Actualidad Jurídica Iberoamericana Nº 16, febrero 2022, ISSN: 2386-4567, pp. 314-353
I DERIVATI OVER THE COUNTER TRA DIRITTO DEI PRIVATI E TEORIA ECOLOGICA DEL CONTRATTO.
PREMESSE PER UNO STUDIO*
OVER THE COUNTER DERIVATIVES WITHIN PRIVATE ORDERING AND ECOLOGY OF CONTRACT. A WORKING PAPER
Actualidad Jurídica Iberoamericana Nº 16, febrero 2022, ISSN: 2386-4567, pp. 314-353
* Lo scritto, come attestato nel titolo, intende porre le premesse per un più ampio studio sui derivati over the counter, che chi scrive sta conducendo e auspica di poter ulteriormente sviluppare. Esso, inoltre, rispetta l’impostazione data all’intervento presentato al II Congreso Internacional de Jóvenes Civilistas, tenutosi a Santander il 7 e 8 ottobre 2021. Per tali ragioni, nel presente lavoro l’apparato di note è contenuto all’essenziale, pur senza rinunciare a offrire un adeguato quadro di riferimenti al lettore che volesse svolgere approfondimenti. Alcuni passaggi argomentativi risultano piuttosto concisi, anche laddove sarebbe necessario ben altro approfondimento ricostruttivo: si tratta di una scelta consapevole, volta a presentare al lettore, anche se in forma provvisoria, alcuni degli snodi dello studio in corso. Si ringraziano l’Associazione Ivs Civile Salmanticense, e in particolare la Sección de Jóvenes Civilistas, per l’organizzazione del Congreso e per il gradito invito, che hanno rappresentato una preziosa occasione per condividere le presenti riflessioni.
Xxxxx XXXXXXX XXXXXXXX
ARTÍCULO RECIBIDO: 00 xx xxxxxxxxx xx 2021 ARTÍCULO APROBADO: 10 de enero de 2022
RESUMEN: Lo scritto intende porre alcune premesse per uno studio critico dei derivati over the counter. Condotta in riferimento ai dibattiti italiani e nordamericani, l’analisi di questi strumenti finanziari e del loro regime giuridico consente di sottolineare alcune implicazioni che la loro diffusione ha avuto sulla teoria generale del contratto. In questo senso, i derivati over the counter sono una manifestazione contemporanea di “diritto dei privati”. Tuttavia è illusorio pretendere un loro perfetto isolamento giuridico ed economico. Valorizzando una concezione ecologica del contratto, e facendo attenzione al rischio sistemico, occorre adottare un approccio rimediale capace di mettere in discussione la piena enforceability di questi strumenti finanziari.
PALABRAS CLAVE: Derivati Over the Counter; Ecologia del Contratto; Diritto dei Privati; Rischio sistemico; Rimedi.
ABSTRACT: The article aims at establishing some premises for a critical study of over the counter derivatives. By building on Italian and North American debates, the discussion of the legal regime of such financial products leads to highlight how and to what extent general theory of contract has been involved in their dissemination. In this respect, over the counter derivatives eventually are a contemporary instance of “private ordering”. However, their supposedly complete legal and economic insulation is an illusion. If one adopts an ecological view of contract and takes into account systemic risk, it becomes worth assuming a remedial approach capable of challenging the enforceability of these financial products.
KEY WORDS: Over the Counter Derivatives; Ecology of Contract; Private Ordering; Systemic Risk; Remedies.
SUMARIO.- I. DELIMITAZIONE DELL’INDAGINE. II. I DERIVATI OVER THE COUNTER IN
ITALIA. 1. Cenni ai dibattiti di dottrina. 2. Due significativi arresti giurisprudenziali. III. LA CAUSA DEL CONTRATTO E I DERIVATI: CRITICA DI UN APPROCCIO RICOSTRUTTIVO.
IV. DALLA CAUSA ALL’OGGETTO: I DERIVATI COME DIRITTO DEI PRIVATI. V. DERIVATI E RISCHIO SISTEMICO: FLUSSI DI CONTRATTAZIONE E TEORIA ECOLOGICA DEL CONTRATTO. VI. CONCLUDENDO: SUGGESTIONI INTERPRETATIVE E RIMEDIALI.
I. DELIMITAZIONE DELL’INDAGINE.
Questo scritto intende porre alcune premesse per discutere il problema giuridico privatistico dei derivati “over the counter” (ossia negoziati fuori dai mercati regolamentati; in seguito anche “OTC”) da due punti di vista complementari. Per un verso, tali strumenti finanziari saranno analizzati in una prospettiva di indagine volta a cogliere le interferenze tra i caratteri delle operazioni negoziali che più hanno segnato lo sviluppo recente del settore finanziario e i modi di pensare e di costruire il contratto come istituzione giuridica ordinante. Per altro verso, la ricerca di un inquadramento e di un regime rimediale adeguati ai problemi posti dai derivati OTC sarà condotta in un’ottica relazionale e dinamica, informata a quella che è ormai nota come “ecologia del diritto”1.
La storia dei derivati OTC, come si sa, è recente. Per quanto consta, il primo “interest rate swap”2 è stato documentato nel 19813. Sicché è in una finestra temporale di soli quarant’anni – un periodo caratterizzato, peraltro, da veri e propri
1 Vid. in proposito XXXXX, F., XXXXXX, U.: Ecologia del diritto. Scienza, politica, beni comuni, Aboca edizioni, Xxx Xxxxxxxx, 0000; XXXXXX U., QUARTA A.: Punto di svolta. Ecologia, tecnologia e diritto privato, Aboca edizioni, Xxx Xxxxxxxx, 0000. Per quanto riguarda gli studi in materia di contratto, vid. anche AA.VV.: Contratto e ambiente. L’analisi “ecologica” del diritto contrattuale (a cura di X. XXXXXXXXXXX), XXX, Xxxxxx, 0000. Un precedente significativo è nelle pagine di LENER, A.: “Ecologia, persona, solidarietà: un nuovo ruolo del diritto civile”, in AA.VV.: Tecniche giuridiche e sviluppo della persona (a cura di X. XXXXXX), Laterza, Roma-Bari, 1974, pp. 333-348. La crescente consapevolezza dell’importanza di un pensiero sistemico e complesso per la comprensione e la regolazione delle attività e dei prodotti finanziari emerge in MAY, R.M., XXXXX, S.A., XXXXXXXX, G.: “Ecology for bankers”, Nature, 2008, vol. 451, pp. 893-895.
3 Vid. XXXXXXX, X.X.: “An Apologia for the Use of Over-the-counter Derivatives”, Banking Law Journal, 1999, 116, p. 833-835.
• Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxx
Assegnista di ricerca Università di Torino – Dipartimento di Giurisprudenza. xxxxxxxxxxxx.xxxxxxxx@xxxxx.xx.
sconvolgimenti tecnologici e geopolitici, nonché da grandi cambiamenti giuridici e istituzionali nei rapporti tra “stato” e “società civile”, tra “pubblico” e “privato”4
– che occorre contestualizzare la nascita, lo spettacolare sviluppo, gli esiti talora nefasti e i tentativi di regolazione che hanno riguardato questi strumenti finanziari.
In via di prima approssimazione, è agevole riconoscere che “i prodotti derivati [tutti, non solo quelli OTC] si chiamano in questo modo perché il loro valore deriva dall’andamento del valore di una attività ovvero dal verificarsi nel futuro di un evento osservabile oggettivamente. L’attività, ovvero l’evento, che possono essere di qualsiasi natura o genere, costituiscono il “sottostante” del prodotto derivato”5. Una così generale “definizione ombrello” mette in luce un congegno contrattuale caratterizzante il funzionamento dei derivati. Ma non può ambire a cogliere l’estrema varietà e vivacità di operazioni negoziali capaci di creare e diffondere, in pochi anni, numerose forme di swap, “futures”6, “options”7, nonché di derivati creditizi8. Chiamate a misurarsi con la grande circolazione di questi strumenti finanziari, dottrina e giurisprudenza hanno dovuto comprenderli e razionalizzarli per lo più risolvendo questioni specifiche, divenute materia di crescente contenzioso (dal regime dei derivati conclusi da enti pubblici9 alle discussioni sul ruolo del “mark to market”, “MTM”10, in seno alla struttura dei
4 Per una prima informazione sui processi evocati nel testo v.: XXXXXXXXX, D.: La finanza internazionale sul finire del secolo, Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, Arezzo-Montepulciano, 1998; STRANGE, S.: Denaro impazzito. I mercati finanziari: presente e futuro, Edizioni di Comunità, Torino, 1999, spec. pp. 33-62; XXXXXXXX, X.: Il futuro dei futures. Il tempo del denaro nella finanza e nella società, ETS, Pisa, 2009; XXXXXXXXXXX, P.: “La globalizzazione nel sistema finanziario”, Persona e mercato, 2011, pp 245-250; ZOPPINI, A.: Il diritto privato e i suoi confini, il Mulino, Bologna, 2020; SORDI, B.: Diritto pubblico e diritto privato. Una genealogia storica, il Mulino, Bologna, 2020; NIVARRA, L.: “Il disordine delle fonti e l’ordine del diritto”, Rivista critica del diritto privato, 2021, núm. 1, pp. 151-159.
5 Si tratta della definizione reperibile sul sito della Consob.
6 I futures possono generalmente definirsi come contratti a termine “negoziati sui mercati regolamentati e, proprio per questo, standardizzati per oggetto, dimensione, scadenza e regole di negoziazione. Alle parti, pertanto, è rimessa solamente la possibilità di definire il prezzo a cui vogliono acquistare o vendere”.
7 Una option “è un contratto che attribuisce il diritto, ma non l’obbligo, di comprare (opzione call) o vendere (opzione put) una data quantità di un bene (sottostante) ad un prezzo prefissato (strike price o prezzo di esercizio) entro una certa data (scadenza, o maturità), nel qual caso si parla di opzione americana, o al raggiungimento della stessa, nel qual caso si parla di opzione europea. (…) Nel momento in cui il compratore dell’opzione esercita il diritto, cioè decide di acquistare (call) o vendere (put), il suo ricavo consisterà: nel caso di opzione call, nella differenza tra il prezzo corrente del sottostante (c.d. prezzo spot) e il prezzo di esercizio; nel caso di put, nella differenza tra prezzo di esercizio e prezzo spot”.
8 Tra i derivati creditizi spiccano i credit default swap, “contratti in cui un soggetto (c.d. protection buyer), a fronte di pagamenti periodici effettuati a favore della controparte (c.d. protection seller), si protegge dal rischio di credito associato ad un determinato sottostante che può essere costituito da una specifica emissione, da un emittente o da un intero portafoglio di strumenti finanziari”. Per una concisa tassonomia dei derivati vid. XXXXXXXX, X.: Alla ricerca del “derivato”, Xxxxxxx, Milano, 2016, pp. 8-10. Nel senso di valorizzare la pluralità di operazioni contrattuali qualificate come “strumenti finanziari derivati” vid. XXXXXX XXXXXXXX, F.: “Strumenti finanziari derivati”, Enciclopedia del diritto. Xxxxxx XX, Xxxxxxx, Milano, 2013, pp. 911-940.
9 Su cui si è espressa la sentenza di Xxxx. S.U. 12 maggio 2020, n. 8770, consultabile online sulla banca dati Leggi d’Italia, per la quale vid. infra nel testo. In dottrina, tra i molti contributi si può consultare XXXXXXXXX, M.: “Riflessioni in tema di contratti derivati ed enti pubblici”, in AA.VV.: Swap tra banche e clienti. I contratti e le condotte (a cura di X. XXXXXXX), Xxxxxxx, Milano, 2014, pp. 288-311.
10 Su tale nozione – che allude a metodi di valutazione e continua attualizzazione del valore degli strumenti finanziari, che combinano tanto i prezzi correnti di mercato quanto gli scenari probabilistici – vid. fin da ora XXXXXX, A., MOTTURA, C.D., MOTTURA, L.: “Sul “valore” di un derivato. Argomentazioni in margine alla
derivati). Si può però ipotizzare che un simile approccio interpretativo, giustificabile anche perché figlio della crescente mole di domande di tutela in sede contenziosa, abbia finito con l’ostacolare la comprensione d’insieme dei fenomeni giuridico- economici oggetto di studio.
In questa sede si vuole invece adottare una prospettiva più ampia, cominciando a discutere se e come i derivati over the counter mettano in questione la teoria del contratto. Interrogarsi a fondo sui derivati OTC è importante, dal momento che questi strumenti finanziari hanno determinato l’affermazione mondiale della finanza derivata pur risultando costitutivamente negoziati fuori dai mercati regolamentati e, dunque, in un’esclusiva logica di contrattazione tailor-made tra i paciscenti. Un carattere, questo, tale per cui lo strumento finanziario creato e detenuto dalle parti contraenti è illiquido, infungibile e insuscettibile di essere scambiato sul mercato, potendo al più essere rinegoziato tra le originarie parti contraenti o “impacchettato” in altri strumenti finanziari derivati, ulteriormente complessi e strutturati11.
Posta una tale definizione generale dei derivati over the counter, occorre ricordare che, verso la metà degli anni Novanta del secolo scorso, alcuni eclatanti casi statunitensi di perdite finanziarie legate ai derivati OTC avevano condotto alcuni osservatori a ridimensionare l’ottimismo nutrito verso tali strumenti finanziari, nonché ad avanzare dubbi su quanto essi fossero una leva di gestione dei rischi oppure, tutto all’opposto, essi stessi un fattore di instabilità12. In tale ottica, fu per esempio possibile evidenziare la necessità di conferire rilevanza giuridica ai concreti scopi di queste operazioni negoziali. Donde la ben nota distinzione tra finalità di copertura di rischi effettivamente esistenti (e detenuti da almeno una delle parti contraenti) e finalità di mera speculazione, nonché la connessa tesi per cui i derivati meramente speculativi avrebbero dovuto ricevere un trattamento rimediale omologo alle scommesse (e dunque imperniato sulla denegatio actionis nei confronti della parte “vincitrice”)13. Simili avvertenze restarono però minoritarie, tanto che il periodo a cavallo tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del XXI
disputa tra amministrazioni pubbliche e banche”, I Contratti, 2011, núm. 4, pp. 383-389. Ulteriori riferimenti nel prosieguo della trattazione.
