L’ACCORDO CONTRATTUALE NEL TRENTENNIO DELLA NASCITA DEL WORLD WIDE WEB.
Dipartimento di Giurisprudenza Cattedra di Diritto Privato 1
L’ACCORDO CONTRATTUALE NEL TRENTENNIO DELLA NASCITA DEL WORLD WIDE WEB.
Xxxxx.xx Xxxx. Xxxxxx Xxxxxxxxxxx Xxxxx.xx Xxxx. Xxxxxxxxx Xxxxx RELATORE CORRELATORE
Xxxxx Xx Xxxxx Xxxx. 142093
Anno Accademico 2020/2021
Sommario
Introduzione 5
CAPITOLO I. IL WORLD WIDE WEB 10
1. Definizioni, termini e concetti utili alla trattazione 10
2. Internet come mezzo di comunicazione (e di conclusione di contratti) 12
3. Internet come spazio 13
4. L’ipertestualità all’origine del World Wide Web 16
5. Nascita del World Wide Web 19
6. Diffusione delle tecnologie digitali 22
7. New Economy e bolla del Dot-com 24
8. Evoluzione della rete: dal Web 1.0 al Web 2.0 26
9. Terza generazione del Web 28
10. Internet of Things (IoT) 30
11. Commercio elettronico 32
CAPITOLO II. IL CONTRATTO TELEMATICO 36
1. Considerazioni preliminari, ambito d’indagine 36
2. Dibattito dottrinale sulla spersonalizzazione dell’accordo 38
3. Definizioni di contratto telematico 43
4. Natura e quadro normativo 46
4.1 Profilo soggettivo 48
4.2 Modelli e disciplina applicabile 52
5. Fase pre-contrattuale, obblighi informativi 55
6. Obblighi informativi nel codice del consumo 56
7. Obblighi informativi nel d.lgs. 70/2003 62
8. Diritto di recesso (ius poenitendi) 63
9. Considerazioni intermedie 65
CAPITOLO III. SMART CONTRACTING, IL FUTURO DELL’ACCORDO CONTRATTUALE? 71
1. Introduzione, altri concetti e termini utili 71
1.2 DLT e Blockchain 75
1.3 Smart contract code e smart legal contract 80
2. Profili di criticità 84
3. Normativa 90
3.2 In ambito europeo 90
3.3 Italia 93
4. Quali prospetive? 99
Conclusioni 105
Bibliografia 112
Introduzione:
Gli anni ’90 del Novecento sono stati profondamente segnati dall'affermarsi di Internet, dei cellulari e dei relativi servizi: la diffusione di questi strumenti ha innescato una autentica rivoluzione socio-culturale, concretizzandosi in una spinta alla globalizzazione e in definitiva modificando in maniera irreversibile diversi aspetti della società odierna. Si tratta di quella che alcuni chiamano “digital revolution”, che non ha riguardato solo il passaggio dall’elettronica analogica a quella digitale, ma ha ridisegnato numerose dinamiche: politica, partecipazione democratica, sicurezza, relazioni internazionali, informazione, ma anche finanza e consumo, istruzione, rapporti interpersonali, solo per menzionarne alcune1.
Nella presente trattazione si è tentato di ricostruire come l’accordo contrattuale – per adattarsi a questi profondi cambiamenti – si sia evoluto nell’ultimo trentennio, caratterizzato dalla diffusione del World Wide Web, il servizio che ha trainato questa rivoluzione. Il Web è considerato la “killer application”2 di Internet, in quanto ha permesso a quest’ultimo di uscire dalla sfera
1 X. XXXXXXX, Mapping out the transition toward information societies: social nature, growth, and policies, 2012, 47 ss., consultabile presso: xxxxx://xxxxxxxxxxxxxx.xxx.xxx/XX.xxxx?XX0xXxxXxxx&XXXXx0X0XXXXXX00X&XXXXx0&X W=1440&RH=788 in cui l’autore analizza l’impatto della “rivoluzione digitale”, sostenendo che questa «continues to the realms of culture, business, family, youth, gender, entertainment, democracy, transport, finance, sports, military defense and security, among many others. The effective integration of ICT into the social organization of a society requires the expertise and guidance of authorities that are concerned with issues that are complementary to the deployment of technological infrastructure».
2 Riprendendo la definizione data dall’Enciclopedia Treccani, “killer application” è quella
«applicazione che con la sua vasta, e spesso rapida, diffusione, permette a un certo settore tecnologico di raggiungere una massa critica (cioè un numero sufficiente) di dispositivi hardware e/o software collegati, tale da determinare la profittabilità del settore e solitamente un suo ampio successo». Voce “Killer Application” in Lessico del XXI Secolo, Xxxxxxxx.xx – Enciclopedie online, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2012.
delle agenzie di intelligence e delle istituzioni accamiche entro cui era rimasto relegato nei suoi primi anni di esistenza per entrare nelle mura domestiche. Le persone hanno iniziato a interagire con il Web, dapprima come visitatori, poi sempre più in maniera attiva come creatori di contenuti, dando vita a web communities, sottoculture e nuovi mercati. Si stima che intorno al 2011 il numero dei dispositivi con accesso a Internet abbia superato quello di esseri umani3: la rete si è diffusa a macchia d’olio, dapprima solo su appositi dispositivi, poi sui telefoni cellulari e, negli ultimi anni, anche su svariati oggetti di uso comune. Ad oggi è possibile concludere acquisti tramite un orologio, pubblicare contenuti multimediali sui social network tramite un paio di occhiali, chiedere a un assistente vocale di chiamare un taxi o far attivare la macchina del caffè, monitorare a distanza i parametri di un paziente in tempo reale tramite apparecchi impiantati sottopelle delle dimensioni di una moneta e tanto altro.
Poiché, come è stato autorevolmente osservato, «la storia del contratto non può separarsi dalla storia delle tecnologie, mediante le quali si determinano i rapporti di scambio»4, è parso opportuno iniziare questa indagine sull’accordo contrattuale dalla ricostruzione dei vari stadi della creazione e della diffusione del World Wide Web che si sono appena accennati.
3 GUBBI, XXXXX, XXXXXXX, PALANISWAMI, Internet of Things (IoT): A Vision, Architectural Elements, and Future Directions in Future Generation Computer Systems, vol 29, no. 7, 2013, 1645-1660, cit., 1647, presso: xxxxx://xxx.xxxxxx.xxx/xxxxxx/xxxxxx.xxx?xxxx0-x0.0- 84876943063&doi=10.1016%2fj.future.2013.01.010&partnerID=40&md5=b9f84477e4bfc7ed42b f27de7ee14537
4 XXXX, Scambi senza accordo, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 2, Milano, 1998, 347-364, cit., 364.
Nel secondo capitolo si è poi analizzato il passato e il presente dell’accordo contrattuale, muovendo dall’appassionato dibattito dottrinale intorno all’impatto di queste tecnologie sull’accordo per inquadrare la figura del contratto telematico. Sorprendentemente anticipatorie in questo senso le parole di Xxxxxxx Xxxx, che all’inizio del secolo scorso analizzò il fenomeno dei distributori automatici commentando nella sua opera Gli automi nel diritto privato l’annullarsi del ruolo del parlato in favore dei gesti, proponendo la figura del “negozio automatico”. L’autore giunge alla conclusione che la natura dei contratti che scaturiscono dall’utilizzo di queste macchine non è consensuale, ma bensì reale, risolvendosi nello scambio tra l’oggetto contenuto nell’automa e il c.d. iactus pecuniae effettuato dall’utente5. Come è stato autorevolmente osservato, «il dialogo linguistico è sostituito dalla realità di due atti: l'esposizione e la preferenza»6. Ebbene queste considerazioni, ancora attualissime nel descrive ciò che oggi accade quotidianamente su larga scala con il commercio elettronico, sono state prese come punto di partenza per una analisi della disciplina dei contratti conclusi on-line e degli assetti di interesse che ne derivano. Si è cercato, in particolare, di stabilire se vi sia una parte che esce avvantaggiata dall’annullamento del dialogo ed indagare cosa rimane della libertà contrattuale in un contesto in cui il dialogo e le trattative sono ridotte al minimo.
5 CICU, Gli automi del diritto privato, Milano, 1901, ora in Scritti minori, vol. II, Milano, 1965. Le considerazioni dell’autore sono state proficuamente riprese da XXXXXXX, L’accordo telematico, Milano, 1997.
6 XXXX, Scambi senza accordo, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 2, Milano, 1998, 347-364, cit., 354.
Nel terzo capitolo, infine, si è trattato il complesso tema dei c.d. “smart contract”, partendo da un inquadramento teorico del fenomeno per poi passare all’analisi del contesto comunitario entro cui si stanno delineando le normative in materia. Ci si è da ultimo occupati di analizzare la recente novella introdotta con l’art. 8-ter del decreto legge 14 dicembre 2018, n. 135 (c.d. decreto semplificazioni), così come coordinato con la legge di conversione 11 febbraio 2019 n. 12. Si è assistito ad uno sforzo definitorio del legislatore nei confronti delle tecnolgie a regitro distribuito (categoria di cui fa parte la c.d. “blockchain”, nota alle cronache per essere il sistema su cui si basa la criptovaluta Bitcoin) e il prodotto giuridico di queste, ovvero gli smart contract. Si è tentato di mettere in luce criticità e potenzialità della norma, comparandola con alcune delle discipline straniere più all’avanguardia in materia, nonché facendo un analisi dei potenziali rischi e benefici di questo strumento, con particolare attenzione alla libertà contrattuale, qui minacciata dall’ostacolo rappresentato dai nuovi linguaggi: quelli di programmazione7. Ci si è chiesti, infine, se e in quale misura possano essere idonei ad esprimere la volontà contrattuale delle parti.
Nel complesso, si è voluto analizzare come l’accordo contrattuale si è adattato alla società dell’informazione, nel paradigma della tecnologia che in soli trent’anni ha cambiato irreversibilmente l’aspetto del mondo: il World Wide Web.
7 Si riporta l’evocativa definizione di IRTI, Scambi senza accordo, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 2, Milano, 1998, 347-364, cit., 358. «Il “programma” è, per l’appunto, uno “scrivere prima”, dove l’autore definisce e ingabbia il parlare dei soggetti».
Capitolo I
IL WORLD WIDE WEB
1. Definizioni, termini e concetti utili alla trattazione
Internet può essere sinteticamente definito un sistema di comunicazione composto da un insieme di reti e sotto-reti, dotato di una struttura decentralizzata e non gerarchicamente ordinata, tramite il quale sono interconnessi vari dispositivi o terminali8. Il funzionamento logico di questo sistema è regolato da una suite di protocolli di rete legati da una dipendenza d’uso, che regolano le modalità con cui i dispositivi si rapportano e comunicano tra loro. Questa infrastruttura tecnologica nasce nel 1969 dal progetto ARPANET, finanziato da un’agenzia dipendente dal Ministero della Difesa degli Stati Uniti d’America9 per soddisfare l’esigenza militare di instaurare comunicazioni stabili anche in caso di malfunzionamenti tecnici, al contempo scongiurando il rischio di intercettazioni da parte di terzi. In pochi anni la rete si è espansa, approdando in Italia per la prima volta il 30 aprile 1986 presso il Centro Nazionale Universitario di Calcolo Elettronico dell’Università di Pisa (oggi Istituto di scienza e tecnologie dell'informazione), tra l’indifferenza della comunità scientifica e delle istituzioni.
8 V. ROMANI, LIAKOPOULOS, La globalizzazione Telematica, Milano, 2002, 2.
9 L’agenzia governativa del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti “DARPA” (acronimo inglese per Defence Advanced Research Projects Agency) ha finanziato il progetto ARPANET, delegandone la realizzazione alla società statunitense Xxxx, Xxxxxxx and Xxxxxx Inc., ancora oggi operante sotto il nome di Raytheon BBN Technologies, alla quale va il merito di aver fisicamente costruito la prima rete di internet nel 1969.
Poiché i termini “Web” e “Internet” sono spesso utilizzati indistintamente come sinonimi10, può giovare alla piena comprensione di quanto verrà esposto più avanti illustrare brevemente in che modo, in realtà, si tratta di due entità ben distinte.
Internet è l’infrastruttura su cui si appoggiano vari servizi, i più diffusi sono la posta elettronica e il World Wide Web. Quest’ultimo permette di visualizzare ed esplorare una enorme quantità di contenuti collegati tra loro attraverso un sistema di rimandi, i c.d. link. Ciò è possibile in primis grazie ai protocolli di rete, che dettano regole a priori per l’interazione e la comunicazione tra due o più dispositivi elettronici. Il principale protocollo usato sul Web è l’HyperText Transfer Protocol (HTTP), nell’ultimo decennio spesso utilizzato nella sua variante HTTPS (HyperText Transfer Protocol over Secure Socket Layer) che offre una serie di vantaggi in termini di sicurezza e tutela della privacy11.
Un altro importante strumento sono i Web Browser (in italiano “navigatori del Web”, tra i quali ricordiamo ad esempio Internet Explorer, Google Chrome, Safari): si tratta di software applicativi dedicati alla navigazione, rendono facile e “user-friendly” l’utilizzo del Web12.
L’architettura di rete segue un modello logico chiamato “client/server”, in quanto su di un dispositivo “cliente” viene utilizzato un software che si interfaccia
10 V. ad esempio PERLINGIERI, Il contratto telematico, in VALENTINO (a cura di), Manuale di diritto dell’informatica, 3° ed., Napoli, 2016, 269-318, 270, nota 2 in cui l’autore avverte: «Nel presente scritto si userà indifferentemente l’espressione angolofona “Web”, quella italiana “Rete” (mera traduzione dell’inglese net) e quella italianizzata “internet”». In realtà, a ben vedere, “internet” non è l’italianizzazione dell’espressione angolofona “Web”. Si sottolinea fin da ora che “Web” è abbreviazione di World Wide Web, “rete” è la traduzione di “net”, che a sua volta è l’abbreviazione di “Internet”.
11 Il protocollo HTTPS permette la navigazione in incognito e rappresenta una garanzia in termini di originalità delle pagine web, nonché di protezione di pagamenti e dati degli account.
12 Voce “WWW” in Associazione Nazionale Enciclopedia della Banca e della Borsa, disponibile preso: xxxxx://xxx.xxxxxxxxx.xxx/xxxxx_xxxx.xxx?xxxxxxxxx&x_xxx000&x_xxxxxxx&x_xxx00000- www
con un “server”, che elabora le sue richieste e gli offre appunto una serie di servizi. Si hanno dunque server WWW e server e-mail, parallelamente si hanno client WWW e client per la gestione della posta elettronica.
Mettendo insieme i concetti appena illustrati è possibile spiegare il funzionamento del Web: il Web browser (client) comunica tramite il protocollo di rete HTTP con il Web server richiedendo determinate risorse, e questo provvede a trasmettergliele.
2. Internet come mezzo di comunicazione (e di conclusione di contratti)
Internet permette lo scambio pressochè istantaneo di dati tra dispositivi informatici connessi in rete, questa caratteristica l’ha reso uno strumento sempre più spesso utilizzato per la formazione e conclusione di accordi contrattuali.
Questa applicazione di internet porta con sé un suo “protocollo di comunicazione”, un nuovo universo di simboli che vanno ad affiancarsi alla parola13. Un nuovo linguaggio, dunque, che permette di esprimere la volontà di chi lo adopera. Come tutti i linguaggi, anche quello di internet necessita di essere studiato e interpretato, a maggior ragione nel momento in cui è ampiamente utilizzato per concludere accordi e porre in essere atti aventi valore giuridico14. In
13 Cfr. sul punto PIGNALOSA, Il consumatore calcolante, Napoli, 2020, 21, la quale nota come il nuovo universo simbolico fatto di icone, segni convenzionali e gesti oggettivi abbia preso il posto della parola. V. anche IRTI, Scambi senza accordo, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 2, Milano, 1998, 347-364, passim.
14 Così pare orientato anche XXXXX, Automazione contrattuale e “contratti intelligenti”, Torino, 2019, 6, il quale sottolinea la necessità che la disciplina che regola il rapporto tra tecnologia e contratto «sia in grado di governare il rapporto tra l’apparenza generata dal linguaggio simbolico della telematica e la sostanza della relazione economica che si intende gestire mediante il contratto».
tal senso si pensi non solo al commercio elettronico in forte espansione, ma anche alle crescenti occasioni di dialogo con le Pubbliche Amministrazioni, che negli ultimi anni hanno trasferito on-line una parte consistente delle interazioni con i cittadini. Ebbene, con l’aumentare di questi rapporti a distanza aventi valore giuridico, aumenta in maniera direttamente proporzionale anche l’attenzione del legislatore al tema, in primis allo scopo di facilitare l’interpretazione univoca di queste comunicazioni, condizione essenziale affinchè la volontà dell’utente manifestata attraverso questi mezzi di comunicazione sia libera da vizi.
3. Internet come spazio
Motivando dal fatto che i rapporti telematici non si realizzano con internet, ma all’interno di internet, è opinione diffusa considerare questo strumento un luogo, piuttosto che un mezzo. Il neologismo cyberspace15, comparso per la prima volta nella letteratura fantascientifica16, è entrato ormai nel linguaggio comune per indicare l’ambiente della realtà virtuale17, dove avvengono quella serie di comunicazioni caratterizzate dall’essere mediate da computer. Parrebbe trattarsi di
15 Per un interessante approfondimento concettuale sul Cyberspazio x. XXXXXXXX, City of Bits: Space, Place, and the Infobahn, Cambridge London, 1995, 111 che definisce il cyberspazio come un luogo a sé stante, all’interno del quale «Code is the Law» (“code” è inteso come algoritmo, programma, ndr.)
16 Il termine parrebbe comparire per la prima volta nel 1982 nel racconto breve Burning Chrome, dello scrittore Xxxxxxx Xxxxxx, esponente di spicco del filone letterario cyberpunk, che nel suo libro Neuromancer del 1984 definì il termine come «una allucinazione vissuta più persone tramite dispositivi tecnologici», una sorta di ambiente virtuale che si pone come alternativa a quello che l’autore chiama “meatspace” (ovvero «mondo della carne», il mondo reale).
17 V. voce “Cyberspace” in PRUCHER, Brave new words: the Oxford dictionary of science fiction, New York, 32, cfr. XXXXXXXXX, Conflicts on the net: Choice of law in transnational cyberspace in Vanderbilt Journal of Transnational Law, vol. 29, n. 1, 1996, 75-116, cit., 78 in cui viene fornita una suggestiva definizione di cyberspazio: «cyberspace is a globally networked, computer- sustained, computer-accessed, and computer-generated, multi-dimensional, artificial, or virtual reality. In this world, onto which every computer screen is a window, actual, geographical distance is irrelevant. Objects seen or heard are neither physical nor, necessarily, presentations of physical objects, but are rather-in form, character, and action-made up of data, of pure information».
un “luogo non-luogo”18, privo di connotazione fisica e geografica, all’interno del quale si svolgono interazioni tra persone, computer e tra persone e computer19. Nonostante il termine sia prevalentemente utilizzato al singolare, alcuni autori ritengono che sia più corretto considerare il cyberspazio come una moltitudine di spazi virtuali, talvolta complementari tra loro, talvolta in conflitto20; altri ancora allargano il discorso affermando che che ciascuna tecnologia porta con sé la creazione di nuovi “spazi culturali”21.
Vi sono alcune caratteristiche di Internet, come ad esempio l’impossibilità di identificare l’ubicazione precisa di una determinata attività o di localizzare un traffico di dati, che sollevano dal punto di vista giuridico una serie di problematiche: per quanto riguarda la presente trattazione queste rilevano soprattutto in relazione al commercio elettronico. Le opinioni in materia sono varie e talvolta contrastanti tra loro. Alcuni autori hanno parlato in passato di “legal void”22, vuoto giuridico, altri hanno paragonato il cyberspazio ad una sorta di terra nullius, alla stregua dell’Antartide, all’interno della quale le nazioni civili si impegnano a mantenere
18 Sulla nozione di “luogo non luogo” cfr. XXXX, Scambi senza accordo, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 2, Milano, 1998, 347-364.
19 Così, XXXXXXXXXX, Governing Networks and Rule-Making in Cyberspace, EMORY L.J., 1996, 912-930, 914 disponibile presso: xxxxx://xx.xxxxxx.xxxxxxx.xxx/xxxxxxx_xxxxxxxxxxx/00, cfr. in senso analogo KAHIN, XXXXXX, Borders in Cyberspace: Information Policy and the Global Information Infrastructure, Xxxxxxxxx, 0000.
20 Così XXXXXXXX, The Ethics of Cyberspace, Londra, 2000, spec. 1-31.
21 Per un approfondimento sugli spazi culturali x. XXXXX, Rights, Camera, Action: Cyberspatial Settings and the First Amendment in The Yale Law Journal, vol. 104, no. 7, 1995, New Heaven, 1681-1717, 1685 ss. consultabile presso xxx.xxxxx.xxx/xxxxxx/000000; cfr. BOLTER, Writing Space: The Computer, Hypertext, and the History of Writing, United Kingdom, 1991, 11.
22 Così GIGANTE, Blackhole in Cyberspace: the Legal Void in the Internet, X. Xxxxxxxx J. Computer & Info L., vol. 15, 1997, 413-436, spec. 422 ss., disponibile presso xxxxx://xxxxxxxxxx.xxx.xxx.xxx/xxxxx/xxx00/xxx0/0/, secondo il quale, all’epoca in cui scriveva, vi era uno status quo destinato a durare ancora per poco: «this pax cybernetica is unlikely to last. The increasing commercialization of the Internet means that technical and administrative decisions will have ever greater impact on legal rights».
relazioni amichevoli volte alla promozione di relazioni commerciali23. Non sono mancate opinioni a favore del riconoscimento di un autonomo ordinamento giuridico del cyberspazio24, talvolta utilizzando i termini “lex elextronica”25 o “lex informatica”26. Al riguardo è stato fatto notare come, in realtà, in tutti i casi di terrae nullius si assista all’attrazione verso l’ordinamento giuridico di uno Stato ogniqualvolta sorga l’esigenza di regolare giuridicamente una fattispecie, mentre i rapporti degli Stati tra loro restano assoggettati al diritto internazionale27. Autorevole dottrina ha contestato le tesi che – in maniera diametralmente opposta a quelle fin qui prospettate – riconducono l’intera disciplina di internet e del commercio elettronico nell’ambito del diritto interno o del diritto internazionale tradizionale, obiettando ai sostenitori di tali teorie che né l’uno né l’altro «appaiono sufficientemente idonei a regolamentare gli aspetti giuridici di internet», in quanto, nel primo caso, l’universalità del sistema di internet non consentirebbe soluzioni sprovviste di carattere globale, metre nel secondo caso sarebbero necessarie la sovranità e l’effettività del controllo dello Stato sul proprio territorio, possibilità che, con riguardo ad internet, sarebbe «a dir poco affievolita»28. La stessa dottrina
23 Cfr. XXXXXXXXX, Conflicts on the Net: Choice of Law in Transnational Cyberspace, in Vanderbilt Journal of Transnational Law, vol. 29, n. 1, 75-116, spec. 90 ss, consultabile presso xxxxx://xxxxxxxxxx.xxx/XXX/X?xxxxxx.xxxxxxxx/xxxxx00&xx00.
24 XXXXXXX, POST, Law and Borders - The rise of law in Cyberspace in First Monday, vol. 1, n. 1, 1996, 4 disponibile presso: xxxxx://xxx.xxx/00.0000/xx.x0x0.000; per un approfondimento dettagliato delle varie posizioni cfr. XXXXXXX, Quale giurisdizione su Internet? Interviene la Corte di Giustizia in Altalex, 2013, xxxxx://xxx.xxxxxxx.xxx/xxxxxxxxx/xxxx/0000/00/00/xxxxx-xxxxxxxxxxxxx-xx- internet-interviene-la-corte-di-giustizia che ricostruisce i principali orientamenti della dottrina riguardo la classificazione giuridica e la giurisdizione applicabile al cyberspazio.
00 X. xx xxxxxxx XXXXXXXX, XXXXXXXX, XXXXXXXXXX, Xxxxx du commerce électronique et normes applicables: l’xxxxxxxxx xx xx xxx xxxxxxxxxxx, xx XXXX/XXXX, 0000, 5, 547-583.
