UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA
DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE ED AZIENDALI
“M.FANNO”
DIPARTIMENTO DI AFFERENZA RELATORE CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA
PROVA FINALE
GLI SMART CONTRACTS: PROFILI GIURIDICI
RELATORE:
XX.XX XXXX. XXXXXXX XXXXXXXX
LAUREANDA: XXXXX XXXXXXXXX MATRICOLA N. 1160872
ANNO ACCADEMICO 2019 – 2020
Indice
Capitolo 1- Blockchain e Smart contracts 6
1.1 – Cos’è e come funziona la tecnologia Blockchain 6
1.2.1 – Definizione e caratteristiche generali 8
1.2.3 – Le piattaforme basate sulla tecnologia blockchain 10
1.2.4 – Usi possibili degli smart contracts 11
Capitolo 2- La validità giuridica degli Smart contracts 13
2.1 - Approcci normativi nel diritto internazionale 13
2.2 – Approcci normativi nel diritto italiano 14
2.3 – Analisi degli elementi essenziali 15
2.3.1 – L’accordo nel contratto 15
2.3.2 – La causa e l’interpretazione del contratto 16
2.3.3 – L’oggetto del contratto 18
2.3.4 – La forma del contratto e i problemi di identificazione 18
Capitolo 3 – Adempimento e risoluzione dei contratti intelligenti 21
3.1 – Meccanismi di tutela della parte debole 21
3.2 – Inflessibilità della decentralizzazione: analisi e soluzioni 22
3.2.1 – Adempimento automatizzato 22
3.2.2 – Risoluzione del contratto 24
3.3 – L’alternativa alle permissionless 25
Introduzione
Xxxxxxxx che lo scopo di questo elaborato è quello di esporre una visione d’insieme in ambito smart contract e di individuare i principali limiti derivanti da questa tecnologia, scoprendo come si pone la giurisdizione nei suoi confronti. Con molta probabilità alla fine dell’elaborato saranno molti più gli interrogativi emersi che le risposte fornite, situazione del tutto normale quando si ha a che fare con tematiche non ancora del tutto esplorate. In questa analisi mi concentrerò sulla fattispecie dello smart contract in senso giuridico, che, come vedremo, si basa sull’utilizzo di un network denominato Blockchain. La Blockchain Technology e, più in generale le DLT, Decentralized Ledger Technology, rappresentano alcune tra le rivoluzioni tecnologiche più rilevanti degli ultimi anni. Attraverso questa piattaforma “peer to peer” si punta ad eliminare ogni tipo di intervento da parte di soggetti istituzionali, basandosi su nuovi concetti di fiducia, di circolazione di moneta e di privacy delle controparti. Dal 2008, anno della creazione di Bitcoin, una delle più famose e discusse piattaforme Blockchain, ad oggi la reputazione di questi network è passata dall’essere considerati semplicemente degli erogatori di criptovaluta a veri e propri soggetti giuridici con molteplici potenziali applicazioni.
Avendo abbozzato un quadro generale delle tecnologie di riferimento, già dal primo capitolo ci si potrà dirigere verso il tema centrale del seguente studio. L’introduzione degli smart contracts ha dato vita ad un’evoluzione importate nel settore dell'automazione, poiché per la prima volta hanno introdotto il concetto di esecuzione contrattuale e di scelta della concatenazione di azioni da intraprendere senza l’ausilio dell’attività umana. Tornano quindi le questioni, già emerse in materia di contratto informatico, sulla decisione dell’approccio da utilizzare. Alcuni esperti sostengono che l’unica situazione praticabile sia quella di ricondurre i contratti intelligenti allo schema generale del contratto regolato dalla legislazione di ogni Paese, altri invece si rifiutano di snaturare le novità introdotte, temendo di finire in un turbinio di leggi e normative da cui risulterebbero unicamente dei limiti.
Nel secondo capitolo verrà posta la domanda, senza la quale ogni dibattito risulterebbe inutile. Si parlerà della validità giuridica e vincolante degli smart contract, analizzando punto per punto i requisiti essenziali previsti dal codice civile. Inoltre, verranno introdotti numerosi aspetti, quali ad esempio l’identificazione dei contraenti o la manifestazione della volontà contrattuale, con l’obiettivo di evidenziare quanti siano ancora effettivamente i conflitti che possono sorgere, nonostante i recenti sforzi nella regolazione normativa da parte dello Stato Italiano.
Infine nel terzo capitolo si affronteranno i contenziosi in materia di adempimento e
risoluzione, che faranno riflettere sull’effettiva capacità degli smart contracts di poter
sostituire l’attività di avvocati e notai e sulla necessità di una negoziazione precontrattuale, che riesca ad escludere il più possibile le correzioni successive alla conclusione. Tutte questioni che, presumibilmente, l’ideatore del concetto di smart contract, Xxxx Xxxxx, non avrebbe mai pensato di sollevare.
Capitolo 1- Blockchain e Smart contracts
1.1 – Cos’è e come funziona la tecnologia Blockchain
Negli ultimi decenni si è assistito allo sviluppo delle cosiddette tecnologie a registro distribuito, o Distributed Ledger Technology. Una definizione di questo nuovo meccanismo di consenso di dati digitali (Xxxxxx Xxxxx, 2019) è stata elaborata nel decreto legge entrato in vigore il 15/12/2018 con oggetto “misure urgenti in materia di semplificazioni e di sostegno allo sviluppo”. In particolare all’art. 2 viene riportato quanto segue
“Si definiscono “Tecnologie basate su registri distribuiti” le tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l’aggiornamento e l’archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili.”
Un tipo di tecnologia con questo funzionamento è la tecnologia Blockchain: un registro digitale, organizzato come una catena di blocchi, in cui, in ognuno di essi, vengono raggruppati un certo numero di dati, archiviati in ordine cronologico, che non possono essere modificati o rimossi. I blocchi sono legati l’uno all’altro tramite la funzione di hash, che converte le informazioni in un codice alfanumerico (o una stringa). Ogni blocco è identificato da un hash, il quale riassume e codifica le informazioni riguardanti le transazioni appartenenti al blocco stesso. Quando verranno eseguite nuove transazioni si aggiungeranno nuovi blocchi alla catena, quindi il nuovo hash identificativo conterrà sia le nuove informazioni, sia l’hash del blocco precedente (Parola, Merati, Gavotti, 2018). In questo modo si creerà tra le informazioni, un vincolo inscindibile e impossibile da modificare.
Il valore di questa tecnologia è dato soprattutto dalla possibilità di effettuare transazioni online, ossia di trasferire risorse virtuali, in modo semplice e veloce, grazie alla disintermediazione, garantita dall’utilizzo del meccanismo del consenso. Il punto forte sta proprio nel fatto che, prima di entrare a far parte della catena, ogni blocco viene controllato, approvato e crittografato da alcuni dei nodi (chiamati xxxxx) tramite la soluzione di un algoritmo matematico, diventando immodificabile e tracciabile da chiunque.
Il meccanismo di voto più comune per arrivare al consenso da parte della rete è chiamato “proof of work”, o “prova del lavoro”, il quale richiede che i miners risolvano enigmi matematici ad alto dispendio in termini di tempo ed energia, mentre viene verificato che le soluzioni a cui essi giungono non siano uguali a quelle di qualche nodo precedente (Xxxxxx
Xxxxx, 2019). Un altro tipo di meccanismo del consenso è il “proof of stake”, o prova dell’interesse, in cui non è importante la potenza di elaborazione dei computer (come nel precedente), ma le risorse attribuibili al computer, ad esempio la quantità di criptovalute possedute (Xxxxxx Xxxxx, 2019).
Qualunque partecipante della rete può diventare un xxxxx senza il coinvolgimento di una terza parte o di nessuna autorità centrale, come istituzioni giuridiche o finanziarie e, di conseguenza, senza i conseguenti costi amministrativi, di gestione o più comunemente dei singoli professionisti. Oltre a disintermediazione, decentralizzazione e resistenza alle violazioni, una tra le caratteristiche più controverse della Blockchain è la completa anonimia concessa dal network. Chiunque vi può accedere senza alcuna procedura di identificazione.
