Capitolo ottavo
Capitolo ottavo
IL CONTENUTO DEL RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO
Xxxxxxx Xxxxxxx
CAPITOLO VIII Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato
Sommario 8.1. Introduzione - 8.2. Il lavoro subordinato: il codice del 1865 - 8.2.1. La fase della legislazione sociale -
8.2.1.1. Il principio del favor prestatoris - 8.2.2. Il codice civile del 1942 - 8.2.2.1. Le caratteristiche del contratto di lavoro subordinato - 8.2.2.2. La retribuzione nel lavoro subordinato - 8.2.2.3. La qualificazione del rapporto di lavoro subordinato - 8.2.2.4. Il contratto di lavoro subordinato e i contratti tradizionali - 8.3. Concetti generali di subordi- nazione - 8.3.1. Gli indici della subordinazione - 8.3.1.1. La c.d. subordinazione attenuata - 8.3.2. L’eterodirezione e la collaborazione - 8.3.2.1. Le variazioni interne alla formula del lavoro subordinato - 8.3.3. La rilevanza del nomen iu- ris - 8.3.4. L’oggetto della prestazione - 8.4. Criteri distintivi tra lavoro subordinato e autonomo - 8.5. Il lavoro pa- rasubordinato - 8.5.1. Evoluzione normativa - 8.5.1.1. I requisiti del lavoro subordinato - 8.5.2. La zona «grigia» della parasubordinazione - 8.5.2.1. Rapporto di agenzia e parasubordinazione - 8.5.2.2. Il sistema previdenziale e il lavoro parasubordinato - 8.5.3. Le collaborazioni coordinate e continuative - 8.5.3.1. Gli elementi del contratto - 8.5.3.2. Di- stinzione fra collaborazione coordinata e continuativa e lavoro subordinato - 8.5.3.3. Le xx.xx.xx. nella p.a. - 8.6. Il lavoro a progetto: nozioni generali - 8.6.1. Caratteristiche del contratto - 8.6.1.1. Il trattamento economico -
8.6.1.2. L’estinzione del contratto - 8.6.1.3. Diritti e doveri del lavoratore a progetto - 8.6.2. Il progetto o programma
- 8.6.3. Gli ultimi interventi in materia - 8.6.3.1. Lavoro a progetto e call center - 8.6.4. Gli interpelli in materia di lavoro a progetto.
Legislazione 3, 28 co., 35, 36, 39, 40, 41, 46 Cost. - 1176, 1218, 1223, 1227, 1321, 1322, 1325, 1372, 1376, 1472, 1742,
1746, 1748, 1748, 1750, 2094, 2113, 2116, 2222, 2225, 2238, 2239, 2240 c.c. - 409 c.p.c. - l. 14.7.1959, n. 741 - l.
11.8.1973, n. 533 - d.p.r. 16.10.1984, nn. 882, 883, 884, 885, 886 - d.p.r. 22.12.1986, n. 917 - l. 8.8.1995, n. 335 -
l. 21.12.1999, n. 526 - l. 22.12.2000, n. 422 - d.lg. 30.3.2001, n. 165 - l. 14.2.2003, n. 30 - d.lg. 10.9.2003, n. 276 - circ.
Min. lav. 14.6.2006, n. 17.
Bibliografia Barassi 1915 - Mengoni 1954 - Persiani 1966 - Di Majo 1974 - Viceconte 1981 - Xxxxxxx Xxxxxxxxxx F. 1985
- Ballestrero 1987 - Xxxxxxx Xxxxxxxxxx G. 1989 - Baldi 1992 - Xxxxxxxx 1993 - Xxxxx 1995 - Scorcelli 1995 - Carinci F., Xx Xxxx Xxxxxx, Tosi e Treu 1998 - Grandi 2000 - Ichino 2000 - Xxxxxxxxx 2001 - Ghera 2002 - Xxxxxxxxxxx 2002 - Carabelli 2003 - Di Xxxxx 2003 - Bortone 2004 - Fioretti 2004 - Giuri 2004 - Massi 2004 - Prosperetti G. 2004 - Romei 2004 - Tremante 2005 - De Vico 2006 - Xxxxxx X. e Ratti 2006 - Xxxxxxxx V. 2006 - Strino 2006 - Xxxxxxx 2007 - Moizo 2007 - Xxxxxxxx 2007 - Xxxxxxx 2008 - Grementieri 2009.
8.1. Introduzione.
L’attivita` lavorativa si inquadra all’interno di un rapporto giuridico; sulla base del tipo di relazione che viene a instaurarsi tra presta- tore di lavoro e datore di lavoro, si distingue tra lavoro subordinato e lavoro autonomo. La Costituzione afferma che: «L’Italia e` una Repubblica democratica fondata sul lavoro» e che «la Repubblica riconosce a tutti i citta- dini il diritto al lavoro e promuove le condi- zioni che rendono effettivo questo diritto».
Il lavoro dipendente e` la forma di collabora- zione di maggiore diffusione; oltre il 90 per cento delle collaborazioni sono ancora costi- tuite da attivita` di lavoro dipendente.
Il rapporto di lavoro subordinato costituisce, nell’esperienza socio-economica e giuridica della nostra era, il modello fondamentale del- la prestazione di lavoro per altri e l’oggetto, ed il limite di applicazione, della complessa ed articolata normativa in cui consiste il di- ritto del lavoro.
Ma il lavoro personale, o prevalentemente ta-
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le, dell’uomo puo` realizzarsi attraverso tipi contrattuali in cui il prestatore conserva la li- berta` di iniziativa e di gestione della propria attivita`.
Si solleva allora il problema, di stabilire i con- fini del lavoro subordinato, e dell’applicazio- ne del diritto del lavoro, verso l’area dei con- tratti di lavoro autonomo.
La nozione di lavoro, cos`ı intesa, appartiene
alla realta` socio-economica poiche´ nel vigen- te ordinamento non campeggia una figura generale di lavoro giuridicamente rilevante.
E` prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impre- sa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore
(art. 2094 c.c.).
Il lavoro subordinato e` il tipico lavoro che in- tercorre tra l’imprenditore e i suoi collabora- xxxx, e si contraddistingue per il carattere della subordinazione, con i seguenti caratteri di: prestazione; posizione di dipendenza; ri- schio del risultato e` a carico dell’imprendito- re; il lavoratore si avvale dell’organizzazione produttiva; retribuzione.
Si ha lavoro autonomo quando un persona si
obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalen- temente proprio e senza vincoli di subordi- nazione nei confronti del committente.
Il lavoratore autonomo svolge la propria attivita` con piena discrezionalita` riguardo al tempo, al luogo e alle modalita` di presta- zione.
Lavoro subordinato e parasubordinato, lavo- ro autonomo e collaborazioni a carattere continuativo o saltuario: sono molteplici le forme con cui un’attivita` lavorativa puo` esse- re resa, ed i confini tra le stesse non sono sempre facili da tracciare, pur essendo di estremo rilievo.
Infatti, per ognuna delle varie tipologie, trova
applicazione una disciplina differente, sia sul piano normativo che fiscale.
Sulla base di tali considerazioni e delle varie tipologie contrattuali in essere, nel prosie- guo della trattazione avremo modo di esami- nare i vari aspetti del lavoro subordinato, an- che alla luce della giurisprudenza e della dot- trina in materia, al fine di evidenziarne le dif- ferenze rispetto ad altri tipi di contratti pre- senti nel nostro ordinamento.
Concentrando l’attenzione sull’aspetto nor- mativo, la difficolta` di distinguere in modo preciso le diverse tipologie di lavoro dipende da una scelta del legislatore, che non ha rite- nuto di specificare in modo analitico i tratti distintivi delle stesse.
Il codice civile, che costituisce la principale fonte normativa al riguardo, si limita a quali- ficare in modo abbastanza generico le due principali categorie, ovvero quelle del lavoro subordinato e del lavoro autonomo.
Cosı`, l’art. 2094 c.c. definisce lavoratore su- bordinato «come colui che si impegna, a fronte di una retribuzione, a prestare il pro- prio lavoro alle dipendenze e sotto la direzio- ne dell’imprenditore», senza ulteriori specifi- cazioni.
Si ha, invece, un contratto d’opera, ai sensi dell’art. 2222 c.c., e quindi una prestazione di lavoro autonomo, quando ci si obbliga a rendere in prima persona un’opera o un ser- vizio con lavoro prevalentemente proprio, ma «senza vincolo di subordinazione nei con- fronti del committente».
Si tratta di definizioni di carattere generale. Peraltro, e` del tutto estranea alla normativa codicistica la nozione di collaborazione coor- dinata e continuativa, talora qualificata dalla dottrina come «parasubordinazione», in virtu` della prossimita` al lavoro subordinato, ma da ricondursi alla piu` generale categoria del la- voro autonomo.
Un modo realistico di approccio alla conoscenza del concetto di subordinazione puo` consistere
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.1
nella considerazione analitica degli elementi che ne compongono la figura, ovvero il lavoro e il vincolo della subordinazione
(Xxxxxxx 2008, 6).
Come e` noto, e come e` opinione largamente accreditata, l’art. 2094 c.c., e` privo sostan- zialmente di una reale valenza discretiva, ta- le cioe` da orientare l’interprete in maniera netta circa la natura autonoma o subordinata di un rapporto.
La particolare connotazione del codice civile, dovuta certamente alla influenza di fattori stori- ci contingenti ed alla contaminazione con la ideologia corporativa, ha indotto dottrina e giu- risprudenza ad una faticosa opera di supplenza nello sforzo di determinare dei criteri atti a co- gliere gli elementi tipici della subordinazione e ad orientare l’operatore nella miriade di casi pratici che possono via via presentarsi, dando vi- ta ad una pluralita` di posizioni dottrinali e giuri- sprudenziali
(Romei 2004, 507).
Un importante elemento, che caratterizza la tipologia di rapporto di lavoro subordinato, e` rappresentato dalla natura della prestazio- ne in quanto le energie lavorative del sogget- to sono impiegate sotto la direzione dell’im- prenditore, o di un suo preposto, che ne frui- sce con poteri (costanti) d’intervento.
Viene considerato lavoratore autonomo co- lui il quale si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con la- voro prevalentemente proprio e senza vin- colo di subordinazione nei confronti del committente.
Detta cosı`, la differenza sembra essere di fa-
cile ed inequivocabile individuazione, ma nei fatti – e lo testimoniano le tante sentenze emesse dalla stessa Corte di Cassazione – la realta` e` ben diversa!
La giurisprudenza ritiene che sussista la su- bordinazione quando e` possibile accertare l’esistenza di un vincolo personale di sogge- zione del lavoratore al potere direttivo, orga- nizzativo e disciplinare del datore di lavoro;
potere che si esercita attraverso ordini speci- fici e un’assidua attivita` di vigilanza e con- trollo, sull’esecuzione della prestazione.
L’esistenza di tali vincoli puo` anche prevedere, pero`, un certo grado d’autonomia, iniziativa e di- screzionalita` nell’espletamento delle mansioni affidate al lavoratore.
Un altro importante elemento, ai fini di una cor- retta qualificazione del rapporto di lavoro, e` rap- presentato anche dal fatto che la prestazione la- vorativa venga stabilmente, e non occasional- mente, eseguita nell’ambito della struttura orga- nizzativa dell’impresa
(Fioretti 2004).
A conferma, pero`, delle difficolta` esistenti in tema di corretta qualificazione dei rapporti di lavoro, riteniamo opportuno riportare due casi molto significativi:
– pronunciandosi sulla qualificazione del rap- porto di lavoro come autonomo o subordinato tra il titolare di un ristorante ed un cameriere che prestava la sua opera nei fine settimana, la Cassazione (10077/2000) sembro` aver ri- conosciuto importanza marginale al requisito della continuita` della prestazione.
Infatti, dal dispositivo della sentenza si evin- ce che:
Non sono la scarsita` o saltuarieta` delle presta- zioni rese che permettono di qualificare come non subordinato il rapporto di lavoro, bens`ı la soggezione del lavoratore al potere organizzati- vo e disciplinare del datore di lavoro; potere che rimane sempre presente nella misura ridot- ta al periodo in cui le prestazioni vengono rese (Cass. 1.8.2000, n. 10077, cit. in Frascarelli 2004, 36).
La continuita` della prestazione lavorativa ve- niva, quindi, degradata a criterio comple- mentare o semplice indizio dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato;
– il Tribunale di Firenze (14.4.2003) ha ne- gato natura subordinata alle prestazioni lavo- rative rese da un cameriere, argomentando che le stesse erano state eseguite saltuaria- mente nei periodi d’alta stagione, in occasio- ne di banchetti, ricevimenti ecc. e che il lavo-
8.1 Cap. VIII
xxxxxx era libero di rifiutare le chiamate che gli venivano offerte, e che spesso, di fatto, le aveva rifiutate.
In sintesi, alla luce delle diverse sentenze (di
merito e di legittimita`), in presenza di situa- zioni che rendono difficile il puntuale accer- tamento dell’esistenza della c.d. eterodire- zione (potere direttivo, disciplinare ed orga- nizzativo) da parte del datore di lavoro, si puo` parlare, abbastanza concretamente, di rapporto di lavoro subordinato quando si e` alla presenza d’indici di riferimento cc.dd. sussidiari, quali:
– la continuita` della prestazione;
– l’inserimento del lavoratore nella organiz- zazione aziendale;
– la collaborazione.
Ulteriori indici sussidiari che – non presenta- no una «valenza autonoma» sufficiente a qualificare la esatta tipologia del rapporto di lavoro – possono svolgere il ruolo di raffor- zare quelli di cui ai punti 1, 2 e 3, sono rap- presentati:
– dall’osservanza di un orario predetermina- to;
– dalla corresponsione, a cadenze fisse, di una retribuzione prefissata;
– dalla direzione dell’attivita` lavorativa da
parte del datore di lavoro o di un suo prepo- sto;
– dall’assenza di «rischio d’impresa» da parte del lavoratore.
Tutto questo anche se, all’atto della stipula del contratto di lavoro, entrambe le parti (datore di lavoro e lavoratore) avessero dichiarato di vo- ler instaurare un rapporto di lavoro non rien- trante nella tipologia del lavoro subordinato.
A questo riguardo, e` opportuno riportare anche che, secondo una scuola di pensiero c.d. «ultra- liberista», un notevole rilievo, ai fini dell’esatta qualificazione del rapporto di lavoro, dovrebbe essere riconosciuto alla volonta` dichiarata dai due contraenti all’atto della stipula del contratto di lavoro
(Fioretti 2004).
Relativamente alla parasubordinazione, ge- nericamente definita dall’art. 409, 38 co., c.p.c., che fa riferimento a
rapporti di agenzia, di rappresentanza commer- ciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continua- tiva e coordinata, prevalentemente personale anche se non a carattere subordinato
(art. 409, 38 co., c.p.c.),
e` opportuno evidenziare che, anche qui, con- siderata la sostanziale indeterminatezza del- la categoria in discussione e le difficolta` rela- tive alla sua precisa ed inequivocabile identi- ficazione, solo grazie al contributo della giu- risprudenza (di merito e di legittimita`) si e` pervenuti, attraverso numerosissime senten- ze, alla individuazione di alcuni requisiti es- senziali ai fini della sua esatta qualificazione. Tali requisiti sono rappresentati:
– dalla prevalente personalita`: nel senso che nella prestazione lavorativa e` preminente l’o- pera di un solo soggetto;
– dalla continuita`: nel senso che la prestazio- ne lavorativa dura nel tempo, con esclusione, quindi, delle attivita` di tipo occasionale;
– dal coordinamento: nel senso della connes- sione tra le direttive impartite dal commit- tente e l’autonomia professionale del lavora- tore.
Qualche esempio di attivita` lavorative ricon-
ducibili al c.d. lavoro parasubordinato: rap- porto tra gestore dell’impianto stradale per la distribuzione del carburante ed il proprie- tario dell’impianto; apporto tra medico ed ASL in regime di convenzione.
Anche il lavoratore parasubordinato, al pari di quello svolgente attivita` di tipo autonomo, puo` avere una pluralita` di committenti.
Nel prosieguo di tale trattazione verranno esaminati i singoli aspetti del rapporto di la- voro subordinato, al fine di evidenziarne le differenze con il lavoro autonomo, fino ad ar- rivare al c.d. terzo elemento del lavoro c.d.
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.2
parasubordinato, alla luce della dottrina e giurisprudenza in materia.
8.2. Il lavoro subordinato: il codice del 1865.
Nel diritto romano, dal quale il nostro diritto trae origine, il rapporto di collaborazione di- pendente risulta inserito nel contratto di opere e cioe`, una serie ripetuta di attivita` (che differisce dal contratto di opera che e` l’accordo con cui una parte si impegna a pro- durre un bene o a fornire un servizio prede- finito).
Tali considerazioni sono preliminari per la individuazione della reale natura del rappor- to di lavoro dipendente rispetto a qualunque altro rapporto di collaborazione o attivita`. Nel codice civile del 1865 il rapporto di lavo- ro subordinato, cos`ı come oggi inteso, non era regolamentato, ma era di fatto disciplina- to secondo lo schema della locazione.
Tale codice del 1865 non parlava esplicita- mente, in relazione al contratto in generale, di contratti a prestazioni corrispettive bensı` dava una definizione all’art. 1099 di contrat- to bilaterale (distinto dal contratto unilatera- le), nel quale «i contraenti si obbligano reci- procamente gli uni verso gli altri».
L’art. 1099 esigeva che i contraenti si obbli- gassero reciprocamente ma, in realta`, xxxxxx- xxxx, per la configurazione del contratto stesso, solo l’esistenza di una pluralita` di ob- bligazioni da questo nascenti e ripartite tra i contraenti.
Gli interpreti dell’abrogato codice ravvisava- no nella bilateralita` di cui all’art. 1099 un si- nonimo di sinallagmaticita` ed affermavano che, perche´ un contratto fosse classificato come bilaterale necessitava di due requisiti:
– la produzione di obbligazioni;
– la reciprocita` tra le obbligazioni medesime, nel senso che, oltre ad essere legate da un
xxxxx di interdipendenza, trovassero l’una nell’altra la loro ragione.
Il contratto di lavoro subordinato in partico- lare non trovava una specifica ed organica regolamentazione nel codice del 1865 in quanto non era riconosciuta la connessione istituzionale tra impresa e lavoro.
Era disciplinata in generale la locazione delle opere che ricomprendeva la locatio operis (lavoro autonomo) e la locatio operarum (lavoro subordinato).
L’art. 1570 sanciva che: «La locazione delle opere e` un contratto per cui una delle parti si obbliga a fare per l’altra una cosa mediante la pattuita mercede».
L’art. 1627 distingueva tre specie di locazioni d’opere e d’industria, includendovi «quella per cui le persone obbligano la propria opera all’altrui servizio».
L’art. 1628, infine, enunciava il principio per cui l’obbligo di prestare la propria attivita` al- l’altrui servizio deve essere temporaneo «o per una determinata impresa».
La collocazione da parte del legislatore del contratto di lavoro subordinato nella catego- ria della locatio operarum era legata alle dottrine e alle teorie connesse alle situazioni socio-economiche e politiche del tempo che delineavano lo scenario del codice preunita- rio e che portavano gli interpreti ad intrave- dere nel rapporto di lavoro subordinato un contratto a prestazioni corrispettive posto nella categoria dei contratti sinallagmatici.
Una parte della dottrina affermava che la collo- cazione del contratto di lavoro nell’ambito dei contratti sinallagmatici non fosse soddisfacente ed era eccessiva in quanto non si giustificavano gli inconvenienti relativi ai vincoli di liberta` con- trattuale individuale e collettiva; perche´ la corri- spettivita` biunivoca non garantiva l’utilita` della prestazione di lavoro
(Barassi 1915, 83).
Nel diritto romano, la locatio operarum in- dicava un particolare tipo di «concessione
8.2 Cap. VIII
in godimento» (locazione) in cui un soggetto (locatore) metteva a disposizione di un’altra persona (conduttore) i propri servizi contro pagamento di un corrispettivo.
Caratteristica della locatio operarum era la
«subordinazione» del locatore alle direttive del datore di lavoro.
Alla contrapposizione tra la locatio opera- rum e quella operis si riconduce ancor og- gi, la distinzione, nell’ambito dei rapporti di lavoro, tra lavoro subordinato e lavoro auto- nomo.
La locatio operis e` un istituto del diritto ro- mano caratterizzato dal lavoro, da parte di un soggetto (c.d. artifex), di trasformazione su materie prime in beni di utilita` per il loca- tore, contro pagamento di un corrispettivo. Alla locatio operis viene ricondotta la nozio- ne di «lavoro autonomo».
La distinzione tra locatio operis et opera- rum aveva rilievo al fine di stabilire una di- versa imputazione e ripartizione del rischio derivante dalla mancata realizzazione lavora- tiva.
L’impossibilita` sopravvenuta per effetto del caso fortuito o della forza maggiore impediti- vi dell’esecuzione della prestazione e, quindi, incidenti sulla perdita totale o parziale del corrispettivo da parte del lavoratore era, se- condo la dottrina, sempre sopportato dal la- voratore; si seguiva, cioe`, la regola dei con- tratti di scambio secondo cui casum sentit debitor: il debitore era esonerato dall’obbli- go di eseguire la prestazione divenuta impos- sibile, ma perdeva il diritto alla contropresta- zione. Nel caso in cui la impossibilita` della prestazione lavorativa dipendeva dal datore di lavoro e rendeva impossibile la continua- zione del lavoro stesso ad una sezione o par- te dell’impresa, e il lavoratore potesse dire che era prontissimo al lavoro, sussisteva il di- ritto alla mercede da parte del capo dell’a- zienda.
Nel caso in cui, invece, l’impedimento sorge- va nella persona del lavoratore, questi dove- va subirne la conseguenze anche in mancan- za di colpa propria.
Nel caso in cui, infine, si fossero verificati eventi di caso fortuito e forza maggiore, ci sarebbe stato bisogno di invocare il principio di proporzionalita` e corrispettivita` e di appli- care l’art. 1578 c.c. del 1865 secondo cui «la distruzione della cosa locata non lascia vivo il contratto, ma da` il diritto a ritenerlo estinto, cessato quindi il diritto al prezzo, o almeno diminuito».
L’orientamento seguito era giusto anche se le conclusioni non erano sempre condivisibili ed i risultati erano scarsamente incisivi.
Il modo di interpretare i contratti di lavoro sub`ı, poi, una decisiva virata con l’entrata in vigore del codice civile del 1942 e di alcu- ne leggi speciali.
Classificare il contratto di lavoro subordinato come contratto sinallagmatico era piu` un re- siduato storico del tempo che una effettiva realta` attuale di regolamentazione del con- tratto stesso, del rapporto di lavoro e, in par- ticolare, dell’obbligazione retributiva.
Altro elemento che veniva rilevato da Barassi 1915, 83 era la «regula iuris che sovrasta ogni altra e che sarebbe al riparo da deroghe o eccezioni».
Tale regola era quella della
corrispondenza biunivoca tra retribuzione e la- voro effettivo, per cui se il lavoratore non ha la- vorato, quale che sia stata la causa, la retribuzio- ne non gli spetta: potranno spettargli indennita` sostitutive e risarcitorie della retribuzione man- cata, non questa, pero`
(Barassi 1915, 83).
Dunque, principio giuridico del rapporto di lavoro era quello per cui in ogni caso la retri- buzione dovesse seguire alla prestazione di lavoro effettivo.
La qualificazione del contratto bilaterale o si- nallagmatico stava a significare che:
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.2
– le due obbligazioni si fondevano insieme legate dal principio della buona fede;
– secondo il suddetto principio se una pre- stazione «fosse caduta» l’altra non avrebbe dovuto essere eseguita;
– le due prestazioni andavano eseguite si-
multaneamente.
Il codice del 1865 consacrava, quindi, quale eredita` della non troppo lontana Rivoluzione francese, il principio di liberta`, in virtu` del quale nessuna attivita` puo` essere prestata per un tempo indeterminato.
Partendo da quanto previsto dal codice, si distinse quale criterio per individuare il rap- porto di lavoro subordinato, fra locatio ope- rarum, in cui il soggetto si obbliga a presta- re semplicemente la propria attivita`, e loca- tio operis, in cui un soggetto si obbliga a ga- rantire un dato risultato.
La prima forma di locazione disciplinava il la- voro subordinato, laddove la seconda disci- plinava il lavoro autonomo.
La ricostruzione del rapporto di lavoro su-
bordinato secondo il modello della locatio operarum comporto` una ripartizione dei ri- schi dell’utilita` del lavoro e dell’impossibilita` del lavoro.
Il primo dei suddetti rischi (c.d. commodum obligationis) e` quello che incide sull’utilita` sca- turente dalla prestazione di lavoro e dipende dalla difficolta` – sotto il profilo tecnico-economi- co – del risultato (xxx.xxxxxxxxxxxxxxxx.xx/XXXXXX/xxxxxx- autonomo-subordinato.asp).
Il rischio dell’impossibilita` del lavoro (c.d. periculum obligationis) e` connesso al so- pravvenuto verificarsi del caso fortuito o del- la forza maggiore che impediscano lo svolgi- mento della prestazione lavorativa.
Per quel che concerne la ripartizione del ri- schio dell’utilita` del lavoro esso si ricollega alla variabilita` del rendimento delle energie prestate dal soggetto, che comporta un’in-
certezza dell’entita` del risultato derivante dall’attivita` lavorativa.
Tale rischio e` ripartito in modo diverso nella locatio operis e nella locatio operarum, in quanto nella prima e` posto per intero a cari- co del locatore-lavoratore autonomo, che de- ve assicurare il conseguimento di un dato ri- sultato (c.d. opus perfectum), sopportando i costi necessari.
Nella locatio operarum, invece, tale risulta- to e` a carico del conduttore-datore, limitan- dosi il lavoratore a prestare la propria attivita` lavorativa.
Il rischio dell’impossibilita` e`, invece, discipli- nato in modo eguale in entrambe le forme di locatio, in virtu` del principio in base al quale casum sentit debitor.
In base a tale principio il debitore la cui pre- stazione sia divenuta impossibile e` liberato dall’obbligo di eseguirla, ma non ha diritto a conseguire la controprestazione.
La collocazione da parte del legislatore del contratto di lavoro subordinato nella catego- ria della locatio operarum era legata alle dottrine e alle teorie connesse alle situazioni socio-economiche e politiche del tempo che delineavano lo scenario del codice preunita- rio e che portavano gli interpreti ad intrave- dere nel rapporto di lavoro subordinato un contratto a prestazioni corrispettive posto nella categoria dei contratti sinallagmatici. Principio giuridico del rapporto di lavoro era quello per cui in ogni caso la retribuzione do- vesse seguire alla prestazione di lavoro effet- tivo.
La qualificazione del contratto bilaterale o si- nallagmatico stava a significare che: le due obbligazioni si fondevano insieme legate dal principio della buona fede; secondo il sud- detto principio se una prestazione «fosse ca- duta» l’altra non avrebbe dovuto essere ese- guita; le due prestazioni andavano eseguite simultaneamente.
8.2.1 Cap. VIII
8.2.1. La fase della legislazione sociale.
Con l’affermarsi muta il modo di considerare il modello della fase c.d. di legislazione socia- le, che costituisce la prima fase del diritto del lavoro, di rapporto di lavoro subordinato. In particolare, si passa dall’approccio di tipo formale del codice civile del 1865, il quale enfatizzava l’oggetto del contratto, con la contrapposizione delle energie lavorative al risultato, ad un approccio di tipo sostanziale, il quale si concentra sulla dipendenza del prestatore di lavoro dal datore di lavoro, e topografico, basato sull’inserimento nella fabbrica del lavoratore.
Alla fine dell’Ottocento la giurisprudenza, in
particolare quella dei probiviri, aggiunse, quale ulteriore elemento atto a distinguere il rapporto di lavoro autonomo e subordina- to, la disponibilita` del tempo del lavoratore da parte del datore di lavoro, evidenziando che l’inserimento e la dipendenza costitui- scono solo le modalita` mediante le quali il datore di lavoro decide di impiegare il tempo del lavoratore.
Parte consistente della dottrina ha utilizzato, al fine di distinguere tra rapporto di lavoro autonomo e subordinato, la ripartizione tra obbligazioni di mezzi e di risultato, classifica- zione elaborata originariamente in Francia e ripresa in Italia con riferimento alla teoria generale delle obbligazioni.
Con il termine di obbligazioni di mezzo si in- dicano le obbligazioni in cui il debitore e` te- nuto a svolgere una determinata attivita` a prescindere dal conseguimento o meno di un dato risultato.
Con il termine di obbligazioni di risultato, de- finite anche obbligazioni generali di pruden- za e di diligenza, si fa riferimento alle obbli- gazioni in cui il debitore deve assicurare un dato risultato a prescindere dalle modalita` di svolgimento di una certa attivita`.
La distinzione fra i suddetti tipi di obbliga- zione si riflette sul contenuto della prestazio- ne e, quindi, sul regime della responsabilita`. Cio` in quanto, nelle obbligazioni di mezzo la prestazione prescinde dall’esito dell’attivita` posta in essere dal debitore, con la conse- guenza che la prestazione e` esattamente adempiuta quando l’attivita` e` svolta dal debi- tore nel modo dovuto.
Nelle obbligazioni di risultato, invece, e` que-
st’ultimo che deve essere assicurato e che costituisce, quindi, quanto dovuto dal debi- tore.
Il mancato conseguimento del risultato com- porta l’inadempimento del debitore a pre- scindere dalla prova del comportamento dili- gente da questi tenuto.
Secondo la teoria delle obbligazioni di mezzo e risultato, il lavoro autonomo costituisce una tipica obbligazione di risultato, mentre il lavoro subordinato rappresenta un’ipotesi di obbligazione di mezzi.
8.2.1.1. Il principio del fa or prestatoris.
Il c.d. favor prestatoris puo` essere definito, in prima evidenza, come un principio riferibi- le a tutte le disposizioni di legge, derogabili solo in favore del lavoratore, che disciplinano il trattamento economico e normativo del rapporto di lavoro, le quali garantiscono al soggetto una tutela minima.
Xxxx trova giustificazione nella posizione di debolezza contrattuale del lavoratore nei confronti del datore di lavoro, dovuta ad una piu` generale situazione d’inferiorita` so-
cio-economica del primo rispetto al secondo. E` considerato anche come principio generale
di diritto integrante le fattispecie ove sia ri- masta dubbia la volonta` del legislatore.
Da quanto sopra esposto, emerge che costi- tuiscono fondamenti del principio in oggetto:
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.2.2
a) la tendenza dell’ordinamento a porre ri- medio al particolare stato in cui si trova il la- voratore nei confronti del datore di lavoro;
b) la preoccupazione di dare una risposta al problema della liberta` del prestatore di xxxx- xx, nell’adempimento della sua obbligazione, riguardo ai poteri organizzativi e direttivi dell’imprenditore;
c) l’esigenza di prevedere un trattamento mi- nimo di garanzia inderogabile a favore del soggetto piu` debole;
d) impedire che l’autonomia delle parti, pri- vate e collettive, si svolga in contrasto con i punti precedenti.
Queste problematiche trovano, in primis, risposta negli artt. 3, 28 co., 35, 36, 39, 40, 41 e 46 Cost., i quali fungono da direttive precise per l’attivita` del legislatore.
L’art. 35 informa tutta la regolamentazione costituzionale.
L’art. 3, 28 co., considera il criterio del favore sotto un profilo dinamico volto al persegui- mento dei fini dello Stato.
In quest’ottica, la caratteristica posizione di diseguaglianza del lavoratore, sia economica, sia inerente ai piu` stretti profili della sua per- sonalita` (incolumita` fisica, liberta`, dignita` morale ecc.), deve essere rimossa per poter realizzare il bene comune.
L’attuazione dell’art. 3 avviene in diversi modi:
a) con l’imposizione di limiti: e` cio` che acca-
de nell’art. 41 quando si afferma che l’attivita` economica privata non puo` svolgersi in con- trasto con l’utilita` sociale o in modo da com- promettere la sicurezza, la liberta` e la dignita` umana;
b) attraverso l’eliminazione di aspetti d’ine- guaglianza: tale operazione avviene sia in modo diretto (art. 36, e` questa una norma imperativa e di garanzia minima per il lavora- tore, artt. 37, 51, 18 e 38 co., e 52, 28 co.), sia indirettamente (artt. 39 e 40);
c) ovvero con disposizioni concernenti diret- tamente la struttura del rapporto di lavoro: mi riferisco alla c.d. cogestione di cui all’art. 46 della Carta fondamentale.
E` evidente che la ratio comune delle norme
costituzionali citate e` quella di ottenere una tutela unilaterale a favore del lavoratore in modo da eliminare gli ostacoli che, di fatto, ne impediscono il pieno sviluppo della perso- nalita`; si tratta, certamente, di una ratio ine- rente ad un interesse pubblico.
Col conforto di quanto esposto, si puo` quindi
affermare che il favor e` un istituto dinamico che pervade di se´ il fondamento, l’interpreta- zione e l’evoluzione del diritto del lavoro, ma anche dell’intero ordinamento e, di conse- guenza, del diritto tributario.
8.2.2. Il codice civile del 1942.
Il lavoro subordinato, che oggi ricomprende sia l’operaio che il manager, e` l’evoluzione del lavoro servile previsto dal codice civile del 1865, che riprende il codice napoleonico del 1804.
Solo con il codice del 1942, attualmente in vigore, si arriva a modificare in un unico isti- tuto, ovvero il contratto di lavoro subordina- to, il lavoro intellettuale con il lavoro manua- le «alle dipendenze e sotto la direzione del- l’imprenditore».
Il codice vigente non ha riprodotto la dispo- sizione dell’art. 1099 del codice preunitario, ne´ fa alcun cenno alla distinzione tra contrat- ti bilaterali e contratti unilaterali.
Un riferimento c’e` in relazione ai contratti a prestazioni corrispettive, che rappresentano una categoria diversa rispetto a quella dei contratti bilaterali.
Nel codice civile il legislatore ha ripreso dalla legislazione speciale in materia di impiego privato il concetto di collaborazione per defi- nire quello di subordinazione.
8.2.2 Cap. VIII
Nell’ordinamento italiano il rapporto di la- voro e` il rapporto giuridico che ha origine dal contratto di lavoro ed e` caratterizzato da molteplici situazioni giuridiche, di cui due obbligazioni principali: l’obbligazione in capo al datore di lavoro della retribuzione e l’obbligazione in capo al lavoratore della pre- stazione lavorativa.
Il rapporto di lavoro subordinato, come gia`
accennato, e` disciplinato dall’art. 2094 c.c., il quale dispone che
e` prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impre- sa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore
(art. 2094 c.c.).
Tale contratto di lavoro ha le seguenti carat- teristiche:
– tipico (disciplinato dal codice civile);
– consensuale (si perfeziona con il consenso delle parti);
– ad effetti obbligatori (produce obbligazio- ni);
– non solenne (lettera d’assunzione e` un
mezzo di prova);
– a titolo oneroso (produce un onere per le parti);
– a prestazioni corrispettive (prestazioni a carico di entrambe le parti);
– di durata (non istantaneo);
– non aleatorio (il rischio non e` l’elemento essenziale);
– bilaterale;
– per adesione (non c’e` la possibilita` di fare una controproposta).
Carattere distintivo del rapporto di lavoro di- pendente e` la subordinazione, intesa come posi- zione tecnico-gerarchica in cui si trova il lavora- tore in correlazione a un potere direttivo del da- tore di lavoro che inerisce all’intrinseco svolgi- mento delle sue prestazioni, mentre assumono valore sussidiario gli altri elementi la cui presen- za concreta normalmente una fattispecie di la- voro subordinato, quale l’inserimento continua-
tivo e sistematico del lavoratore, il vincolo di orario per l’esecuzione della prestazione, la cor- responsione di una retribuzione fissa e la stessa utilizzazione a opera delle parti contraenti di un determinato nomen iuris
(Pret. Milano 30.12.1995, Xx, 0000, 428).
Per rapporto di lavoro subordinato si inten- de, quindi, l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo, e discipli- nato dal datore di lavoro e dai collaboratori che da lui gerarchicamente dipendono.
Ne consegue che manifestazione tipica del vincolo della subordinazione e` l’inserimento del lavoratore nella struttura organizzativa aziendale.
La qualificazione di un rapporto di lavoro co- me subordinato e` molto importante in quan- to al lavoratore subordinato spettano tutele e diritti molto ampi rispetto ai lavoratori autonomi o parasubordinati (ad esempio: unicamente ai lavori subordinati e` accordata una ampia tutela in tema di licenziamento). Il contratto di lavoro subordinato tipico, cioe` il contratto di riferimento per la disciplina delle altre tipologie di lavoro subordinato (contratto a tempo determinato, a tempo parziale, apprendistato, contratto di forma- zione e lavoro, contratto di prestazioni di la- voro temporaneo, lavoro a domicilio), e` il contratto a tempo indeterminato e a tempo pieno.
Questo contratto non richiede una forma
particolare, anche se normalmente viene sti- pulato per iscritto.
Ad esso si ricollega la nascita di alcuni diritti ed obblighi sia nei confronti del lavoratore che del datore di lavoro.
Nella carta costituzionale laddove i principi economici, politici, sociali e giuridici trovano un punto d’incontro e di fusione fondamen- tale questa realta` economica trova il suo ri- conoscimento giuridico laddove all’art. 41 Cost. si riconosce che «l’iniziativa economica privata e` libera».
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.2.2
A questo principio basilare di portata assai vasta riteniamo di rifarci anche noi in questo breve studio per trovarvi il fondamento della distinzione per cos`ı dire genetica tra i due istituti del lavoro autonomo e di quello su- bordinato.
L’ordinamento giuridico lascia l’imprenditore libero di avvalersi o dello strumento del lavo- ro subordinato o dello strumento del lavoro autonomo a seconda della sua convenienza e del suo insindacabile giudizio ed anche, d’altra parte, il lavoratore di fare liberamente una scelta corrispondente.
Le parti fatte le valutazioni del caso dopo una trattativa faranno la loro scelta; quindi e` alla
«volonta`» delle parti che occorre guardare per comprendere se le stesse hanno scelto l’uno o l’altro strumento per regolare i loro rapporti (Pret. Milano 22.11.1979, OGL, 1980, 35).
Non e` tanto al tipo di attivita` svolto o al ri- schio e alla sua incidenza o le singole moda- lita` del rapporto che occorre guardare, ma piuttosto alla volonta` delle parti contenuta nel negozio giuridico.
La stessa attivita` potra` essere oggetto tanto di un rapporto di lavoro subordinato quanto di un rapporto di lavoro autonomo (p. es. l’attivita` di un medico, di un legale, ecc.)
(Mengoni 1954, 185).
Xxxx` opera dell’interprete individuare la vera volonta` delle parti tenendo peraltro presente vuoi la possibilita` di una simulazione delle parti stesse vuoi quella di un negozio in frode alla legge.
Al di la` del nomen iuris del negozio l’interprete deve guardare alla effettiva natura ed al reale contenuto del rapporto che e` stato messo in es- sere
(Cass. 22.3.1979, n. 1667, MGL, 1980, 476).
Ed a questo punto si rende necessario appro- fondire la diversa struttura dei due istituti.
Essi sono regolati da due norme ben distinte: l’art. 2094 definisce il prestatore di lavoro subor- dinato «chi si obbliga mediante retribuzione a
collaborare nell’impresa, prestando il proprio la- voro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore», l’art. 2222 definisce il lavoratore autonomo la «perso- na che si obbliga a compiere verso un corrispet- tivo un’opera o un servizio con lavoro prevalen- temente proprio e senza vincolo di subordina- zione nei confronti del committente».
Questo e` quanto sta nel diritto positivo (Viceconte 1981, 2190).
Tuttavia una parte notevole e non di poco peso della dottrina e della giurisprudenza sulla scia di una tradizione interpretativa che affonda le radici nel diritto romano, e forse trovando un aggancio nella rubrica e nella lettera dell’art. 2222 («Contratto d’ope- ra») continua a fondare la distinzione tra i due contratti sulla diversa natura dell’ogget- to della prestazione: l’opus perfectum,
ossia il «risultato» dell’attivita` del lavoratore autonomo, e la messa a disposizione delle «mere energie lavorative» nel caso del lavoratore su- bordinato
(Cass. 23.3.1979, n. 1691, MGL, 1980, 477).
Xxxxx a confronto i due articoli, il 2094 e il 2222 c.c., rivelano l’elemento differenziatore sostanziale: nel primo leggiamo che e` presta- tore di lavoro subordinato chi si obbliga a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore, nel secondo leggiamo che e` lavoratore autonomo chi si obbliga a com- piere un’opera o un servizio senza vincolo di subordinazione.
Subordinato e alle dipendenze e sotto la di- rezione dell’imprenditore il primo; senza vincolo di subordinazione il secondo.
E` quindi a questo elemento della subordina-
xxxxx che occorre guardare per avere l’ele- mento discriminatore.
Il nodo a cui ruota, quindi, il concetto di dif- ferenziazione tra lavoro subordinato e auto- nomo e` proprio il concetto di subordinazio- ne, che andremo ad esaminare infra, in que- sto Cap., § 8.2.2.1.
8.2.2 Cap. VIII
L’art. 2094 c.c. viene visto come una confer- ma della causa contrattuale tipica prima indi- viduata, quella cioe`, di uno
scambio tra lavoro e retribuzione vincolato alla reciprocita`, per cui l’obbligazione e la prestazio- ne di una parte e` in funzione dell’obbligazione e della prestazione dell’altra
(Xxxxxxx Xxxxxxxxxx F. 1985, 152).
Si stabilisce cosı` che il contratto di lavoro e` contratto oneroso di scambio.
Questo implica che si ha un sinallagma gene- tico, nel senso che ad una corrispettivita` del- le obbligazioni corrisponde una corrispettivi- ta` delle prestazioni.
Il fondamento della corrispettivita` e` stato piu` o meno riportato dai principi relativi ai con- tratti di lavoro ed in particolare nell’art. 2094 c.c. del 1942.
L’unico dubbio che si pone e` in relazione alla
regola della postnumerazione secondo la quale la corresponsione della retribuzione sia solo a lavoro eseguito o, comunque, de- corso il termine entro il quale la prestazione avrebbe dovuto essere eseguita.
Tale regola, pero`, avrebbe finito con disco-
starsi dalla regola dei contratti a titolo onero- so, secondo la quale le due prestazioni vanno eseguite simultaneamente.
Questo criterio della postnumerazione sa- rebbe giustificato dal principio di proporzio- nalita` e troverebbe la propria origine nella prassi, essendo legata al tempo dell’adempi- mento dell’obbligazione datoriale.
Il tempo del lavoro conferma la inscindibilita`
del binomio scambio (utile per il datore di la- voro)-corrispettivita`.
E l’interesse del lavoratore ad essere retri- buito ed inquadrato anche per i risvolti qua- litativi della prestazione fa delineare uno scambio non solo tra tempo-lavoro e retribu- zione ma anche tra retribuzione e apporto la- vorativo connotato da una serie di interessi dell’una e dell’altra parte.
Ritornando alla identificazione del contratto di lavoro nella categoria sinallagmatica, pos- siamo affermare che questa considerazione va rimeditata in relazione al significato che assume la corrispettivita` nel diritto dei con- tratti; in relazione alla rispondenza della di- sciplina legislativa e contrattuale dei rappor- ti di lavoro subordinato ed, infine, in relazio- ne alla inutilita` della identificazione stessa verso gli obiettivi per cui e` stata delineata.
Mettere a disposizione del datore di lavoro le proprie energie lavorative e sottostare alle di- sposizioni dei superiori puo` significare l’inseri- mento nell’organizzazione aziendale, cos`ı da configurare un rapporto di lavoro subordinato e non autonomo.
Ogni attivita` umana economicamente rilevante puo` essere oggetto sia di rapporto di lavoro su- bordinato sia di rapporto di lavoro autonomo, a seconda delle modalita` del suo svolgimento, e che l’elemento tipico che contraddistingue il pri- mo dei suddetti tipi di rapporto e` costituito dalla subordinazione, intesa quale «disponibilita` del prestatore nei confronti del datore di lavoro con assoggettamento alle direttive da questo im- partite circa le modalita` di esecuzione dell’attivi- ta` lavorativa, mentre altri elementi, come l’os- servanza di un orario, l’assenza di rischio econo- mico, la forma di retribuzione e la stessa colla- borazione, possono avere, invece, valore indica- tivo ma mai determinante».
In buona sostanza, il lavoro saltuario non esclu- de di per se´ l’esistenza di un rapporto di subor- dinazione
(Cass. 17.9.2008, n. 31388, xxx.xxxxxxx.xxx).
Un altro modo per qualificare il rapporto di lavoro subordinato puo` rilevarsi dall’analisi del potere direttivo del datore di lavoro che si estrinseca in ordini specifici e
per verificare l’esistenza del vincolo di subordi- nazione il giudice puo` anche osservare se il lavo- ratore nell’espletamento del suo lavoro azienda abbia subito una qualche limitazione nella sua autonomia
(Cass. 28.7.2008, n. 2053, MGI, 2008).
Il principio per cui, ai fini della qualificazione di un rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, e` necessario aver riguardo al-
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.2.2.1
l’effettivo contenuto del rapporto stesso, in- dipendentemente dal nomen iuris usato dalle parti, non implica che – specialmente nei casi caratterizzati dalla presenza di ele- menti compatibili con l’uno o con l’altro tipo di rapporto – la dichiarazione di volonta` delle parti stesse in ordine alla fissazione di detto contenuto,
o di un elemento di esso qualificante ai fini della distinzione medesima, debba essere stralciata nell’interpretazione del precetto contrattuale e che non debba tenersi conto del relativo affida- mento delle parti e della disciplina giuridica del rapporto da esse voluta nell’esercizio della loro autonomia contrattuale.
Cosı`, allorche´, nel regolare i loro reciproci inte- ressi, abbiano dichiarato di voler escludere l’ele- mento della subordinazione, non si puo` perveni- re a una diversa qualificazione del rapporto, se non si dimostra che in concreto tale elemento si sia di fatto realizzato nello svolgimento del rapporto medesimo
(App. Roma 23.8.2005, LG, 2006, 709).
Ai fini della qualificazione del rapporto di la- voro come subordinato o autonomo, il crite- rio del nomen iuris adottato dalle parti non ha valore prevalente,
dovendo la qualificazione medesima desumersi, oltre che dal dato formale, dalle concrete mo- dalita` della prestazione e di attuazione del rap- porto
(Cass. 20.5.2002, n. 7310, FI, 2003, I, 1148).
