ESTERA n. 10 • 2013
ESTERA n. 10 • 2013
• Aspetti ed elementi contrattuali
• Aspetti fiscali
• Imposte e tasse
• Doganale
• Societario
• Giurisprudenza
• Varie
• Quesiti
ESTERA
Rivista telematica mensile Registrata al Tribunale
di Padova n. 1466 del 23-05-2012
Direttore responsabile
Xxxxxx Xxxxx
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Xxxxxxxx Xxxxxx
Comitato scientifico Xxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxx Xxxxxxxx Xxxxx Xxxxxxx
Xxxxxxxxx Xxxxxx Xxxxxxx
Progetto grafico
Xxxx Xxxxxxxxx
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di abbonamento annuale
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Sistema fiscale bulgaro 2013, caratteristiche principali ........... Pag. 4
di Xxxxx Xxxxxxx
La territorialità ai fini IVA nelle prestazioni di trasporto nazio-
nale e internazionale .............................................................. » 9
di Xxxxxxxxx Xxxxx
Societario
Introduzione delle imprese italiane al mercato cinese ............ | ||
La società holding svedese ..................................................... |
di Xxxxxx Xxxxxxx di Xxxxx Xxxx
ASEAN e integrazione economica nel sud-est asiatico............ » 18
di Xxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxxxxxxx Xxxxxxxx
Piccole imprese statunitensi di eccellenza nei servizi alle im-
prese ...................................................................................... » 28
di Xxxxxxx Xxxxxxxxxx
Srl semplificata o Ltd inglese? Guida ragionata alla possibilità
da fare business ...................................................................... » 31
di Xxxxxxxxx Xxxxxx Xxxxxxx
Xxxxxxx & Xxxxxxxx.............................................................. » 33
SISTEMA FISCALE BULGARO 2013, CARATTERISTICHE PRINCIPALI
Moneta – Lev bulgaro (BGN).
Controllo di cambio – No, ma sono previsti alcuni obblighi di segnalazione.
Principi contabili/bilancio – nel territo- rio bulgaro si applica il sistema IFRS come norma di rendicontazione generale. Soltanto determinati tipi di società hanno la possibili- tà di applicare delle norme nazionali di ren- dicontazione finanziaria statuite specificata- mente per le piccole e medie imprese.
Principali forme societarie – società per azioni, società a responsabilità limitata, ditta individuale e succursale (filiale) di una so- cietà non residente.
Xxxxx Xxxxxxx esercita la professione di ragioniere commercialista in Nizza (Francia) e Londra (Regno Unito).
È specializzato in consulenza tributaria e societaria internazionale.
Si è sempre occupato di formazione professionale continua.
Ha insegnato economia e diritto alla Université Nice Xxxxxx Xxxxxxxxx (Iut – Stid), ha pubblicato libri per i tipi di IPSOA ed EBC, ha fondato e diretto la rivista – Professione
Sistema di tassazione delle società
Residenza – Tra le società residenti nel territorio bulgaro rientrano:
i le persone giuridiche di diritto bulgaro;
ii le società costituite ai sensi del regolamento CEE n. 2157/2001 e le società cooperative costituite ai sensi del regolamento del Consiglio
n. 1435/2003 (solo nel caso in cui la sede sociale si trovi in Bulgaria ovvero la cooperativa sia iscritta al registro delle società bulgare;
iii una filiale o una società succursale di una società straniera avente sta- bile organizzazione (Permanent Establishment PE) all’interno del ter- ritorio bulgaro.
Principi cardine – I soggetti residenti sono soggetti a tassazione sul red- dito globale; i soggetti non residenti invece sono tassati limitatamente all’attività esercitata in Bulgaria attraverso stabile organizzazione.
Reddito imponibile – Il reddito imponibile comprende gli utili realizzati secondo il conto profitti e perdite redatto ai fini fiscali.
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Tassazione dei dividendi – In materia di dividen- di percepiti da una società bulgara e provenienti da un’altra società bulgara non è prevista alcuna tassazione né a carico della società ricevente, né tantomeno a carico della società pagante.
Inoltre i dividendi ricevuti da parte di una socie- tà residente in uno stato membro dell’Unione Eu- ropea o dello Spazio Economico Europeo sono esclusi dal reddito imponibile.
Si segnala da ultimo che i dividendi non esenti sono invece tassati come parte del reddito impo- nibile complessivo.
Plusvalenze – Le plusvalenze sono incluse nel reddito imponibile e tassate secondo la norma- le aliquota da applicare al reddito delle società. Sono esenti da tassazione gli utili e le perdite de- rivanti da cessione di azioni quotate sia in Bulga- ria sia nelle borse ufficiali degli altri paesi mem- bri UE.
Perdite – Le perdite possono essere riportate in avanti agli esercizi successivi per un periodo mas- simo di 5 anni e compensate con gli utili futu- ri imponibili. Non è invece consentito il riporto all’indietro.
Aliquota – 10%
Soprattassa – Nessuna
Imposta minima alternativa – Nessuna
Crediti di imposta esteri – Xxx i crediti d’imposta sia le esenzioni possono applicarsi laddove risul- tino da eventuali trattati o convenzioni in materia fiscale sottoscritte dalla Bulgaria. Laddove inve- ce non fosse possibile applicare alcun trattato che preveda sgravi fiscali, la Bulgaria garantisce co- munque il credito di imposta sulla base di previ- sioni nazionali a carattere unilaterale.
Esenzione fiscale delle plusvalenze – Nessuna ad eccezione dei dividendi nazionali e di quelli ri- cevuti da parte di società residenti in uno stato membro dell’Unione Europea o dello Spazio Eco- nomico Europeo.
Regime delle società Holding – No, nessuna par- ticolare previsione.
Incentivi – Conformemente alle normative dell’U- nione Europea in Bulgaria sono previsti degli in- centivi fiscali di matrice nazionale per favorire gli investimenti e la creazione di nuovi posti di lavo- ro in regioni depresse.
Ritenuta d’acconto
Dividendi – Sui dividendi e proventi da liquida-
zione da corrispondere in favore di un soggetto non residente si applica generalmente una ritenu- ta pari al 5%, eccetto nel caso in cui sia possibile l’applicazione di trattati o convenzioni fiscali che prevedano una minore aliquota. Sono esenti da ritenuta d’acconto i dividendi e i proventi da li- quidazione corrisposti in favore di a una persona giuridica residente in uno Stato membro dell’U- nione Europea o dello Spazio Economico Euro- peo.
Interessi – Sugli interessi corrisposti in favore di un non residente si applica una ritenuta pari al 10%, ovvero di minore entità laddove sia possibi- le l’applicazione di trattati o convenzioni fiscali. In presenza di determinate condizioni, sugli inte- ressi corrisposti in favore di parti collegate all’U- nione Europea la ritenuta è del 5%.
Occorre inoltre evidenziare che a partire dal 1° gennaio 2015, la Bulgaria dovrà attuare in tut- te le sue previsioni la direttiva dell’Unione Euro- pea su interessi e royalties ed esentare da impo- sta gli interessi corrisposti in favore di una socie- tà consociata con sede in un altro stato membro dell’Unione Europea ovvero gli interessi versati in favore di una stabile organizzazione di una so- cietà consociate situata in un altro stato membro dell’Unione Europea. La Bulgaria detrae la ritenu- ta dall’importo lordo versato, in ogni caso i resi- denti dell’Unione Europea hanno la possibilità di recuperare parte della ritenuta versata sul reddito lordo annuale tramite rimborso.
Royalties – Royalties corrisposte in favore di un non residente sono soggette ad una ritenuta del 10%, eccetto che il tasso possa ridursi previa eventuale applicazione di un trattato o conven- zione fiscale più favorevole. In presenza di deter- minate condizioni, sugli interessi corrisposti in fa- vore di parti correlate all’Unione Europea la rite- nuta è del 5%.
Occorre inoltre evidenziare che a partire dal 1 ° gennaio 2015, la Bulgaria dovrà attuare in tutte le sue previsioni la direttiva dell’Unione Europea su interessi e royalties ed esentare da imposta gli in- teressi corrisposti in favore di una società conso- ciata con sede in un altro stato membro UE ovve- ro gli interessi versati in favore di una stabile or- ganizzazione (di una società consociate situata in un altro stato membro dell’Unione Europea. La Bulgaria detrae la ritenuta dall’importo lordo ver- sato, in ogni caso i residenti dell’Unione Europea hanno la possibilità di recuperare parte della ri- tenuta versata sul reddito lordo annuale tramite rimborso.
Costi di assistenza tecnica – Le spese per l’assi- stenza tecnica offerta (ovvero per l’installazione e l’assemblaggio delle immobilizzazioni, i servizi
di consulenza e ricerca di mercato) pagate ad un soggetto non residente sono passibili di una rite- nuta del 10%, a meno che l’aliquota possa ridur- si previa applicazione di un trattato o convenzio- ne in materia fiscale. La Bulgaria detrae la ritenu- ta dall’importo lordo versato, in ogni caso i resi- denti UE hanno la possibilità di recuperare par- te della ritenuta versata sul reddito lordo annuale tramite rimborso.
Imposta sulle rimesse delle filiali – Nessuna.
Altre imposte sulle società
Conferimenti – Nessun obbligo.
Imposta sui beni immobili – il proprietario di beni immobili è soggetto a una imposta immobiliare con aliquota che varia dallo 0,01% e lo 0,45% sul più alto valore lordo dell’immobile e sul va- lore fiscale del bene. L’aliquota viene determina- ta precisamente ogni anno a livello locale da cia- scun comune.
Previdenza sociale – I contributi previdenzia- li e assistenziali sono determinati nella misura del 30,70% – 31,40% (la parte spettante al dato- re di lavoro ammonta a 17,8% – 18,5%; mentre la percentuale spettante al lavoratore ammonta al 12,9%). I contributi sono calcolati sulla totalità del reddito, e non possono superare i 2.200 Lev Bulgari al mese. Sono inoltre previste delle soglie minime a seconda del tipo di lavoro e del tipo di settore aziendale.
Imposta di bollo – No.
Imposta di trasferimento – È prevista una imposta sul trasferimento da applicarsi sulla vendita o lo scambio di beni immobili o mobile registrati nel- la misura del 0,1% – 3%, percentuale specificata a livello locale da ciascun comune.
Altre segnalazioni – Sono previste delle imposte sulle spese (quali spese di rappresentanza, inden- nità extrasalariali, manutenzione, riparazione e utilizzo dei veicoli per scopi di gestione societa- ria). Occorre inoltre specificare che in Bulgaria i contratti assicurativi conclusi per la copertura da rischi sono soggetti a tassazione, quantificata nel- la misura del 2% del premio assicurativo. Tutta- via i contratti assicurativi indicati di seguito sono esenti dalla tassazione di cui sopra: contratti di ri- assicurazione, assicurazione sulla vita e assisten- za permanente da infortunio.
Previsioni contro l’evasione
Transfer pricing – In Bulgaria le norme sui prezzi di trasferimento sono generalmente conformi alle
linee guida dell’OCSE. Non è previsto alcun ob- bligo di documentazione, tuttavia alle autorità fi- scali è consentito fare richiesta di documentazio- ne del transfer pricing.
Segnaliamo da ultimo che laddove le transazioni coinvolgano soggetti non residenti, l’onere della prova incombe invece sul contribuente bulgaro.
Sotto capitalizzazione – Si applica un rapporto di 3:1 debito capitale sulla media annuale.
Per gli interessi passivi non deducibili è consenti- to il riporto in avanti negli esercizi successivi fino a un massimo di 5 anni.
Segnalazioni – Si applica la normativa generale in merito alle distribuzioni di utili “nascosti” su in- teressi passivi e spese sostenute per conto di soci. È inoltre prevista una ritenuta d’acconto nella mi- sura del 5% dei dividendi, oltre ad una sanzione nella misura del 20% sugli importi generati dalla distribuzione di utili “nascosti”.
Obblighi di comunicazione – Nessuno, tuttavia una società è tenuta a presentare, insieme con la dichiarazione dei redditi, una relazione annuale sulle proprie attività.
Gestione e Applicabilità
Anno fiscale – equivale all’anno civile.
Dichiarazione dei redditi consolidata – Non sono permesse dichiarazioni consolidate, ciascuna so- cietà dovrà presentare separatamente la propria dichiarazione dei redditi.
Requisiti per la dichiarazione – La dichiarazio- ne dei redditi e il pagamento finale della impo- sta vanno effettuati entro il 31 marzo dell’anno fiscale successivo. Le società devono effettuare pagamenti con un anticipo mensile o trimestrale dell’imposta, basandosi sull’imponibile dell’anno precedente o dei mesi precedenti.
Sanzioni – In caso di pagamenti tardivi dell’im- posta vengono applicati interessi moratori sugli importi non pagati, inoltre in determinate circo- stanze vengono applicate sanzioni di tipo ammi- nistrativo.
Regolamentazioni – In presenza di determinate condizioni possono ottenersi direttive non vinco- lanti.
Imposta sul reddito delle persone fisiche
Principi generali – I soggetti residenti vengono tassati in base al loro reddito mondiale, mentre i soggetti non residenti sono tassabili solo sul red- dito generato all’interno del territorio bulgaro.
Residenza – Un soggetto viene definito residente nel momento in cui:
a) detiene un indirizzo permanente in Bulgaria e risiede nel territorio Bulgaro per più di 183 giorni nell’arco di un periodo di 12 mesi o vive all’estero ma lavora per lo stato bulgaro, per una organizzazione statale bulgara o una so- cietà bulgara;
b) il maggiore centro di interessi si trovi all’inter- no dello stato bulgaro. Coloro invece che de- tengono un indirizzo stabile in Bulgaria ma il cui centro principale di interessi si trova fuori dallo stato Bulgaro non sono considerati resi- denti in Bulgaria ai fini fiscali.
Dichiarazione dei redditi – Ogni individuo deve depositare la propria personale dichiarazione dei redditi non è infatti consentito alcun tipo di di- chiarazione congiunta.
Reddito imponibile – Il reddito imponibile inclu- de il reddito da lavoro, redditi derivanti da attività commerciali o professionali, le plusvalenze, ca- noni da locazione, ecc.
Plusvalenze – In via generale le plusvalenze gene- rate dalla vendita di beni immobili sono tassabi- li (Occorre tuttavia segnalare che è possibile ap- plicare esenzioni in presenza di determinate cir- costanze).
Deduzioni e indennità– A seconda della tipologia di reddito, sono disponibili deduzioni o indennità nel computo del reddito imponibile.
Aliquota – 10%.
Altre imposte sul reddito delle persone fisiche
Conferimenti – Nessuno.
Imposta di bollo – No.
Beni mobili imposta sulle donazioni e successio- ni – No.
Imposta sui beni immobili – È prevista una impo- sta annuale sugli immobili a carico del proprie- tario del bene nella misura dello 0,01% – 0,45% del valore fiscale dell’immobile.
Imposta su donazioni e successioni di beni im- mobili – L’imposta di successione è riscossa nel- la misura dello 0,4% – 6,6% a seconda della rela- zione del beneficiario L’aliquota è determinata a livello locale da ciascun comune.
