla rimozione e ricostruzione dell‟eventuale calcestruzzo amma- lorato con eventuali provvedimenti di pulizia e verniciatura delle armature metalliche corrose, al condizionamento e preparazione del substrato.
(2)P I sistemi tecnologici utilizzati per l‟ancoraggio delle estremità di lamine o tessuti devono es- sere oggetto di idonee indagini sperimentali condotte secondo criteri normalizzati. Il protocollo di applicazione deve riguardare sia i materiali utilizzati (adesivi e rinforzi) che la successione delle fasi indicate dal produttore e/o dal fornitore per la preparazione delle superfici, i tempi di esecuzione, le condizioni ambientali, ecc.. L‟indagine deve saggiare anche l‟eventuale sensibilità dei risultati nei confronti di tali parametri.
4.8.1.1 Valutazione del deterioramento del substrato
(1) Prima dell‟applicazione del rinforzo è necessario verificare le caratteristiche del substrato. In ogni caso la resistenza a compressione del calcestruzzo non deve essere inferiore a 15 N/mm2. In caso contrario, la tecnica di rinforzo descritta nel presente documento non può essere applicata.
(2) È opportuno eseguire delle prove di omogeneità su tutta l‟area da rinforzare.
4.8.1.2 Rimozione e ricostruzione del substrato ed eventuale trattamento delle barre metalliche
(1) Il substrato di calcestruzzo può risultare danneggiato a causa di un deterioramento fisico- chimico, fisico-meccanico o a causa di un eventuale impatto. Il calcestruzzo ammalorato va rimosso da tutta la zona danneggiata.
(2) La suddetta rimozione consente di accertare lo stato delle armature metalliche e quindi di progettare l‟esecuzione di eventuali interventi che eliminino le cause responsabili del deterioramen- to dello stesso calcestruzzo. Tali interventi sono assolutamente necessari prima di procedere alla ri- costruzione delle parti di calcestruzzo rimosse. Se è in atto un processo corrosivo a carico delle ar- mature metalliche, è necessario rimuovere lo strato deteriorato mediante spazzolatura o sabbiatura e poi trattare la superficie con idonei inibitori di corrosione.
(3) Una volta che tutto il calcestruzzo deteriorato sia stato rimosso e siano stati adottati i prov- vedimenti più opportuni per arrestare la corrosione delle armature metalliche nonché tutti gli altri fenomeni che siano causa di degrado (ad esempio infiltrazioni d‟acqua o carente regimentazione delle acque), si può procedere al suo reintegro mediante l‟utilizzo di betoncini espansivi da ripristi- no.
Al ripristino delle parti di calcestruzzo ammalorate è opportuno associare il livellamento di eventua- li asperità superficiali superiori a 10 mm, da effettuarsi con stucco epossidico compatibile; nel caso in cui la zona da colmare abbia profondità superiore a 20 mm si dovrà utilizzare un apposito mate- riale di apporto. Infine, se l‟elemento da rinforzare presenta delle fessure di ampiezza superiore a
0.5 mm, è opportuno che esse siano sigillate mediante iniezione prima di applicare il rinforzo.
4.8.1.3 Preparazione del substrato
(1) Dopo aver accertato la qualità del substrato ed aver eventualmente provveduto al ripristino del calcestruzzo ammalorato ed al trattamento delle barre metalliche, è necessario sabbiare la super- ficie interessata dal rinforzo. La sabbiatura deve assicurare un grado di ruvidezza almeno pari a 0.3 mm; tale grado può essere misurato mediante appositi strumenti quali, ad esempio, un profilometro laser oppure un‟apparecchiatura per rugosimetria ottica.
(2) Nel caso in cui si operi su una superficie di calcestruzzo che non necessiti di ripristino, ma sia di qualità scadente, è opportuno valutare la possibilità di applicare su di essa un consolidante prima della stesura del primer.
(3) Nel caso in cui si operi sulla superficie di una struttura nuova, è necessario assicurarsi che le
parti interessate dall‟applicazione siano perfettamente pulite da eventuali film disarmanti applicati sui casseri. In generale, è necessario verificare che sulla superficie di applicazione del rinforzo non siano presenti polveri, grassi, idrocarburi e tensioattivi.
(4) Nel confinamento di pilastri, nel rinforzo a taglio ed in generale in tutti i casi in cui il rinfor- zo di FRP debba essere applicato intorno a spigoli, è necessario procedere preliminarmente all‟arrotondamento di questi ultimi, assicurando un raggio di curvatura almeno pari a 20 mm.
