promosso dalla Commissione di certificazione dei contratti di lavoro dell’Università Roma Tre
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FORUM permanente “Professionisti del Lavoro”
promosso dalla Commissione di certificazione dei contratti di lavoro dell’Università Roma Tre
8 marzo 2019
Lavoro subordinato, lavoro etero-organizzato e lavoro autonomo alla luce della recente giurisprudenza sui c.d. riders
Indice
A. Norme di riferimento
1. Art. 2094 c.c. (prestatore di lavoro subordinato)…………………………….... 1 2. Artt. 2222 – 2228 c.c. (lavoro autonomo)……………………………………... 1
3. Art. 409 c.p.c. (controversie individuali di lavoro)……………………………. 2
4. Art. 2, d.lgs. 15.6.2015, n. 81 (collaborazioni organizzate dal committente)…. 3
5. Artt. 18 – 23, l. 22.5.2017, n. 81 (lavoro agile) 3
6. Art. 7, d.lgs. 30.3.2001, n. 165 (gestione delle risorse umane – lav. pubb.) 6
7. Art. 1 (commi da 54 a 84), l. 23.12.2014, n. 190, (c.d. regime forfettario) 7
B. Rassegna di giurisprudenza sul fenomeno dei riders
a. Tribunale di Torino, dott. Buzano, 7 maggio 2018, n. 778 13
b. Tribunale di Milano, dott.ssa Dossi, 10 settembre 2018, n. 1853 23
c. Corte di appello di Torino, pres. Xxxxxx, rel. Rocchetti, 4 febbraio 2019, n. 26… 33
NORME DI RIFERIMENTO
CODICE CIVILE
Art. 2094
Prestatore di lavoro subordinato
1. È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore.
Art. 2222
Contratto d'opera
1. Quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme di questo capo, salvo che il rapporto abbia una disciplina particolare nel libro IV.
Art. 2223
Prestazione della materia.
1. Le disposizioni di questo capo si osservano anche se la materia è fornita dal prestatore d'opera, purché le parti non abbiano avuto prevalentemente in considerazione la materia, nel qual caso si applicano le norme sulla vendita.
Art. 2224
Esecuzione dell'opera.
1. Se il prestatore d'opera non procede all'esecuzione dell'opera secondo le condizioni stabilite dal contratto e a regola d'arte, il committente può fissare un congruo termine, entro il quale il prestatore d'opera deve conformarsi a tali condizioni.
2. Trascorso inutilmente il termine fissato, il committente può recedere dal contratto, salvo il diritto al risarcimento dei danni
Art. 2225
Corrispettivo.
1. Il corrispettivo, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe professionali o gli usi, è stabilito dal giudice in relazione al risultato ottenuto e al lavoro normalmente necessario per ottenerlo
Art. 2226
Difformità e vizi dell'opera.
1. L'accettazione espressa o tacita dell'opera libera il prestatore d'opera dalla responsabilità per difformità o per vizi della medesima, se all'atto dell'accettazione questi erano noti al committente o facilmente riconoscibili, purché in questo caso non siano stati dolosamente occultati.
2. Il committente deve, a pena di decadenza, denunziare le difformità e i vizi occulti [c.c. 1490, 1667] al prestatore d'opera entro otto giorni dalla scoperta [c.c. 1495, 2964]. L'azione si prescrive entro un anno dalla consegna.
3. I diritti del committente nel caso di difformità o di vizi dell'opera sono regolati dall'articolo 1668
Art. 2227
Recesso unilaterale dal contratto.
1. Il committente può recedere dal contratto, ancorché sia iniziata l'esecuzione dell'opera, tenendo indenne il prestatore d'opera delle spese, del lavoro eseguito e del mancato guadagno
Art. 2228
Impossibilità sopravvenuta dell'esecuzione dell'opera.
1. Se l'esecuzione dell'opera diventa impossibile per causa non imputabile ad alcuna delle parti, il prestatore d'opera ha diritto ad un compenso per il lavoro prestato in relazione all'utilità della parte dell'opera compiuta
CODICE DI PROCEDURA CIVILE
Art. 409
Controversie individuali di lavoro
1. Si osservano le disposizioni del presente capo nelle controversie relative a:
…omissis….
3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato. La collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l'attività lavorativa;
…omissis…
D. LGS. 15 GIUGNO 2015, N. 81
Art. 2
Collaborazioni organizzate dal committente
1. A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.
2. La disposizione di cui al comma 1 non trova applicazione con riferimento:
a) alle collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;
b) alle collaborazioni prestate nell'esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali;
c) alle attività prestate nell'esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;
d) alle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I., come individuati e disciplinati dall'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289; (5) (6)
d-bis) alle collaborazioni prestate nell'ambito della produzione e della realizzazione di spettacoli da parte delle fondazioni di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367;
d-ter) alle collaborazioni degli operatori che prestano le attività di cui alla legge 21 marzo 2001, n. 74.
3. Le parti possono richiedere alle commissioni di cui all'articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, la certificazione dell'assenza dei requisiti di cui al comma 1. Il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro.
4. La disposizione di cui al comma 1 non trova applicazione nei confronti delle pubbliche amministrazioni
L. 22 MAGGIO 2017, N. 81
Art. 18
Lavoro agile.
1. Le disposizioni del presente capo, allo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, promuovono il lavoro agile quale modalità di
esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa. La prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all'interno di locali aziendali e in parte all'esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.
2. Il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell'attività lavorativa.
3. Le disposizioni del presente capo si applicano, in quanto compatibili, anche nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, secondo le direttive emanate anche ai sensi dell'articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124, e fatta salva l'applicazione delle diverse disposizioni specificamente adottate per tali rapporti.
3-bis. I datori di lavoro pubblici e privati che stipulano accordi per l'esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile sono tenuti in ogni caso a riconoscere priorità alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in modalità agile formulate dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo di maternità previsto dall'articolo 16 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, ovvero dai lavoratori con figli in condizioni di disabilità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104. (2
4. Gli incentivi di carattere fiscale e contributivo eventualmente riconosciuti in relazione agli incrementi di produttività ed efficienza del lavoro subordinato sono applicabili anche quando l'attività lavorativa sia prestata in modalità di lavoro agile.
5. Agli adempimenti di cui al presente articolo si provvede senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.
Art. 19
Forma e recesso
1. L'accordo relativo alla modalità di lavoro agile è stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova, e disciplina l'esecuzione della prestazione lavorativa svolta all'esterno dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro ed agli strumenti utilizzati dal lavoratore. L'accordo individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.
2. L'accordo di cui al comma 1 può essere a termine o a tempo indeterminato; in tale ultimo caso, il recesso può avvenire con un preavviso non inferiore a trenta giorni. Nel caso di lavoratori disabili ai sensi dell'articolo 1 della legge 12 marzo 1999, n. 68, il termine di
preavviso del recesso da parte del datore di lavoro non può essere inferiore a novanta giorni, al fine di consentire un'adeguata riorganizzazione dei percorsi di lavoro rispetto alle esigenze di vita e di cura del lavoratore. In presenza di un giustificato motivo, ciascuno dei contraenti può recedere prima della scadenza del termine nel caso di accordo a tempo determinato, o senza preavviso nel caso di accordo a tempo indeterminato.
