LA LIBERTÀ ACCADEMICA NEGLI USA: ANALISI DI UNA TUTELA CONTRADDITTORIA
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA
Dipartimento di Diritto Privato e Critica del Diritto Dipartimento di Diritto Pubblico, Internazionale e Comunitario
Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza
a.a. 2022/2023
LA LIBERTÀ ACCADEMICA NEGLI USA: ANALISI DI UNA TUTELA CONTRADDITTORIA
Relatore: Xx.xx Prof. Xxxxxx Xxx
Laureanda: Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxx
Alla xxxx. Xxxxx
INDICE
CAPITOLO PRIMO
1. I PROFILI STORICI DELLA LIBERTÀ ACCADEMICA NEGLI USA 5
1.1. La nascita del concetto di libertà accademica 6
1.2. Gli economics cases e la fondazione di AUUP 10
1.3. Il 1940 Statement of Principles on Academic Freedom and Tenure 14
1.4. Xxxxx v. Board of Education 17
2. LA LIBERTÀ ACCADEMICA NELLE UNIVERSITÀ DI OGGI: LE PREMESSE 19
2.1. La missione dell’Università e la Truth-Seeking Theory 20
2.2. Primo emendamento e free speech nei campus 22
2.3. Faculty freedom e Institutional freedom: una dicotomia 25
CAPITOLO SECONDO
FACULTY FREEDOM: LA LIBERTÀ ACCADEMICA NELLE UNIVERSITÀ STATUNITENSI 28
1. LA MANCATA CHIAREZZA E CONTRADDITTORIETÀ NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE SUPREMA 28
1.1. Xxxxxx v. New Hampshire e i primi casi 28
1.2. Keyishan v. Board of Regents. Il fondamento costituzionale 32
1.3. Garcetti x. Xxxxxxxx: un’opportunità mancata 34
2. LA TUTELA DEI PROFESSORI E LE FORZE POLITICHE NEI CAMPUS AMERICANI 39
2.1. Poca tutela e ambiguità: un terreno fertile per gli schieramenti politici 39
2.2. I modelli di legge di Xxxxxxxxx Institute, Manhattan Institute ed Heritage Foundation 43
2.3. Il caso della Florida: the Education State 47
3. E LE UNIVERSITÀ PRIVATE? 51
3.1. Il labile confine fra università pubbliche e università private 53
3.2. Il Chicago Statement e la campagna di FIRE 58
3.3. L’intervento della dottrina: tre possibili teorie 63
CAPITOLO TERZO
INSTITUTIONAL FREEDOM: AFFIRMATIVE ACTION E AUTONOMIA DELLE UNIVERSITÀ STATUNITENSI 67
1. I FONDAMENTI STORICI E FILOSOFICI DELL’AFFIRMATIVE ACTION. 67
1.1. Color-blindness e race-consciousness: un dualismo nato dal XIV
1.2. Affirmative action nell’educazione universitaria e le race-conscious admissions 72
2. REGENTS OF UNIVERSITY OF CALIFORNIA X. XXXXX: IL GIUDICE XXXXXX E IL NUOVO SIGNIFICATO DI LIBERTÀ ACCADEMICA 75
2.2. Le sentenze del Settimo distretto e l’institutional academic freedom 80
2.3. Le sentenze del Quarto distretto e l’esclusione dell’individual academic freedom 84
3. XXXXXXX X. XXXXXXXXX E LA CONFERMA DELLA LIBERTÀ ACCADEMICA COME AUTONOMIA 87
3.1. Il diversity rationale del giudice X’ Xxxxxx 89
3.2. Judicial deference to educational judgment e la libertà accademica 91
4. LA DICHIARAZIONE D’INCOSTITUZIONALITÀ IN STUDENTS FOR FAIR ADMISSIONS X. XXXXXXX 96
4.1. I presupposti in Xxxxxx v. University of Texas at Austin 97
4.2. La decisione della Corte in SFFA x. Xxxxxxx e il rapporto con la libertà accademica 100
4.3. E adesso? Una prospettiva sul futuro delle ammissioni universitarie 105
CONCLUSIONI 109
BIBLIOGRAFIA 113
INTRODUZIONE
La libertà accademica è definita dall’UNESCO come il diritto dei professori universitari alla libertà d’insegnamento e di discussione, alla libertà di svolgere ricerche e di diffonderne e pubblicarne i risultati, alla libertà di esprimere liberamente la propria opinione sull'istituzione o sul sistema in cui lavorano, alla libertà dalla censura istituzionale e alla libertà di partecipare a organismi accademici professionali o rappresentativi; tutto il personale docente universitario deve avere il diritto di svolgere le proprie funzioni senza discriminazioni di alcun tipo e senza temere la repressione da parte dello Stato o di qualsiasi altro potere.1
Lo sviluppo della libertà accademica è strettamente correlato alla storia dell’istituzione in cui si forma, ossia l’Università, e vede la sua origine nelle grandi università tedesche ottocentesche attraverso il rispettato concetto di Lehrfreiheit. Oggi, invece, la libertà accademica si trova ad affrontare sfide importanti e spesso nel contesto internazionale viene definita under pressure. Per gli stati appartenenti all’Unione Europea, la libertà accademica è un diritto fondamentale garantito dall’art. 13 della Carta dei diritti Fondamentali dell’Unione Europea2. In Europa, i casi più gravi di compromissione della libertà accademica sono molto recenti e si ritrovano in Polonia ed Ungheria, in seguito alle riforme portate avanti dai rispettivi governi populisti ed euroscettici.3
Ad esempio, nel 2019 la Central European University (CEU, istituzione universitaria statunitense) ha dovuto interrompere le proprie attività e trasferire la propria sede da Budapest a Vienna, a seguito dell’entrata in vigore della Lex CEU ungherese. Si tratta di una disposizione di legge che richiede la stipulazione di contratti bilaterali fra l’Ungheria e i Paesi non appartenenti alla European Economic Area (EEA) per avere su suolo ungherese proprie istituzioni universitarie: è una norma con un solo destinatario, la CEU.4 In Polonia, invece, l’entrata in vigore della legge del 20 luglio 2018 “Sull’istruzione superiore e la scienza” ha causato uno stravolgimento nel modello organizzativo universitario, passando da un sistema di gestione collegiale ad un sistema manageriale. La legge prevede la formazione di un Consiglio d’amministrazione per
1 Recommendation concerning the Status of Higher-Education Teaching Personnel, UNESCO, 11.11.1997, xxxxx://xx.xxxxxx.xxx/xxxxx-xx/xxxxx-xxxxxxx/xxxxxxxxxxxxxx-xxxxxxxxxx-xxxxxx-xxxxxx- education-teaching-personnel
2 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, 2000/C 364/01, Art. 13, Libertà delle arti e delle scienze: “Le arti e la ricerca scientifica sono libere. La libertà accademica è rispettata.” xxxxx://xxx.xxxxxxxx.xxxxxx.xx/xxxxxxx/xxx/xxxx_xx.xxx
3 X. XXXXXXXX-XXXXXXXX, The Polish Paradox: From a Fight for Democracy to the Political Radicalization and Social Exclusion, Social Sciences 10 (2021), p. 3
4 X. XXXXXX et al (a cura di), Academic Freedom under Pressure? A Comparative Perspective, Springer Nature (2021), p. 30
ogni istituzione, composto da persone esterne alla stessa non appartenenti al mondo accademico: in questo modo il Governo può assicurare la presenza nei Consigli di componenti della Pubblica Amministrazione, con l’alto rischio di censura per le ricerche scientifiche ritenute controverse e poco consone dal partito Diritto e Giustizia.5
In Italia la libertà accademica è protetta dall’art. 33 della Costituzione6, tuttavia negli ultimi anni si sono sviluppate delle tendenze che potrebbero instaurare una possibile tensione con questo diritto. Con la diffusione della cosiddetta etica della cura7 sono aumentati in numero considerevole i regolamenti e le linee guida degli atenei universitari volti a garantire l’uso di un linguaggio equo ed inclusivo in termini di genere. L’Università degli Studi di Padova, ad esempio, ha pubblicato nel 2017 un documento8 volto a promuovere l’utilizzo di un linguaggio non discriminatorio e attento alle differenze di genere negli eventi pubblici e nella vita accademica di tutti i giorni. Inoltre, è aumentato nei Codici etici di ogni università (si veda ad esempio quanto affermato dall’Alma Mater di Bologna o dall’università La Sapienza di Roma) l’intento di ostacolare qualsiasi forma di discriminazione.9 Secondo Ragone, in Italia non vi sono ancora motivi per temere una restrizione della libertà accademica; tuttavia, è opportuno interrogarsi circa il rapporto fra quest’ultima e la garanzia d’inclusione e parità di genere: l’utilizzo di un linguaggio rispettoso e attento, necessario per evitare lesioni di diritti personali fondamentali, non dovrebbe mai sfociare nell’eliminazione di spunti di discussione e nella censura di idee controverse nelle aule universitarie.10
Nel tentativo di trovare una risposta a questi dubbi i più guardano agli Stati Uniti, essendo il Paese che da più tempo si confronta con queste problematiche alla ricerca del corretto bilanciamento fra libertà accademica e le cosiddette DEI policies (Diversity, Equity, Inclusion). Il Consiglio d’Europa11, ad esempio, nelle proprie pubblicazioni
5 X. XXXXXXXXXX-XXXXX, The Scope of Academic Freedom Right and the Situation of Scientists in Poland, Springer Nature (2022), p. 104
6 Costituzione della Repubblica Italiana, art. 33: “L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.”
xxxxx://xxx.xxxxxx.xx/xxxxxxxxxxx/xx-xxxxxxxxxxxx/xxxxx-x/xxxxxx-xx/xxxxxxxx-00
7 Per etica della cura si intende un ambito di ricerca in cui si pone l’accento sulla vulnerabilità del
prossimo, prestando attenzione all’altrui sensibilità sulla dimensione affettiva, personale e biografica.
Si veda per approfondire: X. XXXXXX, Etica della cura: un’introduzione, Orthotes Editrice (2013)
8 Generi e linguaggi. Linee guida per un linguaggio amministrativo e istituzionale attento alle differenze di genere, Università degli Studi di Padova (2017), xxxxx://xxx.xxxxx.xx/xxxxx/xxxxx.xx/xxxxx/0000/Xxxxxx%00x%00xxxxxxxxx.xxx
9 X. XXXXXX et al. (a cura di), op. cit., p. 220
10 Ivi, p. 228
11 Il Consiglio d’Europa è un’organizzazione internazionale di cui fanno parte quarantasei stati, volta a promuovere la democrazia, i diritti umani e lo stato di diritto in Europa e oltre. Gli Stati Uniti sono considerati stato osservatore.
xxxxx://xxx.xxx.xxx/xx/xxx/xxxxxx/xxxx
riguardanti l’istruzione universitaria spesso si riferisce agli Stati Uniti come un modello da seguire in tal senso.12 Tuttavia, la tutela della libertà accademica negli Stati Uniti è tutt’altro che limpida: non essendo protetta esplicitamente dalla Costituzione, viene ricondotta al Primo emendamento dalla Corte Suprema solo alla fine degli anni Sessanta, per poi intersecarsi con la tematica della diversità e delle affirmative actions dal 1978 in poi, anno in cui la Corte Suprema afferma la costituzionalità dei programmi d’ammissione universitari basati sul mantenimento della diversità razziale.
A causa della centralità che inizia ad assumere la tematica della libertà accademica in Europa e in Italia, queste pagine si propongono d’indagare l’istituto della libertà accademica negli Stati Uniti, con particolare attenzione al suo sviluppo storico e filosofico, alla sua enucleazione da parte della Corte Suprema come diritto tutelato dal Primo emendamento e al suo rapporto con l’autonomia dell’istituzione universitaria e con le affirmative actions.
La trattazione è suddivisa in tre capitoli: nel primo capitolo è anzitutto descritto lo sviluppo storico delle università negli Stati Uniti dai colonial colleges alla modern university e l’origine del concetto di libertà accademica; quest’ultimo nasce come tutela del pensiero degli accademici nelle università tedesche del XIX secolo e viene importato negli Stati Uniti a fine Ottocento. In secondo luogo, è spiegata l’essenzialità per i college americani della Truth Seeking Theory e della teoria liberale del Marketplace of Ideas.
Nel secondo capitolo è trattato il fondamento costituzionale della faculty freedom, ossia della libertà accademica intesa come tutela del singolo professore: sono analizzate le sentenze della Corte Suprema che durante il Maccartismo affermano l’importanza dell’ambiente accademico e del lavoro dei professori, enucleando a favore di questi una protezione derivante dal Primo emendamento, che vede come proprio presupposto la più generale libertà d’espressione. Sono poi delineate le conseguenze delle lacune di queste sentenze, mai colmate dalla Corte: la libertà accademica risulta un concetto privo di sostanziale contenuto giuridico, capace di essere colmato nei modi più svariati a seconda del contesto storico e del credo politico prevalente. Oggi, le corti minori trattano le cause concernenti la libertà accademica dei singoli professori attraverso le disposizioni della Corte Suprema in ambito di libertà d’espressione dei dipendenti pubblici. Inoltre, la libertà accademica è oppressa in contesto politico sia dai progressisti sia dai conservatori, incapace di relazionarsi con l’esigenza di diversità dei primi e i
12 Si veda ad esempio: X. XXXXXX at al. (a cura di), Academic Freedom, Institutional Autonomy and the Future of Democracy, Council of Europe, Higher Education Series 24 (2020)
disegni di legge dei secondi contrari, ad esempio, all’insegnamento della Critical Race Theory. Infine, è delineato il problema delle università private, le quali non essendo vincolate al Primo emendamento non garantiscono un’effettiva tutela agli accademici.
Nel terzo e ultimo capitolo è analizzata la trattazione della libertà accademica svolta dalla Corte Suprema dalla fine degli anni Settanta in poi: non si parla più di individual faculty freedom ma di institutional freedom, ossia dell’autonomia dell’istituzione universitaria. Questo cambiamento deriva dalla legittimità costituzionale riconosciuta dalla Corte Suprema alle affirmative actions nei college, azioni di discriminazioni positiva volte a facilitare l’ammissione di studenti appartenenti a minoranze razziali. La diversità nella composizione studentesca è un obiettivo che, se raggiunto, garantisce importanti educational benefits ed è il mezzo giustificatore per la legittimità dei race conscious admission programs. Quest’ambito di ricerca risulta vicino ai professori universitari ma ben distinto dalla tutela degli stessi; invece la Corte Suprema nell’argomentare la necessarietà delle affirmative actions afferma la libertà accademica dell’istituzione nello scegliere i propri studenti, ossia la sua autonomia che si contrappone però alla libertà dei professori. Tutto questo sembra giungere ad una conclusione nel giugno 2023 con l’ultima sentenza della Corte Suprema in ambito di affirmative actions, sentenza in cui dopo cinquant’anni la Corte ha dichiarato che i programmi d’ammissione basati sulla razza sono incostituzionali.
CAPITOLO PRIMO
ACADEMIC FREEDOM NEGLI USA
La libertà accademica, come insieme di tutele e garanzie rivolte ai professori universitari e ai membri della comunità accademica statunitense, è un aspetto del Primo emendamento ancora oscuro e in continua evoluzione. Il concetto di libertà accademica presente al giorno d’oggi negli Stati Uniti si fonda su tre elementi principali: la filosofia della libertà intellettuale e della ricerca della verità, sviluppate in Europa fra Rinascimento e Illuminismo; le libertà garantite dal Bill of Rights; l’idea di una protezione per i ricercatori universitari derivante dalle grandi università tedesche dell’Ottocento.1
La libertà accademica ha uno sviluppo e un riconoscimento costituzionale negli Stati Uniti del tutto innovativo, diverso dai modelli proposti dalle università europee. In particolare, dagli anni Settanta del Novecento la Corte Suprema concepisce un nuovo significato di libertà accademica: l’autonomia dell’istituzione universitaria nei confronti dello Stato.
1. I PROFILI STORICI DELLA LIBERTÀ ACCADEMICA NEGLI USA La libertà accademica è stata definita a modern term for an ancient idea.2 Il suo sviluppo, infatti, è strettamente correlato alla storia dell’istituzione in cui si forma, ossia l’Università. Nel Medioevo si possono distinguere due archetipi di università: Bologna e Parigi. L’Alma Mater nasce come scuola di diritto civile sulla base dello studio del Corpus Iuris Civilis, i primi maestri sono, quindi, uomini laici, assoggettati all’Universitas, l’insieme delle Nationes di studenti.3 L’università di Parigi, invece, è un centro di studi teologici, dove studenti e insegnanti sono clerici e la struttura portante dell’istituzione è costituita dall’organizzazione dei professori stessi e non dagli studenti. Seguono il modello di Parigi le università tedesche e le due principali università inglesi, Oxford e Cambridge. Quest’ultima risulta essere il modello più influente nella formazione di Harvard e dei principali college americani coloniali.4
1 R. F. XXXXX, Academic Freedom – Its Basic Philosophy, Function and History, LAW&CONTEMP. 28 (1963), p. 431
2 X. XXXXXXXXXX, X. XXXXXXX, The development of academic freedom in the United States, Columbia university press (1955), p. 3. L’opera dei professori Xxxxxxxxxx e Xxxxxxx, pubblicata come parte del progetto American Academic Freedom Project della Columbia University, rappresenta ancora oggi il principale punto di riferimento per lo studio dello sviluppo storico della libertà accademica negli Stati Uniti.
3 A. XXXXXXX, Storia del diritto moderno in Europa. Le fonti e il pensiero giuridico I, Milano Xxxxxxx (1982), pp. 105-134
4 X. XXXXXXXXXX, X. XXXXXXX, op. cit., pp. 5-8
Nel tratteggiare la storia della libertà accademica negli Stati Uniti è necessario distinguere quattro fasi nella costruzione di quello che sono oggi le università americane: la fase dei Colonial Colleges, rudimentali scuole di impronta fortemente religiosa (sectarian schools) fondate dai primi coloni e sviluppatesi fino all’Illuminismo e alla Rivoluzione americana; la fase degli Old-Time Colleges dalla Rivoluzione alla Guerra civile, in cui le università statunitensi subiscono una forte regressione causata dall’incapacità dei finanziatori e dei consigli di amministrazione di resistere alla forte reazione di chiusura da parte delle forze confessionali nei confronti dell’Illuminismo; la fase della Modern University successiva alla Guerra Civile fino agli inizi del Novecento, in cui, ispirandosi al sistema universitario tedesco, gli Old-Time Colleges adottano un metodo scientifico con l’obiettivo di diventare grandi centri di ricerca al pari delle università europee; infine, vi è la fase dell’academic freedom, concetto sviluppatosi negli Stati Uniti a partire dalla prima decade del Novecento e ancora in costruzione.
1.1. La nascita del concetto di libertà accademica
Gli Stati Uniti hanno sviluppato un’idea particolare di libertà accademica in quanto fin dai primi college (Harvard, Xxxxxxx and Xxxx e Yale) si riscontrano almeno tre differenze strutturali e ideologiche importanti rispetto ai modelli europei. In primo luogo, si tratta di istituti finanziati principalmente da enti privati e in cui la supervisione pubblica è ammessa solo in minima parte. In secondo luogo, sono delle scuole ma non ancora delle università in senso letterale: non sono grandi centri di ricerca e non vi è connessione educativa e scientifica con le altre istituzioni universitarie, nemmeno con Oxford e Cambridge. Infine, si sviluppa un sistema di lay government, dove le principali decisioni vengono prese da Consigli costituiti da non accademici e soprattutto non insegnanti. 5
A queste caratteristiche fondamentali si aggiunge un ulteriore aspetto di non trascurabile importanza. I primi college americani nascono in un contesto altamente religioso: l’Harvard College viene fondato in una comunità coloniale fortemente dedita al credo puritano. Tuttavia, la missione di Harvard non è mai stata quella di formare unicamente ministri di culto attraverso curricula prettamente teologici; fin dalla sua fondazione essa viene concepita come una liberal arts school.6
5 Ivi, pp. 114-116
6 Ibidem
Prima, quindi, di qualsiasi diritto di espressione previsto per i professori, risulta essere essenziale nei college una tolleranza confessionale nei confronti degli studenti. Quando si parla di libertà, nei primi college americani precedenti la Rivoluzione americana, ci si riferisce esclusivamente a quella degli studenti. Sono una testimonianza in tal senso gli scritti di Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, avvocato newyorkese e leader presbiteriano, il quale nel 1753 pubblica una serie di articoli riguardanti il sistema educativo universitario. Gli scritti di Xxxxxxxxxx vengono accolti con stupore, in quanto attaccano il monopolio degli anglicani nel settore universitario proponendo un sistema più liberale; Xxxxxxxxxx, parlando di free college, si riferisce però ad una università libera per gli studenti, ritenendo i professori meri elementi passivi obbedienti al Consiglio di amministrazione della Scuola. 7
A seguito dell’avvento dell’Illuminismo si hanno i primi importanti cambiamenti nei college coloniali, in primo luogo la secolarizzazione degli stessi: muta notevolmente la loro missione, vi sono sempre meno studenti interessati a diventare pastori ed entrano nei curricula materie scientifiche e filosofiche. I primi insegnanti di matematica o filosofia naturale sono anche i primi insegnanti secolari, non appartenenti al clero. Non vi è però un conflitto fra scienza e religione e non si pongono, quindi, riflessioni sulla libertà intellettuale di questi nuovi professori: per i puritani lo studio della scienza permette all’uomo di comprendere la grandezza dell’opera di Dio e non va ostacolato.8
Fino alla Guerra Civile il concetto di libertà accademica rimane in ogni caso ignoto.9 Agli inizi del XIX secolo i college coloniali subiscono una forte regressione a causa dell’incapacità dei finanziatori di sostenere i cambiamenti fortemente voluti durante l’Illuminismo dal corpo docente: non si procede nello studio per la validazione di un metodo scientifico o nello sviluppo di ulteriori materie di studio, bensì si sceglie di investire le proprie risorse nella fondazione di nuovi istituti, per un numero estremamente superiore alle esigenze, rispondendo in questo modo alla richiesta insistente di un ritorno alle sectarian schools.10
È la fase degli Old-Time Colleges: piccole strutture statali o private, in cui il curriculum di quattro anni prevede per lo più l’analisi degli autori classici greci e latini, matematica e scienze (chimica, biologia, botanica, aspetti rudimentali della geologia), etica, a volte
7 Ivi, pp. 185-190
8 Ivi, pp. 194-199
9 Ivi, p. 263. Il professor Xxxxxxxxxx afferma: “For the most part, the concept of academic freedom had not received a clear formulation in the ante-bellum period.”
10 Ivi, pp. 209-211. Nel 1780 vi sono solo nove istituzioni universitarie, nel 1861 se ne contano quasi duecento.
diritto costituzionale o dei corsi per la preparazione medica. Lo status dei professori rispecchia il grado di sviluppo dell’istituto per cui lavorano: per insegnare è richiesto il grado accademico basico (B.A. degree); i primi docenti hanno un salario estremamente inferiore rispetto a un istruttore privato e possono essere licenziati in qualsiasi momento. Non stupisce che in pochi scelgano in questo periodo la carriera accademica e che si tratti per lo più di giovani ecclesiastici (young tutors) in attesa di prendere gli ordini o in attesa di ricevere dalla Chiesa una propria parrocchia. Di conseguenza, l’insegnamento delle materie secolari è spesso svolto in modo dozzinale, non comparabile agli insegnamenti nelle università europee, essendo i tutors principalmente preparati sulle materie teologiche.11
Alla fine della Guerra Civile, questo sistema educativo diventa bersaglio di ampie critiche: in particolare, le vessazioni e i licenziamenti nei confronti degli evoluzionisti sostenitori delle teorie di Xxxxxx risultano essere i motivi scatenanti per una rivoluzione del mondo accademico. La teoria dell’evoluzione delle specie, soprattutto a seguito della sua applicazione all’uomo da parte di Xxxxxx, comporta una severa insurrezione dei padri della Chiesa e degli amministratori dei singoli college, che sono per lo più ecclesiastici o componenti laici di una Chiesa protestante.
Se lo status dei professori fosse stato meglio definito da accurati contratti dotati di specifiche regole di comportamento e penalità in caso di mancato rispetto delle stesse, i professori evoluzionisti sarebbero stati nelle condizioni di scegliere se perseguire o meno le proprie battaglie ideologiche. Tuttavia, contratti così dettagliati non sono ancora presenti e il licenziamento per gli insegnamenti non convenzionali di determinati professori risulta essere la conseguenza non aspettata di diversi fattori: il legame dei finanziatori o degli amministratori ad una determinata confessione religiosa, l’importanza attribuita agli insegnamenti scientifici rispetto a quelli teologici, l’ambizione di difendere la reputazione della Scuola.12
In questo contesto, nel XIX secolo13, più di novemila studenti americani si trasferiscono dagli Stati Uniti per studiare nelle affermate università tedesche, primi centri di ricerca scientifica nel mondo.14 Molti di loro, dopo aver finito gli studi, intraprendono poi la
11 Ivi, pp. 227-232
12 Ivi, pp. 320-326
13 Soprattutto nella seconda metà dello stesso, raggiungendo il massimo flusso migratorio negli anni ’80 dell’Ottocento.
Xxx, p. 368
14 Ivi, il professor Xxxxxxx afferma a p. 380:
carriera accademica tornando negli Stati Uniti e riscontrano però un ambiente lavorativo ed accademico molto distante dal concetto tedesco di Lehrfreiheit.15 Le università tedesche sono istituzioni pubbliche: esse sono infatti finanziate da fondi pubblici, l’Impero crea nuove cattedre nominandone i professori titolari e stabilisce le regole generali per la struttura del curriculum. Tuttavia, è il corpo docente della singola università che nomina i lecturers ed elegge gli academic officials fra i professori (amministratori, xxxx o vice president di un determinato dipartimento…).16
Il sistema universitario tedesco non è illuminante solo per la sua struttura, ma specialmente per lo sviluppo del concetto di libertà accademica che riassume due parole differenti: Lernfreiheit e Lehrfreiheit. Per Lernfreiheit si intende l’assenza di vincoli nei confronti del percorso di studio e di ricerca degli studenti: questi ultimi devono essere liberi di condurre la propria vita privata, scegliere che corsi frequentare e quali esami sostenere.17 Per quanto riguarda il secondo concetto,
By Xxxxxxxxxxxx, the German educator meant two things. He meant that the university professor was free to examine bodies of evidence and to report his findings in lecture or published form – that he enjoyed freedom of teaching and freedom of inquiry. […] This freedom was not, as the Germans conceived it, an alienable endowment of all men, nor was it a superadded attraction of certain universities and not others; rather, it was the distinctive prerogative of the academic profession, and the essential condition of all universities. Without it, no institution had the right to call itself a “university”. […] Thus, academic freedom, as the Germans defined it, was not simply the right of professors to speak without fear or favor, but the atmosphere of consent that surrounded the whole process of research and instruction. 18
È evidente il contributo apportato dai ricercatori formati in Germania nello sviluppo del concetto di libertà accademica negli Stati Uniti: i primi sostenitori della libertà accademica all’inizio del Novecento provengono per la maggior parte da un periodo di studi in Germania e sono fra i primi fondatori di AAUP (American Association of University Professors). 19
“In the public mind, the American university was not clearly defined as a center of independent thought, an agent of intellectual progress; it was also, perhaps primarily, a school of preparation for minors, a substituted parent for the young.”
15 Ivi, pp. 367-369
16 Ivi, pp. 383-385. Il professor Xxxxxxx afferma:
“The German universities were state institutions, but the combination of governmental restraint, cultural isolation, limited professorial co-option, and elected administrators gave them the appearance of self-governing bodies.”
17 Ibidem
18 Xxx, pp. 385-387
19 Ivi, p. 396
1.2. Gli economics cases e la fondazione di AUUP
Con l’avvento del XX secolo, gli Stati Uniti sono i protagonisti di un’importante crescita economica. Dal mito dei self-made men si sviluppa la figura dei business men e delle loro industrie di successo: diventano i principali finanziatori delle università statunitensi. Prima della Guerra Civile il più grande finanziamento stanziato a favore di un’università è di circa 50mila dollari, agli inizi del Novecento ogni singolo donatore copre finanziamenti di milioni.20 L’apporto di cifre così alte comporta un cambiamento nel ruolo dei finanziatori stessi, considerati non più solo dei donatori passivi, ma soprattutto industriali ed economisti interessati all’istituzione universitaria e ai vantaggi che quest’ultima, se amministrata secondo determinate regole, può comportare.21 Si sviluppa, quindi, nelle università una nuova gerarchia con a capo non più il presidente dell’Università, bensì il più importante finanziatore della stessa.22
Il cambiamento nella composizione dei board of trustees provoca conseguenti aggiunte nei curricula degli studenti, prevedendo lo studio di nuove materie quali economia, scienze politiche e sociologia. È in questi dipartimenti che si sviluppano numerose e difficili tensioni fra professori e i trustees. Nel 1901, Xxxxxx X. Will (ex presidente del Kansas State Agricultural College) sostiene che almeno venti tenured professors23 siano stati rimossi dall’incarico nei precedenti otto anni a causa di “heretical social and economic writings”. Si tratta di scritti riguardanti tematiche oggetto di forti discussioni politiche, come la regolazione dei monopoli, gli impulsi imperialistici e il bisogno di una riforma sul fenomeno migratorio. 24
Il più conosciuto fra i così detti Economics Cases riguarda Xxxxxx X. Xxxx, tenured professor di economia alla Standford University e figura di spicco a livello nazionale in quanto segretario della American Economics Association. Il professor Xxxx nel 1900 viene licenziato a seguito delle insistenze di un componente del Consiglio, infastidito
20 Ivi, p. 413
21 Ad esempio, alla Xxxxxxx University nel 1984 il board of trustees è composto da cinque banchieri, tre avvocati, due industriali, due giudici e un editore.
Xxx, p. 415
22 Ivi, pp. 414-418. Il professor Xxxxxxx scrive:
“Inevitably, the increase in the size of gifts changed the relations of donor to recipient. […] Thus big businessmen and professors came into fateful contact.”
23 Con il termine tenured professor si intende un professore universitario assunto a tempo indeterminato. Il Legal Information Institute della Xxxxxxx Law School definisce tenure in questo modo:
“Another frequent meaning of the term refers to someone who serves in a position where they cannot be fired except for in extreme circumstances; for example, teachers often receive tenure after a certain amount of time working.”
LEGAL INFORMATION INSTITUTE, tenure, xxxxx://xxx.xxx.xxxxxxx.xxx/xxx/xxxxxx
24 T. E. WILL, A Menace to Freedom: The College Trust in X. Xxxxxxxxxx, X. Xxxxxxx, The development of academic freedom in the United States, Columbia university press (1955), p. 421
dalle innovative posizioni politico economiche (economic populist left) del professore.25 Lo status sociale del professor Xxxx causa un interesse mediatico nazionale su questi primi casi riguardanti la libertà accademica: una libertà però non ancora definita e di cui non sono chiari i confini.
