La nullità dei contratti di swap c.d. over the counter secondo una recente pronuncia della corte di appello di Milano
Dipartimento di contenzioso - Milano | Numero 1620 | 6 dicembre 2013 |
La nullità dei contratti di swap c.d. over the counter secondo una recente pronuncia della corte di appello di Milano
Premessa
Con sentenza n. 3459 datata 18-30 settembre 2009, la Corte d’Appello di Milano ha affermato, tra l’altro, il principio secondo cui è radicalmente nullo il contratto di interest rate swap over the counter nel cui testo contrattuale non siano esplicitati il modello matematico di pricing e i c.d. costi impliciti(1).
Come vedremo, tale pronuncia s’inserisce in un più ampio panorama giurisprudenziale e dottrinale, nell’ambito del quale non si sono raggiunte conclusioni universalmente condivise.
Sin da ora, pare tuttavia potersi affermare che la posizione assunta dalla Corte d’Appello di Milano, dettata da evidenti finalità di protezione degli investitori (soggetti deboli del rapporto d’intermediazione finanziaria), appare particolarmente rigorosa per gli intermediari finanziari, soprattutto in considerazione della delicatezza del tema della disclosure dei sistemi di valutazione e di pricing dei derivati over the
counter (o, più semplicemente, otc)(2).
Per meglio comprendere il principio espresso dalla sentenza oggetto del presente Client Alert è opportuno premettere all’esame del suo iter motivazionale una breve ricostruzione della fattispecie sottoposta al giudizio della Corte d’Appello.
La vicenda esaminata dalla sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 3459 del 18-30 settembre 2013
1. Nel 2004, la società Alfa – società di persone di piccole dimensioni e attiva nel commercio al dettaglio di pneumatici – chiede e ottiene dalla propria banca Beta, della quale era correntista di lungo corso, un cospicuo finanziamento a tasso variabile, funzionale all’acquisto di un capannone industriale a sua volta necessario per lo sviluppo dell’attività imprenditoriale di Alfa medesima.
Contestualmente all’erogazione del finanziamento, la banca Beta propone alla società Alfa la stipulazione di un primo contratto d’interest rate swap, a copertura del rischio d’innalzamento dei tassi d’interesse in relazione al finanziamento erogato.
Siccome nel 2005, a distanza di poco più di un anno dalla sua stipulazione, il primo swap aveva determinato ingenti perdite economiche a carico di Alfa, quest’ultima si determina a rinegoziare con la banca Beta i termini e le condizioni del contratto di swap. All’esito di tale processo di rinegoziazione, la società Alfa e la banca Beta decidono quindi di risolvere consensualmente il primo contratto di swap e, contestualmente, ne stipulano un secondo, anch’esso finalizzato a coprire il rischio dell’innalzamento dei tassi d’interesse relativamente al finanziamento. In occasione della stipulazione di questo secondo swap, la banca Beta eroga ad Alfa un c.d. up-front d’importo pari al valore delle perdite generate dal primo swap a carico di Alfa.
Xxxxxx & Xxxxxxx è una partnership a responsabilità limitata regolata dalle leggi dello Stato del Delaware (USA) ed opera in tutto il mondo con partnership affiliate a responsabilità limitata nel Regno Unito, in Francia, in Italia e a Singapore e partnership affiliate a Hong Kong e in Giappone. Lo studio legale di Xxxxxx X. Xx-Sudairi opera come studio associato di Xxxxxx & Xxxxxxx in Arabia Saudita. In Qatar, Latham &
Considerate le perdite originate anche dal secondo swap, la società Alfa cita in giudizio la banca Beta avanti il Tribunale di Pavia e, lamentando di non essere stata messa nella condizione di comprendere la portata dell’operazione finanziaria sottoscritta, chiede la declaratoria di nullità del secondo swap (o, in subordine, l’accertamento della responsabilità della banca Beta per violazione dei suoi obblighi informativi) e, in ogni caso, la condanna della banca Beta al pagamento di un importo pari alle somme alla stessa corrisposte in esecuzione del contratto di swap medesimo.