Sarà necessario un portafoglio virtuale, creato direttamente dalla piattaforma, in cui saranno contenute le chiavi crittografiche, ovvero una chiave pubblica e una privata. La chiave pubblica è una lunga serie di caratteri, che non permette l’identificazione di un proprietario ma consente l’autenticazione del titolare dei messaggi e la “traduzione” degli stessi. La chiave privata prova la titolarità del wallet e delle transazioni da parte dell’utente (Clusit, 2018).
Questa rete di Blockchain ha soddisfatto le aspettative di fiducia e trasparenza della società moderna, togliendo autorità alle istituzioni e passando il potere in mano a chiunque avesse un computer con buone prestazioni. Si dice che “the members of Bitcoin community have a single version of truth, which is irreversible” (Xxxxxxxxx Xxxxxxxx, 2016), poiché ogni membro del network ha una copia del database che è sincronizzata con tutti gli altri partecipanti, così da rendere impossibile ogni tentativo di manomissione ed accrescere la fiducia reciproca.
Il Bitcoin è la prima applicazione pratica della tecnologia Blockchain. È stato sviluppato nel 2008, da un programmatore, o un gruppo di programmatori, non identificato, sotto lo pseudonimo di Xxxxxxx Xxxxxxxx, che ha creato un network peer to peer, in cui viene fatta circolare la criptovaluta bitcoin (si utilizza la lettera minuscola per identificare la moneta). L’emissione di nuovi bitcoins è il risultato della risoluzione di complicati problemi matematici legati alla verifica delle transazioni nella rete: in pratica, circa ogni 10 minuti, viene generato un blocco in cui ci saranno degli algoritmi da risolvere; ad ogni risoluzione e successiva verifica si associa l’emissione di bitcoins. Per prevenire il rischio di inflazione, il numero massimo di bitcoins estraibili deciso da Xxxxxxxx fu di 21 milioni.
I primi modelli di Blockchain introdotti, tra cui l’appena citato Xxxxxxx, si riferiscono a database aperti a tutti gli utenti, che godono di completa disintermediazione, completamente
trasparenti e decentralizzati. D’altro canto però, lo scenario attuale si sta evolvendo verso dei modelli mirano a soddisfare le necessità funzionali e amministrative delle società in settori con normative specifiche, come quello finanziario: le cosiddette piattaforme Blockchain permissioned. A differenza delle reti pemissionless, il network diventa centralizzato e la titolarità di ogni rete è riconducibile ad un singolo soggetto, giuridico e non. L’accesso non è più garantito a qualsiasi utente in possesso di una connessione ad internet, ma viene deciso e gestito dall’organizzazione proprietaria, che determina anche quale ruolo avranno gli utenti e quali sono i dati che potranno essere visibili agli altri partecipanti. Quindi si può sostenere che potrà esserci la possibilità di definire una governance all’interno della piattaforma. Questo tipo di accentramento garantirà maggior velocità nell’elaborazione delle transazioni, ma si dovrà fare più affidamento alla fiducia nei confronti dell’autorità centrale (Xxxxxxxxx Xxxxxxxx, 2018).
1.2 – Smart Contracts
1.2.1 – Definizione e caratteristiche generali
L’uso sempre più pervasivo delle nuove tecnologie e la tendenza a minimizzare lo sforzo e il coinvolgimento umano sia nella definizione, sia nell’applicazione dei termini contrattuali, ha portato alla creazione degli “smart contracts”, termine coniato per la prima volta da Xxxx Xxxxx, un informatico e crittografo americano. Nel suo scritto pubblicato nel 1996 Xxxxx spiega che uno smart contract è un insieme di promesse, attuate in forma digitale, che includono protocolli informatici all’interno dei quali le parti rispettano le proprie promesse (Xxxx Xxxxx, 1996). L’esecuzione di questo tipo di accordo è automatizzata da un computer, nonostante alcune parti richiedano un impulso umano.
Seguendo questa scarna definizione, uno smart contract potrebbe essere grossolanamente assimilabile all’attività compiuta da un qualsiasi distributore automatico che si occupa della vendita di prodotti solo attraverso l’introduzione del denaro o altri tipi di pagamento. Tra un compratore e il distributore nasce un accordo in cui quest’ultimo si impegna a svolgere la propria mansione solo in caso di un input da parte del soggetto esterno. Ovviamente la questione non è così semplice.
Conviene partire dall’assunzione secondo cui uno smart contract è “l’insieme di clausole, espressione di un accordo tra due o più parti, che sono programmate in codice alfanumerico. Il “codice” prefigura un set di istruzioni con la descrizione di condizioni all’avverarsi delle quali vengono automaticamente innescate specifiche azioni anch’esse definite nel codice” (Parola, Merati, Gavotti, 2018). Quindi stiamo trattando un accordo caratterizzato dall’auto-esecuzione,
effettuata da un computer previo un iniziale input umano, delle clausole preimpostate e decise dalle parti, senza possibilità di modifica o di interruzione, con il fine ultimo principale di produrre effetti giuridici tra i contraenti. L’intero procedimento avviene nelle sopra citate reti di Blockchain.
Oltre ad essere un accordo automatizzato è anche autoeseguibile, questo perché il protocollo si basa sullo schema causale “if this, than that” secondo cui, man mano che le clausole vengono eseguite, ne nascono altre seguendo le modalità già programmate, fino al completo adempimento. Ciò significa che non è possibile andare incontro a delle conseguenze per inadempimento, essendo quest’ultimo irrealizzabile e quindi prescindendo non solo dall’animus solvendi del debitore, ma anche dal comportamento delle parti (Xxxxxx, Merati, Gavotti, 2018).
Talvolta “i contratti intelligenti” possono essere l’applicazione di un accordo contrattuale preso in precedenza, in cui le clausole vengono trasformate in algoritmo, altre volte possono creare nuove relazioni codificate che vengono definite e applicate direttamente dal codice informatico, ma non si identificano in nessuna obbligazione o diritto antecedente. È necessario specificare che le parti non devono stipulare alcun “contratto tradizionale” perché lo smart contract sia valido.
1.2.2 – Vantaggi
Se comparati ai contratti tradizionali, gli smart contracts godono di alcuni principali vantaggi:
I. Efficienza e velocità nell’esecuzione: affidando l’esecuzione ad un software e non ai tempi tecnici dei passaggi procedurali legati all’apparato burocratico, questi accordi possono essere eseguiti in tempo reale, velocizzando i rapporti fra le parti.
II. Riduzione dei costi: gli smart contracts standardizzati hanno la possibilità di sottrarsi alle trattative commerciali, fondendole all’interno dell’accordo, senza la necessità di una terza parte regolatrice, evitando così ogni costo di transazione o amministrativo. In aggiunta l’applicazione automatica, e quindi la certezza che l’adempimento avvenga come pattuito grazie al meccanismo del consenso, fa sì che si riducano i costi di controllo delle prestazioni e, conseguentemente, il numero di controversie che possono sorgere.
III. Accuratezza: non dipendendo dall’intervento umano ed operando in modo trasparente, l’esecuzione degli smart contracts risulta meno incline agli errori e al rischio di manipolazione.
IV. Chiarezza: l’ambiguità del linguaggio naturale e, di conseguenza, l’errata interpretazione dei contratti tradizionali può essere causa di contese e dispute oppure può essere utilizzata dalla parte per svincolarsi dalle condizioni contrattuali che non vuole più rispettare. Ciò non accade per quanto riguarda i contratti intelligenti, visto e considerato che le disposizioni legati sono incorporate nel codice informatico (P. De Xxxxxxx, A. Xxxxxx).
Come si può immaginare, quando si parla di contratti intelligenti non si fa riferimento solo a rapidità, chiarezza e trasparenza, ma vengono sollevate numerose questione giuridiche e sfide per il diritto, sulle quali ci si soffermerà in seguito.