4.8.2 Raccomandazioni per l’esecuzione a regola d’arte
(1) La qualità dell‟esecuzione del rinforzo con materiali compositi dipende strettamente dalle condizioni di temperatura ed umidità ambientali nonché da quelle del substrato su cui il rinforzo è applicato. In aggiunta alle suddette precauzioni, da assumersi indipendentemente dal tipo di rinfor- zo, si segnalano ulteriori specifiche precauzioni atte a garantire la qualità dell‟installazione di siste- mi a base di FRP con polimerizzazione in situ e quindi non controllata in stabilimento.
4.8.2.1 Condizioni di umidità e temperatura dell’ambiente e del substrato
(1) Si sconsiglia di installare rinforzi di composito se l‟ambiente è molto umido in quanto un elevato grado di umidità può ritardare la stagionatura delle resine nonché inficiare la perfetta realiz- zazione del composito nel caso di sistemi con polimerizzazione in situ.
(2) I rinforzi non vanno installati su substrati che presentino un grado di umidità superficiale maggiore del 10%: tale condizione potrebbe infatti impedire la penetrazione del primer nei pori e generare bolle d‟aria tali da compromettere l‟aderenza. L‟umidità del substrato può essere valutata mediante un misuratore di umidità per malte oppure semplicemente con l‟utilizzo di carta assorben- te.
(3) Il rinforzo, inoltre, non va installato se la temperatura ambiente e quella superficiale sono molto basse, in quanto potrebbe essere pregiudicata la perfetta stagionatura delle resine e l‟impregnazione delle fibre. È sconsigliato installare il rinforzo se le suddette temperature non rica- dono nell‟intervallo 10°-35° C. In ambienti a bassa temperatura, se la tempistica di cantiere non consente di differire l‟installazione, è opportuno riscaldare artificialmente le zone interessate dal rinforzo. Parimente, è sconsigliato installare il rinforzo nel caso in cui la superficie di calcestruzzo sia esposta a forte soleggiamento.
(4) Quando la stagionatura del rinforzo avviene in condizioni di pioggia, di eccessivo soleggia- mento, di forti gradienti termici, di elevata umidità, o in presenza di polvere può essere opportuno avvalersi di teli protettivi o di provvedimenti succedanei.
4.8.2.2 Particolari costruttivi e norme di esecuzione
(1) Per il progetto dei particolari di estremità del rinforzo, è opportuno assicurare una lunghezza di ancoraggio almeno pari a 200 mm. In alternativa, se possibile, si possono adottare connettori meccanici.
(2) Durante la posa in opera di sistemi con polimerizzazione in situ, è importante rispettare l‟allineamento delle fibre previsto in progetto ed evitare ondulazioni delle stesse.
(3) Nei casi di applicazione di fibre di carbonio che potrebbero venire a diretto contatto con par- ti di acciaio, è opportuno prevedere strati di materiale isolante in grado di evitare l‟innesco di corro- sione galvanica.
(4) In vista di prove di controllo semi-distruttive da eseguirsi successivamente, è buona norma prevedere zone aggiuntive (“testimoni”) di rinforzo in parti della struttura opportunamente selezio- nate. Tali zone, suddivise in fazzoletti di dimensioni superiori a 500×200 mm2, devono presentare un‟estensione totale minima di 0.1 m2 e comunque non inferiore allo 0.5% dell‟area totale del rin- forzo. I fazzoletti vanno realizzati all‟atto del rinforzo, con gli stessi materiali e con le medesime modalità previste per il rinforzo principale, in zone in cui la rimozione del rinforzo non comporti al- terazione dei meccanismi di collasso. I fazzoletti devono inoltre essere esposti alle stesse condizioni ambientali del rinforzo principale e, se in numero maggiore di uno, devono essere distribuiti in ma- niera omogenea.
4.8.2.3 Protezione del sistema di rinforzo
(1) Nel caso di applicazioni in ambiente esterno è sempre consigliabile proteggere il sistema di rinforzo dall‟azione diretta dell‟irraggiamento solare, che può produrre alterazioni chimico-fisiche nella matrice epossidica. Ciò può essere ottenuto mediante l‟impiego di vernici acriliche protettive, sia in dispersione acquosa sia in solvente, previa pulitura della superficie del composito mediante l‟uso di una spugna satura d‟acqua saponata.