2. Con sentenza n. 597 del 2009, il Tribunale di Pavia, dopo aver disatteso la domanda di nullità formulata dalla società Alfa, ravvisa, nel comportamento della banca Beta, la violazione degli obblighi informativi previsti a suo carico dal T.U.F. e la condanna, pertanto, a risarcire alla società Alfa il danno da quest’ultima subito.
La banca Beta propone quindi appello avverso la sentenza del Tribunale di Pavia, chiedendone l’integrale riforma. Anche la società Alfa propone appello (incidentale) avverso la medesima sentenza, insistendo per la declaratoria di nullità dei contratti di swap in questione.
3. Rispetto alla fattispecie sopra sintetizzata, la Corte d’appello di Milano respinge l’appello formulato dalla banca Beta, accogliendo, al contrario, quello formulato dalla società Alfa e dichiarando, pertanto, la nullità degli swap stipulati tra quest’ultima e la banca Beta.
A fondamento della sua decisione, la Corte d’Xxxxxxx pone le seguenti argomentazioni:
• il contratto di swap over the counter, quale quello oggetto di causa, rientra “nella categoria della scommessa legalmente autorizzata la cui causa (…) risiede nella consapevole e razionale creazione di alee che, nei derivati c.d. simmetrici, sono reciproche e bilaterali”;
• a differenza dei contratti di swap negoziati sui mercati regolamentati, “nei derivati over the counter l’intermediario è sempre controparte diretta del proprio cliente e condivide, pertanto, con esso l’alea contenuta nel contratto”;
• anche volendo ricostruire il contratto di swap non come scommessa, “l’oggetto del contratto swap si sostanzia, in ogni caso, nella creazione di alee reciproche e bilaterali”, che tuttavia devono essere “razionali per entrambi gli scommettitori, e ciò a prescindere dall’intento che ha determinato la conclusione del contratto”, sia “esso di mera copertura ovvero speculativo”;
• per rendere “razionale” l’alea del contratto di swap è quindi necessario che “gli scenari probabilistici e le conseguenze del verificarsi degli eventi” sui quali è costruito lo swap siano “definiti e conosciuti ex ante, con certezza”, così come “devono essere esplicitati nel contratto il valore del derivato, gli eventuali costi impliciti, i criteri con cui determinare le penalità in caso di recesso”;
• “in difetto di tali elementi” informativi, il contratto di swap “deve ritenersi nullo” per mancanza di accordo delle parti su elementi essenziali del contratto medesimo;
• poiché sulla base del c.d. contratto quadro di negoziazione (o master agreement), l’intermediario non è solo il soggetto che “struttura” il derivato (e, quindi, controparte contrattuale del cliente), ma è anche un suo mandatario con riferimento all’attività di intermediazione finanziaria, anche i c.d. costi impliciti devono essere determinati ex ante ed esplicitati nel contratto di swap e non possono essere “occultati” all’interno delle condizioni economiche del contratto, pena la nullità del contratto per “difetto di accordo sul requisito essenziale del compenso ex art. 1709 c.c.”.
Le principali conseguenze della pronuncia in commento
Anzitutto, occorre premettere che i principi espressi dalla sentenza oggetto del presente Client Xxxxx sembrano destinati a trovare applicazione con esclusivo riferimento ai c.d. contratti di swap over the counter (o swap otc), ossia quei contratti derivati non uniformi negoziati al di fuori dei mercati
Al riguardo, infatti, è la stessa sentenza in commento ad affermare che i contratti derivati uniformi sono “strumenti finanziari circolanti sul mercato, e già quotati”, sicché “non si pone rispetto ad essi il problema della «misurabilità» dell’alea in essi contenuta e della consapevole condivisione del rischio, ma unicamente un problema di adeguatezza/appropriatezza del prodotto rispetto al profilo di rischio dell’investitore, ovvero di assenza di eventuali conflitti di interesse (secondo il regime ante o post Xxxxx)”.
