Contract
Giurisprudenza
I singoli contratti
Rilevanza del collegamento contrattuale nel mutuo di scopo e nelle operazioni
di credito al consumo
CASSAZIONE CIVILE, Sez. III, 19 luglio 2012, n. 12454 - Pres. Massera - Est. Vivaldi - P.m Corasaniti - L. G. c. Findomestic Banca S.p.a.
I
La concessione di un finanziamento per l’acquisto di un autoveicolo, attuata attraverso il pagamento diretto del venditore da parte del mutuante, dà vita ad un collegamento negoziale tra il contratto di mutuo di scopo e quello di compravendita, a nulla rilevando che l’acquirente sia persona diversa dal mutuatario. Ne consegue che, in caso di risoluzione del contratto per inadempimento del venditore, l’obbligo di restituzione al mutuan- te della somma ricevuta grava sul venditore e non sul mutuatario.
II
In tema di mutuo di scopo collegato ad un contratto di vendita avente ad oggetto l’acquisto di un bene da parte del mutuatario, la validità (sotto il profilo della meritevolezza degli interessi tutelati) della clausola, la quale preveda l’obbligo del mutuatario di effettuare i singoli pagamenti a favore del mutuante nei modi e nei termini convenuti, anche nel caso di inadempimento di qualsiasi genere da parte del venditore, ivi compresa la mancata consegna del bene richiesto, deve essere valutata alla luce dei principi di buona fede e di corret- tezza, tenendo presente, da un lato, l’interesse del mutuante, che avrebbe la possibilità di ripetere la somma dal venditore al quale l’aveva direttamente consegnata e, dall’altro, la condizione del mutuatario che, anche di fronte alla mancata consegna del bene, dovrebbe continuare a restituire somme, mai percepite, ma entra- te direttamente nella sfera di disponibilità del venditore favorito dalla diretta consegna, da parte del mutuan- te, della somma, pur senza avere adempiuto all’obbligazione di consegna.
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conforme | Cass., 11 febbraio 2011, n. 3392, in questa Rivista, 2011, 994; Cass., 16 febbraio 2010, n. 3589, in questa Rivista, 2010, 500; Cass., 8 luglio 2004, n. 12567, in Guida dir., 2004, 41, 38; Cass., 23 aprile 2001, n. 5966, in questa Rivista 2001, 1126; Cass., 20 gennaio 1994, n. 474, in Mass. Giur. It., 1994. |
Xxxxxxxx | Xxxx., 24 maggio 2003, n. 8253, in questa Rivista, 2004, 1, 70. |
Svolgimento del processo
L. G. e X. X. xxxxxxxxxx, davanti al tribunale di Roma, la Tontini Auto s.r.l. e la Findomestic s.p.a. chiedendo fosse dichiarata la risoluzione di diritto del contratto di compravendita di un’autovettura, concluso fra la Tontini Auto s.r.l. ed il L., dichiarando altresì che la C. - che ave- va garantito la restituzione della somma versata a titolo di mutuo per l’acquisto dell’autovettura da parte della Findomestic spa - nulla doveva a tale titolo; con l’ulte- riore risarcimento dei danni.
Il tribunale, con sentenza del 26 novembre 2002, dichia- rò la risoluzione, per colpa del venditore inadempiente,
del contratto di compravendita, ritenendo, invece, vali- de le pattuizioni relative al contratto di mutuo concluso dalla C..
Ad eguale conclusione pervenne la Corte d’Appello che, con sentenza del 27 luglio 2006, rigettò l’impugnazione principale del L. e della C. e quella incidentale della Fin- domestic Banca spa (già Findomestic spa).
Hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre mo- tivi illustrati da memoria L. G. e C. M.
Resiste con controricorso Findomestic Banca spa. L’altro intimato non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
Il ricorso è soggetto alla disciplina di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, con riferimento, in particolare, all’art. 366-bis c.p.c., trattandosi di provvedimento depositato nella vi- genza della normativa richiamata.
I quesiti rispettano i requisiti prescritti da tale norma. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazio- ne e falsa applicazione dell’art. 000 x.x.x., xxxxxx xxxx- xx motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio: art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.
Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., e degli artt. 1469 bis, 1469 ter x.x. x xxxx., (xxxx xxxxxxxx xxx xxxxxx xxx xxxxx- xx), nonché del principio di diritto secondo cui la fatti- specie del collegamento del contratto negoziale è confi- gurabile anche quando i singoli atti siano stati stipulati tra soggetti diversi, purché essi risultino concepiti e volu- ti come funzionalmente connessi e tra loro interdipen- denti, onde consentire il raggiungimento dello scopo di- visato dalle parti: art. 360 c.p.c., n. 3. Insufficiente o con- traddittoria motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia: art. 360 c.p.c., n. 5.
Con il terzo motivo si denuncia la omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio: art. 360 c.p.c., n. 5.
I motivi, per l’intima connessione delle censure con gli stessi svolte, sono esaminati congiuntamente.
Essi sono fondati per le ragioni e nei termini che seguono. La Corte di merito, nel rigettare l’appello proposto dagli odierni ricorrenti fondato sulla mancata declaratoria di risoluzione - da parte del primo giudice - oltre che del contratto di compravendita, anche del contratto di mu- tuo, per la nullità delle relative clausole, vessatorie e con- trarie a buona fede, ha ritenuto che «non può condivi- dersi l’assunto degli appellanti, in quanto non si ravvisa la dedotta nullità delle clausole del contratto di mutuo, che fanno salva l’obbligazione della mutuataria C. anche nell’ipotesi di mancata consegna del bene da parte del venditore».
Ed ha aggiunto: «Non rientra infatti tale previsione in al- cuna delle ipotesi di vessatorietà delle clausole indicate dall’appellante, perché il rapporto di cui si controverte è quello tra la C. e la Findomestic, diverso, sebbene colle- gato rispetto a quello di compravendita intervenuto tra la Tontini Auto e il L.».
Le conclusioni, cui è pervenuta la Corte di merito, non sono condivisibili.
La Corte d’Appello ha valutato i due contratti - di com- pravendita e di mutuo - ritenendo l’autonomia del rap- porto intercorso fra la mutuataria e la società finanziatri- ce rispetto a quello relativo al contratto di compravendi- ta, affermando che fosse “diverso sebbene collegato”.
Nulla ha detto, invece, circa un potenziale collegamento negoziale rivendicato dagli attuali ricorrenti nella specie. A tal fine debbono premettersi alcune considerazioni in tema di collegamento negoziale.
Il collegamento negoziale - espressione dell’autonomia contrattuale prevista dall’art. 1322 c.c. - è un meccani- smo attraverso il quale le parti perseguono un risultato
economico complesso, che viene realizzato, non attraver- so un autonomo e nuovo contratto, ma attraverso una pluralità coordinata di contratti, i quali conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è concepito, fun- zionalmente e teleologicamente, come collegato con gli altri, cosicché le vicende che investono un contratto pos- sono ripercuotersi sull’altro.
Ciò che vuoi dire che, pur conservando una loro causa autonoma, i diversi contratti legati dal loro collegamento funzionale sono finalizzati ad un unico regolamento dei reciproci interessi (v. anche Cass. 10 luglio 2008 n. 18884).
Perché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico - che impone la considerazione unitaria della fattispecie - sono quindi necessari due requisiti.
Il primo è quello oggettivo, costituito dal nesso teleologi- co tra i negozi, finalizzati alla regolamentazione degli in- teressi reciproci delle parti nell’ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario.