11 Le peculiarità dei derivati over the counter possono ritenersi ormai parte delle conoscenze acquisite della cultura giuridica. In proposito vid. XXXXXX, X.: I contratti derivati, Xxxxxxx, Milano, 2010, pp. 431 ss.; XXXXXXXX, C.: Alla ricerca, cit., pp. 182 ss.; AA.VV.: Finanza derivata, mercati e investitori (a cura di X. XXXXXXX e X. XXXXXXX), ETS, Pisa, 2010.
12 Ci si riferisce, naturalmente, ai casi dei colossi imprenditoriali Long-Term Capital Management, Xxxxxx Greetings e Procter & Gamble, nonché dell’ente pubblico californiano di Orange County. Vid. XXXXX, X.X.: “Why the Law Hates Speculators: Regulation and Private Ordering in the Market for OTC Derivatives”, Duke Law Journal, 1999, vol. 48, pp. 701-786.
13 Nel dibattito italiano, alla fine degli anni Ottanta conferì rilevanza causale alla finalità di copertura INZITARI, B.: “Swap (contratto di)”, Contratto e Impresa, 1988, p. 617. Nel dibattito statunitense, è da segnalare a fine anni Novanta la posizione di Xxxx X. Xxxxx, espressa nello studio citato alla nota precedente e volta a difendere la rule against difference contracts propria della tradizione di common law (nel prosieguo del testo sarà possibile soffermarsi sulla portata di questo assetto normativo e rimediale).
secolo può considerarsi una sorta di “età dell’oro” dei derivati OTC. La rapidissima espansione di questi strumenti finanziari derivati fu assecondata e promossa dagli interpreti tramite argomenti divenuti ormai standard. In estrema sintesi, i prodotti dell’innovazione finanziaria furono salutati con favore perché ritenuti un efficace veicolo di gestione e di neutralizzazione dei rischi interni al settore finanziario, un importante strumento di arbitraggio e dunque di corretta definizione dei prezzi, un inedito meccanismo di espansione della liquidità circolante nei mercati14. Su queste basi, le ricostruzioni dominanti in quegli anni poterono pervenire a una duplice conclusione: da un lato, l’affermazione di una piena “enforceability” di tutti i derivati over the counter; dall’altro lato, la negazione della possibilità e/o dell’opportunità di distinguere tra derivati di copertura e di speculazione.
Il successo dei derivati OTC fu sanzionato anche nelle fonti legislative. Negli Stati Uniti, l’ordinamento che a questi strumenti finanziari aveva dato i natali, una piena enforceability fu assicurata, per ogni sorta di derivato OTC e a prescindere dai soggetti che avessero concluso tali operazioni finanziarie, dal Commodities Futures Modernization Act del 2000. Questo intervento normativo ribaltò la risalente “rule against difference contracts” – un insieme di regole definito nel common law statunitense sin dal caso Xxxxx x. Xxxxxxx, deciso dalla Corte Suprema federale del 1884, e basato proprio sulla denegatio actionis per i contratti differenziali speculativi – con il declamato obiettivo di ridurre i fattori di rischio generati dai mercati finanziari15. In Italia, invece, dal 1998 la fonte legislativa di riferimento è costituita dal d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, Testo Unico della Finanza (“TUF”). Più volte integrato e modificato, il Testo Unico contiene le poche e ben note indicazioni necessarie a inquadrare la disciplina italiana degli strumenti finanziari derivati. Al netto degli articoli relativi alla non certo felice definizione dei derivati, sulla scorta dei quali in questi strumenti finanziari possono vedersi contratti atipici ma nominati16, in questa sede conviene sottolineare due aspetti. Da un lato, e ai sensi degli articoli 18 e 21 TUF, la soggezione degli intermediari a obblighi di informarsi e di informare, nonché di prevenire, evitare o comunque
14 Per riscontri in merito a questo apparato argomentativo vid. XXXXXXX, X.X.: “An Apologia”, cit., pp. 833 xx. (xxxx. x. 000); XXXXX, L.A.: “Why the Law Hates Speculators”, cit., p. 707; XXXXX, T.L.: “Filling a Regulatory Gap: It is Time to Regulate Over-the-Counter Derivatives”, North Carolina Banking Institute, 2009, vol. 13,
p. 123 s. (spec. p. 127). Nel dibattito italiano, PREITE, D.: “Recenti sviluppi in tema di contratti differenziali semplici (in particolare caps, floors, swaps, index futures”, Dir. Comm. Intern., 1992, pp. 171-192; XXXXX, X.: “Profili giuridici del mercato degli swaps di interessi e di divise in Italia”, Banca Borsa Titoli di Credito, 1993, pp. 602-627; XXXXXXXXXXX, R.: “Le operazioni di swap e la struttura contrattuale sottostante”, Banca Borsa Titoli di Credito, 1997, pp. 112-134; più di recente XXXXXX XXXXXXXX, F.: “Strumenti finanziari”, cit. Alla fine del decennio, una sintesi di tali approcci ottimistici allo studio dei derivati fu proposta in XXXXXXX, G.: Profili civilistici del rischio finanziario e contratto di swap, Xxxxxxx, Milano, 1999, spec. p. 50.
15 Il Commodities Futures Modernization Act fu ritenuto “a dramatic, if underappreciated, change in the fundamental legal infrastructure underlying the derivatives markets” (STOUT, L.A.: “Derivatives and The Legal Origin of The 2008 Credit Crisis”, Harvard Business Law Review, 2011, vol.1, p. 4).
16 Per un’analisi critica della definizione legislativa di strumenti finanziari derivati vid. BARCELLONA, E.: “Strumenti finanziari derivati: significato normativo di una “definizione””, Banca Borsa Titoli di Credito, 2012, pp. 542-544.
gestire eventuali conflitti di interesse con i clienti17. Dall’altro lato, le cruciali previsioni dell’art. 23 TUF, che sanziona con la nullità le clausole di rinvio agli usi (co. 3) e che soprattutto dispone la piena enforceability di tutti i derivati, nella misura in cui “nell’ambito della prestazione dei servizi e attività di investimento, agli strumenti finanziari derivati nonché a quelli analoghi individuati ai sensi dell’articolo 18, comma 5, lettera a), non si applica l’articolo 1933 del codice civile” (co. 5)18.
All’apice di quella che si è detta l’età dell’oro dei derivati OTC, una delle più autorevoli voci critiche della finanziarizzazione dell’economia aveva scorto in questi strumenti finanziari una perspicua “caratteristica essenziale: quella di soddisfare da un lato i bisogni dei clienti, e dall’altro di offrire enormi opportunità di profitto, diffondendo la rassicurante impressione che l’ascesa dei rischi finanziari sia controllabile”19. Com’è noto, nel 2007 l’esplosione della bolla dei mutui subprime e dei derivati creditizi rappresentò – non tanto e non solo sul piano finanziario, quanto soprattutto in una prospettiva macroeconomica globale20 – una drammatica conferma dei timori relativi alla difficoltà di governare i rischi generati da un’economia profondamente interconnessa e finanziarizzata.
All’indomani della crisi fu chiaro, insomma, che la piena enforceability dei derivati OTC era da annoverare tra i fattori che più avevano concorso a creare le premesse della crisi stessa21. Pertanto, per rispondere ai fallimenti di “un mercato nel quale l’impiego di risparmio in ricchezza assente (…) trascolora nell’impiego in ricchezza inesistente, in operazioni che sono funzionalmente “scommessa” sulla dinamica di grandezze sottostanti spesso del tutto indipendenti dai comportamenti imprenditoriali (…)”22, significativi interventi regolatori in materia di derivati over the counter sono stati adottati, nell’ultimo decennio, sia negli Stati Uniti che in Europa. Oltreoceano, risale al 2010 il Xxxx-Xxxxx Xxxx Street Reform and Consumer Protection Act, imponente intervento con cui il legislatore
17 Per una valorizzazione dell’art. 21 TUF ai fini della ricostruzione della posizione degli intermediari vid. infra nel testo.
18 La portata di questa disposizione è ovviamente decisiva. In proposito si rinvia al prosieguo della trattazione.
19 Così, con particolare riguardo ai derivati creditizi, XXXXXXX, S.: Denaro impazzito, cit., pp. 47-48.
20 In merito alla crisi esplosa nel 2007 è stato autorevolmente rimarcato che “sotto ogni aspetto il trauma prodotto da tale contrazione, la prima crisi finanziaria globale del XXI secolo, è stato straordinariamente intenso. Il fatto che a livello macroeconomico abbia dato esito solo alla più grave recessione globale dell’ultimo dopoguerra – e non a qualcosa di peggio – va considerato come una vera e propria fortuna” (XXXXXXXX, C.M., XXXXXX, K.S.: Questa volta è diverso. Otto secoli di follia finanziaria, il Saggiatore, Milano, 2010, p. 289).
21 In questi termini STOUT, L.A.: “Regulate OTC Derivatives By Deregulating Them”, Regulation, 2009-2010, vol. 32, pp. 31-32; XXXXXX, A.D., XXXXXXX, S.M.: “Systemic Risk and Market Institutions”, Yale Journal on Regulation, 2009, vol. 26, pp. 452-453. Nel dibattito italiano di quegli anni v., a mero titolo esemplificativo, XXXXX, A.: “Crisi finanziaria, banche, derivati”, Riv. della banca e del mercato finanziario, 2009, pp. 13-20; XXXXX, M., XXXXX, P.: “Dalla ricchezza assente alla ricchezza inesistente – Divagazioni del giurista sul mercato finanziario”, Banca Borsa Titoli di Credito, 2010, pp. 401-417; TERNA, P.: “Regolatori distratti, regole sfocate e rischio sistemico”, Sistemi intelligenti, 2009, 2, pp. 285-291.
22 Così, proprio con riguardo al fenomeno della finanziarizzazione e alla diffusione dei derivati, SPADA, P.: “Codice civile e diritto commerciale”, Rivista di diritto civile, 2013, núm. 2, pp. 339-340.
federale ha, tra l’altro, fornito un pieno riconoscimento normativo ai soli derivati OTC con funzioni di copertura, condizionando la validità dei derivati speculativi all’adozione di meccanismi di “clearing” (compensazione) atti a gestire i rischi connessi alle transazioni speculative over the counter23. In Europa, simili approcci di politica del diritto – con la creazione di obblighi di compensazione centrale e di reportistica – sono stati perseguiti con il Regolamento EMIR (European Market Infrastructure Regulation) n. 648/2012, a sua volta modificato, in senso permissivo, dal Regolamento EMIR Refit (Regulatory Fitness and Performance Programme) n. 834/201924.
II. I DERIVATI OVER THE COUNTER IN ITALIA.
Le opzioni di regolazione intervenute negli ultimi anni sono apprezzabili poiché, assumendo finalmente che le operazioni negoziali e finanziarie in derivati OTC pongono questioni delicatissime, hanno avuto il fine di predisporne una più robusta disciplina. Tuttavia, come si intende chiarire nelle pagine seguenti, un’analisi dettagliata di tali normative e del relativo impatto interessa in maniera limitata l’indagine di fondo che si vuol prospettare con questo scritto. Piuttosto, dopo aver svolto nel paragrafo precedente alcune premesse introduttive è opportuno cominciare a osservare come il fenomeno negoziale dei derivati over the counter abbia fatto emergere problemi di teoria generale del contratto, con particolare attenzione all’ordinamento italiano. Infatti, gli intensi dibattiti che si sono sviluppati nella dottrina e nella giurisprudenza italiane in merito a questi strumenti finanziari offrono agli interpreti (anche non italiani) numerosi materiali, di cui è bene dare sommariamente conto per impostare una riflessione critica sulla dialettica tra diritto dei privati e concezione ecologica del contratto.
1. Cenni ai dibattiti di dottrina.
La cultura giuridica italiana ha discusso la materia dei derivati, specie over the counter, con sensibilità e approcci molto vari, tanto che alcuni anni fa in essi si è potuta autorevolmente riscontrare una vera e propria “cacofonia dottrinale”25. Tolta, alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, la prima importante riflessione
23 Si veda, anche rispetto alle possibili criticità relative all’attuazione del Xxxx-Xxxxx Act, STOUT, L.A.: “Derivatives”, cit., pp. 31-36.
24 Tra i moltissimi studi sugli interventi regolatori eurounitari vid. XXXXX, X., XXXXXXXXX, C.: “Over-the- Counter Derivative Markets in the Light of EMIR Clearing Obligations and the Financial Transaction Tax”, Derivatives & Financial Instruments, 2014, pp. 107-116; XXXXX, X.: “Central Counterparties in the OTC Derivatives Market from the Perspective of the Legal Theory of Finance, Financial Market Stability and the Public Good”, Eur. Bus. Org. Law Review, 2016, pp. 71-103.
25 L’espressione è di PAGLIANTINI, S.: “I derivati tra meritevolezza dell’interesse ed effettività della tutela: quid noctis?”, Persona e mercato, 2015, p. 34.
in materia di swap – ritenuti un “gioco economico simulato”26, ossia contratti la cui piena enforceability (con inapplicabilità dell’eccezione di gioco) poteva essere garantita solo dall’esigenza di copertura di rischi preesistenti alla conclusione dell’operazione finanziaria27 –, uno sguardo generale all’evoluzione dei dibattiti italiani sugli strumenti finanziari derivati consente di scorgere una linea di tendenza che è andata dalle fiduciose aperture liberistiche verso approcci assai più cauti, perché caratterizzati da crescente attenzione per le questioni di validità di queste operazioni negoziali.
