AMMINISTRATIVO SUL CONTRATTO D’APPALTO
Dipartimento di / Department of
Sistemi Giuridici
Dottorato di Ricerca in / PhD program Scienze Giuridiche Ciclo / Cycle XXIX
Curriculum in (se presente / if it is) Diritto Amministrativo
I POTERI DI INTERVENTO DEL GIUDICE
AMMINISTRATIVO SUL CONTRATTO D’APPALTO
Cognome / Surname Mariani Nome / Name Carlo
Matricola / Registration number 049078
Tutore / Tutor: Prof.ssa Margherita Ramajoli
Cotutore / Co-tutor: Prof. Alfredo Marra (se presente / if there is one)
Coordinatore / Coordinator: Prof.ssa Margherita Ramajoli
ANNO ACCADEMICO / ACADEMIC YEAR 2016/2017
INDICE
Premessa: oggetto e piano della ricerca 5
1. Il quadro giuridico precedente alla Direttiva 2007/66/CE e del D.Lgs. 104/2010
1.1 Premessa 14
1.2 I contratti ad evidenza pubblica: breve inquadramento
……………………………………………………………...............................17
1.3 Implicazioni e problematiche dei due modelli. 22
1.4 La posizione del giudice ordinario: l’attenzione per il criterio di riparto 25
1.5 La posizione del giudice amministrativo: l’attenzione per l’effettività della tutela del ricorrente e gli ulteriori interessi in gioco 28
1.6 Il “concordato” del 2007 tra Sezioni Unite e Adunanza Plenaria 35
1.7 Esame critico della qualificazione del contratto 43
1.8 Le esigenze emerse nella prassi: la varietà delle situazioni e la complessità degli interessi in gioco 49
1.9 In particolare: le varie situazioni giuridiche conseguenti all’annullamento dell’aggiudicazione 51
1.10 In particolare: le diverse variabili inerenti al contratto 55
1.11Conclusioni. 60
2. Il quadro giuridico attuale
2.1 Il “fallimento” della direttiva 89/665/CEE (c.d. prima Direttiva ricorsi 66
2.2 Le innovazioni della Direttiva n. 66/2007/CE (c.d. seconda Direttiva Ricorsi): il rimedio preventivo dello ‘stand-still period’ 72
2.3 Il rimedio reale della dichiarazione di inefficacia del contratto 75
2.4 In particolare: la logica della “seconda direttiva ricorsi” 84
2.5 L’iter di recepimento della seconda direttiva ricorsi
................................................................................................................89
2.6 Il contenuto della disciplina: punti fermi e problemi aperti 93
2.7 Ridefinizione della problematica: la natura e la funzione dei poteri del giudice sulla sorte del contratto 99
2.8 Il recepimento della Direttiva in altri Paesi: il caso della Germania 105
2.9 Il caso della Spagna. 110
2.10 Conclusioni. 116
3. Gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali in ordine alla funzione e alla natura dei poteri del giudice amministrativo sulla sorte del contratto d’appalto
3.1 Premessa 118
3.2 Funzione e natura della pronuncia sull’efficacia del contratto: la tesi dell’inefficacia come sanzione: le varie opinioni dottrinali 124
3.3 Gli indirizzi giurisprudenziali riconducibili alla natura sanzionatoria dell’inefficacia 128
3.4 La tesi dell’inefficacia funzionalizzata al subentro del ricorrente nel contratto d’appalto: le varie opinioni dottrinali 130
3.5 Gli indirizzi giurisprudenziali riconducibili alla funzionalizzazione dell’inefficacia alla tutela del ricorrente 136
3.6 Le tesi sulla natura del giudizio demandato al giudice: la tesi del giudizio secondo diritto 145
3.7 La tesi del giudizio sulla sorte del contratto quale valutazione discrezionale: discrezionalità amministrativa, merito ed equità: nozioni e strutture 149
3.8 La tesi della discrezionalità amministrativa 155
3.9 La tesi del giudizio secondo equità. 158
3.10 La natura dei poteri secondo la giurisprudenza 160
Bibliografia 164
Premessa: oggetto e piano della ricerca
Il problema affrontato nel presente studio riguarda l’inquadramento degli speciali poteri del giudice amministrativo nelle controversie concernenti l’aggiudicazione degli appalti pubblici europei, per come attualmente disciplinati dalle disposizioni contenute negli artt. 121-125 del D.Lgs. 2.7.2010, n. 104 (c.d. codice del processo amministrativo) (1) e frutto di recepimento della Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 2007/66/CE (2).
Il termine speciali esprime l’idea ormai diffusa, sia in dottrina che in giurisprudenza, che, per effetto delle suddette disposizioni, alla specialità del rito, da tempo presente in materia di appalti pubblici, si è ora associata una vera e propria specialità del giudizio, in particolare per ciò che concerne quelli che, nel titolo del presente studio, si sono indicati, genericamente ed in maniera per lo più atecnica, come i “poteri di intervento” sul contratto d’appalto (3).
1 In principio, la disciplina dei poteri del giudice amministrativo in ordine alla sorte del contratto a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione era contenuta negli artt. 245 e ss. del D.Lgs. 20 marzo 2010, n. 53, recante “Attuazione della direttiva 2007/66/CE che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE per quanto riguarda il miglioramento dell'efficacia delle procedure di ricorso in materia d'aggiudicazione degli appalti”, disciplina poi trasfusa nel codice del processo amministrativo, una volta approvato.
2 Per esteso, “Direttiva 2007/66/CE del Parlamento Europeo dell’11 dicembre 2007 che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del Consiglio per quanto riguarda il miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso in materia d’aggiudicazione degli appalti pubblici”.
3 L’utilizzo dell’efficace espressione “possibile intervento del giudice” in ordine all’efficacia del contratto è utilizzata da D.VAIANO, Sindacato di legittimità e «sostituzione della pubblica amministrazione», in (a cura di) F.MANGANARO, A.ROMANO TASSONE - F.SAITTA, Sindacato giurisdizionale e «sostituzione» della pubblica amministrazione, atti del Convegno di Copanello 1-2 luglio 2011, Milano, 2011, p. 12; difficoltà di inquadramento che fin dagli esordi della vigenza della disciplina de qua la dottrina ha voluto sottolineare utilizzando vari aggettivi per indicare la particolarità del processo decisionale che la legge richiede al giudice amministrativo nella fattispecie in parola; sottolinea Greco come nonostante fosse atteso che l’attuazione della Direttiva 66 del 2007 dovesse comportare profonde innovazioni sul nostro sistema degli appalti pubblici, la disciplina attuativa «ha superato ogni immaginazione: ed ha consegnato all’interprete una complessa disciplina, che trasforma radicalmente istituti, categorie e ruoli consolidati», così G. GRECO, Illegittimo affidamentodell’appalto, sorte del contratto e sanzioni alternative nel D.Lgs. 53/2010, in Riv. it. dir. pubbl. com., 3, 2010, p. 729.
La scelta di tale locuzione vuole, infatti, sottolineare, la difficoltà della definizione della natura giuridica dell’azione del giudice amministrativo in relazione alla sorte del contratto a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione che le dette disposizioni sembrano delineare.
Per rendersi conto di ciò è sufficiente una lettura di alcuni frammenti delle disposizioni in parola, ed in particolare di quelle contenute nei surrichiamati artt. 121 e 122 c.p.a.
La fattispecie generale è la seguente: a seguito di ricorso giurisdizionale il giudice amministrativo ha annullato l’aggiudicazione di un contratto stipulato da un’amministrazione pubblica o da un soggetto comunque tenuto all’espletamento di una procedura ad evidenza pubblica; da tale pronuncia deriverebbe, a seconda della tipologia di vizio accolto, il dovere di riedizione di tutta o parte della gara o il dovere di procedere con l’aggiudicazione del contratto al ricorrente; sennonché, il giudice rileva che prima della proposizione del ricorso o nelle more del giudizio o comunque prima che fosse intervenuta la pronuncia di annullamento, l’amministrazione e l’originario illegittimo aggiudicatario hanno provveduto a stipulare il contratto e magari ad eseguire le prestazioni alle quali con esso si sono obbligati, e dunque si trova a doversi pronunciare sulla sorte di tale contratto illegittimamente aggiudicato.
Il giudizio su tale sorte del rapporto contrattuale è, per l’appunto, oggetto dei surrichiamati artt. 121 e 122 c.p.a. i quali disciplinano, rispettivamente, le sotto-fattispecie di “inefficacia del contratto nei casi di gravi violazioni” e di “inefficacia del contratto negli altri casi”.
Le gravi violazioni consistono nei casi in cui il giudice abbia accertato che: l’aggiudicazione definitiva sia intervenuta senza previa pubblicazione del bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana prescritti dal D.Lgs. 12.4.2006, n. 163 (4); l’aggiudicazione definitiva sia intervenuta con procedura negoziata senza bando o con affidamento in economia fuori dai casi consentiti e questo abbia determinato l’omissione
4 Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, Decreto come è noto ora abrogato dal D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 Codice dei contratti pubblici
della pubblicità del bando o avviso prescritti dalla disciplina delle procedure d’appalto; l’aggiudicazione definitiva sia avvenuta in violazione di qualsiasi regola giuridica prescritta dalla disciplina le modalità di affidamento del contratto e nel contempo che quest’ultimo sia stato stipulato in violazione dei
c.d. termini di stand-still (5), purché tale violazione aggiungendosi ai vizi propri della aggiudicazione definitiva abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento.
Orbene, nell’ambito di questi casi il giudice è tenuto ad effettuare una indagine in ordine a diversi aspetti al fine della decisione circa in ordine alla eventualità di dichiarare inefficace il contratto nel frattempo stipulato e, nel caso positivo, da quale momento dichiararla.
Per quanto riguarda la decisione in ordine all’elemento dell’an, prescrive il comma 2 dell’art. 121 c.p.a. che il contratto stipulato, pur in presenza delle gravi violazioni, resta efficace qualora venga accertato che «il rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse generale imponga che i suoi effetti siano mantenuti. Tra le esigenze imperative rientrano, fra l’altro, quelle imprescindibili di carattere tecnico o di altro tipo, tali da rendere evidente che i residui obblighi contrattuali possono essere rispettati solo dall’esecutore attuale (6)».
Una volta effettuato il giudizio sull’an, come detto, il giudice viene chiamato poi a decidere se la declaratoria di inefficacia riguarda le prestazioni ancora da eseguire alla data della pubblicazione del dispositivo, oppure operi in via retroattiva, e ciò sulla scorta «delle deduzioni delle parti e della valutazione della gravità della condotta della stazione appaltante e della situazione di fatto».
Ciò detto per quel che concerne le fattispecie di illegittima aggiudicazione rientranti nella categoria legislativa delle violazioni gravi, quanto alla seconda categoria (che esaurisce di fatto per differenza il più
5 Trattasi dei termini dilatori previsti dall’art. 32, commi 9 e 11, D.Lgs. 50/2016 per la stipula del contratto tra amministrazione e aggiudicatario e volti a consentire, a chi fosse interessato, di presentare ricorso giurisdizionale munito di istanza cautelare contro l’aggiudicazione medesima prima della stipula del contratto e di ottenere quantomeno una pronuncia di primo grado sulla detta istanza cautelare. L’istituto verrà descritto più nel dettaglio nell’apposito capitolo dedicato all’analisi della disciplina.
6 La disposizione delinea poi sommariamente il significato della espressione cercando di circoscriverne il campo soprattutto per ciò che concerne le valutazioni in ordine agli effetti economici derivanti dalla dichiarazione di inefficacia del contratto.
generale insieme delle ipotesi di annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione) viene previsto, che il giudice, una volta accertata l’illegittimità dell’aggiudicazione, debba decidere sia in ordine alla sorte del contratto medio tempore stipulato, sia in ordine al momento di decorrenza dell’eventuale inefficacia, «tenendo conto, in particolare, degli interessi delle parti, dell’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia proposta».
Prescrive, infine, l’art. 124, comma 1, seconda alinea, c.p.a. che «se il giudice non dichiara l’inefficacia del contratto dispone il risarcimento del danno per equivalente, subito e provato (dal ricorrente in conseguenza della mancata dichiarazione di inefficacia)».
Sicché, dalla lettura delle disposizioni parrebbe che al giudice degli appalti sia demandato un compito che si può dire, in via approssimata, di “gestione” della situazione del contratto dopo che ha appurato che il contraente, per come si è svolta la procedura di aggiudicazione, non aveva titolo per stipulare il contratto con la p.a., perché l’aggiudicazione spettava all’operatore economico ricorrente, oppure perché il ricorrente ha dimostrato che ove la p.a. avesse rispettato la procedura il medesimo avrebbe avuto la possibilità di aggiudicarsi la commessa; gestione da effettuarsi raccogliendo nella situazione concreta una serie di elementi sparsi che il legislatore ha sommariamente definito come guida per l’indagine.
Non un accertamento di una già prodottasi vicenda giuridica, ma una definizione dell’assetto degli interessi, a seguito di un giudizio di accertamento dell’illegittimità della procedura di gara avente, invece, carattere pacificamente contenzioso.
Ciò si manifesta, in particolare, in ordine ai casi nei quali, seppur in presenza di gravi illegittimità, il contratto deve rimanere eccezionalmente efficace, individuati dalla disposizione in base alla presenza di «esigenze imperative connesse ad un interesse generale», elemento la cui inconsistenza definitoria non consente all’interprete di focalizzare lo schema di fattispecie avuto in mente dal legislatore.
Si manifesta altresì, in maniera ancora più evidente, in ordine al profilo legato al momento di produzione dell’inefficacia del contratto (dunque quali prestazioni, o porzioni di esse, saranno eseguite dal contrente uscente e quali dal contraente subentrante), agganciata dalla disposizione in parola ad elementi eterogenei, generici e privi di ordine di importanza all’interno della valutazione.
Forma di “gestione” che si accentua leggendo la seconda disposizione richiamata, ove entrambi i profili dell’an e del quando della privazione di effetti del contratto sono legati a elementi generici, eterogenei e privi di ordine importanza circa il peso che ciascuno deve assumere nella valutazione.
In altre parole, si ha la percezione che la legge dipinga una situazione nella quale il giudice, rilevato “l’incidente” costituito dalla intervenuta stipula del contratto nelle more dell’accertamento giurisdizionale, sia chiamato ad una sorta di “riassegnazione” delle utilità derivanti dall’aggiudicazione tra i protagonisti della vicenda, e ciò sulla base di una soluzione che meglio si confà rispetto agli elementi della fattispecie concreta, e senza l’ausilio di schemi predefiniti.
Seguendo tale percezione, emergono, altrettanto istintivamente, almeno due tipi di anomalia: da una parte si ha l’impressione di una sorta di “invasione” dei poteri giurisdizionali rispetto al campo, tradizionalmente appannaggio dell’amministrazione, della scelta della miglior soluzione del caso concreto in vista del perseguimento di interessi pubblici e privati coinvolti nella vicenda; dall’altra, stona, avuto riguardo all’autonomia privata dei contraenti, ed alla sua normale intangibilità, la possibile rideterminazione (dal punto di vista quantomeno quantitativo, ma non si può escludere neppure qualitativo se si considerano gli appalti misti) del contenuto del contratto d’appalto.
Ed invero, tale impressione costituisce vero e proprio indirizzo dottrinale e giurisprudenziale, tutt’ora vigente, dal momento che diversi autori e numerose sentenze interpretano la natura di tali poteri in una qualche forma di discrezionalità decisionale.
Sicché, lo scopo che ci si propone con il presente studio è quello di indagare se tale percezione, corrisponda effettivamente a realtà giuridica, e dunque se questa esorbitanza rispetto alla normale funzione giurisdizionale
spettante la g.a., sia effettivamente sussistente, in che termini sussista e, nel qual caso, quali sono le principali implicazioni operative, e se si ponga un problema di giustificabilità all’interno di un ordinamento, quale il nostro, tradizionalmente improntato ad attentamente regolare i confini delle valutazioni demandate al corpo amministrativo da quelle demandate al corpo giurisdizionale.
Sempre procedendo per via intuitiva si può fin da ora rilevare che l’interpretazione di tale realtà giuridica non potrà prescindere dal considerare, oltre alla già accennata tematica della principio della separazione dei poteri in relazione al rapporto organo giurisdizionale e organo amministrativo, ed i congegni giuridici ad esso connessi, un altro importante fenomeno del diritto amministrativo moderno, pure emergente in diversi settori e istituti del nostro ordinamento, ed in special modo il settore degli appalti pubblici, quale l’influenza dell’ordinamento europeo nella (ri)definizione degli istituti e delle categorie di diritto amministrativo interno.
Tali tematiche presentano difficoltà intrinseche e di coordinamento reciproco.
Quanto al primo profilo, infatti, la difficoltà è dovuta al fatto che anche il termine di paragone con il quale confrontare, e eventualmente inquadrare, il giudizio speciale degli appalti pubblici è in questo momento storico non chiaro (7); ed infatti, il codice al termine di una lunga evoluzione del processo amministrativo, sospinta dal principio di effettività della tutela giurisdizionale e del giusto processo, ha delineato, se non una sorta di fusione, comunque un profondo riavvicinamento tra le precedenti forme di giurisdizioni, sostanzialmente tendendo ad avvicinare i poteri ed il risultato di tutela conseguibile dal ricorrente nelle tre dimensioni giurisdizionali di legittimità, esclusiva ed estesa al merito; tali tre tipologie di funzione giurisdizionale,
7 Tra le moltissime riflessioni e commenti, F.MERUSI, Il codice del giusto processo amministrativo, in Dir. proc. amm, 1, p. 1 e ss.; G.SPATTINI, Note minime su autorità indipendenti, separazione dei poteri e «giusto processo» nel Codice: ancora una «ingiustizia amministrativa» nei confronti della discrezionalità tecnica?, in www.giustamm.it; F.G. SCOCA, Osservazioni eccentriche, forse stravaganti, sul processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 3, 2015, p. 847 e ss.; ID., considerazioni sul nuovo processo amministrativo, in www.giustamm.it; A.PAJNO, Il codice del processo amministrativo tra «cambio di paradigma» e paura della tutela, in Giorn. dir. amm., 2010, p. 885 e ss.; A.TRAVI, Considerazioni sul recente codice del processo amministrativo, in Dir. pubb., 3, 2010, p. 585 e ss.; A.CORPACI, Il codice del processo amministrativo tra effettività della tutela e problemi di durata del rito ordinario, in Dir pubb., 3, 2010, p. 609 e ss.
infatti, pur mantenendosi ferme a livello di formulazione (8), e pur mantenendo le proprie peculiarità di disciplina, hanno raggiunto, con il codice, una sorta di sincronizzazione, rappresentata icasticamente dall’unicità sistematica della collocazione della disciplina delle azioni e delle pronunce del giudice9, e, dal punto di vista della disciplina istruttoria, nonché, come detto, dal riavvicinamento dei risultati di tutela; sincronizzazione di disciplina che sembra un modello di tutela molto flessibile, ma nello stesso tempo che stempera la nettezza e distinguibilità dei modelli precedenti, in uno con le rispettive rationes.
Quanto al secondo profilo, occorre osservare che, come ampiamente rilevato dalla dottrina, il diritto europeo incide nel nostro ordinamento in modo oramai così diffuso e pervasivo che alcune categorie fondamentali del nostro diritto amministrativo, sulle quali poggiano numerosi ragionamenti speculativi ed applicativi, si trovano (o dovrebbero trovarsi) ad essere sovvertite.
Quanto infine alle criticità di coordinamento, risulta evidente che, se si ammette che in una qualche misura l’ordinamento europeo possa incidere sulle nostre forme processuali, la ricerca della soluzione della problematica di inquadramento che ci si è posta non possa che andare alla ricerca di punti di contatto tra i due ordinamenti.
La complessità della tematica è evidente già dal generico tratteggiamento fornito, il quale, per questo motivo, altro non vuole essere che una semplice introduzione dell’indagine.
Ed infatti, la suddetta complessità suggerisce una trattazione che proceda per gradi anche nella stessa impostazione dei termini del problema, il quale, si ritiene, possa trovare una migliore comprensione attraverso un procedimento di (ri)definizione progressiva, al termine di ciascuna fase dello studio.
Sicché, cercando di dare concretezza a tale direttiva metodologica, il primo capitolo del presente studio avrà ad oggetto la descrizione dell’evoluzione diacronica del quadro giuridico precedente all’entrata in
8 L’art. 7, comma 3, c.p.a. dispone esplicitamente che «la giurisdizione amministrativa si articola in giurisdizione generale di legittimità, esclusiva ed estesa al merito».
9 Contenute unitariamente rispettivamente nel capo II del Titolo III (“azioni di cognizione”) e del Titolo IV (“pronunce giurisdizionali”).
vigore della disciplina vigente; quadro che, non essendoci stata prima dell’intervento del 2010, alcuna presa di posizione del Legislatore in ordina alla problematica (salvo in ordine a particolari fattispecie contrattuali, quali i contratti aventi ad oggetto opere strategiche), è costituito da varie ricostruzioni di tipo giurisprudenziale e dottrinale.
L’esposizione delle elaborazioni precedenti, accorpate negli orientamenti maggiormente significativi per numero e qualità delle espressioni, pare che abbiano una importante funzione anche per l’interpretazione della disciplina attuale, almeno sotto un duplice profilo.
In primo luogo, alcuni orientamenti attuali sembrano interpretare la lacunosa e criptica disciplina attuale come una sorta di conferma da parte del Legislatore delle ricostruzioni propugnate precedentemente.
In secondo luogo, l’esame dell’antecedente dibattito consente di mettere in luce le esigenze che il quadro precedente faticava a recepire entro schemi codificati, e di avere così una chiave di lettura della impostazione che cripticamente il Legislatore ha inteso imprimere alla disciplina attuale. Non si può infatti pensare che il legislatore, nella definizione delle disposizioni, non abbia fatto riferimento alle istanze di tutela emerse nel contesto giuridico l’intervento legislativo.
Una volta delineato il quadro precedente nei termini sopra indicati, nel secondo capitolo si procederà dunque all’analisi del diritto positivo ed in particolare delle fonti attualmente incidenti sulla problematica, ovverosia gli artt. 2-quinquies e ss. della Direttiva 66/2007/CE e gli artt. 121-125 D.Lgs. 104/2010, nell’ambito del quale verrà fornita altresì una breve disamina di diritto comparata. Al termine di tale fase dello studio la problematica andrà dunque ridefinita nei suoi termini attuali.
Nel terzo capitolo, verrà offerta una doverosa ricognizione degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, le cui impostazioni e sguardi di insieme, oltre a dare un riferimento sullo stato dell’arte del dibattito, costituiranno la base per dare ulteriore profondità di significato ai termini della problematica.
Infine, il quarto ed ultimo capitolo viene dedicato al tentativo di fornire una ricostruzione che, prendendo le mosse dalla impostazione che si ritiene più convincente tra quelle emerse nel panorama delle offerte
interpretative, ne sviluppi ulteriormente le implicazioni di sistema e operative.
1. Il quadro giuridico precedente alla Direttiva 2007/66/CE e al D.Lgs. 104/2010
SOMMARIO: 1.1 Premessa – 1.2 I contratti ad evidenza pubblica: breve inquadramento – 1.3 Implicazioni e problematiche dei due modelli –
1.4 La posizione del giudice ordinario: l’attenzione per il criterio di riparto – 1.5 La posizione del giudice amministrativo: l’attenzione per l’effettività della tutela del ricorrente e gli ulteriori interessi in gioco – 1.6 Il “concordato” del 2007 tra Sezioni Unite e Adunanza Plenaria – 1.7 Esame critico della qualificazione del contratto - 1.8 Le esigenze emerse nella prassi: la varietà delle situazioni e la complessità degli interessi in gioco - 1.9 In particolare: le varie situazioni giuridiche conseguenti all’annullamento dell’aggiudicazione - 1.10 In particolare: le diverse variabili inerenti al contratto - 1.11 Conclusioni
1.1 Premessa
Procedendo con ordine secondo il piano di indagine che ci si è dati, occorre in primo luogo ripercorre brevemente il substrato giuridico nell’ambito del quale la disciplina dei poteri di intervento del giudice amministrativo si è inserita; infatti, come già si è accennato, e come si tenterà di illustrare nel prosieguo, la formulazione delle disposizioni sembra in qualche modo cercare di comporre alcune istanze che erano già emerse nel quadro giuridico precedente, e la cui visione si pone dunque opportuna al fine di fornire una completa interpretazione del dato positivo.
La questione della declinazione dei poteri del giudice sui contratti d’appalto costituisce invero una tappa di un lungo percorso che ha riguardato il più generale problema della sorte del contratto a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione.
Più generale nel senso che prima che intervenisse la nuova normativa, come detto frutto di recepimento di una specifica direttiva europea, la questione della sorte del contratto si è posta in termini differenti, e si può dire che presentava maggiori aspetti problematici, e ciò poiché non riguardava solamente la natura dei poteri del giudice amministrativo, ma più a monte, le conseguenze dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto, nonché il plesso giurisdizionale, ordinario o amministrativo, eventualmente deputato a conoscerle e dichiararle.
Con la nuova disciplina si è stabilito, infatti, che della sorte del contratto a seguito di annullamento giurisdizionale della relativa aggiudicazione, conosce il g.a. in sede di giurisdizione esclusiva (10) e che tale sorte si configura come una potenziale inefficacia in presenza di altri presupposti, più sopra sommariamente indicati, che il giudice è chiamato a valutare.
Tuttavia, in assenza di tale presa di posizione del Legislatore, in passato le suddette questioni sono state oggetto di soluzioni frutto di ragionamenti pretori e dottrinali, con un numero di tesi e sotto-tesi notevole, e per di più in continuo aggiornamento mano a mano che qualche nuova disposizione lambisse il tema e dunque si prestasse ad essere utilizzata per trovare quella che può davvero definirsi come una vera e propria quadratura del cerchio.
Si può dire però, che al centro del dibattito, come è spesso accaduto nel nostro ordinamento improntato ad un sistema di giustizia amministrativa di tipo dualista e basato, in generale, sulla qualificazione della situazione giuridica soggettiva azionata, si è posta la questione della giurisdizione sul contratto.
Ed infatti, se in ordine alla pretesa all’annullamento dell’aggiudicazione non si ponevano dubbi sulla sussistenza della giurisdizione del g.a., essendo il provvedimento di scelta del contraente
10 Dispone, infatti, ora l’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, che «sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge: (…) e) le controversie (…) relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell'aggiudicazione ed alle sanzioni alternative».
qualificato (quantomeno) come atto amministrativo, giustificati dubbi sorgevano in ordine alla pronuncia che, qualunque fosse considerata la sorte del contratto “prescelta”, accertava la cessazione del rapporto contrattuale tra i precedenti contraenti (p.a. e operatore privato illegittimamente selezionato); essendo una pronuncia posizioni giuridiche paritarie, di primo acchito, la cognizione sembrava dovesse spettare al g.o., salva l’inclusione della materia all’interno della giurisdizione esclusiva del g.a., opzione effettivamente intervenuta in un certo momento, ma che, in virtù della nota diatriba circa l’esatto confine delle controversie di diritto soggettivo conoscibili dal g.a. anche in sede di giurisdizione esclusiva scatenata dalla nota sentenza della Corte Costituzionale 6.7.2004, n. 204, non ha fornito una soluzione decisiva alla problematica.
Senza alcuna pretesa di completezza, e nei limiti dell’utilità che si è attribuita a tale sezione dello studio, si intende analizzare più nel dettaglio i suddetti indirizzi, raggruppandoli per tendenze omogenee, ed indicando le principali implicazioni operative che ciascuna impostazione recava con sé.
Dapprima, come si è detto, occorre tuttavia esporre nei suoi termini completi il problema per come si poneva nel quadro precedente, ed a tal fine è d’uopo una breve illustrazione di alcuni concetti e problemi relativi alla fattispecie del contratto ad evidenza pubblica, cui appartengono i contratti d’appalto.
1.2. I contratti ad evidenza pubblica: breve inquadramento
I contratti ad evidenza pubblica sono una particolare fattispecie che si inserisce nel più vasto fenomeno dell’attività consensuale della pubblica amministrazione (11).
Secondo la sistemazione operata da Massimo Severo Giannini (12), nel nostro ordinamento il quadro dei contratti della pubblica amministrazione si divide in tre grandi categorie: i contratti ordinari, i contratti speciali ed i contratti ad oggetto pubblico.
I primi sono contratti di diritto comune, quali vendite, locazioni, contratti d’opera, di somministrazione, e ogni altro tipo di contratto che qualunque soggetto può concludere usando della propria autonomia privata e delle norme di diritto privato; in particolare, tali contratti non subiscono modifiche dovute al fatto che una delle parti sia un soggetto qualificabile come amministrazione pubblica.
Il secondo gruppo consta, invece, di quei contratti denominati, come detto, speciali, in quanto, seppur retti da norme di diritto privato, risultano disciplinati in base ad un regime speciale e derogatorio rispetto alla normale regolamentazione del codice civile; a differenza di quelli appartenenti al primo gruppo, trattasi di contratti che possono essere conclusi solo da amministrazioni pubbliche (13).