Il secondo è quello soggettivo, costituito dal comune in- tento pratico delle parti di volere, non solo l’effetto tipi- co dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione. di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale (v. per tutte Xxxx. 17 maggio 2010, n. 11974; Cass. 16
marzo 2006, n. 5851).
Sul piano processuale, poi, l’accertamento della natura, entità, modalità e conseguenze del collegamento nego- ziale realizzato dalle parti rientra nei compiti esclusivi del giudice di merito; ma un tale apprezzamento non è sinda- cabile in sede di legittimità, solo se sorretto da motiva- zione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (v. per tutte Xxxx. 17 maggio 2010, n. 11974).
Nella specie, la Corte di merito, nell’affermare l’autono- mia dei due rapporti - quello di compravendita e quello di mutuo “diverso sebbene collegato” - non ha considerato, né messo in rilievo le seguenti circostanze:
a) Lo stretto legame funzionale esistente fra il contratto di compravendita e quello di mutuo destinato a finanzia- re l’acquisto del veicolo oggetto della compravendita;
b) La circostanza che le trattative per la concessione del mutuo erano state condotte all’interno dei locali della venditrice dell’autovettura (Tontini Auto srl);
c) La qualità delle parti, coniugi: il L. acquirente del vei- colo, la C. mutuataria;
d) La destinazione immediata della somma mutuata alla società venditrice dell’autovettura.
Tali circostanze, se complessivamente considerate, avrebbero reso evidente che il contratto di mutuo con- cluso dalla C. era finalizzato soltanto all’acquisto del vei- colo del coniuge.
In questo contesto, poi, alcun rilievo riveste la circostan- za che i singoli contratti fossero stati stipulati tra soggetti diversi, posto che la fattispecie del collegamento negozia- le è configurabile anche in questo caso, a patto che gli stessi risultino concepiti e voluti come funzionalmente connessi e tra loro interdipendenti, onde consentire il
raggiungimento dello scopo voluto dalle parti (Cass. 16 settembre 2004, n. 18655; Cass. 5 giugno 2007, n.
13164).
È altresì evidente che in ipotesi del genere, il contratto di mutuo si atteggi quale mutuo di scopo in relazione alle concrete previsioni contrattuali che prevedevano, tra l’altro, la specifica destinazione del finanziamento all’ac- quisto del veicolo in oggetto.
Non può, invece, convenirsi, con la tesi dei ricorrenti, che si tratti di un’ipotesi di credito al consumo, posto che non vi è prova di un accordo che attribuisca al finanziatore l’esclusiva per la concessione di credito ai clienti del forni- tore, ai sensi del d.lgs. n. 385 del 1993, art. 125 comma 4. Il mutuo di scopo - va sottolineato - generalmente è ca- ratterizzato dalla consegna al mutuatario di somme di de- naro od altre cose fungibili allo scopo esclusivo di rag- giungere una determinata finalità espressamente inserita nel sinallagma contrattuale (v. anche Cass. 11 febbraio 2011, n. 3392).
Nel caso in esame - come si desume dagli atti difensivi - su delega della mutuataria, la somma era stata versata di- rettamente al venditore dell’auto.
La Corte di legittimità si è già pronunciata in analoghe circostanze (v. da ultimo Xxxx. 16 febbraio 2010, n. 3589), enunciando il principio per il quale, nell’ipotesi di contratto di mutuo, in cui sia previsto lo scopo del xxxx- piego della somma mutuata per l’acquisto di un determi- nato bene, sussiste il collegamento negoziale tra tali con- tratti (di compravendita e di mutuo), per cui il mutuata- rio è obbligato all’utilizzazione della somma mutuata per la prevista acquisizione.
Da ciò deriva che della somma concessa in mutuo bene- ficia il venditore del bene, con la conseguenza che la ri- soluzione della compravendita del bene - che importa il venir meno dello stesso scopo del contratto di mutuo - le- gittima il mutuante a richiedere la restituzione della som- ma mutuata, non al mutuatario, ma direttamente ed esclusivamente al venditore (Cass. 19 maggio 2003, n. 7773; Cass. 23 aprile 2001, n. 5966; Cass. 21 luglio 1998,
n. 7116; Cass. 20 gennaio 1994, n. 474).
Da ultimo, qualche considerazione merita l’argomento le- gato alle clausole del contratto di mutuo 1 e 3, secondo cui «il cliente conferisce sin d’ora disposizione perché l’importo richiesto a Findomestic venga versato diretta- mente a favore del fornitore, senza obbligo di rendiconto alcuno e dopo aver ricevuto da questi dichiarazione di di- sponibilità del bene e, comunque, indipendentemente dalla sua effettiva consegna» e 4, secondo cui «il cliente si impegna ad effettuare i singoli pagamenti mensili a favore di Findomestic nei modi e nei termini convenuti anche in caso di inadempienze di qualsiasi genere da parte del for- nitore, ivi compresa la mancata consegna del bene richie- sto», che avrebbero fatti salvi gli effetti obbligatori deri- vanti dal contratto di mutuo anche nel caso in cui fossero venuti meno quelli del contratto di compravendita e che
- secondo la Corte di merito - non erano contrarie ai prin- cipi di buona fede, «dovendo escludersi un comportamen- to della Findomestic lesivo della buona fede della C.».
Una clausola come quella enunciata al n. 4 - di rinuncia
a far valere nei confronti del mutuante l’eccezione di mancata consegna del veicolo - e che sarebbe potuta es- sere considerata astrattamente valida quale espressione della libertà negoziale delle parti, tale da far gravare il ri- schio della mancata consegna sul mutuatario, il quale non avrebbe potuto opporre al mutuante l’eccezione di inadempimento (così Xxxx. 24 maggio 2003, n. 8253) - nell’attuale contesto deve essere interpretata alla luce dei principi di buona fede e di correttezza.
Questi, per la loro ormai acquisita costituzionalizzazione in rapporto all’inderogabile dovere di solidarietà di cui al- l’art. 2 Cost., costituiscono un canone oggettivo ed una clausola generale che attiene, non soltanto al rapporto obbligatorio e contrattuale ed alla sua interpretazione, ma che si pone come limite all’agire processuale nei suoi diversi profili (v. anche Xxxx. 22 dicembre 2011 n. 28286).
Il criterio della buona fede costituisce, quindi, strumento, per il giudice, atto a controllare, non solo lo statuto ne- goziale nelle sue varie fasi, in funzione di garanzia del giu- sto equilibrio degli opposti interessi, ma anche a preveni- re forme di abuso della tutela giurisdizionale latamente considerata (v. ad es. Cass. 3 dicembre 2008, n. 28719; Cass. 11 giugno 2008, n. 15476).
Ora, il giusto equilibrio degli opposti interessi - il xxxxx- cing test - attraverso il quale deve essere interpretata la clausola negoziale in esame non è stato effettuato dal giu- dice del merito che l’ha ritenuta tout court pienamente valida alla luce di una pregressa giurisprudenza di questa Corte richiamata, ormai superata dalla evoluzione del principio di buona fede quale canone generale e criterio di interpretazione costituzionalmente tutelato e ricono- sciuto dalla più recente giurisprudenza di legittimità.