Art. 20
Trattamento, diritto all'apprendimento continuo e certificazione delle competenze del lavoratore
1. Il lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato, in attuazione dei contratti collettivi di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all'interno dell'azienda.
2. Al lavoratore impiegato in forme di lavoro agile ai sensi del presente capo può essere riconosciuto, nell'ambito dell'accordo di cui all'articolo 19, il diritto all'apprendimento permanente, in modalità formali, non formali o informali, e alla periodica certificazione delle relative competenze.
Art. 21
Potere di controllo e disciplinare
1. L'accordo relativo alla modalità di lavoro agile disciplina l'esercizio del potere di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa dal lavoratore all'esterno dei locali aziendali nel rispetto di quanto disposto dall'articolo 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni.
2. L'accordo di cui al comma 1 individua le condotte, connesse all'esecuzione della prestazione lavorativa all'esterno dei locali aziendali, che danno luogo all'applicazione di sanzioni disciplinari.
Art. 22
Sicurezza sul lavoro
1. Il datore di lavoro garantisce la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile e a tal fine consegna al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un'informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro.
2. Il lavoratore è tenuto a cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all'esecuzione della prestazione all'esterno dei locali aziendali.
Art. 23
Assicurazione obbligatoria per gli infortuni e le malattie professionali
1. L'accordo per lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile e le sue modificazioni sono oggetto delle comunicazioni di cui all'articolo 9-bis del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, e successive modificazioni.
2. Il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all'esterno dei locali aziendali.
3. Il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro occorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all'esterno dei locali aziendali, nei limiti e alle condizioni di cui al terzo comma dell'articolo 2 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni, quando la scelta del luogo della prestazione sia dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa o dalla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative e risponda a criteri di ragionevolezza.
D. LGS. 30 MARZO 2001, N. 165
Art. 7
Gestione delle risorse umane
1. …omissis…
2. …omissis…
3. …omissis…
4. …omissis…
5. Le amministrazioni pubbliche non possono erogare trattamenti economici accessori che non corrispondano alle prestazioni effettivamente rese.
5 bis. È fatto divieto alle amministrazioni pubbliche di stipulare contratti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. I contratti posti in essere in violazione del presente comma sono nulli e determinano responsabilità erariale. I dirigenti che operano in violazione delle disposizioni del presente comma sono, altresì, responsabili ai sensi dell'articolo 21 e ad essi non può essere erogata la retribuzione di risultato. Resta fermo che la disposizione di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, non si applica alle pubbliche amministrazioni.
6. Fermo restando quanto previsto dal comma 5-bis, per specifiche esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire esclusivamente incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità:
a) l'oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall'ordinamento all'amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell'amministrazione conferente;
b) l’amministrazione deve avere preliminarmente accertato l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;
c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata; non è ammesso il rinnovo; l'eventuale proroga dell'incarico originario è consentita, in via eccezionale, al solo fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dell'incarico;
d) devono essere preventivamente determinati durata, oggetto e compenso della collaborazione.
Si prescinde dal requisito della comprovata specializzazione universitaria in caso di stipulazione di contratti di collaborazione per attività che debbano essere svolte da professionisti iscritti in ordini o albi o con soggetti che operino nel campo dell'arte, dello spettacolo, dei mestieri artigianali o dell’attività informatica nonché a supporto dell’attività didattica e di ricerca, per i servizi di orientamento, compreso il collocamento, e di certificazione dei contratti di lavoro di cui al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, purché senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, ferma restando la necessità di accertare la maturata esperienza nel settore. Il ricorso ai contratti di cui al presente comma per lo svolgimento di funzioni ordinarie o l'utilizzo dei soggetti incaricati ai sensi del medesimo comma come lavoratori subordinati è causa di responsabilità amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti. Il secondo periodo dell'articolo 1, comma 9, del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168 convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, è soppresso. Si applicano le disposizioni previste dall'articolo 36, comma 3, del presente decreto e, in caso di violazione delle disposizioni di cui al presente comma, fermo restando il divieto di costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, si applica quanto previsto dal citato articolo 36, comma 5- quater.
6-bis. Le amministrazioni pubbliche disciplinano e rendono pubbliche, secondo i propri ordinamenti, procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione.
6-ter. I regolamenti di cui all'articolo 110, comma 6, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, si adeguano ai principi di cui al comma 6.
6-quater. Le disposizioni di cui ai commi 6, 6-bis e 6-ter non si applicano ai componenti degli organismi indipendenti di valutazione di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 e dei nuclei di valutazione, nonché degli organismi operanti per le finalità di cui all’ articolo 1, comma 5, della legge 17 maggio 1999, n. 144.
6-quinquies. Rimangono ferme le speciali disposizioni previste per gli enti pubblici di ricerca dall'articolo 14 del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 218.
L. 23 DICEMBRE 2014, N. 190
(legge di stabilità 2015, come modificata da ultimo dalla l. 30.12.2018, n. 145)
Art. 1 - (c.d. regime forfettario)
54. I contribuenti persone fisiche esercenti attività d'impresa, arti o professioni applicano il regime forfetario di cui al presente comma e ai commi da 55 a 89 del presente articolo, se nell'anno precedente hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a euro 65.000.
55. Ai fini della verifica della sussistenza del requisito per l'accesso al regime forfetario di cui al comma 54:
a) non rilevano gli ulteriori componenti positivi indicati nelle dichiarazioni fiscali ai sensi del comma 9 dell'articolo 9-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96;
b) nel caso di esercizio contemporaneo di attività contraddistinte da differenti codici ATECO, si assume la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate.
56. Le persone fisiche che intraprendono l'esercizio di imprese, arti o professioni possono avvalersi del regime forfetario comunicando, nella dichiarazione di inizio di attività di cui all'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, di presumere la sussistenza del requisito di cui al comma 54 del presente articolo.
57. Non possono avvalersi del regime forfetario:
a) le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini dell'imposta sul valore aggiunto o di regimi forfetari di determinazione del reddito;
b) i soggetti non residenti, ad eccezione di quelli che sono residenti in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in uno Stato aderente all'Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono nel territorio dello Stato italiano redditi che costituiscono almeno il 75 per cento del reddito complessivamente prodotto;
c) i soggetti che in via esclusiva o prevalente effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili di cui all'articolo 10, primo comma, numero 8), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, o di mezzi di trasporto nuovi di cui all'articolo 53, comma 1, del decreto-legge 30 agosto 1993,
n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427;
d) gli esercenti attività d'impresa, arti o professioni che partecipano, contemporaneamente all'esercizio dell'attività, a società di persone, ad associazioni o a imprese familiari di cui all'articolo 5 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d'impresa, arti o professioni;
d-bis) le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d'imposta, ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai suddetti datori di lavoro, ad esclusione dei soggetti che iniziano una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell'esercizio di arti o professioni.
58. Ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, i contribuenti di cui al comma 54: a) non esercitano la rivalsa dell'imposta di cui all'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, per le operazioni nazionali; b) applicano alle cessioni di beni intracomunitarie l'articolo 41, comma 2-bis, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni; c) applicano agli acquisti di beni intracomunitari l'articolo 38, comma 5, lettera c), del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni; d) applicano alle prestazioni di servizi ricevute da soggetti non residenti o rese ai medesimi gli articoli 7- ter e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni; e) applicano alle importazioni, alle esportazioni e alle operazioni
ad esse assimilate le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, ferma restando l'impossibilità di avvalersi della facoltà di acquistare senza applicazione dell'imposta ai sensi dell'articolo 8, primo comma, lettera c), e secondo comma, del medesimo decreto del Presidente della Repubblica
n. 633 del 1972, e successive modificazioni. Per le operazioni di cui al presente comma i contribuenti di cui al comma 54 non hanno diritto alla detrazione dell'imposta sul valore aggiunto assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti ai sensi degli articoli 19 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni. Le cessioni all'esportazione di cui agli articoli 8, 8-bis, 9, 71 e 72, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono ammesse nei limiti, anche prevedendo l'esclusione per talune attività, e secondo le modalità stabiliti con apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze.
59. Salvo quanto disposto dal comma 60, i contribuenti che applicano il regime forfetario sono esonerati dal versamento dell'imposta sul valore aggiunto e da tutti gli altri obblighi previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ad eccezione degli obblighi di numerazione e di conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali, di certificazione dei corrispettivi e di conservazione dei relativi documenti. Resta fermo l'esonero dall'obbligo di certificazione di cui all'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n. 696, e successive modificazioni.
60. I contribuenti che applicano il regime forfetario, per le operazioni per le quali risultano debitori dell'imposta, emettono la fattura o la integrano con l'indicazione dell'aliquota e della relativa imposta e versano l'imposta entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni.
61. Il passaggio dalle regole ordinarie di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto al regime forfetario comporta la rettifica della detrazione di cui all'articolo 19-bis.2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, da operarsi nella dichiarazione dell'ultimo anno di applicazione delle regole ordinarie. In caso di passaggio, anche per opzione, dal regime forfetario alle regole ordinarie è operata un'analoga rettifica della detrazione nella dichiarazione del primo anno di applicazione delle regole ordinarie.
62. Nell'ultima liquidazione relativa all'anno in cui è applicata l'imposta sul valore aggiunto è computata anche l'imposta relativa alle operazioni, per le quali non si è ancora verificata l'esigibilità, di cui all'articolo 6, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, e all'articolo 32-bis del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134. Nella stessa liquidazione può essere esercitato, ai sensi degli articoli 19 e seguenti del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, e successive modificazioni, il diritto alla detrazione dell'imposta relativa alle operazioni di acquisto effettuate in vigenza dell'opzione di cui all'articolo 32-bis del citato decreto-legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012 e i cui corrispettivi non sono stati ancora pagati.
63. L'eccedenza detraibile emergente dalla dichiarazione presentata dai contribuenti che applicano il regime forfetario, relativa all'ultimo anno in cui l'imposta sul valore aggiunto è applicata nei modi ordinari, può essere chiesta a rimborso ovvero può essere utilizzata in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni.
64. I soggetti di cui al comma 54 determinano il reddito imponibile applicando all'ammontare dei ricavi o dei compensi percepiti il coefficiente di redditività nella misura indicata nell'allegato n. 4 annesso alla presente legge, diversificata a seconda del codice ATECO che contraddistingue l'attività esercitata. Sul reddito imponibile si applica un'imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi, delle addizionali regionali e comunali e dell'imposta regionale sulle
attività produttive di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, pari al 15 per cento. Nel caso di imprese familiari di cui all'articolo 5, comma 4, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, l'imposta sostitutiva, calcolata sul reddito al lordo delle quote assegnate al coniuge e ai collaboratori familiari, è dovuta dall'imprenditore. I contributi previdenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge, compresi quelli corrisposti per conto dei collaboratori dell'impresa familiare fiscalmente a carico, ai sensi dell'articolo 12 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e successive modificazioni, ovvero, se non fiscalmente a carico, qualora il titolare non abbia esercitato il diritto di rivalsa sui collaboratori stessi, si deducono dal reddito determinato ai sensi del presente comma; l'eventuale eccedenza è deducibile dal reddito complessivo ai sensi dell'articolo 10 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e successive modificazioni. Si applicano le disposizioni in materia di versamento dell’imposta sui redditi delle persone fisiche.
65. Al fine di favorire l'avvio di nuove attività, per il periodo d'imposta in cui l'attività è iniziata e per i quattro successivi, l'aliquota di cui al comma 64 è stabilita nella misura del 5 per cento, a condizione che:
a) il contribuente non abbia esercitato, nei tre anni precedenti l'inizio dell'attività di cui al comma 54, attività artistica, professionale ovvero d'impresa, anche in forma associata o familiare;
b) l'attività da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui l'attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell'esercizio di arti o professioni;
c) qualora venga proseguita un'attività svolta in precedenza da altro soggetto, l'ammontare dei relativi ricavi e compensi, realizzati nel periodo d'imposta precedente quello di riconoscimento del predetto beneficio, non sia superiore al limite di cui al comma 54.
66. I componenti positivi e negativi di reddito riferiti ad anni precedenti a quello da cui ha effetto il regime forfetario, la cui tassazione o deduzione è stata rinviata in conformità alle disposizioni del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che dispongono o consentono il rinvio, partecipano per le quote residue alla formazione del reddito dell'esercizio precedente a quello di efficacia del predetto regime. Analoghe disposizioni si applicano ai fini della determinazione del valore della produzione netta.
67. I ricavi e i compensi relativi al reddito oggetto del regime forfetario non sono assoggettati a ritenuta d'acconto da parte del sostituto d'imposta. A tale fine, i contribuenti rilasciano un'apposita dichiarazione dalla quale risulti che il reddito cui le somme afferiscono è soggetto ad imposta sostitutiva.
68. Le perdite fiscali generatesi nei periodi d'imposta anteriori a quello da cui decorre il regime forfetario possono essere computate in diminuzione del reddito determinato ai sensi del comma 64 secondo le regole ordinarie stabilite dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
69. Fermo restando l'obbligo di conservare, ai sensi dell'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, i documenti ricevuti ed emessi, i contribuenti che applicano il regime forfetario sono esonerati dagli obblighi di registrazione e di tenuta delle scritture contabili. La dichiarazione dei redditi è presentata nei termini e con le modalità definiti nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322. I contribuenti di cui al comma 54 del presente articolo non sono tenuti a operare le ritenute alla fonte di cui al titolo III del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, e successive modificazioni;
tuttavia, nella dichiarazione dei redditi, i medesimi contribuenti indicano il codice fiscale del percettore dei redditi per i quali all'atto del pagamento degli stessi non è stata operata la ritenuta e l'ammontare dei redditi stessi.