La terza categoria è costituita, infine, dai contratti ad oggetto pubblico (da alcuni denominati anche contratti di diritto pubblico). Come i precedenti, anche tali contratti possono essere conclusi solo da amministrazioni pubbliche, ma, a differenza di essi, si collegano in modo più o meno stretto
11 G.PERICU-M.GOLA, L’attività consensuale dell’amministrazione pubblica, in Diritto amministrativo, vol. II, Bologna 2005, p. 283 e ss., ove viene offerta una illustrazione fenomenica e una ricostruzione giuridica delle varie forme di attività consensuale della pubblica amministrazione.
12 M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, Vol. II, Milano, 1993, p 363 e ss.
13 Venivano citati da Giannini, quali esempi, i contratti di trasporto ferroviario, i contratti di deposito in magazzini generali, alcune figure di credito speciale, come il credito agrario, cinematografico, ecc.
ad un provvedimento amministrativo del quale costituiscono un complemento necessario o una integrazione o, talvolta, persino un’alternativa di realizzazione.
All’interno di questa tripartizione di carattere tipologico, secondo la sistematica delineata dall’Illustre Autore, i contratti ad evidenza pubblica si profilano come categoria trasversale. Viene detto, infatti, che essi non formano «una categoria come le tre or dette, ma stanno a sé, come categoria contraddistinta da una particolare procedura di conclusione; sono cioè una categoria procedimentale, che dal punto di vista sostanziale può essere applicata a contratti ordinari, speciali e ad oggetto pubblico (14)».
Il problema cui risponde il modello del contratto ad evidenza pubblica è in particolare il seguente.
La premessa da cui muove la teoria della fattispecie del contratto ad evidenza pubblica è che il contratto risulta inidoneo ad essere valutato sotto il profilo della sua conformità al pubblico interesse e, nel contempo, il procedimento per il suo venire in essere non assume rilievo in rapporto alla validità dell’atto, se non per ciò che attiene ai vizi della volontà.
In altri termini, si ricorda che l’atto amministrativo è invalido ove sia assunto per fini che la norma attributiva del potere non prevede, mentre il contratto è sicuramente valido se persegue una causa lecita e i motivi che l’hanno determinato sono anch’essi leciti, e ciò anche ove sia inidoneo al perseguimento di un obiettivo di pubblico interesse; inoltre il farsi dell’atto amministrativo è soggetto alle regole procedimentali che concretano anche valori costituzionalmente garantiti – come il principio di eguaglianza – mentre il negozio di diritto privato resta insensibile, o “neutrale”, rispetto alle esigenze sottese a tali regole per ciò che riguarda il regime della propria validità (15).
Sicché, da una parte, il regime del contratto è inidoneo all’applicazione di meccanismi di controllo funzionale e di rispetto del principio di legalità (in senso lato), vincoli irrinunciabili in ordine all’azione amministrativa; dall’altra, lo strumento del contratto, in certi casi, si pone
14 M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo cit., p. 363 e ss.
15 G.PERICU-M.GOLA, L’attività consensuale dell’amministrazione pubblica, in Diritto amministrativo, vol. II, Bologna 2005, p. 286 e ss.
come strumento indispensabile per l’azione amministrativa, ad esempio in ordine all’esigenza di acquistare nel mercato beni e servizi strumentali; in altri casi, pur non essendo indispensabile, la duttilità propria del diritto privato consente all’amministrazione di aumentare l’efficienza della propria azione, rispetto all’agire secondo il modulo del potere autoritativo.
Al fine della composizione di queste contrapposte istanze viene costruita per l’appunto la fattispecie denominata ad evidenza pubblica (detta anche fattispecie “a doppio stadio”), ossia una fattispecie complessa, ma unitaria, in cui comportamenti giuridicamente rilevanti che si concretano in atti giuridici disciplinati alcuni dal diritto pubblico (sostanzialmente sottoposti al regime del procedimento e dei provvedimenti amministrativi), convivono con comportamenti rilevanti disciplinati dal diritto civile.
In particolare, attraverso tale figura, si impone all’amministrazione contraente di porre, appunto, in evidenza, ossia di esternare, le ragioni di pubblico interesse di alcune scelte che, invece, per i “normali” soggetti giuridici, costituirebbero espressione di libertà negoziale (quali le ragioni: della decisione di addivenire alla stipula del contratto, della decisione di stipulare il contratto appartenente a quel particolare tipo e con quel particolare contenuto, nonché della decisione di stipulare il contratto con quella controparte), e ciò al fine di sottoporre tali decisioni al controllo di conformità rispetto alla legge da parte dell’autorità che su essa amministrazione contraente esercita il controllo (16).
Ciò detto dal punto di vista della struttura generale, diversi possono essere, in astratto, gli scopi e i valori sottesi alla suddetta procedimentalizzazione.
Nel nostro ordinamento, in particolare, la procedura ad evidenza pubblica è stata ispirata, almeno inizialmente, attraverso il sistema normativo
16 Viene ricordato come la costruzione teorica del doppio grado sia venuta ad assolvere una duplice funzione. Da un lato, essa «fornisce una giustificazione all’attribuzione all’amministrazione di poteri che esorbitano dal diritto privato e conduce il giudice ordinario ad escludere la propria competenza giurisdizionale in relazione alla fase precedente all’approvazione del contratto. Dall’altro, assolve lo scopo di incrementare la tutela giurisdizionale del contraente privato, consentendogli l’impugnazione davanti al giudice amministrativo degli atti pubblicistici, rispetto ai quali assumono rilievo quei vizi sostanziali non direttamente riferibili alla figura del contratto»; così M. RAMAJOLI, La Cassazione riafferma la giurisdizione ordinaria sul rapporto contrattuale tra amministrazione e aggiudicatario, in Dir. proc. amm.,2, 2008, p. 523.
di contabilità pubblica, da scopi di mera efficienza ed economicità dell’azione contrattuale dell’amministrazione (17).
La funzione e la struttura del procedimento, sono, invece, mutati sensibilmente con l’intervento dell’ordinamento europeo, il quale ha imposto quale valore di riferimento, per i contratti di appalto di maggior rilievo economico, non più l’interesse all’efficienza e all’economicità dell’azione contrattuale della pubblica amministrazione, bensì il diverso interesse dell’apertura del mercato dei contratti stipulati da pubbliche amministrazioni e dai soggetti ad esse equiparati (18); in altre parole, la normativa europea non persegue l’obiettivo dell’efficienza della spesa della pubblica amministrazione, bensì il fine di assicurare l’effettività della libera circolazione delle merci e dei servizi all’interno dello spazio giuridico dell’Unione.
Quale che sia l’interesse pubblico sotteso alla procedura, tra le regole che guidano la formazione della volontà del soggetto sottoposto alla disciplina dell’evidenza pubblica, quelle che dispongono circa il modo di scelta del contraente fondano una pretesa giuridicamente protetta alla loro osservanza in capo ai soggetti interessati all’ottenimento della commessa e nei confronti dell’amministrazione contraente (19).
Sicché, la presenza nella serie pubblicistica di atti ai quali si correlano interessi giuridicamente protetti dei terzi ha comportato il possibile innestarsi nella vicenda di un contenzioso sottoposto alla giurisdizione amministrativa con oggetto la tutela di situazioni di interesse legittimo.
All’interno del modello del contratto ad evidenza pubblica esiste poi una variante ricostruttiva secondo la quale il procedimento ad evidenza
17 R.D. 18.11.1923, n. 2440 e R.D. 23.5.1924, n. 827.
18 M. IMMORDINO – M.C. CAVALLARO, I contratti della pubblica amministrazione, in (a cura di) F.G. SCOCA, Manuale di diritto amministrativo, Torino, 2014, p. 405.
19 Invero, viene ricordato che, almeno inizialmente, le esigenze di tutela del terzo, e cioè del soggetto non parte contrattuale, non venivano tenute in grande considerazione. Ma, «via via si fa strada l’idea che il carattere funzionale delle scelte amministrative attribuisca agli atti attraverso i quali esse si esprimono carattere esterno, con la conseguenza che ai soggetti coinvolti in tali scelte si vedono riconosciute situazioni giuridiche tutelabili in termini più ampi di quanto consentirebbe l’applicazione delle categorie privatistiche». Sicché, in questo modo, «la specialità amministrativa e del foro amministrativo diviene garanzia non solo per l’interesse pubblico, non solo per l’interesse del privato contraente, ma anche per l’interesse dei soggetti terzi rispetto al rapporto bilaterale»; così M. RAMAJOLI, La Cassazione riafferma la giurisdizione ordinaria sul rapporto contrattuale tra amministrazione e aggiudicatario cit., pp. 542-543; in tema cfr. A. BENEDETTI, I contratti della pubblica amministrazione tra specialità e diritto comune, Torino, 1999.
pubblica non avrebbe una doppia valenza, bensì costituirebbe un fenomeno unitario diretto a formare la volontà contrattuale della pubblica amministrazione. In particolare, tale impostazione non nega che gli atti che compongono il procedimento ad evidenza pubblica abbiano natura amministrativa, ma ritiene che vada maggiormente esaltato il profilo privatistico della vicenda attraverso un capovolgimento della prospettiva tradizionale. Si dice, infatti, che «non è il contratto che si inserisce (in posizione quasi servente) in un contesto necessariamente pubblicistico, sebbene sono i profili pubblicistici dell’evidenza pubblica che si inseriscono
– per disciplina positiva – nel processo di formazione del contratto e, cioè, in un fenomeno che di per sé è sicuramente civilistico (20)».
L’inserimento di profili pubblicistici in un contesto privatistico comporta, secondo l’orientamento in esame, che gli atti amministrativi producano “effetti civilistici” e siano «direttamente costitutivi della volontà contrattuale dell’amministrazione (21)». Per descrivere tale fenomeno di fusione tra profilo pubblicistico e profilo privatistico, viene coniato il termine di atto amministrativo negoziale.
Ciò detto in ordine all’orientamento tradizionale, e della sua principale variante, occorre dare conto di un’altra ricostruzione presente nel panorama dottrinale che risolve diversamente il problema della funzionalizzazione del contratto stipulato dalla pubblica amministrazione.
Tale secondo orientamento muove infatti dal presupposto che anche l’attività contrattuale dell’amministrazione, come quella autoritativa, deve considerarsi retta dal principio di legalità, sub specie di legalità indirizzo, che la vincola al perseguimento del pubblico interesse; in quanto tale, essa deve considerarsi espressione di un potere amministrativo e non di autonomia negoziale, che postula una libertà di determinazione del soggetto; da che ne deriverebbe l’esclusione della qualificazione dell’accordo come contratto di diritto privato.
20 G. GRECO, Argomenti di diritto amministrativo cit., p. 171.; in relazione al tema, assai spinoso, del rapporto tra le due fasi di cui si compone la fattispecie, S.S.SCOCA, Evidenza pubblica e contratto. Profili sostanziali e processuali, Milano, 2008.
21 Con implicazioni in ordine alla sussistenza di una responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione in relazione alla fase di scelta del contraente nonché alla sorte del contratto in caso di annullamento dell’aggiudicazione, Cfr. G. GRECO, Argomenti di diritto amministrativo cit., p. 171.
Se, infatti, si afferma, la nozione di autonomia contrattuale ricomprende in sé la libera valutazione degli interessi e del modo di soddisfarli, è giocoforza concludere che nel caso in esame – attesa la sussistenza di una finalizzazione degli interessi imposta dal principio di legalità indirizzo – non possa riconoscersi l’esistenza di un siffatto potere di autonomia negoziale (22). Il dovere insito nel concetto di funzionalizzazione elimina, dunque, nella prospettiva in parola, la libertà insita nel concetto di autonomia negoziale, quale capacità di autoregolare i propri interessi.
1.3 Implicazioni e problematiche dei due modelli
Ciò detto in ordine alla due principali ricostruzione del fenomeno dell’accordo stipulato dalla pubblica amministrazione per l’acquisto di beni e servizi da soggetti operatori privati, occorre dare conto delle principali implicazioni e problematiche che influenzano la questione oggetto di indagine della definizione dello statuto giuridico dei poteri del giudice amministrativo sul contratto.
Si è già detto che la qualificazione come atti amministrativi dei comportamenti che precedono la stipula del contratto comporta l’applicazione del relativo regime; le regole procedurali fondano poi situazioni giuridicamente qualificate e protette in capo ad alcuni soggetti interessati alla stipulazione del contratto, qualificate dalla giurisprudenza
22 S. CIVITARESE MATTEUCCI, Regime giuridico dell’attività amministrativa e diritto privato, in Dir pubbl., 2003, p. 405; da ultimo, propugna la tesi dell’inquadramento dei contratti ad evidenza pubblica, ivi compresi gli appalti, all’interno degli accordi procedimentali E. STICCHI DAMIANI, La caducazione degli atti amministrativi per nesso di presupposizione, in Dir. proc. amm., 2003, p. 633; in senso critico verso tale impostazione si è espresso Giannini, secondo il quale «La tesi che si tratti solo di procedimento amministrativo non può essere accettata, perché se il contratto ad evidenza pubblica è pur sempre un contratto, fonte di obbligazioni regolate dal diritto privato, non può non avere delle dichiarazioni nelle quali si concreti l’accordo delle parti; or il procedimento amministrativo – come si è visto – può contenere accordi, ma sempre in vista della determinazione dell’oggetto del provvedimento, non in vista della nascita, modificazione o estinzione di un rapporto contrattuale»; in senso critico sembra invero esprimersi anche in relazione alla tesi della “doppia natura”, seppur senza una precisa confutazione; si dice infatti che «dire, d’altra parte, che si hanno atti aventi duplice natura, di dichiarazioni negoziali e di atti del procedimento, è parimenti da respingere, perché siffatte tesi non spiegano nulla»; M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo cit., p. 363 e ss.
come interessi legittimi in virtù della natura di atti amministrativi dei comportamenti concretanti la serie procedimentale ad evidenza pubblica.
Nel nostro sistema di giustizia di tipo dualistico, ciò comporta che le controversie relative alla procedura di stipula del contratto siano di competenza del giudice amministrativo, quelle relative all’esecuzione del contratto, afferendo a diritti soggettivi, siano di competenza del giudice ordinario.
Né, come detto, l’istituto della giurisdizione esclusiva è stato in grado di superare tale dualismo, posto che, a seguito della nota presa di posizione della Corte Costituzionale a partire dalla nota sentenza 6.7.2004, n. 204, la giurisdizione del giudice amministrativo è sempre condizionata dalla sussistenza, nella singola controversia, di una contestazione del legittimo esercizio del potere pubblico (23).
Dunque, la prima criticità del modello concerne il problema della qualificazione della posizione azionata ai fini del riparto delle controversie, nonché, in ogni caso, le inevitabili disfunzioni riguardanti la cognizione di due plessi giurisdizionali relativamente alla medesima fattispecie.
La seconda principale criticità si pone dal punto di vista della definizione delle interrelazioni che intercorrono tra la fase pubblicistica e la fase disciplinata dal diritto civile dal punto di vista della rilevanza dell’illegittimità della procedura ad evidenza pubblica rispetto al contratto stipulato (24).
Si tratta di capire se e come gli atti che compongono la fase pubblicistica influenzano il venire in essere e la validità del contratto stipulato, in particolare quando tali atti amministrativi risultino viziati, o annullati in sede di controllo giurisdizionale o amministrativo, od in sede di autotutela; in altre parole quale sia la sorte della relazione giuridica sviluppata
23 In base a tale presa di posizione, dunque, il giudice amministrativo può conoscere sia di interessi legittimi che di diritti soggettivi, purché la materia sia attribuita dalla giurisdizione esclusiva da parte del legislatore, e purché vi sia la presenza di potere pubblico nella singola controversia, il che di fatto rischia svuotare di senso l’istituto posto, seguendo l’impostazione teorica tradizionale, se c’è potere non può esserci diritto, e viceversa se c’è diritto non può esserci potere, in tal senso, F.G. SCOCA, Le situazioni giuridiche dei privati, in (a cura di) F.G.SCOCA), Diritto amministrativo, Torino, 2014, p. 43.
24 Su questo tema, G.GRECO, La trasmissione dell’antigiuridicità (dell’atto amministrativo illegittimo), in Studi in onore di Leopoldo Mazzarolli, Padova, 2007, p. 237 e ss
dagli originari contraenti, in virtù di una violazione delle regole che presiedono la formazione della “volontà” del soggetto contraente pubblico.
Dal punto di vista che qui interessa, ossia della relazione tra ricorrente e giudice, il problema si traduce nella individuazione delle azioni esperibili dal concorrente e del loro regime giuridico, nonché del giudice, ordinario o amministrativo, deputato a conoscerle.
Tali problematiche sembrano più agevolmente superabili se si adotta il modello che ricostruisce in chiave interamente pubblicistica la vicenda; ed infatti, posto che il contratto è frutto dell’esercizio di potere pubblico l’annullamento degli atti che ne precedono la stipula ne determina l’automatica caducazione (analogamente a quanto avviene in caso di annullamento dell’atto presupposto nelle fattispecie dei provvedimenti collegati); dall’altra parte, posto che con la stipula del contratto la p.a. agisce sempre come autorità, la questione degli effetti del contratto viene certamente attratta nella giurisdizione del g.a.
Le logiche conseguenze che tale secondo modello implica sono tuttavia fortemente limitative dell’affidamento del contraente circa la stabilità e serietà della relazione contrattuale, posto che in virtù dei poteri di autotutela connaturati al potere autoritativo, seguendo questa impostazione il vincolo negoziale risulta di fatto nelle mani dell’amministrazione.
Ciò detto dal punto di vista della cornice dogmatica di riferimento, risulta ora possibile dare conto delle soluzioni giurisprudenziali adottate nel periodo antecedente l’entrata in vigore della nuova disciplina sui poteri del giudice sul contratto d’appalto.
1.4 La posizione del giudice ordinario: l’attenzione per il criterio di riparto
Posto quanto sopra in ordine ai caratteri generali della problematica, nelle soluzioni adottate dalla giurisprudenza vi è stata una sostanziale divaricazione di vedute tra il giudice ordinario ed il giudice amministrativo.
Principiando dalla visione del g.o., l’impostazione storica della Corte di Cassazione si è sempre mossa nella preoccupazione di dare una sistemazione chiara e semplice al problema della distribuzione delle controversie tra i due plessi giurisdizionali, che preservasse a favore del giudice ordinario la cognizione di tutti i rapporti paritari a vario titolo implicati nella vicenda della contrattazione con la p.a. (25).
Tale obiettivo è stato perseguito attraverso una ricostruzione nel senso di una separazione netta tra le due fasi; in particolare, secondo l’opinione storica della Suprema Corte, fondata sul modello tradizionale del contratto ad evidenza pubblica, la fase amministrativa, con le connesse situazioni di interesse legittimo ricondotte alla cognizione del g.a., si chiude con l’aggiudicazione del contratto, momento che segna l’inizio della fase negoziale caratterizzata dalla presenza di rapporti paritari di diritto soggettivo, e la cui cognizione è rimessa al g.o.
In particolare, in applicazione di tale criterio di riparto, la questione della sorte del contratto, posizionandosi dopo l’aggiudicazione del contratto, doveva rientrare nella giurisdizione del g.o., al quale dunque il ricorrente che avesse ottenuto l’annullamento dell’aggiudicazione da parte del g.a. era costretto successivamente a rivolgersi.
Ciò posto in ordine al riparto delle controversie, quanto agli effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione rispetto al contratto stipulato, la
25 G. GRECO, Argomenti di diritto amministrativo, cit. p. 169.
giurisprudenza del giudice civile si è costantemente espressa nel senso qualificare il contratto “colpito” dall’annullamento dell’aggiudicazione secondo le ipotesi di invalidità nominate e disciplinate dal codice civile, ed in particolare l’annullabilità e la nullità.
In particolare, secondo un primo preponderante orientamento la fattispecie contrattuale doveva qualificarsi in termini di annullabilità, e ciò secondo vari fondamenti, tutti comunque, come detto, rinvenuti nell’ambito del codice civile (26).
Questa soluzione, nell’ottica della tutela del concorrente, costituiva una sorta di paradosso, avendo riguardo al regime dell’azione di annullamento del contratto per come disciplinata dal codice civile.
Ed infatti, posto che il vizio del consenso si poneva in capo alla p.a., sulla scorta di quanto previsto dall’art. 1441, comma 1 c.c. l’annullamento del contratto poteva essere richiesto solamente dall’amministrazione medesima, entro i cinque anni previsti a pena di prescrizione dall’art. 1441, comma 1 c.c.
Sicché, seppur venisse garantito che il contraente “pretermesso” potesse far valer nei confronti dell’amministrazione la pretesa alla legittimità della procedura di selezione, la qualificazione del contratto come annullabile comportava che il privato era di fatto privo di uno rimedio inteso a garantirgli l’ottenimento del bene della vita anelato, e doveva sperare che la p.a. instaurasse l’apposito giudizio di fronte al g.o.
E peraltro, qualora l’amministrazione non si adoperasse per ottenere il suddetto annullamento, il giudicato amministrativo si traduceva, almeno fino alla nota sentenza delle Sezioni Unite del 1999 (27), in una tutela del tutto vuota, non potendo il concorrente pretermesso neppure contare sul
26 La tesi tradizionale è stata quella dell’annullabilità del contratto ex art. 1441 c.c., per un vizio nella formazione della volontà della p.a., di cui l’evidenza pubblica costituirebbe una regola particolare; tale tesi è riassunta nella ricorrente massima secondo la quale «in tema di vizi concernenti l’attività negoziale degli enti pubblici, sia che questi si riferiscano al processo di formazione della volontà dell’ente, sia che si riferiscano alla fase preparatoria ad essa precedente, il negozio stipulato –salvo particolari ipotesi di straripamento di potere- è annullabile ad iniziativa esclusiva di detto ente»; Cass. Civ., Sez. II, 8 maggio 1996, n. 4269; in precedenza, ex multis, 14 febbraio 1964, n. 337; 11 marzo 1976, n. 855; 10 aprile 1978, n. 1668; anche nella giurisprudenza amministrativa, si rinvengono saltuarie adesioni a tale tesi: cfr. Cons. Stato, sez. VI, 1 febbraio 2002, n. 570; TAR Lombardia, Milano, 11 dicembre 2000, n. 7702 TAR Lombardia, Brescia, 9 maggio 2002, n. 823; TAR Basilicata,
21 maggio 2002, n. 440; TAR Campania, Napoli, 20 ottobre 2000, n. 3890.
27 Cassazione Civile, SS.UU., 22 luglio 1999, n. 500.
rimedio del risarcimento dei danni (28). In altre parole, la soddisfazione dell’interesse al bene della vita anelato dal soggetto privata risultava dunque condizionata dalla decisione dell’amministrazione di esercitare l’azione davanti al giudice ordinario, nonché dal tempo necessario all’ottenimento della sentenza nell’ambito di un giudizio ordinario di cognizione civile.
La soluzione in parola, aveva comunque l’effetto “positivo” di tutelare, indirettamente, l’interesse del privato contraente da una parte, nonché la “autonomia” della decisione della p.a. di ponderare gli interessi sottesi all’esecuzione del contratto, dall’altra; in questo modo, spettava, infatti, alla p.a. di decidere, in base alle varie situazioni, se intervenire interrompendo il vincolo contrattuale con il contraente illegittimo e “riannodandolo” con il concorrente pretermesso, oppure proseguire il rapporto con il contraente originario (seppur illegittimo).
Decisione che, peraltro, non era sindacabile giudizialmente, quantomeno dal contraente “disarcionato”, quanto all’aderenza all’interesse pubblico sotteso al contratto, ed una volta presa nel senso dello scioglimento del vincolo non presentava temperamenti quanto alla radicale eliminazione ex tunc del rapporto contrattuale con gli originari contraenti.
Secondo un’alternativa ricostruzione del g.o., invece, l’annullamento dell’aggiudicazione incideva più radicalmente quanto al regime di invalidità del contratto, rendendolo nullo, secondo varie giustificazioni, ma sempre tenendo ferma la giurisdizione del g.o. sulla privazione di effetti del contratto (29).
Stante che tale seconda impostazione sostanziale è stata massicciamente seguita anche dal g.a. se ne tratterà, in uno con le relative implicazioni, nel successivo paragrafo.
28 Neppure a titolo di responsabilità precontrattuale, dal momento che se ne escludeva la sussistenza in relazione alla p.a. che avesse agito tramite procedura ad evidenza pubblica.
29 Cass. Civ., sez. III, 9 gennaio 2002, n. 193.
1.5 La posizione del giudice amministrativo: l’attenzione per l’effettività della tutela del ricorrente e gli ulteriori interessi in gioco
Diversa è stata, come detto, l’impostazione tradizionalmente seguita da parte del giudice amministrativo, il quale, nella soluzione della problematica de qua, è stato guidato, piuttosto che dal rigoroso rispetto del ordine di riparto delle controversie, da una parte, dall’intento di fornire pienezza ed effettività della tutela al concorrente “pretermesso”, dall’altra, di cercare una qualche forma di temperamento dell’automatismo della privazione di effetti del contratto, in modo da prendere in considerazione anche l’interesse del privato contraente, l’interesse pubblico all’efficiente esecuzione del contratto, nonché l’interesse della collettività direttamente o indirettamente beneficiaria delle prestazioni contrattuali.
Tale tentativo, volto a contemperare i vari interessi in gioco, è stato invero il frutto di una lunga e frastagliata evoluzione giurisprudenziale.
Inizialmente veniva, infatti, affermato che l’annullamento dell’aggiudicazione comportava un effetto “caducante” sul contratto, trasponendo anche in relazione ad atti di natura non omogenea, come quelli appartenenti alle due fasi ad evidenza pubblica, criteri operanti sul piano della validità ed elaborati in relazione al rapporto, di natura omogenea, tra atti amministrativi (30); l’automatica privazione di effetti del contratto, comportava, secondo l’indirizzo in parola, l’ulteriore conseguenza, di concentrare la cognizione della controversia in capo al g.a.
30 Il giudice amministrativo riteneva infatti che «l’atto di aggiudicazione di una gara pubblica per l’affidamento di un’opera o di un servizio costituisce il presupposto unico e indefettibile della successiva stipulazione del formale contratto d’appalto o di concessione (…) Sicché, in conformità della costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato in materia, deve ritenersi che l’annullamento dell’atto presupposto (nella specie l’aggiudicazione) determini ex se la automatica rimozione dell’atto conseguenziale (la successiva stipula ed approvazione del relativo contratto)»; Cons. Stato, sez. V, 30 marzo 1993, n. 435; in seguito, ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 14 gennaio 2000, n. 244; nello stesso senso dell’applicazione acritica della caducazione del contratto, ex multis, Cons. Stato, sez. V, 25 maggio 1998, n. 677; TAR Campania, Napoli, sez. I, 20 agosto 2001, n. 3865; Cons. Stato, sez. V, 5 marzo 2003, n. 1218; Cons. Stato, sez. VI, 14 marzo 2003, n. 1518.
Ne seguiva, che il concorrente pretermesso si trovava fortemente tutelato, potendo contare sempre sulla possibilità di privare di effetti il contratto (dunque anche in relazione a motivi di ricorso implicanti un rifacimento di tutta o parte della procedura di gara), con la semplice proposizione dell’azione di annullamento.
La posizione del giudice amministrativo si è successivamente variegata, ed ha assunto altresì uno spessore argomentativo, per effetto delle riforme processuali intervenute negli anni 1998-2000 (31).
Segnatamente, l’orientamento in un primo tempo seguito dal g.a. è stato quello di ritenere che l’annullamento dell’aggiudicazione avesse l’effetto di determinare la nullità del contratto.
A sua volta, l’indirizzo in parola si è differenziato a seconda della ragione per la quale si considerava il contratto affetto da tale radicale patologia; nell’economia del presente studio, non si possono descrivere tutte queste teorie, né sarebbe utile al fine della disamina precipuamente intrapresa; sicché, si evidenzia solamente che esse variavano dalla da nullità del tipo strutturale, per mancanza originaria dell’elemento dell’accordo, ex artt. 1325,
n. 1, c.c. e 1418, comma 2, c.c (32), alla di nullità c.d. virtuale del contratto per violazione di norme imperative ex art. 1418, comma 1, c.c. (33).
31 D.lgs. 31.3.1998, n. 80; in particolare, a seguito dell’emanazione degli artt. 6 e 7 della Legge 26.7.2000, n. 205 (i quali, rispettivamente, hanno attribuito al g.a. la giurisdizione esclusiva in relazione alle controversie in materia degli appalti pubblici, ed il potere risarcitorio, anche in forma specifica, per qualsiasi controversia rientrante nella sua giurisdizione), si è sviluppata una interpretazione giurisprudenziale tesa a riconoscere maggiore estensione ai dei poteri cognitori e decisori del giudice amministrativo; E. FOLLIERI, I poteri del giudice amministrativo nel Decreto Legislativo 20 marzo 2010, n. 53 e negli artt. 120-124 del codice del processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 4, 2010, p. 1081.