In sostanza, ciò che si vuoi dire è che la meritorietà della tutela, nella interpretazione della Corte di Cassazione, si è evoluta fino ad acquisire un ruolo determinante come ratio decidendi della controversia; nel senso che non può essere accordata protezione ad una pretesa priva di meri- torietà. Ora, nella specie, una siffatta clausola di rinuncia a far valere l’eccezione di mancata consegna del veicolo a fronte della consegna diretta della somma dal mutuante al venditore e della clausola del contratto di mutuo se- condo la quale questo s’intendeva perfezionato con la messa a disposizione del venditore dell’importo finanzia- to, deve, invece essere interpretata alla luce dei principi enunciati tenendo presente, da un lato, l’interesse del mutuante che avrebbe la possibilità di ripetere la somma dal venditore al quale l’aveva direttamente consegnata e, dall’altro, la condizione del mutuatario che, anche a fron- te della mancata consegna del bene, dovrebbe continua- re a restituire somme, mai percepite, ma entrate diretta- mente nella sfera di disponibilità del venditore favorito dalla diretta consegna, da parte del mutuante, della som- ma, pur senza avere adempiuto all’obbligazione di conse- gna dell’autovettura (v. anche Xxxx. 11 febbraio 2011 n. 3392).
D’altra parte, nella specie, l’interpretazione della volontà negoziale - ai sensi degli artt. 1175 e 1375 - deve essere condotta alla luce degli evidenziati elementi di un colle-
gamento negoziale in cui le condotte di buona fede delle parti s’inseriscono.
Questi sono i principii alla luce dei quali il giudice del rinvio dovrà esaminare la fattispecie in esame.
Conclusivamente, il ricorso è accolto nei termini di cui in motivazione, con l’assorbimento degli ulteriori profili. La sentenza è cassata, e la causa rimessa alla Corte d’Ap- pello di Roma in diversa composizione.
Le spese sono rimesse al giudice del rinvio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motiva- zione. Xxxxx in relazione e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.
IL COMMENTO
di Xxxxxxxxxxx Xxxxxxxxx
Il collegamento negoziale tra vendita e finanziamento costituisce il presupposto in presenza del quale la ri- soluzione per inadempimento del contratto di vendita per mancata consegna del bene da parte del vendito- re, incidendo sul sinallagma della complessiva operazione, si riflette sull’efficacia del collegato contratto di finanziamento, il cui scopo viene a mancare, comportandone la risoluzione, con la conseguenza che il mu- tuante può richiedere la restituzione della somma mutuata non al mutuatario, ma direttamente al venditore.
Il caso
La pronuncia che si annota si pone nel solco del pre- valente orientamento giurisprudenziale riguardo la sorte che tocca al contratto di finanziamento finaliz- zato ad un acquisto a fronte della risoluzione del contratto di vendita per mancata consegna del be- ne. In sostanza, la Corte è chiamata a pronunciarsi sulla rilevanza e gli effetti che l’inadempimento del contratto di vendita o fornitura può avere sul colle- gato contratto di mutuo, concluso al precipuo scopo di finanziare l’acquisto della res compravenduta.
Nel caso di specie, una coppia di coniugi, a fronte dell’inadempimento del contratto di vendita, stipu- lato tra Xxxxx e una concessionaria, la quale non ave- va mai consegnato l’autovettura, convenivano in giudizio venditore e finanziatore, chiedendo dichia- rarsi la risoluzione sia del contratto di vendita, che del contratto di mutuo concluso da Xxxx, moglie
contratto di mutuo. In particolare, la sentenza d’ap- pello non reputava nulla la clausola d’inopponibili- tà al finanziatore delle eccezioni relative al contrat- to di vendita, ritenendo che la stessa non fosse sus- sumibile in alcuna delle ipotesi di vessatorietà cui all’art. 33 Cod. cons., anche in considerazione del- l’autonomia del rapporto di vendita, intercorrente tra Xxxxx e concessionaria, rispetto al contratto di mutuo, concluso tra Xxxx e finanziatore (1).
La decisione della Corte
La Suprema Corte, in riforma della sentenza d’ap- pello, dopo aver qualificato il contratto di finanzia- mento quale mutuo di scopo finalizzato all’acquisto dell’autoveicolo, ravvisa tra i due contratti - di ven- dita e finanziamento - un collegamento volontario e funzionale, attribuendo rilievo decisivo ad alcune circostanze di fatto (2), considerate nel loro com-
dell’acquirente, per finanziare l’acquisto effettuato
dal proprio coniuge. Sostenevano gli attori che la chiesta risoluzione del contratto di vendita non po- teva non riverberarsi anche sul collegato contratto di mutuo, nel quale peraltro figurava la clausola, da considerarsi vessatoria e contraria a buona fede, di inopponibilità al finanziatore delle eccezioni relati- ve al contratto di vendita, anche nell’ipotesi di mancata consegna del bene compravenduto.
Il giudice di prime cure, con sentenza confermata in grado d’appello, accoglieva parzialmente la doman- da avanzata dagli attori, dichiarando la risoluzione del solo contratto di vendita rimasto inadempiuto, ritenendo invece valide le pattuizioni contenute nel
Note:
(1) La Corte d’Xxxxxxx afferma che il rapporto di compravendita sarebbe, rispetto a quello di finanziamento, «diverso sebbene collegato», escludendo la ricorrenza di un collegamento nego- ziale tra i due contratti.
(2) In altre occasioni, sono stati ritenuti elementi dai quali desu- mere l’esistenza di un collegamento tra contratto di credito e contratto di vendita: il versamento del prezzo effettuato dal fi- nanziatore direttamente al venditore; la menzione nel contratto di finanziamento del bene al cui acquisto è diretta la richiesta di fi- nanziamento; l’intervento del venditore nell’istruttoria della prati- ca di finanziamento; l’impossibilità per il consumatore di sceglie- re il finanziatore (cfr. Cass., 20 gennaio 1994, n. 474, in Foro It., 1994, I, con nota di Xxxxxxx; Trib. Firenze, 30 maggio 2007, in questa Rivista, 2008, 261, con nota di Toschi Vespasiani; App. Mi- lano, 6 febbraio 2001, in Banca, Borsa, tit. cred., 2002, II, 396 e Trib. Milano, 15 gennaio 2001, ibidem, II, 398, nota di Xxxxxxxxx).
plesso quali indici del predetto collegamento, la cui ricorrenza non può essere esclusa a priori dal sempli- ce fatto che i contratti, come nella specie, fossero stati stipulati tra soggetti diversi. Sotto altro aspetto, interrogata sull’eventuale carattere vessatorio della clausola con cui l’acquirente rinuncia a far valere nei confronti del mutuante l’eccezione di mancata consegna del veicolo da parte del venditore, ravvisa che una clausola siffatta, benché astrattamente vali- da quale espressione dell’autonomia negoziale dei contraenti, debba essere valutata e interpretata alla luce dei principi di buona fede e correttezza, sulla scorta dei quali non può essere accordata protezione a una pretesa priva di meritorietà.
La Corte è chiamata sostanzialmente ad affrontare due distinte questioni, aventi ad oggetto, per un ver- so, la ricorrenza e rilevanza del collegamento con- trattuale (3) esistente tra vendita e finanziamento e, per altro verso, la valutazione circa l’eventuale ves- satorietà delle clausole di inopponibilità al finanzia- tore delle eccezioni relative al contratto di vendita e/o fornitura.
I distinti motivi di ricorso vengono trattati congiun- tamente dalla pronuncia, dipendendo la soluzione di entrambe le questioni proposte dall’esame del- l’operazione economica e dalla qualificazione del rapporto trilaterale cui le parti hanno dato vita.