70. I contribuenti che applicano il regime forfetario possono optare per l'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto e delle imposte sul reddito nei modi ordinari. L'opzione, valida per almeno un triennio, è comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare successivamente alla scelta operata. Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime ordinario, l'opzione resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando permane la concreta applicazione della scelta operata.
71. Il regime forfetario cessa di avere applicazione a partire dall'anno successivo a quello in cui viene meno il requisito di cui al comma 54 ovvero si verifica taluna delle fattispecie indicate al comma 57.
72. Nel caso di passaggio da un periodo d'imposta soggetto al regime forfetario a un periodo d'imposta soggetto a regime ordinario, al fine di evitare salti o duplicazioni di imposizione, i ricavi e i compensi che, in base alle regole del regime forfetario, hanno già concorso a formare il reddito non assumono rilevanza nella determinazione del reddito degli anni successivi ancorché di competenza di tali periodi; viceversa i ricavi e i compensi che, ancorché di competenza del periodo in cui il reddito è stato determinato in base alle regole del regime forfetario, non hanno concorso a formare il reddito imponibile del periodo assumono rilevanza nei periodi di imposta successivi nel corso dei quali si verificano i presupposti previsti dal regime forfetario. Corrispondenti criteri si applicano per l'ipotesi inversa di passaggio dal regime ordinario a quello forfetario. Nel caso di passaggio da un periodo di imposta soggetto al regime forfetario a un periodo di imposta soggetto a un diverso regime, le spese sostenute nel periodo di applicazione del regime forfetario non assumono rilevanza nella determinazione del reddito degli anni successivi. Nel caso di cessione, successivamente all'uscita dal regime forfetario, di beni strumentali acquisiti in esercizi precedenti a quello da cui decorre il regime forfetario, ai fini del calcolo dell'eventuale plusvalenza o minusvalenza determinata, rispettivamente, ai sensi degli articoli 86 e 101 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, si assume come costo non ammortizzato quello risultante alla fine dell'esercizio precedente a quello dal quale decorre il regime. Se la cessione concerne beni strumentali acquisiti nel corso del regime forfetario, si assume come costo non ammortizzabile il prezzo di acquisto.
73. Con il provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate recante approvazione dei modelli da utilizzare per la dichiarazione dei redditi sono individuati, per i contribuenti che applicano il regime forfetario, specifici obblighi informativi relativamente all'attività svolta.
74. Per l'accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni vigenti in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di imposta regionale sulle attività produttive. In caso di infedele indicazione, da parte dei contribuenti, dei dati attestanti i requisiti e le condizioni di cui ai commi 54 e 57 che determinano la cessazione del regime previsto dai commi da 54 a 89, nonché le condizioni di cui al comma 65, le misure delle sanzioni minime e massime stabilite dal decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, sono aumentate del 10 per cento se il maggiore reddito accertato supera del 10 per cento quello dichiarato. Il regime forfetario cessa di avere applicazione dall'anno successivo a quello in cui, a seguito di accertamento divenuto definitivo, viene meno la condizione di cui al comma 54 ovvero si verifica taluna delle fattispecie indicate al comma 57.
75. Ai fini del riconoscimento delle detrazioni per carichi di famiglia ai sensi dell'articolo 12, comma 2, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, rileva anche il reddito determinato ai sensi del
comma 64 del presente articolo. Tale reddito non rileva ai fini dell'applicazione dell'articolo 13 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e successive modificazioni.
76. I soggetti di cui al comma 54 esercenti attività d'impresa possono applicare, ai fini contributivi, il regime agevolato di cui ai commi da 77 a 84.
77. Il reddito forfettario determinato ai sensi dei precedenti commi costituisce base imponibile ai sensi dell'articolo 1 della legge 2 agosto 1990, n. 233. Su tale reddito si applica la contribuzione dovuta ai fini previdenziali, ridotta del 35 per cento. Si applica, per l'accredito della contribuzione, la disposizione di cui all'articolo 2, comma 29, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
78. Nel caso in cui siano presenti coadiuvanti o coadiutori, il soggetto di cui al comma 76 del presente articolo può indicare la quota di reddito di spettanza dei singoli collaboratori, fino a un massimo, complessivamente, del 49 per cento. Per tali soggetti, il reddito imponibile sul quale calcolare la contribuzione dovuta si determina ai sensi dell'articolo 3-bis del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, e successive modificazioni.
79. I versamenti a saldo e in acconto dei contributi dovuti agli enti previdenziali da parte dei soggetti di cui al comma 76 sono effettuati entro gli stessi termini previsti per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi.
80. Ai soggetti di cui al comma 76 del presente articolo e ai loro familiari collaboratori, già pensionati presso le gestioni dell'INPS e con più di 65 anni di età, non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 59, comma 15, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
81. Ai familiari collaboratori dei soggetti di cui al comma 54 del presente articolo non si applica la riduzione contributiva di tre punti percentuali, prevista dall'articolo 1, comma 2, della legge 2 agosto 1990, n. 233.
82. Il regime contributivo agevolato cessa di avere applicazione a partire dall'anno successivo a quello in cui viene meno la condizione di cui al comma 54 ovvero si verifica taluna delle fattispecie di cui al comma 57. La cessazione determina, ai fini previdenziali, l'applicazione del regime ordinario di determinazione e di versamento del contributo dovuto. Il passaggio al regime previdenziale ordinario, in ogni caso, determina l'impossibilità di fruire nuovamente del regime contributivo agevolato, anche laddove sussista la condizione di cui al comma 54. Non possono accedere al regime contributivo agevolato neanche i soggetti che ne facciano richiesta, ma per i quali si verifichi il mancato rispetto della condizione di cui al comma 54 nell'anno della richiesta stessa.
83. Al fine di fruire del regime contributivo agevolato, i soggetti di cui al comma 54 che intraprendono l'esercizio di un'attività d'impresa presentano, mediante comunicazione telematica, apposita dichiarazione messa a disposizione dall'INPS; i soggetti già esercenti attività d'impresa presentano, entro il termine di decadenza del 28 febbraio di ciascun anno, la medesima dichiarazione. Ove la dichiarazione sia presentata oltre il termine stabilito, nelle modalità indicate, l'accesso al regime agevolato può avvenire a decorrere dall'anno successivo, presentando nuovamente la dichiarazione stessa entro il termine stabilito, ferma restando la permanenza della condizione di cui al comma 54.
84. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge l'Agenzia delle entrate e l'INPS stabiliscono le modalità operative e i termini per la trasmissione dei dati necessari all'attuazione del regime contributivo agevolato.
1. RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA SUL FENOMENO DEI RIDERS
TRIBUNALE DI TORINO, DOTT. BUZANO, 7 MAGGIO 2018, N. 778
I fattorini che effettuano la consegna dei pasti a domicilio in forza di un contratto di collaborazione stipulato con un'impresa che ne gestisce il rapporto attraverso una piattaforma digitale non possono essere considerati lavoratori subordinati avendo piena libertà di lavoro e non essendo sottoposti ad alcun potere organizzativo e direttivo se non nei limiti del necessario coordinamento. Né può essere loro estesa la disciplina del lavoro subordinato attraverso la disposizione di cui all'art. 2, D.Lgs. n. 81/2015, in quanto la stessa non ha un contenuto capace di produrre nuovi effetti giuridici, richiedendo che il lavoratore sia pur sempre sottoposto al potere direttivo e organizzativo e che tale potere si estrinsechi anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.