00 X. XXXXXXX, Xxx Informatica: Foundations of Law on the Internet in Indiana Journal of Global Legal Studies, vol. 5, n. 11, 1997, 211-237.
27 Così BALLARINO, Internet nel mondo della legge, Padova, 1998, 43 s.
28 Così DRAETTA, Internet nel diritto internazionale, in FINOCCHIARO, DELFINI (a cura di), Diritto dell’informatica, Milano, 2014, cit., 41 s.
ritiene internet il terreno ideale per lo sviluppo del diritto internazionale dei privati, precisando che, in definiva, si tratta di un regime giuridico internazionale ancora in divenire, uno jus in stadio nascendi29.
4. L’ipertestualità all’origine del World Wide Web
In apertura alla trattazione è stato accennato che il funzionamento del Web è basato su di un protocollo ipertestuale. L’ipertestualità ha cambiato radicalmente l’approccio alle informazioni e alle modalità in cui vengono presentate e consultate, discostandosi dalla linearità del testo stampato per avvicinarsi di più al modo in cui ragiona la mente umana (ovvero tramite associazioni di concetti e collegamenti), perciò è considerata una delle forze trainanti della transizione dei media dalla stampa al digitale30.
Il primo a teorizzare un sistema ipertestuale è stato l’ingegnere e tecnologo Xxxxxxxx Xxxx, che nel celebre articolo As we may think (in italiano “Come potremmo pensare”)31 si pose il problema dell’accesso alla conoscenza, sostenendo che questa, per essere utile, deve poter essere facilmente condivisa e consultata dagli studiosi di tutto il mondo. Xxxx aveva lavorato con vari colleghi scienziati durante la Seconda Guerra Mondiale, e il messaggio contenuto nel suo articolo è proprio un auspicio affinchè questi rapporti di collaborazione e scambio di conoscenze potessero continuinare. L’autore muove una critica al sistema di archiviazione gerarchico e lineare utilizzato all’epoca negli archivi – in cui per
29 X. XXXXXXX, Internet nel diritto internazionale, in FINOCCHIARO, DELFINI (a cura di), Diritto dell’informatica, Milano, 2014, cit., 42.
30 Così KATSH, Law in a digital world, New York, 1995, 16 ss.
31 BUSH As we may think in The Atlantic Monthly, 1945, vol. 176, n. 1, 101-108.
trovare una informazione era necessario conoscere il percorso da seguire sulla base di una logica di indicizzazione – e teorizza un dispositivo, mai realizzato, che chiama Memex (dalla fusione di “Memory Extension”). L’intento di Xxxx era di creare una struttura a forma di scrivania integrata con una serie di schermi su cui possono essere proiettati dei microfilm, una tastiera e un insieme di leve e bottoni che permettono di interagire con un sistema elettromeccanico in grado di gestire una raccolta di milioni di pagine d’informazioni sotto forma di microfilm32; tale archivio doveva essere organizzato come potrebbe pensare la mente umana, e quindi tramite associazioni di concetti che permettono di passare da un argomento all’altro in base a un intreccio di collegamenti33.
L’articolo As we may think scosse la comunità scientifica: tra i tanti studiosi che influenzò, al filosofo e sociologo Xxxxxxx Xxxxxx va riconosciuto il merito di aver sviluppato alcuni concetti che stavano alla base dell’idea del Memex. È a lui, infatti, attribuita la paternità di vari neologismi, tra cui “hypertext” e “hypermedia”34. A partire dal 1960 Xxxxxx lavorò alla creazione di un software – che in seguito battezzò “Xanadu” – dedicato alla scrittura e alla lettura in maniera non sequenziale. Presentò il progetto alla ventesima conferenza annuale della Association for Computing Machinery nel 1965, prospettando che la creazione di “macchine letterarie” che avrebbero rivoluzionato la scrittura e la consultazione
32 V. la ricostruzione di D’XXXXXXXXXX, Una storia dell’ipertesto, presso il sito web del Progetto Polymath del Politecnico di Torino e dell’Istituto Superiore Xxxxx Xxxxxx: xxxxx://xxxxxxx.xxxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxxxxxxx/XXX/Xxxxx/Xxxxxxxxx/Xxxxxxx/XxxxxxXxxxxxxxx/XxxxxxX pertesto.htm.
00 X. XX XXXXXX, X media telematici come strumento per la comunicazione scientifica in Bollettino telematico di filosofia politica, 2005, consultabile presso xxxxx://xxxx.xx.xxxxx.xx/xxxx/xxxxxx/xxxxx.xxxx.
34 Per un approfondimento sul contributo di Xxxxxx x. XXXXXXXXXXX, Dall'ipertesto al Web: Storia culturale dell'informatica, Italia, 2014.
delle opere in un nuovo formato. Questo nuovo modo di rapprortarsi con la scrittura venne battezzato dall’autore “ipertesto”, in quanto riteneva avrebbe permesso di stimolare e soddisfare la curiosità del lettore, con risvolti positivi in particolare per gli studenti. In questa occasione Xxxxxx definì l’ipertesto:
«a body of written or pictorial material interconnected in such a complex way that it could not conveniently be presented or represented on paper. It may contain summaries, or maps of its contents and their interrelations; it may contain annotations, additions and footnotes from scholars who have examined it».35
Dunque a Xxxxxx va il merito di aver teorizzato il concetto alla base del funzionamento del Web, ma vi è un altro scienziato che è stato influenzato dall’articolo di Xxxx e che, per l’enorme contributo apportato, non ci si può esimere dal menzionare nella narrazione dello sviluppo di questo servizio che ha radicalmente modificato il mondo in cui viviamo. È l’ingegnere Xxxxxxx Xxxx Xxxxxxxxx, il quale, come anche lo stesso Xxxxxx riconobbe36, all’epoca del concepimento del progetto Xanadu stava già lavorando ad un software basato sull’ipertestualità, ovvero l’oN Line System, un portale per la scrittura e consultazione di strutture ipertestuali pensato per facilitare la ricerca e la collaborazione. A Xxxxxxxxx anche il merito di aver reso i computer più user- friendly tramite l’invenzione dell’interfaccia video multi-finestra e soprattutto del
35 XXXXXX, A File Structure for The Complex, The Changing and the Indeterminate, in Proceedings of ACM 20th National Conference; Cleveland, 1965, 84-100.
36 XXXXXX, Literary Machines: The Report on, and of, Project Xanadu Concerning Word Processing, Electronic Publishing, Hypertext, Thinkertoys, Tomorrow’s Intellectual Revolution, and Certain Other Topics Including Knowledge, Education and Freedom, Susalito, 1993.
mouse, che presentò in una dimostrazione pratica alla Fall Joint Computer Conference del 196837 e che scosse la comunità scientifica di quegli anni.
Xxx Xxxxxxx-Xxx, co-inventore del World Wide Web, nel suo libro Weaving the Web dedica alcune pagine a Xxxx, Xxxxxx ed Xxxxxxxxx, sostenendo che tutti e tre furono in anticipo sui tempi, e, dopo aver citato altri colleghi che nel xxxxx xxxxx xxxx ‘00 hanno avuto meriti nel collaborare alla costruzione di una connessione globale (Xxxxxx Xxxxx e Xxxx Xxxxxx, Xxxx Xxxx e Xxx Xxxx), aggiunge: «Io ho avuto la fortuna di arrivare con gli interessi e l’inclinazione più adatti nel momento più propizio, quando ipertesto e Internet erano già grandi. A me non è restato che unirli in matrimonio (nel World Wide Web, ndr.)»38.
5. Nascita del World Wide Web
La svolta nella diffusione globale di Internet è arrivata con l’invenzione del World Wide Web (in italiano, “rete grande quanto il mondo”), abbreviato XXX, X0 o semplicemente Web. Il Web è stato, insieme alla posta elettronica39, una “killer applicaton” di internet, ovvero, riprendendo la definizione data dall’Enciclopedia Treccani, quella «Applicazione che con la sua vasta, e spesso rapida, diffusione, permette a un certo settore tecnologico di raggiungere una massa critica (cioè un numero sufficiente) di dispositivi hardware e/o software collegati,
37 V. gli atti della conferenza AFIPS, Proceedings of the December 9-11, 1968, fall joint computer conference, part I, New York, on-line presso: xxxxx://xx.xxx.xxx/xxx/xxxxxxxxxxx/00.0000/0000000
38 XXXXXXX-XXX, L’architettura del nuovo Web: dall'inventore della rete il progetto di una comunicazione democratica, interrativa e intercreativa, Milano, 2001, cit., 196, traduzione di Xxxxxxxxx Xxxxxxxx, per un esaustivo approfondimento sul rapporto tra Xxxxxxx-Xxx, Xxxxxx e Xxxxxxxxx x. XXXXXXXXXXX, Dall'ipertesto al Web: Storia culturale dell'informatica, Italia, 2014.
00 X. XXXXXX, XXXX, Where Wizards Stay Up Late. The Origins of the Internet, New York, 1996, 194 in cui è citato uno studio condotto dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti secondo il quale la posta elettronica nel 1973 ha rappresentato i tre quarti del traffico di internet.
tale da determinare la profittabilità del settore e solitamente un suo ampio successo»40.
La piattaforma è stata messa a punto presso l'Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare (CERN) di Ginevra dai ricercatori informatici Xxxxxx Xxxxxxx e Xxx Xxxxxxx-Xxx. Quest’ultimo pubblicò il 6 agosto del 1991 il primo sito Web della storia, ancora oggi consultabile presso il sito del CERN41. La prima frase che si legge nella pagina principale riguarda proprio la definizione di World Wide Web:
«una iniziativa su vasta scala volta al recupero di informazioni ipermediali che mira a fornire accesso universale ad un vasto complesso di documenti».
Alcune parole sono caratterizzate dal fatto di essere scritte in blu in carattere sottolineato: questa differenziazione è utilizzata per rendere riconoscibili i c.d. testi di ancoraggio, ovvero il testo visibile e cliccabile dei collegamenti ipertestuali. I collegamenti ipertestuali (hyperlink), ormai nel linguaggio comune semplicemente “link”, sono collegamenti che, fungendo da rimandi tra un’unità informativa e l’altra, permettono la lettura ipertestuale, non sequenziale dei documenti: questa funzionalità rappresenta la grande innovazione del Web. È sufficiente un click o un tap sul testo di ancoraggio dell’hyperlink per “approdare” alla destinazione del collegamento. Ad esempio, il testo di ancoraggio del primo hyperlink che si incontra nella pagina principale pubblicata da Xxxxxxx-Xxx è la parola
40 Voce “Killer Application” in Lessico del XXI Secolo, Xxxxxxxx.xx – Enciclopedie online, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2012.
41 Sul sito web del CERN è possibile consultare presso l’indirizzo xxxx://xxxx.xxxx.xx/xxxxxxxxx/XXX/XxxXxxxxxx.xxxx la prima pagina Web pubblicata da Xxxxxxx- Xxx il 6 agosto del 1991, in cui il World Wide Web è definito come “a wide- area hypermedia information retrieval initiative aiming to give universal access to a large universe of documents”, per un approfondimento v. XXXXXXXXX, XXXXXXXXXX, Xxx Xxxxxxx-Xxx: Inventor of the World Wide Web, USA, 2009.
“hypermedia”, che una volta cliccata genera in automatico l’apertura un’ulteriore pagina, in cui è riportata la spiegazione dei termini hypertext e hypermedia. Il primo è definito come un testo costruito per non essere lineare, contenente collegamenti ad altri testi, che permettono al lettore di scegliere l’ordine in cui consultare le informazioni, scavare nel documento originale tramite una rete di collegamenti; mentre hypermedia è un iperonimo che indica tutti quei collegamenti che non rimandano a pagine di testo, ma a contenuti multimediali come ad esempio immagini, filmati, file audio.
Il sistema non lineare del World Wide Web ha modificato radicalmente l’utilizzo di Internet – che prima della diffusione di questo strumento era utilizzato prevalentemente da istituzioni scientifiche e organizzazioni di intelligence – ampliandone notevolmente gli ambiti applicativi e la platea di utilizzatori.
Nel mese di aprile del 1993 si verificarono due eventi che hanno giocato un ruolo fondamentale nella diffusione del Web. Il 22 aprile nasce Mosaic, un browser messo a punto al National Center for Supercomputing Applications (NCSA) dell’Università dell’Illinois rilasciato nel 1993 che aveva il pregio di essere compatibile con vari tipi diversi di computer, oltre ad avere una grafica particolarmente intuitiva42. A Mosaic seguirono presto Netscape Navigator (1994) e Internet Explorer (1995). Il 30 aprile 1993, dopo oltre un anno di pressioni da parte di Xxxxxxx e Xxxxxxx-Xxx, il CERN decise di rinunciare ai diritti sul World Wide Web, rilasciando il protocollo e il codice sorgente del Web in pubblico
00 X. XXXXXXXXXXX, Xxx Xxxxxxx-Xxx, XXX, 0000, 68.
dominio43. Queste circostanze hanno posto le basi per lo sfruttamento commerciale della Rete44.
6. Diffusione delle tecnologie digitali
I termini “digital revolution” e “computer revolution” sono usati per riferirsi all’integrazione delle tecnologie digitali in varie aspetti della società45. L’inizio di questo fenomeno si può identificare intorno alla metà del Novecento, con l’invenzione dei primi elaboratori elettronici, ma bisognerà aspettare gli anni Settanta perchè assuma dimensioni economiche e internazionali, mentre solo negli anni Novanta ha raggiunto caratteristiche tali da affermarsi come “rivoluzione”46. Le tecnologie digitali (dall’inglese digit, cifra, dal latino digitus, dito), sono quelle che utilizzano il formato digitale, in cui qualunque informazione è tipicamente espressa in codice binario. Supporti che utilizzano le tecnologie digitali sono, ad esempio, i dischi rigidi dei computer, i CD, i DVD, le chiavette USB e le memorie di telefoni cellulari. A queste tecnologie si contrappongono quelle analogiche, come ad esempio il vinile per la riproduzione musicale. Per illustrare brevemente la portata di tale rivoluzione, si riportano una serie di dati riguardo all’evoluzione della capacità di immagazzinare e trasmettere informazioni a livello globale tratti da uno
00 X. XXXXXXXXXXX, Xxx Xxxxxxx-Xxx, XXX, 0000, 70.
00 X. Xxxx “WWW” in Associazione Nazionale Enciclopedia della Banca e della Borsa consultabile presso: xxxxx://xxx.xxxxxxxxx.xxx/xxxxx_xxxx.xxx?xxxxxxxxx&x_xxx000&x_xxxxxxx&x_xxx00000-xxx 00 X. XXXX, Computer Age Gains Respect of Economists, in The New York Times, 14 Aprile 1999, disponibile presso xxxxx://xxx.xxxxxxx.xxx/0000/00/00/xxxxxxxx/xxxxxxxx-xxx-xxxxx-xxxxxxx-xx- economists.html?searchResultPosition=1.
00 X. XXXXXX, Xx rivoluzione digitale. Come cambia la nostra vita e quali regole per tutelarla, Italia, 2004, 21 ss.
studio condotto dai ricercatori Xxxxxx Xxxxxxx e Xxxxxxxx Xxxxx, pubblicato nel 2011 nella rivista Science47.
Un primo dato emblematico è che l’immagazzinamento di informazioni in formato analogico ha subito un drastico calo negli ultimi 30 anni; infatti, la percentuale di capacità di immagazzinare informazioni48 su supporti analogici si stima essersi ridotta dal 97% nel 1993 al 6% nel 2007, in favore delle tecnologie digitali. Nel 2007, la capacità di storage delle informazioni in hard-disk di personal computer rappresentava da sola il 42% del totale. Per quanto riguarda invece le comunicazioni49, intorno agli anni Novanta si è verificato il passaggio dall’utilizzo di tecnologie analogiche alla supremazia di quelle digitali (dal 1986 al 1993 le telecomunicazini in formato digitale sono passate dal 20% al 68%, mentre nel 2000 si stima che la percentuale abbia raggiunto il 97,7%).
All’interno di questi cambiamenti epocali si può identificare un’altra rivoluzione, quella di internet, che ha portato l’interconnessione tra le persone ad una portata e dei ritmi senza precedenti50, tanto da essere considerata la seconda
47 XXXXXXX, XXXXX, The World’s Technological Capacity to Store, Communicate, and Compute Information, in Science, 2011, 60-65.
48 Ai fini dei seguenti dati, “capacità di immagazzinare informazioni” è stata considerata come la capacità raccogliere e mantenere informazioni per un considerevole lasso di tempo con lo scopo di un futuro utilizzo (pertanto sono escluse le archiviazioni volatili, in quanto il fine ultimo di tali archiviazioni non è la conservazione dei dati ma piuttosto la computazione degli stessi).
49 Ai fini di questi dati, sono state considerate “comunicazioni” quelle informazioni efficacemente inviate o ricevute dall’utente, trasmesse a una distanza considerevole, dunque con esclusione delle condivisione di informazioni che avvegono a livello locale (come, ad esempio, la distribuzione di copie di documenti ai partecipanti ad una riunione che si svolge in presenza).
50 Così GUBBI, XXXXX, XXXXXXX, PALANISWAMI, Internet of Things (IoT): A Vision, Architectural Elements, and Future Directions, in Future Generation Computer Systems, vol, 29, no. 7, 2013, 1645–1660, cit., 1647 presso xxxxx://xxx.xxxxxx.xxx/xxxxxx/xxxxxx.xxx?xxxx0-x0.0- 84876943063&doi=10.1016%2fj.future.2013.01.010&partnerID=40&md5=b9f84477e4bfc7ed42b f27de7ee14537
grande ondata di cambiamenti e innovazioni legati alle tecnologie dopo la rivoluzione industriale51.
Nei prossimi paragrafi si ricostruiranno sintenticamente alcuni snodi fondamentali dell’evoluzione del Web rispetto alla società e ai consumi che hanno delineato molti aspetti caratterizzanti l’epoca attuale.
7. New Economy e bolla del Dot-com
La quotazione della società Netscape Communicatons – proprietaria dell’omonimo Web Browser52 – nel 1994 è considerato l’evento che diede inizio ad un nuovo ciclo economico, definito New Economy (in contrapposizione alla c.d. “Old Economy”, l’economia basata prevalentemente sul settore manifatturiero)53. In pochi anni aumentarono esponenzialmente le quotazioni di start-up operanti nel settore informatico, le c.d. “Dot-com companies” (dalla lettura inglese del suffisso “.com” dei website attraverso i quali operavano queste società)54.
Gli investitori mostrarono estremo ottimismo e grande fiducia nelle potenzialità di internet di generare profitti, spesso effettuando valutazioni che prescindevano dai tradizionali indicatori di redditività, per preferire “indici” che, in realtà, tali non erano, in quanto non esprimevano il potenziale di redditività degli investimenti (per fare un esempio, alcuni associarono erroneamente il numero di
51 Così XXXXX, ANNUNZIATA, Industrial Internet: Pushing the boundaries of minds and machines in General Electric, 2012, passim, xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxx.xxx/xxxxxxxxxxx/000000000_Xxxxxxxxxx_Xxxxxxxx_Xxxxxxx_xxx_xxxxxxxxxx
_of_minds_and_machines
52 V. par. 5 di questo capitolo.
53 Voce “La bolla delle c.d. dotcom” sul sito della Commissione Nazionale per la Società e la Borsa: xxxxx://xxx.xxxxxx.xx/xxx/xxxxxxxx-xxxxxxxxx/xx-xxxxx-xxxxx-x.x.-xxxxxx.
54 Per un approfondimento x. XXXXXXX, Xxx.xxx. The greatest story ever sold, New York, 2002.
“members” di un sito Web, ossia i visitatori, al “value”, ossia il valore di una società55. In poco tempo si verificarono massicci acquisti di titoli di società xxx.xxx, che indirizzarono in definitiva i corsi azionari verso una sopravvalutazione del prezzo delle azioni delle emittenti del comparto (questo fenomeno prende il nome di “overvaluation” ed è un elemento ricorrente nelle bolle speculative). Molte di queste start-up erano infatti sprovviste di un solido piano industriale, ma l’euforia che aveva invaso gli investitori portò molti di questi a comportamenti poco consapevoli, basati su logiche di emulazione (si tratta dei c.d. “herding behaviour”, altro fattore tipico delle bolle speculative).
L’imprenditore ed economista Xxxxxx Xxxxxx, che non si lasciò coinvolgere da questo entusiasmo (aggiudicandosi, per questo motivo, l’accusa da parte di alcuni giornalisti di non essere più al passo coi tempi56) definì efficacemente il fenomeno «un misterioso virus in grado di produrre allucinazioni collettive che hanno avuto l’effetto di scollegare il prezzo delle azioni dal loro valore intrinseco»57.
È curioso quanto questa affermazione di Xxxxxx ricordi la prima definizione di cyberspace data da Xxxxxx, padre del termine, nel suo già citato libro
55 V. ad esempio XXXXX, New Rules for the New Economy, in Viking Penguin, 1998, 23 ss., cit., 25 che scrisse “In networks, we find self-reinforcing virtuous circles. Each additional member increases the network’s value, which in turn attracts more members, initiating a spiral of benefits”. 56 V. ad esempio BARY, What’s wrong, Xxxxxx? in Barron’s, 27 dicembre 1999, disponibile presso xxxxx://xxx.xxxxxxx.xxx/xxxxxxxx/XX000000000000000000, in cui l’imprenditore fu accusato di aver perso il suo “magico tocco” per gli investimenti.
57 Nel 2006, in occasione del meeting annuale della Berkshire Xxxxxxxx, società presieduta da Xxxxxx, questo commentò così il comportamento speculativo che portò alla creazione (e allo scoppio) della bolla del dot-com: «They know that overstaying the festivities, that is, continuing to speculate in companies that have gigantic valuations relative to the cash they are likely to generate in the future, will eventually bring on pumpkins and mice. But they nevertheless hate to miss a single minute of what is one helluva party. Therefore, the giddy participants all plan to leave just seconds before midnight. There’s a problem, though: They are dancing in a room in which the clocks have no hands».
Neuromancer («una allucinazione collettiva vissuta più persone tramite dispositivi tecnologici»).
Nel marzo 2000 molte di queste società pubblicarono bilanci trimestrali che mostravano risultati ben inferiori rispetto alle aspettative, e ciò causò un disinvestimento generale (c.d. “panic selling”) causato dalla paura di un’ulteriore svalutazione, a cui conseguì un rapido crollo delle quotazioni dei titoli. Il 10 marzo è la data in cui la bolla “scoppiò”, generando una recessione della New Economy. Molte delle “xxx.xxx” fallirono: alcune furono acquisite, altre scomparvero (negli Stati Uniti queste ultime furono chiamate “dot-com-post”, dot-spazzatura58). Non tutte però uscirono di scena, tra le società “sopravvissute” allo scoppio della bolla possiamo annoverare tre colossi del settore: eBay, Apple e Amazon.
8. Evoluzione della rete: dal Web 1.0 al Web 2.0
Allo scoppio della bolla del Dot-com conseguì una perdita di fiducia da parte delle aziende nelle potenzialità del Web. Gli imprenditori Xxxx Xxxxxxxxx e Xxx X’Xxxxxxx nel 2004 fecero notare, ad una conferenza indetta sul tema, come molte delle società sopravvissute al collasso del Dot-com presentassero alcune caratteristiche in comune. I due sostenevano che questo evento abbia segnato una sorta di “turning point” per il Web, tale per cui quella che molti definivano “crisi della rete” in realtà, piuttosto che una crisi, rappresentava una evoluzione di internet. La paternità dell’espressione Web 2.0 parrebbe da attribuirsi a questi due imprenditori che con essa identificavano una serie di nuove caratteristiche e
58 Voce “Dot Com” in Associazione Nazionale Enciclopedia della Banca e della Borsa, consultabile presso: xxxxx://xxx.xxxxxxxxx.xxx/xxxxx_xxxx.xxx?xxxxxxxxx&x_xxx00&x_xxxxxxx&x_xxx00000-xxx-xxx
applicazioni a cui ogni azienda dotata di un sito Web avrebbe dovuto guardare con interesse. X’Xxxxxx racchiuse queste considerazioni in un articolo intitolato What Is Web 2.0. Design Patterns and Business Models for the Next Generation of Software con l’intento di chiarire le sue idee sul Web 2.0, che definì: «a set of principles and practices that tie together a veritable solar system of sites that demonstrate some or all of those principles, at a varying distance from that core»59, ovvero «una serie di principi e pratiche che legano insieme un vero e proprio sistema solare di siti che dimostrano alcuni o tutti questi principi, a una distanza variabile dal centro di esso». Secondo Xxx Xxxxxxx-Xxx il Web 2.0 rappresenterebbe una sorta di evoluzione naturale del Web 1.0, il risultato di un sistema che si è andato sviluppando appieno60.