(2) In alternativa, si può ottenere una protezione maggiore mediante l‟applicazione sul composi- to già messo in opera di intonaci o malte (preferibilmente di natura cementizia). Tali intonaci, di spessori consigliati dai produttori e/o fornitori, vanno posati sul sistema di rinforzo, previa prepara- zione della superficie mediante applicazione di resina epossidica con successivo spolvero “fresco su fresco” di polvere di quarzo. Lo strato così realizzato è particolarmente idoneo a ricevere qualsiasi tipo di intonaco.
(3) Ai fini della protezione al fuoco si possono adottare due differenti soluzioni: l‟uso di pannel- li intumescenti o l‟applicazione di intonaci protettivi. In entrambi i casi produttori e/o fornitori de- vono indicare il grado di protezione in relazione allo spessore del rivestimento. I pannelli – in gene- re a base di calciosilicati – vengono posati sul rinforzo previo inserimento di tasselli che non devo- no mai tagliare o forare le fibre.
L‟intonaco intumescente, corrispondente alla soluzione maggiormente utilizzata come strato protet- tivo, deve essere applicato sul composito seguendo le indicazioni riportate al punto precedente.
Allo stato attuale sono reperibili sul mercato rivestimenti protettivi, di spessore e consistenza ade- guati, in grado di contenere, in caso di incendio, la temperatura del composito al di sotto di 80°C per un tempo di 90 min.
4.8.3 Controllo di qualità dell’esecuzione
(1) Se del caso, il controllo di qualità dell‟installazione dovrebbe includere almeno un ciclo di prove semi-distruttive per la caratterizzazione meccanica della stessa installazione ed almeno una mappatura non distruttiva atta ad assicurarne l‟omogeneità.
4.8.3.1 Prove semi-distruttive
(1) Possono essere eseguite sia prove di strappo normale che prove di strappo a taglio. Le prove semi-distruttive vanno eseguite sui testimoni e, dove possibile, anche in zone del rinforzo non criti- che in ragione di una prova per ogni 5 m2 di applicazione, e comunque in numero totale non inferio- re a 2 per tipo.
(2) Prova di strappo normale. La prova, utile per il solo accertamento delle proprietà del sub- strato ripristinato, viene eseguita utilizzando piastre circolari di acciaio di spessore 20 mm e con di- ametro pari ad almeno 3 volte la dimensione caratteristica dell‟inerte del calcestruzzo del substrato, e comunque non inferiore a 40 mm. Il rinforzo deve essere tagliato attorno al bordo della piastra,
prima della prova, con una fresa cilindrica retta di diametro ≤ 3mm, rotante ad almeno 2500 gi- ri/min, avendo cura di non surriscaldare il composito e di ottenere l‟incisione anche del substrato per uno spessore di 1-2 mm.
L‟applicazione può ritenersi accettabile se almeno l‟80% delle prove (entrambe nel caso di due sole prove) fornisce una tensione di picco allo strappo non inferiore a 0.9-1.2 MPa ed inoltre se, preva- lentemente, la crisi è localizzata al di sotto della superficie di interfaccia composito/substrato.
(3) Prova di strappo a taglio. La prova risulta particolarmente significativa per l‟accertamento della qualità dell‟incollaggio. È eseguibile solo se è possibile tirare una porzione di materiale com- posito nel proprio piano in corrispondenza di uno spigolo staccato dal substrato.
L‟applicazione può ritenersi accettabile se almeno l‟80% delle prove (entrambe nel caso di due sole prove) fornisce una forza di picco allo strappo non inferiore a 24 kN.
4.8.3.2 Prove non distruttive
(1) Le prove non distruttive possono essere utilizzate per caratterizzare l‟omogeneità dell‟applicazione a partire da adeguate mappature bidimensionali della superficie rinforzata aventi risoluzione spaziale differenziata in funzione della zona del rinforzo, secondo le indicazioni fornite in Tabella 4-1.
(2) Prove di tipo acustico stimolato. Analoghe alla tipologia di prova “impact-echo”, tali prove si fondano sul diverso comportamento oscillatorio dello strato di composito in presenza o in assenza di coerenza con il substrato sottostante. Nella versione più elementare, una prova di questo tipo può essere eseguita da un tecnico esperto percuotendo la superficie del composito con una bacchetta ri- gida e ascoltando la sonorità che scaturisce dall‟impatto. Risultati più oggettivi possono essere otte- xxxx con sistemi automatizzati.