La pronuncia non esita a ravvisare lo stretto legame teleologico e funzionale esistente tra i contratti di fi- nanziamento e vendita, i quali risultano avvinti in vista del conseguimento di uno scopo unitario e complessivo; la puntuale disamina delle specifiche pattuizioni e delle circostanze di fatto - trattative per la concessione del mutuo condotte all’interno dei locali della venditrice, qualità delle parti nonché destinazione immediata della somma mutuata versa- ta dalla finanziaria direttamente alla società vendi- trice - induce la Corte a considerare il mutuo acceso da Xxxx quale contratto finalizzato esclusivamente a finanziare l’acquisto del veicolo da parte del di lei coniuge. Elementi che, complessivamente conside- rati, non possono che condurre l’interprete a ravvi- sare la ricorrenza nella specie di un collegamento negoziale volontario (4) non occasionale tra i con- tratti di vendita e finanziamento.
Collegamento contrattuale tra vendita e finanziamento
Ricorre collegamento volontario quando due con- tratti, che in astratto potrebbero essere tra loro indi- pendenti, sono in concreto programmati dalle parti come elementi di una stessa operazione. I contraen- ti, nell’esercizio dell’autonomia contrattuale attri-
buita loro dall’art. 1322 c.c., concludono una serie coordinata di atti in funzione di un fine pratico uni- tario. I singoli negozi conclusi dalle parti perseguono dunque un interesse immediato, che appare solo strumentale rispetto all’interesse complessivo del- l’intera operazione economica. In altri termini, i contratti, pur conservando una causa autonoma, so- no coordinati dalle parti verso la realizzazione di un risultato economico unitario e complessivo (5).
Secondo la costante giurisprudenza (6) e la preva- lente dottrina (7), affinché si configuri un collega- mento negoziale devono sussistere sia l’elemento og- gettivo, costituito dal nesso economico e teleologico tra i negozi, che quello soggettivo, consistente nel- l’intenzione delle parti, espressa o tacita, di coordi- nare i vari negozi verso la realizzazione di un fine ul- teriore, di uno scopo comune, che ne trascende gli effetti tipici e assume una propria autonomia anche dal punto vista causale (8), senza che alcuna rile- vanza possano assumere altri elementi, quali la con- testualità delle dichiarazioni, l’unicità del documen- to contrattuale ovvero la coincidenza soggettiva di tutte le parti (9), in mancanza dei quali il collega-
Note:
(3) Senza pretesa di esaustività, in tema di collegamento contrat- tuale, vedi Giorgianni, Negozi giuridici collegati, in Riv. it. sc. giur., 1937, 275 e ss.; Xxxxxxxxxxxx, voce Collegamento negoziale, in Enc. dir., VII, 1960, 375 e ss.; Messineo, voce Contratto collega- to, ivi, X, 1962, 48 e ss.; Xxxxxxxx, Appunti in tema di negozi giuri- dici collegati, in Giust. civ., 1954, I, 259; Xx Xxxxxx, Unità e plura- lità dei negozi, in Riv. dir. civ., 1959, I, 412. Più di recente Schiz- zerotto, Il collegamento negoziale, Napoli, 1983; Ferrando, Re- centi orientamenti in tema di collegamento negoziale, in Nuova giur. giv., 1997, II, 233; Rappazzo, I contratti collegati, Milano, 1998; X. Xxxxx, Profili del collegamento negoziale, Milano, 1999.
(4) In dottrina, in particolare sul collegamento volontario, vedi Ferrando, I contratti collegati, in I contratti in generale, in Giur. sist. dir. civ. comm., fondata da Bigiavi e diretta da Xxxx-Xxxxx- ne, III, Torino, 1991, 587; Lener, Profili del collegamento nego- ziale, cit., 9; Xxxxxxxx, I contratti collegati, cit., 10; Troiano, Il col- legamento contrattuale volontario, Xxxx, 0000. La distinzione tra collegamento negoziale legale e volontario è ben delineato da Cass., 27 aprile 1995, n. 4645, in Giust. civ., 1996, I, 1093, con nota di Chiné.
(5) Cfr. Cass., 10 luglio 2008, n. 18884, in questa Rivista, 2008, 1041.
(6) Tra le tante, vedi, di recente, Cass. 17 maggio 2010, n. 11974, in questa Rivista, 2010, 816.
(7) Viceversa, alcuni Autori ritengono sufficiente ai fini della sus- sistenza del collegamento funzionale il solo elemento obiettivo: in tal senso cfr. Troiano, cit., 29; Bianca, Diritto civile, III, Il con- tratto, Milano, 2000, 483.
(8) Xxxx, Xxxx., 17 maggio 2010, n. 11974, cit.; Cass., 16 marzo 2006, n. 5851, in questa Rivista, 2006, 1099.
(9) Cfr., Cass., 21 luglio 2004, n. 13580, in Giur. It., 2005, 925 no- ta di Cassano; Cass., 12 dicembre 1995, n. 12733, in questa Ri- vista, 1996, 329 nota di Xxxxxxx, secondo cui «L’unitarietà dei ne- gozi collegati non viene meno anche in assenza di una coinci- denza soggettiva di tutte le parti: essenziale a tal fine è l’unita- rietà dell’interesse perseguito».
mento non viene meno; in particolare, la non coin- cidenza dei contraenti non può escludere la ricor- renza di un collegamento tra contratti, ogniqualvol- ta questi risultino concepiti e voluti come funzional- mente connessi e tra loro interdipendenti, onde consentire il raggiungimento dello scopo divisato dalle parti (10).
Nel caso di specie appare evidente che i contraenti, mediante la serie coordinata di negozi, hanno inteso dar vita ad un collegamento negoziale in senso tec- nico, che impone una considerazione unitaria della fattispecie (11); in altri termini, il nesso d’interdi- pendenza, che avvince i negozi in considerazione del conseguimento di un scopo pratico unitario, ren- de necessaria una valutazione globale dell’assetto di interessi perseguito dalle parti mediante la comples- siva operazione economica realizzata (12).
La ricorrenza e rilevanza del collegamento tra i con- tratti di cui si compone la complessa fattispecie tri- laterale ha da sempre costituito uno dei nodi centra- li e degli aspetti maggiormente dibattuti in materia di prestiti finalizzati al consumo e mutuo di scopo, comportando, in forza del principio simul stabunt si- mul cadent, l’incidenza delle vicende inerenti un contratto anche sul negozio ad esso collegato (13), nonché l’inefficacia delle clausole, che generalmen- te figurano nei modelli o formulari predisposti unila- teralmente dal finanziatore al fine di mantenere for- malmente distinti i rapporti, di inopponibilità a quest’ultimo delle eccezioni relative al contratto di vendita, ritenute in dottrina nulle per contrarietà all’ordine pubblico (14), in contrasto con i principi di buona fede e correttezza (15), ovvero a causa del loro carattere abusivo (16).
In particolare, in tema di credito al consumo, nello scenario anteriore all’intervento del legislatore co- munitario del 1987 (17) e al recepimento della di- rettiva nel nostro ordinamento, il ricorso al mecca- nismo del collegamento negoziale consentiva un’ef- fettiva tutela del consumatore anche a seguito della scissione dell’operazione economica, fino ad allora regolata dalla vendita con riserva di proprietà, in due distinti contratti, quello di finanziamento da un lato, e quello di vendita dall’altro, grazie all’imme- diata ripercussione dell’inadempimento del fornito- re sul collegato contratto di finanziamento, in tal modo scongiurando il rischio che il consumatore fosse costretto a continuare a pagare le rate del fi- nanziamento senza essere entrato in possesso di al- cun bene (ovvero un bene affetto da vizi) o aver usu- fruito di alcun servizio. Tuttavia, la mancanza di una norma, che disciplinasse espressamente i presuppo- sti in presenza dei quali il nesso che avvinceva i ne-
Note:
(10) In tal senso, cfr. Cass., 5 giugno 2007, n. 13164, in questa Rivista, 2007, 897; Cass., 16 settembre 2004, n. 18655, in Mass. Giur. It., 2004.