Nel decennio successivo, la tensione fra amministratori e professori è ancora importante, spostandosi però su piani differenti rispetto ai contrasti circa questioni economico-politiche. Nel 1913 Xxxxxxx Xxxxxx, celebre professore di economia presso la Xxxxxxxx University, si dimette su pressione del presidente dell’istituzione. Secondo la Scuola, il professore avrebbe offeso l’istituzione con un proprio discorso, tenuto al di fuori del campus, con cui descriveva le regole riguardanti il riposo obbligatorio domenicale (Sunday Sabbath) come troppo rigide. Ciò avviene nello sdegno della stampa e dei colleghi, primo fra tutti il presidente del dipartimento di economia che si era dimesso dalla Standford a seguito della vicenda riguardante il professor Xxxx.26
Gli economics cases permettono una riflessione fino a questo momento sopita circa le condizioni lavorative dei professori universitari: essi dimostrano infatti come presidenti e amministratori possano opporsi all’affermazione da parte dei professori di idee innovative e poco ortodosse, soprattutto quando queste ultime minano da un punto di vista politico e culturale le basi di pensiero dei trustees. All’inizio del XX secolo, per la prima volta, esponenti della comunità accademica cercano di congiungere due falde di pensiero: una filosofica, che riprende il concetto tedesco di Lehrfreiheit e di libertà all’interno dell’istituzione, e una legale, che richiede un sistema codificato di tutele a favore del professore universitario e nei confronti di chiunque voglia reprimere la sua libertà di espressione attraverso licenziamenti improvvisi ed xxxxxxxx. 27
Nel 1913, Xxxxxx Xxxxxxx, un professore di filosofia alla Xxxxx Xxxxxxx University, e altri diciassette professori della medesima istituzione invitano, attraverso una lettera, i colleghi delle prime nove università statunitensi ad unirsi nella formazione di un’associazione nazionale di professori universitari. Seicento professori aderiscono all’iniziativa, diventando membri di una nuova organizzazione: l’American Association of University Professors (AAUP).28 Nella prima lettera fatta circolare il professor Xxxxxxx enuncia i due principali obiettivi dell’associazione: (1) la formulazione graduale di principi per il rispetto dei tenure rights e la formulazione di motivi legittimi
25 X. XXXXXXXXXX, X. XXXXXXX, op. cit., pp. 438-440
26 X. XXXXXXX, Academic Tenure in America: A Historical Essay in X. XXXXX, Fifty Years of Academic Freedom Jurisprudence, J.C.&U.L. 36, fasc. 3 (2010), p. 799.
27 X. XXXXX, op. cit. nota 26, p. 800
28 X. XXXXXXXXXX, X. XXXXXXX, op. cit., pp. 475-477
di licenziamento e (2) la fondazione di una commissione volta a investigare e rendere pubblici i casi in cui la libertà dei professori risulta essere compromessa dalle autorità delle singole istituzioni universitarie.29 Ad oggi, l’AAUP si definisce ancora la principale associazione di categoria di professori e ricercatori universitari negli Stati Uniti30, con successi riguardanti soprattutto la formulazione di principi e di standard professionali più che una effettiva tutela legale nei singoli casi.31
Il primo risultato dell’AAUP è la scrittura nel 1915 della General Declaration of Principles inserita nel General Report on Academic Freedom and Academic Tenure.32 Questo documento, scritto dalla Commissione A33 e precisamente dall’economista della Princeton Xxxxxxxxxx Xxxxx X. Fetter, prevede alcune proposte pratiche,34 ma è in particolar modo rilevante quanto previsto a giustificazione delle stesse. Il professor Xxxxxx apre il documento affermando le radici della libertà accademica nel concetto tedesco di Lehrfreiheit e spiega:
Academic freedom in this sense comprises three elements: freedom of inquiry; freedom of teaching within the university or college; and freedom of extra-mural utterance and action.35
La Commissione A giustifica la libertà accademica spiegando le funzioni dell’università moderna: fra queste, la prima è perseverare nella ricerca scientifica e solo successivamente istruire gli studenti e formare gli esperti del futuro:
The modern university is becoming more and more the home of scientific research. There are three fields of human inquiry in which the race is only at the beginning: natural science, social science, and philosophy and religion. […] In all of these domains of knowledge, the first condition of progress is complete and unlimited freedom to pursue inquiry and publish its results. Such freedom is the breath in the nostrils of all scientific activity. 36
29 W. P. XXXXXXX, Academic Tenure in America, op. cit., pp. 800-801
30 Nel sito ufficiale di AAUP si può leggere l’attuale missione dell’associazione. xxxxx://xxx.xxxx.xxx/xxxxx/xxxxxxx-0/
31 X. XXXXXXXXXX, X. XXXXXXX, op. cit., pp. 490-491.
Oggi sono comunque molte le organizzazioni che negli Stati Uniti garantiscono una maggiore tutela in tal senso e un supporto economico e legale, prima fra tutte Foundation for Individual Rights and Expression (FIRE): xxxxx://xxx.xxxxxxx.xxx/
32 General Report of the Committee on Academic Freedom and Academic Tenure (1915) Appendix A, in
W. XXX XXXXXXX, Freedom and Tenure in the Academy, Duke University Press (1993), pp. 393–406. 33 L’AAUP fin dalla sua fondazione è diviso in commissioni, ognuna operante in un settore ben preciso. La più importante è la Commissione A (A Committee on Academic Freedom and Tenure). xxxxx://xxx.xxxx.xxx/xxxxx/xxxxxxxxxx
34 Ad esempio, la formulazione di criteri riguardanti la qualifica di tenured uguali per tutte le università; la presenza di clausole riguardanti il licenziamento precise… Verranno ampliate e dettagliate nel 1940 Statement of Academic Freedom and Tenure. Vedi infra pp. 10-13
35 General Report of the Committee on Academic Freedom and Academic Tenure (1915) Appendix A, op. cit., p. 393
36 Ivi, p. 398
Si ha, quindi, per la prima volta una definizione di libertà accademica e non più un mero riferimento al concetto passato di Lehrfreiheit: la libertà accademica è la prima condizione per il perseguimento della ricerca scientifica, è la libertà di studiare e pubblicare i risultati ottenuti, senza limiti di alcun tipo. Vi sono però dei vincoli che rendono pratiche queste dichiarazioni: la libertà del professore ricercatore è condizionata al metodo usato dallo stesso nello svolgere il lavoro di ricerca; i suoi risultati devono essere il frutto di uno studio paziente e competente e ottenuti con “dignity, courtesy and temperatess of language.”37
Con una specificazione di straordinaria attualità, la Commissione illustra poi i pericoli che possono minare lo sviluppo della libertà accademica, distinguendo fra università private e università pubbliche. Nelle università private vi è la questione della repressione della libertà di parola, rivolta soprattutto nei confronti di giudizi riguardanti la moralità di determinate scelte economiche e pratiche commerciali di cui beneficiano in particolar modo i finanziatori delle università stesse:
In the political, social, and economic field almost every question, no matter how large and general it at first appears, is more or less affected with private or class interests; and, as the governing body of university is naturally made up of men who through their standing and ability are personally interested in great private enterprises, the points of possible conflicts are numberless. 38
Nelle università pubbliche, invece, i fondi dipendono dal favore legislativo e, quindi, da considerazioni politiche:
[W]here there is a definite governmental policy or a strong public feeling on economic, social, or political questions, the menace to academic freedom may consist in the repression of opinions that in the particular situation are deemed ultra-conservative rather than ultra-radical.
Vi sono poi altre minacce alla libertà accademica che risiedono nell’esistenza, in una
democrazia, di una soffocante e mirata opinione pubblica:
The tendency of modern democracy is for men to think alike, to feel alike, and to speak alike. Any departure from the conventional standards is apt to be regarded with suspicion. Public opinion is at once the chief safeguard of a democracy, and the chief menace to the real liberty of the individual. […] In a democracy there is political freedom, but there is likely to be a tyranny of public opinion.39
37 Ivi, p. 401
38 Ivi, p. 400
39 Ibidem
Qui si riscontra l’importanza dell’Università come “home of scientific research”: un luogo dove le idee, soprattutto quelle nuove e inusuali, possono nascere e progredire utilizzando un metodo scientifico adeguato e protette dalla libertà accademica.40
1.3. Il 1940 Statement of Principles on Academic Freedom and Tenure Prodotto dall’AAUP e successivo sul piano cronologico alla Dichiarazione del 1915, il 1940 Statement of Principles on Academic Freedom and Tenure rappresenta ancora oggi il principale documento riguardante l’etica professionale accademica.41 Il 1940 Statement ha infatti come prima caratteristica la sua eccezionale durata nel tempo, giacché vede solo nel 1970 delle aggiunte in nota (interpretive comments) necessarie per la spiegazione di termini non più attuali.42
Alla fine degli anni Settanta, due membri storici della Commissione A dell’AAUP, Xxxxx X. Xxxxx e Xxxxxxx X. Xxxxxx, definiscono il 1940 Statement “la Bibbia e la Costituzione” dell’organizzazione e di conseguenza della professione accademica americana in generale.43 Si tratta di un paragone per alcuni aspetti corretto, in particolare guardando la struttura della Dichiarazione:
But the 1940 Statement is Committee A’s bible and its constitution on which it has tried (with difficulties reminiscent of scriptural and constitutional exegesis) to erect a structure of policy and prescription that is cautiously adapted to changing needs.44
Il testo, sia nel preambolo sia nel corpo centrale, presenta un elevato grado di astrattezza, essendo privo di giustificazioni, specificazioni e aderenze alla realtà. I principi enumerati sembrano più appartenenti ad una dimensione religiosa che giuridica: dei dogmi di fede indubbiamente veri e soggetti a più letture. Oltre all’astrattezza, il testo è caratterizzato dalla brevità, poiché i principi sono asseriti attraverso enunciati brevi e concisi: da qui il precedente riferimento alla Costituzione. Riguardo il 1940 Statement però nessuna Corte ha elaborato dei criteri interpretativi.45 Queste caratteristiche differenziano profondamente il 1940 Statement dalla Dichiarazione del 1915, che nella sua semplicità (complice il fatto di essere il prodotto di
40 Ibidem
41 W. P. XXXXXXX, The 1940 Statement of Principles on Academic Freedom and Tenure, Law&Contemp. Probs. 53, fasc. 3 (1990), p. 3. Ancora una volta il professor Xxxxxxx risulta essere il principale storico occupatosi di queste tematiche.
42 The 1940 Statement of Principles on Academic Freedom and Tenure,
xxxxx://xxx.xxxx.xxx/xxxxxx/0000-xxxxxxxxx-xxxxxxxxxx-xxxxxxxx-xxxxxxx-xxx-xxxxxx
00 X. X. XXXXX, X. W. XXXXXX, The Usefulness of AAUP Policy Statements, AAUP Bulletin 64, fasc. 1 (1978), p. 7.
44 Ibidem
45 W. P. XXXXXXX, The 1940 Statement of Principles on Academic Freedom and Tenure, op. cit., pp. 5- 6
un’organizzazione appena nata e dalle limitate risorse) risulta essere meglio strutturata e giustificata. Mentre, infatti, il documento del 1915 è il prodotto unicamente del lavoro della Commissione A, il 1940 Statement è il risultato di una collaborazione fra l’AAUP e l’AAC (Association of American Colleges)46 e, quindi, di una mediazione fra due parti con interessi totalmente opposti. L’AAC, al momento della stesura del 1940 Statement, è un’organizzazione composta da istituzioni accademiche undergraduated e gestita dai principali membri del consiglio di amministrazione e presidenti di ciascuna.
Sarebbe troppo semplicistico, però, affermare che le carenze del documento siano dovute solamente alla reticenza dell’AAC nel comporre regole di condotta chiare e uguali per ogni singola istituzione. Il 1940 Statement, oltre ai problemi di forma, presenta tre difetti contenutistici che non consentono una sua definizione come codice etico di professione: non contiene una regolamentazione circa i rapporti interpersonali e lavorativi fra colleghi; ignora totalmente la previsione di obblighi degli accademici nei confronti della società, specificazioni volte a garantire un costante livello di formazione e di mantenimento di standard di ricerca; non contiene una regolamentazione circa il rapporto fra professionista e cliente, in questo caso gli studenti.47
Nonostante i difetti summenzionati e la stesura ormai anacronistica, il 1940 Statement resiste nel tempo perché è ancora l’unico testo giuridico, anche se di soft law, riguardante la protezione e gli interessi della professione accademica. Esso, dopo un breve preambolo, si compone di due parti: la prima tratta della libertà accademica in tre principi, la seconda dell’academic tenure in cinque principi. Gli autori del testo specificano come la libertà accademica si possa suddividere in tre concetti differenti: “freedom in research and in the publication of results”, “freedom in the classroom in discussing (the teacher’s) subject”, “freedom from institutional censorship”48 quando il docente scrive o parla da cittadino e non da insegnante. Oltre però all’enunciazione di questi principi non sono previste specificazioni interpretative degli stessi, risultando quindi essere un testo apparentemente ricco ma privo poi di qualsivoglia valenza.
Questa mancanza si nota maggiormente nella seconda parte, la quale, riguardando i tenure rights e le cause di licenziamento, avrebbe avuto ancora più necessità di un formalismo e una struttura legale, anziché un tono morale e retorico. Il testo, invece, ancora una volta risponde allo scopo per cui è stato pensato: non un codice come interpretato da alcuni, bensì una proposta volta ad uniformare gli standard delle
46 Attualmente Association of American Colleges and Universities (AAC&U), xxxxx://xxx.xxxx.xxx/
47 W. P. XXXXXXX, The 1940 Statement of Principles on Academic Freedom and Tenure, op. cit., p. 7
48 The 1940 Statement of Principles on Academic Freedom and Tenure, op cit., p. 14.
istituzioni aderenti, lasciando però ciascuna libera di scegliere come attuarne i principi.49 Né l’AAUP né l’AAC cercano di comporre una lista esaustiva di mancanze ed errori che possano giustificare il licenziamento di un professore.
The presidents’ group decline to do so out of deference to the diversity and desired autonomy of institutions; for the same reason they tried to avoid mandating a uniform dismissal procedure. The AAUP did not hesitate to impose uniform dismissal procedures […]. But it did share the substantive shyness of the AAC. 50
È però specificato che il docente dovrebbe poter accedere alla posizione di tenured professor dopo un periodo di prova di massimo sette anni e che le procedure volte al licenziamento del professore debbano essere rispettose della Due Process Clause: ogni licenziamento per giusta causa deve essere valutato sia dal board of trustees sia da una commissione in rappresentanza dal corpo docente (faculty commettee); in caso di fatti controversi, l’insegnante deve ricevere notifica delle accuse in modo da poter avvalersi di un avvocato, deve poter essere ascoltato da tutti gli organi che decidono il caso e la procedura deve essere registrata attraverso verbale.51 Assente è invece la trattazione della tematica del ruolo dei finanziatori (tanto attuale ora quanto nel 1940). L’ultimo principio riguardante l’academic tenure afferma: “Termination of a continuous appointment because of financial exigency should be demonstrably bona fide.” È l’unico punto in cui è trattato il tema finanziario, ancora una volta superficialmente: il licenziamento deve essere eseguito in buona fede ma non è specificato cosa si debba intendere per esigenze finanziare e chi debba stabilirlo: sembrerebbe che una qualsiasi difficoltà economica possa costituire giusta causa.52
Probabilmente senza l’astrattezza e la brevità che lo caratterizzano, il 1940 Statement non sarebbe descritto ancora oggi come “the most influential expression of academic freedom principles to be found anywhere in the extensive literature on American higher education.”53 Ma le definizioni fornite in giurisprudenza, soprattutto dalla Corte Suprema, non hanno contribuito a colmare i vuoti lasciati da questa seconda Dichiarazione dell’AAUP; esse si sono anzi dirette verso un concetto di libertà accademica che l’organizzazione, date le radici storiche del fenomeno, non aveva contemplato: l’autonomia dell’istituzione.
49 W. P. XXXXXXX, The 1940 Statement of Principles on Academic Freedom and Tenure, op. cit., p. 7
50 Ivi, p. 27
51 The 1940 Statement of Principles on Academic Freedom and Tenure, op. cit., p. 16
52 W. P. XXXXXXX, The 1940 Statement of Principles on Academic Freedom and Tenure, op. cit., pp. 41-42
53 X. XXXXX, op. cit., p. 802
1.4. Xxxxx v. Board of Education
Nel 1952 la Corte Suprema degli Stati Uniti menziona per la prima volta il concetto di libertà accademica. Il caso è Xxxxx v. Board of Education of the City of New York54, il primo fra i così detti Loyalty-oath cases derivanti dall’affermazione del Maccartismo negli Stati Uniti e riguardanti il credo politico dei dipendenti pubblici.55 Xxxxx concerne la contestata legittimità costituzionale di una sezione della Education Law di New York, in particolare la sezione 3022, chiamata comunemente Xxxxxxxx Law, la quale nega l’assunzione in una scuola pubblica di insegnanti considerati a subversive person. La norma definisce subversive chiunque
willfully and deliberately advocates, advises or teaches the doctrine that the government of the United States or of any state or of any political subdivision thereof should be overthrown or overturned by force, violence or any unlawful means.
Nel preambolo della legge è spiegato come persone facenti parte di organizzazioni sovversive, in particolare il Partito Comunista e suoi affiliati, cerchino di infiltrarsi come impiegati nei pubblici uffici o addirittura come insegnanti nelle scuole pubbliche allo scopo di compiere atti di propaganda. La sezione 3022 è di particolare importanza, in quanto un insegnante potrebbe modellare la giovane mente degli studenti portandoli a compiere atti di violenza e sovversivi nei confronti dello Stato.56 Per evitare problemi di questo tipo, la legge richiede al Board of Regents (consiglio di responsabili del sistema educativo statale) di stilare una lista delle organizzazioni da ritenere sovversive in tal senso, in modo da evitare l’assunzione o proseguire con il licenziamento di tutti gli insegnanti facenti parte delle stesse.57
La Corte Suprema rigetta gli argomenti secondo cui la Xxxxxxxx Law viola il Primo emendamento58 e, quindi, i diritti di parola e di associazione. Il giudice Xxxxxx, autore della sentenza, afferma:
It is clear that such persons have the right under our law to assemble, speak, think and believe as they will. It is equally clear that they have no right to work for the State in the school system on their own terms. They may work for the school system upon the reasonable terms laid down by the
54 342 U.S. 485 (1952)
55 X. X. XX XXXXX, Resolving Enmity between Academic Freedom and Institutional Autonomy, J. C.&U. L. 46, fasc. 1 (2021), p. 44.
56 “A teacher works in a sensitive area in a schoolroom. There he shapes the attitude of young minds towards the society in which they live. In this, the state has a vital concern. It must preserve the integrity of the schools.”
342 U.S. 485 (1952), p. 493
57 Ivi, pp. 490-491
58 “Congress shall make no law respecting an establishment of religion, or prohibiting the free exercise thereof; or abridging the freedom of speech, or of the press; or the right of the people peaceably to assemble, and to petition the Government for a redress of grievances.”
proper authorities of New York. […] Has the State thus deprived them of any right to free speech or assembly? We think not. 59
Secondo la Corte, quindi, non sono violati i diritti di parola e associazione in quanto è la persona a voler insegnare nella scuola pubblica: per farlo deve assoggettarsi alle norme stabilite dal Board of Regents. Lavorare in una scuola pubblica o in un pubblico ufficio è considerato dalla Corte una sorta di privilegio, a cui si può accedere solo accettando determinate condizioni.
La libertà accademica non compare nell’opinione della Corte e non costituisce di conseguenza binding precedent; essa compare invece nella dissenting opinion del giudice Xxxxxxx, tenured professor of law alla Yale University. Il giudice Xxxxxxx dichiara di non poter accettare la decisione della Corte, una decisione volta a ledere i diritti civili del cittadino che decide di diventare pubblico impiegato. Soprattutto l’insegnante ha bisogno di essere tutelato, essendo la scuola “the cradle of our democracy” e non potendo essere trasformata da una politica di censura e terrore:
What happens under this law is typical of what happens in a police state. Teachers are under constant surveillance; their pasts are combed for signs of disloyalty; their utterances are watched for clues to dangerous thoughts. A pall is cast over the classrooms. There can be no real academic freedom in that environment. Where suspicion fills the air and holds scholars in line for fear of their jobs, there can be no exercise of the free intellect.60
Il giudice Xxxxxxx nomina la libertà accademica in un contesto giuridico differente rispetto a dove solitamente è invocata.61 Non si tratta infatti di problematiche instaurate fra docenti e board of trustees della scuola; la minaccia alla libertà accademica non è interna bensì esterna: lo Stato attua una politica volta a reprimere la libertà di espressione, sebbene la Corte non se ne avveda. Si è, inoltre, in un caso riguardante un high school teacher, Xxxxxx Xxxxx, e non un professore universitario: la k-12 education è un ambiente che non ha nulla in comune con la higher education. Tuttavia, è fondamentale questo primo utilizzo del concetto da parte della Corte perché si ha in Xxxxx una presentazione del termine coerente con le sue radici storiche e filosofiche: una tutela della libertà di espressione del singolo.
59 342 U.S. 485 (1952), p. 492
60 342 U.S. 485 (1952), p. 342
61 X. X. XX XXXXX, op. cit., p. 10
2. LA LIBERTÀ ACCADEMICA NELLE UNIVERSITÀ DI OGGI: LE PREMESSE
Quando si parla di libertà accademica nelle università statunitensi oggi è opportuno fare alcune premesse; questo perché si tratta di una tematica non definita in termini unitari dalla dottrina e dalla giurisprudenza e ciò potrebbe portare a fraintendimenti.
Anzitutto, la presenza e l’utilità della libertà accademica in un’istituzione universitaria dipende dalla missione della stessa.62 Ogni università negli Stati Uniti, sia essa privata o pubblica, ha un proprio Mission Statement: la missione indica il fine ultimo educativo e sociale dell’università nei confronti degli studenti.63 Si tratta di dichiarazioni generalmente molto simili, fondate sull’importanza della ricerca del sapere e del libero scambio delle idee. La loro somiglianza è conseguenza del fatto che sono fondate sulla Truth-Seeking Theory e la teoria liberale del Marketplace of Ideas.
In secondo luogo, è necessario distinguere fra i concetti di academic freedom e free speech all’interno dei college americani: sebbene media e autori della dottrina spesso li accomunino. La libertà di espressione ha un significato e uno scopo molto più ampio rispetto alla libertà accademica e rappresenta la base costituzionale su cui questa può poggiare.64
Infine, ed è la precisazione più importante, è opportuno specificare che significato di libertà accademica si voglia adottare. Nel tempo, infatti, si sono sviluppati in particolare due significati di libertà accademica: il primo è quello di individual freedom o faculty freedom, ossia la libertà dei singoli professori e ricercatori nei confronti degli amministratori dell’istituzione; il secondo è quello di institutional freedom o institutional autonomy, ossia la libertà e l’autonomia della istituzione universitaria nella gestione degli aspetti fondamentali e nei confronti dei poteri pubblici.
62 X. X. XXXXXXXXXXX, Academic Freedom and the Mission of the University, Hous. L. Rev. 59 (2022), p. 821
63 Ad esempio, la missione della Yale University è:
Yale is committed to improving the world today and for future generations through outstanding research and scholarship, education, preservation, and practice. Yale educates aspiring leaders worldwide who serve all sectors of society. We carry out this mission through the free exchange of ideas in an ethical, interdependent, and diverse community of faculty, staff, students, and alumni.
xxxxx://xxx.xxxx.xxx/xxxxx-xxxx/xxxxxxx-xxxxxxxxx
Oppure l’University of North Carolina scrive:
Our mission is to serve as a center for research, scholarship, and creativity and to teach a diverse community of undergraduate, graduate, and professional students to become the next generation of leaders. […].
xxxxx://xxxxxxx.xxx.xxx/xxxxx/
64 A. LAI, Campus Free Speech and Academic Freedom, in In Defense of Free Speech in Universities, A Study of Three Jurisdictions, University of Michigan Press (2023), p. 46.
2.1. La missione dell’Università e la Truth-Seeking Theory
La libertà accademica è un ideale che merita di essere indagato dal punto di vista della tutela giuridica perché permette di ottenere un sistema universitario capace di raggiungere specifici obiettivi. Gli obiettivi di ogni College o università sono dichiarati nel Mission Statement, che indica il fine ultimo della Scuola nei confronti degli studenti e della società in generale. Generalmente, la missione di un college richiama la così detta Truth-Seeking Theory, secondo cui l’università ha come scopo la ricerca della verità e deve, quindi, “preserve, advance and disseminate knowledge”.65
La Truth-Seeking Theory trova le sue radici nelle opere di alcuni pensatori particolarmente conosciuti negli Stati Uniti, ossia Xxxx Xxxxxx e Xxxx X. Xxxx, e nelle parole del giudice Xxxxxx X. Xxxxxx che ha riproposto queste teorie a inizio Novecento.66 La predisposizione di Xxxxxx e Mill alla difesa della libertà intellettuale è risultata fondamentale nel creare l’ideologia liberale necessaria alla stesura del Primo emendamento. È risaputo, infatti, che Xxxx si è ispirato ai testi di Xxxxxx per l’elaborazione del proprio pensiero e la stesura della sua opera principale, On liberty. Anche se con approcci differenti, entrambi mantengono posizioni fortemente antagoniste alla censura e alla repressione delle idee.67 Xxxxxx, nella sua Areopagitica, afferma:
[D]al momento che la Verità è in campo noi le faremmo torto a dubitare della sua forza con censure e divieti. Lasciate che lei e la menzogna vengano alle prese: chi ha mai visto la Verità avere la peggio in uno scontro libero e aperto? La migliore e più ferma soppressione del falso ne è la confutazione.68
Secondo Xxxxxx la verità potrà sempre prevalere “anche se tutti i venti di dottrina fossero lasciati liberi di scorrazzare sulla terra”. La sua è un’argomentazione volta ad estendere la libertà di espressione e di stampa nel 1644, contrariamente a quanto previsto dal Licensing Order, editto con cui il Parlamento inglese aveva previsto un’operazione di controllo e censura su tutte le opere sottoposte a pubblicazione.69 Secondo Xxxxxx:
65 X. X. XXXXXXXXXXX, op. cit., p. 823. Sono escluse da queste argomentazioni le accademie militari e gli istituti religiosi.
66 U. ABT, Constitutional Academic Freedom and Anti-Affirmative Action Laws, J. C.& U. L. 37, fasc. 3 (2011), p. 614.
67 X. XXXXXXX, The Epistemic Neutrality of the Marketplace of Ideas: Xxxxxx, Mill, Xxxxxxxx, and Xxxxxx on Falsehood and Freedom of Speech, First Amend. L. Rev. 14, fasc. 1 (2015), pp. 164-165.
68 X. XXXXXX, Areopagitica. Discorso per la libertà di stampa, Rusconi, Milano, (1998) in F. MASTROMARTINO (a cura di), Per la libertà di espressione. Un'antologia filosofica: da Xxxxxx a Mill, Giappichelli Editore (2012), p. 32.
69 X. XXXXX, Xxxx Xxxxxx’x Areopagitica and the Modern First Amendment, Comm. Law. 14, fasc. 1 (1996), pp. 12-13
Dove c’è un grande desiderio d’imparare, lì per forza molte saranno le discussioni, molti gli scritti, molte le opinioni, perché l’opinione negli uomini buoni non è che conoscenza nel suo farsi.70
Mentre con la censura si rischia di “estirpare insieme alla gramigna anche il grano”, il beneficio tratto dalla tolleranza, prima di tutto religiosa e poi generalmente d’espressione, sarebbe comune: l’errore è necessario per l’affermazione della Verità, perché questa si rivela solo se confrontata con opinioni ad essa inconciliabili.
Più di due secoli dopo, Xxxx X. Xxxx ripresenta queste tematiche in una chiave di lettura utilitaristica. Anche Xxxx condanna la censura della libertà di espressione e nel suo Saggio sulla libertà afferma:
[I]mpedire l’espressione di un’opinione è un crimine particolare, perché significa derubare la razza umana, i posteri altrettanto che i vivi, coloro che dall’opinione dissentono ancor più di chi la condivide: se l’opinione è giusta, sono privati dell’opportunità di passare dall’errore alla verità; se è sbagliata, perdono un beneficio quasi altrettanto grande, la percezione più chiara e viva della verità, fatta risaltare dal contrasto con l’errore.71
Anche nel pensiero di Xxxx la censura deve essere evitata e l’errore non soppresso, ma non perché fra le opinioni errate emerga spontaneamente la Verità assoluta, bensì perché l’uomo è soggetto ad errore e non può che raggiungere una verità effimera, relativa. È solo attraverso un confronto costante e lo scontro fra opinioni diverse che si può costruire il sapere umano.
Da questa matrice filosofica, volta alla ricerca della verità, prende forma il concetto di Marketplace of ideas, solitamente attribuito al giudice Xxxxxx anche se non da lui coniato in questi termini esatti.72 Xxxxx dissenting opinion in Xxxxxx v. United States73, il giudice Xxxxxx scrive di “free trade in ideas” e “competition of the market”: la libertà di espressione garantisce una competizione sul mercato delle idee, da cui può emergere nel dibattito quella più “giusta” o “vera”.74
Secondo Xxxxxxxxxxx l’Università, di conseguenza, non può che essere concepita come ambiente primario per la ricerca del sapere e della verità (se non qui, dove?) e la libertà accademica è il mezzo fondamentale nel garantire questo scopo, prevedendo sicurezza a ricercatori e professori, anche e soprattutto per gli studi meno ortodossi. Ma se si spostasse il baricentro dell’Università verso altre dimensioni, come quella consumeristica, ecco che la libertà accademica perderebbe valore. È un’operazione
70 X. XXXXXX, op. cit., p. 31
71 J. S. MILL, Saggio sulla libertà, Il Saggiatore, (2002) in F. MASTROMARTINO (a cura di), Per la libertà di espressione. Un'antologia filosofica: da Xxxxxx a Mill, Giappichelli Editore (2012), p. 46.
00 X. XXXXX, Xxxxxx and the Marketplace of Ideas, Sup. Ct. Rev. (2004), p. 13.
73 250 US 616 (1919)
74 X. XXXXXXX, op. cit., pp. 172-174.
ormai comune, infatti, associare il percorso universitario all’obiettivo di una carriera professionale di successo.75 La conseguenza di questo spostamento è la visione dello studente come consumatore con conseguenti diritti circa il prodotto acquistato; in questo contesto è legittimo chiedersi se gli studenti abbiano il diritto di decidere i testi oggetto di studio durante un corso o se possano scegliere di non affrontare argomenti ritenuti poco confortevoli. In quanto consumatori dovrebbero essere assecondati ma si perderebbe così la libertà accademica:
Universities have been eager to characterize themselves as homes and families and launch pads for careers. They have been much less eager to advertise themselves as arenas of intellectual debate and critical inquiry or xxxxxx for the countercultural and unorthodox. Students enticed to campus with promises of parties, unity, and safety might prove less than tolerant of those who push the boundaries of popular opinion or question deeply held values. An intellectually and emotionally “safe” campus is at odds with an intellectually vibrant campus. If the customer is always right, a university that elevates consumerism will find itself needing to sacrifice academic freedom.76
2.2. Primo emendamento e free speech nei campus
Il Primo emendamento riconosce cinque fondamentali libertà: religione, parola, stampa, riunione e petizioni; si tratta di un contenuto solo apparentemente disomogeneo in quanto si riferisce nella totalità alla libertà di espressione in generale.77 La libertà di parola negli Stati Uniti è fortemente protetta, anche se, tuttavia, incontra dei limiti.