32 In tal senso TAR Puglia, Bari, 23.10.2002, n. 394; per la giurisprudenza civile, Cass. Civ., sez. III, 9 gennaio 2002, n. 193; Si tratta di tesi seguita in particolare dalla IV sezione del Consiglio di Stato nell’ordinanza n. 3355 del 21.3.2004 di rimessione della questione della sorte del contratto all’Adunanza Plenaria. In particolare, la sezione osservava che avendo l’aggiudicazione doppia natura, negoziale e provvedimentale, il suo annullamento comportava la privazione di entrambi gli effetti, negoziali e provvedimentali, fin dall’origine; su tale ordinanza non vi è stata pronuncia di merito da parte del collegio adito, a causa dell’intervenuta rinuncia al ricorso in appello; i quesiti saranno poi però riprodotti in maniera più o meno aderente nell’ordinanza Cons. Stato, sez. V, 28.3.2008, n. 1328, sulla quale l’A.P. si è invece pronunciata con la sentenza 30.7.2008, n. 9.
33 La sentenza che ha inaugurato l’indirizzo della nullità virtuale per violazione di una norma imperativa, ai sensi dell’art. 1418, comma 1, c.c. è stata TAR Campania, Napoli, sez. I, 29
.5.2002, n. 3177; in tale pronuncia viene valorizzato il fatto che la normativa sull’evidenza pubblica, attraverso la salvaguardia della par condicio tra i concorrenti, sia diretta ad assicurare i fondamentali valori dell’imparzialità, dell’efficienza ed dell’efficacia dell’azione amministrativa (valori ricompresi nell’art. 97 Cost.), nonché il valore dell’effettività della concorrenza imposto dall’ordinamento comunitario; in tal senso anche TAR Calabria, 26
Mette conto solo evidenziare come ognuna delle ricostruzioni si è prestata a rilievi critici, e nessuna ha raggiunto un sufficiente livello di consenso.
Risulta invece opportuno segnalare le implicazioni dal punto di vista del regime dell’azione di privazione di effetti del contratto.
Si rendeva infatti applicabile il regime normativo di cui all’art. 1421 e ss. c.c., vale a dire l’imprescrittibilità dell’azione, la legittimazione all’azione a chiunque avesse interesse all’esperimento della medesima (ivi compresa la doverosa rilevabilità d’ufficio della patologia), nonché l’insanabilità del vizio.
Soprattutto l’imprescrittibilità dell’azione e la legittimazione assoluta rendevano particolarmente incerta la sorte del contratto.
Vieppiù, la radicale privazione di effetti, sempre e comunque, del contratto, provocava un evidente vulnus all’affidamento dell’altro contraente e all’interesse pubblico sotteso all’esecuzione del contratto, che, secondo la tesi in parola rimanevano, nell’irrilevanza giuridica. Senza contare, il difficile coordinamento tra il carattere originario della nullità (il contratto nullo è privo di effetti fin dall’origine) con la necessità di esperire l’azione di annullamento dell’aggiudicazione a pena di decadenza.
Sicché, alla luce di tali ultimi rilievi, la giurisprudenza ha prospettato che i riferiti caratteri dell’azione di nullità dovessero essere coordinati con le regole che presidiano il giudizio amministrativo, le quali non prevedevano in particolare l’intervento officioso del giudice e una legittimazione assoluta all’azione; tali due ultimi aspetti del regime della nullità si trovavano dunque ad essere “disapplicati” in ordine alla fattispecie di nullità conseguente all’annullamento dell’aggiudicazione (34).
Anche con questo accorgimento, rimaneva, tuttavia, scoperto il problema dell’ineluttabilità della privazione di effetti del contratto la quale pregiudicava, come detto, da una parte interesse pubblico alla celere
.11.2002, n. 2031; Cons. Stato, sez. V, 13.11.2002, n. 6281; Cons. Stato, sez. V, 5.3.2003, n.
1218; Cons. Stato, sez. V, 12.2.2008, n. 490.
34 Anche parte della dottrina ha cercato di superare tali critiche, prospettando che nella specie non avrebbe operato la categoria generale della nullità, bensì uno speciale tipo di nullità, sul modello delle patologie contrattuali sviluppatesi nell’ambito dei contratti dei consumatori (c.d. nullità di protezione), le quali prevedono, in deroga al regime ordinario, una legittimazione relativa.
esecuzione del contratto, e dall’altra la buona fede del privato contraente illegittimamente selezionato.
Tale criticità è stata captata e presa in considerazione nell’ambito della giurisprudenza amministrativa, attraverso diversi filoni giurisprudenziali che hanno cercato di tutelare i succitati interessi.
In particolare, la tutela della buona fede del contraente (35) è stata massicciamente seguita dal giudice amministrativo con diversi percorsi argomentativi volti in qualche modo a giustificare la conclusione che l’annullamento dell’aggiudicazione non comportasse la privazione automatica di effetti del contratto (36).
35 E’ stato sottolineato come l’appaltatore, soprattutto negli appalti di lavori, dopo la sottoscrizione del contratto d’appalto ed in adempimento dello stesso sopporta notevoli sforzi economici e organizzativi per il pagamento della cauzione definitiva, per l’installazione del cantiere, per l’approntamento dei materiali. Se poi l’appaltatore riesce a “ribaltare” tali danni sull’amministrazione (a titolo di responsabilità precontrattuale, arricchimento senza causa o altro titolo), quest’ultima finisce per pagare l’appalto molto di più. A tutto ciò si aggiungono poi i ritardi gravissimi che possono derivare nella realizzazione di opere pubbliche e, comunque, i disservizi che possono scaturire dalla sostituzione dell’appaltatore; G. GRECO, La direttiva 2007/66/CE: illegittimità comunitaria, sorte del contratto ed effetti collaterali indotti, in Riv. it. dir. pubb. com., p. 1029.
36 Invero, come già segnalato, inizialmente (indicativamente fino all’anno 2003), l’indirizzo in parola non si peritava di dare una esauriente spiegazione giuridica alla privazione di effetti del contratto quale conseguenza dell’annullamento dell’aggiudicazione, dando, di fatto, quasi per scontato questa conseguenza. L’indirizzo trovava in particolare espressione nella massima secondo la quale «l’annullamento dell’aggiudicazione di una gara pubblica elide il vincolo negoziale sorto con l’adozione del provvedimento rimosso, con la conseguenza che restituisce in pieno alla potestà di diritto pubblico della stazione appaltante la scelta fra l’avvalersi della procedura espletata, ovvero procedere ad una nuova gara previa revoca degli atti che vi hanno dato luogo, a fronte della quale non sono rinvenibili posizioni di diritto soggettivo in capo agli altri partecipanti alla gara, ancorché costoro si trovino in posizione utile per subentrare all’aggiudicatario rimosso», Cons. Stato, sez. VI, 14.1.2000, n. 244; applicano il regime della caducazione anche Cons. Stato, sez. V, 25.5.1998, n. 677; TAR Campania, Napoli, sez. I, 20.8.2001, n. 3865; Cons. Stato, sez. V, 5.3.2003, n. 1218; Cons. Stato, sez. VI, 14.3. 2003, n. 1518. L’assenza di basi giuridiche ha indotto successivamente la giurisprudenza a cercare una qualche forma di giustificazione a tale affermato fenomeno della privazione di effetti.
In particolare, si è sostenuto che la caducazione del contratto avrebbe trovato spiegazione in virtù di un supposto principio generale, proprio anche dei rapporti tra negozi giuridici privati inscritti in operazioni contrattuali più ampie, per il quale l’aggiudicazione e il contratto simul stabunt simul cadent; principio che, secondo l’impostazione in parola, non avrebbe trovato ostacolo nella eterogeneità degli atti coinvolti. Cons. Stato, sez. VI, 5.3.2003, n. 2332, secondo cui «il meccanismo dell’effetto caducante costituisce espressione di un principio generale che coglie il nesso di connessione inscindibile tra una pluralità di atti iscritti nell’ambito di una vicenda sostanzialmente unitaria». Altro indirizzo, seppur aderendo alla qualificazione del contratto in termini di caducazione automatica, proponeva una spiegazione parzialmente diversa del fenomeno; si riteneva infatti applicabile, anche al rapporto tra atti amministrativi ed atti negoziali, il meccanismo di “caducazione” previsto nel rapporto tra atti amministrativi avvinti da un nesso di presupposizione, o meglio di «preordinazione funzionale» nell’ambito della quale la «sanzione» dell’inefficacia sarebbe stata «una qualificazione giuridica di contenuto negativo che l’ordinamento riserva a tutti i casi di idoneità dell’atto a produrre effetti giuridici che ne realizzano la funzione»; non sarebbe, dunque, venuto in rilievo un problema dell’atto sotto il profilo genetico, bensì unicamente
In particolare, la soluzione che si trovò fu di cercare di mitigare tali effetti automatici affermando che la privazione di effetti del contratto, pur agendo retroattivamente, incontrasse il duplice limite delle situazioni soggettive che si fossero consolidate in capo ai terzi (argomentando ex artt. 1452, 1458, comma 2, 1467 e 2901 c.c.), nonché delle prestazioni già eseguite nei negozi di durata (37).
Una variante a tale teoria si fondava sull’idea di autorevole dottrina che aveva prospettato l’inquadramento del contratto ad evidenza pubblica, la cui aggiudicazione era stata annullata, all’interno della fattispecie del contratto inefficace per difetto del potere di rappresentanza ex art. 1398 c.c. (38).
In sostanza, secondo tale impostazione, una volta annullato uno degli atti del procedimento costitutivo della volontà dell’amministrazione, come la delibera a contrarre, il bando o l’aggiudicazione, l’organo amministrativo si sarebbe trovato nella condizione di aver stipulato il contratto in assenza della legittimazione negoziale che, si pensava, gli atti della procedura ad evidenza
sotto il profilo della sua efficacia . Cons. Stato, se. V, 28 maggio 2004, n. 3465; in particolare nella pronuncia la validità della costruzione viene fondata sulla base del «riconoscimento, in sede giurisprudenziale e dottrinale, dell’esistenza del nesso di derivazione tra atti di natura giuridica eterogenea: si pensi al rapporto tra regolamento e provvedimento amministrativo (valorizzando il profilo di fonte del diritto del regolamento); al legame tra sentenza ed atto amministrativo adottato in esecuzione della prima; si pensi infine al legame tra accordo endoprocedimentale e provvedimento finale (aderendo alla tesi che costruisce l’accordo in chiave privatistica); aderisce alla tesi della caducazione del contratto per avvenuta privazione dell’atto presupposto anche Cons. Stato, sez. VI, 4.4.2007, n. 1573; in dottrina, qualifica il rapporto tra aggiudicazione e contratto in termini di presupposizione E. STICCHI DAMIANI, La caducazione degli atti amministrativi per nesso di presupposizione, in Dir. proc. amm., 2003, p. 633 e ss. La tesi della caducazione automatica ha trovato un addentellato nella disposizione di cui all’art. 14 del d.lgs. 20.8.2002, n. 190 (di attuazione della l. 21.12.2001,
n. 443) -successivamente trasfusa, con formulazione pressappoco identica, nell’art. 246 del d.lgs. 163/2006 e ora, da ultimo, nell’art. 125, comma 3, c.p.a.- secondo la quale, in relazione alle procedure di aggiudicazione relative ad appalti di lavori afferenti ad infrastrutture strategiche «la sospensione o l’annullamento dell’affidamento non comporta la caducazione del contratto già stipulato, e il risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente ». E’ stato, infatti, affermato, che «se l’eccezione è che il contratto non sia caducato dall’annullamento, la regola è, viceversa, che la sorte del negozio, per il caso di atti di gara inficiati, sia la caducazione». Così R. GAROFOLI, Trattato sui contratti pubblici, diretto da M.A. SANDULLI, R. DE NICTOLIS, R. GAROFOLI, Milano, 2008, p. 3931.
37 Fa salve le prestazioni già eseguite e la tutela del terzo Cons. Stato, sez. V, 12.2.2008, n. 490.
38 A.M. SANDULLI, Deliberazione di negoziare e negozio di diritto privato della p.a., in Dir. trim. dir. e proc. civ., 1965, p. 1 e ss.; aderisce alla tesi Cass. Civ., sez. I, 15.4.2008, n. 9906, la quale ha affermato che la caducazione dei provvedimenti attraverso i quali si è formata in concreto la volontà contrattuale priva l’amministrazione, con efficacia ex nunc, della legittimazione a contrarre, sicché l’organo amministrativo si trova nella condizione di aver stipulato iniure; l’annullamento segna dunque, in via retroattiva, la carenza di uno dei presupposti di efficacia.
pubblica gli avessero conferito; la ricostruzione in parola, non differiva di molto, invero, rispetto alla tesi della nullità e della caducazione automatica.
Nell’ambito di tale particolare indirizzo, volto a giustificare una privazione automatica di effetti del contratto, si è sviluppata la soluzione di temperamento volta sostenere che la qualificazione delle conseguenze dell’annullamento dell’aggiudicazione in termini di privazione della legittimazione a contrarre in capo all’organo avente il potere rappresentativo dell’Ente, rendesse operanti gli artt. 23, comma 2, e 25 comma 2, c.c. (39), dettati in tema di associazioni e fondazioni, ma estensibile alla pubblica amministrazione in quanto persona giuridica ex art. 11 c.c. (40), i quali, per l’appunto, prevedono la salvezza dei diritti dai terzi di buona fede in base ad atti compiuti in esecuzione della delibera annullata.
Tutte queste soluzioni consentivano di ottenere il travolgimento degli effetti contrattuali senza però trascurare le ragioni di colui che in buona fede avesse stipulato il contratto.
Altro indirizzo giurisprudenziale ha invece inquadrato la problematica all’interno del rapporto tra azione di risarcimento in forma specifica e per equivalente.
In particolare, l’impostazione in parola, prendendo le mosse dalla circostanza che «il giudice amministrativo, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, dispone, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto (41)», riteneva che all’interno della misura della reintegrazione in forma specifica rientrasse anche la condanna della pubblica amministrazione all’aggiudicazione del contratto in favore del concorrente pretermesso; la suddetta qualificazione rendeva inoltre operante l’art. 2058 c.c. il quale consentiva al giudice di disporre unicamente la misura del risarcimento per equivalente qualora la reintegrazione in forma specifica (leggasi, dichiarazione di inefficacia del
39 La paternità della tesi della applicazione del principio di buona fede a salvezza degli interessi del contraente ex artt. 23, comma 2, e 25 comma 2, c.c. è di G. GRECO, I contratti dell’amministrazione tra diritto pubblico e diritto privato, Milano, 1986, p. 138 e ss.
40 Cons. Stato, sez. IV, 27.10.2003, n. 6666, il quale a sostegno di tale conclusione dell’inefficacia da contratto valido valorizza l’espressione “risoluzione” del contratto contenuta nell’art. 14 del D.lgs. 20.8.2002, n. 190.
41’Art. 7, comma 3, della L. 21.7.2000, n. 205, il quale ha modificato l’art. 35 del D.Lgs. 31.3.1998, n. 80.
contratto) risultasse eccessivamente onerosa per il debitore (leggasi pubblica amministrazione).
L’utilizzo di tale disposizione consentiva pertanto al giudice di temperare gli effetti negativi della privazione di effetti del contratto in relazione all’interesse pubblico all’efficiente ed economica esecuzione del contratto.
D’altra parte, rendeva operativa una sorta di azione di adempimento ante litteram in materia di appalti, volta ad accertare, già in sede di cognizione, l’eventuale spettanza del contratto in capo al ricorrente (42).
42 Ora implicitamente ammessa, in materia di appalti, dall’art. 124 comma 1, c.p.a.:
«l’accoglimento della domanda di conseguire l’aggiudicazione (…)» ed in maniera esplicita in relazione a qualsiasi altro provvedimento dal combinato disposto dell’art. 30, comma 1 e 34 comma 1, lett. c), il quale prevede la pregiudizialità processuale “forte” della necessaria contestuale proposizione dell’azione di annullamento del provvedimento di diniego o dell’azione avverso il silenzio inadempimento», sul tema dell’azione di adempimento del processo amministrativo dopo il c.p.a., P.CERBO, L’azione di adempimento nel processo amministrativo ed i suoi confini, in Dir. proc. amm., 1, 2017, p. 1 e ss; L.FERRARA, Domanda giudiziale e potere amministrativo. L’azione di condanna al facere, in Dir. proc. amm., 3, 2013, p. 617 e ss; I.PAGNI, L’azione di adempimento nel processo amministrativo, in Riv. dir. proc., 2, 2012, p. 328 e ss.; A. CARBONE, L'azione di adempimento nel processo amministrativo, Torino, 2012; P. CARPENTIERI, Azione di adempimento e discrezionalità tecnica (alla luce del codice del processo amministrativo), in Dir. proc. amm.,2, 2013, p. 385.
1.6 Il “concordato” del 2007 tra Sezioni Unite della Cassazione e Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato
Anche in considerazione della complessità delle variabili e degli interessi in gioco che più sopra si è cercato di illustrare, la dottrina più avveduta auspicava che la soluzione all’annoso problema venisse fissata «o con apposito intervento legislativo o tramite l’orientamento consolidato della giurisprudenza; in questo secondo caso, in modo concorde tra giurisprudenza del giudice ordinario e giurisprudenza del giudice amministrativo (43)».
Una sorta di soluzione condivisa, o meglio coordinata (anche se non nei termini auspicati dalla succitata dottrina), è avvenuta effettivamente nel 2007 attraverso due importanti e note sentenze, ovverosia la sentenza delle Sezioni Unite Civili della Cassazione, 28 dicembre 2007, n. 27169 e la sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 30 luglio 2008, n. 9 (44).
In particolare, con la prima pronuncia la Suprema Corte, adita ex art. 111, comma 3, Cost., ha stabilito che spetta al giudice ordinario, in ogni caso
43 F.G. SCOCA, Annullamento dell’aggiudicazione cit., p. 810, il quale altresì rilevava come
«una soluzione equilibrata deve tener conto degli interessi effettivi di tutte le parti coinvolte, quali essi si presentano in concreto a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione» il che, secondo l’autorevole Autore, non poteva «coincidere con le tesi più drastiche che sono state ipotizzate per il contratto (caducazione automatica, nullità assoluta, inefficacia, ove consegua automaticamente dall’annullamento dell’aggiudicazione). Esse risultano infatti eccessive e rischiano di non corrispondere all’interesse di nessuno dei protagonisti della vicenda» (considerazioni contenute nella nota n. 42).
44 Tali pronunce, data la loro importanza, hanno ricevuto innumerevoli commenti; per la prima si segnalano: M. RAMAJOLI, La Cassazione riafferma la giurisdizione ordinaria sul rapporto contrattuale tra amministrazione e aggiudicatario, in Dir. proc. amm., 2008, p. 523; F. CINTIOLI, Le Sezioni Unite rivendicano a sé il contratto, ma non bloccano il giudizio di ottemperanza; S. ROSTAGNO, La Corte di Cassazione interviene rispetto alla tesi del contratto quale atto della serie procedimentale viziata; S. TARULLO, La giurisdizione sulla sorte del contratto a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione: la soluzione delle Sezioni Unite non persuade; S.S. SCOCA, La Cassazione «mette le mani» sugli appalti pubblici. Nota a Cass. SS.UU. civ. sentenza 28 dicembre 2007, n. 27169, tutti consultabili in www.giustamm.it.; per la seconda si segnalano: M. RAMAJOLI, L’Adunanza plenaria risolve il problema dell’esecuzione della sentenza di annullamento dell’aggiudicazione in presenza di contratto, in Dir. proc. amm., 2008, p. 1054; C.E. GALLO, Contratto e annullamento dell’aggiudicazione: la scelta dell’Adunanza Plenaria, in Foro Amm.-CDS, 2008, 9, p. 2362;
F. FRENI, L’Adunanza plenaria afferma la giurisdizione (di merito) del giudice amministrativo ma non scioglie il nodo del rapporto tra provvedimento e contratto, in Foro Amm.-CDS, 11, p. 2978; S.S. SCOCA, Aggiudicazione e contratto: la posizione dell’Adunanza plenaria, in Foro Amm.-CDS, 12, p. 3283.
e a prescindere dalla patologia prospettata, la cognizione degli effetti sul contratto dell’annullamento giurisdizionale del provvedimento di aggiudicazione (45).
In sintesi, i passaggi argomentativi della pronuncia possono enuclearsi come segue.
Anzitutto, la Suprema Corte ribadisce la propria tradizionale impostazione secondo la quale: il contratto d’appalto dà vita ad un rapporto essenzialmente di diritto privato, fonte di reciproche obbligazioni e diritti soggettivi la cui tutela è affidata agli organi di giurisdizione ordinaria; nella fase di scelta del contraente antecedente a detta conclusione la posizione del soggetto aspirante all’affidamento dell’appalto, nonché quella dei partecipanti alla gara, trova protezione nelle norme di azione disciplinanti il procedimento amministrativo di scelta del contraente, con conseguente sua qualificazione in termini di interesse legittimo tutelabile davanti al g.a.
Siffatto schema tradizionale, non risultava scalfito, secondo il giudice della Legittimità, né dall’entrata in vigore dell’art. 7 della l. 21 luglio 2000,
n. 205(46), né del successivo, e più generale quanto ad di applicazione, art. 244 del d.lgs. 163/2006 (47), posto che le disposizioni in parola dovevano interpretarsi nel senso di estendere la cognizione del g.a. unicamente alle controversie attinenti alla fase pubblicistica dell’appalto (dunque le controversie attinenti ai provvedimenti di aggiudicazione, di esclusione o non esclusione), mentre la questione relativa alla sorte del contratto in conseguenza della decisione di annullamento dei suddetti provvedimenti,
45 Questa il principio di diritto pronunciato dalla Suprema Corte: «Spetta al giudice ordinario la giurisdizione sulla domanda volta ad ottenere tanto la dichiarazione di nullità quanto quella di inefficacia o l'annullamento del contratto di appalto, a seguito dell'annullamento della delibera di scelta dell'altro contraente, adottata all'esito di una procedura ad evidenza pubblica posto che in ciascuno di questi casi la controversia, non ha ad oggetto i provvedimenti riguardanti la scelta suddetta, ma il successivo rapporto di esecuzione che si concreta nella stipulazione del contratto di appalto, del quale i soggetti interessati chiedono di accertare un aspetto patologico, al fine di impedirne l'adempimento».
46 Il quale, modificando l’art. 33 del d.lgs. 80/1998, aveva stabilito che «sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi (…) in particolare, quelle: (…) d) aventi ad oggetto le procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, svolte da soggetti comunque tenuti alla applicazione delle norme comunitarie o della normativa nazionale o regionale».
47 Il quale aveva previsto in generale, e non solo in materia d pubblici servizi, che «Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie, ivi incluse quelle risarcitorie, relative a procedure di affidamento di lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale».
attenendo alla fase di esecuzione del rapporto, e dunque a diritti ed obblighi, sarebbe spettata al giudice ordinario.
Ciò in particolare in armonia con il noto principio affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 5 luglio 2004, n. 204, la quale pur leggendo la giurisdizione esclusiva come istituto volto a far fronte ad esigenze di concentrazione della tutela, ne ha limitato l’ambito ai casi in cui le posizioni di diritto soggettivo fatto valere si collochino in un area di rapporti nella quale la p.a. agisce attraverso l’esercizio di poteri autoritativi, oppure si avvalga della facoltà riconosciuta dalla legge di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo ai sensi dell’art. 11 della l. 7 agosto 1990, n. 241.
Sicché, la costituzione del rapporto paritetico segna l’inizio della giurisdizione del g.a. la quale comprende anche l’intero spettro delle patologie ed inefficacie negoziali (48). Secondo la Corte, dunque, pronunciarsi sul contratto significava pronunciarsi su di un rapporto paritetico49, ed il giudice amministrativo che, annullata l’aggiudicazione, si fosse pronunciato sulla sorte del contratto avrebbe esorbitato dai limiti esterni della propria giurisdizione.
In sede di commento, diversi sono stati i rilievi critici mossi alla pronuncia in questione.
Dal punto di vista pratico-operativo la soluzione adottata comportava un evidente vulnus alla tutela del concorrente, il quale si trovava costretto a
48 A questo ultimo proposito, seppur la Cassazione ha giudicato irrilevante l’esatta qualificazione dogmatica della sorte del contratto ai fini della giurisdizione, posto che, qualunque sia la soluzione, l’inefficacia del contratto non discende dalla statuizione di annullamento ma deriva direttamente dalla legge; e seppur le questioni siano strettamente connesse la cognizione del g.a. sarebbe preclusa dal principio generale dell’inderogabilità della giurisdizione per ragioni di connessione, salve le deroghe normative espresse; in ordine a tale ultimo principio, cfr. altresì Cass. Civ., SS.UU., nn. 7859/2001 e 1760/2002.
49 Tale impostazione è stato poi ribadita nella di poco successiva sentenza Cass. Civ., SS.UU.,
18 luglio 2008, n. 19805, ove viene affermato che le domande di tutela al giudice amministrativo in ordine al procedimento di affidamento dell’appalto da parte del soggetto gestore del servizio che è una P.A. e le altre relative alla esecuzione del rapporto connesso alla conclusione del contratto, comprendenti quelle di invalidità o inefficacia di quest’ultimo, domanda che, ai sensi dell’art. 386 c.p.c., concorrono a determinare la giurisdizione, azionano situazioni soggettive diverse: le prime interessi legittimi e le seconde diritti soggettivi sicché «provvedimento e contratto restano due realtà diverse e le vicende dell’uno non valgono ad ampliare o restringere l’ambito della giurisdizione» sull’altro, ritendendo che la connessione logica e temporale tra esse, non rileva per modificare i poteri cognitivi dei giudici.
ad adire due plessi giurisdizionali al fine di ottenere piena tutela della propria posizione giuridica soggettiva.
Anche dal punto di vista ricostruttivo, d’altra parte, la pronuncia non è parsa convincente sotto diversi profili.
Se, infatti, è stata ritenuta condivisibile l’affermazione secondo la quale le controversie relative all’esecuzione del contratto sarebbero dovute rientrare nella giurisdizione esclusiva del g.a., in quanto afferenti a rapporti giuridici paritari, non altrettanto convincente si è ritenuta l’inclusione della questione della questione della sorte del contratto a seguito di accoglimento della richiesta di annullamento dell’aggiudicazione, e ciò in quanto il petitum sostanziale affermato nella domanda, in questo secondo caso, è di tutt’altra natura (50).
Ed invero, le domande, nel primo caso, hanno ad oggetto diritti sorti dal contratto, per cui il giudice, dovendo verificare la sussistenza dei medesimi e la loro lesione, può doversi trovare nella necessità, perché ne è investito dalle parti o perché può rilevarla d’ufficio, di dover affrontare la questione della validità e/o efficacia del contratto, quale fonte dei suddetti rapporti paritari.
Non pare, invece, che la questione della sorte del contratto si ponga negli stessi termini quando viene impugnato un provvedimento afferente alla procedura di gara, e ciò in ragione del fatto che in tal caso «non si discute neppure di vizi propri e autonomi del contratto, che sarebbero senza dubbio da devolvere alla cognizione del giudice ordinario, ma degli effetti determinatisi sul contratto stesso a causa dell’annullamento degli atti della fase pubblicistica e, in particolare, dell’aggiudicazione (51)».
50 In tal senso M. RAMAJOLI, La Cassazione riafferma la giurisdizione ordinaria sul rapporto contrattuale tra amministrazione e aggiudicatario, in Dir. proc. amm., 2008, p. 537, la quale altresì rileva come i precedenti richiamati dalla Cassazione a sostegno della propria conclusione in merito all’inclusione della questione della sorte del contratto a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione non possano dirsi pertinenti, ed in special modo il precedente (Cass. Civ., SS.UU., ord. 21 settembre 2006, n. 20504) nel quale il Comune aveva annullato in sede di autotutela la delibera di scelta del contraente privato e, in opposizione ai decreti ingiuntivi notificatigli per il pagamento del canone di locazione, aveva chiesto al giudice ordinario di dichiarare che il contratto di locazione fosse nullo o annullabile a causa dell’annullamento dell’autorizzazione pubblicistica alla stipula del contratto stesso. In questo caso infatti il petitum sostanziale «era l’accertamento dell’invalidità del contratto ad evidenza pubblica allo scopo di impedirne l’esecuzione».
51 M. RAMAJOLI, La Cassazione riafferma la giurisdizione ordinaria sul rapporto contrattuale tra amministrazione e aggiudicatario cit., p. 538.
Il petitum sostanziale in questo secondo caso è l’interesse legittimo dell’impresa che aspira al bene della vita rappresentato dall’aggiudicazione o dalla riedizione della gara; sicché il contratto non si pone come atto-fonte del rapporto bensì come fatto (52) (si potrebbe dire, impeditivo) alla tutela in forma specifica dell’interesse del ricorrente, ed in particolare al pieno dispiegarsi dell’effetto conformativo risultante dall’accertamento contenuto dalla sentenza.
Del resto, viene evidenziato che «è la stessa storia giurisprudenziale del problema a dimostrare che la controversia in cui l’avvenuta stipulazione del contratto costituisca ostacolo alla tutela in forma specifica del terzo partecipante alla gara che abbia ottenuto l’annullamento dell’aggiudicazione sia dedotto da una delle due parti del contratto al fine di sottrarsi all’adempimento delle obbligazioni che le incomberebbero in forza del contratto medesimo (53)».
In questi termini, infatti, la questione pare essere stata successivamente impostata dall’A.P. del Consiglio di Stato (54) nella citata pronuncia n. 9/2008 che si passa brevemente a riassumere (55).