I servizi che caratterizzano il Web 2.0 sono i blog, i forum, le chat e i social network, tutti strumenti che si sviluppano intorno al coinvolgimento dell’utente. L’utilizzatore del Web 2.0, infatti, a differenza di quello del Web 1.0, non si limita più alla navigazione ipertestuale, all’utilizzo dei motori di ricerca e della posta elettronica, ma può interagire in modo più attivo con le pagine, modificandone l’aspetto tramite la creazione di contenuti multimediali61. Youtube, Wikipedia, MySpace, Gmail, sono tutte applicazioni del Web 2.0, caratterizzate da un elevato livello di interazione tra il sito e l’utente.
59 X’XXXXXX, What Is Web 2.0. Design Patterns and Business Models for the Next Generation of Software, 2005, disponibile presso il sito web dell’autore: xxxxx://xxx.xxxxxxx.xxx/xxx/x/xxx0/xxxxxxx/xxxx-xx-xxx-00.xxxx
60 X. XXXXXXXXX, Web 2.0: la rivoluzione siamo noi. Strumenti, servizi, prospettive del web sociale
in Biblioteche oggi, 2020 xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx/0000/000000000000.xxx.
61 Cfr. XXXXXXXXXXXXX, XXXXX, Handbook of Research on Computational Intelligence for Engineering, Science, and Business, Stati Uniti, 2012, 742 ss., cfr. XXXXXX, Web 2.0 Evolution into The Intelligent Web 3.0: 100 Most Asked Questions on Transformation, Ubiquitous Connectivity, Network Computing, Open Technologies, ... Databases and Intelligent Applications, Londra, 2008.
9. Terza generazione del Web
Quella che alcuni autori chiamano “Terza generazione del Web” o “Web 3.0” consiste nella ampia diffusione dei dispositivi con acceso a Internet, le cui origini possono essere fatte risalire 2007, anno del lancio del primo iPhone da parte di Apple62. Il diffondersi di dispositivi come tablet e smartphone hanno portato con sè importanti mutamenti sociali, economici e politici sui quali non è questa la sede adatta per dilungarsi. Ci si limita a segnalare che internet è ormai percepito come uno strumento talmente fondamentale che da anni si sta sviluppando un dibattito circa la configurabilità del diritto di accesso ad internet. È stato affermato da autorevole dottrina che l’esigenza di assicurare la libertà di uso di internet si tradurrebbe in un obbligo di non facere in capo a ciascuno Stato, ovvero di astenersi dal porre in essere misure restrittive giustificate unicamente dalla natura telematica di internet63.
Nel dibattito riguardante il nostro ordinamento, in particolare, l’accento è stato posto sulla assurgibilità di tale diritto a rango costituzionale, sulla base della tutela di libertà di pensiero ex. art. 21 Cost e del principio di uguaglianza sostanziale ex. art. 3 comma 2 Cost. Significativo in tal senso l’art. 1 della l. 9 gennaio 2004,
n. 4, secondo cui:
«La Repubblica riconosce e tutela il diritto di ogni persona ad accedere a tutte le fonti di informazione e ai relativi servizi, ivi compresi quelli che si articolano attraverso gli strumenti informatici e telematici. È tutelato e garantito, in
62 Così XXXXXX, XXXXX, The web 3.0 has begun, in Interactions, vol. 20, n. 5, New York, 2013, 26–
31, spec. 27. xxxxx://xxx.xxx/00.0000/0000000.
63 DRAETTA, Internet nel diritto internazionale, in FINOCCHIARO, DELFINI (a cura di), Diritto dell’informatica, Milano, 2014, cit., 37.
particolare, il diritto di accesso ai servizi informatici e telematici della pubblica amministrazione e ai servizi di pubblica utilità da parte delle persone disabili, in ottemperanza al principio di uguaglianza ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione»64.
Il diritto di accesso a internet è stato formalizzato nell’art. 2 della Dichiarazione dei diritti in Internet elaborata dalla Commissione per i diritti e i doveri relativi ad Internet nel 201565:
«L’accesso ad Internet è diritto fondamentale della persona e condizione per il suo pieno sviluppo individuale e sociale. Ogni persona ha eguale diritto di accedere a Internet in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale. Il diritto fondamentale di accesso a Internet deve essere assicurato nei suoi presupposti sostanziali e non solo come possibilità di collegamento alla Rete».
La Dichiarazione si spinge oltre al semplice diritto di accedere ad internet, affermando addirittura il diritto di scelta delle modalità di accesso: «L’accesso comprende la libertà di scelta per quanto riguarda dispositivi, sistemi operativi e applicazioni anche distribuite», delineando in definitiva un diritto che va oltre alla semplice pretesa di non facere di cui sopra.
Si sta andando verso quello che alcuni autori hanno chiamato “ubiquitous Web”, ovvero l’onnipresenza del Web, data dalla possibilità di usufruire di tutti i
64 Art. 1 legge 9 gennaio 2004, n. 4 “Disposizioni per favorire l'accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici”, come aggiornata dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 106, GU Serie Generale n. 13 del 17-01-2004.
65 Dichiarazione dei diritti in Internet elaborata dalla Commissione per i diritti e i doveri relativi ad Internet in seno alla Camera dei Deputati: xxxxx://xxx.xxxxxx.xx/xxxxxxxxxxx/xxxxxxxx/xxxxxxxx/xxx00/xxxxxxxxxxx_xxxxxxxx/xxxxxxxxxxxxx_x ei_diritti_internet_pubblicata.pdf
servizi della rete in qualunque momento e in qualunque luogo ci si trovi66. I risvolti più significativi dal punto di vista del consumo si notano soprattutto per quanto riguarda le abitudini di acquisto, di cui ci si occuperà tra poco.
10. Internet of Things (IoT)
Prima di concludere questo excursus sull’evoluzione del Web nel paradigma di Internet è opportuno segnalare un’ultima importante evoluzione di questo strumento. Si tratta del c.d. “Internet of Things”, abbreviato “IoT”, cioè l’integrazione di internet su oggetti di uso comune, diversi da computer e dispositivi predisposti alla navigazione. Si è detto come l’internet revolution abbia portato all’interconnessione tra le persone a dei livelli senza precedenti, ora l’IoT dovrebbe condurre ad una simile interconnessione anche tra gli oggetti: si consideri che già nel 2011 il numero degli oggetti interconnessi sul pianeta superò quello di esseri umani, e oggi una porzione sempre maggiore di questi è in grado di trasferire dati sulla rete e interfacciarsi con altri dispositivi senza che sia ogni volta necessario un impulso esterno da parte dell’uomo67. Si ritiene che in futuro praticamente ogni settore verrà toccato da queste dinamiche68, tanto che l’IoT viene considerato la
66 Per un approfondimento sul tema cfr. XXXXXXXXXXXXX, XXXXX, Handbook of Research on Computational Intelligence for Engineering, Science, and Business, Stati Uniti, 2012, 742 ss., cfr. XXXXXX, Web 2.0 Evolution into The Intelligent Web 3.0: 100 Most Asked Questions on Transformation, Ubiquitous Connectivity, Network Computing, Open Technologies, ... Databases and Intelligent Applications, Londra, 2008.
67 GUBBI, XXXXX, XXXXXXX, PALANISWAMI, Internet of Things (IoT): A Vision, Architectural Elements, and Future Directions in Future Generation Computer Systems, vol, 29, no. 7, 2013, 1645–1660, cit., 1647 xxxxx://xxx.xxxxxx.xxx/xxxxxx/xxxxxx.xxx?xxxx0-x0.0- 84876943063&doi=10.1016%2fj.future.2013.01.010&partnerID=40&md5=b9f84477e4bfc7ed42b f27de7ee14537
68 Così XXXXXXXX, XXXXXX, PAN-WEI, Is There a Single Method for the Internet of Things? Essence can keep software development for the IoT from becoming unwieldy. In Queue, 15(3), New York, 2017, 25–51, cit., 29 «Basically, every industry will be affected, including banking, insurance, telecoms, airlines, and defense» presso: xxxxx://xxx.xxx/00.0000/0000000.0000000.
terza grande ondata di novità scaturita alle tecnologie, dopo la Rivoluzione Industriale e l’Internet Revolution69. Un esempio di applicazione del sistema dell’IoT sono i contatori del gas c.d. “smart”, la cui installazione in Italia è obbligatoria dal 201370: sono dispositivi integrati con tecnologie che consentono la lettura dei consumi a distanza e, in caso di emergenza, l’automatica messa in sicurezza dell'impianto, nonché la trasmissione dell’allerta sia alle autorità che all’utente. Un’altra applicazione rivoluzionaria dell’IoT riguarda l’ambito della salute, con strumenti in grado di raccogliere dati sul paziente e trasferirli a server accessibili dal medico xxxxxxx00. Poiché, storicamente, la maggior parte delle innovazioni tecnologiche sono state implementate curando in primis gli aspetti riguardanti la loro applicazione commerciale, lasciando in secondo piano i problemi legati alla sicurezza72, queste applicazioni – dato l’elevato grado di incisività nella vita dell’individuo – destano non poche preoccupazioni: la prudenza imporrebbe di sperimentarne con cautela gli utilizzi e diffonderle solo se e quando accompagnate da stabili protocolli di sicurezza. Inoltre, vi è da rilevare anche il fatto che la diffusione di queste tecnologie apre la strada ad automatismi che per molti aspetti
69 XXXXX, ANNUNZIATA, Industrial Internet: Pushing the boundaries of minds and machines in General Electric, 2012 disponibile presso: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxx.xxx/xxxxxxxxxxx/000000000_Xxxxxxxxxx_Xxxxxxxx_Xxxxxxx_xxx_xxxxxxxxxx
_of_minds_and_machines
70 Ai sensi della delibera dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico del 27 dicembre 2013 (631/2013/R/gas) riguardante «Modifiche e integrazioni agli obblighi di messa in servizio degli smart meter gas».
00 X. XXXX, Xxxxxxxxxxx Personal Health Devices Converged with Internet of Things Networks, in Journal of Mobile Multimedia, vol. 12, n. 3-4, 2017, 197-212.
72 Così KHERA, Think Like a Hacker: Insights on the Latest Attack Vectors (and Security Controls) for Medical Device Applications in Journal of diabetes science and technology, vol. 11, no. 2, 2017, 207–212, cit., 207 xxxxx://xxx.xxxxxx.xxx/xxxxxx/xxxxxx.xxx?xxxx0-x0.0- 85014579024&doi=10.1177%2f1932296816677576&partnerID=40&md5=0e5997e01f4e2ac1fda 97676ecdfa424
prescindono dal controllo e dal consenso dell’utilizzatore73: i c.d. “smart contract”74 (di cui si tratterà più avanti) potrebbero rappresentare in questo ambito il veicolo privilegiato per introdurre soluzioni innovative, essendo in grado di generare transazioni automatizzate (ossia originate da oggetti, con limitato o assente intervento umano)75. Nel terzo capitolo verranno affrontati alcuni risvolti legali di queste tecnologie.
11. Commercio elettronico
Per via dell’importanza che assume all’interno di questa trattazione, una menzione a parte rispetto alla diffusione delle tencologie digitali spetta al commercio elettronico, che può essere sinteticamente definito come quel complesso di operazioni commerciali preordinate all’acquisizione di beni e/o servizi che si svolgono, in tutto o in parte, attraverso il World Wide Web, presso i siti web dei venditori, o più in generale attraverso Internet, tramite apposite applicazioni.
Una ripartizione operata prima facie in ambito comunitario è quella tra commercio elettronico diretto e indiretto, contenuta nella Comunicazione del 16 aprile 1997 della Commissione delle Comunità Europee76, in cui è stato definito
73 Così SARITAS, XXXXXXX, XXXXXXXX, Big data augmentated business trend identification: the case of mobile commerce in Scientometrics, 2021, vol. 126, n.2, 1553-1579, cit., 1565 presso: xxxxx://xxx.xxx/00.0000/x00000-000-00000-0.
00 X. XXXXXXXXXX, XXXXXXXXXXXXX, Blockchains and Smart Contracts for the Internet of Things in IEEE Access, 4, 2016, 2292–2303 presso: xxxxx://xxx.xxx/00.0000/XXXXXX.0000.0000000 in cui gli smart contract sono sinteticamente definiti: «executing scripts on the blockchain that allow for the automation of multi-step processes».
75 Di questo parere XXXXXXX, XXXXXXXX, XXXXXXX, SCHAFFHAUSER-LINZATTI, Smart Contracts and Internet of Things: A Qualitative Content Analysis using the Technology-Organization- Environment Framework to Identify Key-Determinants, in Procedia Computer Science, vol. 160, 2019, 189-196, cit., 190. xxxxx://xxx.xxx/00.0000/x.xxxxx.0000.00.000.
76 “Un’iniziativa europea in materia di commercio elettronico”, Comunicato comunitario (Unione Europea) 16-04-1997, n. COM(97)157 della Commissione delle Comunità Europee al Parlamento europeo, al Consiglio, al comitato economico sociale e al Comitato delle regioni. A questa
commercio elettronico indiretto quello avente ad oggetto beni materiali, la cui consegna avviene fisicamente con metodi tradizionali, e commercio elettronico diretto quello avente ad oggetto beni e servizi immateriali, come ad esempio software informatici, informazioni commerciali o materiali di intrattenimento, la cui ordinazione, pagamento e consegna avviene tramite la rete77. Tale distinzione è ancora attuale in quanto l’ambito applicativo della disciplina specifica in materia di e-commerce contenuta nel d.lgs. 9 aprile 2003, n. 70 (di attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione nel mercato interno), è limitato al commercio elettronico diretto e a quelle fasi del commercio elettronico indiretto che si svolgono on-line78.
Nella Comunicazione è evidenziata la necessità di sviluppare adeguati canali a supporto del commercio elettronico diretto, per supportare gli scambi tra i paesi membri tramite una “rete transeuropea” per la consegna fisica delle merci ordinate per via elettronica, che comprenda, tra le altre cose, servizi postali moderni ed efficienti. La Commissione evidenzia inoltre la necessità di creare «etichette di
Comunicazione è seguita Direttiva 1999/93/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 1999, relativa a un quadro comunitario per le firme elettroniche (G.U. L 13 del 19-01- 2000) xxxxx://xxx-xxx.xxxxxx.xx/xxxxx-xxxxxxx/XX/XXX/XXX/?xxxxXXXXX:00000X0000&xxxxxXX, oggi abrogata dal Regolamento UE n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 luglio 2014 in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno (G.U. L 257 del 28-08-2014) xxxxx://xxx-xxx.xxxxxx.xx/xxxxx- content/IT/TXT/?uri=OJ:L:2000:013:TOC
77 Cfr. sul punto PIZZOLANTE, Contrattazione a distanza e tutela del consumatore in diritto comunitario, in Diritto del commercio internazionale, Milano, 2000, vol. 14, n. 2, 389-423, 392, in cui l’autrice sottolinea l’ulteriore differenza tra commercio elettronico diretto e indiretto del momento in cui avviene la consegna del bene rispetto all’inoltro dell’ordine: si ha consegna immediata nel primo caso e dilazionata nel tempo nel secondo. Altra differenziazione si trova in SANDULLI, Analisi delle norme a tutela dell’impresa e del consumatore in materia di commercio elettronico, in Giustizia civile, Milano, 2000, vol. 50, n. 5, 243-253, 243 in cui, a seconda che il pagamento sia effettuato tramite lo strumento informatico o meno, l’autore distingue tra commercio elettronico in senso stretto e in senso lato.
78 Così XXXXX, I beni di consumo e la disciplina delle vendite aggressive, Bari, 2013, 164.
qualità e di codici di condotta accettati su vasta scala», da introdurre al fine di aumentare la fiducia dei consumatori nel commercio elettronico.
Proprio nell’ottica di promozione degli scambi nel mercato interno e tutela dei consumatori, nel maggio dello stesso anno il Parlamento Europeo e il Consiglio dell'Unione Europea hanno adottato la Direttiva n. 97/7/Ce riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti negoziati a distanza, recepita nel nostro ordinamento con il d.lgs. 185/199979 (in seguito confluito nel D.lgs. 206/2005, c.d. Codice del Consumo, su cui ci si concentrerà più avanti).
L’art. 1 lettera a) del d.lgs. 185/1999 conteneva una prima definizione di contratto a distanza:
«il contratto avente per oggetto beni o servizi stipulato tra un fornitore e un consumatore nell’ambito di un sistema di vendita o di prestazione di servizi a distanza organizzato dal fornitore che, per tale contratto, impiega esclusivamente una o più tecniche di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso».
La lettera d) dello stesso articolo definiva «tecnica di comunicazione a distanza»: «qualunque mezzo che, senza la presenza fisica e simultanea del fornitore e del consumatore, possa impiegarsi per la conclusione del contratto tra le dette parti».
L’art. 2 invece limitava l’ambito di applicazione del decreto, precisando che sono esclusi i contratti a distanza relativi ai servizi finanziari, quelli conclusi tramite distributori automatici o locali commerciali automatizzati ovvero conclusi con
79 Decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185 (G.U. n. 143 del 21-6-1999).
operatori delle telecomunicazioni impiegando telefoni pubblici, quelli relativi alla costruzione e alla vendita o ad altri diritti relativi a beni immobili (fatta eccezione per la locazione) e quelli conclusi in occasione di vendite all’asta.
Si segnala a conclusione di questo excursus il dato emlematico che l’e- commerce c.d. business to consumer80 nel 2020 ha registrato – complici anche le restrizioni dovute alla pandemia di SARS-CoV-2 – un’impennata di nuovi consumatori rispetto all’anno precedente81, e questi numeri parrebbero destinati ad aumentare grazie al citato fenomeno dell’“ubiquitous Web”. Studi recenti dimostrano infatti che i dispositivi mobili stanno diventando lo strumento privilegiato per effettuare acquisti online: si parla in tal senso di “m-commerce”, abbreviativo per “mobile commerce”82, e “s-commerce” o “social commerce” quando la commercializzazione dei beni e dei servizi avviene tramite i social network.83
80 Sono detti “business to costumer” o “B2C” gli scambi che intercorrono tra professionista (o impresa) e consumatore
81 Fonte: Consorzio Netcomm, dati disponibili presso: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxx/xx-xxxxxxxx-x0x-xx-xxxxxx-xxx-xxxxxxx-xxxxx-xxxxxxxx- sul-mercato/
00 X. XXXX, XXXXXXXXXXX, A review for mobile commerce research and applications in Decision Support Systems, 2007, vol. 43, 1, 3-15, cit., 3, xxxxx://xxx.xxx/00.0000/x.xxx.0000.00.000 in cui l’m- commerce è definito: «a subset of e-commerce (…) refers to “any transaction with monetary value that is conducted via a mobile network”» (una sottocategoria del commercio elettronico riguardante ogni transazione elettronica di denaro tramite la rete mobile)
83 Così PERLINGIERI, Il contratto telematico, in VALENTINO (a cura di), Manuale di diritto dell’informatica, 3° ed., Napoli, 2016, 269-318, 272.
Capitolo II
IL CONTRATTO TELEMATICO
1. Considerazioni preliminari, ambito d’indagine
Nell’approcciarsi all’esame dei contratti telematici è doveroso premettere che all’interno di questo particolare genus di contratti conclusi inter absentes sono ricomprese fattispecie differenti tra loro84: questa circostanza è ben evidenziata da Xxxxx Xxx Xxxxxxxxx nel libro Il consumatore calcolante, in cui l’autrice definisce il contratto telematico «una figura polimorfa che rende necessaria la scelta metodologica di individuare all’interno del genere le singole tecniche di contrattazione utilizzate»85. La necessità di operare tale distinzione è dettata dalle differenti questioni giuridiche che ne conseguono. In tal senso, una distinzione fondamentale che si anticipa fin da ora riguarda la formazione del consenso: a seconda che avvenga con metodi tradizionali oppure tramite dispositivi telematici si presenteranno all’interprete differenti questioni giuridiche.
Tenendo a mente queste considerazioni preliminari, nella prima parte del presente capitolo si procederà alla ricostruzione delle tappe fondamentali della discussione che ha riguardato l’esistenza e la collocazione sistematica di questa modalità di conclusione dell’accordo contrattuale, mentre nella seconda parte ci si occuperà della ricostruzione della fattispecie e della relativa disciplina.
84 Così ex multis LAZZARELLI, Il contratto telematico, in VALENTINO (a cura di), Manuale di diritto dell’informatica, 3° ed., Napoli, 2016, 269-318, 272.
85 XXXXXXXXX, Il consumatore calcolante: contributo allo studio del contratto telematico, Napoli, 2020, cit., 26
In questa tesi si vuole indagare l’impatto del World Wide Web sulla natura dell’accordo contrattuale, pertanto pare opportuno lasciare in secondo piano quei contratti telematici conclusi esclusivamente mediante scambio di e-mail, o equivalenti, per concentrarsi su quelli che alcuni autori hanno definito “contratti virtuali in senso stretto”86. Tale scelta è dettata da vari ordini di ragioni, in primis, il dato oggettivo che emerge una ricognizione della prassi che questi contratti rappresentano un’importante quota degli accordi conclusi per via telematica87, in secondo luogo viene in rilievo una considerazione di carattere tecnico, e cioè che posta elettronica e World Wide Web sono entrambi servizi che si appoggiano su internet ma rimangono elementi ben distinti (la posta elettronica, peraltro, preesiste di ben 18 anni al Web)88. Da ultimo, si può osservare che i contratti conclusi mediante scambio di e-mail o equivalenti non si discostano dallo schema contrattuale classico previsto dal legislatore del ’42 e non sollevano particolari problemi relativi al procedimento formativo. Come è stato lucidamente messo in luce in dottrina: «l’utilizzazione del mezzo informatico non influisce sulla formazione (non della volontà ma) del contratto poiché non modifica il procedimento formativo se non per gli adattamenti necessari alla peculiarità della trasmissione», peculiarità come, riprendendo l’esempio proposto dall’autrice, la celerità della trasmissione con conseguenti modifiche relative ai tempi a disposizione delle parti per l’esercizio del potere di revoca89.
86 V. per tutti PERLINGIERI, Il contratto telematico, in VALENTINO (a cura di), Manuale di diritto dell’informatica, 3° ed., Napoli, 2016, 269-318, 272
87 Così CONTE, Formazione del contratto e tecnologie digitali in Enciclopedia del diritto - I Tematici, vol. I, Milano, 2021, 565-581, 570.
00 X. xxx. X, par. 2.
89 XXXXXXX, Riflessioni sulla conclusione del contratto telematico in Informatica e diritto, vol. 9, n. 1-2, Napoli, 2010, 7-32, cit., 10.
Dall’altro lato invece quei contratti in cui formazione avviene mediante accesso al sito Web, tramite un percorso di collegamenti ipertestuali predisposto dal professionista, presentano vari elementi di novità, oltre che una marcata componente di standardizzazione e un’inevitabile asimmetria tra le parti, che meritano un approfondimento.
2. Dibattito dottrinale sulla spersonalizzazione dell’accordo
Si è detto che il diffondersi delle tecnologie telematiche ha alimentato in dottrina una accesa discussione circa la collocazione sistematica di quegli accordi conclusi tramite questi strumenti, ebbene prima di passare all’esame di questa tipologia contrattuale occorre precisare che la discussione si è in buona parte sviluppata all’interno di un più ampio dibattito, riguardante la natura stessa dell’accordo contrattuale, che può giovare ricostruire. Alcuni passaggi sono riportati per intero per mantenere intatta l’efficacia espositiva difficilmente eguagliabile con cui alcune di queste motivazioni sono state formulate in seno alla più lucida scienza giuridica.
