PROVVEDIMENTO 21 gennaio 1999
PROVVEDIMENTO 21 gennaio 1999
Accordo Stato-regioni per la "Riorganizzazione del sistema di assistenza ai tossicodipendenti".
LA CONFERENZA PERMANENTE
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano Vista la proposta di accordo in oggetto, avanzata dal Ministro della sanità sulla
riorganizzazione del sistema di assistenza ai tossicodipendenti, trasmesso il 23 dicembre 1998, nella stesura definitiva, a seguito di quanto concordato in sede tecnica Stato-regioni il l° dicembre 1998;
Visto l’art. 2, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, che affida a questa Conferenza il compito di promuovere e sancire accordi secondo quanto previsto dall’art. 4 del medesimo decreto legislativo;
Visto l’art. 4, comma 1, del predetto decreto legislativo, nel quale si prevede che in questa Conferenza, Governo, regioni e province autonome, in attuazione del principio di leale collaborazione, possano concludere accordi al fine di coordinare l’esercizio delle rispettive competenze e svolgere attività di interesse comune;
Acquisito l’assenso del Governo e dei presidenti delle regioni e province autonome, espresso nel corso di questa seduta, ai sensi dell’art. 4, comma 2, del richiamato decreto legislativo n. 281 del 1997;
Sancisce
il seguente accordo nei termini sottoindicati: Governo, regioni e province autonome convengono sui seguenti obiettivi, contenuti nel documento per la riorganizzazione del sistema di assistenza ai tossicodipendenti, che, allegato al presente atto, ne costituisce parte integrante:
1. Nell’ambito delle finalità complessive del Servizio sanitario nazionale il sistema di assistenza pubblico alle persone con problemi di uso, abuso o dipendenza da sostanze opera per il conseguimento dei seguenti obiettivi:
a) offerta di tutte le prestazioni terapeutiche e assistenziali riconosciute valide ai fini del trattamento della persona;
b) prevenzione della mortalità la morbosità legate alle tossicodipendenze e/o all’abuso di sostanze, con particolare riferimento alla mortalità da episodi acuti;
c) raccolta degli elementi informativi (di base e specifici) necessari per la definizione epidemiologica della entità e caratteristiche del problema;
d) adeguata formazione del personale in servizio e aggiornamento permanente dello stesso;
e) valutazione periodica dei risultati terapeutici e del conseguimento degli obiettivi assistenziali;
f) collaborazione con le altre istituzioni coinvolte nella strategia complessiva di contrasto del fenomeno della droga.
2. Le amministrazioni regionali definiscono:
a) la programmazione regionale delle attività nel settore della prevenzione, cura e riabilitazione delle dipendenze da sostanze d’abuso;
b) il modello organizzativo tipo che le aziende devono adottare per il conseguimento degli obiettivi di cui al precedente art. 2;
c) le regole e modalità di instaurazione di un ottimale rapporto tra le aziende sanitarie e gli enti e associazioni private;
d) i programmi di formazione del personale del sistema di assistenza, anche in collaborazione con le strutture istituzionali della formazione;
e) le regole per i controlli, le verifiche e la valutazione dei risultati delle attività realizzate dal sistema di assistenza.
3. Nell’ambito degli obiettivi complessivi del sistema di assistenza e sulla base delle indicazioni della programmazione regionale nel settore delle tossicodipendenze, le Aziende unità sanitarie locali:
a) definiscono la programmazione locale del settore e la conseguente progettazione degli interventi;
b) stabiliscono le responsabilità relative del programma, con particolare riferimento al coordinamento delle unità operative, secondo il modello organizzativo stabilito dalla regione;
c) effettuano la rilevazione dei bisogni assistenziali, sulla base dei dati epidemiologici;
d) organizzano la conseguente articolazione degli interventi preventivi, terapeutici, di tutela della salute di riabilitazione e reinserimento sociale, realizzando un bilanciamento fra la facilitazione dell’accesso al servizio e la razionalizzazione dell’offerta di prestazioni fra le varie unità operative;
e) adottano le misure idonee ad una ottimale integrazione delle attività intra-aziendali con quelle extra-aziendali del medesimo settore, definendo, fra gli altri, protocolli di collaborazione con le altre amministrazioni coinvolte;
f) verificando l’applicazione degli standard di funzionamento del settore, procedendo al controllo delle unità operative riguardo alla partecipazione al programma dell’Azienda.
4. Le unità operative specializzate del settore delle tossicodipendenze garantiscono la erogazione delle seguenti prestazioni:
a) attività di accoglienza e diagnosi multidisciplinare;
b) terapie farmacologiche specifiche e non, compreso il monitoraggio clinico e laboratoristico;
c) attività di screening, prevenzione e partecipazione alla cura delle patologie correlate all’uso di sostanze;
d) psicodiagnosi e attività di sostegno e di "counseling";
e) attività di riabilitazione;
f) raccolta dati locali delle rilevazioni epidemiologiche in campo sanitario e sociale;
g) attuazione, secondo il programma e in base all’articolazione organizzativa delle strategie aziendali, degli interventi di prevenzione primaria, reinserimento lavorativo, medicina specialistica, trattamenti psicoterapeutici specialistici.
Roma, 21 gennaio 1999 Il presidente
BELLILLO
Il segretario CARPANI
ACCORDO STATO-REGIONI
RIORGANIZZAZIONE DEL SISTEMA DI ASSISTENZA AI TOSSICODIPENDENTI
Principi ispiratori delle attività assistenziali.
La riorganizzazione dei servizi del settore non può avvenire senza che siano riconfermati alcuni principi fondamentali, dai quali non si può prescindere se si vuole permettere il proseguimento delle attività e garantire un miglioramento degli interventi.
E’ fortemente raccomandato che i servizi si occupino di tutte le sostanze d’abuso, incluse quelle legali; è inopportuno che essi siano centrati esclusivamente sull’eroina, e nemmeno sulle problematiche specifiche della "dipendenza", ma devono poter rispondere anche ai più generali aspetti connessi all’abuso di sostanze. Proprio per sviluppare e consolidare gli interventi sulle nuove tematiche poste dall’uso/abuso di sostanze, cui i servizi debbono rispondere, si includono in questo documento linee di orientamento inerenti le nuove droghe e l’alcolismo.
Al centro dell’interesse dei servizi deve esserci la "persona", quale soggetto portatore di un bisogno, indipendentemente da una effettiva richiesta di "intervento terapeutico" - ancor meno dalla possibilità di effettuare un trattamento "drug free" - e dalla disponibilità a recarsi presso la sede del servizio.