Ai fini della qualificazione del rapporto di la- voro come autonomo o subordinato deve far- si riferimento al concreto atteggiarsi del rap- porto stesso e alle sue specifiche modalita` di svolgimento, potendo il richiamo alla iniziale volonta` delle parti, cristallizzatasi nella reda- zione del contratto di lavoro,
valere come elemento di valutazione ai fini del- l’identificazione della natura del rapporto solo se ed in quanto le concrete modalita` di svolgi- mento dello stesso lascino margini di ambiguita` e/o incertezze
(Cass. 9.6.2000, n. 7931, OGL, 2000, 663).
8.2.2.1. Le caratteristiche del contratto di lavoro subordinato.
Come gia` accennato in precedenza, il con- tratto di lavoro subordinato ha le seguenti caratteristiche, ovvero quelle di essere un contratto tipico, cioe` disciplinato dal codice civile; consensuale, in quanto si perfeziona con il consenso delle parti; ad effetti obbliga- tori, perche´ produce obbligazioni; non solen- ne, la lettera d’assunzione e` un mezzo di pro- va; a titolo oneroso, ossia produce un onere per le parti; a prestazioni corrispettive, cioe` prestazioni a carico di entrambe le parti.
Ancora il contratto e` di durata (non istanta- neo) e non aleatorio, in quanto il rischio non e` l’elemento essenziale; infine, bilaterale e per adesione, ovvero non c’e` la possibilita` di fare una controproposta.
Vediamo brevemente, ai fini di una migliore comprensione dell’argomento in oggetto tali caratteristiche.
Con il termine contratto tipico si intende far riferimento a uno schema contrattuale previ- sto espressamente dall’ordinamento giuridi- co, la cui disciplina e` dettata dal codice o da una legge speciale.
Lo schema negoziale del contratto tipico, per come previsto dalla legge, ha carattere di- spositivo rispetto alla volonta` delle parti.
In altri termini, le regole che compongono la disciplina del singolo contratto tipico si ap- plicano, se le parti, nell’ambito della loro autonomia contrattuale, non ne hanno previ- ste di diverse.
In alcuni casi tuttavia, sono previste, all’in- terno delle discipline dei singoli contratti, delle norme imperative che sono inderogabi- li, ovvero non modificabili dalle parti.
La causa del contratto deve essere verificata in concreto: se difetta, il contratto puo` essere di- chiarato nullo, nonostante sia inquadrabile in uno dei tipi previsti dalla legge
(Cass. 8.5.2006, n. 10490, xxx.xxxxxxx.xxx,
2006).
8.2.2.1 Cap. VIII
I contratti consensuali sono quei contratti che si perfezionano con il consenso delle parti.
Costituiscono la grande maggioranza dei contratti previsti dall’ordinamento italiano; inoltre, essendo i contratti reali rigorosa- mente tipici, tutti i contratti atipici sono da considerarsi consensuali.
Si parla di contratto ad effetti obbliga-
xxxx per mettere in evidenza l’attitudine del contratto a creare rapporti di obbliga- zione, a prescindere da eventuali ulteriori effetti reali che possano determinarsi in ba- se ad esso.
In base all’art. 1173 c.c. il contratto e` fonte di
obbligazioni; stando a tale norma, quindi, tutti i contratti hanno un’efficacia obbligato- ria di base, cui puo` aggiungersi un’efficacia reale se sono integrati i requisiti di cui all’art. 1376 c.c.
Il contratto a titolo oneroso e` un accordo
nel quale al sacrificio patrimoniale che una parte compie eseguendo la prestazione, cor- risponde un vantaggio patrimoniale che la stessa parte consegue ricevendo la presta- zione della controparte.
I contratti a prestazioni corrispettive sono caratterizzati dal fatto che:
– il contratto genera due attribuzioni patri-
moniali contrapposte;
– tra le due prestazioni si stabilisce uno spe- ciale nesso di corrispettivita` (sinallagma) che consiste nella interdipendenza fra esse per cui ciascuna parte non e` tenuta alla pro- pria prestazione se non e` effettuata anche la prestazione dell’altra parte.
Nei contratti a prestazioni corrispettive i doveri di correttezza, di buona fede e di diligenza – di cui agli art. 1337, 1338, 1374, 1375 e 1175 c.c.
– si estendono anche alle cosiddette obbligazio- ni collaterali di protezione, di informazione, di collaborazione, che presuppongono e richiedono una capacita` discretiva ed una disponibilita` coo-
perativa dell’imprenditore nell’esercizio della sua professione e, quindi, nel tenere conto delle motivazioni della controparte all’acquisto.
Detti doveri ed obblighi impongono che l’im- prenditore, anzitutto, si preoccupi dell’esatta specificazione delle caratteristiche del bene compravenduto al momento della conclusione del contratto, rispondendo anche della negligen- za dei propri agenti al riguardo, ed, in secondo luogo, che, nel caso la necessaria specificazione fosse stata omessa, ne faccia richiesta all’acqui- rente prima di provvedere alla propria prestazio- ne, astenendosi dal consegnare beni di una spe- cie qualunque fra quelli appartenenti al genus prodotto o commerciato, diversamente renden- dosi inadempiente alle indicate obbligazioni ac- cessorie, che si pongono come precondizioni dell’obbligazione principale, e gia` solo per que- sto legittimando l’eccezione ex art. 1460 c.c. (Cass. 11.11.2000, n. 14865, xxx.xxxxxx.xx, sez.
I giurisprudenza, 295).
Il contratto di lavoro subordinato rappresen- ta lo strumento attraverso il quale un sogget- to, il datore di lavoro, si procura la collabora- zione di un altro soggetto, il lavoratore, al fi- ne di soddisfare l’interesse al coordinamento o organizzazione dell’attivita` dello stesso, in vista del risultato ulteriore dell’organizzazio- ne di lavoro nel suo complesso considerata e quindi quello della produzione.
Per quel che riguarda l’oggetto dell’obbliga- zione di lavoro, questa ricomprende sia il comportamento dovuto sia il risultato atteso.
Cio` vuol dire che il comportamento solutorio del debitore e` necessario e sufficiente a soddisfare l’interesse del creditore, in quanto produttivo del risultato atteso. Inoltre con riferimento al contratto di lavoro, il risultato atteso non va identificato con il risultato materiale della pre- stazione, la cui variabilita` o imprevedibilita` al momento della conclusione del contratto, ren- derebbe indeterminato l’oggetto dell’obbligazio- ne, bensı` nel predetto coordinamento
(Persiani 1966, 264).
Secondo tale costruzione, la soddisfazione dell’interesse al coordinamento dell’attivita` lavorativa del singolo prestatore, avverrebbe attraverso l’adozione di uno schema contrat- tuale, in base al quale il datore e` creditore ri-
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.2.2.1
spetto al prestatore di lavoro di un obbliga- zione, cioe` quella di effettuare la prestazione convenuta nel rispetto del potere direttivo, con la diligenza dovuta e con l’osservanza dell’obbligo di fedelta`.
Ed e` in base a tale obbligo che il lavoratore si impegna al coordinamento e alla cooperazio- ne, necessari affinche´ il datore possa godere di quella collaborazione che il c.c. menziona nell’art. 2094.
Quindi, nella collaborazione viene rappresentato anche il valore volitivo richiesto al lavoratore nell’adempimento, valore essenziale a causa del coinvolgimento della persona dello stesso nella prestazione
(Carabelli 2003, 6).
Quindi, sulla base di tale orientamento l’or- ganizzazione del lavoro non preesiste al con- tratto di lavoro ma si costituisce grazie a questo.
Anzi tale contratto puo` essere definito, non
solo come un contratto di scambio ma anche di organizzazione, in grado di assicurare al datore il risultato del coordinamento e orga- nizzazione di lavoro nel suo complesso.
Ed e` proprio l’interesse a tale risultato che
costituisce il termine di riferimento dell’atti- vita` dovuta, anche se questo rimane fuori dal rapporto di lavoro visto che non deve essere soddisfatto solo dal singolo lavoratore.
Tale visione rappresenta pero`, un modello collaborativo di adesione all’altrui program- ma organizzativo, che puo` corrispondere ad un assetto di interessi tipico di un’epoca piu` antica, ma non e` detto che possa valere in assoluto, soprattutto alla luce dell’evolu- zione dei rapporti di produzione, in base alla quale l’impegno di cooperazione dovrebbe essere reciproco, dovrebbe quindi gravare su entrambe le parti e non solo sul debitore di lavoro.
La critica piu` significativa a tale tesi, mette in
luce l’inadeguatezza, sia dell’identificazione del coordinamento con il risultato tipico atte-
so dal creditore, visto che si tratta di un ele- mento privo di autonomia, sia della pretesa di far gravare sul lavoratore il risultato dell’orga- nizzazione complessiva del lavoro, tenuto conto che la singola prestazione lavorativa in- teressa direttamente solo una porzione ri- stretta dell’organizzazione produttiva.
Viene inoltre criticata l’attribuzione all’obbli- go di fedelta` della funzione di assicurare la spinta del lavoratore verso la cooperazione.
Altri autori, accostandosi alla prima tesi, indivi- duano nella collaborazione lo scopo specifico e tipico dell’obbligazione che grava sul lavoratore, ma anche l’aspetto caratterizzante della causa del contratto di lavoro subordinato, che resta comunque una causa di scambio retribuzione/ collaborazione
(Ghera 2002, 66).
Quindi, il risultato della collaborazione, e` la funzione stessa del contratto di lavoro subor- dinato, senza la mediazione dell’obbligo di fedelta`.
La collaborazione e`, dunque, l’obbligo principale del lavoratore, a differenza della prima tesi, do- ve si ha una vera e propria esaltazione dell’obbli- go di fedelta`, grazie al quale xxxx` possibile rea- lizzare il risultato atteso dal datore, cioe`, l’orga- nizzazione del lavoro del singolo, costituita dal contratto; mentre l’organizzazione complessiva del lavoro e` un interesse esterno che pero` si ri- flette sull’attivita` dovuta
(Persiani 1966, 265).
Un’ulteriore posizione e` quella di chi ravvisa il fondamento della collaborazione del lavo- ratore nella diligenza, di cui all’art. 2104, 18 co., c.c., sostenendo che, la valutazione del comportamento del lavoratore, deve avveni- re con riguardo alla complessita` dell’attivita` da svolgere nell’organizzazione, ed alla possi- bilita` di integrare in questa, il comportamen- to del lavoratore.
Infatti la diligenza e` una specificazione dell’ob- bligazione lavorativa, in quanto concorre a indi- viduare il contenuto della prestazione di lavoro (Carinci F., De Xxxx Xxxxxx, Tosi e Treu 1998, 238).
8.2.2.2 Cap. VIII
8.2.2.2. La retribuzione nel lavoro subordinato.
La corresponsione della retribuzione e` l’ob- bligazione principale a carico del datore di lavoro, in posizione di corrispettivita` con la prestazione del lavoro da parte del lavo- ratore.
La Costituzione, nell’art. 36, fissa – data l’e- norme importanza che riveste l’argomento sul piano sociale – i principi basilari che re- golano la retribuzione. Questa, infatti, dovra` essere proporzionata alla quantita` e alla qua- lita` di lavoro e sufficiente ad assicurare al la- voratore ed alla sua famiglia un’esistenza li- bera e dignitosa.
Lo stesso articolo prevede, inoltre, la possi- bilita` che i contratti collettivi e quelli indivi- duali differenzino le varie posizioni retributi- ve, salvo quanto disposto dall’art. 37 Cost. ri- guardo il lavoro femminile e minorile.
Un’ulteriore norma sulla retribuzione e` data
dall’art. 16 l. 20.5.1970, n. 300, che vieta al datore di lavoro di concedere trattamenti economici collettivi piu` favorevoli in relazio- ne all’appartenenza dei lavoratori ad associa- zioni sindacali, alla loro partecipazione a scioperi o, infine, a motivi religiosi, razziali, di sesso o di lingua.
La retribuzione corrisposta al lavoratore e`
formata da un insieme di elementi o voci re- tributive il cui importo viene determinato in molteplici sedi:
– in sede di contratto collettivo nazionale, in cui vengono fissati i livelli di base delle prin- cipali voci retributive, il minimo tabellare, gli scatti di anzianita`, il premio di partecipazio- ne e le varie indennita`;
– in sede di contrattazione collettiva azien- dale, dove viene rivista in termini migliorativi per i dipendenti la disciplina di alcuni ele- menti concordati precedentemente in sede
nazionale o vengono previste nuove voci re- tributive aventi valore per la singola azienda;
– in sede di contratti individuali, dove la re- tribuzione puo` essere influenzata da accordi individuali tra il datore di lavoro e il singolo lavorante o da atti di liberalita` del datore di lavoro.
La retribuzione lorda di competenza del la- voratore e` formata dalla somma dell’importo delle varie voci retributive e costituisce il va- lore di riferimento per il calcolo dei contribu- ti sociali e della ritenuta fiscale a carico del dipendente.
L’importo effettivamente percepito dal di- pendente e` quindi diverso dalla retribuzione lorda; la retribuzione netta e` formata dalla retribuzione lorda depurata dei contributi sociali e del prelievo fiscale; il netto in busta e` pari alla retribuzione netta diminuita di eventuali detrazioni a carico del lavoratore e maggiorata dell’eventuale assegno per il nucleo famigliare.
Quando si parla di retribuzione, generalmen- te si intende il compenso della prestazione lavorativa del dipendente.
Tuttavia la definizione di retribuzione, nel nostro ordinamento, non e` ricavabile ne´ dal codice civile, ne´ dalla Costituzione, percio` una simile carenza legislativa ha suscitato numerosi problemi.
Il problema principale, affrontato ampiamente dalla dottrina e dalla giurisprudenza, e` stato quello di costruire una nozione giuridica di retri- buzione, comprensiva di tutte le voci che la ca- ratterizzano
(Xxxxxxxx 1993, 3).
Leggendo l’art. 2094 c.c. e l’art. 46 t.u.i.r. ri- salta immediatamente la rilevante similarita` tra le due norme.
Questa circostanza, oltre a porre problemi di coordinamento, richiede un esame, sia pur sintetico, dell’elaborazione civilistica.
A norma dell’art. 49 d.p.r. 22.12.1986, n. 917, t.u.i.r., sono redditi di lavoro dipendente
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.2.2.2
quelli che derivano da rapporti aventi per og- getto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri, compreso il lavoro a domicilio quan- do sia considerato tale in base alle norme sulla legislazione del lavoro. Inoltre, costitui- scono, altresı`, redditi di lavoro dipendente:
– le pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati;
– le somme di cui all’art. 429, ult. co., c.p.c.: si tratta degli interessi su crediti di lavoro e delle somme dovute per rivalutazione mone- taria.
Come ricordato dalla circ. min. 23.12.1997,
n. 326, gli elementi definitori del reddito di lavoro dipendente sono stati mutuati dall’art. 2094 c.c., che qualifica prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga, mediante retribu- zione, a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’impren- ditore.
Il legislatore tributario, quando ha definito il reddito di lavoro dipendente, si e` limitato a mutuare il contenuto dell’art. 2094 c.c., sen- za tuttavia citarlo espressamente: secondo l’interpretazione ministeriale richiamata, cio` significa che possono essere qualificati red- diti di lavoro dipendente tutti quelli che de- rivano da un rapporto in cui oggettivamente sia possibile individuare un prestatore di la- voro dipendente.
A tal fine, i requisiti oggettivi devono essere ricercati esclusivamente nella circostanza che un soggetto offra la propria prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipen- denze e sotto la direzione di altri.
Generalmente i lavoratori dipendenti si di- stinguono in dirigenti, quadri, impiegati e operai: tale elencazione non e` tuttavia tassa- tiva e, quindi, possono essere inquadrati fra i lavoratori dipendenti anche quei soggetti che, pur non assumendo nessuna di tali qua-
lifiche, prestano la loro attivita` di lavoro in posizione di dipendenza e sotto la direzione di altri.
La locuzione «alle dipendenze e sotto la dire- zione di altri» utilizzata dal legislatore tribu- tario permette di distinguere il lavoro dipen- dente da quello autonomo ai fini dell’inqua- dramento fiscale del reddito prodotto.
La posizione di subordinazione, per ragioni di organizzazione e divisione del lavoro, rive- stita dal lavoratore dipendente lo distingue dal soggetto lavoratore autonomo che ha compiti e responsabilita` direttive nell’ambito di una determinata attivita`.
Elemento caratterizzante della dipendenza e`, dunque, la circostanza che il dipendente fornisce la propria prestazione di lavoro:
– nel luogo indicato dal datore di lavoro;
– negli orari da questo individuati;
– attraverso l’utilizzo di strumenti o compo- nenti di capitale forniti dallo stesso datore di lavoro e seguendo le prescrizioni tecniche di questo.
La situazione di dipendenza del lavoratore deriva dal suo inserimento in una organizza- zione di lavoro: fa cioe` parte di un sistema in cui agisce privo di autonomia per quanto ri- guarda l’apporto dei mezzi propri e nel quale ogni aspetto della produzione, che non con- sista nel prestare le proprie energie lavorati- ve, materiali o intellettuali, non lo coinvolge direttamente.
L’art. 51, 18 co., t.u.i.r. stabilisce che:
Il reddito di lavoro dipendente e` costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro
(art. 51, 18 co., d.p.r. 22.12.1986, n. 917).
La norma del t.u.i.r. contiene il principio di omnicomprensivita` del reddito di lavoro di- pendente, considerando quindi tassabile ogni somma o valore (intendendo con tale espressione la quantificazione dei beni e
8.2.2.2 Cap. VIII
dei servizi) in genere percepito a qualsiasi ti- tolo dal lavoratore in relazione al rapporto di lavoro. Il principio non trova applicazione, ovviamente, nei casi in cui le somme perce- pite dal dipendente siano erogate per esclu- sivo interesse del datore di lavoro.
A questo proposito, la citata circ. min. 23.12.1997, n. 326 contiene un’elencazione, meramente esemplificativa, delle somme e dei valori che sono soggetti ad imposizione, in quanto riconducibili al rapporto di lavoro; piu` precisamente, si tratta di:
– stipendi, salari, superminimi, guadagni di cottimo e indennita` di mancato cottimo, pen- sioni e ogni tipo di trattamenti accessori, quali straordinari, mensilita` aggiuntive, grati- fiche natalizie e pasquali, e tutti quei com- pensi comunque denominati che adempiono la funzione delle mensilita` aggiuntive e delle gratifiche e premi corrisposti una tantum e quelli periodici, come, ad esempio, gratifiche annuali di bilancio, premi trimestrali, seme- strali e annuali, compensi incentivanti, com- pensi in natura, erogazioni liberali, in denaro e in natura;
– indennita` comunque denominate, ivi com-
prese quelle di trasferta, sia pure con i limiti piu` avanti esaminati, per ferie non godute, di cassa o di maneggio di denaro, di residenza e alloggio, di vestiario e rappresentanza, per lavori nocivi e pericolosi, sostitutiva del ser- vizio di trasporto, integrativa speciale dei di- pendenti pubblici, di contingenza, nonche´ tutte quelle connesse alle peculiari modalita` di svolgimento della prestazione come quelle relative alla sede disagiata, al rischio, al luo- go sempre variabile e diverso dell’attivita` o al volo o navigazione o ai trasferimenti della se- de di lavoro seppure nei limiti previsti;
– assegni di sede e altre indennita` percepite per i servizi prestati all’estero;
– somme e valori percepiti sotto forma di partecipazione agli utili;
– rimborsi di spese, con esclusione soltanto di quanto disposto a proposito delle trasferte e dei trasferimenti.
Si ritiene possano essere esclusi da imposi- zione quei rimborsi che riguardano spese, di- verse da quelle sostenute per produrre il reddito, di competenza del datore di lavoro anticipate dal dipendente per snellezza ope- rativa, ad esempio per l’acquisto di beni stru- mentali di piccolo valore, quali la carta della fotocopia o della stampante, le pile della cal- colatrice;
– mance nella integrale misura corrisposta, salvo che per i croupier, per i quali e` previ- sta la riduzione della base imponibile del 25%, ai sensi dell’art. 51, 28 co., lett. l), t.u.i.r.; decimi di senseria corrisposti al per- sonale delle agenzie marittime; premi perce- piti per operazioni a premio organizzate dal datore di lavoro o da altri per suo conto: sul punto, con risoluzione 27.7.2005, n. 101/E, l’Amministrazione finanziaria ha rite- nuto che, pur in assenza di qualsiasi accordo o convenzione con il datore di lavoro, ai pre- mi erogati da soggetto terzo, nell’ambito di operazioni a premio riconducibili al rapporto di lavoro, deve essere applicata una ritenuta a titolo di acconto secondo le modalita` indi- viduate dall’art. 23 d.p.r. 29.9.1973, n. 600, e non anche una ritenuta a titolo di imposta prevista per le operazioni a premio di cui al successivo art. 30 d.p.r. 29.9.1973, n. 600;
– gli interessi e la rivalutazione su crediti di
lavoro.
Per effetto dell’art. 3, 38 co., lett. d), t.u.i.r., restano invece esclusi da imposizione gli as- segni familiari e l’assegno per il nucleo fami- liare, nonche´, con gli stessi limiti e alle stesse condizioni, gli emolumenti per carichi di fa- miglia comunque denominati, erogati nei ca- si consentiti dalla legge.
La circ. min. 23.12.1997, n. 326 ha inoltre precisato che i redditi di lavoro dipendente
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.2.2.3
vanno determinati al netto delle somme trat- tenute in relazione ad astensioni dal lavoro per «sciopero».
Nei commi successivi al primo, l’art. 51
t.u.i.r. formula alcune deroghe al principio generale della omnicomprensivita` indivi- duando una serie di ipotesi in cui risulta esclusa, in tutto o in parte, la rilevanza red- dituale per il dipendente di determinate fat- tispecie.
Inoltre, vengono anche esplicitate le modali- ta` di determinazione dei compensi in natura che concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente secondo specifici criteri.
Sono state difatti stabilite specifiche dero- ghe al principio della totale tassabilita`, indi- viduando alcuni componenti che non concor- rono a formare il reddito o vi concorrono sol- tanto in parte.
In merito alle previsioni in cui e` stabilito che
alcune somme o valori concorrono a formare il reddito soltanto per la parte eccedente un importo complessivo predeterminato ovvero che concorrono interamente se il loro am- montare supera una soglia determinata, la circ. min. 23.12.1997, n. 326 ricorda come ta- li limiti sono stabiliti con riferimento al sin- golo dipendente e all’intero periodo d’impo- sta.
Non deve quindi essere operato nessun rag- guaglio quando il rapporto di lavoro ha dura- ta inferiore al periodo d’imposta.
Infatti, in caso di interruzione del rapporto stesso prima della fine del periodo d’imposta, il datore di lavoro e` tenuto ad attestare di- stintamente i singoli importi che non hanno concorso a formare il reddito: il dipendente che inizia un altro rapporto di lavoro nel cor- so dello stesso periodo d’imposta (e, quindi, eventualmente, il sostituto che effettuera` il conguaglio di fine anno) puo` cos`ı calcolare correttamente le soglie complessivamente a propria disposizione nel periodo d’imposta.
Tra fratello e sorella puo` essere costituito un rapporto di lavoro subordinato, anche se per al- cuni anni non sia stata richiesta la retribuzione (Cass. 14.2.2008, n. 3769, www.legge-e-giusti-
xxx.xx, 2008).
8.2.2.3. La qualificazione del rapporto di lavoro subordinato.
Il rapporto di lavoro subordinato si caratte- rizza per il fatto che il lavoratore si pone alle dipendenze di un datore di lavoro, impe- gnandosi a fornire la propria prestazione la- vorativa in cambio di una retribuzione.
Cio` che permettere di identificare un rappor-
to di lavoro come subordinato e` il vincolo di subordinazione che lega il lavoratore con il datore di lavoro: questo implica che nello svolgimento della propria attivita` il lavorato- re deve seguire le istruzioni impartite dal da- tore di lavoro o dai soggetti da questo auto- rizzati all’organizzazione e al controllo del la- voro (i cc.dd. preposti).
Vi sono anche altri aspetti del rapporto che servono per distinguere un rapporto di lavo- ro subordinato, quali: lo svolgimento della prestazione lavorativa presso l’azienda del datore di lavoro, l’obbligo di osservare un orario fisso, la continuita` del rapporto, la predeterminazione di un compenso costante, la mancanza del rischio d’impresa.
La qualificazione di un rapporto di lavoro co- me subordinato e` molto importante in quan- to al lavoratore subordinato spettano tutele e diritti molto ampi rispetto ai lavoratori autonomi o parasubordinati (ad esempio: unicamente ai lavori subordinati e` accordata una ampia tutela in tema di licenziamento). Il contratto di lavoro subordinato tipico, cioe` il contratto di riferimento per la disciplina delle altre tipologie di lavoro subordinato (contratto a tempo determinato, a tempo parziale, apprendistato, contratto di forma- zione e lavoro, contratto di prestazioni di la-
8.2.2.4 Cap. VIII
voro temporaneo, lavoro a domicilio), e` il contratto a tempo indeterminato e a tempo pieno.
Questo contratto non richiede una forma particolare, anche se normalmente viene sti- pulato per iscritto.
Ad esso si ricollega la nascita di alcuni diritti ed obblighi sia nei confronti del lavoratore che del datore di lavoro.
8.2.2.4. Il contratto di lavoro subordinato e i contratti tradizionali.
Il contratto di lavoro subordinato e` l’accordo con il quale il lavoratore si impegna a presta- re la propria attivita` lavorativa all’interno dell’organizzazione produttiva del datore di lavoro, che e` tenuto a pagare la retribuzione. Dalla conclusione del contratto derivano al- cuni obblighi previsti espressamente dalla legge in capo a ciascuna delle due parti: ad esempio, il lavoratore e` tenuto ad osservare le direttive del datore per lo svolgimento del lavoro, mentre il datore di lavoro e` obbli- gato, oltre che a pagare la retribuzione, a ga- rantire la sicurezza nell’ambiente di lavoro. Il contratto di lavoro subordinato puo` essere concluso sia oralmente che in forma scritta. In alcuni casi pero` la forma scritta e` obbliga- toria, come per il part-time e il contratto a tempo determinato.
Secondo le disposizione del d.lg. 26.5.1997,
n. 152 il datore di lavoro e` tenuto a fornire al lavoratore in forma scritta alcune informa- zioni sul contenuto del contratto, anche nel caso in cui sia stato stipulato verbalmente. Si tratta, in particolare, delle informazioni ri- guardanti il luogo e l’orario di lavoro, la dura- ta del contratto (se e` a tempo determinato), le mansioni assegnate al lavoratore e il con- seguente inquadramento, l’importo della re- tribuzione, la durata delle ferie, ecc.
Tutte queste notizie devono essere fornite al
lavoratore tramite la lettera di assunzione oppure in un altro documento scritto, che deve essere consegnato entro trenta giorni dalla data dell’assunzione.
Una delle clausole piu` comuni del contratto
di lavoro e` il patto di prova.
Con il patto in esame, datore di lavoro e lavo- ratore stabiliscono che per un determinato periodo di tempo ciascuno dei due contraen- ti potra` recedere dal contratto senza neces- sita` di motivazione e senza dover dare il preavviso.
La durata del patto di prova, generalmente, viene prevista dai contratti collettivi, ma, in ogni caso, secondo la legge, non puo` supera- re i sei mesi.
Il patto di prova, inoltre, deve essere stipula- to in forma scritta prima dell’inizio del rap- porto di lavoro, pena la nullita`; il datore di la- voro non potra` cioe` licenziare il lavoratore senza motivo, ma dovra` rispettare la discipli- na dei licenziamenti individuali.
Quando si parla di contratto di lavoro subor- dinato si intende generalmente un contratto a tempo indeterminato, che non prevede quindi una scadenza, e a tempo pieno.
Il mercato del lavoro prevede in realta` sva-
riate forme contrattuali che vediamo di se- guito.
Apprendistato: L’istituto dell’apprendista- to e` un rapporto di lavoro nel quale l’impren- ditore e` tenuto a impartire e/o far impartire l’addestramento necessario perche´ il lavora- tore possa conseguire la capacita` tecnica per diventare lavoratore qualificato.
Inserimento lavorativo: Il contratto di in- serimento lavorativo sostituisce, a seguito della c.d. riforma Biagi, il contratto di forma- zione e lavoro.
Tempo determinato: Il contratto di lavoro a termine puo` essere stipulato quando vi sia- no ragioni di ordine tecnico, produttivo, or- ganizzativo o sostitutivo, che richiedono un
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.3
incremento di manodopera per un periodo di tempo limitato.
Tempo parziale: Il contratto di lavoro a tempo parziale prevede un orario inferiore rispetto a quello normale indicato dalla legge o dal contratto collettivo.
Lavoro ripartito: Il lavoro ripartito, o job sharing, e` uno speciale contratto di lavoro mediante il quale due lavoratori assumono in solido l’adempimento di un’unica ed iden- tica obbligazione lavorativa.
Somministrazione di lavoro: Particolare tipo di contratto di lavoro subordinato che coinvolge tre soggetti: il somministratore, l’utilizzatore e il lavoratore.
Il lavoratore e` assunto dal somministratore, ma viene inviato a svolgere la propria attivita` presso l’utilizzatore (c.d. missione).
Tra somministratore e utilizzatore viene sti- pulato un contratto di fornitura di manodo- pera, che e` un normale contratto commer- ciale.
Il decreto attuativo della l. 14.2.2003, n. 30 ha, tra i suoi obiettivi dichiarati, quello di in- crementare i tassi di occupazione regolare e migliorare la qualita` del lavoro.
Per realizzare questi obiettivi si e` deciso di
intervenire sulle fattispecie di lavoro atipico, contrastando l’abuso di forme improprie di flessibilita` e introducendo nuove forme di la- voro modulato e flessibile.
Lavoro a chiamata: Il lavoro intermittente e` un contratto mediante il quale un lavorato- re si mette a disposizione di un datore di la- voro, che puo` utilizzare la prestazione lavo- rativa quando ne ha effettivo bisogno.
Lavoro a progetto: Il lavoro a progetto so- stituisce la precedente accezione di rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, regolamentandone sia la forma contrattuale che la finalita`.
Lavoro occasionale: La collaborazione oc- casionale e` caratterizzate da un duplice vin-
colo: deve essere di durata complessiva non superiore a 30 giorni nel corso dell’anno so- lare con lo stesso committente e non deve comportare un compenso superiore a cinque mila euro nello stesso anno solare e con lo stesso committente.
8.3. Concetti generali di subordinazione.
L’elemento della subordinazione assume un valore essenziale e consiste in un vincolo personale di assoggettamento gerarchico del lavoratore alle direttive, alla vigilanza, al controllo e al potere disciplinare del dato- re di lavoro.
Occorre precisare che il controllo puo` avve-
nire, anziche´ durante l’esecuzione della pre- stazione, anche in un secondo momento, allo scopo di verificare il rispetto delle direttive impartite.
Il vincolo puo` essere piu` o meno intenso a
seconda della tipologia e della natura delle mansioni, tant’e` che elementi se ne possono riscontrare, in forma attenuata, anche nel contratto d’opera, nell’agenzia e nell’appalto Dottrina e giurisprudenza, trovandosi spesso ad agire in zone grigie di difficile collocazio- ne, rinunciano ad una nozione generale e on- nicomprensiva di subordinazione qualifican- do la fattispecie concreta secondo criteri pratici individuati sia in base alla figura so- cialmente prevalente di lavoratore dipenden- te, sia in base alla normale disciplina del re- lativo rapporto di lavoro.
Tale operazione, di riconduzione di un con- tratto ad un determinato tipo, puo` essere co- s`ı impostata: chiarito che cosa distingue il la- voro subordinato da quello autonomo, occor- re stabilire in concreto se una determinata fattispecie reale sia riconducibile all’uno o al- l’altro tipo di contratto.
8.3 Cap. VIII
A questo proposito si possono distinguere due metodi:
a) il metodo della sussunzione: consiste nello stabilire se nel caso di specie ricorrano o no gli elementi propri della definizione le- gale; «in sostanza si da` prevalenza agli indici di subordinazione» (Cass. 16.1.1981, n. 383,
FI, 1981, I, 680; Cass. 6.12.1986, n. 7286,
GCM, 1986, 2080; Cass. 2.3.1987, n. 2194,
GCM, 1987, 604);
b) il metodo tipologico: consiste nello sta- bilire se il caso di specie sia o no riconduci- bile al tipo normativo che «il legislatore ave- va presente quando detto` la relativa discipli- na» (Carinci F., De Xxxx Xxxxxx, Xxxx e Treu 1998, 25).
Da una ricognizione della dottrina e` facile
notare che quella maggioritaria, in conformi- ta` a quanto gia` affermato, qualifica la subor- dinazione come una situazione giuridica sog- gettiva di vincolo, piuttosto che come una condizione di inferiorita` socio-economica del lavoratore, ovvero di alienita` di quest’ul- timo dai mezzi di produzione.
L’elemento in questione, pur avendo caratte- re di essenzialita` ed indefettibilita`, talvolta concorre con altri a determinare la linea di demarcazione fra le due ipotesi di prestazio- ne lavorativa.
Cio` avviene quando esso e` notevolmente at-
tenuato e sussiste una certa liberta` nell’orga- nizzazione del lavoro.
Gli indicatori sussidiari non sono general- mente dotati di valore autonomo decisivo, ma sono valutabili come meri elementi indi- ziari all’interno di una valutazione globale e approfondita della fattispecie.
Il fenomeno della subordinazione come mo- do d’essere di una obbligazione lavorativa contrattuale, pur non ignoto al diritto roma- no classico, ha incominciato ad assumere un rilievo centrale e quantitativamente predo- minante
nel sistema produttivo soltanto con la rivoluzio- ne industriale; ed e` stato individuato con preci- sione da sociologi, economisti e giuristi come modalita` di organizzazione del lavoro concet- tualmente distinta dalla mera continuativita` del- la prestazione del collaboratore nell’ambito del- l’organizzazione del creditore (locatio opera- rum) soltanto nel xxxxx xxx xxxxxxxxx xxxxxx (Xxxxxx 0000, 45).
Merita di essere menzionata in proposito la teoria secondo la quale all’origine del rappor- to di lavoro subordinato sta la differenza di propensione al rischio dei soggetti del rap- porto stesso: in una situazione di incertezza circa le sopravvenienze che possono influire sulla produttivita` e sulla redditivita` del lavo- ro, il soggetto piu` sicuro dei propri mezzi e capacita` organizzative, piu` informato e piu` propenso al rischio offre al soggetto piu` sprovveduto, piu` timido e insicuro, la garan- zia di un reddito costante, acquisendo in cambio la facolta` di appropriarsi dei risultati del lavoro; instauratosi questo rapporto lato sensu assicurativo, che genera di per se´ l’in- differenza del produttore «assicurato» circa la produttivita` e la redditivita` dell’attivita` svolta, si comprende come questi sia ben di- sposto a concedere la facolta` di organizzare e dirigere il lavoro da lui svolto all’altro pro- duttore: xxxx` infatti soltanto quest’ultimo a soffrire le conseguenze di eventuali errori nella direzione e organizzazione dell’attivita` comune.
La subordinazione, intesa nel senso dell’as-
soggettamento del prestatore al potere diret- tivo e organizzativo del creditore, e` dunque spiegata, secondo questa teoria, come con- seguenza normale – ancorche´ non stretta- mente necessaria – di un rapporto assicurati- vo che si instaura fra il creditore e il debitore della prestazione lavorativa a causa della loro differente propensione al rischio.
Sottolinea invece un altro aspetto economico ri- levante, alla base del rapporto di subordinazio- ne, la teoria che considera tale rapporto come
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.3
una forma di organizzazione del lavoro essen- zialmente finalizzata a un risparmio dei costi di transazione: l’imprenditore, inteso come colui che combina fra loro i fattori produttivi, per evi- tare di dover rinegoziare a ogni passo le modali- ta` di svolgimento delle prestazioni di chi con lui collabora e poterle invece conformare alle esi- genze che via via si presentano, quotidie et sin- gulis momentis, con il puro e semplice eserci- zio unilaterale di un proprio potere direttivo, ne- gozia con il lavoratore una volta per tutte un suo obbligo di obbedienza; cos`ı «un solo contratto si sostituisce a un’intera serie di contratti», che sa- rebbe enormemente piu` costosa
(Xxxxx 1995, 145).
A voler racchiudere in termini sintetici la no- zione giurisprudenziale «classica» di subor- dinazione, puo` dirsi che i suoi elementi costi- tutivi sono rappresentati dalla collaborazione (cioe`, dalla continuita` e professionalita` della prestazione), dalla dipendenza (vale a dire, dall’inserimento del lavoratore nell’organiz- zazione predisposta dall’imprenditore) e, so- xxxxxxxxx, dalla eterodirezione (intesa quale assoggettamento al potere direttivo del dato- re di lavoro nell’esecuzione della prestazio- ne).
In altri termini, si sarebbe in presenza di un rapporto di lavoro subordinato quando l’im- prenditore abbia la possibilita` di disporre delle energie lavorative del prestatore secon- do le mutevoli esigenze di tempo e di luogo proprie dell’organizzazione aziendale e di de- terminarne le concrete modalita` di svolgi- mento con imposizioni di decisioni e istruzio- ni cui il lavoratore e` tenuto ad attenersi.
E` innegabile che anche nel lavoro autonomo
(si pensi ai contratti di appalto, d’opera, di commissione ecc.) competa al committente una facolta` di coordinamento rispetto all’at- tivita` della controparte, ma si assume che in esso tale facolta` e` legata piu` all’indicazio- ne degli obiettivi da raggiungere che non alle concrete modalita` di svolgimento del lavoro, come accade invece nel lavoro subordinato. Per il concetto di subordinazione arriva in
nostro soccorso la giurisprudenza che defini- sce la subordinazione quale «l’assoggetta- mento del lavoratore alle direttive ed alla vi- gilanza del datore di lavoro» (Cass. 12.4.1967, n. 2187, MGL, 1980, 486).
E ancora la giurisprudenza cosı` e` intervenuta
oggetto del contratto di lavoro subordinato e` la prestazione di attivita` lavorativa in regime di collaborazione e di subordinazione con l’effetto dell’inserimento del prestatore di lavoro nell’or- ganizzazione aziendale dell’imprenditore alle di- pendenze e sotto la supremazia gerarchica e tecnico-amministrativa di costui
(Cass. 13.11.1978, n. 5210, MGL, 1980, 96).
Ovviamente la subordinazione in concreto si presentera` in forme piu` o meno intese e piu` o meno attenuate a seconda del tipo di atti- vita` esplicata dal lavoratore. Cosı` sara` certa- mente piu` coinvolgente per i lavoratori svol- genti mansioni a carattere esecutivo e meno per i lavoratori esplicanti mansioni a piu` ele- vato contenuto, quali quelle del medico e del professionista in genere,
anche se nella realta` concreta non mancano for- me di forti condizionamenti dell’imprenditore anche su tali lavoratori e cio` con grave discapito delle stesse regole tecniche e professionali non- che´ deontologiche
(Viceconte 1981, 2195).
Con il codice civile del 1942 si conclude il processo di tipizzazione del rapporto di lavo- ro subordinato e della relativa disciplina spe- ciale.
Alla subordinazione e` affidata la funzione di
contraddistinguere il rapporto tipico oggetto della disciplina speciale di quel diritto.
In particolare e` subordinata, ex art. 2094
c.c., la prestazione che si svolge nell’organiz- zazione del datore di lavoro alle dipendenze e sotto la direzione dello stesso.
In quest’articolo il codice disciplina un rap-
porto che ha caratteristiche anomale data la posizione di supremazia di una delle parti.
8.3 Cap. VIII
Il lavoro subordinato si dice eterodetermina- to poiche´ viene definito dal datore di lavoro. La subordinazione deve consentire non solo la precisa delimitazione della fattispecie tipi- ca rispetto ad altre, aventi pure ad oggetto attivita` in senso lato lavorativa, ma anche la riconduzione ad essa dello specifico rapporto da qualificare.
Proprio per questo si mira a accertare la na- tura qualificata della subordinazione.
Gli elementi tipici della subordinazione sono:
– l’inserimento dell’attivita` lavorativa nell’or- ganizzazione dell’azienda;
– la continuita` temporale della collaborazio- ne e della prestazione;
– l’osservanza di un orario di lavoro rigido e predeterminato;
– il pagamento della retribuzione a scadenze fisse;
– l’assenza per il lavoratore del rischio del ri- sultato della prestazione lavorativa;
– l’assenza in capo al lavoratore di una strut- tura imprenditoriale seppure minima (la pre- stazione lavorativa viene eseguita con mate- riali ed attrezzature proprie del datore di la- voro).
L’elemento caratterizzante il lavoro subordinato e` il vincolo della subordinazione, inteso come in- serimento del lavoratore nell’organizzazione del- l’impresa in via continuativa e sistematica, non- che´ come esercizio di una costante vigilanza del datore di lavoro sull’operato del lavoratore, mentre hanno valore sussidiario altri elementi, quali le modalita` della prestazione, la forma del compenso e l’osservanza di un determinato orario
(Cass. 1.10.1997, n. 9606, Dl, 1998, 472).
Il nomen iuris attribuito dalle parti oppure l’iscrizione del lavoratore nell’albo delle im- prese artigiane o in una gestione previden- ziale separata, come del resto la cadenza e la misura fissa della retribuzione o l’assenza di rischio,
costituiscono elementi meramente sussidiari ai fini dell’accertamento della natura, subordinata
o meno, di un rapporto di lavoro, giacche´ l’ele- mento distintivo del rapporto di lavoro subordi- nato consiste nell’assoggettamento del lavorato- re al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, che si estrinseca in specifiche disposizio- ni, le quali si risolvono nell’inserimento del lavo- ratore nell’organizzazione aziendale. (In applica- zione di tale principio, la S.C. ha cassato la sen- tenza impugnata che aveva negato la subordina- zione di un’impiegata di un servizio di autono- leggio, attribuendo decisiva rilevanza al fatto che parte del compenso fosse commisurata su una percentuale dei corrispettivi pagati dai clienti, omettendo di considerare le precise mansioni espletate, la facolta` della lavoratrice di rifiutare la stipula di contratti di locazione, l’eventuale addebito di responsabilita` per danni derivati da contratti stipulati, nonche´ l’orario di lavoro esattamente pattuito, essendo irrile- vante la facolta` di allontanarsi dai locali dell’im- presa, che e` compatibile con l’esercizio delle prestazioni subordinate)
(Cass. 13.5.2004, n. 9151, LG, 2004, 1163).
Il vincolo della subordinazione non ha tra i suoi tratti caratteristici indefettibili la per- manenza nel tempo dell’obbligo del lavorato- re di tenersi a disposizione del datore di la- voro.
L’elemento decisivo che contraddistingue il rap- porto di lavoro subordinato dal lavoro autonomo e` l’assoggettamento del lavoratore al potere di- rettivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro ed il conseguente inserimento del lavora- tore in modo stabile ed esclusivo nell’organizza- zione aziendale
(Cass. 21.4.2008, n. 21031, xxx.xxxxxxx.xxx,
2009).
Per desumere la subordinazione, oltre ai re- quisiti richiesti dall’art. 2094 c.c., nei casi di mansioni intellettuali o professionali oc- corre fare riferimento «a criteri complemen- tari e sussidiari (...) che, privi ciascuno di va- lore decisivo, possono essere valutati global- mente come indizi probatori della subordina- zione».
Per la Corte la identificazione del rapporto compiuta dalle parti all’atto dell’assunzione puo` essere, ai fini della determinazione, ri- marchevole ma non risolutiva, in quanto la
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.3
collocazione del lavoratore va valutata con riferimento alla specificita` dell’incarico e alle concrete modalita` di attuazione, in coerenza con l’indirizzo valutativo gia` indicato dalla stessa Suprema Corte di Cassazione, a Sezio- ni Unite, nella sentenza 379/1999.
Pertanto la Corte ha ritenuto rilevanti, ai fini della distinzione del rapporto di lavoro subordi- nato da quello autonomo o parasubordinato,
«l’assoggettamento del lavoratore al potere di coordinamento e disciplinare del datore di lavo- ro e il suo inserimento nell’organizzazione azien- dale, attraverso lo svolgimento di controlli da parte del datore di lavoro, funzionali all’esercizio del suo potere direttivo, desunto dall’analisi del sistema retributivo, commisurato alle ore effetti- vamente svolte»
(Cass. 18.3.2004, n. 5508, xxx.xxxxxxxxxxx.xx
2004).
Ai fini dell’accertamento della natura subor- dinata di un rapporto di lavoro, alla stregua del criterio di effettivita`, devono ritenersi prevalenti, sull’assetto formale della obbliga- zione lavorativa concordato ab initio
o modificato in corso di rapporto, le modalita` concrete di esecuzione dello stesso, se sono tali da poter contraddire e vanificare la qualificazio- ne ad esso attribuita dalle parti
(Cass. 13.7.2000, n. 9292, RIDL, 2001, 220).
Ove le parti, nel regolare i loro reciproci inte- ressi, abbiano dichiarato di voler escludere la natura subordinata di un rapporto di lavoro, e` possibile pervenire ad una diversa qualifi- cazione di esso soltanto se si dimostra in concreto l’elemento della subordinazione, in- tesa come vincolo di natura personale,
che assoggetta il prestatore di lavoro al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore, che si deve estrinsecare nella specificazione del- la prestazione lavorativa richiesta in adempimen- to delle obbligazioni assunte dal prestatore me- desimo; subordinazione che deve essere in fatto provata nello svolgimento del rapporto di lavoro (Cass. 22.1.1999, n. 12926, XXXX, 2000, 633).
L’elemento caratterizzante il lavoro subordi- nato e` il vincolo della subordinazione, inteso
come inserimento del lavoratore nell’orga- nizzazione dell’impresa in via continuativa e sistematica,
nonche´ come esercizio di una costante vigilanza del datore di lavoro sull’operato del lavoratore, mentre hanno valore sussidiario altri elementi, quali le modalita` della prestazione, la forma del compenso e l’osservanza di un determinato orario
(Cass. 1.1.1997, n. 9606, Dl, 1998, 472).
Carattere distintivo del rapporto di lavoro di- pendente e` la subordinazione, intesa come posizione tecnico-gerarchica in cui si trova il lavoratore in correlazione a un potere di- rettivo del datore di lavoro che inerisce al- l’intrinseco svolgimento delle sue prestazio- ni, mentre assumono valore sussidiario gli al- tri elementi la cui presenza concreta normal- mente una fattispecie di lavoro subordinato,
quale l’inserimento continuativo e sistematico del lavoratore, il vincolo di orario per l’esecuzio- ne della prestazione, la corresponsione di una retribuzione fissa e la stessa utilizzazione a ope- ra delle parti contraenti di un determinato no- men iuris
(Pret. Milano 30.12. 95, Dl, 1996, 428).