52 C. CACCIAVILLANI, Giurisdizione sui contratti pubblici, consultabile su www.giustizia- amministrativa.it, secondo la quale «la decisione sul merito della domanda del ricorrente, che è domanda di risarcimento in forma specifica, postula, quale passaggio dell’inter logico che il giudice deve percorrere, semplicemente e nient’altro che l’accertamento del ruolo eventualmente impeditivo del contratto anteriormente già stipulato. Si tratta, per impiegare il lessico di Chiovenda, di niente altro che di un punto pregiudiziale relativo ad un fatto»; nel medesimo senso, senso M. RAMAJOLI, La Cassazione riafferma la giurisdizione ordinaria sul rapporto contrattuale tra amministrazione e aggiudicatario, in Dir. proc. amm., 2008, p. 544 secondo cui il contratto in questo caso «assume, in altri termini, un rilievo di tipo incidentale quale fatto impeditivo».
53 In tal senso, M. RAMAJOLI, La Cassazione riafferma la giurisdizione ordinaria sul rapporto contrattuale tra amministrazione e aggiudicatario, in Dir. proc. amm., 2008, p. 540; sicché la questione in questo senso potrebbe essere così riassunta «la tutela che il giudice esclusivo accorda all’interesse legittimo pretensivo del terzo, concorrente illegittimamente pretermesso, incontra un ostacolo nella giuridica esistenza e validità del contratto stipulato tra amministrazione e contraente originario?», Id. p. 543.
54 Invero, prima di tale importante pronuncia il giudice amministrativo ha tentato di “dribblare” la statuizione della Cassazione affermando di poter decidere incidenter tantum sulle sorti del contratto per effetto dell’annullamento dell’aggiudicazione; in questo senso TAR Lombardi, Milano, sez. I, 8 maggio 2008, n. 1370, la quale ritenendo che la caducazione del contratto sia una nuova categoria normativa operante alla stregua di una situazione di inefficacia successiva del contratto, ha riconosciuto al g.a., investito della domanda di annullamento dell’aggiudicazione e della domanda di reintegrazione in forma specifica, la possibilità, ai sensi dell’art. 8, l. 6 dicembre 1971, n. 1034, vigente ratione temporis, di conoscere in via incidentale dell’intervenuta caducazione al fine di poter offrire la tutela reintegratoria in forma specifica richiesta dal ricorrente.
55 L’A.P. viene investita della questione con ordinanza 28 marzo 2008, n. 1328 con la quale la V sezione le rimetteva le seguenti questioni: a) la sorte del contratto d’appalto stipulato sulla base di un’aggiudicazione annullata; b) la sussistenza della giurisdizione
Innanzitutto, l’A.P. ha aderito alla soluzione della Cassazione secondo la quale sussiste la giurisdizione civile sulla domanda volta ad ottenere, con efficacia di giudicato, l’accertamento dell’inefficacia del contratto, la cui aggiudicazione sia stata annullata dal giudice amministrativo, e ciò sia nel caso in cui la domanda sia stata proposta da una delle due parti del contratto d’appalto, sia nel caso in cui la domanda sia stata proposta da chi abbia ottenuto dal giudice amministrativo l’annullamento dell’aggiudicazione.
In tal modo sarebbe restata esclusa anche la domanda di reintegrazione in forma specifica, pure prevista dall’art. 7 della L. n. 205/2000, posto che l’art. 244 del d.lgs. 163/2006, vigente ratione temporis, limitava l’ambito della giurisdizione esclusiva alle sole controversie inerenti le procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture, con esclusione, quindi, di qualsiasi domanda concernente la fase di esecuzione; sicché, secondo il Supremo Consesso, alla richiesta di annullamento dell’aggiudicazione poteva conseguire il risarcimento del danno per equivalente, ma non anche la reintegrazione in forma specifica che, incidendo necessariamente sul contratto, e quindi su diritti soggettivi, doveva escludersi dai poteri cognitori del g.a.
Secondo l’A.P., tuttavia, ciò non avrebbe comportato una diminuzione di tutela del soggetto che avesse ottenuto l’annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione.
Ed infatti, veniva innanzitutto statuito che dall’annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione conseguiva la sopravvenuta caducazione del contratto «similmente a quanto avviene nel caso di annullamento di una graduatoria di un pubblico concorso che comporta la caducazione degli effetti del contratto di lavoro su di essa fondato, ovvero di annullamento di una concessione di un bene o di un servizio pubblico che comporta la caducazione degli effetti dell’accordo accessivo (56)».
amministrativa, con riferimento alle domande ed al tipo di decisioni al riguardo proponibili;
c) l’applicabilità alla fattispecie considerata degli artt. 23 e 25 c.c.; d) l’ammissibilità, nel giudizio di cognizione, della condanna della pubblica amministrazione al rilascio di un provvedimento favorevole al ricorrente; e) i presupposti di applicabilità dell’art. 2058 c.c.
56 Punto 7.1.1 della pronuncia; l’A.P. sembrerebbe, dunque, abbracciare la ricostruzione teorica che vede nel contratto d’appalto una fattispecie rientrante nel paradigma degli accordi procedimentali.
Ciò posto, in considerazione del vincolo permanente che l’effetto conformativo della sentenza di annullamento provoca sulla successiva attività amministrativa, in sede amministrativa l’Amministrazione avrebbe dovuto rilevare la sopravvenuta caducazione del contratto e dare attuazione alla regola di comportamento “espressa” nella pronuncia di accoglimento del ricorso; ove poi l’amministrazione non si fosse conformata al giudicato, il soggetto poteva adire in sede di ottemperanza, nell’ambito del quale poteri “pieni” del giudice amministrativo consentivano di sindacare in modo completo l’attività posta in essere dall’amministrazione e di sostituirsi alla medesima, adottando, ove occorresse, tutte le misure opportune per dare integrale esecuzione alla sentenza, ivi compresa l’aggiudicazione in favore del ricorrente quale «reintegrazione in forma specifica».
Dunque, la questione essenziale consistente nello stabilire se l’intervenuta stipulazione del contratto impedisse o meno la rinnovazione della gara o l’aggiudicazione del secondo classificato in caso di annullamento dell’aggiudicazione, veniva risolta: sul piano sostanziale, utilizzando il discusso fenomeno della caducazione automatica del contratto quale conseguenza della sentenza di annullamento (57); sul piano processuale riconoscendo al g.a., ma solo in seconda battuta, ovverosia in sede di giudizio di ottemperanza, la possibilità di elargire una tutela reale della sua posizione giuridica sostanziale, utilizzando la pienezza di poteri conoscitivi e decisori propri della suddetta fase.
Seppur satisfattiva dal punto di vista del ricorrente, anche se non in termini di immediatezza (visto il possibile doppio passaggio cognizione/esecuzione), la soluzione scontava diverse criticità secondo altri aspetti.
I principali rilievi critici mossi a tale impostazione erano relativi alle conseguenze negative che la caducazione del contratto provocava
57E’ stato infatti rilevato che «la privazione degli effetti del contratto viene collegata al contenuto stesso della pronuncia di annullamento, è una conseguenza dell’accertamento contenuto nella decisione giurisdizionale», così M.RAMAJOLI, L’Adunanza plenaria risolve il problema dell’esecuzione della sentenza di annullamento dell’aggiudicazione in presenza di contratto, in Dir. proc. amm., 2008, p. 1179; è stato sottolineato tuttavia come, «secondo il vertice della giustizia amministrativa, una caducazione-inefficacia ci deve essere, ma non è dato capire sulla base di quale meccanismo essa si realizzerebbe», così F. GOISIS, Ordinamento comunitario e sorte del contratto, una volta annullata l’aggiudicazione, in Dir. proc. amm., 1, 2009, in nota n. 14.
relativamente agli altri interessi coinvolti nella vicenda; il carattere automatico e indiscriminato della privazione degli effetti, non teneva infatti in considerazione gli interessi, pubblici e privati, sottesi all’esecuzione del contratto, né delle diverse variabili di fatto e di diritto che potevano sussistere nella varietà di fattispecie che potenzialmente possono venirsi a creare a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione (58).
Ed infatti, l’A.P., seppur esplicitamente richiesta di una pronuncia in merito, non ha preso in minima considerazione i punti c) ed e) dell’ordinanza di rimessione, con i quali la V sezione chiedeva una statuizione in ordine all’applicabilità degli artt. 23 e 25 c.c. e l’art. 2058 c.c., al fine di fa fronte alle suddette esigenze ed, eventualmente, mitigare le conseguenze della privazione di effetti del contratto.
Invero, l’A.P. è sembrata, in questo frangente, più concentrata a voler risolvere innanzitutto il problema dell’effettività della tutela del concorrente, intralciato, innanzitutto, da una certa lettura del riparto giurisdizionale delle controversie in materia, piuttosto che trovare una soluzione a tutte le varie problematiche relative alla sorte del contratto.
Come viene sottolineato, in questa, come in ogni altra soluzione che prevede l’automatica privazione di effetti del contratto «il grande assente, sotto il profilo della tutela, è l’interesse pubblico sotteso al contratto che non viene minimamente messo in gioco nell’attività ponderativa del giudice che dispone il venir meno del contratto (59)».
58 M. RAMAJOLI, L’Adunanza plenaria risolve il problema dell’esecuzione della sentenza di annullamento dell’aggiudicazione in presenza di contratto, in Dir. proc. amm., 2008, p. 1185, la quale sottolinea d’altra parte che «qualora non si intenda aderire all’impostazione della caducazione automatica del contratto come configurata dall’Adunanza plenaria e si metta in discussione l’automaticità dell’effetto, il prezzo da pagare è la perdita della ragione d’essere del controllo giurisdizionale sull’aggiudicazione».
59 E. STICCHI DAMIANI, Annullamento dell’aggiudicazione e inefficacia funzionale del contratto, in Dir. proc. amm., 1, 2011, p. 245, il quale aggiunge che seguendo questa impostazione «anche nelle ipotesi, ad esempio, di prestazioni oggetto del contratto interamente eseguite o di impossibilità del ricorrente di subentrare nel procedimento, all’annullamento dell’aggiudicazione fa seguito in ogni caso il venir meno del contratto».
1.7 Esame critico della qualificazione del contratto
Al termine di questa prima parte dello studio si cerca di evidenziare alcune conclusioni emergenti dal quadro ordinamentale antecedente al recepimento nel nostro ordinamento della seconda Direttiva ricorsi.
Anzitutto, il diritto positivo pare confermare i lineamenti della fattispecie a doppio stadio elaborata dalla dottrina e giurisprudenza.
A tal proposito viene in rilievo l’art. 1, comma 1-bis, della L. 7 agosto 1990, il quale come noto, dispone che «la pubblica amministrazione, nell'adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente».
Come è noto, il preciso significato della disposizione è controverso(60).
Da tale disposizione si ricava però che la pubblica amministrazione può agire anche secondo il modello non autoritativo e quando lo fa applica le norme del diritto civile; sicché, la funzionalizzazione del contratto non lo trasforma in atto di diritto pubblico e ciò postula l’adesione ad un concetto di autonomia contrattuale come tecnica di produzione degli effetti basata sull’accordo delle parti, che non necessità della libertà del volere in capo ai soggetti.
Con riferimento ai contratti d’appalto conferma si trovava nell’art. 2, comma 4, del D.Lgs. 12.4.2006, n. 163 il quale prevedeva che «per quanto non espressamente previsto nel presente codice, l'attività contrattuale dei soggetti di cui all'articolo 1 si svolge nel rispetto, altresì, delle disposizioni stabilite dal codice civile».
Tra tali disposizioni fondamentale importanza assume l’art. 1372 c.c. secondo cui «il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge».
Nel sistema del codice queste cause sono costituite dai casi di rescissione, risoluzione, annullamento e nullità del contratto.
60 In tema, F. TRIMARCHI, L’art. 1, comma 1-bis della L. n. 241 del 1990, in Foro amm.-CDS, 2005, p. 948.
La violazione delle regole che disciplinano la scelta del contraente non integra nessuna di tali fattispecie.
La rescissione riguarda infatti un patologico squilibrio del rapporto di valore tra le prestazioni contrattuali e la risoluzione un malfunzionamento del rapporto.
Quanto all’annullabilità, come è noto tale forma di invalidità è volta a tutelare l’interesse alla salvaguardia delle condizioni soggettive dell’autonomia privata, messe in crisi dalla condizione soggettiva di uno dei due contraenti (61).
Sicché, l’esclusione della configurazione di tale forma di invalidità del contratto con riferimento agli appalti deriva dalla circostanza che la normativa europea non tutela l’interesse della pubblica amministrazione, bensì l’interesse alla libera circolazione di merci e servizi.
Discorso più complesso riguarda l’ipotesi della nullità.
Dal punto di vista teorico, la nullità del contratto ha una logica ben precisa che poggia sulla relazione tra inefficacia ed invalidità, nel senso che la prima costituisce reazione dell’ordinamento al mancato raggiungimento della funzione dell’atto in ragione della mancata corrispondenza della fattispecie al paradigma astratto che tale funzione incarna.
La nozione di inefficacia del contratto si definisce come la qualità del contratto in quanto non produttivo di effetti che normalmente dovrebbe produrre.
L’invalidità designa invece la qualità del contratto in quanto affetto da un vizio che lo espone a determinati rimedi contrattuali (come la nullità e l’annullamento). I rimedi servono a bloccare gli effetti del contratto: e quindi a renderlo inefficace. Si coglie così una connessione funzionale tra invalidità e inefficacia: l’invalidità persegue e produce l’inefficacia del contratto perché attraverso l’inefficacia che l’invalidità può svolgere la sua funzione remediale.
In questo senso, l’autonomia privata è sottoposta nelle sue manifestazioni alla disciplina della legge a cui spetta di comporre, in base a parametri ritenuti giusti e/o imprescindibili, i conflitti di interessi tra le parti
61 V.ROPPO, Il Contratto, in (a cura di) G.IUDICA E P.ZATTI, Trattato di diritto privato, Milano, 2011, p. 713.
e con la generalità dei cittadini che l’esercizio di un potere dispositivo può provocare. In tale prospettiva il concetto di invalidità indica la valutazione negativa che l’ordinamento effettua dell’attività negoziale, con la conseguente adozione di misure consistenti nella negazione della sua peculiare rilevanza o validità (62).
Ciò detto in via generale, in ordine alla nullità per contrarietà a norma imperativa, occorre evidenziare che, in coerenza con la teoria dell’inefficacia quale strumento dell’invalidità, il contratto illegale è nullo quando gli effetti contrattuali andrebbero a ledere direttamente gli interessi protetti dalla norma, la quale ha precisamente lo scopo d’impedire quegli effetti, sicché per attuare lo scopo della norma occorre cancellare gli effetti contrattuali, il che si ottiene appunto con la nullità. Si pensi in questo senso al contratto che dispone del proprio corpo con lesione permanente della propria integrità fisica, che violerebbe il precetto di cui all’art. 5 c.c.
La nullità può escludersi quando il contratto viola sì la norma, e tuttavia non sono propriamente i suoi effetti a ledere l’interesse protetto da questa: onde l’annientamento degli effetti contrattuali sarebbe rimedio eccedente rispetto all’esigenza di ripristinare l’interesse leso, cui provvedono meglio altri rimedi (63).
Nella nullità strutturale l’inefficacia fonda invece la propria ragion d’essere su un piano strettamente logico dato dal fatto che la mancanza dell’elemento essenziale non permette all’atto di funzionare, nemmeno in senso contrario al paradigma normativo.
Si dice infatti che il contratto privo di un elemento strutturale pone in essere una operazione giuridicamente ed economicamente assurda, incomprensibile, irrealizzabile (64).
Il fenomeno del contratto ad evidenza pubblica viziato nella sua fase procedimentale non è inquadrabile in una forma di contratto illegale o insensato.
Quanto alla prima evenienza, si condivide l’osservazione della dottrina per cui l’art. 1418 c.c. «stabilisce che, salvo diversa indicazione, in
62 R.SCOGNAMIGLIO, voce Inefficacia (dir. priv.), in Enc. Giur., XVI, Roma, 1989, p. 1.
63 V.ROPPO, Il contratto, cit., p. 702.
64 V.ROPPO, Il contratto cit., p. 696.
caso di violazione di norme imperative, vi è la nullità, sicché una presa di posizione legislativa è necessaria per escludere, non per fondare questa ipotesi di nullità, la quale, proprio per questo, è detta virtuale65».
Non si condivide tuttavia, la, implicita, definizione di norma imperativa che tale conclusione postula, e ciò in quanto la norma imperativa nel sistema delle invalidità contrattuali, come detto, è volta a censurare il risultato del regolamento contrattuale in quanto contrastante con una regola che vieta quel determinato risultato.
Tuttavia, l’inefficacia non si lega necessariamente alla nozione di invalidità dell’atto, ma può riguardare anche un atto valido.
Ed infatti, accanto all’inefficacia remediale, può esserci una inefficacia non remediale: quella che non costituisce rimedio a un difetto del contratto, perché il contratto non presenta difetti cui debba rimediarsi.
E’ tale l’inefficacia conseguente all’esercizio dell’azione revocatoria: qui non c’è nessun difetto del contratto cui rimediare nell’interesse delle parti o nell’interesse generale; semplicemente il contratto danneggia terzi (creditori), e nello specifico interessi di questi – e nei limiti segnati dall’esigenza di proteggere tale interesse, estraneo al contratto – viene reso inefficace (66). In questo caso il contratto viene reso inefficace dall’esercizio vittorioso di un’azione revocatoria; trattasi in particolare di inefficacia sopravvenuta posto che è solo con l’accoglimento dell’azione revocatoria, e non prima, che il contratto risulta inefficace, il che equivale a dire che la pronuncia del giudice si pone come costitutiva.
Né varrebbe obiettare che l’inefficacia rimonta ad un fattore – la lesione della garanzia patrimoniale del terzo creditore – già presente alla conclusione del contratto revocabile: infatti è solo con l’accoglimento dell’azione revocatoria, e non prima, che il contratto risulta inefficace (67).
Da quanto detto, lo schema a cui sembra maggiormente aderire la situazione del contratto ad evidenza pubblica il cui procedimento di scelta del contraente sia viziato pare essere quello dell’inefficacia non rimediale.
65 F.GOISIS, Ordinamento comunitario e sorte del contratto cit., p. 221.
66 V.ROPPO, Il contratto cit. p. 691.
67 V.ROPPO, Il contratto cit. p. 691.
Infatti, le norme dell’evidenza pubblica europea proteggono l’interesse degli operatori alla libera prestazione di servizi e fornitura di merci; la privazione di effetti del contratto è misura giustificabile nella misura in cui tale privazione sia funzionale a ripristinare l’interesse dell’operatore leso; ove non c’è lesione non c’è necessità di privazione di effetti del contratto.
Ciò che l’ordinamento disapprova (o può disapprovare) non è il risultato del contratto (costruzione di un’opera pubblica) o qualche aspetto del regolamento negoziale, bensì il fatto che tale costruzione non sia stata preceduta da una regolare procedura competitiva.
Né pare si possa dire che la gran parte delle violazioni delle norme sull’evidenza pubblica sia in grado di incidere sull’assetto sostanziale degli interessi disciplinato in contratto e quindi possa così ricondursi alla nullità per violazione di norme imperative perché tali regole incidono sulla scelta dell’identità del contraente (legislativamente sottratta all’autonomia privata dell’Amministrazione) e, in genere, sul prezzo/qualità del bene oggetto dell’appalto (che costituiscono i criteri di selezione dell’aggiudicatario. Ed infatti l’ordinamento, a differenza di quanto avviene con le norme imperative, non vieta affatto il contenuto del contratto bensì il modo in cui quel contenuto è stato formato e non pare che si possa procedere ad una assimilazione delle due ipotesi, senza argomentare sulla loro equiparabilità.
Del resto, autorevole dottrina aveva già affermato che la costruzione del modello ad evidenza pubblica implica che «gli atti delle due serie sono indipendenti tra loro quanto alla validità. Si possono perciò avere vicende come p. es.: una deliberazione di contrattare valida, un contratto invalido per vizi della volontà, e perciò annullabile (l’invalidità del contratto non trascina quella della deliberazione di contrarre); oppure un contratto valido, un’approvazione del contratto invalida e perciò annullabile (l’annullamento dell’approvazione non invalida il contratto) (68)».
Diverso è il caso in cui l’affidamento, oltre ad essere stato concluso illegittimamente, è stato concluso attraverso un fatto di reato, come ad la corruzione, dove l’illegittimità è causata proprio dell’evento corruttivo; in questo caso il contratto sarebbe effettivamente nullo, non potendo
68 M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo cit., p. 365.
l’ordinamento permettersi di mantenere gli effetti di un comportamento che disapprova penalmente, ma per il diverso e autonomo presupposto di essere stato stipulato in virtù di un fatto di reato e non per la semplice illegittimità commessa nella scelta del contraente (69).
Sicché, il problema sembra riguardare piuttosto il fatto che la permanenza dei suoi effetti incide sulla tutela in forma specifica del concorrente, così come il contratto in frode al creditore lede l’interesse di quest’ultimo alla garanzia patrimoniale del proprio credito.
Dunque si tratta di valutare se riconoscere il potere al concorrente illegittimamente pretermesso di richiedere ed ottenere la dichiarazione di inefficacia del contratto al giudice, che quindi si pronuncerà con sentenza costitutiva.
Potere positivamente riconosciuto dall’Adunanza Plenaria, la quale ha statuito che in caso di accoglimento dell’azione di annullamento dell’aggiudicazione il contratto diviene privo di effetti, anche se tramite l’improprio inquadramento nel fenomeno della caducazione invero afferente
69 E’ stato infatti affermato dalla Cassazione che in materia di appalti pubblici, il principio secondo cui il negozio concluso è annullabile, per vizi concernenti l'attività negoziale degli enti pubblici, solo ad iniziativa della P.A., non si estende al caso in cui l'omesso svolgimento della gara di appalto, cui deve equipararsi l'espletamento meramente apparente delle formalità previste dalla legge, abbia integrato gli estremi di reato; ed infatti, «le norme contenenti un divieto, sanzionato penalmente, allorché siano dirette alla tutela di un interesse pubblico generale, senza possibilità di esenzione dalla loro osservanza, devono infatti essere considerate imperative, con conseguente nullità del contratto per contrarietà ad esse;« Le norme contenenti un divieto, specie se sanzionato penalmente, possono essere considerate imperative, in difetto di un'espressa sanzione civilistica di invalidità, soltanto se dirette alla tutela di un interesse pubblico di carattere generale, che è ravvisabile se il divieto ha carattere assoluto, senza possibilità di esenzione dalla sua osservanza per alcuni dei destinatari della norma. Tali requisiti ricorrono indubbiamente nella fattispecie in esame, così come accertata dalla Corte d'appello, in cui il vincolo sinallagmatico tra le reciproche prestazioni proprie dell'appalto è rimasto irreparabilmente alterato dall'illecita pattuizione e dall'utilizzo della gara e del contratto quale strumento per l'illecito arricchimento (...)» Cass. Civ., sez. I, 5 maggio 2008, n. 11031; in senso contrario però Cass. Civ., sez. III, 16.02.2010, n. 3672, secondo cui «In tema di appalti pubblici, l'elusione delle garanzie di sistema a presidio dell'interesse pubblico (nella specie, aggiudicazione dell'appalto a licitazione privata) prescritte dalla legge per l'individuazione del contraente più affidabile e meglio tecnicamente organizzato per l'espletamento dei lavori, comporta la nullità del contratto per contrasto con le relative norme inderogabili (nella specie, ratione temporis, poste dalle leggi n. 14 del 1973, n. 584 del 1977 e n. 741 del 1981). Ove, poi, la violazione di dette norme sia stata preordinata, altresì, alla conclusione di un contratto le cui reciproche prestazioni sono illecite e la cui condotta è assolutamente vietata alle parti e penalmente sanzionata nell'interesse pubblico generale (nella specie, il buon andamento e l'imparzialità della amministrazione tutelati dalla previsione del reato di corruzione) la nullità per contrasto con norme imperative sussiste, e deve essere dichiarata, anche sotto tale specifico profilo, al fine di impedire che dalla commissione del reato derivino ulteriori conseguenze».
al problema dell’invalidità; invero, per quanto si è detto, la situazione è equiparabile al terzo creditore che agisce in revocatoria; la ricostruzione si porrebbe in contrasto con l’art. 2908 c.c.(70), che, secondo la lettura tradizionale, dispone un principio di tipicità delle sentenze costitutive; tuttavia, è stato messo in luce come vi siano esempi di tentativi giurisprudenziali di ridurre la tassatività e tipicità delle sentenze costitutive, o quantomeno di ampliare i casi di sentenza costitutiva prevista dalla legge (71).
Ciò non toglie che il legislatore potrebbe intervenire con il regime della nullità in questi casi, disponendo in favore di una nullità di tipo testuale; l’intervento si porre forse in maniera incoerente rispetto agli obiettivi delle regole dell’evidenza pubblica, ma ciò non priverebbe l’organo legislativo della sovranità normativa, qualora ritenesse che la violazione delle regole sulla corretta selezione del contraente, per gli ulteriori valori che viola, necessità del regime della nullità del contratto.
Ed infatti, la previsione della nullità testuale risulta utile nella misura in cui la previsione di legge determina una qualificazione e un trattamento della fattispecie, che in sua mancanza non vi sarebbero (ossia non lo sarebbero in ragione di problemi strutturali o di violazione di norme imperative).
Il contratto nullo testualmente è il contratto che risulta funzionante ed il cui mantenimento non provocherebbe una contraddizione con altra regola dell’ordinamento. Trattasi di scelte politiche del legislatore tanto puntuali quanto discrezionali, e perciò non surrogabili in via interpretativa (72). Si
70 Secondo cui «Nei casi previsti dalla legge, l'autorità giudiziaria può costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici, con effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa». E’ stato tuttavia sostenuto in dottrina che «con tale norma, peraltro il legislatore non ha voluto codificare probabilmente un vero e proprio principio di tassatività delle sentenze costitutive», tipicità che invero opererebbe sul diverso piano della sussistenza del potere dispositivo in materia di rapporti giuridici ove vige «la regola generale per cui i rapporti giuridici si costituiscono, si modificano e si estinguono attraverso accordi frutto dell’autonomia privata»; C.CONSOLO, Spiegazioni di diritto processuale civile, Vol. I, Torino, 2015, pp. 30 e 31.
71 R.ORIANI, Il principio di effettività della tutela giurisdizionale, Napoli, 2008, p. 28, ove si propone l’esempio di Cass. Civ., sez. III, 14.8.2004, n. 15913 ove si è stabilito che «in caso di legittimo avviamento di centralinista non vedente, a cui assunzione sia indebitamente rifiutata dal destinatario dell’obbligo di assumerlo, il giudice, se richiesto, deve applicare l’art. 2932 c.c. rendendo tra le parti sentenza che produca in forma specifica gli effetti del contratto non concluso, trattandosi di fattispecie possibile e non esclusa dal titolo (...)».
72 V.ROPPO, Il contratto cit. p. 695.
pensi in questo senso al contratto di investimento offerto fuori sede al risparmiatore qualificato nullo dall’art. 30, comma 7, del D.Lgs. 24.2.1998, n. 58.
In definitiva, con riferimento alla fattispecie ad evidenza pubblica, ormai positivizzata nel nostro ordinamento, l’opzione disponibile al legislatore è quella della nullità testuale, la quale, a differenza della nullità strutturale e virtuale, non ha una propria logica interna, ma risponde a finalità prettamente politiche di estensione del regime della nullità a particolari fattispecie.
1.8 Le esigenze emerse nella prassi: la varietà delle situazioni e la complessità degli interessi in gioco
Nel quadro antecedente all’intervento della seconda Direttiva ricorsi, in ordina alla questione della privazione di effetti del contratto, parte della dottrina aveva richiamato l’attenzione sull’opportunità di «valorizzare le profonde diversità che il fenomeno può presentare: a seconda del tipo di vizio dedotto dal ricorrente, della completa assenza o della irritualità della procedura, dell’interesse sostanziale o solo strumentale dedotto dal ricorrente, dei tempi entro cui si è scandita l’impugnazione giurisdizionale (73)».
73 Così F. CINTIOLI, Annullamento dell’aggiudicazione, buona fede e metodo giuridico, in www.giustizia-amministrativa.it; nello stesso senso P. CARPENTIERI, Annullamento dell’aggiudicazione e contratto, in Giorn. dir. amm., 2004, p. 1, il quale altresì sottolineava l’opportunità di proporre «soluzioni univoche ed efficaci sul piano pratico, più che elaborazioni perfettamente coerenti sul piano ricostruttivo»; nel medesimo senso G. PERICU
- M. GOLA, L’attività consensuale dell’amministrazione pubblica, in Diritto Amministrativo, Vol. II, a cura di L. MAZZAROLLI, G. PERICU, A. ROMANO, F.A. ROVERSI MONACO, F.G.