Anzitutto, il Primo emendamento si riferisce esclusivamente alle leggi del Congresso e, a seguito dell’incorporation, alle leggi statali, di conseguenza secondo la State Action Doctrine non si applica nei rapporti interprivati, regolati solo a livello legislativo. Il problema emerge quando l’azione, anche se posta in essere da privati, ha profili pubblicistici. Al riguardo la Corte Suprema ha affermato varie teorie, prima fra tutte la Public Function Theory, che riguarda i casi in cui i privati hanno funzioni pubbliche (rimane però il dubbio di cosa si debba intendere per quest’ultime); oppure vi è la Close Relationship Theory quando un privato opera in stretta relazione con il pubblico.78
In secondo luogo, la Corte Suprema ha affermato in diverse sentenze alcune eccezioni non coperte dalla tutela del Primo emendamento: sostegno deliberato e probabile
75 X. X. Xxxxxxxxxxx, op. cit., p. 834
76 Ivi, p. 839
77 “Congress shall make no law respecting an establishment of religion, or prohibiting the free exercise thereof; or abridging the freedom of speech, or of the press; or the right of the people peaceably to assemble, and to petition the Government for a redress of grievances.” xxxxx://xxxxxxxxxxxx.xxxxxxxx.xxx/xxxxxxxxxxxx/xxxxxxxxx-0/
78 G. D’XXXXXXX (a cura di), Il sistema costituzionale degli Stati Uniti d’America, Xxxxxxx Kluwer CEDAM (2020), p. 277
incitamento al compimento di azioni illegali, oscenità, diffamazione, stretto collegamento a condotta criminale, fighting words, pedopornografia, frode, minacce reali, minacce gravi e imminenti che i pubblici poteri hanno il potere di prevenire.79 La tendenza della Corte è di riconoscere raramente nei singoli casi eccezioni in tal senso: infatti, le affermazioni provocatorie non dirette a un singolo individuo, anche se ritenute comunemente offensive, risultano essere protette dal Primo emendamento. Per fighting words si intendono, invece, espressioni dirette a singoli e che rendono probabile una reazione violenta.80 Non è chiaro se nelle fighting words sia compreso anche il così detto hate speech, tenendo soprattutto conto dell’assenza di una definizione da parte della Corte dello stesso: può esserci tutela di un fenomeno descritto solo a livello socioculturale ma non definito dal punto di vista legale?
La previsione di eccezioni da parte della Corte, e in particolare di quella riguardante la categoria fumosa delle fighting words, si è sviluppata in contemporanea ad una densa tradizione di ostilità nei confronti delle content-based regulations. Quest’ultime sono tentativi di regolamentazione circa il contenuto dei discorsi e contrastano fortemente con l’idea su cui si fonda la protezione costituzionale stessa, ossia il marketplace of ideas di matrice liberale.81
La libertà di espressione è una tematica frequentemente associata ai campus universitari americani. Sono numerose le opere pubblicate in merito al “free speech on campus”82, considerato la cartina tornasole del grado di democrazia di un ordinamento. Scrivere di free speech nei campus universitari implica prendere in considerazione interrogativi derivanti direttamente dal Primo emendamento declinandoli all’ambito accademico: il Primo emendamento comprende l’hate speech e sono legittimi gli speech codes (content-based) previsti dalle Università? Il campus deve adottare trigger warnings e safe places?83 Sono legittime le proteste riguardanti gli inviti ad oratori dalla fama controversa? I professori possono scegliere i contenuti del corso? Possono criticare
79 000 XX 000 (0000), Xxxxxx Xxxxxx x. Xxxxxxx, x. 5
80 J. KAMATALI, “Hate Speech” in America: Is It Really Protected? Articles and Essays on the First
Amendment, Washburn Law Journal 61, fasc. 1 (2021), pp. 176-178.
81 L. A. RABE, Sticks and Stones: The First Amendment and Campus Speech Codes, X. Xxxxxxxx X. Rev. 37 (2003), pp. 206-207
82 Si veda ad esempio: S. R. BEN-XXXXXX, Free Speech on Campus (2017); E. CHEMERINSKY, Free Speech on Campus (2017); X. X. XXXXXXXXXXX, Speak Freely: Why Universities must defend Free Speech (2018); A. XXXXXXX, The Assault on American Excellence (2019); A. LAI, In Defense of Free Speech in Universities (2023). Si rimanda a questi testi per una trattazione accurata del tema.
83 Per trigger warning si intende una dichiarazione posta all’inizio di un contenuto (sia esso un programma televisivo, un video informativo, un discorso ecc.) con la funzione di avvertire che alcuni fruitori potrebbero risultare turbati dalle tematiche trattate. Ci si deve chiedere se debbano essere adottati anche dal professore all’inizio di una lezione o in generale all’interno del campus. Per safe place si intende uno spazio all’interno del campus in cui è garantita la libertà di parola: la tematica emerge nel caso in cui il campus abbia adottato content-based regulations.
l’operato dei colleghi o degli amministratori? Che tutela è presente nelle università
private?
Solo le ultime tre domande riguardano direttamente la libertà accademica, gli altri quesiti sono ad essa trasversali. La libertà accademica non è sinonimo di libertà di espressione ma è una delle tematiche che derivano da quest’ultima. In altre parole, la libertà d’espressione nei campus è la condizione di esistenza della libertà accademica: non può esserci libertà e sicurezza per professori e ricercatori senza una primaria tutela della libertà d’espressione.84 La libertà accademica deriva, quindi, dal Primo emendamento ma ha uno scopo e un raggio d’azione molto più limitato: la parola dei professori è libera in un unico senso e ad un unico fine, ossia permettere una ricerca priva di qualsivoglia pressione interna od esterna (sia essa politica o economica) ma legata a determinati canoni e doveri, ossia all’utilizzo di un metodo scientifico.85
Non solo la libertà accademica dipende dalla libertà di espressione: c’è chi ha affermato una interdipendenza fra le stesse; anche la libertà accademica arricchisce e consente la presenza della libertà di espressione. Secondo Xxxxxx Xxxx, la libertà accademica permette un affinamento del marketplace of ideas derivante dal Primo emendamento. Il Primo emendamento prevede infatti che ogni persona possa esprimere la propria opinione inserendola nel marketplace of ideas, mercato nella cui competizione potrà emergere l’opinione corretta. Per Post è difficile credere quanto affermato da Xxxxxx, circa l’automatica emersione della verità, ma la libertà accademica e il conseguente utilizzo di criteri e di un metodo possono, secondo lui, migliorare l’insieme delle idee.86
Una volta chiarita la differenza fra libertà accademica e libertà d’espressione, rimangono ancora aperti alcuni interrogativi a cui si cercherà di dare una risposta nel capitolo secondo. Anzitutto, rimane aperta la questione se la Corte Suprema abbia confermato un fondamento costituzionale della libertà accademica nel Primo Emendamento; in secondo luogo, come si debba considerare la libertà accademica nelle università private, non essendo esse soggette al Primo emendamento per la State action Doctrine; in terzo luogo, come sopperire alle mancanze della Corte circa i criteri per stabilire cosa, nelle parole dei professori, sia protetto dalla libertà accademica e cosa
84 A. LAI, In defense of Free Speech in Universities. A Study of three Jurisdictions, University of Michigan Press (2023), p. 48
85 X. X. XXXXXXXXXXX, Speak Freely: Why Universities must defend Free Speech, Princeton University Press (2018),
86 R. POST, Democracy Expertise, and Academic Freedom: A First Amendment Jurisprudence for the Modern State (2012), in A. Lai, op. cit., pp. 50-51.
meno. Si tratta di dubbi derivanti dalla teoria costituzionale della libertà accademica e alimentati dalla poca profondità di trattazione da parte della Corte stessa.
2.3. Faculty freedom e Institutional freedom: una dicotomia
In letteratura si trovano numerose dichiarazioni enfatiche riguardanti la libertà accademica e il suo fondamento costituzionale; spesso però si tratta di dichiarazioni più che altro retoriche, prive di un’analisi giuridica accurata: esiste, quindi, un diritto alla libertà accademica? E questo diritto ha base costituzionale?87 È difficile rispondere a questo quesito considerando i diversi significati di libertà accademica che si sono succeduti nel tempo.
La prima distinzione riguarda la definizione professionale e la definizione costituzionale di libertà accademica. Per libertà accademica professionale si fa riferimento a quanto affermato dall’AAUP nelle rispettive dichiarazioni del 1915 e 1940. Per libertà accademica costituzionale, invece, si intende quanto previsto dalla Corte Suprema in una serie di sentenze a partire dal 1950 ad oggi. La Corte, però, si limita ad affermare in Xxxxxxxxx v. Board of Regents88 come la libertà accademica debba essere intesa “a special concern of the First Amendment”, senza però specificare come questo legame possa essere giustificato. La Corte, infatti, non ha mai chiarito se l’academic freedom sia una libertà autonoma con propri contorni costituzionali o sia una mera specificazione del Primo emendamento.89
Sia le dichiarazioni dell’AAUP sia le prime sentenze della Corte Suprema concepiscono la libertà accademica come fondamentale tutela per i professori nei confronti di ogni possibile influenza e freno alla ricerca. Però, già fra questa prima definizione costituzionale e quanto affermato dall’AAUP intercorrono sostanziali differenze. Prima di tutto, mentre i principi dell’AAUP possono essere adottati da qualunque università, una libertà accademica costituzionale può essere presente solo nelle università pubbliche, in quanto le università private non hanno il requisito della state-action. In secondo luogo, la Dichiarazione del 1915 presenta oltre ai diritti del professore anche i doveri dello stesso, sottoponendo la libertà accademica al vincolo del rispetto di un metodo scientifico e fondati criteri di ricerca. Nelle sentenze della Corte, invece, si perde questa puntualizzazione, così come non risulta garantita dal punto di vista
87 X. XXXXXXX, Is There a Right to Academic Freedom? Xxxxxxxx, Xxxxxxxxx, Columbia - What Next for Academic Freedom, U. Colo. L. Rev. 77, fasc. 4 (2006), pp. 907-908.
88 385 US 589 (1967). La sentenza sarà trattata approfonditamente nel capitolo seguente. Vedi infra
89 W. P. XXXXXXX, Profession and Constitution: Two Definitions of Academic Freedom in America, Tex. L. Rev. 66, fasc. 7 (1987), pp. 1289-1290.
costituzionale una revisione scientifica fra pari. I riferimenti della Corte alla metafora del Marketplace of Ideas risultano poi più appropriate allo scambio di idee fra cittadini che al ragionamento scientifico fra studenti e professori in classe.90
Porre la libertà accademica sotto il Primo emendamento comporta, inoltre, delle conseguenze mai spiegate dalla Corte Suprema e affrontate con i criteri più disparati dalle corti minori. Bisogna effettuare una prima distinzione, che distingua cosa di quanto affermato dal professore in classe sia tutelato dalla libertà accademica e cosa invece dalla sua generale libertà di espressione.91
La seconda distinzione è interna, invece, alla definizione costituzionale: la Corte Suprema nelle proprie sentenze ha affermato il carattere costituzionale sia d’una libertà volta a tutelare i singoli professori e ricercatori (così detta faculty freedom, simile, come già detto, alla definizione professionale), sia d’una libertà volta a tutelare la singola istituzione universitaria, così detta institutional freedom o institutional autonomy.92 Questa seconda definizione apportata dalla Corte inizia a svilupparsi a partire dagli anni Settanta, quando in Board of Regents x. Xxxxx il giudice Xxxxxx invoca la libertà accademica dell’istituzione universitaria nel decidere chi possa essere ammesso.93 Questi due significati derivano entrambi dal Primo emendamento e secondo alcuni l’institutional autonomy sostenuta dalla Corte esclude un apporto costituzionale alla tutela dei singoli professori e ricercatori. Tuttavia, non è una conseguenza obbligatoria il reciproco annullamento di queste due tutele. Su un piano teorico, nel momento in cui i principali pericoli non derivano dall’interno dell’istituzione, bensì dallo Stato, un’autonomia dell’istituzione non può che favorire la tutela dei singoli suoi componenti.94 Ma è sufficiente leggere gli articoli di cronaca pubblicati su The Chronicle of Higher Education95 per rendersi conto di come questo passaggio non sia ancora avvenuto completamente: spesso le minacce alla libertà accademica sono ancora interne all’istituzione. L’autonomia istituzionale sembra conferire all’università l’autorità di licenziare senza interferenze governative quegli stessi individui che
90 D. B. XXXXXX, A Functional Analysis of Individual and Institutional Academic Freedom under the First Amendment Freedom and Tenure in the Academy: The Fiftieth Anniversary of the 1940 Statement of Principles, Law&Contemp. Probs. 53, fasc. 3 (1990), pp. 236-240.
91 Vedi infra cap. 2.1.3
92 D. B. RABBAN, Academic Freedom, individual or constitutional?, Academe vol. 87 no. 6 (2001), p. 17
93 ibidem
94 D.B. XXXXXX, A Functional Analysis of Individual and Institutional Academic Freedom op.cit., p. 280
95È un noto periodico statunitense, fondato da alcuni professori della Xxxxxxx University, rivolto ai professori e al personale amministrativo di scuole secondarie e università. xxxxx://xxx.xxxxxxxxx.xxx/
dovrebbero essere protetti nel lavoro di ricerca dalle interferenze dell’università stessa: è un paradosso.96
Non bisogna dimenticare, inoltre, come la giurisprudenza soprattutto delle corti minori, abbia utilizzato il termine academic freedom anche con altri significati, il che non ha contribuito alla realizzazione di una giurisprudenza unitaria. La libertà accademica costituzionale non comprende diritti degli studenti né attività politica svolta dai professori al di fuori del campus, giacché in entrambi i casi la protezione deriva direttamente dalla libertà di espressione. 97 Inoltre, non sembrerebbe corretto definire casi di libertà accademica quanto accade negli altri gradi di educazione non universitaria, ossia la K-12 education. In quest’ultimo caso, pare evidente come il concetto di libertà accademica, sia da un punto di vista storico sia da un punto di vista costituzionale, risulti essersi formato in un contesto ben preciso, ossia quello universitario. Le corti minori, tuttavia, tendono in casi riguardanti insegnanti di gradi di istruzione inferiore a fare riferimento alla giurisprudenza della Corte Suprema riguardante la libertà accademica, a volte considerando il significato di autonomia dell’istituzione, altre quello di tutela per gli insegnanti.98
96 X. X. XXXXX, Academic Freedom: A Special Concern of the First Amendment, Yale L. J. 99, fasc. 2 (1989), pp. 257-258.
97 Ivi, pp. 263-265. Afferma il professor Xxxxx:
“First, no recognized student rights of free speech are properly part of constitutional academic freedom, because none of them has anything to do with scholarship or systematic learning. Cases allowing public school students to wear armbands, demonstrate in good order, distribute newspapers, and form political organizations grant students rights against public education officials plainly analogous to those enjoyed generally by citizens against government.”
98 X. X. XXXXXXX, Academic Freedom in K-12 Education, Neb. L. Rev. 79, fasc. 4 (2000), pp. 956–75.
CAPITOLO SECONDO
FACULTY FREEDOM: LA LIBERTÀ ACCADEMICA NELLE UNIVERSITÀ STATUNITENSI
1. LA MANCATA CHIAREZZA E CONTRADDITTORIETÀ NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE SUPREMA
Il fondamento costituzionale della libertà accademica intesa come tutela dei singoli professori universitari viene affermato dalla Corte in due sentenze principali, entrambe risalenti al Maccartismo: Xxxxxx v. New Hampshire (1957) e Xxxxxxxxx v. Board of regent (1967). In entrambe le controversie la libertà accademica compare nell’opinione maggioritaria della Corte e viene inserita in un contesto molto vicino al Primo e al Quattordicesimo emendamento. In particolare, in Xxxxxxxxx il giudice Xxxxxxx, autore della sentenza, afferma che la libertà accademica deve essere concepita come “a special concern of the First amendment”.
Si tratta di sentenze che mancano di chiarezza, caratterizzate da un’ampia retorica e da un carente contenuto giuridico positivo, fondamentale per dare un effettivo significato, nei casi concreti, alla libertà accademica. Per questo motivo, le corti minori, quando si tratta di risolvere le controversie concernenti il diritto di espressione dei professori universitari, ricorrono ai criteri generali stabiliti dalla Corte Suprema per i dipendenti pubblici.
1.1. Xxxxxx v. New Hampshire e i primi casi
Durante il Maccartismo sono numerosi i casi trattati dalla Corte Suprema concernenti il Primo e il Quattordicesimo emendamento1. Molti di questi riguardano professori delle università pubbliche: insegnanti costretti dalle leggi statali a pronunciare giuramenti di
1 All persons born or naturalized in the United States, and subject to the jurisdiction thereof, are citizens of the United States and of the State wherein they reside. No State shall make or enforce any law which shall abridge the privileges or immunities of citizens of the United States; nor shall any State deprive any person of life, liberty, or property, without due process of law; nor deny to any person within its jurisdiction the equal protection of the laws.
xxxxx://xxxxxxxxxxxx.xxxxxxxx.xxx/xxxxxx/xxxxxxxxx-00/
fedeltà2 come condizione preliminare all’assunzione o a subire pesanti indagini in caso
di mancato rispetto degli stessi.
Dopo Xxxxx v. Board of education (1952), il primo di questi casi è Xxxxxx v. Updegraff3: Xxxxxx riguarda il mancato giuramento di alcuni docenti e componenti del personale tecnico amministrativo dell’Oklahoma Agricultural and Mechanical College, i quali ritengono il giuramento lesivo della Due process clause4. Il giuramento è previsto in una legge dell’Oklahoma e richiede una sostanziale promessa di fedeltà allo Stato e di lontananza dal Partito comunista. La Corte afferma l’incostituzionalità della legge per la sua violazione del Quattordicesimo emendamento; la legge, infatti, non prevede la specificazione dell’intenzionalità sovversiva, ossia non esplicita come il componente dell’organizzazione debba essere a conoscenza dei fini sovversivi della stessa. In questo modo la legge differisce profondamente dalla Xxxxxxxx Law di New York ritenuta costituzionale in Xxxxx e la mancanza di questa specificazione è la scriminante fondamentale per dichiararne l’incostituzionalità: la legge non prevede la possibilità di pronunciare il giuramento (altrimenti ritenuto legittimo) una volta che il soggetto venga a conoscenza dei caratteri offensivi dell’organizzazione.5
Il giudice Xxxxx, autore dell’opinione maggioritaria, non menziona il Primo emendamento e tanto meno il concetto di libertà accademica, giustificando la decisione della Corte solo attraverso la Due process clause: in questo caso e in altri successivi simili si nota la reticenza della Corte nel formulare precisi diritti derivanti dal Primo emendamento, nonostante fosse già ampiamente recepita la dottrina dell’incorporation.6 Infatti, nella sua concurring opinion, il giudice Xxxxxxxxxxx pone anzitutto l’accento sul Primo emendamento, il quale ha la funzione di tutelare la libertà di espressione di tutti i cittadini e soprattutto dei professori. Frankfurter riconosce come l’opinione pubblica possa essere responsabile e disciplinata solo se durante gli anni di formazione dei cittadini viene trasmessa l’abitudine all’apertura mentale e al pensiero critico. Per questo, gli insegnanti di qualsiasi grado devono essere ritenuti “the priests of our democracy”:
2 Detti loyalty oaths, generalmente richiedevano la mancata partecipazione ad organizzazioni filocomuniste o comunque sovversive per un certo periodo precedente all’assunzione. Le organizzazioni in causa facevano parte di liste stilate dal Procuratore generale degli Stati Uniti.
3 344 US 183 (1952)
4 La Due process clause è contenuta nel Quattordicesimo emendamento e impone ai pubblici poteri di seguire procedure che possano definirsi corrette (fair).
G. D’XXXXXXX (a cura di), op. cit., pp. 258-259
5 Ivi, pp. 190-191
6 X. X. XXXXX, op.cit., p. 289
[Teachers] cannot carry out their noble task if the conditions for the practice of a responsible and critical mind are denied to them. They must have the freedom of responsible inquiry, by thought and action, into the meaning of social and economic ideas, into the checkered history of social and
Il giudice Frankfurter approfondisce questa argomentazione in un caso successivo di cinque anni rispetto a Wieman8: si tratta di Xxxxxx v. New Hampshire9; Xxxx Xxxxxx viene descritto come semplice giornalista in gran parte della sentenza, è invece un importante economista marxista, il quale dopo aver iniziato una carriera come professore ad Harvard, si era licenziato, convinto che il dipartimento non avrebbe mai conferito il grado di tenured professor ad un marxista.
In un’indagine condotta dal Procuratore generale dello stato del New Hampshire circa la presenza di persone subversive entro i confini statali, Xxxxxx si rifiuta di rispondere a due domande del Procuratore affermando una violazione del Primo emendamento: la prima domanda riguarda il contenuto di una conferenza tenuta presso l’University of New Hampshire10, la seconda riguarda la sua conoscenza del Partito progressista dello stato e i suoi membri.
Ancora una volta, non è rilevante l’opinione maggioritaria della Corte, la quale condanna la legge statale non tanto per l’evidente violazione del Primo emendamento bensì per il mancato rispetto della Due process clause: la legge è troppo vaga nel conferire al Procuratore generale statale i poteri di indagine. Nonostante la sentenza sia basata su questa mancanza vi è comunque un avanzamento rispetto ai casi precedenti: pur non essendo il cuore dell’opinione maggioritaria, la Corte riconosce un’invasione “in the areas of academic freedom and political expression, areas in which government should be extremely reticent to tread.” Secondo il giudice Xxxxxx, autore della sentenza, imporre vincoli ai massimi studiosi presenti nelle università statunitensi equivale a mettere in pericolo il futuro degli Stati Uniti:
7 344 US 183 (1952), p. 196
8 W. XXX XXXXXXX, Academic Freedom and the First Amendment in the Suprem Court of the United States: An Unhurried Historical Review, Law&Contemp. Prob. 53 fasc. 3 (1990), p. 109
9 354 US 234 (1957)
10 "What was the subject of your lecture?" "Didn't you tell the class at the University of New Hampshire on Monday, March 22, 1954, that Socialism was inevitable in this country?" "Did you advocate Marxism at that time?" "Did you express the opinion, or did you make the statement at that time that Socialism was inevitable in America?" "Did you in this last lecture on March 22 or in any of the former lectures espouse the theory of dialectical materialism?"
Xxx, pp. 243-244
Scholarship cannot flourish in an atmosphere of suspicion and distrust. Teachers and students must always remain free to inquire, to study and to evaluate, to gain new maturity and understanding; otherwise our civilization will stagnate and die.11
Il caso non è comunque ricordato per la sentenza della Corte ma per la concurring opinion del giudice Frankfurter12, secondo il quale il potere politico deve astenersi dall’intromettersi nella vita intellettuale universitaria per il bene della società e per il progresso scientifico, a meno che non vi siano “reasons that are exigent and obviously compelling”. La particolarità dell’opinione di Xxxxxxxxxxx sta nelle fonti citate per avvalorare la propria tesi: non si tratta infatti di un testo legale bensì un documento riguardante la storia universitaria del Sudafrica:
A university is characterized by the spirit of free inquiry, its ideal being the ideal of Xxxxxxxx-'to follow the argument where it leads.' This implies the right to examine, question, modify or reject traditional ideas and beliefs. […] Freedom to reason and freedom for disputation on the basis of observation and experiment are the necessary conditions for the advancement of scientific knowledge. […] It is the business of a university to provide that atmosphere which is most conducive to speculation, experiment and creation. It is an atmosphere in which there prevail 'the four essential freedoms' of a university-to determine for itself on academic grounds who may
teach, what may be taught, how it shall be taught, and who may be admitted to study. 13
È da chiedersi perché Xxxxxxxxxxx, anche lui un accademico come il giudice Xxxxxxx, abbia citato una dichiarazione riguardante la libertà delle istituzioni universitarie (per di più estere), quando invece il caso concerne i diritti costituzionalmente garantiti di un singolo studioso, Xxxx Xxxxxx.14 Il giudice avrebbe potuto riferirsi al 1940 Statement dell’AAUP ormai conosciuto da quasi vent’anni; tuttavia questa mancanza può spiegarsi in un disintere della stessa AAUP, la quale nonostante i diversi suggerimenti in tal senso aveva deciso di non inviare alla Corte un amicus brief15, convinta che la sentenza non avrebbe toccato tematiche riguardanti la libertà accademica.16 L’AAUP risulta comunque insoddisfatta dalla decisione della Corte, nonostante per la prima volta in un’opinione maggioritaria sia stato fatto riferimento all’importanza della libertà di
11 Ivi, p. 250
12 X. XXXXX, op. cit. p.808. Sarà quest’ultima parte della sentenza ad essere citata dal giudice Xxxxxx nella celebre sentenza Board of regents x. Xxxxx.
13 The Open universities in South Africa (1957), una dichiarazione proveniente da una conferenza di
professori dell’Università di Cape Town e dell’Università di Witwatersrand
14 X. XXXXX, op. cit., p. 810
15 Per amicus curiae si intende una persona o un insieme di persone che non è parte del processo ma che ha un forte interesse nello stesso. Su permesso della Corte gli amici possono inviare delle argomentazioni scritte (così dette amici briefs) volte a influenzare il giudizio della Corte.
LEGAL INFORMATION INSTITUTE, amicus curiae, xxxxx://xxx.xxx.xxxxxxx.xxx/xxx/xxxxxx_xxxxxx
16 L’AAUP invia alla Corte un primo amicus brief nella sentenza Xxxxxxxxxx v. United States, riguardante un caso molto simile a Xxxxxx.
360 US 109 (1959)
ricerca dei professori universitari: l’associazione era convinta che un vincolo
costituzionale avrebbe indebolito la libertà accademica anziché rafforzarla.17
Xxx Xxxxxx che Xxxxxxxxxxx descrivono la libertà accademica inserendola in un contesto vicino al Primo e al Quattordicesimo emendamento ma non ne specificano la relazione: la libertà accademica non è giustificata in termini legali come diritto positivo ma attraverso la sottolineatura dei vantaggi sociali derivanti dalle università libere.
1.2. Keyishan v. Board of Regents. Il fondamento costituzionale
Il passo definitivo per il riconoscimento della libertà accademica a livello costituzionale è compiuto dalla Corte Suprema in Xxxxxxxxx v. Board of regents18, sentenza del 1967 in cui la Corte analizza nuovamente la costituzionalità della Xxxxxxxx Xxx giungendo però ad una decisione opposta rispetto a quanto stabilito in Xxxxx.
Nel 1953 una modifica della Xxxxxxxx Law ne ha esteso l’applicazione anche al personale delle istituzioni pubbliche di grado superiore: ogni professore che avanza richiesta di assunzione o di rinnovo deve aver firmato il Xxxxxxxx certificate, con il quale dimostra di aver preso visione delle regole previste dal Board of regents, di aver compreso come il rispetto delle stesse sia requisito essenziale per l’assunzione, di non essere un membro del Partito comunista e di impegnarsi a comunicare al presidente dell’Università un’eventuale appartenenza passata.19 I ricorrenti sono alcuni professori dell’Università privata di Buffalo, i quali si erano rifiutati di firmare il certificate a seguito della fusione dell’Università di Buffalo con la State University of New York, lamentando la vaghezza dei termini presenti nel testo di legge.20 Poco prima dell’inizio del processo il Xxxxxxxx Certificate è stato abrogato e sostituito con un avviso al professore, in cui si specifica che le sezioni 3021 e 3022 della Education Law e la sezione 105 della Civil Service Law sono parti integranti del contratto di assunzione. Le sezioni riportate richiedono il licenziamento o la mancata assunzione di insegnanti che hanno compiuto dichiarazioni o atti treasonable o seditious. La Corte afferma comunque che ciò non è rilevante ai fini del giudizio in quanto il quesito rimane sostanzialmente identico: la vaghezza dei termini utilizzati dalla legge comporta l’incostituzionalità della stessa?
17 R. K. XXXX, Academic Freedom, the American Association of University Professors, and the United States Supreme Court, AAUP Bull. 45, (1959), pp. 19-20
18 385 US 589 (1967)
19 Ivi, pp. 595-596
20 Ivi, pp. 591-592
Il giudice Xxxxxxx, autore della sentenza, afferma che i termini treasonable e seditious sono d’interpretazione ambigua. La Civil Service Law specifica che si deve adottare per questi termini il significato previsto dalla Penal Law mentre l’Education Law non prevede indicazioni in tal senso. Anche assumendo un uguale significato per entrambe le disposizioni di legge, il principale problema riguarda il termine seditious, definito dalla Penal Law come criminal anarchy. Secondo la Corte, il testo di legge non permette al professore di capire il confine fra dichiarazioni e atti seditious e nonseditious: un professore che cammina con una copia del Manifesto sotto il braccio compie un atto seditious? Un professore che insegna in classe il movimento marxista compie un atto seditious? Non permettendo una risposta a queste domande di chiarimento la legge deve considerarsi incostituzionale.21
A sostegno delle argomentazioni della Corte, Xxxxxxx cita quanto affermato sulla libertà accademica in Xxxxxx e aggiunge:
Our Nation is deeply committed to safeguarding academic freedom, which is of transcendent value to all of us and not merely to the teachers concerned. That freedom is therefore a special concern of the First Amendment, which does not tolerate laws that cast a pall of orthodoxy over the classroom. […] The classroom is peculiarly the "marketplace of ideas." The Nation's future depends upon leaders trained through wide exposure to that robust exchange of ideas which discovers truth "out of a multitude of tongues, [rather] than through any kind of authoritative
Per la prima volta, in un’opinione maggioritaria della Corte Suprema (costituendo quindi binding precedent) viene dichiarata la costituzionalità della libertà accademica, descritta come a special concern of the First Amendment. Tuttavia, questa dichiarazione non può essere definita totalmente limpida e chiarificatrice. Secondo Xxxxx, dalla lettura della sentenza devono emergere almeno tre considerazioni: in primo luogo, in questa sentenza la Corte usa una retorica ancora più forte rispetto a Xxxxxx nel dichiarare l’utilità sociale della libertà accademica. Dalle parole del giudice Xxxxxxx si intuisce come la libertà accademica non sia importante per i diritti che comporta per una certa categoria di cittadini bensì perché permette la formazione dei leader del futuro. È una concezione puramente utilitaristica della libertà accademica: la libera ricerca, la discussione, il dissenso e il consenso non sono importanti perché portano alla verità ma perché esprimono “an invaluable sense of what kind of society we, as a people, desire”.23
21 Ivi, pp. 598 e ss.
22 Ivi, p. 603
23 X. X. XXXXX, op.cit., p. 296-297
In secondo luogo, la Corte non definisce il contenuto di questo nuovo diritto derivante dal Primo emendamento, non ne specifica i confini. Xxxxx sottolinea come, in una sentenza riguardante l’incostituzionalità di una legge per la vaghezza dei propri termini, la Corte stessa cada nell’ambiguità.24 Nell’opinione maggioritaria non emerge il confine fra cosa il professore possa dire sotto la tutela della libertà accademica e cosa meno: è lo stesso tentativo delle loyalty laws. L’utilizzo della metafora del giudice Xxxxxx, poi, non aiuta nella comprensione; il marketplace of ideas richiede uno scambio di idee fra pari e si adatta male ad una classe dove il professore rappresenta necessariamente la figura di riferimento nel coordinamento delle diverse opinioni.