L’obiettivo generale è quello di tutelare la salute del soggetto (globalmente intesa), un compito che comprende una lista di possibili obiettivi specifici, da quello - più ambizioso e non sempre immediatamente conseguibile - di una completa riabilitazione a quello più limitato, ma non per questo da trascurare, della induzione di uno "stile di vita" meno rischioso.
In questa ottica, è inopportuna, all’interno del servizio pubblico, una metodologia di lavoro viziata da giudizi "morali" sulla tossicodipendenza, ma deve prevalere una strategia di "aiuto globale" agli utenti basata, ovviamente, non su una generica volontà di assistere, ma sulla offerta di prestazioni classificabili come "professionali".
Nell’ambito dei servizi è importante che si affermi sempre più il carattere "interdisciplinare" degli interventi, cosi definito per la capacità delle differenti realtà e qualifiche professionali di interagire positivamente a livello della singola persona assistita.
Ugualmente non adeguata la persistenza del concetto "irrecuperabilità"; qualunque utente deve ricevere, ovviamente diverse forme, tutto l’aiuto possibile con un serio lavoro che gli consenta di raggiungere una condizione di personale benessere (si pensi ad esempio anche ai
pazienti con patologia psichiatrica associata per i quali molto spesso non può esservi equilibrio senza una continua terapia farmacologica).
Non esiste una risposta elettiva per risolvere il problema delle dipendenze, ma una serie di strumenti i quali concorrono al raggiungimento di un risultato positivo solo se opportunamente integrati. In un campo particolare quale quello delle dipendenze, l’applicazione di modelli terapeutici, specie se compiuta seguendo meccanicamente schemi teorici di riferimento ed in assenza di processi di verifica dei bisogni della persona, può risultare non solo inefficace ma addirittura dannosa; il momento della valutazione diagnostica, pertanto, è di importanza fondamentale e deve costituire, insieme con una definizione della "prognosi", il punto di partenza di qualsiasi intervento.
La riorganizzazione di un settore così complesso, infine, va basata non su una concezione dell’uso/abuso/ dipendenza di sostanze come "patologia unica", ma, piuttosto, su una visione più ampia e problematica, dalla quale consegue una risposta assistenziale altrettanto articolata, estesa a prestazioni estranee alla specifica competenza del Sert - malattie infettive (HIV/AIDS, MST, tubercolosi, epatiti, ecc,), disturbi psichiatrici, assistenza alle donne e all’infanzia - o, addirittura all’ambito dell’azienda sanitaria - disagio giovanile, prevenzione primaria, ecc.
Compiti specifici del sistema assistenziale.
L’assetto normativo attuale del Servizio sanitario nazionale non consente di allestire a livello nazionale e in parte nemmeno a quello regionale, una regolamentazione dettagliata e rigida del modello organizzativo di assistenza come fu invece realizzata nel decreto ministeriale n. 444, del 1990; persiste, ovviamente, la possibilità di proporre sulla base di una riflessione teorica o, preferibilmente, dell’esperienza di alcune sperimentazioni pilota, alcuni indirizzi generali circa le risposte più idonee a raggiungere gli obiettivi che ci si prefissa. Un forte impulso a livello nazionale per ridefinire, in accordo con le regioni, l’inserimento del nucleo dei Sert in un modello operativo aziendale rappresenta, alla luce di quanto sopra, un passo indispensabile affinché gli indirizzi organizzativi vengano ripresi con la identificazione, da parte delle regioni dei centri di finanziamento (ai sensi dell’art. 2, del decreto legislativo n.
502/1992) e la delimitazione, nei piani delle aziende, del ruolo delle strutture che erogano prestazioni in tale ambito.
Per questo motivo, ma anche alla luce dell’esperienza della attivazione dei Sert, sembra opportuno, prima di entrare nel merito della descrizione dei modelli organizzativi, soffermarsi sulla definizione dei compiti da considerare istituzionali ed inderogabili per il sistema di assistenza. Ciò per garantire che la priorità assegnata, a livello nazionale, alla problematica della tossicodipendenza, non venga perduta nella fase di applicazione regionale e, ancor più, aziendale, degli indirizzi programmatori.
È peraltro ovvio che anche una definizione di obiettivi risulta quanto mai debole se non si identificano i centri di responsabilità competenti e il modello organizzativo adottato. In tal senso, sembra più consono alla attuale impostazione del servizio sanitario pubblico proporre una serie di indicatori relativi sia al processo produttivo che ai suoi esiti, basati, in entrambi i casi, sulla valutazione dell’impatto che l’intervento induce sulla salute della popolazione (tossicodipendente e non), piuttosto che sui singoli individui, in base alle risorse disponibili.
Senza pretesa di esaustività e di definizione di dettaglio, sembra di poter includere nelle competenze tutte le seguenti:
l’offerta di tutte le prestazioni terapeutiche e assistenziali riconosciute valide ai fini dell’aiuto alla persona con problemi di abuso (di sostanze stupefacenti, ma anche di alcool, farmaci, ecc.) e alle persone coinvolte; questo concetto di "offerta completa" va riferito ad un territorio di una certa vastità e popolazione, identificabile - in media - con la azienda sanitaria; tuttavia, trattandosi di prestazioni estremamente diversificate, in termini di complessità professionale,
costi e numerosità di possibili beneficiari, occorrerà realizzare un accurato bilanciamento fra l’esigenza di un facile accesso al servizio e la razionalizzazione dell’offerta di interventi;
l’attuazione di misure specifiche per ridurre la mortalità e la morbosità legate alla tossicodipendenza e/o all’abuso di sostanze, con particolare riferimento alla mortalità da episodi acuti;
la raccolta degli elementi informativi (di base e specifici) necessari per una definizione epidemiologica delle caratteristiche locali del problema;
la partecipazione alle strategie aziendali e locali relative alla prevenzione primaria e alle problematiche relative;
la formazione permanente del personale in servizio e la collaborazione con le strutture istituzionali della formazione;
la valutazione periodica dei risultati terapeutici e del conseguimento degli obiettivi assistenziali;
la collaborazione con le altre istituzioni coinvolte, per la definizione della strategia locale complessiva di contrasto del fenomeno della droga.
Da questa lista di obiettivi possono essere già ricavati una serie di indicatori per la valutazione del processo (es.: percentuale di tossicodipendenti del territorio che risultano in contatto o in trattamento, attività e funzionalità del rapporto con le altre istituzioni) o di risultato (diminuzione della mortalità e morbosità - globale o solo dei soggetti in trattamento - diminuzione della prevalenza di comportamenti a maggior rischio, ecc.), fatta salva l’applicazione, ambito delle tecniche di pianificazione, programmazione, controllo.