SCOCA, Bologna, 2005, p. 300; secondo tali Autori, risultava indispensabile un «esame degli interessi coinvolti per individuare la ricostruzione giuridica che si ritiene più corretta. Pare conforme ai principi del nostro ordinamento dare un valore preminente, da un lato, all’esigenza di tutela dell’affidamento e della certezza dei rapporti giuridici, dall’altro al corretto formarsi del consenso contrattuale dell’Amministrazione e non muovere, invece, dalla sola considerazione di quest’ultimo aspetto».; considerazioni queste che facevano optare gli Autori medesimi per una soluzione diversificata, ovverosia nel senso che «ove non si pongano preminenti esigenze di tutela dell’affidamento e della certezza dei rapporti giuridici –il che si verifica ove il contratto, anche se stipulato, non ha ancora avuto concreta esecuzione neppure parziale-, si deve ritenere che si determini una situazione di nullità assoluta, mentre in ogni altro caso di annullabilità relativa».
Era emersa infatti come visto nella giurisprudenza del giudice amministrativo la varietà di situazioni che potevano verificarsi nel caso concreto e dunque la necessità, sentita dagli attori in gioco, di trovare un giusto e razionale contemperamento delle diverse esigenze.
Val la pena di analizzare fin da ora, ed in maniera per lo più schematica, le diverse situazioni fattuali che potevano presentarsi al momento della pronuncia della sentenza di annullamento, nonché le diverse conseguenze giuridiche derivanti dalla detta pronuncia.
L’uso del presente indicativo nella seguente sezione a ciò dedicata trova ragione nella circostanza che trattasi, per lo più, di situazioni che possono verificarsi anche nel quadro vigente.
1.9 In particolare: le varie situazioni giuridiche conseguenti all’annullamento dell’aggiudicazione
La complessità della questione sottesa alla sorte del contratto a seguito dell’annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione è innanzitutto dovuta alle diverse conseguenze giuridiche che possono derivare da detta pronuncia; ed infatti, l’annullamento dell’aggiudicazione non presenta conseguenze costanti in ordine alla successiva attività della pubblica amministrazione; o, detto in altri termini, nella prospettiva del ricorrente, quest’ultimo può vantare pretese diverse in ordine alla attività che la pubblica amministrazione deve compiere in esecuzione dell’accertamento giurisdizionale dell’illegittimità compiuta nell’espletamento della procedura di gara.
La prima ipotesi è che l’annullamento dell’aggiudicazione non lasci margini all’amministrazione in relazione all’individuazione del nuovo aggiudicatario, coincidendo esso necessariamente con il ricorrente; sicché l’esecuzione della pronuncia avente ad oggetto gli atti della procedura di gara si sostanzia nell’aggiudicazione della commessa al ricorrente vittorioso.
Ciò si verifica nei seguenti casi tipici.
Il primo riguarda il caso in cui il ricorrente ricopre la posizione di secondo classificato in graduatoria e l’illegittimità accertata consiste nella
mancata esclusione dell’aggiudicatario (per mancanza dei requisiti di partecipazione o per irregolarità dell’offerta).
Il secondo caso rientrante nel suddetto paradigma concerne l’annullamento dell’aggiudicazione per illegittimità dovuta all’esclusione del ricorrente per mancanza dei requisiti soggettivi od oggettivi/formali dell’offerta, in una procedura nella quale l’accertamento del vincitore demandato alla stazione appaltante non richiede l’utilizzo di valutazioni tecniche di spettanza della p.a. (tipicamente nel caso in cui il criterio dell’aggiudicazione è costituito dal prezzo più basso), in caso contrario richiedendo il rispetto della par condicio ed imparzialità una riedizione della fase di presentazione delle offerte.
Il terzo caso riguarda, sempre nei casi in cui la valutazione delle offerte si sostanzi in una operazione meramente meccanica, l’illegittima applicazione dei criteri di valutazione delle offerte da parte dell’amministrazione la quale ha comportato che vincitrice fosse la controinteressata invece la ricorrente (l’offerta della ricorrente ha ricevuto meno punti di quelli che gli sarebbero spettatati, oppure l’offerta della controinteressata ha ricevuto più punti rispetto a quelli che gli sarebbero legittimamente spettati, o entrambe le cose, in assenza dei quali il ricorrente sarebbe risultato vincitore).
La seconda diversa ipotesi racchiude i casi nei quali all’accertamento dell’illegittimità consegue il dovere della p.a. di compiere nuovamente parte della procedura di gara, eliminando il vizio riscontrato giudizialmente, e dunque nei quali non sussiste un preciso vincolo per la p.a. nell’individuazione del legittimo aggiudicatario tra i vari legittimi partecipanti alla gara.
In questo senso, si consideri, ad esempio, il caso dell’annullamento del provvedimento di esclusione dalla gara del ricorrente, la cui riammissione comporti la necessità di una nuova valutazione di tutte le offerte presentate da parte della p.a.
Oppure, il caso dell’annullamento dell’aggiudicazione per illegittima composizione della Commissione Giudicatrice, che comporta la necessità di una nuova nomina dei componenti e dunque una rivalutazione delle offerte presentate da parte del suddetto organo della p.a.
Oppure ancora il caso in cui l’illegittimità riscontrata riguardi la carenza o il difetto di motivazione in ordine all’attribuzione dei punteggi alle offerte presentate, dal quale consegue la necessità di una valutazione motivata o con motivazione non difettosa.
Esiste, infine, un terzo gruppo di ipotesi nelle quali l’illegittimità riscontrata consiste nella decisione di procedere ad un affidamento diretto in una fattispecie non consentita dalla disciplina dell’evidenza pubblica.
Dal punto di vista del ricorrente che aspira ad ottenere il contratto e le utilità da esso derivanti, si può dire che, nei tre paradigmi sommariamente delineati, a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione, e sulla base dell’effetto conformativo della sentenza egli vanterà, nell’ordine, una pretesa all’aggiudicazione del contratto, una pretesa alla riedizione del frangente della procedura viziato, una pretesa a partecipare ad una procedura selettiva. Per ottenere la soddisfazione di tutti tali interessi giuridicamente protetti del concorrente, è necessario che gli effetti del contratto vengano meno, posto che l’eventuale stipula di un secondo contratto, nella permanenza degli effetti del primo, sarebbe nullo per impossibilità dell’oggetto ex comb. disp. artt. 1346 – 1418, comma 2, c.c. ed in ogni caso sarebbe privo di senso
ottenere la medesima prestazione da più soggetti (74).
Ciò in particolare è necessario anche se, in relazione ai casi di interesse strumentale, effettivamente, non si può sapere se, a seguito della successiva attività dell’amministrazione, il concorrente possa effettivamente ottenere il bene anelato, ovverosia l’aggiudicazione del contratto; paradossalmente potrebbe persino accadere che vinca, di nuovo, il soggetto nei confronti del quale era stata inizialmente emanata la precedente aggiudicazione, poi annullata.
Sembra, tuttavia, che sussista una differenza tra i due tipi di situazioni costituite dalla necessità di espletare nuovamente la fase di procedura viziata e dalla necessità di procedere con la gara per la prima volta.
Dal punto di vista del ricorrente, entrambe le situazioni sono funzionali a soddisfare un interesse strumentale del soggetto a potere
74 La necessaria previa privazione di effetti del contratto è ora esplicitamente prevista dall’art. 124, comma 1, c.p.a.: «l’accoglimento della domanda di conseguire l’aggiudicazione e il contratto è comunque condizionata alla dichiarazione di inefficacia del contratto ai sensi degli artt. 121, comma 1, e 122».
competere legittimamente per l’ottenimento della commessa pubblica e quindi, tramite competizione legittima, a poter aspirare a divenire contraente, ed in questo senso entrambe implicano una successiva attività della p.a.; nel primo gruppo di ipotesi tuttavia la struttura di tale posizione giuridica si lega ad una probabilità di vittoria, posto che sono definiti i partecipanti (75), mentre nel secondo gruppo si lega ad una mera possibilità di vittoria, non potendo stabilirsi a priori il numero di partecipanti di una procedura mai espletata.
Declinato dal punto di vista del ricorrente, le situazioni citate corrispondono a tre posizioni giuridiche strutturalmente diverse, come sembra rilevare la giurisprudenza.
Risulta infatti che, accanto alla pretesa all’aggiudicazione (interesse finale), e alla pretesa alla corretta ripetizione di una o più fasi della procedura selettiva (76), l’ordinamento tutela anche la pretesa alla gara nei casi in cui questa sia mancata del tutto.
Viene, infatti, affermato che «la condivisibile giurisprudenza che considera la necessità di una più qualificata posizione differenziata ai fini del radicamento dell’interesse al ricorso riguarda con evidenza ipotesi di gare effettivamente espletate (secondo le modalità e alle condizioni di cui al relativo bando) e non già la diversa situazione della mancanza assoluta di gara, che pure va riguardata con particolare rigore proprio per la sua rilevanza comunitaria, positivamente recepita nel nostro ordinamento anche nel codice del processo amministrativo (cfr. artt. 121 e segg. c.p.a.). In proposito, giova sottolineare che l’interesse c.d. “strumentale” è positivamente individuato, come situazione pienamente giustiziabile, proprio con riguardo alle fattispecie, come quella in esame, di mancanza di gara, diversamente prive di qualsiasi possibilità di controllo in sede giurisdizionale (77)».
75 Ed infatti, se in una procedura hanno partecipato 4 soggetti e l’illegittimità è consistita nella illegittima composizione della Commissione Giudicatrice, e il criterio di valutazione delle offerte implichi valutazioni imponderabili a priori, in linea di massima si sa che procedendo nuovamente con la nuova Commissione il soggetto avrà il 25% di possibilità di aggiudicarsi il contratto.
76 Che peraltro possono essere dal ricorrente azionati congiuntamente, ancorché normalmente in via subordinata l’interesse strumentale rispetto al finale, Cons. Stato, sez. V, 20.11.2015, n. 5296.
77 TAR Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 9.5.2013, n. 443.
La legittimazione ad agire in questo caso non deriva dalla legittima partecipazione alla gara, bensì dalla qualifica del soggetto quale operatore del settore, senza che possano rilevare, a priori, la verifica di requisiti soggettivi (i quali rileveranno semmai all’interno della procedura competitiva, alla quale il soggetto ha comunque diritto).
1.10 In particolare: le diverse variabili inerenti al contratto
Si è detto delle diverse situazioni giuridiche derivanti dall’annullamento dell’aggiudicazione.
Occorre ora considerare le diverse situazioni di fatto inerenti al contratto al momento della suddetta pronuncia.
Una prima variabile “tipo” che rileva in questo senso è costituita dallo stato di esecuzione del contratto.
Da questo punto di vista, una prima ipotesi è che al momento della pronuncia di annullamento il contratto sia stato stipulato, senza però che ne sia ancora iniziata l’esecuzione.
In questo caso il problema della sorte del contratto può essere affrontato senza che rilevi la preoccupazione di un’opera o un servizio o una fornitura completamente o parzialmente espletati, e senza che venga in rilievo un problema di subentro, inteso questo come una operazione di cambio “in corsa” di operatore economico nelle medesime prestazioni contrattuali.
Altra ipotesi è invece che il contratto sia stato integralmente eseguito. Anche in questo caso, in realtà, un problema di subentro non dovrebbe, in realtà, porsi, dal momento che ormai il rapporto contrattuale risulta esaurito. A parte queste due ipotesi, nelle quali, in ragione dello stato di svolgimento del rapporto, il subentro è sempre possibile o non è mai possibile, la terza tipologia di ipotesi è che l’esecuzione del contratto sia iniziata, ed allora il rapporto può trovarsi in uno stato di più o meno avanzato
compimento.
Il secondo elemento che contraddistingue la variabilità del fenomeno riguarda la tipologia contrattuale oggetto della procedura di aggiudicazione.
Avendo riguardo alla futura azione della p.a. in conseguenza dell’annullamento dell’aggiudicazione, sia che essa debba consistere nella riedizione della procedura, sia che essa debba consistere nell’aggiudicazione del contratto al ricorrente, occorre considerare che non tutte le prestazioni, una volta iniziate, sono passibili di essere proseguite dal nuovo aggiudicatario subentrante al contraente “disarcionato”.
In questo senso, le tipologie di contratti di servizi e di forniture si prestano, in astratto, maggiormente ad una fungibilità di operatori, mentre invece i contratti di lavori si prestano meno facilmente ad un avvicendamento tra esecutori, e ciò per varie ragioni.
Innanzitutto, qualora oggetto della procedura sia non solo l’esecuzione dei lavori ma anche la progettazione definitiva delle opere, i progetti dell’operatore uscente e dell’operatore entrante potrebbero differire al punto da non consentire tecnicamente una prosecuzione delle opere con il nuovo progetto (78); sicché in questi casi, per consentire l’avvicendamento, occorrerebbe ripristinare la situazione precedente, eliminando le opere già eseguite; in altre parole, non potrebbe parlarsi di subentro o prosecuzione.
Anche qualora una sostituzione di contraente sia tecnicamente possibile, perché ad esempio trattasi di appalto di soli lavori, la concretezza della situazione può rendere poco agevole (sotto il profilo delle tempistiche e dei costi economici, e dunque dell’efficienza dell’azione amministrativa) un subentro in ragione dei tempi tecnici di “liquidazione” delle prestazioni dell’appaltatore uscente (le opere parzialmente eseguite vanno collaudate e vanno risolte eventuali contenziosi circa l’aumento dei costi o vizi di realizzazione; il cantiere va smantellato e materialmente riconsegnato all’appaltatore subentrante, con tutte le necessarie operazioni prodromiche di sopralluogo e verifiche, ecc.).
Infine, esiste la tipologia dei contratti misti (ad es. lavori e servizi o fornitura e servizi) ove ai fini della sostituibilità degli operatori occorre scindere il discorso a seconda delle prestazioni.
Dal punto di vista degli interessi delle parti coinvolte nella vicenda, invece, possono svolgersi le seguenti osservazioni.
78 Non potendosi peraltro immaginare l’esecuzione di opere d’appalto sulla base di progetti presentati da altre imprese.
Dal punto di vista del ricorrente, se normalmente può avere interesse ad ottenere il contratto (in ragione sia dell’ottenimento dell’utile, che dei vantaggi competitivi derivanti dall’esperienza acquisita), nel caso in cui il contratto sia in stato di avanzata esecuzione o il subentro, pur tecnicamente possibile, risulti difficoltoso, potrebbe, giustificatamente, non aver interesse ad una privazione di effetti del contratto ed un subentro nello stato in cui si trova79 pur mantenendo una pretesa a vedere riparata la lesione del proprio interesse all’esecuzione del contratto, che avrebbe ottenuto qualora la stazione appaltante avesse correttamente applicato le regole dell’evidenza pubblica.
Così come per il ricorrente, l’interesse del contraente privato pare essere nella normalità dei casi nel senso dell’esecuzione integrale dell’opera.
Dal punto di vista dell’amministrazione, potrebbe non esserci interesse a contrastare un “cambio di operatore”, se privo di costi aggiuntivi, ottenibile in tempi rapidi e senza necessità di dover interrompere un servizio pubblico essenziale, o senza che l’interruzione sia di pregiudizio a detto interesse pubblico; esigenze queste difficilmente soddisfabili nel caso in cui occorra procedere ad una riedizione della procedura.
Diversamente potrebbe ritenere non conveniente il mutamente della propria controparte contrattuale.
Se questo si può assumere nella maggior parte dei casi, non possono, tuttavia, escludersi diversi scenari.
79 E’ stato osservato che «l’appetibilità di un contratto ineseguito può essere diversa da quella propria di un contratto parzialmente eseguito. Non solo, ma anche laddove il contratto non sia ancora stato eseguito, potrebbe accadere che l’impresa, che pure a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione ad altri abbia titolo a stipularlo, non abbia più interesse a stipularlo ed eseguirlo, ad es. perché ha impiegato i mezzi in altre opere, ovvero perché in base a valutazioni puramente economiche il contratto non risulta economicamente vantaggioso, soprattutto se non è possibile rinegoziare i termini dell’offerta», così S.S. SCOCA, Soccombenza e appello; aggiudicazione e contratto: profili di interesse della sentenza annotata, in Foro. amm.-CDS, 2, 2008, p. 580, il quale condivide l’impostazione del Supremo Consesso nella sentenza commentata (Cons. Stato, n. 213/2008) secondo cui il ricorrente che ha ottenuto l’annullamento della gara ha la facoltà di optare per la tutela in forma specifica (coincidente con l’aggiudicazione a suo favore del contratto), oppure per la tutela per equivalente (coincidente con la riparazione monetaria del danno patrimoniale causato dalla illegittima mancata aggiudicazione della commessa). Invero, prima della decisione commentata, la giurisprudenza propendeva per un necessario risarcimento in forma specifica, che imponeva, il più delle volte, al ricorrente vittorioso, di subentrare nel contratto; in tal senso, ad esempio, TAR Lombardia, Milano, sez. III, 13 dicembre 2005, n. 4958, secondo cui «la domanda di risarcimento del danno proposta dalla ricorrente trova ristoro nella nuova opportunità che le viene offerta, derivante dalla ripetizione della procedura, per la parte dell'appalto che deve ancora essere eseguita».
Può infatti accadere che, anche in ipotesi che ragionevolmente e normalmente dovrebbero comportare l’interesse nella prosecuzione del rapporto, la pubblica amministrazione possa avere interesse ad un cambio dell’operatore perché il rapporto con il precedente aggiudicatario ha avuto qualche malfunzionamento, quali possono essere eventuali inadempimenti o ritardi negli adempimenti o il fallimento del contrante privato.
Infine, occorre tener presente che tutte le sostituzioni di operatori presentato i possibili “costi aggiuntivi” costituiti dai risarcimenti che uno o entrambi gli operatori potrebbero richiedere alla pubblica amministrazione.
Ad esempio, nel caso di prestazioni di servizi fungibili, l’impossibilità di restituzione delle prestazioni ormai eseguite comporta la possibilità per il ricorrente subentrante di richiedere il risarcimento dei danni sotto forma di mancato utile in relazione al segmento di prestazioni perduto; il contraente “disarcionato” può chiedere il risarcimento in ordine ai costi inutilmente sostenuti ed eventualmente in ordine alle occasioni imprenditoriali mancate; tutto ciò comporta che il subentro nel rapporto comporta quasi sempre il rischio di ulteriori costi per la pubblica amministrazione per risarcimenti (80).
A conclusione della sezione dedicata all’esame delle diverse variabili che possono riguardare la complessità del fenomeno, è possibile delineare due fattispecie tipo al fine di mettere in luce le conseguenze in termini di opportunità di soluzioni vincolate in ordine alla questione della sorte del contratto.
La prima è costituita dal caso in cui il ricorrente abbia ottenuto una pronuncia di annullamento dell’aggiudicazione dalla quale consegua il suo “diritto” al contratto, il subentro sia tecnicamente possibile nel rapporto già iniziato, il livello di esecuzione non sia avanzato, non vi è sproporzione tra il vantaggio conseguito dal ricorrente ed il contraente disarcionato.
La seconda è costituita dal caso in cui il ricorrente abbia ottenuto una pronuncia di annullamento dell’aggiudicazione dalla quale consegua il suo “diritto” alla riedizione di tutta o parte della procedura, e, pur essendo il subentro tecnicamente possibile, l’esecuzione è in stato avanzato, le
80 In ordine a questi rilievi, F.G. SCOCA, Annullamento dell’aggiudicazione cit., p. 801-804
passim.
prestazioni sono strumentali all’espletamento di un servizio pubblico essenziale (81).
Nel primo caso, l’attuazione in forma specifica dell’aspirazione del ricorrente all’esecuzione del contratto non comporta criticità particolari dal punto di vista degli interessi pubblici e privati coinvolti nella vicenda.
Nel secondo caso invece, l’attuazione in forma specifica della posizione del ricorrente vincitore, presenta diverse criticità, quali i costi ed i tempi della nuova procedura, l’interruzione o il pericolo di interruzione di un servizio pubblico essenziale, la sproporzione tra il vantaggio conseguito dal ricorrente rispetto ai costi sostenuti dalla p.a. e i pregiudizi subiti dal contraente uscente, anche in considerazione del fatto che non c’è garanzia che il ricorrente vincitori si aggiudichi infine la commessa.
Seppure stilizzate, le considerazioni che precedono consentono comunque di poter concludere nel senso che la varietà delle situazioni rende irragionevole la previsione di soluzioni rigide in ordine alla sorte del contratto; in particolare, la privazione di effetti del contratto in alcuni casi non consente di massimizzare, in uno con l’interesse del ricorrente, la tutela degli interessi pubblici e privati che oggettivamente emergono nella vicenda. In particolare, nella seconda ipotesi considerata da ultimo, la privazione di effetti del contratto avrebbe l’effetto pratico di rimettere “in gioco” la chance del concorrente di aggiudicarsi la commessa, a fronte della distruzione di utilità quali la rapida ed efficiente realizzazione di prestazioni a benefico diretto o indiretto della collettività ed ai danni emergenti e guadagni cessati dell’originario contraente.
81 Si pensi al servizio pubblico di trasporto o anche al caso del contratto di fornitura di macchinari medici.
1.11 Conclusioni
A chiusura di questa prima parte avente per scopo la ricognizione dei dati rilevati nel quadro giuridico antecedente alla seconda direttiva ricorsi e della normativa nazionale di recepimento, si offrono le seguenti conclusioni. In primo luogo, il giudice amministrativo conosce della sorte del contratto nell’ambito di un giudizio avente ad oggetto la domanda del soggetto volta ad ottenere l’accertamento della propria pretesa all’ottenimento dell’aggiudicazione o all’espletamento della procedura o alla riedizione di una fase di essa; nell’ambito di tale situazione, il contratto di appalto si pone non come titolo della domanda avente ad oggetto un diritto soggettivo, bensì come fatto potenzialmente impeditivo all’esecuzione
dell’accertamento compiuto nella sentenza.
Il problema del potere del giudice sugli effetti del contratto non si pone dunque nell’ottica di una inefficacia remediale che presuppone un difetto strutturale o una contrarietà dell’atto contratto rispetto a valori obiettivi dell’ordinamento; la presenza del contratto, piuttosto, viola l’interesse del soggetto all’ottenimento dell’appalto, interesse protetto dalle norme di evidenza pubblica europee al fine di realizzare le libertà di prestazione dei servizi e di fornitura delle merci.
E’ stato sottolineato infatti come le norme e i principi europei abbiano ribaltato la prospettiva originaria per la quale le regole dell’evidenza pubblica tutelano in primis l’interesse pubblico alla efficiente gestione della spesa pubblica e di riflesso gli interessi degli operatori di settore; si assiste infatti
«ad una selezione e scelta legislativa degli interessi che hanno reso pubblici interessi che si appuntano in sostanza in capo agli imprenditori ed alla loro libertà di iniziativa economica in un mercato volto a garantire concorrenza e pari opportunità a tutti gli operatori economici, indipendentemente dalla loro nazionalità, in un unico ambito comune europeo»; sicché ne è derivata la situazione particolare: «di solito sono pubblici gli interessi che fanno capo al soggetto titolare del potere di decidere e non ai destinatari del potere. E,
invece, anche i concorrenti alla gara sono portatori di interessi che sono tutelati dalle norme ed assurgono a rango di interessi pubblici (82)».
Il che pare ponga la questione dei poteri del giudice sulla sorte del contratto in una prospettiva tutta incentrata all’interno del principio di effettività della tutela dell’interesse dell’operatore economico interessato al contratto d’appalto.
Secondo il significato classico, tale principio esprime la necessità che il processo dia al titolare del diritto «tutto quello e proprio quello» che gli viene giuridicamente attribuito dalla volontà di legge.
Viene infatti affermato dall’Illustre Autore che ha proposto tale formulazione che «la volontà della legge tende ad attuarsi nel campo dei fatti fino alle estreme conseguenze praticamente e giuridicamente possibili. Conseguentemente il processo deve dare, per quanto è possibile praticamente, a chi ha un diritto tutto quello e proprio quello ch’egli ha diritto di conseguire. Un principio così generale non è, né ha d’uopo essere, formulato in alcun luogo. Non esiste alcuna norma espressa che assicuri l’azione al creditore insoddisfatto d’un capitale mutuato: le norme del codice civile sul mutuo riguardano gli obblighi delle parti, non l’azione; gli artt. 35 e 36 del codice di procedura civile presuppongono una norma più generale che conceda l’azione, ma non la contengono: pure nessuno dubita che l’azione ci sia. Il processo come organismo pubblico d’attuazione della legge è per sé stesso fonte di tutte le azioni praticamente possibili, che tendano all’attuazione di una volontà di legge (83)».
Principio di effettività che, nella lettura dell’art. 24 della Costituzione offerta dalla dottrina, assume una triplice dimensione.
Innanzitutto, «effettività soggettiva» di accesso alle Corti di giustizia: l’espressione tutti possono esprime l’eguaglianza di condizioni e l’assenza di discriminazioni nel godimento dei vantaggi attribuiti dalla garanzia.
82 E.FOLLIERI, I poteri del giudice amministrativo nel Decreto Legislativo 20 marzo 2010 n. 53 e negli artt. 120 124 del codice del processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 4, 2010,
p. 1069; sempre in ordine agli interessi protetti nella disciplina sugli appalti, M.CAFAGNO, Lo Stato banditore. Gare e servizi locali, Milano, 2001; in ordine al rapporto tra mercato ed ordine giuridico, A. POLICE, Tutela della concorrenza e pubblici poteri, Torino, 2007, p. 1 e ss.; con riferimento alle relazione tra mercato e disciplina delle procedure d’appalto, M.CLARICH, Considerazioni sul rapporto tra appalti pubblici e concorrenza nel diritto europeo e nazionale, in Dir. amm., 1, 2016, p. 71.
83 G.CHIOVENDA, Istituzioni di diritto processuale civile, I, Napoli, 1935, p. 39 e ss.
In secondo luogo, «Effettività tecnica» come attribuzione della composita situazione di potere in cui consta l’agire in giudizio, dunque garanzia delle possibilità processuali da garantire alla parti nel corso dell’intero giudizio.
In terzo luogo, una «effettività qualitativa» come garanzia del risultato conseguibile da chi agisce per ottenere tutela della propria situazione sostanziale.
Infine, l’obiettivo della tutela costituito dai diritti soggettivi e dagli interessi legittimi propri di chi agisce in giudizio permette infine di individuare una esigenza di «effettività oggettiva» della tutela, in funzione dei tipi di situazione individuale, che il diritto sostanziale riconosca, di volta in volta, meritevoli di protezione (84).
In particolare, per ciò che concerne la dimensione della effettività qualitativa si dice che essa attribuisca alla tutela in senso costituzionale un’elasticità intrinseca ed un’atipicità contenutistica, proprie dei rimedi di common law, sottolineando la particolare rilevanza che, in proposito, assume lo scopo funzionale dell’agire in giudizio, per la tutela di un diritto o di un interesse sostanziale. Dunque azione non come mero diritto al processo, ma come diritto alla tutela (85).
Tale garanzia del processo di offrire quanto più possibile al titolare del diritto non è tuttavia senza limiti.
Vengono in particolare identificati limiti di diritto e limiti di fatto.
I primi attengono o all’impossibilità di usare mezzi esecutivi che importano restrizioni della libertà personale o del diritto di proprietà, o alla previsione della legge che limita espressamente, per ragioni speciali di tempo e luogo, i modi di attuazione della legge logicamente possibili. I secondi riguardano l’impossibilità di fatto per il processo di attuare la legge (86).
La garanzia costituzionale offre un «predeterminato quomodo di ottenibilità (=la correttezza del procedimento e l’effettività delle chance di azione in giudizio), nonché un risultato modale predeterminato, riferibile
84 P.COMOGLIO, Giurisdizione e processo nel quadro delle garanzie costituzionali, in Riv. trim. dir. proc. civ., 4, 1994, p. 1070.
85 P.COMOGLIO, Giurisdizione e processo cit., p. 1076.
86 R.ORIANI, Il principio di effettività cit., p. 12.
all’intensità e all’adeguatezza delle forme di tutela, che a priori spettano a chi, poi, risulti in concreto aver ragione (87)».
Ciò posto, il problema della sorte del contratto per quanto detto in ordine agli interessi tutelati dalle norme dell’evidenza pubblica europea si pone all’interno di questo quadro concettuale, ed in particolare all’interno della terza dimensione della garanzia dell’azione, vale a dire la necessità di una adeguata forma di tutela dell’interesse del concorrente pretermesso.
Dimensione che, come sottolinea la dottrina, non è assoluta in ordine alla possibilità per il titolare della situazione soggettiva di ottenere esattamente ciò che gli viene garantito dal precetto primario della norma giuridica.
Ed è in questo secondo profilo che si inserisce la questione della limitazione del travolgimento degli effetti del contratto e dei valori racchiusi nel loro mantenimento che la giurisprudenza del giudice amministrativo, affiancata da buona parte della dottrina, ha cercato in vario modo di prendere in considerazione.
La domanda che ci si pone in relazione a tale più generale problema è se il legislatore possa ed entro che limiti negare il conseguimento, attraverso il processo, di quel bene, di quella utilità, e consentire solo una tutela per equivalente, «evidentemente nella esigenza di contemperare interessi contrapposti (88)».
Si pensi in questo senso all’art. 2933, comma 2 c.c. secondo il quale non può essere ordinata la distruzione della cosa, costruita in violazione di un obbligo di non fare, e l’avente diritto può conseguire solo il risarcimento dei danni, se la distruzione della cosa è di pregiudizio all’economica nazionale.