In terzo luogo, la Corte afferma che il Primo emendamento non tollera leggi che comportano “a pall of orthodoxy” in classe. In questo modo sembra che le leggi siano incostituzionali non solo quando proibiscono il libero insegnamento ma anche quando lo limitano. Ciò può essere giusto in un periodo come quello del Maccartismo ma una retorica di questo tipo potrebbe avere conseguenze troppo vaste, impedendo ad esempio lo sviluppo di standard d’insegnamento. Inoltre, la Corte non considera gli eventuali pericoli derivanti non da leggi esterne bensì dai trustees dell’istituzione.25
1.3. Garcetti x. Xxxxxxxx: un’opportunità mancata
Ad oggi, le sentenze della Corte Suprema fondanti il carattere costituzionale della libertà accademica (intesa come tutela dei professori universitari) sono sempre e solo due: Xxxxxx v. New Hampshire e Xxxxxxxxx v. Board of Regents. La Corte non ha più avuto occasione d’affinare la teoria costituzionale della libertà accademica e di colmare le lacune emergenti dalle proprie decisioni, giacché a partire dagli anni Settanta ha elaborato un nuovo orientamento giurisprudenziale il quale considera la libertà accademica il diritto dell’istituzione universitaria ad una propria autonomia.
Di conseguenza, nei casi giurisprudenziali concernenti la tutela dei professori universitari gli unici punti di riferimento rimangono le decisioni elaborate dalla Corte durante il Maccartismo. Queste ultime, però, conoscendo come unico pericolo le loyalty laws, non considerano le eventuali problematiche derivanti dagli amministratori dell’istituzione. Le corti minori, quindi, per dirimere le controversie instaurate fra i
24 Questo è notato in primo luogo dal giudice Xxxxx nella sua dissenting opinion:
The blunderbuss fashion in which the majority couches "its artillery of words," together with the morass of cases it cites as authority and the obscurity of their application to the question at hand, makes it difficult to grasp the true thrust of its decision.
385 US 589 (1967), pp. 620-621
25 X. X. XXXXX, op.cit., p. 296-297
consigli di amministrazione e il singolo professore, tendono ad applicare automaticamente i principi generali stabiliti dalla Corte Suprema circa il diritto di espressione dei dipendenti pubblici.26
La Corte Suprema ha elaborato i criteri per stabilire se un dipendente pubblico sia protetto o meno dal Primo emendamento in tre sentenze principali27: Xxxxxxxxx v. Board of Education28, Xxxxxxx v. Myers29 e Xxxxxxxx v. Ceballos30. In questi casi la Corte ha dovuto trovare un bilanciamento fra l’interesse del dipendente pubblico, come cittadino, nel commentare fatti rilevanti e l’interesse dello Stato, come datore di lavoro, nel promuovere l’efficienza dei servizi pubblici.31
La prima sentenza riguarda Xxxxxx Xxxxxxxxx, un insegnante in una scuola di secondo grado che viene licenziato per aver criticato in un articolo pubblicato su un quotidiano locale alcune decisioni finanziarie del Board of education. Xxxxxxxxx ritiene il licenziamento xxxxxxxx e afferma che quanto scritto da lui sia protetto dal Primo emendamento. La Corte Suprema nel dirimere la controversia utilizza il seguente criterio (così detto Xxxxxxxxx test): le parole del dipendente pubblico sono protette dal Primo emendamento se riguardano argomenti di interesse pubblico (matter of public concern). Nell’argomentare la propria decisione la Corte inoltre afferma:
Teachers are, as a class, the members of a community most likely to have informed and definite opinions as to how funds allotted to the operation of the schools should be spent. Accordingly, it is essential that they be able to speak out freely on such questions without fear of retaliatory
Sono parole che ricordano la retorica della Corte in materia di libertà accademica, tuttavia quest’ultima non viene mai nominata: pur essendo un caso riguardante un insegnante di scuola superiore, il Xxxxxxxxx test deve essere applicato in tutti casi che vedono protagonista la libertà di parola dei dipendenti pubblici in generale.
In Xxxxxxx la Corte affina il proprio criterio specificando cosa si debba intendere per materie di interesse pubblico. La Corte afferma che per stabilire se un discorso sia di interesse pubblico sia necessario tenere conto del contenuto, della forma e del contesto; questo criterio risulta fondamentale soprattutto quando il discorso non riguarda
26 A. W. XXXXX, Resuscitating the Costitutional “Theory” of Academic Freedom: A Search for a
Standard Beyond Xxxxxxxxx and Xxxxxxx, Xxxx. L. Rev. 53 fasc. 4 (2001), p. 926
27 R. J. XXXXXX, X. X. XXXXX, Speak No Evil: Academic Freedom and the Application of Xxxxxxxx x. Xxxxxxxx to Public University Faculty, Cath. U. L. rev. 59 (2009), pp.147-148
28 391 US 563 (1968)
29 461 US 138 (1982)
30 547 US. 410 (2006)
31 391 US 563 (1968), p. 568
32 Ivi, p. 572
argomenti politici, sociali o in generale concernenti la comunità e sembra invece riguardare interessi personali del dipendente.33
L’applicazione del Xxxxxxxxx/Xxxxxxx Test da parte delle corti minori nelle controversie accademiche, al fine di “riempire” un concetto giuridico di libertà accademica lasciato sostanzialmente vuoto dalla Corte Suprema, può sembrare una decisione corretta. Le università pubbliche, infatti, sono finanziate e gestite dallo Stato, che può essere inteso come il datore di lavoro, e i professori sono tecnicamente dei dipendenti pubblici. Tuttavia, dall’applicazione automatica di questa disciplina nel contesto accademico derivano due importanti problemi.34
In primo luogo, i professori universitari non possono essere considerati dipendenti pubblici in senso tradizionale e i boards of trustees non controllano i docenti come degli effettivi datori di lavoro. Come spiega Xxxxxxx Finkin35, le università hanno strutture gerarchiche interne ma il corpo docente condivide un’importante parte di potere manageriale con i trustees; i professori possono essere considerati gli appointees ma non gli employees degli amministratori. Per questo, ridurre il complesso rapporto fra amministratori e docenti ad un rapporto datore di lavoro-dipendente è riduttivo e porta a gravi fraintendimenti del sistema accademico.
In secondo luogo, il Xxxxxxxxx/Xxxxxxx test si basa sul determinare se i discorsi oggetto della controversia riguardino o meno argomenti di interesse pubblico. Nell’ambiente accademico però questo criterio non sembra essere efficace. Le controversie sul diritto di espressione dei professori universitari riguardano principalmente due temi: il programma del corso tenuto dal docente e quello che Xxxxxx definisce intramural speech36, ossia critiche nei confronti di regole e decisioni previste dal consiglio. Per quanto riguarda il contenuto del corso si può argomentare discrezionalmente sia che esso sia di pubblico interesse sia il contrario usando come scriminante l’interesse destato nell’opinione pubblica: la Corte però non ha mai specificato che per pubblico interesse si debba intendere un interesse di massa.37 Se per pubblico interesse si deve invece intendere quanto non strettamente correlato agli interessi personali del dipendente pubblico, è comunque complesso poter definire quanto nel processo decisionale che porta il professore alla formulazione di un programma sia di pubblico
33 Ivi, pp. 146-148
34 A. W. XXXXX, op. cit., p. 937
35 X. XXXXXX, Intramural Speech, Academic Freedom, and the First Amendment, Tex. L. Rev. 66 (1988), pp. 1323-1350
36 Ivi, p. 1325
37 Ad esempio, insegnamenti relativi a tematiche controverse come le minoranze etniche o sessuali possono facilmente essere descritti come di interesse pubblico, lo stesso non si può però dire per altri come il design industriale o l’analisi matematica
interesse e quanto invece riguardi la sua sfera personale: vi sono solitamente delle parti di programma non vincolate a rigidi canoni contenutistici e che possono essere decise per personali preferenze, la scelta di queste ultime è una questione privata o di pubblico interesse?
Il rischio è che le corti minori applicando il Xxxxxxxxx test giungano a risultati totalmente discrezionali, non tutelando proprio quello che la libertà accademica dovrebbe proteggere: il pensiero critico del professore. Le medesime considerazioni possono essere svolte anche per l’intramural speech: le corti minori applicano il criterio del public concern ma giungono a risultati opposti in casi molto simili.38
La Corte Suprema ha avuto l’occasione di risolvere queste ambiguità nel 2006 con la sentenza Xxxxxxxx x. Xxxxxxxx ma non ha voluto sfruttarla. Il caso coinvolge un rapporto ufficiale scritto da un viceprocuratore distrettuale, Xxxxxxx Xxxxxxxx, in cui quest’ultimo denuncia alcune mancanze ed errori contenute in un affidavit volto a giustificare un mandato di perquisizione. Nonostante le osservazioni di Xxxxxxxx, i suoi superiori proseguono con l’accusa e, una volta chiamato dalla difesa, Xxxxxxxx testimonia durante il processo le sue perplessità sull’affidavit. A seguito di questi avvenimenti, Xxxxxxxx subisce sul lavoro una serie di ritorsioni fra cui la mancata promozione e il trasferimento presso un altro tribunale, ritorsioni che riconduce a quanto da lui affermato nel rapporto scritto, il che secondo Xxxxxxxx costituisce una violazione del Primo e del Quattordicesimo emendamento.39
Secondo la Corte, questo caso si distingue da quelli in cui è possibile applicare il Xxxxxxxxx/Xxxxxxx test, l’oggetto della contesa è infatti un rapporto scritto da Xxxxxxxx nello svolgimento delle sue mansioni lavorative:
The controlling factor in Xxxxxxxx’ case is that his expressions were made pursuant to his duties as a calendar deputy. […] That consideration—the fact that Xxxxxxxx spoke as a prosecutor fulfilling a responsibility to advise his supervisor about how best to proceed with a pending case— distinguishes Xxxxxxxx’ case from those in which the First Amendment provides protection against discipline. We hold that when public employees make statements pursuant to their official duties,
38 Ad esempio, sono state dichiarate protette dal Primo emendamento: le considerazioni di un allenatore sui problemi dell’uguaglianza di genere all’università; le proteste di un professore di diritto sulle regole di ammissione; le critiche di alcuni professori circa le facilitazioni per gli studenti di bassa estrazione sociale all’esame di abilitazione. Invece, sono state dichiarate non protette: l’accusa di nepotismo da parte di un professore a seguito della nomina di un parente di un amministratore; le accuse circa violazioni etiche durante la ricerca scientifica di xxxxxxxx; l’affermazione di un professore circa l’utilizzo di azioni di discriminazione positiva nelle assunzioni dei colleghi.
A. W. XXXXX, op. cit, 945-946.
39 547 US. 410 (2006), pp. 413-415
the employees are not speaking as citizens for First Amendment purposes, and the Constitution does not insulate their communications from employer discipline. 40
Il giudice Xxxxxxx, autore della sentenza, stabilisce quindi un nuovo criterio: il dipendente pubblico non è protetto dal Primo emendamento quando le sue parole costituiscono parte delle sue mansioni lavorative, perché in questo contesto non sta parlando da privato cittadino. Non è più rilevante se quanto affermato sia o meno di interesse pubblico, in quanto la scriminante è se il soggetto stia agendo o meno in qualità di dipendente. Il giudice inoltre scrive due caveats: anzitutto la Corte riconosce che possa essere complesso distinguere nettamente le due situazioni, tuttavia non ritiene opportuno soffermarsi sul delineare “a comprehensive framework for defining the scope of an employee’s duties in cases where there is room for serious debate”, avendo le parti sempre concordato sul punto. In secondo luogo il giudice Xxxxxxx risponde brevemente ad un quesito sollevato dal giudice Xxxxxx nella sua dissenting opinion circa le ripercussioni di tale decisione sul contesto lavorativo accademico:
Second, Justice Xxxxxx suggests today’s decision may have important ramifications for academic freedom, at least as a constitutional value. There is some argument that expression related to academic scholarship or classroom instruction implicates additional constitutional interests that are not fully accounted for by this Court’s customary employee-speech jurisprudence. We need not, and for that reason do not, decide whether the analysis we conduct today would apply in the same
manner to a case involving speech related to scholarship or teaching.41
Così scrivendo, la Corte Suprema perde un’importante occasione, ossia chiarire se i criteri riguardanti il diritto di espressione dei dipendenti pubblici debbano o meno essere applicati al contesto accademico e, ancora meglio, chiarire cosa si debba intendere per libertà accademica. La Corte con questa sua mancanza ha creato gravi conseguenze, peggiorando una situazione già di per sé confusa: mentre infatti il Xxxxxxxxx/Xxxxxxx test permetteva alle corti minori di scegliere discrezionalmente se proteggere o meno il docente, il criterio del pursuant to official duties esclude categoricamente una tutela in tal senso.42 I doveri ufficiali di un professore universitario (la ricerca, lo studio del programma del corso, le conferenze, le lezioni, la partecipazione all’amministrazione universitaria) sono proprio gli aspetti principali in
40 Ivi, p.421
41 Ivi, pp. 424-425
42 Si veda in generale: X. XXXXXX, Academic Freedom and the Post-Garcetti Blues, First amend. l. rev. 7 (2008-2009); X. XXXXXXX, Has Garcetti Destroyed Academic Freedom?, U. Mass. ROUNDTABLE Symp. L.J. 6 (2011).
cui il docente ha necessità di essere tutelato dalla libertà accademica ma applicando
Xxxxxxxx non sarebbero oggetto di considerazione da parte delle corti.43
Nonostante la Corte non abbia voluto stabilire se Xxxxxxxx possa essere applicato all’ambito accademico, in numerosi casi le corti minori hanno già utilizzato questo criterio44: ad esempio, in Gorum v. Sessoms45 un tenured professor e capo di dipartimento ha ritenuto di essere stato licenziato per essersi opposto alla candidatura del presidente dell’università, per aver offerto consulenza ad uno studente durante un procedimento disciplinare e per aver rifiutato un invito del presidente a parlare durante una prayer breakfast. La Corte d’appello per il Terzo Circuito ha affermato che le parole del professore riguardano i suoi official duties applicando Xxxxxxxx e negandogli la tutela del Primo emendamento.46
2. LA TUTELA DEI PROFESSORI E LE FORZE POLITICHE NEI CAMPUS AMERICANI
Al giorno d’oggi, la libertà accademica è posta al centro della discussione pubblica e politica, schiacciata da entrambi gli schieramenti di destra e sinistra: per i progressisti la libertà accademica mal si concilia con le politiche di inclusione, equità e diversità mentre viene usata dai conservatori come vessillo e slogan politico.
A seguito delle vicende susseguitesi nel 2020, molte think tanks conservatrici hanno sviluppato delle proposte di legge volte a modificare il sistema educativo e universitario, rendendolo un ambiente sicuro per i giovani ed estraneo all’indottrinamento di teorie politiche progressiste. Il primo stato a diventare protagonista di quest’onda riformatrice è la Florida, guidata dal Governatore repubblicano Xxx Xx Xxxxxx dal 2019.
2.1. Poca tutela e ambiguità: un terreno fertile per gli schieramenti politici
La poca chiarezza nella giurisprudenza della Corte Suprema, posta alla base del concetto costituzionale di libertà accademica, ha provocato la fragilità di quest’ultima nel relazionarsi con le dinamiche che caratterizzano attualmente i campus americani.
43 X. XXXXX, Academic Freedom and the First Amendment in the Garcetti Era, S. Cal. Interdisc. L.J. 22 (2013), p. 534
44 R. J. XXXXXX, X. X. XXXXX, op. cit., pp. 158-161
45 561 F.3d 179 (3d Cir. 2009)
46 Si vedano anche Renken x. Xxxxxxx 541 F.3d 769 (7th Cir. 2008), Hong x. Xxxxx 516 F. Supp 2d 1158 (C.D. Cal. 2007), in cui le corti negano tutela ai professori in causa perché discorsi inseriti nei loro official duties.
Gli Stati Uniti, e così i loro college, infatti, si ritrovano in quello che Xxxxxx definisce “a polarizing time”,47 dove la differenza fra Repubblicani e Democratici, fra conservatori e progressisti, è percepita dall’opinione pubblica come un contrasto netto: scontro che vede uno dei propri molteplici campi di battaglia proprio nelle università. Non è un caso che gli studiosi che negli Stati Uniti si occupano di libertà accademica utilizzino negli ultimi anni metafore belliche per descriverla: si parla spesso di libertà accademica “under attack” o “under fire”; non è inoltre un caso che prima di argomentare le proprie teorie al riguardo essi sentano la necessità di giustificarsi specificando la propria posizione politica e proclamandosi di sinistra.
Sicuramente, non è una novità che la libertà accademica sia posta sotto pressione da forze esterne, come infatti si è visto, essa è nata proprio come strumento per tutelare i professori da questi pericoli. Tuttavia, ciò che rende particolarmente grave la situazione attuale è il progressivo democratic backsliding che riguarda non solo gli Stati Uniti ma il mondo intero48: si è nel mezzo di una recessione democratica e la libertà accademica ne è un indice importante, poiché le università sono i primi bersagli nei tentativi dei leader politici di controllare la sfera pubblica.49
Negli Stati Uniti le pressioni sulla libertà accademica provengono da schieramenti politici sia di sinistra sia di destra e sono la conseguenza di eventi e fenomeni culturali che hanno caratterizzato gli ultimi anni: si tratta, in particolare, dei movimenti sociali #MeToo50 e Black Lives Matter51, quest’ultimo ampliato dalle problematiche riguardanti la pandemia COVID-19.52 Uno degli effetti di questi movimenti è la sensibilizzazione all’interno dei campus circa le conseguenze che possono derivare da atteggiamenti discriminatori in ambito lavorativo. Le università pubbliche hanno incluso nei propri regolamenti intere sezioni dedicate alle molestie sessuali e alle discriminazioni razziali e di genere, proibendo condotte non solo violente da un punto
47 X. X. XXXXXX, Academic Freedom and Discrimination in a Polarizing Time, Hous. L. Rev. 59 (2022) 48 Per una visione globale del livello di libertà accademica si veda l’Academic Freedom Index (AFI) xxxxx://xxxxxxxx-xxxxxxx-xxxxx.xxx/
Per comprendere come interpretare l’AFI si veda: X. XXXXXXXXXX et al., Free Universities: Putting the Academic Freedom Index Into Action, GPPi & Scholars at Risk Network (2021).
49 X. XXXXXXXX, Academic Freedom and Democratic Backsliding, X. Legal Educ. 71 (2022), pp. 238- 240
50 #MeToo è un movimento divenuto virale a livello globale nel 2017 con una serie di testimonianze
riguardanti molestie sessuali e discriminazioni di genere nell’ambiente lavorativo.
Si veda generalmente: xxxxx://xxxxxxxxx.xxx/
51 Black Lives Matter è un movimento divenuto virale a livello globale nel 2020 in piena pandemia a seguito dell’omicidio di Xxxxxx Xxxxx, afroamericano, per mano di un agente della polizia. Ha come missione “eradicate white supremacy and build local power to intervene in violence inflicted on Black communities by the state and vigilantes.”
Si veda generalmente: xxxxx://xxxxxxxxxxxxxxxx.xxx/
00 X. X. XXXXXX, op.cit., pp. 790-791
di vista fisico ma anche verbale (così dette DEI policies: diversity, equity and inclusion). Sono inoltre aumentati in numero considerevole gli uffici amministrativi universitari dedicati alla tutela della diversità e dell’inclusione: il lavoro di questi uffici è applicare le regole antidiscriminatorie, che per la maggior parte non possono essere considerate content neutral, spesso dopo lunghe e complesse indagini circa l’operato del professore.53
Questo contesto fa emergere un nuovo fondamentale problema della libertà accademica, ossia il suo rapporto con i fenomeni discriminatori. I professori universitari si trovano infatti in difficoltà nel trattare determinate tematiche d’attualità in classe; i movimenti #MeToo e Black Lives Matter hanno posto il problema della discriminazione al centro dell’opinione pubblica ma lo hanno anche escluso dai programmi delle lezioni universitarie: è troppo rischioso parlare di razza e violenza sessuale in classe, la paura è quella di non essere sufficientemente obiettivi o cauti nelle parole, di urtare la sensibilità di qualche studente e di subire pesanti indagini da parte degli uffici summenzionati.
La libertà accademica non è sicuramente, come molti pensano, uno strumento volto a tutelare frasi e comportamenti discriminatori o molestie sessuali dei professori nei confronti degli studenti, né tantomeno la loro incapacità nell’accettare l’uso di determinati appellativi o pronomi come richiesto dagli studenti. Tale fraintendimento è dovuto agli avversari di questa spinta progressista dei campus, ossia le forze conservatrici, le quali descrivono la libertà accademica come uno strumento salvifico per un ritorno ai valori passati.54 È necessario trovare quindi un bilanciamento giuridico fra libertà accademica e comportamenti discriminatori, bilanciamento attualmente assente vista l’incapacità della giurisprudenza di fornire solidi criteri: quanto affermato dalla Corte Suprema durante il Maccartismo non è più sufficiente.55
Quanto agli esponenti politici di destra, essi sono i promotori d’una serie di disegni di legge volti a modificare il sistema della higher education e della k-12 education, rendendo scuole e università luoghi protetti da determinate politiche progressiste e violando di conseguenza la libertà d’espressione di professori e studenti.56
53 Ivi, pp. 792-793
54 K. M. BRIDGES, Evaluating Pressures on Academic Freedom, Hous. L. Rev. 59 (2022), pp. 804-812
55 In Xxxxxxxxxx v. Hartop (992 F.3d 492), caso del 2021 trattato dalla Corte di Appello del Sesto Circuito, un professore universitario si era rifiutato di riferirsi ad uno studente usando il pronome femminile dichiarando di non credere che il genere possa differire dal sesso biologico della persona. La Corte ha affermato che il suo rifiuto è protetto dal Primo emendamento. Tuttavia, non è pacifico che l’uso dei pronomi rientri nelle questioni riguardanti il free speech.
56 A. HAMMER, The Failure to Protect Free Speech in Higher Education: A Nonpartisan Right with Bipartisan Consequences, Notre Dame J. L. Ethics & Pub. Pol’y 37 (2023), p.484.
In the twenty-first century, there are numerous examples of how government leaders from all states and political parties are weakening the right to free speech in higher education. […] in 2022, 137
Come afferma Xxxxxx Xxxxx, alcune think tanks politicamente orientate e ben consolidate hanno sfruttato le opportunità offerte dalla protesta di massa causata dall’uccisione di Xxxxxx Xxxxx per disseminare modelli legislativi restrittivi della libertà di espressione. Le proteste hanno preso una piega così importante a livello numerico proprio perché rappresentano il culmine di anni di malcontento nei confronti dello Stato e del suo fallimento nella gestione della polizia: l’isolamento, le morti, la perdita del lavoro e in generale i problemi causati dalla pandemia hanno contribuito ad aumentare la rabbia e l’ampiezza delle proteste. È in questo contesto che sono divenuti popolari termini fino a questo momento usati solo in stretti circoli accademici: systemic racism, white supremacy, white fragility, white privilege e soprattutto critical race theory.57
In particolare, la critical race theory è una teoria nata in ambito accademico a partire dal 1970 che si basa sulla premessa secondo cui razza e razzismo sono fondamentali nella società americana e in particolare nelle leggi statunitensi. Secondo gli ideatori di questa teoria, vi sono ancora così forti disparità razziali, nonostante decenni di legislazione volta ai diritti civili delle minoranze, perché il razzismo è parte delle tradizioni della società americana. Non è stata stabilita una precisa metodologia ma generalmente la teoria cerca di esaminare il rapporto fra il diritto e la razza.58
A seguito dell’uccisione di Xxxxxx Xxxxx, il Manhattan Institute (think tank conservatrice) ha dato forte visibilità a Xxxxxxxxxx Xxxx, attivista conservatore, e alle sue teorie riguardanti la critical race theory indoctrination. La diretta conseguenza è stata un accoglimento delle sue teorie da parte dell’Amministrazione Xxxxx nell’executive order 13950 Combating Race and Sex Stereotyping:
It prohibited federal agencies, contractors, and grant recipients from providing workplace trainings that instruct employees in any form of race or sex stereotyping or any form of race or sex scapegoating, including concepts that one race or sex is inherently superior to another race or sex or that an individual should feel discomfort or guilt of his or her race or sex.59
Di poco successivo è il 1776 Report, scritto dalla President’s Advisory 1776 Commission, il quale è volto a promuovere un’educazione patriottica. Entrambi ripropongono la medesima retorica presente già a marzo 2019 nell’executive order 13864 Improving Free Inquiry, Transparency, and Accountability at Colleges and
education gag orders bills were introduced by state legislators, thirty-nine percent of those targeting higher education in some way.
57 X. XXXXX, The Political Machine behind the War on Academic Freedom, The Chronicle of Higher Education, THE ESSAY, xxxxx://xxx.xxxxxxxxx.xxx/xxxxxxx/xxx-xxxxxxxxx-xxxxxxx-xxxxxx-xxx-xxx-xx- academic-freedom
58 X. XXXXXX at al., The Race to Ban Race: Legal and Critical Arguments Against State Legislation to Ban Critical Race Theory in Higher Education, Mo. L. Rev. 88 (2023), p. 67
59 Ivi, pp. 71-73
Universities: con questo executive order l’Amministrazione Xxxxx voleva perseguire lo scopo di “promote free and open debate on college and university campuses” e per farlo vincolava il ricevimento dei fondi federali per l’educazione e la ricerca al rispetto dello stesso.60
Xxxx non ha mai spiegato cosa effettivamente si debba intendere per critical race theory, si è limitato a descriverla come un radical dogma volto a causare violenza e distruzione nelle città americane e a indottrinare i giovani in scuole e università. Nonostante il Presidente Xxxxx abbia poi revocato entrambi gli executive orders, i governatori degli stati conservatori hanno iniziato a promuovere una serie di disegni di legge volti a limitare la libertà di espressione nelle scuole e soprattutto l’esclusione della critical race theory.61 Quest’ultima però ha ormai perso qualsiasi inerenza con il suo originale significato e viene intesa come un’ampia categoria volta a comprendere qualsiasi argomento scomodo: di conseguenza, la decisione circa le tematiche da proibire in classe è altamente discrezionale.62
Si può quindi affermare che sia destra che sinistra stanno cercando di proteggere la libertà di parola nei campus opprimendo però contemporaneamente la libertà accademica: i conservatori cercano di tutelare esclusivamente ideologie di destra che ritengono essere escluse nei campus ma le proposte di legge non toccano gli argomenti di discussione che non destano il loro interesse; i progressisti ugualmente difendono le proprie visioni politiche proteggendo le minoranze ma nel farlo impongono limitazioni content-based non conformi a costituzione.63
2.2. I modelli di legge di Xxxxxxxxx Institute, Manhattan Institute ed
Heritage Foundation
Le proteste del movimento Black Lives Matters conseguenti alla morte di Xxxxxx Xxxxx nel maggio del 2020 hanno dato occasione alle principali think tanks conservatrici di formulare o riproporre modelli di legge volti a modificare il sistema educativo e universitario statunitense. Queste proposte legislative sono state avanzate da tre organizzazioni in particolare: il XxxxXxxxx Institute, il Manhattan Institute e la Heritage Foundation; tutte e tre sono membri dello State Policy Network (SPN),
60 C. I. XXXXXX, The Problems with the Solutions: Examining the Response from Universities, President Xxxxx, and State Legislatures to Campus Free Speech Issues, Ave Xxxxx X. Rev. 19 (2021), pp. 163-164 61 X. XXXXXX at al., op. cit., p. 73
62 K. M. BRIDGES, op. cit. pp. 815-816
63 M. C. XXXXX, X. XXXXX (a cura di), Democracy, Populism, and Truth, Springer (2020), p. 82
un’organizzazione che collega molte think tanks conservatrici statunitensi allo scopo di promuovere una right wing agenda.64
Nel 2017 il XxxxXxxxx Institute ha pubblicato Campus Free Speech: A Legislative Proposal, scritto da Xxxxxxx Xxxxx, Xxxxx Xxxxxx e Xxxxxxxx Xxxxxxx.65 La proposta precede di alcuni anni gli eventi del 2020 e questo si vede nella sua struttura e nel suo contenuto, i quali (almeno apparentemente) non sembrano riconducibili ad una specifica fazione politica. Il documento illustrativo del modello si suddivide in tre parti: la seconda e la terza sono composte dal testo di legge e dalla sua spiegazione sezione per sezione; la prima invece è una lunga premessa in cui viene spiegato lo scopo della legge e i modelli a cui si riferisce:
The model bill herein is designed to change the balance of forces contributing to the current baleful national climate for campus free speech. […] The model bill is designed to encourage public and institutional oversight of administrators’ handling of free-speech issues, thus counterbalancing pressures on administrators to overlook interference with the free-speech rights of others. […] The overall effect will be to break the vicious cycle that has placed campus free speech in increasing peril. 66
I principi ispiratori della proposta derivano da tre importanti documenti riguardanti la libertà d’espressione nei campus: il Xxxxxxxx Report del 1974 della Yale University, il Kalven Report del 1967 dell’Università di Chicago e lo Stone Report del 2015 sempre dell’Università di Chicago67. Il Xxxxxxxx Report e il Kalven Report sono entrambi stati scritti in seguito al periodo del Maccartismo e hanno l’intento di restaurare la libertà di espressione all’interno dei campus: il primo richiede l’introduzione di dichiarazioni riguardanti la libertà d’espressione nei regolamenti della singola università e la previsione di gravi conseguenze in caso di mancato rispetto delle stesse, come sospensione o espulsione di studenti e professori68; il secondo afferma che le università debbano rimanere neutrali nei confronti delle principali questioni politiche e sociali attuali: i professori e gli studenti devono essere liberi di esprimere le proprie opinioni, non l’istituzione69.
64 Si veda in generale: A Reporter’s Guide to the XxxxXxxxx institute: What Citizens, Policymakers, and Reporters Should Know, Arizona Working Families & Center for Media and Democracy (2013), xxxxx://xxx.xxxxxxx.xxx/xxxxx/Xxxxxx_xx_xxx_Xxxxxxxxx_Xxxxxxxxx_xxxxx.xxx
65 X. XXXXX at al., Campus Free Speech: A Legislative Proposal, XxxxXxxxx Institute (2017), xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxx/xxxxxx-xxxx-xxxxxx-x-xxxxxxxxxxx-xxxxxxxx/
66 X. XXXXX, op. cit., pp. 5-6
67 Vedi infra
68Report of the Committee on Freedom of Expression at Yale (1974), xxxxx://xxxxxxxxxxx.xxxx.xxx/xxx- know-yale-college/office-xxxx/reports/report-committee-freedom-expression-yale
69 Kalven Committee: Report on the University’s Role in Political and Social Action (1967), xxxxx://xxxxxxx.xxxxxxxx.xxx/xxxxx/xxxxxxx/xxxxx/xxxxxxxxx/xxxxxxx/XxxxxxXxxx_0.xxx
Affermano poi gli autori del documento:
The primary function, of a university is the discovery, improvement, transmission, and dissemination of knowledge by means of research, teaching, discussion, and debate. To fulfill this function, a free interchange of ideas is necessary not only within its walls but with the world beyond. It follows that the university must strive to ensure the fullest degree of intellectual
Dalle premesse, la proposta di legge sembra perfettamente in linea con la definizione professionale di libertà accademica sostenuta dall’AAUP e anche in parte con la giurisprudenza della Corte Suprema che vede la libertà accademica a special concern of the First Amendment.