1.2.3 – Le piattaforme basate sulla tecnologia blockchain
Prima dell’introduzione delle tecnologie a registro distribuito, e quindi delle reti di blockchain, i “contratti intelligenti” non sarebbero stati attuabili, in quanto non esisteva un database condiviso in cui le parti potessero eseguire transazioni istantanee e sicure autonomamente. Queste piattaforme basate sull’utilizzo della tecnologia blockchain forniscono agli utilizzatori delle interfacce piuttosto semplici in cui applicare gli smart contracts. Esistono diversi tipi di piattaforme e il loro numero aumenta con il passare dei mesi. Di seguito andrò ad elencare le 3 piattaforme più conosciute ed utilizzate.
1. Ethereum: Lanciata nel 2015, Ethereum è la blockchain programmabile più utilizzata dagli sviluppatori di tutto il mondo. Come molte altre reti ha la propria criptovaluta, chiamata Ether (ETH), ma, a differenza di alcune di esse, è programmabile. In altre parole gli utilizzatori possono creare diversi tipi di applicazioni decentralizzate, ovvero non controllate da persone fisiche o giuridiche, che sfruttano i vantaggi delle criptovalute e della tecnologia blockchain. Le applicazioni basate su Ethereum possono essere: portafogli per criptovalute, applicazioni finanziarie, giochi, ecc. A causa dei molti utilizzatori, la rete è spesso sovraccaricata e non permette di sviluppare velocemente i contratti. Per di più a giugno del 2016 alla piattaforma di crowdfunding “The DAO”, creata da Xxxxxxxx, sono stati sottratti l’equivalente di circa 70 milioni di dollari a causa di un attacco da parte di un pirata informatico, che approfittò di un errore nel codice. Questo fatto indebolì la fiducia nei confronti della piattaforma.
2. Hyperledger Fabric: è il principale concorrente di Ethereum e si tratta di un progetto opensource, ma a differenza del precedente, Fabric viene considerata una blockchain privata, ciò significa che l’accesso da parte di coloro che vogliono usufruire della piattaforma deve essere autorizzato dall’organizzatore (Xxxxx, Xxx, Xxx, X. Xxxx, X.
Xxxx, Xxxx, Xxxxx, 2019). Inoltre, proprio per questa sua natura privata, Hyperledger ha un’architettura che può essere definita “nascosta”, ovvero le transazioni possono essere celate agli sviluppatori autorizzati o addirittura cancellate. Questo tipo di piattaforma è considerata più veloce ed economica perché le transazioni sono verificate da un numero minore di nodi e le commissioni di transazione sono notevolmente inferiori. Quelle appena elencate sono caratteristiche che rendono le reti private una sottocategoria delle reti permissioned.
3. Stellar: Fondata nel 2014 da Xxx XxXxxxx, questa è una delle piattaforme più antiche. Come molti dei principali network, Stellar si occupa di transazioni online utilizzando un sistema di wallet peer to peer, in cui la criptovaluta utilizzata è il Lumen (XLM). Recentemente è stato stretto un accordo con IBM (azienda leader nella produzione di hardware e software) che ha scelto proprio questa piattaforma per effettuare pagamenti cross-border. Uno dei suoi principali punti di forza è la velocità di elaborazione delle transazioni, in particolare ognuna di esse ha un tempo di latenza di circa 5/6 secondi, decisamente inferiore ai 10 minuti impiegati da Bitcoin. Per giunta questa piattaforma si basa sull’utilizzo dello stellar consensus protocol, in cui si rinuncia alla decentralizzazione (punto di forza nel meccanismo di mining in Bitcoin) per assicurare maggior sicurezza (Xxxxx Xxxxxxxx, 2016). I detrattori di questo metodo però sostengono che è proprio l’affidarsi ad un’autorità centrale che diminuisce il livello di trasparenza e quindi espone la rete ad un rischio maggiore di manomissione.
1.2.4 – Usi possibili degli smart contracts
Gli ambiti di applicazione dei contratti intelligenti sono numerosi, in particolare, secondo il saggio di X. Xxxxxxxx, “La Blockchain e gli smart contracts nell’innovazione del diritto del terzo millennio” (si veda A. Stazi 2019, p. 115), possono essere utilizzati in tutti i casi in cui le attività economiche sono associabili alla rete internet, cominciando dall’IoT. L’Internet of Things, che è una delle tecnologie più promettenti in cui diversi tipi di dispositivi fisici, denominati “smart”, dialogano tra loro attraverso lo scambio di dati su reti wireless. Un esempio pratico possono essere gli smart objects presenti nelle abitazioni, nei quali è importante che le informazioni vengano protette da potenziali malintenzionati, soprattutto se si parla di impianti di sorveglianza. E quale luogo migliore di una rete blockchain dove i contratti intelligenti possono attribuire i rispettivi obblighi e diritti ai dispositivi connessi (X. Xxxxx, 2019).
L’implementazione degli smart contracts può portare benefici anche alla sempre più rilevante
“sharing economy”, poiché spesso le suddette piattaforme presentano problemi di alti costi di
transazione sostenuti dai clienti, inaffidabilità legata alla centralizzazione del servizio e la mancanza di privacy nel trattamento dei dati personali. Riguardo a quest’ultimo punto, più in generale, i contratti intelligenti permettono agli utenti di controllare la proprio “identità digitale”, ovvero le informazioni riguardanti la persona, le sue abitudini e la sua reputazione digitale, decidendo autonomamente che tipo di dati diffondere e far conoscere alla controparte (Alliance Smart contracts, 2016). Ancora, l’automatizzazione, propria dei contratti intelligenti, può aumentare l’efficienza della “Trade Finance”, velocizzando l’autorizzazione della transazione e il pagamento, modificando facilmente i contratti di trasporto delle merci e permettendo di ottenere celermente la liquidità necessaria.
La lista dei possibili usi per questo tipo di accordi potrebbe continuare con molti altri esempi, rafforzando la tesi secondo cui l’introduzione e lo sviluppo dei contratti intelligenti non può che essere considerata come una risorsa. Una risorsa che però necessita di essere definita e integrata nel sistema giuridico, il che determinerà diverse questioni, alcune delle quali verranno trattate nei prossimi capitoli.
Capitolo 2- La validità giuridica degli Smart contracts
2.1 - Approcci normativi nel diritto internazionale
La Lex Informatica, identificata anche dall’espressione “Code is law”, è vista come un naturale prolungamento della Lex Mercatoria e si basa sull’autoregolamentazione. È un insieme di leggi regole tecniche messe a punto e affinate dagli utenti online, per uso interno da parte dei membri della rete. Internet ha costruito una propria giurisdizione composta da codici e linguaggi criptati che controlla ex ante l’accesso e la disponibilità delle informazioni contenute nella rete (Xxxxxx Xxxxxxx, 2017). Il diritto contrattuale cerca però di contrastare questo andamento secondo cui internet è un mondo virtuale non soggetto ad alcuna forma di regolamentazione, se non quella data dalle norme tecniche (codici), e ciò ha portato alla nascita di nuove tipologie contrattuali che soddisfano il bisogno crescente di immediatezza della società attuale. Nel tempo si è arrivati a definire un concetto generale di contratti dell’informatica, intesi come tutti i contratti che sono basati sull’utilizzo di tecnologie informatiche, distinti dai contratti telematici che implicavano anche la trasmissione di input a distanza attraverso i programmatori (Xxxxxx Xxxxx, 2019). Ad oggi telematica ed informatica sono tanto interconnesse da rendere superflua questa distinzione e preferire il concetto di “contratto telematico”.