Dimensione organizzativa.
Tenuto conto che al raggiungimento degli obiettivi propri dell’area delle dipendenze concorrono molteplici unità operative e servizi appartenenti a tutte le strutture primarie dell’azienda unità sanitaria locale (distretto, ospedale, ecc.), nonché altri soggetti ed enti pubblici e privati che, a vario titolo e con varia responsabilità, operano sul territorio, il modello organizzativo "dipartimentale" sembra essere una valida modalità di affrontare tutti gli aspetti connessi all’abuso di sostanze, nell’ottica dell’integrazione all’interno del comparto sanitario e tra questo e i servizi sociali.
La definizione delle caratteristiche di un modello dipartimentale efficiente ed efficace non è semplice e non è esplicitamente prevista (anche se, ovviamente, neppure esclusa) nell’assetto della "Azienda sanitaria tipo" definito dal decreto legislativo n. 502/1992, e successive modificazioni.
Il dipartimento, previsto dal decreto legislativo n. 502/1992, art. 4, per gli ospedali, si può configurare come una entità di livello aziendale alla quale è affidato il coordinamento tecnico- scientifico oppure la gestione delle risorse dei centri di responsabilità coinvolti nell’area della dipendenza. In tale modello sono previste modalità di integrazione inter-istituzionale, con il coinvolgimento di comunità terapeutiche, associazioni di volontariato, gruppi di auto-aiuto, ecc.
Al dipartimento compete, quindi, la programmazione, la negoziazione con la direzione generale, la realizzazione e la valutazione del "Progetto sostanze d’abuso", anche per quel che concerne le risorse assegnate; deve, pertanto, provvedere:
- a garantire il massimo livello di contrasto delle dipendenze, attraverso l’articolazione degli interventi preventivi, terapeutici, di tutela della salute, di riabilitazione e reinserimento sociale;
- alla rilevazione dei bisogni assistenziali (sulla base dei dati epidemiologici), collaborando alla ridefinizione dei carichi di lavoro di cui al decreto legislativo n. 29/1993;
- ad integrare le attività svolte nell’ambito dell’azienda (consulenze, gestione dei ricoveri in ambiente ospedaliero, prevenzione e cura di patologie correlate; ecc.) con quelle delle strutture accreditate (comunità, associazioni di volontariato, gruppi di auto-aiuto, ecc.);
- ad esercitare funzioni di controllo, garantendo una strategia complessiva d’intervento e pari dignità dei compiti operativi delle diverse sedi e settori, nonché dei soggetti che vi operano;
- a verificare, sulla base delle indicazioni regionali, l’applicazione degli standard di funzionamento del settore e in particolare dei Sert, attraverso la definizione delle procedure, l’individuazione e il controllo degli indicatori di qualità delle strutture operative e la verifica del raggiungimento degli obiettivi;
- a stabilire, sulla base delle indicazioni regionali, un "protocollo di collaborazione" anche con altre amministrazioni (prefetture, istituzioni scolastiche, sistema carcerario, comuni, ecc.) definendo con chiarezza gli obiettivi prioritari e le competenze dei singoli componenti della "rete", evitando la dispersione o la sovrapposizione delle risorse.
All'interno delle competenze assegnate al dipartimento un ruolo assolutamente prioritario riveste la programmazione del settore e la progettazione degli interventi. L’esigenza attuale di razionalizzare gli interventi e le risorse, garantendo efficienza ed efficacia con costi e modalità compatibili con l’assetto complessivo del Servizio sanitario nazionale, rende indispensabile l’attività di programmazione, finora quasi del tutto elusa.
Si tratta di mettere in atto un cambiamento culturale profondo, di iniziare a considerare l’attività di programmazione come una iniziale e fondamentale fase di un processo, necessaria per operare scelte rispondenti alle reali esigenze del territorio.
Attraverso una puntuale attività di programmazione, esercitata da tutte le istanze nel proprio ambito, sono individuate le problematiche prioritarie sulle quali formulare proposte di carattere tecnico e metodologico, con l’esplicitazione degli obiettivi che si intendono perseguire e delle modalità per raggiungerli.
Ne deriva quindi la necessità di prevedere, nell’ambito della programmazione, anche la verifica del conseguimento degli obiettivi, valutazione degli interventi e dei risultati raggiunti.
L’attività di programmazione costituisce la base per la formulazione del budget aziendale, che non è un insieme di cifre, ma un piano complessivo di attività correlate alle risorse finanziarie disponibili, in rapporto agli obiettivi prioritari che l’azienda si è data al fine di rispondere alle reali esigenze del territorio.
Fra i modelli organizzativi prospettabili, tenuto conto dell’autonomia di indirizzo regionale possono essere distinte due tipologie essenziali:
a) un dipartimento non dotato di una specifica configurazione gerarchico-amministrativa, al quale afferiscono, mantenendo le specifiche attribuzioni e competenze (in quanto dotate di proprio budget), le varie realtà coinvolte nell’area assistenziale della tossicodipendenza, sotto la guida di una figura di coordinamento (c.d. Dipartimento tecnico-funzionale);
b) un dipartimento che, al contrario, presenta una piena autonomia gestionale (nei limiti previsti dalla generale organizzazione dell’azienda) e nel quale le unità organizzative aziendali coinvolte operano in condizioni di dipendenza gerarchica da una specifica figura apicale, che controlla anche le risorse e definisce le convenzioni con le strutture accreditate (c.d. Dipartimento strutturato).
La direzione o il coordinamento del dipartimento sarà affidata ad un "esperto" del settore, di livello dirigenziale ed individuato, normalmente, tra i responsabili delle unità operative afferenti al dipartimento stesso. Xxxxx, compiti, funzioni e durata dell’incarico del responsabile/ coordinatore sono determinati dalla direzione dell’azienda secondo le indicazioni regionali.
Al fine di garantire una reale funzionalità e coordinamento per ambedue i tipi di dipartimento, è raccomandato che siano istituiti nel loro interno e secondo le indicazioni regionali, un "Comitato ristretto di dipartimento" ed un "Comitato allargato".
Nel caso del dipartimento tecnico-funzionale, al comitato ristretto potranno partecipare tutte le strutture che in via prevalente si occupano di tossicodipendenze, sia pubbliche socio- sanitarie (Sert e comunità pubbliche) che private (comunità, centri di accoglienza, ecc.) accreditate sulla base di criteri di qualità definiti dalle singole regioni.
Nel caso del dipartimento strutturato, il comitato ristretto provvederà, invece, la presenza delle sole strutture aziendali.