Requisito fondamentale del rapporto di lavo- ro subordinato, ai fini della sua distinzione dal rapporto autonomo, e` il vincolo della su- bordinazione.
L’esistenza di tale vincolo, che consiste per il lavoratore in uno stato di assoggettamento gerarchico e, per il datore di lavoro, nel pote- re di direzione con il consequenziale inseri- mento del lavoratore nella organizzazione aziendale, va concretamente apprezzata con riguardo alla specificita` dell’incarico conferito al lavoratore e al modo della sua at- tuazione,
fermo restando che caratteri della attivita` lavo- rativa, come la continuita`, la rispondenza dei suoi contenuti ai fini propri della impresa, le mo- dalita` di erogazione della retribuzione e la stessa durata dell’attivita` non assumono valore decisi-
8.3 Cap. VIII
vo, essendo compatibili sia con il rapporto di la- voro subordinato che con quello di lavoro auto- nomo o parasubordinato
(Cass. 13.2.2004, n. 2842, AC, 2004, 1467).
Considerando che, secondo una consolidata giurisprudenza, una data attivita` lavorativa puo` essere svolta sia in esecuzione di un rap- porto di lavoro subordinato, che in esecuzio- ne di un lavoro autonomo (ex plurimis: Cass. 10.12.1999, n. 13858, xxx.xxxx.xx), appare rilevante individuare i tratti caratte- rizzanti ciascun tipo di rapporto, per deter- minare la disciplina giuridica volta per volta applicabile.
Tradizionalmente si e` affermato che, a concreta- re il vincolo della subordinazione e` essenziale la sottoposizione del prestatore di lavoro al potere direttivo, organizzativo e gerarchico del datore di lavoro, al quale, in virtu` del legame di natura personale che viene cos`ı a profilarsi, il dipen- dente si trova assoggettato
(Tremante 2005).
Detto assoggettamento e` reso manifesto dai cc.dd. elementi indicatori della subordinazio- ne, individuati dalla giurisprudenza nella con- tinuita` della prestazione, intesa come offerta continuativa nel tempo dell’attivita` lavorativa da parte del prestatore di lavoro; nella perso- nalita` della prestazione; nell’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale, at- traverso la eterodeterminazione dell’orario di lavoro nonche´ del luogo di lavoro; nella ca- denza e nella misura fissa della retribuzione; nell’assenza del rischio di impresa.
Ancorarsi a parametri formalistici equivale a paralizzare la tendenza espansiva del dirit- to del lavoro, che mira ad allontanarsi dalla radicata posizione dottrinaria secondo cui, oggetto di tale branca del diritto, sia il solo rapporto di lavoro subordinato nel settore privato.
Il tema della distinzione fra lavoro dipendente e lavoro autonomo si pone oggi con particolare in- teresse, sia per il moltiplicarsi delle collabora- zioni coordinate e continuative, sia per la nuova
configurazione e disciplina della parasubordina- zione, come prospettata dal decreto di attuazio- ne della cd. riforma «Biagi»
(Tremante 2005).
L’attualita` dell’argomento e` testimoniata da- gli importanti interventi della Corte di Cassa- zione, finalizzati ad orientare la giurispru- denza di merito, la quale, in presenza di una normativa datata, suscettibile di varia in- terpretazione, ha assunto posizioni spesso non in linea con gli indirizzi nomofilattici del- la Suprema Corte.
Tra le ultime pronunce si segnala una sen-
tenza della Cassazione, secondo cui:
Gli elementi che differenziano il lavoro subordi- nato da quello autonomo sono l’assoggettamen- to del lavoratore al potere direttivo e disciplina- re del datore di lavoro, con conseguente limita- zione di autonomia, e l’inserimento nell’organiz- zazione aziendale; la qualificazione del rapporto compiuta dalle parti nella iniziale stipulazione del contratto non e` determinante, stante la ido- neita`, nei rapporti di durata, del comportamento delle parti ad esprimere sia una diversa effettiva volonta` contrattuale, sia una nuova diversa vo- lonta`. Invece, elementi quali l’assenza del ri- schio, l’osservanza di un orario di lavoro e la ca- denza e la misura fissa della retribuzione assu- mono natura meramente sussidiaria e non deci- siva, fermo restando che l’apprezzamento, in concreto, circa la riconducibilita` di determinate prestazioni ad un rapporto di lavoro subordinato o autonomo si risolve in un accertamento di fat- to che, ove adeguatamente e correttamente mo- tivato, in rapporto ad un esatto parametro nor- mativo, e` incensurabile in Cassazione
(Cass. 20.6.2003, n. 9900, xxx.xxxxxx.xx, 2003;
MGC, 2003, 1486; xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx,
2003).
Ancora una volta la Suprema Corte ha affer- mato che l’elemento discriminante il lavoro subordinato da quello autonomo e` rappre- sentato innanzitutto dall’esercizio del potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro nei confronti del dipendente, cosı` come ha ribadito che gli altri elementi tradizional- mente indicati nell’osservanza di un orario di lavoro, nell’assenza di rischio, nella misura
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.3
fissa della retribuzione, hanno decisamente un valore sussidiario.
Perche´ possa rendersi applicabile la discipli-
na protettiva del rapporto di lavoro subordi- nato a fattispecie contrattuali atipiche di sempre piu` diffusa applicazione come il tele- lavoro, il lavoro interinale, il lavoro a xxxxxx- xxx, e le nuove figure di parasubordinazione e` evidente che, detto potere di direzione del- l’imprenditore, debba essere interpretato con crescente elasticita`.
In altri termini, intendere la sottoposizione del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, secondo la concezione tradizio- nale, equivale, oggi, a riservare l’applicazione delle tutele del diritto del lavoro a poche fatti- specie concrete.
Perche´ cio` non avvenga, nell’ottica di una inter- pretazione evolutiva della normativa vigente, e` necessario spostare l’attenzione su altri aspetti della subordinazione, intesa come estrinsecazio- ne di energie lavorative, rese in maniera conti- nuativa, con fedelta` e diligenza, secondo le di- rettive generali del datore, pur all’esterno dell’a- zienda, sempre che vi sia un collegamento fun- zionale tra la prestazione di lavoro e la struttura aziendale.
L’indagine sulla sussistenza o meno del potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro de- ve essere condotta, in maniera piu` o meno pe- netrante, considerando la natura dell’attivita` svolta.
Ed e` altrettanto vero che, nelle fattispecie con- trattuali in cui la soggezione al potere direttivo del datore si presenta in misura piu` attenuata, gli altri elementi indicatori della subordinazione assumono una rilevanza particolare ai fini del- l’inquadramento del rapporto nell’uno o nell’al- tro schema contrattuale
(Tremante 2005).
La Corte di Cassazione e` intervenuta sull’ar- gomento con una di quelle sentenze destina- te a far discutere a lungo gli operatori del di- ritto, affermando chiaramente che non sono sufficienti, ad escludere il vincolo della su- bordinazione del lavoratore a domicilio, l’i- scrizione all’albo delle imprese artigiane del- lo stesso, e l’emissione di fatture per il paga- mento dell’attivita` prestata.
Per quanto concerne il primo aspetto, la Su- prema Corte (Cass., 11.11.2004, n. 21449, RI, 2005, II, 1) ha dichiarato: «ad una iscri- zione formale, priva di valore costitutivo, puo` non corrispondere l’effettiva esplicazio- ne di attivita` lavorativa autonoma»; per quanto riguarda la emissione di fatture, ha precisato, invece, non essere la circostanza decisiva: «potendo tale formalita` essere fina- lizzata proprio alla elusione della normativa legale».
Tanto meno ad escludere «la sussistenza di quella forma di subordinazione attenuata ri- chiesta per il riconoscimento del rapporto di lavoro a domicilio», puo` ritenersi determi- nante, secondo la S.C., la pluralita` di com- mittenti, evenienza che pure potrebbe mina- re il rapporto fiduciario tra le parti.
Con la pronuncia in rassegna la Corte di Cas- sazione ribadisce con fermezza il proprio orientamento secondo il quale:
il lavoratore a domicilio realizza una forma di de- centramento produttivo, in cui l’oggetto della prestazione del lavoratore assume rilievo non gia` come risultato, ma come estrinsecazione di energie lavorative, resa in maniera continuativa all’esterno dell’azienda, e pero` organizzata ed utilizzata in funzione complementare e sostituti- va del lavoro eseguito all’interno di essa e, corre- lativamente, il vincolo di subordinazione viene a configurarsi come inserimento dell’attivita` del la- voratore nel ciclo produttivo aziendale, del quale la prestazione lavorativa da lui resa – pur se in ambienti esterni all’azienda e con mezzi ed at- trezzature proprie del lavoratore stesso ed even- tualmente anche con l’ausilio dei suoi familiari, purche´ conviventi ed a carico – diventa elemento integrativo (c.d. subordinazione tecnica)
(Cass. 11.11.2004, n. 21449, RI, 2005, II, 1).
Concludendo, per accertare la natura autonoma o subordinata del rapporto di lavoro, anche in presenza di un nomen iuris gia` autonomamen- te attribuito dalle parti, diventa necessario veri- ficare la sussistenza del vincolo di subordinazio- ne, alla luce delle concrete modalita` di svolgi- mento dell’attivita` lavorativa, considerando che il grado di subordinazione effettiva varia con il mutare e l’evolversi dei sistemi tradizionali di or- ganizzazione del lavoro, diventando sempre piu`
8.3.1 Cap. VIII
decisivi, ai fini della qualificazione del rapporto, la messa a disposizione del datore delle energie lavorative, ed il collegamento funzionale delle stesse agli obiettivi dell’impresa
(Tremante 2005).
L’assoluzione in sede penale di un datore di lavoro per omesso versamento dei contributi previdenziali non e` di impedimento al giudi- ce civile circa il giudizio relativo al riconosci- mento della subordinazione,
atteso che in tale sede si giudica non sui fatti ma sulla qualificazione giuridica del rapporto (su- bordinato ex art. 2094 c.c. o contratto d’opera ex art. 2222 c.c.)
(Cass. 16.2.2009, n. 3713, xxx.xxxxxxxxx.xx).
L’attivita` lavorativa del socio di una coopera- tiva di produzione e lavoro non e` sempre ri- collegabile al rapporto societario.
Infatti, le parti possono stabilire che le presta- zioni del socio sono espletate nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato piuttosto che in adempimento del contratto sociale
(Cass. 24.2.2009, n. 4415, xxx.xxxxxxxxx.xx).
Con una recente sentenza la Cassazione ha affrontato, di nuovo, il problema della distin- zione tra associazione in partecipazione e la- voro subordinato in questo modo:
1) la possibilita` delle parti di escludere l’as-
sociato dalle perdite. Limitare la divisione ai soli utili «non fa venir meno il carattere aleatorio del contratto, dal momento che, in caso di mancanza di utili, l’apporto lavora- tivo dell’associato e` destinato a rimanere senza compenso».
2) La possibilita` delle parti di legare la parte-
cipazione dell’associato ai ricavi d’impresa anziche´ agli utili.
Poiche´ le parti sono libere di determinare la par- tecipazione economica dell’associato, «questa puo` ben essere commisurata ai soli ricavi, per- che´ anche in tale caso, (...), non v’e` dubbio che sussiste pur sempre un diretto coinvolgi- mento dell’associato nelle fortune dell’impresa» (Cass. 18.2.2009, n. 3894, xxx.xxxxxxxxx.xx).
8.3.1. Gli indici della subordinazione.
Il problema della distinzione tra rapporti di lavoro autonomo e rapporti di lavoro subor- dinato viene, per lo piu` , affidato alla giuri- sprudenza.
Il difficile ruolo di quest’ultima diventa, ap- punto, quello di decidere caso per caso la di- sciplina applicabile ad ogni singolo rapporto di lavoro di cui sia dubbia la qualificazione giuridica.
A tal fine, la giurisprudenza ha individuato una serie di cc.dd. «indici sintomatici», alcu- ni piu` importanti altri secondari, la cui verifi- ca e` utile per potere valutare se un rapporto lavorativo sia caratterizzato da subordinazio- ne o autonomia.
Tra gli indici di cui si deve tenere conto, quello che assume particolare importanza nel rivelare la natura subordinata del rappor- to riguarda il «vincolo di subordinazione», ovvero il «pieno assoggettamento del presta- tore di lavoro al potere direttivo, organizzati- vo e disciplinare del datore di lavoro».
In concreto, tale assoggettamento significa operare secondo orari di lavoro indicati dal- l’imprenditore, nei locali aziendali e con stru- menti messi a disposizione dal datore di la- voro; svolgere tutte le attivita` che, di volta in volta, vengono indicate dall’imprenditore e che sono necessarie per il buon andamento dell’impresa; dover richiedere permessi in caso si abbia necessita` di assentarsi o non si possa rispettare gli orari previsti; dover co- municare assenze e malattie; dover effettua- re le ferie nei periodi indicati dal datore di la- voro: in una parola, non essere, appunto, autonomi, di determinare tempi e modi della propria attivita` lavorativa.
In quest’ottica, se e` facile comprendere qua-
le sia la differenza tra il lavoro subordinato ed il lavoro autonomo in senso proprio, che nel linguaggio comune, si identifica con quel-
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.3.1
lo del libero professionista o del commercia- le, piu` difficile e` capire quale spazio residui per la collaborazione coordinata e continua- tiva.
Sono queste ultime attivita` che danno vita al- la c.d. area grigia del lavoro.
Infatti, a differenza del lavoratore autonomo, che ha di regola una propria, sia pur minima, struttura imprenditoriale, una specifica pro- fessionalita` e dunque una possibilita` di ope- rare a favore di piu` soggetti, il «collaboratore coordinato» e` colui che, di regola, rende la propria prestazione per un periodo significa- tivo a favore di uno specifico soggetto, se- condo modalita` predeterminate e senza mar- gini di discrezionalita`.
Operazione concettuale fondamentale e`
quella dell’individuazione dei requisiti giuri- dici della fattispecie oggetto di commento. La nozione fornita dal citato art. 2094 c.c. sa- rebbe ampia e poco selettiva con la conse- guenza che essa di per se stessa non rappre- senterebbe
un idoneo criterio di distinzione tra lavoro su- bordinato ed autonomo, risultando sostanzial- mente priva di una reale valenza discretiva (Romei 2004, 507).
Pertanto, dottrina e giurisprudenza si sono assunte il compito di individuare i requisiti tipici della subordinazione nel tentativo di fornire all’operatore criteri idonei ad orien- tarlo nella miriade di casi pratici che possono via via presentarsi.
La dottrina ha dapprima utilizzato il criterio del- la distinzione tra locatio operarum e locatio operis, cioe` tra attivita` e risultato della stessa, che, pero`, e` risultato insoddisfacente, conside- rata la difficolta` di individuare un chiaro criterio distintivo tra queste due situazioni
(Xxxxxxxxxxx 2002).
Sotto questo profilo, un risalente orienta- mento giurisprudenziale aveva ritenuto che la distinzione tra lavoro subordinato ed auto- nomo dovesse basarsi sulla tradizionale di-
stinzione tra obbligazioni di mezzi e di risul- tato, oltre che sull’individuazione del sogget- to sul quale ricade il rischio imprenditoriale e sulla verifica dell’esistenza o meno di una pure minima organizzazione imprenditoriale a favore del prestatore di lavoro.
Diverse sentenze di legittimita` hanno utiliz-
zato il criterio della distinzione tra obbliga- zioni di mezzi e di risultato.
E` stato, pero`, precisato che
la circostanza che l’obbligazione del lavoratore subordinato sia di mezzi non esclude che l’obbli- go di diligenza di quest’ultimo sia parametrato a determinati risultati, il cui mancato raggiungi- mento non puo` pero` automaticamente essere considerato inadempimento contrattuale da par- te del giudice
(Cass. 20.8.1991, n. 8973, RGL, 1982, II, 185).
Il problema e` stato, poi, spostato sul piano metodologico; sotto questo profilo, due orientamenti si disputano il campo.
Secondo il c.d. «metodo sussuntivo», affin- che´ si abbia subordinazione e` necessario che la fattispecie concreta sia riconducibile in tutti i suoi aspetti alla fattispecie astratta prevista dalla norma.
In base al c.d. «metodo tipologico», invece, a tali fini e` sufficiente che la fattispecie con- creta si avvicini in modo significativo a quella astratta, essendo in questo senso.
Ogni attivita` umana economicamente rilevante puo` essere espletata nelle forme del rapporto di lavoro subordinato ovvero di quello autono- mo, in relazione alla scelta liberamente compiu- ta dalle parti circa lo schema maggiormente ido- neo a soddisfare i loro rispettivi interessi (Cass. 23.11.1998, n. 11885, MGL, 1998, 2435).
E` stata la giurisprudenza ad individuare i parametri in presenza dei quali si puo` rite- nere sussistente un rapporto di lavoro su- bordinato.
Secondo un’impostazione decisamente mi- noritaria, tali indici avrebbero tutti uguale valore, con la conseguenza che l’accertamen- to dell’esistenza di un rapporto di lavoro su-
8.3.1 Cap. VIII
bordinato dovrebbe avvenire tramite un giu- dizio sintetico che tenga in considerazione gli stessi nel loro complesso.
Per la tesi assolutamente prevalente in giuri- sprudenza, tali indici si collocano, invece, su pia- ni gerarchicamente distinti, secondo una scala di priorita` che assegna a ciascuno di essi una di- versa rilevanza ai fini della qualificazione, do- vendosi in questo senso distinguere tra indici essenziali e meramente sussidiari
(Lunardon 2007, 7).
L’indice fondamentale dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato viene cosı` ad essere proprio il vincolo della subordina- zione, intesa come assoggettamento del lavo- ratore al potere organizzativo, direttivo e di- sciplinare del datore di lavoro.
In questa prospettiva, si e` rilevato che la subor- dinazione implica la messa a disposizione da parte del lavoratore delle proprie energie psico- fisiche a favore del datore di lavoro, con conse- guente assoggettamento al potere direttivo e di- sciplinare di costui
(Cass. 18.12.1996, n. 11329, MGC, 1996, 1767).
Cio` risulta confermato da una recente sen- tenza di legittimita`, la quale ha ribadito il principio della gerarchia dei criteri di qualifi- cazione.
E` stato infatti ritenuto che «elemento inde-
fettibile del rapporto di lavoro subordinato
– e criterio discretivo, nel contempo, rispetto a quello di lavoro autonomo – e` la subordina- zione, intesa come vincolo di soggezione per- sonale del prestatore al potere direttivo del datore di lavoro, che inerisce alle intrinseche modalita` di svolgimento delle prestazioni la- vorative
e non gia` soltanto al loro risultato, mentre han- no carattere sussidiario e funzione meramente indiziaria altri elementi del rapporto di lavoro (quali, ad esempio, la collaborazione, l’osservan- za di un determinato orario, la continuita` della prestazione lavorativa, l’inserimento della pre- stazione medesima nell’organizzazione azienda- le e il coordinamento con l’attivita` imprendito- riale, l’assenza di rischio per il lavoratore e la
forma della retribuzione), i quali – lungi dal sur- rogare la subordinazione o, comunque, dall’as- sumere valore decisivo ai fini della prospettata qualificazione del rapporto – possono, tuttavia, essere valutati globalmente, appunto, come in- dizi della subordinazione stessa, tutte le volte che non ne sia agevole l’apprezzamento diretto a causa di peculiarita` delle mansioni, che incida- no sull’atteggiarsi del rapporto
(Cass. 27.2.2007, n. 4500, MGC, 2007, 2).
Un’altra sentenza ha affermato che
l’elemento che contraddistingue il rapporto di la- voro subordinato rispetto al rapporto di lavoro autonomo, assumendo la funzione di parametro normativo di individuazione della natura subor- dinata del rapporto stesso, e` il vincolo di sogge- zione personale del lavoratore – che necessita della prova di idonei indici rivelatori, incombente allo stesso lavoratore – al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia ed inserimento nell’organizzazione aziendale (Cass. 24.2.2006, n. 4171, MGC, 2006, 2).
E` stato cosı` anche ritenuto che, ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e subordina- to, e` determinante la sussistenza o meno del vincolo di subordinazione, inteso quale vin- colo personale che assoggetta il prestatore al potere direttivo del datore di lavoro con conseguente limitazione della sua autonomia Quindi, la giurisprudenza ha elevato ad ele- mento fondamentale di identificazione del rapporto di lavoro subordinato e conseguen- temente di distinzione dello stesso rispetto a rapporti di diversa natura la soggezione del lavoratore al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro.
In questa prospettiva, gli altri criteri, quali l’osservanza di un orario, l’assenza del ri- schio in capo al lavoratore, la retribuzione in forma di salario vengono ad assumere una rilevanza sussidiaria, anche se essi, cio` nonostante, possono nel loro complesso rive- lare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato.
L’inserimento del lavoratore nell’organizzazione datoriale riveste particolare rilevanza ai fini del-
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.3.1.1
la qualificazione del rapporto di lavoro come su- bordinato, tanto che secondo l’orientamento prevalente fino alla meta` degli anni ’80, l’«inseri- mento organico» del lavoratore nel processo produttivo dell’impresa (c.d. etero-organizzazio- ne), costituiva elemento sufficiente per afferma- re l’esistenza della subordinazione, anche in mancanza di una completa eterodirezione (Cass. 14.10.1985, n. 5024, Ipr, 1986, 381).
In materia di qualificazione giuridica del rap- porto di personale addetto alla ricezione di scommesse in sala corse, elementi di fatto dai quali e` desumibile la natura subordinata del rapporto sono l’inserimento del lavorato- re nella organizzazione aziendale con presta- zione di sole energie lavorative corrispon- denti all’attivita` dell’impresa, nel rispetto di un orario di lavoro strettamente collegato con gli orari di apertura e chiusura delle sale corse,
nonche´ il pagamento della retribuzione non in base al risultato raggiunto, ma secondo le ore prestate nei diversi turni, mentre resta irrilevan- te la discontinuita` della prestazione che non sia dovuta ad una libera scelta del lavoratore, ma ri- sponda, al contrario, a criteri di distribuzione del lavoro in turni prefissati dal datore e con modalita` di erogazione prestabilite in considera- zione delle esigenze aziendali
(Cass. 1.3.2001, n. 2970, GCM, 2001, 375).
Il nomen iuris utilizzato dalle parti e, piu` in generale, la volonta` da loro espressa in sede di stipulazione del contratto,
un elemento di carattere fondamentale e priori- tario, ai fini della qualificazione del rapporto
«salva sempre la necessita` di verificare alla stre- gua delle effettive modalita` di svolgimento del rapporto l’esattezza della qualificazione operata dalle parti»
(Cass. 7.4.1992, n. 4220, RIDL, 1993, II, 258).
8.3.1.1. La c.d. subordinazione attenuata.
E` noto che, secondo il diritto vigente, avuto riguardo alla posizione del lavoratore, costi-
tuiscono elementi indicatori di un rapporto di subordinazione:
a) il di lui assoggettamento al potere diretti- vo del datore;
b) la continuita` e personalita` della prestazio- ne, nonche´ il suo inserimento nell’organizza- zione imprenditoriale datoriale, con conse- guente limitazione di autonomia organizzati- va ed assenza di rischio economico;
«c) l’eterodeterminazione dell’orario e del luogo di lavoro;
d) la predeterminazione della retribuzione» (Xxxxxxxx 2007).
Pervenendo ad un concetto piu` ampio di su- bordinazione, giurisprudenza e dottrina, hanno asserito che ai fini della sussistenza di una tal figura, non e` tanto e non solo a contare l’esercizio da parte del datore di un continuo e dettagliato potere direttivo sul la- voratore, bensı` la messa a disposizione e l’impiego da parte di quest’ultimo delle pro- prie energie lavorative con continuita`, fedel- ta` e diligenza in favore del primo, il tutto nel quadro di semplici direttive programmatiche da questi emanate.
Deve ritenersi caratterizzata dal vincolo del- la subordinazione la prestazione del lavora- tore che, ponendo a disposizione del datore di lavoro le proprie energie lavorative con continuita`, fedelta` e diligenza,
operi secondo le direttive di ordine generale da questi impartite, ancorche´ con i margini di di- screzionalita` connaturati al tipo di attivita` svolta ed in funzione dei programmi cui e` destinata la prestazione
(Cass. 6.7.2001, n. 9167, FI, 2002, I, 134).
E cio` perche´, motiva la S.C.:
Il potere direttivo dell’imprenditore, general- mente ritenuto il criterio tipicizzante il lavoro subordinato, con l’evolversi dei sistemi di orga- nizzazione del lavoro, sempre piu` caratterizzati dalla tendenza alla esteriorizzazione o terziariz- zazione di interi settori del ciclo produttivo o di una serie di professionalita` specifiche, ove si ri- ferisca a questi processi, diviene sempre meno
8.3.2 Cap. VIII
significativo della subordinazione, per l’impossi- bilita` di un confronto pieno e diretto delle diver- se fasi dell’attivita` lavorativa prestata
(Cass. 6.7.2001, n. 9167, FI, 2002, I, 134).
Con particolare riferimento alle ipotesi di subor- dinazione attenuata, quale si configura quella del professionista giornalista, deve distinguersi tra i casi riconducibili al lavoro subordinato, in cui il lavoratore rimane a disposizione del datore di lavoro tra una prestazione e l’altra in funzione di richieste variabili, e quelle riconducibili al la- voro autonomo, in cui invece e` configurabile una fornitura scaglionata nel tempo, ma predetermi- nata, di piu` opere e servizi in base a un unico
contratto. E` pertanto subordinato il rapporto
di lavoro del giornalista, caratterizzato dalla quotidiana presenza nella redazione, dall’utiliz- zazione delle strutture aziendali, dalla continui- ta` delle prestazioni e, principalmente, dalla sog- gezione alle specifiche direttive e disposizioni impartite dall’azienda, in linea con i contenuti precettivi dell’art. 2094 c.c.
(Cass. 12.11.2007, n. 23472, LG, 2008, 689).
Il vincolo della subordinazione, nel campo giornalistico, assume una connotazione par- ticolare: lo stesso va quindi valutato in rela- zione ai termini e alle modalita` dell’inseri- mento della prestazione giornalistica nel- l’ambito dell’organizzazione dell’impresa.
Assume rilevanza l’inserimento continuativo e organico del collaboratore nell’organizzazione dell’impresa e, in particolare, nella struttura or- ganizzativa di redazione, con la messa a disposi- zione dell’energia lavorativa da parte del colla- boratore che deve costantemente concorrere al completamento del giornale
(Trib. Milano 14.5.2007, LG, 2008, 198).
Nell’ipotesi della subordinazione attenuata come quella del lavoro giornalistico, cio` che rileva non e` il dato quantitativo degli articoli prodotti, ma la sussistenza di un obbligo per il giornalista di mantenersi a disposizione tra una prestazione e l’altra.
Tale vincolo e` ricavabile da vari indici quali il nu- mero degli articoli prodotti, tali da escludere ra- gionevolmente la disponibilita` di altri incarichi, l’inserimento organico nell’impresa, l’impossibi- lita` di rifiutare un incarico
(Trib. Milano 16.10.2000, OGL, 2000, 930).
In campo giornalistico il vincolo della subor- dinazione assume contenuto attenuato, con- sistendo soprattutto nell’inserimento conti- nuativo nell’ambito dell’organizzazione del- l’impresa con conseguente assoggettamento a comportamenti connessi con tale organiz- zazione, che condizionano, entro certi limiti, le modalita` della prestazione lavorativa; puo` aversi pertanto rapporto di lavoro giornalisti- co subordinato quando sia garantita una cer- ta reperibilita`, pur in assenza di precisi vin- coli di orario,
e quando l’autonomia, l’iniziativa e la discrezio- nalita` della prestazione non incidano sulla persi- stenza nel tempo dell’obbligo di compierla, man- tenendosi a disposizione del datore di lavoro (Pret. Milano 5.8.1994, Xx, 0000, 371).
8.3.2. L’eterodirezione e la collaborazione.
Sempre piu` si avverte, in realta`, l’insufficien- za della nozione giurisprudenziale classica della subordinazione, soprattutto nelle muta- te condizioni attuali; e la spia evidente di tale inadeguatezza e` offerta, del resto, dal sem- pre piu` frequente ricorso, per la ricostruzio- ne della fattispecie, ad elementi sussidiari, nel senso che, ove la distinzione tra rapporto di lavoro autonomo e subordinato non risulti agevole alla luce di criteri univoci come l’e- sercizio del potere direttivo e disciplinare da parte del datore di lavoro (ed il requisito della eterodirezione assuma, nel caso con- creto, un carattere attenuato), ai fini della qualificazione del rapporto soccorre una se- rie di indici rivelatori, quali lo svolgimento della prestazione in luogo di pertinenza del- l’imprenditore, il rispetto di vincoli di orario prestabiliti, le modalita` retributive, l’assenza in capo al lavoratore di mezzi propri per l’e- secuzione dell’attivita` lavorativa, l’alienita` del risultato dell’attivita` prestata e del relati- vo rischio economico).
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.3.2
La parola eterodirezione si usa per indicare l’elemento principale del contratto di lavoro dipendente.
Infatti eterodirezione significa comandato da altri; essa rappresenta dunque l’elemento principale del contratto, senza eterodirezio- ne non puo` nemmeno esistere un rapporto di lavoro dipendente.
Venendo all’altro carattere costitutivo del rapporto di lavoro subordinato, e xxxx` la col- laborazione, va rilevato che autorevole dot- trina ritiene che il riferimento ad essa, conte- nuto nell’art. 2094 c.c., sia da considerare quale omaggio ideologico alle tesi dominanti all’epoca dell’emanazione del codice.
Dalla definizione di lavoratore subordinato data dall’art. 2094 c.c. si ricava che l’elemen- to della collaborazione costituisce una parte essenziale nella qualificazione del rapporto di lavoro.
L’ordinamento del rapporto di lavoro doveva essere proiettato al superamento del conflit- to tra le classi sociali; conflitto inconciliabile con il sistema corporativo di disciplina dei rapporti di produzione.
Tuttavia, l’elemento della collaborazione puo`
ritenersi ancora oggi attuale se inteso come descrittivo, per cos`ı dire, del fenomeno della partecipazione di un soggetto all’attivita` la- vorativa di un altro soggetto.
Piu` in dettaglio, si ritiene che la collaborazio- ne si specifichi:
– nella continuita` ideale della disponibilita`
delle energie lavorative, intellettuali o ma- nuali, poste al servizio del datore;
– nell’inserimento del lavoratore all’interno dell’organizzazione produttiva.
Anche il grado di collaborazione effettiva, come quello di subordinazione, varia col va- riare dell’intensita` del vincolo che lega il pre- statore al datore.
Fin dalle origini, l’elaborazione giurispruden- ziale della nozione di subordinazione poggia
su due profili: accanto al concetto di dipen- denza dalla organizzazione del lavoro, si ac- compagna la distinzione tra attivita` di colla- borazione e risultato.
A ben guardare, al fine di individuare e circo- scrivere la natura del contratto di lavoro e della sua obbligazione tipica, dottrina e giuri- sprudenza avevano focalizzato l’attenzione sulla posizione del lavoratore all’interno del- l’organizzazione di cui faceva parte e aveva- no messo in rilievo non solo l’attivita` intrin- seca del lavoratore (o debitore-locatore, se- condo la ricostruzione che distingueva fra lo- catio operarum e locatio operis), ma so- prattutto l’interesse dell’imprenditore al ri- sultato finale dell’utilizzazione della forza lavoro.
In questo modo si configurava l’alternativa se l’interesse dell’imprenditore soddisfatto dal- la prestazione di lavoro fosse quello della pianificazione del risultato produttivo dell’at- tivita` prestata dal lavoratore (interesse del- l’impresa), rilevando a tal proposito l’inseri- mento di quest’ultimo nell’organigramma aziendale, oppure quello della mera disponi- bilita` indeterminata, genericamente intesa come forza-lavoro.
La giurisprudenza prevalente definisce la collaborazione come il collegamento funzio- nale della prestazione lavorativa con la strut- tura organizzativa aziendale che si realizza mediante «l’inserzione organica, continuati- va e sistematica» del lavoratore nell’organiz- zazione tecnica, economica ed amministrati- va dell’impresa di cui diviene parte operante. La collaborazione assurge percio` ad elemen- to essenziale per la qualificazione della fatti- specie e, insieme alla subordinazione, rap- presenta la nota distintiva del rapporto di la- voro subordinato; la configurabilita` della col- laborazione consente di accertare l’esistenza del vincolo della subordinazione, poiche´ essa e` indicativa dell’esistenza del potere del da-
8.3.2 Cap. VIII
tore di lavoro di gestire le energie lavorative del dipendente.
L’elemento essenziale che caratterizza la presta- zione di lavoro subordinato secondo la definizio- ne dell’art. 2094 c. c., differenziandola da altre figure di attivita` lavorative, e` costituito dall’inse- rimento del lavoratore nell’organizzazione del- l’impresa in funzione collaborativa subordinata: ne discende l’esclusione, per il lavoratore subor- dinato come tale (salva cioe` l’eventuale coesi- stenza nello stesso soggetto di altre compatibili posizioni di cointeressenza nell’impresa), del ri- schio imprenditoriale da una parte e del rischio contrattuale dall’altra, nel senso, sotto tale ulti- mo profilo, che egli non risponde del risultato produttivo della sua attivita`, ma solo della cor- rettezza della sua condotta collaborativa secon- do legge e contratto
(Cass. 5.11.1987, n. 8134, MGI, 1987, 340; Cass.
10.1.1987, n. 109, OGL, 1987, 138).
Perche´ sussista un rapporto di lavoro subor- dinato e` peraltro necessario che la prestazio- ne lavorativa organicamente inserita nell’or- ganizzazione datoriale si svolga contestual- mente mediante l’assoggettamento del lavo- ratore al potere direttivo ed organizzativo dell’imprenditore, essendo irrilevante il sem- plice inserimento nell’organizzazione produt- tiva, senza la presenza dell’assoggettamento al potere direttivo.
L’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale si puo` desumere dalle concrete moda- lita` di svolgimento della prestazione e si realizza nel modo in cui le energie messe direttamente a disposizione del datore vengono concretamente utilizzate e coordinate funzionalmente all’inter- no della sua organizzazione
(Cass. 4.4.1989, n. 1635, AC, 1989, 958; Cass.
16.6.1989, n. 2905, MGI, 1989, 701; Trib. Milano
25.10.1995, OGL, 1995, 865).
La continuita` caratterizza l’attivita` promessa dal lavoratore anzitutto in relazione allo scambio tra retribuzione e disponibilita` della prestazione nel tempo.
Ma, cosı` intesa, di fatto finisce per caratteriz- zare la prestazione anche in relazione alla col- laborazione e quindi all’organizzazione del la- voro e all’adempimento dell’obbligazione.
In sostanza, la collaborazione si concretizze- rebbe essenzialmente nella continuita` ideale della disponibilita` delle energie lavorative messe al servizio dell’imprenditore e rese in maniera tale da inserire la prestazione nel- l’organizzazione aziendale.
Ma e` forse l’elemento causale del contratto
di lavoro subordinato a dare il contributo piu` chiaro nella ricostruzione della nozione di collaborazione.
Dal punto di vista generale la causa e` l’ele- mento del contratto che, richiesto a pena di nullita`, ne individua la funzione economica e quindi l’interesse meritevole di tutela per- seguito dalla volonta` delle parti (cfr. artt. 1325, n. 2, 1418, 28 co., e 1322, 28 co., c.c.).
Il mero inserimento del lavoratore nell’azienda non e` parametro di qualificazione nel senso del- la subordinazione, ne´ puo` costituire elemento esclusivo per dedurre la subordinazione stessa; il parametro di qualificazione si risolve, quindi, necessariamente negli elementi (non diversa- mente deducibili) dei quali l’inserimento e` mera conseguenza: la sussistenza e la permanenza dell’obbligo del lavoratore di mantenere a dispo- sizione del datore l’attivita` lavorativa nella sua indifferenziata materialita` (come «operae») e la sussistenza e la permanenza del suo conse- guente assoggettamento al potere direttivo e di- sciplinare del datore di lavoro stesso
(Cass. 7.4.1992, n. 4220, RIDL, 1993, II, 258;
Cass. 25.2.2000, n. 2171, RIDL, 2001, II, 212).
Nel contratto di lavoro subordinato la fun- zione-causa e` identificata dal legislatore nel- lo scambio tra la collaborazione e la retribu- zione.
La collaborazione nell’impresa, dunque, e` il risultato della prestazione dell’attivita` del la- voratore e, cosa che piu` rileva, costituisce il criterio per la tipicizzazione della subordina- zione; e`, in buona sostanza, lo scopo tipico della prestazione stessa e cioe` la causa indi- viduatrice del tipo negoziale del contratto di lavoro subordinato.
E questa interpretazione puo` inserirsi a com- pletare quanto sinora esposto; infatti, armo-
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.3.2.1
nizzando le tesi di dottrina e giurisprudenza (di fatto, compenetranti) si intuisce facil- mente come l’elemento della collaborazione altro non fa se non sottolineare l’importanza dell’aspettativa dell’imprenditore al risultato della prestazione e, quindi, del suo interesse al coordinamento e alla organizzazione del- l’attivita` lavorativa del debitore.
In questo senso, percio`, si puo` parlare di col-
laborazione del datore di lavoro all’adempi- mento dell’obbligazione da parte del lavora- tore e di collaborazione di quest’ultimo per indicare l’obbligo di conformare l’esecuzione della prestazione alle concrete e variabili esi- genze dell’organizzazione produttiva in cui egli e` inserito nel rispetto della continuita` di erogazione delle proprie forze lavorative, intellettuali o manuali.
In definitiva, la collaborazione, o piu` precisa-
mente la continuita` ideale della prestazione e l’inserzione dell’attivita` nell’organizzazione aziendale, sono, congiuntamente o separata- mente, i connotati tipici della subordinazione qualificatrice del rapporto di lavoro.
8.3.2.1. Le variazioni interne alla formula del lavoro subordinato.
La formula del lavoro subordinato sintetizza un tipo contrattuale astratto dalla espressio- ne del lavoro nella impresa, mettendone in rilievo gli elementi caratteristici, quali la col- laborazione, la corrispettivita` e la menziona- ta subordinazione.
Tale formula e`, pero` dotata di capacita` di
estensione anche oltre i confini dell’impresa.
Non risultano, pertanto, plausibili spiegazioni sovrastrutturali, di tipo riduttivo, di questa for- mula, che nulla ha a che vedere con le sugge- stioni del modello fordista o di quello antropolo- gico del lavoratore capofamiglia impiegato in un’azienda industriale medio-grande
(Grandi 2000, 360).
Si tratta di schemi esplicativi di tipo sociolo- gico, nei quali si puo` cogliere qualche motivo di assonanza con il modello di lavoro a tempo pieno e a durata indeterminata, ma che risul- tano estranei alla intentio legislativa del co- dice civile del 1942, che, regolando il lavoro incorporato nella impresa, ha inteso discipli- nare la fattispecie organizzativamente piu` rappresentativa di lavoro subordinato; non solo, ma inserire il lavoro stesso in una strut- tura di collaborazione rispondente al disegno politico dell’economia corporativa.
La disciplina dell’art. 2094 c.c. non si presen- ta come schema chiuso e rigido; gia` nella re- lazione al codice civile (n. 846) si prevede un elemento di apertura nella possibilita` di ap- plicare alla materia del lavoro subordinato i principi e le regole piu` generali dettate in materia di obbligazioni e di contratti: una prospettiva di integrazione del rapporto di lavoro nella logica privatistica, e soprattutto in quella contrattuale, la quale smentisce supposte ipotesi di accoglimento di conce- zioni istituzionistiche.
La predetta disciplina si caratterizza per la sua estensione anche ai rapporti di lavoro non inerenti all’esercizio dell’attivita` di im- presa; l’art. 2238, 28 co., x.x., xxxxxxx x’xxxxx- xxxxxxx xxxxx xxxxx xxx xxxxxx nell’impresa anche ai rapporti di lavoro riguardanti i sosti- tuti o ausiliari dell’esercente una professione intellettuale.
L’art. 2239 x.x. xxxxxxx, xx xxxxxxxx, xxxx xxx- xx anche ai rapporti di lavoro particolari che intercorrano con un datore di lavoro non im- prenditore.
Gli artt. 2240 ss. c.c. regolano la fattispecie sociologicamente piu` rappresentativa del la- voro subordinato, non inerente all’esercizio di impresa, ossia, il lavoro domestico.
Nel corpus delle norme dedicate al lavoro nella impresa vi e`, altres`ı, una articolazione interna sotto il profilo della tipologia dei rap-
8.3.3 Cap. VIII
xxxxx, prevedendosi il rapporto di lavoro a domicilio come rapporto speciale, il rapporto di xxxxxxxxx.
In particolare l’art. 2094 e` norma troppo am-
pia, inidonea a risolvere i casi marginali e le zone d’ombra: e` un concetto-jolly tarato su un lavoratore dequalificato e facilmente so- stituibile, operante in una grande impresa in- dustriale, organizzata su un rigido sistema di tempi, luoghi, modalita` di lavoro e gerarchie, operante a tempo pieno e indeterminato.
L’art. 2094 non tiene percio` conto:
– della terziarizzazione del sistema produt- tivo;
– della crescente importanza del lavoro in- tellettuale anche in «fabbrica»;
– della nascita di nuovi profili professionali;
– dell’introduzione di elementi di flessibilita` (part-time; tempo determinato; lavoro inte- rinale; tele lavoro; job sharing; ecc.);
– dell’innovazione tecnologica.
8.3.3. La rilevanza del nomen iuris.
Allorquando le parti che, pur volendo attuare un rapporto di lavoro subordinato, abbiano simulatamente dichiarato di volere un diver- so rapporto lavorativo al fine di eludere la di- sciplina legale inderogabile in materia, sia nel caso in cui l’espressione verbale abbia tradito la vera intenzione delle parti, sia nel- l’ipotesi in cui, dopo avere voluto realmente il contratto di lavoro autonomo, durante lo svolgimento del rapporto le parti stesse, at- traverso fatti concludenti, mostrino di aver mutato intenzione e di essere passate ad un effettivo assetto di interessi corrispon- dente a quello della subordinazione, il giudi- ce di merito, cui compete di dare l’esatta qualificazione giuridica del rapporto, deve a tal fine attribuire valore prevalente – rispetto al nomen iuris adoperato in sede di conclu- sione del contratto – al comportamento te-
nuto dalle parti nell’attuazione del rapporto stesso.
Il nomen iuris, nei limiti sopra specificati, risulta quindi soltanto uno degli elementi da valutare dal giudice di merito al fine di in- dividuare l’esatta volonta` delle parti e con essa il vero rapporto che con esso hanno vo- luto instaurare gli autori negoziali.
Il riferimento al nomen iuris dato dalle parti al negozio, risulta di maggiore utilita` – rispet- to alle altre – in tutte quelle fattispecie in cui
– come nell’associazione in partecipazione – i caratteri differenziali tra due (o piu` ) figure negoziali appaiono non agevolmente traccia- bili, non potendosi negare che quando la vo- lonta` negoziale si e` espressa in modo libero (in ragione della situazione in cui versano le parti al momento della dichiarazione) non- che´ in forma articolata, s`ı da concretizzarsi in un documento, ricco di clausole aventi ad oggetto le modalita` dei rispettivi diritti ed obblighi, il giudice deve accertare in ma- niera rigorosa se tutto quanto dichiarato nel documento si sia tradotto nella realta` fat- tuale attraverso un coerente comportamento delle parti stesse.
La valutazione del documento negoziale, tan- to piu` rilevante quanto piu` labili appaiono i confini tra le figure contrattuali astrattamen- te configurabili, non puo`, dunque, non assu- mere una incidenza decisoria anche allor- quando tra dette figure vi sia quella del rap- porto di lavoro subordinato
Il principio per cui, ai fini della qualificazione di un rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, e` necessario aver riguardo al- l’effettivo contenuto del rapporto stesso, in- dipendentemente dal nomen iuris usato dalle parti, non implica che – specialmente nei casi caratterizzati dalla presenza di ele- menti compatibili con l’uno o con l’altro tipo di rapporto – la dichiarazione di volonta` delle parti stesse in ordine alla fissazione di detto
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.3.3
contenuto, o di un elemento di esso qualifi- cante ai fini della distinzione medesima, deb- ba essere stralciata nell’interpretazione del precetto contrattuale e che non debba tener- si conto del relativo affidamento delle parti e della disciplina giuridica del rapporto da esse voluta nell’esercizio della loro autonomia contrattuale.
Cosı`, allorche´, nel regolare i loro reciproci inte- ressi, abbiano dichiarato di voler escludere l’ele- mento della subordinazione, non si puo` perveni- re a una diversa qualificazione del rapporto, se non si dimostra che in concreto tale elemento si sia di fatto realizzato nello svolgimento del rapporto medesimo
(App. Roma 23.8.2005, LG, 2006, 709).
Il nomen iuris attribuito dalle parti oppure l’iscrizione del lavoratore nell’albo delle im- prese artigiane o in una gestione previden- ziale separata, come del resto la cadenza e la misura fissa della retribuzione o l’assenza di rischio, costituiscono elementi meramente sussidiari ai fini dell’accertamento della na- tura, subordinata o meno, di un rapporto di lavoro,
giacche´ l’elemento distintivo del rapporto di la- voro subordinato consiste nell’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, che si estrinseca in specifi- che disposizioni, le quali si risolvono nell’inseri- mento del lavoratore nell’organizzazione azien- dale. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva ne- gato la subordinazione di un’impiegata di un ser- vizio di autonoleggio, attribuendo decisiva rile- vanza al fatto che parte del compenso fosse commisurata su una percentuale dei corrispetti- vi pagati dai clienti, omettendo di considerare le precise mansioni espletate, la facolta` della lavo- ratrice di rifiutare la stipula di contratti di loca- zione, l’eventuale addebito di responsabilita` per danni derivati da contratti stipulati, nonche´ l’o- rario di lavoro esattamente pattuito, essendo ir- rilevante la facolta` di allontanarsi dai locali del- l’impresa, che e` compatibile con l’esercizio delle prestazioni subordinate)
(Cass. 13.5.2004, n. 9151, LG, 2004, 1163).
Ai fini della qualificazione del rapporto di la- voro come subordinato o autonomo, il crite-
rio del nomen iuris adottato dalle parti non ha valore prevalente, dovendo la qualificazio- ne medesima desumersi, «oltre che dal dato formale, dalle concrete modalita` della pre- stazione e di attuazione del rapporto» (Cass. 20.5.2002, FI, 2003, I, 1148).