Il Campus Free Speech Act riguarda le università pubbliche ma l’obiettivo è quello di coinvolgere anche le private attraverso una sorta di “rivoluzione culturale”. Si divide inoltre in cinque sezioni. Nella prima sezione sono specificate le regole che deve adottare il Board of trustees dell’università al fine di tutelare la libertà d’espressione e la libertà accademica, di cui le principali sono: il fine ultimo dell’università deve essere la ricerca del sapere attraverso l’insegnamento, la ricerca e il dibattito nel pieno rispetto del Primo emendamento; studenti e professori devono essere liberi di esprimere le proprie idee, di compiere proteste, di invitare oratori, di riunirsi in associazioni nel rispetto di chiare regole content neutral.
La seconda sezione prevede la creazione di una Committee on Free Expression volta a riportare annualmente al Board of Trustees, allo Stato e al pubblico in generale lo status della libertà d’espressione all’interno del campus.
La terza sezione prevede l’inserimento nel programma degli studenti del primo anno un corso volto ad istruirli sulle regole inerenti alla libertà d’espressione in atto nel campus. La quarta sezione permette al Board of trustees di impedire atti e dichiarazioni che comportano la violazione di leggi statali o federali, che rientrano nelle espressioni che la Corte Suprema ha escluso dalla protezione del Primo emendamento o che costituiscono molestie sessuali. Infine, la quinta sezione afferma che un’istituzione universitaria pubblica può limitare la libertà di espressione solo se dimostra che la restrizione:
(1) Is necessary to achieve a compelling governmental interest;
(2) Is the least restrictive means of furthering that compelling governmental interest;
(3) Leaves open ample other opportunities to engage in the expressive conduct; and
(4) Provides for spontaneous assembly and distribution of literature.71
70 X. XXXXX at al., op. cit., p.13
71 Ivi, pp. 20-24
Come riportato dall’AAUP, sono molti gli stati che hanno adottato una legge volta alla tutela della libertà d’espressione nei campus sul modello del XxxxXxxxx Institute, spesso però modificandolo: ad esempio, la legge adottata dalla California a maggio 2017 non è rivolta solo alle istituzioni pubbliche ma anche a quelle private, condizionando l’ottenimento dei fondi statali al rispetto della legge; oppure, il North Carolina in luglio 2017 ha adottato il Restore Campus Free Speech Act, il quale prevede misure disciplinari molto più severe rispetto a quanto previsto dal Xxxxxxxxx Institute, soprattutto nei confronti di proteste volte a contrastare il diritto di espressione altrui.72
Considerato nel suo insieme, il modello di legge ha pochi difetti da recriminare: è sufficientemente specifico nel delineare cosa debba essere protetto e cosa invece impedito e risponde ad uno scopo in linea con la Costituzione, la protezione della libertà d’espressione. Ciò che permette di capirne la criticità sono i successivi modelli di legge pubblicati dallo stesso XxxxXxxxx Institute e dalle altre think tanks repubblicane a partire dal 2020: si tratta di modelli volti a proteggere solo un particolare tipo di contenuto conservatore e contrastare invece tutto il resto; in particolare, la Heritage Foundation è responsabile di una serie di proposte riguardanti i divisive concepts nella k-12 education73 mentre il Manhttan Institute e il XxxxXxxxx Institute si sono occupati principalmente di modelli volti ad eliminare gli uffici e le attività nei campus per l’inclusione e la diversità (DEI).74
Nel gennaio 2023 il Manhattan Institute e il Xxxxxxxxx Institute hanno pubblicato Abolish DEI Bureaucracies and Restore Colorblind Equality in Public Universities, un modello di legge che vede come autori Xxxxxxxxxxx Xxxx, Xxxx Xxxxxxx e Xxxx Xxxxxxxxx. Il testo utilizza un lessico molto più politico e populista rispetto a quanto si può leggere nel modello del 2016 e si suddivide in quattro proposte per le università pubbliche, proposte volte a “pushing back on some of the negative trends that have afflicted higher education”:
1. Abolish DEI bureaucracies.
2. End mandatory diversity training.
3. Curtail political coercion.
72 Campus Free-Speech Legislation: History, Progress and Problems, AAUP Commettee on Government Relations (2018), xxxxx://xxx.xxxx.xxx/xxxxxx/xxxxxx-xxxx-xxxxxx-xxxxxxxxxxx-xxxxxxx-xxxxxxxx-xxx problems
73 Si veda ad esempio: Protecting K–12 Students from Discrimination, Heritage Foundation (2021) xxxxx://xxx.xxxxxxxx.xxx/xxxxxxxxxx-x-00-xxxxxxxx-xxxxxxxxxxxxxx
00 X. XXXXXXXXX, The Plan to Dismantle DEI: Conservatives take on colleges’ “illiberal” bureocracy,
The Chronicle of Higher Education 69 fasc. 11 (2023)
4. End identity-based preferences.75
Nella prima proposta gli autori affermano che per promuovere la libertà accademica e la ricerca del sapere è necessario che le università pubbliche eliminino ogni regolamentazione e ufficio inerente a diversità, equità ed inclusione, i quali operano “as divisive ideological commissariats, promulgating and enforcing Critical Race Theory and related political orthodoxies as official campus policy.” Secondo gli autori, non vi è alcuna prova scientifica che dimostri l’apporto positivo degli uffici DEI sugli studenti appartenenti a minoranze, anzi addirittura dimostrano l’opposto. Nella seconda proposta la burocrazia DEI viene così descritta:
Although DEI sounds innocuous and even salutary, it’s an Orwellian phrase that in reality prevents intellectual diversity, impedes equal opportunity, and excludes those who don’t conform to progressive orthodoxy.76
In queste righe è invece evidente il vero scopo di questo tipo di legislazione: proteggere esclusivamente chi non condivide le ideologie progressiste, vietando qualsiasi argomentazione spinosa per la destra. Per avere una visione ancora più chiara sul punto, le proposte di legge sull’eliminazione delle regole DEI devono essere lette in contemporanea ai modelli riguardanti i limiti da imporre su programmi di corso e materie da affrontare in classe. Un esempio è il modello proposto dal Manhattan Institute in agosto 2021: How to Regulate Critical Race Theory in Schools: A Primer and Model Legislation, pensato inizialmente per la k-12 education ma poi applicato dagli stati anche alle le università.
2.3. Il caso della Florida: the Education State
Fra tutti gli stati che hanno usufruito dei modelli di legge pubblicati dalle think tanks repubblicane o che hanno comunque messo in pratica gli executive orders del Presidente Xxxxx, il più rilevante risulta essere il caso della Florida. All’inizio del suo primo mandato nel 2019, il governatore della Florida De Santis77 è stato infatti definito dai suoi stessi collaboratori come il governatore di un education state. In particolare, il Commissioner for Education Xxxxxxx Xxxxxxxx ha affermato a fine 2020:
75 C. F. XXXX ad al., Abolish DEI Bureaucracies and Restore Colorblind Equality in Public Universities, Manhattan Institute (2023), xxxxx://xxxxxxxxx.xxxxxxxxx/xxxxxxx/xxxxxxx-xxx-xxxxxxxxxxxxx-xxx-xxxxxxx- colorblind-equality-in-public-universities
76 Ivi, p. 6
77 Xxx Xx Xxxxxx è attualmente al secondo mandato come governatore repubblicano della Florida dopo essere stato rieletto nel 2022. È anche candidato alle primarie repubblicane in vista delle elezioni presidenziali del 2024, il suo principale avversario è l’ex presidente Xxxxxx Xxxxx. xxxxx://xxxxxxxxxxx.xxx/
Governor XxXxxxxx has once again proven to be a true leader by securing historic wins for Florida students through investments and policies that will change Florida’s educational landscape for decades to come. Governor XxXxxxxx truly is the Education Governor, and Florida is the
Fra i successi di Xx Xxxxxx molti riguardano soprattutto la k-12 education ma nel 2023 sono stati annunciati disegni di legge riguardanti anche il sistema universitario. Durante il suo primo mandato, Xx Xxxxxx si è reso noto per la sua dura campagna contro la così detta ideologia WOKE; come per la critical race theory anche al termine woke è stato dato un nuovo significato dispregiativo: nella black community essere woke significa essere una persona “sveglia” (awake), ossia essere informato e consapevole circa le tematiche di giustizia sociale e discriminazione razziale, termine di conseguenza molto usato dal movimento Black Lives Matter. Quando usato nelle proposte legislative dalla destra conservatrice invece woke deve essere inteso come un acronimo dispregiativo: Stop the Wrongs to Our Kids and Employees (WOKE); si tratta di disegni di legge volti a contrastare l’insegnamento e la discussione di queste tematiche.79
La stampa nazionale e internazionale ha posto in evidenza soprattutto la pericolosità di tre leggi approvate dal Governatore fra il 2022 e il 202380, queste sono: Parental Rights in Education (House Bill 1557) e Individual Freedom (House Bill 7) entrati in vigore nel luglio 2022; Higher Education (Xxxxxx Xxxx 266) entrata in vigore nel luglio 2023.
La legge Parental Rights in Education riguarda esclusivamente la k-12 education ed è stata chiamata dai suoi oppositori Don’t say gay Act: a seguito dell’entrata in vigore di questa disposizione normativa, gli insegnanti delle scuole pubbliche risultano ostacolati nel condurre in classe lezioni riguardanti l’orientamento sessuale e l’identità di genere. Come dichiara il suo nome ufficiale, la norma è volta a rimettere in primo piano i diritti dei genitori nell’educazione dei figli, in particolare il diritto di essere informati dalla scuola qualora vi siano dei problemi circa la salute fisica e psicologica del figlio e di prestare il proprio previo consenso ad eventuali percorsi psicologici proposti dal distretto scolastico. La norma inoltre afferma:
78 Il Florida Department of Education a fine 2020 conta molti traguardi fra cui lo stanziamento di ingenti somme a supporto dello sviluppo di Xxxxx Xxxx, programmi educativi rivolti agli studenti della k-12 education ecc.; il guadagno di punteggio nelle graduatorie riguardanti l’eccellenza scolastica; misure a favore di insegnanti e famiglie e così via:
xxxxx://xxx.xxxxx.xxx/xxxxxxxx/xxxxxx-xxxx/xxxxxxxx-xxx-xxxxxxxx-xxxxxx-xxxx-xxxxx-xxxxxxx-xx-xxx- education-state.stml
79 X. XXXXXXX-XXXXX, "The Stop WOKE Act": HB 7, Race, and Florida's 21st Century Anti-literacy Campaign, UF Law Faculty Publications 1200 (2022); p. 19
80 Si veda ad esempio: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xxx/xxxxxxxx/0000/00/00/xxxxxxxx-xxxxxx-xx- reforms-students-concern/ oppure xxxxx://xxx.xxxxxxxxxx.xx/xxxxxx/0000/00/00/xxxx/xxxxxxx_xxxxxxxx_xxxxx_xxxxxxx_xxxxx_xx_xxxxxx_xxxxxxx ta_universita-389457311/
Classroom instruction by school personnel or third parties on sexual orientation or gender identity may not occur in kindergarten through grade 3 or in a manner that is not age–appropriate or developmentally appropriate for students in accordance with state standards.81
I sostenitori della legge affermano che questo passaggio dia solamente l’occasione ai genitori di scegliere quando e in che modo introdurre i propri figli alle questioni di genere. È anche vero però che in caso di mancato rispetto della norma, quest’ultima dà la possibilità ai genitori di fare causa al distretto scolastico, con possibili ripercussioni nei confronti degli insegnanti.
La legge Individual Freedom è forse quella che ha destato più scalpore a livello di stampa internazionale, essendo stata chiamata dai suoi stessi sostenitori The Stop WOKE Act, e riguarda tutti i gradi di istruzione (k-20 education), compresa quindi l’università. Il provvedimento afferma che costituisce discriminazione contraria alla legge sottoporre gli studenti della k-20 education a un insegnamento che:
Xxxxxxxx, promotes, advances, inculcates, or compels such student or employee to believe any of the following concepts:
1. Members of one race, color, national origin, or sex are morally superior to members of another race, color, national origin, or sex.
2. A person, by virtue of his or her race, color, national origin, or sex is inherently racist, sexist, or oppressive, whether consciously or unconsciously.
3. A person’s moral character or status as either privileged or oppressed is necessarily determined
by his or her race, color, national origin, or sex.
4. Members of one race, color, national origin, or sex cannot and should not attempt to treat others without respect to race, color, national origin, or sex.
5. A person, by virtue of his or her race, color, national origin, or sex bears responsibility for, or should be discriminated against or receive adverse treatment because of, actions committed in the past by other members of the same race, color, national origin, or sex.
6. A person, by virtue of his or her race, color, national origin, or sex should be discriminated against or receive adverse treatment to achieve diversity, equity, or inclusion.
7. A person, by virtue of his or her race, color, sex, or national origin, bears personal responsibility for and must feel guilt, anguish, or other forms of psychological distress because of actions, in which the person played no part, committed in the past by other members of the same race, color, national origin or sex.
8. Such virtues as merit, excellence, hard work, fairness, neutrality, objectivity, and racial colorblindness are racist or sexist, or were created by members of a particular race, color, national origin, or sex to oppress members of another race, color, national origin, or sex.82
81 CS/CS/HB 1557: Parental Rights in education, p. 4
82 CS/HB 7: Individual Freedom, pp. 3-4, 10-11
La norma poi specifica che il summenzionato obbligo non implica il divieto di discutere i concetti elencati nell’ambito di un corso di istruzione più ampio, purché questi siano trattati dall’insegnante o dal professore in termini oggettivi e senza esporre proprie posizioni personali.
In questo testo normativo sono numerose le zone grigie di dubbia interpretazione che potrebbero comportare un’inconsapevole violazione della legge. Ad esempio, Xxxxxxxx Xxxxxxx-Xxxxx riporta alcune casistiche in cui risulta evidente una mancanza di chiarezza nel confine fra quanto può essere detto in un corso di diritto e cosa invece è vietato:
Professor X teaches a Death Penalty course at a law school. Students have been assigned a range of reading material on capital punishment, including demographic data on death row inmates and victims, philosophical perspectives (e.g., Xxxxxx Xxxxxxxx), and an examination of various rationales for the death penalty (including deterrence, retribution, and rehabilitation). In addition, students have been assigned a series of death penalty cases, including Xxxxxx v. Xxxxxxx, Xxxxx x. Georgia, XxXxxxxxx x. Xxxx, and Xxxxx v. Florida. As part of class discussion, students state their varied opinions on death penalty, including whether it should be constitutional. A student asks the professor “What’s your opinion about whether the death penalty operates in a racially
discriminatorily and unconstitutional manner?”83
Ci si può chiedere cosa possa rispondere il docente senza violare l’HB 7: il professore può fornire una propria opinione basata su dati empirici e sul proprio lavoro di ricercatore? Vietare al professore una risposta in tal senso colpisce il cuore delle sue competenze e la sua libertà accademica, lasciando lo studente solo nell’elaborare informazioni spesso molto complesse. Inoltre, la legge non specifica cosa debba accadere nel caso in cui lo studente richieda l’opinione del professore non in classe ma durante un ricevimento privato. Il provvedimento può modificare fortemente il modo in cui vengono tenuti i corsi. 84
Infine, la legge Higher Education conferisce ai boards of governors e ai presidenti delle istituzioni universitarie maggiori poteri nell’assumere e licenziare personale, inoltre intacca i tenure rights dei professori. Gli amministratori devono adottare una regolamentazione volta a sottoporre ogni componente del corpo docente ad una post tenure review ogni cinque anni. La revisione deve avere come criteri:
1. Accomplishments and productivity;
2. Assigned duties in research, teaching, and service;
3. Performance metrics, evaluations, and ratings; and
83 X. XXXXXXX-XXXXX, op. cit., p. 23
84 Ivi, p. 24
4. Recognition and compensation considerations, as well as improvement plans and consequences for underperformance.85
La norma inoltre proibisce alle università pubbliche di utilizzare fondi statali per
advocate for diversity, equity, and inclusion, or promote or engage in political and social activism, as defined by rules of State Board of Education and regulations of the Board of Governors. 86
L’HB 7 e l’SB 266 hanno come conseguente risultato il netto cambiamento di molti corsi: a seguito della loro entrata in vigore, i professori devono capire se sia necessario dare nuovo contenuto al programma, scelta che risulta essere molto arbitraria vista l’assenza di precedenti e di criteri precisi, con pesanti conseguenze in caso di errore. Ma anche per chi non necessariamente si occupa di tematiche inerenti alla discriminazione razziale o di genere (come, ad esempio, un corso di diritto costituzionale, internazionale…) il risultato sarà la totale eliminazione di questi eventuali spunti di discussione.87
3. E LE UNIVERSITÀ PRIVATE?
Negli Stati Uniti a fine 2020 le istituzioni universitarie erano in tutto 5916, di cui solo 1892 sono pubbliche. Le università private costituiscono la netta maggioranza (68%) ed è necessario distinguerle in private for profit institutions (38%) e private non profit institutions (30%).88
La privatizzazione della higher education è un fenomeno mondiale iniziato degli anni Ottanta e ha assunto tre possibili forme: (1) un maggiore affidamento alle risorse private e una crescente collaborazione con le industrie per le università pubbliche, (2) un maggiore affidamento alle risorse pubbliche per le università private e (3) una forte crescita di quest’ultime per prestigio e numero di studenti. Negli Stati Uniti le università più importanti e influenti appartengono alla così detta Ivy League e sono tutte private non profit institutions: si tratta d’università che dagli anni Ottanta hanno progressivamente alzato le proprie tasse d’iscrizione e la selettività in entrata, ottenendo una forte reputazione; questa tendenza è stata favorita dal Congresso, il quale sempre a partire da quegli anni si è interessato al finanziamento degli studi universitari89 con la
85 CS/CS/CS/SB 266: Higher Education, p. 8
86 Ivi, p. 11
87 X. XXXXXXX-XXXXX, op. cit. p. 31
88 National Center for Education Statistics, Table 105.50. Number of educational institutions, by level and control of institution: 2010–11 through 2020–21, Digest of education statistics, U.S. Department of Education, Institute of Education Sciences (2022)
xxxxx://xxxx.xx.xxx/xxxxxxxxx/xxxxxxx.xxx?xxx0000
89 Si tratta di una politica inizialmente adottata nel 1944 per favorire il reintegro sociale dei veterani dopo la Seconda Guerra Mondiale, poi allargata a tutti gli studenti dopo gli anni Settanta.
previsione di prestiti e borse di studio. Si tratta solitamente di finanziamenti federali il cui ammontare varia a seconda del reddito familiare dello studente e che hanno un tetto massimo: qualora non siano sufficienti per coprire il pagamento delle tasse, l’istituzione può rinunciare al rimanente concedendo una borsa di studio allo studente particolarmente meritevole.
Il progressivo aumento delle tasse universitarie nelle prestigiose università private, permesso inizialmente proprio dall’intervento del Congresso con i finanziamenti federali, ha reso sempre più insufficienti gli stessi finanziamenti assecondando le forti differenze economico sociali interne alla popolazione statunitense: oggi solo una piccola fascia può permettersi questo tipo di istruzione universitaria, la maggior parte deve ripiegare su istituzioni private meno prestigiose, istituzioni pubbliche o ancora meglio università private for profit.90
Le università private non profit utilizzano donazioni, fondi e quote d’iscrizione solo per investimenti interni alla stessa istituzione e si suddividono in tre categorie: in primo luogo, i liberal arts and research colleges non perseguono altri fini se non la ricerca del sapere e di conseguenza per la maggior parte prevedono dichiarazioni volte a garantire la libertà d’espressione e la libertà accademica. Fanno parte di questa categoria le università private più prestigiose come Harvard, Yale e Princeton.
In secondo luogo, ci sono le quasi-ideological universities e le technical universities. Le prime sono istituzioni che sposano una determinata ideologia, religiosa o no, ma che non richiedono un obbligo da questo punto di vista per professori e studenti. Le seconde sono più focalizzate all’acquisizione di competenze tecniche invece che conoscenze teoriche. In entrambi i casi deve essere garantita la libertà d’espressione e la libertà accademica anche se si manifesta in modo differente rispetto ai liberal arts colleges.
Infine, vi sono le ideological universities e le military academies. In entrambi i casi sia studenti che professori devono aspettarsi una restrizione della propria libertà d’espressione e libertà accademica. Le ideological universities si dichiarano nel proprio statuto appartenenti ad un certo credo religioso e richiedono l’appartenenza allo stesso per tutti i loro membri: di conseguenza, la ricerca scientifica può essere presente ma entro i confini dettati dalla religione, così i dibattiti e i programmi di studio. Negli Stati Uniti è presente solo un’accademia militare privata ed è la Norwich University: come le
90 X. XXXXXX, X. XXXXXXXXX (a cura di), Public-Private Dynamics in Higher Education: Expectations, Developments and Outcomes, Transcript Verlag (2007), pp. 142-144
accademie pubbliche richiede il rispetto di rigidi canoni di condotta, giuramenti e codici
d’onore, i quali lasciano poco spazio alla libertà dei suoi componenti.91
Le università private for profit, invece, offrono il grado più basso di qualità e prestigio ma sono da un punto di vista numerico le più notevoli. Negli Stati Uniti l’educazione, dopo la sanità, è uno dei settori economici più importanti92: le aziende (si tratta di grandi società come Apollo Group, Laureate Education e Xxxxxx International) si sono interessate al settore dell’educazione per poter accedere agli ingenti fondi pubblici messi a disposizione, utilizzandoli poi per diversificare il loro portafoglio d’investimento in settori diversi dall’istruzione al fine di massimizzare profitto. Queste università propongono principalmente una didattica online e si rivolgono a studenti delle classi sociali più povere o adulti lavoratori, attirati dal costo inferiore e dalla possibilità di frequentare le lezioni da casa.
I critici di questo sistema universitario ne affermano i programmi didattici scadenti, volti a gratificare i propri studenti/clienti per la facilità di ottenimento del diploma. Inoltre, le indagini governative sulle irregolarità degli aiuti finanziari sembrano essere endemiche nel settore: i loro business plan spesso non risultano veritieri in quanto il fine principale scritto nei documenti, ossia il miglioramento dell’offerta formativa, non risulta poi raggiunto grazie ai finanziamenti ottenuti e i mancati investimenti nell’offerta formativa aumentano invece i ricavi delle compagnie. 93
Nelle considerazioni che seguono riguardanti la libertà accademica, per università private si intendono solo quelle non profit, escludendo inoltre accademie militari e ideological universities.94
3.1. Il labile confine fra università pubbliche e università private
La Corte Suprema in Keyishan v. Board of Regents (1967) ha affermato il fondamento costituzionale della libertà accademica, considerandola protetta dal Primo emendamento95. Da questa decisione non derivano però solo vantaggi: in virtù della
91 K. SARABYN, Free Speech at Private Universities, J. L. & Xxxx. 39 (2010), pp. 170-181
92 Rappresenta più del 7% del GDP.
X. XXXXXX, X. XXXXXXXXX (a cura di), op. cit., p. 148
93 Ivi, pp. 146-151
94 Si noti comunque che l’AAUP a seguito della sua attività di indagine ha inserito nella propria censure list principalmente ideological universities.
xxxxx://xxx.xxxx.xxx/xxx-xxxxxxxx/xxxxxxxx-xxxxxxx/xxxxxxx-xxxx
95 Vedi supra
State action doctrine96 sono escluse dai vincoli del Primo emendamento le università private e ciò comporta una mancanza di tutela nei confronti dei professori che lavorano in quest’ultime.97
Tuttavia, tracciare una distinzione netta fra università pubbliche e private è tanto importante quanto difficile: non vi sono infatti reali definizioni al riguardo e il confine fra pubblico e privato è molto labile. Nella legislazione federale si può trovare una definizione di università pubblica al titolo IV del Civil Rights Act del 1964:
As used in this title: […]‘‘public college’’ means any institution of higher education or any technical or vocational school above the secondary school level, provided that such public school or public college is operated by a State, subdivision of a State, or governmental agency within a State, or operated wholly or predominantly from or through the use of governmental funds or
property, or funds or property derived from a governmental source.98
Si deve quindi intendere che ogni istituzione non gestita direttamente dallo Stato o non gestita totalmente o per la maggior parte grazie a fondi o proprietà pubbliche debba considerarsi privata. Se questa definizione fosse recepita generalmente dalle corti federali il problema di distinguere fra università pubbliche e private risulterebbe minimizzato99: la maggior parte delle università presenti negli Stati Uniti riceve infatti ingenti finanziamenti federali e agevolazioni fiscali; inoltre, per finanziamenti ricevuti non si intendono esclusivamente quelli indirizzati direttamente all’università ma anche, per esempio, eventuali prestiti o borse di studio finanziati dalla federazione ai singoli studenti.100
96 Il Primo emendamento si riferisce esclusivamente alle leggi del Congresso e dei singoli stati. Di conseguenza, secondo la state action doctrine, non si applica nei rapporti interprivati, regolati solo a livello legislativo.
G. D’XXXXXXX (a cura di), op. cit., p. 277
97 X. X. XXXXX, op.cit., pp. 299-300
98 42 US Code 2000c
99 Si veda in generale: S. S. XXXXXX, Government Regulation of Higher Education: The Elephant in the Middle of the Room, J. C. & U. L. 36 (2010).
Xxxxxx riporta numerosi esempi di leggi federali stanzianti fondi per la higher education e nota come gli stessi siano strettamente connessi al rispetto di determinati canoni. Sempre più spesso i canoni non riguardano le modalità di ricerca o le tematiche da trattare ma aspetti dell’organizzazione universitaria totalmente differenti dalla ricerca finanziata come l’invio di determinati dati al Governo o il rispetto di politiche antidiscriminatorie e così via. Il più conosciuto è il Title VI del Civil Rights Act del 1964:
No person in the United States shall, on the ground of race, color, or national origin, be excluded from participation in, be denied the benefits of, or be subjected to, discrimination under any program or activity receiving Federal financial assistance.
42 USC 2000d
100 U.S. DEPARTMENT OF JUSTICE, Title VI legal manual, pp. 4-9 xxxxx://xxx.xxxxxxx.xxx/xxx/xxx/X0xxxxxx
Tuttavia, è necessario notare come il Congresso non abbia avuto difficoltà nel descrivere le istituzioni finanziate da fondi pubblici come pubbliche, a differenza invece della giurisprudenza che è sempre stata molto ostile nell’adottare questa definizione.101 La reticenza della giurisprudenza nel riconoscere la state action alle università in causa è in parte giustificata dalla complessità di questa distinzione: molte istituzioni hanno cambiato status nel corso del tempo, ad esempio Harvard e Yale inizialmente erano finanziate da fondi pubblici e hanno avuto la concessione di terreni pubblici, oggi invece si considerano private; inoltre, molte università sono degli ibridi che presentano caratteristiche sia pubbliche che private: istituzioni che nel proprio statuto si definiscono private ricevono spesso sostanziali fondi pubblici, come la Xxxxxx Xxxxxxxxxx o la Temple University, mentre altre istituzioni riconosciute come pubbliche hanno diverse caratteristiche di autonomia e autogoverno tipiche delle private, come le Università di Delaware e Vermont.102
Il risultato è una sostanziale discrezionalità delle corti minori nel riconoscere o meno il requisito della state action. Uno fra i primi casi in questo contesto è Powe x. Xxxxx,103 il quale riguarda la sospensione di sette studenti dell’Xxxxxx Xxxxxxxxxx a seguito di una loro protesta pacifista nei confronti della Guerra del Vietnam durante una cerimonia ufficiale dell’università. Fra i sette studenti sospesi, tre sono iscritti al liberal arts college mentre i rimanenti quattro allo State Ceramic College of New York: secondo gli studenti la loro sospensione è contraria al Civil Rights Act del 1964 ed è lesiva della loro libertà d’espressione. La questione per la Corte è ritenere se vi siano le basi per sostenere la state action dell’università, come richiesto dal Civil Rights Act.
Come afferma X’Xxxx, l’Xxxxxx Xxxxxxxxxx è “a judge's nightmare”104: è un liberal arts college di piccole dimensioni ma ospita al suo interno il Ceramics College della State University of New York. L’Education Law di New York prevede un complesso rapporto fra l’Xxxxxx e il Ceramics College: lo Stato finanzia totalmente i costi del Ceramics College; inoltre, paga una quota per ogni corso che gli studenti di quest’ultimo frequentano fra quelli proposti a tutti gli studenti dall’Xxxxxx e contribuisce nei generali costi relativi all’amministrazione, fra cui il salario del Presidente dell’Xxxxxx e di altre cariche istituzionali; i professori sono pagati dallo Stato ma vengono assunti secondo i criteri del liberal arts college. Si tratta di uno scambio proficuo per entrambe le parti:
101 X. X. X'XXXX, Private Universities and Public Law, Buff. L. Rev. 19 (1970), p. 155
102R. M. X’XXXX, Free Speech in the College Community (1997) in X. XXX, A Contract Theory of Academic Freedom, St. Xxxxx U. L. J. 59 (2015), pp. 496-497
103 407 F.2d 73 (2d Cir. 1968)
104 X. X. X’XXXX, Private Universities and Public Law, op.cit., p. 158
The State University needs a liberal arts college to furnish the non-technical education and the degrees to its ceramics students, and chose Xxxxxx at a time when there was no suitable host institution within the skeletal state system itself. Xxxxxx, in turn, profited in prestige, probably in ability to attract good students interested in ceramics (whether or not they took a technical major), and in access to a share of the State University operating budget.105
Tuttavia, la Corte d’Appello per il Secondo Circuito non riconosce la state action all’Xxxxxx Xxxxxxxxxx: secondo la Corte, lo Stato non deve semplicemente essere coinvolto con l’istituzione in virtù dei finanziamenti ma deve avere esso stesso causato il danno, “Putting the point another way, the state action, not the private action, must be the subject of complaint”.106 La Corte federale quindi distingue fra i tre studenti del Ceramics College e i quattro dell’Xxxxxx Xxxxxxxxxx, riconoscendo la state action e quindi la propria competenza a giudicare solo nel primo caso; nei confronti dell’Xxxxxx Xxxxxxxxxx, invece afferma: “We do not have at all a case where the wholly state- supported activity is so dominant that the private activity could be deemed to have been swallowed up.”107
A seguito di Powe, negli anni Sessanta e Settanta molti casi simili sono stati trattati dalle corti minori ma in assenza di un definito criterio i risultati sono spesso contrastanti: vi sono corti che negano la state action non ritenendo criteri sufficienti il coinvolgimento dello Stato o i finanziamenti da parte dello stesso e vi sono invece altre corti che affermano esattamente il contrario partendo dai medesi presupposti.108
In questo contesto, la Corte Suprema ha formulato tre specifici criteri per determinare se il criterio della state action sia presente: il symbiotic relationship test, il nexus test e il public function test. Il primo criterio cerca di determinare la natura del rapporto fra lo stato e l’ente privato: se è presente una relazione d’interdipendenza fra i due non è necessario dimostrare il diretto coinvolgimento dello stato nei fatti in causa per la presenza della state action. Il secondo criterio è più specifico rispetto al primo e riguarda il particolare coinvolgimento dello stato nei fatti:
our precedents indicate that a State normally can be held responsible for a private decision only when it has exercised coercive power or has provided such significant encouragement, either overt or covert, that the choice must in law be deemed to be that of the State.109
105 Ivi, p. 159
106 407 F.2d 73 (2d Cir. 1968), p. 81
107 X. X. X’XXXX, Private Universities and Public Law, op.cit., p. 82
108 Si veda ad esempio Grossner v. Trustees of Columbia University, 287 F. Supp. 535 (S.D.N.Y. 1968), x Xxxxxxxxx x. Xxxx University,478 F.2d 1137 (6th Cir. 1971), per il primo caso, e Xxxxxx v. University of Pennsylvania, 386 F. Supp. 992 (E.D. Pa. 1974), per il secondo.