Il comitato ristretto sarà il vero organo di programmazione interna del dipartimento - e di gestione nel caso del dipartimento strutturato - al quale compete la predisposizione di un progetto generale di intervento.
Questo organo garantirà pluralità, trasparenza e pari dignità tra le varie unità operative, consentendo, inoltre, di incentivare l’applicazione del moderno modello aziendale a "responsabilità diffusa e coordinata", evitando concentrazioni di potere deresponsabilizzanti e demotivanti le singole unità operative.
Tutte le strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali autorizzate, che a vario titolo, ma non come attività principale, operano nel campo delle tossicodipendenze, saranno coinvolte nelle attività del dipartimento all’interno del comitato allargato nel quale, nel caso del dipartimento strutturato, saranno inserite anche le comunità terapeutiche accreditate.
L’adozione dell’uno o dell’altro modello, presenta, inevitabilmente, vantaggi e svantaggi; per tale motivo è fortemente raccomandato che le regioni, oltre a valutare accuratamente in sede di programmazione, secondo le esigenze specifiche del proprio territorio e sulla base delle caratteristiche della domanda assistenziale e delle tipologie dell’offerta (pubblica, privata, e mista) quale sia la scelta più opportuna, stabiliscano contestualmente anche gli opportuni strumenti di verifica delle decisioni adottate. In ogni caso è opportuno che sia disposto dal dipartimento un piano per i centri di costo da cui siano evidenziabili le risorse destinate alle singole unità ed i risultati gestionali conseguiti.
La specificità e complessità del settore raccomanda che il dipartimento, qualunque sia il modello scelto dalla regione, abbia una precisa identità ed autonomia.
Unità operative Sert.
All’interno del modello dipartimentale, comunque definito, è fortemente raccomandato che continui ad avere un ruolo determinante l’unità operativa istituzionalmente assegnata alle problematiche più specifiche dell’abuso di sostanze (Sert) anche se, a differenza del passato, la sua funzione andrà ad integrarsi con quella delle altre componenti del dipartimento, nell’ambito del piano complessivo d’intervento.
Il trasferimento della dimensione progettuale e di coordinamento a livello del dipartimento potrebbe far pensare ad una funzione di minor rilievo del Sert, così come di altre strutture operative a prevalente attività clinica, nell’ambito dell’azienda. Tuttavia, occorre ricordare che in passato, in molte realtà, la centralità del ruolo del Sert è stata più formale che sostanziale; al contrario la riaffermazione dell’importanza delle attività legate alla prevenzione e alla cura dell’abuso di sostanze, concretizzata dall’istituzione di specifici dipartimenti aziendali, consentirà di dare globalmente più rilevanza e visibilità al settore, valorizzando, di conseguenza, il ruolo del Sert.
Una delle caratteristiche precipue del Sert, che lo distingue da altri servizi, è la contemporanea presenza, nell’ambito del "pacchetto di prestazioni" offerte, di interventi "di base" e "specialistici"; già il decreto ministeriale n. 444 del 1990 identificava in questa "completezza" dell’offerta terapeutico-assistenziale un possibile incentivo per l’utenza, una previsione che sembra perfettamente confermata dalle periodiche rilevazioni del Ministero della sanità.
Ovviamente, tenuto conto che anche per le strutture pubbliche avrà luogo una procedura di accreditamento, il Sert dovrà garantire livelli minimi di prestazioni, in particolare per quanto riguarda la prima accoglienza, la diagnosi, la cura e riabilitazione, mentre sarà compito del dipartimento proporre un’articolazione ottimale all’interno dell’azienda di unità operative che garantiscano all’utenza le prestazioni più complesse. In ogni caso è fortemente raccomandato che i Sert assicurino la maggior flessibilità e complessità di prestazioni possibile per qualificare ulteriormente il sistema assistenziale.
Fatta salva l’emanazione di norme specifiche in materia di accreditamento, tra le prestazioni che il servizio dovrebbe garantire, per poter operare, devono essere comprese le seguenti:
pronta accoglienza e diagnosi;
terapie farmacologiche specifiche, sostitutive e non, compreso il monitoraggio clinico e laboratoristico;
attività di screening, prevenzione e partecipazione alla cura delle patologie correlate all’uso di sostanze;
psicodiagnosi e attività di sostegno e di "counseling"; attività di riabilitazione;
"Focal point" della ricerca epidemiologica e sociale;
partecipazione alle attività del dipartimento (prevenzione primaria - trattamenti psicoterapici - collaborazione con agenzie di reinserimento sociale e lavorativo).
Dovrebbe, inoltre, garantire requisiti strutturali dignitosi nonché un accettabile rapporto tra programma ed obiettivi perseguiti e risorse di personale disponibili.
I servizi operanti in area metropolitana dovrebbero, inoltre, garantire, sulla base delle indicazioni e dotazioni previste dalle rispettive regioni, una capacità di intervento su specifiche popolazioni a rischio (ad es. immigrati, extracomunitari, ecc.), nonché un adeguato supporto ed azione integrata con la istituzione carceraria.
Fatte salve eventuali norme relative alle dotazioni di organico, è fortemente raccomandato che le regioni provvedano, secondo le proprie esigenze e specificità ad individuare gli indicatori e i parametri di funzionalità per la definizione delle necessità di personale all’interno dei servizi.
I rapporti con il privato.
Anche nel delicato settore dei rapporti con il privato, l’evoluzione normativa del Servizio sanitario nazionale richiede un superamento della situazione attuale, sia per quanto riguarda le modalità della collaborazione con le strutture (che avrà luogo tramite la procedura dell’accreditamento) che per quanto concerne le dinamiche dei percorsi terapeutici e il ruolo stesso degli ex enti ausiliari.