Da tempo le legislazioni di tutti gli Stati stanno cercando di regolare le contrattazioni e gli scambi online, ma è risaputo che internet ha carattere transnazionale e, di conseguenza, i contratti che avranno il fine di regolare i rapporti creatisi nella rete, dovranno avere una visione che va oltre i confini dei singoli Stati, facendo attenzione a non arrivare ad una smisurata frammentazione giuridica che rischierebbe di limitare i vantaggi propri della tecnologia. Uno dei dibattiti più accesi, che ha coinvolto anche la Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale, sta nella decisione di quale legge applicare ad un contratto che viene stipulato tra parti risiedenti in paesi diversi, considerato che l’unico luogo identificato è l’interfaccia online con cui si sono relazionati i contraenti. A questo proposito ci vengono in aiuto sia l’art. 15 dell’UNCITRAL Model Law of Electronic Commerce, sia il Regolamento CE Roma I. Secondo quest’ultimo, il contratto si regola seguendo la scelta esplicitata nell’accordo preventivo istituito dalle parti e nel caso in cui la scelta non risulti certa dal contratto o dalle circostanze, si ritiene valida la giurisdizione del Paese in cui risiede l’offerente della prestazione più caratteristica o dove è posta la sede centrale, se si trattasse di società o persona giuridica (Xxxxxx Xxxxx, 2007).
Se per la regolamentazione dei contratti telematici sono stati fatti molti passi avanti, non si può dire lo stesso guardando agli smart contracts. Ora come ora non esiste un quadro generale legislativo di portata internazionale che si proponga di disciplinarli o principi generali a loro relativi. Anche se, in particolare negli Stati Uniti ma anche nel nostro Paese, si stanno formulando le prime norme. Molti Paesi appartenenti agli USA, quali Nevada, California, Ohio, Tennessee e Arizona, hanno adottato l’UETA (una legge del 1999 in cui si dichiara la validità giuridica dei contratti elettronici) e emanato leggi volte a chiarire l’utilizzo dei contratti intelligenti, con la plausibile finalità di attirare sviluppatori di applicazioni basate sull’utilizzo di piattaforme Blockchain (Xxxxxx Xxxxx, 2019). Persino l’Italia si è spinta nel tentativo di legiferare a questo riguardo. Di seguito verranno presentati gli aspetti più rilevanti.
2.2 – Approcci normativi nel diritto italiano
Una delle principali questioni che sorgono in materia di smart contracts è la loro validità ed efficacia giuridica. Infatti, la presenza del termine “contract” porta immediatamente al negozio disciplinato dalle regole previste dal codice civile sul contratto generale (art. 1321
c.c. e ss.), ma si reputa indispensabile, per la composizione di un quadro completo della questione, una precedente distinzione. In particolare si opera una divisione tra la situazione in cui il mezzo informatico sia funzionale solo per quanto riguarda le operazioni di trasmissione ed esecuzione dell'accordo, il quale si è precedentemente perfezionato seguendo la disciplina contrattuale al di fuori del mezzo, e la situazione in cui l'accordo si formi direttamente attraverso il mezzo informatico, che provvede anche alla sua trasmissione (Xxxxxxxxx Xxxxxx, 2019). Nel primo caso lo smart contract viene considerato meramente come un canale per il controllo e la conclusione degli accordi, in quanto il negozio tra le parti è già stato perfezionato. Nel secondo caso esso costituisce un vero e proprio contratto se e solo se risulta contenere gli elementi essenziali racchiusi all'art. 1325 c.c.. Se consideriamo il primo caso, gli smart contracts possono essere impiegati in ambiti in cui un contratto vincolante risulterebbe pressochè limitante, se non addirittura inutile, ad esempio la registrazione di un voto nella piattaforma online universitaria o il controllo di un elettrodomestico “smart”. Al contrario, però, il secondo caso indicato sopra, porta alla luce l’idea che questo tipo di accordi possa anche assumere la forma di contratto vincolante e giuridicamente rilevante. Ed è questo il caso che verrà trattato. A differenza di molti altri Stati, l’Italia ha tentato di proporre una definizione relativa alle tecnologie basate sui registri distribuiti e agli smart contracts, da cui sono emerse alcune lacune che verranno esposte strada facendo.
2.3 – Analisi degli elementi essenziali
Prendiamo in esame la definizione introdotta nel nostro ordinamento giuridico dalla L. 11 febbraio 2019, n.12, di conversione del D.L. 14 dicembre 2018, n.135 in materia di tecnologie basate su registri distribuiti e smart contract:
“Si definisce “smart contract” un programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse. Gli smart contract soddisfano il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’Agenzia per l’Italia digitale con linee guida da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.”
Per valutare se questo tipo di accordo possa essere assimilato all’ambito del diritto contrattuale è necessario riportare i principi generali applicabili ai contratti ed esaminare se ne vengono rispettati gli elementi essenziali. Innanzitutto, ai sensi dell’art. 1321 c.c., il contratto si identifica come “l’accordo tra due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”. Inoltre come disciplinato all’art. 1325, c.c., “I requisiti del contratto sono: l’accordo tra le parti, la causa, l’oggetto, la forma, quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità”.
2.3.1 – L’accordo nel contratto
Le prime difficoltà riguardano l’accordo e tutto ciò che ne concerne. Per accordo si intende l’incontro delle manifestazioni di volontà provenienti dalle parti contraenti (Xxxxx, Colussi, 2017). L’unica azione richiesta per la conclusione di uno smart contract bilaterale, e che quindi viene considerata come manifestazione di volontà, è la sottoscrizione crittografica di entrambe le parti. Di conseguenza, la pubblicazione del contratto sulla rete viene identificata come offerta e il successivo invio della propria chiave privata o il caricamento di un bene digitale, ad esempio una somma di criptovaluta, o ancora una rappresentazione online di un bene fisico, da parte della controparte, rappresenterà l’accettazione, il che sarà la prova dell’impegno che scaturisce dai contraenti (Xxxxxx Xxxxx, 2019). Tuttavia il momento in cui avviene l’accettazione della proposta non risulta chiaro ed esplicitato. Alcuni sostengono che si possa fare informalmente riferimento alle regole inerenti ai contratti telematici (Xxxxxx Xxxxx, 2019). Infatti una delle tipologie di procedimento indicate per il contratto online è quella di “scambio di proposta e accettazione tramite posta” (Xxxxxx Xxxxxx, 2017), in cui la proposta verrà inviata tramite messaggio email e i suoi effetti decorreranno dal momento in
cui questa arriverà al destinatario, come indicato dall’art. 1355 c.c. in cui viene esplicitata la presunzione di conoscenza. In ogni caso, secondo questa corrente di pensiero, si può affermare che il vincolo contrattuale sorga nel momento in cui si ha l’incontro delle volontà attraverso lo scambio di offerta e accettazione e non quando il contratto viene caricato ed eseguito sulla Blockchain. Invece, sul versante opposto, si trovano i sostenitori della teoria secondo cui nel termine “esecuzione”, riportato nella norma, risiede la soluzione della disputa. Essi sostengono che non sia corretto attribuire a questa dicitura un significato giuridico, in quanto non ci si sta riferendo al momento dell’adempimento del contratto e quindi alla sua conclusione, ma a quello della formazione. Dunque sarà più sensato riferirsi ad un registro di linguaggio informatico in cui per esecuzione si intende “l’avvio” di un programma e in questo particolare frangente all’applicazione delle clausole e istruzioni caricate nel sistema. Pertanto sarà l’avvio congiunto del programma a garantire l’accettazione e quindi la manifestazione di volontà (Xxxxxxx Xxxxxxx, 2019). Finora è stato ipotizzato che la manifestazione della volontà espressa corrispondesse sempre all’intenzione del dichiarante, ma se la formazione della volontà e la sua manifestazione avvengono in due momenti separati potrebbe nascere la possibilità di un’invalidità negoziale. Prendiamo come esempio una situazione in cui il soggetto, che decide di accettare il contratto, si avvalga di un esperto, dal momento che non possiede esso stesso le competenze tecniche richieste dall’operazione. L’intervento di una terza parte, facendo riferimento ad un nuncio molto qualificato in materia, può consistere nell’elaborare in prima persona le richieste del contraente, trasformandole in linguaggio informatico oppure può riguardare la decisione di delegare al sistema la definizione di ogni aspetto dell’accordo. Infatti il programma è in grado di generare clausole contrattuali o reperire online i dati necessari per completare quelle già esistenti. Ma se la volontà espressa dal soggetto non corrisponde con quella comunicata dall’esperto incaricato, a causa di una semplificazione attuata arbitrariamente dal tecnico o di uno sbaglio nella digitazione dei caratteri o, ancora, di un fraintendimento, si incorre in un errore ostativo, disciplinato dal Codice Civile all’art. 1433, che porterà all’annullamento del contratto. Ciò nonostante, è stato ipotizzato che il soggetto contraente non avesse sufficienti competenze tecniche e di conseguenza non è sicuro che il difetto possa essere identificato prima dell’avviamento del programma. Di conseguenza il rischio è quello di non poter più bloccare l’adempimento automatico della prestazione errata (Salito Gelsomina, 2019).