Svolgimento del processo e motivi della decisione
I ricorrenti hanno convenuto in giudizio la D.S. s.r.l. (F.) deducendo di avere prestato la propria attività lavorativa a favore della convenuta con mansioni di fattorino in forza di contratti di collaborazione coordinata e continuativa a tempo determinato prorogati fino al 30.11.2016 e chiedendo l'accertamento della costituzione tra le parti di un ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con condanna della convenuta:
- alla corresponsione delle somme a loro dovute a titolo di differenze retributive dirette e indirette e competenze di fine rapporto in forza dell'inquadramento nel V livello del CCNL logistica o nel VI livello del CCNL terziario;
- al ripristino del rapporto di lavoro e al pagamento delle retribuzioni maturate dalla data del licenziamento (30.11.2016) a quella dell'effettivo ripristino, previo accertamento della nullità, inefficacia o illegittimità del licenziamento;
- al risarcimento del danno subito per la violazione da parte del datore di lavoro della normativa in materia di privacy, sia per quanto concerne l'accesso ai dati personali che per quanto concerne il controllo a distanza;
- al risarcimento del danno subito per la violazione da parte del datore di lavoro delle disposizioni di cui all'art.2087 c.c. e per la mancanza di un'adeguata tutela antinfortunistica.
Si è costituita in giudizio la convenuta contestando in fatto e in diritto il fondamento delle domande. Dopo avere autorizzato il deposito di memorie sulle deduzioni istruttorie, il giudice ha interrogato liberamente i ricorrenti e il legale rappresentante della convenuta e ha ammesso alcuni dei numerosi capitoli di prova testimoniale dedotti dalle parti.
Assunte le prove, all'udienza di discussione dell'11.4.2018 il giudice ha deciso la causa come da dispositivo.
PREMESSA
La controversia ha per oggetto esclusivamente la domanda di accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra le parti (con le connesse domande di corresponsione delle differenze retributive e di accertamento della nullità, inefficacia o illegittimità del licenziamento), oltre ad alcune domande accessorie relative alla violazione delle norme sulla privacy, sul controllo a distanza e sulla tutela antinfortunistica.
In questa sentenza non verranno quindi prese in considerazione le questioni relative all'adeguatezza del compenso e al presunto sfruttamento dei lavoratori da parte dell'azienda, né tutte le altre complesse problematiche della c.d. Gig Economy.
LA VOLONTÀ DELLE PARTI
I ricorrenti hanno tutti sottoscritto dei contratti di "collaborazione coordinata e continuativa" nei quali si è dato atto che "il collaboratore agirà in piena autonomia, senza essere soggetto ad alcun vincolo di subordinazione, potere gerarchico o disciplinare, ovvero a vincoli di presenza o di orario di qualsiasi genere nei confronti della committente" (doc.6 dei ricorrenti).
È quindi chiaro che le parti hanno inteso dar vita a un rapporto di lavoro autonomo, sia pure a carattere coordinato e continuativo.
È peraltro noto che "ai fini della determinazione della natura autonoma o subordinata di un rapporto di lavoro, la formale qualificazione operata dalle parti in sede di conclusione del contratto individuale, seppure rilevante, non è determinante, posto che le parti, pur volendo attuare un rapporto di lavoro subordinato, potrebbero avere simulatamente dichiarato di volere un rapporto autonomo al fine di eludere la disciplina legale in materia" (Cass. 19.8.2013 n.19199; Cass. 8.4.2015 n.7024; Cass. 1.3.2018 n.4884).
Occorre pertanto prendere in considerazione le concrete modalità di svolgimento del rapporto di lavoro.
LA PRESTAZIONE LAVORATIVA
La prestazione lavorativa dei ricorrenti si è svolta a grandi linee nel modo seguente.
Dopo avere compilato un formulario sul sito di F. (doc.12 ricorrenti), venivano convocati in piccoli gruppi presso l'ufficio di Torino per un primo colloquio nel quale veniva loro spiegato che l'attività presupponeva il possesso di una bicicletta e la disponibilità di uno smartphone; in un secondo momento veniva loro proposta la sottoscrizione di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa e, dietro versamento di una caparra di Euro 50, venivano loro consegnati i dispositivi di sicurezza (casco, maglietta, giubbotto e luci) e l'attrezzatura per il trasporto del cibo (piastra di aggancio e box).
Il contratto che veniva sottoscritto aveva le seguenti caratteristiche (risultanti dallo stesso doc.6 dei ricorrenti):
- era un contratto di "collaborazione coordinata e continuativa";
- era previsto che il lavoratore fosse "libero di candidarsi o non candidarsi per una specifica corsa a seconda delle proprie disponibilità ed esigenze di vita";
- il lavoratore si impegnava ad eseguire le consegne avvalendosi di una propria bicicletta "idonea e dotata di tutti i requisiti richiesti dalla legge per la circolazione";
- era previsto che il collaboratore avrebbe agito "in piena autonomia, senza essere soggetto ad alcun vincolo di subordinazione, potere gerarchico o disciplinare, ovvero a vincoli di
presenza o di orario di qualsiasi genere nei confronti della committente", ma era tuttavia "fatto salvo il necessario coordinamento generale con l'attività della stessa committente";
- era prevista la possibilità di recedere liberamente dal contratto, anche prima della scadenza concordata, con comunicazione scritta da inviarsi a mezzo raccomandata a/r con 30 giorni di anticipo;
- il lavoratore, una volta candidatosi per una corsa, si impegnava ad effettuare la consegna tassativamente entro 30 minuti dall'orario indicato per il ritiro del cibo, pena applicazione a suo carico di una penale di 15 Euro;
- il compenso era stabilito in Euro 5,60 al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali per ciascuna ora di disponibilità;
- il collaboratore doveva provvedere ad inoltrare all'INPS "domanda di iscrizione alla gestione separata di cui all'art.2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335" e la committente doveva provvedere a versare il relativo contributo;
- la committente doveva provvedere all'iscrizione del collaboratore all'INAIL ai sensi dell'art.5 del X.Xxx. 23 febbraio 2000, n. 38; il premio era a carico del collaboratore per un terzo e della committente per due terzi;
- la committente doveva affidare al collaboratore in comodato gratuito un casco da ciclista, un giubbotto e un bauletto dotato dei segni distintivi dell'azienda a fronte di un versamento di una cauzione di Euro 50.
Al contratto era allegato un foglio contenente l'informativa sul trattamento dei dati personali e la prestazione del consenso.
La gestione del rapporto avveniva attraverso la piattaforma multimediale "Shyftplan" e un applicativo per smartphone (inizialmente "Urban Ninjia" e poi "H."), per il cui uso venivano fomite da F. delle apposite istruzioni (doc.14 e 15 ricorrenti).