Occorre premettere che la piena applicazione del "disegno strategico" di riforma del decreto legislativo n. 502/1992 sul rapporto pubblico-privato (peraltro ancora in fase precoce di realizzazione anche per le altre realtà del Servizio sanitario nazionale), orientato alla concorrenzialità tra i produttori di servizi, appare particolarmente difficoltosa nel campo delle tossicodipendenze; ciò non solo per la complessità e specificità, più volte rimarcata, di questo settore, ma, in maggior misura, per alcune peculiari caratteristiche dello sviluppo storico dell’offerta di assistenza nel nostro Paese:
a) la forte connotazione dell’offerta del settore privato, realizzata, nella quasi totalità dei casi, da enti "non profit" e improntata, almeno in larga parte (sia in relazione alle modalità di finanziamento delle convenzioni che alla filosofia di intervento), al modello comunitario classico, con percorsi terapeutici "drug-free"; questo tipo di offerta ha condizionato, ovviamente, la tipologia dei pazienti candidati ad un trattamento presso le strutture private e, conseguentemente, l’adozione di metodologie di diagnosi e "selezione" specificamente orientate;
b) il ruolo conseguentemente molto ampio svolto dal servizio pubblico, al quale da un lato il "mercato" ha fatto carico delle responsabilità assistenziali relativamente all'80-90% dei pazienti (inclusi i più gravi e difficili), dall’altro la legge ha assegnato il compito di "filtro regolatore" dell’ingresso nel sistema privato, tanto dal punto di vista della singola persona (valutazione diagnostica) che più in generale, di verifica e controllo delle strutture e dei trattamenti; è superfluo sottolineare la difficoltà di esercitare correttamente questo doppio ruolo;
c) la visione spesso differente del problema della tossicodipendenza e delle risposte da dare alle persone coinvolte, una situazione conseguente, in parte, alla strutturazione organizzativa ricordata, ma legata, soprattutto, ai differenti percorsi storico-culturali e, in particolare, formativi ed esperienziali, degli operatori dei due settori, con le relative implicazioni negative.
Occorre riconoscere che questa situazione è attualmente in notevole evoluzione, per il percorso spontaneo di "professionalizzazione" compiuto, con grandi sforzi personali, dagli operatori di molte realtà, e, in alcune situazioni locali, dall’attuazione di politiche regionali e/o aziendali mirate a favorire la formazione comune e la integrazione nell’attività di assistenza.
È, pertanto, fortemente raccomandato che la revisione della organizzazione miri a favorire e accelerare questa evoluzione positiva, definendo con chiarezza un obiettivo finale di parità piena fra i due settori, ma nel contempo stabilendo anche un percorso con numerose tappe intermedie, evitando "fughe in avanti" che, nella attuale instabilità, verosimilmente causerebbero solo incomprensioni, ritardando ulteriormente il conseguimento di un risultato auspicato da tutti.
Possibili misure nella corretta direzione potrebbero essere le seguenti:
1) l’ampliamento delle tipologie di "pacchetti di prestazioni" private acquistabili, non ristretto perciò, come attualmente avviene, alle sole strutture comunitarie residenziali e semiresidenziali; ciò porterebbe da un lato al riconoscimento delle numerose iniziative avviate dal privato sociale in questi anni (centri crisi, unità di strada, programmi brevi, ecc.), dall’altro ad orientare le "nuove offerte" verso settori probabilmente più carenti piuttosto che verso le tipologie classiche per le quali sussiste, al momento, un apparente "surplus" di offerta;
2) la elaborazione di percorsi formativi comuni ai due settori, con particolare riguardo al problema della valutazione diagnostica e della definizione dei percorsi terapeutici, stabiliti sulla base degli oggettivi bisogni della persona. piuttosto che orientati ad una modalità di trattamento e, comunque, indipendenti dalla istituzione di appartenenza dell’operatore che accoglie il paziente;
3) l’incentivazione (tramite, ad esempio, la semplificazione delle procedure burocratiche) di esperienze di integrazione territoriale basate sulla accettazione di un sistema di regole condiviso dal pubblico e dal privato e sulla adozione di strumenti e metodologie comuni per la definizione dei percorsi terapeutici.
È opportuno che un’ulteriore riflessione successiva affronti il problema della separazione del ruolo "di controllo" del pubblico da quello di "produttore di servizi", un aspetto particolarmente delicato, anche perché non è pensabile l’esercizio di una funzione di verifica senza l’apporto di precise competenze tecniche, al momento riscontrabili quasi esclusivamente all’interno del Sert.
È fortemente raccomandato che le regioni, in sede di recepimento di questo documento, indichino chiaramente il percorso e la modalità propria, scelti per una diversa e più avanzata definizione del rapporto pubblico-privato.
La programmazione degli interventi e il coordinamento extra-aziendale.
La definizione di obiettivi da conseguire e la adozione di un modello organizzativo non possono avere luogo al di fuori di una visione complessiva e dinamica della realtà dell’assistenza sanitaria e di quella sociale che ad essa va più o meno ampiamente a sovrapporsi.
È opportuno che una iniziativa nazionale di revisione degli assetti prefiguri lo scenario nel quale i dipartimenti si troveranno ad operare.
Pur sicuramente differenziato da una realtà all’altra; in base alle scelte politiche che verranno operate, il futuro del settore dovrà fare i conti con i seguenti processi:
a) la sempre maggiore riduzione del ruolo di controllo amministrativo dello Stato, accompagnato, auspicabilmente, da un maggior ruolo di indirizzo tecnico e di mediazione con le istanze provenienti dall’Unione europea;
b) la diminuzione delle funzioni di carattere gestionale dell’ente regione (lasciato alle aziende), a favore di un ruolo di indirizzo-valutazione, con compiti di programmazione a "maglie" più o meno larghe;
c) la riproposizione di un ruolo di rilievo dei comuni e degli enti locali, sia per quanto riguarda le problematiche dell’assistenza sociale che la possibilità (pur con modalità tutte da definire) di influenzare le strategie delle aziende sanitarie;
d) un possibile nuovo ruolo fra le realtà coinvolte, specie per quanto riguarda la prevenzione, di altre amministrazioni ed enti pubblici (prefetture, provveditorati agli studi, ecc.), che potrebbero acquisire una maggiore autonomia e conseguentemente svolgere una funzione differente.
È evidente che queste dinamiche complesse, se possono contribuire, adeguatamente coordinate e indirizzate, allo sviluppo di nuove idee e di risorse aggiuntive, ove fossero lasciate a se stesse e ad iniziative individuali, non potrebbero che portare ad ulteriore confusione, sovrapposizioni e scambio di ruoli in definitiva a sprechi delle già scarse risorse.
Il ruolo fondamentale dello Stato e ancor più delle regioni, da attuare tramite la realizzazione di specifici piani (progetti-obiettivo) del settore delle tossicodipendenze e la costituzione - ai vari livelli - di commissioni tecniche ad ampia rappresentatività delle realtà coinvolte (pubbliche e private), costituisce indubbiamente un momento indispensabile per riuscita della strategia complessiva.
È, però, a livello locale, ove hanno luogo, in concreto, la gestione dei fondi e l’organizzazione dei servizi, che la questione del coordinamento si presenta più problematica e dovrà essere avviato un percorso programmatico preciso e condiviso.