2.3.2 – La causa e l’interpretazione del contratto
Un ulteriore aspetto da analizzare riguardo la normativa sui contratti intelligenti e probabilmente uno dei più complessi, è la causa, definita come la funzione economico-sociale
del contratto (Xxxxx, Colussi, 2017), ma più in generale, identificata come ciò che giustifica l’attività delle parti. Avendo a che fare con un software informatico, il linguaggio utilizzato sarà composto da stringhe alfanumeriche incomprensibili al più degli individui, contenente solo condizioni matematicamente quantificabile e traducibile digitalmente e che, pertanto, renderà molto complicata la specificazione della causa. Sicuramente il “lessico” utilizzato presenta degli indubbi vantaggi: i codici informatici sostituiscono ogni altra lingua rendendosi comprensibili a livello universale da chiunque possieda le conoscenze richieste, indipendentemente dalla nazionalità. In aggiunta un codice alfanumerico viene redatto in modo preciso e dettagliato, con un alto grado di prevedibilità e sicurezza senza concedere alcuno spazio all’interpretazione, permettendo così sia la riduzione dei costi di redazione, sia la riduzione degli interventi interpretativi da parte delle corti. Le componenti considerate risultano funzionali per tutti quei tipi di intese altamente standardizzate, che possono ovviare ai costi di elaborazione di una grande quantità di contratti relativamente semplici sostenuti da imprese o da professionisti. Ma, in caso di accordi più complessi, solitamente redatti in forma tradizionale, in cui il linguaggio “naturale”, ovvero formato da vocaboli comprensibili ad un qualsiasi individuo medio, è caratterizzato da indeterminatezza e duttilità e che quindi, richiede una certa dose di discrezione nell’interpretare situazioni incerte, la rigidità di un comune elaboratore non si dimostra adatta. La formulazione di un contratto informatizzato eleva una sorta di barriera semantica, tra l’utente e il computer, che potrà solo essere attenuata, attraverso la creazione di un’interfaccia semplice ed intuitiva per la conversione del linguaggio umano in codice, ma non eliminata (Xxxxxxxxx Xxxxxxx, 2016). Di conseguenza la piena conoscenza e consapevolezza delle modalità di svolgimento del software impone il necessario ricorso ad un terzo (come, peraltro, è già stato accennato al punto precedente) fa sì che venga meno delle principali caratteristiche e, perché no, dei maggiori vanti, riguardanti l’efficienza degli smart contracts: la disintermediazione. Si ricorrerebbe non più ad un’intermediazione legata al controllo dell’adempimento, ma ad un sostegno in ambito di traduzione del linguaggio, in fase di design del contratto. Perciò si vedrà emergere nuovamente la fragilità correlata all’affidamento ad un qualunque soggetto esterno, il quale potrebbe essere la causa di un banale errore o, nella peggiore delle ipotesi, di una frode. Ora è quindi comprensibile la difficoltà nel riuscire a ricavare, dalla trascrizione di un codice, l’intenzione delle parti e quindi la causa del contratto, che in molti casi necessita di riportare per iscritto istruzioni e sfumature che nessun computer sarebbe in grado di cogliere.
Nonostante ciò è utile rivolgere uno sguardo al futuro, poiché non è improbabile che nei prossimi anni si vedrà uno sviluppo dell’ingegneria informatica permetterà ai computer la comprensione di termini sempre più sofisticati e darà loro la capacità di tradurre istruzioni
complesse, più legate al mondo reale. Anche se è ragionevole credere che molti standard normativi, quali la “ragionevolezza”, la “buona fede”, la “correttezza”, la “forza maggiore” saranno sempre impraticabili per qualsivoglia software. Nel caso in cui le clausole dello smart contract risultino confuse ed incomprensibili si potrebbe fare riferimento a materiali esterni redatti in una chiara forma linguistica, oppure si potrebbe ricorrere all’integrazione del contratto con un documento aggiuntivo e distinto, che faccia riferimento alle condizioni omesse (Xxxxxxx Xxxxxxx, 2019). O ancora, si potrebbe considerare il ricorso alle valutazioni di tecnici esterni qualificati. Sicuramente tutte soluzioni che compromettono la velocità di esecuzione. Ovviamente anche questa integrazione rischia di avere un problema di comprensione nel caso in cui la controparte non conosca la lingua di redazione del contratto o, più generalmente, non colga l’esatto contenuto ma decida ad ogni modo di concluderlo.
Un’agevole soluzione è stata trovata rifacendosi all’art. 1429 c.c., e quindi facendo ricadere il rischio in capo alle parti, che avranno la responsabilità di informarsi preventivamente riguardo l’accordo che verrà siglato.
2.3.3 – L’oggetto del contratto
Continuando l’analisi con l’oggetto del contratto, ossia con le prestazioni su cui si basa l’accordo tra le parti, è utile riferirsi all’art. 1346 c.c. secondo il quale l’oggetto dovrà essere possibile, lecito, determinato o determinabile. Tutte le condizioni elencate non contrastano in alcun modo con le caratteristiche dei contratti intelligenti, ma potranno essere verificate solo nel momento in cui il linguaggio di redazione del contratto risulti comprensibile alle parti (si veda il paragrafo 2.3.2).
2.3.4 – La forma del contratto e i problemi di identificazione
L’ultimo degli elementi essenziali che occorre analizzare è la forma del contratto. La norma si limita a richiedere “…il requisito della forma scritta…”, ma quando si parla di accordi regolati in una piattaforma blockchain non vi è la garanzia che le parti possano redigere materialmente il documento, di conseguenza diventa essenziale individuare un documento per la manifestazione della volontà delle parti, così che possa nascere il rapporto contrattuale. In questo caso di parla di una sottoscrizione, la quale farà in modo che il documento sia imputabile ad un determinato soggetto. Tuttavia il legislatore non ha espressamente previsto alcuna forma di sottoscrizione. E nel caso in cui i contraenti non abbiano mai stipulato un antecedente accordo scritto o orale, il codice informatico sarà l’unica prova dell’instaurazione di un rapporto giuridico. Qui entra in gioco la “… previa identificazione informatica delle parti interessate, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’Agenzia per l’Italia
digitale…”, che apre un’ulteriore questione da indagare che rappresenta una delle annose controversie in ambito smart contract: l’anonimia garantita dalle piattaforme di blockchain. Come è stato già esposto in precedenza, i contraenti che si affidano a queste piattaforme possono farlo senza alcuna identificazione e l’unico modo per essere rintracciati risulta l’indirizzo IP associato al computer in uso, il che rende le parti sconosciute l’una all’altra. Non essendo possibile alcun tipo di riconoscimento delle generalità degli individui, esiste la possibilità, purtroppo non molto remota, che i contratti intelligenti vengano stipulati da persone che nel mondo reale non avrebbero alcuna possibilità di sottoscrivere un contratto, ad esempio incapaci naturali (per ubriachezza) o incapaci legali (minori, interdetti, inabilitati).