(11) Xxx. Xxxx., 00 xxxxxx 0000, x. 00000, in Giur. It., 2005, 1825, con nota di Sempi.
(12) In tal modo sarà possibile accertare non solo la meritevolezza dei singoli contratti ma anche del nesso teleologico che avvince gli stessi in virtù dell’ulteriore interesse pratico verso il quale il colle- gamento stesso è teso. La qualificazione di siffatto interesse fina- le perseguito dai contraenti mediante la complessiva operazione economica divide la dottrina tra chi (Bianca, op. cit., 484) parla di causa parziale dei singoli contratti e causa complessiva dell’opera- zione e chi (Bravo, L’unicità di regolamento nel collegamento ne- goziale: la sovrapposizione contrattuale, in questa Rivista, 2004,
128) fa riferimento ad una sovra-causa quale elemento di un con- tratto sovrapposto ai singoli contratti tra loro collegati. Secondo al- tra dottrina la funzione complessiva dell’operazione economica non può essere confusa con la causa: in tal senso Palermo, in Stu- di per Xxxxxxx-Xxxxxxxxxx, XXX, Xxxxxx, 0000. A parere di chi scrive, sebbene vi siano Autori che sostengono che il motivo comune ai contraenti si eleverebbe a causa concreta dell’affare realizzato mercè il collegamento negoziale, occorre rilevare che i negozi re- stano formalmente distinti, sicché non può identificarsi una causa del collegamento come se fosse una figura autonoma e distinta dai negozi che lo compongono. A prescindere dall’esatta qualifi- cazione della finalità complessiva - causa del collegamento ovvero motivo comune - che l’intera operazione economica è diretta a realizzare, lo scopo che le parti intendono raggiungere mediante il collegamento potrà ugualmente essere utilizzato quale parametro di liceità (art. 1343 c.c. e 1345 c.c.) dell’intera operazione posta in essere, ovvero teso a verificare se il collegamento non rappre- senti uno strumento per aggirare disposizioni normative, realiz- zando una frode alla legge. In tema di collegamento negoziale e frode alla legge, x. Xxxxx, Frode alla legge e collegamento nego- ziale, Milano, 2006, e ivi ampi riferimenti bibliografici.
(13) In particolare, con riguardo al credito al consumo, diversi Au- tori hanno sostenuto la rilevanza giuridica del nesso teleologico tra contratto di credito e contratto di vendita, ogniqualvolta il pri- mo è teso esclusivamente a finanziare il secondo. In tal senso, vedi Piepoli, Il credito al consumo, Napoli, 1976, 142; Oppo, Pre- sentazione, in La disciplina comunitaria del credito al consumo, in Quaderni di ricerca giuridica della consulenza legale, a cura di Capriglione, Roma, 1987, 14 ss; Maimeri, Prime riflessioni sulla proposta di direttiva comunitaria sul credito al consumo, in Ban- ca impresa società, 1985, 437; Sinesio, Il credito al consumo, (problemi e prospettive nella realtà italiana), in Studi senesi, 1980, 315; Lener, Profili del collegamento negoziale, cit., 5 ss.; Xxxxxxxx, Contratti collegati, in Nuova giur. civ. comm., 1986, I, 256; Id., Credito al consumo: operazione economica unitaria e pluralità di contratti, in Riv. comm., 1991, I, 591 e ss.
(14) Piepoli, Il credito al consumo, cit., 150
(15) In tal senso Ferrando, Credito al consumo, cit., 613.
(16) Cfr. Bonocore, La direttiva comunitaria del 5 aprile 1993 “sulle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori” e la disciplina della trasparenza nelle operazioni di intermediazio- ne finanziaria (leasing, factoring e credito al consumo), in Banca, borsa, tit. cred., I, 1994, 453.
(17) Con riguardo alle questioni giuridiche sollevate dall’affermazio- ne del fenomeno del credito al consumo, nello scenario anteriore all’emanazione della direttiva 87/102/CEE, oltre al primo lavoro mo- nografico sull’argomento di Xxxxxxx, Il credito al consumo, cit.., ve- di Sinesio, Il credito al consumo, (problemi e prospettive nella real- tà italiana), in Studi senesi, cit., 345 e ss.; La Rocca, Credito al con- sumo e sistema dei finanziamenti, in Politica dir., 1980, 429 e ss.; Maimeri, Prime riflessioni sulla proposta di direttiva comunitaria sul credito al consumo, in Banca impresa società, 1985, 437 e ss.; Al- pa, Diritto privato dei consumi, Bologna, 1986, 157 ss..
xxxx potesse condurre a conseguenze giuridicamente rilevanti, addossava al consumatore il gravoso onere probatorio circa la ricorrenza del nesso teleologico e funzionale tra gli stessi. Al fine di garantire la massi- ma tutela possibile del contraente posto in posizione di debolezza nell’ambito del complesso rapporto tri- laterale, gli sforzi degli interpreti erano volti ad estendere gli effetti dell’inadempimento del fornito- re anche nei confronti di un soggetto “terzo” quale il finanziatore (18), che diveniva per tale via sensibile alle vicende inerenti il contratto di fornitura con- cluso tra altri soggetti; nello stesso solco di tutela del consumatore-debitore, si riconosceva a quest’ultimo la possibilità di opporre al finanziatore l’eccezione di inadempimento relativa al collegato contratto di
data al consumatore all’interno dei diversi ordina- menti nazionali, attribuendo a quest’ultimo diritti maggiori e ulteriori rispetto a quelli riconosciuti gra- zie al solo ricorso allo schema giuridico del collega- mento negoziale, come ad esempio quello di agire direttamente nei confronti del finanziatore al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa del- l’inadempimento del fornitore.
Problemi oggi destinati comunque a dissolversi gra- zie all’emanazione della Direttiva 2008/48/Ce, rece- pita nel nostro ordinamento con il d.lgs. n. 141 del 2010, che, benché lacunosa e deludente sotto molti aspetti (26), offre un’espressa soluzione al problema, definendo la nozione di contratto di credito collega- to (27) e disciplinando espressamente i presupposti
fornitura (19). La soluzione prospettata dalla prima
direttiva europea sul credito al consumo, dettata dalla necessità di contemperare il diritto del consu- matore ad ottenere una effettiva tutela a fronte del- l’inadempimento del fornitore e l’esigenza di prede- terminare ex ante le ipotesi di responsabilità del fi- nanziatore per fatto e colpa del fornitore (20), si ri- levò tuttavia deludente sul punto, considerato che l’art. 11, recepito nel nostro ordinamento dal quarto comma dell’art. 125 T.U.B., successivamente con- fluito nell’art. 42 cod. cons., riconosceva ed attribui- va rilevanza al predetto collegamento contrattuale solo al ricorrere di una serie di presupposti indivi- duati legislativamente ex ante, quali la sussistenza di un accordo di esclusiva tra finanziatore e fornitore
(21) e la preventiva ed infruttuosa azione nei con- fronti di quest’ultimo (22); la formulazione della norma induceva infatti a ritenere che il collegamen- to negoziale tra vendita e finanziamento potesse condurre a conseguenze giuridicamente rilevanti so- lo al ricorrere dei presupposti legislativamente pre- visti, legittimando solo in tali casi il consumatore ad agire nei confronti del finanziatore, ovvero a so- spendere il pagamento delle rate sollevando l’excep- tio inadimpleti contractus. Conseguentemente, anche a seguito dell’entrata in vigore della prima direttiva, il ricorso alla teoria del collegamento negoziale con- tinuava ad essere l’unico valido strumento per mez- zo del quale poteva essere assicurata una effettiva tu- tela del consumatore debitore (23). Tuttavia, i dub- bi manifestati in dottrina circa l’effettività della tu- tela accordata dalla normativa comunitaria come innanzi interpretata, hanno condotto alla recente pronuncia della Corte di Giustizia (24), che, parten- do dalla matrice consumeristica della direttiva 87/102/CEE (25), ha sostenuto che il rapporto di esclusiva richiesto dalla suddetta norma rappresenta un requisito grazie al quale ampliare la tutela accor-
Note:
(18) Per tutti, Xxxxxxxx, Credito al consumo, cit., 607, secondo la quale «il finanziatore, se non può dirsi parte del contratto al qua- le è rimasto formalmente estraneo, tuttavia non può neppure ri- tenersi “terzo” ai sensi e ai fini dell’art. 1372 c.c.: egli infatti ha un interesse proprio nell’operazione tale che alcuni degli effetti del contratto di fornitura possono prodursi anche nei suoi con- fronti».