Si pensi ancora a quanto disposto dall’art. 2504 quater c.c. secondo il quale l’invalidità dell’atto di fusione non può essere pronunciata, una volta eseguite le iscrizioni dell’atto di fusione a norma del secondo comma dell’art. 2504 c.c.: resta salvo il diritto al risarcimento del danno eventualmente spettante ai soci o ai terzi danneggiati dalla fusione.
Nella stessa direzione si pone l’art. 2377 c.c. secondo cui il potere di impugnazione avverso la delibera della società per azioni non è attribuito ai
87 P.COMOGLIO, Giurisdizione e processo cit., p. 1076.
88 R.ORIANI, Il principio di effettività cit., p. 64.
singoli soci in quanto tali, ma solo ai soci che possiedono una certa percentuale del capitale; in mancanza, i soci hanno diritto al risarcimento del danno loro cagionato dalla non conformità della deliberazione alla legge o allo statuto (89).
In questi casi, l’ordinamento nega la tutela specifica in termini di invalidità dell’atto e prevede una tutela risarcitoria e dunque si ha un arretramento della linea di tutela del socio dal piano reale al piano obbligatorio. Con particolare riferimento agli esempi societari, il Legislatore ha inteso contemperare la tutela dei soci con le esigenze di certezza e stabilità dei rapporti immanenti nella fenomenologia societaria.
In questo contesto, si è inserita la disciplina dei poteri di intervento del giudice amministrativo sul contratto di appalto, frutto di una iniziativa dell’ordinamento europeo le cui linee fondamentali sono state veicolate nell’ambito delle esigenze di diritto interno, con i risultati racchiusi infine nelle norme di cui agli artt. 121-125 c.p.a.
Sulla scorta di tali conclusioni interpretative che si è ritenuto di poter trarre dal quadro giuridico antecedente alla riforma, si passa dunque all’esame del quadro di diritto positivo attualmente vigente.
89 Per questi ed altri esempi, R.ORIANI, Il principio di effettività cit., p. 66.
Capitolo 2. Il quadro giuridico attuale
Sommario: 2.1 Il “fallimento” della direttiva 89/665/CEE (c.d. prima Direttiva ricorsi)- 2.2 Le innovazioni della Direttiva n. 66/2007/CE (c.d. seconda Direttiva Ricorsi): il rimedio preventivo dello ‘stand- still period’ - 2.3 Il rimedio reale della dichiarazione di inefficacia del contratto - 2.4 In particolare: la logica della “seconda direttiva ricorsi” - 2.5 L’iter di recepimento della seconda Direttiva ricorsi -
2.6 Il contenuto della disciplina: punti fermi e problemi aperti - 2.7 Ridefinizione della problematica: la natura e la funzione dei poteri del giudice sulla sorte del contratto - 2.8 Il recepimento della Direttiva in altri Paesi: il caso della Germania - 2.9 Il caso della Spagna – 2.10 Conclusioni
2.1 Il “fallimento” della direttiva 89/665/CEE (c.d. prima Direttiva ricorsi)
Come si è anticipato nell’esordio della trattazione, una soluzione di diritto positivo in ordine alla sorte del contratto si ebbe con l’intervento normativo del Legislatore europeo effettuato con la direttiva 2007/66/CE (c.d. “seconda direttiva ricorsi”), la cui finalità, come emerge dalla stessa rubrica, consiste nel migliorare le procedure di ricorso in materia di aggiudicazione di appalti pubblici (90).
Sicché, in ossequio al piano d’indagine, occorre fornire una analisi di tale fonte europea, delle fonti di diritto interno che l’hanno recepita, nonché
90 Per i vari commenti prodottisi in proposito cfr. ex multis, C. CONTALDI LA GROTTERIA, Le nuove “direttive ricorsi” e le vecchie questioni sulla sorte del contratto, in Dir. e pratica amm., in Il Sole-24 Ore, 3, 2008, p. 100 e ss.; G. GRECO, La direttiva 2007/66/CE: illegittimità comunitaria, sorte del contratto ed effetti collaterali indotti, in Riv. it. dir. pubb. com., p. 257 e ss.; A. BARTOLINI -S. FANTINI, La nuova direttiva ricorsi, in Urb. App., 10, 2008, p.25; M. LIPARI, Annullamento dell’aggiudicazione ed effetti del contratto: la parola al diritto comunitario, consultabile in www.federalismi.it, 9, 2008, p. 112; G.CORAGGIO, Annullamento dell'aggiudicazione e sorte del contratto, in www.giustizia-amministrativa.it;
M.A. SANDULLI, Ulteriori profili di compatibilità comunitaria della disciplina interna sui contratti pubblici, in Foro amm.-Tar, 2008, XCI ss., in partic. XCV ss.
fornire una disamina delle soluzioni di recepimento adottate dagli altri Paesi europei.
Al fine di comprendere appieno il meccanismo congegnato dal legislatore europeo, occorre muovere da una breve ricostruzione del quadro giuridico e delle esigenze dai quali è scaturita la suddetta regolamentazione.
Deve premettersi che, come evidenziato in dottrina, l’intervento in parola ha costituito una sorta di “inedito” del modus operandi classico dell’ordinamento europeo, che fino a quel momento si era limitato a dettare una regolamentazione comune della disciplina sostanziale delle procedure di aggiudicazione, senza effettuare “intromissioni”, se non in misura limitata, nella disciplina processuale e soprattutto dei mezzi di tutela degli interessi giuridici protetti adottata dagli Stati membri.
Ed infatti, il primo intervento “processuale” si ebbe con le direttive 89/665/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1989 (riguardante i c.d. “settori ordinari”) e 92/13/CEE del Consiglio del 25 febbraio 1992 (riguardante i c.d. “settori speciali”) (91).
In particolare, l’ordinamento europeo, con l’emanazione di tali direttive, aveva imposto agli Stati membri di predisporre una tutela effettiva in capo al concorrente leso nella sua aspettativa di aggiudicazione, la quale comprendesse, quantomeno, una adeguata tutela cautelare e di annullamento delle decisioni illegittime, nonché una misura risarcitoria per equivalente del danno subito; a tale ultimo proposito, veniva infatti lasciata facoltà agli Stati membri di limitare al risarcimento per equivalente la tutela del concorrente pretermesso per il caso in cui, nelle more del giudizio di annullamento, si fosse pervenuti alla stipula del contratto (92).
91 Sulle prime direttive ricorsi ex multis G. GRECO, L’adeguamento dell’ordinamento italiano alle direttive comunitarie in tema di appalti di lavori pubblici, in Gli appalti dei lavori pubblici nel diritto amministrativo comunitario e italiano (direttive 89/440/CEE e 89/665/CEE), in Atti dell’incontro di studi tenutosi a Milano il 16 febbraio 1990, Milano, 1990, p. 19 e ss.; G. MORBIDELLI, Note introduttive sulla direttiva ricorsi, in Riv. it. dir. pubb. com., 1991, p. 829 e ss.
92 Art. 2 par. 6, il quale così recitava: «gli effetti dell’esercizio dei poteri di cui al paragrafo 1 sul contratto stipulato in seguito all’aggiudicazione dell’appalto sono determinati dal diritto nazionale. Inoltre, salvo il caso in cui una decisione debba essere annullata prima della concessione di un risarcimento danni, uno Stato membro può prevedere che, dopo la stipulazione di un contratto in seguito all’aggiudicazione dell’appalto, i poteri dell’organo responsabile delle procedure di ricorso si limitino alla concessione di un risarcimento danni a qualsiasi persona lesa da una violazione»; tale disciplina, come è noto, rappresenta peraltro il primo superamento positivo della preclusione dogmatica esistente all’epoca circa l’irrisarcibilità dell’interesse legittimo, elemento che sarà poi decisivo per il definitivo
In generale, in relazione a tale prima fase dell’iniziativa europea in ambito processuale, la prospettiva adottata dall’ordinamento soprannazionale è stata quella della ricerca della massima accelerazione della tutela giurisdizionale avverso gli atti anti-comunitari al fine di evitare che il consolidarsi del rapporto contrattuale si ponesse da ostacolo alla effettività della tutela azionata.
L’impostazione europea è chiara in particolare nella sentenza “Alcatel Austria AG” (sentenza 28 ottobre 1999, nella causa C-81/89), nonché nella successiva Corte di Giustizia CE 15 maggio 2003, C-214/00, Commissione
c. Regno di Spagna, affermativa della necessità di una tutela cautelare (anche) ante causam, nella quale l’effetto utile della direttiva ricorsi 89/665/CEE del 21 dicembre 1989 veniva rinvenuto anche nella possibilità che i rimedi giurisdizionali predisposti dai singoli Stati possano intervenire tempestivamente in una fase in cui le violazioni possono essere ancora sanate.
Tale disegno disciplinare è stato attuato, nel nostro ordinamento, con due interventi normativi distinti, e svolti in tempi diversi.
Dapprima, il legislatore italiano, con l’art. 13 della L. n. 142/1992 (93), ha previsto la tutela risarcitoria per equivalente quale forma di tutela delle posizioni giuridiche dei concorrenti nelle procedure di aggiudicazione degli appalti, mentre non ha preso posizione circa gli effetti sul contratto già stipulato derivante dalla decisione del giudice di annullamento dell’aggiudicazione.
Successivamente, con l’art. 14 del d.lgs. 20 agosto 2002, n. 190, veniva introdotta una nuova disposizione con le quale è stata esercitata espressamente la sopraccitata facoltà, contemplata dalla direttiva comunitaria 89/665/CEE, di limitare la tutela del ricorrente al risarcimento per equivalente pecuniario per il caso in cui, nelle more del giudizio di annullamento, si sia pervenuti alla stipula del contratto (94).
superamento effettuato con la nota sentenza Cass. Civ. 500/1999 (che supera l’impostazione della Cass. Civ., SS.UU., 10.11.1993, n. 11077, la quale aveva configurato la risarcibilità dell’interesse legittimo “comunitario” come eccezione rispetto alla regola).
93 Secondo il quale «la domanda di risarcimento è proponibile dinnanzi al giudice ordinario da chi ha ottenuto l’annullamento dell’atto lesivo con sentenza del giudice amministrativo»; a parte l’aspetto della doppia giurisdizione la disposizione prevedeva dunque la c.d. pregiudiziale amministrativa, conformemente all’opzione espressamente ammessa dalle Direttive (art. 2 par. 5, Dir. 89/665/CEE e art. 2 par. 1, lett. d) comma 2 Dir. 9213/CEE).
94 Prevedeva il suddetto art. 14, al comma 2 che «In applicazione delle previsioni dell'articolo 2, comma 6, delle direttive 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, e 92/13/CEE
Sennonché, nella prospettiva europea, tale iniziale intervento non portò all’obbiettivo sperato di innalzare il livello di effettività della protezione degli interessi giuridici dei concorrenti. Ed infatti, la possibilità concessa agli Stati membri, a garanzia dell’affidamento dei contraenti, di limitare la tutela del concorrente alla misura risarcitoria per equivalente in caso di stipula del contratto ha provocato una vera e propria corsa alla stipula del contratto da parte dell’amministrazione e aggiudicatario al fine di mettere al sicuro il rapporto.
Ciò comportava che le imprese eventualmente interessate a proporre ricorso erano costrette a chiedere il risarcimento per equivalente non potendo più ottenere materialmente l’appalto. La tutela dei concorrenti, invero, era ulteriormente diminuita dal fatto che in alcuni casi vi era difficoltà a conseguire anche solo questa forma di tutela, dal momento che in molti paesi europei la responsabilità dell’amministrazione era subordinata alla prova della spettanza del contratto, circostanza non sempre di facile prova
Il fenomeno della c.d. race to signature comportava, dunque, una forte limitazione della tutela degli offerenti, con l’ulteriore logica conseguenza che essi venivano dissuasi dal ricorrere alle vie giurisdizionali; a sua volta, ciò determinava che le illegittimità non venivano accertate e sanzionata dagli organi di ricorso, e l’effetto perseguito dalla disciplina delle procedure di aggiudicazione di creare la concorrenza europea nel mercato delle commesse pubbliche si trovava fortemente indebolito (95). Risulta evidente, in questo senso, che l’ordinamento europeo si avvantaggi dell’iniziativa processuale dei soggetti che si ritengono lesi da una illegittima aggiudicazione potendo contare su una continua verifica del rispetto delle proprie norme da parte di un organo imparziale. Ancor prima, la circostanza di non poter contare su
del Consiglio, del 25 febbraio 1992, la sospensione o l'annullamento giurisdizionale della aggiudicazione di prestazioni pertinenti alle infrastrutture non determina la risoluzione del contratto eventualmente già stipulato dai soggetti aggiudicatori; in tale caso il risarcimento degli interessi o diritti lesi avviene per equivalente, con esclusione della reintegrazione in forma specifica»; disposizione analoga è ora presente nell’art. 125, comma 3, c.p.a.
95 Osservavano infatti i giudici europei che «se è vero che la direttiva 92/50 contiene essenzialmente norme procedurali, è pur vero che essa è stata adottata al fine di eliminare gli ostacoli alla libera prestazione dei servizi e di proteggere, quindi, gli interessi degli operatori economici stabiliti in uno Stato membro che intendano offrire servizi alle amministrazioni aggiudicatrici con sede in un altro Stato membro (v., in particolare, sentenza 18 ottobre 2001, causa C-19/00, SIAC Construction, Racc., I-7725, punto 32)», Sent. 10 aprile 2003, in cause riunite C 20/01 e C 28/01, Commissione/Germania, in Racc., I 3609 ss., punto 35.
eventuali efficaci strumenti di giustizia, costituisce un disincentivo per le imprese a voler gareggiare per l’ottenimento della commessa (96).
In tutti i Paesi d’Europa, dunque, prevaleva la tendenza al perseguimento dell’interesse alla celere realizzazione dell’opera pubblica.
Al fine di contrastare il fenomeno, la Corte di Giustizia, nel vigore della succitata prima versione della Direttiva ricorsi, aveva avuto modo di stabilire che seppur il mantenimento degli effetti del contratto, e il riconoscimento della sola tutela risarcitoria in capo al concorrente pretermesso, costituisca una facoltà lasciata agli Stati membri, ciò non significa che la permanenza del contratto nonostante l’illegittimità commessa sia considerato conforme al diritto comunitario nella prospettiva del rapporto Stato-Comunità.
In particolare, veniva stabilito che «l'art. 2, n. 6, secondo comma, della direttiva 89/665, la quale ha per oggetto di garantire l'esistenza, in tutti gli Stati membri, di mezzi di ricorso efficaci in caso di violazione del diritto comunitario in materia di appalti pubblici o delle norme nazionali che recepiscono tale diritto, al fine di garantire l'applicazione effettiva delle direttive che coordinano le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici (sentenza 12 dicembre 2002, causa C 470/99, Universale-Bau e a., Racc. pag. I 11617, punto 71), riguarda, come risulta dal suo tenore letterale, il risarcimento che una persona lesa da una violazione commessa da un'amministrazione aggiudicatrice può ottenere da quest'ultima». Proprio
«in ragione della sua specificità, questa disposizione non può essere considerata tale da regolare anche il rapporto tra uno Stato membro e la Commissione, rapporto che rientra nell'ambito degli artt. 226 CE e 228 CE (97)».
Nelle proprie conclusione l’Avvocato Generale aveva altresì osservato che le previsioni della direttiva ricorsi sulla facoltà di concedere al concorrente solo la tutela risarcitoria fossero rilevanti «esclusivamente per lo
96 In realtà, nel panorama europeo, l’ordinamento italiano, come detto, si era positivamente distinto per aver previsto, seppur solamente a livello pretorio, la possibilità per il concorrente di ottenere la privazione di effetti del contratto; in ordine alle varie soluzioni del problema della sorte del contratto in ambito europeo, B. MARCHETTI, Annullamento dell'aggiudicazione e sorte del contratto: esperienze europee a confronto, in Dir. proc. amm., 1, 1998, p. 95.
sviluppo della tutela giuridica individuale nei confronti delle decisioni di aggiudicazione illegittime negli Stati membri»; ma a tale procedura di ricorso
«che tutela gli interessi individuali, si affiancano il procedimento per inadempimento e la procedura di opposizione, intesi a servire l'interesse della Comunità a creare o ripristinare una situazione legittima». Il ripristino della situazione legittima, e l’eliminazione del perdurante inadempimento, postulava in particolare che dovesse essere rimosso il contratto «stipulato in violazione del diritto in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici», perché ad esso «è imputabile ... una violazione perdurante delle libertà fondamentali», di cui le direttive appalti costituiscono espressione (98).
Sicché, secondo i suddetti organi europei, sussiste un obbligo per gli Stati membri di prevedere che il contratto sia privato di effetti, almeno nelle più gravi fattispecie, non necessariamente come conseguenza di una richiesta contenuta in un ricorso giurisdizionale di un concorrente che si assume leso nelle proprie prerogativa tutelate a livello europeo, ma anche in virtù dell’intervento di altri soggetti, e ciò in quanto la permanenza del contratto perpetua la violazione compiuta e indebolisce le norme europee sotto l’aspetto dissuasivo.
98 Conclusioni 27 marzo 2007, causa C-503/04, punti 79 e 81.
2.2 Le innovazioni della Direttiva n. 66/2007/CE (c.d. seconda Direttiva Ricorsi): il rimedio preventivo dello ‘stand-still period’
E’ nel contesto giuridico sommariamente sopra descritto che si inserisce la Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2007 n. 66/2007/CE, modificativa ed integrativa delle due precedenti 89/665/CEE e 92/13/CEE, emanata con l’obiettivo di colmare le
«lacune nei meccanismi di ricorso esistenti negli Stati membri (3° considerando)».
In particolare, tra le carenze constatate, viene individuata «l’assenza di un termine che consenta un ricorso efficace tra la decisione d’aggiudicazione di un appalto e la stipula del relativo contratto. Ciò induce talvolta le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori desiderosi di rendere irreversibili le conseguenze di una decisione d’aggiudicazione contestata a procedere molto rapidamente alla firma del contratto» con conseguente «serio ostacolo ad una effettiva tutela giurisdizionale degli offerenti interessati, vale a dire coloro che non sono stati ancora definitivamente esclusi (4° considerando)».
Al fine di eliminare l’ostacolo all’effettiva tutela giurisdizionale costituito dalla stipula del contratto, il Legislatore europeo ha congegnato due tipologie di rimedi volti a potenziare l’utilità della domanda di tutela in forma specifica del concorrente volta ad ottenere il contratto: uno a carattere preventivo e l’altro a carattere successivo.
Quanto alla prospettiva della tutela preventiva, l’istituto che viene in rilievo, e che risulta centrale nell’impianto normativo anche in virtù dei sopra richiamati considerando, è la previsione di un periodo (denominato di stand- still) di sospensione della stipula del contratto volto a consentire all’interessato di ottenere una pronuncia giurisdizionale sulla fondatezza della propria pretesa prima che vi sia la stipulazione medesima (99).
In particolare, il divieto di stipula del contratto copre due periodi temporali.
99 Art. 2-bis, comma 2.
Il primo, comunemente denominato di “stand-still sostanziale”, decorre automaticamente dal giorno successivo alla comunicazione della decisione di aggiudicazione agli interessati e comporta, come detto, un divieto di stipula del contratto per tutta la durata del termine (100), salva l’applicazione di alcune eccezionali deroghe (101).
A tale primo periodo di sospensione può sommarsi un secondo periodo, comunemente denominato “stand-still processuale”, nell’ipotesi in cui venga proposto, da parte di un concorrente che si ritenga leso dall’altrui aggiudicazione, un ricorso ad un organo indipendente.
Viene in particolare stabilito che qualora tale organo «riceva un ricorso relativo ad una decisione di aggiudicazione di un appalto, gli Stati membri assicurano che l’amministrazione aggiudicatrice non possa stipulare il contratto prima che l’organo del ricorso abbia preso una decisione sulla domanda di provvedimenti cautelari o sul merito del ricorso (102)».
Sicché, l’ordinamento europeo lascia agli Stati membri la decisione se prevedere una sospensione della stipulazione del contratto fino alla pronuncia di merito del ricorso, oppure fino alla pronuncia cautelare, la quale rappresenta comunque il limite minino del periodo di sospensione.
Quanto al contenuto della valutazione da effettuarsi in sede cautelare, è stato previsto che «l’organo responsabile delle procedure di ricorso possa tener conto delle probabili conseguenze dei provvedimenti cautelari per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché per l’interesse pubblico e decidere di non accordare tali provvedimenti qualora le conseguenze negative possano superare quelle positive (103)».
100 Parte della dottrina ritiene che tale sospensione automatica incida sull’esecutività del provvedimento di aggiudicazione, facendola venire meno: G. GRECO, La direttiva 2007/66/CE: illegittimità comunitaria, sorte del contratto ed effetti collaterali indotti, in Riv. it. dir. pubb. com., p. 257; secondo altra opinione invece il divieto di conclusione del contratto non incide sull’esecutività dell’aggiudicazione, ma sull’esecuzione del contratto, che viene cristallizzata durante lo stand still period, il che comporta che il contratto può comunque venir firmato in questo frangente e gli effetti decorreranno, eventualmente, una volta definita la questione processuale: A. BARTOLINI -S. FANTINI, La nuova direttiva ricorsi, in Urb. App., 10, 2008.
101 Art. 2-ter, direttiva cit., ove si dice che la sospensione non opera: a) laddove non sia previsto l’obbligo di pubblicazione del bando di gara nella Gazzetta Ufficiale CE, e, quindi, in particolare in tutti i casi d’urgenza; b) quando l’unico offerente interessato sia quello cui è stato aggiudicato l’appalto; c) qualora il contratto sia basato su un accordo quadro od un sistema dinamico di acquisizione.
102 Art. 2, par. 3, direttiva cit.
103 Art. 2, par. 5, direttiva cit.; dunque, quantomeno in sede cautelare, l’organo deputato alla decisione sul ricorso è tenuto a verificare, al di là dei profili di fondatezza delle censure
Ciò posto, al riguardo la dottrina, già in sede di primo commento, e prima che il Legislatore nazionale potesse prendere posizione, si è subito posta il problema del rapporto tra stand-still period e giudizio cautelare.
Veniva osservato, innanzitutto, che qualora gli Stati si fossero orientati nel senso di limitare la sospensione automatica fino al giudizio di merito, il giudizio cautelare si sarebbe rivelato inutile, posto che la sospensione della fase contrattuale operava già automaticamente per effetto del meccanismo dello stand-still (104).
Veniva altresì rilevato che la previsione di una siffatta sospensione “lunga” avrebbe comportato il risultato positivo di evitare un possibile ribaltamento di decisione, ma, d’altra parte, l’effetto negativo di sospendere l’esecuzione del contratto anche in relazione a ricorsi di carattere meramente pretestuoso, magari da parte dell’impresa “uscente” intenzionata a prolungare indebitamente il rapporto.
L’idea maggiormente condivisa tra i primi commentatori è sembrata dunque quella di evitare di congelare preventivamente il contratto fino al merito, ma di consentire una “proroga” della sospensione modulata sulla base delle circostanze del caso concreto; cosicché, ove non si fosse ravvisata l’esigenza di prorogare la sospensione della stipula del contratto, questo potesse «seguire il proprio corso, senza il rischio di essere rimessa in discussione (105)».
avanzate dal ricorrente, gli effetti della propria pronuncia in relazione agli interessi coinvolti nella vicenda, nella prospettiva di una decisione che massimizzi la tutela di tutti i valori in gioco.
104 Veniva in particolare affermato che l’introduzione del termine di stand still avrebbe reso in ogni caso «pressoché superfluo l’intervento cautelare monocratico “ante causam” e “inaudita altera parte”», così G. GRECO, La direttiva 2007/66/CE: illegittimità comunitaria, sorte del contratto ed effetti collaterali indotti, in Riv. it. dir. pubb. com., p. 1044; se per superfluo si intende non utile per il ricorrente, questo nella maggior parte dei casi sembra vero, posto che l’effetto sospensivo, ove rispettato, tutela appieno i suoi interessi; si porrebbe però argomentare, a sostegno della permanenza di utilità della tutela cautelare anche in questi casi, che diversi sembrano gli effetti in caso di violazione dello stand-still period e di violazione della misura cautelare; nel primo caso l’inottemperanza al divieto costituisce motivo di possibile dichiarazione di inefficacia del contratto, sempreché non ricorrano
«esigenze imperative connesse con un interesse generale»; nel secondo caso, quantomeno nel quadro attuale, la violazione del disposto della misura cautelare apre le porte alla attuazione della pronuncia tramite il giudizio di ottemperanza, come previsto dall’art. 59 c.p.a., ed inoltre, stante l’atipicità delle misure cautelari, non si può escludere che il ricorrente possa chiedere il sequestro del cantiere ove vi sia pericolo di compromissione del proprio interesse al subentro.
105 Così M. LIPARI, Annullamento dell’aggiudicazione ed effetti del contratto: la parola al diritto comunitario, consultabile in www.federalismi.it, 9, 2008, p. 12; in realtà, non può
2.3 Il rimedio reale della dichiarazione di inefficacia del contratto
Ciò detto in ordine ali meccanismi preventivi, viene per la prima volta prevista e disciplinata dal Legislatore europeo la necessità che gli Stati membri prevedano il potere di un organo di ricorso indipendente di privare di efficacia il contratto.
Vengono dunque ampliati i provvedimenti che possono essere presi nell’ambito delle procedure di ricorso in ordine all’aggiudicazione degli appalti, identificati nella possibilità di assumere provvedimenti cautelari, provvedimenti di annullamento delle decisioni illegittime e di accordare un risarcimento danni ai soggetti lesi dalla violazione (106), cui ora si aggiungono i poteri di cui agli artt. 2-quinquies e 2-sexies ossia il potere di privare di effetti il contratto e di applicare sanzioni alternative in capo all’amministrazione aggiudicatrice.
Tale riforma contribuisce dunque a delineare quello che è stato definito un vero e proprio processo di progressiva erosione del principio di autonomia procedurale dei diritti nazionali e alla graduale uniformazione del diritto processuale dei diversi Stati membri, attraverso una disciplina che non solo stabilisce alcune modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto europeo, ma configura altresì specifici contenuti della tutela giurisdizionale (107).
Per quanto concerne l’oggetto del presente studio, inerente alla natura dei poteri del g.a. sul contratto, rileva principalmente la disciplina contenuta nel succitato art. 2-quinquies (“Privazione di effetti”).
L’articolo prevede, in particolare, che la competenza all’esercizio di tale potere deve essere previsto in capo ad «un organo di ricorso indipendente dall’amministrazione aggiudicatrice (108)»; non è prevista dunque la necessità che l’organo deputato alla cognizione della controversia sia di
pensarsi ad una eliminazione del rischio, ben potendo il giudice in sede di merito ribaltare un giudizio effettuato sulla base di un esame solamente sommario della controversia.
106 Art. 2, comma 1, lett. a, b. c.
107 M. RAMAJOLI, Il processo in materia degli appalti pubblici da rito speciale a giudizio speciale, in (a cura di) G. GRECO, Il sistema della giustizia amministrativa negli appalti pubblici in Europa, Milano, 2010.
108 Art. 1-quinquies, comma 1.
carattere giurisdizionale, purché sia indipendente dall’amministrazione che ha gestito la procedura di aggiudicazione. Nel caso in cui si opti per la competenza di un organo non giurisdizionale, il comma 9 dell’art. 2 ha previsto tuttavia che «se gli organi responsabili delle procedure di ricorso non sono organi giudiziari, le loro decisioni sono sempre motivate per iscritto. In questo caso inoltre devono essere adottate disposizioni mediante cui ogni misura presunta illegittima presa dall’organo di ricorso competente oppure ogni presunta infrazione nell’esercizio dei poteri che gli sono conferiti possa essere oggetto di un ricorso giurisdizionale o di un ricorso presso un altro organo che sia una giurisdizione ai sensi dell’articolo 234 del trattato e che sia indipendente dall’amministrazione aggiudicatrice e dall’organo di ricorso (109).
Viene altresì previsto che «L’organo indipendente prende le proprie decisioni previa procedura in contraddittorio e tali decisioni producono, tramite i mezzi determinati da ciascuno Stato membro, effetti giuridici vincolanti».
Per quanto riguarda l’allocazione dei poteri, la direttiva prevede che
«I poteri di cui al paragrafo 1 e agli articoli 2-quinquies e 2-sexies possono essere conferiti ad organi distinti responsabili di aspetti differenti della procedura di ricorso (110)»; sicché, in ipotesi, gli Stati membri potrebbero prevedere che i poteri di dichiarazione di inefficacia del contratto e di applicazione della sanzioni alternative siano attribuiti ad organi differenti rispetto a quello competente ad emanare i provvedimenti cautelari e di annullamento e risarcimento dei danni.
Ciò detto in ordine ai caratteri dell’autorità decidente, quanto all’individuazione delle fattispecie, la privazione di effetti viene ricondotta a tre casi (111).
109 Art. 2, comma 9, il quale altresì prevede, in ordine allo status dell’organo indipendente di ricorso che «La nomina dei membri di tale organo indipendente e la cessazione del loro mandato sono soggetti a condizioni uguali a quelle applicabili ai giudici, per quanto concerne l’autorità responsabile della nomina, la durata del loro mandato e la loro revocabilità. Per lo meno il presidente di tale organo indipendente deve avere le stesse qualifiche giuridiche e professionali di un giudice».