109 Xxxx v. Xxxxxxxx, 457 US 991 (1982), p. 1004
Infine, il terzo criterio si focalizza sulla funzione dell’ente privato comparandola al tradizionale ruolo dello stato, si tratta però d’un criterio definito in modo talmente rigoroso e dettagliato in Xxxxxxx v. Metro. Xxxxxx Xx.000 da essere raramente applicato dalle corti minori, le quali preferiscono i primi due approcci.111
L’applicazione di questi criteri, formulati dalla Corte Suprema per la generale distinzione fra pubblico e privato, nell’ambito particolare della higher education ha comportato ancora una volta una forte discrezionalità per le corti minori e una grande varietà nei risultati. Ciò riflette, come si è visto, la specificità di ogni istituzione nei confronti delle altre e il labile confine fra università pubbliche e private.112
È necessario quindi chiedersi come possa essere protetta la libertà accademica dei professori universitari in un contesto così fragile come quello che riguarda la differenza fra istituzioni pubbliche e private. È proprio per questi motivi che alcuni studiosi della libertà accademica negli Stati Uniti hanno formulato delle proposte volte a estendere la protezione costituzionale a tutte le università o a basare la libertà accademica a fondamenti differenti rispetto a quelli costituzionali.113
A sostegno di queste tesi, bisogna notare che vi sono già nei singoli stati delle disposizioni di legge volte a superare la dicotomia “istituzioni pubbliche/private”, prevedendo lo stesso trattamento per i due casi. I due principali esempi sono l’articolo
78 della New York Civil Practice Law and Rules (CPLR) e la Xxxxxxx Xxx in California. L’art 78 della CPLR riguarda i procedimenti giudiziari nei confronti di body or officer in caso di mancato rispetto dei loro doveri previsti dalla legge, in caso di procedimenti caratterizzati da assenza o eccesso di giurisdizione e in caso di violazione delle procedure previste dalla legge; la definizione di body or officer è la seguente:
The expression "body or officer" includes every court, tribunal, board, corporation, officer, or other person, or aggregation of persons, whose action may be affected by a proceeding under this article.114
La norma però non si riferisce esclusivamente alle istituzioni pubbliche ma sono incluse anche quelle private, senza distinzione. L’articolo 78 tratta le università private come “quasi-governmental entities that are subject to judicial review to ensure compliance with their own internal rules and other legal duties”.115
110 419 US 345 (1974)
111 X. XXX, op. cit., pp. 501-502
112 Ivi, pp. 503-504
113 Vedi infra
114 N.Y. C.P.L.R. 7802
115 X. XXX, op. cit., p. 506.
La California, invece, attraverso la Xxxxxxx Xxx ha esteso i vincoli del Primo emendamento anche alle università private, questa disposizione prevede:
No private postsecondary educational institution shall make or enforce any rule subjecting any student to disciplinary sanctions solely on the basis of conduct that is speech or other communication that, when engaged in outside the campus or facility restriction by the First Amendment to the United States Constitution […]. 116
La Xxxxxxx Xxx proibisce alle università private di imporre restrizioni alla libertà d’espressione di studenti e professori e nel farlo supera il principale problema distintivo fra pubblico e privato.117
3.2. Il Chicago Statement e la campagna di FIRE
A causa dell’esclusione delle università private dai vincoli del Primo emendamento, l’unica possibilità di tutela per i professori che lavorano in quest’ultime risiede nella volontà dei singoli board of trustees e Presidenti delle istituzioni universitarie di proteggere la libertà accademica e in generale la libertà d’espressione: ciò può avvenire con una dichiarazione ufficiale volta a garantire queste libertà nel campus e con clausole specifiche inserite nell’handbook118 dell’università.119
Negli ultimi anni, la decisione che ha fatto più discutere riguarda l’University of
Chicago (privata): nel luglio del 2014 il Presidente Xxxxxx X. Xxxxxx e il Xxxxxxx Xxxx
X. Xxxxxx hanno incaricato la Committee on Freedom of Expression di “articulating the University’s overarching commitment to free, robust, and uninhibited debate and deliberation among all members of the University’s community”.120 La Commissione, presieduta da Xxxxxxxx Xxxxx (Xxxxxx X. Xxxx Distinguished Service Professor of Law), nel gennaio del 2015 ha pubblicato un Report, meglio conosciuto come Chicago Statement. Il Chicago Statement afferma:
the University is committed to free and open inquiry in all matters, it guarantees all members of the University community the broadest possible latitude to speak, write, listen, challenge, and learn. Except insofar as limitations on that freedom are necessary to the functioning of the
Come riportato da Xxx sono diverse le sentenze riferite a università dello stato di New York in cui le corti
risolvono la questione sulla base dell’art 78 a prescindere dallo status dell’università stessa.
116 CAL. EDUC. CODE § 94367
117 K. SARABYN, op. cit., p. 146
118 Per handbook si intende una guida, solitamente non vincolante, contenente le principali norme di comportamento da rispettare all’interno del campus o ulteriori indicazioni ritenute importanti. Le università possono prevedere uno student handbook e un faculty handbook, oppure pubblicarne uno unico.
119 Ivi, p. 145
120 G. R. XXXXX et al., Report of the Committee on Freedom of Expression (2015) xxxxx://xxxxxxx.xxxxxxxx.xxx/xxxxx/xxxxxxx/xxxxx/xxxxxxxxx/xxxxxxx/XXXXxxxxxxxxXxxxxx.xxx
University, the University of Chicago fully respects and supports the freedom of all members of
the University community “to discuss any problem that presents itself.”
La Commissione riconosce come il sostegno alla libertà d’espressione possa provocare un conflitto di opinioni fra i membri della comunità universitaria (professori e studenti), tuttavia “education should not be intended to make people comfortable, it is meant to make them think”. L’Università di Chicago si impegna comunque a reprimere espressioni contrarie alla legge, che costituiscono minacce o molestie o che non sono compatibili con il funzionamento dell’Università; inoltre, l’Università si riserva il potere di controllare tempo, luogo e modi per esprimersi attraverso norme content-neutral.
Il fine ultimo dell’Università di Chicago è garantire il dibattito e la discussione anche quando quest’ultime sono considerati da singoli membri del campus “offensive, unwise, immoral, or wrong-headed”: l’Università non deve solo promuovere la libertà d’espressione ma anche tutelarla da chi cerca di sopprimerla.121
La Commissione non nomina mai nel proprio Report la libertà accademica, si occupa solamente della più generale libertà d’espressione nei campus, comprendendo come interlocutori sia gli studenti che i professori. Si può però presumere che la libertà accademica sia ritenuta comunque compresa dalla Commissione giacché è sempre specificata insieme alla tutela per un generico free speech anche quella per una free and open inquiry.
Il Chicago Statement è comunque ritenuto la dichiarazione riguardante la libertà d’espressione e la libertà accademica più importante sostenuta da un’università privata. La fondazione FIRE122 ha pubblicamente sostenuto il Report dell’Università di Chicago ritenendolo al pari di importanti documenti a sostegno della libertà accademica quali la 1915 Declaration of Principles e il 1940 Statement of Principles on Academic Freedom and Tenure dell’AAUP. Inoltre, la fondazione FIRE, ritenendo il Report in linea con la propria missione e con i propri principi, ha provveduto a pubblicizzarne il contenuto, collaborando con diverse università affinché ciascuna possa adottare una propria versione del Chicago Statement “in order to combat censorship on campus, protect academic freedom, and the free speech rights of students and professors.”123
121 Ibidem
122 Foundation for Individual Rights and Expression. FIRE si definisce un’organizzazione non profit apartitica e dedita esclusivamente alla tutela della libertà d’espressione nei campus. La fondazione ha raramente sostenuto le disposizioni legislative approvate in tal senso dai governatori degli stati repubblicani.
xxxxx://xxx.xxxxxxx.xxx/xxxxx-xx/xxxxxxx
123 Adopting the Chicago Statement, FIRE, xxxxx://xxx.xxxxxxx.xxx/xxxxxxxx-xxxxx/xxxxxxxx-xxxxxxx- statement
Grazie all’operato di FIRE, dal 2015 ad oggi più di cento istituzioni o corpi docenti hanno adottato il Chicago Statement124 e spesso la pubblicazione è avvenuta a seguito di lunghi dibattiti e conferenze inerenti il Primo emendamento, con la partecipazione di studenti e professori:
Based on FIRE’s observations, institutions that adopt free speech policy statements tend to have more active discourse surrounding freedom of expression on campus. Importantly, many of these initiatives are driven by the administration, sending a signal to the entire university community that freedom of speech is not merely tolerated, but encouraged.125
Il Chicago Statement è comunque stato oggetto di numerose critiche, le quali sottolineano come la dichiarazione sia troppo breve e semplicistica nel suo complesso, non risultando idonea ad un’effettiva tutela concreta della libertà d’espressione: ad esempio, la Commissione ha affermato nel Report che devono essere contrastate dall’Università le espressioni contrarie al suo funzionamento ma non specifica cosa debba intendersi per le stesse, lasciando quindi ampia discrezionalità ai board of trustees delle istituzioni private. Xxxxx Xxx-Xxxxxx, professoressa dell’University of Pennsylvania, ha affermato che i Chicago principles:
rely on a legalistic and formal framework that purports to offer a response to a set of problems that has little use for such xxxxx tools. They fail to recognize that higher education institutions must address the current tensions brewing under the heading of “free speech” -- brought on by students, faculty members and outside forces -- by reconsidering, and possibly shifting, a host of practices in classrooms, dorms, clubs and administrations in ways that would differ across campuses. Those tensions cannot simply be resolved by endorsing a one-size-fits-all statement.126
A queste accuse ha risposto in diverse occasioni FIRE ribadendo quanto già affermato nella propria campagna a favore del Chicago Statement: la pubblicazione di una dichiarazione in tal senso da parte dell’Università non deve essere considerata come l’obiettivo conclusivo ma il passo iniziale per introdurre all’interno del campus ampie discussioni volte a favorire la circolazione delle idee. Il Chicago Statement non pretende di risolvere le importanti tensioni che si riscontrano quando si cerca di garantire la libertà d’espressione all’interno dei campus ma semplicemente cerca di porre l’attenzione sul punto aprendo un dibattito al riguardo. Spesso, inoltre, il modello fornito dal Chicago Statement non è adottato dal board of trustees dell’istituzione con
124 xxxxx://xxx.xxxxxxx.xxx/xxxxxxxx-xxxxx/xxxxxxx-xxxxxxxxx-xxxxxxxxxx-xxx-xxxxxxx-xxxx-xxxxxxx
125 X. XXXXXXX, Five years of the ‘Chicago Statement’: What have we learned? Part 1, FIRE (2020) xxxxx://xxx.xxxxxxx.xxx/xxxx/xxxx-xxxxx-xxxxxxx-xxxxxxxxx-xxxx-xxxx-xx-xxxxxxx-xxxx-0
126 S. R. XXX-XXXXXX, Against Endorsing the Chicago Principles, Inside Higher Education (2018) xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xxx/xxxxx/0000/00/00/xxxx-xxxxxxx-xxxxxxxxxx-xxxx-xxxx-xx-xxxxx-xxxx- speech-and-academic-freedom-opinion
effetti vincolanti ma esclusivamente dal corpo docente, come segnale di protesta nei
confronti dell’amministrazione.127
Nel 2021 FIRE ha analizzato i primi risultati ottenuti grazie all’adozione del Chicago Statement. Fra le prime attività di FIRE vi è il report annuale circa il livello di tutela della libertà d’espressione in tutte le università e college statunitensi128: l’obiettivo è quello di permettere ai candidati studenti e ai professori di verificare la condizione di libertà nel campus, prima dell’iscrizione o di un eventuale trasferimento. A seconda di determinati criteri specificati dall’organizzazione129, quest’ultima fornisce un segnale verde, giallo o rosso ad ogni istituzione universitaria, indicativo del grado di tutela. Secondo FIRE, analizzando i dati del 2021 vi è un sensibile miglioramento nelle università che hanno adottato il Chicago Statement.
In particolare, nello Spotlight on Speech Codes 2021, che indaga l’eventuale presenza di speech codes in 478 college e università (sia pubbliche che private), risulta che il 21.3% delle istituzioni ha ottenuto un segnale rosso, il 65.3% un segnale giallo e l’11.7% un segnale verde. Invece, considerando come totalità solo le ottanta università che hanno adottato una versione del Chicago Statement, i risultati sono i seguenti: il 10.1% ha ottenuto un segnale rosso, il 36.7% un segnale giallo e il 12.7% un segnale verde. Si deve però notare che diciassette università (21.5%) che hanno adottato il Chicago Statement non rientrano nello Spotlight database e che spesso le adozioni sono effettuate da università che hanno più Scuole valutate dallo Spotlight e quindi non rientrano in quest’ultimo calcolo (18.9%).130
Nonostante l’entusiasmo di FIRE nel riportare questi dati, è difficile in realtà ricavarne un effettivo progresso nella tutela della libertà accademica: solo il 10% delle istituzioni che hanno adottato il Chicago Statement hanno dimostrato poi una protezione reale di queste libertà. In verità, molte delle università private che hanno fatto proprio il Chicago Statement o che comunque hanno dichiarato di voler attenersi a quanto affermato dal Primo emendamento ponendosi al pari delle pubbliche non rispettano poi questi intenti, prevedendo nei propri handbooks clausole content-based. Si tratta principalmente, come si è già visto, di norme volte a proteggere da atti discriminatori o molestie sessuali minoranze etniche e di genere presenti nel campus. In questo modo, le
127 X. XXXXXXX, Five years of the ‘Chicago Statement’: What have we learned? Part 2, FIRE (2020) xxxxx://xxx.xxxxxxx.xxx/xxxx/xxxx-xxxxx-xxxxxxx-xxxxxxxxx-xxxx-xxxx-xx-xxxxxxx-xxxx-0
128 xxxxx://xxx.xxxxxxx.xxx/xxxxxxxx
129 xxxxx://xxx.xxxxxxx.xxx/xxxxxxxx-xxxxx/xxxxx-xxxxx-xxxxxxxxx-xxxxxxxx
130 X. XXXXXXX, Five years of the ‘Chicago Statement’: What have we learned? Part 3, FIRE (2021) xxxxx://xxx.xxxxxxx.xxx/xxxx/xxxx-xxxxx-xxxxxxx-xxxxxxxxx-xxxx-xxxx-xx-xxxxxxx-xxxx-0
università conservano un apparente impegno nel rispetto dei vincoli del Primo emendamento ma allo stesso tempo adottano i regolamenti richiesti per l’ottenimento dei finanziamenti pubblici, fallendo in un corretto bilanciamento fra i due.131
Secondo Xxxx Hasnas132 il principale problema risiede nella mancanza di incentivi volti a garantire un rispetto di eventuali prese di posizione a favore della libertà accademica: quando vi sono controversie e proteste inerenti la libertà d’espressione, è più facile per i presidenti dell’istituzione applicare a prescindere le norme antidiscriminatorie per placare nel più breve tempo possibile le proteste; in questo modo ricevono l’elogio dal parte del consiglio di amministrazione per la corretta gestione della situazione e nessuno invece pone l’attenzione sul mancato rispetto del Chicago Statement o simili.
Xxxxxx riporta l’esempio della propria università, la Xxxxxxxxxx University, la quale nel 2017 ha ufficialmente integrato il Chicago Statement nella propria regolamentazione riguardante la libertà d’espressione. Dal 2017 ad oggi sono diversi gli episodi interni al campus culminati con una violazione della libertà d’espressione, a discapito di quanto affermato nel Chicago Statement.133 Secondo Hasnas, per garantire un effettivo rispetto dello Statement è necessaria l’introduzione di una safe harbor provision e di un pro bono legal group. La safe harbor provision serve a rendere esplicito il divieto di restrizioni content based e potrebbe essere formulata in tal senso:
The University will summarily dismiss any allegation that an individual or group has violated a policy of the university if the allegation is based solely on the individual’s or group’s expression of his, her, or its religious, philosophical, literary, artistic, political, or scientific viewpoints.134
L’introduzione nella regolamentazione universitaria di questa specificazione potrebbe assicurare che ognuno possa esprimere all’interno del campus il proprio pensiero, l’importante è che la condotta in sé non costituisca harassment: si impedisce in questo modo sia il fenomeno dell’autocensura per paura di possibili ritorsioni sia una sorta di SLAPP suits135 all’interno dei campus. A maggior ragione, per evitare queste tendenze, può essere utile l’istituzione di un pro bono legal group con la funzione di assistere studenti e professori il cui diritto di parola è stato violato. Spesso, questi ultimi non
131 K. SARABYN, op.cit., pp. 149.150
132 J. HASNAS, Free Speech on Campus: Countering the Climate of Fear, Geo. J. L. & Pub Pol’y 20
(2022)
133 Ivi, pp. 985-987
134 Ivi, pp. 988-990
135 SLAPP è un acronimo: Strategic Lawsuit Against Public Participation. Si tratta di azioni legali intentate con l’unico fine di bloccare la partecipazione pubblica del soggetto, intimidendolo con i costi di un’assistenza legale. Il Legal Information Institute della Xxxxxxx Law School afferma:
SLAPP suits and Anti-Slapp statutes pose multiple challenges to understanding important areas of law including slander, freedom of speech, and civil procedure, and Anti-SLAPP statutes remain a highly litigated type of legislation over constitutional and procedural concerns.
LEGAL INFORMATION INSTITUTE, slapp suit, xxxxx://xxx.xxx.xxxxxxx.xxx/xxx/xxxxx_xxxx
possono permettersi un’effettiva assistenza legale ma grazie ad un’eventuale organizzazione di volontari il consiglio di amministrazione dell’università dovrebbe confrontarsi con una potenziale causa legale per il mancato rispetto del Chicago Statement.136
3.3. L’intervento della dottrina: tre possibili teorie
Il problema dell’assenza di una tutela per la libertà accademica nelle università private è stato affrontato da diversi studiosi: una soluzione definitiva non è ancora stata individuata, tuttavia fra le possibili vie tracciate si possono selezionare tre teorie in quanto sono le più conosciute e maggiormente appoggiate dalla dottrina.
La state action doctrine e la relativa esclusione delle università private dai vincoli del Primo emendando hanno fatto percepire ad alcuni studiosi la necessità di trovare un nuovo fondamento per la libertà accademica, diverso da quello costituzionale. Secondo Xxxxxx Lee137 questa alternativa può essere rappresentata dal diritto contrattuale: il diritto contrattuale permette infatti il riconoscimento dei principi stanziati dall’AAUP come guida interpretativa nelle controversie fra professori e università, l’AAUP inoltre nelle proprie dichiarazioni non ha mai distinto fra università pubbliche e private; i contratti138 stabiliscono diritti e doveri delle parti contraenti a prescindere che esse siano pubbliche o private; il diritto contrattuale è più flessibile rispetto al diritto costituzionale, si adatta al contesto e alle parti permettendo soluzioni più precise e risarcimenti in caso di violazione dell’accordo.
I doveri contrattuali possono derivare innanzitutto da accordi scritti, come quanto affermato nei faculty handbooks. Alcune corti hanno già conferito valore contrattuale agli stessi, ad esempio in Sola v. Lafayette139, in cui un professore afferma di non aver ricevuto lo status di tenured professor per discriminazione di genere, il Terzo Circuito ha affermato che il faculty handbook deve essere inteso come contratto e che nel caso in questione vi è una violazione dello stesso. Ma ulteriori fonti di doveri contrattuali possono essere anche lettere di nomina contenenti una specificazione delle regole dell’università. Infine, eventuali dichiarazioni ufficiali dell’università circa l’impegno
136 Ivi, pp. 996-998
137 X. XXX, op. cit., pp. 461-530
138 Nell’ordinamento statunitense:
A contract is an agreement between parties, creating mutual obligations that are enforceable by law. The basic elements required for the agreement to be a legally enforceable contract are: mutual assent, expressed by a valid offer and acceptance; adequate consideration; capacity; and legality.
LEGAL INFORMATION INSTITUTE, contract, xxxxx://xxx.xxx.xxxxxxx.xxx/xxx/xxxxxxxx
139 804 F.2d 40 (3d Cir. 1986)
nel tutelare la libertà accademica o nello specifico un’integrazione dei principi dell’AAUP possono assumere valore contrattuale e allo stesso modo devono essere considerati i contratti collettivi di lavoro, in cui l’AAUP svolge il ruolo di rappresentante sindacale.140
Xxxxxx Xxx riconosce in ogni caso tre grandi limiti alla propria teoria: in primo luogo, i contratti sono soggetti alla legislazione statale e quindi ogni università potrebbe essere regolata in modo diverso a seconda dello stato di appartenenza. Di conseguenza, le corti statali potrebbero non appoggiare l’interpretazione che assegna un valore contrattuale ai faculty handbooks o ai principi di AAUP.
In secondo luogo, visto il forte potere negoziale dell’università, il professore potrebbe assumere le vesti di contraente debole firmando contratti lavorativi che non prevedono libertà accademica. Xxx vede come migliore soluzione l’appartenenza dei professori ad organizzazioni sindacali, come potrebbe essere l’AAUP, in modo da concludere contratti su un piano paritario. Il coinvolgimento di queste organizzazioni permetterebbe la stipulazione di contratti molto simili in tutti gli stati e una possibile collaborazione con le agenzie che si occupano dell’accreditation review (controllo della qualità dei programmi educativi): in questo modo, le università sono spinte a rispettare la libertà accademica al fine di ottenere una valutazione positiva.
Infine, avere una libertà accademica su base contrattuale e non più costituzionale potrebbe supportare la visione delle università come beni di consumo, un prodotto commerciale offerto agli studenti e alle loro famiglie. Come si è già visto nel primo capitolo, vedere gli studenti come consumatori può portare ad una considerazione distorta dell’ambiente universitario.141
Fra le teorie proposte dagli studiosi del Primo emendamento, spicca quella formulata da Xxxxx Chemerinsky142: la soluzione non deve essere individuata in un differente fondamento, bensì nell’applicare i principi del Primo emendamento anche alle università private. Secondo il professore, “if speech is good, more speech is better”: se il Primo emendamento non viene applicato alle università private, il risultato è un sistema volto a favorire costantemente gli interessi dell’istituzione rispetto a quelli dell’individuo.
Secondo Xxxxxxxxxxx:
140 Ivi, pp. 514-520
141 Ivi, pp. 524-529
000 X. XXXXXXXXXXX, More Speech Is Better, UCLA L. Rev. 45 (1998), pp. 1635-1644
Traditional law, as embodied in the state action doctrine, creates a bright-line rule that the private institutions always wins and the individual fired or disciplined by it for expression always loses. Absent a statute transporting First Amendment values to the private sector, a suit by a teacher or a student against a private school for infringing freedom of speech will be dismissed for failure to state a claim. 143
I critici di questa teoria possono invece affermare che il diritto di espressione delle università sia più importante rispetto a quello degli individui e una disposizione in tal senso potrebbe lederlo.144 Al riguardo Xxxxxxxxxxx in primo luogo afferma che il diritto d’espressione dei singoli deve essere tutelato al di sopra di quello delle istituzioni, in quanto il diritto d’espressione è protetto perché essenziale alla libertà di pensiero e coscienza: “Obviously, individuals, not institutions, have freedom of thought and conscience.” In secondo luogo, l’applicazione del Primo emendamento alle università private non ha effetti così devastanti sulle stesse: un’istituzione potrà sempre esprimere il proprio credo, ma nel farlo non potrà costringere al silenzio gli altri. Xxxxxxxxxxx è quindi favorevole a leggi statali che stabiliscano per gli individui delle università private i medesimi diritti di quelli delle istituzioni pubbliche.145
La terza teoria è stata sostenuta da diversi autori, primi fra tutti Xxxxxxxxx Schauer146 e Xxxx Horwitz147, i quali sostengono che le università debbano essere considerate First Amendment institutions. Secondo questi studiosi, le corti dovrebbero iniziare a riconoscere che alcune istituzioni, come le università, la stampa, biblioteche e altre, “serve functions that the First Amendment deems especially important.”148 Fra le varie possibilità, per Xxxxxxx le migliori candidate per avvalorare questa teoria sono proprio le università: si tratta infatti di istituzioni che possono essere intese come portatrici di proprie ideologie, senza considerare i singoli componenti; inoltre, le università sono volte alla ricerca, all’innovazione e al dibattito attraverso però rigide regole formalistiche e metodologiche.
Secondo Xxxxxxx, vi possono essere tre versioni differenti nel trattare le università come First Amendment institutions: nella versione più leggera, le università devono essere trattate dalle corti con una certa deferenza, le cause dovrebbero essere decise considerando più le norme e le pratiche dell’istituzione stessa che in principi o leggi
143 Ivi, p. 1639
144 Si veda, X. X. XXXX, D. VARAT Transporting First Amendment Norms to the Private Sector: With Every Wish There Comes a Curse, UCLA L. Rev. 45 (1998), pp. 1537-1634
145 Ivi, p. 1643
146 X. XXXXXXX, Towards an Institutional First Amendment, Minn. L. Rev. 89 (2005), pp. 1256-1279
147 X. XXXXXXX, Universities as First Amendment Institutions: Some Easy Answers and Hard Questions,
UCLA L. Rev. 54 (2007), pp. 1497-1555
148 X. XXXXXXX, op. cit., p. 1274
generali; nella versione più forte, le università devono essere intese come istituzioni completamente autonome e immuni da qualsiasi decisione delle corti riguardante le proprie pratiche; infine, nel mezzo:
Universities would be entitled to a substantial decisionmaking autonomy and legal immunity for actions falling within “procedural and substantive requirements drawn from the norms and practices of the institutions themselves”. 149
Si tratta senza dubbio di un’argomentazione che permette di superare la dicotomia fra università pubbliche e università private: a prescindere dallo status dell’università si tratta sempre di First Amendment institutions. Tuttavia, al contrario delle altre, non è una teoria che permette di tutelare la libertà accademica dei singoli professori, bensì garantisce esclusivamente un’autonomia della singola istituzione universitaria: poggia le proprie basi infatti sul nuovo orientamento giurisprudenziale della Corte Suprema riguardante la libertà accademica, ossia la libertà accademica intesa come autonomia dell’istituzione.
149 X. XXXXXXX, op. cit., p. 1516-1522
CAPITOLO TERZO
INSTITUTIONAL FREEDOM: AFFIRMATIVE ACTION E AUTONOMIA DELLE UNIVERSITÀ STATUNITENSI
Nel giugno 2023 la Corte Suprema ha chiuso il caso Students for Fair Admission, Inc. v. President and Fellows of Harvard College1 con una majority opinion (maggioranza di sei giudici su nove) d’importanza storica: la Corte ha dichiarato l’incostituzionalità del race-conscious admission program di Harvard per la sua violazione della Equal protection clause prevista dal XIV emendamento. Con questa sentenza la Corte ha posto fine al sistema d’ammissione tipico delle istituzioni universitarie, volto a selezionare i futuri studenti considerando l’appartenenza etnica come criterio di selezione. Questo sistema si è sviluppato dal 1978, anno in cui la Corte Suprema ha dichiarato la sua costituzionalità nella sentenza Regents of University of California v. Bakke2.
La storia giuridica dei race-consciuos admission programs è fortemente legata a quella della libertà accademica, in quanto la Corte Suprema per confermare la costituzionalità delle azioni affermative nella higher education ha affermato che le istituzioni universitarie godono della libertà accademica, ossia dell’autonomia di decidere “who may teach, what may be taught, how it shall be taught, and who may be admitted to study."3 Nei prossimi paragrafi saranno analizzate nello specifico le principali sentenze della Corte Suprema riguardanti gli affirmative actions programs e le conseguenze dirette che ne derivano sul concetto di libertà accademica.
1. I FONDAMENTI STORICI E FILOSOFICI DELL’AFFIRMATIVE ACTION
La sentenza Students for Fair Admission, Inc. v. President and Fellows of Harvard College del 2023 e la sentenza Regents of University of California x. Xxxxx del 1978 sono il risultato di due concezioni diverse del XIV emendamento, che si sono susseguite alternamente nelle maggioranze della Corte: il principio della color-blindness e il principio della race-consciousness. Lo stesso termine affirmative action, volto a indicare una discriminazione positiva basata sull’appartenenza etnica, ha cambiato significato nel corso del tempo, passando da un’origine in ambito strettamente lavorativo ad uno sviluppo nell’ambito della higher education.
1 600 US 181 (2023)
2 438 US 265 (1978)
3 Xxxxxx v. New Hampshire, 354 US 234 (1957), concurring opinion J. Frankfurter, p. 263
1.1. Color-blindness e race-consciousness: un dualismo nato dal XIV emendamento
Il Quattordicesimo emendamento, introdotto nel 1868, contiene il principio di uguaglianza nella parte in cui afferma:
No State shall make or enforce any law which shall abridge the privileges or immunities of citizens of the United States; nor shall any State deprive any person of life, liberty, or property, without due process of law; nor deny to any person within its jurisdiction the equal protection of the laws.4
La Corte Suprema per lungo tempo ha fatto riferimento alla cosiddetta Equal protection clause quasi esclusivamente per le discriminazioni razziali, in un primo momento applicandola solo agli stati, poi anche alla federazione attraverso il riferimento al Quinto emendamento.5
L’interpretazione di questo principio è cambiata nel tempo, in particolare con il susseguirsi dei diversi significati attribuiti al termine razza. Come già accennato, si possono distinguere due visioni del Quattordicesimo emendamento: la teoria della color-blindness e la teoria della race-consciousness.
La teoria della color-blindness sostiene un’uguaglianza formale ed impone una visione della Costituzione assolutamente color blind, ossia cieca al colore: le istituzioni devono mantenere un atteggiamento d’indifferenza nei confronti del colore della pelle e dell’origine etnica dei cittadini. Secondo Xxxxxxxx Xxxxxxxx, è necessario chiedersi se si intenda l’uguaglianza come processo o come risultato. Nel caso della color-blindness l’uguaglianza è intesa come processo: il diritto deve essere cieco al colore e qualsiasi utilizzo della razza all’interno delle leggi deve essere considerato discriminatorio.6
La teoria della color-blindness viene elaborata dalla Corte Suprema in Brown v. Board of Education of Topeka (1954)7 ma vede il suo principio ispiratore nel caso Xxxxxx x. Xxxxxxxx (1896)8, in particolare nella dissenting opinion del giudice Xxxxxx. In Plessy la Corte Suprema conferma la costituzionalità della legge dello Stato della Louisiana che
4 xxxxx://xxxxxxxxxxxx.xxxxxxxx.xxx/xxxxxx/xxxxxxxxx-00/
5 G. D’XXXXXXX, op. cit., pp. 276-278
Il Quinto emendamento prevede l’applicazione della Due Process Clause anche alla federazione.