L’imposta sulle donazioni immobiliari oscilla tra lo 0.4% e il 6.6% del valore del bene immobile
xxxxxx, a seconda del tipo di relazione sottesa tra donante e xxxxxxxxx. L’aliquota è determinata a li- vello locale da ciascun comune.
Imposta sulla ricchezza netta/patrimonio netto
– No.
Previdenza sociale – I contributi previdenziali e assistenziali sono determinati nella misura dello 30.7%-31.4% (al datore di lavoro spetta il 17.8%- 18.5%, al lavoratore il 12.9%). I contributi sono calcolati sulla totalità del reddito e non possono superare i 2.200 Lev Bulgari al mese. Sono inoltre previste delle soglie minime a seconda del tipo di lavoro e del tipo di settore aziendale.
Gestione e applicabilità
Anno fiscale – equivale all’anno solare.
Dichiarazioni e pagamenti – Il reddito da lavoro dipendente è tassato attraverso il sistema della ri- tenuta alla fonte; in via generale un soggetto che nell’arco dell’anno riceve solo lo stipendio da la- voro dipendente non è tenuto a presentare alcu- na dichiarazione dei redditi annuale, considera- to che l’imposta pagata in anticipo corrisponde all’imposta annuale dovuta.
In tutti gli altri casi ogni soggetto è tenuto a pre- sentare una dichiarazione annuale dei redditi en- tro il 30 aprile dell’anno fiscale successivo.
Sanzioni – In caso di pagamenti tardivi dell’im- posta vengono applicati interessi moratori sugli importi non pagati, inoltre in determinate circo- stanze vengono applicate sanzioni di tipo ammi- nistrativo.
Imposta sul Valore aggiunto:
Operazioni tassabili – La base imponibile IVA è costituita dal prezzo della merce o del corrispetti- vo della prestazione del servizio.
Aliquota – L’aliquota ordinaria ammonta al 20%, è prevista una aliquota ridotta pari al 9% per i ser- vizi di natura alberghiera. Sono esenti da IVA le esportazioni e le cessioni intracomunitarie.
Registrazione – Ai fini IVA la registrazione è ob- bligatoria per tutti i soggetti aventi un fatturato im- ponibile superiore a 50.000 Lev bulgari rispetto alle prestazioni imponibili effettuate nei 12 mesi precedenti all’interno del territorio bulgaro.
Occorre inoltre segnalare che è prevista registra- zione obbligatoria anche in caso di servizi rice- vuti in Bulgaria effettuati da un contribuente che non risiede nel territorio bulgaro.
Altre soglie di registrazione obbligatoria sono:
a) 20.000 Lev bulgari per gli acquisti intracomu- nitari;
b) 70.000 Lev bulgari per la vendita a distan- za laddove il luogo della prestazione coincide con il territorio bulgaro.
La registrazione può essere fatta anche su base vo- lontaria, indipendentemente dal volume del fattu- rato. Si evidenzia da ultimo che una società non residente che effettua operazioni in Bulgaria im- ponibili ai fini IVA è tenuta a registrarsi nel territo- rio bulgaro tramite un rappresentante accreditato. L’obbligo di registrazione tuttavia non si applica per le società che per fini IVA sono già registrate in uno stato membro UE.
Dichiarazioni e pagamenti – Il periodo fiscale IVA
corrisponde al mese solare; pertanto le dichiara- zioni XXX xxxxxxxx presentate mensilmente entro il 14° giorno del mese successivo.
Fonti di diritto tributario – legge sui redditi del- le società, legge sui redditi delle persone fisiche, Legge sull’IVA, Codice di previdenza sociale, Legge di assicurazione contro gli infortuni, leg- ge locale su imposte e costi, legge di imposta sui premi assicurativi.
Trattati e convenzioni fiscali – la Bulgaria ha sot- toscritto più di 60 convenzioni e trattati di natu- ra fiscale.
LA TERRITORIALITÀ AI FINI IVA NELLE PRESTAZIONI DI TRASPORTO NAZIONALE E INTERNAZIONALE
L’IVA, attraverso un sistema basato sull’istitu- to della rivalsa e su quello della detrazione, come noto è un’imposta che colpisce l’in- cremento del valore di un bene nelle singo- le fasi di produzione e di commercio, fino ad incidere poi sul consumatore finale, su cui pesa in definitiva l’onere del tributo. L’impo- sta sul valore aggiunto riguarda infatti quei soggetti che operano nell’esercizio d’impre- sa, arti e professioni (c.d. contribuenti di di- ritto), i quali detraggono l’imposta corrispo- sta nell’esercizio della loro attività trasferen- dola sugli acquirenti o sui committenti, fino a che il bene o il servizio non pervengono al consumatore (contribuente di fatto), il quale paga l’intero carico tributario e chiude, così, il ciclo dell’imposta.
Xxxxxxxxx Xxxxx
Iscritta all’Albo degli Avvocati di Bologna.
Formazione presso City University of London: “Contract law and Civile procedure in England and Wales”; master degree in legge conseguito a pieni voti presso l’Università degli Studi di Bologna; bachelor degree in legge conseguito a pieni voti presso Università degli Studi di Bologna.
Aree di competenza: Transport law; Insurance law; Aviation and Shipping law; Civil litigation; Insolvency.
Tre sono i presupposti che devono essere soddisfatti perché un’operazio- ne rientri nella disciplina Iva: deve trattarsi di operazioni svolte nell’eser- cizio di attività di impresa o nell’esercizio di arti e professioni (presup- posto soggettivo) aventi ad oggetto cessioni di beni o prestazioni di ser- vizi (presupposto oggettivo) effettuate all’interno del territorio dello Stato (presupposto territoriale). Da questo deriva dunque che un’operazione è rilevante ai fini Iva solo se possiede, insieme agli altri requisiti, anche quello della territorialità. Non basta infatti che i soggetti passivi d’impo- sta (imprenditori e professionisti) pongano in essere cessioni di beni o prestazioni di servizi, è anche indispensabile che le cessioni o le presta- zioni siano effettuate nel territorio dello Stato. Si precisa inoltre che per territorio dello Stato italiano, ai sensi dell’art. 7, comma 1, lett. A) del decreto Iva, si intende il territorio della Repubblica italiana, con esclu- sione dei comuni di Livigno e di Campione d’Italia e delle acque italia- ne del lago di Lugano.
Chiariti tali aspetti di natura generale, si evidenzia che risulta piuttosto agevole l’individuazione del requisito territoriale nell’ambito della ces- sione dei beni, rientrando nella disciplina Iva tutti quei beni oggetto di
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ASPETTI FISCALI
cessione che si trovano fisicamente nel territorio italiano.
Quanto alle prestazioni di servizi, nel cui ambito rientrano i contratti di trasporto, l’individuazione dell’elemento territoriale ai fini dell’assoggetta- mento ad imposta appare invece più complesso.
A prescindere infatti dalla tipologia del trasporto, nazionale, comunitario o extracomunitario, l’art. 7-ter del Decreto Iva (come modificato dall’art. 1, comma 1, lett c) del d.lgs. 11 febbraio 2010, n. 18 introdotto a seguito del recepimento delle pre- visioni della Direttiva 2008/8/CE, c.d. “Direttiva Servizi”) distingue tra due ipotesi: il caso in cui il committente è un soggetto passivo (c.d. rappor- to “Business to Business”); ovvero quando il com- mittente è un soggetto privato non esercente atti- vità di impresa, arte o professione (c.d. rapporto “Business to Consumer”).
In relazione alla prima fattispecie, la normativa di recepimento della direttiva UE individua l’e- lemento territoriale nel luogo in cui è stabilito il committente (c.d. “tassazione a destinazione”), a prescindere quindi dalla tipologia di trasporto. Ciò comporta che le prestazioni di trasporto sono rilevanti ai fini Iva quando il committente sia un soggetto passivo stabilito in Italia, a nulla rilevan- do il luogo di esecuzione del trasporto stesso.
Pertanto un trasporto internazionale di beni – an- che eseguito integramente al di fuori del territo- rio italiano – reso a un soggetto passivo stabilito in Italia è territorialmente rilevante ai fini Iva. Ad esempio un trasporto di beni da Berlino a Barcel-
lona, come da Bologna a Londra ovvero da Gi- nevra a New York sarà sempre rilevante ai fini Iva quando il committente del trasporto è un soggetto passivo stabilito nel territorio italiano.
Al contrario occorre precisare che l’applicazione della regola generale comporta che tutti i traspor- ti effettuati (anche totalmente) nel territorio nazio- nale in favore di soggetti passivi non residenti in Italia non sono soggetti ad Iva per mancanza del requisito territoriale.
Passando invece alla seconda ipotesi delineata all’art. 7-ter del decreto Iva, ovvero al caso in cui il trasporto venga reso in favore di un soggetto privato (c.d. Business to Consumer”), il sistema applicato è quello della “tassazione all’origine”, per cui la rilevanza territoriale ai fini Iva coinci- de con il luogo in cui è stabilito il prestatore. Sa- ranno quindi soggette ad Iva tutte le prestazioni di trasporto nazionale e internazionale quando il servizio sia reso a un soggetto privato e il presta- tore del trasporto abbia la propria sede in Italia.
Si segnala da ultimo che, ai sensi dell’art. 9, com- ma 1, n. 2 del Decreto Iva, sono non imponibili i trasporti di beni in esportazione, in transito o in importazione temporanea, nonché i trasporti rela- tivi a beni importati limitatamente al trasporto as- soggettato ad Iva in dogana.
Al di fuori dei casi previsti dalle disposizioni so- pra esaminate, il trasporto di merci territorialmen- te rilevante in Italia è normalmente assoggettato ad Iva con applicazione dell’aliquota ordinaria.
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INTRODUZIONE DELLE IMPRESE ITALIANE AL MERCATO CINESE
dovrà confrontarsi dopo il suo arrivo in Cina.
re gli altri aspetti con cui l’impresa straniera
rischi ad esso connessi passiamo a valuta-
ti i caratteri peculiari del mercato cinese e i
Esposte le fondamentali premesse riguardan-
Xxxxxx Xxxxxxx, è avvocato civilista forense e civilista d’impresa, iscritta all’albo dell’Ordine degli Avvocati di Pisa dal 1992.
Ha conseguito nel 2009 un master in Economia Aziendale all’Università di
Pisa in Management for Family Business – MAFAB.
É stata promotrice e responsabile scientifico per l’ODA di Pisa del Corso di alta specializzazione “Avvocato per l’impresa”, presso la Scuola di Studi Superiori Sant’Xxxx di Pisa 2003.
È arbitro presso le Camere di Commercio di Pisa e Firenze. È specializzata in diritto commerciale e fallimentare cinese, in diritto musulmano e dei Paesi Islamici, in arbitrato societario e internazionale.
1. Forme di investimento e normativa societaria/Ufficio di rappresentanza e Branch
L’imprenditore straniero prima di affrontare con le sue migliori forze e potenzialità il mercato cinese può cautamente approdare in Cina costi- tuendo all’inizio un proprio Ufficio di rappresentanza. Non è una so- cietà ma soltanto un ufficio che svolge attività di promozione e sviluppo in territorio cinese per conto della casa madre. L’ufficio di rappresentan- za non è dotato di personalità giuridica e non può svolgere attività com- merciali dirette (unica eccezione sono gli uffici di consulenza che pos- sono concludere contratti anche in nome proprio e possono fatturare). All’Ufficio di rappresentanza hanno fatto ricorso molte aziende perché rappresenta una scelta prudente, di veloce avviamento e con costi limi- tati, il rovescio della medaglia è rappresentato dalla limitata capacità operativa a fronte di un costo reale per l’azienda. Ultimamente le Autori- tà hanno cercato di limitare queste forme di presenza straniera che a vol- te fraudolentemente hanno nascosto vere e proprie attività commerciali, tuttavia la scelta dell’ufficio di rappresentanza può rimanere una forma ancora valida di primo approccio al mercato cinese. In verità la Com- pany Law prevede anche la possibilità per l’investitore straniero di co- stituire una sede secondaria o Branch. Anche la sede secondaria come l’Ufficio di rappresentanza non ha personalità giuridica ma a differenza di quest’ultimo può svolgere attività commerciali ed emette fatture. Nel- la realtà però la sede secondaria come possibilità non ha trovato molto seguito e ad oggi sono poche le branch presenti in Cina
L’investitore straniero, con o senza una preventiva esperienza di ufficio di rappresentanza, potrà poi sviluppare la propria presenza in Cina at- traverso una maggiore ‘strutturazione’ della propria attività e del proprio investimento. La normativa societaria cinese e gli adempimenti burocra- tici richiesti per la creazione di una propria società residente in Cina non sono semplici: le società a capitale straniero, genericamente indicate come FIE (Foreign Invested Enterprises), sono regolate da leggi speciali ma qualora esse non prevedano è la Company Law a disciplinare quanto esse non prevedono. La Company Law è del 1993, modificata nel 1999, nel 0000 x xxx 0000, xxxxxxx xx xxxxxx dal 1° gennaio 2006 e contiene la disciplina delle società di capitali cinesi in Cina. Tale normativa ri-
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sulta quindi importante riguardo agli investimenti stranieri poiché funge da normativa di integrazio- ne a quella speciale delle FIE. Le forme societa- rie previste dalla legge cinese per le società cine- si (cioè società costituite tra operatori economici cinesi in cui il capitale è detenuto solo da cinesi) sono: 1) Limited Liability Company (LLC): società a responsabilità limitata che risponde delle obbli- gazioni sociali unicamente con il suo patrimonio;
2) One-Person Limited Liability Company: società a responsabilità limitata con socio unico; 3) Joint Stock Limited Company: la società per azioni. Tornando agli investimenti esteri possiamo dire che l’imprenditore straniero può sviluppare la propria presenza in Cina in vario modo: la leg- ge sugli investimenti stranieri permette di utiliz- zare allo scopo diversi tipi di società, ad oggi però le forme più utilizzate sono: la joint ventu- re JV (nelle forme equity joint venture/contractual joint venture/pure contractual joint venture/impure joint venture o cooperative joint venture) e la whol- ly foreign owned enterprise WFOE (nelle forme wholly foreign owned enterprise WFOE/wholly foreign owned trading company FTC/foreign in- vested commercial enterprise FICE).