Ciò premesso, ci sembra che, a fronte della pronuncia in commento, sia prevedibile un significativo aumento del contenzioso bancario e finanziario, già peraltro preannunciato da alcune associazioni di categoria(4), che avrà ad oggetto non solo l’accertamento della responsabilità dell’intermediario per la
violazione degli obblighi informativi e di condotta previsti dal T.U.F., ma anche l’accertamento della nullità del contratto di swap.
Oltre che sui contenziosi di prossima instaurazione, i principi espressi dalla Corte d’Appello di Milano sembrano idonei a trovare applicazione anche con riferimento ai giudizi attualmente pendenti, aventi ad oggetto esclusivamente la pretesa di un intermediario finanziario all’adempimento dello swap otc (ossia al pagamento del differenziale eventualmente maturato a suo vantaggio) e/o la contrapposta pretesa dell’investitore a ottenere la condanna dell’intermediario finanziario (eventualmente previa risoluzione del contratto di swap otc) al risarcimento del danno per inadempimento degli obblighi informativi previsti dal
T.U.F. Va infatti considerato che in tali giudizi l’accertamento e la declaratoria di nullità del contratto di swap per le ragioni indicate nella sentenza qui in commento, pur non formando oggetto di una specifica domanda di parte, potrebbero essere in ogni caso compiuti d’ufficio dal giudice, il quale, del resto, ha il potere di rilevare d’ufficio, ai sensi dell’art. 1421 x.x., xx xxxxxxx xxx xxxxxxxxx azionato dalle parti(5).
Non meno importante o significativo, poi, è l’impatto che la sentenza in esame e i principi dalla stessa affermati avrà, o dovrebbe avere, sulle tecniche redazionali dei contratti di swap otc, per la cui validità sarà chiesto un livello di dettaglio maggiore rispetto a quello attuale.
Da questo punto di vista, non possono essere trascurate le puntuali e circostanziate indicazioni fornite dalla stessa Corte d’Appello di Milano, secondo cui:
• da un lato, le informazioni generali e astratte sulla tipologia dello strumento finanziario, generalmente contenute nel documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari, non sono sufficienti per superare il vaglio di validità ed efficacia richiesto dalla Corte d’Appello di Milano;
• dall’altro, il contratto di swap otc deve contenere precise informazioni “sul valore degli swap al momento della conclusione del contratto, sugli scenari di probabilità, sulle modalità con cui calcolarne il valore nel corso della durata dei contratti e, ad esempio, al momento del loro scioglimento anticipato”.
Sul punto, peraltro, le indicazioni desumibili dalla decisione in commento non sembrano discostarsi significativamente da quelle fornite dalla Consob che, in passato, nel sanzionare il comportamento d’intermediari rivelatosi carente proprio in relazione alla mancata adozione di un efficace apparato di
controllo sugli strumenti e all’insufficiente strutturazione e trasparenza dei processi di pricing(6), ha altresì auspicato(7) tra l’altro:
• la massima attenzione al tema della trasparenza sia in fase precontrattuale che successivamente al compimento dell’operazione;
• la scomposizione delle diverse componenti che concorrono a formare l’esborso finale per il cliente, distinguendo il fair value dello swap dai suoi costi;
• un’informazione specifica sulle difficoltà di smobilizzo dello swap, precisando le regole di pricing e specificando se l’unica fonte di liquidità è costituita dallo stesso intermediario o da entità riconducibili al medesimo gruppo;
• l’esplicitazione, nella rendicontazione periodica, del fair value del prodotto finanziario e delle presumibili condizioni di smobilizzo.