(19) In tal senso, anteriormente all’emanazione della prima disci- plina sul credito al consumo, cfr. in tema di mutuo di scopo, Cass., 11 marzo 1981, n. 1389, in Giur. It., 1982, I, 1, 378, con nota di Xxxxxxx; Cass., 19 aprile 1979, n. 2204, in Mass. Foro It., 461.
(20) Xxxx Xxxxxxx, Commento all’art. 125 d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, in Nuove leggi civ. comm., 1994, 868.
(21) I maggiori problemi per il consumatore discendono dalla to- tale esclusione di simili accordi e rapporti nella prassi, oltre che nella difficoltà di provarli.
(22) Grazie agli ampi margini di manovra riconosciuti agli Stati membri in sede di attuazione della prima direttiva europea sul credito al consumo, il nostro legislatore ha tramutato il requisito della preventiva azione nei confronti del fornitore nel meno gra- voso (per il consumatore) presupposto della infruttuosa costitu- zione in mora.
(23) Il collegamento contrattuale tra vendita e finanziamento co- stituisce, ancora oggi, il punto di partenza di numerose pronun- ce giurisprudenziali (vedi, tra le tante, Cass., 20 gennaio 1994, n. 474, cit.; Cass., 8 luglio 2004, n. 12567, cit.).
(24) Ci si riferisce alla sentenza CGCE 23 aprile 2009, causa C- 509/07, in questa Rivista, 2009, 653 ss., con nota di Xxxxxxx.
(25) A tal riguardo, appare doveroso evidenziare che il conside- rando 21 della direttiva 87/102/XXX xxxxxxx che «il consumatore (..) deve godere, nei confronti del creditore, di diritti che si ag- giungono ai suoi normali diritti contrattuali nei riguardi di questo e del fornitore dei beni e servizi».
(26) Per una critica puntuale della nuova direttiva, vedi De Cri- stofaro, La nuova disciplina dei contratti di credito ai consumato- ri e la riforma del T.U. bancario, in questa Rivista, 2010, 1041 e ss.; Id., La nuova direttiva comunitaria del credito al consumo: la direttiva 2008/48/CE e l’armonizzazione “completa” delle dispo- sizioni nazionali concernenti “taluni aspetti” dei “contratti di cre- dito ai consumatori”, in Riv. dir. civ., 2008, 255 e ss..
(27) «Contratto di credito finalizzato esclusivamente a finanziare la fornitura di un bene o la prestazione di un servizio specifici se ricorre almeno una delle seguenti condizioni: 1) il finanziatore si
(segue)
di rilevanza di siffatto collegamento (28). La solu- zione adottata dal legislatore comunitario sostan- zialmente ricalca - anche sotto l’aspetto dei rimedi restitutori - i risultati conseguiti, anche grazie al- l’elaborazione dottrinale in tema di collegamento contrattuale, dalla prevalente giurisprudenza in ma- teria di mutuo di scopo, alla quale la decisione in commento si conforma, secondo cui l’inadempi- mento e la conseguente risoluzione del contratto di vendita, facendo venir meno lo stesso scopo del contratto di mutuo, legittima il mutuante a xxxxxx- xxxx la restituzione della somma mutuata non al mu- tuatario, ma direttamente ed esclusivamente al ven- ditore, diretto beneficiario della somma di danaro mutuata, che la trattiene senza causa (29).
Mutuo scopo e credito al consumo
Il mutuo di scopo (30), figura il cui inquadramento sistematico ha dato luogo a un acceso dibattito dot- trinale, di cui non si può dar conto in questa sede, può essere definito come il contratto con il quale una parte appresta all’altra i mezzi finanziari per il rag- giungimento di uno scopo, legislativamente o patti- ziamente previsto, e quest’ultima si obbliga a restitui- re la somma ricevuta e a svolgere l’attività concorda- ta, secondo i tempi e le modalità stabilite (31).
Le peculiarità di siffatto contratto sono valse a diffe- renziarlo dalla fattispecie tipica delineata agli artt. 1813 ss. c.c., sia sotto il profilo causale, atteso che la dazione della somma di danaro, in forza di una ap- posita clausola, viene effettuata in ragione di una specifica destinazione, e quindi non esaurisce la cau- sa del contratto ma diviene strumentale e funziona- le al raggiungimento dello scopo previsto, che, da semplice motivo, come tale irrilevante, assurge a rango di elemento causale della fattispecie. A ri- guardo è stato rilevato (32) come la clausola di de- stinazione, che in tutte le fattispecie di origine legi- slativa comporta l’imposizione in capo al mutuatario di un vero e proprio obbligo di realizzare lo scopo de- dotto in contratto, possa assumere svariati significa- ti e valenza diversa ogniqualvolta venga consensual- mente convenuta, dovendosi in tali ipotesi interpre- tare la volontà pattizia e, solo ove la destinazione della provvista corrisponda anche ad un interesse del mutuante, permeando la struttura causale e il si- nallagma, il contratto sarà qualificabile quale mutuo di scopo vero e proprio (33), incombendo sul mu- tuatario, in virtù della clausola di destinazione (34), l’ulteriore obbligazione di conseguire lo scopo previ- sto (35), che si aggiungerà alla mera restituzione del tantundem.
I tratti caratteristici del mutuo di scopo hanno con-
dotto da tempo la prevalente dottrina e giurispru- denza a qualificarlo quale fattispecie negoziale con- sensuale, onerosa ed atipica che assolve, in modo analogo all’apertura di credito, una funzione crediti- zia (36), ove la consegna della somma mutuata co- stituisce un’obbligazione del mutuante ed attiene quindi alla fase esecutiva del negozio, non rappre-
Note:
(continua nota 27)
avvale del fornitore del bene o del prestatore del servizio per pro- muovere o concludere il contratto di credito; 2) il bene o il servi- zio specifici sono esplicitamente individuati nel contratto di cre- dito». Vedi art. 121 lett. d T.U.B.