L'azienda pubblicava settimanalmente su Shyftplan gli "slot", con indicazione del numero di riders necessari per coprire ciascun turno.
Ciascun rider poteva dare la propria disponibilità per i vari slot in base alle proprie esigenze personali, ma non era obbligato a farlo.
Raccolte le disponibilità, il responsabile della "flotta" confermava tramite Shyftplan ai singoli riders l'assegnazione del turno.
Ricevuta la conferma del turno, il lavoratore doveva recarsi all'orario di inizio del turno in una delle tre zone di partenza predefinite (Piazza Xxxxxxxx Veneto, Piazza Xxxxx Xxxxxx o Piazza Bernini), attivare l'applicativo H. inserendo le credenziali (user name e password) per effettuare l'accesso (login) e avviare la geolocalizzazione (GPS).
Il rider riceveva quindi sulla app la notifica dell'ordine con l'indicazione dell'indirizzo del ristorante. Accettato l'ordine, il rider doveva recarsi con la propria bicicletta al ristorante, prendere in consegna i prodotti, controllarne la corrispondenza con l'ordine e comunicare tramite l'apposito comando della app il buon esito della verifica.
A questo punto, posizionato il cibo nel box, il rider doveva provvedere a consegnarlo al cliente, il cui indirizzo gli era stato nel frattempo comunicato tramite la app.; doveva quindi confermare di avere regolarmente effettuato la consegna.
AUTONOMIA O SUBORDINAZIONE?
Sono innumerevoli le sentenze che si sono occupate della distinzione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo, ma il criterio principale elaborato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione è quello secondo cui "costituisce requisito fondamentale del rapporto di lavoro subordinato - ai fini della sua distinzione dal rapporto di lavoro autonomo - il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, il quale discende dall'emanazione di ordini specifici, oltre che dall'esercizio di una assidua attività di vigilanza e controllo dell'esecuzione delle prestazioni lavorative" (tra le tante, Cass. 8.2.2010 n.2728).
Ci sono poi altri criteri che hanno carattere sussidiario e funzione meramente indiziaria come quelli relativi all'osservanza di un determinato orario, all'inserimento della prestazione nell'organizzazione aziendale, all'assenza di rischio per il lavoratore o alla forma della retribuzione.
Occorre quindi stabilire se i ricorrenti fossero o meno sottoposti al potere direttivo, organizzativo e disciplinare di F. (quella che viene comunemente chiamata "eterodirezione" della prestazione).
SOTTOPOSIZIONE AL POTERE DIRETTIVO E ORGANIZZATIVO DEL DATORE DI LAVORO
Il rapporto di lavoro intercorso tra le parti era caratterizzato dal fatto che i ricorrenti non avevano l'obbligo di effettuare la prestazione lavorativa e il datore di lavoro non aveva l'obbligo di riceverla.
È infatti pacifico che i ricorrenti potevano dare la propria disponibilità per uno dei turni indicati da F., ma non erano obbligati a farlo; a sua volta F. poteva accettare la disponibilità data dai ricorrenti e inserirli nei turni da loro richiesti, ma poteva anche non farlo.
Questa caratteristica del rapporto di lavoro intercorso tra le parti può essere considerata di per sé determinante ai fini di escludere la sottoposizione dei ricorrenti al potere direttivo e organizzativo del datore di lavoro perché è evidente che se il datore di lavoro non può pretendere dal lavoratore lo svolgimento della prestazione lavorativa non può neppure esercitare il potere direttivo e organizzativo.
Si tratta di un profilo che era stato già messo in rilievo dalla Corte di Cassazione tanti anni fa, quando si era pronunciata in merito a una vicenda che presentava una certa analogia con quella attuale perché riguardava la consegna di plichi effettuata da lavoratori qualificati come autonomi: la Corte aveva allora affermato che proprio la "non obbligatorietà" della prestazione lavorativa escludeva in radice la subordinazione perché "la configurabilità della "eterodirezione" contrasta con l'assunto secondo cui la parte che deve rendere la prestazione può, a suo libito, interrompere il tramite attraverso il quale si estrinseca il potere direttivo dell'imprenditore" (Cass. 7608/1991 e 811/1993).
Il discorso potrebbe chiudersi già qui, ma facciamo un passo ulteriore.
Si potrebbe infatti sostenere che il datore di lavoro - pur essendo privo del potere di pretendere dal lavoratore l'esecuzione della prestazione - può in concreto cominciare ad esercitare il potere direttivo e organizzativo dal momento in cui i lavoratori vengono inseriti in un certo turno di lavoro, a seguito della disponibilità da loro manifestata.
Bisogna allora verificare se da tale momento il potere direttivo e organizzativo sia stato effettivamente esercitato dalla società F.
A questo scopo è necessario affrontare il delicato problema della distinzione tra
“coordinamento” e “subordinazione”.
COORDINAMENTO E SUBORDINAZIONE
È lo stesso legislatore a chiarire che si tratta di due concetti diversi perchè può esserci coordinamento senza subordinazione.
Nell'art. 409 c.p.c. il legislatore ha infatti previsto al n.3) l'applicabilità delle disposizioni sulle controversie individuali di lavoro ai "rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato".
Nel corso degli anni il legislatore ha poi emanato diverse disposizioni di legge con le quali ha previsto e disciplinato varie forme di collaborazioni coordinate e continuative non subordinate, dalla legge "B." alla legge "F." e ai decreti del "Jobs Act" (di cui avremo modo di parlare in seguito).
Ma quale è la differenza tra coordinamento e subordinazione?
Lo abbiamo già detto prima, quando abbiamo citato la giurisprudenza della Corte di Cassazione secondo cui il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro "discende dall'emanazione di ordini specifici, oltre che dall'esercizio di una assidua attività di vigilanza e controllo dell'esecuzione delle prestazioni lavorative".
È chiaro che una volta la cosa era più semplice perché gli "ordini specifici" venivano dati direttamente in officina dal capo reparto al capo squadra e dal capo squadra agli operai.
Nella società attuale è indubbio che gli ordini possono essere impartiti con altri strumenti che prescindono dalla presenza fisica nello stesso luogo di chi dà gli ordini e di chi li riceve: possono essere dati via e-mail o via internet o anche con l'utilizzo di apposite "app" dello smartphone.
Bisogna allora verificare se in concreto questi nuovi strumenti di comunicazione siano stati utilizzati da F. per impartire ai ricorrenti degli ordini specifici e per sottoporli a un'assidua attività di vigilanza e controllo.