In questo senso, riveste ancor più importanza il ruolo che il Dipartimento può assumere, per la sua collocazione nell’ambito delle strutture dell’azienda con funzione strategico- programmatoria, quale interfaccia dell’azienda medesima con la costellazione degli attori chiave coinvolti.
È fortemente raccomandato che i rapporti di cooperazione siano il più possibile regolamentati anche tramite la creazione di un apposito tavolo di confronto, o comitato locale, che predisponga un piano o progetto di intervento per l’area delle tossicodipendenze e definisce chiaramente, alla luce delle impostazioni nazionali e regionali, gli obiettivi locali dell’intervento, le strategie da impiegare, i ruoli di ciascun ente coinvolto e le metodologie per la valutazione dei risultati la programmazione delle iniziative.
Indicazioni finali.
Per verificare l’applicazione delle indicazioni del presente documento e per valutarne l’impatto è costituito presso il Ministero della sanità un gruppo di "controllo" composto da tre componenti ministeriali e tre esponenti regionali che dopo un anno dall’approvazione del presente accordo relazionerà al Ministro della sanità e alla Conferenza dei presidenti delle regioni e province autonome.
A cadenza annuale verrà prodotta una relazione di sintesi dello stato di applicazione e della situazione dei Servizi per le tossicodipendenze. I componenti il gruppo di controllo saranno indicati rispettivamente dal Ministro della sanità e dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e province autonome.
Il problema dell’alcooldipendenza.
La necessità di una riorganizzazione dei servizi sanitari operanti nel campo della dipendenza da alcool e della patologia alcoolcorrelata si pone oggi soprattutto in relazione alle seguenti esigenze:
1) incrementare l’attività e la diffusione di questi servizi, che dovranno essere posti in grado di rispondere a una domanda di assistenza e di prevenzione sempre attuali e di crescente ampiezza e complessità, nei confronti della quale finora, peraltro, non sono stati assicurati, nel territorio nazionale, livelli di assistenza uniformi in relazione a uno standard minimo;
2) razionalizzare gli interventi in modo da garantire agli stessi efficacia ed efficienza con costi e secondo modalità compatibili con l’assetto complessivo generale del servizio sanitario nazionale così come delineato dalla più recente normativa di riforma (decreto legislativo n. 502/1992 e seguenti);
3) migliorare qualitativamente i servizi adattandone i moduli organizzativi anche ai vincoli posti dalla correttezza tecnico-scientifica degli interventi, che dovrà essere oggetto di adeguata valutazione.
Sono state pertanto individuate le seguenti linee programmatiche da attuare, ai sensi del decreto legislativo n. 502/1992, attraverso gli strumenti normativi e di programmazione di competenza sia del Ministero della sanità, per quanto attiene alla determinazione degli obiettivi fondamentali e alle linee generali di indirizzo, sia delle regioni, in particolare per quanto attiene alla determinazione dei principi sulla organizzazione dei servizi e sulla attività destina alla tutela della salute (decreto legislativo n. 502/1992, art. 2, comma 2).
Facendo riferimento a quanto delineato ai punti 1), 2) e 3), si propone pertanto quanto segue.
E’ fortemente raccomandato che le regioni definiscano specifiche risposte organizzative per i problemi legati all’alcoolismo, secondo modelli quantitativamente e qualitativamente dimensionati alla domanda dei territori di appartenenza, assicurando ai livelli di ogni azienda unità sanitaria locale un efficiente coordinamento delle risorse a ciò deputate; a tal fine, come linea di indirizzo generale, si raccomanda l’inserimento delle attività di assistenza alle persone con problemi di alcoolismo nell’ambito del dipartimento delle dipendenze descritto nei paragrafi precedenti.
Tale scelta non intende esaurire tutta la complessità della fenomenologia derivante dal consumo inadeguato di alcool nella esclusiva attenzione ai fenomeni di dipendenza conclamata o alla sua prevenzione. Si è consapevoli, ad esempio, della importanza del fenomeno dell’abuso estemporaneo finalizzato allo sballo, o del carattere culturale di certe tipologie di consumo in eccesso, che richiedono certamente interventi preventivi che, per la parte di competenza possono essere assunti anche dal sistema sanitario.
Compito istituzionale più specifico del Servizio sanitario nazionale è però garantire al minor costo la più efficace risposta ai problemi sanitari; essendo la dipendenza l’esito sanitario più complesso dell’uso della bevanda alcoolica, per la molteplicità dei suoi inevitabili correlati medici, psicologici e sociali, appare corretto collocare gli interventi nell’ambito di una struttura finalizzata alla prevenzione, trattamento e riabilitazione delle dipendenze, ferma restando la necessità di incrementare le attività di prevenzione sul territorio, che per le dipendenze da sostanze legali si pongono come particolarmente pertinenti.
La scelta del dipartimento appare in grado di soddisfare le esigenze di efficaci risultati ai minori costi di cui ai punti 1), 2) e 3), ed appare inoltre come il modello organizzativo attualmente più disponibile e più in linea con le scelte strategiche di politica sanitaria a livello nazionale, per affrontare con la dovuta preparazione e le adeguate risorse i problemi complessi.
Tale scelta potrà garantire un’area specifica di intervento per l’alcooldipendenza nell’ambito di una struttura ad ampio spettro, il dipartimento, destinata al trattamento dei problemi relativi a dipendenze, in grado di assicurare disponibilità di risorse logistiche, strumentali e umane adeguate alla complessità dei problemi, nonché risposte interdisciplinari integrate, a livello medico, psicologico e sociale.
Una struttura dipartimentale deputata a svolgere le funzioni di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo in relazione a prevenzione trattamento e riabilitazione dei soggetti dipendenti da sostanze, e alle altre attività a ciò connesse, in grado di salvaguardare la specificità di ciascuna tipologia di dipendenza ma contestualmente di ottimizzare l’attività delle diverse professionalità richieste per questi compiti, appare un modello adeguato e conveniente dal punto di vista gestionale per realizzare le finalità sopra esposte.
Nell’ambito della concreta operatività dei servizi sarà però opportuno salvaguardare con molta forza la specificità (anche logistica) di alcuni spazi destinati alla dipendenza da alcool, soprattutto per quanto attiene al trattamento e alla riabilitazione.
È fortemente raccomandato che ciascuna regione, nell’ambito della autonomia organizzativa e normativa prevista dall’attuale assetto legislativo. individui, per quanto riguarda l’alcooldipendenza, l’articolazione degli specifici servizi deputati alle attività operative.
Resta comunque opportuno che ciascun dipartimento si doti almeno di una équipe alcoologica di carattere multidisciplinare collocata nell’ambito del servizio (o dei servizi) ritenuto più idoneo.