(3) Prove ultrasoniche ad alta frequenza. Devono essere condotte impiegando metodologie in riflessione con frequenze non inferiori a 1.5 MHz e sonde con diametro non superiore a 25 mm, uti- lizzando la tecnica basata sulla variazione dell‟ampiezza del primo picco per la localizzazione dei difetti.
Tabella 4-1 – Risoluzione minima per lo spessore di difetti da identificare mediante prove non distruttive.
Trasf. di tensioni di taglio all’interfaccia | Esempio | Controllo non distruttivo | Maglia di mappatura della superficie | Risoluzione minima per lo spessore del difetto |
Assente | fasciature, con eccezione della zona di sovrapposizione nel caso di realizzazioni a singolo strato | facoltativo | 250 mm | 3 mm |
Debole | zona centrale di rinforzi piani molto estesi | facoltativo | 250 mm | 3 mm |
Moderato o potenziale | zona centrale di rinforzi longitudinali a flessione | consigliato | 100 mm | 0.5 mm |
Critico | zone di ancoraggio, zone di sovrapposizione tra gli stra- ti, staffe di rinforzo a taglio, zone di interfaccia con i connettori, zone con vistose asperità o fessurazioni del substrato | obbligatorio | 50 mm | 0.1 mm |
(4) Prove termografiche. Risultano efficaci solamente in presenza di materiali di rinforzo carat- terizzati da bassa conducibilità termica e non sono applicabili a rinforzi in carbonio o con fibre me- talliche, a meno che non vengano utilizzati accorgimenti particolari che ne garantiscano una sensibi- lità adeguata. Occorre inoltre assicurare che il riscaldamento impartito nel corso della prova non danneggi il rinforzo con temperature troppo vicine a quella di transizione vetrosa.
(5) Prove in emissione acustica. La tecnica, basata sull‟Emissione Acustica (EA), consente di cogliere e seguire il verificarsi e l‟evolversi di un fenomeno di danno all‟interno di un elemento strutturale soggetto a carico, “ascoltando” e registrando i “rumori” generati dalla formazione di cracks o fenomeni di distacco, che si propagano nel mezzo come onde elastiche. Rientra tra i meto- di di controllo e monitoraggio passivi, i quali si attivano in funzione delle condizioni presenti negli elementi strutturali in fase di esercizio. Tale tecnica risulta particolarmente idonea per rilevare difet- ti dell‟applicazione del composito alla struttura di c.a. e per rilevare l‟inizio del distacco dalla strut- tura medesima.
4.8.4 Qualifica degli operatori per l’esecuzione delle prove
(1) I profili professionali degli operatori preposti alle prove devono corrispondere ai seguenti tre livelli di qualifica appresso specificati (Tabella 4-2), in conformità con la normativa di riferimento UNI EN 473 e UNI EN 45013.
La qualifica va anche regolata in accordo con la normativa UNI EN 45013-Criteri generali riguar- danti gli Organismi di Certificazione preposti alla certificazione del personale.
Tabella 4-2 – Livelli di specializzazione per l‟esecuzione di prove di monitoraggio e collaudo.
Livello 1 | Regolare l‟apparecchiatura; eseguire le prove; registrare e classificare i risultati in relazione a criteri scritti; stendere un resoconto sui risultati. |
Livello 2 | Scegliere la modalità operativa della prova da utilizzare; definire i limiti di applicazione della prova per la quale la persona di livello 2 è qualificata; comprendere le norme e le specifiche di prova e tradurle in istruzioni pratiche di prova adattate alle condizioni reali di lavoro; regolare e tarare le apparecchiature; effettuare e sorvegliare le prove; interpretare e valutare i risultati in funzione delle norme, dei codici o delle specifiche da rispettare; redigere le istruzioni scritte di prova per il livello 1; svolgere e sorvegliare tutti gli incarichi propri di un livello 1; addestrare o guidare il personale di livello inferiore al livello 2; organizzare i risultati di una prova e redigere il relativo rapporto. |
Livello 3 | Assumere l‟intera responsabilità di un laboratorio di prova e del relativo personale; stabilire e convalidare le tecniche e le procedure di prova; interpretare le norme, i codici, le specifiche e le procedure; stabilire le prove specifiche e le procedure che è opportuno utilizzare; avere la competenza per valutare ed interpretare i risultati in relazione alle norme, ai codici ed alle specifiche esistenti; avere una sufficiente conoscenza pratica dei materiali, della fabbricazione e della tecnologia dei vari prodotti interessati al fine di poter scegliere i metodi, stabilire le tecniche e collaborare alla definizione di criteri di accettazione quando non ne esistano di prestabiliti; avere una conoscenza nei diversi campi di applicazione; avere la capacità di guidare il personale di livello inferiore al livello 3. |
4.8.5 Monitoraggio dell’intervento di rinforzo
(1) La disponibilità, relativamente modesta, di dati relativi al comportamento a lungo termine dei materiali compositi consiglia, in situazioni di particolare rilevanza (con riferimento alla destina- zione d‟uso dell‟edificio e/o del manufatto sul quale si è intervenuti, al numero di elementi rinforza- ti e all‟entità degli incrementi di resistenza conseguiti), un‟adeguata attività di monitoraggio delle applicazioni mediante l‟esecuzione periodica di prove non distruttive e semi-distruttive, o di prove mediante sensori incorporati. Scopo del monitoraggio è tenere sotto controllo i seguenti parametri o solo alcuni di essi:
• temperatura del rinforzo;
• umidità dell‟ambiente;
• andamento di spostamenti e deformazioni;
• continuità e livello di danneggiamento delle fibre;
• estensioni di difetti e distacchi dell‟applicazione.