Come punto di partenza di questa discussione si può prendere il fatto che diffusione del commercio elettronico viene considerata da autorevole dottrina responsabile dell’annullamento del dialogo e, di conseguenza, anche della scomparsa dello stesso accordo90. La spersonalizzazione dei rapporti – secondo
90 Così IRTI, Scambi senza accordo, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 2, Milano, 1998, 347-364, cit. 349, l’autore sostiene che «l’accordo, descritto nei codici civili, nasce dal dialogo: è il risultato discorsivo e conoscitivo, che media i punti di vista delle parti, e risolve in unità la loro discorde dualità. Il «contrarre» è disegnato come esito di un «contrarre»; lo stringersi in un vincolo, come
molti interpreti, maturata già con l’emersione delle tecniche di contrattazione di massa91 – troverebbe il proprio culmine nella contrattazione telematica92. Tra questi interpreti vi è Xxxxxxxx Xxxx, che nel suo articolo intitolato Scambi senza accordo fa risalire l’inizio del declino dell’accordo già al diffondersi dei centri commerciali: dato che in questi luoghi il consumatore fa acquisti senza interfacciarsi con il venditore, ma in sostanza solo con gli oggetti, secondo l’autore – il quale considera dialogo e accordo parti di un binomio indissolubile – si configurerebbero degli
«scambi senza accordo»93. Xxxx fa notare che la conseguenza del declino dell’accordo è la dissoluzione del contratto nella combinazione di due atti unilaterali, ovvero l’esposizione del prodotto da parte del venditore e la scelta di acquistare del consumatore, due decisioni che, secondo l’autore, aggirando la mediazione dialogica del parlare, finiscono per rimanere nella dimensione dell’unilateralità94. L’autore prospetta due ipotesi alternative: la prima è quella di escludere dalla categoria del contratto quei fenomeni sprovvisti di accordo, mentre
esito di un parlare e ragionare insieme. Dialogo, dunque. Il «logos», che si svolte tra (διά) l’una e l’altra parte, è insieme un parlare e un conoscere, un voler dire e un voler capire».
Cfr. in letteratura straniera XXXXXXX, The death of contract, Columbus, 1995.
91 Così IRTI, Scambi senza accordo, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 2, Milano, 1998, 347-364, passim.,
V. anche VOLPE, La giustizia contrattuale tra autonomia e mercato, Napoli, 2004, 10 s. il quale constata la tendenza dell’ordinamento a favorire le tecniche di contrattazione di massa a scapito dei tradizionali scambi individuali, tendenza a cui conseguirebbe il «declino della libertà di iniziativa economica e dell’accordo, tradizionalmente inteso come spazio infinito di confronto e costruzione dei contenuti contrattuali, per lasciare campo libero a contrattazioni senza accordo, dove è più facile rintracciare ipotesi di iniquità contrattuale». Cfr. XXXXXXXXX, La formazione del contratto e l’inizio di esecuzione. Dal codice civile ai Principi di diritto eurpoeo dei contratti in Europa e Dir. Priv., Milano, 2005, fascicolo 2, 309-339, 321, che rileva come nella contrattazione di massa i rapporti giuridici si costituiscano «in presenza di gesti oggettivi, diversi dalla parola, che assumono significati tipici secondo schemi semplificatori di assoluta trasparenza sociale, all’insegna di certezza e oggettività». Condividono le perplessità in merito al rischio di iniquità contrattuale anche XXXXXXXX, QUADRI, Diritto privato, Torino, 2016, 171, che ricollegano il «debito di autonomia negoziale» dei contratti conclusi tramite queste modalità all’asimmetria di potere contrattuale tra le parti.
92 Così IRTI, Norma e luoghi. Problemi di geo-diritto, Roma-Bari, 2006, spec. 6, 187,
93 XXXX, Scambi senza accordo, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 2, Milano, 1998, 347-364, passim.
94 XXXX, Scambi senza accordo, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 2, Milano, 1998, 347-364, cit., 360
la seconda è quella di «distaccare il contratto dall’accordo, sicchè esso sia in grado di accogliere anche gli atti unilaterali, convergenti sull’identica cosa»95. Xxxx fa notare che la questione non si risolve in un mero problema di nomen iuris, portando come esempio quello del contratto concluso dal minore: «poiché nessuno impugnerebbe d’invalidità lo scambio telematico compiuto da un minorenne, questo dato esige una spiegazione giuridica che non si nasconda dietro finzioni e strettoie concettuali»96.
Xxxxxxx Xxxx, nell’articolo Disumanizzazione del contratto?, commenta il pensiero di Xxxx, mettendo in luce come l’art. 1321 cod. civ. non richieda trattativa, dialogo o espressione linguistiche. Tale norma effettivamente non menziona dialogo né trattative, “limitandosi”, come è noto, a prevedere che «Il contratto è l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale»97. Nemmeno l’art. 1325, che riporta gli elementi essenziali del contratto, menziona la necessità che vi sia tra le parti alcun dialogo rivolto ad una trattativa, essendo richiesti – per l’esistenza e la validità del contratto – “solamente”: l’accordo delle parti, la causa, l’oggetto e la forma, quest’ultima limitatamente ai casi in cui è richiesta ad substantiam. Oppo porta come argomenti a sostegno della propria lettura le ipotesi contemplate dagli artt. 1327 e 1333, cod. civ., facendo notare come queste fattispecie tipiche – che disciplinano rispettivamente l’esecuzione avviata prima della ricezione dell’accettazione e
95 XXXX, Scambi senza accordo, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 2, Milano, 1998, 347-364, cit., 362
96 XXXX, Scambi senza accordo, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 2, Milano, 1998, 347-364, cit., 362 s., sulla questione dell’imputabilità sia concesso rimandare a DEL PRATO, Il contratto all’inizio del XXI secolo, uno sguardo a temi e prospettive, ora in ID., Lo spazio dei privati. Scritti, Bologna, 2016, spec. 376 ss.
97 Articolo 1321 del Codice Civile.
l’accordo con obbligazioni a carico del solo proponente – si discostino dalla previsione di formazione dell’accordo descritta dal primo comma dell’art. 1326 cod. civ., in cui è contenuta la regola generale secondo cui: «Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte»98. L’art. 1327 cod. civ. disciplina infatti l’ipotesi tipica dell’esecuzione prima della risposta dell’accettante, prevedendo che:
«Qualora, su richiesta del proponente o per la natura dell'affare o secondo gli usi, la prestazione debba eseguirsi senza una preventiva risposta, il contratto è concluso nel tempo e nel luogo in cui ha avuto inizio l'esecuzione.
L'accettante deve dare prontamente avviso all'altra parte della iniziata esecuzione e, in mancanza, è tenuto al risarcimento del danno»99.
La seconda ipotesi citata da Xxxx invece è quella dell’accordo con obbligazioni a carico del solo proponente, prevista dall’art. 1333, ai sensi del quale:
«La proposta diretta a concludere un contratto da cui derivino obbligazioni solo per il proponente è irrevocabile appena giunge a conoscenza della parte alla quale è destinata. Il destinatario può rifiutare la proposta nel termine richiesto dalla natura dell'affare o dagli usi. In mancanza di tale rifiuto il contratto è concluso»100. Ebbene, effettivamente, il tipico schema di formazione del contratto non esaurisce il novero dei meccanismi costitutivi dello stesso: nelle fattispecie previste dagli artt. 1327 e 1333 la formazione dell’accordo segue schemi diversi da quelli
98 Articolo 1326 del codice civile.
99 Articolo 1327 del codice civile.
100 Articolo 1333 del codice civile.
prescritti dal sopracitato art. 1326, ma questa differenza non impedisce a questi comportamenti di essere considerati «ugualmente di adesione alla proposta»101.
Per quanto concerne la questione dell’unilateralità della proposta e accettazione sollevata dall’Irti, Xxxx commenta: «Dissolve? Ma che cosa è il contratto-accordo se non la combinazione di due decisioni, per sè “atti unilaterali”?»102.
C’è un’altra questione che Xxxx introduce nel suo saggio: quella della tutela del consenso. L’autore mette in luce come la protezione giuridica, volgendosi dall’interno verso l’esterno – cioè: «dai requisiti dell’accordo alla qualità della cosa ed alla consapevolezza informativa della scelta»103 – e regolando azioni svolte in serie da masse di soggetti, assuma i connotati di disciplina di mercato. L’autore ritiene che «ciò che la parte perde in tutela del consenso (ossia, dell’accordo nato dal dialogo linguistico), guadagna in tutela generale del mercato, che il legislatore appresta con norme imperative o con la vigilanza di “autorità” dei diversi settori economici»104. Secondo la visione di Xxxx invece il consenso rimane al centro anche di questi fenomeni, infatti egli evidenzia che è pur sempre in capo alle parti la scelta di concludere uno scambio senza alcuna trattativa che porti ad un accordo attraverso un dialogo linguistico, ed è sempre per soddisfare un proprio interesse che parti assumono la decisione di compiere gli (unilaterali) atti di esporre e di
101 OPPO, Disumanizzazione del contratto?, in Riv. xxx. xxx., x. 00, Xxxxxx, 0098, 525-533, cit., 528, della medesima opinione v. anche XXXXXXXXX, Diritto e linguaggio. Variazioni sul “diritto muto”, in Eur. e dir. priv., Milano, 1999, n. 1, 137-152, 147 s.
102 OPPO, Disumanizzazione del contratto?, in Riv. xxx. xxx., x. 00, Xxxxxx, 0098, 525-533, cit., 531 103 IRTI, Scambi senza accordo, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 2, Milano, 1998, 347-364, cit., 362 104 IRTI, Scambi senza accordo, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 2, Milano, 1998, 347-364, cit., 363
scegliere il prodotto. In definitiva Oppo ritiene che tutela del mercato e tutela del consenso non siano in conflitto, ma piuttosto complementari tra loro105.
Dunque, in estrema sintesi, da un lato si eleva il dialogo linguistico tra le parti a conditio sine qua non dell’accordo, dall’altra si pone l’accento sulla natura consensualistica, sostenendo che ciò sia sufficiente per far ricadere i contratti telematici nell’ambito applicativo della disciplina generale del contratto.
3. Definizioni di contratto telematico
Può giovare ora ricostruire alcuni snodi dell’evoluzione del concetto di contratto telematico, nonché passare in rassegna alcune delle numerose ed eterogenee distinzioni terminologiche elaborate dalla dottrina negli anni. Le circostanze della formazione dell’accordo telematico hanno sollevato dubbi sulla stessa configurabilità di accordi contrattuali tramite la rete106; la discussione è poi continuata intorno alla possibilità o impossibilità di sussumere i contratti conclusi tramite questi canali nella generale disciplina civilistica107. Le perplessità al riguardo sono in generale riconducibili alle oggettive differenze esistenti tra le tecnologie che consentono la conclusione di questi accordi oggi e quelle che potevano essere le prospettive del legislatore del ’42.
Un primo inquadramento dogmatico fu operato guardando all’oggetto del contratto. Inizialmente vennero classificati come “telematici” quei contratti aventi
105 OPPO, Disumanizzazione del contratto?, in Riv. xxx. xxx., x. 00, Xxxxxx, 0098, 525-533, 532
106 Per un approfondimento v. la ricostruzione effettuata di recente da STAZI, Automazione contrattuale e “contratti intelligenti”, Italia, 2019, 44 ss.
107 Sul punto si veda per tutti CARINGELLA, Studi di diritto civile, Milano, 2003, 2307 ss.
un “oggetto informatico”, inteso come il trasferimento di una componente fisica di un sistema di elaborazione dati (un hardware) oppure la prestazione di un servizio volto al soddisfacimento un bisogno legato all’utilizzo di un dispositivo informatico, come ad esempio l’installazione di un software108. Questa definizione, a ben vedere, non era altro che una classificazione che aggiungeva la qualifica di “telematici” a schemi contrattuali già in uso, peculiari solo in ragione dell’oggetto. Il focus venne in seguito spostato dall’oggetto alla causa, allargando la definizione di contratto telematico a qualunque accordo contrattuale il cui lo scopo perseguito dalle parti trovava attuazione mediante l’utilizzo di dispositivi informatici109. Autorevole dottrina ha ricollegato la scelta di utilizzare un computer per la conclusione un accordo al principio del pluralismo dei procedimenti di formazione del contratto, considerando in definitiva questa scelta espressione dell’autonomia privata110: la decisione del soggetto di avvalersi di un dispositivo elettronico può essere ricondotta, più in generale, al principio della libertà di iniziativa economica sancito dall’art. 41 Cost.111. Ebbene, dato il ruolo centrale dell’autonomia privata nel sistema del diritto positivo, riprendendo le parole di
Xxxxxxxxxx Xxxxxxx, al legislatore spetterebbe:
«il compito di supportare le iniziative dei singoli, perseguendo […] il miglior risultato di idoneità del rapporto negoziale a rispondere alla particolare natura degli interessi concretamente perseguiti (o comunque specificamente
108 Per un esaustivo approfondimento sui contratti ad oggetto informatico x. XXXXXXXXXXX, Diritto dell’informatica, Milano, 2014, 605-631.
109 CENICCOLA, Il contratto telematico in Altalex, 2006 consultabile presso: xxxxx://xxx.xxxxxxx.xxx/xxxxxxxxx/xxxx/0000/00/00/xx-xxxxxxxxx-xxxxxxxxxx.
110 Così CARINGELLA, Studi di diritto civile, Milano, 2003, 2308.
111 v. OPPO, Disumanizzazione del contratto?, in Riv. xxx. xxx., x. 00, Xxdova, 1998, 525-533, passim.
rilevanti, in quanto implicati dall’operazione negoziale), e ciò fin dal momento della stipulazione dell’atto, inteso come espressione dell’autonomia dell’individuo, che lo pone in essere secondo le proprie finalità»112.
Giova alla trattazione dar conto di un’ulteriore precisazione terminologica operata da parte della dottrina, che ha distinto tra contratto informatico, contratto telematico e contratto digitale. La distinzione tra i pirmi due è stata introdotta sulla base della maggiore o minore incidenza dei dispositivi nel procedimento di conclusione dell’accordo: laddove nel primo la peculiarità risiede solamente nel mezzo attraverso il quale viene comunicata la volontà di obbligarsi (formatasi in modo tradizionale), nel secondo lo strumento telematico «conforma il procedimento di conclusione del contratto inserendosi a pieno titolo nel procedimento stesso e influenzando il processo di formazione dell’accordo»113; non sono tuttavia mancate in dottrina definizioni differenti114. Contratto digitale è stato infine definito quel contratto stipulato in forma elettronica, con firma digitale, senza alcun coinvolgimento di supporti cartacei (c.d. paperless contract)115.
Riassumendo, si è detto come il contratto telematico sia una “figura polimorfa” e come, all’interno di questa ampia ed eterogenea specie siano
112 PALERMO, L'autonomia negoziale, Italia, 2015, cit., 46.
113 Così XXXXXXX, Riflessioni sulla conclusione del contratto telematico in Informatica e diritto, vol. 9, n. 1-2, Napoli, 2010, 7-32, 8, che annovera tra le modalità di contrattazione comunemente definite informatiche quelle in cui la posta elettronica è usata come mezzo di trasmissione di proposte contrattuali.
114 cfr. XXXXXXXX, voce Contratto informatico (per l'oggetto e per il mezzo) in Enciclopedia del Diritto, agg. II, Milaxx, 0000: «(...) per contratti informatici dovranno intendersi soltanto, da un lato, quelli che hanno ad oggetto l'hardware e/o il software e, dall'altro, quelli che le parti perfezionano utilizzando per la formazione e la manifestazione della volontà contrattuale esclusivamente gli elaboratori». Per un ulteriore confronto x. XXXXXXXXX, Il commercio elettronico e la firma digitale, in Giurisprudenza commerciale, Milano, 2003, vol. 30, n. 1, 70-87.
115 CENICCOLA, Il contratto telematico in Altalex, 2006 disponibile presso xxxxx://xxx.xxxxxxx.xxx/xxxxxxxxx/xxxx/0000/00/00/xx-xxxxxxxxx-xxxxxxxxxx
ricompresi molteplici tipi contrattuali: alla categoria sono infatti ascrivibili tutti quegli accordi stipulati attraverso una rete telematica, ovvero tramite dispositivi collegati in rete, a prescindere da oggetto e modalità di esecuzione116. Si tratta dunque di contratti inter absentes la cui peculiarità risiede nel fatto che alcuni degli elementi costitutivi ex. art. 1325 cod. civ. sono posti in essere per via telematica. In particolare, è “telematico” il contratto in cui la manifestazione di volontà e la formazione avvengono a distanza: l’accordo tra le parti si perfeziona tramite dispositivi che costituiscono l’interfaccia diretta tra i soggetti117.
A conclusione di questo excursus, si segnala che è stato rilevato in dottrina che le distinzioni iniziali tra contratto informatico e contratto telematico sono state, in definitiva, spazzate via dalla rivoluzione telematica, in seguito alla quale i due termini vengono spesso utilizzati indistintamente per riferirsi sia ai contratti ad oggetto informatico e telematico sia a quelli a forma e formazione informatica e telematica118.
4. Natura e quadro normativo
Nei prossimi paragrafi verranno illustrati gli elementi costitutivi degli accordi conclusi on-line focalizzandosi, come anticipato, su quelli che seguono la sequenza point and click e affrontando di volta in volta le problematiche sollevate
116 Così LAZZARELLI, Il contratto telematico, in VALENTINO (a cura di), Manuale di diritto dell’informatica, 3° ed., Napoli, 2016, 269-318, 272, v. anche BIANCA, Diritto Civile, Vol. III, Milano, 2000, 303.
117 x. XXXXXXXX, I diritti del consumatore e la nuova class action, Bologna, 2010, cit., 298; così anche PERLINGIERI, Il contratto telematico, in VALENTINO (a cura di), Manuale di diritto dell’informatica, 3° ed., Napoli, 2016, 269-318, 272-
118 Così TOSI, Contratti informatici, telematici e virtuali, Roma, 2010, 38.
da questo peculiare iter di conclusione. In particolar modo, ci si concentrerà sugli aspetti di tutela del consumatore che si rendono necessari per via della natura di questi accordi, che si atteggiano come contratti inter absentes negoziati a distanza, tendenzialmente standardizzati e di massa, in quanto si articolano tramite un’offerta che il professionista rivolge al pubblico dei potenziali interessati, che unicamente sulla base delle informazioni da questo fornite possono decidere di aderire a questa offerta oppure rivolgersi ad un altro offerente. Numerosi quindi i profili di rischio per il consumatore, in primis dovuti all’impossibilità di ispezionare preventivamente i prodotti che formano l’oggetto dell’offerta, analogamente a quanto avviene nel commercio a distanza che si svolge per corrispondenza, su catalogo o a domicilio. Inoltre, come osservato da attenta dottrina, è frequente che nella prassi le vendite fuori dai locali commerciali e a distanza finiscano per assumere le caratteristiche proprie delle cc.dd. vendite aggressive, in quanto in queste ipotesi non è l’aderente rivolgersi al professionista per soddisfare un proprio interesse ma, al contrario, il professionista raggiunge il potenziale acquirente, che in definitiva si trova esposto al pericolo di subire l’iniziativa economica di questo119.
Passando agli interventi normativi, nel nostro ordinamento la prima esplicita assimilazione tra la disciplina dei contratti negoziati fuori dei locali commerciali e quella dei contratti conclusi mediante strumenti informatici e telematici risale al d.lgs. n. 50 del 15 gennaio 1992, di attuazione della Dir. n. 85/577/CEE (in cui però tale assimilazione manca), che introduceva alcune disposizioni a tutela del
119 Così XXXXX, Teleshopping e vendite a distanza nella disciplina delle vendite aggressive in VETTORI (a cura di), Materiali e commenti sul nuovo diritto dei contratti, Padova, 1999, 258-293, 259; ID., Libertà e responsabilità nei contratti telematici, in Studi in onore di Xxxxxxxx
Xxxxxxxxx, vol. III, Napoli, 2008, 1593-1609, 1595; del medesimo parere anche XXXXXX, Le frontiere della contrattazione on line in Juscivile, vol. II, Milano, 2017, 67-105, spec. 68, 70 xxxx://xxx.xxxxxxxxx.xx/xxxxxxxxxx/0000/00_Xxxxxx.xxx
consumatore, quali un diritto di recesso a condizioni più favorevoli per l’aderente che per l’offerente e una serie di obblighi (specialmente informativi) in capo a quest’ultimo120, che si ritrovano in forma più accentuata nella normativa speciale consumeristica dettata dal codice del consumo in materia di contratto telematico, come meglio si approfondirà tra poco.
Il quadro normativo è composto dalla disciplina generale contenuta nel codice civile, che va coordinata con la normativa specifica in materia di e- commerce dettata dal d.lgs. n. 70/2003 (di attuazione della Direttiva 2000/31/CE), e, per i casi in cui una parte del contratto rientri nella definizione di consumatore, con il codice del consumo (il quale all’art. 51 disciplina il contratto telematico e all’art. 68 rinvia al d.lgs. 70/2003 per gli aspetti non disciplinati).
4.1 Profilo soggettivo
Veniamo ora al fulcro della trattazione, partendo dall’analisi dei protagnonisti dei contratti telematici. Nella disciplina comunitaria e domestica, come anticipato, lo status dei contraenti è un elemento fondamentale per l’individuazione della disciplina applicabile, in particolare vengono in rilievo le figure del professionista e del consumatore. Il codice del consumo distingue in base alla finalità dell’operazione posta in essere, a seconda che sia estranea o meno ad una attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale. Infatti l’art. 3 lett. c) cod. cons., nella sua formulazione attuale, indica come professionista: «la
120 GUERNELLI, Il quadro normativo italiano, in FINOCCHIARO, DELFINI (a cura di), Diritto dell’informatica, Milano, 2014, 109-147, 113.
persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario», mentre alla lettera a) dello stesso articolo definisce consumatore o utente: «la persona fisica che agisce per scopi estranei estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta».
Ai fini dell’applicazione della disciplina consumeristica, è dunque necessario che i soggetti coinvolti appartengano a categorie eterogenee, e nello specifico che una parte sia un consumatore e l’altra un professionista121 (oppure un suo intermediario, ex. art. 3 lett. c cod. cons.).
Dalla formulazione dell’art. 3 cod. cons. si evince che il medesimo soggetto può assumere l’una o l’altra veste a seconda delle circostanze che caratterizzano l’azione concretamente posta in essere, dunque, come messo in luce dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea, la qualificazione dello status delle parti richiede necessariamente un «approccio caso per caso»122. Secondo giurisprudenza costante della Corte, difatti, la nozione di «professionista» da adoperare ai sensi dell’applicazione della disciplina consumeristica ha carattere funzionale, derivante dalla necessità di supplire alla disuguaglianza oggettivamente presente tra professionista e consumatore, che rappresenta l’assunto sul quale si basa l’intera disciplina in materia123. L’asimmetria in questione riguarda sia il potere di trattativa sia la quantità e la qualità delle informazioni a disposizione di quest’ultimo. La stessa Xxxxx ha in più occasioni evidenziato la necessità di valutare se il rapporto
121 Così TORRENTE, XXXXXXXXXXX, Manuale di diritto privato, 22° edizione, Milano, 2015, 706.
122 Sentenza del 4 ottobre 2018, Kamenova, C-105/17, EU:C:2018:808, punto 33 in xxxxx://xxxxxxxxxx.xxx
123 RUBINO, L’evoluzione della nozione di consumatore nel processo di integrazione europea, in Il diritto dell’Unione Europea, Torino, 2017, vol. II, 343-366, 351 ss.
contrattuale si inserisce o meno nell’ambito dell’attività che la parte svolge a titolo professionale, non essendo in tal senso sufficiente il mero perseguimento di un profitto per l’inquadramento di un soggetto come professionista124. Per quanto riguarda invece la definizione di consumatore, la Corte ha precisato che non rilevano le conoscenze concrete che l’interessato può avere riguardo un determinato contratto o le informazioni di cui egli realmente dispone, dunque la circostanza che un soggetto possieda approfondite conoscenze, anche giuridiche, del contratto posto in essere per via della propria attività lavorativa, non vale ad escludere la qualifica di consumatore, rilevando a tal fine esclusivamente il fatto che egli agisca formalmente al di fuori della propria attività professionale125.