I precedenti giurisprudenziali e dottrinali
Da ultimo, sebbene i limitati spazi di questo Client Alert e la complessità della materia non consentano né un’approfondita disamina dei temi trattati nella sentenza in commento né un esame critico delle sue argomentazioni, pare comunque opportuno dare sinteticamente atto degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali formatisi con riferimento ai principali temi affrontati dalla Corte d’Appello di Milano.
Più nel dettaglio, rispetto al tema della natura del contratto di swap, è dibattuto, in dottrina e in giurisprudenza, se lo swap sia una scommessa autorizzata(8) o un contratto a titolo oneroso, commutativo, la cui causa consiste nello scambio di due rischi connessi(9) o se la qualificazione in termini di scommessa spetti esclusivamente agli swap con funzione meramente speculativa (10).
Ancor più dibattuto, invece, è il tema delle conseguenze giuridiche della mancata indicazione dei criteri di
pricing del derivato e, in particolare, del c.d. mark to market.
Al riguardo, infatti, accanto all’opinione di chi ritiene che la mancanza del mark to market determinerebbe la nullità del contratto di swap per indeterminatezza e/o indeterminabilità dell’oggetto(11), si segnala un
ulteriore orientamento secondo cui la mancanza di tale indicazione farebbe sorgere, a carico dell’intermediario finanziario, “l’obbligo di astensione dal compimento dell’operazione, la cui violazione comporta il risarcimento del danno”(12).
Venendo, infine, all’indicazione dei costi impliciti, va poi segnalato l’orientamento secondo cui la loro mancata indicazione renderebbe nullo l’intero contratto di swap “allorché la misura dei costi impliciti sia tale da eliminare o da ridurre sostanzialmente l’alea a carico dell’intermediario” oppure allorquando “l’incidenza dei costi impliciti, pur non eliminando la bilateralità delle alee, nondimeno comporta la non scarsa difformità dell’IRS dalla miglior cura dell'interesse dell’investitore”; viceversa “quando invece la misura dei costi impliciti non esclude la bilateralità delle alee e non comporta una difformità, non scarsa, dell’IRS dalla miglior cura dell’interesse dell’investitore (…) è da escludersi sia la nullità per difetto della causa ai sensi dell'art. 1418 c.c. sia il diritto alla reiezione degli effetti, ai sensi dell'art. 1711, comma 1,
ultima parte c.c.”(13).
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Il presente Client Alert ha l’obiettivo di fornire informazioni di carattere generale rispetto all’argomento trattato e non deve essere inteso come un parere legale né come una disamina esaustiva di ogni aspetto relativo alla materia oggetto del documento. Si rammenta che per l’applicazione a casi specifici di quanto illustrato nel Client Alert sarà necessario richiedere una consulenza specifica che consideri tutte le circostanze del caso concreto. Per qualsiasi richiesta di chiarimenti riguardo all’argomento trattato, siete pregati di contattare il professionsta dello studio cui abitualmente vi rivolgete. Un elenco completo dei nostri Client Alerts è disponibile all’indirizzo internet xxx.xx.xxx. Se desiderate aggiornare i vostri dati o personalizzare le informazioni che ricevete da Xxxxxx & Xxxxxxx, visitate xxxx://xxxxxx.xx.xxx/xxxxxxxx/xxxxxxxxxxxxxxxx.xxxx.
Note
1 Con la medesima sentenza, la Corte d’Appello di Xxxxxx ha altresì affermato il principio secondo cui la dichiarazione autoreferenziale del cliente di possedere un’adeguata conoscenza ed esperienza in materia di strumenti finanziari costituisce una mera presunzione semplice, superabile attraverso l’allegazione e la prova di elementi di segno contrario che mettano in luce la discordanza tra la dichiarazione e la situazione reale. Da questo punto di vista, tuttavia, la sentenza in commento non pare particolarmente innovativa o significativa, aderendo a un orientamento già recepito dalla giurisprudenza, anche di legittimità (cfr. Cass. 26 maggio 2009, n. 12138).