La Joint Venture – JV è una società di diritto cine- se, strumento attraverso il quale società, enti eco- nomici stranieri o persone fisiche straniere realiz- zano un investimento insieme a società, impre- se e altri enti economici cinesi. La Sino-Foreign Equity Joint Venture Law del 1979 (modificata nel 2001) esclude la possibilità che il partner loca- le sia una persona fisica. In genere si tratta di un apporto da parte dell’investitore straniero di tec- nologie e capitali mentre il partner locale garan- tisce l’uso di terreni o può mettere a disposizio- ne la sua assistenza sul mercato cinese. Da no- tare che in alcuni settori strategici non è ammes- so l’investimento totalmente straniero, in questo caso la partecipazione del partner locale è neces- saria. In particolare la Equity JV deve essere co- stituita in forma di società a responsabilità limi- tata (LLC) con creazione di una persona giuridica autonoma rispetto ai soci. La Cooperative JV può nascere dall’accordo per una partnership tempo- ranea senza la creazione di una persona giuridica oppure nella forma di una vera e propria società a responsabilità limitata (LLC). La EJV e la CJV co- stituite come società di capitali rispondono del- le obbligazioni sociali solo con il loro patrimo- nio e ad esse si applica la Company Law. Riguar- do al capitale minimo richiesto la normativa cine- se prescrive valori del capitale sociale minimo di- versi a seconda della forma societaria prescelta: 30mila RMB per la LLC (società a responsabilità limitata), 100mila RMB nella forma unipersonale, 5 milioni di RMB per le Joint Stock Company. Tut- tavia il capitale minimo richiesto è soltanto pro- forma quasi teorico in quanto le autorità locali e
quelle centrali approvano con ampia discreziona- lità i progetti di investimento. In particolare il ca- pitale minimo per la JV dipende dal tipo di pro- getto presentato non rispetto a un valore minimo predefinito ma rispetto all’effettivo fabbisogno di cassa necessario ad assicurare la corretta realiz- zazione di quel determinato investimento.
È necessario far riferimento a un aspetto impor- tante che riguarda le JV (ma in generale anche ogni società cinese) ci riferiamo al fatto che la ti- tolarità della maggioranza del capitale di per sé non assicura il controllo della joint venture. I fat- tori che concorrono a questo risultato sono diver- si: le JV in genere non hanno l’organo dell’assem- blea dei soci; le delibere del consiglio di ammi- nistrazione (che rispecchia la titolarità del capita- le tra i soci) non sono direttamente esecutive ma hanno necessità di essere attuate attraverso l’at- tività del legale rappresentante; quest’ultimo ha il potere di rappresentare la joint venture e assu- mere obbligazioni per conto della stessa anche in mancanza di un espresso conferimento di po- xxxx da parte dei soci o del consiglio di ammini- strazione. Infine eventuali limitazioni apposte al legale rappresentante non sono opponibili ai ter- zi. Considerando che il legale rappresentante del- la JV (ma così in ogni società di diritto cinese) può essere l’espressione della minoranza si capi- sce come la normativa cinese in materia di per sé non garantisce il controllo all’imprenditore stra- niero che ha il pacchetto di maggioranza. L’unico modo per ovviare a questo è realizzare un buon enforcement contrattuale attraverso le previsioni in contratto e in statuto che dovranno disciplinare dettagliatamente tutti questi aspetti (governance compresa) senza disdegnare di prevedere anche aspetti molto pratici. Quanto sia utile tenere in considerazione e disciplinare in contratto aspet- ti del tutto pratici ce lo conferma questo ulteriore problema poco conosciuto ma molto importan- te: I TIMBRI SOCIALI. In Cina la società commercia- le deve avere i ‘timbri sociali’, alcuni sono obbli- gatori (timbro della società/timbro finanziario per i prelievi bancari/timbro per le fatture/timbro per le dogane) altri sono solo facoltativi (timbro dei contratti sociali/timbro del legale rappresentante sociale). Avere il possesso di questi timbri risulta fondamentale perché chi possiede materialmen- te i timbri sociali ha il controllo di fatto della so- cietà. I timbri sociali sono la società e l’uso di essi rappresenta l’espressione della volontà sociale e quindi i documenti in cui è stato apposto un tim- bro sociale vincolano irrimediabilmente la socie- tà. Si tratta di una presunzione non superabile ed eventuali limitazioni contrattuali all’uso dei tim- bri non saranno opponibili ai terzi. Per un occi- dentale queste sono cose incredibili ma è così. La prassi sembra indicare che buona cosa sia riusci- re ad ottenere che i timbri sociali siano gestiti da
uno studio di professionisti vincolati con specifi- co mandato dall’investitore estero.
Con il passare del tempo e con la possibilità di va- rie forme di investimento il ricorso alla JV è dimi- nuito, gli investitori stranieri hanno preferito uti- lizzare la forma della wholly foreign owned en- terprise WFOE per evitare appunto le possibili difficoltà nell’operare con un partner locale.
La wholly foreign owned enterprise WFOE è una società di capitali di diritto cinese a responsa- bilità limitata in cui l’intero capitale è detenu- to dall’investitore straniero, ma non solo, a diffe- renza di altre forme di investimento gli ammini- stratori possono essere anche tutti stranieri sen- za la presenza di cinesi. Come già detto però in alcuni settori non è consentito alle imprese stra- niere di investire nella forma della WFOE, per- tanto prima di decidere la forma dell’investimen- to è necessario verificare il Catalogue for the Gui- dance of Foreign Investment Industries che elenca i settori industriali nei quali gli investimenti stra- nieri sono incoraggiati, ristretti o proibiti. In alcu- ni casi, infatti, risulta possibile investire solo nel- la forma della Joint Venture cioè è necessario il partner locale. Nelle WFOE sono possibili confe- rimenti in danaro; beni immateriali; beni in natu- ra e diritti d’uso sui terreni, sono esclusi i confe- rimenti di prestazioni d’opera e di servizi. I con- ferimenti in danaro non devono essere inferio- ri al 30% del valore del capitale sociale. Riguar- do al capitale minimo richiesto la normativa ci- nese prevede particolari regolamentazioni e pre- scrive diversi valori del capitale sociale minimo a seconda della forma societaria assunta. Anche per la WFOE il limite previsto per il capitale regi- strato è di 30mila RMB per una WFOE costituita nella forma di Limited Liability Company (LLC), è invece di 100mila RMB per la WFOE nella for- ma di One-Person Limited Liability Company (One-Person LLC), questi valori sono fissati sen- za distinzione per tutti i settori, salvo che la leg- ge o regolamenti amministrativi stabiliscano di- versamente. Se una WFOE è costituita nella for- ma di Joint Stock Company la legge cinese pre- scrive un capitale sociale minimo di 5 milioni di RMB. Dal 2006 è stata abolita la differenza tra il capitale minimo richiesto alle Joint Stock Com- pany a totale capitale straniero e quello richiesto alle Joint Stock Company locali. Solo per alcuni settori (bancario, finanziario, assicurativo) è stato incrementato il capitale minimo delle Joint Stock Company partecipate da investitori stranieri. Si ri- corda che la Company Law per quanto riguarda il minimo di capitale sociale richiesto per le WFOE (a responsabilità limitata e nella forma di s.p.a) fa salva la prevalenza di regole locali o distrettuali. Al di là delle previsioni però il capitale minimo richiesto deve intendersi come teorico poiché le Autorità approvano con discrezionalità i progetti
di investimento che non valutano rispetto ai valori minimi predefiniti ma più concretamente rispetto all’effettiva presenza di ‘patrimonialità’ idonea a realizzare quel determinato progetto.
Negli ultimi anni la WFOE è diventata la forma di investimento preferita dagli investitori. Il nume- ro delle WFOE è superiore a quello delle JV e gli investitori stranieri tendono a preferire la WFOE per evitare, come già detto, le possibili difficol- tà con il partner locale. A ciò si aggiunge che la Cina ha progressivamente reso più permissiva la normativa per l’ingresso degli investitori stranie- ri. Dal 2000 questa forma di investimento è sta- ta resa più attraente perché sono state elimina- te molte restrizioni: è stato infatti consentito alle WFOE di produrre sempre più per il mercato in- terno (è stato eliminato l’obbligo di esportare la maggior parte dei prodotti); di acquistare le mate- rie prime sia sul mercato interno sia su quello in- ternazionale; di effettuare transazioni internazio- nali senza essere sottoposti alla previa autorizza- zione governativa.
Senza dubbio la WFOE rispetto all’EJV ha dei net- ti vantaggi per l’imprenditore straniero: la costitu- zione di una JV, oltre alla difficoltà di dover repe- rire un adeguato partner locale, prevede più pas- saggi di formalità rispetto a quelli necessari per la costituzione di una WFOE, quindi quest’ulti- ma vanta una maggiore semplicità di forme, a ciò deve aggiungersi che la WFOE, stante la mancan- za di un partner cinese, permette un’autonomia decisionale non praticabile nella JV. Se si conside- ra che la normativa societaria cinese prevede de- cisioni da assumersi all’unanimità questa autono- mia e libertà decisionale non è poca cosa. Xxxxx- xxxxx inoltre all’imprenditore italiano che know how e tecnologia nella WFOE sono senz’altro al sicuro permettendone un controllo senza ‘sorpre- se’, nella JV invece ci potrebbero essere trasferi- menti (non condivisi) ad altre aziende cinesi.
2. Investimento e placet dell’Autorità all’insediamento in territorio cinese
Da quanto fino ad ora esposto risulta chiaro che se si investe in Cina, per produrre, vendere, ac- quistare e distribuire, è necessario che l’impegno economico sia adeguato alla sfida del mercato. Sarebbe sbagliato un approccio sottodimensio- nato e secondo una logica di risparmio. Se un’a- zienda decide di operare in Cina deve farlo met- tendo questo paese al centro della propria stra- tegia aziendale, riservandogli risorse economiche adeguate e le migliori professionalità. Intendiamo qui dedicare a parte un discorso che fino a que- sto momento è stato solo accennato: la discrezio- nalità dell’Autorità statale nell’approvazione del progetto di investimento straniero. L’Ente gover- nativo cinese valuterà la documentazione fornita
dall’imprenditore straniero con criterio del tut- to discrezionale. Essa infatti non ha l’obbligo di giustificare su basi oggettive e documentali il mancato accoglimento delle domande. L’Auto- xxxx amministrativa valuterà non già in riferimen- to ai minimi legali di capitale previsti dalla leg- ge ma guarderà piuttosto alla portata dell’inve- stimento complessivo in rapporto alla realizza- zione dell’oggetto/progetto sociale indicato nello statuto. Il capitale registrato dalla WFOE dipen- derà quindi dal tipo di progetto e verrà valutato non rispetto a un valore minimo predefinito ma in considerazione dell’effettivo fabbisogno di cassa necessario ad assicurare la corretta realizzazione di quel determinato investimento nonché l’opera- tività del business fino al raggiungimento del pun- to di pareggio. Sarà quindi importante la pianifi- cazione preventiva dell’investimento complessi-
vo il cui valore andrà ad incidere sia sull’ammon- tare del capitale registrato sia sull’ammontare del- le possibilità di indebitamento successivo che la società potrà permettersi. Secondo il regolamento riguardante il rapporto proporzionale tra capita- le registrato e ammontare dell’investimento totale per le società investite dagli stranieri, pubblicato dalla SAIC nel 1987 (Measures concerning ratio registered capital to total investment of joint ven- ture enterprises), la percentuale deve essere ade- guata alla tabella seguente:
Investimento totale Capitale registrato/Investi- mento totale
Meno di 3 milioni USD almeno i 7/10;
Tra 3 e 10 milioni USD (inclusi) almeno 1/2; Tra 10 e 30 USD milioni (inclusi) almeno i 2/5; Oltre 30 milioni USD almeno 1/3.
LA SOCIETÀ HOLDING SVEDESE
Panoramica generale
Definizione
La società holding Svedese è una società sog- getta al regime fiscale ordinario del paese, e quindi anche alle norme previste dagli ac- cordi contro la doppia imposizione e dalle direttive comunitarie in materia di dividendi. Pur essendo la Svezia generalmente consi- derato un paese ad alta imposizione fisca- le, a partire dal 2003, per quelle società Hol- ding che detengono partecipazioni definite come industriali, è stato introdotto un parti- colare e favorevole regime di tassazione per i dividendi ricevuti dalle sussidiarie e per le plusvalenze da cessione di quote azionarie. Il regime fiscale svedese offre vantaggi quali:
- Tassazione nulla sui dividenti da partecipa- zioni industriali in società sussidiarie;
- Tassazione nulla sulle plusvalenze realizzate dalla cessione di partecipazioni industriali;
- Nessuna trattenuta alla fonte su dividendi da partecipazioni in società Svedesi.
Xxxxx Xxxx, business advisor at Ascheri & Partners London xxxxx.xxxx@xxxxxxx.xx.xx
Forme giuridiche
Una holding Svedese può essere costituita nella forma di società per azioni, “aktiebolag” (AB).
Costituzione
Il capitale sociale deve essere interamente versato al momento della co- stituzione della società, e non può essere inferiore a 100,000 corone svedesi.
Una società costituita come “AB” può avere azioni al portatore.
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Fiscalità
Una società è considerata fiscalmente residente se costituita secondo le norme dettate dallo Swe- dish Companies Act.
Apartiredal 1 gennaio 2013, lesocietà Holding Sve- desi sono tassate all’aliquota ordinaria del 22% sul reddito complessivo conseguito su base mondiale. La precedente aliquota era del 26.3%.
La correzione è un’ulteriore conferma del recen- te trend europeo che sta portando ad un generale abbassamento e semplificazione dell’imposizio- ne fiscale sui redditi d’impresa.
Il Regno Unito ha ad esempio recentemente in- trodotto un’aliquota unica del 20%, che entrerà in vigore a decorrere dal 2015.
I dividendi percepiti e le plusvalenze sono gene- ralmente tassati all’aliquota del 22%, con la pos- sibilità tuttavia di beneficiare di uno sgravio to- tale, nel caso derivino da partecipazioni indu- striali in altre società (cosiddetta “Partecipation exemption”).
Redditi
L’imposta sui redditi delle società si applica agli utili conseguiti su base mondiale, ed è calcolato sulla base dei valori a bilancio, redatto in termini di competenza.
Esenzioni applicate ai dividendi (“Partecipation exemption”)
Sono esenti da imposizione fiscale i dividendi ri- cevuti per azioni possedute a titolo d’investimen- to industriale.
Rientrano in questa categoria le azioni classificate come immobilizzazioni finanziarie.
Le partecipazioni in aziende non quotate sono sempre considerate quali investimenti industriali, e quindi godono dei relativi sgravi.
Nel caso di partecipazioni in aziende quotate, la Holding deve possedere almeno il 10% dei diritti di voto nella società sussidiaria, oppure deve pro- vare che la partecipazione ha carattere strategico e necessario per lo svolgimento dell’attività delle casa madre.
La partecipazione deve essere inoltre detenuta per un periodo di almeno 12 mesi, in caso contra- rio il reddito derivante dalla partecipazione sarà tassato all’aliquota ordinaria.
Le medesime norme si applicano anche nel caso di partecipazioni in società estere, a condizio- ne che si tratti di entità giuridiche equiparabili ad una società a responsabilità limitata Svedese, e che siano soggette ad un livello di tassazione si- mile a quello Svedese.
Si applicano alcune norme antielusive CFC (“Con- trolled Foreign Company”), che possono poten- zialmente riportare sotto tassazione Svedese an-
che i redditi delle controllate estere, se l’aliquota estera è inferiore al 12.1% (55% dell’aliquota or- dinaria del 22%).
Nel caso di partecipazioni in società estere euro- pee, è sufficiente che sia rispettata la condizione del possesso di almeno del 10% del capitale so- ciale, e che la forma giuridica della società parte- cipata rientri tra quelle previste dalla Direttiva Eu- ropea applicabile alle società Madri-Figlie.