A titolo esemplificativo, si pensi ad un ingegnere che acquista un computer per il proprio studio e lo iscrive, a fini fiscali, tra i beni strumentali all’esercizio della propria professione: in questa ipotesi non potrà avvalersi delle tutele specificamente previste a favore del consumatore, ma solamente della più debole tutela ex. artt. 1341 e 1342 del cod. civ.; al contrario, potrebbe invocare la prima se acquistasse il medesimo prodotto in un negozio di elettronica per installarlo presso la propria abitazione126. Secondo un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, ai fini dell’applicabilità delle norme contenute nel codice del consumo, è considerato “atto compiuto dal professionista”: «non solo quello che costituisca di per sé esercizio della professione, ma anche quello legato alla professione da un
124 V. per tutti la sentenza del 17 maggio 2018, Xxxxx xx Xxxxx, C-147/16, EU:C:2018:320, punti 26 e 54 e giurisprudenza ivi citata.
125 Sentenza del 3 settembre 2015, Xxxxxxx Xxxxxx Xxxxxx, 110/14, EU:C:2015:538, punti 21 ss.
126 L’esempio è tratto da TORRENTE, XXXXXXXXXXX, Manuale di diritto privato, 22° edizione, Milano, 2015, 705.
nesso funzionale»127, pertanto ai fini di dell’acquisizione della qualifica di consumatore è necessario che l’interesse soddisfatto dal contratto sia estraneo allo svolgimento dell’attività professionale o imprenditoriale. Anche per quanto riguarda i contratti ad uso promiscuo (ossia quelli stipulati il professionista sia per uso personale sia nell’ambito della sua attività), la stessa Suprema Corte ha escluso che si possano invocare le tutele della disciplina del codice del consumo128.
La Corte europea di giustizia, nel caso di contratti che presentano una duplice finalità, predilige invece un approccio che mira a valutare la rilevanza degli interessi nel caso concreto, da ricavare tenendo conto non solo del contenuto, della natura e delle finalità dell’accordo, ma anche delle circostanze oggettive che hanno accompagnato la sua conclusione. Sarà in particolare necessario che «l’uso professionale sia talmente marginale da avere un ruolo trascurabile nel contesto globale dell’operazione di cui trattasi, essendo irrilevante a tale riguardo il fatto che predomini l’aspetto extraprofessionale»129.
127 Così Cass. civ., Sez. III, 26/09/2018, n. 22810, in xxxxx://xxxxxx.xx
128 Cfr. Cass. civ., Sez. III, 22/05/2006, n. 11933, ivi, nel caso in esame si trattava di un contratto di telefonia stipulato da un avvocato per un dispositivo che utilizzava anche nell’ambito della sua attività professionale.
129 In questo senso v. ad esempio la sentenza 20 gennaio 2005, Xxxxxx Xxxxxx, C-464/0, EU:C:2005:32, in cui è specificato: «occorrerà dunque valutare, caso per caso, se il contratto mirasse a soddisfare, in misura non trascurabile, necessità rientranti nell'attività professionale del soggetto di cui trattasi ovvero se, al contrario, l'uso professionale non avesse una rilevanza meramente insignificante».
4.2 Modelli e disciplina applicabile
Nella prassi si prospettano i seguenti modelli:
(i) rapporti tra professionisti o imprenditori e consumatore, che costituiscono il c.d. modello “business to consumer” (talvolta abbreviato “B2C”);
(ii) rapporti tra professonisti e imprenditori, c.d. modello “business to business” (abbreviato “B2B”); (iii) rapporti tra consumatori, direttamente o tramite l’intermediazione di apposite figure professionali, c.d. modello “costumer to costumer” o “peer to peer” (rispettivamente abbreviati in “X0X” x “X0X”); (iv) rapporti tra le imprese o professionisti e la pubblica amministrazione, c.d. modello “public agency to business” (“B2PA”); (v) rapporti tra pubblica amministrazione e cittadino, c.d. modello “commerce public agency to consumer”, abbreviato “C2PA”, che vengono in rilievo nell’utilizzo dei servizi tramite cui cittadino può accedere, ttraverso la rete, ai servizi erogati dalla P.A. e, infine, (vi) i rapporti tra imprese strutturate attraverso marketplace (cioè quei website commerciali che fanno capo non ad una sola impresa ma ad una pluralità di imprenditori), c.d. “industry to industry” (“I2I”)130.
Come si è accennato, la corrispondenza del rapporto economico a uno di questi modelli determina la disciplina applicabile. Le norme del codice civile vanno appunto coordinate con quelle specifiche dettate in materia di commercio elettronico contenute nel d.lgs. n. 70/2003, che trova applicazione indipendentemente dalla circostanza che il rapporto sia instaurato tra consumatore
130 L’elenco è mutato da FODERINI, E-commerce e contratti telematici: la Rimodulazione della contrattazione codicistica, in Cammino diritto, n. 3, 2021, 9, xxxxx://xxxxxxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxx.xxx?xxx0000#_xxx0; Cfr. Xxxxx,
e professionista, quindi disciplina sia i rapporti B2B che B2C, mentre solo a questi ultimi si applica anche il codice del consumo (che rinvia al d.lgs. 70/2003 per gli aspetti non trattati). Si segnala l’orientamento di parte della dottrina che non ritiene applicabile la normativa specifica in materia di e-commerce dettata dal d.lgs. n. 70/2003 alle ipotesi di commercio tra consumatori (“C2C”), in quanto attività meramente occasionali prive del requisito della professionalità che caratterizza l’attività di compravendita131.
Il coordinamento tra il codice del consumo e il d.lgs. 9 aprile 2003 n. 70, di attuazione della Dir. 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione nel mercato interno, con particolare attenzione al commercio elettronico, è contenuto nell’art. 68 cod. cons.: «Alle offerte di servizi della società dell'informazione, effettuate ai consumatori per xxx xxxxxxxxxxx, xx applicano, per gli aspetti non disciplinati dal presente codice, le disposizioni di cui al decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, recante attuazione della direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno». Dalla formulazine della norma si evince che entrambe le discipline sono applicabili, e che, in caso di conflitto tra le due, prevale quella dettata dal codice del consumo132.
131 Per un approfondimento su queste posizioni v. FODERINI, E-commerce e contratti telematici: la Rimodulazione della contrattazione codicistica, in Cammino diritto, n. 3, 2021, 9 ss., cfr. BATTELLI, Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, 2014, 1044 s.
132 Così XXXXX, I beni di consumo e la disciplina delle vendite aggressive, Bari, 2013, 163.
Il d.lgs. 70/2003 è fondamentale in materia: l’art. 1, che ne indica le finalità, dichiara l’intenzione di promuovere la libera circolazione dei servizi, e al comma 3 fa salve le disposizioni comunitarie e nazionali sulla tutela dei consumatori. L’art. 2 comma 1 lett. a chiarisce invece che con l’espressione “servizi della società dell’informazione” vanno intese «le attività economiche svolte in linea - on line -, nonché i servizi definiti dall'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 21 giugno 1986, n. 317, e successive modificazioni», ovvero «qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi»133. Come messo in luce da attenta dottrina, la dicitura «servizi della società dell’informazione» potrebbe trarre in inganno e far erroneamente pensare che l’ambito applicativo del d.lgs 70/2003 sia circoscritto alla prestazione di servizi, mentre in realtà ai sensi del comma 1, lett. a), dell’art. 2 è specificato che, ai fini dell’applicazione della disicplina, l’espressione comprende i servizi definiti dall’art. 1, comma 1, lettera b, della l. n. 317/198, sia tutte le attività economiche svolte on-line; inoltre va considerato che anche l’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 70/2003, nell’indicare tra le proprie finalità quella di «promuovere la libera circolazione dei servizi della società dell'informazione, fra i quali il commercio elettronico», di fatto include l’e-commerce nei servizi della società dell’informazione134. A fronte delle considerazioni appena svolte, pare corretto ritenere che nell’ambito applicativo del d.lgs. 70/2003 si può ricomprendere l’intera l’area del commercio elettronico, dunque tutte le attività commerciali che si
133 Articolo 1 comma 1 lett. b della l. 317/1986, attuativa della direttiva n. 83/189/CEE relativa alla procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche
134 Così lucidamente XXXXX, I beni di consumo e la disciplina delle vendite aggressive, Bari, 2013, 159 s.
svolgono del tutto o in parte on-line, eccezion fatta per quelle che lo stesso decreto esclude al comma 2 dell’art. 1135.
L’art. 13 comma 1 opera a sua volta un esplicito richiamo alla disciplina civilistica del contratto (artt. 1326 ss. cod. civ.): «le norme sulla conclusione dei contratti si applicano anche nei casi in cui il destinatario di un bene o servizio inoltri il proprio ordine per via telematica», in definitiva fugando qualsiasi suggestione di introdurre un apposito iter per la conclusione dei contratti telematici136. Il comma 3 dello stesso articolo esclude dall’ambito applicativo della disposizione i contratti conclusi esclusivamente mediante scambio di e-mail o comunicazioni individuali equivalenti.
5. Fase pre-contrattuale, obblighi informativi
È comune nella prassi che alla conclusione di un contratto preceda un momento di esame del prodotto o del servizio da parte dell’acquirente, che può svolgersi tramite una richiesta di informazioni al venditore o fornitore per ponderare la propria scelta oppure può concretizzarsi in vere e proprie trattative.
Questa fase è tipicamente assente nei rapporti on-line, soprattutto in quelli B2C che avvengono mediante accesso al sito, che – come è stato approfondito nel primo paragrafo di questo capitolo – seguono le logiche dei contratti di massa, standardizzati e per adesione, caratterizzati quindi da forti asimmetrie informative. Nei rapporti virtuali queste asimmetrie sono ancora più marcate rispetto a quelle
135 In tal senso parrebbe orientato anche XXXXX, I beni di consumo e la disciplina delle vendite aggressive, Bari, 2013, 160 ss.
136 Così ALCINI, Le frontiere della contrattazione on line in Juscivile, vol. II, Milano, 2017, 67-105, 90 disponibile presso: xxxx://xxx.xxxxxxxxx.xx/xxxxxxxxxx/0000/00_Xxxxxx.xxx
dovute alla sola predisposizione unilaterale delle condizioni generali, in quanto si aggiunge l’ulteriore difficoltà dell’utente di comprendere le regole di formazione dell’accordo137, predisposte ex ante dal professionista, che avviene tramite una serie di collegamenti ipertestuali che conducono a perfezionare l’acquisto mediante la pressione del c.d. tasto negoziale virtuale138.
6. Obblighi informativi nel codice del consumo
Dietro l’impulso del legislatore comunitario, un primo presidio a tutela del consumatore è entrato nel nostro ordinamento con il d.lgs. 50/1992139 (di attuazione della direttiva 85/577/CEE in materia di contratti negoziati fuori dai locali commerciali), che, come anticipato, ha introdotto una serie di obblighi informativi e un diritto di recesso a condizioni favorevoli per l’aderente.
Il legislatore delegato è intervenuto nuovamente con il d.lgs. 185/1999140 di attuazione della dir. 97/7/CE relativa alla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, e in quanto tale applicabile ai contratti telematici in luogo del d.lgs 50/1992 laddove più favorevole al consumatore141. L’art. 3 diponeva che il consumatore «in tempo utile, prima della conclusione di qualsiasi contratto a
137 Di questo parere, ex multis, x. XXXXXXX, Xxxxxx del consumatore nei contratti telematici e nuove frontiere del diritto europeo della vendita, Milano, 2016, 3, in cui a tal proposito l’autrice esprime la preoccupazione che “la mera illustrazione delle fasi tecniche da seguire per la conclusione del contratto potrebbe non essere sufficiente a colmare il divario”.
138 Così PIGNALOSA, Il consumatore calcolante. Contributo allo studio del contratto telematico, Napoli, 2020, 27
139 Decreto legislativo 15 gennaio 1992 n. 50 G.U.
140 Decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185 (GU n.143 del 21-06-1999), interamente abrogato dal x.x. Xxxxxx xxx Xxxxxxx, X.xxx. 0 xxxxxxxxx 0000, x. 000 (XX n.235 del 08-10-2005 - Suppl. Ordinario n. 162).
141 Così ALCINI, Le frontiere della contrattazione on line in Juscivile, vol. II, Milano, 2017, 67-105, 70 xxxx://xxx.xxxxxxxxx.xx/xxxxxxxxxx/0000/00_Xxxxxx.xxx
distanza» dovesse ricevere dal fornitore una serie di informazioni (indicate dallo stesso articolo) «in modo chiaro e comprensibile, con ogni mezzo adeguato alla tecnica di comunicazione a distanza impiegata, osservando in particolare i principi di buona fede e di lealtà in materia di transazioni commerciali, valutati alla stregua delle esigenze di protezione delle categorie di consumatori particolarmente vulnerabili»142.
Entrambi i provvedimenti sono poi confluiti nel d.lgs. n. 206/2005 (c.d. codice del consumo) in cui è stata armonizzata la maggior parte delle disposizioni emanate fino a quel momento dall'Unione Europea a tutela dei consumatori.
Nel 2008 la Commissione europea ha presentato un ambizioso progetto volto alla revisione dell’acquis comunitario in materia consumeristica143, proponendo la revisione di quattro fondamentali aspetti riguardanti i contratti dei consumatori in cui l’Unione era intervenuta con altrettante direttive: si trattava della disciplina dei contratti negoziati fuori dai locali commerciali (contenuta nella sopracitata dir. n. 577 del 1985), delle clausole abusive nei contratti dei consumatori (dir. n. 13 del 1993), della tutela degli stessi nei contratti a distanza (già menzionata dir. n. 7 del 1997), e infine quella relativo a determinati aspetti della vendita dei beni di consumo (dir. n. 44 del 1999). L’intento era quello di creare una sorta di statuto europeo dei diritti del consumatore144, tramite l’adozione del principio di
c.d. full harmonization. Si era infatti constatato che l’applicazione del principio
142 Articolo 3 decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185 (G.U. n. 143 del 21/6/1999).
143 Proposta dell’8 ottobre 2008, COM(2008) 614.
144 L’espressione è mutata da X’XXXXX, Xxxxxxxxx sui diritti dei consumatori e Regolamento sul Diritto comune europeo della vendita: quale strategia dell’Unione europea in materia di armonizzazione? in I contratti, Milano, 2012, cit., 611-637, 612, disponibile presso:
della armonizzazione minima (sino ad allora adoperato nelle citate direttive) aveva determinato una mancata armonizzazione della disciplina presente in ciascuno Stato membro, e si era quindi rivelato di ostacolo all’affermazione di un mercato comune interno: si registravano infatti discipline nazionali di attuazione tanto diverse tra loro da dare luogo ad una frammentazione della disciplina e ad incertezze nella conclusione di accordi transfrontalieri145.
La proposta, con qualche differenza rispetto al suo contenuto iniziale dovuta ad alcune resistenze avanzate da parte di stati membri146 ha condotto all’approvazione della Dir. 2011/83/UE. Dalla lettura dell’art. 4 infatti emerge che, in realtà, il principio della full harmonization è stato adottato solo parzialmente, in favore di un approccio misto: da un lato – per incentivare gli scambi tra stati membri e ridurre i costi transattivi per consumatori e professionisti – si è voluta creare una disciplina uniforme per tutto il mercato interno tramite il divieto posto in capo agli Stati di adottare o mantenere misure interne che comportino una minore protezione per i consumatori (ma anche disposizioni più severe nei confronti dei professionisti); dall’altro lato è prevista la possibilità per gli Stati Membri di derogare al contenuto della direttiva con norme interne, seppur limitatamente ad alcuni aspetti (ad es. per quanto riguarda l’introduzione di obblighi informativi aggiuntivi ex. art 5, comma 4, oppure gli ulteriori rimedi in caso di mancata consegna ex art. 18, comma 4).
145 Così XXXXX, I beni di consumo e la disciplina delle vendite aggressive, Bari, 2013, 148 nota 137 146 Per un approfondimento sulle circostanze che hanno portato a discostarsi dalla proposta iniziale sia consentito rimandare a D’AMICO, Xxxxxxxxx sui diritti dei consumatori e Regolamento sul Diritto comune europeo della vendita: quale strategia dell’Unione europea in materia di armonizzazione? in I contratti, Milano, 2012, cit., 611-637, 613 s., disponibile presso:
In caso di conflitto tra la disciplina dettata dalla Direttiva e un diverso atto comunitario disciplinante specifici settori, prevarrà quest’ultimo, in applicazione del principio di specialità in forza del quale la legge speciale prevale su quella generale, anche se quest’ultima è stata introdotta successivamente147.
Il d.l. 21 febbraio 2014, n. 21148 ha attuato la Dir. 2011/83/UE nel nostro ordinamento e ha modificato le norme del codice del consumo di cui agli artt. da 45 a 67 del Capo I del titolo III della parte III, modificando di conseguenza anche la collocazione numerica degli articoli. Le modifiche più significative ai fini della presente trattazione riguardano l’informativa precontrattuale, il diritto di recesso e le condizioni per la restituzione dei prodotti (di questi ultimi due aspetti ci si occuperà nel prossimo paragrafo).
Veniamo ora ad analizzare la disciplina specifica a tutela del consumatore prima di passare all’esame delle ulteriori regole dettate dal d.lgs. 70/2003. Un principio generale riguardante gli obblighi informativi è contenuto nell’art. 5, comma 3, cod. cons.:
«Le informazioni al consumatore, da chiunque provengano, devono essere adeguate alla tecnica di comunicazione impiegata ed espresse in modo chiaro e comprensibile, tenuto anche conto delle modalità di conclusione del contratto o delle caratteristiche del settore, tali da assicurare la consapevolezza del consumatore».
147 XXXXX, I beni di consumo e la disciplina delle vendite aggressive, Bari, 2013, 149.
148 D.l. 21 febbraio 2014, n. 21 di attuazione della direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori, recante modifica delle direttive 93/13/CEE e 1999/44/CE e che abroga le direttive 00/000/XXX x 00/0/XX (XX Serie Generale n.58 del 11-03-2014) xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxxx/xxxxx_xxxxxxxx/xxxxxxXxxxxxxxxXxxx/xxxxxxxxxx?xxxx.xxxxXxxxxx cazioneGazzetta=2014-03-11&atto.codiceRedazionale=14G00033&elenco30giorni=true
L’intento è evidentemente quello di porre il consumatore nella condizione di determinarsi in modo consapevole e informato alla conclusione del contratto. Questo intento trova la sua concretizzazione in primis nel diritto all’informazione contrattuale contenuto negli artt. 48 e 49 cod. cons.: il primo prevede una serie di obblighi informativi generali, mentre il secondo indica una serie di informazioni aggiuntive per i contratti a distanza e i contratti negoziati fuori dai locali commerciali, rispettivamente definiti alle lettere h e g dell’art. 45 cod. cons.).
Rispetto alla previsione previgente al d.l. 21/2014, in cui l’informativa era limitata alle condizioni per esercitare il diritto di recesso, l’attuale obbligo contempla una complessa serie di informazioni che il professionista deve fornire in maniera chiara e comprensibile «prima che il consumatore sia vincolato da un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali o da una corrispondente offerta» (art. 49 comma 1), inoltre l’art. 51 detta ulteriori condizioni per i contratti a distanza conclusi con mezzi elettronici mediante accesso al sito. Il secondo comma dell’art. 51 recita:
«Se un contratto a distanza che deve essere concluso con mezzi elettronici impone al consumatore l'obbligo di pagare, il professionista gli comunica in modo chiaro ed evidente le informazioni di cui all'articolo 49, comma 1, lettere a), e), q) ed r), direttamente prima che il consumatore inoltri l'ordine. Il professionista garantisce che, al momento di inoltrare l'ordine, il consumatore riconosca espressamente che l'ordine implica l'obbligo di pagare. Se l'inoltro dell'ordine implica di azionare un pulsante o una funzione analoga, il pulsante o la funzione analoga riportano in modo facilmente leggibile soltanto le parole “ordine con obbligo di pagare” o una formulazione corrispondente inequivocabile indicante che
l'inoltro dell'ordine implica l'obbligo di pagare il professionista, se il professionista non osserva il presente comma, il consumatore non è vincolato dal contratto o dall'ordine».
Il contenuto di questo obbligo – in particolare la previsione che il tasto negoziale virtuale debba necessariamente riportare la dicitura «ordine con obbligo di pagare» o altra dizione dal significato corrispondente e inequivocabile – pare rivolto a scongiurare il rischio empiricamente più coerente con la realtà del c.d. contratto virtuale in senso stretto, rappresentato dall’ipotesi in cui l’utente si vincoli inavvertitamente al negozio premendo il tasto negoziale senza la consapevolezza delle implicazioni che questo gesto comporta149.
Per quanto riguarda le conseguenze della violazione di detti obblighi, la formulazione dell’art. 51 non fornisce indicazioni precise, limitandosi a prevedere che «il consumatore non è vincolato dal contratto o dall'ordine», a differenza dell’art. 36 intitolato «nullità di protezione», cui è postulata la nullità delle clausole considerate vessatorie (ex. artt. 33 e 34), mentre è chiarito che il contratto rimane valido per il resto. Quella dell’art. 36 cod. cons. è dunque una nullità relativa (in quanto rilevabile dal solo consumatore) e parziale (in quanto riguardante solo le clausole interessate). Posto che, nel silenzio del legislatore, il rimedio da far conseguire alla violazione di una regola di condotta dovrebbe essere ricavato dallo scopo della norma violata150 – che in questo caso è senza dubbio la tutela del
149 Così ALCINI, Le frontiere della contrattazione on line in Juscivile, vol. II, Milano, 2017, 67-105, 90 disponibile presso: xxxx://xxx.xxxxxxxxx.xx/xxxxxxxxxx/0000/00_Xxxxxx.xxx
150 Per un approfondimento x. XXXXXXXXX, Xx xxxxxxx x xx xxxxxxxxx xxxxx, xx XXXXXXX (x cura di), Trattato del contratto, vol. 4, Rimedi-1, Milano, 2006, 1-155, 44 ss.
consumatore151 – appare corretto aderire ad un’interpretazione teleologicamente orientata nel considerare questa un’ipotesi di nullità virtuale protettiva operante a vantaggio del solo consumatore152 (di conseguenza rilevabile esclusivamente dallo stesso oppure d’ufficio dal giudice153).
7. Obblighi informativi nel d.lgs. 70/2003
L’art. 13 del d.lgs. 70/2003 detta disposizioni riguardanti l’inoltro dell’ordine tramite accesso al sito (il comma 3 esclude dall’ambito di applicazione i contratti conclusi esclusivamente mediante scambio di e-mail o comunicazioni equivalenti), ponendo un preciso obbligo comportamentale in capo al prestatore. Ai sensi del comma 2 dell’art. 13, questo deve fornire all’utente «senza ingiustificato ritardo e per via telematica» la ricevuta dell'ordine del destinatario contenente una serie di informazioni:
«a) le varie fasi tecniche da seguire per la conclusione del contratto;
b) il modo in cui il contratto concluso sarà archiviato e le relative modalità di accesso;
151 In questo senso v. ex plurimis, MANTOVANI, Il sistema delle nullità di protezione e l’esercizio del potere giudiziale nel diritto dei consumatori, in Obbl. e contr., Torino, 2010, vol. 6, n. 6, 445- 453, 448; nonchè DI XXXXXX, voce Contratto e impresa in Enciclopedia del diritto - I Tematici, vol. I, Milano, 2021, 325-355, 341.
152 Cfr. XXXXXXXX, voce Nullità di protezione in Enciclopedia del diritto - I Tematici, vol. I, Milano, 2021, 701-727, 710.