Negli anni Novanta del secolo scorso e nei primi anni del secolo corrente anche la dottrina italiana, sulla scorta delle ricostruzioni dominanti a livello internazionale, ha sposato con convinzione la tesi della piena enforceability di tutti i derivati, anche se stipulati over the counter28. In questa sede non è possibile un esame dettagliato delle varie opinioni offerte a quel tempo. Nondimeno occorre segnalare una singolarità consistente in ciò, che conclusioni sostanzialmente convergenti hanno costituito l’esito di percorsi interpretativi piuttosto diversificati e talora perfino contraddittori. Per esempio, il rilievo delle finalità di copertura e di speculazione è stato ritenuto “artificioso e privo di effettiva aderenza al normale atteggiarsi della contrattazione”29 sia da chi ha predicato la c.d. “alea normale illimitata” dei derivati, sia da chi ha confutato il fondamento di questa nozione per fare riferimento, piuttosto, alla più risalente categoria di “contratto differenziale”30. Sotto altro profilo, l’aggancio della piena validità di questi strumenti finanziari al c.d. “sinallagma puro” – all’idea, cioè, che “il valore positivo emerge dallo scambio in sé stesso o, meglio, lo scambio è il valore positivo, la ragion d’essere del contratto”31
– è stato prospettato sia da chi ha visto nei derivati una pluralità di operazioni negoziali non riducibili a un quadro omogeneo sul piano della struttura, sia da chi, al contrario, ne ha proposto una chiave di lettura unitaria individuando un carattere comune nella loro “perfetta autonomia giuridica”32.
A fronte degli entusiasmi appena evocati la crisi del 2007 ha rappresentato, anche per la dottrina italiana, uno spartiacque, dando la stura a una vera e propria
26 Il carattere simulato del gioco discendendo, secondo questa impostazione, dall’accordo nel senso di “non immobilizzare mezzi propri nel gioco”: così INZITARI, B.: “Swap”, cit., p. 608.
27 Su tale ipotesi interpretativa, non distante dalla già menzionata rule against difference contracts del common law statunitense, si tornerà nel paragrafo conclusivo.
28 Vid. i già menzionati contributi di PREITE, D.: “Recenti sviluppi”, cit.; XXXXX, F.: “Profili giuridici”, cit.; XXXXXXXXXXX, R.: “Le operazioni”, cit.; vid. anche XXXXXX, M.: “Swaps”, Dig. Disc. Priv.- sez. commerciale, UTET, Torino, 1998, ad vocem.
29 Così BALESTRA, L.: Il contratto aleatorio e l’alea normale, Cedam, Padova, 2000, p. 256.
30 Per le opinioni evocate nel testo v., rispettivamente, XXXXXXX, G.: Profili civilistici, cit., pp. 188-203; e
XXXXXXXX, X.: Il contratto aleatorio, cit., p. 274.
31 Così, con riguardo allo swap, XXXXXX XXXXXXXX, F.: “Strumenti finanziari”, cit., p. 937.
32 Per la chiave di lettura unitaria vid. XXXXXX, E.: I contratti derivati, cit., p. 524; per la ricostruzione che nega ogni possibile concezione unificata dei derivati vid. XXXXXX XXXXXXXX, F.: “Strumenti finanziari”, cit. Le implicazioni teoriche dell’autonomia giuridica evocata nel testo saranno discusse criticamente infra.
“riscossa” delle ricostruzioni maggiormente problematiche (e oggi, per l’appunto, prevalenti33) degli strumenti finanziari derivati. Autorevole dottrina ha stigmatizzato i derivati over the counter sciogliendo l’acronimo “OTC” nell’espressione “ora ti colloco”, così ritenendo di denunciare i modi in cui – tramite la proliferazione di derivati speculativi e di altrettante speculari operazioni di “ricopertura” – gli intermediari “finanziarizzano” gli investitori, esponendoli a rischi della cui portata essi non hanno gli strumenti per avere contezza34. È dello stesso autore, del resto, la proposta di ricondurre i derivati alla figura del “contratto alieno”, originato in un ordinamento straniero e poi penetrato nello spazio giuridico nazionale: conseguenza di tale inquadramento è, come noto, la necessità di verificare la compatibilità dell’operazione contrattuale aliena con le norme imperative dell’ordinamento italiano35. Secondo un’altra importante opinione, formulata in polemica con le concezioni liberistiche del passato, “lo “scambio in sé” e il “sinallagma puro” non sono altro, perciò, che escamotages abbastanza scoperti per non dire che nei derivati speculativi (o, nella prospettiva di questa dottrina, nei derivati in genere) si dà soltanto uno scambio fittizio, ossia la costruzione di quel che sembrerebbe uno scambio senza scambio e un sinallagma senza corrispettività”36.
Prendendo le mosse da simili premesse, la dottrina italiana ha proposto un insieme ampio e articolato di ricostruzioni assai critiche dei derivati over the counter. Non essendo possibile soffermarsi su ciascuno dei contributi che hanno animato questo dibattito, occorre limitarsi a sottolineare due aspetti comuni a molti dei punti di vista espressi. Per un verso, si deve riconoscere come si sia per lo più avuta una netta percezione del nodo giuridico e istituzionale sotteso all’analisi dei derivati over the counter: sicché è apparso chiaro che queste operazioni negoziali costituiscono forme inedite di astrazione e di accumulazione di valori economico- finanziari. Per altro e complementare verso, la comprensione della portata e della
33 Prevalenti ma non pacifiche. Ancora oggi sono consistenti, anche se minoritarie, tesi che non mettono in discussione la piena enforceability e la validità dei derivati OTC, puntando piuttosto ad applicare regole di responsabilità connesse alla violazione di obblighi di condotta e di informazione ricostruiti in capo agli intermediari. In proposito vid. XXXXXXXX, M.: “Nessun derivato è un’isola (il servizio di consulenza nella negoziazione di derivati OTC)”, in AA.VV.: Swap tra banche e clienti, cit., pp. 264-288; DE POLI, M.: “Sul controllo giudiziale degli IRS attraverso la causa”, Rivista di diritto bancario, 2017, núm. 4, pp. 91-121; XXXXXX, M., XXXXXXX, A.: “La giurisprudenza italiana sui contratti derivati. Un’analisi interdisciplinare”, Rivista di diritto bancario, 2020, pp. 195-223.
34 In questi termini DE NOVA, G.: “I contratti derivati come contratti alieni”, Rivista di diritto privato, 2009, núm. 3, p. 17-18. Sul tema della finanziarizzazione dei soggetti prodotta tramite i derivati sono illuminanti le riflessioni di APPADURAI, A., Scommettere sulle parole. Il cedimento del linguaggio nell’epoca della finanza derivata, Xxxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxx, Xxxxxx, 0000.
35 Vid. ancora DE NOVA, G.: “I contratti derivati”, cit. Alla tesi fa riferimento in maniera adesiva XXXXXXX, F.: “Divagazioni in tema di causa del contratto municipale (alieno) derivato”, Rivista di diritto privato, 2013, núm. 4, pp. 501-521.
36 Così, nell’ambito di uno studio molto influente, BARCELLONA, M.: “I derivati e la causa negoziale. I. L’”azzardo” oltre la scommessa: i derivati speculativi, l’eccezione di gioco e il vaglio del giudizio di meritevolezza”, Contratto e Impresa, 2014, núm. 2, p. 588 (corsivi presenti nel testo originale). Argomenti contigui, e volti a negare tutela a un sinallagma privo di causa idonea dei movimenti patrimoniali, in BARCELLONA, E.: “Contratti derivati puramente speculativi: fra tramonto della causa e tramonto del mercato”, in AA.VV.: Swap tra banche e clienti, cit., pp. 140-143.
rischiosità dei derivati OTC ha fatto sì che le indagini su questi strumenti finanziari si siano orientate soprattutto a sindacarne la validità, con particolare riguardo alla meritevolezza37 degli interessi perseguiti e alla causa del contratto. Va da sé, però, che un controllo causale dei derivati OTC è operazione ermeneutica tutt’altro che scontata, anche per via delle (note e mai sopite) discussioni legate allo studio della causa nella teoria del contratto38.
Un nutrito filone di dottrina, per esempio, ha predicato la nullità dei derivati la cui causa sia in concreto assente o viziata39, così valorizzando le concezioni concrete della causa – e dunque attualizzando le costruzioni in materia di funzione economico-individuale40 – nonché l’idea che la causa del contratto sia strumento di controllo capillare e duttile, poiché riferito agli aspetti obiettivi della singola vicenda contrattuale ma, allo stesso tempo, pensato come meccanismo di agevolazione (e non di limitazione in senso lato “pubblicistica”) dell’autonomia privata. Sennonché un differente approccio, ancora in anni recenti, ha colto l’elemento funzionale dei derivati OTC nella riduzione e gestione del rischio, nonché nel modo in cui la “finanziarietà” assicurerebbe rilevanza funzionale ed enforceability a scambi aleatori puri sui generis (perché non omologabili alle scommesse) posti in essere nel settore della finanza41.
Simili ambivalenze possono essere spiegate richiamando un’altra e più originale impostazione dottrinale, che ha preso le mosse proprio dalla convinzione per cui i derivati sono anzitutto una peculiare tecnica negoziale di astrazione del valore. Per un verso, riconoscere che tali contratti possono creare e isolare “beni” che si risolvono in puro valore monetario (sul punto vid. il par. IV) pone il problema dell’oggettivazione del valore stesso, ossia “l’esigenza di un riferimento al mercato”42. Per altro verso, però, i derivati sono vicende negoziali suscettibili
37 Per questo accento ricostruttivo sull’art. 1322 c.c., su cui non ci si può soffermare in questa sede, vid. soprattutto il lavoro di Xxxxx Xxxxxxxxxx citato alla nota precedente e la riflessione di DI XXXXX, R.: “Interest rate swap, teoria del contratto e nullità: e se finalmente dicessimo che è immeritevole e che tanto basta?”, Rassegna di diritto civile, 2014, 1, pp. 308 ss.
38 Non è esagerato affermare che la causa sia vera e propria croce e delizia degli studi sul contratto. Per limitarsi alla cultura giuridica italiana, in proposito v.: XXXXXXXXXX, M.: “Causa del negozio giuridico (dir. priv.)”, Enciclopedia del diritto, Xxxxxxx, Milano, 1960, vol. VI, ad vocem; XXXXX, G.B.: Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Xxxxxxx, Milano, 1966; DI MAJO, A.: “Causa del negozio giuridico”, Enciclopedia giuridica, Treccani, Roma, 1988, ad vocem; AA.VV.: Causa e contratto nella prospettiva storico-comparatistica (a cura di
X. XXXXX), Xxxxxxxxxxxx, Torino, 1997; XXXXX, E.: Teoria generale del negozio giuridico, ESI, Napoli, 2002 (rist.);
XXXXX, X.: “Causa”, Dig. disc. priv., UTET, Torino, 2014, ad vocem.
39 Per esempio, “sono nulli i contratti derivati perché privi del requisito della causa in concreto, là dove realizzano una finalità speculativa invece di quella di copertura che la “parte” (sic) si era prefigurata” (XXXXXXX, F.: “Divagazioni”, cit., p. 517). Vid. in proposito XXXXXXX, U.: “L’operatività in IRS: tra causa tipica, causa concreta e obbligo di servire al meglio l’interesse del cliente”, in AA.VV.: Swap tra banche e clienti, cit., pp. 153-170; XXXXX, A.: “La negoziazione degli strumenti finanziari derivati ed il problema della causa in concreto”, Banca borsa titoli di credito, 2013, pp. 69 ss.
40 Vid. naturalmente FERRI, G.B.: Causa e tipo, cit.
41 Tra le più recenti riproposizioni di queste tesi vid. XXXXXXXX, A.M.: Aleatorietà e causa nella rendita vitalizia e nell’interest rate swap, XXX, Xxxxxx, 0000.
42 XXXXXXXX, X.: Alla ricerca del “derivato”, cit., p. 31.
di essere studiate con riguardo al contegno dei contraenti: un punto di vista, questo, che consente di inquadrare i derivati stessi come scambio di promesse allo stato puro, “che non vuole giustificarsi altro che in se stesso e che allora, di conseguenza, vuole prescindere dall’esigenza di verificare presupposti causali pur esterni”43. Nel quadro di tendenziale astrazione causale così delineato, la “funzione” di speculazione, sempre presente con un ruolo strutturante nella finanza derivata, appare come una “cause suffisante” degli impegni stabiliti e delle attribuzioni patrimoniali organizzate con i derivati, poiché giustificata dalla “logica collettiva” del mercato44. Tuttavia, la tenuta di una simile ricostruzione è incrinata proprio dai derivati over the counter: costitutivamente sganciati da tale logica collettiva mercantile, i derivati OTC, specie se conclusi per mera speculazione, obbligano l’interprete a individuare una “causa concreta” per ciascuna transazione. Una prospettiva, questa, così problematica da aver condotto la dottrina in esame a conclusioni che ridimensionano sia la validità delle negoziazioni OTC, sia la sfera di applicazione dell’art. 23, co. 5 TUF: sicché “il derivato over-the-counter “puramente speculativo” può ritenersi “giustificato” nell’ordinamento solo quando “creato” alle condizioni oggettive del mercato”45.