La qualificazione del rapporto compiuta dalle
parti nella iniziale stipulazione del contratto non e` determinante stante l’idoneita`,
nei rapporti di durata, del comportamento delle parti ad esprimere una diversa effettiva volonta` contrattuale
(App. Potenza 9.5.2002, LG, 2003, 193).
Ai fini dell’accertamento della natura subor- dinata di un rapporto di lavoro, alla stregua del criterio di effettivita`, devono ritenersi prevalenti,
sull’assetto formale della obbligazione lavorativa concordato ab initio o modificato in corso di rapporto, le modalita` concrete di esecuzione dello stesso, se sono tali da poter contraddire e vanificare la qualificazione ad esso attribuita dalle parti
(Cass. 13.7.2000, n. 9292, RIDL, 2001, 220).
Ai fini della qualificazione del rapporto di la- voro come autonomo o subordinato deve far- si riferimento al concreto atteggiarsi del rap- porto stesso e alle sue specifiche modalita` di svolgimento,
potendo il richiamo alla iniziale volonta` delle parti, cristallizzatasi nella redazione del contrat- to di lavoro, valere come elemento di valutazio- ne ai fini dell’identificazione della natura del rapporto solo se ed in quanto le concrete moda- lita` di svolgimento dello stesso lascino margini di ambiguita` e/o incertezze
(Cass. 9.6.2000, n. 7931, OGL, 2000, 663).
Ove le parti, nel regolare i loro reciproci inte- ressi, abbiano dichiarato di voler escludere la natura subordinata di un rapporto di lavoro, e` possibile pervenire ad una diversa qualifi- cazione di esso soltanto se si dimostra in concreto l’elemento della subordinazione, in- tesa come vincolo di natura personale, che
8.3.3 Cap. VIII
assoggetta il prestatore di lavoro al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del da- tore,
che si deve estrinsecare nella specificazione del- la prestazione lavorativa richiesta in adempi- mento delle obbligazioni assunte dal prestatore medesimo; subordinazione che deve essere in fatto provata nello svolgimento del rapporto di lavoro
(Cass. 22.11.1999, n. 12926, RIDL, 2000, 633).
Ai fini dell’accertamento della natura auto- noma o subordinata del rapporto di lavoro, anche in presenza della qualificazione in via autonoma operata dalle parti, deve attribuir- si rilevanza decisiva alla sussistenza del re- quisito della subordinazione da accertarsi al- la luce delle concrete modalita` di svolgimen- to del rapporto di lavoro, con la conseguenza che non possono ravvisarsi gli estremi del rapporto di agenzia, bensı` quelli del rapporto di lavoro subordinato,
nell’attivita` svolta da alcuni venditori con stabile inserimento della loro prestazione nell’organiz- zazione aziendale del datore di lavoro, senza al- cun rischio di impresa e nel rispetto delle diret- tive impartite dal datore di lavoro
(Pret. Torino 7.12.1995, Xx, 0000, 694).
Ai fini dell’accertamento della natura auto- noma o subordinata del rapporto di lavoro, puo` essere riconosciuto un ruolo rilevante al- la volonta` manifestata dalle parti al momento dell’instaurazione del rapporto stesso, so- prattutto in quei casi in cui la prestazione del lavoratore sia di notevole valore intellet- tuale e/o professionale, il lavoratore non sia persona sprovveduta ne´ in posizione di infe- riorita` rispetto al datore di lavoro sotto il profilo economico-sociale-culturale e il
lavoratore medesimo sia pienamente consape- vole delle conseguenze derivanti dalla qualifica- zione in via autonoma del rapporto di lavoro in termini di perdita delle tutele e delle garanzie connesse al rapporto di lavoro subordinato, tal- che´ le stesse possano considerarsi ultronee ri- spetto alla reciproca soddisfazione degli scopi
e degli interessi perseguiti dalle parti (nella fat- tispecie, ai fini dell’accertamento della natura del rapporto di lavoro intercorso tra una biologa e un centro di analisi mediche, e` stata attribuita rilevanza decisiva alla volonta` delle parti di in- staurare un rapporto di lavoro autonomo in con- siderazione del fatto che in concreto il rapporto non si e` svolto con modalita` che potessero far presumere il superamento dell’originario inten- dimento delle parti attraverso la realizzazione della subordinazione, non essendo state consi- derate tali la corresponsione di un compenso mensile e l’utilizzazione da parte del lavoratore delle strutture del datore di lavoro, in quanto compatibili anche con un rapporto di lavoro autonomo
(Pret. Pistoia 14.1.1995, Xx, 0000, 631).
Non e` possibile considerare costituito un rapporto di lavoro di tipo subordinato con la p.a. qualora manchi uno stabile inserimen- to dell’interessato nell’organizzazione del- l’ente, mentre va riconosciuta la sussistenza di un incarico di tipo professionale». (Cons. St. 15.9.2003, n. 5144, LPA, 2004, 502).
L’affidamento ad operatori sanitari, da parte
di una USL e con apposita convenzione, del- l’incarico di svolgimento, in via continuativa, di prestazioni professionali non implica, di per se´, la costituzione di rapporti di lavoro subordinato con i connessi oneri previden- ziali a carico dell’ente committente, come emerge dall’art. 6 bis d.l. 18.1.1993, n. 9,
convertito in l. 18.3.1993, n. 67,
il quale, nel dettare il nuovo testo dell’art. 13, l. 23/12/92, n. 498 – con efficacia interpretativa estesa anche ai contratti in corso alla data della sua entrata in vigore – ha espressamente previ- sto che le istituzioni sanitarie operanti nel servi- zio sanitario nazionale non sono soggette, relati- vamente ai contratti da esse stipulati per presta- zioni professionali a carattere individuale, all’a- dempimento degli obblighi di legge in materia di previdenza
(Cass. 20.4.2001, n. 5882, OGL, 2001, 272).
L’art. 6 bis d.l. 18.1.1993, n. 9, convertito in
l. 18.3.1993, n. 67, esteso anche alle univer- sita` e agli istituti di istruzione universitaria grazie all’art. 3 d.l. 21.4.1995, n. 120, conver-
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.4
xxxx in l. 21.6.1995, n. 236, non pone una pre- sunzione assoluta di natura autonoma dei rapporti di lavoro dei medici cc.dd. «gettona- ti», ma si limita a escludere che a essi possa- no applicarsi gli obblighi previdenziali e assi- stenziali previsti per il lavoro subordinato, fermo restando che tali obblighi vanno pero` rispettati ove i rapporti in questione abbiano di fatto assunto, anche in contrasto con il nomen iuris adottato dalle parti, contenuto e modalita` propri del lavoro subordinato.
Nel caso di specie (in virtu` della continuita` della prestazione, eccedente anche i limiti massimi autorizzati, dell’inserimento nei turni orari di la- voro – ivi compresi quelli di guardia notturna e festiva – al pari del personale dipendente, del- l’attivita` di diagnosi e di assistenza medica svol- ta, della sottoposizione agli ordini e al controllo dei direttori di clinica, nonche´ dell’inserimento nell’organizzazione funzionale dell’ente) i rap- porti intercorsi fra l’Universita` degli Studi di Na- poli «Xxxxxxxx XX» e i medici cd. «gettonati» sono rapporti di pubblico impiego (non rilevando, in contrario, il nomen iuris e l’assenza di atti for- mali di nomina) e, come tali, pur se costituiti in- validamente per violazione dei divieti legislativi di assunzione di personale non di ruolo presso le pubbliche amministrazioni, ex art. 2126 c.c., sono assoggettati ai conseguenti oneri previden- ziali e assistenziali gravanti sulla predetta Uni- versita`, non ostando a tal fine il disposto dell’art. unico del DL 23/12/78 n. 817
(Pret. Xxxxxx 00.0.0000, Xx, 0000, 310).
8.3.4. L’oggetto della prestazione.
Un primo criterio sussidiario di determina- zione delle fattispecie in questione, che ri- chiama l’antica distinzione dottrinale tra lo- catio operarum e locatio operis, e` quello dell’oggetto della prestazione.
In tale prospettiva, l’oggetto del lavoro su- bordinato e` l’energia lavorativa che il presta- tore pone, contro corrispettivo, a disposizio- ne del datore di lavoro sotto il controllo e la vigilanza di quest’ultimo, mentre oggetto del lavoro autonomo e` l’opera come risultato della propria attivita` organizzata.
La distinzione dottrinale tra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato e` stata sotto- posta a dura critica soprattutto a partire da- gli anni ’70, sia in relazione alla sua utilizza- bilita` in rapporto alla distinzione tra contrat- to di lavoro subordinato e contratto d’opera, sia da un punto di vista piu` generale; tutta- via, essa e` impiegata, talora, anche dalla giu- risprudenza recente.
Altro elemento discriminante e` la valutazio- ne dell’incidenza del rischio d’impresa.
Esso, in genere, ricade sul datore di lavoro nell’ipotesi di prestazione subordinata, men- tre incide sul prestatore d’opera nel caso di lavoro autonomo.
Se il rischio economico e` normalmente in-
compatibile con la natura giuridica del con- tratto di lavoro subordinato, il rischio in sen- so lato puo` ricorrere anche in tale ipotesi. Ad esempio, la retribuzione a cottimo, o con percentuale sugli utili, non implica, di per se´, l’esclusione del rapporto di lavoro subor- dinato.
8.4. Criteri distintivi tra lavoro subordinato e autonomo.
Nel caso in cui un lavoratore sostenga di ave- re prestato la sua opera in condizioni di su- bordinazione, pur avendo inizialmente firma- to un formale contratto di lavoro autonomo, possono distinguersi due ipotesi, che il giudi- ce deve verificare.
La prima e` che le parti abbiano voluto attuare
un rapporto di subordinazione, ma, per aggi- rare o nascondere la subordinazione, e con essa gli obblighi e gli oneri che la sua discipli- na comporta, abbiano dichiarato espressa- mente di volere un rapporto di lavoro autono- mo oppure se siano espresse in modo non chiaro.
Il contratto dissimulato prevale su quello si- mulato ai sensi del 28 co. dell’art. 1414 c.c.,
8.4 Cap. VIII
mentre le difficolta` di interpretare le dichia- razioni di volonta` debbono essere superate ai sensi dell’art. 1362 c.c., che prescrive all’in- terprete di non limitarsi al senso letterale delle parole, ma di valutare anche il compor- tamento delle parti in sede esecutiva.
Cio` in quanto, la pur preliminare indagine
sull’effettiva volonta` negoziale non puo` esse- re disgiunta da una verifica dei relativi risul- tati con riguardo alle modalita` e caratteristi- che concrete assunte dalla prestazione nel corso del rapporto.
La seconda ipotesi e` che i contraenti, voluto
effettivamente un rapporto di lavoro autono- mo, non abbiano, poi, tradotto in atto la di- chiarazione, ma durante lo svolgimento del rapporto stesso abbiano manifestato – attra- verso fatti concludenti – modifiche o muta- menti della volonta` negoziale gia` espressa, con conseguente mutamento del regime nor- mativo.
Specialmente nel rapporto di lavoro, del re- sto, gli atteggiamenti delle parti assumono ri- levanza giuridica non tanto in sede di conclu- sione del contratto quanto nella fase in cui le prestazioni vengono scambiate, onde e` dal contenuto di essa che e` dato risalire al tipo negoziale in cui la vicenda concreta deve es- sere inquadrata.
Nell’una e nell’altra ipotesi spetta dunque al giudice di merito il rilievo, e la conseguente qualificazione giuridica, del comportamento tenuto dalle parti durante l’attuazione del rapporto di lavoro, prendendo come base di partenza il nomen iuris, utilizzato dai con- traenti.
Sul rilievo da dare alla volonta` delle parti in
ordine alla qualificazione del rapporto di la- voro (se subordinato o autonomo) esistono nella giurisprudenza della Cassazione due ben distinti indirizzi giurisprudenziali: uno, come la decisione in commento, che attribui- sce rilevanza primaria, anche se non deter-
minante, alla volonta` delle parti ed alla qua- lificazione del rapporto data dalle stesse; l’al- tro (di cui e` espressione Cass. 7885/1997) secondo cui aspetta al giudice del merito ac- certare il comportamento tenuto dalle parti nell’attuazione del rapporto di lavoro, al fine della conseguente qualificazione giuridica dello stesso come lavoro autonomo ovvero lavoro subordinato, senza che a cio` sia di im- pedimento la formale qualificazione delle parti in sede di conclusione del contratto in- dividuale, sia nel caso in cui le parti, pur vo- lendo attuare un rapporto di subordinazione, abbiano simulatamente dichiarato di volere un rapporto di lavoro autonomo (al fine di eludere la disciplina legale inderogabile in materia), sia nell’ipotesi in cui tale volonta` sia autentica, ma durante lo svolgimento del rapporto medesimo le parti stesse, con comportamenti concludenti, abbiano manife- stato l’intenzione di mutare la natura del rap- porto, ponendo in essere un rapporto di la- voro subordinato.
Requisiti determinanti ai fini della distinzio-
ne tra lavoro autonomo e lavoro subordinato sono ravvisabili nell’assoggettamento del la- voratore al potere organizzativo, gerarchico e disciplinare del datore di lavoro – potere che deve estrinsecarsi in specifici ordini (e non in semplici direttive, compatibili anche con il lavoro autonomo) –, oltre che nell’e- sercizio di una assidua attivita` di vigilanza e controllo sull’esecuzione dell’attivita` lavora- tiva e nello stabile inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale del datore di lavoro;
il rischio economico dell’attivita` lavorativa e la forma di retribuzione hanno, invece, carattere sussidiario e sono utilizzabili specialmente quando nel caso concreto non emergono ele- menti univoci a favore dell’una o dell’altra solu- zione (nella specie, il Giudice di merito, con la sentenza confermata dalla Suprema Corte, ave- va ritenuto correttamente qualificato contrat- tualmente nell’ambito del lavoro autonomo – in
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.4
relazione alla piena autonomia delle modalita` di esecuzione, nell’ambito delle direttive impartite, pur in presenza di un compenso fisso giornaliero e di un obbligo di esclusiva – un’attivita` di su- pervisione delle officine produttive della conve- nuta, di gestione del magazzino, di controllo di qualita` e di ispezione presso i fornitori)
(Cass. 11.9.2000, n. 11936, OGL, 2000, I, 642).
L’elemento caratterizzante il lavoro subordi- nato e` il vincolo della subordinazione, inteso come inserimento del lavoratore nell’orga- nizzazione dell’impresa in via continuativa e sistematica,
nonche´ come esercizio di una costante vigilanza del datore di lavoro sull’operato del lavoratore, mentre hanno valore sussidiario altri elementi, quali le modalita` della prestazione, la forma del compenso e l’osservanza di un determinato orario
(Cass. 1.10.1997, n. 9606, RCDL, 1998, 472).
Va ritenuta la natura subordinata e non auto- noma del rapporto di lavoro, ove sia accerta- ta l’esistenza del vincolo di subordinazione, ricavabile, pur in presenza di una certa fles- sibilita` dell’orario, dalla valutazione comples- siva di una serie di elementi di fatto sintoma- tici, quali la natura delle mansioni esercitate, la totale assenza di rischio d’impresa e orga- nizzazione imprenditoriale del prestatore,
l’inserimento nell’organizzazione imprenditoria- le del datore con utilizzo esclusivo di strumenti dal medesimo forniti, la retribuzione fissa men- sile non correlata al risultato del lavoro prestato, e la continuita` e l’esclusivita` della prestazione (Pret. Parma 12.12.1996, RCDL, 1997, 616).
Ai fini della decisione circa la natura subordi- nata di un rapporto di lavoro deve verificarsi, secondo la tesi c.d. tipologica della subordi- nazione, la ricorrenza di indici che, in una va- lutazione di prevalenza, fondino un giudizio di approssimazione a una figura tipica;
nella fattispecie e` stata affermata la natura su- bordinata del rapporto risultando accertati i se- guenti elementi: inserzione della prestazione nell’attivita` aziendale, parziale svolgimento della prestazione stessa nei locali dell’azienda, conti-
nuita`, orario di lavoro sia pure elastico, eterode- terminazione, potere dispositivo nei confronti di altri dipendenti, percezione di compenso fisso garantito (oltre che di una parte mobile)
(Pret. Xxxxxx 00.0.0000, RCDL, 1995, 635).
Ci sono, poi, rapporti di lavoro che, pur es- sendo formalmente qualificati come rapporti di lavoro autonomo, nella sostanza e malgra- do la qualifica formale ad essi attribuita, si svolgono con le caratteristiche tipiche del rapporto di lavoro subordinato.
La giurisprudenza, a tal proposito, ha preci- sato che non e` affatto determinante la quali- ficazione formale che le parti hanno dato al loro rapporto, vale a dire il c.d. nomen iuris utilizzato dalle parti per definirlo:
Ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come subordinato o autonomo, il criterio del no- men iuris adottato dalle parti non ha valore prevalente, dovendo la qualificazione medesima desumersi, oltre che dal dato formale, dalle con- crete modalita` della prestazione e di attuazione del rapporto
(Cass. 27.11.2002, n. 16805, MGL, 2003, 127).
Gli elementi che differenziano il lavoro su- bordinato da quello autonomo sono l’assog- gettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro e l’inseri- mento del dipendente, in condizione di limi- tata autonomia, nell’organizzazione azienda- le, rilevando piu` l’esistenza in capo alle par- ti dei relativi diritti e obblighi derivanti dal contratto che l’entita` del concreto esercizio dei propri poteri da parte del datore di la- voro;
al riguardo non e` determinante la qualificazione iniziale del rapporto compiuta dalle parti, attesa l’idoneita` del loro successivo comportamento a esprimere una diversa effettiva volonta` contrat- tuale; sono elementi sussidiari per la qualifica- zione del rapporto l’assenza del rischio, la conti- nuita` della prestazione, l’osservanza di un ora- rio, nonche´ la cadenza e misura fissa della retri- buzione
(Cass. 4.2.2002, n. 1420, RCDL, 2002, 398).
Indipendentemente dalle definizioni contrat-
8.4 Cap. VIII
tuali, ricorre rapporto di lavoro subordinato di collaborazione fissa quando la prestazione del giornalista e` qualificata dal carattere con- tinuativo,
dal vincolo della dipendenza e dalla responsabi- lita` di un servizio, intesa quale impegno di trat- tare in modo continuativo ed attraverso la rela- zione di articoli uno specifico settore o specifici argomenti d’informazione
(Cass. 9.6.2000, n. 7931, FI, 2000, I, 3147).
Fissati, quindi, i criteri distintivi elaborati in sede giurisprudenziale, si vedano alcuni casi specifici che possono servire da esempio.
In caso di prestazioni che, per la loro natura intellettuale, mal si adattano ad essere ese- guite sotto la direzione del datore di lavoro e con una continuita` regolare, anche negli orari, ai fini della qualificazione del rapporto come subordinato oppure autonomo, sia pu- re con collaborazione coordinata e continua- tiva, il primario parametro distintivo della su- bordinazione, intesa come assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo del da- tore di lavoro,
deve essere necessariamente accertato o esclu- so mediante il ricorso ad elementi sussidiari, che il giudice deve individuare in concreto – con ac- certamento di fatto incensurabile in cassazione se immune da vizi giuridici e adeguatamente motivato – dando prevalenza ai dati fattuali emergenti dal concreto svolgimento del rappor- to, senza che il nomen iuris utilizzato dalle par- ti possa assumere carattere assorbente (fatti- specie relativa a prestazioni sanitarie eseguite da medici presso una casa di cura privata e for- malmente definite, nei relativi contratti, come prestazioni libero-professionali)
(Cass. 28.3.2003, n. 4770, NGiL, 2003, 550).
Il venditore porta a porta, in assenza di un’attivita` rigidamente svolta e preordinata dal datore di lavoro con vincolo di subordina- zione,
va qualificato come lavoratore autonomo (nella specie, si trattava di attivita` svolta da incaricati di vendita diretta alla commercializzazione di prodotti alimentari surgelati attraverso il siste-
ma della vendita presso il domicilio di clienti pri- vati, con effettuazione della consegna dei pro- dotti e incasso del relativo prezzo di listino) (Trib. Xxxxxx Xxxxxx 00.0.0000, XX, 2003, I, 1249).
La collaborazione prestata per diversi anni a favore di influente uomo politico per la trat- tazione di istanze dei cittadini, senza eroga- zione di corrispettivo,
ma solo con la promessa di sistemazione del fi- glio del collaboratore, non puo` qualificarsi rap- porto di lavoro subordinato
(Trib. Taranto 22.3.2000, RIDL, 2001, II, 22).
Integra un rapporto di lavoro subordinato l’attivita` svolta in qualita` di «aiuto istruttore sub» e animatore di un villaggio turistico, ove sia accertata l’esistenza del vincolo di su- bordinazione, ricavabile da una serie di «in- dici» sintomatici quali: l’eterodirezione, inte- sa come soggezione del lavoratore al potere direttivo della datrice di lavoro; la natura delle mansioni esercitate;
l’inserimento continuativo e sistematico nell’or- ganizzazione dell’impresa; le modalita` di eroga- zione della retribuzione, comprovanti l’assenza di rischio d’impresa da parte del lavoratore, a nulla rilevando il diverso nomen juris (nella specie, lavoro autonomo avente per oggetto pre- stazioni di consulenza) concordato fra le parti (Trib. Roma 22.1.1999, RCDL, 1999, 590).
Non puo` configurarsi come lavoro prestato in regime di subordinazione l’opera svolta vo- lontariamente nell’ambito di una congrega- zione religiosa,
che si sostanzi in attivita` di tipo religioso e di culto; le prestazioni svolte religionis causa de- vono ritenersi gratuite, non essendovi alcun ti- tolo per la loro retribuzione
(Pret. Roma 12.8.1996, RIDL, 1997, II, 472).
La difficolta` di stabilire in modo certo la sus- sistenza di un rapporto di lavoro autonomo o subordinato e` confermata dalle pronunce, spesso contrastanti, della giurisprudenza, che ha di volta in volta delineato dei criteri
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.4
di distinzione fra i due tipi di rapporto di la- voro.
La distinzione tra i due tipi di lavoro (subor- dinato e autonomo) anche se nella realta` non sempre e` agevole e` fondamentale ai fini sia pratici che sistematici.
Comunque gli elementi distintivi tra i due ti- pi di rapporto si rinvengono: nella posizione perche´ il lavoratore non subordinato e` in una posizione di autonomia nella gestione dell’attivita`; nell’oggetto della prestazione che nel lavoro autonomo e` costituito dal ri- sultato finale mentre nel lavoro subordinato e` costituito dalle stesse energie lavorative esplicate secondo le direttive del datore di lavoro; nell’organizzazione di «impresa» (studio professionale, officina artigiana) che difetta nel lavoro subordinato; nell’inci- denza del rischio che nel caso di lavoro auto- nomo ricade completamente sul lavoratore mentre ne e` del tutto esonerato il lavoratore subordinato; nel corrispettivo che nel lavoro autonomo e` di norma stabilito per il risultato finale a prescindere dal tempo impiegato.
Ai sensi dell’art. 2222 c.c. ricorre l’ipotesi di lavoro autonomo
quando una persona si obbliga verso un corri- spettivo a compiere un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vin- colo di subordinazione nei confronti del commit- tente
(art. 2222 c.c.).
Nel rapporto di lavoro subordinato il lavora- tore mette le proprie energie lavorative a di- sposizione del datore di lavoro; di contro il lavoratore autonomo garantisce al commit- tente la realizzazione di un’opera ovvero di un risultato, in funzione del quale matura il suo diritto al corrispettivo.
Nell’esecuzione del contratto di lavoro auto- nomo il lavoratore versa in una posizione di dipendenza nei confronti del committente ri- spetto al quale non intercorre alcun vincolo di subordinazione.
Ai fini dell’accertamento della natura autono- ma o subordinata del rapporto di lavoro, puo` essere riconosciuto un ruolo rilevante alla vo- lonta` manifestata dalle parti al momento del- l’instaurazione del rapporto stesso, soprattut- to in quei casi in cui la prestazione del lavo- ratore sia di notevole valore intellettuale e/o professionale, il lavoratore non sia persona sprovveduta ne´ in posizione di inferiorita` ri- spetto al datore di lavoro sotto il profilo eco- nomico-sociale-culturale e il lavoratore me- desimo sia pienamente consapevole delle conseguenze derivanti dalla qualificazione in via autonoma del rapporto di lavoro in ter- mini di perdita delle tutele e delle garanzie connesse al rapporto di lavoro subordinato,
talche´ le stesse possano considerarsi ultronee ri- spetto alla reciproca soddisfazione degli scopi e degli interessi perseguiti dalle parti (nella fatti- specie, ai fini dell’accertamento della natura del rapporto di lavoro intercorso tra una biologa e un centro di analisi mediche, e` stata attribuita rilevanza decisiva alla volonta` delle parti di in- staurare un rapporto di lavoro autonomo in con- siderazione del fatto che in concreto il rapporto non si e` svolto con modalita` che potessero far presumere il superamento dell’originario inten- dimento delle parti attraverso la realizzazione della subordinazione, non essendo state conside- rate tali la corresponsione di un compenso men- sile e l’utilizzazione da parte del lavoratore delle strutture del datore di lavoro, in quanto compa- tibili anche con un rapporto di lavoro autonomo (Pret. Pistoia 14.1.1995, Xx, 0000, 631, con nota di Scorcelli).
Va ritenuta la natura subordinata e non auto- noma del rapporto di lavoro, ove sia accerta- ta l’esistenza del vincolo di subordinazione, ricavabile, pur in presenza di una certa fles- sibilita` dell’orario, dalla valutazione comples- siva di una serie di elementi di fatto sintoma- tici,
quali la natura delle mansioni esercitate, la tota- le assenza di rischio d’impresa e organizzazione imprenditoriale del prestatore, l’inserimento nell’organizzazione imprenditoriale del datore con utilizzo esclusivo di strumenti dal medesimo forniti, la retribuzione fissa mensile non correla-
8.4 Cap. VIII
ta al risultato del lavoro prestato, e la continuita` e l’esclusivita` della prestazione
(Pret. Parma 12.12.1996, Xx, 0000, 616).
Ogni attivita` lavorativa puo` essere espletata sia in regime di subordinazione che in forma autonoma, per cui ai fini della qualificazione del rapporto vanno esaminati tutti gli elemen- ti disponibili, il Collegio fornisce i criteri di- stintivi in base ad un principio condiviso dalla giurisprudenza (Cass. 23.7.2004, n. 13884,
GCM, 2004, 7-8; Cass. 29.5.1996, n. 4948,
DPLav, 1996, 3338; Cass. 22.8.2003, n.
12364, MGC, 2003, 1991) che di seguito si riassume.
Ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e subordinato, deve tenersi conto:
1) dalla volonta` delle parti contraenti, tenendo
presente il «nomen juris» utilizzato;
2) del comportamento complessivo delle mede- sime, anche posteriore alla conclusione del con- tratto
(Cass. 7.12.2007, n. 25666, www.lapreviden-
xx.xx, 2007).
In caso di contrasto fra dati formali e dati fat- tuali relativi alle caratteristiche e modalita` della prestazione e` necessario dare prevalen- te rilievo ai secondi.
Tuttavia, quando sia proprio la conformazione fattuale del rapporto ad apparire dubbia, non ben definita o non decisiva, l’indagine deve esse- re svolta in modo tanto piu` accurato sulla volon- ta` espressa in sede di costituzione del rapporto (Xxxxxxx 2007).
La natura subordinata ovvero autonoma del rapporto di lavoro e` collegata all’effettiva sussistenza di un vincolo di subordinazione, a tal fine costituiscono elementi decisivi per l’accertamento del vincolo di subordina- zione:
– la specificita` dell’incarico conferito al lavo- ratore;
– la conformazione della prestazione del la- voratore alle esigenze dell’impresa.
Costituiscono, invece, elementi sussidiari: la cd. assenza del rischio; la continuita` della prestazio-
ne; l’osservanza di un orario; la localizzazione della prestazione; la cadenza e la misura fissa della retribuzione
(Cass. 28.7.2008, n. 20532, xxx.xxxxxxx.xxx).
Ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e subordinato, non deve prescindersi dalla volonta` delle parti contraenti, e sotto questo profilo, va tenuto presente il nomen iuris utilizzato, il quale pero` non ha un rilievo as- sorbente, poiche´ deve tenersi conto altres`ı, sul piano della interpretazione della volonta` delle stesse parti, del comportamento com- plessivo delle medesime, anche posteriore alla conclusione del contratto ai sensi del- l’art. 1362, 28 co., c.c.,
e in caso di contrasto tra dati formali e fattuali relativi alle caratteristiche e alle modalita` della prestazione e` necessario dare rilievo ai secondi, dato che la tutela relativa al lavoro subordinato, per il suo rilievo pubblicistico e costituzionale, non puo` essere elusa per mezzo di una configu- razione formale, non rispondente alle concrete modalita` di esecuzione del contratto
(Cass. 10.12.2008, n. 29000, www.irpiniajo- x.xx).
La distinzione fra rapporto di lavoro autono- mo e subordinato ha costituito fertile ogget- to di dibattiti e scontri in dottrina e giuri- sprudenza, data l’indubbia rilevanza che essa riveste sia sotto il profilo teorico sia sotto l’a- spetto piu` strettamente pratico.
A tale distinzione si ricollegano, infatti, di- verse conseguenze.
Xx invero, al rapporto di lavoro subordinato si applica la tutela giuslavoristica prevista dal codice civile, dalle leggi speciali e dai con- tratti collettivi di lavoro, laddove il rapporto di lavoro autonomo soggiace alla disciplina del contratto d’opera, se ha carattere perso- nale, ovvero alla disciplina sull’impresa, nel caso in cui rivesta carattere imprenditoriale. Piu` precisamente, al rapporto di lavoro su- bordinato si ricollegano diversi effetti, distin- ti dalla dottrina in effetti diretti ed indiretti. I primi incidono sullo stesso contenuto del
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.4
rapporto di lavoro, investendo diversi aspetti (applicazione dei contratti collettivi, diritto alla retribuzione, trattamento di fine rappor- to).
I secondi incidono sulle conseguenze ricon- nesse all’instaurazione del rapporto di lavo- ro, a cui si ricollegano situazioni giuridiche di carattere previdenziale, amministrativa e finanche penale.
Nel caso in cui la prestazione dedotta in contrat- to sia estremamente elementare, ripetitiva e pre- determinata nelle sue modalita` di esecuzione ed al fine della distinzione tra rapporto di lavoro autonomo e subordinato, il criterio rappresenta- to dall’assoggettamento del prestatore all’eserci- zio del potere direttivo, organizzativo e discipli- nare non risulti, in quel particolare contesto, si- gnificativo, per la qualificazione del rapporto di lavoro occorre far ricorso a criteri distintivi sus- sidiari, quali la continuita` e la durata del rappor- to, le modalita` di erogazione del compenso, la re- golamentazione dell’orario di lavoro, la presenza di una pur minima organizzazione imprenditoria- le (anche con riferimento al soggetto tenuto alla fornitura degli strumenti occorrenti) e la sussi- stenza di un effettivo potere di autorganizzazio- ne in capo al prestatore, desunto anche dalla eventuale concomitanza di altri rapporti di lavoro (Cass. 21.1.2009, n. 1536, GuLav, 2009, 11).
Elemento essenziale e determinante del la- voro subordinato, costituente elemento di- scretivo rispetto al lavoro autonomo, e` il vin- colo della subordinazione – la quale consiste per il lavoratore in un vincolo di assoggetta- mento gerarchico e per il datore di lavoro nel potere di imporre direttive non soltanto ge- nerali, in conformita` di esigenze organizzati- ve e funzionali, ma tali da inerire di volta in volta all’intrinseco svolgimento della funzio- ne –, mentre altri elementi, quali le modalita` della prestazione, la forma del compenso e l’osservanza di un determinato orario, assu- mono valore sussidiario.
Resta pertanto irrilevante l’eventuale discon- tinuita` della prestazione che non sia dovuta ad una libera scelta del lavoratore, ma ri-
sponda, al contrario, a criteri di distribuzione del lavoro in turni prefissati dal datore e con modalita` di erogazione prestabilite in consi- derazione delle esigenze aziendali.
Altrettanto irrilevante, in presenza degli altri in- dici, e` la facolta` del lavoratore di accettare o me- no il turno o attivarsi per farsi sostituire, ricor- rendo in quest’eventualita` un’ipotesi di lavoro a tempo parziale ad orario flessibile. Neppure ri- leva il mancato esercizio da parte del datore di lavoro del potere disciplinare se questo sia do- vuto all’assenza in concreto di fatti rilevanti sot- to il profilo disciplinare
(Cass. 5.4.2005, n. 7025, IL, 2005, n. 6, 77; XX,
0000, 7, 65, sez. Giurisprudenza).
Ai fini della distinzione del rapporto di lavoro subordinato da quello autonomo, pur non potendosi prescindere dalla volonta` delle parti contraenti, tenendo presente il «no- men iuris» dalle stesse adottato, elemento fondamentale e` l’assoggettamento del lavo- ratore al potere direttivo, organizzativo e di- sciplinare,
estrinsecantesi in ordini specifici oltre che in una vigilanza ed un controllo assiduo delle pre- stazioni lavorative, da valutarsi con riferimento alla peculiarita` dell’incarico conferito al lavora- tore e alle modalita` della sua attuazione
(Cass. 9.3.2004, n. 4797, LG, 2004, 992).
Gli elementi che differenziano il lavoro su- bordinato da quello autonomo sono l’assog- gettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con con- seguente limitazione di autonomia, e l’inseri- mento nell’organizzazione aziendale; la qua- lificazione del rapporto compiuta dalle parti nella iniziale stipulazione del contratto non e` determinante, stante la idoneita`, nei rap- porti di durata, del comportamento delle parti ad esprimere sia una diversa effettiva volonta` contrattuale, sia una nuova diversa volonta`.
Invece, elementi quali l’assenza del rischio, l’os- servanza di un orario di lavoro e la cadenza e la misura fissa della retribuzione assumono natura
8.4 Cap. VIII
meramente sussidiaria e non decisiva, fermo re- stando che l’apprezzamento, in concreto, circa la riconducibilita` di determinate prestazioni ad un rapporto di lavoro subordinato o autonomo si risolve in un accertamento di fatto che, ove adeguatamente e correttamente motivato, in rapporto ad un esatto parametro normativo, e` incensurabile in Cassazione
(Cass. 20.6.2003, n. 9900, MGC, 2003, 1486;
xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx, 2003).
A seguito di uno specifico negozio novativo, un rapporto di lavoro subordinato puo` essere sostituito da uno di lavoro autonomo ma a tal fine e` necessario che all’univoca volonta` del- le parti di mutare il regime giuridico (ed il nomen iuris) del rapporto si accompagni un effettivo mutamento dello svolgimento delle prestazioni lavorative come conseguen- za del venir meno del vincolo di assoggetta- mento del lavoratore al datore di lavoro, seb- bene rimanga identico il contenuto della pre- stazione stessa.
La valutazione (positiva o negativa) del giudice di merito – la cui reale prosecuzione come rap- porto di lavoro subordinato anche dopo la sua convenzionale qualificazione come rapporto di lavoro autonomo deve essere dimostrata dal la- voratore stesso – e` incensurabile in sede di legit- timita`, se adeguatamente motivata
(Cass. 20.5.2002, n. 7310, FI, 2003, 1148).
Ai fini dell’accertamento della natura auto- noma o subordinata del rapporto di lavoro, anche in presenza della qualificazione in via autonoma operata dalle parti, deve attribuir- si rilevanza decisiva alla sussistenza del re- quisito della subordinazione da accertarsi al- la luce delle concrete modalita` di svolgimen- to del rapporto di lavoro, con la conseguenza che non possono ravvisarsi gli estremi del rapporto di agenzia,
bens`ı quelli del rapporto di lavoro subordinato, nell’attivita` svolta da alcuni venditori con stabile inserimento della loro prestazione nell’organiz- zazione aziendale del datore di lavoro, senza al- cun rischio di impresa e nel rispetto delle diret- tive impartite dal datore di lavoro
(Pret. Torino 7.12.1995, Xx, 0000, 694).
Ai fini dell’accertamento della natura auto- noma o subordinata del rapporto di lavoro, puo` essere riconosciuto un ruolo rilevante al- la volonta` manifestata dalle parti al momento dell’instaurazione del rapporto stesso, so- prattutto in quei casi in cui la prestazione del lavoratore sia di notevole valore intellet- tuale e/o professionale, il lavoratore non sia persona sprovveduta ne´ in posizione di infe- riorita` rispetto al datore di lavoro sotto il profilo economico-sociale-culturale e
il lavoratore medesimo sia pienamente consape- vole delle conseguenze derivanti dalla qualifica- zione in via autonoma del rapporto di lavoro in termini di perdita delle tutele e delle garanzie connesse al rapporto di lavoro subordinato, tal- che´ le stesse possano considerarsi ultronee ri- spetto alla reciproca soddisfazione degli scopi e degli interessi perseguiti dalle parti (nella fat- tispecie, ai fini dell’accertamento della natura del rapporto di lavoro intercorso tra una biologa e un centro di analisi mediche, e` stata attribuita rilevanza decisiva alla volonta` delle parti di in- staurare un rapporto di lavoro autonomo in con- siderazione del fatto che in concreto il rapporto non si e` svolto con modalita` che potessero far presumere il superamento dell’originario inten- dimento delle parti attraverso la realizzazione della subordinazione, non essendo state consi- derate tali la corresponsione di un compenso mensile e l’utilizzazione da parte del lavoratore delle strutture del datore di lavoro, in quanto compatibili anche con un rapporto di lavoro autonomo
(Pret. Pistoia 14.1.1995, Xx, 0000, 631).
Determinante ai fini dell’individuazione della distinzione tra rapporto di lavoro autonomo e quello subordinato e` stato il contributo for- nito dalla giurisprudenza, la quale ha elabo- rato un articolato sistema di criteri, i cc.dd. indici della subordinazione, il cui ordine e` sostanzialmente gerarchico:
1) indici essenziali: riguardano il vincolo della subordinazione inteso in se´ e per se´, quali a) l’assoggettamento al datore di lavoro, esplican- tesi fra l’altro in un potere disciplinare, di con- trollo e di vigilanza; b) l’inserimento in via con- tinuativa e sistematica nell’organizzazione aziendale;
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.4
2) indici residuali: riguardano l’orario di lavoro, l’oggetto della prestazione, il luogo della presta- zione, l’esistenza o meno di un’organizzazione d’impresa da parte del lavoratore e nell’inciden- za del rischio, che possono avere soltanto la fun- zione di rafforzare i precedenti ma non di sosti- tuirli
(Cass. 6.11.1992, n. 12033, XXXxx., 0000, n. 50,
3399).
Il committente e` il garante della sicurezza dei lavoratori autonomi incaricati a svolgere dei lavori allorquando non sussistono i re- quisiti della prestazione d’opera o di servizi ma si riscontrano quelli tipici della subordi- nazione.
Una recente sentenza della Corte di Cassa- zione ha fornito delle utili indicazioni circa la individuazione dei limiti fra il lavoro subor- dinato e quello da considerarsi autonomo nonche´ degli elementi tipici che caratterizza- no tali tipi di lavoro per cui, se avviene che il committente affidi dei lavori da eseguirsi nel- la sua proprieta` a dei prestatori d’opera privi di alcuna specializzazione ed organizzazione e mettendo a disposizione degli stessi attrez- zature e materiali necessari per la realizza- zione dei lavori stessi, assume di fatto la figu- ra di datore di lavoro nei confronti dei pre- statori d’opera che non possono considerarsi lavoratori autonomi e nei confronti dei quali quindi egli diventa garante della loro salute e sicurezza sul lavoro.
In merito al rapporto di lavoro, il «commit- tente», sostenendo di non svolgere alcuna attivita` di impresa ed essendosi limitato ad affidare dei lavori su di un bene proprio, ha contestato che quello intercorso con gli ope- rai potesse essere considerato un rapporto di lavoro subordinato dovendo invece lo stesso essere inquadrato nell’ambito del contratto di prestazione d’opera disciplinato dall’art. 2222 c.c.
Lo stesso ha posto altres`ı in evidenza che per la prestazione era stato previsto un compen-
so complessivo ad ultimazione dell’opera, se- condo le modalita` tipiche del contratto d’o- pera manuale, tant’e` che i muratori avevano portato con se´ gli strumenti necessari per eseguire il lavoro.
Nel richiamare i principi giurisprudenziali af- fermati in precedenti sentenze dalla stessa Corte di Cassazione, la sez. IV ha evidenziato inoltre che colui che da` in concreto l’ordine di effettuare un lavoro, anche se non impar- tisce delle direttive in ordine alle modalita` di esecuzione dello stesso, assume di fatto la mansione di «dirigente», con il conseguente dovere di accettarsi che il lavoro venga com- piuto nel rispetto delle norme antinfortuni- stiche.
Contrariamente poi a quanto sostenuto dalla difesa in merito al rapporto intercorso tra il committente e gli operai ritenuto da inqua- drarsi nel contratto di prestazione d’opera disciplinato dall’art. 2222 c.c., la Suprema Corte ha posto in evidenza che
elemento essenziale, come tale indefettibile, del rapporto di lavoro subordinato – e criterio di- scretivo, nel contempo, rispetto a quello di lavo- ro autonomo – e` la subordinazione intesa questa come vincolo di soggezione personale del pre- statore al potere direttivo del datore di lavoro, che inerisce alle intrinseche modalita` di svolgi- mento delle prestazioni lavorative e non gia` sol- tanto al loro risultato, mentre hanno carattere sussidiario e funzione meramente indiziaria – secondo l’orientamento, ormai consolidato al- meno nelle linee essenziali, della giurisprudenza di questa Corte Sezioni Civili (ex plurimis Cass. S.U. n. 379/99; Cass. n. 9623/02) – altri elementi del rapporto di lavoro (quali, ad esem- pio, collaborazione, osservanza di un determina- to orario, continuita` della prestazione lavorativa, inserimento della prestazione medesima nell’or- ganizzazione aziendale e coordinamento con l’attivita` imprenditoriale, assenza di rischio per il lavoratore, forma della retribuzione), che – lungi dal surrogare la subordinazione o, comun- que, dall’assumere valore decisivo ai fini della prospettata qualificazione giuridica del rapporto
– possono, tuttavia, essere valutati globalmente come indizi della subordinazione stessa, tutte le
8.4 Cap. VIII
volte che non ne sia agevole l’apprezzamento di- retto a causa di peculiarita` delle mansioni, che incidano sull’atteggiarsi del rapporto
(Cass. 4.3.2009, n. 5217, www.legge-e-giusti-
xxx.xx, 2009)
La sez. IV ha concluso ribadendo che,
come correttamente rilevano i giudici di merito, le situazioni di rischio, esistenti nel luogo ove veniva eseguito il lavoro di cui trattasi, erano tal- mente macroscopiche ed evidenti che non pote- vano essere ignorate dall’imputato, il quale non ha neanche, quale minimo comportamento im- prontato a prudenza, avvertito gli operai della presenza a meno di tre metri dal tetto dei fili dell’alta tensione
(Cass. 4.3.2009, n. 5217, www.legge-e-giusti-
xxx.xx, 2009)
La costituzione di fatto del rapporto di lavo- ro subordinato alle dipendenze di un ente pubblico comporta la violazione delle norme che prevedono l’assunzione per concorso. Xxx` esclude la tutela contro i licenziamenti ingiustificati.
L’impiegato che abbia lavorato in condizione di subordinazione per un ente pubblico, in base a un formale contratto di «collaborazione autono- ma», non puo`, in caso di licenziamento ingiusti- ficato, ottenere dal giudice la reintegrazione nel posto di lavoro e il risarcimento del danno in ba- se all’art. 18 St. Lav.
Infatti la costituzione di fatto del rapporto di la- voro subordinato deve ritenersi avvenuta in vio- lazione delle norme imperative che prevedono, per gli enti pubblici, l’obbligo di assumere il per- sonale mediante procedure di carattere concor- suale (art. 5 L. n. 470/75, art. 36 decreto legisla- tivo n. 29/93); specifiche disposizioni, anche a prescindere dal generale disposto di cui all’art. 1418 cod. civ., hanno previsto la nullita` di tali assunzioni (art. 6, comma 3, legge n. 470/75) o, comunque, l’impossibilita` di costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato in caso di violazione da parte delle pubbliche ammini- strazioni delle disposizioni imperative riguar- danti l’assunzione e l’impiego dei lavoratori (art. 36, commi 7 e 8, dl n. 29/93, come sostituiti prima dall’art. 17 dl.vo n. 546/93 e poi dall’art. 22 del dl.vo n. 80/98, ora trasfusi nell’art. 36 dl.vo n. 165/01).
La nullita` del rapporto di lavoro subordinato in- stauratosi di fatto tra un impiegato e un ente
pubblico comporta, come conseguenza, l’inap- plicabilita` della normativa in tema di tutela del lavoratore in ipotesi di illegittimo licenziamento (Cass. 4.3.2009, n. 5217, www.legge-e-giusti-
xxx.xx, 2009).
Il requisito dell’assoggettamento, che carat- terizza il lavoro subordinato, deve essere adattato ai vari tipi di attivita`.
E` necessaria una differenziazione.
L’esatta identificazione del paradigma nor- mativo proprio del rapporto di lavoro subor- dinato alla luce delle generiche indicazioni di legge si e` rivelata nel tempo, con la profonda evoluzione della realta` economico-produtti- va e sociale che ha caratterizzato la seconda meta` del Novecento e i primi anni del XXI secolo, una operazione interpretativa di ele- vata problematicita`; sono state individuate definizioni piu` o meno comprensive, sono stati elaborati differenziati criteri legali di identificazione, si e` discusso dell’ampiezza del perimetro oggi assegnato dall’ordinamen- to al rapporto di lavoro subordinato.
In particolare i due sistemi di identificazione che appaiono tra i piu` diffusi sono notoria- mente quello ispirato al c.d. metodo sussun- tivo e quello c.d. tipologico; la giurispruden- za di legittimita` ha oscillato nel tempo nella scelta tra questi due metodi nel tentativo di adattare la generica formula normativa ad una realta` in rapido movimento, optando poi prevalentemente per la tendenziale ado- zione del metodo sussuntivo.
Secondo il metodo sussuntivo, l’elemento ca- ratteristico della subordinazione e` costituito dal vincolo di soggezione personale del pre- statore al potere direttivo del datore di lavo- ro, che inerisce alle intrinseche modalita` di svolgimento delle prestazioni lavorative e non gia` soltanto al loro risultato: tuttavia an- che la giurisprudenza piu` rigorosa e` costret- ta spesso ad adattare tale affermazione alle realta` piu` diversificate, sulla base della con- siderazione che alcuni rapporti presentano
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.4
per loro natura, in genere per il contenuto intellettuale ma non solo, una subordinazio- ne attenuata e che comunque la subordina- zione, come definita, non sempre e` apprezza- bile con la stessa intensita` o con le stesse modalita` in tutti i rapporti ecc.