Tale équipe potrà costituire il punto focale per gli interventi di secondo livello, ossia di diagnosi, di trattamento e di riabilitazione, nonché per il concreto raccordo con altri luoghi della rete funzionale definiti dalla programmazione dipartimentale, ivi comprese le strutture ospedaliere, le altre agenzie del volontariato, dell’associazionismo, del privato sociale e del privato disponibili sul territorio e utilizzabili ai fini suddetti.
È fortemente raccomandato che venga posta particolare attenzione, nell’ambito della rete funzionale di servizi che fanno capo al dipartimento, al coordinamento con i reparti ospedalieri che ricoverano i soggetti con patologie alcoolcorrelate, in quanto per questa tipologia di pazienti il ricovero ospedaliero è spesso la prima occasione di contatto con una struttura curante, che pertanto deve esserne adeguatamente valorizzata ai fini della prevenzione primaria, secondaria e terziaria, con adeguati programmi che utilizzino tutte le risorse dipartimentali a disposizione.
Nell’ambito di tali risorse è, pertanto opportuno comprendere un modulo operativo ospedaliero cui faccia capo un numero predeterminato di posti letto individuato dalla regione tenendo conto della prevalenza delle patologie alcoolcorrelate, ma comunque di dimensioni limitate (si propongono orientativamente tre posti letto per un bacino di 300.000 persone), inserito nell’ambito di uno o pii reparti interessati (medicina generale, neurologia, Psichiatria, gastroenterologia, ecc.), che preveda l’utilizzo del personale infermieristico del reparto, ma aperto alle attività del personale delle strutture territoriali del dipartimento. Tale modulo avrà una relativa autonomia funzionale nell’ambito ospedaliero, ma sarà inserito, con specifiche funzioni, nell’ambito dei piani di lavoro del dipartimento, di cui attuerà, tramite personale proprio, i programmi relativi al sostegno e alla riabilitazione in fase di ricovero.
Il modulo dovrebbe occuparsi di problemi di dipendenza a prescindere dalla specifica sostanza di abuso, anche in funzione della crescente prevalenza di soggetti politossicodipendenti.
Su tale modulo non si ritengono opportune indicazioni più dettagliate in merito agli aspetti gestionali e di responsabilità, che potranno più propriamente essere affrontati e risolti dalle singole regioni nel rispetto delle relative specificità.
Il modello organizzativo del dipartimento potrà consentire l’attuazione di protocolli di trattamento aderenti ai modelli scientifici e professionali più accreditati e adeguati ai singoli casi, codificati in appositi programmi, nonché il controllo degli stessi e dei relativi esiti.
In tale modello la valutazione diagnostica, l’esplicitazione di una prognosi e il controllo dei risultati, da esprimersi in termini che tengano conto della complessità medico-psico-sociale della alcooldipendenza, verranno pertanto ad assumere una importanza centrale e il criterio di scelta di programmi e strumenti non potrà prescindere dal loro accreditamento sul piano scientifico (al livello di tutte le discipline interessate) e dalla valutazione clinica.
I programmi di trattamento del dipartimento e i relativi protocolli saranno il nucleo attorno al quale si struttureranno gli interventi dei soggetti erogatori, pubblici, privati e del volontariato a livello sanitario.
Il dipartimento attingerà ampliamente a tutte le risorse che il territorio offre, non solo a quelle pubbliche, dunque, ma anche a quelle del volontariato, del privato sociale e del privato, sia professionali che non professionali, salvaguardando la differenziazione delle specificità e le
garanzie richieste dalla normativa in atto per ciascuna tipologia di intervento, creando adeguate modalità di connessione tramite gli opportuni accordi e convenzioni, nel rispetto del principio, sancito dal decreto legislativo n. 502/1992, che la natura pubblica del servizio sociosanitario prescinde dalla natura giuridica (pubblica o privata) del soggetto erogatore.
E’ evidente come alcuni livelli delle problematiche alcologiche, come quelli che attengono alla prevenzione e in particolare alla trasmissione culturale dei modelli di consumo e agli stili di vita, oppure al reinserimento sociale richiedano interventi di valenza più prettamente sociale, e richiamino pertanto alle competenze e agli interessi di altre autorità non sanitarie. A tali livelli non si può non confermare l’esigenza di xxxxxxxx sul piano operativo fra le istituzioni e le agenzie sanitarie e quelle che genericamente possiamo definire "sociali"; il dipartimento tanto più si qualificherà, quanto più avrà la capacità di collaborare con le altre amministrazioni, diverse da quella sanitaria (prefetture, scuole, carcere, ma anche enti locali e comunità) a vario titolo chiamate ad intervenire nel campo della lotta alla alcooldipendenza.
Sarà però opportuno definire con precisione una chiara distribuzione delle competenze istituzionali per allocare le necessarie risorse umane, strumentali e finanziarie nelle sedi più adeguate e rispondere così, in modo altrettanto adeguato alle esigenze poste dai diversi livelli dei problemi.
Problematiche emergenti: Le nuove droghe.
Il numero di droghe presenti sul mercato illecito è in continuo aumento e anche se alcune di queste sostanze scompariranno presto, altre resteranno stabilmente prescritti per anni.
Inoltre, nuove modalità di consumo appaiono repentinamente per non essere sostituite da altre. Alcune sostanze sono realmente "nuove", ma, altrettanto frequentemente, ciò cui si assiste è la presenza di aspetti "nuovi" che riguardano le persone che assumono sostanze già conosciute da tempo, le motivazioni dell’assunzione, il sistema di produzione e la rete di distribuzione. Un sistema di servizi che intende seguire questi cambiamenti rischia di trovarsi sempre in grave ritardo e non in grado di cogliere in tempo reale le modificazioni che i consumatori, i produttori e le regole dei mercati impongono. D’altra parte, non giova alla comprensione del fenomeno l’utilizzo esclusivo degli schemi di riferimento che i servizi, pubblici e del privato sociale, hanno costruito in questi anni, basandosi sulle caratteristiche e le necessità degli utenti eroinomani.
La risposta ai nuovi bisogni e tendenze, se vuole essere fondata, per quanto possibile, su presupposti razionali e non semplicemente su una sorta di "esigenza etico-professionale" di dare immediatamente risposte al problema, magari con azioni generiche e scoordinate dovrà basarsi, innanzitutto, su un preliminare approfondimento conoscitivo della diffusione e delle caratteristiche del consumo di droghe sintetiche a livello locale. Si tratta di un’informazione che, oltre a costituire il fondamento dei programmi di prevenzione, risulta indispensabile anche alla costruzione di una mappatura complessiva del problema (a livello regionale e nazionale), nell’ottica di allestimento di un sistema di monitoraggio più ampio ("sistema rapido di allerta") che l’Unione europea ha chiesto ai governi dei vari Paesi (e di conseguenza agli operatori del settore) di voler con ogni mezzo contribuire a realizzare.