I ricorrenti sostengono che X. avrebbe loro impartito delle direttive tecniche dettagliate in ordine all'intero iter relativo alla consegna attraverso:
- la determinazione del luogo e dell'orario di lavoro (punti di partenza e fasce orarie);
- la verifica della presenza dei riders nei punti di partenza e dell'attivazione del loro profilo sull'applicazione;
- il richiamo dei lavoratori che tardavano ad accettare l'ordine;
- la necessità, in caso di impossibilità di svolgere la prestazione lavorativa, di inoltrare ai superiori la richiesta di riassegnazione dell'ordine;
- l'obbligo di effettuare la consegna dei prodotti in tempi prestabiliti, seguendo il percorso suggerito attraverso il GPS dalla stessa applicazione;
- lo svolgimento di attività promozionali del brand F.;
- l'esercizio del potere di controllo e di vigilanza, attraverso il monitoraggio della produttività dei singoli lavoratori.
Ritiene il giudice che le circostanze sopra indicate in parte non abbiano trovato conferma nelle risultanze processuali e in parte non siano determinanti ai fini della qualificazione del rapporto come subordinato.
La determinazione del luogo e dell'orario di lavoro non veniva imposta unilateralmente dall'azienda che si limitava a pubblicare su Shiftplan gli slot con i turni di lavoro; i ricorrenti avevano la piena libertà di dare o meno la propria disponibilità per uno dei turni indicati dall'azienda.
La verifica della presenza dei riders nei punti di partenza e dell'attivazione del loro profilo sull'applicazione rientra a pieno titolo nell'ambito del "coordinamento" perché è evidente che F. aveva la necessità di sapere su quanti riders poteva effettivamente contare per le consegne, anche in considerazione del fatto che un non trascurabile numero di lavoratori dopo l'inserimento nel turno non si presentava a rendere la prestazione senza alcuna comunicazione preventiva (c.d. "no show", di cui si parlerà ampiamente in seguito).
I ricorrenti sottolineano il fatto che non avevano la possibilità di rifiutare la consegna perché c'era soltanto un tasto per accettare l'ordine che se non veniva premuto continuava a suonare.
Si tratta di un elemento irrilevante.
In primo luogo bisogna considerare che i contratti sottoscritti dai ricorrenti (a differenza di quelli stipulati in epoca successiva in cui era stabilito un pagamento a consegna) prevedevano la corresponsione di un compenso orario (Euro 5,60 lordi all'ora): è quindi logico che i ricorrenti fossero tenuti a fare le consegne che venivano loro comunicate nelle ore per le quali ricevevano il compenso.
Comunque dalle testimonianze assunte è risultato che se c'era qualche problema i riders potevano chiamare il centralino e spiegare il motivo per cui non potevano fare l'ordine (teste (...)) o che era il dispatcher a contattare il rider per sapere perché non aveva accettato l'ordine (teste (...)): è evidente che si tratta di un problema di "coordinamento" (e non di subordinazione) perché l'azienda ha la necessità di effettuare le consegne in un ristretto periodo di tempo per venire incontro alle esigenze del cliente e deve pertanto sapere se il rider accetta o meno l'ordine per provvedere eventualmente ad assegnare l'ordine a qualcun altro.
È poi provato che i ricorrenti fossero liberi di scegliersi il percorso, come hanno confermato i testi (...)
È vero invece che i ricorrenti potevano ricevere delle telefonate di sollecito durante l'effettuazione della consegna perché il sistema consentiva di vedere dove si trovava il rider in un determinato momento e di verificare quindi se era in ritardo (testi (...), (...) e (...)): ma una telefonata di sollecito non può essere certo considerata l'emanazione di un ordine specifico né può costituire "esercizio di una assidua attività di vigilanza e controllo dell'esecuzione delle prestazioni lavorative" (come richiesto dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione ai fini del riconoscimento della subordinazione), mentre rientra a pieno titolo nelle esigenze di coordinamento dettate dalla necessità di rispetto dei tempi di consegna.
Bisogna infatti considerare che il rispetto dei tempi di consegna era un elemento qualificante della prestazione richiesta ai riders, tanto da essere espressamente previsto dal contratto, anche mediante l'irrogazione di una penale da detrarre dal compenso.
Né si può parlare di un costante monitoraggio della prestazione perché il sistema consentiva soltanto di fotografare la posizione del rider in maniera statica e non di seguirne l'intero percorso in modo dinamico.
Non appare poi rilevante il fatto che, in caso di accettazione di un ordine a ridosso della fine del turno, ai ricorrenti potesse essere chiesto di effettuare la consegna anche dopo l'orario predefinito: è
infatti risultato che in questo caso veniva chiesta la disponibilità dei riders a prolungare l'orario (dietro pagamento del compenso per il maggior tempo impiegato) e che l'azienda abbia dovuto addirittura cancellare degli ordini perché nessuno era disponibile a prolungare l'orario (testi (...)).
Quanto allo svolgimento di attività "promozionale", si tratta di una prestazione del tutto accessoria e secondaria che non può incidere sulla qualificazione del rapporto di lavoro.
Si deve pertanto escludere che i ricorrenti fossero sottoposti al potere direttivo e organizzativo del datore di lavoro, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione.
SOTTOPOSIZIONE AL POTERE DISCIPLINARE
I ricorrenti sostengono di essere stati sottoposti al potere disciplinare di F. che si sarebbe concretizzato nel richiamo verbale e nell'esclusione temporanea o definitiva dalla chat aziendale o dai turni di lavoro.
Questa affermazione non ha trovato riscontro nelle risultanze processuali.
È infatti chiaramente emerso che i ricorrenti potevano revocare la loro disponibilità su un turno già confermato dalla società utilizzando la funzione c.d. "swap" e potevano anche non presentarsi a rendere la prestazione senza alcuna comunicazione preventiva (c.d. "no show):
- "capitava spesso che dei riders non si presentassero senza dire niente: percentualmente nel 20% dei casi.....se un rider non vuole più fare un turno per il quale si è prenotato, può utilizzare la funzione swap cliccando sul tasto dello shyftplan e revocare la sua disponibilità" (teste (...));
- "i riders possono revocare la propria disponibilità mediante la funzione swap e possono farlo fino ad inizio del turno ... può capitare che qualcuno non si presenti senza avvisare soprattutto durante i week end......non abbiamo mai adottato alcuna penalizzazione per i riders che abbiano fatto utilizzo della funzione swap o che non si siano presentati" (teste (...);
- "se uno dopo essersi prenotato per un turno, ma prima che iniziasse, voleva togliere la propria disponibilità, doveva utilizzare la funzione swap inoltrando una richiesta, a questo punto bisognava aspettare una risposta che arrivava via e-mail.....poteva capitare che qualcuno non si presentasse; in questo caso veniva richiamato dal sistema ed eventualmente escluso dal turno" (teste (...)).
Non è risultato che in tali ipotesi l'azienda adottasse delle sanzioni disciplinari.
I ricorrenti sostengono peraltro che l'esclusione dalla chat aziendale o dai turni di lavoro sarebbe avvenuta anche soltanto per sanzionare insubordinazioni o lamentele o comunque comportamenti non graditi all'azienda.
Le prove testimoniali non hanno confermato l'esistenza di questo tipo di provvedimenti, ma soltanto la predisposizione per un limitato periodo di tempo di una "classifica" per premiare i più meritevoli (testi (...)).
Ed è evidente che una classifica diretta a premiare i più meritevoli è cosa del tutto diversa dall'uso del potere disciplinare.