Ne consegue che anche questo prevalente orientamento giurisprudenziale finisce sovente per avallare, nella qualificazione dei rapporti di collaborazione dedotti in giudizio, l’utilizzazione di indicatori – di quella soggezione al potere di- rettivo e di controllo altrui – differenziati per ti- po di rapporto considerato (cfr. ad es. Cass. 18 luglio 2007 n. 15979 a proposito di personale in- fermieristico in una casa di cura; 6 settembre 2007 n. 18692 a proposito di un fisioterapista operante all’interno di una azienda; 22 febbraio 2006 n. 3858 quanto alla prestazione dell’odon- totecnico in funzione del lavoro del dentista; 7 agosto 2008 a proposito di un autista di ambu- lanze; 6 marzo 2006 n. 4770 con riferimento alla attivita` di un giornalista etc.), utilizzazione che costituisce viceversa il nucleo centrale del me- todo tipologico di identificazione del rapporto di lavoro subordinato.
Del resto – ha osservato la Corte – salvo formule astratte, sembra poco proponibile un’appagante definizione di subordinazione che copra contem- poraneamente, tra le varie attivita` umane, il lavo- ro alla catena di montaggio o nel chiuso di un uf- ficio, quello dell’alto dirigente d’azienda, del gior- nalista, del commesso viaggiatore etc. nonche´ al- l’opposto quello del collaboratore domestico o dell’addetto alle pulizie di uno stabile, da qui la necessita` di una differenziazione – piu` o meno consapevole e piu` o meno «spinta» – nella utiliz- zazione di indicatori nella qualificazione, in rap- porto a tipologie con diversa caratterizzazione secondo modelli socio-culturali correnti evocabi- li alla stregua della generica formula di legge. Nel caso in esame – ha affermato la Corte – il Tribunale di Roma, dopo avere enunciato, in apertura della motivazione, i connotati identifi- cativi della subordinazione, quale vincolo di na- tura personale che comporta l’assoggettamento del prestatore d’opera al potere direttivo del da- tore di lavoro, rileva che quando, come nel caso esaminato, in virtu` della natura intellettuale o professionale delle prestazioni lavorative, la configurabilita` o meno di tale elemento non sia agevolmente apprezzabile, occorre far riferi- mento a criteri complementari e sussidiari desu- mibili dalla norma di cui all’art. 2094 cod. civ. I giudici del merito hanno quindi enunciato nel
corso della motivazione – ha osservato la Corte
– una serie complessa di indicatori della relativa qualificazione che, con specifico riguardo alla autonomia implicata per il prestatore dal tipo di attivita` dedotta ad oggetto del contratto di collaborazione considerato, appaiono nel loro complesso sicuramente utili, corrispondendo a quelli elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte con riguardo a prestazioni simili; trattasi soprattutto della continuita` della prestazione tra una serata di traduzioni e letture e l’altra, della permanenza a disposizione per eventuali aggiornamenti tra una lettura e l’altra nell’arco dell’orario stabilito, della predeterminazione da parte della societa` di tempi e modalita` delle pre- stazioni, del fatto che la prestazione era prevista come necessariamente resa all’interno dell’a- zienda avvalendosi di strutture e mezzi da que- sta predisposti, del tipo di compenso, fisso e rapportato alle giornate lavorate, della conse- guente incidenza del rischio per lo piu` sull’im- presa, dal parallelismo istituibile con altri sog- getti che collaborano con la RAI in prestazioni analoghe (salvo differenziazioni ritenute secon- darie) inquadrati come subordinati
(Cass. 3.3.2009, n. 5079, www.legge-e-giusti-
xxx.xx, 2009).
Il comportamento delle parti attesta l’esi- stenza del contenuto del contratto; in base all’art. 1362 c.c.
Il giudice puo` stabilire, in base al comporta-
mento tenuto dalle parti, che un formale contratto di lavoro autonomo abbia dato luo- go alla instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato.
Il comportamento delle parti posteriore alla conclusione del contratto attesta non solo l’esistenza del contratto bens`ı il relativo con- tenuto (con funzione interpretativa, ex art. 1362, 28 co., c.c.).
Essendo espressione della volonta` successi-
va alla conclusione del contratto, questo comportamento puo` manifestare anche una nuova diversa volonta` eventualmente inter- venuta, e diretta a modificare singole clauso- le e talora la stessa natura dell’iniziale rap- porto di lavoro.
Determinante aspetto della natura subordinata del rapporto di lavoro e` l’effettivo svolgimento
8.4 Cap. VIII
dell’attivita` lavorativa (il nomen juris puo` assu- mere solo funzione di riscontro).
L’accertamento degli elementi che consentono di ricondurre, attraverso la valutazione delle ri- sultanze processuali, il fatto concreto (presta- zione lavorativa) all’astratto modulo (subordina- zione), costituisce apprezzamento di fatto, che, se immune da vizi logici e giuridici, e` insindaca- bile in sede di legittimita`.
D’altro canto, la valutazione delle prove (ap- prezzamento dell’attendibilita` e della conclu- denza dei singoli elementi probatori, ed in parti- colare la valutazione d’una prova testimoniale e la scelta delle risultanze ritenute maggiormente idonee alla ricostruzione dei fatti) e` funzione del giudice di merito, che se priva di vizi logici e giu- ridici, in sede di legittimita` e` insindacabile (Cass. 9.2.2009, n. 3175, www.legge-e-giusti-
xxx.xx, 2009).
La prescrizione dei crediti del prestatore di lavoro non decorre nella ipotesi in cui la su- bordinazione venga occultata da un formale rapporto di lavoro autonomo; per mancanza di immediate garanzie di stabilita`.
La prescrizione dei crediti del lavoratore non decorre in costanza di un rapporto di lavoro formalmente autonomo, del quale sia stata successivamente riconosciuta la natura su- bordinata con garanzia di stabilita` reale in relazione alle caratteristiche del datore di la- voro.
In tal caso, infatti, il rapporto e`, nel suo concreto atteggiarsi, di natura subordinata e, cionondi- meno, restando formalmente autonomo, non consente la diretta applicabilita` della disciplina garantista, che potrebbe derivare solo dal futuro (ed eventuale) riconoscimento della natura su- bordinata del rapporto
(Cass. 23.1.2009, n. 1717, www.legge-e-giusti-
xxx.xx, 2009).
La subordinazione si realizza anche median- te la destinazione del prestatore di lavoro presso terzi, con predeterminazione degli orari.
Per disposizioni della societa`, i lavoratori si re- cavano nel luogo e nel tempo loro indicati, per effettuare lavoro di pulizia a favore di terzi, con orari accertati attraverso timbratura del car- tellino, e con retribuzione commisurata al tempo
del lavoro prestato. Nel caso in esame – ha affer- mato la Corte – lo stesso carattere elementare della prestazione non esigeva precisi ordini e di- rettive, oltre al tempo ed al luogo della relativa esecuzione; ben possono, poi, le direttive dato- riali specificarsi attraverso elementi personali o materiali indicati dallo stesso datore; e le perso- ne alle quali e` dal datore delegata questa indica- zione ben possono essere estranee alla stessa azienda.
Il fatto che gli «ordini su cosa fare» fossero poi concretamente dati dal committente – ha ag- giunto la Corte – e` solo la proiezione della gene- rale direttiva datoriale (di recarsi nel luogo e nel tempo indicati): non e` pertanto idoneo ad esclu- dere il rapporto di subordinazione con la stessa societa` ricorrente. La commisurazione del com- penso alla durata delle prestazione – ha osserva- to la Corte – e` indice significativo dell’oggetto contrattuale: non l’opus, bensı` le operae; non esclude bens`ı conferma la natura subordinata del rapporto.
L’assoggettamento del lavoratore al potere di- rettivo, disciplinare e di controllo, esercitato dal datore – ha affermato la Corte – si risolve in una predisposizione; il datore predispone, in una misura maggiore o minore (a seconda del li- vello piu` o meno elevato del lavoro), i luoghi, i tempi e le modalita` della prestazione (che e` per- tanto eterodiretta); e l’oggetto della prestazione in tal modo predisposta si risolve nelle operae (lavoro, nel senso puro del termine, in quanto svincolato da interna ragione e finalita`); alla pre- disposizione non e` necessaria l’indefinita protra- zione del rapporto nel tempo (il rapporto puo` anche essere costituito in funzione dello specifi- co oggetto della prestazione, per tempi brevissi- mi)
(Cass. 13.2.2006, n. 3042, www.legge-e-giusti-
xxx.xx, 2006).
La subordinazione puo` configurarsi anche nel caso di obbligo di reperibilita` per telefo- no; la presenza del lavoratore in azienda e` non requisito indispensabile.
Il rapporto di lavoro subordinato (art. 2094 c.c.) si distingue dal rapporto di lavoro auto- nomo, reso con una o piu` prestazioni isolate (art. 2222 c.c.), ovvero con una prestazione d’opera continuativa e coordinata (art. 409,
n. 3, c.p.c.), in base a diversi e variabili crite- ri, il principale e percio` decisivo dei quali consiste nell’assoggettamento del prestatore
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.4
al potere direttivo (e disciplinare) del datore di lavoro, ossia al potere di precisare il con- tenuto della prestazione lavorativa e di con- trollarne l’esecuzione.
Potere a cui corrisponde l’obbligo di retribui- re il lavoratore quand’anche il lavoro, pur esattamente eseguito, non abbia dato l’utilita` economica sperata.
Il suo esercizio si estrinseca in specifiche di- sposizioni e non in generali direttive, compa- tibili anche col lavoro autonomo, nel relativo controllo sull’esecuzione e, quindi, si risolve nell’inserimento del lavoratore nell’organiz- zazione produttiva diretta dal datore (Cass. 3.6.1998, n. 5464, www.lavoroprevidenza.
xxx, Xxxx. 11.9.2000, n. 12458, www.lavo- xxxxxxxxxxxx.xxx, xxxx://xxx.xxxxxxxxx- xxxxxxx.xxx/xxxxxxxxxxxxx.xxx?xxx00).
Il primo adempie cosı` l’obbligazione serven-
dosi di mezzi non gia` propri bens`ı apparte- nenti al secondo.
Ne´ sulle caratteristiche sostanziali ed effetti-
ve del rapporto, cos`ı come si svolge, possono prevalere elementi formali, quali il nomen iuris attribuito dalle parti (Cass. 10.4.2000, n. 4533 e Cass. 25.9.2000, n. 12685, xxxx://xx- xxxxxx.xxxxxxxx.xx/0000/xxxxxxxxxxxxx/xxxx- coli/13.htm), oppure l’iscrizione del lavora- tore nell’albo delle imprese artigiane (Cass. 14.11.1995, n. 11796, xxxx://xxxxxxxx.xxxxx- xxx.xx/0000/xxxxxxxxxxxxx/xxxxxxxx/00.xxx) o, come nel caso di specie, in una gestione previdenziale separata.
La non rilevanza del risultato economico pro- dotto dalla prestazione esclude che il lavora- tore sia assoggettato al relativo rischio, e piu` in generale al rischio d’impresa, e questa as- senza di rischio e` ben compatibile con una variabilita` della retribuzione – sempre dovu- ta almeno nei limiti dell’art. 36, 18 co., Cost.
– in ragione degli utili conseguiti dal datore.
A questi principi, consolidati nella giurispruden- za di legittimita`, non si e` attenuta la Corte d’ap-
xxxxx, la quale ha escluso la subordinazione del rapporto attribuendo rilevanza decisiva al fatto che la lavoratrice, attuale ricorrente, percepisse una percentuale dei corrispettivi pagati dai clienti che prendessero in locazione autovetture dell’impresa.
Inoltre la Corte di merito ha omesso di accerta- re: a) quali fossero le precise mansioni espletate dalla lavoratrice, ossia se ella esercitasse sempli- ci funzioni di impiegata (art. 2095 cod. civ.) op- pure se potesse assumere iniziative di organiz- zazione autonoma, eventualmente servendosi di collaboratori propri; b) se ella abbia mai rifiu- tato effettivamente, in base a specifiche previ- sioni contrattuali, la stipula di contratti di loca- zione e, in caso positivo, se abbia dovuto giusti- ficare il rifiuto davanti alla datrice di lavoro; c) se abbia mai risposto di danni, e quali, derivanti dalla stipulazione del contratto; d) a quale ora- rio di lavoro, precisamente, ella fosse tenuta, non bastando ad escludere l’assoggettamento ad orario il fatto che, allontanandosi dai locali dell’impresa, ella dovesse essere comunque re- perita attraverso il telefono portatile (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata).
Infatti l’esecuzione delle prestazioni subordinate ben puo` avvenire fuori dai locali dell’impresa; e) se il lavoro notturno dovesse essere retribuito, a prescindere dal meccanismo piu` o meno com- plesso della materiale corresponsione (cfr. pag. 7, ultimo capoverso, della sentenza impugnata). (...) Il suddetto errore nell’applicazione dell’art. 2094 cit. e le lacune della motivazione in fatto comportano la cassazione della sentenza impu- gnata ed il rinvio alla Corte d’appello di Venezia, la quale, uniformandosi ai principi di diritto so- pra enunciati, eseguira` gli accertamenti di cui alle lettere da A ad F, pervenendo all’esatta qua- lificazione del rapporto di lavoro in questione (Cass. 13.5.2004, n. 9154, www.legge-e-giusti-
xxx.xx, 2004).
L’osservanza di un orario di lavoro, come del resto la cadenza e la misura fissa della retri- buzione, o l’assenza del rischio, costituisco- no elementi meramente sussidiari ai fini del- l’accertamento della natura, subordinata o meno, di un rapporto di lavoro,
giacche´ l’elemento distintivo del rapporto di la- voro subordinato consiste nell’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazio- ne della autonomia del lavoratore stesso e suo inserimento nella organizzazione aziendale (Cass. 20.1.2004, n. 849, AC, 2004, 1334).
8.5 Cap. VIII
Anche ai lavoratori autonomi, ai soci di fatto o agli associati in partecipazione, possono essere impartite, dai datori di lavoro o dai consociati, direttive o indicazioni in ordine allo svolgimento del lavoro, specie se sia ne- cessario sopperire ad una minore esperienza di costoro o comunque sia stato concordato, ovvero risulti opportuno o necessario un coordinamento delle attivita`, senza che per cio` solo, possa ritenersi inequivocamente provata la esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, caratterizzato invece da un piu` pregnante vincolo di natura personale,
che impone al dipendente di assoggettarsi al po- tere organizzativo, gerarchico e disciplinare del datore di lavoro, ponendo a disposizione di que- sti le proprie energie lavorative, adeguandosi ai suoi ordini e sottoponendosi al suo controllo nello svolgimento della prestazione
(Cass. 17.12.2003, n. 19532, AC, 2004, 1218).
Ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e subordinato, il fondamentale requisito del- la subordinazione si configura come vincolo di soggezione del lavoratore al potere diretti- vo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, il quale deve estrinsecarsi nella ema- nazione di ordini specifici,
oltre che nell’esercizio di una assidua attivita` di vigilanza e controllo nella esecuzione delle pre- stazioni lavorative, e deve essere concretamente apprezzato con riguardo alla specificita` dell’in- carico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione, non potendo il suddetto control- lo da parte del datore di lavoro estrinsecarsi solo nel riscontro successivo dell’esatto adempimen- to delle prestazioni convenute
(Cass. 22.8.2003, n. 12348, www.legge-e-giu-
stizia, 2003; www.iusetnorma, 2003).
Con riferimento alle prestazioni di contenuto intellettuale, che non richiedono alcuna or- ganizzazione imprenditoriale ne´ postulano una assunzione di rischio a carico del lavora- tore, il criterio fondamentale per l’accerta- mento della natura, autonoma o subordinata, del rapporto di lavoro e` costituito dalla esi-
stenza di un potere direttivo del datore di la- voro che,
pur nei limiti imposti dalla connotazione profes- sionale della prestazione lavorativa, abbia una ampiezza di estrinsecazione tale da consentirgli di disporre, in maniera piena, della stessa nel- l’ambito delle esigenze proprie della sua orga- nizzazione produttiva
(Cass. 13.4.2002, n. 5366, DeG, 2002, 20).
8.5. Il lavoro parasubordinato.
Negli ultimi anni si sono affiancati al classico rapporto di lavoro subordinato innumerevoli modalita` di esercizio dell’attivita` lavorativa: soci lavoratori di cooperative, associati in partecipazione, soci ed amministrato- ri di aziende commerciali ed artigiane, cui verranno presto aggiunte quelle previste dalla legge Biagi, ossia la l. 14.2.2003, n. 30, quali il «lavoro a chiamata», il «lavoro ripar- tito», lo staff leasing e altre ancora.
Se a tutte queste aggiungiamo i sempre piu`
diffusi contratti di «collaborazione coordina- ta e continuativa» ci si trova di fronte ad un quadro davvero ampio e, forse, sin troppo frammentato del panorama normativo, che difficilmente consente di distinguere in mo- do netto tra lavoro autonomo e lavoro subor- dinato.
Come accennato retro, in questo Cap., il co- dice civile distingue in modo preciso sia la nozione di prestatore di lavoro subordinato che il lavoratore autonomo.
Questa dicotomia e` poi arricchita dal con- tratto di «appalto», in cui l’obbligo di com- piere un’opera o un servizio e` assunto da una parte «con organizzazione dei mezzi ne- cessari e con gestione a proprio rischio» (art. 1655), ossia, secondo la communis opinio, nell’ambito di un’attivita` di impresa appalta- trice.
Restano, pero`, fuori dall’ambito del lib. V c.c.
tutti quei rapporti di lavoro che sono estra-
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.5
nei ai modelli economici recepiti, e in certa guisa contrapposti, dal legislatore del 1942: l’industria fordista da un lato, dall’altro la ga- lassia delle botteghe e gli studi professionali. Soltanto il contratto di agenzia riceve una propria disciplina, all’interno del lib. IV: se- condo l’art. 1742, con esso «una parte assu- me stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determi- nata».
In questa definizione vediamo rispecchiata la
caratteristica peculiare del lavoro parasu- bordinato, ossia la compresenza di subordi- nazione e autonomia.
Nessun dubbio che la conclusione dei con- tratti sia un’attivita` che non si puo` svolgere
«a catena di montaggio»: l’agente, al pari del mandatario e del commissionario, deve godere di una certa autonomia negoziale.
E, tuttavia, diversamente da questi, egli si e`
assunto un incarico stabile: la sua prestazio- ne in favore del preponente – che, di norma, xxxx` un’impresa commerciale – fa parte di un rapporto destinato a durare.
Percio`, il preponente avra` tutto l’interesse a prevedere, nel contratto, forme di controllo sull’attivita` dell’agente e di verifica dei risul- tati.
La problematicita` della definizione di lavoro parasubordinato cui sopra si accennava e` ben presente nella giurisprudenza, di legitti- mita` come di merito.
Anche recentemente la Cassazione, con 17564/2004, ha affermato la rilevanza esclu- sivamente processuale del lavoro autonomo cosiddetto parasubordinato.
Da cio` deriva una maggior attenzione nel
tratteggiare la linea di demarcazione tra la- voro subordinato e lavoro parasubordinato, posto che la qualificazione della fattispecie concreta ha delle precise conseguenze sul piano del diritto sostanziale da applicare.
La giurisprudenza ha percio` individuato una serie di indici esteriori, dalla cui presenza fa discendere la sussunzione del rapporto sotto la fattispecie di lavoro subordinato, ri- correndo altrimenti alla figura del lavoro autonomo parasubordinato.
Cosı` si e` affermato che, pur dietro a relazioni
formalmente riconducibili a una collabora- zione autonoma, si celano rapporti di lavoro subordinato perche´ caratterizzati dalla os- servanza di un vincolo di orario di lavoro le- gato alla chiusura dei locali, dall’assoggetta- mento al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, dal versamento a cadenze fisse della retribuzione, dalla proprieta` degli strumenti di lavoro in capo al datore di lavo- ro, e dall’assenza di rischio.
Al riguardo, si deve inoltre rammentare co- me l’assoggettamento alle altrui direttive rappresenta l’elemento tipico al quale occor- re fare riferimento.
Si parla di lavoro parasubordinato quando esiste un rapporto di lavoro dove il collabora- tore presta la propria opera a favore di un committente, senza essere direttamente un suo dipendente (e quindi in modo auto- nomo), ma sviluppando tale attivita` profes- sionale sotto il coordinamento del datore di lavoro che ha commissionato il servizio. In pratica, come suggerisce anche il termi- ne, si tratta di una prestazione professiona- le non subordinata, ma neanche totalmente autonoma.
Queste forme contrattuali hanno avuto un notevole incremento negli ultimi anni; pro- prio in seguito all’abuso di questa relazione professionale, praticata in modo spesso inap- propriato, la riforma Xxxxx ha cercato di por- re rimedio, cercando di separare i rapporti di lavoro svolti con caratteristiche di subordi- nazione nel proprio ambito, e normando ul- teriormente le forme di parasubordinazione. A seguito di questo intervento legislativo, ov-
8.5 Cap. VIII
vero la l. 14.2.2003, n. 30, la vecchia colla- borazione coordinata continuativa e` ri- masta unicamente in vigore presso le pp.aa., mentre per gli altri ambiti e` stato in- trodotto il lavoro a progetto.
Non si applica ai rapporti di lavoro parasubordi- nato la legge 230 del 1962, in materia di contrat- ti a termine.
Ove il rapporto di collaborazione a termine tra un sanitario e un’Azienda Sanitaria Locale continui di fatto dopo la data di scadenza prefissata, esso non si trasforma in un rapporto a tempo indeter- minato. Infatti tale collaborazione non da` luogo ad un rapporto di lavoro subordinato ma soltanto ad una situazione di parasubordinazione.
Non trova pertanto applicazione la norma di cui all’art. 2 secondo comma della L. n. 230 del 1962, la quale stabilisce che, se il rapporto di la- voro subordinato continua dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato, il contratto si intende a tempo inde- terminato.
Le affinita` fra lavoro parasubordinato e lavoro
propriamente subordinato non comportano al- cuna osmosi delle rispettive discipline sostan- ziali, rimanendo la parasubordianzione pur sem- pre riconducibile all’area delle prestazioni auto- nome, senza che cio` possa far sorgere il dubbio di illegittimita` costituzionale, stante una persi- stente disomogeneita` delle situazioni poste a confronto
(Cass. 28.8.1998, n. 8542, www.legge-e-giusti-
xxx.xx 1998).
Un’infermiera professionale addetta a una casa di riposo con contratto di collaborazio- ne continuata e continuativa puo` essere rite- nuta lavoratrice subordinata in base alle con- crete modalita` di svolgimento del rapporto; per il suo inserimento nella organizzazione aziendale.
La subordinazione si verifica allorche´ la lavo- ratrice sia inserita nell’organizzazione azien- dale in modo continuativo e sistematico; la persistenza nel tempo della messa a disposi- zione del datore di lavoro dell’attivita` lavora- tiva implica di per se´ la sottoposizione al po- tere direttivo e disciplinare del datore di la- voro, ancorche´ attenuato dalla peculiarita` della fattispecie.
Il vincolo di subordinazione, da intendersi come assoggettamento gerarchico del lavoratore alle direttive, alla vigilanza, al controllo ed al potere disciplinare del datore di lavoro, puo` manifestar- si con intensita` ed aspetti diversi in relazione al- la maggiore o minore elevatezza delle mansioni e alla natura delle stesse, cos`ı che di fatto tale carattere, riconosciuto come essenziale e inde- fettibile per la configurabilita` del rapporto di la- voro subordinato, puo` in concreto assumere for- me anche molto attenuate, come quando sia ab- binato ad una certa liberta` di organizzazione del lavoro
(Cass. 2.5.2002, n. 4682, www.legge-e-giusti-
xxx.xx, 2002).
Il rapporto di lavoro instaurato dai medici generici in convenzione con il SSN, di cui ai d.p.r. 16.10.1984, nn. 882, 883, 884, 885,
886 pur non potendosi inquadrare fra i rap- porti di lavoro dipendente e/o di pubblico impiego, difettando del requisito della subor- dinazione e della gerarchia tecnico-ammini- strativa, ha tutti i connotati della cosiddetta parasubordinazione e pertanto beneficia sia a livello di diritto processuale sia di diritto sostanziale, di un regime di favore tendente all’equiparazione con il lavoro subordinato anche se nel diritto tributario la parasubordi- nazione e` ancora un istituto sconosciuto.
La qualificazione come parasubordinato permet- te di concludere che all’indennita` di fine rappor- to, corrisposta dall’ENPAM debba essere appli- cato, in via di interpretazione estensiva, il pre- lievo fiscale previsto dall’art. 17 comma 1 DPR 917/1986 per i lavoratori dipendenti
(Comm. trib. centr. Bari, sez. staccata Lecce e Brindisi n. 24, 26.6.2003, n. 162, xxx.xxxxxxx.xx,
2003).
L’art. 409, 38 co., c.p.c., contempla, insieme con i rapporti di agenzia e con quelli di rap- presentanza commerciale, altri rapporti di la- voro autonomo indirizzati alla realizzazione di un risultato (l’opera), per mezzo di un fare (prestazione), caratterizzato dai seguenti re- quisiti: reiterazione nel tempo; programma- zione negoziale, anche se per grandi linee, implicita, ossia desumibile dall’assetto nego-
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.5.1
ziale degli interessi; preminenza, dal punto di vista sociale ed economico, del contributo di lavoro personale del contraente.
Dalla definizione discendono, fra altri, i se- guenti corollari: la fattispecie di cui trattasi non e` esclusa, ove concorra ogni suo requisi- to, dalla eventuale istantaneita` dell’opera, ossia del risultato del lavoro continuativo; la continuativita` e` un attributo di un elemen- to del rapporto nella ipotesi fisiologica della normale esecuzione, la facolta` di recesso, at- tribuita ad entrambe le parti, non contrasta con quella caratteristica perche´, oltre ad es- sere un elemento pressoche´ naturale dei rapporti di durata,
e` destinata ad operare, in via di possibile eve- nienza, non direttamente ed immediatamente sulla natura e sulle modalita` del lavoro, ma sui presupposti negoziali della sua giuridicita`, che puo` rescindere ed nunc; non rileva la circostan- za che, in casi singoli, l’opus possa eziologica- mente riferirsi al concorso di piu` persone, pur- che´ la prestazione personale del contraente ab- bia il cennato carattere di prevalenza nel coa- cervo delle cause produttive di quel risultato (Cass. 22.7.1976, n. 2906, FP, 1976, I, c. 146).
8.5.1. Evoluzione normativa.
Vediamo nello specifico l’evoluzione norma- tiva che ha avuto tale tipologia contrattuale nel nostro ordinamento, fino ad arrivare alla sopra citata l. 14.2.2003, n. 30, che ha rivolu- zionato il mercato del lavoro.
Il lavoro parasubordinato ha trovato la sua prima considerazione legislativa nella legge Vigorelli (l. 14.7.1959, n. 741) in tema di estensione erga omnes dei contratti collet- tivi.
L’art. 2 della legge stabiliva che le norme giu- ridiche di cui all’art. 1 (e cioe` i decreti legi- slativi che estendevano erga omnes contrat- ti ed accordi economici collettivi) dovessero essere emanate per tutte le categorie per cui risultassero stipulati contratti ed accordi
economici collettivi aventi ad oggetto la di- sciplina dei rapporti di lavoro, ivi compresi i rapporti di collaborazione che si concretino in prestazione d’opera continuativa e coordi- nata.
Estendendo quindi a tutti i lavoratori gli ac-
cordi economici e i contratti collettivi relativi anche a questi particolari rapporti di lavoro, caratterizzati da non-subordinazione, il legi- slatore (come risultava pure dai lavori prepa- ratori della legge) ha inteso tutelare anche queste particolari categorie di prestatori d’o- pera, al fine di garantirne il minimo inderoga- bile di trattamento economico e normativo. Il legislatore sanciva cosı` l’esistenza di un tratto comune tra lavoratori subordinati e collaboratori dell’imprenditore non subordi- nati, la cui prestazione avesse pero` carattere continuativo e coordinato.
Nella legge non veniva menzionato il carattere personale della prestazione, tuttavia, essendo stata accolta con favore l’estensione dei contrat- ti collettivi per le categorie parasubordinate, non si era mancato di sottolineare come l’esi- stenza di un trattamento minimo inderogabile economico e normativo nascesse da una dispari- ta` contrattuale spiegata dalla soggezione econo- mica a sua volta avente causa nella diretta impli- cazione della persona nella prestazione di lavoro parasubordinato
(Ballestrero 1987, 42).
E` solo nella prima meta` degli anni settanta che si e` giunti a delineare piu` compiutamen- te la figura della parasubordinazione.
L’espressione «collaborazione coordinata e continuativa» ha trovato la sua definitiva consacrazione nel quadro della l. 11.8.1973,
n. 533, sulla riforma del processo del lavoro, laddove, nell’individuare l’area di applicabili- ta` di detta legge,
si sono comprese nell’ambito delle controversie individuali di lavoro quelle relative a «rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretano in
8.5.1 Cap. VIII
una prestazione d’opera continuativa e coordi- nata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato» (art. 409 cpc, n. 3) (Sandulli 1982, 247).
La stessa l. 11.8.1973, n. 533 ha avuto il me- rito di riformulare l’art. 2113 c.c., estenden- done il regime dell’invalidita` delle rinunce e transazioni su tutti i diritti indisponibili deri- vanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti e accordi economici collettivi a tutti i rapporti menzionati dall’art. 409 c.p.c.: ivi compresi, percio`, quelli parasubor- dinati.
Mentre prima l’art. 2113 c.c. era applicabile solo a rapporti di lavoro subordinato, dopo la riforma del 1973, questo ha visto l’estendersi della sua efficacia, in forza della debolezza contrattuale, giuridicamente rilevante ex se, anche ai parasu- bordinati
(Xxxxxxx Xxxxxxxxxx G. 1989, 202).
Suddetta modifica ha introdotto una nuova ipotesi di applicazione della normativa ri- guardante le controversie individuali di lavo- ro (capo IV c.p.c.): i rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rappor- ti di collaborazione che si concretino in una prestazione d’opera continuativa e coordina- ta, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato.
La l. 11.8.1973, n. 533 ha complicato inutil-
mente la nozione di lavoro coordinato che era stata accolta dal legislatore del 1959 sop- primendo il richiamo alla contrattazione col- lettiva, aggiungendo i rapporti di agenzia e di rappresentanza commerciale e la locuzione
«anche se a carattere non subordinato».
Il testo del d.d.l. originale, presentato alla Camera nella seduta 29.4.1971, prevedeva la sola fattispecie generale (altri rapporti di collaborazione coordinata e continuativa); l’indicazione dei rapporti di agenzia e di rap- presentanza commerciale avvenne nel corso dei lavori parlamentari: il primo fu introdotto
dalle Commissioni riunite giustizia e lavoro della Camera ed il secondo dal Senato.
La ratio della novella introdotta all’art. 409
c.p.c. consiste nell’estensione ai rapporti in discorso dello speciale rito del lavoro e dei suoi vantaggi, sulla base di un accentuato bi- sogno di tutela che li caratterizzerebbe, biso- gno a sua volta scaturente dalla condizione di soggezione socio-economica e di timore reverenziale del collaboratore, quale parte contrattualmente piu` debole.
Invero, la stabile dipendenza economica nei confronti dello stesso committente (implici- ta nel rapporto di collaborazione coordinata e continuativa) e la correlata impossibilita` di procedere ad un «frazionamento dei ri- schi», realizzabile mediante l’acquisizione di una pluralita` di commesse, rende alquanto piu` oneroso per il lavoratore l’eventuale ina- dempimento del committente.
Quella alla generalizzazione della protezione previdenziale nei confronti, di massima, di ogni forma di lavoro, anche parasubordinato, e` una tendenza solo recente, che si e` concre- tamente manifestata, ed ha ricevuto impulso, solo a partire dal 1993, con una prima, trava- gliata estensione della tutela pensionistica ai lavoratori parasubordinati in genere (art. 11
l. 24.12.1993, n. 537, e in precedenza art. 2, 18 co., d.l. 22.5.1993, n. 155, caduto in sezio- ne di conversione), rimasta praticamente inattuata.
La riforma del 1995 (nota come «riforma Di- ni») ha, quindi, meglio delineato e ulterior- mente ampliato i contorni di tale estensione, rendendola, prima di tutto, effettiva, e ri- comprendendovi, oltre ai lavoratori parasu- bordinati, i liberi professionisti tuttora privi di una propria cassa e i lavoratori autonomi in genere sprovvisti di tutela previdenziale (art. 2, 258 co. ss., l. 8.8.1995, n. 335).
Viene istituito un fondo separato di gestione dell’INPS per i lavoratori autonomi, al quale anche i collaboratori coordinati e continuati-
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.5.1
vi sono obbligati a versare un contributo as- sicurativo per l’invalidita`, la vecchiaia e i su- perstiti, nella misura del 10 per cento appli- cato al reddito dell’attivita` svolta (art. 2, 258- 328 co.).
Con la circolare n. 17 del 14 giugno 2006, il Mi- nistero del lavoro interviene in uno degli argo- menti piu` dibattuti del diritto del lavoro italiano degli ultimi venti anni, e cioe` i contratti per pre- stazioni di lavoro para-subordinato, che gia` dagli anni ’80 si stipulavano come ipotesi di contratto di lavoro autonomo
(Xxxxxxxx V. 2006, 2).
La legge non ha mai regolato questo tipo di contratto, se non per gli aspetti fiscali e, dal 1995, per quelli previdenziali, imponendo il pagamento di contributi per la pensione, ma in misura molto ridotta rispetto a quelli ordinari (il 14% invece che il 33%).
Si tratta di rapporti di lavoro per i quali non valgono ne´ le norme in tema di minimi di re- tribuzione, ne´ quelle in tema di orario di la- voro, ne´ il diritto di costituire rappresentan- ze sindacali aziendali, ne´ alcun diritto in caso di licenziamento.
Solo da pochi anni e` stata introdotta la tutela della maternita` (cinque mesi di congedo pa- gato) e per la malattia (15 giorni, ma solo in caso di ricovero).
Il legislatore, dopo anni di indifferenza, aveva cercato di dare una regolamentazione legisla- tiva al fenomeno, che coinvolge circa un mi- lione di lavoratori, creando una fattispecie nuova agli artt. 61 ss. d.lg. 10.9.2003, n. 276. Decorsi tre anni da quell’intervento del legi- slatore, il nuovo ministro del lavoro, cerca di dettare attraverso una circolare dei criteri per individuare i lavori per i quali puo` essere ammessa una forma di lavoro para-subordi- nato, nell’ambito pero` del solo settore dei call center.
Il requisito sulla base del quale la circolare
considera lecito il ricorso a forme di lavoro non subordinato, attiene alle modalita` con
cui si esegue la prestazione lavorativa: se il lavoratore puo` governare autonomamente la fase di esecuzione della prestazione, allora il lavoro e` para-subordinato.
Viceversa, se il lavoratore deve seguire un ritmo lavorativo imposto da altri, allora il so- lo contratto ammesso e` quello di lavoro su- bordinato (e il prestatore avra` diritto al ri- spetto dei minimi salariali, della normativa in tema di orario, alla tutela sindacale e a quella contro il licenziamento).
In considerazione di tali requisiti, secondo la circolare, nel settore dei call center si posso- no stipulare contratti di lavoro parasubordi- nato solo per le campagne (dette di out bound) nell’ambito delle quali il compito as- segnato al collaboratore e` quello di rendersi attivo nel contattare, per un arco di tempo predeterminato, l’utenza di un prodotto o servizio riconducibile ad un singolo commit- tente.
E` incostituzionale la cessazione per legge dei
rapporti di collaborazione coordinata e conti- nuativa, in base al d.lg. 10.9.2003, n. 276.
Il d.lg. 10.9.2003, n. 276 ha introdotto una di- sciplina restrittiva per il particolare tipo di lavoro autonomo costituito dalle collabora- zioni coordinate e continuative, al di fuori delle eccezioni previste dall’art. 1, 28 co., e dall’art. 61, 18, 28 e 38 co., questo tipo di con- tratto puo` ora essere stipulato solamente se sia riconducibile ad uno o piu` progetti speci- fici o a programmi di lavoro o fasi di esso de- terminati dal committente e gestiti autono- mamente dal collaboratore (art. 61, 18 co.); la novita` cosı` introdotta a regime dal d.lg. 10.9.2003, n. 276 e` quella di vietare rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che, pur avendo ad oggetto genuine presta- zioni di lavoro autonomo, non siano pero` ri- conducibili ad un progetto.
Il primo periodo dell’art. 86, 18 co., d.lg. 10.9.2003, n. 276 stabilisce l’anticipata ces-
8.5.1.1 Cap. VIII
sazione dell’efficacia delle collaborazioni coordinate e continuative gia` instaurate alla data della sua entrata in vigore; il predetto divieto e` in tal modo esteso anche ai contrat- ti di lavoro autonomo perfettamente leciti al momento della loro stipulazione.
Il conseguente sacrificio degli interessi che le parti avevano regolato nel rispetto della disciplina dell’epoca risulta sotto questo pro- filo, irragionevole per contraddittorieta` della norma con la sua ratio.
Una normativa che lo stesso legislatore definisce come finalizzata «ad aumentare (...) i tassi di oc- cupazione e a promuovere la qualita` e la stabilita` del lavoro» (art. 1, comma 1, d. lgs. n. 276 del 2003) non puo` ragionevolmente determinare l’effetto esattamente contrario (perdita del lavo- ro) a danno di soggetti che, per aver instaurato rapporti di lavoro autonomo prima della sua en- trata in vigore nel pieno rispetto della disciplina all’epoca vigente, si trovano penalizzati senza un motivo plausibile; quest’ultimo non puo` essere individuato nella mera esigenza di evitare la pro- secuzione nel tempo di rapporti di collaborazio- ne coordinata e continuativa difformi dalla nuo- va previsione legislativa, poiche´ l’intento del le- gislatore di adeguare rapidamente la realta` dei rapporti economici ai modelli contrattuali da es- so introdotti non puo` giustificare, di per se stes- so, il pregiudizio degli interessi di soggetti che avevano regolato i loro rapporti in conformita` al- la precedente disciplina giuridica
(Corte cost. 5.12.2008, n. 399, www.legge-e-
xxxxxxxxx.xx, 2008).
8.5.1.1. I requisiti del lavoro subordinato.
L’accordo delle parti e` l’elemento essenziale per l’identificazione del rapporto. Le parti de- vono entrambe convenire di instaurare tra lo- ro un rapporto di lavoro parasubordinato. La Corte di Cassazione ha tuttavia stabilito anche per lo schema contrattuale in questio- ne che la spendita del «nomen iuris», cioe` la qualificazione attribuita dalle parti al con- tratto, non sia vincolante, dovendo invece ri- levare quale siano state in concreto le moda-
lita` di svolgimento del rapporto di lavoro (Cass. 61/1999).
Le parti non possono in nessun caso accor- darsi al fine di perseguire una causa illecita, cioe` contraria all’ordine pubblico, a norme imperative e al buon costume.
L’oggetto del contratto e` inteso come il con- tenuto, ovvero l’operazione economica, la prestazione che le parti hanno programmato. Deve essere determinato o determinabile.
Il prestatore deve pretendere la descrizione dettagliata dell’oggetto del rapporto di colla- borazione, essendo egli responsabile, ex artt. 2220 ss. c.c., della mancata esecuzione o del- le difformita` della prestazione.
La forma scritta del contratto non e` imposta dalla legge sotto pene di nullita`; e` tuttavia consigliabile alle parti la stipulazione di un contratto scritto a fini probatori.
Oltre quanto sopra esposto, e` necessario evi- denziare ulteriori elementi propri della para- subordinazione.
Il contratto di collaborazione e` un contratto
a prestazioni corrispettive; la prestazione di una parte (il lavoro) trova la sua causa nella prestazione dell’altro contraente (il corri- spettivo).
A fronte di un’opera o di un servizio del pre- statore, il committente e` tenuto a corrispon- dere il corrispettivo.
Il corrispettivo non ha qui, come nel rappor- to di tipo subordinato, parametri di riferi- mento (es. il contratto collettivo).
Non si applica al lavoro parasubordinato la disciplina della retribuzione prevista per il la- voratore subordinato; non trova quindi appli- cazione l’art. 36 cost., che prevede una retri- buzione proporzionata alla quantita` e alla qualita` del lavoro prestato.
Il precetto di cui all’art. 36, comma primo, Cost. relativo al diritto ad una retribuzione proporzio- nata e sufficiente, non e` applicabile ai rapporto di lavoro autonomo, come quello concernente l’esercizio di prestazioni d’opera intellettuale,
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.5.2
privo del requisito della subordinazione, ancor- che´ in regime di parasubordinazione
(Cass. 5.8.2000, n. 10349, GCM, 2000, 1731).
Non sono altres`ı applicabili le norme degli artt. 2099-2102 c.c.; il corrispettivo del lavo- ro parasubordinato e` disciplinato dalle nor- me codicistiche dettate per il lavoro autono- mo: ex artt. 2222 ss. c.c. il corrispettivo e` de- terminato dalle parti, dalle tariffe professio- nali, dagli usi o dal giudice in relazione al ri- sultato ottenuto e al lavoro normalmente ne- cessario per ottenerlo.
La durata del contratto puo` essere a tempo
determinato o indeterminato.
Dato il carattere personale e professionale della prestazione, il committente ed il pre- statore possono recedervi in qualsiasi mo- mento.
Il legislatore, si e` gia` adoperato per regola-
re almeno alcune forme tipiche di collabora- zione.
Il d.lg. 10.9.1991, n. 303, recependo una di- rettiva comunitaria, ha modificato la discipli- na del rapporto di agenzia, avvicinandola sensibilmente al rapporto di lavoro subordi- nato; il rapporto e` divenuto quasi tendenzial- mente a tempo indeterminato e, all’atto di recesso, che deve essere preceduto da un preavviso, spetta all’agente un’indennita` ana- loga al trattamento di fine rapporto.
La l. 23.12.1978, n. 833, all’art. 48, istitutiva del Servizio sanitario nazionale disciplina il rapporto del personale sanitario non dipen- dente attraverso la stipula di convenzioni tra le organizzazioni sindacali ed i soggetti pubblici interessati; tali accordi regolano gli elementi piu` rilevanti del rapporto, quali la durata, le festivita`, e cosı` via.
8.5.2. La zona «grigia» della parasubordinazione.
L’espressione lavoro parasubordinato non e` una denominazione introdotta dal legislatore
per individuare una certa categoria di rap- porti di lavoro, bens`ı il frutto di un’elabora- zione compiuta dalla dottrina e dalla giuri- sprudenza.
Costoro, di fronte all’emergere prepotente di una variegata gamma di rapporti di lavoro non compiutamente ascrivibili ne´ alla tipologia le- gale della subordinazione (art. 2094 c.c.) ne´ a quella dell’autonomia (art. 2222 c.c.), costi- tuendo di fatto una «zona grigia tra il bianco e il nero di tale classica dicotomia», hanno forgiato la nozione di «parasubordinazione».
Occorre precisare sin da adesso che la miriade di rapporti che rientrano nel «limbo tra autono- mia e subordinazione» sono talvolta indicati dal- la dottrina (ma anche dalla giurisprudenza) co- me rapporti di parasubordinazione, altre volte come collaborazioni coordinate e continuative, altre volte ancora come lavori coordinati e, infi- ne, anche come lavori atipici
(Xxxxxxxxx 2001, 1).
Evidentemente esistono delle lievi sfumatu- re fra i vari termini utilizzati per circoscrive- re, in qualche maniera, questi rapporti di la- voro, su cui occorre brevemente, ma oppor- tunamente, soffermarsi.
In un discorso che si muova, per cerchi con- centrici, dal generale verso il particolare, e` possibile guardare ai «lavori atipici» come al- la categoria piu` generale, in altre parole, quella che ingloba in se´ tutte le altre.
Essa si identifica con tutti quei rapporti che non possono rientrare pienamente nelle clas- siche due tipologie legali (autonomia o su- bordinazione), ma che al contempo possono costituire sia ipotesi contrattuali tipiche sia non tipizzate dal legislatore.
Ad un secondo livello si puo` collocare la «pa-
rasubordinazione», la quale copre un campo piu` vasto di quello occupato, al terzo livello, dalle «collaborazioni coordinate e continuati- ve», comprendendo anche rapporti in cui e` possibile rinvenire ulteriori caratterizzazioni che spingono tali fattispecie sempre di piu` verso la subordinazione in senso stretto.
8.5.2 Cap. VIII
La presenza del prefisso «para», d’altronde, permette di intuire che si tratta di un tipo di lavoro che presenta alcuni elementi di si- militudine col lavoro subordinato, tuttavia non sufficienti ad identificarlo con la fatti- specie astratta prevista dal codice civile.
Al quarto ed ultimo livello andrebbero collo- cati i «lavori coordinati», la cui semplice espressione letterale induce ad attribuire agli stessi un solo elemento caratterizzante, quello della coordinazione, a fronte degli al- tri elementi che necessariamente qualificano le altre definizioni del rapporto.
La disciplina collettiva riguardante una specifica categoria di lavoratori parasubordinati, non puo` trovare applicazione per una diversa categoria di lavoratori parasubordinati, ostandovi il principio di autodefinizione delle categorie contrattuali, espressione della liberta` sindacale della parte stipulante, art. 39, primo comma della Costitu- zione.
Nella specie un lavoratore autonomo che aveva svolto attivita` di collaborazione per un’impresa commerciale pretendeva l’applicazione del trat- tamento economico e normativo del piazzista di- pendente da impresa commerciale; la Suprema Corte in base all’enunciato principio ha confer- mato la decisione dei giudici di merito che ave- vano respinto la pretesa del lavoratore
(Cass. 8.2.1986, n. 815, FI, 1987, I, 4).
La ratio dello Statuto dei lavoratori, il quale direttamente si occupa dei lavoratori subor- dinati, non si estende fino a ricomprendere tra i destinatari della tutela a questi e alle lo- ro associazioni accordata dall’art. 28,
oltre ai lavoratori parasubordinati ed ai relativi sindacati, anche le associazioni dei lavoratori autonomi che possano solo in parte, ancorche´ in larga misura, assumere posizione di parasu- bordinazione.
Nella specie, la Suprema Corte, in base all’enun- ciato principio, ha confermato la decisione del merito che aveva negato l’applicabilita` dello sta- tuto dei lavoratori, e delle norme di repressione dell’attivita` antisindacale, in favore del sindaca- to degli agenti di assicurazione
(Cass. 19.3.1986, n. 1914, Dl, 1986, 1).