L’esigenza di ricondurre i derivati OTC a un criterio verificabile di giustificazione e di misura delle promesse dei paciscenti, nonché dell’intera operazione negoziale, è espressa in modo ancor più esplicito da una tesi dottrinale che ha prospettato una vera e propria causa tipica dei derivati. Secondo tale approccio, la disciplina legislativa dei derivati consente di qualificare questi strumenti finanziari come scommesse autorizzate ex art. 1935 c.c.: un inquadramento che rende in via di principio meritevoli di tutela le operazioni negoziali in derivati, relegando alla sola sfera dei motivi le finalità (di copertura, di speculazione o di arbitraggio) delle concrete transazioni46. Se ciò vale in particolare per i derivati OTC, ne consegue la necessità di due ulteriori specificazioni: da un lato, la proposta di riscontrare in capo agli intermediari, ex art. 21 TUF, una posizione di ufficio di diritto privato, in virtù della strutturale possibilità di conflitto di interessi di soggetti che, nei confronti degli investitori over the counter, siano allo stesso tempo prestatori di servizi di investimento e controparti47; dall’altro lato, e soprattutto, la convinzione
43 Op. ult. cit., p. 95.
44 Op. ult. cit., spec. pp. 144-157. Sulla neutralità causale dei derivati vid. anche COSSU, M., SPADA, P.: “Dalla ricchezza assente”, cit., pp. 410-413.
45 XXXXXXXX, X.: Alla ricerca, cit., p. 182 (corsivi presenti nel testo originale).
46 È questo l’orientamento di Xxxxxxx Xxxxxxx. Per un’introduzione a questa tesi vid. MAFFEIS, D.: “Contratti derivati”, Dig. Disc. Priv., UTET, Torino, 2010, ad vocem; un approfondimento della riflessione, dopo qualche anno, in MAFFEIS, D.: “L’ufficio di diritto privato dell’intermediario e il contratto derivato over the counter come scommessa razionale, in AA.VV.: Swap tra banche e clienti, cit., pp. 3 ss. L’impostazione è sostanzialmente accolta da XXXXXXXXX, D.: “La creazione razionale dell’alea nei derivati OTC e la nullità dello swap per vizio di causa”, Persona e mercato, 2014, pp. 332-347.
47 XXXXXXX, D.: op. ult. cit., pp. 9-14. In proposito vid. anche DI XXXXX, R.: “Interest rate swap”, cit., spec. p.
316. In anni meno recenti vid. anche l’importante contributo di XXXXXX, A.: “Strumenti finanziari: la nuova proprietà”, Rivista critica del diritto privato, 2000, pp. 669 ss.
per cui la validità dei derivati OTC dovrebbe essere accertata facendo riferimento alla misurabilità e razionalità della loro alea, avendo questi strumenti finanziari per oggetto “esattamente l’alea rappresentata dalla variazione dei dati economici prescelti”48.
2. Due significativi arresti giurisprudenziali.
Il formante giurisprudenziale49 italiano ha seguito traiettorie evolutive non dissimili da quanto si è osservato con riguardo ai dibattiti di dottrina. Non potendosi, però, dare dettagliatamente conto in questa sede degli orientamenti che sui derivati si sono formati negli ultimi trent’anni presso le corti italiane, conviene limitare la trattazione al richiamo di sole due pronunce, assai importanti per due ragioni. Da un lato, infatti, queste sentenze hanno preso congedo dalle interpretazioni maggiormente votate ad affermare la piena enforceability dei derivati OTC e, semmai, a soffermarsi sui doveri di informazione, sulle regole di responsabilità e sulle connesse tutele risarcitorie50. Dall’altro lato, esse hanno variamente accolto l’ultima delle ricostruzioni dottrinali sopra menzionate.
In primo luogo occorre dare conto della sentenza 18 settembre 2013, n. 3459 della Corte d’Appello di Milano: una pronuncia che, con le sue argomentazioni, ha rappresentato un salto di qualità nel dibattito italiano in materia di derivati OTC, in un senso sistematico e tipizzante51. In particolare, questa decisione ha qualificato i derivati come scommesse autorizzate ex art. 1935 c.c. e art. 23, co. 5 TUF, e ha esplicitamente riferito l’allocazione delle informazioni caratterizzanti tali strumenti finanziari non alle condotte delle parti (ossia alle regole di responsabilità), bensì alla struttura dei contratti52. In questo senso, “tutti gli elementi dell’alea e gli scenari che da essa derivano costituiscono ed integrano la causa stessa del contratto, perché appartengono alla “causa tipica” del negozio, indipendentemente dalle ricorrenti distinzioni fra scopo c.d. di copertura o speculativo tout court”. Nel quadro ricostruttivo così apprestato, il “difetto, in concreto, della causa” può essere accertato (come nella lite decisa) “non nella prospettiva, che può rivelarsi sfuggente, della causa in concreto”, ma solo nel caso in cui l’alea dell’operazione
48 XXXXXXX, D.: “Contratti derivati”, cit., ad vocem.
49 Per la categoria dei formanti vid. XXXXX, X.: “Legal Formants: A Dynamic Approach to Comparative Law”,
The American Journal of Comparative Law, 1991, vol. 39, pp. 1-34 e 343-401.
50 Si fa riferimento al dibattuto orientamento assunto in Italia da Xxxx. S.U. 19 dicembre 2007, n. 26724 e 26725. Questa giurisprudenza può essere consultata con i commenti di GENTILI, A.: “Disinformazione e invalidità: i contratti di intermediazione dopo le Sezioni Unite”, I Contratti, 2008, núm. 4, pp. 393-402; MAFFEIS, D.: “Discipline preventive nei servizi di investimento: le Sezioni Unite e la notte (degli investitori) in cui tutte le vacche sono nere”, I Contratti, 2008, núm. 4, pp. 403-410; XXXXX, V.: “La nullità virtuale del contratto dopo la sentenza Rordorf”, Xxxxx e Responsabilità, 2008, núm. 5, pp. 536-546.
51 Il testo della pronuncia può essere facilmente reperito. Lo si veda per es. in Nuova Giurisprudenza Civile Commentata, 2014, núm. 3, parte 1, pp. 206-230, con commento di XXXXXXXXX, L.: “Struttura e causa dell’interest rate swap nella recente evoluzione giurisprudenziale”.
52 Questo passaggio motivazionale è cruciale, poiché ha rappresentato un distinguishing rispetto alla giurisprudenza delle Sezioni Unite di cui alla nota 50.
negoziale non sia certa, ossia misurabile e razionale anche alla stregua di elementi come il mark to market53.
Il secondo riferimento giurisprudenziale che si intende rammentare è la sentenza 12 maggio 2020, n. 8770 delle Sezioni Unite della Cassazione. In teoria, questa decisione era chiamata a risolvere questioni di massima di particolare importanza relative al regime dei derivati over the counter conclusi da persone pubbliche prima del 2013, anno in cui, in Italia, la sottoscrizione di questi strumenti finanziari è stata vietata per legge agli enti pubblici diversi dallo Stato54. In pratica, l’impianto motivazionale adottato dalla Suprema Corte lascia trasparire un’ambizione generale, proponendo un peculiare inquadramento del fenomeno dei derivati OTC (e specialmente degli interest rate swap). È su questa parte della decisione che occorre soffermarsi, ai fini della presente riflessione.
Perunverso, la Cassazionehaevocato“afinipuramentedescrittiviesemplificativi” l’immagine della “scommessa finanziaria differenziale”, sottolineando che i derivati
– nel concretizzare plurime operazioni di negoziazione e monetizzazione del rischio – possono essere ritenuti “negozi a causa variabile, perché suscettibili di rispondere ora ad una finalità assicurativa ora di copertura di rischi sottostanti; così che la funzione che l’affare persegue va individuata esaminando il caso concreto e che, perciò, in mancanza di una adeguata caratterizzazione causale, detto affare sarà connotato da una irresolutezza di fondo che renderà nullo il relativo contratto perché non caratterizzato da un profilo causale chiaro e definito (o definibile)”. Per altro verso, i richiami alla causa in concreto appena riportati sono stati “smentiti” dalla stessa Cassazione, che in altri passaggi della motivazione, in più stretta consonanza con il precedente milanese del 2013, ha fatto riferimenti alla “causa tipica” dei derivati OTC e li ha concretizzati sia evocando la razionalità e misurabilità dell’alea, sia escludendo un rilievo causale delle differenti funzioni di copertura e di speculazione.
A fronte di un tale apparato motivazionale, che non sembra davvero in grado di sostenere l’ambizione nomofilattica manifestata dalle Sezioni Unite, non sorprende che la decisione appena descritta sia stata accolta da pareri contrastanti in dottrina55. In questa sede, è peraltro sufficiente notare che non
53 I passaggi virgolettati nel testo sono tratti dalla motivazione della pronuncia. Tra i tanti commenti in dottrina v., per una prima informazione da diversi punti di vista, XXXXXXXXX, D.: “La creazione razionale”, cit.; DI XXXXX, R.: “Interest rate swap”, cit.; DE POLI, M.: “Sul controllo giudiziale”, cit.; XXXXXXXXX, L.: “Struttura e causa”, cit.
54 Vid. in particolare Cass. Sez. I, Ord. 10 gennaio 2019, n. 493. Per il testo di questo provvedimento e per un commento al riguardo vid. XXXXXXXXX, D.: “Derivati, Up Front ed enti locali: la parola alle Sezioni Unite”, Giur. It., 2020, 1, pp. 71 ss. Il divieto di stipulare strumenti finanziari derivati è stato previsto (con alcune eccezioni) per gli enti pubblici diversi dallo Stato ex art. 1, co. 572 legge 27 dicembre 2013, n. 147.
55 Tra i giudizi positivi vid. XXXXXXX, F.: “Contratti derivati e sezioni unite: tutela dell’efficienza e dell’integrità del mercato”, xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx, reperibile online; PAGLIANTINI, S.: “Dopo le S.U. 8770/2020: i derivati (della P.A.?) ed il paradosso di San Xxxxxxxxxxx”, Rivista di diritto bancario, 2020, pp. 123-141; XXXXXXXXX, G.: “Quantità e qualità dell’alea come elemento necessario del derivato IRS”, Nuova Giurisprudenza Civile
pare esagerato vedere nella sentenza n. 8770 del 2020 una certa “sovrabbondanza argomentativa”56, suscettibile di fare della decisione un infelice ibrido tra le tesi più tipizzanti, legate alla razionalità/misurabilità dell’alea, e gli approcci maggiormente inclini a richiamarsi alla causa in concreto. Se, dunque, risulta ragionevole l’invito a ridimensionare “qualche inciampo dogmatico” della pronuncia, valorizzandone il positivo impatto di tutela dell’integrità dei mercati finanziari57, d’altra parte occorre riconoscere che le descritte ambivalenze alludono, a un livello più profondo, alla dialettica tra il funzionamento dei derivati OTC e la categoria della causa del contratto.
III. LA CAUSA DEL CONTRATTO E I DERIVATI: CRITICA DI UN APPROCCIO RICOSTRUTTIVO.
Come si è già mostrato sopra, la possibilità di sindacare la validità dei derivati OTC tramite il controllo causale è stata affermata da diverse prospettive ricostruttive.
Spesso (da ultimo in alcuni passaggi della sentenza n. 8770 resa nel 2020 dalla Suprema Corte) dottrina e giurisprudenza si sono richiamate alla causa in concreto, ossia a una concezione della causa la cui genealogia ha a che vedere sia con la visione di causa come funzione economico-individuale, sia con le riflessioni in materia di collegamento negoziale58. Eppure, a questo proposito sembra necessario riconoscere che delle due l’una. O si persevera nei riferimenti alla causa in concreto, ma ammettendo che le specifiche finalità di copertura e/o di speculazione hanno piena rilevanza causale (comportando, come sarebbe plausibile inferire, differenze di disciplina tra derivati di copertura e di speculazione). Oppure si continua a relegare dette finalità all’area dei motivi, ma accettando la conseguente inservibilità della causa in concreto. Malgrado appaia in fin dei conti intuitiva, una tale alternativa è stata sovente obliterata sulla base dell’argomento per cui l’attribuzione di rilievo causale alle finalità di copertura sarebbe manifestazione di inaccettabili diffidenze
Commentata, 2020, 5, pp. 1092 ss. Xxxx più sfumati, o perfino critici, si rinvengono in XXXXXX, R.: “Tutto ciò che è reale, se non è razionale, è nullo: ma quanto è reale la razionalità pretesa dalle sezioni unite?”, xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx, reperibile online; BARTALENA, A.: “Patologie dei derivati: la causa concreta come strumento di tutela dell’investitore “tradito””, Le Società, 2020, 10, pp. 1122-1134; XXXXXX, M., XXXXXXX, A.: “La giurisprudenza italiana”, cit.
56 XXXXX, A.: “I contratti derivati degli enti locali dopo le Sezioni Unite”, Giur. It., 2020, núm. 11, pp. 2397 ss.
57 Per questa opinione vid. XXXXXXXXXXX, X.: “Dopo le S.U.”, cit., pp. 140-141.
58 La bibliografia su questi temi è naturalmente sterminata. In anni recenti, e con espresso riferimento al tema dei derivati, vid. XXXXX, X.: “Causa concreta: una storia di successo? Dialogo (non reticente, né compiacente) con la giurisprudenza di legittimità e di merito”, Rivista di diritto civile, 2013, pp. 957-988; XXXXXXXXXXX, S.: “I costi impliciti nei derivati fra trasparenza e causa (ovvero quando nomina non sunt consequentia rerum)”, in AA.VV.: Swap tra banche e clienti, cit., pp. 210-250 (spec. pp. 230-232). Su un piano più generale, vid. XXXXX, G.B.: Causa e tipo, cit.; XXXXXXXXX, E.: “Contratto e operazione economica”, Dig. Disc. Priv., UTET, Torino, 2011, ad vocem; XXXXXXXXX, A.: “Contratti collegati”, Dig. Disc. Priv., UTET, Torino, 2007, ad vocem; SCOGNAMIGLIO, R.: “Collegamento negoziale”, Enciclopedia del diritto, Xxxxxxx, Milano, vol. VII, 1960, ad vocem; MESSINEO, F.: “Contratto collegato”, Enciclopedia del diritto, Xxxxxxx, Milano, vol. X, 1962, ad vocem.
nei confronti della speculazione (specialmente finanziaria), la quale a sua volta sarebbe impropriamente accostata alla scommessa59.