(28) Vedi art. 125-quinquies T.U.B., a norma del quale «Nei con- tratti di credito collegati, in caso di inadempimento da parte del fornitore dei beni o dei servizi il consumatore, dopo aver inutil- mente effettuato la costituzione in mora del fornitore, ha diritto alla risoluzione del contratto di credito, se con riferimento al con- tratto di fornitura di beni o servizi ricorrono le condizioni di cui al- l’articolo 1455 del codice civile. La risoluzione del contratto di credito comporta l’obbligo del finanziatore di rimborsare al con- sumatore le rate già pagate, nonché ogni altro onere eventual- mente applicato. La risoluzione del contratto di credito non com- porta l’obbligo del consumatore di rimborsare al finanziatore l’importo che sia stato già versato al fornitore dei beni o dei ser- vizi. Il finanziatore ha il diritto di ripetere detto importo nei con- fronti del fornitore stesso».
(29) La prima storica pronuncia in tal senso è costituita da Cass., 20 gennaio 1994, n. 474, cit., a cui hanno fatto seguito altre. Cfr. Cass., 11 febbraio 2011, n. 3392, in questa Rivista, 2011, 994; Cass., 16 febbraio 2010, n. 3589, ivi, 2010, 500; Cass., 8 luglio 2004, n. 12567, in Guida dir., 2004, 41, 38; Cass., 23 aprile 2001,
n. 5966, in questa Rivista, 2001, 1126. Nel medesimo senso si segnalano anche diverse pronunce di merito. Cfr. Trib. Firenze, 30 maggio 2007, cit.; App. Milano, 6 febbraio 2001, cit.; Trib. Mi- lano, 15 gennaio 2001, cit.
(30) Sul mutuo di scopo, vedi i contributi di Xxxxxxx, Mutuo, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1966, 1 ss.; Xxxxx- xxx, voce Finanziamenti (diritto privato), in Noviss. dig. it., App., Torino, 1982, 754 ss.; Xxxxxxxx, Il mutuo di scopo, Padova, 1985; Xxxxxxx Xxxxxx, voce Mutuo di scopo, in Dig. disc. priv., Sez. civ., IX, Torino, 1994, 568; Mazzamuto, voce Mutuo di sco- po, in Enc. giur. Treccani, XX, Roma, 1990, 1.
(31) La definizione proposta è di Clarizia, cit., 756.
(32) Luminoso, I contratti tipici e atipici, I, in Trattato Iudica e Zat- ti, Milano, 1995, 751.
(33) Sul punto vedi La Rocca, Il mutuo di scopo, in Cuffaro (a cu- ra di), Il mutuo e le altre operazioni di finanziamento, Bologna, 2005, 179; Cognolato, Il credito finalizzato: il credito al consumo, in Obbl. e contr., 2006, 2, 156 ss.
(34) L’inserimento di una simile clausola nel regolamento con- trattuale ad opera delle parti dà luogo al mutuo di scopo conven- zionale, che si suole contrapporre al mutuo di scopo legale. Per un approfondimento di tale distinzione di recente vedi, Teti, I mutui di scopo, in Trattato di diritto privato Xxxxxxxx, Torino, 2007, 649.
(35) Obbligazione il cui inadempimento può determinare la riso- luzione del contratto. Cfr. Cass., 12 aprile 1988, n. 2876, in Arch. Civ., 1988, 1061.
(36) Cfr. Cass. 3 dicembre 2007, n. 25180, in questa Rivista, 2008, 561, con nota di Xxxxxxx; Cass., 9 maggio 2007, n. 10569, ivi, 2007, 793; Cass., 21 luglio 1998, n. 7116, ivi, 1999, 373, con nota di Goltara.
sentando un elemento costitutivo della fattispecie, in mancanza del quale il contratto non si perfeziona, come accade nel contratto reale di mutuo.
Delineati brevemente i contorni della fattispecie contrattuale atipica in rassegna, mette conto com- piere qualche considerazione su un passaggio della sentenza, ove la Corte, dopo aver qualificato il con- tratto di finanziamento quale mutuo di scopo, esclu- de che si tratti di un’ipotesi di credito al consumo
«posto che non vi è prova di un accordo che attri- buisca al finanziatore l’esclusiva per la concessione di credito ai clienti del fornitore, ai sensi del d.lgs. n. 385 del 1993, art. 125, comma 4», richiamando dunque la disciplina previgente, presumibilmente applicabile ratione temporis alla fattispecie.
A parere della Corte, la mancanza di un accordo di esclusiva tra finanziatore e fornitore vale ad esclude- re la ricorrenza di una fattispecie di credito al consu- mo: a guardar bene, l’accordo di esclusiva, secondo la previgente disciplina contenuta nell’ormai abro- gato art. 42 Cod. cons., costituiva unicamente uno dei due requisiti, unitamente alla preventiva costi- tuzione in mora del fornitore, in presenza dei quali veniva riconosciuto in capo al consumatore, a fron- te dell’inadempimento del contratto di fornitura, l’ambiguo e non meglio specificato, quantomeno fi- no all’intervento chiarificatore della Corte di Giu- stizia (37), diritto di agire nei confronti del finanzia- tore nei limiti del credito concesso.
Esso non costituisce quindi, come pare affermare la Corte, un presupposto di ricorrenza della fattispecie qualificabile come contratto di credito al consumo, ma solo uno dei due requisiti in presenza del quale potrà attivarsi lo specifico rimedio previsto dall’art. 42 cod. cons., essendo l’ambito oggettivo di applica- zione della disciplina previgente delineato dall’abro- gato art. 121 T.U.B., ai sensi del quale per credito al consumo deve intendersi la concessione di credito sotto forma di dilazione di pagamento, di finanzia- mento o di altra analoga facilitazione finanziaria a favore di un consumatore, nozione alla quale può ri- condursi qualsiasi operazione finanziaria tesa a con- sentire il godimento immediato di beni da parte di soggetti che, non disponendo delle sufficienti risor- se finanziarie per il pagamento in contanti, dovreb- bero altrimenti attendere il conseguimento dei pro- pri redditi futuri (38), e che inevitabilmente abbrac- cia numerose fattispecie tra loro eterogenee, tra le quali pare possa annoverarsi il mutuo di scopo con- venzionale (39), a condizione ovviamente che il mutuatario agisca per scopi estranei alla propria atti- vità professionale.
Tuttavia, benché per alcuni le due figure si pongano
in un rapporto di genus a species (40), con conse- guente applicabilità della disciplina speciale anche a fattispecie qualificate come mutuo di scopo, è stato rilevato che la non identità di ratio sottesa alla disci- plina in materia di credito al consumo rispetto a quella che ha dato origine alla creazione della figura contrattuale atipica del mutuo di scopo, nonché le differenze strutturali dell’operazione economica rea- lizzata e la diversa xxxxxxx xxxxxxx dalla clausola di destinazione potrebbe servire a tratteggiare una li- nea di demarcazione tra le stesse. A riguardo, si è detto che in entrambi i casi figura una clausola che funzionalizza il contratto di finanziamento in vista del conseguimento dello scopo pattuito, ma nella fattispecie definita come contratto di credito al con- sumo la destinazione della provvista costituisce, coerentemente alla matrice consumeristica della normativa, una tutela e non un vincolo per il consu- matore, in quanto la stipula del finanziamento al consumo non precede ma segue la scelta del bene da acquistare, il cui prezzo viene versato direttamente dal finanziatore al venditore, con ciò non facendo neppure sorgere il problema, da sempre centrale ri- guardo al mutuo di scopo, della mancata destinazio- ne della provvista al conseguimento dello scopo de- dotto (41); in altri termini, la destinazione della provvista assume una portata notevolmente diversa
Note:
(37) CGCE, 23 aprile 2009, n. 509, cit.