La norma del 18 co. dell’art. 36 Cost., che
statuisce il diritto del lavoratore ad una retri- buzione proporzionata alla quantita` e qualita` del lavoro prestato, e in ogni caso sufficiente ad assicurare a se´ e alla famiglia una esisten- za libera e dignitosa, non puo` essere applica- ta al rapporto di lavoro c.d. parasubordinato, che costituisce, pur sempre, una specie di la- voro autonomo;
ne´ puo` trarsi argomento in contrario dal dispo- sto dell’articolo 409, terzo comma, c.p.c., atteso che questo equipara i rapporti di parasubordina- zione ai rapporti di lavoro subordinato solo ai fi- ni della applicazione di determinati istituti pre- valentemente di carattere personale
(Cass. 12.12.2001, n. 15661, NGiL, 2002, 120).
Ai fini della sussistenza di un rapporto di col- laborazione, ai sensi dell’art. 409, 38 co., c.p.c, c.d. parasubordinazione, con conse- guente devoluzione della relativa controver- sia alla competenza del pretore in funzione di giudice del lavoro, occorre che ricorrano congiuntamente i requisiti della continuita`, intesa quale non occasionalita` della presta- zione, della coordinazione, e cioe`, della con- nessione funzionale tra le attivita` esercitate dalle due parti, e della personalita`, ossia del- la prevalenza del lavoro personale del prepo- sto rispetto all’opera svolta dai collaboratori e alla utilizzazione di una struttura di natura materiale.
Ne deriva che in ipotesi di prestazione d’opera professionale, nella specie di commercialista, nei confronti di una societa`, perche´ l’attivita` esercitata dal professionista risulti assoggettata alle direttive del cliente e che il rapporto di col- laborazione, senza esaurirsi in episodiche pre- stazioni professionali, nasca da una serie di inca- richi collegati con le finalita` perseguite dal com- mittente, con conseguente ingerenza di questo nelle attivita` del prestatore d’opera, anche se di una rilevante incisivita` nel limitato ambito dei risultati da conseguire
(Cass. 8.1.1999, n. 92, FI, 1999, I, 3332).
Perche´ sia configurabile un rapporto di para- subordinazione, ex art. 409, 38 co., c.p.c., con conseguente devoluzione della contro-
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.5.2
versia alla competenza per materia del tribu- nale quale giudice del lavoro, devono sussi- stere i seguenti tre requisiti: la continuita`, che ricorre quando la prestazione non sia oc- casionale ma perduri nel tempo ed importi un impegno costante del lavoratore a favore del committente; la coordinazione, intesa co- me connessione funzionale derivante da un protratto inserimento nella organizzazione aziendale, o, piu` in generale, nelle finalita` perseguite dal committente e caratterizzata dalla ingerenza di quest’ultimo nelle attivita` del prestatore; la personalita`, che si ha in ca- so di prevalenza del lavoro personale del pre- posto sull’opera svolta dai collaboratori e sul- l’utilizzazione di una struttura di natura ma- teriale.
Non e` invece necessario che la prestazione con- sti di una attivita` diversa da quella abitualmente esercitata dal prestatore, ne´ che tale prestazio- ne sia resa con totale esclusione di mezzi orga- nizzati o personale subordinato, essendo peral- tro irrilevante che il suddetto prestatore agisca in regime di autonomia o di subordinazione (Cass. 19.4.2002, n. 5698, LG, 2002, 1164).
Per la sussistenza della c.d. parasubordina- zione non e` necessario che la continuita` del- le prestazioni sia stata convenzionalmente stabilita, ben potendo tale requisito essere accertato a posteriori, in base alla reitera- zione di fatto delle prestazioni. (In particola- re la Corte ha confermato la decisione di me- rito che aveva ravvisato gli elementi della pa- rasubordinazione – ai fini della applicazione del contributo di cui all’art. 2, 268 co., l. 8.8.1995, n. 335 – nella attivita` di numerosi
«strilloni», incaricati della distribuzione per strada di un quotidiano, per conto di societa` il cui oggetto sociale era costituito da tale di- stribuzione, sulla base di varie circostanze emerse ed in specie: la programmazione ben potendo tale requisito essere accertato a posteriori, in base alla reiterazione di fatto delle prestazioni.
(In particolare la Corte ha confermato la deci- sione di merito che aveva ravvisato gli elementi della parasubordinazione – ai fini della applica- zione del contributo di cui all’art. 2, comma ven- tiseiesimo, della legge n. 335 del 1995 – nella at- tivita` di numerosi «strilloni», incaricati della di- stribuzione per strada di un quotidiano, per con- to di societa` il cui oggetto sociale era costituito da tale distribuzione, sulla base di varie circo- stanze emerse ed in specie: la programmazione settimanale delle postazioni e delle relative co- perture – seppure con ampia elasticita` e con li- berta` per gli «strilloni» di determinare il numero dei giorni e la cadenza dell’impegno settimanale, o anche di assentarsi e di effettuare cambi di po- stazione –; la cadenza di presenza settimanale notevole dei singoli incaricati; sulla circostanza della acquisizione delle postazioni migliori per priorita` acquisite nel tempo e conservate di fat- to e l’interesse degli stessi «strilloni» alla detta conservazione; l’affidamento da parte commit- tente nella reiterazione delle prestazioni e da parte degli «strilloni» nella possibilita` di esplica- re nel tempo la loro attivita`)
(Cass. 23.12.2004, n. 23897, xxx.xxxx.xx).
L’esclusione del socio lavoratore da una so- cieta` cooperativa, incidendo sul rapporto as- sociativo, costituisce un impedimento allo svolgimento della prestazione mutualistica, che automaticamente comporta la cessazio- ne del rapporto di lavoro, al cui verificarsi, in deroga a quanto disposto dall’art. 40, 38 co., ult. parte, c.p.c.,
consegue la devoluzione dell’intera controversia alla cognizione del tribunale ordinario, dovendo considerarsi prevalenti gli aspetti associativi sui profili lavoristici inscindibilmente connessi (Trib. Bari 21.12.2004, xxx.xxxxxxx.xxx, 2005).
Nell’espressione «controversie relative a rap- porti di lavoro subordinato» contenuta nel- l’art. 409 c.p.c. e` compresa ogni controversia comunque collegata ad un rapporto di lavo- ro, in atto, estinto o ancora da costituirsi.
Pertanto, sono devolute alla competenza del giudice del lavoro anche le cause nelle quali si fanno valere diritti all’assunzione nel posto di la- voro privato (nella specie, nascenti dall’obbligo, previsto dalla contrattazione collettiva, di assun- zione di dipendenti di societa` svolgente servizio
8.5.2 Cap. VIII
di pulizia cui succeda altra societa` nel contratto di appalto) o altri diritti nascenti dalla mancata assunzione in violazione di obblighi contrattuali o di legge
(Cass. 21.5.2003, n. 8022, LG, 2004, 180).
Tra i rapporti di lavoro c.d. parasubordinati, le cui controversie sono attribuite dall’art. 409, n. 3, c.p.c. alla competenza del giudice del lavoro, sono inclusi – purche´ si concreti- no in una prestazione di opera continuativa e coordinata – tutti quei rapporti aventi ad og- getto prestazioni di facere riconducibili allo schema generale di lavoro autonomo, ancor- che´ rientranti in figure contrattuali tipiche, non ostandovi il fatto che il prestatore d’ope- ra svolga la sua attivita` in autonomia e con responsabilita` e rischi propri, purche´ carat- terizzati dalla continuita`, dal loro collega- mento funzionale con gli scopi perseguiti dal committente e dall’esecuzione prevalen- temente personale.
(Nella specie, e` stata affermata la competenza del giudice del lavoro per la controversia relati- va alle prestazioni di un soggetto impegnato con continuita` e con mezzi propri al trasporto ed alla consegna di prodotti di una impresa secondo termini e modalita` dalla stessa indicati)
(Cass. 25.11.2002, n. 16582, LG, 2003, 379).
Perche´ sia configurabile un rapporto di colla- borazione ai sensi dell’art. 409, n. 3, c.p.c., con conseguente devoluzione della contro- versia alla competenza per materia del tribu- nale quale giudice del lavoro, devono sussi- stere i seguenti tre requisiti: la continuita`, che ricorre quando la prestazione non sia oc- casionale ma perduri nel tempo ed importi un impegno costante del prestatore a favore del committente; la coordinazione, intesa come connessione funzionale derivante da un pro- tratto inserimento nell’organizzazione azien- dale o, piu` in generale, nelle finalita` persegui- te dal committente e caratterizzata dall’xxxx- xxxxx di quest’ultimo nell’attivita` del presta-
tore; la personalita`, che si ha in caso di pre- valenza del lavoro personale del preposto sul- l’opera svolta dai collaboratori e sull’utiliz- zazione di una struttura di natura materiale.
Pertanto, la promozione giornalistica dell’imma- gine e del prodotto della societa` committente, qualora sia stata svolta direttamente dal prepo- sto per un apprezzabile periodo di tempo (oltre un anno e mezzo) e con assoggettamento alle direttive ed all’ingerenza della societa` stessa (consistenti in stretti contatti con il cliente al fi- ne di verificare, passo passo, i tipi di comunica- zione da fornire ai giornalisti), configura un rap- porto di collaborazione con quest’ultima, rien- trante nella competenza del tribunale in funzio- ne di giudice del lavoro
(Cass. 9.3.2001, n. 3485, DInf, 2002, 382)
Il giudice ordinario difetta di giurisdizione nella controversia promossa da un soggetto, gia` occupato in un progetto di lavoro social- mente utile, avverso l’ente (nel caso, un co- mune) promotore del progetto – ente, che affidi tramite convenzione l’espletamento del servizio (nel caso, guardiania e pulizia degli edifici scolastici), in precedenza ogget- to del progetto stesso, ad una societa` coope- rativa –
e avverso la societa` cooperativa affidataria del servizio in convenzione con l’ente, per vedere ri- conosciuto il diritto ad essere inserito da parte del Comune nella lista dei lavoratori da assu- mersi dalla societa` cooperativa quale affidataria del servizio, nonche´ il diritto ad essere assunto da quest’ultima
(Trib. Xxxx 00.0.0000, Xx, 0000, 78).
Il giovane che partecipa alla realizzazione delle iniziative, consistenti nello svolgimento di attivita` di utilita` collettiva, prefigurate dal- l’art. 23, 18 co. ss., l. 11.3.1988, n. 67, e` desti- nato ad essere inquadrato in una struttura aziendale ed e` chiamato a svolgere un’attivi- ta` lavorativa con modalita` che prevedono orari di lavoro e modalita` di compenso a ca- rattere retributivo, nonche´ l’applicazione di alcune garanzie tipiche del rapporto di lavo- ro subordinato.
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.5.2
La situazione in esame da` luogo, dunque, a un rapporto di lavoro, che, in ragione della esclu- sione di legge, e` solo assimilabile a quello su- bordinato e per il quale, pero`, parimenti deve essere riconosciuta la competenza del giudice del lavoro, atteso che nei confronti della fatti- specie in esame si ravvisano gli stessi presup- posti che, ai sensi dell’art. 409 c.p.c., sottopon- gono al rito speciale i rapporti di lavoro subor- dinato
(Cass. 21.12.1999, n. 14409, RIDL, 2000, 797).
La giurisdizione e la competenza per materia del giudice del lavoro si determinano in base alla prospettazione della domanda; le ecce- zioni di carenza di giurisdizione ovvero di in- competenza per materia, fondate sull’appli- cabilita` di clausola arbitrale ovvero sull’alle- gazione di un rapporto societario,
devono pertanto essere rigettate ove la doman- da prospetti la sussistenza di un rapporto di la- voro subordinato (comportante le limitazioni al- l’ammissibilita` dell’arbitrato di cui all’art. 5 L. 11/8/73 n. 553) e il carattere fittizio del rapporto societario
(Pret. Xxxxxx 00.0.0000, Xx, 0000, 345).
Il giudice del lavoro e` competente a decidere sulla domanda di risarcimento del danno bio- logico derivante da molestie sessuali avanza- ta da una lavoratrice subordinata contro il suo superiore gerarchico in quanto la dizione
«controversie relative a»
contenuta nell’art. 409 n. 1 c.p.c. ricomprende le domande in cui i rapporti ivi indicati, pur non costituendo la causa petendi della pretesa, so- no presupposti necessari e non occasionali della situazione di fatto in ordine alla quale sia invoca- ta la tutela giudiziale
(Trib. Xxxxxx 00.0.0000, Xx, 0000, 957).
La competenza del pretore del lavoro, stabi- lita in ragione della natura della causa, si de- termina sulla base della prospettazione della domanda, mentre sono irrilevanti le eccezio- ni formulate dal convenuto,
salvo che questo deduca che la natura del rap- porto sia stata dedotta dall’attore in maniera
pretestuosa al fine di sottrarre la causa al giudi- ce precostituito per legge
(Pret. Milano, ord., 20.4.1998, Dl, 1998, 1095; in senso conf., v. Pret. Milano, sez. Rho, 25.3.1998, Xx, 0000, 1095).
La competenza del pretore del lavoro, stabi- lita in ragione della natura della causa, si de- termina, secondo la regola generale, «sulla base della prospettazione della domanda» (Pret. Milano, sez. Rho, 10.1.1998, Dl, 1998, 1094).
L’obbligo di fedelta` sancito dall’art. 2105 x.x. xxxxx xx xxxxxxx xxx xxxxxxxx xx xxxxxx.
Tuttavia, l’art. 2125 c.c. ammette la possibi- lita` di stipulare accordi volti a limitare l’atti- vita` dell’ex dipendente.
In particolare, la norma dispone che un eventuale patto di questo genere sia nullo se non risulta da atto scritto, se non e` pat- tuito un corrispettivo a favore del prestato- re di lavoro e se il vincolo non e` contenuto entro determinati limiti di oggetto, tempo e di luogo.
La durata del vincolo non puo` essere supe-
xxxxx a cinque anni, se si tratta di dirigenti, e a tre anni negli altri casi.
Il patto di non concorrenza e` dunque un accordo distinto dal rapporto di lavoro, e autonomo rispetto all’obbligo di fedelta`.
Riguarda esclusivamente il rapporto di lavo- ro subordinato e parasubordinato, per- tanto non puo` applicarsi a ipotesi diverse (es.: rapporto di agenzia, dato che l’agente e` un lavoratore autonomo; in tali ipotesi ri- sulta essere applicabile l’art. 1751 bis c.c.). L’accordo puo` essere concluso tra le parti in qualsiasi momento, a condizione che sia for- malmente separato e distinto dal contratto di lavoro (Cass. 1846/1975), ovvero durante lo svolgimento del rapporto lavorativo (Cass., Sez. Un., 630/1965). La forma scritta. come sottolineato, e` richiesta a pena di nullita` e deve riguardare tutti gli elementi indicati dall’art. 2125 c.c.
8.5.2 Cap. VIII
Il patto non riguarda le sole forme di concor- renza sleale – le quali, a norma dell’art. 2598 c.c., costituiscono comunque un illecito di natura extracontrattuale – ma qualunque attivita` potenzialmente concorrenziale anche se di per se´ lecita.
Il patto puo` avere un contenuto ampio e comprendere qualunque tipo di attivita` autonoma o subordinata che possa nuoce- re all’azienda.
In ogni caso, l’accordo non puo` precludere al lavoratore qualsiasi opportunita` profes- sionale.
In tal senso, la giurisprudenziale prevalente afferma che i limiti posti all’attivita` lavorativa devono essere valutati in relazione all’attivita` professionale effettivamente svolta dal lavo- ratore: e` infatti necessario che il patto con- senta di svolgere un’attivita` conforme alla qualificazione professionale maturata nel corso degli anni.
Pertanto, quando l’accordo riguarda un inte- ro settore merceologico, si deve distingue- re tra le attivita` tipiche ed esclusive del set- tore e le attivita` esercitabili indifferentemen- te in altri settori e, in relazione a tale distin- zione, verificare se al lavoratore rimanga o no la possibilita` di esercitare un’attivita` con- forme al proprio corredo professionale (Cass. 10062/1994).
Ad ogni modo, deve sussistere una correlazione tra attivita` vietate e interesse del datore di lavo- ro: si esclude, infatti, l’illegittimita` del compor- tamento di un lavoratore che, pur lavorando alle dipendenze di un’impresa concorrente a quella del datore di lavoro nei confronti del quale si e` impegnato con il patto di non concorrenza, svol- ga mansioni diverse rispetto a quelle esplicitate nel pregresso rapporto e non comporti alcun pe- ricolo di concorrenza
(Grementieri 2009).
Stesse considerazioni per i limiti territo- riali, che devono essere valutati in relazione ai limiti posti dall’accordo alla attivita` da svolgere. La ratio della norma rimane quella
di garantire al lavoratore la possibilita` di con- tinuare a svolgere un’attivita` confacente alle proprie attitudini e capacita`.
Secondo l’orientamento oggi prevalente, so- no validi anche i patti estesi a tutto il terri- torio nazionale o comunitario se non pregiu- dicano professionalita`, diritti al lavoro e re- tribuzione sufficiente.
Per la validita` del patto di non concorrenza il compenso pattuito deve avere il carattere della congruita` in relazione alla attivita` lavo- rativa sacrificata.
L’art. 2125 c.c. lascia alle parti la piu` ampia autonomia nella determinazione del quan- tum e del quomodo del versamento del cor- rispettivo dovuto al dipendente, senza limiti minimi o criteri di liquidazione. La percezio- ne del compenso puo` avvenire prima o dopo la cessazione del rapporto di lavoro, anche sotto forma di percentuale sulla retribuzio- ne, a rate mensili per tutto il periodo di vi- genza del patto, o in un’unica soluzione alla cessazione del rapporto.
Ricordiamo che il corrispettivo puo` consiste- re anche nella remissione di un debito che sfugge al divieto di compensazione a causa della diversa natura e funzione del patto ri- spetto al contratto di lavoro.
Ai fini di un giudizio concreto sulla congrui- ta` del compenso si deve tenere presente: misura della retribuzione, estensione territo- riale del divieto, professionalita` del dipen- dente e attivita` lavorativa sacrificata.
E` nullo, pertanto, il patto di non concorren-
za in presenza di una oggettiva estrema mo- destia del corrispettivo e estensione del sa- crificio della professionalita`, con conseguenti ridotte opportunita` lavorative.
Si discute in giurisprudenza sulla validita` delle clausole mediante le quali si riserva al datore di lavoro la facolta` di vincolare o meno il lavoratore al patto stesso.
La clausola che attribuisce al datore di lavoro
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.5.2.1
la facolta` di recedere unilateralmente dal patto in qualsiasi momento e` considerata va- lida purche´ la facolta` di recesso sia limitata al periodo antecedente alla cessazione del rapporto di lavoro.
La violazione del patto costituisce ina- dempimento contrattuale e legittima in pri- mo luogo le richieste di adempimento o di ri- soluzione del contratto e/o di risarcimento del danno.
Sono pero` fin troppo evidenti le difficolta` insite nella quantificazione del danno, soprattutto nel caso in cui la violazione del patto si realizzi me- diante lo svolgimento di lavoro subordinato a fa- vore di imprese concorrenti, essendo frequente l’assunzione da parte del nuovo datore di lavoro dell’impegno a sostenere i costi dell’eventuale risarcimento.
Per queste ragioni e` frequente (e caldamente consigliato) l’inserimento di clausole penali,
considerato secondo unanime valutazione legit- xxxx, salva la facolta` del giudice di ridurre, an- che d’ufficio, l’entita` qualora siano di importo eccessivo.
Infine, nel caso in cui il patto sia dichiarato nul- lo, il datore di lavoro puo` esercitare, nei limiti della prescrizione decennale, l’azione di ripeti- zione delle somme corrisposte al lavoratore (Grementieri 2009).
8.5.2.1. Rapporto di agenzia e parasubordinazione.
La disciplina del contratto di agenzia e` stata oggetto – in tempi piu` o meno recenti – di nu- merose modifiche derivate dalla applicazione della direttiva 18.12.1986, n. 86/653/CE. Dunque l’attuale formulazione degli artt. 1742 ss. c.c. e` frutto degli interventi attuati con il d.lg. 10.9.1991, n. 303, con il d.lg. 15.2.1999, n. 65, con l’art. 28 l. 21.12.1999,
n. 526 e con l’art. 23 l. 22.12.2000, n. 422. Dalla definizione dell’agente commerciale contenuta nella direttiva comunitaria [«la persona che, in qualita` di intermediario indi- pendente, e` incaricata in maniera permanen- te di trattare per un’altra persona (...), la
vendita o l’acquisto di merci ovvero di tratta- re e di concludere dette operazioni in nome e per conto del preponente»] e da quella contenuta nell’art. 1742 c.c. («col contratto di agenzia una parte assume stabilmente l’in- carico di promuovere, per conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contrat- ti in una zona determinata») possiamo indi- viduare gli elementi essenziali del rapporto in questione e tentarne la differenziazione ri- spetto ad altri tipi di contratti della distribu- zione commerciale.
Il contratto agenzia trova il riconoscimento legislativo, quindi, con la definizione conte- nuta nell’art. 1742 c.c.
Nella sua tipicita`, esso e` destinato ad attua-
re, con carattere di stabilita` (nel senso di un incarico riferito a tutti gli affari possibili con esso previsti), una collaborazione pro- fessionale autonoma (promozione, verso cor- rispettivo, della conclusione di affari tra pre- ponente e terzi nell’ambito di una determina- ta zona), che si concreta in un risultato posto in essere dall’agente a proprio rischio e con l’obbligo naturale di osservare, oltre alle nor- me di correttezza e di lealta`, le istruzioni ri- cevute dal preponente.
Il contratto di agenzia e` caratterizzato da un complesso di elementi, quali l’attribuzione del rischio economico, la stabilita` dell’incarico, l’au- tonoma organizzazione nell’espletamento della propria attivita`, la promozione verso corrispetti- vo della conclusione di affari tra preponente e terzi nell’ambito di una determinata zona; ne´ la causa di tale contratto viene mutata da presta- zioni accessorie poste convenzionalmente a ca- rico dell’agente; tali elementi devono essere ac- certati nel merito e se correttamente e logica- mente motivati sfuggono al sindacato di legitti- mita`
(Cass. 5.1.1984, n. 35, RIDL, 1984, 1; FI, 1984, I,
c. 401).
Diverse sono le questioni giuridicamente ri- levanti sottoposte all’attenzione della giuri- sprudenza e della dottrina in riferimento a tale tipo di rapporto.
8.5.2.1 Cap. VIII
Variamente dibattuti sono, infatti, alcuni ca- ratteri di esso in ordine all’autonomia ed alla stabilita` dell’agente, alla forma del contratto, e via dicendo, ma quel che maggiormente in- teressa sono gli elementi distintivi del rap- porto di agenzia rispetto ad altri tipi di rap- porto in particolare rispetto al rapporto di la- voro subordinato.
Sotto questo ultimo aspetto, l’argomento of- fre lo spunto per rimeditare i tratti caratteri- stici della parasubordinazione, che ancora oggi si trova al centro di un acceso dibattito sia in dottrina che in giurisprudenza.
Cio` in quanto nel delineare i tratti distintivi
tra la collaborazione coordinata e continuati- va ed il vincolo di subordinazione proprio del rapporto di lavoro, ci si trova al centro di un crocevia del diritto del lavoro che, nell’attua- le fase di trasformazione sociale ed economi- co-produttiva, si interroga sull’ambito della tutela giuslavoristica e conseguentemente sulle ragioni di un sistema che a fronte di una lunga prassi giurisprudenziale concer- nente la qualificazione come subordinati ed autonomi dei rapporti di lavoro, vive un sta- gione ricostruttiva ad opera della dottrina che avanza con varie argomentazioni sull’es- senza della parasubordinazione sia per cio` che concerne i suoi aspetti sostanziali che per quel che riguarda i suoi risvolti proces- suali.
Quel che emerge da una sommaria ricognizione della giurisprudenza e` innanzitutto la circostan- za che la discriminazione essenziale tra rapporto di agenzia e rapporto di lavoro subordinato non e` costituita dalla sottoposizione alle direttive al- trui, che e` elemento presente nell’uno e nell’al- tro rapporto, ma dal rischio, che e` totalmente a carico dell’agente, con la conseguente inconfi- gurabilita` di un rapporto di agenzia nel caso di prestazione di attivita` compensata con retribu- zione fissa
(Cass. 24.5.1986, n. 3507, FP, 1987, I, 216).
Per contro, non e` configurabile un rapporto di lavoro subordinato nel caso in cui un sog-
xxxxx abbia prestato la propria attivita` di pro- duzione di affari a favore di un imprenditore senza effettivo vincolo di subordinazione, ne´ inserzione nell’organizzazione aziendale, e con piena autonomia quanto al tempo, alla quantita` di lavoro, all’ordine da seguire nella ricerca e nella trattazione delle compraven- dite con commisurazione del compenso al- l’attivita` svolta (provvigioni).
Il requisito del carattere prevalentemente per- sonale dell’attivita` dell’agente – con conseguen- te riconducibilita` del rapporto nello schema del- la parasubordinazione ai sensi dell’art. 409 n. 3
c.p.c. – e` configurabile anche nel caso in cui il
preposto associ alla propria prestazione perso- nale di agente una ulteriore prestazione, costi- tuita dall’attivita` di coordinamento di altri agenti dello stesso preponente (ai cui scopi e` funziona- le tale ulteriore attivita`) e compensata con una percentuale sulle provvigioni dovute agli agenti coordinati
(Cass. 24.1.1994, n. 687, GI, 1994, I, 1, 842).
L’elemento essenziale e caratterizzante del rapporto di agenzia si sostanzia nella realiz- zazione da parte dell’agente di una attivita` economica organizzata, rivolta ad un risulta- to di lavoro che questi svolge autonomamen- te nell’interesse e per conto, ed eventual- mente anche in nome, del preponente cui compete il limitato potere di impartire all’a- gente istruzioni generali di massima, oltre il diritto di pretendere ogni informazione utile per la valutazione della convenienza dei sin- goli affari, ricadendo il rischio economico e giuridico della attivita` suddetta esclusiva- mente sull’agente medesimo e differenzian- dosi percio` tale rapporto da quello di lavoro subordinato, del quale e` elemento essenziale la prestazione di energie lavorative con sog- gezione al potere direttivo del datore di lavo- ro e nell’ambito di una organizzazione di cui il rischio ed il risultato fanno capo esclusiva- mente a quest’ultimo, con conseguente irri- levanza, ai fini della riconduzione ad una de- terminata fattispecie, all’uno o all’altro rap-
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.5.2.1
porto, di elementi marginali quali l’orario di lavoro e l’appartenenza dei mezzi o strumen- ti di produzione all’una o all’altra delle parti contraenti.
Nel settore assicurativo, i produttori di affari si collocano fra i soggetti di cui l’impresa, ovvero l’agenzia, si avvale per promuovere i rapporti con i terzi e raccogliere le proposte di contratti, restando poi la conclusione di questi riservata all’imprenditore o all’agente; la posizione del produttore rispetto all’impresa assicuratrice non si atteggia, pero`, secondo uno schema uni- tario, potendo assumere la veste o di un collabo- ratore autonomo dell’impresa, ovvero di un col- laboratore inquadrato gerarchicamente nell’in- terno dell’impresa stessa
(Cass. 29.11.1973, n. 3292, RFI, 1973, Xxxxxx,
n. 277).
Il propagandista di specialita` medicinali puo` assumere, a seconda delle mansioni in con- creto esplicate, differenti qualifiche nel sen- so, cioe`,
che se egli ha esplicato mansioni col vincolo del- la subordinazione sara` impiegato, se in completa autonomia e sempreche´ ricorrano gli estremi del contratto di agenzia di cui all’art. 1742 e seg. x.x. xxxxx xxxxxx xx xxxxxxxxx
(Xxxx. Xxxxxx, 14.2.58, MGL, 1958, 89).
La presenza di una struttura societaria di ti- po personale non osta di per se´ alla qualifica- bilita` delle prestazioni rese a favore di terzi quali prevalentemente personali, nel concor- so dei requisiti previsti dall’art. 409, n. 3, c.p.c., poiche´ il profilo societario puo` in con- creto limitarsi ad un semplice patto tra i soci di distribuzione del lavoro e dei ricavi, con attenuazione dell’elemento dell’esercizio in comune di un’attivita` economica di cui al- l’art. 2247 c.c. e dell’organizzazione al fine della produzione e dello scambio di beni o di servizi, di cui all’art. 2082 c.c., e anche nel lavoro autonomo e` imprescindibile una forma sia pur semplice di organizzazione.
Pertanto per stabilire se sussista o meno la competenza del giudice del lavoro occorre accertare in concreto se assuma prevalente
importanza una prestazione personale di opera svolta in modo continuativo e coordi- nato nell’ambito di una maggiore e assorben- te organizzazione, ovvero se nel caso specifi- co effettivamente la forma societaria assuma caratteri tali da far escludere quello stato di dipendenza socioeconomica che costituisce l’essenza della parasubordinazione e di cui l’attivita` prevalentemente personale e` l’indi- ce rivelatore.
L’esistenza di una organizzazione societaria del- l’agenzia autorizza solo una (mera) presunzione di insussistenza del carattere prevalentemente personale dell’attivita` svolta e quindi di insussi- stenza della parasubordinazione, ferma restando la possibilita` per qualunque soggetto interessato di fornire la prova contraria.
Il carattere prevalentemente personale dell’atti- vita` continuativa e coordinata dell’agente, ai fini della riconducibilita` del rapporto nella previsio- ne dell’art. 409, n. 3 c.p.c., e della competenza per materia del giudice del lavoro, si presume fi- no a prova contraria
(Cass. 28.2.1993, n. 2052, xxx.xxxxxx.xx).
L’agente di commercio e` un operatore la cui attivita` assume caratteri di volta in volta di- versi a seconda della natura del mandato, delle clausole che ne regolano il contenuto e delle modalita` con cui tale attivita` viene svolta.
A seconda di tali caratteri l’agente di com- mercio qualche volta assimilato al lavoratore dipendente (ad es. se monomandatario con contratto a tempo indeterminato), piu` spes- so al lavoratore parasubordinato, per altri motivi al lavoratore autonomo, infine (e in particolare sotto l’aspetto fiscale) all’impren- ditore commerciale.
L’assimilazione al lavoratore subordinato, per una parte della dottrina peraltro minori- taria, e` conseguente alla difficolta` di distin- guere l’agente monomandatario ad esempio dal viaggiatore-piazzista, che e` un dipenden- te che svolge le stesse funzioni e persegue gli stessi obiettivi senza pero` assumere il cosid- detto «rischio di impresa», e quindi trasferi-
8.5.2.1 Cap. VIII
sce i costi della sua attivita` al datore di lavo- ro.
Spesso il mandato di agente monomandata- rio viene affidato con il solo scopo di ridurre i costi aziendali (minor costo dei contributi previdenziali, nessuna mensilita` aggiuntiva, nessuna indennita` di trasferta, trasferimento
«del rischio» cioe` dei costi di gestione del- l’attivita`) e di pagare dei compensi stretta- mente correlati ai risultati effettivamente ot- tenuti (anziche´ in misura fissa), e quindi as- sume la natura di un contratto simulato (che dissimula il sottostante rapporto di subordi- nazione effettiva).
Difficolta` a distinguere tra rapporto di subordi- nazione o di agenzia si ha frequentemente ad esempio per i produttori del settore assicurati- vo, o per i propagandisti di medicinali o ancora per i consulenti finanziari.
Si possono quindi verificare delle situazioni nel- le quali e` discutibile l’appartenenza del collabo- ratore che promuove la conclusione di affari alla categoria degli agenti ovvero a quella dei viag- giatori o piazzisti
(Baldi 1992, 34).
Determinanti sono in tali casi quei caratteri da noi delineati, che attengono al rischio del lavoro e alla liberta` ed autonomia nello svolgimento dell’attivita`: quando colui che promuove la conclusione di affari, oltre ad essere retribuito a provvigione ha a suo cari- co spese di viaggio ed accessorie, quando non deve seguire determinati itinerari gior- nalieri, ma e` libero di sceglierli, quando non ha l’obbligo di relazioni quotidiane, quando non ha alcun vincolo di orario nello svolgimento dell’attivita` cui e` tenuto, egli e` certamente un agente. Al termine di questi mandati spesso il lavoratore qualificato nel contratto di lavoro come agente di commer- cio ricorre alla magistratura rivendicando i mancati compensi e i disconosciuti diritti (ad esempio le tredicesime mensilita` e le fe- rie) ottenendo quasi sempre il riconoscimen-
to della natura di lavoratore subordinato an- ziche´ di agente.
L’assimilazione al lavoratore autonomo e` conseguente al fatto dell’autonomia operati- va e gestionale (peraltro mai assoluta, do- vendo l’agente adempiere l’incarico affidato- gli in conformita` con le istruzioni ricevute, art. 1746 c.c.), all’obbligo della iscrizione ad un apposito ruolo (previo corso di forma- zione ed esame) e all’obbligo di assoggettare i ricavi ad una ritenuta fiscale all’origine in misura pari (ora di poco superiore) a quella degli esercenti le varie professioni intellet- tuali.
Ma la dottrina (e la giurisprudenza) preva- lente e` concorde nel definire due figure di agente ben distinte tra di loro: l’agente im- prenditore commerciale e l’agente collabora- tore parasubordinato.
E` sicuramente un imprenditore commerciale l’a- gente che «abbia organizzato la propria attivita` con criteri imprenditoriali tali da far concludere che egli si limiti ad organizzare e dirigere i suoi collaboratori, non realizzando una collaborazio- ne meramente ausiliaria dell’attivita` altrui, ma gestendo un’impresa autonoma propria»
(Trib. Ivrea 3.8.2005, n. 60, www.giuslavori-
xxx.xx, 2005).
Da questa massima ne discende che perche´ l’agente assuma la qualita` di imprenditore commerciale occorre che abbia operato inve- stimenti in termini di lavoro e capitale altrui, ovviamente in misura significativa (o quanto- meno percettibile) e tali da limitare la preva- lenza del lavoro proprio dell’agente stesso. La natura imprenditoriale dell’attivita` dell’a- gente non puo` essere presunta, in generale, per il solo fatto che il legislatore colloca tra gli imprenditori che sono soggetti all’obbligo dell’iscrizione nel registro delle imprese (art. 2195, punto 5, c.c.) coloro che svolgono altre attivita` ausiliarie delle precedenti.
Gli ausiliari dell’imprenditore sono da consi- derarsi a loro volta imprenditori solo se svol-
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.5.2.1
gono le suddette attivita` ausiliari organizzan- dole con criteri imprenditoriali tali da non realizzare una collaborazione meramente au- siliaria dell’attivita` altrui ma da gestire una impresa autonoma propria: quindi per stabi- lire se sussista o meno la natura imprendito- riale occorre operare una valutazione caso per caso.
La stessa valutazione ci permettera` anche di
stabilire se la natura del rapporto di collabo- razione con l’imprenditore sia invece di para- subordinazione.
O possiamo meglio dire che, ogni qualvolta si possa escludere la natura imprenditoriale dell’agente (xxxxxx´ non ha collaboratori ne´ capitali altrui da organizzare) si e` necessaria- mente in presenza di un collaboratore para- subordinato del mandante.
Una importante conferma dell’inquadramen- to dell’agente nello schema della parasubor- dinazione viene dall’osservazione che sono sempre piu` numerose le norme inderogabili che vengono inserite all’interno dello schema del contratto di agenzia; norme inderogabili solitamente introdotte nella legislazione la- voristica con l’evidente scopo di preservare alcuni diritti del lavoratore dipendente e di tutelarlo nei confronti della parte contrat-
tualmente piu` forte, cioe` il datore di lavoro. E` pur vero che alcune norme introdotte nella
contrattazione collettiva (AEC) e pur anche nella legislazione sono inderogabili anche a vantaggio dello stesso mandante, come ad esempio l’art. 1746, 18 co., c.c., che sancisce la nullita` di ogni patto che liberi l’agente dai suoi obblighi di correttezza e in particolare dall’obbligo di adempiere all’incarico in con- formita` delle istruzioni ricevute e di trasmet- tere ogni informazione utile per valutare le condizioni di mercato.
Cio` non impedisce di osservare come la mag- gior parte delle norme inderogabili siano a vantaggio e tutela dell’agente.
Cosı` l’art. 1742 c.c., che prevede come irri- nunciabile il diritto di ciascuna parte di otte- nere dall’altra un documento dalla stessa sottoscritto che riproduca il contenuto del contratto e delle clausole aggiuntive.
Ed anche l’art. 1748 che stabilisce che «in
ogni caso la provvigione spetta inderogabil- mente all’agente, al piu` tardi, dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione a suo carico».
L’ult. co. dello stesso articolo prevede la nul- lita` di ogni patto che ponga a carico dell’a- gente una penale nel caso dell’inadempimen- to del terzo (il vecchio «star del credere»). Come pure l’art. 1750, 58 co., che stabilisce come il preponente non puo` osservare un termine di preavviso inferiore a quello posto a carico dell’agente.
Infine l’art. 1751, 58 co., ult. periodo, preve- de l’inderogabilita` delle norme in esso conte- nute che stabiliscono il diritto all’indennita` dovuta in caso di cessazione del rapporto, al verificarsi delle stabilite condizioni, e le modalita` della quantificazione dell’indennita` stessa.
Ma la conferma piu` chiara dell’inserimento dell’agente di commercio all’interno dello schema della parasubordinazione viene dal- l’esplicita previsione dell’art. 409 c.p.c. che al punto 3 prevede l’applicazione del rito speciale, previsto per le controversie di lavo- ro dipendente, per
i rapporti di agenzia, di rappresentanza com- merciale e altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera coordi- nata e continuativa, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato
(Trib. Ivrea 3.8.2005, n. 60, www.giuslavori-
xxx.xx, 2005).
Accomunando in tal modo gli agenti di commer- cio ai cosiddetti «xx.xx.xx».
Questa assimilazione comporta, a nostro avviso,
8.5.2.2 Cap. VIII
rilevanti conseguenze anche in campo fiscale, con riferimento alla assoggettabilita` o meno del reddito dell’agente all’IRAP.
Infatti, dalla qualificazione di collaboratore para- subordinato che giustifica l’equiparazione dell’a- gente di commercio al collaboratore coordinato e continuativo (la cui attivita` e` svolta senza vin- colo di subordinazione nel quadro di un rappor- to unitario e continuativo senza impiego di mez- zi organizzativi e con retribuzione periodica pre- stabilita, che a sua volta e` assimilato ai fini fisca- li al lavoratore dipendente – art. 50 lett. c-bis del TUIR) ne deriva che come non e` soggetto ad Irap il collaboratore coordinato e continuati- vo (la ris. N. 32/2002 e il parere dell’Avvocatura Generale dello Stato ribadiscono che il requisito dell’autonoma organizzazione e` da escludersi solo per i lavoratori dipendenti e gli altri lavora- tori autonomi di cui all’art. 49, comma 2, del TUIR – ora art. 50 lett. c-bis) non deve ritenersi soggetto il collaboratore parasubordinato ad es- so equiparato dalla legge stessa, e cioe` l’agente di commercio non organizzato in forma di im- presa (quindi senza impiego di collaboratori di- pendenti e capitali altrui in misura significativa) (xxx.xxxxxx.xx/xxxx_xxxx.xxx?xxx00, 25.9.
2008).
Il contratto di subagenzia, che ha natura eguale a quello di agenzia, realizza tra le par- ti un rapporto di collaborazione, riconducibi- le nella previsione di cui all’articolo 409, 38 co., c.p.c.,
ove concorrano i requisiti della coordinazione e del carattere prevalentemente personale della attivita` prestata dal sub-agente
(Cass. 17.1.1977, n. 222, FI, 1977, 8).
Ai fini dell’accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato e` irrilevan- te il nomen iuris dato dalle parti al rapporto contrattuale; pertanto, qualora le parti ab- biano stipulato un contratto di agenzia nel quale vi siano invece clausole incompatibili con la funzione propria di tale contratto e, anzi,
sintomatiche dell’esistenza del vincolo di subor- dinazione e il rapporto si sia di fatto svolto, per ammissione delle parti, con dette, deve affer- marsi l’esistenza di un rapporto di lavoro subor- dinato, a prescindere dall’assunzione della prova testimoniale sull’effettivo svolgimento del rap-
porto (nella fattispecie e` stata ritenuta incom- patibile con il rapporto di agenzia la previsione dello svolgimento da parte dell’agente di un’atti- vita` di coordinamento e di supporto tecnico in favore di altri agenti del preponente, la mancan- za di una determinazione della zona, un concor- so spese a favore dell’agente notevolmente su- periore alla misura prevista per le provvigioni, l’obbligo di corrispondere il concorso spese an- che in caso di sospensione del rapporto per ma- lattia o infortunio, ecc.)
(Pret. Milano 22.10.1994, Xx, 0000, 384).
Ai fini dell’accertamento della natura auto- noma o subordinata del rapporto di lavoro, anche in presenza della qualificazione in via autonoma operata dalle parti, deve attribuir- si rilevanza decisiva alla sussistenza del re- quisito della subordinazione da accertarsi al- la luce delle concrete modalita` di svolgimen- to del rapporto di lavoro, con la conseguenza che non possono ravvisarsi gli estremi del rapporto di agenzia, bens`ı quelli del rapporto di lavoro subordinato,
nell’attivita` svolta da alcuni venditori con stabile inserimento della loro prestazione nell’organiz- zazione aziendale del datore di lavoro senza al- cun rischio di impresa e nel rispetto delle diret- tive impartite dal datore di lavoro
(Pret. Torino 7.12.1995, Xx, 0000, 694).
8.5.2.2. Il sistema previdenziale e il lavoro parasubordinato.
Nel nostro ordinamento giuridico, l’inseri- mento del lavoratore nella categoria dei lavo- ratori subordinati o nelle categorie dei lavo- ratori autonomi e parasubordinati, ha conse- guenze estremamente rilevanti sul piano normativo e fiscale, soprattutto per quel che riguarda il versamento dei contributi previdenziali.
Se un soggetto presta la propria attivita` lavora- tiva all’interno di una struttura imprenditoriale come dipendente o invece come collaboratore assunto attraverso un contratto che regoli la prestazione avente i caratteri «dell’attivita` di collaborazione coordinata e continuativa», xxxx`
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.5.2.2
assoggettato ad un diverso sistema di tutele e ad un diverso sistema di contribuzione previdenzia- le: circostanza ben nota ai datori di lavoro che, spesso, preferiscono avvalersi dei rapporti di collaborazione proprio al fine di beneficiare del consistente risparmio in termini di onere contri- butivo
(De Vico 2006).
Lo scenario della tutela previdenziale dei la- voratori parasubordinati, ed in generale, dei lavoratori atipici, e` senz’altro problematico e la dottrina chiede da tempo interventi legi- slativi chiarificatori ed integrativi del preca- rio quadro normativo esistente.
In particolare, lo statuto previdenziale dei lavo- ratori a progetto e dei vecchi collaboratori coor- dinati e continuativi presenta delle caratteristi- che che non lo rendono pienamente riconducibi- le ne´ al modello del lavoro subordinato, ne´ a quello del lavoro autonomo (xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx/xxxxxxxxx/xxx- gio_automaticita.doc).
Il «parasubordinato» e` un lavoratore autono- mo che si colloca in una sorta di «zona gri- gia»: e` soggetto alla tutela contro gli infortu- ni e le malattie professionali e, ai fini dell’as- sicurazione IVS, ha l’obbligo di iscriversi alla gestione separata dell’INPS all’inizio dell’atti- vita` di lavoro.
I contributi sono soggetti ad una aliquota contributiva piu` bassa di quella prevista per i lavoratori dipendenti e sono posti per 2/3 a carico del committente e per 1/3 a carico del lavoratore.
Il fatto che la legge chieda una contribuzione piu` bassa di quella prevista per i lavoratori subordinati e posta solo per due terzi a cari- co delle imprese e` giustificato dalla necessita` di assicurare tutela previdenziale ad un’area molto debole del mercato, assicurando un costo del lavoro piu` basso rispetto a quello del lavoro dipendente.
La scelta legislativa che ha condotto alla crea- zione della Gestione separata (l. 8.8.1995,
n. 335) e` stata mossa dall’intento di provoca-
re una regolarizzazione previdenziale, con la fuoriuscita di questa figura lavorativa dalle
«sacche» del lavoro nero o del lavoro celato dietro lo maschera del lavoro autonomo puro. La ripartizione dell’onere contributivo costi- tuisce un «terreno fertile» per i dubbi inter- pretativi: la contribuzione posta per i 2/3 a carico del committente espone il parasubor- dinato, cosı` come il dipendente tout court, al rischio del danno previdenziale connesso alle omissioni contributive altrui.
Questa coincidenza permette di estendere al parasubordinato la garanzia apprestata dal- l’art. 2116 c.c.?
La risposta dell’ente previdenziale e` negati-
va: per i lavoratori a progetto e i vecchi col- laboratori coordinati e continuativi l’ente non eroga prestazioni se non e` stata raggiun- ta l’anzianita` contributiva necessaria.
Il lavoratore parasubordinato viene assimila- to a quello autonomo nella logica del do ut des previdenziale, sulla scia di una forzata
«sdrammatizzazione» dei punti di assonanza con la figura del lavoratore subordinato.
Da gennaio 2007 i lavoratori parasubordinati e assimilati iscritti alla gestione separata dei lavoratori autonomi (collaboratori a proget- to, collaboratori coordinati e continuativi e lavoratori occasionali) hanno diritto all’in- dennita` di malattia, purche´ non siano iscritti ad altre forme di assicurazione obbligatoria o non siano pensionati.
Per la prestazione si applicano i requisiti contributivi e reddituali previsti per la corre- sponsione dell’indennita` di degenza ospeda- liera a favore dei lavoratori iscritti alla ge- stione separata.
Pertanto, l’indennita` di malattia spetta se:
– nei 12 mesi precedenti l’evento risultano attribuiti, cioe` accreditati, almeno 3 mesi, anche non continuativi, di contribuzione nel- la Gestione separata;
– nell’anno solare che precede quello in cui e`
8.5.3 Cap. VIII
iniziato l’evento, il reddito individuale assog- gettato a contributo presso la gestione sepa- rata non e` superiore al 70% del massimale contributivo (pari a 88.669 euro per il 2008). L’accredito dei contributi viene verificato di- rettamente dall’INPS.
L’INPS, con la circ. 23.3.2009, n. 43, comuni- ca l’importo dei contributi volontari per gli artigiani e gli esercenti attivita` commerciali per l’anno 2009.