Confortati da una tradizione culturale assai autorevole60, questi orientamenti hanno finito con il legittimare l’isolamento giuridico ed economico dei derivati OTC61. Sennonché un’attenzione così spiccata all’individualità delle singole operazioni negoziali non poteva che risultare aporetica proprio sul terreno dell’analisi funzionale, e proprio per via del crescente successo delle concezioni della causa come funzione economico-individuale del contratto. La distinzione tra finalità di copertura e di speculazione – che si riteneva “cacciata dalla porta” con la scelta di valorizzare i singoli rapporti contrattuali e le visioni liberistiche dell’attività finanziaria – è così “rientrata dalla finestra” non appena gli interpreti hanno cominciato a sindacare l’assetto causale dei derivati over the counter alla stregua (di un ragionevole equilibrio) delle posizioni dei contraenti e nell’ottica di “tutela non tanto di esigenze generali dell’ordinamento, quanto del soggetto che compie un atto di autonomia privata”62.
Ne è così risultato un quadro interpretativo piuttosto contraddittorio. Talora, per esempio, il rimedio della nullità per difetto di causa in concreto è stato accordato anche quando sarebbe sembrato più corretto discorrere di annullabilità del derivato OTC per vizi del consenso63. Né devono stupire, in questo senso, i rilievi radicali di una dottrina che ha scorto nella causa in concreto il veicolo di un’espansione incontrollabile del “solipsismo pratico-giudiziario”: una tendenza, questa, che darebbe un apporto dirimente alla rottura della “sintesi fra razionalità tecnico-contabile e razionalità giuridica, su cui riposava il capitalismo occidentale, e senza la quale si cade in un’economia avventurosa e piratesca”64.
L’idea per cui “la causa [tipica] del derivato (art. 1325 n. 2 c.c.) è quella di una scommessa, che è legalmente autorizzata sul presupposto della razionalità dell’alea”65, può essere considerata un tentativo di uscire dall’impasse provocata
59 Espliciti, in questo senso, BALESTRA, L.: Il contratto aleatorio, cit., pp. 245-256; e XXXXXXX, G.: Profili civilistici, cit., passim.
60 Tre riferimenti per tutti: XXXXXXXXX, T.: “Aleatorietà e contratti di borsa”, Banca borsa titoli di credito, 1958, spec. p. 454; VASSALLI, F.: “La pretesa nullità dei contratti differenziali e i contratti differenziali su divise”, in VASSALLI, F.: Studi Giuridici. Volume II, Xxxxxxx, Milano, 1960, pp. 143-156; XXXXXXXXXX, F.: “Nullità di vendita di cambi allo scoperto”, Riv. dir. comm., 1923, pp. 486-495.
61 Così XXXXXXX, X.: Profili civilistici, cit.; nonché GIRINO, E.: I contratti derivati, cit., spec. p. 517-528. Da ultimo toni simili in XXXXXXXX, A.M.: Aleatorietà e causa, cit.
62 XXXXXXXX, X.: Alla ricerca, cit., p. 178. Naturalmente, ciò non toglie che l’uso della causa in concreto come strumento di controllo della validità dei derivati OTC possa avere un impatto apprezzabile anche sul piano più istituzionale e macroeconomico: cfr. sul punto XXXXXXX, F.: “Contratti derivati”, cit.
63 Un tale uso improprio della categoria è stato denunciato “come grimaldello per superare (o piede di porco per scardinare) il principio della tendenziale insindacabilità dell’equilibrio economico del contratto” (ROPPO, V.: “Causa concreta”, cit., p. 985). Più di recente vid. XXXXXXXXX, X.: “Patologie dei derivati”, cit., p. 1128.
64 Le parole riportate sono di IRTI, N.: Un diritto incalcolabile, Giappichelli, Torino, 2016, rispettivamente p. 52 e p. 113 (corsivi presenti nel testo originale).
65 XXXXXXX, D.: “L’ufficio di diritto privato”, cit., p. 28.
dalle critiche verso le costruzioni concrete della causa dei derivati. Ma anche le concezioni tipiche della causa si reggono su presupposti e argomenti non convincenti.
Tra tali presupposti vi è la distinzione tra la causa lucrandi, che in tesi sarebbe propria delle operazioni negoziali in derivati, e la causa ludendi che caratterizzerebbe gioco e scommessa. Una tale differenziazione, valorizzata allo scopo di fornire supporto all’esclusione di tutti i derivati dal regime rimediale dell’art. 1933 c.c. (come disposta dall’art. 23, co. 5 TUF), non sembra avere solido fondamento. Certamente da rifiutare è l’argomento – quasi una mitologia
– che pretende di contrapporre la “frivolezza” delle scommesse alla “serietà” della speculazione finanziaria, assumendo che solo i contratti che riguardano la seconda meriterebbero una piena enforceability66. Ma parimenti inadeguata sembra la tesi che riferisce la distinzione tra causa lucrandi e causa ludendi alla sfera della razionalità di mercato, ritenendo che solo nel primo caso (integrato con la conclusione di derivati) si avrebbero spostamenti di ricchezza mercantili, poiché legati “alla legge della domanda e dell’offerta di beni scarsi”67. A ben vedere, infatti, i derivati OTC sono individuabili proprio per due caratteristiche qualificanti: come già si è visto, essi sono illiquidi e non negoziabili, sicché per questi strumenti finanziari è tecnicamente inappropriato ritenere che il mercato sia un contesto istituzionale capace di assicurare, tramite transazioni contrattuali, la produzione sociale di prezzi “giusti” e l’allocazione efficiente della ricchezza68; come meglio si vedrà, essi hanno ben poco a che fare con la circolazione di beni scarsi.
Malgrado le riserve appena formulate, la distinzione tra causa lucrandi e causa ludendi continua (in modo più o meno esplicitato) a ispirare l’interpretazione di disposizioni che assicurano piena enforceability ai derivati (come l’art. 23, co. 5 TUF in Italia), stimolando la tendenza collaterale a discorrere di una causa tipica degli strumenti finanziari derivati. Ed è in questo punto della problematica ricostruttiva che, proprio per apprestare una giustificazione causale di tali operazioni negoziali, i riferimenti alla razionalità e alla misurabilità dell’alea diventano necessari, conducendo gli interpreti a insistere sulla rilevanza causale del mark to market e, più in generale, degli scenari probabilistici che l’intermediario sarebbe tenuto a disvelare all’investitore69.
66 Come è stato chiarito, “l’indeterminatezza dei limiti tra gioco e serietà in nulla è tanto evidente come in quel che segue. Si gioca alla roulette e si gioca “in borsa”. Nel primo caso il giocatore ammetterà che la sua azione è un giocare, ma nel secondo no” (XXXXXXXX, J.: Homo ludens, il Saggiatore, Milano, 1967, p. 87).
67 BARCELLONA, E.: “Contratti derivati puramente speculativi”, cit., p. 100. Approccio per certi versi simile in
XXXXXXXX, X.: Alla ricerca, cit., spec. pp 137-150.
68 Il riferimento imprescindibile a questo proposito è, ovviamente, XXXXX, R.H.: “The Problem of Social Cost”, Journal of Law & Economics, 1960, vol. III, pp. 1-44.
69 Oltre alle tesi elaborate da Xxxxxxx Xxxxxxx, e riprese da Xxxxxxx Xxxxxxxxx, vid. anche XXXXXXXXXXX, S.: “Dopo le S.U.”, cit., pp. 126-129.
Tuttavia, è questo l’aspetto più dolente nelle ricostruzioni dei derivati over the counter. Anche senza dare conto di analisi dettagliate sui diversi significati attribuibili alla nozione di (difetto di) misurabilità dell’alea70, in ottica più generale occorre riconoscere che il valore del derivato è una grandezza “model-dependent”, ossia suscettibile di variare a seconda dei modelli e delle tecniche di calcolo adottate dall’intermediario. Tale ammissione ha un corollario tanto intuitivo quanto radicale: una profonda messa in discussione del modo in cui le tecniche probabilistiche sono impiegate nella valutazione economica e nella disciplina normativa dei derivati OTC. In proposito, le parole più chiare vengono forse dalla letteratura non giuridica. Per un verso, è stato possibile mostrare il carattere irrealistico delle assunzioni alla base della formula di Black-Xxxxxxx, che pure ha dominato per anni la pratica degli operatori finanziari e le negoziazioni in strumenti derivati, nonché il modo in cui il mark to market interviene sulle interferenze tra operazioni negoziali e fattore tempo: “il presente, cioè, viene riscritto ogni sera, azzerando i contratti e riscrivendoli ad un nuovo prezzo”71. Per altro verso, si è finalmente potuto assistere a una chiara riaffermazione della distinzione tra i rischi (e i modi con cui questi sono gestiti) e il diverso campo dell’incertezza, che è sostanzialmente illusorio pensare di governare tramite tecniche probabilistiche di valutazione e di calcolo72.
Questi rilievi trovano riscontro anche su un piano tecnico, con particolare riguardo alla frizione tra le tesi in materia di misurabilità dell’alea e la teorica della c.d. alea normale illimitata, sovente evocata a riguardo dei contratti di borsa e degli strumenti finanziari derivati73. Il tema è complesso e dibattuto da lungo tempo: dovendo limitare la trattazione sul punto a un cenno appena, si può notare come tra l’esigenza di misurabilità dell’alea (che, nell’approccio sopra descritto, presuppone l’aleatorietà del contratto) e la qualificazione del derivato OTC come operazione negoziale per definizione ad alea normale illimitata vi sia un’incompatibilità logica che è proprio il frutto delle concezioni causaliste e funzionali dell’alea e del contratto aleatorio. Tali prospettive di indagine, del resto,
70 Sul punto vid. almeno BARCELLONA, M.: “I derivati e la causa negoziale. II. Il controllo di meritevolezza e i derivati (anche) di protezione conclusi dalle banche”, Contratto e impresa, 2014, núm. 4-5, spec. p. 897.
71 XXXXXXXX, X.: Il futuro, cit., p. 160. La critica della formula di Black-Xxxxxxx è invece spec. alle pp. 169- 190. XXXXX, X., XXXXXXX, M.: “The Pricing of Options and Corporate Liabilities”, The Journal of Political Economy, 1973, vol. 81, pp. 637-654. Anche altrove si è rilevato che “se, in termini generali, costituisce l’esito dell’applicazione di modelli convenzionalmente accettati (…), al momento della conclusione il mark to market esprime unicamente la proporzione tra le prestazioni delle parti. Tale proporzione è del tutto irrilevante per la determinazione del rischio del contratto (…)” (così, per giungere poi ad argomentare a favore di un recupero delle regole di responsabilità, ANOLLI, M., XXXXXXX, A.: “La giurisprudenza italiana”, cit., p. 210.
72 È, questo, uno dei fili conduttori del lavoro di APPADURAI, A.: Scommettere sulle parole, cit., passim. In merito all’incertezza, il classico – ampiamente valorizzato dallo stesso Xxxxxxxxx – è KNIGHT, F.H.: Xxxxxxx, incertezza e profitto, La Nuova Italia, Firenze, 1960 (ed. originale 1921).
73 V., per tre letture classiche, XXXXXX, R.: “Alea”, Enciclopedia del diritto, Xxxxxxx, Milano, vol. I, 1958, ad vocem; XXXXXXXXX, T.: “Aleatorietà”, cit.; XXXXXXX, A. “Eccessiva onerosità della prestazione e superamento dell’alea normale del contratto”, Riv. dir. comm., 1960, spec. pp. 447-449. In anni più recenti vid. XXXXXXX, P., “I contratti derivati finanziari nel sistema dei contratti aleatori”, in AA.VV.: Swap tra banche e clienti, cit., pp. 172-210.
hanno definito l’alea giuridica come “momento originario ed essenziale, che colora e qualifica lo schema causale”74 del contratto; hanno considerato l’alea economica e l’alea normale elementi estrinseci alla funzione dell’atto, al più rilevanti in fase esecutiva; e hanno riconosciuto all’autonomia privata un potere di estensione convenzionale dell’alea normale75. Nel quadro così ricostruito il fondamento della nozione di alea normale illimitata, tanto farraginosa quanto fortunata, può essere rintracciato nell’obiettivo di sottrarre i contratti di borsa – e attualmente anche i derivati, a dispetto di ogni auspicio circa un’aleatorietà misurabile e razionale – al rimedio della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta ex art. 1467 c.c., nel momento stesso in cui di questi contratti si tende a negare l’aleatorietà, così scongiurando la loro possibile riconduzione al regime rimediale dell’art. 1933 c.c.
Sia pur nella sintesi cui in questa sede occorre attenersi, la trattazione che precede consente di prospettare due prime conclusioni. Da un lato, si deve riconoscere che concepire la razionalità causale del derivato OTC come misurabilità della relativa alea è una chimera (benché l’orientamento sia stato fatto proprio, come si è visto sopra, ai più alti livelli giurisdizionali). Dall’altro lato, e più in generale, si può notare che concentrare l’attenzione sul solo requisito causale non solo non conduce a un inquadramento soddisfacente dei derivati over the counter, ma impedisce anche di metterne compiutamente a fuoco i profili più caratterizzanti.