Secondo la disciplina italiana, come riportato all’art. 1425 c.c., in entrambi i casi il contratto è annullabile. Un ulteriore rischio correlato si manifesta nel caso in cui uno dei due contraenti (o entrambi) non è chi dice di essere e si verifica un’appropriazione illecita di identità digitale o di un ammontare di criptovaluta. Anche in questo caso, ai sensi dell’art.1429, il contratto può essere annullato. Sarebbe quindi necessario, per evitare la possibilità di annullamento delle transazioni, eventuali furti d’identità o frodi fiscali, che le piattaforme sviluppassero processi di identificazione degli utilizzatori, così da poter agire nei confronti di truffe e raggiri o a favore delle parti danneggiate. A tal proposito, nel 2014 è stato emanato il Regolamento eIDAS (electronic IDentification Authentication and Signature), che ha avuto piena efficacia solo dal 1 luglio 2016, il quale si propone di accrescere la sicurezza delle interazioni elettroniche tra imprese, cittadini e pubbliche amministrazioni attraverso il riconoscimento di dispositivi atti all’identificazione elettronica, stabilendo normative per le transazioni elettroniche e definendo una scenario coerente in ambito di firme elettroniche, validazioni temporali elettroniche e documenti elettronici. In particolar modo in Italia è stato istituito SPID, il Sistema Pubblico di Identità Digitale, con il quale cittadini e imprese possono accedere ai servizi di imprese private o pubbliche amministrazioni con una propria identità digitale. E con credenziali di livello superiore al primo possono avere accesso anche ai servizi digitali dell’Unione Europea. Chiaramente si è lavorato perché le novità introdotte possano avere effetto anche riguardo le tecnologie Blockchain, come è possibile osservare dalla pubblicazione del Libro Bianco “Recommendations for Successful Adoption in Europe of Emerging Technical Standards on Distributed Ledger/Blockchain Technologies”, nel quale vengono specificate tre fasi per assicurare la sicurezza della procedura del riconoscimento digitale. La prima fase è quella di registrazione, in cui vengono compresi i processi di avviamento, verifica dell’identità e archiviazione dei dati. La seconda riguarda la gestione delle credenziali dell’utente e l’ultima prevede l’autenticazione affidata ad una terza parte.
Inoltre in questo libro si precisa che nel contesto Blockchain non è necessario ricorrere a tutte
quelle autorità previste dal Regolamento 910/2014, quali le autorità di identificazione elettronica e di protezione dei dati, poiché tutti i dati inseriti vengono verificati istantaneamente dalla piattaforma.
2.4 – Osservazioni finali
Un’ultima considerazione da fare sorge prendendo nuovamente ad esame la L. 11 febbraio 2019, n.12., che presenta un ulteriore punto da trattare. Quando si parla di “programma per elaboratore” si fa riferimento al solo elemento software che compone il computer, tralasciando l’importante componente hardware (o in alternativa un software addizionale) su cui il programma dovrà operare. Non è chiaro se questa omissione di un termine tecnico sia stata una comune dimenticanza o, sperabilmente, una consapevole decisione del legislatore di non ridurre la libertà di utilizzo definendo dei confini netti (Xxxxxxxxx Xxxxxx, 2019).
Per concludere questa analisi degli aspetti essenziali per valutare la valenza probatoria e giuridica dei contratti intelligenti, è opportuno menzionare l’art.41, comma 3 del Regolamento e-IDAS, il quale introduce la piena approvazione degli effetti legali degli smart contracts tra i contraenti, solo attraverso una convalida temporale elettronica. Se questa validazione viene rilasciata in uno Stato Membro, risulterà valida anche i tutti gli altri. Nel caso dell’Italia, il prerequisito richiesto per la validazione è la firma elettronica digitale e qualificata o, in alternativa, un comune documento informatico, a patto che quest’ultimo rispetti gli standard imposti dall’Agenzia per l’Italia Digitale (Xxxxxx Xxxxx, 2019).
Capitolo 3 – Adempimento e risoluzione dei contratti intelligenti
Nel corso dell’elaborato è stata sottolineata più volte la natura automatica dell’esecuzione contrattuale relativa agli smart contracts, la quale dovrebbe garantire l’impossibilità di inadempimento e la velocità di completamento delle operazioni. Ma è davvero possibile che i contratti possano essere redatti su delle piattaforme, come quelle Blockchain, totalmente autosufficienti ed estromettere, così, dagli accordi un qualunque ordinamento giuridico attinente al “mondo reale”? Di seguito verranno esposte varie situazioni che si propongono di aiutare nella risposta a questa domanda e si potrà trarre già da subito un’ovvia conclusione.
3.1 – Meccanismi di tutela della parte debole
Nel capitolo precedente sono stati affrontati gli aspetti riguardanti l’incontro delle volontà, il momento dell’accettazione dei termini dell’accordo, il linguaggio della sottoscrizione e l’identificazione dei contraenti, ma non si è ancora trattato l’inserimento delle clausole che andrà a definire il rapporto tra le parti e l’eventuale previsione di una tutela dei contraenti deboli. Escludendo i contratti intelligenti utilizzati come mero canale di conclusione per l’accordo e quelli altamente standardizzati, per i quali si è soliti disporre di strumenti di risoluzione delle controversie (ADR) già presenti sulle piattaforme decentralizzate, è prassi, da parte dei consulenti giuridici, realizzare delle clausole customizzate per ogni necessità, come accade già per la maggior parte dei contratti tradizionali. Queste disposizioni possono riguardare qualsiasi questione: dalla privacy, alla scelta della legge applicabile, dalla limitazione dei danni, agli eventuali indennizzi.
Innanzitutto è utile ricordare che anche per gli smart contracts esiste un punto di riferimento per la tutela dei contraenti deboli, a patto che possa essere applicato. Con ciò si fa riferimento alla direttiva 2011/83/UE, in cui il professionista deve mettere a disposizione tutte le informazioni in linguaggio semplice e comprensibile, quindi necessariamente in un linguaggio naturale e non in codice informatico che risulta astruso per la maggior parte degli utenti, ed inoltre, ai sensi dell’allegato alla direttiva 93/13/CEE sulle clausole abusive, ai punti “b” e “c”, è spiegato come non sia possibile limitare o ignorare del tutto i diritti del consumatore in caso di inadempimento parziale o totale di un qualunque obbligo contrattuale da parte del professionista e che il rispetto degli obblighi non debba basarsi unicamente sulla volontà di adempiere del professionista, mentre è indubbio un impegno da parte del consumatore. Quelle appena riportate fanno riferimento a due delle clausole abusive elencate nella direttiva sopracitata. Le clausole abusive si riferiscono a specificazioni che, nonostante la buona fede, causano una notevole discrepanza tra i diritti e gli obblighi delle parti, a danno del consumatore. Ciò nonostante questa norma può essere applicata solo se la condizione non
è stata oggetto di contrattazione individuale, perciò ricade sul professionista la responsabilità che la clausola o, in alternativa il contratto intero, siano state concordate individualmente con il consumatore, anche nel caso di piattaforme in cui vengono redatti svariati contratti intelligenti formati da moduli standardizzati (Xxxxxx Xxxxx, 2019).
Un esempio di clausola riguardante il diritto dei consumatori, che può essere inserita, ex ante, ovvero già in sede di formazione del contratto, riguarda lo scioglimento unilaterale. In caso di recesso, infatti, è possibile inserire una postilla secondo cui la controparte può usufruire del suddetto diritto entro i 14 giorni lavorativi che precedono l’esecuzione, al termine dei quali il contratto intelligente accerterà che si siano verificate le condizioni per il recesso e, in caso contrario, procederà con l’adempimento.
Insomma, si può notare che esistono dei meccanismi di regolamentazione e delle clausole che possono essere inserite per evitare successivi interventi giudiziari o, eventualmente, per facilitarli ed è chiara la tendenza ad una sempre maggiore modularizzazione, inserendo la negoziazione precontrattuale come elemento fondamentale anche per i contratti intelligenti, contrastando, quindi, l’approccio alla disintermediazione e all’efficienza, comune a tutte le piattaforme Blockchain permissionless.