(38) Cfr. Xxxxxxxx-Xxxxxxxx, Le direttive comunitarie sul credito al consumo, in La Nuova legge bancaria. Il T.U. delle leggi sulla in- termediazione bancaria e creditizia e le disposizioni di attuazio- ne, in AA.VV., Commentario Ferro-Xxxxx-Xxxxxxxx, Milano, 1996, III, 1795.
(39) Secondo Xxxxxxxxxx, Le nuove regole sui contratti di credito ai consumatori (d.lg. 13.8.2010, n. 141), in Obbl. e contr., 2001, 125 e ss., il mutuo di scopo deve ritenersi senza dubbio sotto- posto alla nuova disciplina sul credito ai consumatori.
(40) Secondo Modica, Il contratto di credito ai consumatori nella nuova disciplina comunitaria, in Europa e dir. priv., 2009, 792, l’art. 10 della recente direttiva 2008/48/Ce, pone le due figure in un rapporto di genus (credito al consumo) a species (prestito di scopo). Contra, Xxxxx, Mutuo di scopo e credito al consumo, in Giur. it., 2011, 557, nota 3, per il quale il genus è il mutuo di sco- po, la species il credito al consumo. Per un approfondimento dei rapporti e delle differenze intercorrenti tra credito al consumo e mutuo di scopo, vedi La Rocca, Il mutuo di scopo, cit., 179 ss., nonché Capecchi, La natura giuridica del mutuo di scopo, in Contr. e impr., 1997, 551 e ss.; Xxxxxxx, Mutuo di scopo e clauso- la di destinazione, in Giur. it., 2005, 7, 1407 e ss. In giurispru- denza vedi, Trib Milano, 24 ottobre 2008, in Nuova giur. civ. comm., 2009, 440, secondo cui «Non può ravvisarsi nella fatti- specie di credito al consumo un’ipotesi di mutuo di scopo, non avendo il mutuante un preciso interesse, pubblico o privato, alla realizzazione dello scopo pattuito».
(41) Cfr. Ronchese, Credito al consumo e diritti del consumatore nel rapporto con il finanziatore, in Nuova Giur. civ. comm., 2009, 440 e ss..
Giurisprudenza
I singoli contratti
nelle due ipotesi, non ponendosi nel credito al con- sumo in nesso di corrispettività con l’obbligazione di restituzione del tantundem, rendendo detta restitu- zione ancor più rischiosa per il mutuante (42).
D’altro canto, benché la giurisprudenza non ritenga necessaria per il perfezionamento del contratto di mutuo la consegna materiale della somma mutuata, essendo sufficiente che la stessa sia posta nella mate- riale disponibilità del mutuatario (43), la circostan- za che la provvista venga erogata direttamente dal finanziatore al fornitore potrebbe a prima vista in- durre ad escludere, in simili ipotesi, la ricorrenza di un mutuo di scopo, mancando qualsivoglia obbligo per il mutuatario di destinare la somma al venditore, che viceversa la riceve direttamente dal finanziato- re, sicché il mutuatario, nulla può in merito all’uti- lizzo della stessa (44); senza considerare che, mentre nel finanziamento finalizzato lo scopo pare possa es- sere conseguito anche da un soggetto diverso rispet- to al beneficiario, nel mutuo di scopo è inevitabil- mente il mutuatario ad assumersi la relativa obbliga- zione (45).
Ciò detto, non sembrano esservi valide ragioni per escludere a priori la sussunzione di un contratto qua- lificabile come mutuo di scopo nella nozione di cre- dito al consumo delineata dalla disciplina previgen- te, potendo le due operazioni anche coincidere dal punto di vista strutturale; tuttavia, occorrerà esami- nare le singole pattuizioni al fine di interpretare cor- rettamente la volontà pattizia e il rilievo attribuito alla destinazione della provvista dai contraenti. In definitiva, atteso il carattere trasversale della nor- mativa sul credito al consumo, applicabile a svariate fattispecie negoziali, la sola riconduzione del con- tratto alla figura del mutuo di scopo non pare possa costituire valida ragione ostativa all’applicazione della disciplina sul credito al consumo, ogniqualvol- ta il mutuatario agisca in veste di consumatore.
Brevi considerazioni finali
Le considerazioni innanzi compiute consentono di trarre le fila del discorso.
Il collegamento negoziale costituisce l’immancabile presupposto che consente ai giudici di ritenere rile- vante e influente l’inadempimento del contratto di fornitura sul collegato contratto di finanziamento. Sotto altro aspetto, in ragione dell’unitarietà del- l’operazione economica, la rilevanza del nesso fun- zionale tra i contratti non esclude l’applicazione
(46) dei criteri quali buona fede e correttezza (47), che, grazie alla loro evoluzione e alla loro lettura co- stituzionalmente orientata in rapporto all’art. 2 Cost. (48), rappresentano le regole di condotta sulla
cui base valutare il rapporto in ogni sua fase, anche nel contesto del collegamento tra contratti.
Buona fede e correttezza consentono dunque alla Corte di sostenere l’illiceità anche di clausole prima facie non vessatorie, in quanto non sussumibili in al- cune delle ipotesi previste dagli artt. 33 ss. cod. Cons., ma che in concreto si pongono in contrasto con le predette regole di condotta (49).
Note:
(42) Cfr. Gorgoni, Il credito al consumo, Milano, 1994, 178; sul punto cfr. anche Cognolato, op. cit., 159, che non condivide la ri- conduzione del credito al consumo al mutuo di scopo.
(43) In tal senso, vedi, Cass., 8 marzo 1999, n. 1945, in Mass. Giur. It., 1999.
(44) Capecchi, op. cit., 554. Secondo Xxxxxxxx, Compravendita e mutuo di scopo: un’ipotesi di collegamento negoziale, in questa Rivista, 2001, 1127, nota 5, una simile impostazione non tiene conto dell’importanza che oggi hanno assunto nella moderna contrattazione le cd. forme spiritualizzate di traditio, requisito in- tegrato non solo dalla consegna materiale della res, ma anche dalla consegna ad un terzo o dalla mera disponibilità giuridica della somma.
(45) Cfr. Xxxxxxx, op. cit., 1410, e spec. nota 13.
(46) Cfr. Xxxxxxx, Collegamento negoziale e principio di buona fede nel contratto di credito per l’acquisto: l’opponibilità al finan- ziatore delle eccezioni relative alla vendita, Nota a Xxxx. 20 gen- naio 1994, n. 474, cit., secondo cui il collegamento e i predetti canoni generali operano su piani diversi: il primo opera sul piano degli effetti e della ripercussione delle vicende estintive e risolu- tive, mentre le regole di condotta, nel contesto del collegamen- to tra contratti, assumono volta per volta diversa portata concre- ta che si spinge anche al di là di quanto legislativamente previ- sto, consentendo di risolvere le controversie tra le parti di diver- si contratti.
(47) In passato una giurisprudenza di merito ha sostenuto la con- trarietà a buona fede della condotta del finanziatore che, pur par- tecipando alle trattative tra venditore e compratore, abbia versa- to il prezzo al venditore senza prima accertarsi che la merce og- getto del contratto sia disponibile presso il venditore e pronta per essere consegnata. Cfr., App. Milano, 3 luglio 1991, in Giur. di Merito, 1993, 1016, con nota di Cricenti.
(48) Cfr. per tutte, Cass., Sez. Un., 25 novembre 2008, n. 28056, in questa Rivista, 2009, 289.
(49) Giova rilevare che l’art. 34 cod. cons. prevede che ai fini del- la valutazione della vessatorietà di una clausola deve aversi ri- guardo anche alle clausole che figurano nel contratto collegato.