No person […] shall be compelled in any criminal case to be a witness against himself, nor be deprived of life, liberty, or property, without due process of law. xxxxx://xxxxxxxxxxxx.xxxxxxxx.xxx/xxxxxx/xxxxxxxxx-0/
6 X. XXXXXXXX, Race, Reform and Retrenchement: Transformation and Legitimation in Antidiscrimination Law, Harv. L. Rev. 101 (1988), p.1331
7 347 US 483 (1954)
8 163 US 537 (1896)
assegnava a cittadini bianchi e a cittadini neri carrozze ferroviarie differenti, separate but equal. Secondo la Corte non vi è una violazione né del XIII emendamento9, in quanto non è un caso riguardante la schiavitù, né una violazione del XIV emendamento perché la segregazione non comporta una discriminazione. In questa sentenza la Corte sposa un concetto formale di razza, essa infatti afferma:
We consider the underlying fallacy of the plaintiff's argument to consist in the assumption that the enforced separation of the two races stamps the colored race with a badge of inferiority. If this be so, it is not by reason of anything found in the act, but solely because the colored race chooses to put that construction upon it.10
La Corte non riconosce una discriminazione razziale nella legge della Louisiana, in quanto essa apparentemente garantisce un uguale trattamento e non specifica nulla nei confronti delle persone di colore: la Corte presume che le classificazioni razziali non siano legate allo status sociale o all’esperienza storica e l’analisi formale della razza non riconosce il legame fra la considerazione della razza in questa legge e la considerazione della stessa nelle altre, non riconosce cioè un ambiente generalmente discriminatorio ma considera solo la singola disposizione sulle ferrovie ritenendola racially neutral.11
Il giudice Xxxxxx è l’autore dell’unica dissenting opinion del caso, in cui afferma che l’interpretazione della Corte non considera come la questione non sia nata nell’intento di escludere le persone bianche dalle carrozze occupate dai neri, ma nel proposito di escludere le persone di colore dai vagoni occupati o assegnati ai bianchi. Xxxxxx riconosce che la razza bianca sia quella dominante negli Stati Uniti ma nega che questo dominio possa essere confermato dalla Costituzione:
But in view of the Constitution, in the eye of the law, there is in this country no superior, dominant, ruling class of citizens. There is no caste here. Our Constitution is color-blind, and neither knows nor tolerates classes among citizens. In respect of civil rights, all citizens are equal before the law.12
Il giudice Xxxxxx adotta quindi un concetto diverso di razza, si può parlare di historical race: non si limita a guardare la singola legge, ma ne considera le origini storiche; in questo modo è possibile evidenziare le disuguaglianze reali, storicamente radicate nella società statunitense.13
9 Neither slavery nor involuntary servitude, except as a punishment for crime whereof the party shall have been duly convicted, shall exist within the United States, or any place subject to their jurisdiction. xxxxx://xxxxxxxxxxxx.xxxxxxxx.xxx/xxxxxx/xxxxxxxxx-00/
10 Ivi, p. 551
11 X. XXXXXXX, A Critique of “Our Constitution is Color Blind”, Stanford L. Rev 44 (1991), p. 38
12 163 US 537 (1896), p. 559
13 X. XXXXXXX, op. cit., p. 39
A seguito della decisione della Corte in Plessy, risulta ratificato il sistema separate but equal dando inizio al regime razzista volto a sostituire la schiavitù, noto generalmente come Xxx Xxxx Laws. È necessario attendere più di mezzo secolo per vedere in Brown
v. Board of Education of Topeka (1954) un ripensamento della Corte Suprema circa la costituzionalità della segregazione razziale. Con questa sentenza la Corte risponde a più casi simili, si tratta di casi in cui le famiglie di minori neri richiedono che i propri figli possano frequentare le scuole destinante agli studenti bianchi. Il giudice Xxxxxx, autore della sentenza, afferma:
We conclude that in the field of public education the doctrine of "separate but equal" has no place. Separate educational facilities are inherently unequal. Therefore, we hold that the plaintiffs and others similarly situated for whom the actions have been brought are, by reason of the segregation complained of, deprived of the equal protection of the laws guaranteed by the Fourteenth Amendment.14
La Corte dichiara quindi incostituzionale la segregazione nel campo dell’istruzione, tuttavia, limita queste considerazioni a questo ambito e basa la propria decisione su argomentazioni per lo più inerenti allo scopo del sistema educativo che su argomentazioni strettamente giuridiche e costituzionali:
Today, education is perhaps the most important function of state and local governments. Compulsory school attendance laws and the great expenditures for education both demonstrate our recognition of the importance of education to our democratic society. It is required in the performance of our most basic public responsibilities, even service in the armed forces. It is the very foundation of good citizenship. Today it is a principal instrument in awakening the child to cultural values, in preparing him for later professional training, and in helping him to adjust normally to his environment. In these days, it is doubtful that any child may reasonably be expected to succeed in life if he is denied the opportunity of an education. Such an opportunity, where the state has undertaken to provide it, is a right which must be made available to all on equal terms.15
Sebbene il caso Xxxxx non annulli specificatamente Plessy e sia circoscritto all’ambito educativo, nel tempo è stato considerato come una rivendicazione da parte della Corte del principio di color-blindness affermato per la prima volta dal giudice Xxxxxx.16
In anni più recenti, la teoria della color-blindness è sempre stata sostenuta da una parte della Corte, in particolare dal giudice Xxxxxxx Xxxxxx e dal giudice Xxxxxxxx Xxxxxx; entrambi, con argomentazioni diverse, hanno sempre dichiarato che non vi possa essere
14 000 XX 000 (0000), p. 495
15 Ivi, p. 493
16 X. XXXXXX, Xxxxx, Razza e Diritti: “Critical Race Theory” e politica del diritto negli Stati Uniti,
Filosofia politica fasc. 3 (2003), p. 453
una discriminazione positiva e una discriminazione negativa, non si può distinguere un uso benigno da un uso maligno della razza:
I believe that there is a "moral [and] constitutional equivalence" between laws designed to subjugate a race and those that distribute benefits on the basis of race in order to xxxxxx some current notion of equality. […] In my mind, government-sponsored racial discrimination based on benign prejudice is just as noxious as discrimination inspired by malicious prejudice. In each instance, it is racial discrimination, plain and simple.17
In risposta alla teoria della color-blindness e alle considerazioni che presuppone circa il concetto di razza e di uguaglianza (intesi entrambi come formali), si è sviluppata a partire dagli anni Settanta e Ottanta una nuova concezione di razza, quella che i critici della razza definiscono culture-race. Per culture-race, secondo Xxxxxxx, si deve intendere un concetto di razza volto a comprendere le credenze, gli usi e i costumi e in generale gli elementi caratteristici della cultura nera che identificano la stessa comunità come autonoma e distinta rispetto a quella bianca: il concetto di razza porta con sé un aspetto culturale che merita di essere salvaguardato.18 Questa nuova considerazione di razza, basata non più sui meri aspetti biologici e storici ma anche su quelli culturali, ha permesso il contemporaneo sviluppo di una nuova interpretazione del Quattordicesimo emendamento: la teoria della race-consciousness.
La teoria della race-consciousness sostiene un’uguaglianza sostanziale e quindi un’uguaglianza non vista più come processo ma come risultato: il diritto non può essere cieco alle differenze reali fra le razze e all’evidente posizione di inferiorità sociale dei neri. Le disposizioni legislative volte al raggiungimento di una reale uguaglianza fra neri e bianchi devono essere considerate costituzionali. È in questo contesto che si sviluppa il concetto di affirmative actions: azioni politiche volte a garantire maggiori opportunità di partenza per gli appartenenti alle minoranze etniche, in modo da giungere ad un’uguaglianza sostanziale.19
Oggi, dopo l’elezione di Xxxxx come presidente, si ha un sostanziale ritorno alla teoria della color-blindness; i critici della razza parlano di post-racialism: si tratta di una corrente di pensiero secondo cui, visti i progressi raggiunti nell’ambito dei diritti civili, si può fare a meno di considerare la razza ancora al centro delle questioni giuridiche e sociali. Per questo non dovrebbero più considerarsi necessarie eventuali azioni
17 000 XX 000 (0000), Adarand Constructions, Inc. v. Xxxx, concurring opinion X. Xxxxxx, pp. 240-241
18 X. XXXXXXX, op. cit., p. 56
19 Si veda: L. C. XXXXXX, X. XXXXXXX, Affirmative Action and the Myth of Preferential Treatment: a Transformative Critique of the Terms of the Affirmative Action Debate, Harv. Blackletter J. L. 11 (1994). Secondo gli autori, lo scopo delle azioni positive non è offrire preferenze immeritate ai beneficiari o compensare passate ingiustizie ma contrastare alcuni effetti permanenti di un'esperienza storica che impediscono oggi pari opportunità.
affermative dettate da una concezione di race-consciousness. Sia color-blindness che post-racialism negano politiche basate sulla differenza razziale, tuttavia vi sono delle differenze:
Nella Color-Blindness la razza coincide con il colore della pelle. Qualsiasi uso della razza, anche per scopi integrazionisti, è privo di giustificazione poiché implica il trattamento di individui uguali in maniera diversa sulla base di una caratteristica arbitraria, priva di rilevanza sociale, sulla quale gli individui non hanno nessun controllo. Il Post-Racialism concepisce, invece, la razza come costrutto sociale e ammette che si possa parlare di razza senza essere razzisti. In quest’ottica, visti i progressi raggiunti, parlare di razza ha senso solo per riconoscere il passato di discriminazioni.20
1.2. Affirmative action nell’educazione universitaria e le race- conscious admissions
A seguito della decisione della Corte Suprema in Brown v. Board of education (1954), non è immediata la cessazione del regime segregazionista e la conseguente integrazione della comunità nera: per raggiungere questi risultati sono state necessarie le forti proteste di massa causate dal movimento per i diritti civili degli anni Sessanta, culminate da un punto di vista giuridico con l’entrata in vigore del Civil rights act nel 1964.21 In questo contesto, è chiaro come una lettura color-blind della Costituzione non sia d’aiuto nell’incentivare uguali opportunità per i cittadini neri e si rendono necessarie delle politiche race-conscious messe in pratica attraverso le affirmative actions, inizialmente nell’ambito lavorativo, poi anche in quello educativo. 22
Il termine affirmative action viene usato per la prima volta in un contesto giuridico nell’Executive Order 1092523 del Presidente Xxxxxxx, il quale proibisce la discriminazione sul lavoro basata sulla razza, il credo religioso, il colore della pelle e la nazionalità d’origine da parte dei datori di lavoro che concludono contratti con il governo federale. In particolare, l’executive order non si limita a vietare fenomeni discriminatori ma richiede ai datori di lavoro di
Take affirmative actions to ensure that applicants are employed, and that employees are treated during employment, without regard to their race, creed, color, or national origin. 24
20 X. XXXXXXXX, La Critical Race Theory: ricostruzione storico critica e analisi intersezionale della discriminazione, Università degli studi di Palermo (2013), xxxxx://xxxx.xx.xx/xxxxxxxx/xxx/00000000.xxx 21 H. T. XXXXXXX, The Journey from Brown v. Board of Education to Xxxxxxx x. Xxxxxxxxx: From Racial Assimilation to Diversity, Michigan L. Rev. 102 (2004), p. 952
22 Ivi, p. 955
23 Exec. Order n. 10925, 26 FR 1977 (1961)
24 Ibidem
Il testo normativo però non specifica cosa debba intendersi per azione affermativa; questo avviene nel 1965 nell’Executive order 1124625 del Presidente Xxxxxxx, in cui il termine affirmative action inizia ad assumere il significato conosciuto oggi.26 Si tratta di un executive order successivo di un anno all’entrata in vigore del Civil rights act, il cui titolo VII proibisce la discriminazione nel contesto lavorativo privato: nel caso in cui nel processo si attesti il mancato rispetto del divieto, la corte può ordinare al datore di lavoro di adottare affirmative actions appropriate come, ad esempio, la reintegrazione o l’assunzione del dipendente e il pagamento degli stipendi arretrati.27
L’executive order 11246, invece, prevede che ogni datore di lavoro che conclude contratti di almeno 10mila dollari con il governo federale debba includere un’equal opportunity clause nel contratto e attuare affirmative actions per assicurare l’assenza di discriminazione sul posto di lavoro. Inoltre, l’executive order prevede la creazione di una nuova agenzia volta a controllarne il rispetto, ossia l’Office of Federal Contract Compliance (OFCC). Fra il 1968 e il 1971 l’OFCC ha compiuto un’opera di sempre maggiore specificazione dei doveri dei datori di lavoro dal punto di vista delle affirmative actions: i datori di lavoro con più di cinquanta dipendenti e con contratti da più di 50mila dollari con il governo federale devono compilare un “affirmative actions compliance program”28 in cui delineano le difficoltà nell’interagire con lavoratori appartenenti a minoranze etniche e gli strumenti volti a garantire un’equal employment opportunity29. Dall’executive order del Presidente Xxxxxxx per affirmative action si intende quindi qualsiasi programma a favore di persone selezionate in considerazione della razza, della nazionalità d’origine e del genere. Sono però richiesti due requisiti: la persona deve far parte d’un gruppo che storicamente è sottorappresentato nel posto di lavoro e la persona deve comunque essere qualificata.30 Si tratta in ogni caso di misure volte a ripristinare uguali opportunità e cancellare gli anni di discriminazione passata, non sono ancora legate a differenti valori come l’importanza della diversità.31
25 Exec. Order 11246, 3 C.F.R. § 339 (1965)
26 M. S. WEST, The Historical Roots of Affirmative Actions, La Raza L. J. 10 (1998), pp. 612-613
27 If the court finds that the respondent has intentionally engaged in or is intentionally engaging in an unlawful employment practice charged in the complaint, the court may enjoin the respondent from engaging in such unlawful employment practice, and order such affirmative action as may be appropriate, which may include, but is not limited to, reinstatement or hiring of employees, with or without back pay (payable by the employer, employment agency, or labor organization, as the case may be, responsible for the unlawful employment practice), or any other equitable relief as the court deems appropriate.
CRA title VII, Pub. L. 88-352, §706
28 41 CFR § 60-1. 40 (a) (1969)
29 Ibidem
30 M. S. WEST, op. cit., pp. 613-614
31 H. T. XXXXXXX, op. cit., pp. 953-954
Nella higher education le azioni affermative hanno giocato un ruolo di fondamentale importanza sia nelle pratiche di assunzione dei professori sia nelle ammissioni degli studenti. Nel primo caso, le istituzioni universitarie non erano comprese nel titolo VII del Civil rights act ed erano vincolate dall’executive order 11246 solo quelle in rapporti finanziari con il governo federale. In ogni caso, le università erano considerate delle istituzioni a sé e nonostante quanto affermato dalla Corte Suprema in Brown v. Board of education circa la loro importanza, le discriminazioni interne a queste istituzioni non avevano destato l’interesse dei più. Solo nel 1972 si ha l’emendamento del titolo VII e l’inclusione nel divieto di discriminazione anche delle istituzioni universitarie: questo obiettivo viene raggiunto solo a seguito delle proteste da parte di movimenti per i diritti delle donne, che denunciavano la mancanza di professoresse nel corpo docente universitario.32
Negli anni Settanta, il concetto di affirmative action non riguarda esclusivamente le pratiche di assunzione ma inizia ad essere considerato anche nell’ambito delle ammissioni degli studenti nelle università. Il titolo VI del Civil rights act vieta discriminazioni basate sulla razza o sulla nazionalità d’origine per tutte le istituzioni che ricevono finanziamenti federali, fra cui le istituzioni universitarie. Nel 1973 il Department of Housing Education and Welfare’s Office of Civil Rights (HEW) ha affermato che il Titolo VI autorizza le azioni affermative nelle università per superare gli effetti che risultano dalla limitata partecipazione di studenti appartenenti a minoranze etniche33. In risposta, le università hanno iniziato ad adottare affirmative action programs (detti anche race-conscious admission programs o race-based admission programs) per aumentare il numero di studenti di colore ammessi: non vi è un criterio unico, ma ogni università sviluppa un proprio sistema volto a preferire a parità di punteggio studenti appartenenti a minoranze etniche.34
La difficoltà della società nell’accettare le politiche affermative è il riflesso della reticenza della stessa Corte Suprema: dalla prima sentenza Regents of University of California v. Bakke35 nel 1978 all’ultima Students for Fair Admissions, Inc. v. President
32 Un esempio è la Women’s Equitiy Action League (WEAL).
M. S. WEST, op. cit., p. 618
Xxxxx Xxxxxxx, ad esempio, viene ammesso alla Mighican Law School nel 1962 ed è l’unico afroamericano del suo corso. Nonostante i voti eccellenti e i premi ottenuti con la laurea non viene assunto nei più prestigiosi studi legali proprio perché nero. Nel 1975 è chiamato dall’University of Michigan per insegnare alla law school a seguito delle proteste degli studenti circa l’assenza di insegnanti appartenenti alla Black community.
H. T. XXXXXXX, op. cit., pp. 955-956
33 45 CFR § 80.3 (b)(6) (1973)
34 M. S. WEST, op. cit., p. 619
35 438 US 265 (1978)
and Fellows of Harvard College36 nel 2023 sono poche le occasioni in cui la Corte Suprema ha accettato di esprimersi sulla costituzionalità dei race-consciuos admission programs.37 Si tratta inoltre di casi mediatici posti al centro del dibattito pubblico e chiusi da sentenze caratterizzate da maggioranze risicate e numerose dissenting opinions.38
2. REGENTS OF UNIVERSITY OF CALIFORNIA X. XXXXX: IL GIUDICE XXXXXX E IL NUOVO SIGNIFICATO DI LIBERTÀ ACCADEMICA
Regents of University of California x. Xxxxx (1978) è una sentenza della Corte Suprema che riguarda la costituzionalità del programma d’ammissione previsto dalla Xxxxx School of Medicine presso l’University of California. È da questa sentenza che nasce e si sviluppa il legame fra libertà accademica e azioni affermative.
Xxxxx Xxxxx è un uomo bianco di trentacinque anni che per ben due volte, nel 1973 e nel 1974, ha provato ad entrare alla Xxxxx School of Medicine senza successo. La Xxxxx prevede due programmi d’ammissione per i futuri studenti: un programma regular e un programma special. Il programma regular prevede più fasi di selezione: anzitutto, vengono immediatamente scartati gli studenti con una media complessiva dei voti inferiore a 2.5 (il massimo è 4); circa un sesto dei restanti viene invitato a sostenere un colloquio, a seguito del quale ogni candidato ottiene un punteggio su una scala da a 1 a 100 da parte del suo esaminatore e di altri quattro membri della commissione d’esame, per un punteggio complessivo di 500 (nel 1974 il massimo è 600). Questo punteggio viene assegnato sulla base delle medie dei voti ottenuti nel corso undergraduated, il punteggio del test di ammissione alla Xxxxx, lettere di raccomandazione, attività extracurriculari e altri dati biografici del candidato. 39
Il programma special, invece, viene attuato da una diversa commissione d’esame, composta per lo più da soggetti appartenenti a minoranze etniche. Questa procedura d’ammissione riguarda i candidati che sono members of a "minority group, in particolare la Xxxxx considera: "Blacks," "Chicanos" "Asians" e "American Indians."40 Non è prevista la selezione iniziale basata sul superamento del punteggio di 2.5 e circa un quinto dei candidati è direttamente ammesso alla fase del colloquio. Dopo ogni colloquio la special committee assegna ad ogni special candidate un punteggio, con cui
36 600 US 181 (2023)
37 Federal Affirmative Action Law: A Brief History, Congressional Research Service (2015), pp. 3-4
38 M. S. WEST, op. cit., p. 620
39 Xxxxx, 438 US, pp. 265-272
40 Ivi, pp. 273-275
viene presentato alla commissione generale; quest’ultima non può confrontare i candidati special con quelli regular e può rigettare l’ammissione dei primi solo in caso di mancati requisiti formali richiesti dal corso.
Nel 1973 e nel 1974 gli studenti ammessi sono cento, di questi sedici sono stati selezionati con il programma special. Xxxxx Xxxxx entrambe le volte viene assegnato al programma regular e la sua candidatura rifiutata nonostante abbia ottenuto un punteggio di 468/500 nel 1973 e di 549/600 l’anno successivo. In entrambi gli anni i candidati ammessi attraverso il programma special hanno raggiunto un punteggio finale di molto inferiore a Xxxxx. Per questo motivo dopo il secondo rifiuto Xxxxx intenta una causa contro la Xxxxx allo scopo di essere ammesso alla scuola, affermando una violazione della Equal protection clause del XIV emendamento, dell’art. 1 della Costituzione della California e del titolo VI del Civil Rights Act del 1964. Il caso giunge alla Supreme Court of California, la quale afferma che il sistema d’ammissione della Davis prevede delle racial quotas discriminatrici e per questo viola la Costituzione federale, la Costituzione statale e il titolo VI del CRA. Inoltre, prevede che debba essere l’università ad assumersi l’onere della prova, dimostrando che Xxxxx non sarebbe stato ammesso anche in assenza del programma special: visto il mancato apporto di prove in tal senso, la Corte ordina l’ammissione di Xxxxx.41
2.1. Il caso e le parole del giudice Xxxxxx: una diversa giustificazione per le ammissioni con base razziale
Regents of University of California x. Xxxxx è una sentenza della Corte Suprema tanto importante quanto complessa: stabilisce infatti i primi criteri per la costituzionalità dei race-conscious admission programs ma è assente una vera e propria majority opinion; ciò ha causato fraintendimenti su quali parti della sentenza debbano essere considerate binding precedents nei successivi casi affrontati dalle corti minori o dalla stessa Corte Suprema.
In particolare, fra i nove giudici della Corte si sviluppano due fazioni ognuna sostenuta da quattro giudici: la prima, composta dai giudici Xxxxxxx, Xxxxxxx, Xxxxxxxxx e Xxxxxx, sostiene che il titolo VI del Civil Rights Act proibisce qualsiasi sistema di selezione facente uso di racial quotas e afferma la necessaria ammissione di Bakke42; la seconda sezione, composta dai giudici Xxxxxxx, Xxxxx, Xxxxxxxx e Xxxxxxxx, ritiene che l’uso
41 Ivi, pp. 279-280
42 Ivi, Opinion of Mr. Justice Xxxxxxx, with whom the Chief Justice, Mr. Justice Xxxxxxx, and Mr. Justice Xxxxxxxxx join, concurring in the judgment in part and dissenting in part, pp. 408-421
della razza come criterio nei programmi di ammissione nella higher education sia permessa43. Il voto dell’ultimo componente, il giudice Xxxxxx, è quindi decisivo per la formulazione della majority opinion della Corte: Xxxxxx però ha deciso di non unirsi ad una delle due opinions ma di formularne una propria, la quale è stata scelta come sentenza della Corte in quanto approvata in parti alterne da entrambe le fazioni. Tuttavia, nessun giudice si è unito in determinate sezioni dell’opinione di Xxxxxx, le quali non devono quindi essere considerate parti della majority opinion. 44
L’opinione del giudice Xxxxxx può essere suddivisa in tre parti salienti: anzitutto, conferma il ragionamento della Supreme Court of California riguardante l’onere della prova a carico dell’università e prevede la conseguente ammissione di Xxxxx; in secondo luogo, afferma che il titolo VI del Civil rights act proibisce le classificazioni razziali che violano l’Equal protection clause del XIV emendamento, in quanto guardando la storia legislativa del titolo VI i suoi sostenitori hanno sempre confermato che la legge attua il principio costituzionale. Infine, compie un’analisi sul tipo di judicial scrutiny a cui deve essere assoggettato il programma di ammissione.
Per verificare la costituzionalità di una norma, in particolare nei casi di presunta discriminazione, le corti possono decidere attraverso tre diversi standard: il criterio più severo è lo strict scrutiny che riguarda le suspect classifications su particolari minoranze religiose, nazionali o razziali o comunque classificazioni basate su caratteri distintivi visibili; vi è poi l’intermediate scrutiny che riguarda le quasi-suspect classifications basate sul genere; infine, è previsto il rational basis scrutiny che riguarda le discriminazioni relative all’età, opinioni politiche, ricchezza, disabilità e così via.45 Xxxxxx riporta come la Corte Suprema non abbia mai messo in dubbio che le classificazioni razziali debbano essere viste come suspect classifications e per questo ritiene necessaria l’applicazione dello strict scrutiny:
When a classification denies an individual opportunities or benefits enjoyed by others solely because of his race or ethnic background, it must be regarded as suspect. 46
Lo strict scrutiny prevede due criteri e per stabilire la costituzionalità della norma entrambi devono essere soddisfatti: la norma deve garantire un compelling
43 Ivi, Opinion of Mr. Justice Xxxxxxx, Mr. Justice White, Mr. Xxxxxxx Xxxxxxxx, and Mr. Justice Xxxxxxxx, concurring in the judgment in part and dissenting in part, pp. 324-379
44 R. H. XXXXX, Institutional Academic Freedom – A Constitutional Misconception: Did Xxxxxxx x. Xxxxxxxxx Perpetuate the Confusion?, J. C. & U. L. 30 (2004), pp. 536-537
45 G. D’XXXXXXX (a cura di), op. cit., pp. 279-280
46 Xxxxx, 438 US, p. 305
governmental interest e deve essere narrowly tailored per raggiungere lo scopo prefissato usando i least restrictive means.
Il programma special è ritenuto necessario dalla Xxxxx per raggiungere tre obiettivi: (1) rimediare alle conseguenze della passata discriminazione favorendo la presenza di studenti appartenenti a minoranze etniche; (2) incrementare il numero di medici volto a operare nelle aree svantaggiate della nazione; (3) ottenere i benefici educativi che derivano dal mantenimento di un “ethnically diverse student body”.47
Nei confronti del primo scopo della Xxxxx, Xxxxxx ricorda che un qualsiasi uso di racial quotas (riservare specifiche percentuali a una particolare minoranza razziale) è incostituzionale e afferma che anche se lo stato ha un compelling interest nell’eliminare gli effetti della passata discriminazione, ciò non è compito dell’università: la missione dell’università deve essere l’educazione, non la formulazione di politiche legislative.
Xxxxxx riconosce anche un compelling interest dello stato per il secondo scopo, tuttavia, l’Università non dimostra come il suo programma special sia necessario per perseguirlo: non è detto, inoltre, che un medico appartenente ad una minoranza razziale voglia poi praticare solo per gli appartenenti alla medesima minoranza o in aree ritenute svantaggiate.
Infine, anche il terzo scopo per Xxxxxx rispetta il primo requisito dello strict scrutiny ma non il secondo: il programma special della Xxxxx non è il mezzo meno rigoroso per ottenere un diverse student body. Il programma d’ammissione dovrebbe infatti considerare la razza come un plus fra altri criteri di selezione, come avviene all’Harvard College che Xxxxxx riporta come esempio: solo in questo caso il programma d’ammissione potrebbe dirsi costituzionale.48
Il legame fra libertà accademica e azioni affermative nasce proprio in questa sentenza, in particolare nelle sezioni IV-D e V-A dell’opinione del giudice Xxxxxx, parti in cui non vi è l’accordo di altri giudici.49 Nella sezione IV-X Xxxxxx afferma che lo scopo di ottenere a different student body [is] clearly a constitutionally permissible goal for an institution of higher education.50 Xxxxxx argomenta questa sua posizione spiegando:
Academic freedom, though not a specifically enumerated constitutional right, long has been viewed as a special concern of the First Amendment. The freedom of a university to make its own judgments as to education includes the selection of its student body.51
47 Ivi, p. 306
48 Ivi, pp. 305-315
49 R. H. XXXXX, op. cit., p. 537
50 Xxxxx, 438 US, pp. 311-312
51 Ibidem
Xxxxxx afferma inoltre che il giudice Frankfurter in Sweezy52 ha illustrato “the "four essential freedoms" that constitute academic freedom”, fra cui è compresa la libertà per l’istituzione di “determine for itself on academic grounds […] who may be admitted to study.” Inoltre, Xxxxxx cita un passaggio anche di Xxxxxxxxx:
Our Nation is deeply committed to safeguarding academic freedom which is of transcendent value to all of us and not merely to the teachers concerned. That freedom is therefore a special concern of the First Amendment. […] The Nation's future depends upon leaders trained through wide exposure to that robust exchange of ideas which discovers truth 'out of a multitude of tongues, [rather] than through any kind of authoritative selection.53
Secondo Xxxxxxx Xxxxx,54 risulta necessario evidenziare gli errori nell’argomentazione del giudice Xxxxxx riguardante la libertà accademica. In primo luogo, Xxxxxx riporta un concetto di libertà accademica assolutamente nuovo: fino a questo momento la Corte Suprema, come analizzato nel secondo capitolo, ha sempre sostenuto un significato di libertà accademica attinente alle radici storiche e filosofiche della stessa, ossia una libertà individuale del singolo professori nei confronti o della stessa istituzione universitaria o dei pubblici poteri, a tutela della sua libertà d’espressione e di ricerca; Xxxxxx invece invoca una libertà accademica intesa come autonomia dell’istituzione universitaria nel scegliere il corpo docente, le materie di studio e gli studenti ammessi. Nel farlo, Xxxxxx riporta un estratto di Xxxxxx che attribuisce direttamente al giudice Xxxxxxxxxxx, dimenticando però di compiere tre specificazioni: (1) si tratta solo di una concurring opinion che non costituisce binding precedent e, in ogni caso, non sono parole direttamente attribuibili a Frankfurter, essendo in realtà una citazione di The open universities; (2) Frankfurter non specifica che la libertà accademica sia composta dalle four freedoms, è una conclusione di Xxxxxx; (3) Xxxxxx appositamente dimentica di riportare, insieme alla citazione, il contesto in cui Xxxxxxxxxxx afferma la propria concurring opinion, ossia un caso riguardante la libertà accademica del singolo e non di certo l’autonomia dell’istituzione.