3.2 – Inflessibilità della decentralizzazione: analisi e soluzioni
3.2.1 – Adempimento automatizzato
Entrando più specificatamente in merito di smart contracts, si arriva ad affrontare il tema che rende questo tipo di contratti “smart”: l’adempimento automatizzato. Parlando di contratti intelligenti non si fa più riferimento alla fiducia, senza la quale nessun accordo verrebbe mai stato siglato, riposta nell’esecuzione di una prestazione operata dalla controparte, poiché quando lo smart contract viene attuato, segue esclusivamente le istruzioni inserite nel sistema ed è indipendente da qualsiasi volontà delle parti, sopravvenuta in un momento successivo all’attuazione. I vantaggi innegabili di questa procedura sono già stati menzionati nel primo capitolo, ora si dovranno indagare gli aspetti riguardanti l’eccessiva rigidità che emerge dal meccanismo, sottolineando che più la Blockchain è permissionless, più l’esecuzione e la verifica saranno disperse nella rete, il che vuol dire affidate ad un numero sconosciuto di nodi e quindi immodificabili. Nel caso di Bitcoin l’inflessibilità del sistema è ai suoi massimi livelli: ogni operazione è pressoché irreversibile, intendendo che la prestazione viene eseguita sicuramente seguendo l’iter prestabilito, e impermeabile, riferendosi al fatto che sarà impensabile modificare l’operazione dopo il suo inserimento nel registro distribuito (Xxxxxxxxx Xxxxxxx, 2016). Quindi di fatto non esistono degli istituti a cui sporgere reclami, perché, in linea teorica e seguendo i principi del meccanismo, non dovrebbe essercene bisogno. Di
conseguenza non è possibile alcuna correzione delle indicazioni pattuite, nonostante questa possa risultare legittima per far rispettare le norme di una disciplina, ad esempio nel caso in cui il sistema stia validando un contratto viziato o illegale.
Tuttavia sono state sviluppate alcune soluzioni per evitare o risolvere le questioni appena sollevate. Una di queste è una funzione che permette di alterare la stringa di codice alfanumerico così da modificare le condizioni impartitegli. Un’altra è la tecnologia di verifica denominata multi-firma, con cui i contraenti possono decidere di interrompere lo svolgimento fino al momento in cui essi decidano di firmare l’accordo con le proprie chiavi private, anche se questa interruzione deve essere precedentemente prevista nel codice informatico iniziale.
Inoltre, sulla Blockchain Ethereum, i contratti contengono una postilla kill switch, grazi alla quale si rende possibile “l’autodistruzione”, ovvero un intervento che cancella definitivamente il codice dalla piattaforma (Xxxxx Xxxxxx Xxxxxxxxxx, Xxxxx Xxxx Xxxxxxx Xxxxxx, 2019).
Ovviamente queste opzioni appaiono sensate solo nei casi in cui le criticità constatate impongano un rimedio drastico. Nelle suddette circostanze, o comunque nelle situazioni più significative, la causa scatenante può essere complicata da identificare, ad esempio il guasto tecnico che porta ad un errore può essere stato determinato da un’azione precontrattuale o dal malfunzionamento di un computer, e inoltre occorre distinguere se le cause dell’impedimento sono da attribuire al debitore o al creditore, qualora fosse possibile farlo. Per il momento una soluzione alla comparsa di problemi nell’adempimento è quella di tentare la programmazione preventiva delle cause più comuni, includendole nel contratto, attraverso delle clausole come è stato esposto in precedenza, o facendole identificare da oracoli esterni automatici (ovvero degli elementi al di fuori della rete che rappresentano un collegamento tra la blockchain e il mondo reale e che si occupano di verificare le condizioni per il proseguimento dell’esecuzione, consultando fonti esterne e fornendo, quindi, un supporto tecnico all’adempimento. Purtroppo anche nel caso della definizione dell’oracolo si potrebbe sollevare il problema della scelta di individuo/meccanismo affidabile, come in tutti i momenti in cui si ha il coinvolgimento di una terza parte), anche se, come è immaginabile, sarà impossibile prevedere la totalità della cause possibili. Ad esempio si potrebbe considerare l’implementazione di una clausola che si serva dell’arbitrato, la quale prevederebbe che al sorgere di un contenzioso durante l’adempimento, lo smart contract innescasse automaticamente lo schema di identificazione delle cause preimpostate, regolazione ed estinzione della disputa e disponesse immediatamente il passaggio delle somme di criptovalute riconosciute alla parte lesa (Xxxxxxx Xxxxxx, Xxxxx Xxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxx, 2018).
3.2.2 – Risoluzione del contratto
Non si può prescindere dall’approfondire anche la risoluzione del contratto e più specificatamente, come le norme civilistiche si applicano ai contratti intelligenti. Con riferimento alla risoluzione volontaria, le eventualità da analizzare non sono eccessivamente distanti da quelle che si possono verificare in un qualsiasi contratto tradizionale. Nel paragrafo precedente abbiamo considerato il recesso in caso di tutela dei consumatori, ora verrà trattato nel caso più generale. Ai sensi dell’art. 1373 c.c., per il contratto ad esecuzione periodica o continuata, il recesso può essere esercitato anche successivamente all’esecuzione a patto che non avvenga a prestazione già eseguita. Quindi le parti potranno concordare di trascrivere, nel codice crittografato, che l’esercizio del diritto di recesso avvenga nel momento in cui il software dovesse incappare in un mancato adempimento. Solitamente la parte che desidera esercitare il recesso deve comunicarlo alla controparte, ma operando in un contesto informatico automatizzato, anche questa attività dovrà essere inserita come clausola nel momento della redazione del contratto. Stesso procedimento può avvenire in caso di disdetta, la quale viene pianificata alla scadenza del termine massimo di attesa per il rinnovo della prestazione e viene eseguita automaticamente portando allo scioglimento del contratto.
Se invece parliamo di risoluzione facciamo riferimento ad un rimedio per la modifica del sinallagma iniziale, causata dalla manifestazione di sopravvenienze che compromettono il normale svolgimento. Queste circostanze si riconoscono nei casi di: eccessiva onerosità sopravvenuta, impossibilità sopravvenuta di una delle prestazioni e inadempimento di una delle parti. Tutte le cause appena citate possono essere verificate e quindi inserite nello smart contract, prima del suo avvio. In merito all’impossibilità sopravvenuta, può essere svolta un’analisi oggettiva da parte del software, sempre attraverso l’utilizzo di oracoli esterni che possono “ragionare” in termini concreti, la quale determinerà l’assoluta impraticabilità della prestazione. Oppure ancora il sistema può verificare l’episodio che ha portato alla disparità economica e, di conseguenza, al costo eccessivo denunciato dal contraente.
Distaccandoci dalle circostanze in cui entrambi i contraenti decidano di comune accordo di svincolarsi dal contratto (richiamando la disciplina del mutuo dissenso), e da quelle in cui viene deciso da subito lo scioglimento unilaterale (definite dalla normativa sul recesso), occorre considerare i momenti in cui le questioni si aggravano e si entra in merito di risoluzione legale. In ambito di rescissione del contratto concluso in stato di pericolo, riferendosi all’art. 1447 c.c., sappiamo che devono verificarsi condizioni inique, nel senso che una delle prestazione deve avere un valore molto più alto dell’altra (facendo riferimento alla situazione del mercato nel momento della stipula) e che lo stato di pericolo deve essere
riconosciuto dalla controparte, riconducibile ad un danno grave e attuale. Ma considerando che il numero delle situazioni di pericolo che si possono presentare potrebbe essere molto grande, diventa complicato riuscire a codificarle all’interno di alcune clausole. Piuttosto diverso invece, appare il caso in cui la recessione dal contratto sia conclusa in stato di bisogno. Ai sensi dell’art. 1448 c.c. (rescissione per lesione) il soggetto ha bisogno di rescindere dal contratto per non incorrere in un pregiudizio di carattere patrimoniale o di carattere personale (non tanto grave da assumere la fattispecie del recesso dal contratto in stato di pericolo). In particolar modo, la norma prevede che il valore di una prestazione superi di più della metà il valore dell’altra (ultra dimidium). In questo frangente sarà più semplice includere una postilla nella scrittura del codice se l’entità della prestazione ad oggetto potrà essere misurata con riferimento ad un parametro esterno che permette di calcolare l’effettivo valore (Xxxxxx Xxxxx, 2019).