Esenzioni applicabili alle plusvalenze capitali
Le plusvalenze capitali generate dalla vendita di azioni sono esenti da imposte, ove siano soddi- sfatte le stesse condizioni applicabili ai dividendi.
Interesse e Royalties
Non vi è alcuna ritenuta alla fonte sul pagamen- to di interessi.
Allo stesso modo sebbene non vi sia alcuna rite- nuta sul pagamento di royalties, secondo la nor- mativa Svedese in questo caso si individua la for- mazione di una stabile organizzazione per la so- cietà estera, ed i suoi profitti sono quindi soggetti a tassazione locale.
Imposta si registro
I trasferimenti di immobili sono soggetti ad una imposta di registro ad aliquota del 4.25% nel caso in cui il compratore sia una entità giuridica.
Tassa di proprietà
Tutti gli immobili sono soggetti ad una tassa an- nuale compresa tra lo 0.2% ed il 2.8%, calco- lata sul valore dell’immobile come determinato dall’Agenzia delle Entrate.
Alcuni vantaggi della Società Holding Svedese
Oltre ai comuni vantaggi derivanti dall’utilizzo di una holding, le Holding Svedesi godono di queste ulteriori esenzioni:
Esenzione dalla ritenuta alla fonte sul pagamento di dividendi
È prevista una ritenuta alla fonte all’aliquota del 30% per i dividendi pagati a società estere.
Tuttavia i dividendi distribuiti da società holding svedesi sono esenti da ritenuta alla fonte se sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
- Si tratta di partecipazioni industriali;
- Il beneficiario è soggetto a imposta sul reddito ad aliquota minima del 12.1%;
- Il beneficiario detiene almeno il 25% del capi- tale sociale della società svedese.
Se il beneficiario risiede in uno dei Paesi che fanno parte della “White List”, si considera al- lora che le precedenti condizioni siano soddi- sfatte.
Informazioni chiave – Svezia
Inoltre si applicano sia le norme previste dalla Partecipation exemption ove ne siano rispettate le condizioni, sia quanto previsto dalla Direttiva Eu- ropea applicabile alle società Madri-Figlie.
Costituzione | |
Forma giuridica: | Società per azioni (AB) |
Capitale minimo sottoscritto: | 100.000 SEK |
Capitale minimo interamente versato: | 100.000 SEK |
Numero di soci: | 1 |
Tipo di azioni: | Nominative o al portatore |
Requisiti di sostanza: | Nessuno |
Tassazione | |
Imposta sui conferimenti: | 1% |
Imposta sul patrimonio: | 0% |
Imposta sul reddito della società: | 22% |
Convenzioni contro la doppia imposizione: | 78 |
Esenzione sui dividendi: | 100% |
Esenzione sulle plusvalenze: | Sì |
Requisiti della Holding: | 25% del capitale della partecipata |
Credito di imposta: | Sì |
Compensazione delle perdite: | riporto in avanti sugli esercizi successivi |
Tassazione delle società controllate straniere | Si |
Rapporto debiti/capitale: | No |
Ritenute alla fonte | |
Dividendi: | Società madre europea Co- 0% Paesi con cui sono stati stipulati accordi fiscali- 0%-30% Altri- 30% |
Interessi: | 0% |
Royalties: | 0% |
Liquidazione: | Nessuna |
ASEAN E INTEGRAZIONE ECONOMICA NEL SUD-EST ASIATICO
Al summit ASEAN di Bali nel 2003, i leader dei Paesi membri hanno deciso di integrare le proprie economie entro il 2020 e creare una Comunità Economica dell’ASEAN (ASEAN Economic Community, AEC) con il documen- to Bali Concord II. Obiettivo dell’AEC è la cre- azione di una base produttiva e un merca- to unico dove sia garantito un libero flusso di beni, servizi, investimenti, capitali e lavoro specializzato. L’integrazione economica po- trebbe fornire i mezzi per rivitalizzare le eco- nomie ASEAN. I Paesi membri infatti si trova- no oggi a livelli differenti di sviluppo econo- mico e questa diversità potrebbe risultare un vantaggio per massimizzare le complementa- xxxx fra i suddetti Stati. Un mercato integrato e una base produttiva unica incrementereb- bero chiaramente il commercio intra-regiona- le e il flusso di investimenti all’interno dell’a- rea, mentre il mercato degli oltre 600 milioni di consumatori dell’ASEAN diventerebbe più che appetibile per le aziende.
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L’ASEAN, Associazione delle nazioni del Sud Est Asiatico, è un’orga- nizzazione politica, economica e culturale di nazioni situate nella re- gione dell’Asia Sud Orientale. Fondata nel 1967 per promuovere le re- lazioni fra gli stati membri e contribuire allo sviluppo economico, oc- cupa una posizione strategica nella fase di progresso economico del- la regione asiatica. Gli accordi tra i Paesi ASEAN e la Cina del 2010 hanno creato, con 2 miliardi di consumatori, la più grande area di li- bero scambio del mondo. L’associazione organizza incontri di dialogo con i membri partecipanti con l’obiettivo principale di rafforzare i le- gami tra Asia ed Europa, in relazione alle mutate condizioni economi-
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co-politiche della regione. Tra i membri fondato- ri vi sono Indonesia, Malesia, Filippine, Singapo- re e Thailandia, mentre in seguito hanno aderito Brunei, Vietnam, Laos, Birmania e Cambogia. Le relazioni che intercorrono tra di essi sono all’in- segna della crescita economica e del progresso sociale in quanto perno dei principali interessi economici del Sud Est Asiatico. La rapida cre- scita della Regione, mediante l’associazione dei Paesi, attrae e facilita gli investimenti esteri. Nata con l’obiettivo di creare un singolo mercato e una produzione di base che raggiunga un’inte- grazione economica tra gli stati membri e faciliti una politica d’investimento libera e aperta, negli ultimi anni, ha giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo delle nuove economie industria- li del Sud Est Asiatico, come ad esempio in Ma- lesia, Singapore, Vietnam e nelle Filippine. Ciò permette di evidenziare l’importanza dei flus- si di capitale in queste zone. Sebbene le nazio- ni competano tra di loro, cooperano, allo stesso tempo, al fine di attrarre maggiori investimen- ti esteri. Ad esempio, in Malesia è stato offerto il 100% della partecipazione straniera nel setto- re manifatturiero, con agevolazioni agli investi- menti in settori speciali. Il Vietnam ha facilitato le modalità di investimento nel Paese, così da fa- vorire gli investitori stranieri. Mentre a Singapo- re e nelle Filippine, il principale focus è stato il miglioramento della competitività: la città stato ha ridotto i costi amministrativi e aumentato fino al 30% i sussidi fiscali per progetti in determinati settori industriali. Nelle Filippine, si è dato avvio a riforme economiche e piani d’implementazio- ne per migliorare la competitività del Paese. No- nostante le attività svolte a livello individuale, le nazioni del Sud Est Asiatico stanno promuoven- do congiuntamente l’ASEAN come area, fornen- do alle società grandi opportunità in termini di sinergie e competitività nel servire sia il mercato globale sia quello locale. Gli attuali e potenzia- li investitori, non solo potrebbero guadagnare un accesso strategico nel settore economico e indu- striale, ma anche beneficiare di maggior traspa- renza, informazioni e opportunità d’investimen- to. La diversa distribuzione degli investimen- ti nella Regione dipende da tre principali fatto- ri: condizione economiche, economia politica, e caratteristiche delle imprese. Per continuare a stimolare il flusso in entrata, il sistema ASEAN continuerà a promuovere l’intera area come uni-
XXXX comprende oggi 10 stati membri: Brunei Darussalam, Cambogia, Indonesia, Laos, Malay- sia, Myanmar, Filippine, Singapore, Thailandia e Viet Nam.
I Paesi ASEAN hanno una popolazione comples- siva che si aggira attorno ai 617 milioni di abitan- ti, un’ampiezza geografica di 4,4 milioni di kmq e un PIL di 2,31 triliardi di USD, con un commercio totale e in continua crescita pari a 2,47 triliardi di USD, più di un quarto dell’import-export dell’in- tera Asia1. Nella sua totalità, l’area ASEAN gode di una crescita superiore al 5%2.
Dalla sua creazione l’ASEAN ha gestito e incre- mentato con successo la cooperazione politica e di sicurezza, creando una regione pacifica e sta- bile. Quale risultato di tale conquista, l’ASEAN-5 (Indonesia, Malaysia, Filippine, Singapore e Thai- landia) ha goduto di una crescita economica im- pressionante, riducendo povertà e migliorando lo standard di vita negli ultimi 30 anni.
Nonostante molti Stati dell’ASEAN abbiano sof- ferto moltissimo per la crisi finanziaria del 1997, le loro economie si sono ormai riprese da tem- po. Ad ogni modo, nei 10 anni successivi alla crisi si è visto l’inizio della dura competizione fra la regione e la Cina, in particolare sull’afflus- so degli investimenti diretti esteri (FDI). Questo ha fatto nascere questioni molto serie fra i po- licy-makers dell’ASEAN sullo sviluppo economi- co e sulla sostenibilità di lungo periodo nella re- gione.
Per vincere questa sfida, i leader ASEAN si sono trovati d’accordo nell’avviare un progetto di inte- grazione delle rispettive economie e creare, quin- di, una Comunità Economica dell’ASEAN. Sicura- mente questo ambizioso progetto richiederà un li- vello di maggiore, e ben più difficile, integrazione economica rispetto a quella oggi esistente, nono- stante i già molti assi in avanti in tal senso, sia in- diretti e creati dal settore privato sia da interventi inter-governativi.
Al summit ASEAN di Bali del 2003, i leader dei Paesi membri si sono accordati per integrare le proprie economie entro il 2020 e fondare una Comunità Economica dell’ASEAN (ASEAN Eco- nomic Community, AEC) con il documento Bali Concord II3. Al summit ASEAN tenutosi a Cebu nel gennaio 2007, la deadline per realizzare l’AEC fu ridotta di 5 anni, al 20154.
L’obiettivo finale dell’AEC è la creazione di un mercato unico e di una base produttiva unica
co mercato con una crescita parallela al motore
dell’economia di Pechino.
Dalle origini ad una Comunità Economica dell’ASEAN
L’Associazione delle Nazioni del Sudest Asiatico (ASEAN) è una delle organizzazioni regionali di maggior successo. Fondata l’8 agosto 1967, l’A-
1. Statistiche ASEAN, xxx.xxxxx.xxx.
2. 5,7%, cifra ponderata delle diverse economie, con tassi parti- colarmente diversi. Si pensi all’aumento del PIL del Laos (8,2%) e a quello del Brunei Darussalam (0,9%). Nel 2012, il PIL del Viet Nam è aumentato del 5,1% in base alle statistiche ASEAN.
3. Vedesi la dichiarazione ASEAN Concord II, Bali, Indonesia, 7 ottobre 2003.
4. Dichiarazione di Cebu sull’accelerazione del conseguimento di una Comunità ASEAN per il 2015, Cebu, Filippine, 13 gennaio 2007.
dove ci sia un libero flusso di beni, servizi, inve- stimenti, capitali e lavoro specializzato.
La perdita di competitività economica verso mer- cati emergenti, quali la Cina, è stata una del- le principali cause per accelerare l’integrazio- ne economica in ambito ASEAN. Uno studio di XxXxxxxxx0 commissionato dall’ASEAN ha rive- lato che l’ASEAN aveva perso la sua superiorità competitiva in termini di costo del lavoro rispetto alla Cina. Inoltre, la Cina aveva già sorpassato l’A- XXXX al primo posto come polo mondiale di at- trazione di FDI nel 1995.
Questo può avere ripercussioni serie sul benesse- re economico dell’ASEAN nel medio lungo perio- do, in quanto gli FDI hanno giocato un ruolo im- portante nello sviluppo economico della regione. In principio, a Singapore negli anni ‘70 e succes- sivamente in Malaysia, Thailandia e Indonesia ne- gli anni ‘80, il modello economico adottato da questi Paesi è stato diretto da strategie che favori- vano l’afflusso di FDI. Negli ultimi 15 anni, il Viet Nam e la Cina hanno adottato strategie economi- che simili, in quanto Paesi in transizione econo- mica verso il libero mercato.
L’integrazione economica potrebbe fornire i mez- zi per rivitalizzare le economie ASEAN. I Paesi membri si trovano oggi a livelli differenti di svi- luppo economico e questa diversità può risultare un vantaggio per massimizzare le complementa- xxxx fra i suddetti stati. Un mercato integrato e una base produttiva incrementerebbero chiaramente il commercio intra regionale e il flusso di investi- menti all’interno dell’area, mentre il mercato de- gli oltre 600 milioni di consumatori dell’ASEAN diventerebbe più che appetibile per le aziende. Nel 2003, l’ASEAN High Level Task Force (HLTF) sull’Integrazione Economica raccomandava una serie di iniziative economiche per avviare il pro- getto AEC6. Queste iniziative includono:
- una veloce integrazione dei settori prioritari (Fast Track Integration);
- sdoganamento più veloce e semplificazione delle procedure doganali;
- eliminazioni delle barriere commerciali;
- più rapida implementazione dei Mutual Reco- gnition Arrangements (MRAs);
- armonizzazione degli standard e delle regola- mentazioni tecniche.
Undici settori prioritari sono stati evidenziati dal- l’HLTF sull’integrazione economica: elettroni- ca, e-ASEAN (ICT), sanità, prodotti del legname, mezzi di trasporto, industria della gomma, tessi- le e abbigliamento, prodotti agro-alimentari, pe- sca, viaggi aerei e turismo. Al summit di Cebu, è stato individuato un dodicesimo settore: la logi- stica. Questi settori prioritari sono stati individua-
ti in base al loro potenziale di massimizzare le complementarità fra le economie ASEAN e servo- no come catalizzatore per accelerare il processo di integrazione.
Per il commercio di beni, era stato proposto, ed è già in atto, il miglioramento delle regole dello schema originale Common Effective Preferential Tariffs (CEPT). Queste implicano rendere più tra- sparenti, prevedibili e standardizzate le regole e prendere in considerazione le migliori attuazioni di altri Regional Trading Arrangements (RTAs), in- cluse le regole del WTO. Per assicurare la traspa- renza sulle Non Trade Measures (NTMs) ed elimi- nare quelle che sono barriere al commercio, sono state conseguite le seguenti misure:
- creare un database ASEAN sulle NTMs;
- stilare un criterio semplice per identificare le misure da classificare come barriere al com- mercio;
- stilare un programma di lavoro chiaro e defini- tivo per la rimozione delle barriere;
- adottare gli accordi WTO sulle barriere tecni- che al commercio, ai prodotti sanitari e fitosa- nitari e alle procedure sulle licenze d’importa- zione, nonché sviluppare l’implementazione di appropriate linee guida per l’ASEAN.