Per quanto riguarda Xxxxxxxxx, anche in questo caso Xxxxxx, oltre a riportarne una citazione, fa risultare sue deduzioni personali come anch’esse citazioni della sentenza: afferma infatti che la protezione di “these freedoms” è sottolineata in Xxxxxxxxx, quando invece in questa sentenza la Corte nell’affermare che la libertà accademica rientra nell’ambito del Primo emendamento, si riferisce esclusivamente alla libertà del singolo
52 Xxxxxx v. New Hampshire, 354 US 234 (1957). Vedi supra cap. 2, paragrafo 1.1
53 Xxxxxxxxx v. Board of Regents, 385 US 589 (1967). Vedi supra cap. 2, paragrafo 1.2
54 R. H. XXXXX, op. cit., pp. 536-544
individuo, senza mai nominare un’eventuale diritto delle università di selezionare gli
Infine, nella sezione V-A Xxxxxx afferma:
The experience of other university admissions programs, which take race into account in achieving the educational diversity valued by the First Amendment, demonstrates that the assignment of a fixed number of places to a minority group is not a necessary means toward that end.56
In questa frase Xxxxxx compie il collegamento finale, spiegando che l’educational diversity [is] valued by the First Amendment. Tuttavia, nessuna delle sentenze citate da Xxxxxx giunge a questa conclusione, si tratta d’una sua personale deduzione, priva però di fondamenti.57
Dalle parole del giudice Xxxxxx derivano, oltre alla costituzionalità dei race conscious admission programs basati sul modello di Harvard, tre importanti conseguenze: anzitutto, giustificando la presenza delle affirmative actions e nello specifico dei race conscious admission programs con benefici a livello educativo della diversità, ha tolto il carattere della temporaneità a queste politiche rendendole un requisito essenziale e permanente nella vita dei campus.58 In secondo luogo, costruisce la retorica necessaria per la nascita e lo sviluppo all’interno dei campus degli uffici DEI (diversity, equality, inclusion).59 Infine, ha legato indissolubilmente la costituzionalità delle azioni affermative nei campus alla libertà accademica intesa come autonomia dell’istituzione. Xxxxxx ha gettato le basi per una nuova libertà accademica: l’institutional academic freedom.60
2.2. Le sentenze del Settimo distretto e l’institutional academic freedom
Il giudice Xxxxxx in Xxxxx afferma che le istituzioni universitarie hanno il diritto, tutelato dal Primo emendamento, di selezionare i propri studenti in entrata. Tre anni dopo Xxxxx, la Corte Suprema si è espressa nel caso Xxxxxx v. Vincent61 riguardante un regolamento dell’University of Missouri (pubblica), secondo cui non può essere concesso l’uso di strutture dell’università "for purposes of religious worship or religious
55 ibidem
56 Xxxxx, 438 US, p. 316
57 R. H. XXXXX, op. cit., p. 541
58 A. XXXXXXX, op. cit., p. 131
59 K. M. BRIDGES, op. cit., p. 805
60 R. H. XXXXX, Institutional Academic Freedom or Autonomy Grounded upon the First Amendment: a Jurisprudential Mirage, Xxxxxxx L. Rev. 30 (2007)
61 454 US 263 (1981)
teaching."62 Nel 1977 l’organizzazione cristiana di studenti Cornerstone non ottiene quindi il permesso di svolgere le proprie attività nell’auditorium universitario nonostante in passato avesse già avuto il benestare da parte dell’amministrazione, e intentano una causa nei confronti dell’università per la violazione della loro libertà d’espressione e religiosa tutelata dal Primo emendamento, nonché per la violazione del Quattordicesimo emendamento per la mancata uguaglianza nell’accesso alle strutture universitarie.63 Il giudice Xxxxxx, autore della sentenza della Corte, conferma la violazione di entrambi gli emendamenti da parte del regolamento suggerendo all’istituzione l’adozione d’una clausola neutrale.
Particolarmente rilevante è la breve concurring opinion del giudice Xxxxxxx, secondo il quale l’università deve essere autonoma nel decidere cosa debba essere permesso al suo interno, tuttavia, nel caso specifico l’istituzione non ha giustificato adeguatamente il proprio regolamento. Xxxxxxx, citando quanto riportato dal giudice Xxxxxxxxxxx in Xxxxxx da The open universities, afferma che l’argomentazione della majority opinion rischia di minare “the academic freedom of public universities” e che “judgments of this kind should be made by academicians, not by federal judges”.64
Il giudice Xxxxxxx non specifica che la libertà accademica delle università pubbliche debba trovare fondamento nel Primo emendamento, inoltre, non distingue fra i professori e il board of regents dell’università: quando però nomina gli academicians sembra riferirsi ai primi. Nonostante la sua sia solo una concurring opinion, le parole di Xxxxxxx potrebbero aver condizionato molte sentenze del Settimo distretto, giacché, avendo egli lavorato precedentemente nello stesso, vi aveva mantenuto una forte influenza.65 Negli anni seguenti molte corti minori infatti, in particolare del Settimo distretto e del Quarto distretto, hanno citato l’opinione di Xxxxxx in Xxxxx o direttamente le parole del giudice Frankfurter in Xxxxxx superando però il confine in cui lo stesso Xxxxxx aveva posto le proprie argomentazioni e seguendo invece la linea tracciata da Xxxxxxx in Xxxxxx: le corti minori non si limitano a convalidare i race conscious admission programs giacché riconoscono una generale autonomia alle università, che definiscono institutional academic freedom.66
62 Ivi, p. 263
63 Ivi. pp. 265-266
64 Ivi, pp. 278-279
65 D. B. RABBAN, Academic Freedom, individual or constitutional?, op.cit., p. 17
66 R. H. XXXXX, Institutional Academic Freedom – a Constitutional Misconception, op. cit., p. 544
L’institutional academic freedom viene menzionata per la prima volta dal Settimo distretto nella sentenza Dow Chemical Co. x. Xxxxx (1982)67. Il caso riguarda un’azienda privata, la Dow Chemical Co., minacciata dal ritiro di due propri pesticidi dal mercato a seguito di un’inchiesta dell’Environmental Protection Agency (EPA): ci si chiede se la Dow Chemical possa costringere i ricercatori dell’University of Wisconsin a trasmettere all’azienda i dati grezzi ottenuti dai propri studi sugli animali, non ancora sottoposti a peer review, allo scopo di utilizzarli a sostegno dei suoi prodotti. La Corte d’appello del Settimo circuito conferma quanto sostenuto dal tribunale di primo grado, affermando che i fatti non giustificano la divulgazione forzata di dati provenienti dalla ricerca universitaria. A sostegno della propria decisione, la Corte dedica alcune riflessioni al concetto di libertà accademica partendo dall’amicus brief presentato dallo Stato del Winsconsin alla Corte d’appello, in cui è riportato:
scholarly research is an activity which lies at the heart of higher education, that it comes within the First Amendment's protection of academic freedom, and therefore judicially authorized intrusion into that sphere of university life should be permitted only for compelling reasons, which do not exist here.68
Nella decisione vengono quindi citati i passi salienti delle principali sentenze della Corte Suprema sulla libertà accademica: Xxxxx, Xxxxxxxxx e Xxxxxx; poi la Corte afferma:
Of course academic freedom, like other constitutional rights, is not absolute, and must on occasion be balanced against important competing interests. […] Case law considering the standard to be applied where the issue is academic freedom of the university to be free of governmental interference, as opposed to academic freedom of the individual teacher to be free of restraints from the university administration, is surprisingly sparse.69
Quest’ultime sono considerazioni non direttamente attinenti al focus della Corte, il quale riguarda le conseguenze sulla libertà accademica dei singoli ricercatori causate dai mandati richiesti dalla Dow Chemical al tribunale. Tuttavia, è interessante scoprire come la Corte d’appello ritenga sussistente una possibile contrapposizione fra l’academic freedom of the university e l’academic freedom of the individual teacher. Inoltre, la giurisprudenza riguardante la contrapposizione fra libertà accademica dei professori e libertà accademica dell’università più che surprisingly sparse è sostanzialmente assente. Questo, infatti, è uno dei primi casi in cui si nomina la libertà
67 672 F.2d 1262 (7th Cir. 1982)
68 Ivi. P. 1274
69 Ivi, p. 1275
accademica dell’università e il primo in assoluto in cui si ipotizza un suo contrasto con le garanzie dei professori derivanti dal Primo emendamento. Si capisce quindi che la contrapposizione fra le due libertà sia riportata dalla Corte solo perché influenzata da Xxxxxx, non riuscendo a giustificare le proprie affermazioni in tal senso. In questa sentenza la Corte però non afferma che anche la libertà accademica dell’università sia protetta dal Primo emendamento. 70
Quest’ultima è una conclusione a cui il Settimo distretto giunge l’anno successivo in
E.E.O.C. v. University of Notre Dame Du Lac71. Il caso riguarda un professore, Xxxxx X. Xxxxxxxx, a cui l’University of Notre Dame Du Lac nega una tenured position nel Dipartimento di Economia. Xxxxxxxx sostiene di essere stato discriminato in quanto nero e attraverso l’EEOC (Equal Employment Opportunity Commission) richiede all’università di esibire i fascicoli personali di altri membri del dipartimento, ordinanza concessa dal tribunale di primo grado. La Corte d’appello del Settimo distretto invece annulla la sentenza di primo grado affermando l’esistenza di “a qualified academic freedom privilege” che protegge le “academic institutions against the disclosure of the names and identities of persons participating in the peer review process.”72 Nel sostenere questa argomentazione la Corte riporta le parole del giudice Frankfurter in Sweezy73 e cita l’opinione di Xxxxxx in Xxxxx nella parte in cui afferma che la libertà accademica “long has been viewed as a special concern of the First Amendment”: la Corte compie l’errore, ormai comune, di associare l’institutional academic freedom a sentenze in cui per libertà accademica si intende ben altro e in questo modo afferma che anche l’institutional academic freedom è protetta dal Primo emendamento.
Tuttavia, nel 1990 la Corte Suprema in University of Pennsylvania v. E.E.O.C.74 ha negato espressamente la pretesa dell’università di “expanded right of academic freedom to protect confidential peer review materials from disclosure”75 e ha affermato che “the First amendment cannot be extended to embrace petitioner’s claim”76. In questo caso, quindi, la Corte Suprema ha rigettato quanto sostenuto dall’University of Pennsylvania
70 R. H. XXXXX, Institutional Academic Freedom – a Constitutional Misconception, op. cit., p. 546
71 715 F.2d 331 (7th Cir. 1983)
72 Ivi, p. 337
73 It is the business of a university to provide that atmosphere which is most conducive to speculation, experiment and creation. Etc. Vedi supra cap. 2, paragrafo 1.1
Xxxxxx v. New Hampshire, 354 US 234 (1957), concurring opinion j. Frankfurter, p. 263
74 493 US 182 (1990)
Si tratta di un caso simile a quello di Xxxxxxxx. Questa sentenza riguarda una professoressa di origini asiatiche a cui viene negata una tenured position dall’University of Pennsylvania e ritiene di essere stata discriminata in violazione del titolo VII del Civil rights act del 1964. In particolare, richiede la visione del materiale per la peer review.
75 Ivi, p. 199
76 Ibidem
nel proprio brief, ossia che l’istituzione universitaria debba godere di un’autonomia
garantita dal Primo emendamento.77
Dopo il caso dell’University of Notre Dame Du Lac, il Settimo distretto non ha più sostenuto che l’institutional academic freedom sia protetta dal Primo emendamento: si tratta di casi78 in cui la Corte delinea un’opposizione fra l’individual academic freedom dei professori e l’institutional academic freedom delle università, o meglio dei boards of regents delle stesse, affermando spesso una prevalenza della seconda sulla prima. Inoltre, il Settimo distretto cita sempre i medesimi passaggi in Xxxxx e Xxxxxx, ritenendoli vincolanti, proprio per sostenere la contrapposizione fra le due.79
2.3. Le sentenze del Quarto distretto e l’esclusione dell’individual academic freedom
Mentre il Settimo distretto si limita ad un’interpretazione estensiva di quanto affermato dal giudice Xxxxxx in Xxxxx, prevedendo una contrapposizione fra institutional e individual academic freedom, il Quarto distretto compie un passo ulteriore: afferma categoricamente il fondamento della institutional academic freedom nel Primo emendamento ed esclude la sussistenza e la protezione dell’individual freedom. Secondo il Quarto distretto, quindi, solo le istituzioni possono godere delle garanzie tutelate dal Primo emendamento, con totale esclusione dei singoli professori: questa è sicuramente una conclusione non voluta da Xxxxxx e nemmeno da Xxxxxxxxxxx.80 Lo sviluppo di questa linea argomentativa avviene in casi molto più recenti rispetto a Xxxxx e alle sentenze del Settimo distretto, si tratta di casi decisi alla fine degli anni Novanta e all’inizio degli anni Duemila, quindi quando è già ben sviluppato dalla Corte il Xxxxxxxxx/Xxxxxxx test.81
Il primo di questi casi è Boring x. Xxxxxxxx County Board of Education (1998)82, il
quale riguarda la rappresentazione teatrale proposta da Xxxxxxxx Xxxxxx, un’insegnante
77 D. B. XXXXXX, A Functional Analysis of Individual and Institutional Academic Freedom under the First Amendment, LAW & CONTEMP. Probs. 53(1990), pp.262-266
78 Si veda: Xxxxxxxxx v. University of Illinois, 811 F.2d 1091 (7th Cir. 1987); Xxxxxxx v. Trustees of Indiana University 891 F.2d 165, 167 (7th Cir. 1989); Keen x. Xxxxxx, 970 F.2d 252, 257 (7th Cir. 1992); Xxxx v. Board of Trustees of Ball State University 167 F.3d 1146 (7th Cir. 1999); Xxxxxxx x. Xx, 000 F.3d 494 (7th Cir. 1999)
79 R. H. XXXXX, Institutional Academic Freedom – a Constitutional Misconception, op. cit., p. 552
80 Ibidem
81 Vedi supra, cap. 2, paragrafo 1.3
Per Xxxxxxxxx/Xxxxxxx test si intende il criterio elaborato dalla Corte Suprema per stabilire quando i dipendenti pubblici possano ritenersi tutelati dal Primo emendamento nel luogo di lavoro. Secondo Xxxxxxxxx sono protetti solo i riferimenti a matters of public concern.
82 136 F.3d 364 (4th Cir. 1998)
di recitazione nel Xxxxxxxx County High School. Boring dopo aver ottenuto il permesso da parte del preside Xxxx, inserisce la rappresentazione in diversi concorsi regionali vincendo con la classe di recitazione numerosi premi. Dopo una rappresentazione dell’opera all’interno della scuola, nonostante Xxxxxx avesse avvisato le famiglie delle tematiche controverse trattate, il preside riceve delle lamentele da parte di alcuni genitori circa il contenuto di alcune scene e per questo richiede a Boring di cambiare parti della sceneggiatura per la presentazione al concorso statale. Al termine dell’anno scolastico il preside Xxxx chiede il trasferimento di Xxxxxx, approvato dal Sovrintendente del Consiglio scolastico. Boring intenta una causa nei confronti della scuola, dichiarando di essere stata trasferita per la rappresentazione teatrale controversa e quindi afferma una violazione dei propri diritti tutelati dal Primo emendamento.83
Il tribunale di primo grado ha rigettato le richieste di Xxxxxx e la Corte d’appello del Quarto distretto ha confermato la decisione seguendo due argomentazioni: anzitutto, la Corte afferma che sono le autorità della scuola ad avere potere decisionale sul programma dei corsi e, in secondo luogo, che l’insegnante non ha “First Amendment right to insist on the makeup of the curriculum.”84 A supporto di queste conclusioni la Corte cita dei passaggi di Xxxxxxx, Xxxxx e Frankfurter in Xxxxxx (sempre la citazione delle four freedoms)85 e, come sottolinea Xxxxx, la Corte non specifica che né Xxxxxxx né Xxxxx né gli autori de The open universities in South Africa hanno l’autorità di condizionare un tribunale sull’interpretazione del Primo emendamento. Inoltre, ancora una volta, nella concurring opinion di Xxxxxxxxxxx non vi è in realtà alcun accenno circa un’ipotetica libertà dell’istituzione contro il singolo professore, essendo una sentenza della Corte Suprema in pieno Maccartismo e riguardando la contrapposizione fra leggi statali e professori dal credo sospetto.86
In Boring la Corte non utilizza il termine academic freedom; tuttavia, la sentenza viene citata come precedente nell’ambito dell’institutional academic freedom in Urofsky x. Xxxxxxx (2000).87 Urofsky è un caso che, a differenza degli altri decisi dal Settimo o dal Quarto distretto, ha destato grande interesse nella dottrina: esso infatti si inserisce
83 Ivi, p. 367
84 Ivi, p. 370
85 We agree with Xxxxx and Xxxxx and Justice Xxxxxxxxxxx that the school, not the teacher, has the right to fix the curriculum.
Ibidem
86 R. H. XXXXX, Institutional Academic Freedom vs. Faculty Academic Freedom in Public Colleges and Universities: A Dubious Dichotomy, J.C. & U.L. 29 (2002).
87 216 F.3d 401 (4th Cir. 2000)
perfettamente sia nel campo della libertà accademica sia in quello della libertà
d’espressione dei dipendenti pubblici, legando i due.88
La sentenza riguarda una legge della Virginia, la quale proibisce la consultazione di materiali sessualmente espliciti da parte dei dipendenti pubblici attraverso computer di proprietà dello stato.89 Xxxxxx Xxxxxxx è un professore di storia alla Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxxx University e insieme ad altri sei professori della medesima istituzione intenta una causa contro lo Stato della Virginia nel 1998, affermando che la disposizione di legge viola la loro libertà accademica impedendo una libera ricerca e insegnamento. Xxxxxxx, infatti, in passato ha assegnato ai propri studenti il compito di cercare in Internet siti con contenuto sessualmente esplicito per constatare il loro facile accesso da parte di minori. Dopo l’entrata in vigore della legge, Xxxxxxx non può più assegnare compiti inerenti alla First amendment obscenity law dato che non potrebbe verificare il corretto svolgimento del compito senza consultare i suddetti siti.90
Il tribunale di primo grado decide in favore di Xxxxxxx ma non limita la propria trattazione al mondo accademico: sviluppa la propria argomentazione in generale, cercando di tutelare tutti i dipendenti pubblici. La Corte Suprema91 però ha già dichiarato che i dipendenti pubblici non godono degli stessi diritti tutelati dal Primo emendamento dei privati cittadini, il che permette alla Corte d’appello del Quarto distretto di giungere ad un risultato opposto.92
La Corte d’Xxxxxxx, dopo aver correttamente riportato lo sviluppo storico del concetto
di libertà accademica (citando Xxxxxxxxxx e Xxxxxxx), afferma però che:
Moreover, a close examination of the cases indicates that the right praised by the Court is not the right Appellees seek to establish here. Appellees ask us to recognize a First Amendment right of academic freedom that belongs to the professor as an individual. The Supreme Court, to the extent it has constitutionalized a right of academic freedom at all, appears to have recognized only an institutional right of self-governance in academic affairs.93
88 R. H. XXXXX, Institutional Academic Freedom – a Constitutional Misconception, op. cit., p. 554
89 La legge afferma:
Except to the extent required in conjunction with a bona fide, agency-approved research project or other agency-approved undertaking, no agency employee shall utilize agency-owned or agency-leased computer equipment to access, download, print or store any information infrastructure, files or services having sexually explicit content. Agency approvals shall be given in writing by agency heads, and any such approvals shall be available to the public under the provisions of the Virginia Freedom of Information Act.
VA. CODE ANN. § 2.2-2827
90 Urofsky, 216 F.3d 401 (4th Cir. 2000), pp. 405-406
91 Xxxxxxx x. Xxxxx, 461 US 138 (1982), vedi supra cap. 2 paragrafo 1.3
92 X. XXXXXXXX, Loss of Academic Freedom on the Internet: The Fourth Circuit's Decision in Urofsky x. Xxxxxxx, Rev. Litig. 21 (2002), p. 500
93 Xxxxxxx, p. 412
Nella propria argomentazione la Corte cita le parole del giudice Frankfurter in Xxxxxx e di Xxxxxx in Xxxxx e inoltre riporta anche quanto affermato dalla Corte Suprema in Xxxxxxxxx: secondo il Quarto Circuito nonostante Xxxxxxxxx tratti della libertà d’espressione del singolo professore, la sentenza nel momento in cui afferma che la libertà accademica è “a special concern of the First amendment”, si riferisce alla libertà dell’istituzione:
Moreover, in the course of reaching its conclusion that the provisions were unconstitutionally vague, the Court discussed the detrimental impact of such laws on academic freedom, which the Court characterized as "a special concern of the First Amendment.". The discussion by the Court indicates, however, that it was not focusing on the individual rights of teachers, but rather on the impact of the New York provisions on schools as institutions: The vice of the New York provisions was that they impinged upon the freedom of the university as an institution.94
Secondo la Corte, quindi, la libertà accademica trova fondamento nel Primo emendamento ma la Corte Suprema non ha mai affermato che per libertà accademica si debba intendere il diritto del singolo professore, descrivendone un’origine puramente istituzionale. Nel 2001, inoltre, la Corte suprema non ha accolto la richiesta di certiorari95, lasciando irrisolta l’interpretazione del Quarto distretto.
3. XXXXXXX X. XXXXXXXXX E LA CONFERMA DELLA LIBERTÀ ACCADEMICA COME AUTONOMIA
Per Michigan cases si intendono due casi decisi dalla Corte Suprema il 23 giugno 2003 e che riguardano la costituzionalità dei race conscious admission programs del College of Literature, Science, and the Arts e della Law School presso l’University of Michigan96: Gratz v. Bollinger97 e Xxxxxxx v. Bollinger98. Sono passati venticinque anni dalla sentenza della Corte Suprema Regents of University of California x. Xxxxx e dalle parole rivoluzionarie del giudice Xxxxxx e l’accoglimento della Corte di entrambe le richieste di certiorari può essere l’occasione per sviluppare una migliore argomentazione a sostegno delle affirmative actions, lontana dal concetto traballante di institutional academic freedom.99
94 Ivi, p. 414
95 Urofsky x. Xxxxxxx, 531 US 1070 (2001).
96 X. XXXX, Strict Scrutiny, Affirmative Action, and Academic Freedom: The University of Michigan Cases, Tul. L. Rev. 78 (2004)
97 539 US 306 (2003)
98 539 US 244 (2003)
99 R. H. XXXXX, Institutional Academic Freedom – a Constitutional Misconception, op. cit., p 568
In Gratz x. Xxxxxxxxx la Corte analizza il programma d’ammissione del College of Literature, Science, and the Arts (LSA) stabilendone l’incostituzionalità. Nel 1995 Xxxxxxxx Xxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxxx, entrambi bianchi, presentano la propria domanda d’ammissione al College ed entrambi non vengono ammessi perché, pur essendo qualificati, per il College sono “less competitive than the students who ha[d] been admitted on first review”100. Nel 1997 entrambi intentano una causa nei confronti dell’University of Michigan e del LSA affermando una violazione della Equal protection Clause prevista dal XIV emendamento da parte del programma d’ammissione del College.
Dal 1995 al 1998 il College ha modificato in ogni anno accademico i propri criteri di selezione; si tratta sempre però di programmi che considerano l’appartenenza etnica a gruppi sottorappresentati favorendo l’ammissione dei candidati facenti appartenenti a minoranze. In particolare, dal 1998 il sistema d’ammissione del College prevede un selection index in cui ogni candidato può ottenere un massimo di 150 punti: i punti sono assegnati sulla base di diversi fattori, fra cui la qualità del liceo da cui proviene il candidato, la difficoltà del curriculum svolto al liceo, residenza geografica, rapporti con ex alunni del College, capacità di leadership. Al punteggio ottenuto secondo questi criteri si aggiunge anche il GPA (media dei voti da 0 a 4) e i risultati raggiunti dal candidato nell’ACT/SAT (American College Test/Scholastic Aptitude Test). Inoltre, ai candidati che appartengono a minoranze etniche o razziali vengono assegnati automaticamente 20 punti.
La Corte applica lo strict scrutiny e afferma la presenza di un compelling interest nel garantire un corpo studenti diversificato, come previsto da Xxxxxx in Xxxxx. Tuttavia, il programma d’ammissione non è sufficientemente narrowly tailored: assegnando in automatico 20 punti a ciascun appartenente ad una minoranza, il College non considera le qualità individuali del candidato e non rispetta il modello rappresentato da Harvard, come invece aveva richiesto Xxxxxx. Il giudice Xxxxxxxxx, autore della sentenza, stabilisce di conseguenza l’incostituzionalità del programma d’ammissione.101
In Xxxxxxx x. Xxxxxxxxx, la Corte analizza il programma d’ammissione della Law School presso l’University of Michigan e ne stabilisce però la costituzionalità. Nel 1996 Xxxxxxx Xxxxxxx, bianca, presenta la propria domanda d’ammissione alla Law School con un GPA di 3.8/4 e un LSAT (Law School Admission Test) di 161 ma viene respinta. Nel 1997 Xxxxxxx intenta una causa nei confronti della Law School e dell’University of
100 Gratz x. Xxxxxxxxx, p. 251
101 Ivi, p. 275
Michigan per una violazione del XIV emendamento e del titolo VI del Civil rights act
causata dal programma d’ammissione.102
Dal 1992 la Law School ha un programma d’ammissione volto a garantire la presenza nella Scuola dei most capable [students] e, allo stesso tempo, "a mix of students with varying backgrounds and experiences who will respect and learn from each other”.103 Per conseguire questi scopi i responsabili delle ammissioni considerano il GPA e i risultati ottenuti dai candidati nel LSAT ma “even the highest possible score does not guarantee admission to the Law School” giacché la Scuola presta attenzione alle cosiddette soft variables: qualità delle lettere di raccomandazione, qualità e difficoltà del corso undergraduated frequentato e così via. Inoltre, il programma considera la capacità del candidato di contribuire al clima di diversità sostenuto dalla Scuola e in particolare la Scuola considera una tipologia di diversità, ossia quella etnico-razziale. Il programma cerca di “producing classes both diverse and academically outstanding” ammettendo “a critical mass of [underrepresented] minority students”.104
3.1. Il diversity rationale del giudice X’ Xxxxxx
In Xxxxxxx x. Xxxxxxxxx il giudice X’Xxxxxx, autore della sentenza della Corte, afferma anzitutto di considerare l’opinione di Xxxxxx come precedente vincolante. Nel corso del tempo, infatti, l’assenza di una vera majority opinion in Xxxxx ha causato la perplessità della dottrina e di alcune corti minori circa il valore da attribuire alle parole del giudice Xxxxxx: in particolare, la parte della sua opinion riguardante l’importanza della diversità nelle università non risulta essere sostenuta da nessun altro giudice della Corte:
We do not find it necessary to decide whether Justice Xxxxxx'x opinion is binding under Xxxxx. […] More important, for the reasons set out below, today we endorse Justice Xxxxxx'x view that student body diversity is a compelling state interest that can justify the use of race in university admissions.105
Questa specificazione iniziale è fondamentale per intendere pienamente l’argomentazione del giudice X’Xxxxxx giacché essa si basa su un’attuazione ed un’espansione del diversity rationale elaborato in Xxxxx da Xxxxxx.106
In secondo luogo, la Corte prevede l’applicazione al caso dello strict scrutiny in quanto, come stabilito dalla Corte in Adarand107, tutte le classificazioni razziali pubbliche
102 Xxxxxxx x. Xxxxxxxxx, pp. 316-317
103 Ivi, pp. 313-314
104 Ivi, pp. 315-316
105 Ivi, p. 325
106 A. XXXXXXX et al., Assessing Affirmative Action's Diversity Rationale, Colum. L. Rev. 122 (2022), p. 344
devono essere revisionate dal tribunale attraverso il criterio più severo. Questo comporta che per essere costituzionale una classificazione razziale debba essere “narrowly tailored to further compelling interests”.108 Tuttavia, X’Xxxxxx specifica che anche se tutti gli usi pubblici della razza sono soggetti allo strict scrutiny, ciò non comporta che tutti debbano essere invalidati dallo stesso e afferma che “the Law School has a compelling interest in attaining a diverse student body”.109
Si hanno due tipologie di affirmative action programs: i remedial based, che si giustificano attraverso il loro intento di compensare una passata discriminazione diretta o indiretta, e i diversity based volti a garantire una componente studentesca diversificata nelle università.110 Secondo il giudice X’Xxxxxx da Xxxxx e dalle sentenze successive della Corte Suprema non si deve intendere che l’unica giustificazione possibile alle affirmative actions capace di resistere allo strict scrutiny sia un fine riparatorio. Il fine legato alla diversità deve essere sostenuto per gli educational benefits che comporta; “these benefits are not theoretical but real” e comprendono: “cross-racial understanding”, “break[ing] down racial stereotypes”, “enabl[ing] [students] to better understand persons of different races”, “livelier, more spirited, and simply more enlightening and interesting [classroom discussion].111
Si tratta di un’elencazione che parte dal diversity rationale del giudice Xxxxxx ma che va oltre allo stesso: per Xxxxxx la diversità è necessaria per migliorare l’offerta formativa dell’istituzione e in nessun punto della sua opinion si legge un riferimento ai valori dell’inclusione e delle maggiori opportunità per le minoranze. Come afferma Xxxxx:
Racial and ethnic diversity that serves access, opportunity, and inclusion as distinct ends in themselves is the chord of inclusion quietly voiced by Justice X’Xxxxxx in Xxxxxxx. This weight of inclusion, as I hear it, is new. 112
Questo nuovo peso aggiunto da X’Xxxxxx nella valutazione di Xxxxxx deriva dal contesto militare: gli ufficiali in pensione e gli importanti leader civili delle forze armate degli Stati Uniti sulla base della loro esperienza affermano che un “highly
107 Adarand Constructors Inc x. Xxxx, 000 US 200 (1995). Questo caso riguarda l’attuazione di una discriminazione in ambito di appalti federali: il Department of Transportation aveva deciso di favorire nel bando di appalto gli offerenti appartenenti a minoranze etniche. La Corte Suprema ha stabilito che tutte le classificazioni razziali, siano esse imposte da autorità federali, statali o locali, devono passare il vaglio dello strict scrutiny.
108 Ivi, p. 227
109 Xxxxxxx, p. 332
110 E. XXXXXXXXX, X. XXXXXXXX, The Many Faces of Strict Scrutiny: How the Supreme Court Changes the Rules in Race Cases, Pittsburgh L. Rev. 72 (2010), pp. 15-16
111 Xxxxxxx, p. 330
112 P. R. XXXXX, Of Bakke’s Balance, Gratz and Xxxxxxx: The Voice of Justice Xxxxxx, Tul. L. Rev. 78 (2004), p. 1979
qualified, racially diverse officer corps ... is essential to the military's ability to fulfill its principle mission to provide national security”.113 Il giudice X’Xxxxxx riporta quindi l’esperienza militare al contesto dell’educazione universitaria:
the diffusion of knowledge and opportunity through public institutions of higher education must be accessible to all individuals regardless of race or ethnicity. […] Effective participation by members of all racial and ethnic groups in the civic life of our Nation is essential if the dream of one Nation, indivisible, is to be realized. 114
In particolare, nelle law schools vengono formati i leader del futuro: sono i laureati in giurisprudenza ad occupare le principali cariche statali, fra cui più della metà dei posti del Senato e più di un terzo della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti. È necessario che la strada verso questi incarichi sia aperta a “talented and qualified individuals of every race and ethnicity”:
All members of our heterogeneous society must have confidence in the openness and integrity of the educational institutions that provide this training. […] Access to legal education (and thus the legal profession) must be inclusive of talented and qualified individuals of every race and ethnicity, so that all members of our heterogeneous society may participate in the educational institutions that provide the training and education necessary to succeed in America.115
Nel giustificare la presenza di race conscious admission programs nella Michigan Law School la Corte non ritiene sufficienti le considerazioni di Xxxxxx, ma le estende ponendo l’attenzione sul ruolo delle università nella società americana e sulle buone conseguenze che derivano dal mantenimento della diversità nei campus. Il programma d’ammissione, quindi, deve essere considerato costituzionale, perché nel rispondere a questi fini considera la razza solo come un plus, proprio come richiesto da Xxxxxx in Xxxxx. Infine, la Corte afferma di sperare che fra 25 anni le classificazioni razziali non siano più necessarie per promuovere la diversità.116
3.2. Judicial deference to educational judgment e la libertà accademica
Nella majority opinion il giudice X’Xxxxxx, citando Xxxxxxx, afferma la necessità di applicare al caso lo strict scrutiny. Tuttavia, l’utilizzo da parte della Corte dello stesso è fortemente contestato nelle dissenting opinions in Grutter117 e da larga parte della
113 Xxxxxxx, p. 331
114 Ibidem
115 Ivi, p. 332
116 Ivi, p. 343
117 Si vedano soprattutto le dissenting opinions dei giudici Xxxxxxx (pp. 387-395) e Xxxxxx (pp. 349- 378)