153 Su questo aspetto x. Xxxx., S.U., n. 26242 del 2014, (punto 3.13.3 della motivazione), dove si riconosce che la rilevabilità officiosa «sembra costituire il proprium anche delle nullità speciali, incluse quelle denominate "di protezione virtuale". Il potere del giudice di rilevarle tout court appare essenziale al perseguimento di interessi pur sempre generali sottesi alla tutela di una data classe di contraenti». Per un approfondimento sulle modalità di esercizio della rilevabilità d’ufficio in relazione agli interessi protetti cfr. PERLINGIERI, voce Sanatoria in Enciclopedia del diritto - I Tematici, vol. I, Milano, 2021, 1101-1132, spec. 1106 ss.
c) i mezzi tecnici messi a disposizione del destinatario per individuare e correggere gli errori di inserimento dei dati prima di inoltrare l'ordine al prestatore;
d) gli eventuali codici di condotta cui aderisce e come accedervi per via telematica;
e) le lingue a disposizione per concludere il contratto oltre all'italiano;
f) l'indicazione degli strumenti di composizione delle controversie»154.
L’articolo continua precisando che queste disposizioni «si cumulano con quelle previste per specifici beni e servizi, nonchè quelli stabiliti dalla disciplina consumeristica, salvo diverso accordo tra parti che non siano consumatori».
8. Diritto di recesso (ius poenitendi)
Un altro fondamentale aspetto della tutela a favore del consumatore che abbia stipulato un accordo telematico è rappresentata dal diritto di recesso (c.d. ius poenitendi, ovvero “diritto di pentimento”), che gli consente di rimuovere alla radice gli effetti del contratto155. La disciplina è contenuta negli artt. 52-59 cod. cons. che, come anticipato, è stata oggetto di modifiche da parte del d.lgs. 21/2014, attuativo della dir. 2011/83/UE sui diritti dei consumatori. Una novità significativa dal punto di vista di questa trattazione riguarda innanzitutto l’allungamento del termine concesso per esercitare il diritto, che è stato alzato da dieci a quattordici giorni ex. art. 52 comma 1 (il termine decorre dalla data indicata all’art. 52 comma
154 Articolo 13 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, di attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico.
155 TORRENTE, XXXXXXXXXXX, Manuale di diritto privato, 22° edizione, Milano, 2015, 717
2, che varia in base al tipo di accordo). Lo stesso comma 1 dell’art. 52 precisa che il consumatore non è tenuto a fornire alcuna motivazione della sua scelta né a sostenere alcun costo diverso da quelli previsti dall’art. 56, comma 2 (ovvero gli eventuali costi supplementari dovuti al tipo di consegna espressamente scelto dal consumatore, diverso da quello meno costoso offerto dal professionista) e dall’art. 57 (che disciplina alcune ipotesi, come ad esempio il caso in cui il professionista si offra di ritirare il bene personalmente oppure il caso in cui si sia verificata una diminuzione del valore del bene imputabile al consumatore). In particolare, se il professionista non adempie agli obblighi di informazione riguardanti eventuali spese aggiuntive o costi che il consumatore dovrebbe sostenere in caso volesse avvalersi dello ius poenitendi e restituire i prodotti, questi costi graveranno sul venditore (art. 49 comma 6).
Anche i termini in caso di omessa comunicazione da parte del professionista delle informazioni sull’esistenza del diritto di recesso sono stati dilatati: dai previgenti 60 giorni decorrenti dalla conclusione del contratto (e dai 90 giorni dalla consegna del bene) si è passati a 12 mesi ovvero – se il professionista adempie all’obbligo informativo tardivamente, ma entro dodici mesi dalla data di cui all'articolo 52 comma 2 – il consumatore avrà diritto ad un ulteriore periodo di quattordici giorni che aggiungeranno al sopra menzionato termine previsto dal comma 1 dell’art 52.
Un ultimo aspetto che si vuole qui esaminare riguarda l’introduzione di un modulo di recesso standardizzato a livello europeo (Allegato 1 della dir. 2011/83/UE), il cui utilizzo non è obbligatorio da parte del consumatore, che è libero di sostituirlo con una esplicita dichiarazione del suo intendo di avvalersi del
diritto di recesso. Pur non rappresentando un passaggio obbligatorio per il consumatore, il professionista è tenuto a fornire questo modulo nel momento in cui informa l’utente dell’esistenza e dei termini per il recesso (art. 49 lett. h). Il modello contiene informazioni relative all'esercizio del diritto (riporta infatti la dicitura:
«Lei ha il diritto di recedere dal contratto, senza indicarne le ragioni, entro 14 giorni»), contiene istruzioni sul tipo di recesso, sulla durata del periodo e sugli effetti. È specificato che il professionista può fornire al cliente la possibilità di compilare il modulo direttamente tramite suo sito web (in tal caso deve trasmettere senza indugio conferma di ricevimento del recesso su un supporto durevole, ad esempio per posta elettronica.
9. Considerazioni intermedie
Autorevole dottrina ha fatto notare come il legislatore 1942 abbia predisposto un sistema di contrattazione che teneva conto delle esigenze di un mercato che stava mutando a causa della produzione, che sempre più andava assumendo le caratteristiche di produzione di massa156. Questa intenzione del legislatore si può rinvenire nella Relazione al codice civile n. 612, in cui è preso atto del fatto che «la realtà economica odierna si fonda anche su una rapida conclusione degli affari che è condizione di un acceleramento del fenomeno produttivo», in favore del quale,
156 Così BENEDETTI, La formazione del contratto e l’inizio di esecuzione, in Europa e dir. priv., fascicolo 2°, Milano, 2005, 309-340, 32 disponibile presso: xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/#/xxxxxxx?xx_xxx_xxxxxxx0000&xxxxXxxxxx
=europa%20e%20diritto%20privato&fromFilters=false
nel necessario bilanciamento di interessi, va sacrificata la libertà di trattativa in quanto «importerebbe intralci spesso insuperabili».
Queste considerazioni valgono come punto di partenza di un più ampio discorso riguardante l’evoluzione, all’interno del nostro ordinamento, del rapporto tra autonomia negoziale ed equilibrio contrattuale. Se infatti nella disciplina civilistica del 1942 l’equilibrio contrattuale pareva occupare un ruolo marginale, a cui conseguiva l’insindacabilità del contratto in sede giurisdizionale, ad oggi si può affermare che riveste una posizione centrale nella disciplina consumeristica157.
Per sopperire all’oggettivo divario tra le posizioni delle parti, evitando di dover ricorrere all’introduzione di una forma di conclusione ad hoc per gli accordi telematici, sono state infatti previste e implementate negli anni una serie di previsioni a tutela del consumatore, che in questo tipo di scambi è considerato parte vulnerabile. Si parla a tal proposito di “contraente debole” in quanto il consumatore si trova penalizzato nel rapporto con il professionista: è quest’ultimo infatti che in definitiva detiene il potere di predisposizione e, a differenza del primo, lo esercita in maniera abituale e professionale, occupando de facto una posizione di vantaggio. Alla luce delle considerazioni appena esposte si spiega anche la tendenza del legislatore a riservare una modesta attenzione ai rapporti che si svolgono tra categorie omogenee di soggetti (ovvero quegli scambi che vedono coinvolte parti che rivestono la medesima qualifica di professionista oppure di consumatore). Si rileva infatti una florida disciplina in materia di rapporti tra professionista e
157 Così FODERINI, E-commerce e contratti telematici: la Rimodulazione della contrattazione codicistica, in Cammino diritto, n. 3, 2021, 12 consultabile al seguente link: xxxxx://xxxxxxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxx.xxx?xxx0000#_xxx0.
consumatore, che ha raggiunto ormai caratteristiche tali da essere assunta al rango di autonomo ramo del diritto158. Questo articolato sistema di tutela, nel complesso, pare orientato alla protezione della libertà contrattuale del consumatore: come osservato da più parti in dottrina, il sistema prende in considerazione l’attività professionale – specie con riguardo alla standardizzazione dei contratti – tuttavia il regime legale pare non assecondare questa attività, ma anzi sembra piuttosto resistere ad essa in favore dell’atto di consumo e dei valori da esso veicolati159.
In questa tendenza dell’ordinamento a tutelare il consumatore parte della dottrina ha scorto tratti paternalistici, soprattutto con riferimento a quel novero di iniziative rivolte alla promozione dello sviluppo di adeguate capacità di autodeterminazione del consumatore nelle scelte di acquisto, che si possono ricondurre al diritto all’educazione al consumo, espressamente menzionato dall’art.
169 TFUE (ex art. 153 del TCE) “al fine di promuovere gli interessi dei consumatori ed assicurare un livello elevato di protezione”160, attualmente codificato negli artt. 2 e 4 cod. cons.161
158 Così FODERINI, E-commerce ; v. anche BATTELLI, Riflessioni sui procedimenti di formazione dei contratti telematici e sulla sottoscrizione on line delle clausole vessatorie, in Rassegna di diritto civile, vol. 35, n. 4, Napoli, 2014, 1035-1081, cit., 1042 che osserva: «il legislatore ha prestato scarsa attenzione alla disciplina relativa agli operatori commerciali e/o professionali nell’ambito del c.d. commercio elettronico B2B, presupponendo forse che essi godessero tutti di una sufficiente forza contrattuale e fossero comunque più consapevoli e attenti nella regolamentazione dei loro interessi, consentendo così che le loro transazioni commerciali telematiche avvenissero in maniera più libera ed autonoma; al contrario, nei rapporti negoziali on line conclusi con i consumatori tutta la normativa appare molto articolata e protesa verso una tutela del cyber-consumatore».
159 Così DI XXXXXX, voce Contratto e impresa in Enciclopedia del diritto - I Tematici, vol. I, 2021, 325-355, 341; cfr. XXXXX, Libertà e responsabilità nei contratti telematici, in Studi in onore di Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, vol. 3, Napoli, 2008, 1593-1609, cit., 1597 in cui l’autore osserva, con riferimento alla disciplina delle vendite aggressive on-line, che la conformazione di questa «induce a ritenere che l’ordinamento non dispone né consente il sacrificio del principio di libertà a vantaggio di chi intraprende un’attività economica nell’ambito del commercio elettronico».
160 Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea C326/49.
161 Si veda ad es, TORRENTE, XXXXXXXXXXX, Manuale di diritto privato, 22° edizione, Milano, 2015, 707 in cui si evidenzia nella terminologia utilizzata nell’art. 4 cod. cons una vena di paternalismo.
Questi tratti paternalistici apparentemente mal si conciliano con gli ideali di liberalismo economico cui dovrebbe ispirarsi il nostro ordinamento, parrebbero giustificati alla luce della necessità di assicurare l’uguaglianza, formale e sostanziale nell’ambito degli scambi economici on-line, che si è voluta realizzare tentando di colmare quel “genetico gap informativo”162 che caratterizza i rapporti tra chi si affaccia al mondo degli scambi in maniera professionale per soddisfare interessi che vanno al di là del guadagno occasionale, e l’acquirente occasionale, che si vuole mettere nelle condizioni di soddisfare i propri bisogni in maniera il più possibile consapevole. A tal proposito pare opportuno inquadrare l’approccio privilegiato dalla disciplina in un’attitudine che propende per il c.d. paternalismo “asimmetrico” o “libertario”, che si può definire come quell’atteggiamento politico- giuridico che mira a intervenire nelle situazioni di squilibrio tra i contraenti selezionando di volta in volta le tecniche di protezione che meglio si adattano all’esigenza di operare un bilanciamento tra i vantaggi per il soggetto debole da un lato e i costi che gli altri attori del mercato dovranno sopportare come conseguenza della implementazione di dette tecniche dall’altro163.
162 L’espressione è presa da PIGNALOSA, Il consumatore calcolante. Contributo allo studio del contratto telematico, Napoli, 2020, 17.
163 La definizione di paternalismo asimmetrico è basata sulla ricostruzione effettuata da BERTANI, Tra paternalismo ed autonomia negoziale: il nuovo assetto dei rapporti fra autore, artista ed impresa culturale nel digital single market, in Orizzonti del diritto commerciale, n. 2, Roma, 2020, 453-517, spec. 453 e 468, che a proposito rileva come «gli interventi normativi di ispirazione paternalistica possono essere orientati lungo una linea che procede dalle misure maggiormente cogenti e limitative della libertà negoziale (c.d. hard paternalism) per giungere – all’estremo opposto – a forme di regolazione che mirano (non tanto ad imporre, quanto) meramente ad incentivare l’adozione di assetti equilibrati (c.d. soft paternalism), passando per tecniche di protezione del contraente debole che si collocano lungo lo spazio mediano tra i due poli ora ricordati». xxxx://xxxxxx.xxxxxxxxxx.xx/x/xxxxxxxx/000_xxxxxxxx_00XXX_XXXXXXXXX.xxx
Questo approccio, che all’apparenza rappresenta un ossimoro164, si concretizza nella disciplina analizzata nel presente capitolo nella misura in cui si nota che questa tiene parzialmente in conto anche gli interessi dei professionisti, considerandoli più in generale come categoria piuttosto che come singoli operatori nel mercato. Infatti il concretizzarsi dell’intento di favorire il mercato interno sicuramente ha agevolato quanti svolgono la propria attività economica on-line. In particolare, si pensi alle disposizioni del codice del consumo in materia di recesso, nonchè l’art. 13 del d.lgs. 70/2003 che disciplina l’inoltro dell’ordine tramite accesso al sito (questo rappresenta il caso più comune per quanto riguarda le vendite transfrontaliere165), che hanno contribuito a creare e implementare negli anni un clima di fiducia da parte dei consumatori, soprattutto dopo la svolta alla armonizzazione conseguita alla Dir. 2011/83/UE (v. par. 4.4 di questo stesso capitolo), che sicuramente giova all’attività commerciale166. Dal quadro delineato, emerge infatti senza dubbio un consumatore fortemente tutelato, mentre la realizzazione degli interessi dei professionisti è favorita nel complesso mediante la
164 Per un approfondimento sulle apparenti contraddizioni di questo approccio cfr. XXXXXXXX, XXXXXX, Libertarian Paternalism is Not an Oxymoron, in University of Chicago Law Review, vol. 70, n. 4, Chicago, 2003, 1159-1202.
165 Così VIZZONE, Prospettive per un diritto comune europeo della vendita, in XXXXX, XXXXX, RICCI (a cura di), Diritto privato e interessi pubblici. Scritti in onore del Xxxx. Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Roma, 2016, 897-912, 906.
166 Nello stesso senso sembra orientato GRANELLI, Il codice del consumo a cinque anni dall'entrata in vigore in Obbl. e contr., Torino, 2010, vol. VI, n. 11, 731-738, cit., 738.
l’autore osserva il «consolidarsi e rafforzarsi – e non solo fra gli addetti ai lavori – di una cultura consumeristica sensibile non solo agli interessi dei consumatori, ma anche (e contestualmente) a quelli dei professionisti rispettosi delle regole ad una leale competizione concorrenziale e, puù in generale, a quello ad un corretto funzionamento del mercato. Ed in Italia, all’emersione di una siffatta cultura ha, di certo, recato un contributo non marginale l’accorpamento della (più parte della) disciplina consumeristica in un documento unitario: il codice del consumo, appunto. Ed è questo, probabilmente, il suo merito più duraturo».
regolazione di un mercato sia all’interno dei singoli stati che nell’ambito del c.d.
digital single market.
Capitolo III
SMART CONTRACTING, IL FUTURO DELL’ACCORDO CONTRATTUALE?
1. Introduzione, altri concetti e termini utili
Si è detto dell’acceso dibattito dottrinale che si è svolto intorno alla spersonalizzazione dell’accordo e, indipendentemente dalle differenti posizioni degli interpreti, sembra si possa rinvenire nel diffondersi dei contratti standardizzati e di massa – soprattutto se posti in essere per via infotelematica – una involuzione del ruolo del dialogo e un affievolimento della volontà individuale nel procedimento di formazione dell’accordo. Nel presente capitolo si vuole analizzare il passo successivo di questa discussione, che ha spostato l’attenzione degli interpreti verso i c.d. contratti intelligenti (smart contract), la cui diffusione negli ultimi anni è da attribuire alle distribuited ledger tecnology (DLT), le tecnologie a registro distribuito, e in particolare la c.d. “blockchain”.
In dottrina è stato di recente sollevato il (ragionevole) dubbio che questa innovazione segnerebbe l’ingresso di un nuovo linguaggio, definito “elitario”, in quanto comprensibile a pochi, riconducibile alla «necessità di esprimere i termini di un accodo in linee di codice», che «crea inevitabilmente una barriera semantica che può essere solo contenuta ma non del tutto eliminata dallo sviluppo di interfacce user-friendly tra il linguaggio naturale e quello digitale»167. Queste considerazioni
167 Così lucidamente XXXXXXXXX, Il consumatore calcolante, Napoli, 2020, cit., 27 s.
muovono dal ruolo sempre crescente di quelli che lo scrittore e architetto Xxxxxxx
X. Xxxxxxxx chiamò provocatoriamente «privilegiati sommi sacerdoti»168, ovvero i programmatori informatici, figure indispensabili nella nostra società in quanto capaci predisporre gli algoritmi, intermediari essenziali per tradurre la volontà delle parti in un linguaggio di programmazione che sia interpretabile dal calcolatore.
La paternità dell’espressione “smart contract” parrebbe da attribuirsi al giurista e scienziato informatico Xxxxxxxx Xxxxx, il quale, nel suo celebre articolo “Smart Contracts: Building Blocks for Digital Markets” a metà anni Novanta ha identificato nei distributori automatici un “umile” antenato degli smart contract. Per quanto riguarda una prima definizione di questi ultimi, Xxxxx osservava: «I call these new contracts “smart”, because they are far more functional than their inanimate paper-based ancestors. No use of artificial intelligence is implied. A smart contract is a set of promises, specified in digital form, including protocols within which the parties perform on these promises»169. Da questa descrizione emerge che si tratta di accordi espressi in formato digitale attraverso protocolli a cui le parti demandano l’esecuzione dell’accordo, che quindi avviene in maniera automatica; l’autore immaginava che trascrivendo i contratti sotto forma di linee di codice si sarebbero ottenuti vantaggi dal punto di vista dell’efficienza e si sarebbe minimizzata l’ambiguità nei rapporti contrattuali. Analogamente ai distributori
168 XXXXXXXX, City of Bits: Space, Place, and the Infobahn, Cambridge, 1995, cit., 112 che già nel 1995 scrisse che nel cyberspazio «il codice è la legge», e di conseguenza «il controllo del codice è il potere. Per i cittadini del cyberspazio, il codice del computer – un testo arcano in un linguaggio altamente formalizzato, tipicamente accessibile da pochi privilegiati sommi sacerdoti – è il medium col quale le intenzioni vengono messe in atto e i progetti realizzati».
169 XXXXX, Smart Contracts: Building Blocks for Digital Markets, 1996, cit., consultabile presso xxxxx://xxx.xxx.xxx.xxx.xx/xxx/Xxxxxxx/XxxxxxxxxxxXxXxxxxx/XXXXX/Xxxxxxxxxx/XXXxxxxxxxxx ool2006/xxxxx.xxxx.xxx.xxx/xxxxx_xxxxxxxxx_0.xxxx
automatici, infatti, vi è un rapporto azione-reazione caratterizzato da univocità e certezza: al verificarsi di un dato comportamento (come ad esempio l’inserimento di una moneta e la rotazione di una manopola), la tecnologia assicura l’esito di una determinata conseguenza (in questo caso, l’erogazione del prodotto)170. L’idea di Xxxxx è rimasta dormiente per svariati anni per via dell’assenza delle tecnologie necessarie per implementarla171. Nel 2009, con l’emergere della tecnologia blockchain, resa popolare dalla criptovaluta Bitcoin, sono iniziate a materializzarsi delle prime forme di smart contract172, intesi non come contratti in senso giuridico, ma nell’accezione informatica del termine, che identifica codici che utilizzano una logica condizionale per far seguire, al verificarsi di determinate condizioni delle conseguenze previamente individuate173, seppure ancora con potenzialità limitate rispetto a quelle raggiunte attualmente (sulla distinzione tra smart contract in senso giuridico e in senso informatico si tornerà nel prossimo paragrafo).
Nel 2013, l’espressione è stata mutuata nel libro bianco di presentazione dei Ethereum, una piattaforma basata sulla tecnologia blockchain (che in via del tutto introduttiva può essere descritta come un “libro mastro distribuito”, in inglese
000 Xxx. XX XXXXXXX, XXXX, XXXXXX, Smart contracts in Internet Policy Review, vol. 10, n. 2, 2021, cit., 2 disponibile presso: xxxxx://xxx.xxx/00.00000/0000.0.0000, in cui è osservato: «This predictable interaction requires little to no trust amongst the contracting parties: the vending machine has no choice but to deliver the goods upon receiving the money. The technological infrastructure of the machine is a guarantee that the contract will be fulfilled as intended».
171 XXXXXXXXX, Cryptocurrencies, smart contracts, and artificial intelligence in AI Matters, 1, 2014, 19-21.
172 Così XXXXXXX, The genesis of the revolution in Contract Law: Smart Legal Contracts, in Proceedings of the 12th International Conference on Theory and Practice of Electronic Governance (ICEGOV2019), 2019, New York, 374-377, 375, presso: xxxxx://xxx.xxx/00.0000/0000000.0000000 173 BANCA EUROPEA PER LA RICOSTRUZIONE E LO SVILUPPO, CLIFFORD-CHANCE, Smart Contracts: Legal Framework and Proposed Guidelines for Lawmakers, 2018, 6, disponibile presso xxxxx://xxx.xxxx.xxx
“distribuited ledger”, detto così perché è conservato su diversi nodi o “xxxxx”, che insieme formano una rete)174. In questo registro sono annotate in modo tendenzialmente irreversibile determinate informazioni riguardanti l’attività di soggetti che operano nel mercato. All’interno di Ethereum, i programmatori possono creare e distribuire applicazioni decentralizzate che si appoggiano appunto su di un network di computer privati (c.d. “distribued system”), senza che sia necessario l’intervento di terze parti175. Oggi il termine smart contract, nella sua accezione informatica, è utilizzato per riferirsi a porzioni di codice informatico che si collocano all’interno di queste architetture a registri distribuiti e funzionano sulla base della proposizione logica “if this - then that”. Dalle considerazioni introduttive appena svolte, anche alla luce dei modelli presi in considerazione dal legislatore italiano nel recente intervento in materia, emerge che una riflessione giuridica su questo fenomeno non può prescindere da una comprensione di base delle tecnologie su cui esso si basa, in particolare la blockchain: come è stato osservato, gli smart contract possono essere considerati «il prodotto giuridico della forza espansiva di quest’ultima»176 (nonostante, si segnala fin da ora, gli smart contract esistono a prescindere dalla tecnologia blockchain: questa è uno, ma non l’unico, degli strumenti in grado garantirne il funzionamento, come meglio verrà chiarito).
174 V. la definizione data dal Tribunale di Firenze, sez. fallimentare, sentenza n. 18 del 21/1/2019 che ha incidentalmente affrontato la quesitone.
175 BUTERIN, Ethereum whitepaper: A next-generation smart contract and decentralized application platform, 2013 consultabile in italiano xxxxx://xxxxxxxx.xxx/xx/xxxxxxxxxx/
176 LABELLA, Gli smart contract: riflessioni sulle prestazioni “autoesecutive” nel sistema di blockchain, in Media Laws, 2020, 32-45, cit., 33, consultabile presso xxxxx://xxx.xxxxxxxxx.xx/xx-xxxxxxx/xxxxxxx/0000/00/XXX-0-0000-Xxxxxxx-00-00.xxx
1.2 DLT e Blockchain
Si è detto nel primo capitolo del modello logico client/server177 su cui si basa l’architettura di rete: vari client si interfacciano con un server, che gli eroga il servizio richiesto (la struttura è quindi organizzata in maniera gerarchica)178. A questo schema se ne contrappone uno chiamato “Peer to Peer”, un modello alternativo per l’architettura di rete caratterizzato dal fatto che lo scambio informativo si articola tramite una struttura paritetica. È proprio su quest’ultimo modello che si basano le tecnologie a registro distribuito (Distribuited Ledger Technology, DLT), che possono essere descritte come un sistema di database in cui le informazioni sono registrate, consensualmente condivise e sincronizzate tramite una rete composta da vari dispositivi informatici, detti “nodi”. La peculiarità di queste tecnologie è rappresentata dall’adozione del modello Peer-to-Peer per la tenuta di un database. Questa definizione si ricava dalla normativa adottata da Malta nel 2018, che al momento rappresenta uno dei modelli più avanzati in materia179.