2 Come si è osservato, infatti, tali sistemi di valutazione sono “sviluppati dalle strutture interne di risk management delle grandi investment bank internazionali, la cui abilità e professionalità costituisce un vero e proprio asset per queste istituzioni. In altre parole, la capacità di prezzare/valutare i diversi prodotti derivati può rappresentare un vantaggio competitivo sul mercato” (X. XXXXX-X. XXXXX, La collateralizzazione degli strumenti finanziari di derivati OTC (“over the counter”) in Italia, in Le soc., 2007, pag. 1236).
3 Sulla distinzione tra contratti derivati uniformi e contratti derivati over the counter, si confronti X. XXXXXX, I contratti derivati, Milano 2010, pagg. 305 ss.
4 Si confronti il comunicato stampa rilasciato dall’Adusbef e disponibile sul sito internet xxx.xxxxxxx.xx/xxxxxxxxxxxxx.xxx?Xxx0000&XxX, in cui si preannunciano “migliaia di cause civili, patrocinate da un pool di legali Adusbef”.
5 Del resto, costituiscono principi giurisprudenziali consolidati quelli secondo cui, da un lato, “la rilevabilità d’ufficio della nullità del contratto, in ogni stato e grado del processo, opera (…) se da parte dell’attore se ne richieda l’adempimento” (Cass. 17 febbraio 2012 n. 2366, Redazione Xxxxxxx, 2012) e, dall’altro lato, “la risoluzione contrattuale è coerente solo con l’esistenza di un contratto valido”, con la conseguenza che “il giudice di merito, investito della domanda di risoluzione del contratto, ha il potere- dovere di rilevare dai fatti allegati e provati, o comunque emergenti «ex actis», una volta provocato il contraddittorio sulla questione, ogni forma di nullità del contratto stesso, purché non soggetto a regime speciale” (Cass., 3 luglio 2013, n. 16606, in Guida al diritto, 2013, 36, 97; Cass. 4 aprile 2013, n. 8172, in Diritto & Giustizia, 2013, 5 aprile 2013). Ad una soluzione diversa da quella prospettata nel testo, invece, si dovrebbe pervenire se in giudizio una delle parti abbia già fatto valere una specifica ragione di nullità, trovando applicazione, in tal caso, il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato (Cass. 26 giugno 2009, n. 15093, in Giust. Civ. Mass., 15093).
6 Si confrontino le delibere Consob n. 16070 e n. 16071 del 1° agosto 2007.
7 Si confronti la comunicazione Consob n. 9019104 del 2 marzo 2009.
8 X. XXXXXXX, Costi impliciti nell’interest rate swap, in Giur. Comm., 2013, 3, 648, il quale, tuttavia, a differenza della sentenza in commento, precisa che lo swap “non è una scommessa razionale”; E. BARCELLONA, Strumenti finanziari derivati: significato normativo di una definizione, in Banca borsa tit. cred., 2012, II, 564 s.
9 Si confronti Corte d’Appello di Milano, 26 gennaio 1999, in I contratti, 2000, 255, secondo cui “il contratto di «domestic currency swap», se concluso tra una banca o una società di intermediazione e altro soggetto che persegue anche fini meramente speculativi, non può essere assimilato al gioco o alla scommessa”; Trib. Milano, 20 febbraio 1997, in Gius, 1997, 1263, secondo cui “il contratto di «swap» non ha natura di gioco o di scommessa, con conseguente inapplicabilità della disciplina per gli stessi previsti, e ciò anche quando lo stesso rivesta finalità meramente speculativa o comunque prescinda dalla sussistenza di un collegamento tra l’operazione finanziaria ed un rapporto sottostante”; Collegio Arbitrale, 26 marzo 1996, in Banca borsa tit. credito, 1996, II, 669; Trib. Milano, 19 aprile 2011, in Banca borsa tit. credito, 2011, 6, 794, secondo cui “la stipulazione di un contratto derivato, a differenza del mero scambio di azioni o titoli, costituisce ad un tempo atto negoziale e mezzo di generazione dello strumento, cioè di un’autonoma entità finanziaria in cui il sinallagma negoziale e la commutatività delle prestazioni (reciproco impegno di scambiarsi il differenziale) sono perfettamente sussistenti nel momento genetico per poi portare, eventualmente, nel corso del rapporto ad uno squilibrio anche imponente delle prestazioni e ciò perché, nella sostanza, l’accordo contempla espressamente il rischio delle fluttuazioni e l’alterazione delle reciproche prestazioni”. In dottrina, si confronti, tra gli altri, X. XXXXXX, I contratti derivati, Milano, 2010, pag. 248 ss.