L’importo dei contributi volontari degli arti- giani e degli esercenti attivita` commerciali per il corrente anno dovra` essere calcolato con le seguenti aliquote:
a) prosecutori volontari nella Gestione arti- giani:
20,00%, per i titolari di qualunque eta` e per i collaboratori di eta` superiore ai 21 anni; 17,00%, per i collaboratori di eta` non supe- riore ai 21 anni;
b) prosecutori volontari nella Gestione com- mercianti: 20,09%, per i titolari di qualunque eta` e per i collaboratori di eta` superiore ai 21 anni; 17,09%, per i collaboratori di eta` non superiore ai 21 anni.
I contributi volontari devono essere versati alle scadenze del 30.6.2009, 30.9.2009,
31.12.2009 e 31.3.2010, rispettivamente per i periodi:
gennaio – marzo 18 trimestre; aprile – giugno 28 trimestre; luglio – settembre 38 trimestre; ottobre – dicembre 48 trimestre.
L’importo del contributo volontario dovuto alla Gestione separata deve essere determi- nato in base alle disposizioni di cui all’art. 7 d.lg. 30.4.1997, n. 184, cioe` applicando al- l’importo medio dei compensi percepiti nel- l’anno di contribuzione precedente alla data della domanda, l’aliquota IVS di finanziamen- to della Gestione.
Ai fini della determinazione del contributo volontario deve essere presa in considerazio-
ne esclusivamente l’aliquota IVS vigente per i soggetti privi di tutela previdenziale (non assicurati e non titolari di pensione) pari, per l’anno 2009, come peraltro indicato nella circ. 6.3.2009, n. 13, al 25,00%.
Poiche´ la contribuzione obbligatoria viene
accreditata su base mensile, anche il contri- buto volontario dovra` essere calcolato a me- se e poi versato per trimestri solari, alle sca- denze previste per la generalita` dei soggetti autorizzati.
Per l’anno 2009 l’importo minimo dovuto dai prosecutori volontari della gestione separata non potra` essere inferiore a euro 3.560,00, su base annua, e ad euro 296,66 su base mensile.
Tale importo viene determinato come segue:
– minimale per l’accredito contributivo per l’anno 2009 euro 14.240,00;
– moltiplicato per l’aliquota IVS (25,00%) = euro 3.560,00 : 12 = euro 296,66.
8.5.3. Le collaborazioni coordinate e continuative.
L’esperienza di questo ultimo decennio ha evidenziato come, in realta`, i due «pilastri» del lavoro autonomo e di quello subordinato, non siano stati sufficienti a rappresentare le esigenze derivanti da un mercato del lavoro in profonda trasformazione e come sempre piu` spesso, la prassi, abbia contribuito a mo- dificarlo profondamente.
E` questo il caso della collaborazione coordi-
nata e continuativa, c.d. xx.xx.xx., ovvero una tipologia di lavoro c.d. «atipica» le cui caratteristiche sono in parte riconducibili sia ad alcuni aspetti del lavoro subordinato (economicamente dipendente) che ad altri del lavoro autonomo (autonomia della pre- stazione).
Non si tratta tuttavia di una modalita` di lavo-
ro «sconosciuta» e nemmeno recente; sol-
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.5.3
tanto, negli ultimi anni, e` stata adoperata con finalita` diverse da quella per la quale il legislatore l’aveva pensata (art. 2 l. 14.7.1959, n. 741).
Inoltre, l’art. 409 c.p.c. che riguarda la disci-
plina del processo del lavoro, estende la nor- ma anche ai «rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione d’opera con- tinuativa e coordinata prevalentemente per- sonale, anche se non a carattere subordina- to».
Da tale articolo del codice di procedura civile si desumono quindi i tre requisiti che carat- terizzano e definiscono la xx.xx.xx., cioe`: la continuita` nel tempo; la coordinazione con il committente; l’apporto prevalentemente personale. Vediamo nello specifico le singole caratteristiche appena elencate.
La maggior parte delle sentenze (orienta-
mento prevalente) intendono per continuita` del rapporto di collaborazione una prestazio- ne non occasionale, di durata apprezzabile nel tempo, che risponde a interessi durevoli del committente.
Secondo requisito del rapporto di collabora- zione coordinata e continuativa e` la coordi- nazione.
Per coordinazione si intende l’esistenza di un collegamento funzionale tra l’attivita` del col- laboratore e i fini del committente, che eser- cita taluni poteri di programmazione e con- trollo senza interferire con l’autonomia orga- nizzativa del collaboratore.
Deve esserci pertanto un rapporto stretto, un collegamento funzionale tra il lavoro (l’at- tivita` del collaboratore) e gli obiettivi, gli scopi, i fini del committente per cui il lavoro del collaboratore deve rispondere agli inte- ressi dell’impresa.
Il committente non puo` esercitare nei con-
fronti del lavoratore tutti i poteri direttivi, di programmazione e controllo tipici del la-
voro subordinato, ma solo taluni in forma fle- bile.
Il lavoratore non puo` vedere infatti interferi-
ta la propria attivita` e quindi la propria auto- nomia organizzativa nello scegliere, ad esem- xxx, le giornate o l’orario di lavoro: nessun collaboratore coordinato e continuativo puo` essere obbligato ad entrare a un determinato orario, ne´ tanto meno sanzionato per essere arrivato in ritardo, cosa che potrebbe avveni- re per il lavoratore subordinato.
Il committente, quindi, detta delle linee ge- nerali al collaboratore, senza entrare nello specifico; xxxx` poi il collaboratore a scegliere le modalita` che ritiene piu` adeguate per ri- spondere alla prestazione che gli e` stata ri- chiesta.
Terzo ed ultimo requisito della tipologia in oggetto e` che la prestazione di lavoro deve essere «prevalentemente» personale rispetto all’utilizzo di mezzi e/o collaboratori.
La prestazione deve essere effettuata dalla persona titolare del contratto di collabora- zione in maniera prevalente; vale a dire che la sua prestazione personale deve essere piu` rilevante rispetto ai mezzi e agli strumen- ti di lavoro utilizzati.
Il proprio apporto deve essere necessaria- mente superiore per esempio all’uso sia di mezzi (come computer) che di persone (ov- vero ulteriori collaboratori) che possono coadiuvarlo nell’attivita`.
La disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative trova la sua definizione non nel codice civile bensı` in disposizioni di altre leggi.
La prima e` quella fornita dall’art. 2 l. 14.7.1959, n. 741 che, oltre a riferirsi ai rap- porti di lavoro subordinato, citava «i rapporti di collaborazione che si concretino in presta- zioni d’opera continuativa e coordinata».
La seconda va ricercata all’interno del codice di procedura civile, in particolare nell’art.
8.5.3 Cap. VIII
409 che estende le norme sul processo del lavoro «ai rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione d’opera conti- nuativa e coordinata, prevalentemente per- sonale, anche se non a carattere subordina- to».
Un’ulteriore definizione e` contenuta nell’art.
49 d.p.r. 22.12.1986, n. 917, t.u.i.r.:
Sono redditi di lavoro autonomo: a) (...) i reddi- ti derivanti (...) da altri rapporti di collaborazio- ne coordinata e continuativa. Si considerano tali rapporti (...) che pur avendo contenuto intrinse- camente artistico e professionale, sono svolti senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica presta- bilita
(art. 49 d.p.r. 22.12.1986, n. 917).
Gli elementi distintivi di questo rapporto di lavoro sono rappresentati dunque dalla con- tinuita`, che ricorre quando la prestazione non sia occasionale, ma perduri nel tempo; dalla coordinazione, intesa come inserimen- to del collaboratore nell’organizzazione del committente e nelle finalita` da questo perse- guite; dalla prevalenza del lavoro del collabo- ratore rispetto ai mezzi da lui forniti.
In sintesi, si puo` affermare che l’elemento di- stintivo del lavoro parasubordinato rispetto a quello subordinato sta proprio nell’ampia autonomia concessa al prestatore nella rea- lizzazione concreta del programma negoziale concordato.
Va sottolineato come, secondo la giurispruden- za, la sussistenza in concreto degli elementi co- stitutivi della fattispecie non deve risultare ne- cessariamente dal contratto, ma puo` emergere anche dalle concrete modalita` di svolgimento della prestazione
(Xx Xxxxx 2003).
La prevalenza dell’attivita` personale e` com- patibile con l’utilizzazione di mezzi tecnici e di collaboratori, purche´ l’opera diretta del collaboratore resti decisiva e non si limiti al-
l’organizzazione di beni strumentali o di lavo- ro altrui.
Il requisito della personalita` e` escluso invece
quando il titolare del rapporto di collabora- zione non sia una persona fisica, bensı` una societa`; questa esclusione vale anche per le societa` prive di personalita` giuridica, come le societa` di persone, di fatto o in nome col- lettivo, sul presupposto che «tali societa`, non potendosi identificare con le persone fisiche dei soci, non sono in grado, per definizione, di prestare un’opera prevalentemente perso- nale.
L’obbligazione principale del collaboratore consiste nel prestare personalmente l’attivita` oggetto del contratto a favore e nell’interes- se del committente. Nell’adempimento di ta- le obbligazione il collaboratore e` tenuto ad agire secondo i canoni di diligenza di cui al- l’art. 1176 c.c. valutabili secondo la natura dell’attivita` dedotta nel contratto e secondo i criteri tecnici da questa richiesta; un adem- pimento non conforme a tali principi quindi determinera` un inadempimento contrattuale ai sensi dell’art. 1218 c.c.
Il committente invece e` tenuto a corrispon-
dere al collaboratore il compenso pattuito nel contratto: in mancanza di una specifica previsione negoziale trovera` applicazione l’art. 2225 c.c., con determinazione del com- penso secondo gli usi o, nell’ipotesi in cui il collaboratore sia un professionista, secondo le tariffe inderogabili previste dall’ordine o collegio professionale di appartenenza; even- tuali deroghe sono nulle con sostituzione automatica ex art. 1419 c.c.
Per quanto riguarda invece le numerose nor-
me che il legislatore ha dettato per la tutela del lavoratore subordinato, la Suprema Corte si e` sempre pronunciata nel senso di esclu- derne l’applicabilita` al rapporto di collabora- zione e agli altri contratti previsti dall’art. 409, 38 co., c.p.c.
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.5.3.1
Sono applicabili dunque ai rapporti in ogget- to esclusivamente le norme relative al pro- cesso del lavoro, la disciplina delle rinunzie e transazioni; la tutela previdenziale e pen- sionistica, per la maternita` e assegni familia- ri, nonche´ quella contro gli infortuni sul lavo- ro e le malattie professionali e il regime fisca- le del lavoro dipendente.
Per quanto attiene alla disciplina del reces-
so, bisogna distinguere il caso in cui il con- tratto di collaborazione preveda un termine espressamente pattuito dalle parti e il caso in cui sia stipulato a tempo indeterminato. Nel primo caso, un eventuale recesso antici- pato si porrebbe in contrasto con l’art. 1372
c.c. e cioe` con la pattuizione del termine di durata del rapporto, configurando un risarci- mento dei danni ai sensi dell’art. 1223 c.c.; qualora il committente decidesse in ogni ca- so di recedere ante tempus, xxxx` tenuto dunque a corrispondere al collaboratore sia il lucro cessante, che l’eventuale danno emergente.
Ma, nel caso in cui il collaboratore abbia col- posamente concorso alla produzione del danno, il risarcimento sara` diminuito ex art. 1227 c.c., secondo la gravita` della colpa e l’entita` delle conseguenze che ne sono de- rivate.
Nel caso di un contratto di collaborazione a tempo indeterminato, vista la particolare na- tura fiduciaria che caratterizza il rapporto, il committente potra` esercitare il proprio re- cesso ad nutum, senza periodo di preavviso, ne´ relativa indennita` sostitutiva a meno che le parti non lo abbiano espressamente stabi- lito nel contratto.
Il crescente interesse nei confronti del con- tratto di collaborazione, e` avvertito anche dal legislatore ordinario.
Nella riforma Biagi sul mercato del lavoro in- fatti, l’art. 4, 18 co., lett. c) detta i principi e i criteri direttivi che il governo dovra` seguire
nella disciplina e razionalizzazione di questa tipologia contrattuale.
L’intervento del legislatore si e` reso necessa-
rio proprio per evitare l’utilizzazione delle collaborazioni in funzione elusiva o frodato- ria della legislazione posta a tutela del lavoro subordinato.
8.5.3.1. Gli elementi del contratto.
Il rapporto di collaborazione viene disciplina- to da un contratto di lavoro individuale.
Nella prassi, la forma del contratto e` libera,
cioe` nessuna norma impone l’obbligo della forma scritta.
Oggi, tuttavia, il contratto scritto e` molto dif-
fuso e cio` e` dovuto anche al fatto che negli ultimi anni, a partire dalla riforma della pre- videnza del 1995 che ha introdotto per i co.- xx.xx. l’obbligo di iscrizione ad una cassa previdenziale e alcune norme intervenute successivamente, a disciplinare una serie di istituti tipici del lavoro subordinato (es.: iscrizione INAIL, maternita`, assegni al nu- cleo famigliare ecc.) cio` si e` reso necessario. Avere un contratto scritto e` molto importan- te anche in caso di eventuale contenzioso le- gale.
Ogni contratto di collaborazione puo` avere un oggetto che, allo stato attuale, puo` com- prendere qualsiasi tipo di prestazione: puo` essere una prestazione legata a un progetto oppure no, puo` essere un’indicazione total- mente generica.
Non e` dunque obbligatorio indicare un og- getto specifico purche´ sia lecito, possibile, determinato e determinabile come stabilito dall’art. 1342 c.c.
La durata del contratto di collaborazione e` generalmente a tempo determinato, ma nes- suna norma impedisce che possa essere sti- pulato a tempo indeterminato. Qualora un contratto di collaborazione coordinata e con-
8.5.3.2 Cap. VIII
tinuativa presenti solo la data di inizio del- l’incarico senza specificare la data di fine, nemmeno per deduzione, ci si trova in realta` in presenza di un contratto a tempo indeter- minato che puo` avere termine solo se il com- mittente recede dal contratto o il collabora- tore interrompe anticipatamente il rapporto. Il compenso, non retribuzione come denomi- nata nel caso di lavoro subordinato, e` il cor- rispettivo della prestazione di lavoro, che nella prassi concreta si riscontra attraverso un pagamento periodico: talvolta mensile, trimestrale o a conclusione del rapporto di collaborazione ecc. In caso di mancato paga- mento nei tempi stabiliti sarebbe opportuno richiedere eventuali interessi passivi e mag- giorazioni se previsto il diritto di esclusiva. In merito alle modalita` di esecuzione della prestazione va evidenziato che piu` frequen- temente il collaboratore coordinato e conti- nuativo utilizza i mezzi, gli strumenti e i loca- li del committente, quasi mai i mezzi e i locali propri, come generalmente fa il lavoratore autonomo.
Per quanto riguarda l’orario, mentre inizial-
mente non si ammetteva la possibilita` di pre- stabilire degli orari, oggi la giurisprudenza e` orientata, anche se con un uso flessibile, alla possibilita` che possano essere definiti orari prestabiliti se questo corrisponde agli inte- ressi dell’azienda.
E` bene che il contratto preveda la possibilita`
di assenze prolungate per il riposo psico-fisi- co (ovvero le ferie dei subordinati), i per- messi e le assenze per malattia, infortunio o gravidanza, la disciplina dei rimborsi spese, e tutto cio` che puo` essere utile per tutelare il lavoratore.
Il committente puo` recedere – e questa e`
una delle clausole piu` infide della collabora- zione coordinata e continuativa – in qualsiasi momento e per qualsiasi motivo, ad nutum, cioe` puo` recedere in tronco dal contratto di
collaborazione (e non licenziare perche´ non si tratta di un rapporto subordinato).
Il lavoratore, invece, secondo le norme del codice civile puo` recedere dal contratto solo per giusta causa e il compenso che poi ne ri- cevera`, xxxx` commisurato alla quantita` e al tempo della prestazione effettiva.
Sarebbe consigliabile prevedere un preavvi- so e una penale, a carico del committente, in caso di interruzione anticipata del con- tratto.
Il lavoratore puo` stipulare altri contratti di
collaborazione, a meno che non vi sia un esplicito divieto in tal senso, risultante dal contratto sottoscritto.
E` importante limitare l’eventuale clausola di
non concorrenza solo al periodo di validita` del contratto, prevedendo, in caso di rappor- to esclusivo, una remunerazione aggiuntiva.
Non sussiste il diritto alla restituzione della con- tribuzione versata alla gestione separata ex L. 335/1995 per il soggetto che, gia` titolare di pen- sione, vi si sia iscritto in qualita` di collaboratore coordinato e continuativo e, al compimento del sessantacinquesimo anno di eta`, abbia chiesto la cancellazione senza aver maturato il minimo periodo di iscrizione utile all’attribuzione di una pensione autonoma, se egli abbia comunque diritto, proprio in quanto gia` titolare di altra pensione, alla liquidazione di una pensione sup- plementare
(Trib. Milano 11.6-7.2002, n. 2072, www.in- xx.xx).
8.5.3.2. Distinzione fra collaborazione coordinata e continuativa e lavoro subordinato.
Distinguere, nella pratica, la collaborazione coordinata e continuativa dal lavoro subordi- nato puo` essere un’operazione abbastanza disagevole, specie qualora i datori di lavoro facciano ad essa ricorso con intenti, per cos`ı dire, fraudolenti.
Se la diversita` dei due istituti e`, difatti, evi- dente nella teoria, nel concreto svolgersi
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.5.3.3
dei rapporti quotidiani detta diversita` puo` ri- sultare assi sfumata e, frequentemente, puo` essere strumentalizzata dai datori di lavoro per attribuire ai propri dipendenti uno status deteriore.
Per chiarire meglio la problematica in que- stione, conviene sottolineare i seguenti aspetti:
a) Col tempo si e` andata formando una zona
grigia in cui non e` facile distinguere fra «col- laborazione coordinata e continuativa» e «la- voro subordinato»;
b) La giurisprudenza ha contribuito ad ali- mentare la confusione e l’utilizzo improprio della collaborazione, poiche´ ha solitamente valorizzato la qualificazione del rapporto in- dicata dalle parti, piuttosto che un’indagine sull’effettivo svolgimento del rapporto, che ne rilevasse la sua reale natura;
c) Il collaboratore ha una tutela giuridica, e generalmente anche sindacale, molto piu` modesta di quella del lavoratore subordina- to, per cui qualificare surrettiziamente un la- voratore come autonomo, significa privarlo di considerevoli garanzie;
d) Negli ultimi anni si e` assistito ad una pe-
ricolosa degenerazione: l’uso abnorme del contratto di collaborazione in luogo del con- tratto di lavoro subordinato;
e) Per porre rimedio al fenomeno della pro- liferazione dei xx.xx.xx., e` finalmente inter- venuta la legge; la riforma Biagi ha, infatti, raccolto le indicazioni dettate in materia dal Patto per l’Italia, creando la nuova figura del lavoro a progetto.
Il lavoro a progetto e` destinato ad assorbire
in grandissima parte l’area della tradizionale collaborazione coordinata e continuativa.
8.5.3.3. Le xx.xx.xx. nella p.a.
I contratti di collaborazione coordinata e continuativa, originatisi e sviluppatisi in con-
testi prevalentemente privatistici ed oggi dif- fusi anche nell’ambito della p.a., costituisco- no figure «ibride» in quanto caratterizzate dalla presenza di elementi propri del lavoro autonomo e di quello subordinato. Apparsi per la prima volta nel panorama legislativo con il timido riconoscimento contenuto nel- l’art. 2 l. 14.7.1959, n. 741, hanno trovato piu` degna conferma all’art. 409, n. 3, c.p.c. laddove, per la necessita` di garantire adegua- te tutele ai titolari di tali rapporti lavorativi, e` stata operata un’unificazione con la giurisdi- zione in tema di lavoro subordinato, attri- buendosi al giudice del lavoro la competenza a decidere sulle controversie concernenti la materia.
E` , tuttavia, a dottrina e giurisprudenza che si
deve il maggior apporto sull’argomento, so- prattutto nei casi in cui le situazioni di fatto, le peculiarita` delle condizioni o particolari clausole contrattuali, finiscono per snaturare la sostanza del rapporto rispetto all’origina- rio nomen utilizzato nella fase genetica del contratto e a creare situazioni sfumate di dif- ficile qualificazione.
D’altra parte, neanche a livello legislativo si riscontra uniformita` nella definizione di con- tratto di collaborazione coordinata e conti- nuativa in quanto la differente ratio ispira- trice delle diverse discipline tende di volta in volta ad allargare od a restringere il campo di applicazione (si pensi al riguardo alla defi- nizione piuttosto restrittiva dettata ai fini fi- scali).
I contratti di collaborazione coordinata e continuativa stipulati con la p.a., pur in un contesto di generale «privatizzazione» e, cioe`, di progressivo avvicinamento dei mo- delli operativi pubblici a quelli privati, assu- mono comunque alcune connotazioni pecu- liari che non possono non influire sul sistema delle garanzie, anche di natura risarcitoria, nei confronti del lavoratore.
8.5.3.3 Cap. VIII
Ci si riferisce, in particolare, ai casi di diver- genza fra forma e sostanza ossia di simula- zione del contratto le cui conseguenze non possono consistere nella trasformazione del rapporto di lavoro definito come «autono- mo» in un rapporto di lavoro subordinato (circostanza invece ammessa in presenza di un datore di lavoro privato).
L’unico rimedio in questi casi rimane, per- tanto, il risarcimento del danno gia` previsto dall’art. 36, 88 co., d.lg. 3.2.1993, n. 29, ed ora ripreso dal d.lg. 30.3.2001, n. 165.
Si tratta di una previsione speciale ed auto- noma che si aggiunge a quella generica ex art. 2126 c.c. e che serve in qualche modo a compensare il lavoratore dell’impossibilita` di conversione del contratto e di consolida- mento della situazione di fatto.
La prova della sussistenza di un danno e la quantificazione di quest’ultimo si presentano spesso ardue ma in genere si fa riferimento ad elementi come la dignita`, l’immagine, la reputazione, la professionalita` del lavoratore e la perdita di ulteriori occasioni lavorative. Il quantum viene spesso determinato in via equitativa dal giudice anche se, specie con riferimento ai casi di «perdita di chances», spetta al lavoratore fornire elementi oggetti- vi atti a rendere non arbitrario il giudizio.
A tal fine sopperiscono alcuni parametri di riferimento come, ad esempio, le retribuzioni perse (si pensi al lavoro parasubordinato a termine simulato o ai contratti a tempo de- terminato dichiarati nulli prima della scaden- za) o a percentuali delle stesse che tengano conto della probabilita` del lavoratore di otte- nere un’occupazione piu` stabile o duratura, ovvero, infine, a quel valore economico da attribuirsi alla perdita del posto di lavoro ex art. 18, 58 co., l. 20.5.1970, n. 300 allor- quando l’invalidita` del contratto faccia venir meno un’occupazione altrimenti stabile.
Resta inteso che, ai sensi dell’art. 2126 c.c.,
laddove venga accertata la sussistenza nei fatti di un rapporto di lavoro subordinato il giudice riconoscera` in favore del lavoratore il diritto a percepire le differenze retributive e ad ottenere la regolarizzazione agli effetti pensionistici.
A quest’ultimo riguardo, dopo alcuni interventi non del tutto risolutivi, il legislatore e` intervenu- to con l’art. 31, comma 36, L. 23.12.1998, n. 448 il quale, aggiungendo un comma all’art. 4 della
L. 689/81, ha previsto che «i Comuni, le Provin- ce, le comunita` montane e i loro consorzi, le isti- tuzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB), gli enti non commerciali senza scopo di lucro che svolgono attivita` socio-assistenziale e le istituzioni sanitarie operanti nel Servizio sa- nitario nazionale ed i loro amministratori non ri- spondono delle sanzioni amministrative e civili che riguardano l’assunzione di lavoratori, le assi- curazioni obbligatorie e gli ulteriori adempimen- ti, relativi a prestazioni lavorative stipulate nella forma del contratto d’opera e successivamente riconosciute come rapporti di lavoro subordina- to, purche´ esaurite alla data del 31 dicembre 1997» (v. anche circolare INPS n. 159 del 29.07.1999).
Com’e` ovvio la ratio della norma e` stata quella di sanare la situazione di molti enti pubblici
che si erano avvalsi della forma dei contratti d’o- pera ex art. 2222 c.c. per far fronte, nella so- stanza, a carenze d’organico derivanti da blocchi nelle assunzioni
(Giuri 2004).
L’art. 13 d.l. 10.1.2006, n. 4 («Misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamen- to della pubblica amministrazione») si pone l’obiettivo di ridurre la spesa per consulenze nella p.a., che negli ultimi anni hanno rap- presentato una fetta consistente dei bilanci pubblici.
La norma in esame, costituendo disposizione legislativa di principio cui debbono attenersi i destinatari, ridefinisce (per l’ennesima vol- ta) l’ambito soggettivo entro cui le pp.aa. possono conferire incarichi a soggetti estra- nei alla propria struttura organizzativa.
Infatti, le pp.aa., per esigenze cui non posso- no fare fronte con personale in servizio, pos-
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.6
sono conferire incarichi individuali ad esper- ti di provata competenza, tramite:
– contratti di lavoro autonomo professionale;
– contratti di lavoro autonomo occasionale;
– contratti di collaborazione coordinata e continuativa.
Gli incarichi individuali devono contenere i
seguenti presupposti:
a) l’oggetto della prestazione deve corri- spondere alle competenze attribuite dall’or- dinamento all’amministrazione conferente e corrispondere ad obiettivi e progetti specifici e determinati;
b) l’amministrazione deve avere preliminar-
mente accertato l’impossibilita` oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;
c) l’esigenza deve essere di natura tempora-
nea e richiedere prestazioni altamente quali- ficate;
d) devono essere preventivamente determi-
nati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.
Tutti questi elementi devono sussistere con-
temporaneamente nel momento di attribu- zione dell’incarico, nel senso che l’assenza di una sola delle riferite condizioni comporta l’illeicita` dello stesso incarico, con conse- guente ipotesi di responsabilita` del dirigente interessato, per danno erariale verso l’ente (Cfr. Sezioni Riunite Corte dei Conti, Sez. Riun., 27/1998).
La legge finanziaria per l’anno 2008 e` inter-
venuta a definire il regime delle collabora- zioni esterne nella p.a., consolidando la tendenza a limitare l’utilizzo di tali tipologie contrattuali a casi eccezionali.
Negli ultimi anni, il legislatore ha disposto di- versi interventi in materia, tutti finalizzati ad un unico obiettivo: escludere che siano sti- pulati rapporti di lavoro autonomo per ri- spondere a fabbisogni permanenti e per lo
svolgimento di attivita` non altamente qualifi- cate.
In tal senso sono state inserite previsioni vol- te a limitare il ricorso alle collaborazioni, in- troducendo, ad esempio, tetti di spesa e sta- bilendo requisiti di legittimita`.
La finanziaria per l’anno 2008 ha percorso ta- le strada, riconducendo l’utilizzo delle diver- se tipologie contrattuali di lavoro autonomo e subordinato alle proprie rispettive finalita`. Cio` comporta, innanzitutto, che il limite tem- porale individuato in tre mesi o nelle esigen- ze stagionali, non si applichi ai contratti di collaborazione, non potendo includerli nel- l’ampia categoria dei contratti di lavoro su- bordinato.
Peraltro rimane ferma la necessita` che l’inca-
rico abbia natura temporanea e non rinno- vabile, dovendo un nuovo incarico far riferi- mento necessariamente ad un diverso pro- getto.
L’attuale formulazione dell’art. 7, 68 co., d.lg. 30.3.2001, n. 165 qualifica come forma di lavoro autonomo le collaborazioni ester- ne ed opera una sola distinzione: quella tra collaborazione occasionale e collaborazione coordinata e continuativa, riconducibili sia alle prestazioni ex art. 2222 c.c. sia all’art. 2230 c.c.
8.6. Il lavoro a progetto: nozioni generali.
Le collaborazioni a progetto, posizionandosi in una posizione intermedia fra lavoro auto- nomo e lavoro subordinato, contribuiscono a ridurre quella considerevole distanza disci- plinare che, specie negli ultimi decenni, si era venuta a sviluppare tra le due figure con- trattuali in questione.
Ma, i meriti della nuova disciplina non sem- brano potersi ridurre a questi soli aspetti.
Il legislatore, infatti, nel prevedere questa
8.6 Cap. VIII
autonoma figura di lavoratore individua per esso un – seppur esiguo e migliorabile – nu- cleo di diritti che pone finalmente termine a quella riprovevole assenza di tutele prece- dentemente esistente per i cc.dd. xx.xx.xx. La disciplina, inoltre, aumentando le tipolo- gie contrattuali, consente all’autonomia ne- goziale delle parti di meglio scegliere la tipo- logia contrattuale che piu` si addice alle loro concrete, e quindi reali, esigenze.
Il richiamo alla funzione organizzativa del contratto di lavoro consente di introdurre ed analizzare alcune fattispecie disciplinate dall’art. 61, 18 e 28 co., d.lg. 10.9.2003, n.
276.
Tale norma, all’interno di un complesso dise- gno di riforma del mercato del lavoro, dei rapporti di lavoro e degli stessi strumenti contrattuali, sembra definire alcune figure, a valle della locatio operis ed a monte della locatio operarum, che non possono essere tralasciate in una analisi della evoluzione sto- rica del contratto di lavoro subordinato, pro- prio per la loro valenza di istituti di confine con le tradizionali categorie del lavoro subor- dinato.
Tali strumenti rappresentano ormai la via prefe- xxxx dalle aziende per la immissione nelle strut- ture organizzative di giovani in possesso di pro- fessionalita` non operaie al limite con il lavoro professionale autonomo
(Bortone 2004, 137).
Gli ambiti di sopravvivenza delle vecchie co.- xx.xx. sono rappresentati da:
1) I rapporti o soggetti sottratti all’applica- zione della nuova disciplina dal 38 co. del- l’art. 61:
– le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali e` necessaria l’iscrizione in apposi- ti albi professionali;
– i rapporti e le attivita` di collaborazione coordinata e continuativa comunque rese e utilizzate a fini istituzionali in favore delle as- sociazioni e societa` sportive dilettantistiche;
– i componenti degli organi di amministra- zione e controllo delle societa` sportive dilet- tantistiche; i componenti degli organi di am- ministrazione e controllo delle societa` e i partecipanti a collegi e commissioni;
– coloro che percepiscono la pensione di vecchiaia;
2) I contratti di collaborazione coordinata e continuativa conclusi con la p.a. (esclusi ex art. 1, 28 co.);
3) I xx.xx.xx. transitoriamente mantenuti in vita ex art. 86, 18 co., sino al 23.10.2004;
4) Gli agenti e i rappresentanti di commercio
sottratti alla nuova disciplina ex art. 61 18 co.;
5) I collaboratori «occasionali» come definiti dall’art. 61, 28 co.
Bisogna prendere atto che il lavoro costituisce non gia` un tertium, bens`ı un quartum genus che si colloca accanto alla residua, ma perma- nente categoria dei collaboratori continuativi e coordinati
(Xx Xxxx Xxxxxx 2003, 4),
e che ben si puo` agevolmente prevedere che,
accanto al cacofonico, ma efficace acronimo dei xx.xx.xx. ben presto circolera` l’altrettanto brut- ta, ma distinta locuzione di xx.xxx.xxx. (collabo- ratori a progetto o a programma)
(Xx Xxxx Xxxxxx 2003, 4).
Il lavoro a progetto viene spesso interpretato sbrigativamente come una restrizione garan- tistica rispetto al dilagare del lavoro coordi- nato e continuativo; cioe` rispetto a quelle collaborazioni che si distinguono dal lavoro subordinato in quanto il loro oggetto e` una prestazione di lavoro autonomo.
Nel nostro sistema il carattere rigido e vincolati- vo del contratto di lavoro subordinato aveva de- terminato una fuga dello schema del lavoro su- bordinato verso i cd. xx.xx.xx., che costituiscono una forma contrattuale riconosciuta dall’ordina- mento sul piano della contrattazione collettiva, del diritto processuale, del diritto tributario e del diritto previdenziale
(Prosperetti G. 2004, 1).
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.6
Il decreto di riforma del mercato del lavoro, d.lg. 10.9.2003, n. 276, ha recentemente dato riconoscimento giuridico alla figura contrat- tuale sempre piu` diffusa della collaborazione coordinata e continuativa, attribuendole una definizione, delimitandone il campo di appli- cazione e approntando una serie di tutele minime per il lavoratore legato al datore di lavoro da questo tipo di rapporto.
La collaborazione parasubordinata e` stata,
con tale normativa, ricondotta pienamente nella categoria del lavoro autonomo attraver- so la qualifica di «contratto di lavoro a pro- getto».
L’art. 61 d.lg. 10.9.2003, n. 276 definisce le nuove collaborazioni come quelle
riconducibili ad uno o piu` progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso, determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel ri- spetto del coordinamento con l’organizzazione del committente e indipendentemente dal tem- po impiegato per l’esecuzione dell’attivita` lavo- rativa
(art. 61 d.lg. 10.9.2003, n. 276).
Requisiti qualificanti della fattispecie, dun- que, sono rappresentati dall’autonomia del collaboratore nello svolgimento della sua at- tivita` lavorativa, dalla necessaria coordina- zione con il committente e dall’irrilevanza del tempo impiegato per l’esecuzione della prestazione.
Requisiti fondamentali del lavoro a progetto so- no: la specificita` del progetto, programma o fase di essi, che devono essere dettagliati in modo sufficiente a individuare un risultato; l’autono- mia della gestione del progetto, programma o fa- se di essi in funzione di un risultato, nel senso che grava sul lavoratore il rischio del lavoro, os- sia l’alea tecnico-economica; il coordinamento di tale gestione autonoma con l’organizzazione del committente, fermo restando che le indicazioni e disposizioni del committente devono essere isolate nel tempo, circoscritte nella durata e li- mitate nel contenuto.
Rientra nel campo di applicazione dell’art. 409
n. 3 c.p.c. un’attivita` che comporti per il lavora- tore un impegno costante a favore del commit-
tente, con protratto inserimento del prestatore nell’organizzazione aziendale e prevalenza della sua opera personale sul lavoro svolto da collabo- ratori e sull’utilizzazione di una struttura mate- riale
(Trib. Milano 4.10.2007, Xx, 0000, 148).
L’introduzione, ad opera degli artt. 61 xx. x.xx. 00.0.0000, x. 000, xxxxx xxxxxx xxx «xxxx- xx a progetto», lungi dal provocare soltanto un arricchimento delle tipologie contrattuali attraverso le quali il lavoro viene integrato nei processi produttivi, coinvolge le catego- rie fondative del diritto del lavoro e la storica dicotomia (autonomia-subordinazione) che ne ha disegnato i confini nel corso del secolo appena concluso.
Con la formalizzazione della nuova figura il legi- slatore prende posizione in ordine al ricco dibat- tito, sviluppatosi nell’ultimo decennio, tra i so- stenitori della necessita` di dare piena cittadi- nanza giuridica ad un tertium genus capace di attenuare le tensioni che in tema di qualificazio- ne dei rapporti si erano addensate ai confini del- la subordinazione e coloro che, viceversa, rifiu- xxxxxx ogni revisione della tradizionale classifi- cazione delle attivita` lavorative, ritenendo suffi- ciente una modulazione delle tutele atta a rea- lizzare una piu` equilibrata distribuzione delle ri- sorse garantistiche
(Xx Xxxx Xxxxxx 2003, 2).
Il contrasto, per la verita`, era piu` conclamato che radicale, dal momento che anche i primi postulavano un riequilibrio nell’allocazione delle tutele, mentre i secondi, spinti dall’esi- genza di modulare le garanzie,
finivano sovente per disegnare delle classi omo- genee di rapporti, evocando implicitamente la necessita` di una predeterminazione legale di nuove fattispecie
(Pedrazzoli 1988, 13).
La scelta del legislatore di delineare una nuova tipologia contrattuale non puo` non compiacere, almeno nella sua impostazione di fondo, chi, a partire dal 1997 e in vari scritti, aveva auspicato con convinzione la formalizzazione legislativa di una nuova figu-
8.6 Cap. VIII
ra capace di accogliere rapporti di lavoro che solo a costo di grandi forzature potevano an- cora essere inquadrati all’interno della classi- ca dicotomia.
La proposta sembro` allora quasi provocato-
ria, sicuramente eversiva rispetto ad una consolidata tradizione sistematica ben poco scalfita dal velleitario riferimento alla c.d. pa- rasubordinazione di cui all’art. 409, n. 3, c.p.c.: da un lato, attiro` le critiche di chi con- tinuava a ritenere immutato il modello antro- pologico-culturale del diritto del lavoro e con esso le categorie giuridiche su tale modello forgiate, e, dall’altro, genero` il timore che l’o- perazione mirasse soltanto ad allentare sur- rettiziamente le garanzie riconosciute al la- voro subordinato.
Viceversa appare oggi evidente, anche per l’aval- lo del legislatore, che il ricorrente tentativo di superare la normazione per tipi e` destinato a naufragare di fronte alla necessita` di individuare fattispecie legali come presupposto per l’appli- cazione dei diversi regimi giuridici e che la pre- determinazione di una «fattispecie legale» eso- nera il legislatore dall’impegnativo compito di ri- disegnare ogni volta il campo di applicazione delle singole disposizioni, contribuendo, cos`ı, ad una sistematica piu` lineare degli apparati di tutela
(Xx Xxxx Xxxxxx 2003, 4).
Nello stabilire le modalita` di questa presta- zione lavorativa, la parola «coordinata» in- dica la necessita` di sincronizzare l’attivita` del lavoratore al ciclo produttivo del commit- tente.
Il decreto applicativo della l. 14.2.2003, n. 30 ha introdotto il concetto che il coordinamen- to con l’organizzazione del lavoro del com- mittente va realizzato in funzione del ri- sultato da raggiungere, ma indipendente- mente dal tempo impiegato per l’attivita` la- vorativa.
Teoricamente, quindi, la durata del contratto e` definita dal progetto o programma di lavo-
ro o fasi di esso, ma non ci sono limiti di tem- po nell’esecuzione della prestazione.
Il decreto attuativo della l. 14.2.2003, n. 30 stabilisce invece che il lavoratore a progetto contemporaneamente gode di autonomia nelle modalita` di esecuzione della prestazio- ne ma all’interno del contratto individuale e` possibile anche prevedere forme temporali di coordinamento per l’esecuzione della pre- stazione lavorativa.
Questo significa che nel contratto individua- le si puo` legittimamente definire anche un orario preciso della prestazione.
Per la giurisprudenza, con la parola «conti- nuativa» si indica una serie di prestazioni lavorative reiterate in misura apprezzabile nel tempo, frutto di un accordo tra le parti. Nel contratto a progetto la legge non preve- de un tempo minimo o massimo della colla- borazione, ma dispone che, nei contratti in- dividuali, debba essere indicata la data di ini- zio e di fine del rapporto di lavoro.
Diversamente dalle collaborazioni coordina- te e continuative, non e` possibile rinnovare lo stesso contratto di collaborazione a pro- getto.
E` possibile, pero`, stipulare con lo stesso
committente nuovi contratti di xxxxxxxxxxxx- ne a progetto.
Con la circ. 8.1.2004, n. 1, il Ministero del
lavoro e delle politiche sociali ha dettato le prime modalita` operative relative ai nuovi contratti a progetto che nella previsione del- l’art. 61, 18 co., rappresentano una modalita` di esplicazione di attivita` autonoma ricondu- cibile a
uno o piu` progetti specifici o programmi di lavo- ro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in fun- zione del risultato, nel rispetto del coordina- mento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’e- secuzione dell’attivita` lavorativa
(circ. Min. lav. 8.1.2004, n. 1).
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.6
In sostanza, la nuova norma non ha abrogato le varie fattispecie di lavoro autonomo ma ha inteso disciplinare, in qualche modo, quella caratterizzata dal coordinamento.
Infatti, il Dicastero del Welfare ha precisato che il contratto a progetto non esaurisce la vasta gamma della c.d. «parasubordinazio- ne»: infatti, sia l’art. 61 che altre disposizioni escludono dai contratti a progetto una serie di rapporti: le prestazioni occasionali che so- no quelle la cui durata complessiva, presso lo stesso committente e` soggetta a due limiti: trenta giorni nell’anno solare e 5.000 euro. Esse sono state ritenute dal Ministero del la- voro e delle politiche sociali di «portata» li- mitata e tale da non necessitare di un pro- getto.
Questi rapporti si distinguono dalle presta- zioni occasionali ed accessorie previste dal- l’art. 70 (di cui si parlera` successivamente) e dalle attivita` di lavoro autonomo occasio- nale vero e proprio, alle quali, da un punto di vista contributivo, trova applicazione dal’1.1.2004, l’art. 44, 28 co., l. 24.11.2003,
n. 326.
Sul punto, va chiarito che l’INPS, con la circola- re n. 9 del 22 gennaio 2004, ha affermato che (ed in cio` si e` in linea con l’orientamento mini- steriale) nel caso in cui ci si trovi in presenza di una collaborazione coordinata e continuativa (e, quindi, non occasionale) di durata non supe- riore a trenta giorni ed a 5.000 euro (c.d. «co.- xx.xx. minime»), scatta l’obbligo dei contributi previdenziali nella misura prevista, in via gene- rale, per tutte le collaborazioni coordinate e continuative «ordinarie»
(Massi 2004, 4).
Per queste ultime, il contributo previdenzia- le e` quello della gestione commercianti La differenza, come si vede, la fa l’occasionalita` che ha come conseguenza l’esenzione contri- butiva per il periodo considerato; gli agenti e rappresentanti di commercio che trovano una specifica regolamentazione del loro rap- porto in leggi speciali; le professioni intellet-
tuali per il cui esercizio e` richiesta l’iscrizio- ne in Albi professionali: la disposizione legi- slativa fa riferimento agli Albi esistenti alla data del 24.10.2003; le collaborazioni rese a favore delle societa` sportive dilettantistiche e loro associazioni affiliate alle federazioni sportive nazionali ed agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI; i componenti degli organi di amministrazione e controllo delle societa`; i partecipanti a collegi e com- missioni; i collaboratori titolari di pensioni di vecchiaia; i soggetti con contratto d’opera disciplinato dagli artt. 2222 ss. c.c.; le presta- zioni di lavoro sportive rese con rapporto di lavoro autonomo ex art. 3 l. 8.3.1991, n. 81; le prestazioni occasionali di tipo accessorio rese da particolari soggetti per un massimo di trenta giorni nell’anno solare e 3.000 euro di compenso; i contratti di collaborazione coordinata e continuativa presso le pp.aa.
E` indubbio che il chiarimento amministrativo
consenta di riferire l’occasionalita` e la limita- ta portata al solo committente cui va riferito il limite massimo.
Cio` significa che e` possibile nell’anno solare
avere piu` committenti ma che, in caso di su- peramento dei 5.000 euro di compenso, il la- voratore dovra` essere assoggettato, a partire dall’1.1.2004, al versamento contributivo alla gestione separata, cosı` come previsto dal- l’art. 44, 28 co., l. 24.11.2003, n. 326.
La nuova disposizione riportata all’art. 44, 28
co., l. 24.11.2003, n. 326 risolve i problemi della contribuzione oltre i trenta giorni, po- nendo a carico del committente (come per le collaborazioni coordinate e continuative) l’obbligo del versamento alla gestione sepa- rata (due terzi a carico dello stesso ed un terzo a carico del prestatore).
Per quanto concerne la risoluzione del rap- porto, la circ. 8.1.2004, n. 1 rinvia alle dispo- sizioni contenute nell’art. 67: il rapporto si ri- solve con la realizzazione del progetto, del
8.6 Cap. VIII
programma o della fase che ne costituisce l’oggetto.
La risoluzione anticipata del contratto puo`
avvenire per giusta causa (quella che, mu- tuata dal lavoro subordinato, non consente la prosecuzione, neanche provvisoria, del rapporto), oppure secondo le diverse causali o modalita` riportate nel contratto individuale che puo` disciplinare anche l’eventuale perio- do di preavviso.
Ma cosa succede se il progetto si conclude prima del termine fissato? Il Ministero del la- voro e delle politiche sociali ritiene che lo stesso si intenda, comunque, risolto e che il corrispettivo determinato nel contratto deb- ba essere corrisposto per intero.
Tale interpretazione e` conseguente al fatto che l’elemento caratterizzante della collaborazione e` la realizzazione del risultato e non il tempo; il riferimento alla giusta causa deve essere inter- pretato nel senso che esso fa s`ı che il collabora- tore che si senta leso dal comportamento del committente possa chiedere, attraverso il ricor- so giudiziale, preceduto dal tentativo obbligato- rio di conciliazione, la corresponsione di una in- dennita` risarcitoria qualora venga accertato un comportamento illegittimo del datore
(Massi 2004, 6).
L’art. 69 afferma che i rapporti di collabora- zione coordinata e continuativa instaurati (laddove richiesto) senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, sono considerati rapporti di la- voro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto.
Tale presunzione, pero`, non e`, secondo la
circ. 8.1.2004, n. 1, assoluta, ma relativa, nel senso che puo` essere superata qualora il committente fornisca in giudizio prova del- la esistenza di un rapporto di lavoro effetti- vamente autonomo.
Questa interpretazione, peraltro coraggiosa ed in linea con una tendenza finalizzata alla verifica del rapporto al di la` del «nomen», non trova, pero`, sostenitori in chi, in dottri-
na, parla di una presunzione assoluta avvalo- rata dal tenore letterale della disposizione che tenderebbe a rendere pienamente ope- rativa la tutela del prestatore, sulla base di una automaticita` che prescinderebbe da qualunque accertamento e che troverebbe anche conforto in precedenti pronunce della Corte cost., come la 121/1993 e la 115/1994, laddove si e` sostenuto che il legislatore nel- l’effettuare le qualificazioni giuridiche dei rapporti trova il solo limite delle «norme in- derogabili previste dall’ordinamento per dare attuazione ai principi, alle garanzie ed ai di- ritti dettati dalla Costituzione a tutela del la- voro subordinato».
Ovviamente, sull’argomento occorrera` aspet- tare i primi orientamenti giurisprudenziali. Restando nell’ottica della presunzione relati- va, la circolare ricorda come nel caso in cui il giudice configuri un contratto di lavoro su- bordinato perche´ fa difetto il requisito del- l’autonomia, esso si trasformera` in rapporto di lavoro subordinato secondo la tipologia negoziale verificatasi di fatto (es. tempo pie- no, tempo parziale, tempo determinato ecc.).
L’accertamento giudiziale si deve limitare sol- tanto alla verifica dell’esistenza del progetto o del programma (comma 3) essendogli preclusa ogni valutazione relativa al merito ed alle altre scelte tecniche, organizzative e produttive che spettano al committente.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali aggiunge che il controllo deve verificare l’esi- stenza «nei fatti» del progetto e non la sua mera deduzione in contratto
(Massi 2004, 4).