IV. DALLA CAUSA ALL’OGGETTO: I DERIVATI COME DIRITTO DEI PRIVATI.
Alla luce di quanto si è venuto esponendo occorre dunque cambiare prospettiva. Se i derivati OTC costituiscono, come altre categorie di contratti, un insieme di operazioni negoziali “non sempre ricostruibile alla stregua dell’elemento funzionale”76, diventa opportuno riflettere sulla struttura di questi strumenti finanziari, interrogandosi sul loro oggetto e domandandosi “attorno a cosa” ruotano le relazioni giuridiche da essi costituite e regolate. Anche l’individuazione dell’oggetto dei derivati over the counter, peraltro, è un’operazione interpretativa non semplice. In alcuni casi, si è ritenuto che l’oggetto del derivato possa essere individuato nel “differenziale scaturente dal programmato (e voluto) rischio di fluttuazione del sottostante”77. In altre occasioni si è affermato (così la dottrina che ha fatto riferimento alla causa tipica e alla figura della scommessa autorizzata ex art. 1935 c.c.) che oggetto dei derivati sarebbe sic et simpliciter l’alea, donde la
74 XXXXXX, X.: “Alea”, cit., ad vocem.
75 Nelle parole di Xxxxxxxxxx Xxxxxxx, “l’alea normale è estrinseca alla fattispecie, eventuale, può essere estesa e allargata convenzionalmente, senza con questo penetrare nella causa e il suo rilievo si limita a quello di presupposto di applicazione della risoluzione per eccessiva onerosità” (XXXXXXX, G.: Contratto aleatorio e alea, Xxxxxxx, Milano, 2004, p. 230).
76 XXXXXXXX, X.: Il contratto aleatorio, cit., p. 275.
77 XXXXXXXXXXX, X.: “I costi impliciti”, cit., p. 235.
necessità che le parti concordino criteri di calcolo, nonché quantità e qualità delle reciproche alee, in modo da assicurare la razionalità dell’operazione negoziale78.
A ben vedere, in seno agli studi sui derivati capita sovente di imbattersi in riferimenti promiscui alle due nozioni di causa e di oggetto: ma ciò non deve sorprendere. Affinità e divergenze tra questi due requisiti sono, infatti, un problema classico degli studi sul contratto. Per un verso, in dottrina si è notato spesso che la portata dell’oggetto è stata messa in ombra dal “valore assorbente” delle riflessioni in materia di causa79. Per altro verso, in ottica storica e comparativa si è ritenuto che la connessione tra le due categorie sia tanto intima, da permettere di affermare che “la causa non è altro che l’oggetto (contenuto) visto da una prospettiva dinamica o funzionale, e l’oggetto (contenuto) è la causa vista nella sua dimensione inerte o strutturale”80.
In questa sede non è in alcun modo possibile soffermarsi sulle tante ricostruzioni teorico-generali dell’oggetto e sulle alterne fortune degli studi su tale requisito del contratto. Le incertezze, del resto, sono profonde e risalenti. Se è chiaramente abbandonata l’idea per cui l’oggetto del contratto coincide, in ottica fisicista e corporale, con la cosa riguardata dall’operazione negoziale dei paciscenti, non si deve tacere di come anche le altre ipotesi interpretative avanzate su questo tema siano andate incontro a critiche più o meno significative. Sicché l’oggetto è stato variamente ricondotto: alle prestazioni dedotte nel contratto; al bene inteso anche “come attività, (…) come valore anche incorporale”81; alle descrittive contrattuali, viste non soltanto come “ponti” tra oggetto e contenuto, ma anche come termini di relazione tra l’atto di autonomia privata e l’ordinamento82; alle nozioni di contenuto e di regolamento contrattuale, nella misura in cui “contenuto dell’accordo è ogni medio logico in cui ci si imbatte mentre si procede dall’accertamento del contenuto del testo verso l’elaborazione dei risultati del negozio”83. Senza entrare nel merito dei dibattiti appena evocati, ciò che occorre sottolineare è che tutte le differenti (e spesso contrapposte) tesi in materia di oggetto e contenuto del contratto sono accomunate da ciò, che tale elemento è ritenuto un termine esterno alla struttura del contratto. L’insegnamento è dei più tradizionali e radicati: del resto non solo
78 Vid. ancora MAFFEIS, D.: “L’ufficio di diritto privato”, cit., pp. 20 ss.
79 In questi termini FERRI, G.B.: “Capacità e oggetto del negozio giuridico: due temi meritevoli di ulteriori riflessioni”, Quadrimestre, 1989, p. 9. Più di recente vid. XXXXXXXXX, X.: L’oggetto del contratto. Artt. 1346-1349, Xxxxxxx, Milano, 2015.
80 Così, concludendo la sua importante analisi sull’istituto, FIORI, R.: “Il problema dell’oggetto del contratto nella tradizione civilistica”, in AA.VV.: Modelli teorici e metodologici nella storia del diritto privato. Obbligazioni e diritti reali, Jovene, Napoli, 2003, p. 238.
81 XXXXX, X.X.: “Capacità e oggetto”, cit., pp. 11-12 (corsivi presenti nel testo originale).
82 Ma per una decisiva smentita della contrapposizione tra la signoria della volontà (negoziale) dei privati e la costruzione in senso autoritario dello Stato e dell’ordinamento pubblicistico vid. almeno AA.VV.: Categorie giuridiche e rapporti sociali. Il problema del negozio giuridico (a cura di X. XXXXX), Xxxxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000; IRTI, N.: “Itinerari del negozio giuridico”, Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico, 1978, pp. 395-420.
00 XXXXX, X., XX XXXX, G.: Il contratto, UTET, Torino, 2016, p. 945.
l’oggetto, ma anche i soggetti, sono ritenuti entità esterne al contratto84. La genealogia di tali convinzioni attiene ai fondamenti stessi dell’esperienza giuridica moderna. E va da sé che molto si potrebbe discutere di concezioni che, costruendo le categorie del soggetto e dell’oggetto come “sostanze”, fanno del primo un a priori del pensiero filosofico, politico e giuridico; e inscrivono il secondo in una visione essenzialista della natura, la quale esiste in sé e per sé o, al più, per essere sfruttata dal genere umano e così trasformata in termine passivo e inerte delle situazioni giuridiche soggettive85.
Anche alla luce dei profili di teoria generale cui si è appena accennato, ai limitati fini di questo scritto è necessario rilevare che il proprium dei derivati over the counter sembra da riscontrare nella capacità di questi strumenti finanziari di mettere in crisi, in modo assai appariscente, l’idea di una costitutiva estraneità dell’oggetto alla struttura del contratto. Si veda, in proposito, la convinzione per cui i derivati OTC “non hanno oggetto fuori di sé”86, esplicitamente affermata in dottrina. Si pensi, ancora, ai già menzionati richiami alla capacità dei derivati di istituire “scambi fittizi”: una peculiarità giuridica, questa, la cui portata è stata avvertita al punto da prospettare che la validità dei derivati speculativi sia condizionata alla compatibilità degli stessi con un “paradigma utilitario”, ossia con un riferimento a criteri mercantili di razionalità e di giustificazione causale delle attribuzioni patrimoniali87.
La questione è parsa particolarmente chiara in un’autorevole dottrina che, nel relativizzare espressamente la considerazione di soggetti e oggetto come entità esterne al contratto, da un lato non ha avuto remore a discorrere di un “contratto “creativo” di nuovi valori, se si vuole beni”; dall’altro lato ha colto la peculiarità degli strumenti finanziari derivati in “indubbi profili di organizzazione,
84 “Come il rapporto, così il negozio intercede fra soggetti e ha un oggetto: soggetti o oggetto non diventano peraltro, a rigore, elementi del negozio, e tanto meno, come sembra considerarli ancora la legge (arg. art. 1325), requisiti del medesimo, ma restano semplicemente i termini fra i quali e sul quale il negozio si forma: sebbene necessari per l’esistenza del negozio, sono non dentro, ma fuori del negozio medesimo” (XXXXXXX XXXXXXXXXX, F.: Dottrine generali del diritto civile, Xxxxxx, Napoli, 1983, pp. 129-130). Tra le tante altre pagine classiche vid. XXXX, X.; “Oggetto del negozio giuridico”, Novissimo Digesto Italiano, UTET, Torino, 1965, pp. 799-806. In anni più recenti vid. XXXX, X., XXXXXXX, X.: “Oggetto del negozio giuridico”, Dig. disc. priv., UTET, Torino, 1995, ad vocem; GITTI, G.: “Problemi dell’oggetto”, in Trattato del Contratto diretto da X. Xxxxx, vol. II, Il Regolamento (a cura di X. XXXXXXX), Xxxxxxx, Milano, 2006, spec. pp. 8-12.
85 Impossibile offrire, sul punto, riferimenti bibliografici esaustivi. Per una primissima informazione sulla problematica si vedano comunque, oltre ai lavori citati alla nota 1: ORESTANO, R.: “Diritti soggettivi e diritti senza soggetto”, in ORESTANO, R.: Azione diritti soggettivi persone giuridiche, il Mulino, Bologna, 1978, pp. 115-189; XXXXXX, Y., XXXXXXXXXX, J.: L’istituzione della natura, Xxxxxxxxx, Xxxxxxxx, 0000; XXXXXXXXXX, M.W.: L’orizzonte intergenerazionale del diritto civile. Tutela, soggettività, azione, ETS, Pisa, 2020. Con specifico riguardo alla genealogia dell’oggetto del contratto vid. XXXXX, X.: op. cit., pp. 176-212.
86 In questi termini DI XXXXX, R.: “Dopo la crisi, come prima e più di prima (il derivato finanziario come oggetto e come operazione economica)”, in AA.VV.: Swap tra banche e clienti, cit., p. 56.
87 In proposito v., sia pur con varietà di accenti e di proposte ricostruttive, le riflessioni di BARCELLONA, M.: “I derivati e la causa negoziale. I”, cit., p. 582; di XXXXXXXX, C.: Alla ricerca, cit., pp. 20-32.
piuttosto e prima che di imputazione di situazioni soggettive”88. Simili indicazioni meritano di essere raccolte e valorizzate. Per un verso, esse paiono autorizzare un rinnovato avvicinamento tra i derivati (specie quelli over the counter) e le scommesse: a dispetto dei tanti argomenti spesi nel tentativo di distinguere queste classi di operazioni negoziali, adottando la prospettiva dell’oggetto e del contenuto si deve infatti riconoscere che esse sono accomunate dalla capacità di effettuare “creazioni artificiali” di rischi e di valori89. Per altro verso, quanto si è osservato non sembra incompatibile con la tesi che, su un piano generale, aveva indagato la categoria dei contratti aleatori a partire dal contenuto degli stessi90. Sia in merito ai contratti aleatori in generale, sia con riguardo ai derivati OTC più nello specifico, si può infatti sostenere che l’autonomia privata predispone regolamenti negoziali a monte “incompleti”, così strutturando non solo modi di circolazione patrimoniale integrati e determinati da eventi incerti, ma anche (e soprattutto, nel caso dei derivati) tecniche di creazione di una ricchezza che non esisterebbe al di fuori del contratto.
Si può allora concludere osservando che i derivati over the counter sono un esempio di “diritto dei privati”, nella misura in cui con questi strumenti finanziari l’autonomia privata espone tutta la sua potenza creativa e ordinante91. Tramite queste operazioni negoziali i privati organizzano la creazione di valore pecuniario
– si potrebbe dire che i privati istituiscono valore –, e tale risultato è conseguito sia attraverso lo strumentario storicamente predisposto dai contratti aleatori e dai contratti differenziali, sia con inedite tecniche di astrazione giuridica della singola vicenda contrattuale derivata dal contesto economico-finanziario e dai “sottostanti” presi a riferimento per la determinazione dei rapporti giuridici tra le parti.
88 Sono espressioni di FERRO XXXXX, P.: “Attività e “prodotti” finanziari”, Rivista di diritto civile, 2010, núm. 2, pp. 139-140 (note al testo originale omesse). Sviluppando tali motivi di analisi, questo autore ha potuto soggiungere che “ciò che in qualche modo negli schemi tradizionali è l’oggetto del contratto, in questi casi lo “crea” il contratto appunto” (p. 141).
89 In proposito v., a mero titolo esemplificativo e con diversi approcci ricostruttivi, XXXXXXXX, C.: Alla ricerca, cit., pp. 51-52; BARCELLONA, E.: “Contratti derivati puramente speculativi”, cit., pp. 118-119; XXXXXXX, X.: Contratto aleatorio, cit., pp. 142-148. Una valutazione parzialmente diversa è stata offerta da Xxxx X. Xxxxx, che pur sottolineando la dinamica creativa di nuovo rischio ha reputato che “in the parlance of economic theory, speculative derivatives trading is a form of rent-seeking — trying to acquire wealth not by creating it, but by taking existing wealth from someone else” (STOUT, L.A.: “Derivatives and the Legal Origin”, cit., p. 9). In generale su gioco e scommessa vid. almeno PINO, A.: “Il giuoco e scommessa e il contratto aleatorio”, in AA.VV.: Studi in onore di X. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Xxxxxxx, Milano, 1972, vol. III, pp. 775-791; XXXXXXXXX, E.: “Giuochi e scommesse (dir. civ.)”, Enciclopedia del diritto, Xxxxxxx, Milano, 1970, vol. XIX, ad vocem; XXXXX, G.B.: “La “neutralità” del gioco”, Riv. dir. comm., 1974, pp. 28-61.
90 XXXXXXXX, X.: Il contratto aleatorio, cit., spec. pp. 112-124.
91 In proposito vid. per lo meno XXXXXXXX XXXXXX, W.: Il diritto dei privati, Quodlibet, Macerata, 2018 (a cura e con un saggio di X. Xxxxx); ROMANO, SALV.: “La distinzione tra diritto pubblico e privato (e suoi riflessi nella configurazione dell’ufficio notarile)”, in ROMANO, SALV.: Scritti minori, Xxxxxxx, Milano, vol. 3, 1980, pp. 1091- 1147.