Una delle raccomandazioni più importanti del- l’HLTF era la creazione di un Meccanismo di So- luzione per le Controversie (Dispute Settlement Mechanism, DSM). Ad oggi, questo meccanismo non è stato usato da alcuno stato membro7. Que- sto non sorprende, dato che il processo decisio- nale in ambito ASEAN è sulla base del consen- sus e con un basso livello di confronto. Cionono- stante, il numero di dispute commerciali è sicura- mente destinato ad aumentare, dato che la regio- ne va verso una profonda integrazione economi- ca. Quindi, avere un DSM funzionante sarà asso- lutamente vitale per una riuscita implementazio- ne del progetto AEC. Per rafforzare il DSM dell’A- XXXX, furono sottoscritte le seguenti misure:
- stabilire un’unità legale all’interno del Segreta- riato ASEAN per fornire consigli legali su dispu- te commerciali;
- costituire un organo ASEAN per risolvere le questioni su commercio e investimenti, per for- nire rapide soluzioni ai problemi operativi;
- creare un ASEAN Compliance Body.
Per implementare effettivamente l’AEC, è stato lanciato un piano di sei anni al summit ASEAN di Vientiane nel 2004. Questo piano, conosciuto come il Vientiane Action Programme 2004/2010 (VAP), consta di tre obiettivi:
- intensificare le iniziative di cooperazione eco- nomica e accelerare l’integrazione degli undici settori prioritari;
5. The McKinsley Quarterly, n. 1, 2004.
6. Le raccomandazioni dell’ASEAN High Level Task Force sono annesse al Bali Concord II.
7. Ciononostante, vi sono contenziosi tra gli stati membri, che però sono stati portati dinanzi al DSM in ambito WTO.
- rimuovere le barriere al libero flusso di beni, servizi e forza lavoro specializzata e libero flus- so di capitali entro il 2010;
- sviluppare e implementare le misure economi- che che consentano un effettivo funzionamen- to dell’ASEAN come singolo mercato e base di produzione.
Gli accordi chiave per l’integrazione economica
Raggiungere un più alto livello di integrazio- ne economica può suscitare un po’ di paura e insicurezza, ma l’ASEAN ha già messo in pra- tica importanti building blocks come supporto all’AEC. Questi includono l’Area di Libero Scam- bio ASEAN (AFTA), l’Area di Investimenti ASEAN (AIA) l’ASEAN Framework Agreement on Servi- ces (AFAS). Di seguito una breve spiegazione per comprenderne il funzionamento.
L’AFTA fu avviata con la firma dello schema CEPT, il 28 gennaio 1992. Lo schema CEPT richiede agli stati membri di ridurre i loro dazi su un’ampia gamma di prodotti scambiati all’interno della re- gione ad un valore fra lo 0 e il 5%. L’ASEAN-5 più il Brunei (ASEAN-6) hanno già completato lo schema CEPT nel 2003. Il Viet Nam ha raggiunto il target dell’eliminazione dei dazi nel 2006, Laos e Myanmar nel 2008 e la Cambogia nel 2010. Ad oggi quasi il 100% dei prodotti nella lista di in- clusione del CEPT per l’ASEAN-6 è stato ridotto fra lo 0 e il 5%.
Nel novembre 1999, i ministri dell’economia de- gli stati membri andarono oltre nei loro sforzi di realizzare la visione di un’area di libero scambio, accordandosi per adottare un target di “dazi zero” entro il 2010 per l’ASEAN-6 e nel 2015 per Cam- bogia, Laos, Myanmar e Viet Nam (i Paesi CLMV). In data attuale, oltre il 99% dei prodotti delle li- ste di inclusione dei Paesi CLMV sono nella ban- da tra 0% e 5%.
L’AIA, firmata il 7 ottobre 1998, mira a fare dell’A- XXXX una zona molto competitiva per attrarre FDI di investitori ASEAN e non. Questo accordo vin- cola i Paesi membri a ridurre o eliminare le bar- riere agli investimenti e a garantire il trattamento nazionale agli investitori ASEAN per il 2010 e per qualsiasi investitore entro il 2020. L’AIA incorag- gerà gli investitori, in particolare provenienti dai Paesi ASEAN, a adottare strategie regionali di in- vestimento e a promuovere network regionali di produzione, creando opportunità per una mag- giore efficienza industriale e una competitività di prezzi, andando verso regimi di investimenti più liberali e competitivi che dovrebbero ridurre i co- sti delle transazioni nella regione.
Attualmente l’AIA copre beni prodotti in serie, agricoltura, i settori minerario, forestale e quel- lo della pesca, inclusi i servizi complementari a
questi settori e i policymakers dell’ASEAN stan- no considerando se sia da espandere la finalità dell’AIA per includere le industrie nel settore dei servizi, quali l’educazione, sanità, telecomunica- zioni, turismo, banche e finanza, assicurazioni, commercio elettronico, distribuzione e logistica, accounting, ingegneria e pubblicità.
Vale la pena di ricordare che l’AIA è sostenuta dalla cooperazione industriale ASEAN (AICO), lanciata nel 1996, che mira a promuovere una più stretta collaborazione industriale tramite la divisione delle risorse dei produttori manifattu- rieri, che godono di un dazio preferenziale dello 0-5% in ambito CEPT. Chiaramente l’AIA e l’AI- CO forniscono una base necessaria alla creazio- ne di un’unica base produttiva (uno degli obietti- vi AEC).
L’AFAS, firmato il 15 dicembre 1995, mira a raf- forzare la cooperazione nel settore dei servizi tra i Paesi dell’ASEAN eliminando le restrizioni agli scambi intra-regionali e a facilitare il libero scam- bio di servizi entro il 2015. Secondo l’accordo AFAS, lo scopo di liberalizzare i servizi va ol- tre quelli già sottoscritti secondo il GATS. In al- tre parole, l’AFAS è designato ad essere un accor- do GATS-Plus. Sono sette i settori coperti dall’A- FAS: trasporto aereo, business services, costruzio- ni, servizi finanziari, trasporto marittimo, teleco- municazioni e turismo.
L’ASEAN ha concluso cinque pacchetti di impe- gni in ambito AFAS. Questi pacchetti conferisco- no dettagli agli obblighi di ogni membro ASEAN agli altri stati membri. Il principio ASEAN-X è at- tualmente applicato come mezzo per accelerare il processo di implementazione. Questo principio permette agli stati membri che sono pronti a li- beralizzare di andare avanti per primi, con altri membri a procedere in un secondo momento.
La cooperazione regionale nel settore dei servi- zi ha compiuto un altro importante passo con i MRAs che faciliteranno un movimento più libero dei promotori di servizi professionali nella regio- ne. Prendendo alcuni esempi, i MRAs sui servi- zi di ingegneria e del settore infermieristico sono stati conclusi nel 2005, sui professionisti del set- tore turistico a fine 2012 e si prevedono analoghi accordi per architettura, accounting, sondaggi e practitioners di medicina.
In realtà, nei primi 30 anni di vita dell’ASEAN non vi è traccia di integrazione economica.
A conclusione dell’ASEAN Vision 2020, nel 1997, i partecipanti si erano ripromessi di andare avan- ti verso una più stretta coesione e un’integrazio- ne economica. Il primo piano d’azione, il Piano d’Azione di Hanoi, l’anno seguente, riaffermò l’o- biettivo di “una più stretta integrazione economi- ca” e in particolare formulò la seguente dichia- razione di intenti: “to create a stable, prosperous and highly competitive ASEAN Economic Region
in which there is a free flow of goods, services and investments, a freer flow of capital, equitable economic development and reduced poverty and socio-economic disparities”.
Nel 2003, la dichiarazione dell’ASEAN Concord II andò oltre. Nella sezione dell’AEC si ribadiva “l’o- biettivo ultimo dell’integrazione economica come sottolineato nell’ASEAN Vision”, confermando quindi “The ASEAN Economic Community shall establish ASEAN as a single market and production base”. A tal scopo, al decimo summit dell’ASEAN a Vientiane nel novembre 2004, il piano d’Azione di Hanoi è sostituito dal Vientiane Action Program- me (VAP), da implementare entro il 2010.
Per lo scambio dei servizi ha completato il quar- to round delle negoziazioni nel 2004 e ha adot- tato nuove modalità, come la formula ASEAN-X, per estendere la copertura all’accesso del merca- to. Nel 2001, l’AFAS fu esteso includendo i servi- zi relativi al movimento delle persone fisiche. Il VAP prevede di facilitare il movimento degli uo- mini d’affari, dei lavoratori qualificati e dei talenti nella regione e l’ASEAN sta esplorando il mutuo riconoscimento di alcune qualifiche professiona- li, come per ingegneri ed architetti.
Non vi è alcun impegno sul trattamento naziona- le dei beni, sebbene il trattamento nazionale sot- to l’articolo III del GATT si applica ai beni impor- tati dai membri ASEAN a loro volta membri WTO. Il progresso nell’armonizzazione degli standards e altre leggi e regolamenti ha visto un’accelera- zione. Nel 1998, L’ASEAN ha adottato l’accordo quadro sui MRAs, concludendo e implementan- done tre: materiali elettrici ed elettronici, teleco- municazioni e cosmetici. MRAs in fase di svilup- po riguardano i prodotti farmaceutici, gli alimen- ti preconfezionati, il settore e l’equipaggiamento automobilistico.
Riguardo al mercato dei capitali, il progresso è più sostanziale: sono state conseguite due delle tre Border measures (trattamento MFN e rimpatrio dei capitali e dei profitti) e solo due delle quattro Beyond-border. C’è il trattamento nazionale, an- che se alcune eccezioni sono state permesse in ambito AIA, tramite una lista di esclusione tem- poranea, una lista sensibile e una lista generale di eccezioni. Sulla protezione dell’investitore esi- ste piena protezione da espropri e nazionalizza- zioni. Oltre ai trattati di doppia tassazione, non vi sono state armonizzazioni su diritto commercia- le e tassazione che possono distorcere gli investi- menti intra-ASEAN.
Sul mercato del lavoro e sulle misure single-mar- ket l’integrazione non è progredita, salvo il punto della proprietà intellettuale, anche se per aspet- ti marginali: i Paesi ASEAN hanno adottato una scheda interna comune e una scheda ASEAN co- mune per il marchio registrato e lavori preparato- ri in altri campi.
I mezzi principali per promuovere l’integrazione sono l’accordo quadro ASEAN per l’integrazio- ne dei settori prioritari e la Road Map per l’inte- grazione ASEAN. Entrambi esistevano prima del summit, ma sono in fase di sviluppo e xxx xxxxxx- ati. Sono stati considerati 12 settori prioritari, ma in futuro ve ne saranno aggiunti altri. L’impegno era di ridurre le barriere per il libero scambio del- le merci, servizi, lavoro qualificato e una più libe- ra circolazione dei capitali entro il 2010: obietti- vo quasi raggiunto per le merci, work in progress su altri punti sollevati.
Con riferimento all’armonizzazione degli stan- dard e alle regolamentazioni tecniche, sono stati istituiti gruppi di lavoro in quattro settori prioritari per implementare misure relative agli standard ed è stato condotto un sondaggio per identificare al- tri standard per l’armonizzazione nei settori prio- ritari. Per le misure multi-market, sono stati mos- si passi iniziali per un regime comune della pro- prietà intellettuale e, a Vientiane, i Ministri delle Finanze si sono accordati per istituire un’ASEAN Single Currency o ASEAN Currency Cooperation entro il 2010.
L’adozione di un mercato unico è un grande pas- so nell’evoluzione dell’ASEAN; richiederà chiari- ficazioni di quali mercati includere nel Mercato Unico ASEAN e sull’integrazione prevista.
L’adozione dell’obiettivo del mercato unico ri- chiederà fondamentali cambiamenti nel modo di pensare. L’obiettivo di una zona di libero scam- bio, con limitati impegni per rimuovere misu- re Beyond-the-Border che inibiscano gli scambi cross-border, è un obiettivo molto limitato, sen- za un punto d’arrivo. Quest’obiettivo può essere conseguito tramite consensus. Ciononostante, l’o- biettivo del mercato unico sia praticamente quasi definito in termini di misure necessarie a rimuo- vere discriminazioni verso altri fornitori di beni e servizi nell’ASEAN. Di conseguenza, in successi- ve negoziazioni, devono essere trovate modalità per includere tutte le misure richieste.
ASEAN-6 & CLMV: una (voluta) integrazione a due velocità
Una delle sfide più difficili per Cambogia, Re- pubblica Democratica del Laos, Myanmar e Viet Nam, in quanto “nuovi” membri dell’ASEAN, è come implementare i loro obblighi da firmatari dell’AFTA. Un punto è di particolare sensibilità: riducendo i loro dazi nel rispetto delle linee gui- da AFTA, questi Paesi si sarebbero trovati di fron- te ad una forte diminuzione delle entrate con im- plicazioni sociali ed economiche a loro avverse. Gli introiti dai dazi all’importazione in questi Paesi costituivano una proporzione importante delle en- trate statali: la percentuale dei dazi doganali all’im- portazione fra i CLMV arrivava anche al 25%.
I vecchi membri ASEAN hanno deciso nel 1992 di dar vita ad una zona di libero scambio in am- bito regionale. L’AFTA del 1992 è uno spartiac- que, in quanto rappresenta un significativo cam- biamento nell’orientamento di politica economi- ca dei Paesi ASEAN.
Il Viet Nam è diventato ufficialmente la prima nazione in transizione ad aderire all’ASEAN, il 28 luglio 1995. All’incirca nello stesso periodo il Myanmar, uscendo timidamente dal suo auto isolazionismo, cedette al trattato di Amicizia e di Cooperazione con l’ASEAN e si aprì al concet- to di aggregarsi al resto del Sudest Asiatico per orientamento economico ed obiettivi. Al tredice- simo incontro ministeriale di Kuala Lumpur, nel luglio 1997, la Repubblica Democratica del Laos e il Myanmar furono ammessi allo status di mem- bri dell’ASEAN. Con l’ammissione della Cambo- gia nel 1999 si avvera il sogno, a lungo desidera- to, di avere un ASEAN-10, un gruppo che com- prendesse tutto il Sudest Asiatico.
Il principale obiettivo dell’AFTA è di incrementa- re la competitività internazionale delle industrie ASEAN e di farne una regione ottimale per gli in- vestimenti. In particolare, gli obiettivi sono l’au- mento del commercio intra-regionale abolendo i dazi intra-regionali, permettendo ai propri mem- bri di mantenere politiche commerciali autono- me, attrarre investitori locali e stranieri per inve- stire nella regione e per rendere il loro settore ma- nifatturiero più efficiente e competitivo in ambito internazionale.
Per realizzare questi benefici, l’AFTA cerca di ri- durre i dazi su tutti i beni scambiati all’interno degli stati membri fra lo 0 e il 5% ad valorem ed eliminare tutte le restrizioni agli scambi sotto il CEPT. Per assicurare che i benefici di questo sche- ma siano ristretti agli stati membri, un minimo del 40% del valore deve provenire dall’AFTA, se i beni non sono completamente prodotti nei Pae- si AFTA.