10 Si confronti, ad esempio, Trib. Lanciano, 6 dicembre 2005, in Giur. comm., 2007, 1, II, 131, secondo cui “il contratto di «Interest Rate Swap», sottoscritto da un imprenditore in relazione ad un mutuo a tassi variabili da questi stipulato, è negozio aleatorio dotato di una funzione assicurativa che impedisce di ritenerlo privo di causa. Viceversa, se stipulato a mero scopo speculativo, al di fuori di tale funzione legata all’attività imprenditoriale, risulta assimilabile alla scommessa”; Trib. Milano, 26 maggio 1994, in Giur. it., 1996, I, 2, 50, secondo cui “il contratto di «interest rate swap», quando in concreto non serve a coprire un’attività imprenditoriale dall’alea connessa alle fluttuazioni dei tassi di interesse e di cambio, ha un fine meramente speculativo ed è assimilabile alla scommessa, onde difetta l’azione rivolta ad ottenerne il pagamento”; Trib. Milano, 24 novembre 1993, in Banca borsa tit. credito, 1995, II, 80, secondo cui “il contratto di «domestic currency swap» stipulato con finalità di mera speculazione è soggetto all’eccezione di gioco prevista dall’art. 1933 comma 1 c.c.”; in dottrina, si confronti, tra gli altri, X. XXXXXXX, Contratti di swap con finalità speculative ed eccezione di gioco, in Banca borsa tit. credito, 1995, I, 82.
11 X. XXXXXX, Sviluppi giurisprudenziali in materia di derivati over the counter, in Banca borsa tit. credito, 2011, 6, 794; X. XXXXXX, I contratti derivati, Milano 2010, pagg. 464, secondo cui “è indubbio che quanto meno i criteri e le metodologie di valutazione, pur con ogni riserva circa la loro intrinseca adeguatezza, debbano necessariamente essere esplicitati nel documento contrattuale e non già essere rimessi ad un’opaca e successiva stima operata dalla controparte, beneficiaria diretta della prestazione (…). In difetto la clausola è inesorabilmente destinata a soccombere alla prova dell’art. 1346” c.c. Sul punto, si consideri che secondo la più recente giurisprudenza “il requisito della determinatezza o della determinabilità dell’oggetto dell’obbligazione esprime la fondamentale esigenza di concretezza dell’atto contrattuale, avendo le parti la necessità di sapere l’impegno assunto ovvero i criteri per la sua concreta determinazione, il che può essere pregiudicato dalla possibilità che la misura della prestazione sia discrezionalmente determinata, sia pure in presenza di precise condizioni legittimanti, da una soltanto delle parti” (Cass. 29 febbraio 2008, n. 5513, in Giust. Civ. Mass., 2008, 2, 334).
12 Trib. Udine, 1 luglio 2011, in Banca borsa tit. credito, 2012, 3, II, 384; Trib. Milano, 19 aprile 2011, in Banca borsa tit. credito, 2011, 6, 794.
13 X. XXXXXXX, Costi impliciti nell’interest rate swap, in Giur. Comm., 2013, 3, 648.