La blockchain rappresenta attualmente una delle applicazioni più interessanti delle DLT180. Si può definire la blockchain come particolare forma di registro, distribuito su diversi nodi che si uniscono in un “computing network”
178 Voce “client/server” in Associazione Nazionale Enciclopedia della Banca e della Borsa, disponibile presso:
xxxxx://xxx.xxxxxxxxx.xxx/xxxxx_xxxx.xxx?xxxxxxxxx&x_xxx00&x_xxxxxxx&x_xxx00000-xxxxxx- server
000 XXXXXXXX XX XXXXX, Xxx XXX of 2018, c.d. Virtual Financial Asset Act: An act to regulate the field of Initial Virtual Financial Asset Offerings and Virtual Financial Assets and to make provision for matters ancillary or incidental thereto or connected terewith (art. 2).
180 Di questo parere XXXXX, Crytpo-friendliness: Understanding Blockchain public policy in Journal of Entrepreneurship and Public Policy, 2018, 2 disponibile presso: xxxx://xx.xxx.xxx/00
.2139/ssrn.3215629
(ovvero una rete di calcolo) paritetico, ulteriormente caratterizzata dall’impiego di schemi e regole provenienti dalla crittografia, dagli algoritmi di consenso e dalla teoria dei giochi181. Si può immaginare come una catena composta da anelli (“block”) che contengono al loro interno una serie di informazioni riguardo ad eventi avvenuti; questi blocchi anziché essere contenuti in un server che li conserva e li fornisce ai vari client su richiesta di questi, sono condivisi e replicati tra vari nodi che formano la rete di calcolo in forma crittografata, che si caratterizza per un elevato livello di resistenza alle manipolazioni con effetto retroattivo: tendenzialmente, una volta registrate, le transazioni non possono essere modificate182. Le DLT sono dunque un genus all’interno del quale si colloca la blockchain183.
La blockchain nasce unitamente alle criptovalute, in particolare Bitcoin, che per la diffusione e fama raggiunte è spesso considerato la criptovaluta per antonomasia. Applicata alle criptovalute, questa tecnologia agisce come registro permanente e condiviso dei vari passaggi della moneta tra i soggetti che la utilizzano, in sostanza permettendone così l’esistenza risolvendo il problema del
181 Così XXXXXXX, Smart contract: meccanizzazione del contratto nel paradigma della blockchain, 2019, 26.
182 XXXXXXX, Smart contract: meccanizzazione del contratto nel paradigma della blockchain, 2019, 5.
183 Questo rapporto di genere a specie è stato ben evidenziato in dottrina da XXXXXXXXX, Commento in materia di Blockchain e Smart contract alla luce del nuovo Decreto Semplificazioni, in Diritto mercato tecnologia, 2019, 2, disponibile presso xxxxx://xxx.xxxx.xx: «se è corretta l’affermazione secondo cui tutte le blockchain sono DLT, lo stesso non si può dire al contrario».
Emerge anche dall’esperienza normativa statunitense: v. STATE OF ARIZONA, House Bill n. 2417, An Act Amending Section 44-7003, Arizona Revised Statutes; amending title 44, chapter 26, Arizona Revised Statutes, by adding article 5; relating to electronic transactions, art. 5: «“Blockchain technology” means distributed ledger technology that uses a distributed, decentralized, shared and replicated ledger, which may be public or private, permissioned or permissionless, or driven by tokenized crypto economics or tokenless. The data on the ledger is protected with cryptography, is immutable and auditable and provides an uncensored truth».
“double-spending”184. Le transazioni vengono registrate nella blockchain, che opera come un registro delle transazioni che, differentemente da quanto accade per le tradizionali banche dati, anziché essere contenuto in un solo server che si occupa di conservarlo e aggiornarlo, è condiviso tra i vari soggetti che partecipano al network, i quali possono quindi vedere le transazioni effettuate e i saldi dei conti. Ad ogni partecipante sono assegnate due chiavi crittografiche composte da codici alfanumerici: una è pubblica, e risponde all’esigenza di individuare univocamente il suo possessore (garantendogli al contempo lo pseudonimato all’interno della rete), mentre l’altra è privata, e viene usata per “firmare” le operazioni che egli pone in essere, attestandone la paternità185.
Come è intuibile, una problematica fondamentale che si pone nel sistema appena descritto è quella di garantire che il registro sia aggiornato in maniera univoca e corrispondente a realtà, senza indebite alterazioni: infatti è stato osservato che «in assenza di un ente gerarchicamente sovraordinato agli utilizzatori (la cui eliminazione è proprio l’obiettivo che si intende raggiungere186), avente il compito di sorvegliare le operazioni attraverso il mantenimento una banca dati di riferimento», perché il sistema funzioni è necessaria una garanzia, «uno strumento che sia in grado di conferire al sistema un elevato livello di sicurezza, scongiurando
184 XXXXXXXX, Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System, 2008, consultabile presso: xxxxx://xxxxxxx.xxx/xxxxxxx.xxx.
185 XXXXXXXXXX, XXXXXXXXXXXXX, Blockchains and Smart Contracts for the Internet of Things in IEEE Access, 2016, vol. 4, 2292-2303, cit., 2293 presso: xxxxx://xxx.xxx/00.0000/XXXXXX.0000.0000000 gli autori osservano che questo utilizzo della crittografia asimmetrica genera «authentication, integrity, and nonrepudiation into the network».
186 L’intento di creare un sistema di pagamenti sicuro e affidabile bypassando terze parti (id est istituzioni finanziarie) è chiaramente espresso in XXXXXXXX, Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System, 2008, passim, consultabile presso: xxxxx://xxxxxxx.xxx/xxxxxxx.xxx.
le conseguenze negative di comportamenti fraudolenti o comunque lesivi»187. Questa garanzia, nel sistema Bitcoin, è contenuta da un lato nella crittografia utilizzata per tutelare le informazioni riguardanti le transazioni, e dall’altro in un protocollo di sicurezza che si basa sulla prova di quanto avvenuto, piuttosto che sulla fiducia. Si parla in tal senso di “trustless environment” o “trustless network”, per descrivere questo sistema di affidamento collettivo che prescinde da un rapporto fiduciario tra i partecipanti e dal controllo di parti gerarchicamente sovraordinate alle altre188. I nodi del network che agiscono come validatori hanno il compito di controllare l’autenticità e la correttezza dell’aggiunta del nuovo blocco, aggiornando poi conseguentemente la propria copia del registro. L’obiettivo è raggiungere il c.d. “distributed consensus”, ovvero il consenso tra i nodi riguardo all’aggiunta di ogni block (nel caso della blockchain Bitcoin, ogni blocco conterrà una transazione, mentre in altre applicazioni della tecnologia porterà con sé altri tipi di informazioni, come si approfondirà nel prossimo paragrafo). Esistono vari protocolli per far sì che sia raggiunto il consenso su una transazione: quello utilizzato da Bitcoin è chiamato “Proof-of-Work”, abbreviato “PoW”, un’alternativa è rappresentata dal modello “Proof-of-Stake” (ovvero letteralmente prova della posta in gioco, abbreviato “PoS”). Le basi teoriche di entrambi i sistemi si possono rinvenire nella teoria dei giochi, infatti i nodi tenderanno a collaborare rispettando le regole su cui si basa il protocollo piuttosto che trasgredirle, perché da
187 XXXXXXX, Smart contract: meccanizzazione del contratto nel paradigma della blockchain, 2019, cit., 5.
xxxxx://xxx.xxxxxxxx.xxx/00000000/Xxxxx_xxxxxxxx_xxxxxxxxxxxxxxx_xxx_xxxxxxxxx_xxx_xxxxxxx ma_della_blockchain
188 Così XXXXXXXXXX, XXXXXXXXXXXXX, Blockchains and Smart Contracts for the Internet of Things
in IEEE Access, 2016, vol. 4, 2292-2303, 2292 e 2293.
questa seconda condotta derivano tendenzialmente delle conseguenze più svantaggiose189. In questa sede non interessa approfondire le differenze tra i vari metodi utilizzati per raggiungere il consenso190, basti notare che – indipendentemente dal sistema adottato – il controllo detenuto dai nodi sulle informazioni in un sistema blockchain è minore rispetto a quello del gestore di una banca dati tradizionale, in quanto nel primo caso nessuno dei xxxxx detiene il potere di modificare un’informazione o falsificare una transazione191.
Si segnala che accanto ai sistemi fin ora descritti ne esistono altre tipologie. Quelli di cui si è trattato fin ora sono detti pubblici o permission-less in quanto caratterizzati dall’essere accessibili a tutti, fortemente decentralizzati e autogovernati (ogni utente può infatti unirsi alla blockchain, scaricare una copia del registro e agire come validatore delle transazioni). Ci sono poi sistemi chiusi, c.d. sistemi privati o permissioned, che seguono logiche completamente differenti, più simili a quelle degli ambienti contrattuali legali o convenzionali192, in quanto
189 Così XXXXXXX, Smart contract: meccanizzazione del contratto nel paradigma della blockchain, 2019, 6. Per un’analisi, sia teorica che pratica, dell’applicazione della teoria dei giochi alla risoluzione dei conflitti in ambito di blockchain sia consentito rimandare a: DI XXXXXXX, DI XXXXXXXXX XXXXX, DAS, LIÒ, Resolution of Blockchain Conflicts through Heuristics-based Game Theory and Multilayer Network Modeling in Proceedings of the 21st International Conference on Distributed Computing and Networking (ICDCN 2020), New York, 2020, n. 1, 1-10 consultabile presso: xxxxx://xxx.xxx/00.0000/0000000.0000000,
190 Per la differenza tra i principali sistemi utilizzati per raggiungere il consenso nei vari tipi di network con un approfondimento sulla sicurezza x. XXXXXXXXXX, XXXXXXXXXXXXX, Blockchains and Smart Contracts for the Internet of Things in IEEE Access, 2016, vol. 4, 2292-2303, 2293 ss.
Per un focus sulla sostenibilità di ciascun metodo in termini di dispendio energetico x. XXXXX, XXXXXXX, XXXXXXX, BAHSOON, Selecting miners within blockchain-based systems using evolutionary algorithms for energy optimisation in Proceedings of the Genetic and Evolutionary Computation Conference Companion (GECCO 2021), New York, 2020, 291-292. Disponibile presso: xxxxx://xxx.xxx/00.0000/0000000.0000000.
191 Così XXXXXXXXX, Avoiding the pointless blockchain project: How to determine if you’ve found a real blockchain use case in Multichain, 2015, disponibile presso xxxxx://xxx.xxxxxxxxxx.xxx/xxxx/0000/00/xxxxxxxx-xxxxxxxxx-xxxxxxxxxx-xxxxxxx/
192 Così STAZI, Automazione contrattuale e “contratti intelligenti”, Torino, 2019, 141.
l’accesso e la possibilità di verificare i passaggi da inserire nella blockchain sono riservati solo ad alcuni utenti sulla base di criteri dettati dagli amministratori del servizio (tipicamente questo tipo di network è utilizzato in quelle situazioni in cui per gli stakeholder è preferibile operare in un ambiente controllato, come ad esempio per scopi commerciali oppure per servizi di pubbliche amministrazioni)193. Nelle blockchain permissioned, oltre a venire meno le caratteristiche di autogoverno e decentralizzazione, manca anche l’anonimato, che caratterizza invece solitamente i sistemi permission-less, in cui gli utenti possono mantenere privata la propria identità utilizzando la pseudonimia194. Vi sono poi dei sistemi ibridi, in cui l’accesso può essere aperto oppure sottoposto a limiti, mentre la verifica dei vari blocchi è prerogativa di alcuni utenti selezionati dall’amministrazione del sistema.
1.3 Smart contract code e smart legal contract
Chiarito sinteticamente il concetto e il funzionamento della tecnologia blockchain, ci si può occupare della sua applicazione più interessante dal punto di vista di questa trattazione. Si ritrova da più parti, soprattutto in letteratura anglosassone195, ma anche nella disciplina Maltese in materia di tecnologie a
193 Così XXXXXXXXXX, XXXXXXXXXXXXX, Blockchains and Smart Contracts for the Internet of Things in IEEE Access, 2016, vol. 4, 2292-2303, 2297; analogamente XXXXXXX, Smart contract: meccanizzazione del contratto nel paradigma della blockchain, 2019, 27.
194 Menzionano la caratteristica dell’anonimato garantito dalla pseudonimia CHRISTIDIS, XXXXXXXXXXXXX, Blockchains and Smart Contracts for the Internet of Things in IEEE Access, 2016, vol. 4, 2292-2303, 2297; XXXXXXX, Smart contract: meccanizzazione del contratto nel paradigma della blockchain, 2019, 27,
195 La contrapposizione tra “smart contract code” e “smart legal contract” è stata elaborata da XXXXX, making sense of blockchain smart contracts, 2016, presso: xxxxx://xxx.xxxxxxxx.xxx/xxxxxxx/0000/00/00/xxxxxx-xxxxx-xx-xxxxxxxxxx-xxxxx-xxxxxxxxx/ e ripresa da vari autori, cfr. XXXXXXX, XXXXXXX, The formations of blockchain-based Smart Contracts
registro distribuito196, una distinzione tra smart contract in senso informatico e smart contract in senso giuridico, da ricollegarsi al fatto che non tutte le applicazioni di questa tecnologia si possono ricondurre alla figura del contratto in senso giuridico o a questioni rilevanti dal punto di vista legale: alcune volte rimangono del tutto estranee all’ambito giuridico, altre volte si tratta di mere attività di esecuzione di obbligazioni o comunque di previsioni contrattuali già definite. In via introduttiva, si possono considerare gli smart legal contract uno «specific use case of smart-contract code»197. La distinzione tra cc.dd. smart contract code e. smart legal contract è stata ripresa anche dalla Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (EBRD), che nel 2018 si è occupata del tema in un paper intitolato “Smart Contracts: Legal Framework and Proposed Guidelines for Lawmakers”, con lo scopo di offrire ai legislatori uno strumento interpretativo della materia198. Come
in the light of Contract Law, in European Review of Private Law, 6, 2018, 753-771, 756 ss.; XXXXXXX, The genesis of the revolution in Contract Law: Smart Legal Contracts, in Proceedings of the 12th International Conference on Theory and Practice of Electronic Governance (ICEGOV2019), 2019, New York, 374-377, 375, presso: xxxxx://xxx.xxx/00.0000/0000000.0000000; in letteratura italiana cfr. PIATTI, Dal Codice Civile al codice binario: blockchain e smart contract, in Ciberspazio e diritto, vol. 17, n. 3, Modena, 2016, 335-344; XXXXXXX, Smart contract: meccanizzazione del contratto nel paradigma della blockchain, spec. 11; XXXXXX, Blockchain law: analisi tecnico-giuridica delle reti blockchain e degli smart contracts in Diritto Mercato Tecnologia, Roma, 2020, 21 xxxxx://xxx.xxxx.xx/xx-xxxxxxx/xxxxxxx/0000/00/Xxxxxx-Xxxxxxxxxx_XXX- completo.pdf; mentre in DI CIOMMO, Blockchain, smart contract, intelligenza artificiale (ai) e trading algoritmico: ovvero, del regno del non diritto, in Rivista degli infortuni e delle malattie professionali, Roma, 2019, fascicolo 1, 1-36, 31 s. xxxx://xxx.xxxxxx.xxx/00000/000000 non si trova questa distinzione terminologica, ma l’autore precisan che all’interno della categoria degli smart contract «possono farsi rientrate tanto veri e propri contratti, che vengono perfezionati ed eseguiti (più o meno) integralmente dai sistemi automatizzati, quanto singole fasi di una operazione contrattuale, o anche solo di un’operazione economica», concludendo di conseguenza che «la categoria in questione non ha sostanzialmente - in quanto tale, e cioè intesa come categoria - rilevanza giuridica».
000 XXXXXXXX XX XXXXX, Xxx XXX of 2018, c.d. Virtual Financial Asset Act: An act to regulate the field of Initial Virtual Financial Asset Offerings and Virtual Financial Assets and to make provision for matters ancillary or incidental thereto or connected terewith (art. 2).
197 XXXXX, Making sense of blockchain smart contracts, in Coindesk, 2016, cit., presso xxxxx://xxx.xxxxxxxx.xxx/xxxxxxx/0000/00/00/xxxxxx-xxxxx-xx-xxxxxxxxxx-xxxxx-xxxxxxxxx/
198 Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, Clifford-Chance, Smart Contracts:
Legal Framework and Proposed Guidelines for Lawmakers, 2018, disponibile presso
anticipato nel primo paragrafo, può astrattamente qualificarsi come smart contract (code) ogni genere di operazione che sia espressa in forma algoritmica per essere eseguita in automatico dal sistema, cioè indipendentemente da un ulteriore imput esterno da parte dell’uomo, sulla base delle regole contenute nell’algoritmo. Si è detto dell’analogia tra il funzionamento degli smart contract e i distributori automatici, seguendo entrambi il rapporto logico “if this-then that”: affermando che gli smart contract si “auto-eseguono” si intende in che, al verificarsi di determinate condizioni pre-fissate, il software fa seguire in automatico le conseguenze prestabilite, che possono avere rilevanza legale oppure no. È stato osservato che l’auto-esecuzione è possibile per ogni genere di operazione suscettibile di essere sussunta sotto forma di algoritmo, ferme restando tuttavia «le ineliminabili approssimazioni e rigidità proprie del codice informatico ed il collegamento necessariamente mediato tra quanto risulta certificato all’interno della blockchain e la realtà del mondo analogico»199. Il termine “contract” è sovente utilizzato dalla IT community per riferirsi ai programmi self-executing200, con il termine smart contract (code) si intendono dunque quei software di cui si è detto fin ora,
xxxxx://xxx.xxxx.xxx . Questo obiettivo è così motivato: «in many cases, the existing legal and regulatory framework may already allow for the use of smart contracts (…) in some cases it may be helpful or even necessary for lawmakers to clarify or amend the way in which existing laws can be applied to smart contracts, or to introduce new legislation; for example to recognise the use of distributed ledgers as records of ownership if existing laws would not allow such recognition. This paper is intended to provide a guide for lawmakers in considering these issues and seeking to create a legislative and regulatory environment that facilitates the appropriate use of smart contracts».
199 XXXXXXX, Smart contract: meccanizzazione del contratto nel paradigma della blockchain, 2019, 8
200 Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, Clifford-Chance, Smart Contracts:
Legal Framework and Proposed Guidelines for Lawmakers, 2018, 4 disponibile presso xxxxx://xxx.xxxx.xxx;
A tal proposito in STARK, Making sense of blockchain smart contracts, in Coindesk, 2016 l’autore osserva: «the term has been particularly associated with the Ethereum project, whose primary purpose is to be a platform for smart contract code. But today, the term is used generically across the community to refer to any complex program that is stored and executed on a blockchain».
tipicamente (ma non necessariamente) basati su tecnologie a registri distribuiti, e che seguono il modello logico “if this then that” per eseguire operazioni che possono avere o meno rilevanza giuridica.
Con il termine smart legal contract ci si riferisce invece a quei contratti (in senso giuridico) che sono in tutto o in parte espressi in stringhe di codice informatico e/o eseguiti da un software che si occupa di adempiere in automatico alle obbligazioni contrattuali201. Il risultato auspicato è quello di eliminare in questo modo il rischio dell’inadempimento, rendendo questa opzione in sostanza non praticabile per le parti: è stato a proposito osservato che gli smart contract ambiscono a rappresentare una soluzione che si affianchi alle tutele verticali fornite dall’ordinamento202.
A fronte delle considerazioni appena svolte è opportuno precisare che, come autorevolmente osservato in dottrina, gli smart contract (in generale) non dipendono dalla blockchain per la loro esistenza, ben potendo basarsi su altre
tecnologie in grado di eseguire il rapporto che le parti gli demandano in forza di un accordo precedentemente concluso: non sarebbe possibile pertanto sostenere che la blockchain “permette” l’esistenza e l’auto-esecuzione degli smart contract, piuttosto pare più corretto affermare che la blockchain può facilitare la self- enforceability di un accordo nella misura in cui le parti – confidando
201 La definizione si trova in BANCA EUROPEA PER LA RICOSTRUZIONE E LO SVILUPPO, XXXXXXXX-
CHANCE, Smart Contracts: Legal Framework and Proposed Guidelines for Lawmakers, 2018, 6. 202 XXXXXXX, Smart contract: meccanizzazione del contratto nel paradigma della blockchain, 2019, 11
nell’attendibilità di questo sistema – saranno portate a preferirlo ad altri per la realizzazione di una o più fasi dell’operazione che intendono porre in essere203.
2. Profili di criticità
La definizione di smart legal contract adottata è ampia, tanto che si può immaginare come uno spettro all’interno del quale cui si collocano vari scenari diversi tra loro: vi sono casi in cui la tecnologia riveste, agli occhi del giurista, un ruolo marginale, e altri che invece comportano problemi maggiori, in parte ancora irrisolti. Lungi dal voler rappresentare un elenco esaustivo – che sarebbe impresa ardua, e probabilmente poco proficua – si propongono in questo paragrafo alcune ipotesi a titolo esemplificativo, che servono da punto di partenza per alcune considerazioni eterogenee (come eterogenea è d’altronde la categoria in questione, talmente vasta che mal si presta ad una trattazione unitaria).
Una applicazione di smart contract intorno alla quale si sta sviluppando l’attenzione è quella delle c.d. polizze smart istantanee, ovvero quelle che implicano l’utilizzo di apparecchi tecnologici in grado di trasmettere in tempo reale alla compagnia assicurativa una serie di dati (come ad esempio la condotta tenuta dal conducente di un’autovettura) che possono portare alla modifica dei termini del rapporto negoziale. In queste applicazioni, che si collocano nel paradigma dell’Internet of Things (IoT), l’apporto della tecnologia è prevalentemente limitato
203 Così DI CIOMMO, Blockchain, smart contract, intelligenza artificiale (ai) e trading algoritmico: ovvero, del regno del non diritto, in Rivista degli infortuni e delle malattie professionali, Roma, 2019, fascicolo 1, 1-36, 11.
ad un ruolo di accertamento di condizioni contrattuali già prefissate che – sebbene possa apparire invasivo rispetto alle logiche che tradizionalmente seguono i rapporti tra assicurato e assicuratore – non sembra sollevare particolari problemi sul piano giuridico. La vicenda può essere inquadrata e regolata dalle regole contrattuali fornite dall’ordinamento, sollevando al più questioni di tutela del consumatore per quanto riguarda la consapevolezza delle condizioni204. Tali problematiche con ogni probabilità ben potrebbero essere risolte applicando per analogia le regole sugli obblighi informativi previste dalla disciplina consumeristica in materia di rapporti B2C e contratti conclusi mediante la sequenza del point and click di cui si è detto al cap. II, par. 4.3. Un problema a parte, più tecnico che giuridico, riguarda poi l’esigenza di garantire che la raccolta dei dati da parte dell’apparecchio si svolga correttamente e che la conseguente modulazione delle condizioni contrattuali non si discosti da quanto prefissato205.
Immaginiamo invece uno smart contract utilizzato per la locazione di un immobile: un soggetto scrive un programma in base al quale, al verificarsi una data condizione “A” (che poniamo essere il trasferimento di una “smart key”, un codice per aprire la porta dell’appartamento in un giorno stabilito), fa seguire l’azione “B”, (il trasferimento di una determinata somma in criptovalute). Se, nel momento pattuito, Xxxxx carica la smart key e Xxxx trasferisce la somma, la blockchain
204 Così pare orientato anche DI CIOMMO, Blockchain, smart contract, intelligenza artificiale (ai) e trading algoritmico: ovvero, del regno del non diritto, in Rivista degli infortuni e delle malattie professionali, Roma, 2019, fascicolo 1, 1-36, 7.