All’interno dello schema CEPT, i CLMV devono indicare i loro prodotti in quattro liste concorda- te: la Inclusion List (IL), la Temporary Exclusion List (TEL), la Sensitive List (SL) e la General Excep- tion List (GEL). La “IL” comprende quei prodotti che saranno soggetti alle riduzioni per un massi- mo del 5%, riduzione concordata per il Viet Nam entro il 2006, Laos e Myanmar entro il 2008 ed entro il 2010 per la Cambogia. Nella visione di lungo termine, ricordiamo che l’intenzione è di eliminare completamente i dazi in due fasi: entro il 2010 per l’ASEAN-6 ed entro il 2015 per i rima- nenti Paesi.
Un fattore chiave nel CEPT è che le concessioni sono garantite sulla base di reciprocità e di pro- duct-by-product. Queste sono le due condizio- ni perché un prodotto rientri nel CEPT, oltre ad un altro requisito: il bene in questione deve es-
sere incluso da entrambe le parti, importatore ed esportatore. Nel breve periodo, la natura recipro- ca del sistema CEPT ha portato incentivi agli stati membri che includono i loro beni nella “IL” e che nei fatti hanno ridotto i dazi al di sotto del 20% per ricevere le concessioni.
Un altro importante punto del CEPT è che i Paesi membri devono eliminare immediatamente le re- strizioni quantitative sui beni appena ricevono le concessioni CEPT su quel determinato prodotto e devono eliminare altre non-tariff barriers (NTBs) in un periodo massimo di cinque anni dal godi- mento delle concessioni. Il Segretariato ASEAN ha concordato una propria definizione di NTBs nel 1995, ovvero misure paradoganali, misure sul controllo dei prezzi, misure finanziarie, misure monopolistiche e misure tecniche.
Dato che i CLMV si sono obbligati ad introdur- re riforme di mercato, quali ad esempio la pri- vatizzazione delle società pubbliche, un possi- bile incremento negli altri tipi di entrate appare limitato. Le entrate registrate hanno visto un au- mento significativo in tutti i Paesi e il ruolo della tassazione indiretta (vis-à-vis delle imposte diret- te quali quelle sul reddito) rimane predominante, come d’altronde osservato in Paesi in via di svi- luppo con una povertà diffusa e con forte presen- za di attività non monetarie. L’importanza delle imposte sugli scambi, in particolare dei dazi do- ganali (sull’import o sul commercio) rappresenta- va fra l’11 e il 35% di tutte le entrate dei CLMV nel 20018.
L’impatto delle riduzioni tariffarie sulle entrate è difficile da stimare perché dipende da numerose e complesse risposte economiche. Un altro fattore rilevante che può compensare, se non superare, la perdita di entrate è l’impatto sull’incidenza del commercio illegale. Il contrabbando, quale mag- giore ragione di mancate entrate sull’import, è de- stinato a ridursi quando il costo del contrabbando diventerà maggiore del costo delle imposte.
Le perdite del Viet Nam, a seguito del CEPT, erano stimate in 32 milioni di USD, equivalenti all’incir- ca al 9% dei proventi delle importazioni ASEAN. Gli introiti guadagnati dalle importazioni non- ASEAN sono state un forte cuscinetto contro la caduta generalizzata degli introiti doganali. Se le economie mantengono una sana crescita econo- mica (ad esempio fra il 5 e il 7% annuo) come vi- sto negli anni passati, le entrate dei governi (im- poste e non) dovrebbero tendenzialmente salire negli anni nonostante la riduzione CEPT e que- sta osservazione è riscontrata per tutti i Paesi pre- si in considerazione. Negli ultimi anni, a parti- re dall’inizio delle riduzioni tariffarie cui si sono impegnati, le entrate totali non hanno visto alcun
8. “Global Economic Challenge to ASEAN Integration and Compe- titiveness: A Prospective Look”, Xxxxx & Xxxxx, 2004; I dati presenti in questo paragrafo a seguire provengono dal citato studio.
declino bensì degli aumenti, in particolare per il Viet Nam.
Dal momento che non c’era alcun timore di ridu- zione delle entrate totali a causa del CEPT, i Paesi hanno cercato di attenersi il più possibile alle tap- pe concordate e completare il processo di pha- sing-in del TEL nello “IL” rispettando le scadenze. La realizzazione dell’obiettivo di lungo periodo di convertire i CLMV ad “un’area di libero scam- bio” riducendo i dazi doganali a 0 fra il 2015 e il 2017 sembra plausibile. Bisogna ribadire che i CLMV devono comunque compiere ulteriori sfor- zi per ridurre varie NTBs che attualmente esisto- no così da non impedire il processo di liberaliz- zazione.
Cosa succede alle importazioni non-ASEAN se i dazi al suo interno arrivassero allo 0? I Paesi CLMV si sposteranno verso i propri vicini per il loro bisogno di importazioni?
Tutto è in funzione del settore di cui si parla. In li- nea generale e nel medio-periodo, è difficile che accada uno stravolgimento, in quanto le impor- tazioni dai Paesi non-ASEAN sono costituite in gran parte da macchinari ed equipaggiamenti (ol- tre alle materie prime) essenziali all’industrializ- zazione che i Paesi limitrofi non sono in grado di offrire, salvo rare eccezioni. Inoltre, i CLMV con- tinueranno a dipendere dai Paesi occidentali per gli aiuti, donazioni e investimenti e si prevede che l’import da questi Paesi affluisca in quantità mag- giori sotto questi obblighi. D’altronde, la doman- da di beni di qualità superiore prodotta dai Paesi occidentali è verosimilmente destinata a cresce- re, visto che le possibilità delle popolazioni con- tinuano a migliorare grazie alla sostenuta crescita economica nella regione.
Inversamente, nel caso vietnamita, in altri setto- ri si è assistito ad un vero boom di importazio- ni ad esempio di prodotti alimentari dalla Malay- sia. Molti prodotti dalla Thailandia vengono or- mai preferiti a quelli importati dalla Cina, dato che il costo si è leggermente abbassato a seguito della riduzione dei dazi, visto il crescente potere d’acquisto dei vietnamiti e la conclamata quali- tà dei prodotti thailandesi rispetto a quelli cinesi. Nonostante le perdite stimate possano arreca- re ferite temporanee ai Paesi CLMV è essenzia- le che certe misure, quali riforme fiscali, siano in- traprese per ottimizzare la raccolta delle entrate e migliorare la capacità di raccolta da parte dei governi. Alcune di queste misure che prevedo- no meno complicazioni (legali, politiche e altro), sono meno costose in termini di risorse e posso- no essere applicate velocemente (ad esempio un paio di anni) senza causare alcuna ricaduta (ne- gativa) significativa. D’altro canto, le misure che richiedono cambiamenti fondamentali (riforme) nella governance e nella struttura, maggior utiliz- zo di risorse e con conseguenze quasi permanen-
ti in tutta l’economia sono ritenute di “lungo pe- riodo”. L’implementazione di tali misure potreb- be portare a un lungo processo (10 anni o più), ma la loro importanza rimane altissima dato che gli impatti durerebbero a lungo e sono strumenti indispensabili per ottenere gli obiettivi di cresci- ta ed efficienza.
Le sequenze delle misure sono un’altra conside- razione importante e, prima di stabilire una defi- nitiva scaletta per implementarne alcune, devono essere meticolosamente soppesati costi e benefi- ci sull’orizzonte temporale (vis-à-vis di altre alter- native). Alcune misure di lungo termine possono essere considerate più urgenti e quindi dovrebbe- ro ricevere priorità di finanziamento (al pari delle competenze richieste) possibilmente da fonti in- ternazionali. Queste sono anche tematiche rela- tive all’efficienza (crescita) ed equità e col tempo l’efficienza potrebbe essere sacrificata per ottene- re l’equità.
In generale, i popoli della regione sono ottimisti sui benefici di lungo periodo dell’AFTA e i gover- ni CLMV sono consapevoli della caduta di entra- te nel breve periodo e sono già all’opera misure per contrastare tale calo. La regione è al momento afflitta da problemi come le barriere linguistiche e di comunicazione, molteplicità di regolamenti non allineati agli standard WTO, esistenza di nu- merose barriere non doganali, sistemi rudimenta- li di raccolta fiscale, inefficienza dell’amministra- zione fiscale e la mancanza di volontà politica di ridurre il potere delle società di proprietà pubbli- ca. Se saranno adottate appropriate riforme per questi problemi, le prospettive di crescita di lungo periodo rimarranno ottime per i CLMV.
Il Viet Nam entra nell’ASEAN: ragioni storiche, economiche e politiche
Andando indietro nel tempo, è interessante com- prendere la decisione del Viet Nam di entrare a far parte dell’ASEAN.
Nonostante l’assenza di una dettagliata compren- sione sulle procedure da parte di Hanoi e la man- canza in ambito ASEAN di accordi istituzionali consistenti per la promozione della cooperazio- ne regionale, la decisione vietnamita di farne par- te nella prima metà degli anni ’90 riflette “la vo- lontà politica” del Viet Nam di coinvolgersi ulte- riormente nella regione: la membership ASEAN ha aiutato il Viet Nam a superare la propria crisi d’identità scaturita dal crollo dell’Unione Sovieti- ca nel 1991.
Con il ritiro delle truppe vietnamite dalla Cambo- gia nel settembre 1989 e con la conclusione degli accordi di pace di Parigi nell’ottobre 1991, la nor- malizzazione dei rapporti fra ASEAN e Viet Nam poté procedere. I Paesi ASEAN pensarono che fos- se necessario far entrare il Viet Nam per tre ragio-
ni: cessare le divisioni ideologiche scaturite dal- la Guerra Fredda, avere un punto di partenza per l’entrata di altri Stati e poter dialogare per l’intero Sudest Asiatico, con l’obiettivo di avere un ruolo chiave per assicurare pace, stabilità e prosperità, nonché un ruolo maggiore nella regione Asia-Pa- cifico. Nel luglio 1994, i ministri degli esteri ASE- AN decisero, per consensus, che il Viet Nam do- veva entrare nell’organizzazione come settimo membro prima del summit di fine 1995.
Da parte sua, il Viet Nam aveva prontamente espresso il desiderio di associarsi subito dopo la fine della questione cambogiana. Il Viet Nam ad- erì al Treaty of Amity and Cooperation (TAC) nel 1992. Nell’aprile 1994, il governo vietnamita espresse l’intendimento di ottenere l’early mem- bership ed, infine, nel luglio 1994 il Paese decise ufficialmente di entrare nell’ASEAN, diventando- ne membro nel luglio 1995.
In parte, questa membership era un modo di rag- giungere l’obiettivo di avere “più amici e meno nemici”, e successivamente nella politica estera di “essere amici di tutti i Paesi”.
Inoltre, avendo l’ASEAN instaurato relazioni di cooperazione e di amicizia con Stati Uniti, Giap- pone, Unione Europea e più di recente con la Cina, l’appartenenza all’organizzazione avreb- be facilitato gli sforzi del Viet Nam nel migliora- re le relazioni con le Grandi Potenze. Come ri- sultato diretto dell’accesso al TAC e all’ASEAN, il Viet Nam avrebbe ridotto le spese della dife- sa e rafforzato la sicurezza nazionale, permetten- do così ad Hanoi di focalizzarsi sulla ricostruzio- ne economica. Hanoi pensava anche di miglio- rare lo sviluppo economico portando avanti re- lazioni più strette con le economie maggiormen- te avanzate dell’ASEAN. Forse più importante, es- sendo la cooperazione in ambito ASEAN costrui- ta sulla libera volontà dei suoi membri, la mem- bership non avrebbe in alcuno modo influenzato negativamente l’indipendenza e la sovranità del Viet Nam.
A dire il vero, i benefici previsti dalla membership erano già stati acquisiti con il processo di miglio- ramento delle relazioni ASEAN – Viet Nam, con il ritiro dalla Cambogia nel 1989, la soluzione po- litica al problema cambogiano promossa dall’O- NU nel 1991, l’accesso di Viet Nam e Laos nel TAC nel 1992 e le migliori relazioni del Viet Nam con le Grandi Potenze. Anche senza una mem- bership formale, il Viet Nam aveva rotto il proprio isolazionismo, normalizzando le relazioni con tutti i Paesi del Sudest Asiatico, cancellando l’at- teggiamento di un ASEAN nemico.
Nel più ampio contesto strategico ci sono pochi elementi che suggeriscono (almeno a livello na- zionale) l’idea di un’entrata del Viet Nam nell’A-
re vantaggio dalle migliorate relazioni con il Viet Nam, o della partecipazione ASEAN per bilancia- re la Cina. Fra il 1991 e il 1995 il Viet Nam nor- malizzò le relazioni con Cina e Stati Uniti e di conseguenza si indebolisce l’argomento di una membership mirata principalmente al bilancia- mento della Cina e al controllo delle sue ambi- zioni nell’area.
Anche in termini economici, le relazioni Viet Nam – ASEAN erano stabilizzate prima del 1995. Nel 1994 i Paesi ASEAN costituivano il 30% del commercio estero del Viet Nam e il 30% degli FDI. Rilevante è che il livello di interazione eco- nomica fra Viet Nam e partner ASEAN è crollato dopo la Crisi Finanziaria del 1997. Nel 2003 gli scambi erano diminuiti del 20% sul totale, ma ne- gli anni seguenti la situazione è migliorata.
Il 2007, a distanza di 10 anni dalla crisi, ha vi- sto un incremento sostanziale del commercio con l’ASEAN, a 15,89 miliardi di USD per l’import, pari ad una quota del 24,09% e in aumento del 46,45% rispetto al 2006, segnale della forte in- tegrazione economica che si sta creando in tale ambito. L’interscambio commerciale è stato di ben 23,7 miliardi di dollari.
Con riferimento al 20119, vi è stata una diminu- zione sia percentuale (14,2%) sia di valore (13,5 miliardi di USD) per le importazioni provenienti dagli altri Paesi ASEAN, mentre sul versante del- le esportazioni la crescita è stata costante, portan- do inoltre l’interscambio Viet Nam – ASEAN a ol- tre 34 miliardi di USD: l’integrazione economica giova molto all’economia vietnamita sul versan- te export.
Gli investimenti dall’ASEAN nel 1997 rappresen- xxxxxx il 23,4% del totale, quasi esclusivamen- te provenienti da Singapore. Questa cifra scen- de al 17,6 nel 1999 per salire al 20% nel 2007. Accumulando dati fino al 2011, gli investimen- ti da Paesi ASEAN contavano per 45,3 miliardi di USD10, ovvero il 22% del totale. Da rilevare che, nonostante Singapore rimanga il primo investitore (circa il 45% fra i Paesi ASEAN), Malaysia e Thai- landia hanno investito fortemente in Viet Nam e Brunei, Filippine, Indonesia e anche il Laos han- no effettuato investimenti, con cifre inferiori, ma importanti in termini relativi.