Non costituisce indice di subordinazione, che possa far dedurre simulato un contratto di lavoro a progetto, il fatto che il collabora- tore a progetto lavorasse abitualmente in uf- ficio o che dovesse comunque avvertire in caso di assenza, che sono dati equivoci e spiegabili in ragione delle esigenze di coordi- namento con la struttura aziendale e della
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.6.1
necessita` dello stesso ricorrente di utilizzare gli strumenti e l’apparato logistico messo a disposizione del datore di lavoro;
ne´ costituisce valida spia del potere gerarchico il fatto che alcune direttive fossero rivolte indiffe- rentemente al collaboratore a progetto ed a un dipendente, in mancanza di contenuti di per se´ idonei a rivelare un preciso meccanismo di ete- rodirezione; non appare di per se´ significativa di subordinazione neppure la previsione di un
«budget» di vendita e di relativi «bonus», che sono elementi non estranei al progetto e quindi al risultato richiesto al collaboratore; perche´ fos- se accertato un lavoro subordinato sarebbe sta- to necessario allegare e provare un’effettiva in- gerenza del committente sugli aspetti organizza- tivi e di gestione del progetto, come nella specie sulle decisioni quanto ai clienti da contattare, al- le modalita` per allacciare i rapporti commerciali, alle strategie di marketing poste in essere (Trib. Modena, ord., 21.2.2006, www.lavoro- xxxxxxxxxx.xxx, 2006).
Con la circ. 31.3.2008, n. 8 il Ministero ha fornito nuove indicazioni sul processo di tra- sformazione/stabilizzazione dei rapporti di collaborazione in rapporti di lavoro subordi- nato (d.l. 31.12.2007, n. 248, convertito in l. 28.2.2008, n. 31).
I giudici del lavoro intendono la subordina- zione come «assoggettamento gerarchico del lavoratore al potere di direzione e con- trollo del datore di lavoro». La giurispruden- za ha individuato alcuni indici che possono concorrere a dimostrare l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato:
– la sottoposizione del lavoratore al potere disciplinare;
– l’obbligo di eseguire la prestazione nell’o- rario stabilito dal datore di lavoro;
– la predeterminazione e la continuita` ideale della prestazione;
– la periodicita`, le caratteristiche e la misura
del compenso del lavoratore;
– l’assenza, per il lavoratore, del rischio con- cernente il risultato finale dell’attivita`;
– la mancanza di una organizzazione propria del lavoratore che impiega quella del datore;
– l’inserimento strutturale del lavoratore nell’organizzazione produttiva del datore di lavoro.
8.6.1. Caratteristiche del contratto.
Innanzitutto, il contratto di lavoro a progetto deve essere redatto in forma scritta e deve indicare, a fini della prova, i seguenti ele- menti:
– la durata determinata o determinabile del- la prestazione di lavoro;
– il progetto o programma di lavoro, o fasi di esso, individuato nel suo contenuto caratte- rizzante dedotto in contratto;
– il corrispettivo e i criteri per la sua deter- minazione, nonche´ i tempi e le modalita` di pagamento e la disciplina dei rimborsi spese;
– le forme di coordinamento del lavoratore a progetto con il committente;
– le eventuali misure per la tutela della salu- te e sicurezza del collaboratore a progetto. Il contratto termina quando il progetto, il programma o la fase vengono realizzati.
Con la circ. 14.6.2006, n. 17 rivolta agli ispet- tori del lavoro, il Ministero del lavoro chiari- sce che il contratto di lavoro a progetto puo` essere applicato anche nell’ambito delle atti- vita` operative telefoniche svolte dai call cen- ter purche´ sussistano i seguenti presupposti:
– sia possibile individuare un preciso proget- to o programma di lavoro;
– il collaboratore deve essere autonomo nel- la gestione dei tempi di lavoro;
– devono essere contemplate le modalita` di
coordinamento consentite tra il committente ed il collaboratore.
Il ministero afferma, a riguardo, che un pro- gramma di lavoro od una fase di esso posso- no essere individuati nell’ambito delle attivi- ta` dei call center solo quando siano idonee a configurare un risultato da conseguire entro un termine prestabilito con la possibilita`, per
8.6.1 Cap. VIII
il collaboratore, di decidere autonomamente il proprio ritmo di lavoro.
Piu` in particolare, il progetto deve compren-
dere una singola e specifica «campagna» la cui durata coincide con lo svolgimento della prestazione del collaboratore.
A questo scopo il programma di lavoro dovra`
specificare:
– il singolo committente finale cui e` ricondu- cibile la «campagna»;
– la durata della «campagna» (il contratto di
lavoro a progetto non potra` mai avere una durata superiore);
– il tipo di attivita` richiesta al collaboratore
nell’ambito della «campagna» (promozione, vendita, sondaggi...);
– la tipologia di prodotti o servizi oggetto
dell’attivita` richiesta al collaboratore;
– la tipologia di clientela da contattare. Considerati tali requisiti, il Ministero ritiene che il contratto di lavoro a progetto possa es- sere applicabile nel caso dei call center out bound nei quali il compito assegnato al col- laboratore a progetto e` quello di contattare, per un arco di tempo determinato, l’utenza di un prodotto o di un servizio riconducibile ad un singolo committente.
Al contrario di quanto accade per i servizi te-
lefonici out bound, alle attivita` di call center in bound non sembra potersi applicare il contratto di lavoro a progetto.
In questo caso, infatti, l’operatore non gesti- sce la propria attivita`, ne´ puo` in alcun modo pianificarla dato che questa consiste preva- lentemente nel rispondere alle chiamate del- l’utenza, limitandosi a mettere a disposizione del datore di lavoro la propria attivita` per un dato periodo di tempo.
Il compenso deve essere proporzionato alla quantita` e qualita` del lavoro eseguito e deve tenere conto dei compensi normalmente cor- risposti per analoghe prestazioni di lavoro
autonomo nel luogo di esecuzione del con- tratto.
E` prevista una maggior tutela, rispetto alle
collaborazioni coordinate e continuative, del lavoratore in caso di malattia, infortunio e gravidanza.
La malattia e l’infortunio del lavoratore com- portano solo la sospensione del rapporto che pero` non e` prorogato e cessa alla scadenza indicata nel contratto o alla fine del progetto, programma o fase di lavoro.
Il committente puo` comunque recedere se la
sospensione si protrae per un periodo supe- riore a un sesto della durata stabilita nel con- tratto (quando determinata) ovvero superio- re a 30 giorni per i contratti di durata deter- minabile.
La gravidanza comporta la sospensione del rapporto e la proroga dello stesso per 180 giorni.
Il collaboratore puo` svolgere attivita` a favore
di piu` committenti, salvo che, in sede di con- tratto individuale, le parti non si siano accor- date diversamente. Inoltre il collaboratore ha il diritto di essere riconosciuto autore dell’in- venzione fatta nello svolgimento del lavoro a progetto.
Per il versamento dei contributi i lavoratori a progetto devono iscriversi alla Gestione se- parata INPS.
La contribuzione e` posta per 2/3 a carico del
committente e per 1/3 a carico del lavoratore. Il contratto di lavoro a progetto puo` essere stipulato da tutti i lavoratori e per tutti i set- tori e le attivita`, con l’esclusione dei rapporti di collaborazione con la p.a.
Invece per i rapporti elencati di seguito non c’e` l’obbligo di prevedere un progetto ma le parti se vogliono possono concordare di sti- pulare un contratto a progetto.
I rapporti sono:
– agenti e rappresentanti di commercio;
– coloro che esercitano professioni intellet-
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.6.1
tuali per le quali e` necessaria l’iscrizione a specifici albi professionali (gia` esistenti al momento dell’entrata in vigore del decreto);
– componenti degli organi di amministrazio- ne e controllo delle societa`;
– partecipanti a collegi e commissioni (inclu- si gli organismi di natura tecnica);
– pensionati al raggiungimento del 658 anno di eta`;
– atleti che svolgono prestazioni sportive in regime di autonomia, anche in forma di colla- borazione coordinata e continuativa;
– collaborazioni coordinate e continuative di tipo occasionale «minima», ovvero di durata non superiore a 30 giorni con un unico com- mittente, e per un compenso annuo non su- periore a 5.000 euro con lo stesso commit- tente;
– rapporti e attivita` di collaborazione coordi-
nata e continuativa comunque resi e utilizza- ti a fini istituzionali in favore di associazioni e societa` sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI (Comitato olimpico nazionale italiano).
Dopo il 24.10.2004 le collaborazioni che non sono state ricondotte a un progetto sono cessate automaticamente.
Possono essere stipulati accordi aziendali
che stabiliscano che le collaborazioni non ri- conducibili a un progetto siano trasformate in una forma di lavoro subordinato che puo` essere individuata sia fra quelle previste dal- la legge Biagi (lavoro intermittente, ripartito, distacco, somministrazione, appalto) sia fra quelle gia` disciplinate (contratto a termine o a tempo parziale).
L’art. 65 afferma che trovano piena applica- zione il tit. IX c.c. e la l. 22.4.1941, n. 633 che disciplina la protezione del diritto d’au- tore e degli altri diritti connessi all’esercizio. Va ricordata, sull’argomento, una recente sentenza della Corte di Cassazione (Cass.
11305/2003) che distingue, sulla base del- l’art. 23 r.d. 29.6.1939, n. 1127 tra invenzione di servizio ed invenzione di azienda.
La prima e` quella che si realizza nell’ambito
di un contratto il cui oggetto e` rappresentato dall’attivita` inventiva e per il quale e` previsto un compenso (se, come nel nostro caso, ci si trova di fronte ad un lavoratore autonomo) o una retribuzione, qualora il contratto sia di natura subordinata.
La seconda, invece, e` quella che non rientra
nell’attivita` specifica del prestatore ma che deve esser comunque correlata all’attivita` svolta (di qui la necessita` di un nesso causa- le): ovviamente, la stessa non deve essere del tutto casuale od estranea all’oggetto del contratto.
Il 28 co. dell’art. 23 r.d. 29.6.1939, n. 1127 chiarisce che, in questo caso, all’inventore spetta un equo premio per la cui determina- zione occorre valutare l’importanza dell’in- venzione.
Il Tribunale di Milano, con due sentenze di analogo contenuto del 2.2.2007 e del 5.2.2007, ha sposato la tesi della presunzione assoluta di subordinazione in tutte quelle ipotesi in cui manchi il progetto oppure non sia configurabile un effettivo progetto. Secondo il Tribunale di Milano il legislatore utilizza l’espressione: «sono considerati con- tenuti nell’art. 69, primo comma»; da cui si ricava che la conversione opera di diritto e la pronuncia del giudice ha valore di accerta- mento.
La conversione non si pone quindi come pre-
sunzione ma come un vero e proprio impera- tivo.
Nessuna prova puo` fornire il committente
essendo chiaro che si parla di rapporti inizial- mente autonomi che si trasformano in rapporti di lavoro subordinato indeterminato come san- zione per la violazione del divieto di stipulare
8.6.1 Cap. VIII
contratti di collaborazione coordinata e conti- nuativa al di fuori del contratto a progetto (Trib. Milano 2.2.2007, n. 320, cit. in Casotti e Gheido 2007, 478; Trib. Milano 5.2.2007, n.
337, RIDL, 2007, II, 332).
Il tribunale afferma, inoltre, che il titolo del- l’art. 69 e` «divieto di rapporti di collaborazio- ne coordinata e continuativa atipici e conver- sione del contratto»; cio` significa che «non vi e` spazio per rapporti di collaborazione coor- dinata e continuativa atipici e che la conse- guenza di tale atipicita` e` la conversione del contratto».
La norma e` di estrema chiarezza: «se non c’e`
il lavoro a progetto c’e` il rapporto di lavoro subordinato e non vi sono altre possibilita` al- ternative».
Da cio` discende, come conseguenza, che se- condo il Tribunale di Milano non vanno veri- ficate le modalita` concrete riferibili allo svol- gimento della prestazione in quanto «una volta esclusa la presenza dell’elemento quali- ficante scatta l’automatismo e si presume in- vincibilmente la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato».
Non costituisce indice di subordinazione, che possa far dedurre simulato un contratto di lavo- ro a progetto, il fatto che il collaboratore a pro- getto lavorasse abitualmente in ufficio o che do- vesse comunque avvertire in caso di assenza, che sono dati equivoci e spiegabili in ragione delle esigenze di coordinamento con la struttura aziendale e della necessita` dello stesso ricorren- te di utilizzare gli strumenti e l’apparato logisti- co messo a disposizione del datore di lavoro; ne´ costituisce valida spia del potere gerarchico il fatto che alcune direttive fossero rivolte indiffe- rentemente al collaboratore a progetto ed a un dipendente, in mancanza di contenuti di per se´ idonei a rivelare un preciso meccanismo di ete- rodirezione; non appare di per se´ significativa di subordinazione neppure la previsione di un
«budget» di vendita e di relativi «bonus», che sono elementi non estranei al progetto e quindi al risultato richiesto al collaboratore; xxxxxx´ fos-
se accertato un lavoro subordinato sarebbe sta- to necessario allegare e provare un’effettiva in- gerenza del committente sugli aspetti organizza- tivi e di gestione del progetto, come nella specie
sulle decisioni quanto ai clienti da contattare, al- le modalita` per allacciare i rapporti commerciali, alle strategie di marketing poste in essere (Trib. Modena, ord., 21.2.2006, GuLav, 2006,
14, 13).
La prestazione dedotta in un contratto a pro- getto priva di qualsivoglia riferimento ad un risultato, ancorche´ parziale,
finisce per tradursi in mera messa a disposizione delle energie lavorative con onere di diligenza, caratteristiche che ne determinano la natura su- bordinata
(Trib. Torino 10.5.2006, GuLav, 2006, 24, 12).
La stipulazione di un contratto a progetto privo del requisito dell’indicazione specifica del progetto comporta l’applicabilita` dell’art. 69, 18 co., d.lg. 10.9.2003, n. 276, sicche´,
in difetto della prova, da parte del datore di la- voro, dell’autonomia del lavoro, incompatibile in linea di principio con il meccanismo della tur- nazione, il rapporto deve ritenersi subordinato ed a tempo indeterminato. (Nel caso di specie il Tribunale ha ritenuto di natura subordinata ed a tempo indeterminato il contratto di collabo- razione a progetto privo dei requisiti di specifici- ta` del progetto, essendo tale presunzione legale superabile mediante l’assoluzione della prova dell’autonomia del rapporto da parte del datore di lavoro.
Il Tribunale ha inoltre ribadito carattere vinco- lante dell’orario di lavoro, ovvero l’idoneita` dello stesso a valere come indice di subordinazione del rapporto)
(Trib. Torino 16.5.2006, GuLav, 2006, 29, 13).
La sanzione prevista dall’art. 69, 18 co., d.lg. 10.9.2003, n. 276 per l’ipotesi di omessa indi- viduazione dello specifico progetto, pro- gramma di lavoro o fase di esso, di cui all’art. 61, 18 co., d.lg. 10.9.2003, n. 276, consistente nella declaratoria della natura subordinata e a tempo indeterminato del rapporto, va ap- plicata anche nel caso in cui, pur essendo presente la suddetta indicazione,
venga accertato che l’attivita` in concreto svolta dal lavoratore sia divergente con l’individuato progetto, programma di lavoro o fase di esso. (Nel caso di specie il giudice ha accertato la na- tura subordinata di un rapporto di lavoro il cui
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.6.1
progetto era stato indicato nel contratto ma che, di fatto, non era corrispondente all’attivita` in concreto svolta dal lavoratore)
(Trib. Xxxxxx 00.0.0000, GuLav, 2006, 24).
L’art. 62 d.lg. 10.9.2003, n. 276 richiede l’in- dicazione di un programma nel contratto di lavoro a progetto puntuale e specifica, senza che possa risolversi in una clausola di stile evanescente ed ermetica nei suoi contenuti, ne´ in formule standardizzate.
La prestazione del collaboratore a progetto e` di natura autonoma e concreta un’obbligazione di risultato; la mancanza di uno specifico progetto o programma nel suo contenuto caratterizzante riconduce il rapporto, ex art. 69, comma 1, D.Lgs. n. 276/2003, nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato
(Trib. Piacenza 15.2.2006, LG, 2006, 885).
Vi e` compatibilita` tra lavoro a progetto e at- tivita` di assistenza continuativa, per cui e` le- gittima l’individuazione di un orario di lavoro anche nell’ambito di una collaborazione a progetto,
quando la costante presenza del lavoratore sul luogo di lavoro e per un preciso lasso di tempo giornaliero sia elemento essenziale e indefettibi- le per l’utile realizzazione del programma o del progetto. (Nel caso di specie il Consiglio di Sta- to, affrontando una questione in tema di lavoro a progetto ha ritenuto che non sarebbe l’orario di lavoro, eventualmente pattuito, a qualificare il rapporto, bensı` assumerebbe rilevanza giuridica l’obiettivo finale perseguito, indipendentemente dal tempo impegnato)
(Cons. St. 29.11.2005, n. 1743, GuLav, 2006,
18).
Rispettate le forme di cui agli artt. 61 ss. d.lg. 10.9.2003, n. 276, che non richiedono l’inte- stazione di «lavoro a progetto»,
il contratto di lavoro a progetto non puo` essere considerato alla stregua di un contratto di lavoro subordinato in mancanza di specifica prova del- l’esistenza degli elementi caratteristici della su- bordinazione
(Trib. Milano 10.11.2005, OGL, 2005, 789).
Qualora non venga fornita prova dell’esisten- za della subordinazione e il contratto stipula-
to tra le parti possegga i requisiti formali del contratto a progetto,
non puo` farsi luogo alla trasformazione in rap- porto di lavoro subordinato ex art. 69 c. 2 D.
Lgs. 276/03
(nella specie il progetto consisteva nella «verifi- ca della conoscenza, diffusione e posizionamen- to del mercato dei farmaci con conseguente ne- cessita` di realizzare uno studio che comporti la rilevazione, l’analisi e l’elaborazione dei dati re- lativi alle specialita` farmaceutiche sul territorio nazionale»)
(Trib. Milano 10.11.2005, Xx, 0000, 176).
Nel contratto di lavoro a progetto la forma e` prevista esclusivamente a fini probatori; qua- lora essa manchi, il contratto di lavoro a pro- getto rimane comunque valido sul piano so- stanziale, non verificandosi alcuna nullita` ne´ conversione in altro tipo di contratto.
Ne consegue che possa astrattamente conside- rarsi legittimo lavorare a progetto anche prima della redazione del contratto per iscritto o senza mai redigere alcun documento scritto
(Trib. Ravenna 25.10.2005, GC, 2006, 1605).
Affinche´ un contratto di lavoro a progetto debba intendersi, ex art. 69, 18 co., d.lg. 10.9.2003, n. 276, come rapporto di lavoro subordinato (e a tempo indeterminato)
deve ricorrere la mancanza del progetto e dei requisiti sostanziali dello stesso, non assumendo in tal senso rilevanza che il rapporto di lavoro abbia avuto inizio prima della stipulazione per iscritto del relativo contratto
(Trib. Ravenna 25.10.2005, GC, 2006, 1605).
In caso di mancata individuazione di uno spe- cifico progetto, la presunzione iuris tantum della natura subordinata del rapporto di lavo- ro di cui all’art. 69, 18 co., d.lg. 10.9.2003, n. 276 puo` essere superata dalla dimostrazione, a carico del datore di lavoro, della natura autonoma del rapporto medesimo.
Nel caso di specie, il miglioramento dell’organiz- zazione di un ufficio o di un reparto aziendale (attraverso l’analisi e la migliore preparazione delle varie fasi di lavoro e l’elevazione professio- nale dei lavoratori addetti alle stesse, allo scopo
8.6.1.1 Cap. VIII
di far raggiungere loro un’autonoma capacita` di gestione delle varie fasi, come spiegato dai testi- moni) puo` perfettamente costituire l’oggetto di un progetto in senso stretto o di un programma di lavoro, dal momento che esso puo` integrare una precisa attivita`, delimitata funzionalmente e temporalmente, cui inerisce un chiaro risulta- to finale (nel caso specifico: una piu` efficace im- plementazione dell’organizzazione dell’ufficio commerciale).
Nel caso in cui il lavoratore a progetto svolga mansioni estranee al progetto medesimo, il rap- porto deve essere considerato di tipo subordina- to, tanto piu` allorche´ risulti che la prestazione e` stata resa in regime sostanziale di subordinazio- ne; tale riqualificazione del progetto travolge an- che il termine di durata originariamente previsto dal contratto a progetto
(Trib. Ravenna 25.10.2005, GC, 2006, 1605).
In merito ai contratti di lavoro a progetto, l’INPS sottolinea, richiamando la nota prot. 16984/2008 del Ministero del Lavoro, che la prova di subordinazione non si puo` ricavare da elementi solo presuntivi, precisando che non e` sicuro indizio di subordinazione il fatto che l’attivita` si svolga all’interno di una strut- tura del committente, e di conseguenza che cio` comporti un orario di apertura e chiusu- ra, a condizione che questo non vincoli il col- laboratore al rispetto di quell’orario ne´ a giu- stificare la non presenza nel luogo di svolgi- mento della prestazione.
Gli ispettori dell’INPS dovranno seguire le di- rettive impartite dal Ministero del lavoro.
8.6.1.1. Il trattamento economico.
Il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere proporzionato alla quantita` e alla quantita` del lavoro eseguito e deve tenere conto dei compensi normal- mente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto (art. 63 d.lg. 10.9.2003, n. 276). La quantificazione del compenso deve avve- nire in considerazione della natura e durata del progetto o del programma di lavoro, cioe`
in funzione del risultato che il collaboratore deve produrre.
Le parti del rapporto potranno quindi disci- plinare nel contratto anche i criteri attraver- so i quali sia possibile escludere o ridurre il compenso pattuito nel caso in cui il risultato non sia stato perseguito o la qualita` del me- desimo sia tale da comprometterne l’utilita`. Salvo diverso accordo tra le parti, il collabo- ratore a progetto puo` svolgere la sua attivita` a favore di piu` committenti.
Il collaboratore a progetto non deve pero` svolgere attivita` in concorrenza con i commit- tenti ne´, in ogni caso, diffondere notizie e ap- prezzamenti attinenti ai programmi e alla or- ganizzazione di essi, ne´ compiere in alcun modo atti in pregiudizio delle attivita` dei committenti (art. 64 d.lg. 10.9.2003, n. 276). Il lavoratore ha diritto di essere riconosciuto inventore delle invenzioni fatte nel corso del- lo svolgimento del rapporto e i suoi diritti so- no regolati in conformita` delle leggi speciali, compreso l’art. 12 bis l. 22.4.1941, n. 633 che riconosce al datore di lavoro la titolarita` esclusiva del diritto all’utilizzazione econo- mica del programma per elaboratore e della banca dati creati dal lavoratore nell’esecuzio- ne delle sue mansioni.
8.6.1.2. L’estinzione del contratto.
I contratti di lavoro a progetto si risolvono al momento della realizzazione del pro- getto o del programma o della fase di es- so che ne costituisce l’oggetto.
Le parti possono recedere prima della sca- denza del termine per giusta causa ovvero secondo le diverse causali o modalita`, inclu- so il preavviso, stabilite dalle parti nel con- tratto di lavoro individuale (art. 67 d.lg. 10.9.2003, n. 276).
Analogo progetto o programma di lavoro puo`
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.6.1.3
essere oggetto di successivi contratti di lavoro con lo stesso collaboratore.
Quest’ultimo puo` essere a maggior ragione
impiegato successivamente anche per pro- getti o programmi aventi contenuto del tutto diverso.
Ciascun contratto di lavoro a progetto deve comunque presentare, autonomamente con- siderato, i requisiti richiesti dalla legge.
I rapporti di collaborazione coordinata e con- tinuativa instaurati senza l’individuazione di uno specifico progetto o programma di lavo- ro, o fase di esso, sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indetermi- nato sin dalla data di costituzione del rap- porto (art. 69 d.lg. 10.9.2003, n. 276).
Qualora venga accertato dal giudice che il rapporto di lavoro a progetto sia venuto in concreto a configurare un rapporto di lavoro subordinato, esso si trasforma in un rapporto di lavoro subordinato corrispondente alla ti- pologia negoziale di fatto realizzatasi tra le parti.
Ai fini di detto giudizio il controllo giudizia- le e` limitato esclusivamente, in conformita` ai principi generali dell’ordinamento, all’ac- certamento dell’esistenza del progetto, pro- gramma di lavoro o fase di esso e non puo` essere esteso fino al punto di sindacare nel merito valutazioni e scelte tecniche, organiz- zative o produttive che spettano al commit- tente.
8.6.1.3. Diritti e doveri del lavoratore a progetto.
Il legislatore, pur avendo lasciato alla auto- nomia contrattuale delle parti il compito di riempire di contenuto il contratto, stabilendo termini e modi della loro collaborazione, ha ritenuto opportuno definire una disciplina minima di diversi aspetti del rapporto con- trattuale attraverso il d.lg. 10.9.2003, n. 276.
L’atteggiamento complessivo del legislatore nei confronti della collaborazione a progetto continua a essere improntato, ancora in ma- niera prevalente, a un riconoscimento della centralita` dell’autonomia contrattuale delle parti.
Collocandosi in un’area di confine tra le tra- dizionali tipologie contrattuali del lavoro autonomo e del lavoro subordinato, e poten- zialmente avviato a divenire un terzo modo in cui si puo` realizzare la collaborazione tra impresa datrice di lavoro e lavoratore, nel- l’assetto normativo attuale il lavoro a proget- to mantiene tuttora le caratteristiche di un rapporto diverso da quello di lavoro subordi- nato, che si distingue da quest’ultimo pro- prio in virtu` dell’autonomia, che deve con- traddistinguere il collaboratore nello svolgi- mento della prestazione affidatagli.
Con gradualita`, pur nel riconoscimento della
liberta` contrattuale delle parti, il legislatore introduce alcuni elementi di regolamentazio- ne del rapporto, che sono, indubbiamente, tratti per analogia dalla vasta e consolidata disciplina tradizionale del rapporto di lavoro subordinato.
Tali elementi di regolamentazione sono volti a riconoscere alcuni diritti al collaboratore, introducendo alcuni primi limiti, per il mo- mento ancora molto parziali, alla autonomia e liberta` contrattuale delle parti.
Prima di accennare ai diritti, puo` essere inte-
ressante rivelare come, all’art. 64 d.lg. 10.9.2003, n. 276, il legislatore abbia previsto che, salvo diverso accordo tra le parti, il col- laboratore possa svolgere la sua attivita` a fa- vore di piu` committenti.
Nella disciplina normale del contratto a pro- getto, quindi, non e` prevista l’esclusiva a fa- vore del committente, esclusiva che deve es- sere espressamente pattuita dalle parti.
Il collaboratore a progetto non e`, di per se´, soggetto a un vincolo di subordinazione e al-
8.6.1.3 Cap. VIII
la conseguente disciplina in tema di obblighi di diligenza e non concorrenza, propria del lavoratore subordinato.
Peraltro il legislatore, al 28 co. dell’art. 64, ri- tiene di introdurre una limitazione alla liber- ta` del collaboratore a progetto, nell’assume- re e svolgere incarichi per una pluralita` di committenti, che riecheggia esplicitamente il contenuto dell’obbligo di fedelta` previsto, per il lavoratore subordinato, dall’art. 2105 c.c.
Secondo la citata norma, infatti: «Il collaborato- re a progetto non deve svolgere attivita` in con- correnza con i committenti».
Tale disposizione pare del tutto ragionevole e al limite ovvia, tenendo conto, peraltro, che, sia la facolta` di svolgere la sua attivita` a favore di piu` committenti riconosciuta dal precedente com- ma, sia l’utilizzo del plurale «committenti» anzi- che´ del singolare, autorizzano a ritenere che il termine «concorrenza» sia utilizzato con riferi- mento ad attivita` svolte direttamente dal colla- boratore in proprio e non ad attivita` svolte dal collaboratore a favore di altri committenti.
In buona sostanza il collaboratore, che non ha sottoscritto un patto di esclusiva per un deter- minato committente, puo` assumere incarichi di collaborazione anche per piu` committenti (Moizo 2007).
Pertanto, ricapitolando quanto detto sin’ora, il lavoratore a progetto, salvo diverso accor- do fra le parti, puo` impegnarsi con piu` com- mittenti.
Infatti il contratto individuale puo` limitare in tutto o in parte tale facolta`.
Al collaboratore e` vietato svolgere attivita` in concorrenza col committente e compiere atti che rechino danno all’attivita` di quest’ultimo: e` obbligato alla riservatezza, astenendosi dal divulgare atti o notizie inerenti il programma da eseguire o l’organizzazione dello stesso nonche´ dal compiere atti pregiudizievoli per l’attivita` svolta dagli stessi (art. 64 d.lg. 10.9.2003, n. 276 e art. 2105 c.c.).
Al collaboratore, inoltre, durante lo svolgi- mento della collaborazione, viene riconosciu- ta dal legislatore una serie di diritti:
– il diritto ad essere riconosciuto quale auto- re dell’invenzione fatta nello svolgimento del lavoro a progetto;
– il diritto di sospensione del contratto in oc- casione di eventi quali l’infortunio, la malat- tia, la maternita`.
Questi eventi comportano la sospensione del rapporto senza corresponsione di com- penso e non la risoluzione del rapporto con- trattuale.
Tale sospensione non genera l’automatica proroga del contratto; solo in caso di gravi- danza la durata del rapporto e` prorogata di 180 giorni, salvo diversa disposizione piu` fa- vorevole del contratto individuale.
La sospensione necessita che il collaboratore sia in grado di produrre adeguata certifica- zione scritta.
Il committente potra` decidere di recedere
dal contratto nel solo caso in cui la malattia o l’infortunio si protragga per oltre un sesto della durata stabilita per il contratto, se que- sta e` determinata, oppure 30 giorni per i contratti con durata non stabilita;
– il diritto alla tutela economica in caso di maternita` e malattia; alle collaboratrici iscrit- te alla Gestione separata INPS di cui all’art. 2, 268 co., l. 8.8.1995, n. 335 e` garantita, in- fatti, l’indennita` di maternita` direttamente versata dall’istituto senza anticipo ne´ inte- grazione da parte del datore di lavoro; non e` piu` prevista, invece, l’erogazione dell’asse- gno per il nucleo familiare;
– il diritto all’assicurazione INAIL contro gli infortuni.
Per i lavoratori a progetto, quindi, come per i collaboratori coordinati e continuativi sussi- ste l’obbligo di iscrizione alla Gestione sepa- rata INPS (ex art. 2, 268 co., l. 8.8.1995, n. 335).
Secondo i chiarimenti apportati dalla circ. INPS 27.1.2005, n. 8, il lavoratore iscritto alla Gestione separata INPS non deve iscriversi
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.6.2
nuovamente nel momento in cui cambia committente e, nel caso in cui intraprenda un’attivita` di lavoro autonomo in qualita` di professionista non iscritto ad albi o casse professionali, e` tenuto ad una nuova iscrizio- ne versando in proprio la relativa contribu- zione.
8.6.2. Il progetto o programma.
Alla luce di queste preliminari osservazioni, possiamo, quindi, sostenere che ai connotati dell’istituto della collaborazione coordinata e continuativa elaborati dalla giurisprudenza prima dell’introduzione della fattispecie con- trattuale del lavoro a progetto (coordina- mento della collaborazione con l’organizza- zione aziendale, svolgimento della stessa in via continuativa, prevalentemente personale e non subordinata) si e` andato ad aggiungere un ulteriore elemento: la necessita` che venga identificato uno o piu` progetti o programmi o fasi di lavoro, con lo scopo di circoscrivere in modo maggiormente definito il rapporto di collaborazione.
Ed e` proprio l’elemento del progetto quello
piu` innovativo e sul quale si concentrano le riflessioni sia in sede di analisi teorica che sul piano piu` strettamente applicativo, posto che purtroppo il testo della legge non e` del tutto chiaro a tal proposito.
Cio` nonostante, e` possibile mettere a fuoco alcuni principali dati definitori: il progetto o il programma deve essere diretto «in funzio- ne di un risultato» (art. 61, 18 co., d.lg. 10.9.2003, n. 276); il progetto o il program- ma deve essere «individuato nel suo conte- nuto caratterizzante» in sede di stipula del contratto [art. 62, 18 co., lett. b), d.lg. 10.9.2003, n. 276]; il progetto o il programma o la sua fase vengono individuati dalla com- mittente in ragione delle proprie insindaca- bili scelte e valutazioni (cosı` come si evince
dal 38 co. dell’art. 69 d.lg. 10.9.2003, n. 276, a norma del quale, in caso di rivendica- zione della natura subordinata del rapporto, il controllo giudiziale non puo` estendersi si- no al punto di sindacare nel merito valutazio- ni e scelte tecniche, organizzative o produtti- ve che spettano alla committente).
Sulla definizione di progetto e` peraltro inter- venuta la circ. Min. lav. 8.1.2004, n. 1, la qua- le ha chiarito che lo stesso deve consistere in un’attivita` produttiva ben identificabile e funzionalmente collegata ad un risultato fi- nale, connesso all’attivita` principale o acces- xxxxx dell’impresa committente; per quanto, invece, concerne, il programma di lavoro o la fase di esso, questo deve consistere in un tipo d’attivita` che non e` direttamente ri- conducibile ad un determinato risultato fina- le, ma si caratterizza per la produzione di un risultato solo parziale, destinato come tale ad essere integrato, in vista del risultato fina- le, da altre lavorazioni e risultati solo parziali. Se e` sicuramente vero che l’individuazione del progetto e` elemento importante ai fini della validita` del contratto, l’elemento carat- terizzante la fattispecie rimane, comunque, l’autonomia della collaborazione in fun- zione del risultato finale.
In quest’ottica, il progetto ovvero il program- ma di lavoro o la fase di esso costituirebbero una semplice e specifica modalita` organizza- tiva della prestazione lavorativa, restando – come gia` detto – elemento caratterizzante e qualificatorio della fattispecie l’autonomia del collaboratore nello svolgimento dell’atti- vita` professionale.
Tale autonomia si estrinseca nella facolta` del
collaboratore di autodeterminare le modalita` ed i tempi di realizzazione del progetto in funzione del risultato finale, con la conse- guenza che il collaboratore non xxxx` sottopo- sto al potere direttivo e disciplinare della committente e nemmeno a vincoli d’orario
8.6.2 Cap. VIII
di lavoro. Per il collaboratore si trattera` sem- plicemente di coordinare la propria attivita` all’interno del ciclo produttivo della commit- tente in relazione alle esigenze organizzative di quest’ultima.
Infine, e` il caso di ricordare che, per evitare un utilizzo elusivo della presente fattispecie con- trattuale (con conseguente riconduzione alla predetta di ipotesi ascrivibili al lavoro subordi- nato), l’art. 69 del D.Lgs. n. 276/2003 ha intro- dotto un consistente apparato sanzionatorio.
In particolare, due sono i casi disciplinati dal le- gislatore in relazione alle misure sanzionatorie: in primo luogo, e` previsto che i rapporti di colla- borazione coordinata e continuativa instaurati senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase dello stesso, sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di loro costi- tuzione (1 comma dell’art. 69); in secondo luo- go, viene stabilito che, nel caso in cui l’autorita` giudiziaria accerti che un contratto di collabora- zione coordinata e continuativa, pur istaurato con l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, sia venuto in realta` configurare nel suo concreto atteggiarsi un rapporto di lavoro subordinato, tale contratto si trasformi ex lege in rapporto di lavoro subor- dinato corrispondente alla tipologia negoziale di fatto realizzatasi tra le parti (28 comma dell’art. 69).
Il 18 comma dell’art. 69 del D.Lgs. 276/2003 ha correttamente suscitato alcune perplessita`: in- fatti, la dottrina, la Circolare del Ministero del Lavoro n. 1 del 2004 e la recente giurisprudenza hanno chiarito che le eventuali deficienze for- mali del contratto sotto il profilo della individua- zione del progetto non valgono, di per se´ consi- derate, a produrre l’effetto di un’automatica conversione del rapporto in uno di lavoro subor- dinato ex tunc.
Piu` in particolare, laddove il progetto non sia stato individuato o, comunque, non sia stato adeguatamente descritto, opererebbe, anche se- condo la recente sentenza del Tribunale di Tori- no del 5 aprile 2004, solo una presunzione rela- tiva (e, si badi, non assoluta) di esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, con conseguen- te «inversione dell’onere della prova», sicche´
«parte convenuta (n.d.r.: la committente) avrebbe potuto e dovuto offrire di provare l’au- tonomia dell’attivita` svolta, a prescindere dalla bonta` del progetto». Sempre secondo la citata pronunzia del Tribunale di Torino, laddove si ac- cedesse alla tesi di una presunzione assoluta di
esistenza della subordinazione, «resterebbe, a parere di questo giudice, un grave vulnus al principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Co- stituzione, potendo arrivare ad imporre le speci- fiche e forti tutele del lavoro subordinato ad at- tivita` che in nessun modo abbiano concretamen- te presentato le caratteristiche che tali garanzie giustificano».
Quanto, invece, al 28 comma dell’art. 69 D.Lgs.
n. 276/2003, la norma non suscita alcuna per- plessita`, riprendendo correttamente i principi gia elaborati dalla giurisprudenza, per i quali l’e- lemento chiave, ai fini della qualificazione giuri- dica del rapporto, e` «il reale svolgimento della prestazione lavorativa», cos`ı che la volonta` ne- goziale espressa dalle parti non puo` mai prevale- re sul concreto dispiegarsi del rapporto
(Xxxxxx X. e Ratti 2006).
L’introduzione del progetto/programma ri- sponde all’intento di evitare la simulazione dei rapporti subordinati e di perseguire una
«duplice finalita` antielusiva»: una prima di carattere «extraprocessuale» che obbliga le parti a ben focalizzare ex ante il contenuto del contratto, in modo da permettere al col- laboratore di conoscere sin dall’inizio in mo- do dettagliato quale sia l’incarico affidatogli e operare con un’autonomia reale; una secon- da di carattere «processuale» desumibile dall’esigenza di una forma scritta ad proba- tionem per attestare l’esistenza del proget- to/programma e il suo contenuto, e dalla ne- cessita` di una necessaria corrispondenza tra il progetto/programma scritto e la prestazio- ne effettivamente resa; pena, per l’attivita` svolta non riconducibile al progetto/pro- gramma, il difetto dello stesso, con le conse- guenze di cui all’art. 69, 18 co. (presunzione de iuris et de iure di subordinazione).
Esclusa l’applicabilita` della sanzione di cui all’art. 69, 18 co., si deve accertare la natura del rapporto ai sensi del 28 co. dello stesso, nell’ambito del quale e` previsto l’ordinario regime di cui all’art. 2697 c.c., con i relativi consueti oneri gravanti su chi intenda soste- nere una domanda in giudizio.
Al di la` degli specifici elementi da indicarsi in
Il contenuto del rapporto di lavoro subordinato 8.6.2
contratto, di cui alle lett. a)-e) dell’art. 62 d.lg. 10.9.2003, n. 276, la legge non pone un requisito di forma ad probationem del contratto a progetto.
E` evidente come sia la parte che vuole soste-
nere, prima ancora che la bonta`, l’esistenza del progetto ad avere l’onere di produrre il contratto.
Ciononostante, non essendo la forma scritta prevista ad substantiam, e poiche´ nel caso di specie tutti i ricorrenti lamentano l’illegit- timita` del progetto, pur dandone per pacifica l’esistenza, si ritiene provata, perche´ non contestata, l’effettiva stipulazione dei con- tratti a progetto.
Essendo altresı` pacifico che i contratti stipu- lati avevano contenuto standardizzato anche in mancanza dei contratti individuali, e` pos- sibile valutarne la legittimita` per i singoli ri- correnti.
Appare certamente contraddittoria la prete- sa di qualificare la stessa identica prestazio- ne, fornita con le stesse modalita` e senza so- luzione di continuita` per diversi mesi (l’art. 61, 28 co., d.lg. 10.9.2003, n. 276 pone un li- mite di trenta giorni nel corso dell’anno sola- re per le collaborazioni occasionali), dappri- ma quale collaborazione occasionale e, quin- di, quale realizzazione di contratto a proget- to, i cui obiettivi sarebbero stati in tal modo perseguiti ancor prima che venissero indivi- duati.
Senza volere ne´ potere entrare nel merito di scelte aziendali relative al tipo di attivita` da affidare in forma di contratto a progetto (art. 69, 38 co., d.lg. 10.9.2003, n. 276), ed
anche accogliendo la piu` ampia tesi interpre-
xxxxxx, che ritiene che questo tipo contrat- tuale non sia di per se´ riservato ad attivita` di carattere altamente specialistico o di par- ticolare contenuto professionale, e possa ri- guardare prestazioni eventualmente identi- che a parte dell’attivita` aziendale, non si
puo` ignorare che il progetto, ex lege, deve avere una sua specificita`.
Anche a non intendere la specificita` quale in- dividualizzazione del progetto sul singolo collaboratore non si puo` accettare l’estremo opposto, verificatosi nel caso di specie, di una standardizzazione di centinaia di con- tratti a progetto in tutto e per tutto identici tra loro, ed identici altres`ı all’oggetto sociale; tale standardizzazione conferma che ai colla- boratori non e` stato affidato uno specifico in- carico o progetto o una specifica fase di lavo- ro ma, in totale, l’unica attivita` che non puo` che essere identica per tutti, l’attivita` azien- dale in se stessa.
Caratteristica prevista dalla legge per il lavo- ro a progetto e` che l’attivita` sia indipendente dal tempo di esecuzione.
Ammettendo che la prestazione possa essere di mezzi, si ritiene indiscutibile che, per le stesse indicazioni normative di cui all’art. 61 d.lg. 10.9.2003, n. 276, di indipendenza dal tempo impiegato e di finalizzazione ad un risultato, l’attivita` non possa comunque consistere in una mera messa a disposizione di energie lavorative, nel caso di specie valu- tate e controllate con scadenze temporali quotidiane.
Pur dovendosi e potendosi qualunque colla- boratore coordinare con il destinatario della collaborazione, tale coordinamento non po- tra` mai essere inteso come organizzazione su turni con costante monitoraggio dell’atti- vita` piu` volte al giorno. La stessa organizza- zione del lavoro a turni appare incompatibile con il concetto di autonomia della prestazio- ne, perche´ il sistema a turni e` efficiente se ed in quanto vincolante, altrimenti risulta vani- ficato a priori.
L’attivita` di un collaboratore autonomo, co-
me tale pur sempre individuato dall’art. 61 d.lg. 10.9.2003, n. 276, non potra` essere veri- ficata che alla scadenza fissata nel progetto,
8.6.2 Cap. VIII
con possibilita` di non rinnovarlo, se a quel momento la prestazione non sara` considera- ta soddisfacente; non deve aver invece alcun rilievo, ai sensi della d.lg. 10.9.2003, n. 276, quanto tempo quotidianamente si e` impiega- to, purche´ l’obiettivo sia stato raggiunto nei termini generali di cui al progetto.
Ne´ i vincoli orari possono essere surrettizia- mente reintrodotti con giustificazioni di na- tura statistica, dovendosi altrimenti conclu- dere che vi sono attivita` per la loro natura strutturalmente incompatibili con una pre- stazione autonoma a progetto.
Vi e` contrasto in dottrina circa la natura del-
la prestazione a progetto quale obbligazione di risultato o di mezzi.
La prima interpretazione si fonda sull’art. 61, 18 co., d.lg. 10.9.2003, n. 276, che prevede che il collaboratore si gestisca autonoma- mente in funzione del risultato. Tale soluzio- ne e` tuttavia contraddetta dall’art. 63 d.lg. 10.9.2003, n. 276, che prevede che il com- penso corrisposto al collaboratore sia pro- porzionato alla quantita` e qualita` del lavoro eseguito, e dall’art. 67, 28 co., che prevede che le parti possano recedere anche prima della scadenza del termine o della realizza- zione del progetto per giusta causa o per le altre causali indicate in contratto, possibilita` che sembra contraddire la necessita` di rag- giungere un risultato.
Il raffronto tra i requisiti minimali di caratte- re generale del progetto individuati dall’art. 61 d.lg. 10.9.2003, n. 276 e i contratti stipu- lati dai ricorrenti porta a concludere che si verta in un’ipotesi di cui all’art. 69, 18 co., d.lg. 10.9.2003, n. 276 di mancanza di uno specifico progetto, con la conseguenza che i rapporti instaurati debbono, in accoglimen- to del ricorso, considerarsi di lavoro subordi- nato a tempo indeterminato sino dalla loro instaurazione.
Si ritiene di aderire a quella parte della dot-
trina che considera la presunzione di cui al- l’art. 69, 18 co., d.lg. 10.9.2003, n. 276 di ca- rattere relativo.
Contrasterebbe con quanto statuito dal giu- dice delle leggi con le pronunce Corte cost. 115/1994 e 121/1993 la previsione di una presunzione assoluta.
Ha infatti stabilito la Corte costituzionale co- me sia contraria agli artt. 3, 36 e 38 Cost. una previsione normativa o contrattuale che, a discapito dell’effettiva natura subordinata del rapporto, ne imponga la qualificazione in termini di autonomia. Su tali presupposti la Corte ha dichiarato l’illegittimita` costitu- zionale di una norma che poneva una pre- sunzione assoluta di autonomia di un rappor- to, in quanto poteva sottrarlo alle inderoga- bili garanzie del lavoro subordinato, quale concretamente realizzatosi in termini di su- bordinazione (Corte cost. 121/1993); a mag- gior ragione la Corte ha escluso che le parti possano direttamente o indirettamente, con la loro dichiarazione contrattuale, sottrarre un rapporto alla disciplina inderogabile pre- vista a tutela del lavoratore subordinato (Corte cost. 115/1994).
Nel caso di specie ricorrerebbe l’ipotesi in- versa di presunzione assoluta di subordina- zione. Se e` pur vero che tale presunzione as- soluta non andrebbe a scontrarsi con le inde- rogabili garanzie di cui agli artt. 36 e 38 Cost., resterebbe a parere di questo giudice, un grave vulnus al principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., potendo arrivare ad im- porre le specifiche e forti tutele del lavoro subordinato ad attivita` che in nessun modo abbiano concretamente presentato le carat- teristiche che tali garanzie giustificano.
Ritenuto di interpretare la previsione del- l’art. 69, 18 co., d.lg. 10.9.2003, n. 276 quale presunzione relativa, ne consegue l’inversio- ne dell’onere della prova; parte convenuta avrebbe potuto e dovuto offrire di provare