110 Art. 2, comma 2.
111 Per esteso, dispone l’art. 2-quinquies comma 1 che «gli Stati membri assicurano che un contratto sia considerato privo di effetti da un organo di ricorso indipendente dall’amministrazione aggiudicatrice o che la sua privazione di effetti sia la conseguenza di una decisione di detto organo di ricorso nei casi seguenti: a) se l’amministrazione
La prima ipotesi è costituita dalle fattispecie nelle quali
«l’amministrazione aggiudicatrice ha aggiudicato un appalto senza previa pubblicazione del bando nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, senza che ciò sia consentito a norma della direttiva 2004/18/CE».
Trattasi di tipologia di violazione (mancata pubblicazione del bando) che mina alle basi gli obiettivi di apertura del mercato degli appalti pubblici posto che gli interessati sono privati della possibilità di conoscere l’intenzione dell’amministrazione di stipulare un contratto, privando gli stessi dell’opportunità di partecipare alla gara.
La seconda ipotesi riguarda invece il «caso di violazione dell’articolo 1, paragrafo 5, dell’articolo 2, paragrafo 3, o dell’articolo 2 bis, paragrafo 2, della presente direttiva (vale a dire della disciplina dello stand-still, n.d.a.) qualora tale violazione abbia privato l’offerente che presenta ricorso della possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipula del contratto quando tale violazione si aggiunge ad una violazione della direttiva 2004/18/CE, se quest’ultima violazione ha influito sulle opportunità dell’offerente che presenta ricorso di ottenere l’appalto».
Il secondo gruppo di ipotesi, rispetto al primo, riguarda dunque qualsiasi tipo di violazione delle regole di aggiudicazione disposte dalle direttive “sostanziali”, purché tale violazione abbia influito sulla possibilità del ricorrente di ottenere l’aggiudicazione del contratto112. Non è sufficiente tuttavia dimostrare questi due elementi per ottenere l’inefficacia del contratto
aggiudicatrice ha aggiudicato un appalto senza previa pubblicazione del bando nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea senza che ciò sia consentito a norma della direttiva 2004/18/CE;
b) in caso di violazione dell’articolo 1, paragrafo 5, dell’articolo 2, paragrafo 3, o dell’articolo 2 bis, paragrafo 2, della presente direttiva qualora tale violazione abbia privato l’offerente che presenta ricorso della possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipula del contratto quando tale violazione si aggiunge ad una violazione della direttiva 2004/18/CE, se quest’ultima violazione ha influito sulle opportunità dell’offerente che presenta ricorso di ottenere l’appalto;
c) nei casi di cui all’articolo 2 ter, lettera c), secondo comma della presente direttiva qualora gli Stati membri abbiano previsto la deroga al termine sospensivo per appalti basati su un accordo quadro e su un sistema dinamico di acquisizione».
112 E’ stato evidenziato come tale requisito significhi che «il vizio di legittimità proprio dell’aggiudicazione definitiva, dedotto dal ricorrente e accolto dal giudice, è assistito dall’interesse a ricorrere, finale o anche solo strumentale: ciò accade proprio quando l’illegittimità dell’aggiudicazione “ha influito sulle opportunità del ricorrente di “ottenere l’appalto”, perché diversamente, ove una tale influenza mancasse, le sue doglianze non sarebbero supportate dall’interesse a ricorrere e, dunque, si rivelerebbero inammissibili»;
L. BERTONAZZI, Aggiudicazione, contratto e contenzioso, in (a cura di) R. VILLATA, I contratti pubblici di lavori, servizi e fornitura, Lavis, 2014, p. 913.
posto che deve esserci stata anche la violazione del termine di stand-still, ossia dello spazio di tempo necessario perché si possa avere una decisione sul ricorso presentato.
La terza ed ultima ipotesi di inefficacia riguarda i «casi di cui all’art. 2-ter, lettera c), secondo comma (113) della presente direttiva qualora gli Stati membri abbiano previsto la deroga al termine sospensivo per appalti basati su un accordo quadro e su un sistema dinamico di acquisizione».
L’espressione usata dalla direttiva, secondo la quale gli Stati membri devono garantire che il contratto sia «considerato privo di effetti da un organo di ricorso indipendente», ovvero che «la sua privazione di effetti sia la conseguenza di una decisione di detto organo di ricorso» (art. 2-quinquies, par. 1) ha posto, fin da subito, il problema della natura della pronuncia del giudice.
Si è rilevato, tuttavia, come l’alternativa, che la direttiva sembra dare, tra pronuncia costitutiva o dichiarativa sia solo apparente, in quanto la natura meramente dichiarativa sarebbe smentita da una serie di dati normativi tra i quali: il carattere non automatico (o “ope legis”) dell’inefficacia e della necessaria intermediazione di un organo autonomo di ricorso (“la carenza di effetti non dovrebbe essere automatica, ma dovrebbe essere accertata da un organo di ricorso indipendente”: 13° considerando). Inoltre, la tendenzialmente limitata legittimazione attiva (17° considerando) e la sussistenza di termini tutto sommato brevi per l’azione (art. 2-septies) non
113 Il quale prevede che «Gli Stati membri possono prevedere che i termini di cui all'articolo 2 bis, paragrafo 2, della presente direttiva non si applichino nei seguenti casi:
a) se la direttiva 2004/18/CE non prescrive la previa pubblicazione di un bando nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea;
b) se l'unico offerente interessato ai sensi dell'articolo 2-bis, paragrafo 2, della presente direttiva è colui al quale è stato aggiudicato l'appalto e non vi sono candidati interessati;
c) nel caso di un appalto basato su un accordo quadro di cui all'articolo 32 della direttiva 2004/18/CE e in caso di appalti specifici basati su un sistema dinamico di acquisizione di cui all'articolo 33 di tale direttiva. Ove si ricorra a tale deroga, gli Stati membri provvedono affinché il contratto sia privo di effetti conformemente agli articoli 2-quinquies e 2-septies della presente direttiva, se:
- è violato l'articolo 32, paragrafo 4, secondo comma, secondo trattino, o l'articolo 33, paragrafi 5 o 6, della direttiva 2004/18/CE, e
- il valore stimato dell'appalto è pari o superiore alle soglie di cui all'articolo 7 della direttiva 2004/18/CE».
consentono di assimilare l’inefficacia prevista dalla direttiva alla nostra nullità ex art. 1418 c.c. (114).
Ciò posto, dal punto di vista delle prescrizioni vincolanti, la direttiva demanda agli Stati membri la disciplina di alcuni aspetti relativi alle conseguenze sul contratto derivanti dell’accertamento della violazione della disciplina europea sulle procedure di aggiudicazione.
In primo luogo, viene attribuito agli Stati il compito di disciplinare le conseguenze sui rapporti nati dal contratto privato di effetti.
Tali conseguenze riguardano la portata retroattiva o meno della privazione di effetti medesima, e nel primo caso la modalità degli effetti restitutori conseguenti all’intervenuta inefficacia del contratto.
Viene tuttavia previsto che, qualora si opti per una privazione “limitata”, gli Stati membri sono tenuti ad assicurare l’applicazione di sanzioni alternative, di carattere afflittivo, descritte all’art. 2-sexies, paragrafo 2 (115).
Viene inoltre stabilito che la disciplina nazionale possa prevedere che l’organo di ricorso indipendente dall’amministrazione aggiudicatrice abbia la facoltà di non considerare il contratto privo di effetti, sebbene lo stesso sia stato aggiudicato in presenza delle succitate gravi violazioni, se l’organo di ricorso «dopo aver esaminato tutti gli aspetti pertinenti, rileva che il rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse generale impone che gli effetti del contratto siano mantenuti» (116).
114 In questi termini G. GRECO., La direttiva 2007/66/CE: illegittimità comunitaria, sorte del contratto ed effetti collaterali indotti, in Riv. it. dir. pubb. com., p. 1029; sul punto si tornerà più approfonditamente nel prosieguo.
115 Tali sanzioni sono: a) le sanzioni pecuniarie a carico dell’amministrazione aggiudicatrice;
b) la riduzione della durata del contratto.
116 Questa la formulazione per esteso dell’art. 2-quinquies, comma 3: «Gli Stati membri possono prevedere che l’organo di ricorso indipendente dall’amministrazione aggiudicatrice abbia la facoltà di non considerare un contratto privo di effetti, sebbene lo stesso sia stato aggiudicato illegittimamente per le ragioni di cui al paragrafo 1, se l’organo di ricorso, dopo aver esaminato tutti gli aspetti pertinenti, rileva che il rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse generale impone che gli effetti del contratto siano mantenuti. In tal caso gli Stati membri prevedono invece l’applicazione di sanzioni alternative a norma dell’articolo 2-sexies, paragrafo 2.
Per quanto concerne la produzione di effetti del contratto, gli interessi economici possono essere presi in considerazione come esigenze imperative soltanto se in circostanze eccezionali la privazione di effetti conduce a conseguenze sproporzionate.
Tuttavia, gli interessi economici legati direttamente al contratto in questione non costituiscono esigenze imperative legate ad un interesse generale. Gli interessi economici legati direttamente al contratto comprendono, tra l’altro, i costi derivanti dal ritardo nell’esecuzione del contratto, i costi derivanti dalla necessità di indire una nuova procedura
Anche in questo caso, l’ordinamento europeo vincola gli Stati a prevedere che il mantenimento degli effetti del contratto deve essere accompagnato dall’applicazione di sanzioni alternative (117).
Ma la scelta più importante lasciata agli Stati membri riguarda il trattamento della sorte del contratto al di fuori delle fattispecie espressamente prese in considerazione dall’art. 2-quinquies.
In primo luogo, si stabilisce che, in caso di “violazioni di requisiti formali”118, vale a dire violazioni dei termini di stand-still senza che vi sia anche violazione di norme delle direttive “sostanziali”, gli Stati membri possano prevedere «la privazione di effetti a norma dell’articolo 2-quinquies, paragrafi 1,2 e 3, ovvero sanzioni alternative», oppure ancora, come terza alternativa che «l’organo di ricorso indipendente dall’amministrazione aggiudicatrice decida, dopo aver valutato tutti gli aspetti pertinenti, se il contratto debba essere considerato privo di effetti o se debbano essere irrogate sanzioni alternative (119)».
In secondo luogo, viene concesso ai Paesi membri di disciplinare gli effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto in ordine a tutte le altre illegittimità non comprese all’interno delle fattispecie di violazioni “gravi” (120).
Altre illegittimità che riguardano, in ultima analisi, tutte le aggiudicazioni emanate in contrasto la disciplina comunitaria diverse dagli affidamenti senza pubblicazione del bando ed in ordine alle quali non è stato violato il termine di stand-still.
Trattasi in particolare dei casi in cui al respingimento della misura cautelare è seguita la pronuncia di merito che accerta l’illegittimità dell’aggiudicazione (ed ovviamente nel frattempo sia stato stipulato il
di aggiudicazione, i costi derivanti dal cambio dell’operatore economico che esegue il contratto e i costi degli obblighi di legge risultanti dalla privazione di effetti».
117 Cfr. art. 2-quinquies, comma 3.
118 Così vengono definiti dal 29° considerando della direttiva; in sostanza si tratta di casi in cui viene accertato che l’amministrazione ha correttamente aggiudicato il contratto, ma non ha rispettato il termine sospensivo volto a consentire al ricorrente di ottenere, prima della stipula, una pronuncia sulla correttezza della procedura.
119 Art. 2-sexies comma 1; da questa previsione si deduce peraltro che nell’ottica europea la previsione dell’inefficacia del contratto non debba necessariamente essere legata ad una possibilità di aggiudicazione del contratto da parte del ricorrente.
120 Art. 2, par. 7, prima alinea: «Eccetto nei casi di cui agli articoli da 2-quinquies a 2-septies, gli effetti dell’esercizio dei poteri di cui al paragrafo 1 del presente articolo sul contratto stipulato in seguito all’aggiudicazione di un appalto sono determinati dal diritto nazionale».
contratto (121)), oppure il caso in cui alla sentenza di primo grado che respinge il ricorso è seguita una pronuncia di secondo grado che l’accoglie.
Precisamente, quanto a tale facoltà di disciplinare «gli effetti dei poteri di cui al paragrafo 1 del presente articolo sul contratto stipulato in seguito all’aggiudicazione (122)», viene previsto che «tranne che nei casi in cui una decisione debba essere annullata prima della concessione di un risarcimento danni, uno Stato membro può prevedere che, dopo la conclusione di un contratto a norma dell’articolo 1, paragrafo 5, del paragrafo 3 del presente articolo o degli articoli da 2-bis a 2-septies, i poteri dell’organo responsabile delle procedure di ricorso si limitino alla concessione di un risarcimento danni a qualsiasi persona lesa da una violazione (123)».
Sicché in sintesi, nei casi di violazioni “non gravi” la Direttiva lascia agli Stati membri il seguente ventaglio di opzioni, quali possibili conseguenze sul contratto stipulato: la privazione di effetti del contratto sempre e comunque; all’opposto, il mantenimento in ogni caso degli effetti del contratto, anche se preceduto da aggiudicazione rivelatasi illegittima, prevedendo solo una tutela risarcitoria per equivalente in favore del concorrente pretermesso; oppure, la previsione soluzioni differenziate, in dipendenza del caso e delle variabili concrete (124). Soluzioni differenziate che possono congegnarsi con costruzioni di fattispecie tipiche o clausole aperte.
Infine, con riferimento alla tutela risarcitoria, la Direttiva demanda agli Stati la possibilità di prevedere o meno la necessità che la stessa sia accompagnata dalla necessaria richiesta di annullamento del provvedimento contestato, e che dunque funga rispettivamente da misura surrogatoria o
121 Nell’ipotesi in cui gli Stati membri prevedano uno stand-still limitato alla fase cautelare. 122 Ossia dei provvedimenti cautelari di cui alla lett. a, e dei provvedimenti di annullamento dell’aggiudicazione di cui alla lett. b).
123 Art. 2, comma 7, seconda alinea.
124 M. LIPARI, Annullamento dell’aggiudicazione ed effetti del contratto: la parola al diritto comunitario, consultabile in www.federalismi.it, 9, 2008, p. 24, il quale tuttavia rileva che la le previsioni europee lascerebbero intendere «probabilmente, che la regola generale (o quantomeno “tendenziale”) sia quella della tutela piena della parte interessata, realizzata mediante l’annullamento del provvedimento illegittimo, la “caducazione” (privazione di effetti) del contratto, e il rinnovo, integrale o parziale, della procedura di gara» seppur «la scelta di escludere, anche in misura molto ampia, la tutela “costitutiva” di annullamento del provvedimento e di privazione di effetti del contratto non sembra contrastare con i principi “costituzionali europei” riguardanti il diritto di accesso alla giustizia».
integrativa alla tutela in forma specifica, oppure da misura alternativa ad essa (125).
Sicché, con riferimento alle violazioni “non gravi”, combinando le due opzioni, le varianti possibili sono le seguenti.
Inefficacia sempre e comunque e onere per il ricorrente di chiedere la tutela in forma specifica (pregiudizialità di annullamento); inefficacia sempre e comunque e libertà di scelta tra la tutela in forma specifica o solo per equivalente da parte del ricorrente; mantenimento di efficacia sempre e comunque del contratto e dunque solo tutela risarcitoria per il ricorrente; efficacia/inefficacia a seconda del caso concreto con pregiudizialità di annullamento; efficacia/inefficacia a seconda dei casi senza pregiudizialità di annullamento.
In sintesi, dunque, gli aspetti qualificanti dell’intervento del legislatore europeo possono enuclearsi come segue.
Anzitutto, al fine di garantire in materia di appalti, una tutela rapida ed efficace, che giunga prima della stipula del contratto, viene disciplinato un obbligo per le stazioni appaltanti di rispettare, dopo l’aggiudicazione, un congruo termine per la stipula del contratto, al fine di consentire agli interessati di proporre ricorso; un ulteriore sospensione alla stipulazione viene prevista in caso di proposizione del ricorso e fino alla pronuncia giurisdizionale (cautelare o di merito).
In secondo luogo, qualora, nonostante tali dispositivi, il contratto risulti stipulato al momento della pronuncia di annullamento dell’aggiudicazione, vengono previste alcune ipotesi in cui l’accertata violazione di determinati precetti del diritto europeo deve comportare la privazione di effetti del contratto, salva la possibilità degli Stati di prevedere alcune eccezioni caratterizzate da esigenze imperative di carattere generale nelle quali, al posto della privazione di effetti del contratto, debbano essere applicate sanzione alternative alla stazione appaltante (sanzione pecuniaria o riduzione della durata del contratto). Tali fattispecie sono riferite sostanzialmente ai casi in cui la stipula del contratto è seguita ad una radicale
125 Art. 2, par. 6: «Gli Stati membri possono prevedere che, se un risarcimento danni viene domandato a causa di una decisione presa illegittimamente, per prima cosa l’organo che ha la competenza necessaria a tal fine annulli la decisione contestata».
assenza di procedura concorsuale (126) o dove la stipula del contratto è avvenuta in violazione del termine sospensivo per la stipula del contratto.
Per un altro gruppo di fattispecie caratterizzate dalla violazione meramente formale del mancato rispetto del termine dilatorio (senza dunque che il giudice abbia accertato l’illegittimità dell’aggiudicazione), viene lasciata facoltà agli ordinamenti nazionali se prevedere la privazione di effetti oppure sanzioni alternative.
Infine, per le ipotesi di stipulazione del contratto a seguito di illegittima aggiudicazione non rientranti nel primo gruppo, viene lasciato agli stati membri di decidere la forma di tutela della parte interessata, la quale può anche consistete nel risarcimento per equivalente.
126 Tale infatti deve intendersi anche una procedura che pur essendosi manifestata in una selezione competitiva non ha rispettato le prescrizioni previste dal diritto europeo ai fini della pubblicità del bando o dell’avviso.
2.4 In particolare: la logica della “seconda direttiva ricorsi”
Così delineata in sintesi la disciplina introdotta con la seconda direttiva ricorsi ci si può interrogare su quale sia la direzione dell’enforcement impresso dalla detta normativa; in altre parole, la domanda che ci si può porre è se la direttiva, in particolare con la misura della possibile privazione di effetti del contratto, abbia inteso legare tale misura alla soddisfazione dell’interesse degli operatori economici ricorrenti, il che dovrebbe implicare la rimessione della misura alla disponibilità dei medesimi, oppure con tale intervento abbia inteso tutelare l’interesse obiettivo della concorrenza.
In secondo luogo, ci si può chiedere se, unitamente a questi obiettivi, l’intervento normativo si sia prefisso di tutelare anche la stabilità dei rapporti contrattuali.
La individuazione della ratio, o delle rationes, sottese alla seconda Direttiva ricorsi può infatti servire d’ausilio per l’esegesi della disciplina di recepimento.
Principiando dal primo profilo, ovverosia dal significato della privazione di effetti del contratto, l’esame del tessuto normativo sembra mostrare che il senso della misura sia quello di consentire una tutela in forma specifica del ricorrente e non sanzionare in maniera oggettiva la violazione delle norme poste a tutela della concorrenza.
Ciò, infatti, lo si può evincere dalle condizioni che devono sussistere per poter addivenire all’inefficacia del contratto.
Le ipotesi di privazione di effetti dell’art. 2-quinquies sono condizionate non alla mera illegittimità procedurale, ma ad una illegittimità che abbia causato la possibilità per il ricorrente di aggiudicarsi l’appalto o di concorrere per aggiudicarselo.
Ciò è chiaro nelle ipotesi sub b) del succitato articolo, nell’ambito delle quali è espressamente previsto che, perché sia pronunciata l’inefficacia del contratto, la violazione della normativa sostanziale debba aver «influito sulle opportunità dell’offerente che presenta ricorso di ottenere l’appalto».
Ma anche nelle ipotesi sub a) il legame tra violazione e possibilità del concorrente di ottenere il bene della vita può ricavarsi dalla circostanza che, in caso di mancanza di pubblicità, la privazione della possibilità di
aggiudicarsi l’appalto risulta in re ipsa, posto che il ricorrente: o non ha avuto modo di conoscere della gara in ragione della mancanza delle pubblicità prescritte; oppure non ha avuto la possibilità di partecipare, posto che l’amministrazione ha eseguito un affidamento con una procedura negoziata (127).
D’altra parte, la previsione di sanzioni alternative (sanzioni pecuniarie e riduzione dell’efficacia del contratto), in caso di permanenza degli effetti del contratto o in caso di inefficacia tunc, non dimostrano necessariamente il carattere sanzionatorio della privazione di effetti; potrebbero invece indicare che la volontà dell’ordinamento europeo è quella di ottenere, comunque, un effetto deterrente per violazioni future, nei confronti delle amministrazioni aggiudicatrici, nel caso in cui la tutela in forma specifica venga esclusa, in tutto o in parte (128).
In ordine al secondo profilo, parte della dottrina ha ritenuto che le misure introdotte dalla dottrina siano volte a tutelare, oltre che la concorrenza, anche la stabilità delle relazioni contrattuali.
E’ stato infatti affermato che «la Direttiva si è sforzata di operare e imporre un bilanciamento tra effettività della tutela del ricorrente e le necessità di conservazione degli effetti delle decisioni delle Amministrazioni, in generale, e dei contratti stipulati, in particolare (129)»; sicché, in ottica di recepimento, con riferimento alle fattispecie “non gravi” la soluzione che si
127 In tal senso viene detto che «tale richiesta (di inefficacia, n.d.r.) potrà essere invece avanzata relativamente alle violazioni gravi di cui alle lett. a) e b) dell’art. 121, che chiaramente presuppongono, non essendosi svolta alcuna gara, il carattere strumentale dell’interesse del ricorrente», E. STICCHI DAMIANI, Annullamento dell’aggiudicazione e inefficacia funzionale del contratto, in Dir. proc. amm., 1, 2011, p. 264.
128 Viene sottolineato infatti che la Corte di Giustizia nel suggerire che un contratto risultante da un’aggiudicazione mediante affidamenti diretti illegittimi fosse da considerare in linea di principio privo di effetti, aveva altresì indicato che la soluzione avrebbe funzionato anche
«come deterrente…per garantire la scrupolosa osservanza delle direttive in materia», lo ricorda M.RAMAJOLI, Il processo in materia di appalti pubblici cit., p. 138.
129 In questo senso G. GRECO, La direttiva 2007/66/CE: illegittimità comunitaria, sorte del contratto ed effetti collaterali indotti, in Riv. it. dir. pubb. com., p. 1058, il quale richiama a giustificazione dell’assunto la previsione di termini (minimi) molto brevi (art. 2-quater) per l’impugnazione delle decisioni e per la domanda di risarcimento del danno, oltre che il doppio (o addirittura triplo) termine di sospensione, i quali come efficaci strumenti di tutela preventiva giustificherebbero che la stipulazione del contratto possa poi precludere l’azione di adempimento o il risarcimento in forma specifica p. 1060; in senso analogo, A. BARTOLINI
–S. FANTINI, La nuova direttiva ricorsi, in Urb. App., 10, p. 1106.
riteneva «coerente col sistema delineato dalla Direttiva [sarebbe dovuta essere] quella della salvaguardia del contratto, una volta stipulato (130)».
Altra parte della dottrina, invece, sostiene che al riguardo la Direttiva si mostri “neutrale” non emergendo in essa «né un particolare favore, né un particolare sfavore per la previsione della privazione degli effetti del contratto (131)».
Analizzando l’impianto sistematico della direttiva e i principi espressi nei considerando della medesima, pare che l’ordinamento europeo non sia tanto preoccupato dagli interessi pubblici sottesi all’appalto stipulato dall’amministrazione, quanto alla certezza e stabilità delle relazioni contrattuali.
Ed infatti, la direttiva pone solo come possibile eccezione alla regola della privazione di effetti del contratto la sussistenza di un interesse generale al suo mantenimento, lasciando tale possibile previsione alla facoltà degli Stati membri, e vieppiù fissando dei “paletti” entro i quali può essere eccezionalmente consentito il mantenimento degli effetti contrattuali (132).
Sicché la direttiva se avvalla una possibile decisione degli Stati di privare il contratto di effetti anche in presenza di esigenze imperative, ne deriva che l’interesse pubblico sotteso all’esecuzione del contratto non rappresenta una preoccupazione per l’Europa.
A parere di chi scrive, non si può dire che la direttiva sia del tutto neutrale rispetto al problema delle conseguenze negative sottese alla previsione di una possibile inefficacia del contratto. Sembra, invece, che la
130 In questo senso G. GRECO, La direttiva 2007/66/CE: illegittimità comunitaria, sorte del contratto ed effetti collaterali indotti, in Riv. it. dir. pubb. com., p. 1060.
131 M. LIPARI, Annullamento dell’aggiudicazione ed effetti del contratto: la parola al diritto comunitario, consultabile in www.federalismi.it, 9, 2008, p. 13.
132L’art. 2-quinquies, par. 3, della seconda direttiva ricorsi prevede, infatti, da una parte che
«Gli Stati membri possono prevedere che l’organo di ricorso indipendente dall’amministrazione aggiudicatrice abbia la facoltà di non considerare un contratto privo di effetti, sebbene lo stesso sia aggiudicato illegittimamente per le ragioni di cui al paragrafo 1, se l’organo di ricorso, dopo aver esaminato tutti gli aspetti pertinenti, rileva che il rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse generale impone che gli effetti del contratto siano mantenuti»; dall’altra che «per quanto concerne la produzione di effetti del contratto, gli interessi economici possono essere presi in considerazione come esigenze imperative soltanto se in circostanze eccezionali la privazione di effetti conduce a conseguenze sproporzionate. Tuttavia, gli interessi economici legati direttamente al contratto in questione non costituiscono esigenze imperative legate ad un interesse generale. Gli interessi economici legati direttamente al contratto comprendono, tra l’altro, i costi derivanti dal ritardo nell’esecuzione del contratto, i costi derivanti dalla necessità di indire una nuova procedura di aggiudicazione, i costi derivanti dal cambio dell’operatore economico che esegue il contratto e i costi degli obblighi di legge risultanti dalla privazione di effetti».
direttiva affronti il problema ma sotto un profilo diverso, ossia sotto il profilo della stabilità dei rapporti contrattuali, indipendentemente dall’interesse pubblico sotteso all’esecuzione del contratto.
A tal proposito viene in primo luogo in rilievo il 26° considerando il quale dispone che «Per evitare l'incertezza giuridica che può derivare dalla privazione di effetti, gli Stati membri dovrebbero prevedere una deroga diretta ad escludere ogni profilo di privazione di effetti anche nei casi in cui l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore considerano che l'aggiudicazione mediante affidamento diretto di un qualsiasi contratto senza pubblicazione preliminare di un bando di gara nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea sia consentita conformemente alla direttiva 2004/18/CE e alla direttiva 2004/17/CE e hanno applicato un termine sospensivo minimo che consente mezzi di ricorso efficaci».
Il principio viene poi tradotto in una vera e propria prescrizione (133) dall’art. 2-quinquies, par. 4, secondo cui «Gli Stati membri prevedono che il paragrafo 1, lettera a), del presente articolo, non si applichi quando:
- l'amministrazione aggiudicatrice ritiene che l'aggiudicazione di un appalto senza previa pubblicazione del bando nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea sia consentita a norma della direttiva 2004/18/CE,
- l'amministrazione aggiudicatrice ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea un avviso di cui all'articolo 3-bis della presente direttiva in cui manifesta l'intenzione di concludere il contratto, e
- il contratto non è stato concluso prima dello scadere di un termine di almeno dieci giorni civili a decorrere dal giorno successivo alla data di pubblicazione di tale avviso».
Sicché, la direttiva consente (rectius, impone) che gli effetti del contratto siano mantenuti anche nei casi di gravi violazioni, a condizione che vi sia un lasso di tempo minimo tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto di modo che sia data la possibilità ai concorrenti di ottenere una decisione da parte dell’organo indipendente di ricorso prima della stipula del contratto.
133 In dottrina si è sottolineata la diversa formulazione della disposizione la quale, a differenza del succitato par. 3, affermando che «gli Stati membri prevedono», indicherebbe un obbligo e non una facoltà per gli Stati medesimi; cfr. L. BERTONAZZI, Aggiudicazione, contratto e contenzioso, in (a cura di) R. VILLATA, I contratti pubblici di lavori, servizi e fornitura, Lavis, 2014, p. 947.
In linea con tale visione pare essere anche il meccanismo dello stand- still il quale cerca di “cristallizzare” la situazione fino a che ci sia (o ci possa essere) una decisione (quantomeno sommaria in sede cautelare) sulla fondatezza della domanda, e ciò al fine di prevenire eventuali ostacoli alla tutela in forma specifica del concorrente (134).
Alcune indicazioni sulla “filosofia” della direttiva 66/2007/CE si possono trarre anche dalla, di poco precedente, e più sopra richiamata sentenza della CGUE, sez. II, 19.7.2007, n. 503, Causa C-503/04 Commissione c. Repubblica federale di Germania.