Quando il Viet Nam doveva far fronte a forti dif- ficoltà economiche e quindi importanti sfide alla legittimità dell’Establishment politico e quando il successo economico dei Paesi ASEAN era ormai evidente, la leadership vietnamita si trovò pron- ta ad importare un nuovo pensiero dai modelli di sviluppo non socialisti. Con gli anni si comprese che il sistema era molto meno vulnerabile a sfide provenienti dall’esterno rispetto all’interno: po-
XXXX come contrappeso alla Cina e lo stesso si
può dire per una volontà degli Stati Uniti di trar-
9. Statistiche ASEAN, xxx.xxxxx.xxx.
10. General Statistic Office, xxx.xxx.xxx.xx.
vertà, arretratezza economica, burocrazia minac- ciavano direttamente la legittimazione del Partito Comunista Vietnamita (PCV).
L’evoluzione pacifica sarebbe stata meno perico- losa se si fossero migliorate le condizioni di vita e ridotta la corruzione. Pertanto, le riforme avvia- te dal Viet Nam erano tese ad assicurare cresci- ta economica e stabilità sociale, per proteggere il regime e il partito comunista da possibili minac- ce interne.
All’inizio degli anni ‘90, le conclusioni degli stu- di dei sistemi politici hanno evidenziato i seguen- ti elementi:
- i governi ASEAN sono pro-occidentali e anti- comunisti. Nonostante questo, sono naziona- listi per natura, intenzionati a difendere l’indi- pendenza nazionale e rendere i loro Paesi forti, specialmente in ambito economico;
- la loro formula di sviluppo include l’economia di mercato export-oriented, limitata democra- zia e autoritarismo in certi Paesi. Questa for- mula è diversa dal parlamentarismo occiden- tale, ma è adatta al contesto asiatico. Grazie a questo i Paesi ASEAN hanno conseguito obiet- tivi economici spettacolari dagli anni ‘60, sta- bilizzato la situazione interna e rafforzato i re- gimi al potere.
In altri termini, i leader di Hanoi compresero che, nonostante le differenze a livello di sistemi poli- tici, i governi ASEAN e vietnamita condividevano un obiettivo comune: mantenere il regime politi- co in carica al potere.
Il Viet Nam aveva inoltre compreso gli obiettivi di politica estera di questi Paesi, scaturiti dalla na- tion-building e strettamente legati alla sicurez- za del sistema politico. Quando i propri leader compresero che sopravvivenza e sostenibilità era- no degli obiettivi furono anche consapevoli del- la loro dipendenza da crescita economica a sua volta dipendente da altri elementi, quali relazio- ni pacifiche con gli altri stati della regione. Il Viet Nam inoltre credeva che la pace con i Paesi del Sudest Asiatico scaturisse da un ambiente regio- nale stabile come condizione alla crescita eco- nomica, base per la sopravvivenza del Partito. Da questa prospettiva, i leader vietnamiti comprese- ro maggiormente gli sforzi ASEAN per promuove- re la cooperazione e la pace.
Il Viet Nam apprezzava inoltre le norme di egua- glianza fra membri, rispetto reciproco, non inter- ferenza negli affari interni di uno stato membro, non uso della forza nelle relazioni interstatali, ri- soluzione delle dispute con mezzi pacifici e de- cision-making tramite consensus. Capendo che eguaglianza e rispetto per la sovranità nazionale erano nozioni care a entrambe le parti, la mem- bership divenne possibile per Hanoi.
Ricordiamo inoltre che, come gli individui hanno il bisogno di far parte di un gruppo, di un’associa-
zione, anche gli stati non possono essere fuori dai gruppi e dalle organizzazioni internazionali e in quel frangente storico vi era il bisogno di trova- re una collocazione sostitutiva all’ex blocco so- vietico, di cui il Paese aveva fatto parte per quat- tro decenni.
Il crollo di Mosca aveva condotto ad una crisi di identità e al timore dell’isolamento politico e il Viet Nam aveva bisogno di una nuova identità e di associarsi in altre comunità di Stati. L’ASEAN era una scelta logica, perché geograficamente vi- cina, e si era dimostrata efficiente a fornire un’ide- ologia dello sviluppo che aveva portato forti mi- glioramenti socio-economici e rafforzato la legit- timità e la sopravvivenza dei diversi regimi. Per- tanto “l’association need” fu un altro importante elemento a base della decisione di aderire all’A- XXXX. Entrare nell’ASEAN ha aiutato il Viet Nam a proseguire quando l’URSS cessò di esistere.
Accettare l’identità ASEAN non significa abban- donare il comunismo e, infatti, il Viet Nam non ha dovuto abbandonare o ripudiare i principi sociali- sti ed il suo sistema politico.
Questo dimostra che può essere fatta una diffe- renziazione fra politica interna e politica estera, potendo il Viet Nam rimanere internamente so- cialista e cooperare con stati di diverso regime ed ideologia, al contrario dei Paesi dell’Europa cen- tro-orientale per poter essere ammessi nell’Unio- ne Europea. Questo è conseguenza del princi- pio ASEAN di non ingerenza negli affari interni di uno stato a cui corrisponde la grande varietà di si- stemi: l’entrata di Hanoi ha semplicemente allar- gato lo spettro dei sistemi politici ivi presenti.
Inoltre non è fatto divieto agli Stati membri di proseguire in altre relazioni esterne, mantenen- do o acquisendo membership in altri gruppi e quindi un Paese può avere più identità, ma darà maggiore importanza a quelle identità che ser- vono al meglio i suoi obiettivi di politica. Que- sto corrisponde alla situazione del Viet Nam a partire dal 1986, Paese amico di tutti, ma in gra- do di dare priorità ai Paesi vicini e alle grandi potenze. Last but not least, il Viet Nam sta per- seguendo un’agenda molto più basata sugli in- teressi e molto meno sull’ideologia, relegata in secondo piano ma tutt’oggi presente. Per la pri- ma volta un’associazione di piccoli e medi sta- ti ha superato la sindrome di legarsi ad alleanze con le grandi potenze per assicurare prosperità e sicurezza nazionale. Il cambiamento più signi- ficativo per la condotta internazionale del Viet Nam e per la sua visione di sicurezza è stato il riorientamento nei confronti delle grandi poten- ze verso una posizione più bilanciata ove la co- operazione con gli stati del Sudest Asiatico gio- casse un ruolo significativo.
Il Viet Nam è rimasto fedele agli impegni dalla sua entrata nell’ASEAN nel 1995.
Anche durante la Crisi Asiatica, quando il com- mercio e gli investimenti provenienti dall’ASEAN si sono ridotti, Hanoi non ha mai messo in dub- bio la propria partecipazione all’organizzazione e, dopo la crisi, questa è stata convalidata ulte- riormente. La membership ha dato sempre di più ai vietnamiti l’idea di essere “sulla stessa barca” con gli altri Paesi ASEAN e ciò implica una mi- gliore comprensione reciproca. Inoltre, espressio- ni quali “the ASEAN family” o “the ASEAN Com- munity” sono sempre più accettate nel lessico po- litico.
L’importanza e la consapevolezza crescente del governo vietnamita di appartenere all’ASEAN è visibile anche tramite la partecipazione attiva, sia come numero di Summit e Incontri Ministeriali settoriali che si sono susseguiti in Viet Nam, sia
alla candidatura ed elezione di un vietnamita alla carica di Segretario Generale dell’ASEAN: l’Am- basciatore Xx Xxxxx Xxxx.
Le Xxxxx Xxxx, precedente vice ministro degli esteri vietnamita e ancor prima Ambasciatore del Viet Nam alle Nazioni Unite a New York, guiderà l’ASEAN nel periodo 2013-2017, un periodo che già da ora si prevede come particolarmente im- portante. È nel biennio 2013-2014 che si dovrà finalizzare il raggiungimento dell’AEC, mentre i lavori fino al 2017 saranno fondamentali per raf- forzare le basi dell’ancor più amzibioso traguar- do del 2020: la ASEAN Community, che andrà al di là di una comunità economica.
Pertanto, mentre i Paesi ASEAN provano a co- struire una Comunità ASEAN entro il 2015, il Viet Nam sembra trovarsi al posto giusto.
* Dottore commercialista specializzato in fiscalità internazionale. Ha conseguito un master in economia all’Università UIBE di Pechino ed è autore di articoli e saggi su tematiche di vario genere relative agli investimenti stranieri in Asia Orientale. Vive e lavora a Shanghai, dove si occupa di diritto commerciale e tributario, seguendo gli investimenti stranieri in Cina e Sud Est Asiatico. Ricopre il ruolo di sindaco e consigliere per diversi gruppi societari ed è socio dello Studio di consulenza GWA, specializzato in Asia e Paesi emergenti. Ha pubblicato “Guida alla fiscalità di Cina, India e Vietnam” edito da IlSole24Ore ed è membro dell’Ordine dei Dottori Commercialisti di Milano, del Registro dei Revisori dei Conti in Italia, dell’accountants association del Vietnam
** Attualmente International Coordinator del progetto di cooperazione “SME Cluster Development”, gestito da UNIDO e finanziato dal MAE-DGCS, ha avuto a che fare con il Vietnam e il Sudest Asiatico dalla seconda metà del 2007.
A seguito di un primo approccio sul campo in ambito accademico (ricerca per la tesi di laurea magistrale “il catching-up del Vietnam con i Paesi asiatici emergenti), ha lavorato a diverso titolo presso l’ufficio commerciale dell’Ambasciata d’Italia ad Hanoi, l’ufficio ICE di Xx Xxx Xxxx City e presso l’ufficio Regionale della Cooperazione italiana allo Sviluppo, ufficio di base ad Hanoi ma con la copertura e responsabilità per Cambogia, Laos e Myanmar.
PICCOLE IMPRESE STATUNITENSI DI ECCELLENZA NEI SERVIZI ALLE IMPRESE
Dai network per la gestione delle transazio- ni finanziarie dedicati ad operatori del setto- re pubblico, dell’energia, della gestione delle flotte aziendali; alla gestione in outsourcing dei processi più tipici, core e non core, per gli operatori economici di mercati geografi- camente ben definiti e peculiari (USA e UK) o per nicchie di mercato come le istituzio- ni locali amministrative e giudiziarie; alle più particolari attività di acquisizione e gestione di crediti in default o di fornitura di dati ed informazioni finanziarie worldwide. Le pic- xxxx società statunitensi di eccellenza nei servizi alle imprese, ciascuna con riferimen- to al mercato servito, presentano un eleva- to grado di specializzazione, su cui costrui- scono competenze ed expertise di rilievo, ot- tenendo ottimi ritorni economici e, spesso, crescendo anche grazie a processi di acqui- sizione di operatori del settore.
Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, laureato in Economia e Commercio presso l’Università degli Studi di Verona, è consulente e formatore in Marketing e Organizzazione aziendale
e dal 2009 professore a contratto per l’insegnamento di Economia e Gestione delle Imprese alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Padova. Collabora
con aziende di diversi settori ed in particolare dei servizi di Information Technology Business to Business.
Le migliori piccole imprese nel 2012
La classifica stilata da Xxxxxx per il 2012 elenca tra le migliori piccole imprese statunitensi nei servizi alle imprese ExlService, operante nei ser- vizi di outsourcing; FactSet Research System, fornitore di dati ed infor- mazioni finaziarie; FleetCor Technology, servizi e prodotti specialistici di pagamento; Portfolio Recovery Associates, gestione e riscossione crediti; Xxxxx Technologies, soluzioni per la gestione di processi di back office; Xxxxxx Express, servizi e soluzioni di pagamento.
Come per le altre società elencate da Xxxxxx, le sei aziende di servi- zi alle imprese presentano interessanti dati economici. Agli interessanti trend di crescita in termini di fatturato, che in valori compositi si espri- mono in CAGR a doppia cifra, si accompagnano altrettanto interessanti tassi di crescita del rapporto tra utili e valore delle azioni che, assieme
n. 10 • 2013
Company | Services | Specialization | Sales - sept 2012 M$ | CA Sales Growth rate, sept 08-12 | CA Earnings per Share Growth rate, sept 08-12 | Average Return on Equity, sept 08-12 |
ExlService Holdings | outsourcing & transformation | M | $415 M | 26% | 28% | 12% |
FactSet Research system | financial data services | H | $806 M | 12% | 16% | 30% |
FleetCor Technology | payment services | H | $592 M | 21% | 21% | 21% |
Portfolio Recovery Associates | portfolio recovery | H | $520 M | 19% | 15% | 18% |
Xxxxx Technologies | business management IT solutions - local public sector | M-H | $333 M | 10% | 21% | 19% |
Xxxxxx Express | payment services | H | $585 M | 7% | 15% | 30% |
Fonte: elaborazione da Xxxxxx, Best Small Companies, 2012
ai dati tendenziali del Return on Equity, dimostra- no quanto queste aziende siano in grado di rea- lizzare strategie di crescita con ottimi ritorni per i loro investitori.
Oltre a quanto indicato per i dati economici, ciò che vale la pena sottolineare è il grado di spe- cializzazione che emerge da ciascuno dei sei casi analizzati. Prendiamo in esame le socie- tà che operano nel settore dei servizi finanziari: FactSet, FleetCor, Portfolio Recovery e Wight Ex- press. FletCor e Xxxxxx, operanti nei servizi di pa- gamento, offrono le loro soluzioni e piattaforme per la gestione delle transazioni finanziarie a tar- get molto specifici, a cui si accompagnano servi- zi declinati opportunamente per incontrare le esi- genze dei segmenti di mercato a cui si rivolgono. ExlService,dal canto suo, si focalizza sul merca- to Statunitense e su quello Britannico, con servi- zi di outsourcing di processi amministrativi e di gestione post vendita, da un lato, e servizi di ela- borazione dati finanziari dall’altro; quest’ultimo particolarmente coerente con le peculiarità eco- nomiche delle aree geografiche servite. Sempre in tema di outsourcing, Xxxxxx Technologies si fo- calizza su – e specializza la sua offerta per – il settore pubblico e le istituzioni locali. FactSet e Portfolio Recovery, operanti nella fornitura di dati e analisi finanziarie, la prima, e recupero credi- ti in default, la seconda, operano chiaramente in due comparti dei servizi finanziari per loro natu- ra molto specialistici. Ecco di seguito un sinteti- co dettaglio dell’attività di ciascuna delle socie- tà menzionate.
ExlService Holdings
ExlService Holdings è un operatore di outsourcing di processi e attività di elaborazione (transforma- tion). Si rivolge specificatamente al mercao Sta-
tunitense e Britannico. La unit outsourcing com- prende servizi di gestione di processi contabili e amministrativi, di gestione reclami e di custo- mer service. Tali processi vengono presi comple- tamente in carico da Exl che li gestisce con con- tinuità per i propri clienti. La unit transformation, prevede invece l’erogazione di specifici servizi di elaborazione dati, di carattere finanziario, di ge- stione del risk management, di ottimizzazione dei processi operativi.
FactSet Research System
L’azienda è un fornitore a livello globale di in- formazioni finanziarie ed economiche, tra cui dati finanziari e contabili di decine di migliaia di aziende worldwide. La società supporta con i suoi servizi i processi di ricerca ed analisi dati per operazioni di vendita e acquisto per gli ope- ratori dei mercati finanziari. La piattaforma resa disponibile da FactSet consente di accedere a dati di dettaglio, di sintesi, comparativi, notizie in tempo reale, analisi e statistiche. Nel 2010 si contavano oltre 42.000 utenti della piattaforma. Sempre nel 2010 la società ha acquisito Market Metrics.