3.3 – L’alternativa alle permissionless
Arrivati alla fine di questa valutazione possiamo concludere che i numerosi vantaggi portati dalla decentralizzazione non possono giustificare l’esistenza di un “ordinamento privato” costituito dalle uniche regole imposte dalla rete e basato su delle operazioni che, dal punto di vista teorico ostentano prevedibilità e sicurezza, ma che applicate alla complessità di alcune relazioni contrattuali, impediscono qualsivoglia azione correttiva, anche nel caso di tutela nei confronti degli utenti. Per questo motivo si ritiene quantomeno utile, se non necessario, abbandonare le piattaforme totalmente permissionless, in cui la presenza di innumerevoli nodi rende impossibile l’attribuzione di obblighi e divieti, ed affidarsi ad un tipo di network che riesca a limare l’inflessibilità della decentralizzazione agendo sulle regolamentazioni preventive per accedervi e per essere identificati. In realtà una soluzione di questo tipo già esiste ed è riconducibile alle piattaforme permissioned, nominate nel primo capitolo portando come esempio Hyperledger Xxxxxx. In questa piattaforma è mantenuto il carattere decentralizzato ma, a differenza di Bitcoin, l’accesso è ristretto ai soli utilizzatori identificati e i nodi che si occupano delle verifiche vengono preselezioanti. In questo modo le possibili sanzioni, avrebbero dei destinatari veri e propri e l’intervento normativo sarebbe possibile nei casi ritenuti necessari (Xxxxxxxxx Xxxxxxx, 2016). Per di più la blockchain permissioned si conforma maggiormente alle attività di natura commerciale. Ad esempio un fornitore online può conoscere i propri clienti, adattare il servizio in base alle singole esigenze, correggere efficacemente gli errori ed assumersi personalmente la responsabilità. Mentre, dalla parte del cliente, avere una figura di riferimento a cui rivolgersi in qualsiasi momento non può che incrementare la fiducia. L’ambito di maggior sviluppo tecnologico in questo settore sarà
molto probabilmente riguardante questo tipo di rete ibrida, nonostante i difensori delle “classiche” Blockchain sostengano che avanzando in questa direzione si perderebbero tutte le caratteristiche che hanno favorito la diffusione delle piattaforme.
Conclusione
Nel corso di questo elaborato è stata presentata la tecnologia Blockchain, che permette di svolgere una molteplicità di operazioni digitali con il vantaggio di non doversi affidare a nessuna attività centrale, ma sfruttando gli utenti che decidono di prendervi parte. Proprio grazie a questa sua natura fondata sulla disintermediazione e decentralizzazione, sono emersi alcuni dei suoi più grandi punti di forza, quali l’efficienza, la velocità e la sicurezza, quest’ultima garantita dall’affidamento della rete alle verifiche di nodi (utenti atti all’approvazione delle transazioni) dispersi in tutto il mondo. Gli accordi che prendono parte e che vengono automaticamente eseguiti su queste piattaforme sono stati chiamati “smart contracts” e il codice alfanumerico che sta alla base di codesti accordi è il motore fondamentale per la loro attuazione e conclusione. L’aggettivo “smart” fa comprendere la loro principale caratteristica: l’esecuzione automatica delle istruzioni impartitegli prima dell’avvio del protocollo, che garantisce maggiore efficienza e maggior certezza nell’adempimento, portando ad una riduzione delle controversie. La parola “contract”, che attribuisce a queste intese una connotazione giuridica, fa presagire l’esigenza da parte degli utenti di strumenti idonei al controllo e alla governabilità delle transazioni, per evitare il rischio di frodi. Alla fine del secondo capitolo si è giunti alla conclusione secondo cui i contratti intelligenti hanno validità giuridica e vincolante, in quanto vengono redatti per creare o modificare diritti ed oneri dei contraenti e soddisfano i requisiti essenziali del contratto, ai sensi dell’art. 1325 c.c.. La libertà contrattuale consente di redigere il contratto nella sua forma originale, nonostante la difficoltà della traduzione di alcuni passaggi possa risultare limitante, e permette inoltre, anzi diventa quasi necessario considerando le conclusioni tratte dal terzo capitolo, la stesura di una variante del contratto in linguaggio naturale (split contracting), che possa comprendere tutte quelle clausole difficili da codificare, visto e considerato che risulterebbe complicata per la maggior parte degli individui (e di giuristi) la comprensione. Inoltre il linguaggio naturale si presta ad una più grande discrezionalità e flessibilità, caratteristiche molto utili negli accordi contrattuali. Un’assunzione fondamentale, su cui ci si è basati dal secondo capitolo in poi, è stata la divisione che è necessario compiere prima di ogni considerazione sugli smart contracts: è opportuno considerare in maniera differente i contratti intesi come semplici operazioni standardizzate, caratterizzati da un contenuto semplice ed un adempimento quasi istantaneo, i quali probabilmente non vedranno la nascita di nessuna disputa nel corso della loro esecuzione e per i quali risulta inutile qualsiasi tipo di aggiunta, da quelli più complicati, contenenti varie e delicate questioni giuridiche. Nel corso dello studio è sorto il problema se i costi per la contrattazione e la vulnerabilità reintrodotta dall’inserimento di un intermediario
(o più), non siano in contrapposizione con il carattere “smart” di questi accordi. Nel terzo capitolo si è sottolineata la necessità di una negoziazione precontrattuale per includere tutte quelle clausole riguardanti la risoluzione, il recesso e la tutela dei contraenti deboli, le quali potrebbero rivelarsi determinanti per evitare l’insurrezione di contenziosi che, ex post, rischiano di essere difficili da risolvere. Infine si è parlato di come l’orientamento verso un tipo di Blockchain definito permissioned, possa risolvere alcune delle principali criticità riscontrate, andando tuttavia ad annullare i vantaggi riportati inizialmente e a minare l’ordinamento privato, che questi network si sono costruiti nel corso degli anni. D’altra parte però, questa sorta di autonomia privata rischia di ostacolare scelte normative e politiche in nome di un’efficienza che, nel caso di errori sopravvenuti conseguentemente all’avvio del contratto, diventerebbe irrilevante e controproducente. Nonostante questo approccio possa sembrare eccessivamente conservatore, il completo affidamento alla Lex Informatica, da parte dei contraenti, potrebbe condurre ad un vuoto legislativo e l’inevitabile arretramento nella tutela delle parti. Si può concludere affermando che, per ora, l’integrazione delle norme provenienti dalla disciplina tradizionale, può aiutare nella regolazione dei contratti intelligenti, ma sicuramente non può essere sufficiente, dal momento che la nostra legislazione ha un’architettura fondata sulla centralizzazione dei database e sulla fiducia riposta nei collaboratori, pertanto, in un futuro sempre più vicino, si renderanno necessarie delle implementazioni ad hoc che definiscano delle linee guida inequivocabili. In particolare gli Stati dovrebbero riuscire a mantenere il carattere transnazionale di questi protocolli, cercando di evitare conflitti tra le diverse normative, e limitandosi a legiferare con il fine di promuovere l’uso dei contratti intelligenti e rimuovendo ogni problema di interpretazione ed ogni incertezza. Attualmente l’area che beneficia maggiormente delle opportunità introdotte dalle piattaforme Blockchain è quella finanziaria. Questo perché le operazioni effettuate non richiedono discrezionalità o intervento umano, anzi sono per la quasi totalità automatizzate e standardizzate, e i vantaggi di una rete decentralizzata e transnazionale sono pienamente sfruttati dalla miriade di transazioni e scambi di dati che avvengono ogni giorno tra i registri contabili e i portafogli azionari. Mi sento di dover aggiungere un’ultima considerazione che potrebbe non essere emersa dall’indagine appena conclusa: ritengo che le potenzialità degli smart contracts, e più in generale della tecnologia Blockchain, siano molto elevate e che le rivoluzioni introdotte, sia in campo finanziario, sia in campo commerciale o ancora nella nostra quotidianità, saranno strabilianti, soprattutto dall’integrazione con l’Internet Of Things e l’intelligenza artificiale. Questo indipendentemente dall’avanzamento che avverrà a livello giuridico e dalle decisioni prese dai diversi Stati.
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