4.9 ESEMPI NUMERICI
Alcune applicazioni numeriche relative al rinforzo con FRP di strutture di c.a. sono riportate nell‟Appendice E.
5 RINFORZO DI STRUTTURE MURARIE
5.1 GENERALITÀ
5.1.1 Oggetto ed ambito di applicazione
(1)P Oggetto del presente capitolo sono le regole per il dimensionamento e la verifica di elementi strutturali murari rinforzati per il tramite di FRP.
(2)P L‟intervento di rinforzo ha lo scopo di conseguire, prioritariamente, per i singoli elementi strutturali e per l‟intera costruzione un incremento di resistenza nei confronti delle azioni sollecitan- ti e, quando possibile, un aumento dei valori degli spostamenti esibiti all‟atto del collasso.
5.1.2 Interventi di restauro su strutture di interesse storico e monumentale
(1)P Qualora il rinforzo strutturale riguardi costruzioni di interesse storico o monumentale, si ri- chiede una specifica giustificazione sull‟indispensabilità, improrogabilità e compatibilità dell‟intervento con le teorie del restauro (vedere § 3.1(3)).
5.1.3 Criteri per il progetto del consolidamento strutturale
(1) Gli interventi di rinforzo oggetto delle presenti Istruzioni consistono nell‟applicazione di lamine, tessuti, reti e barre di FRP sugli elementi strutturali della costruzione, per adesione o me- diante dispositivi meccanici di ancoraggio. La suddetta applicazione può avvenire sulle superfici esterne della muratura (paramenti murari) o in alloggiamenti e scanalature realizzate all‟interno del- la muratura stessa.
(2) L‟inserimento dei rinforzi è motivato dalle seguenti ragioni:
• trasmissione di sforzi di trazione all‟interno di singoli elementi strutturali o tra elementi con- tigui (rinforzi a flessione, taglio, ecc.);
• collegamento tra elementi che collaborano a resistere all‟azione esterna (catene di volte e di pareti, connessioni tra pareti ortogonali, ecc.);
• irrigidimento di solai nel proprio piano per conseguire un funzionamento a diaframma rigi- do;
• limitazione dell‟apertura di fessure;
• confinamento di colonne al fine di incrementare la resistenza del materiale.
(3)P La progettazione degli interventi di rinforzo deve essere generalmente mirata ad assicurare uno stato di trazione nei rinforzi di FRP. Infatti, i rinforzi di FRP soggetti a compressione non sono generalmente in grado di incrementare le prestazioni delle murature, in quanto, a parità di contra- zione, la risultante degli sforzi di compressione a carico della muratura prevale solitamente di gran lunga su quella a carico del composito fibrorinforzato, a causa della notevole differenza di area tra la muratura compressa ed il rinforzo. Inoltre, i rinforzi compressi sono soggetti a possibile delami- nazione per instabilità locale.
(4) Per le strutture murarie rinforzate con FRP e soggette a sollecitazioni cicliche di trazione e compressione, quali quelle causate da eventi sismici e da variazioni termiche, l‟adesione muratura- FRP può deteriorarsi notevolmente nel corso della vita della struttura. A tal riguardo potrebbe esse- re necessario inserire il rinforzo in intagli atti a prevenire l‟instabilità locale ovvero applicare dispo- sitivi meccanici di connessione.