V. DERIVATI E RISCHIO SISTEMICO: FLUSSI DI CONTRATTAZIONE E TEORIA ECOLOGICA DEL CONTRATTO.
Rispetto agli assetti giuridico-economici moderni, la ricostruzione appena proposta pone gli interpreti di fronte a una discontinuità che è netta, ma non deve intimorire. Evocare il diritto dei privati, infatti, significa tentare di avere una più precisa (e certamente problematica) comprensione delle operazioni effettuate e delle potenzialità assunte dall’autonomia privata nella società contemporanea92. Con riguardo ai problemi trattati in questo studio, peraltro, simili profili di discontinuità sono stati chiaramente colti da chi ha osservato che ogni derivato vorrebbe, “come immediatamente si percepisce quando over-the-counter, essere isolato rispetto al proprio contesto fin dal momento della sua “creazione” (…). Da ciò la sensazione che ci [si] trovi ai confini, addirittura superandoli, di quanto è in principio possibile all’autonomia negoziale”93.
Anche da questo punto di vista, pertanto, sembra opportuno notare i limiti della scelta di concentrare le indagini sulla giustificazione causale delle attribuzioni patrimoniali abilitate dai derivati OTC. Agevolata dalla persistente centralità del rapporto obbligatorio come forma logica per pensare le relazioni contrattuali (donde i frequenti richiami, soprattutto nel caso degli interest rate swap, alla promessa, allo scambio, al sinallagma puro, ecc.94), questa opzione interpretativa non ha permesso di cogliere appieno le implicazioni delle pretese di assoluto isolamento giuridico di vicende negoziali capaci sì di creare valore, ma al di fuori di sistemi istituzionalizzati di negoziazione. Affermare un tale perfetto isolamento, predicando le costitutive illiquidità, infungibilità e non negoziabilità dei derivati OTC, significa attribuire all’autonomia privata il potere di creare da sé valori patrimoniali con tecniche negoziali a prima vista familiari come lo scambio aleatorio, ma a ben vedere capaci di sfuggire sia alle tradizionali concezioni dell’oggetto del contratto sia alla logica della fattispecie, e dunque operanti alla stregua di un assetto istituzionale inedito rispetto alle mediazioni moderne tra diritto e attività economica, tra stato e società civile, tra pubblico e privato95.
92 A proposito di tali questioni fondamentali v., per restare a contributi degli anni più recenti, XXXXX, P.: “Autonomia e autolegislazione”, in AA.VV.: Giurisprudenza per principi e autonomia privata. Atti del Convegno dell’Unione dei privatisti, Roma 30 ottobre 2015, Università degli studi Roma Tre (a cura di X. XXXXXXXXX e X. XXXXXXX), Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2016, pp. 11-49; XXXXXXXXXX, X.: “L’evoluzione dell’autonomia contrattuale fra ideologie e principi”, Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno, 2014, pp. 589-647; XXXXXXX, A.: Il diritto privato, cit.
93 XXXXXXXX, X.: Alla ricerca, cit., pp. 100-101. Il passaggio riportato nel testo ha inteso evidenziare le differenze tra derivati e titoli di credito, pur riconoscendo che i secondi hanno posto agli interpreti questioni talora simili a quelle attualmente riferibili ai primi.
94 Per questi approcci vid. la nota 14, retro.
95 Come è stato possibile soggiungere, del resto, “i derivati non costituiscono soltanto meri strumenti finanziari (per quanto esotici): i derivati sono pratiche di mediazione che danno luogo a nuove forme di materialità, in questo caso la materialità dell’asset, disponibile in potenza in tutte le merci” (APPADURAI, A.: Scommettere sulle parole, cit., p. 125). Vid. poi XXXXX, P.: “Nomenclatura del contratto o istituzione del contrarre? Per una teoria giuridica della contrattazione”, in AA.VV.: Il terzo contratto. L’abuso di potere contrattuale nei rapporti tra imprese, (a cura di X. XXXXX e G. VILLA), il Mulino, Bologna, 2008, pp. 265-299.
A fronte di un tale riconoscimento, è agevole rammentare che è stata la crisi finanziaria cominciata nel 2007, più di tanti sottili argomenti tecnici, a mostrare, in via di fatto, la strutturale insostenibilità della logica istituzionale e giuridica di funzionamento dei derivati OTC. Xxxxxx non sembra esagerato annoverare dette operazioni negoziali tra le “scorribande finanziarie” denunciate come una delle principali manifestazioni della corrente razionalità capitalista: una razionalità, questa, che si servirebbe di ciò che resta del diritto formale moderno – anzitutto la tutela coercitiva apprestata dallo Stato per garantire l’enforceability dei contratti
– nel momento stesso in cui persegue i propri obiettivi di profitto tramite inedite forme di speculazione96.
Una simile conclusione impone di problematizzare la radicale contingenza e la peculiare artificialità dei derivati OTC: caratteri, questi, pure legati al fatto che con tali operazioni negoziali l’autonomia privata ha il potere di creare valori pecuniari portando a un massimo livello di astrazione l’infrastruttura giuridica dello scambio e la logica della promessa contrattuale97. Per un verso, allora, è evidente che le occasioni di forte guadagno offerte dai derivati OTC hanno teso e tendono a dare luogo – fintanto che “le cose vanno bene” – a una domanda potenzialmente illimitata di questi strumenti finanziari: in tal senso, i derivati non possono che funzionare con una prociclicità che “non è altro che un riflesso della circolarità delle tecniche finanziarie, che reagiscono innanzitutto a se stesse e si auto-rafforzano, in positivo come in negativo”98. Per altro verso, è agevole intuire il rovescio della medaglia di quanto appena rilevato: dato che i derivati OTC sono operazioni negoziali aleatorie, ogni creazione e astrazione di valore e capitale che avviene per loro tramite significa anche una contestuale creazione e astrazione di rischio.
È a questo punto della trattazione che occorre mutare punto di vista, transitando dall’analisi delle singole vicende contrattuali a una prospettiva
96 Esplicita sul punto la pagina di IRTI, N.: Un diritto, cit., pp. 15-17. Sul ruolo contemporaneo della statualità vid. anche XXXXXXX, L.: “Il disordine”, cit.
97 Il punto è colto bene da chi, muovendo da un punto di vista non giuridico, ha mostrato che l’inesistenza di un mercato regolamentato non può che tradursi nell’assoluta contingenza dei prezzi dei derivati OTC: “nel loro incessante divenire, inoltre, quei prezzi creano retrospettivamente l’intero spettro delle condizioni di possibilità che consente loro di esistere, senza peraltro che da quei presupposti sia mai possibile dedurli in maniera necessaria. La determinazione dei prezzi non poggia su alcuna precedente determinazione del valore, anzi è essa stessa il meccanismo per mezzo del quale il mercato riscrive all’infinito il passato in modi che consentono di fissare nuovi prezzi e quindi di mantenere costantemente in movimento il mercato dei derivati” (APPADURAI, A.: Scommettere sulle parole, cit., p. 107).
98 Così, a conclusione di una riflessione molto interessante sui modi in cui la finanza contemporanea ha strutturato i rapporti tra diritto, economia, rischi e tempo, XXXXXXXX, E.: Il futuro, cit., p. 213. Dopo aver evidenziato il carattere illimitato della domanda di derivati speculativi, in dottrina si è potuto soggiungere che “non soltanto i derivati c.d. speculativi, lungi dal contribuire alla formazione di prezzi razionali di mercato, determinano nefasti effetti distorsivi sul “vero” mercato dei rischi esistenti, ma per di più – il che è tanto più grave – determinano una ancora più nefasta “interruzione” del nesso (in linea di principio) virtuoso fra “risparmio” e “investimento”, rendendo possibile che quantità potenzialmente illimitate di risparmio vengano “intercettate” (…)” dal settore dei rischi astratti (BARCELLONA, E.: “Contratti derivati puramente speculativi”, cit., p. 146; corsivi presenti nel testo originale; vid. anche le pp. 121-128).
sistemica, nella quale vengono anzitutto in considerazione contesti e i flussi di contrattazione. Ammettere, in questa ottica, che “non tutto il contrattuale è nel contratto”99 significa riconoscere che la proliferazione e stratificazione di derivati over the counter – i cui rischi, proprio perché non suscettibili di circolare su un mercato regolamentato, possono al più essere (apparentemente) “gestiti” con sistematiche operazioni di ricopertura e di impacchettamento, a loro volta fonte di nuovi e via via più indecifrabili livelli di derivazione – determinano un ambiente di contrattazione fatalmente pregiudicato da un ingovernabile rischio sistemico100. In altri termini, “più è spinto l’uso delle tecniche, più autoreferenziale è la finanza, più il futuro è messo sotto pressione. Nelle pratiche finanziarie si genera un rischio aggregato di tipo endogeno, che sfugge a tutte le tecniche proprio perché è prodotto dalle tecniche stesse: non ha senso, allora, chiedere di affrontarlo con calcoli del rischio ancora più accurati. È tutto il modello di gestione del futuro che viene messo in discussione”101.
La pretesa di assoluto isolamento giuridico ed economico dei derivati over the counter si rivela dunque illusoria. Malgrado le loro peculiarità anche i derivati OTC, come tutte le transazioni contrattuali, producono esternalità e possono avere impatti in senso lato distributivi, così ponendo sfide che devono essere affrontate non solo con tecniche di regolazione pubblicistiche, ma anche e soprattutto sul terreno del diritto privato102. Se, considerando in termini generali il contratto, è ragionevole ammettere che “l’area degli effetti esterni giuridicamente neutri è ben più vasta dell’area degli effetti esterni fattualmente neutri, perché le istituzioni giuridiche incontrerebbero costi troppo elevati nell’amministrare un sistema di rimedi che eliminasse le esternalità negative e positive”103, nel caso dei derivati OTC si deve riconoscere che questi strumenti finanziari producono, al livello della contrattazione, insostenibili esternalità negative e, per la precisione, un rischio
99 Per questo insegnamento v., sia pur nell’affrontare altre questioni, XXXXX, P.: “Discriminazione (divieto di)”, Enciclopedia del diritto. I Tematici. Il Contratto diretto da X. X’Xxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxx, Milano, 2021, I, p. 512.
100 Il rischio sistemico è caratterizzato da ciò, che le condotte individuali sono di per sé inutili a governare i fattori generatori di rischio, sicché diviene sostanzialmente impossibile anche procedere a un’efficace individualizzazione delle responsabilità. Per una prima informazione sul punto vid. XXXXXX, X., XXXXXXX, X., XXXXXXXX, N.: New Directions for Understanding Systemic Risk. A Report on a Conference Cosponsored by the Federal Reserve Bank of New York and the National Academy of Sciences, The National Academies Press, Washington D.C., 2007; XXXX, U.: Conditio humana. Il rischio nell’età globale, Xxxxxxx, Xxxx-Xxxx, 0000; XXXXX, A.: “The distinctive significance of systemic risk”, Ratio Juris, 2017, vol. 30, pp. 239-258.
101 XXXXXXXX, X.: Il futuro, cit. p. 212. Vid. anche XXXXX, M., XXXXX, P.: “Dalla ricchezza assente”, cit., pp. 415-417; e BARCELLONA, M.: “I derivati e la causa negoziale. I”, cit., pp. 593-595.
102 In proposito v., peraltro in anni ormai non recenti, CALABRESI, G.: “The Pointlessness of Pareto: Carrying Xxxxx Further”, The Yale Law Journal, 1991, vol. 100, pp. 1210-1237; XXXXXXXXXX, M.J.: The Limits of Freedom of Contract, Harvard University Press, Cambridge, 1993; XXXXXXX, A.T.: “Contract Law and Distributive Justice”, The Yale Law Journal, 1980, vol. 89, pp. 472-511. In Italia, fondamentale il classico lavoro di XXXXXX, S.: Le fonti di integrazione del contratto, Xxxxxxx, Milano, 1969. Negli ultimi anni vid. XXXXX, P.: “Il civile senso dell’autonomia”, The Xxxxxxx Electronic Law Bulletin, 2019, vol. 25, consultabile online.
103 XXXXXXX, A.: “Gli effetti del contratto rispetto a terzi”, in AA.VV.: Gli effetti del contratto nei confronti dei terzi nella prospettiva storico-comparatistica (a cura di X. XXXXX), Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2001, pp. 342-343.
sistemico che è stato considerato (davvero non a caso) una manifestazione di
tragedy of the commons104.
VI. CONCLUDENDO: SUGGESTIONI INTERPRETATIVE E RIMEDIALI.
Se, insomma, è vero che una “regulation of systemic risk appears not only appropriate, but necessary”105, non si può che concordare con chi ha denunciato che il riconoscimento di piena enforceability a tutti i derivati OTC – vid. il Commodities Futures Modernization Act negli Stati Uniti e l’art. 23, co. 5 TUF in Italia – è stato un’innovazione giuridica dalle conseguenze drammatiche, in quanto ha rappresentato un formidabile incentivo all’afflusso di enormi capitali, intenti a massimizzare le proprie occasioni idiosincratiche di guadagno, verso la conclusione di questi strumenti finanziari106. Si può allora ipotizzare che tanto le tecniche pubblicistiche di regolazione, quanto le tesi civilistiche volte a valorizzare le regole di comportamento (e, quindi, l’attribuzione alle parti del solo rimedio risarcitorio107), non siano strategie ricostruttive sufficienti per due motivi: da un lato, interferendo tra loro e con altre tutele esse non riescono a venire a capo di quello che è stato autorevolmente definito “un vero e proprio ambaradan dei rimedi contrattuali”108; dall’altro lato, e soprattutto, non consentono di attivare una dinamica di de-finanziarizzazione109, che potrebbe essere prodotta da un assetto rimediale capace di disincentivare la creazione di rischio sistemico tramite derivati over the counter.