FleetCor Technology
FleetCor offre prodotti e servizi specialistici di pa- gamento per operatori dei settori del commercio, energia e pubblico settore. Opera nel Continente Americano e Europeo. Offre un sistema di paga- mento che gestisce attraverso il proprio network e reti di terze parti, offrendo modalità e servizi di- versi ai propri clienti e partners. Ha avviato un si- gnificativo percorso di crescita attraverso acqui- sizioni di operatori del settore, in particolare nei mercati Messicano e Russo.
Portfolio Recovery Associates
La Portfolio Recovery è una società di riscossione del credito. La sua attività consiste nell’individua- re, acquisire e gestire portafogli crediti sia in de- fault (non riscossi) sia nell’ambito di un normale processo di riscossione, non gestibile dal credito- re. Offre servizi specificatamente ad istituti di cre- dito, società finanziarie, operatori del commercio e privati. Il business principale consiste nell’ac- quistare e gestire in modo aggregato crediti non riscossi. Ai propri clienti, gli operatori i cui credi- ti non vengono onorati, offre inoltre servizi di ge- stione finanziaria correlati alla gestione del porta- foglio crediti.
Xxxxx Technologies
Xxxxx Technologies è un operatore di information technology che realizza sistemi per la gestione di specifici processi di back office per il settore Pub- blico ed in particolare Istituzioni locali, ammi- nistrative e giudiziarie. L’offerta è distinta in due specifiche units, la prima dedicata alla gestione
dei progetti di back office core per le istituzioni locali, in particolari per la gestione finanziaria e per la gestione delle procedure giudiziarie; la se- conda unit è caratterizzata da soluzioni e sistemi per automatizzare la stima valutativa di una pro- prietà; un servizio offerto anche in outsourcing dalla stessa Xxxxx.
Xxxxxx Express
Xxxxxx Express è un operatore del settore dei ser- vizi di pagamento. Offre i propri servizi a due di- stinti segmenti: il primo costituito dagli operatori commerciali privati e operatori pubblici del set- tore delle flotte aziendali; il secondo segmento è costituito da operatori privati che gestiscono pro- prie carte di credito e servizi di pagamento an- nessi. Il segmento delle flotte aziendali è il busi- ness principale e identificativo di Xxxxxx Express. A tale segmento, l’offerta di servizi di pagamento è accompagnata da servizi di gestione delle infor- mazioni, particolarmente importante ed oneroso nella gestione di numerosi veicoli aziendali.
SRL SEMPLIFICATA O LTD INGLESE? GUIDA RAGIONATA ALLA POSSIBILITÀ DA FARE BUSINESS
Il sistema fiscale, creditizio e burocratico sta di- struggendo l’economia imprenditoriale italiana. Il gettito fiscale rilevato in percentuale di Pil emerso è il 54%, mentre la pressione fisca- le apparente, secondo calcoli prudenziali che non includono aumenti IVA, è invece al 44,6% .
Xxxxxxxxx Xxxxxx Xxxxxxx si laurea in Economia e Commercio nel 1985 con il massimo dei voti alla L.U.I.S.S. di Roma, discutendo una tesi sperimentale in Matematica Finanziaria sulla diversificazione e ottimizzazione del portafoglio investimenti nel mercato internazionale.
Matura una significativa esperienza aziendale lavorando nel Controllo di Gestione di multinazionali. Come Direttore Finanziario di una nota compagnia aerea, si occupa di Internal Auditing e riorganizzazione amministrativa e attua il processo di privatizzazione per la sede italiana.
Si iscrive all’Albo Commercialisti di Roma nel 1989. Matura diverse esperienze professionali all’estero, principalmente per gestire progetti
di carattere imprenditoriale. Prima di rientrare in Italia, svolge la propria attività a Tripoli in Libia ove anche insegna Business Administration.
Dal 2007 svolge la propria attività di Commercialista a Roma.
Dal 2010 ha organizzato ed è docente di Business English per Commercialisti alla Fondazione Telos (ODCEC Roma). È relatrice in convegni su tematiche legate all’utilizzo delle metodologie angloamericane di contabilità e controllo ed è autore di pubblicazioni e articoli su tematiche contabili e fiscali.
L’enorme imposizione fiscale deriva dal fatto che il nostro sistema di rile- vazione ed esazione non è stato concepito in modo da coprire a raggiera e “ab origine” con bassi livelli d’imposta tutto lo strato sociale ed econo- mico esistente ed in cambio di ciò attuare “welfare programs”. Per effet- to di ciò allo stato attuale, la pressione impositiva oltre a ricadere sem- pre sugli stessi contribuenti, genera purtroppo un’ economia sommersa pari al 17,4% del Pil (stima 2012-2013 Ufficio studi di Confcommercio). Questo vuol dire che 272 miliardi sono l’imponibile stimato che ogni anno viene sottratto al fisco, «una cifra enorme».
La Srl semplificata, rientra nel piano del governo per facilitare la ripre- sa imprenditoriale.
Oltre alla Srl tradizionale regolamentata dal Codice Civile, esiste la co- siddetta Srl semplificata (Srls), formula agevolata e senza vincoli e re- quisiti di età che ha inglobato di recente la Srl a capitale ridotto (Srlcr). Cosa significa e cosa comporta allo stato attuale aprire una Srl sempli- ficata?
In alternativa, potrebbe un italiano aprire in Gran Bretagna una Ltd, cioè una Srl inglese? Come funziona la Ltd?
Potrebbe essere una valida alternativa alla Srl o alla srls?
In Italia, aprire una Srl semplificata non richiede più ai soci costituen- di età inferiore ai 35 anni, né che gli amministratori siano soltanto soci. Sono soci ammissibili una o più persone fisiche.
Rimossi anche gli obblighi di vigilanza del Consiglio Nazionale del No- tariato.
Il capitale sociale può variare da 1 a 9.999 euro ma deve essere sotto- scritto e interamente versato all’atto della costituzione.
L’atto costitutivo deve corrispondere al Modello di Statuto Societario come prescritto dal d.m. n. 138/2012, senza la necessità di attende- re la versione aggiornata, che recepisce le modifiche introdotte con il
d.l. n. 76/2013 (Decreto Lavoro). Il modello standard, “deve intender- si immediatamente modificato nelle clausole incompatibili con il d.l.
n. 76/2013, le quali dovranno pertanto essere omesse”.
Le spese di apertura da pagare non includono le imposte di bollo, i dirit- ti di segreteria e l’onorario notarile. Per aprirla si spendono 168 euro di
n. 10 • 2013
VARIE
imposta di registro più le tasse camerali (200 euro in media) e le spese di apertura della partita Iva. In Uk per aprire una Limited Company è necessa- rio un capitale di 100 pounds, (sterline). Il capita- le da versare è 1 pound (ecco a cosa si ispirava la nostra Srl ad 1 euro) per ogni 100 sterline di ca- pitale. Dunque, per aprire una Ltd con 100 euro di capitale, il capitale da versare è 1 sterlina; se la Ltd ha capitale di 200 sterline, vanno versate 2 pounds di capitale e così via.
L’atto costitutivo è un atto da registrare on line sul sito del governo “Companies House” Il co- sto richiesto è di 15 sterline con carta di credito o paypal. Non è necessario l’atto notarile, né la iscrizione in Camera di Commercio – Rea.
Per dare ampio respiro all’attività societaria, la Li- mited company può avere qualsiasi oggetto costi- tutivo, purché legale.
Lo statuto – “articles of association” è predispo- sto dai soci oppure, secondo quanto disposto dal “Companies Act” del 2006 – sezione 20 è pos- sibile utilizzare uno statuto standard – model (default) articles, l’atto viene sia in un caso che nell’altro registrato – “delivered to the Registrar”. Sempre in termini di snellezza procedurale e con- tenimento dei costi (agevolazioni concrete dun- que), non necessariamente la Ltd deve aprire par- tita Iva – VAT registration.
Al di sotto infatti di una certa soglia di volume d’affari, è a discrezione della Ltd prendere parti- ta Iva.
Più nello specifico, per non prendere VAT num- ber, il volume d’affari – turnover non deve supe- rare una certa soglia – threshold nell’anno. In In- ghilterra l’importo e di 79,000 sterline annue (70,000 sterline per altri paesi membri UE) men- tre in Irlanda è differenziato per i servizi 37,500 sterline e 75,000 sterline per i beni.
Se la Ltd prende VAT number, pur non avendo i requisiti di ingresso, può farlo comunque, per una serie di altre valutazioni proprie, come per esem- pio quella di averne bisogno perché importa ed
esporta e dunque deve fatturare all’estero ed ave- re la partita Iva registrata;
La pari IRES – Corporation Tax dal 1° aprile 2013 è suddivisibile in due scaglioni che però attenzio- ne, non sono progressivi – flat rate.
• lower rate – small profit rate: 20% per profitti fino a 300,000 sterline;
• upper rate – main rate and marginal relief: 23% fra 300,001 sterline (marginal relief lower limit) e 1499,999 sterline (marginal relief upper limit);
• upper rate – main rate: 23%: per redditi dai 1,500,000 sterline in poi (including ring fence profit).
Dunque la Ltd è istituzionalmente definita una “small company” e in quanto tale è concepita in modo da non avere imposizioni fiscali, burocrati- che e amministrative che la asfissiano. In partico- lare può accedere ad esenzioni Iva fino a che al- meno due dei seguenti requisiti si verificano:
• Volume d’affari al di sotto di 5,6 milioni di ster- line (controlla non mi pare;
• Totale di bilancio inferiore a 2,8 milioni di ster- line.
Numero di dipendenti inferiore a 50
Il soggetto italiano che voglia aprire attività d’im- presa, ha in primo luogo facoltà di scegliere la forma giuridica nella quale vuole esercitare atti- vità d’impresa. Inoltre può decidere in quale pae- se UE intenda operare. Ciò in quanto il trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, in parti- colare gli articoli 49 e 54 consentono alle socie- tà costituite nei paesi membri di operare libera- mente in qualsiasi altro paese membro, restando assoggettate alla legge del paese di origine “liber- tà di stabilimento”. Questo quindi significa che anche l’imprenditore inglese che volesse aprire una sede secondaria in Italia può a sua volta fare tale scelta, mantenendo le disposizioni statutarie redatte secondo normativa inglese anche per la sede italiana, fosse anche che la sede operativa sia esclusivamente quella italiana.
n. 10 • 2013
Cos’è l’exit tax?
Risposta
Il trasferimento all’estero, con la perdita della residenza fiscale in Italia, dei soggetti che esercitano imprese è trattato come realizzo, al valore normale, dei componenti dell’azienda o del complesso aziendale Sul- le plusvalenze così generate vanno, quindi, versate le imposte sui reddi- ti (c.d. “exit tax”).
La plusvalenza si realizza nel periodo in cui avviene il trasferimento ed è considerata unitariamente, tenendo conto anche del valore dell’avvia- mento e di quello delle funzioni e dei rischi propri dell’impresa, deter- minati sulla base dell’ammontare che altre imprese indipendenti avreb- bero riconosciuto per il loro trasferimento.
Le perdite di esercizi precedenti non ancora utilizzate possono compen- sare prioritariamente il reddito dell’ultimo periodo d’imposta di residen- za in Italia; poi, l’eccedenza, insieme all’eventuale perdita dell’ultimo esercizio, può abbattere la plusvalenza tassabile.
A determinate condizione, la riscossione della exit tax può essere sospe- sa, su opzione dell’imprenditore esercitabile anche distintamente per ciascuno dei cespiti o dei componenti.
La sospensione del realizzo può essere richiesta per i trasferimenti di re- sidenza in Stati appartenenti all’Unione europea, oppure in Paesi ade- renti all’Accordo sullo Spazio economico europeo con i quali l’Italia ab- bia stipulato un accordo sulla reciproca assistenza in materia di riscos- sione dei crediti tributari.
L’imprenditore, in alternativa al pagamento immediato, può versare le imposte sui redditi:
nell’esercizio in cui, in base alla regole del Tuir, gli elementi dell’azien- da o del complesso aziendale trasferiti si considerano realizzati. Per le partecipazioni immobilizzate, la riscossione avviene, oltre che alla ces- sione, anche nell’esercizio di distribuzione degli utili o delle riserve di capitale. È obbligatorio il monitoraggio annuale delle plusvalenze in so- spensione. Sono, inoltre, richieste garanzie proporzionali all’ammonta- re dell’imposta sospesa.
In 10 quote costanti (l’esercizio in cui ha efficacia il trasferimento e i nove successivi), maggiorate degli interessi nella misura prevista per i casi di pagamento rateale (articolo 20, d.lgs. 241/1997). Anche in que- sto caso, sono dovute garanzie proporzionali all’importo dell’imposta sospeso. Non c’è, invece, l’obbligo di monitoraggio annuale.
n. 10 • 2013
Fiscalità estera
London
“CONVERSAZIONE DI AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE”
Venerdì 8 novembre 2013
Ore 9,00-18,00
Xxxxxxxxxx House – Xxxxx 000 0 Xxxxx’x Xxxxxx XX0X 0XX Xxxxxx
Partecipazione gratuita – buffet-lunch offerto
Ore 9,00 Registrazione partecipanti
Ore 10,00 Presentazione dell’Ufficio Studi.
Xxxxxxx Xxxxxxxx Avvocato in Reggio Xxxxxx
Ore 10,30 “Exit Tax” Italia e Panoramica Europea
L’Exit Tax si applica alle plusvalenze latenti nel caso di trasferimento dell’attività all’interno del- la comunità da uno stato ad un altro.
Xxxxxxxx Xxxxxx: Dottore Commercialista in Padova.
Xxxxx Xxxxxxx: Ragioniere Commercialista in Londra.
Ore 12,30 Buffet-lunch.
Ore 14,00 “Esterovestizione”
La carenza di requisiti nelle società residenti all’estero. Xxxxx Xxxxxxx: Ragioniere Commercialista in Londra. Xxxxxxxx Xxxxxx: Dottore Commercialista in Padova.
Ore 15,30 “Trasferimento della residenza all’estero: persone fisiche, società”
Determinazione degli elementi necessari affinché il trasferimento della residenza sia effettivo ed opponibile all’amministrazione fiscale italiana.
Xxxxx Xxxxxxx: Ragioniere Commercialista in Londra.
Ore 16,30 “Novità del quadro RW”
Le ultime modifiche introdotte dal legislatore in materia.
Xxxxx Xxxxxxxxx: Dottore Commercialista in Ragusa.
Ore 17,30 “Trasferimento di denaro da e verso l’estero”
Nuova regolamentazione delle comunicazioni obbligatorie per le banche.
Xxxxx Xxxx: business consultant e praticante Commercialista.
A tutti i partecipamenti viene offerto un abbonamento omaggio trimestrale alla Rivista “Fiscalità Estera”
I quesiti debbono pervenire entro l’1 novembre 2013 xxxx@xxxxxxx.xx.xx