In tale pronuncia la Corte ha chiarito infatti che benché l’art. 2, n. 6, della direttiva 89/665 «autorizzi gli Stati membri a mantenere gli effetti di contratti conclusi in violazione delle direttive sull’aggiudicazione degli appalti pubblici e tuteli così il legittimo affidamento dei contraenti, essa, tuttavia, non può, salvo ridurre la portata delle disposizioni del Trattato CE che istituiscono il mercato interno, avere come conseguenza che il comportamento delle amministrazioni aggiudicatrici nei confronti dei terzi debba essere considerato conforme al diritto comunitario successivamente alla conclusione di tali contratti (135)».
Più che la stabilità del contratto quale strumento di realizzazione di un pubblico interesse, l’Europa pare perseguire, dunque, una stabilità intesa come certezza delle relazioni, e ciò attraverso decisioni rapide e lasciando immutate, per quanto possibile, situazioni di fatto e giuridiche in attesa della definizione della controversia.
134 Ed infatti viene affermato dalla dottrina che «la spiegazione della regola (dello stand-still, n.d.r.) è agevole ed emerge dalle stesse premesse della direttiva: è opportuno che il contenzioso eventuale sulla illegittimità della procedura di affidamento si sviluppi in un contesto ancora non completamente trasformato sul piano giuridico e fattuale, in dipendenza dell’intervenuta stipulazione del contratto», così M. LIPARI, Annullamento dell’aggiudicazione ed effetti del contratto: la parola al diritto comunitario, consultabile in www.federalismi.it, 9, 2008, p. 7, il quale altresì sottolinea che «anche la riscontrata preferenza per rimedi preventivi e correttivi, rispetto a quelli successivi e sanzionatori, non potrebbe essere letta come indicazione di una sfiducia così netta verso la previsione di rimedi “caducatori” del contratto», p. 13.
135 V. Punto 33 sentenza. Cfr. anche punto 74 delle conclusioni dell’Avvocato generale nella medesima controversia ove si afferma che «all’argomento tedesco secondo cui non si poteva pretendere un rescissione del contratto a causa della tutela del legittimo affidamento delle controparti va obiettato che esso fa valere posizioni giuridiche di terzi illegalmente generate dall’amministrazione aggiudicatrice (...) Ne consegue che il principio pacta sunt servanda può essere rilevante solo se il diritto comunitario riconosce espressamente una protezione per contratti stipulati in violazione del diritto in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici».
In dottrina è stata infatti evidenziata la diversità dell’ottica che muove il nostro ordinamento rispetto a quello europeo anche per ciò che concerne gli aspetti “rituali” del processo appalti.
Il nostro legislatore, nella predisposizione di forme processuali celeri in materia di appalti, persegue, anche se non in via esclusiva, l’obbiettivo di evitare che l’attività amministrativa resti a lungo paralizzata in attesa di una decisione giurisdizionale, cagionando così pregiudizi agli interessi della collettività; nel diritto europeo, invece, la disciplina dei termini non è meramente concepita per salvaguardare l’interesse di cui si fa portatrice la stazione appaltante, bensì, soprattutto, per consentire una tutela efficace e rapida avverso le decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici e per correggere le violazioni riscontrate in una fase in cui le stesse possono essere ancora facilmente emendate (136).
2.5 L’iter di recepimento della seconda Direttiva ricorsi
Dal momento che, come sopra illustrato, l’articolato normativo della direttiva non si mostrava di semplice decifrazione, in dottrina fu espresso l’auspicio affinché «la nuova normativa nazionale possa indicare risposte semplici e chiare, ispirate ad una consapevole ponderazione dei diversi interessi in gioco, facendo tesoro delle esperienze emerse nei processi amministrativi (137)».
Invero, da una parte, l’istanza volta a considerare i vari interessi in gioco nella problematica sembra essere stata effettivamente recepita da parte del legislatore nazionale; dall’altra parte, non sembra del tutto chiara l’architettura dei nuovi poteri del giudice amministrativo sul contratto.
136 Così, quasi letteralmente, M. RAMAJOLI, Il processo in materia degli appalti pubblici da rito speciale a giudizio speciale, in (a cura di) G. GRECO, Il sistema della giustizia amministrativa negli appalti pubblici in Europa, Milano, 2010, p. 130.
137 M. LIPARI, L’annullamento dell’aggiudicazione e gli effetti sul contratto: poteri del giudice, consultabile in www.federalismi.it, p. 6.
Mette conto in primis ripercorrere brevemente l’iter di formazione della disciplina dei poteri del giudice sul contratto d’appalto, ora contenuta negli artt. 121-125 c.p.a.
Il formale iter di recepimento delle nuove regole stabilite con la direttiva 2007/66/CE138 è iniziato attraverso la formulazione dell’art. 44, della l. 7 luglio 2009, n. 88 (“legge comunitaria 2008”).
Con tale articolo il Parlamento ha delegato il Governo ad adottare uno o più Decreti Legislativi volti a recepire la Direttiva 2007/66/CE acquisendo il parere del Consiglio di Stato sullo schema o sugli schemi di Decreto.
Al comma 3 venivano altresì indicati una lunga e articolata serie di principi direttivi, tra i quali assumono specifica rilevanza agli interessi del nostro studio i seguenti.
Anzitutto, viene sancita la necessità di inserire «coerentemente i nuovi istituti nel vigente sistema processuale, nel rispetto del diritto di difesa e dei principi di effettività della tutela giurisdizionale e di ragionevole durata del processo (139)».
Quante alle facoltà attribuite agli Stati dalla Direttiva, il Legislatore delegante esercita innanzitutto quella relativa alla durata del termine sospensivo per la stipula del contratto, ancorandola alla pronuncia cautelare. Viene inoltre previsto di recepire gli speciali poteri del giudice di dichiarazione di inefficacia e di applicazione di sanzioni alternative
«nell’ambito di una giurisdizione esclusiva e di merito (140)», nonché secondo alcuni criteri direttivi tra i quali: prevedere la privazione di effetti nei casi di violazioni gravi indicati dalla Direttiva «con le deroghe e i temperamenti ivi previsti, lasciando al giudice che annulla la scelta, in funzione del bilanciamento degli interessi coinvolti nei casi concreti, tra privazione di effetti retroattiva o limitata alla prestazioni da eseguire»; nei casi di violazioni formali di «lasciare al giudice che annulla l'aggiudicazione la scelta, in funzione del bilanciamento degli interessi coinvolti nei casi concreti, tra privazione di effetti del contratto e relativa decorrenza, e
138 Il cui termine di recepimento scadeva il 20 dicembre 2009 (art. 3 direttiva).
139 Art. 44, comma 3, lett. a).
140 Art. 44, comma 1, lett. h): «recepire gli articoli 2, paragrafo 7, 2- quinquies, 2-sexies e 3-bis della direttiva 89/ 665/CEE e gli articoli 2, paragrafo 6, 2-quinquies, 2-sexies e 3-bis della direttiva 92/13/ CEE, come modificati dalla direttiva 2007/ 66/CE, nell'ambito di una giurisdizione esclusiva e di merito (…)».
sanzioni alternative»; prevedere che, fuori dai suddetti casi, venga lasciata
«al giudice che annulla l'aggiudicazione la scelta, in funzione del bilanciamento degli interessi coinvolti nei casi concreti, tra privazione di effetti del contratto e relativa decorrenza, ovvero il risarcimento per equivalente del danno subito e comprovato».
Sicché, da una parte si evince l’opzione del nostro Legislatore di disciplinare la questione della sorte del contratto non prevedendo una scelta “secca” tra privazione sempre e comunque o risarcimento del danno, ma di differenziare le misure a seconda dei casi; dall’altra il richiamo alla giurisdizione di merito sembra in qualche indicare che il Legislatore intendesse inquadrare tale valutazione nell’ambito di una forma di apprezzamento del caso concreto, sulla falsa riga della discrezionalità amministrativa.
Ciò detto, la delega conferita al Governo è stata esercitata con la emanazione del D.Lgs. 20 marzo 2010, n. 53 (“Attuazione della direttiva 2007/66/CE che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE per quanto riguarda il miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso in materia d’aggiudicazione degli appalti pubblici”), il quale ha attuato la Direttiva attraverso una novella al D.Lgs. 163/2006, vigente ratione temporis, in particolare intervenendo a modifica della Parte IV (“Contenzioso”).
Tra gli aspetti più significativi del Decreto vi è stata l’eliminazione della qualificazione dei poteri del g.a. sulla sorte del contratto come appartenenti alla giurisdizione di merito.
La Commissione speciale del Consiglio di Stato, in sede di emanazione del prescritto parere sullo schema di decreto, ha elogiato tale scelta in particolare sottolineando che «La previsione di una ipotesi di giurisdizione di merito presuppone che la legge autorizzi il giudice amministrativo a “sostituirsi” all’amministrazione, effettuando in luogo di questa scelte discrezionali conformi a regole non giuridiche di buona amministrazione, che attengono ai profili di opportunità e di convenienza del provvedimento amministrativo, che può essere adottato dal giudice o da un suo ausiliare in sostituzione, appunto, dell’amministrazione. Tale carattere della giurisdizione, peraltro in fase di contrazione (v. l’art. 44, comma 2, lett. b), n. 2), mal si attaglia a controversie aventi ad oggetto aspetti, di natura
civilistica, inerenti l’effetto dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto già stipulato».
Sicché, secondo la Commissione speciale, la scelta rimessa al giudice tra i diversi rimedi «non costituisce l’esercizio di un potere di merito, ma l’esito di valutazioni effettuate in sede giurisdizionale sulla base di presupposti predeterminati dal legislatore (141)».
Le disposizioni prettamente processuali contenute nel D.Lgs. 163/2006 sono poi confluite nel D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (“Codice del processo amministrativo”) agli articoli 120-125, con alcuni adattamenti resisi strettamente necessari per assicurare una sostanziale uniformità alla restante disciplina codicistica (142). In particolare, l’art. 124 del d.lgs. 104/2010 ha modificato la disposizione di cui all’art. 12 del d.lgs. 53/2010, che limitava la condanna al risarcimento dei danni per equivalente «a favore del solo ricorrente avente titolo all’aggiudicazione», estendendo tale forma di tutela alla generalità degli interessi lesi dall’illegittima aggiudicazione.
E’ stato tuttavia sottolineato come «il travaso delle disposizioni del d.lgs. n. 53 del 2010 all’interno degli artt. 120 e ss. del codice è stato un momento di ordine formale più che l’espressione di una piena saldatura concettuale di questo peculiare modello processuale nell’impianto codicistico».
Un dato sembra emergere dall’esame dell’iter di recepimento della seconda Direttiva ricorsi: gli organi che hanno partecipato a vario titolo al procedimento legislativo di recepimento della Direttiva hanno manifestato un certo “imbarazzo” nel cercare di qualificare i poteri attribuiti al giudice amministrativo in ordine alla sorte del contratto conseguente all’annullamento dell’aggiudicazione; imbarazzo che in qualche modo traspare anche dalla collocazione sistematica dei poteri del giudice non all’interno del Titolo IV dedicato alle “Pronunce giurisdizionali” ma nel
141 Parere Commissione speciale del Consiglio di Stato del 25 gennaio 2010; si ritiene tuttavia che il dato dell’utilizzo dell’espressione giurisdizione di merito, anche se poi espunto, deve essere preso in debito conto poiché «deve portare l’interprete in ogni caso a vedere in tale originario riferimento la spia di una (quantomeno) percepita “eccedenza” rispetto ai caratteri della giurisdizione amministrativa di legittimità, G. TROPEA, “L’ibrido fiore della conciliazione”: i nuovi poteri del giudice amministrativo tra giurisdizione e amministrazione, in Dir. proc. amm., 3, 2011, p. 976.
142 Così F. CINTIOLI, Le innovazioni del processo amministrativo sui contratti pubblici (ancora in difesa del processo di parti), in Dir. proc. amm., 1, 2012, p. 3.
Titolo V (“Riti abbreviati relativi a speciali controversie”) dedicato alla disciplina di profili di rito di procedimenti speciali.
Il che comporta, peraltro, che per i poteri del giudice in materia di appalti non vale, esplicitamente e per diritto positivo, il principio della domanda enunciato in esordio dell’art. 34 c.p.a. disciplinante le sentenze di merito del giudice amministrativo (143).
2.6 Il contenuto della disciplina: punti fermi e problemi aperti
Volgendo ora all’analisi del contenuto della disciplina dei poteri del giudice nel processo appalti, per come attualmente delineata nel c.p.a., occorre premettere che, invero, in ordine all’individuazione del giudice competente a conoscere dell’inefficacia del contratto e all’applicazione delle sanzioni amministrative, l’opzione che la seconda Direttiva ricorsi lasciava agli Stati membri (144), è stata esercitata, prima che dal Legislatore, dalle Sezioni Unite della Cassazione.
Ed infatti, la Suprema Corte con un revirement basato proprio sulla detta Direttiva, ha stabilito che «la posizione soggettiva del ricorrente, che ha chiesto il risarcimento in forma specifica delle posizioni soggettive a base delle sue domande di annullamento dell’aggiudicazione e di caducazione del contratto concluso dall’aggiudicatario, è da trattare unitariamente dal giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva ai sensi della direttiva CE n. 66/2007, che riconosce il rilievo peculiare in tal senso alla connessione tra le due domande, che pertanto vanno decise di regola da un solo giudice (145)».
143 Art. 34, comma 1, c.p.a.: «In caso di accoglimento del ricorso il giudice, nei limiti della domanda (...)» cui segue l’elencazione e la disciplina dei vari provvedimenti giurisdizionali di merito.
144 Cfr. art. 2 par. 2: «I poteri di cui al paragrafo 1 e agli articoli 2-quinquies e 2-sexies possono essere conferiti ad organi distinti responsabili di aspetti differenti della procedura di ricorso».
145 Cass. Civ. SS.UU., ord. 10.2.2010, n. 2906; già prima di tale ordinanza la soluzione era stata prospettata da G. GRECO, La direttiva cit., p. 1056; da notare che la Corte, nella suddetta massima e, soprattutto, nelle premesse della motivazione, mostra di considerare che la pronuncia sul contratto sia parte di una controversia distinta avente ad oggetto diritti soggettivi rispetto a quella relativa all’aggiudicazione; nel punto 4 della pronuncia viene
La ragione della attrazione della cognizione sul contratto viene individuata dalla Cassazione dunque nella configurazione in termini di connessione tra la domanda di annullamento dell’aggiudicazione e della domanda di caducazione del contratto, dal che si ricava che la giurisdizione esclusiva, secondo l’impostazione della Suprema Corte, può riguardare controversie di diritto soggettivo che siano connesse a rapporti di diritto pubblico.
Il suggello alla definitiva soluzione della vexata quaestio della giurisdizione sulla sorte del contratto a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione è dunque intervenuto ad opera del Legislatore con l’art. art. 244 d.lgs. 163/2006 come novellato dall’art. 7, d.lgs. 53/2010, disposizione poi trasposta con la medesima formulazione nell’art. 133 c.p.a. lett. e), n. 1, che tuttavia, in ossequio al parere reso dalla Commissione Speciale del Consiglio di Stato, non prevede la qualificazione dei poteri come appartenenti alla giurisdizione di merito (146).
Pertanto, la questione degli effetti del contratto a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione viene ora ad essere decisa dal g.a. in sede di cognizione e non più in sede di esecuzione della sentenza di annullamento, come era previsto dalla soluzione adottata dall’A.P. 9/2008.
Non è perfettamente chiaro, tuttavia, quale sia il reale perimetro delle controversie sottoponibili al g.a. in materia di appalti pubblici.
Invero, i punti fermi sembrano essere che il giudice amministrativo abbia giurisdizione in ordine alle controversie, anche risarcitorie, relativamente alla fase di scelta del contraente, ivi compresa la questione della sorte del contratto in caso di annullamento dell’aggiudicazione, mentre spetti al giudice ordinario qualsiasi controversia avente ad oggetto le situazioni di diritto soggettivo nascenti dal contratto (147).
infatti affermato che «se le due controversie per l’annullamento della gara e la caducazione del contratto sono in materia di giurisdizione esclusiva deve quindi ritenersi che, ai sensi dell’art. 103 Cost., le richieste di tutela dei diritti inerenti ai rapporti contrattuali non sono scindibili da quelle sugli interessi legittimi violati dall’abuso dei poteri della P.A., su cui ha di certo cognizione il giudice amministrativo, che può quindi decidere “anche” su tali diritti, dopo essersi pronunciato sugli interessi al corretto svolgimento della gara».
146 Secondo cui «la giurisdizione esclusiva si estende alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione e alle sanzioni alternative».
147 Si afferma infatti che, in base alla nuova normativa, «la cognizione del contratto da parte del giudice amministrativo non è completa, ma è funzionale alla dichiarazione di inefficacia. Il giudice non conosce, dunque, dei vizi del contratto, né degli altri aspetti relativi alla sua
Esiste, tuttavia, una serie di controversie sulle quelli non vi è unanimità di vedute; si tratta, ad esempio, delle domande risarcitorie, per responsabilità precontrattuale, tra contraente “disarcionato” per effetto della pronunciata inefficacia del contratto e stazione appaltante; tali cause hanno ad oggetto pacificamente situazioni giuridiche di diritto soggettivo, e tuttavia vi è una palese connessione di tipo oggettivo con la controversia avente ad oggetto il legittimo esercizio del potere di aggiudicazione, circostanza che ha spinto la dottrina e la giurisprudenza ad affermare una attrazione delle medesime nell’ambito della potestà giurisdizionale amministrativa, ed anche la Cassazione, come visto, sembra infine ammettere che la giurisdizione esclusiva possa fondarsi sull’istituto della connessione (148).
Il nostro Legislatore ha altresì scelto di affidare al giudice amministrativo il potere di applicare le sanzioni alternative, prevendo così in capo al giudicante una commistione, non imposta, di funzioni differenti (149).
validità, né delle norme che regolano l’efficacia del contratto poiché dichiara l’inefficacia a seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione»; E. FOLLIERI, I poteri del giudice amministrativo nel Decreto Legislativo 20 marzo 2010 n. 53 e negli artt. 120-124 del codice del processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 4, 2010, p. 1077; in tal senso anche L. BERTONAZZI, Aggiudicazione, contratto e contenzioso cit., p. 963, secondo cui «il giudice non si produce in alcun sindacato sul contratto, ma valuta ab externo le conseguenze dell’annullamento dell’aggiudicazione sulla sua efficacia, considerata come fatto consequenziale (all’annullamento dell’aggiudicazione) e non come prodotto di risulta del giudizio di conformità/difformità dalle norme civilistiche su validità ed efficacia del contratto».
148 A queste potrebbero aggiungersi le controversie relative alla validità ed efficacia del contratto secondo le norme del codice civile; si pensi al caso in cui il ricorrente, il quale faccia valere il proprio interesse legittimo mirando ad ottenere l’aggiudicazione, riesca a dimostrare in giudizio l’illegittimità dell’operato della p.a. ma non vi siano le condizioni per ottenere la privazione di effetti del contratto, il quale, tuttavia, potrebbe per avventura essere anche nullo (per vizio di forma, ad esempio). In questi casi, ci si potrebbe chiedere se il ricorrente possa far valere la nullità davanti al g.a. per ottenere l’aggiudicazione o il rifacimento della gara.
149 Viene sottolineato come l’istituto in parola avrebbe potuto essere attribuito alla competenza di un’Autorità amministrativa e non giurisdizionale (ad esempio, l’Autorità di vigilanza, che è Autorità indipendente e tale da soddisfare le esigenze della Direttiva), mentre
«la scelta operata dal legislatore delegato, viceversa, fa insorgere delicati problemi di compatibilità col ruolo (anche costituzionale) del Giudice amministrativo e con principi di rango comunque superprimario», così G.GRECO, Illegittimo affidamento dell’appalto, sorte del contratto e sanzioni alternative del D.Lgs. 53/2010, cit., p. 731; sostiene invece la legittimità della scelta Cerbo, sostenendo come invero il sistema delle sanzioni alternative previste dalla nostra normativa appaia coerente con il sistema giuridico complessivo, posto che nella Costituzione non vi è una riserva di amministrazione sulle sanzioni amministrative, sia afflittive, sia ripristinatorie non potendosi ricavare a contrariis dall’art. 13 che contiene la riserva per il potere giurisdizionale. Inoltre, diverse disposizioni attribuiscono al giudice civile e penale il potere di irrogare sanzioni amministrative, sicché tale scelta non può essere inibita alla legge che attribuisca analogo potere al giudice amministrativo, cfr. P. CERBO, Le “sanzioni alternative” nell’attuazione della direttiva ricorsi (e nel codice del processo amministrativo), in Urb. app., 2010, p. 884.
Ciò detto in ordine all’individuazione dello “organo indipendente” ad esercitare i poteri di cui all’art. 2 comma 2 Direttiva 1989/665/CE, la disciplina di questi ultimi è contenuta come detto negli art. 121-125 c.p.a., che si passa ora brevemente a commentare.
Dal punto di vista della tecnica legislativa, il codice ha sostanzialmente manutenuto l’impostazione sistematica suggerita dalla Commissione Speciale del Consiglio di Stato di mantenere separata la disciplina dell’inefficacia del contratto nei casi di gravi violazioni (121 c.p.a.) rispetto alle violazioni rientranti negli “altri casi” (122 c.p.a.).
La disciplina delle azioni, e del loro rapporto, è invece contenuta nell’art. 124 c.p.a.; si nota dunque un’operazione di inversione rispetto al rapporto azioni-provvedimenti del giudice contenuto nei Titoli III (“Azioni e domande”) e IV (“Pronunce giurisdizionali”) del Primo Libro del codice del processo amministrativo dedicato alle “Disposizioni generali”.
Ciò detto in ordine all’organizzazione degli istituti, per ciò che concerne la disciplina in concreto adottata si può brevemente osservare quanto segue.
Quanto al periodo di sospensione alla stipula del contratto, la disciplina riproduce le scelte già eseguite in sede di Legge di delega di prevedere lo stand still fino alla decisione cautelare e ciò presumibilmente al fine di decidere caso per caso la sussistenza dei presupposti per la prosecuzione della moratoria processuale, ben potendo altresì optare, sussistendone i presupposti processuali, per la definizione immediata del merito (150).
Per ciò che concerne invece più specificatamente la disciplina concreta dei poteri del giudice, in ossequio all’opzione della Legge delega, il Legislatore delegato ha optato per la disciplina degli effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto prevedendo che sia il giudice a valutare, a seconda dei casi, se dichiarare o meno inefficace il contratto, e ciò in entrambe le ipotesi di violazioni gravi e violazioni non gravi (151); solamente in ordine
150 Pronuncia che configura di fatto, un’ipotesi di sostituzione della tutela cautelare con una cognizione sommaria, M. RAMAJOLI, La tutela cautelare cit., p. 940.
151 Tra i vari scenari previsti dalla dottrina in sede di commento, si è dunque concretizzata l’ipotesi della “decisione caso per caso”, cfr. M. LIPARI, Annullamento dell’aggiudicazione ed effetti del contratto: la parola al diritto comunitario, consultabile in www.federalismi.it, 9, 2008, p. 24.
agli appalti concernenti le infrastrutture strategiche è stato escluso in assoluto il rimedio della privazione di effetti nei casi di violazioni “non gravi” (152).
In particolare, quanto alle violazioni gravi, il Legislatore delegato, ha eseguito la direttiva stabilita dalla Legge delega di stabilire «deroghe e temperamenti» previsti dalla Direttiva in ordine all’inefficacia, sostanzialmente trascrivendo la laconica disposizione contenuta nell’art. 2- quinquies.
Prescrive infatti il comma 2 dell’art. 121 c.p.a. che il contratto stipulato, pur in presenza delle gravi violazioni, resta efficace qualora venga accertato che «il rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse generale imponga che i suoi effetti siano mantenuti. Tra le esigenze imperative rientrano, fra l’altro, quelle imprescindibili di carattere tecnico o di altro tipo, tali da rendere evidente che i residui obblighi contrattuali possono essere rispettati solo dall’esecutore attuale».
In relazione al significato di “esigenze imperative”, in maniera pressoché pedissequa a quanto previsto dalla normativa europea, la disposizione prosegue chiarendo che «Gli interessi economici possono essere presi in considerazione come esigenze imperative solo in circostanze eccezionali in cui l'inefficacia del contratto conduce a conseguenze sproporzionate, avuto anche riguardo all'eventuale mancata proposizione della domanda di subentro nel contratto nei casi in cui il vizio dell'aggiudicazione non comporta l'obbligo di rinnovare la gara. Non costituiscono esigenze imperative gli interessi economici legati direttamente al contratto, che comprendono fra l'altro i costi derivanti dal ritardo nell'esecuzione del contratto stesso, dalla necessità di indire una nuova procedura di aggiudicazione, dal cambio dell'operatore economico e dagli obblighi di legge risultanti dalla dichiarazione di inefficacia».
Dunque, al fine di valorizzare le esigenze pubbliche sottese al mantenimento di efficacia del contratto, si è scelto di non tipizzare le fattispecie, ma di utilizzare una sorta di clausola generale.
152 Art. 125, comma 3, c.p.a.: «Ferma restando l'applicazione degli articoli 121 e 123, al di fuori dei casi in essi contemplati la sospensione o l'annullamento dell'affidamento non comporta la caducazione del contratto già stipulato, e il risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente».
Quanto al momento della produzione di inefficacia, l’indicazione della Legge delega di lasciare al giudice che annulla la scelta tra inefficacia ex nunc o ex tunc «in funzione del bilanciamento degli interessi delle parti», è stata tradotta dal Legislatore delegato in una formulazione che prevede che il giudice valuti la portata temporale della pronuncia «in funzione delle deduzioni delle parti e della valutazione della gravità della condotta della stazione appaltante e della situazione di fatto».
Sicché, il Legislatore nazionale non si è avvalso della facoltà di predeterminare, una volta per tutte, «le conseguenze di un contratto privo di effetti (153)» ma ha rimesso tale valutazione al giudice amministrativo, il quale dovrà decidere sulla base dei sopraindicati criteri indeterminati (154).
Per le violazioni non gravi, come detto, la Legge delega prevedeva che, analogamente alla formulazione adottata per la decorrenza dell’inefficacia per le violazioni gravi, la necessità che il giudice compisse la
«la scelta, in funzione degli interessi coinvolti nei casi concreti (155)».
La declinazione che ne è stata data nell’art. 122 c.p.a. è solo di poco più specifica rispetto all’indicazione della delega, prevedendo il detto articolo, quale oggetto di valutazione da parte del giudice, una serie di elementi “alla rinfusa” e poco indicativi quanto alla identificazione delle fattispecie contemplate dalla norma: «il giudice che annulla l'aggiudicazione definitiva stabilisce se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la decorrenza, tenendo conto, in particolare, degli interessi delle parti, dell'effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l'aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell'aggiudicazione non comporti l'obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia stata proposta».
Quanto agli aspetti più propriamente processuali, non viene specificato se la dichiarazione di inefficacia sia regolata o meno in base al
153 Art. 2-quinquies, par. 2 della Direttiva.
154 Resta poi da capire «se il giudice amministrativo possa condannare le parti, in caso di privazione (totale o parziale) di efficacia del contratto, alle conseguenti restituzioni o ripetizioni e, se sì, entro quali limiti di corrispondenza a specifiche domande delle parti sul punto, o ricorrendo a poteri officiosi (di equità correttiva) ex fide bona», P. CARPENTIERI, Sorte del contratto (nel nuovo rito sugli appalti), cit., p. 29.
155 Art. 44, comma 1, n. 3), L. 88/2009.
principio della domanda, e dunque dipenda da una manifestata volontà di parte, oppure possa anche essere pronunciata anche d’ufficio dal giudice; allo stesso modo non è chiarito se gli elementi che consentono la permanenza di efficacia del contratto siano sottoposti al principio dispositivo, e quindi è onere della parte allegare o possano essere rilevati anche dal giudice, purché acquisiti al processo; oppure in relazione a tali elementi valga il principio inquisitorio e quindi debbano essere addirittura essere acquisiti al processo da parte del giudice tramite ordine di esibizione di documenti, ispezioni o consulenze tecniche.
Ancor prima, non è chiaro se la dichiarazione di inefficacia costituisca un’azione autonoma o sia legata alla domanda di annullamento (o di condanna all’adempimento) e dunque, nella sua autonomia, se possa, eventualmente, essere pronunciata in una diversa fase del processo, o addirittura essere oggetto di un autonomo giudizio che prescinda dall’accertamento della pretesa di annullamento dell’aggiudicazione avanzata da un concorrente.
2.7 Ridefinizione della problematica: la natura e la funzione dei poteri del giudice sulla sorte del contratto
Sicché alla domanda che ci si poneva nel precedente quadro ordinamentale, ovverosia se «la tutela che il giudice esclusivo accorda all’interesse legittimo pretensivo del terzo, concorrente illegittimamente pretermesso, incontra un ostacolo nella giuridica esistenza e validità del contratto stipulato tra amministrazione e contraente originario? (156)».
Tuttavia, alla luce di quanto si è evidenziato nel paragrafo che precede, si discute in dottrina se l’articolato normativo abbia inteso attribuire al giudice amministrativo un compito più vicino alla ponderazione di interessi del caso concreto piuttosto che al classico sillogismo giudiziario volto alla
156 M. RAMAJOLI, La Cassazione riafferma la giurisdizione ordinaria sul rapporto contrattuale tra amministrazione e aggiudicatario, op cit.., 2008, p. 543.