205 Questa esigenza è evidenziata in DI CIOMMO, Blockchain, smart contract, intelligenza artificiale (ai) e trading algoritmico: ovvero, del regno del non diritto, in Rivista degli infortuni e delle malattie professionali, Roma, 2019, fascicolo 1, 1-36, 7.
provvede ad inoltrare la chiave a quest’ultimo. Diversamente, se Xxxxx non effettua il trasferimento entro il lasso di tempo prestabilito, la blockchain genera in automatico il rimborso a Caio. Un primo aspetto vantaggioso per entrambi è che non essendoci intermediari (ad esempio un’agenzia immobiliare), si avrà presumibilmente una riduzione della spesa da un lato e un aumento del profitto dall’altro. Un secondo aspetto riguarda la certezza dell’adempimento fornita da un lato dal meccanismo di garanzia di auto-esecuzione dell’accordo, e dall’altro dal fatto che nessuno può modificare il programma senza che le altre parti siano immediatamente informate, neanche chi predispone il sistema.
Un’ipotesi che pone invece una serie di interrogativi dal punto di vista giuridico si rinviene nel caso in cui la decisione di stipulare un contratto sia posta in essere da software che, eseguendo gli algoritmi con cui sono programmati, al verificarsi di determinate condizioni assumono decisioni autonomamente, ovvero senza bisogno di un ulteriore impulso esterno da parte dell’uomo. È questo il caso dei cc.dd. agenti software, in grado di interagire con l’ambiente in cui operano e di rapportarsi con eventuali controparti (umane o artificiali), conformando la propria condotta alle informazioni che acquisiscono, potendo altresì modificare le scelte future sulla base dell’esperienza maturata. Per via di questa attitudine ad evolvere, è rischioso considerare questi agenti un mero mezzo con cui si manifesta la volontà della parte contraente (umana) che si avvale del loro apporto206: come è stato osservato da autorevole dottrina, l’operato di questi agenti «molto difficilmente può essere
206 Questa soluzione è stata sostenuta da FINOCCHIARO, La conclusione del contratto telematico mediante i «software agents»: un falso problema giuridico?, in Contratto e impresa, Padova, 2002, 500-509.
ricondotto ad una precisa volontà umana o alla responsabilità del programmatore»207. Una soluzione alternativa sarebbe quella di inquadrare questo fenomeno nell’istituto della rappresentanza, applicando per analogia la disciplina della rappresentanza contrattuale, ma ciò implicherebbe il riconoscimento di una soggettività giuridica in capo a questi agenti, e anche questa soluzione pare forzata208. Il paper della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo del 2018 sembra propendere per la prima soluzione prospettata, suggerendo ai legislatori di orientarsi verso il riconoscimento del software come un “messaggero” della volontà della parte che se ne avvale209.
Vi è poi una problematica di base comune a tutti gli esempi proposti, ovvero quella della lingua. È stato osservato da attenta dottrina che gli smart contract segnano il ritorno del linguaggio sotto forma elitaria, comprensibile a pochi, in quanto «implicano di per sé un radicale spostamento dalla sfera del linguaggio naturale al codice – da predisposizioni comprensibili ad un agente umano medio ad un linguaggio elaborabile dalla macchina»210. La Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo propone di risolvere la questione mediante l’applicazione del principio della «free choice of language». Viene suggerito ai legislatori di equiparare, all’interno dei vari ordinamenti, il linguaggio di programmazione alle lingue “naturali”, riconoscendo espressamente al primo la
207 DI CIOMMO, Blockchain, smart contract, intelligenza artificiale (ai) e trading algoritmico: ovvero, del regno del non diritto, in Rivista degli infortuni e delle malattie professionali, Roma, 2019, fascicolo 1, 1-36, 8.
208 Per un approfondimento sulla questione sia concesso rimandare a XXXXXXXX, ROMANO, SAGRI, La responsabilità degli agenti software per i danni prodotti a terzi, in Informatica e diritto, vol. 11, n. 2, Napoli, 2002, 157-167, 159 ss.
209 Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, Clifford-Chance, Smart Contracts:
Legal Framework and Proposed Guidelines for Lawmakers, 2018, 18 ss.
210 PIGNALOSA, Il consumatore calcolante: contributo allo studio del contratto telematico, Napoli, 2020, cit., 28
qualifica di «contractual language», in modo da autorizzare le parti a concludere accordi scritti in linguaggio di programmazione. Eventuali problemi di comprensione da parte di queste andrebbero di conseguenza trattati alla stregua di quelli posti da qualunque altra lingua211.
Questa soluzione pare praticabile nel caso di contratti standardizzati, conclusi per adesione, in cui si potrebbe ovviare alle difficoltà di comprensione del contenuto tramite la predisposizione di documenti informativi, seppur con particolari cautele nel caso in cui si tratti di rapporti business to consumer212. Questioni diverse e più spinose si pongono nel caso in cui il contenuto del contratto sia frutto dell’accordo tra le parti: questo “nuovo” linguaggio solleverebbe una barriera semantica difficilmente aggirabile, in quanto è caratterizzato da una intrinseca ed inevitabile rigidità, che potrebbe rendere difficile per le parti esprimere esattamente le loro intenzioni (a maggior ragione nel caso in cui si avvalgano di un intermediario addetto alla predisposizione del codice). È stato osservato che «proprio in ragione di questa mancanza di flessibilità, risulta di importanza primaria che il codice informatico alla base dello smart contract sia, da un lato, esente da anomalie o vulnerabilità e, dall’altro, in grado di rappresentare fedelmente l’assetto di interessi che le parti intendono effettivamente realizzare»213:
211 Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, Clifford-Chance, Smart Contracts:
Legal Framework and Proposed Guidelines for Lawmakers, 2018, cit., 17 in cui è rilevato a tal proposito che «there may be good arguments to support the view that this freedom should not necessarily be limited to natural languages».
212 Per ovviare a questo problema è stato prosettato un impiego della figura limitatamente ai rapporti tra imprese e professionisti: DI SABATO, Gli smart contracts: robot che gestiscono il rischio contrattuale, in Contratto e impresa, n. 2, 2017, 378-402, 393.
213 XXXXXXX, Smart contract: meccanizzazione del contratto nel paradigma della blockchain, 2019, cit., 18.
le parti potrebbero infatti incontrare delle difficoltà che «si acuiscono ancorché si consideri che le istruzioni immesse nelle blockchain essendo decentralizzate e, pertanto, non modificabili, finiscono con l’assumere un tale livello di prescrittività e stabilità che impedisce la correzione di qualsiasi errore, il quale verrebbe eseguito così come codificato»214. Dunque il contratto, una volta cristallizzato in linee di codice e lanciato il programma, finirebbe con l’essere sottratto dalla volontà delle parti, che non potrebbero modificarne il contenuto a proprio piacimento neppure tramite il mutuo consenso, distaccandosi notevolmente dalle logiche del contratto “tradizionale” in ambito privatistico.
Un ultimo profilo di criticità che pare opportuno menzionare prima riguarda il fatto che i caratteri dell’irrevocabilità e irreversibilità della blockchain non sono assoluti215. Così come per aggiungere un blocco occorre raggiungere il “distribuited consensus”, sarebbe, in linea teorica, possibile rimuovere o modificare un’operazione già registrata tramite quello che si potrebbe chiamare “distribuited contrarius consensus” o “distribuited dissensus”. Sarebbe necessaria la cooperazione di una quantità sufficiente di partecipanti al sistema tale da rappresentare la maggioranza ai sensi del meccanismo di consenso concretamente adottato. Così facendo, tuttavia, verrebbero irrimediabilmente violati i principi di certezza e immodificabilità delle transazioni che stanno alla base dell’intero sistema, causando una perdita di fiducia: si è evidenziato nel par. 1 come la
214 PIGNALOSA, Il consumatore calcolante. Contributo allo studio del contratto telematico, Napoli, 2020, cit., 28.
215 STAZI, Automazione contrattuale e “contratti intelligenti”, Torino, 2019, 104.
blockchain possa facilitare la self-enforceability di un accordo solo nella misura in cui le parti la preferiscano ad altre per la realizzazione delle operazioni che intendono porre in essere sulla base di una valutazione circa l’affidabilità di questo sistema216.
3. Normativa
3.2 In ambito europeo
All’interno dell’Unione Europea è promosso un clima di favore nei confronti delle tecnologie a registro distribuito e dei risvolti applicativi della blockchain e degli smart contract. Svariate le iniziative in merito, soprattutto per quanto riguarda la promozione del digital internal market e la creazione di un panorama normativo il più possibile armonico.
La Commissione Europea ha di recente lanciato un progetto esplorativo dal nome evocativo “Blockchain4Eu” con lo scopo di individuare gli utilizzi esistenti e potenziali delle tecnologie a registri distribuiti all’ambito dell’industria (con particolare riferimento alle piccole-medio imprese), nonché identificare le possibili prospettive di legislazione in materia. All’evento di chiusura del progetto è stato presentato un report conclusivo volto a fornire evidenze scientifiche al processo di policy making, che contiene, tra le altre cose, alcune considerazioni interessanti per quanto riguarda la sostenibilità degli smart contract e la presentazione di un
216 Per un più esaustivo approfondimento sulle modalità con cui una blockchain potrebbe essere alterata retroattivamente sia consentito rimandare a XXXXXXX, Smart contract: meccanizzazione del contratto nel paradigma della blockchain, 2019, 18 s.
prodotto dell’IoT in grado di ottimizzare il dispendio di energia elettrica (e ridurre conseguentemente i costi associati all’utilizzo di questa tecnologia) 217.
Per promuovere l’utilizzo della blockchain, è stata creata la European Blockchain Partnership (EBP), con l’obiettivo di facilitare l’accesso e la fruizione dei servizi pubblici digitali transfrontalieri e favorire la collaborazione tra gli stati membri tramite lo scambio di expertise, sia dal punto di vista tecnico che con riguardo alla regolamentazione. Tra i vari progetti, significativo è quello rivolto alla creazione della “European Blockchain Services Infrastructure” (EBSI), una “blockchain comunitaria” che deve fungere da infrastruttura per il settore pubblico e privato all’interno dell’unione garantendo elevati standard di sicurezza.
Nel 2018 il Parlamento europeo ha poi pubblicato una risoluzione dal titolo “Tecnologie di registro distribuito e blockchain: creare fiducia attraverso la disintermediazione” con l’obiettivo di sottolineare le potenzialità delle DLT in termini di promozione del mercato interno e di riduzione dei costi tramite l’eliminazione di intermediari nelle transazioni. In questo contesto il Parlamento ha rivolto alla Commissione un duplice invito: da un lato di promuovere l’elaborazione in seno alle organizzazioni internazionali (quali ISO, UIT e CEN-CELENEC) di una normativa specifica che si occupi della questione dal punto di vista tecnico, e dall’altro di perseguire lo scopo di creare una disciplina unitaria comune agli stati membri per evitare la frammentazione della disciplina nel mercato interno218.
217 NASCIMENTO, POLVORA, LOURENÇO, #blockchain4eu: blockchain for industrial transformations, Xxxxxxxxxx, 0000, disponibile presso: xxxxx://xxxxx.xx.xxxxxx.xx/xxxxxxxxxxx/xxxxxxxxxx/xxxxxxxxxx0xx/
218 Risoluzione del Parlamento europeo del 3 ottobre 2018. Tecnologie di registro distribuito e blockchain: creare fiducia attraverso la disintermediazione, P8TA-PROV(2018)0373.
Un altro contributo è rappresentato dal report “How Blockchain Technology Could Change Our lives” pubblicato nel febbraio 2020 dell’European Parliamentary Research Service per assistere i membri del parlamento europeo nel loro lavoro, fornendo una base di partenza teorica e analizzando otto diverse applicazioni della tecnologia, tra cui anche gli smart contract, in un paragrafo intitolato: «smart contract: if code were law»219.
A metà 2020 l’European Innovation Council (EIC) della Commissione ha assegnato un premio di cinque milioni di euro a sei progetti incentrati sulla ricerca di soluzioni innovative per l’utilizzo della tecnologia blockchain in ambito sociale, in particolare per quanto riguarda l’economia circolare e il c.d. fair trade, in quanto una possibile applicazione di tale tecnologia potrebbe essere rivolta aumentare la trasparenza nei processi di produzione.
Si segnala infine che nel dicembre dello 2018 è stata sottoscritta la Dichiarazione ministeriale dei Paesi dell’Europa meridionale sulle tecnologie basate su registri distribuiti da i paesi appartenenti all’EuroMed 7 (Cipro, Francia, Grecia, Italia, Malta, Portogallo e Spagna), che si sono impegnati a collaborare per implementare la comprensione e lo sviluppo delle DLT220.
219 XXXXXXX, XXXXXXXXXX, KRITIKOS, How blockchain technology could change our lives, European Parliamentary Research Service - Scientific Foresight Unit, Brussels, 2017, spec. 14-16, consultabile presso:
xxxxx://xxx.xxxxxxxx.xxxxxx.xx/XxxXxxx/xxxxxx/XXXX/0000/000000/XXXX_XXX(0000)000000_X N.pdf
220 Dichiarazione ministeriale dei Paesi dell’Europa meridionale sulle tecnologie basate su registri distribuiti, Brussells, 2018.
3.3 Italia
Per quanto riguarda l’esperienza domestica, si segnala un primo impulso intervenuto sul piano strategico: nel dicembre 2018, è stato nominato dal Ministero dello Sviluppo Economico un pool di trenta esperti per indagare l’intelligenza artificiale e le DLT al fine di risolverne i problemi di regolamentazione e individuare gli strumenti idonei a promuoverne l’applicazione in svariati settori e applicazioni, tra cui anche gli smart contract, con l’obiettivo finale di elaborare una strategia nazionale in materia.
Sul piano legislativo, invece, l’Italia si è dotata di una normativa con il decreto legge 14 dicembre 2018, n. 135 (c.d. decreto semplificazioni) coordinato con la legge di conversione 11 febbraio 2019 n. 12 recante appunto disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione. L’art. 8-ter del d.l. 135/2018 è rubricato «tecnologie basate su registri distribuiti e smart contract» e fornisce una definizione di entrambi i termini, rispettivamente al primo e secondo comma.
Il primo comma prevede:
«Si definiscono “tecnologie basate su registri distribuiti” le tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l’aggiornamento e
l’archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili»221.
La disposizione, così come è formulata, solleva il dubbio che il legislatore abbia utilizzato l’espressione “tecnologie basate su registri distribuiti” come sinonimo di blockchain222: alcuni degli aggettivi utilizzati per descrivere le tecnologie a registri distribuiti, come ad esempio la verificabilità dei dati da parte di ciascun partecipante, sono infatti tipici dei sistemi blockchain, in particolare nella loro declinazione permission-less. L’inalterabilità e l’immodificabilità, in particolare, possono essere caratteristiche anche della più ampia categoria costituita dalle DLT, ma non ne sono propri: questa circostanza è messa nero su bianco dalla già citata normativa dell’Arizona in materia223, nonché da quella Maltese che si esprime in termini che meglio corrispondono allo stato delle cose:
«software and architectures which are used in designing and delivering DLT which ordinarily, but not necessarily:
(a) uses a distributed, decentralized, shared and, or replicated
ledger;
(b) may be public or private or hybrids thereof;
(c) is permissioned or permissionless or hybrids thereof;
221 Art. 8-ter decreto legge 14 dicembre 2018, n. 135 così come coordinato con la legge di conversione 11 febbraio 2019 n. 12, recante disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione.
222 Condividono queste perplessità XXXXXXX, Smart contract: meccanizzazione del contratto nel paradigma della blockchain, 26; BOMPREZZI, Commento in materia di Blockchain e Smart contract alla luce del nuovo Decreto Semplificazioni, in Diritto mercato tecnologia, 2019, 2, disponibile presso xxxxx://xxx.xxxx.xx, che commenta così l’errata sovrapposizione tra DLT e blockchain: «se è corretta l’affermazione secondo cui tutte le blockchain sono DLT, lo stesso non si può dire al contrario», SIMBULA, La normativa italiana DLT, in XXXXXXXXXX, XXXXXXXX (a cura di), Blockchain e smart contract. Funzionamento, profili giuridici e internazionali, applicazioni pratiche, Milano, 2019, 140-170.
223 Cfr. nota 18.
(d) is secure to a high level against retrospective tampering, such that the history of transactions cannot be replaced;
(e) is protected with cryptography; and
(f) is auditable»224.
Gli attributi di inalterabilità e l’immodificabilità richiesti dal legislatore italiano per la qualificazione delle DLT rappresentano un ulteriore profilo di criticità225. Si è già avuto modo di spiegare che questi caratteri non sono del tutto assoluti nell’ambito del paradigma della blockchain226, conseguentemente vi è il pericolo che tale disciplina rimanga lettera morta, in quanto la definizione proposta dal legislatore domestico, se applicata letteralmente, è tanto stringente da rischiare di escludere, in definitiva, qualsiasi DLT dal campo applicativo227. Più felice appare invece, anche sotto questo aspetto, l’espressione utilizzata nella sopracitata disciplina maltese, in cui si menziona un livello di sicurezza in termini potenziali e meno assoluti: «secure to a high level against retrospective tampering, such that the history of transactions cannot be replaced».
224 REPUBLIC OF MALTA, Act. XXXIII of 2018, cit., First schedule, Innovative Technology Arrangements.
225 Perplessità condivisa anche da SIMBULA, La normativa italiana DLT, in XXXXXXXXXX, XXXXXXXX (a cura di), Blockchain e smart contract. Funzionamento, profili giuridici e internazionali, applicazioni pratiche, Milano, 2019, 140-170, 142 s.
226 V. par. 2
227 X. XXXXXXX, Smart contract: meccanizzazione del contratto nel paradigma della blockchain, 2019, cit., 27, l’autore osserva inoltre che: «paradossalmente, pretendere che le architetture DLT assicurino la totale immodificabilità delle informazioni in esse contenute comporterebbe una ancor più difficile rispondenza di tali tecnologie alle esigenze in materia di protezione della riservatezza richieste dalle normative nazionali ed europee. Basti soltanto pensare al diritto alla rettifica o alla cancellazione dei dati personali, previsti dagli artt. 16 e 17 del General Data Protection Regulation».
Altro aspetto da evidenziare è che, nonostante la tematica riguardi senza dubbio un’innovazione tecnologica di portata significativa, che ha riscosso peraltro
– come si è accennato nel precedente paragrafo – un acceso interesse in ambito europeo, il legislatore ha scelto di lasciare la norma al di fuori del codice dell’amministrazione digitale (d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82), che dovrebbe essere il principale riferimento in materia di innovazione e promozione della “società dell’informazione”.
Veniamo finalmente alla definizione di smart contract contenuta nel secondo comma dell’art. 8-ter:
«Si definisce “smart contract” un programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse. Gli smart contract soddisfano il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall'Agenzia per l'Italia digitale con linee guida da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto»228.
Da una prima lettura del testo emerge che il legislatore italiano non ha accolto la distinzione tra smart contract in senso informatico e smart contract in senso giuridico, che invece si ritrova nel più volte citato contributo della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo229, nonché nella disciplina dettata dal
228 Art. 8-ter decreto legge 14 dicembre 2018, n. 135 così come coordinato con la legge di conversione 11 febbraio 2019 n. 12, recante disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione.
229 Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, Clifford-Chance, Smart Contracts:
Legal Framework and Proposed Guidelines for Lawmakers, 2018, 6.
legislatore maltese230. Non perviene nessuna distinzione neanche dal punto di vista del ruolo che la tecnologia assume nei confronti dell’accordo contrattuale: a seconda che si tratti di ipotesi in cui lo smart contract automatizza un accordo preesistente, intervenendo meramente nell’attività di esecuzione di obbligazioni o comunque di previsioni contrattuali già definite, oppure di ipotesi in cui lo smart contract costituisce il rapporto fra le parti, derivano eterogenee situazioni e potenziali problematiche231.
Anche in questo secondo comma dell’art. 8-ter si rinviene una significativa ambiguità semantica, che tuttavia pare meno grave in quanto più facilmente risolvibile rispetto a quella presente nel primo comma. È la stessa ambiguità che si è tentato di scongiurare nella stesura di questo capitolo evitando di utilizzare l’espressione “esecuzione” per riferirsi al momento in cui il programma degli smart contract viene “lanciato” in contesti in cui non fosse chiaro il riferimento all’accezione “informatica” del termine rispetto a quella giuridica di esecuzione di un contratto.
È probabile che l’infelice formulazione del legislatore derivi dalla traduzione dell’espressione inglese “to execute a program”, che applicata ai programmi informatici identifica il momento in cui il codice viene elaborato dal sistema232, e in particolare con riferimento agli smart contract individua il momento in
000 XXXXXXXX XX XXXXX, Xxx XXX of 2018, c.d. Virtual Financial Asset Act: An act to regulate the field of Initial Virtual Financial Asset Offerings and Virtual Financial Assets and to make provision for matters ancillary or incidental thereto or connected terewith, art. 2.
231 Per un esaustivo approfondimento su questa distinzione x. XXXXXX, Blockchain law: analisi tecnico-giuridica delle reti blockchain e degli smart contracts in Diritto Mercato Tecnologia, Roma, 2020, 21 ss.
232 Cfr. voce “executable” nel glossario di definizioni contenuto in Techtarget, consultabile presso: xxxxx://xxxxxxxxxxxxxx.xxxxxxxxxx.xxx/xxxxxxxxxx/xxxxxxxxxx: «In computers, to execute a program is to run the program in the computer, and, by implication, to start it to run. In usage, people run
cui il codice dello smart contract viene elaborato all’interno della rete computazionale basata sui registri distribuiti, che segna il momento in cui si genera il vincolo tra i soggetti coinvolti. Come è stato giustamente osservato, se invece si volesse conferire all’espressione utilizzata dal legislatore la sua accezione giuridica di momento in cui le parti eseguono le prestazioni dedotte nell’accordo, «la norma parrebbe far dipendere l’efficacia del vincolo dal fatto che le prestazioni previste nello smart contract siano state concretamente effettuate»233.
Passando infine al secondo periodo del comma 2, si segnala che il legislatore si è occupato dell’efficacia probatoria attingendo al codice dell’amministrazione digitale, predisponendo un meccanismo che riprende in parte quello previso dall’art. 20 comma 1-bis dello stesso, come modificato da ultimo dal d.lgs. 13 dicembre 2017, n. 217234.
Dal quadro così delineato emerge una disciplina che verosimilmente richiederà un ulteriore intervento del legislatore, sia per correggere le ambiguità (in particolare quelle contenute nel comma 1) onde dirimere i dubbi originati dall'imperfezione della formulazione della norma, sia per allargare il discorso a vari
programs and systems execute them. That is, a system user asks the system to run the program (or sets it up so that this happens automatically at a certain time) and, as a result, the system executes the program. Typically, we don't say that a program is executing; we say that it is running».
233 XXXXXXX, Smart contract: meccanizzazione del contratto nel paradigma della blockchain, 2019, cit., 28.
234 «Il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del codice civile quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’AgID ai sensi dell’articolo 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all’autore. In tutti gli altri casi, l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza
aspetti non trattati: basti pensare che, come è stato osservato da attenta dottrina, non pervengono cenni circa «l’incentivo economico che è il vero motore che garantisce la sicurezza del registro stesso»235. Si consideri inoltre il già menzionato aspetto della mancata distinzione tra le ipotesi in cui lo smart contract automatizza un accordo preesistente e quelle in cui lo smart contract costituisce il rapporto fra le parti, che sarebbe stato invece necessario in quanto da questi differenti scenari derivano potenziali problematiche molto diverse tra loro. In ragione delle opportunità offerte da queste tecnologie, si auspica dunque un’implementazione della disciplina fin qui illustrata.
4. Quali prospetive?
Si è accennato nei precedenti paragrafi a quelli che potrebbero essere alcuni vantaggi degli smart legal contract: massimizzazione dell’efficienza negli scambi, riduzione del rischio di inadempimento e conseguente aumento della fiducia delle parti (e quindi più in generale benefici dal punto di vista del buon andamento del mercato), potenziale riduzione dei costi negoziali e deflazione del contenzioso.
Ebbene, il realizzarsi in concreto di questi vantaggi dipende da numerose circostanze. Allo stato delle cose, a parere di chi scrive, non è possibile affermare che l’utilizzo degli smart contract in luogo di contratti tradizionali si traduca in
235 SIMBULA, La normativa italiana DLT, in XXXXXXXXXX, XXXXXXXX (a cura di), Blockchain e smart contract. Funzionamento, profili giuridici e internazionali, applicazioni pratiche, Milano, 2019, 140-170, cit., 142.