È anche in una tale ottica di de-finanziarizzazione che può forse leggersi l’insistenza di molti interpreti sui rimedi invalidanti, e in particolare sulla nullità del contratto. Non pare infatti esagerato affermare che l’eventuale attribuzione di
104 XXXXXXXX, S.L.: “Systemic Risk”, Xxxxxxxxxx Law Journal, 2008, vol. 97 (1), p. 206: “without regulation, the externalities caused by systemic risk would not be prevented or internalized because the motivation of market participants “is to protect themselves but not the system as a whole .... No firm... has an incentive to limit its risk taking in order to reduce the danger of contagion for other firms. (…) Moreover, even if market participants were able to act collectively to prevent systemic risk, they might not choose to do so. This is because the externalities of systemic failure include social costs that can extend far beyond market participants. (…) As a result, there is a type of tragedy of the commons, in which the benefits of exploiting finite capital resources accrue to individual market participants, each of whom is motivated to maximize use of the resource, whereas the costs of exploitation, which affect the real economy, are distributed among an even wider class of persons” (note al testo originale omesse).
105 XXXXXXXX, S.L.: “Systemic Risk”, cit., p. 206.
106 Vid. i più volte citati lavori di Xxxx X. Xxxxx.
107 Si vedano nuovamente XXXXXXXX, M.: “Nessun derivato”, cit.; DE XXXX, M.: “Sul controllo giudiziale”, cit.; XXXXX, A.: “I contratti derivati”, cit. Peculiare, poi, la posizione di chi, pur tenendo in considerazione il contesto ampio in cui devono essere collocati i singoli rapporti contrattuali derivati OTC, finisce per negare l’utilizzabilità del rimedio della nullità: BARTALENA, A.: “Patologie dei derivati”, cit., p. 1131.
108 Così, con riguardo a problemi contigui a quelli trattati in questo lavoro, XXXXX, V.: “La tutela del risparmiatore fra nullità, risoluzione e risarcimento (ovvero, l’ambaradan dei rimedi contrattuali)”, Contratto e Impresa, 2005, p. 899.
109 Su questi aspetti, e in particolare sui problemi posti dalla c.d. de-futurizzazione, vid. XXXXXXXX, X.: Il futuro, cit., pp. 215-230. Tra i contributi più squisitamente giuridici vid. BARCELLONA, M.: “I derivati e la causa negoziale. II”, cit., pp. 900-906.
un rimedio come la nullità dei derivati OTC debba essere l’esito di un percorso interpretativo capace di rendere operativi tanto (su un piano di “politica del diritto”) un principio di precauzione rilevante con riguardo al rischio sistemico110, quanto (da un punto di vista più tecnico) uno o più canoni di “eteronomia non autoritaria”111 rispetto ai singoli rapporti contrattuali. Sviluppando una simile impostazione, a chi scrive sembra promettente – ma va da sé che questa ipotesi interpretativa dovrà essere articolata in futuro – prospettare che la nullità dei derivati OTC possa essere affermata perché questi strumenti finanziari sono contrari all’ordine pubblico. In altri termini, si tratterebbe di superare i meri richiami a una c.d. “funzione conservatrice” dell’ordine pubblico, esplicata nel senso della limitazione delle attività private a contenuto economico-patrimoniale112, per riconoscere che i rimedi fondati su di esso sono suscettibili di operare come “azioni di rottura, sostenute dall’intervento giudiziario, che costringono il diritto a riorganizzare le proprie categorie”113.
Ovviamente, non è qui possibile discutere in dettaglio una nozione tanto delicata quanto centrale del diritto privato patrimoniale moderno, individuata e introdotta, in maniera apparentemente accidentale, solo con la codificazione napoleonica114. Si può però notare che le concezioni contemporanee dell’ordine pubblico si discostano dalla tradizione del secolo scorso e presentano elementi di interesse. Si pensi agli approcci ricostruttivi che – anche sulla scorta della crescente importanza del diritto privato europeo, nella cornice istituzionale costituita dal mercato unico – hanno inteso sottolineare un ruolo pro-concorrenziale dell’ordine pubblico115. Simili contributi sono importanti perché, al di là degli obiettivi di policy di volta in volta assunti, sembrano alludere a un ordine pubblico che, per un verso, resta nozione interna alle tecniche e alle operazioni del diritto civile; ma, per altro verso, acquisisce una portata per così dire ecologica. Lungi dalla contrapposizione tra concezioni “campaniliste” e “globalizzate” dello xxxxxx000,
110 Per un primo ragguaglio sul principio di precauzione, ormai molto discusso anche negli studi privatistici, vid. XXXXXXXXXX, M.W.: L’orizzonte intergenerazionale, cit., spec. pp. 64-83. Vid. anche, nel dibattito nordamericano, XXXXXXX, D. M.: “Cost-benefit analysis and the precautionary principle: Can they be reconciled?”, Michigan State Law Review, 2013, núm. 3, pp. 771-826; XXXXXXXX, S.L.: “Systemic Risk”, cit., spec. pp. 232-235; XXXXXXXX, C. R.: “Irreversible and catastrophic”, Xxxxxxx Law Review, 2006, vol. 91(4), pp. 841-898.
111 A tale fortunata immagine ha fatto riferimento XXXXXXXXXX, C.: “L’avventura delle clausole generali”, Rivista critica del diritto privato, 1986, p. 29.
112 FERRI G.B., Ordine pubblico, buon costume e la teoria del contratto, Xxxxxxx, Milano, 1970, spec. pp. 199-202.
113 XXXXX, P.: “Autonomia e autolegislazione”, cit., p. 46.
114 Vid. FERRI G.B., Ordine pubblico, cit., passim; LONARDO, L.: Ordine pubblico e illiceità del contratto, XXX, Xxxxxx, 0000; GUARNERI, A.: “Ordine pubblico”, Dig. Disc. Priv., UTET, Torino, 1995, ad vocem. Da ultimo vid. XXXXX, P.: “Ordine pubblico: la politica nel diritto”, in PERLINGIERI, G., ZARRA, G.: Ordine pubblico interno e internazionale tra caso concreto e sistema ordinamentale, XXX, Xxxxxx, 0000, pp XIV-XXVIII.
115 A questo proposito, con la consueta concisione si è osservato “che un sistema giuridico non può adottare un’economia di mercato, senza che questa sua scelta acquisti la connotazione dell’ordine pubblico” (SACCO, R., DE NOVA, G.: Il contratto, cit., p. 1032).
116 Si soffermano su questa contrapposizione, optando per una ricostruzione “nazionale” dell’ordine pubblico,
PERLINGIERI, G., XXXXX, G.: Ordine pubblico interno, cit., spec. pp. 23-27 e 64-78.
un tale “nuovo” ordine pubblico risulta attento alle implicazioni che i rapporti contrattuali privatistici generano negli ambienti di contrattazione. Si apre così la strada a un più sofisticato funzionamento dei rimedi invalidanti, nella misura in cui, in modo sempre più chiaro, “il contratto è disapprovato perché crea esternalità negative, sotto forma di pericoli per l’incolumità delle persone estranee (…) o di danno arrecato alla comunità in genere”117.
Dunque, la nullità dei derivati over the counter potrebbe (meglio: dovrebbe) essere accertata nella misura in cui il contenuto di questi strumenti finanziari è fonte di “dis-ordine” pubblico, sub specie di un rischio sistemico assai difficilmente governabile, poiché generato al livello della contrattazione. Peraltro, rispetto a ricostruzioni che pure propendono per la nullità occorre escludere che una tale invalidità sia di protezione. Nel caso dei derivati OTC, infatti, la nullità non è un rimedio predisposto soltanto a protezione di una categoria di parti contraenti (gli investitori), ma al contrario essa riflette e concretizza istanze di tutela più generali, apprezzabili sotto due profili: da un lato esse emergono – in un’ottica non del tutto estranea, ma differente rispetto alla protezione ordoliberale della stabilità dei mercati – a contrasto della “tragedy of the commons” rappresentata dal rischio sistemico finanziario; dall’altro lato, esse ambiscono a sanzionare le negoziazioni in derivati in un orizzonte estrastatuale e trans-nazionale, così rilevando ben al di là della teorica dei contratti alieni118.
Con riguardo all’ordinamento italiano, la ricostruzione che si è andata proponendo implica – a dispetto del dato testuale dell’art. 23, co. 5 TUF, di cui occorre semmai affermare un’interpretazione costituzionalmente orientata119 – che ai derivati OTC si possano effettivamente applicare gli articoli 1418 ss. c.c. Com’è noto, il rimedio della nullità opera ex tunc ed è imprescrittibile (art. 1422 c.c.). Né si deve trascurare che, ai sensi dell’art. 1421 c.c., “la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse e può essere rilevata d’ufficio dal giudice”.
117 XXXXX, R., DE NOVA, G.: Il contratto, cit., p. 999 (significativo anche che gli autori, svolgendo la loro trattazione, chiariscano a p. 1033 che “altri valori protetti dalla clausola di ordine pubblico debbono aggiungersi a quelli finora menzionati. La difesa dell’ambiente potrebbe travolgere patti privati incompatibili”.). Come precisa anche Xxxxxx Xxxxxxx, “la nullità è, in questi casi, non qualificazione dell’atto, ma conseguenza dell’effetto che dall’atto discende, e dunque essenzialmente un rimedio. Non si dà, infatti, una prognosi anticipata alla luce dell’astratta descrizione degli elementi strutturali della fattispecie, quanto s’impone una valutazione a posteriori, possibile solo quando dell’atto siano stati apprezzati gli effetti su un dato ordine giuridico o economico di mercato” (ZOPPINI, A.: Il diritto privato, cit., p. 123; corsivi presenti nel testo originale).
118 A rilevare, infatti, non è il contrasto con le norme imperative dell’ordinamento italiano, bensì il dis-ordine pubblico sistemico generato tramite operazioni giuridiche effettuate con le tecniche del diritto privato patrimoniale. Vid. sul punto VASSALLI, F.: “Estrastatualità del diritto civile”, in AA.VV.: Studi in onore di Xxxxxxx Xxxx, Xxxxxxx, Milano, 1951, vol. II, pp. 481-490.
119 Dubitano della compatibilità del funzionamento dei derivati, specie di quelli speculativi e (più in generale) di quelli OTC, con l’ordine costituzionale italiano DOLMETTA, A.: “Introduzione. Speculazione e prudenza”, in AA.VV.: Swap tra banche e clienti, cit., spec. p. XXIII; DI XXXXX, R.: “Dopo la crisi”, cit., spec. p. 54; XXXXXXXXXXX, S.: “I derivati tra meritevolezza”, cit., spec. p. 35. Da altra prospettiva, vid. di recente anche D’XXXXXX, S.: “L’interest rate swap, specchio del nostro tempo, è una scommessa che non dà luogo ad azione: incostituzionalità dell’art. 23, comma 5°, tuf per eccesso di delega”, Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, 2020, pp. 207-238.
Tale disposizione, dunque, potrebbe finalmente essere letta in modo tale da creare forme di legittimazione all’azione di nullità ampie, e capaci di dare concretezza alle istanze di reazione diffusa al rischio sistemico finanziario creato dai derivati over the counter. Inoltre, è bene segnalare che il diritto dei contratti italiano è munito di uno strumentario capace di definire un assetto operativo non distante dalla “rule against difference contracts” propria della tradizione di common law. Si potrebbe sostenere, per es., che ai derivati OTC conclusi nella pretesa di una piena validità e coercibilità del contratto, e tuttavia nulli per contrarietà all’ordine pubblico, sia applicabile – sussistendone i presupposti – la conversione di cui all’art. 1424
c.c.120. Sulla scorta delle concezioni più flessibili di questo istituto di “ortopedia del contratto”121, un derivato OTC illecito e nullo, nella sua “versione” enforceable, potrebbe essere convertito in una semplice scommessa di cui all’art. 1933 c.c., così venendo ricondotto a un regime rimediale che combina “denegatio actionis” e “soluti retentio”. Ancora, una regola non diversa dalla c.d. “indemnity exception” potrebbe essere ricavata recuperando la distinzione tra finalità di copertura e di speculazione sul terreno del collegamento negoziale. Si potrebbe così affermare che riescono a sfuggire alla sanzione della nullità, perché non contrari all’ordine pubblico, solo i derivati OTC che, “tradendo” il loro isolamento e la loro astrazione, risultino espressamente dotati di un contenuto di copertura, i.e. di un aggancio (di un collegamento) del sinallagma aleatorio a rischi effettivamente riferibili alle parti, e non generati a loro volta tramite la conclusione di strumenti finanziari derivati. Va da sé che la prova di una simile articolazione del contenuto del contratto sarebbe (ex art. 2697 c.c.) a carico del soggetto interessato a farne valere la piena enforceability.
Si spera così di aver mostrato, con queste premesse per un più ampio studio, che confutare le pretese di assoluto isolamento giuridico ed economico dei derivati OTC – nel segno della connessione tra l’analisi contenutistica dei singoli rapporti negoziali e la più ampia considerazione degli ambienti di contrattazione – significa creare una necessaria breccia nel “muro della relatività del contratto”122, per ricondurre queste operazioni dell’autonomia privata alla loro ecologia123.
120 Secondo l’art. 1424 c.c., “il contratto nullo può produrre gli effetti di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma, qualora, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi che esse lo avrebbero voluto se avessero conosciuto la nullità”. Su questo articolo del codice, e sulla disciplina della conversione, vid. XXXXXXXX, M.: “La “magia” della conversione”, Obbligazioni e Contratti, 2010, pp. 1-11; XXXXXXXXX XXXX, L.: “Conversione dell’atto giuridico”, Enciclopedia del diritto, Xxxxxxx, Milano, 1962, vol. X, ad vocem; XXXXX, X.: Teoria generale, cit., pp. 492-499.
121 Le espressioni virgolettate sono di SACCO, R., DE NOVA, G.: Il contratto, cit., p. 1515. 122 XXXXX, X.: “Causa concreta”, cit. p. 961-962.
123 Come è stato osservato, del resto, “our inability to govern finance may be best addressed by changing the structure of financial markets, not to attempt the impossible” (PISTOR, K.: “On the Theoretical Foundations for Regulating Financial Markets”, Columbia Law School Public Law & Legal Theory Working Paper No. 12-304, 2012, consultabile online, p. 64).
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