Oltre a questo, è opportuno che le iniziative da realizzare tengano conto di una serie di riflessione sulla strategia complessiva:
non vi è società che non abbia assistito alla diffusione di sostanze psicoattive al proprio interno. Gli adolescenti non sono educati a crescere in un mondo senza droghe, ma in un ambiente caratterizzato dall’assunzione, anche legale, di sostanze (farmaci, tabacco, alcool), che produce la convinzione di una "non pericolosità" delle sostanze stesse; inoltre, le sostanze illegali stimolano curiosità e la ricerca di sostanze diverse;
i danni delle droghe in genere compaiono dopo un uso prolungato, mentre gli effetti piacevoli e ricercati si manifestano immediatamente;
per molti giovani l’assunzione di sostanze assume le caratteristiche di un rito di passaggio, di una fase di sperimentazione, in un’età caratterizzata da un atteggiamento esplorativo, di cui l’assunzione di rischi può essere una manifestazione esteriore;
un uso sperimentale - a volte puramente "ludico-ricreativo" - un’estrema variabilità di pattern d’uso e di durata dell’assunzione sono caratteristiche frequentemente riscontrabili in molte nuove forme di consumo;
tali problematiche, in quanto connesse con l’uso di sostanze psicoattive, coinvolgono sicuramente i Sert, ma sarebbe estremamente riduttivo e fuorviante considerare tali servizi come punti di riferimento esclusivi per problematiche che sono invece connesse, in gran parte, con quelle più generali dell’adolescenza. Sarebbe, invece, opportuno che personale dei Sert, operatori di altri servizi, enti ed associazioni attive sulle problematiche degli adolescenti, iniziassero a realizzare collaborazioni progettuali finalizzate a costruire, nel medio termine, una rete di prevenzione/assistenza;
nel caso si individuino soggetti a rischio o che usano sostanze senza avere le caratteristiche di consumatori abituali, è opportuno non classificarli come tossicodipendenti o comunque come soggetti con problemi, ma creare da parte dell’équipe le condizioni per ridurre i rischi legati all’assunzione di sostanze e promuovere comportamenti responsabili.
Anche il "luogo fisico" dell’incontro tra gli operatori e i giovani dovrebbe essere, se appena possibile, diverso dal tradizionale Sert dove affluiscono gli eroinomani e, comunque, i pazienti più "gravi". Il personale dell’équipe potrebbe incontrare tali persone in centri di ascolto per adolescenti o consultori giovani, opportunamente incentivati e sostenuti, oppure potrebbe essere punto di riferimento per il gruppo studenti e/o docenti dei centri d’informazione e consulenza delle scuole secondarie, allo scopo di dare loro identità e supportarli rispetto alle seguenti funzioni:
saper cogliere e leggere situazioni di disagio più o meno strutturato o di precoce uso/abuso di sostanze psicoattive;
saper informare sulle vecchie e nuove droghe in termini scientifici;
saper inviare ai servizi più specializzati le situazioni maggiormente problematiche;
saper raccogliere informazioni sui comportamenti e le abitudini dei giovani, anche in riferimento all’uso di sostanze psicoattive, legali ed illegali.
I tre macrosettori su cui articolare gli interventi sono:
1) l’informazione, articolata su due livelli: uno rivolto a tutti gli adolescenti e uno per le persone che già utilizzano sostanze. L’informazione, strettamente connessa con il punto 2), dovrà essere sensibile ai cambiamenti rapidissimi di questo settore, con particolare attenzione all’uso di più sostanze, alla comparsa di nuovi prodotti, alle combinazioni possibili di sostanze diverse e ai cambiamenti nelle modalità d’assunzione;
2) la prevenzione: le campagne preventivo/informative dovrebbero essere articolate prevalentemente a livello locale, prevedendo il coinvolgimento delle famiglie ed una articolazione deg obiettivi. Gli operatori di prevenzione dovrebbero lavorare, in particolare, sulle motivazioni che spingono la popolazione "target" ad usare sostanze.
Dovrebbe essere posta particolare attenzione ai seguenti punti:
- fornire informazioni accurate ed imparziali;
- porre attenzione alle variabili personali che possono esporre alcuni individui o gruppi ad una aumentata vulnerabilità nei confronti dell’influenza dei "pari";
- insegnare a fronteggiare situazioni difficili e ad assumere decisioni soprattutto in contesti in cui vengono esercitate forti pressioni negative;
- promuovere un miglioramento dei livelli di comunicazione tra gli adolescenti e i loro genitori, insegnanti, altri educatori ed adulti in genere;
- proporre alternative concrete, piacevoli ed accettabili per i giovani, rispetto all’uso di sostanze e a modalità di divertimento strettamente connesse con comportamenti a rischio;
- prevedere nuovi programmi di prevenzione che sappiano incontrare le esigenze di quanti abbandonano precocemente la scuola.
3) La prevenzione secondaria: comprende gli interventi che mirano a ridurre i rischi e i danni una volta che gli interventi di prevenzione primaria non abbiano avuto esito favorevole. In tale intervento non c’è alcuna condivisione della "cultura del consumo" ma la consapevolezza che in una fase della vita, come quella adolescenziale, lo "sperimentare" può far parte del processo di confronto con il gruppo dei pari e l’uso di sostanze, vissuto in genere come facile soluzione, crea meccanismi di incomunicabilità con il mondo degli adulti.
Le strategie ipotizzabili possono comprendere: la promozione di campagne informativo/preventive volte ad evitare l’emarginazione di chi usa sostanze, a stimolare la conoscenza degli effetti e dei rischi, delle conseguenze a breve e a lungo termine, degli indirizzi cui rivolgersi per chiedere aiuto; il contatto dei giovani consumatori nei luoghi classici di consumo e di aggregazione giovanile (discoteche, pub, etc.) con la proposta di materiale informativo sulle sostanze psicoattive; la ricerca di possibilità d’incontro tra giovani e le istituzioni in luoghi diversi dai Sert; la realizzazione di protocolli d’intesa con gli operatori di categoria legati all’ambiente del divertimento, al fine di ridurre i rischi legati all’assunzione di tutti i tipi di sostanze e ai comportamenti eccessivamente pericolosi dal punto di vista psico- fisico."