In linea di diritto si deve comunque escludere che il tipo di provvedimenti indicati dai ricorrenti (esclusione temporanea o definitiva dalla chat aziendale o dai turni di lavoro) possa costituire una sanzione disciplinare.
Quali sono infatti le caratteristiche delle sanzioni disciplinari?
Le sanzioni disciplinari applicate ai lavoratori subordinati - sulla base dell'art.7 della L. n. 300 del 1970 e delle disposizioni dei contratti collettivi - hanno come caratteristica comune quella di privare in via temporanea o definitiva i lavoratori dei loro diritti:
- la multa priva il lavoratore di un certo numero di ore di retribuzione;
- la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione priva il lavoratore in via temporanea del diritto di effettuare la prestazione lavorativa e di ricevere la retribuzione;
- il licenziamento priva il lavoratore in via definitiva del diritto di lavorare e di ricevere la retribuzione.
Nella fattispecie che stiamo esaminando tutto questo non si verifica per il semplice fatto che i ricorrenti potevano dare la loro disponibilità per un determinato turno, ma l'azienda era libera di non accettare la loro disponibilità e di non chiamarli.
L'esclusione dalla chat aziendale o dai turni di lavoro non può quindi essere considerata una sanzione disciplinare perché non priva i lavoratori di un loro diritto: i ricorrenti non avevano infatti diritto nè ad essere inseriti nella chat aziendale, né ad essere inseriti nei turni di lavoro.
Anche sotto il profilo della sottoposizione al potere disciplinare del datore di lavoro si deve pertanto escludere che il rapporto oggetto di causa possa essere qualificato come rapporto di lavoro subordinato.
LE DISPOSIZIONI DEL DECRETO JOBS ACT 81/2015
I ricorrenti hanno anche invocato in via subordinata l'applicazione della norma di cui all'art.2 del D.Lgs. n. 81 del 2015 secondo cui "a far data dal 1 gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro".
Forse nelle intenzioni del legislatore la norma avrebbe dovuto in qualche modo ampliare l'ambito della subordinazione, includendovi delle fattispecie fino ad allora rientranti nel generico campo della collaborazione continuativa.
Ma così non è stato.
Come ha giustamente rilevato la difesa dell'azienda, infatti, la disposizione di cui all'art.2 del D.Lgs. n. 81 del 2015 non ha un contenuto capace di produrre nuovi effetti giuridici sul piano della disciplina applicabile alle diverse tipologie di rapporti di lavoro.
La norma dispone infatti che sia applicata la disciplina del rapporto di lavoro subordinato qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro: è quindi necessario che il lavoratore sia pur sempre sottoposto al potere direttivo e organizzativo del datore di lavoro e non è sufficiente che tale potere si estrinsechi soltanto con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro perché deve al contrario riguardare anche i tempi e il luogo di lavoro.
Così come è stata formulata, la norma viene quindi ad avere addirittura un ambito di applicazione più ristretto di quello dell'art.2094 c.c.
Senza considerare poi il fatto che appare difficile parlare di organizzazione dei tempi di lavoro in un'ipotesi come quella oggetto di causa in cui i riders avevano la facoltà di stabilire se e quando dare la propria disponibilità ad essere inseriti nei turni di lavoro.
La domanda di accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato deve essere pertanto respinta.
LE ALTRE DOMANDE
a) DIFFERENZE RETRIBUTIVE
La domanda di corresponsione delle differenze retributive derivanti dall'inquadramento nel V livello del CCNL logistica o nel VI livello del CCNL terziario deve essere respinta perché presuppone il riconoscimento della subordinazione.
Occorre soltanto rilevare che l'accoglimento di questa domanda avrebbe comportato la corresponsione di una retribuzione rapportata a un contratto di lavoro subordinato a tempo pieno (non potendo essere riconosciuto il part-time in mancanza di un'espressa pattuizione), a fronte di una prestazione lavorativa dei ricorrenti di circa 10-20 ore alla settimana.
b) LICENZIAMENTO
Anche le domande di nullità, inefficacia e illegittimità del licenziamento non possono essere accolte perché presuppongono il riconoscimento della subordinazione.
Il rapporto intercorso tra le parti si è risolto perché i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, prorogati fino al 30.11.2016, non sono stati rinnovati alla scadenza.
c) RISARCIMENTO DEL DANNO PER LA VIOLAZIONE DELL'ART.2087 C.C. Anche questa domanda presuppone la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato.
Deve essere infatti condivisa la giurisprudenza della Corte di Cassazione secondo cui "ai rapporti di lavoro autonomo non si applicano le norme speciali antinfortunistiche, che, di regola, presuppongono l'inserimento del prestatore di lavoro nell'impresa del soggetto destinatario della prestazione, né l'art.2087 cod. civ., il quale, integrando le richiamate leggi speciali, riguarda esclusivamente i rapporti di lavoro subordinato" (Cass. 21.3.2013 n.7128).
Erano pertanto i ricorrenti a dovere controllare l'idoneità e l'efficienza della bicicletta utilizzata per le consegne, come espressamente previsto nel contratto.
Quanto all'attrezzatura fornita dall'azienda in comodato (casco, giubbotto e box), non risulta che non avesse i requisiti antinfortunistici di legge, né i ricorrenti hanno dedotto o provato di avere subito un danno a causa dell'utilizzo di tale attrezzatura.
Occorre peraltro rilevare che i ricorrenti non erano del tutto privi di tutela previdenziale perché erano iscritti alla gestione separata dell'INPS di cui all'art.2, comma 26, della L. n. 335 del 1995 e all'INAIL (ai sensi dell'art.5 D.Lgs. n. 38 del 2000) e perché era contrattualmente previsto che i contributi venissero in parte versati anche dall'azienda.
d) RISARCIMENTO DEL DANNO PER VIOLAZIONE DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI PRIVACY
Con riferimento a questa domanda il discorso è un po' più complesso.
I ricorrenti lamentano la violazione della normativa in materia di privacy, sia per quanto concerne l'accesso ai dati personali che per quanto concerne il controllo a distanza, con riferimento all'art.4 della L. n. 300 del 1970 e agli artt. 7, 11 e 171 del codice della privacy.
Il richiamo dell'art.4 della L. n. 300 del 1970 appare nel complesso poco pertinente perché si tratta comunque di norma direttamente applicabile soltanto al rapporto di lavoro subordinato (anche se richiamata dall'art.114 del codice della privacy).
Alla fattispecie oggetto di causa sarebbe comunque eventualmente applicabile l'art.4 nella nuova formulazione determinata dalle modifiche introdotte dall'art.23 del D.Lgs. n. 151 del 2015: "Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali deriva anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere istallati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali ( )
La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.
Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196".
Ora, non c'è dubbio che le applicazioni dello smartphone venivano utilizzate dai ricorrenti per rendere la prestazione lavorativa e, in quanto tali, non richiedevano il preventivo accordo con le rappresentanze sindacali.
Per quanto riguarda la violazione del codice della privacy, i ricorrenti lamentano genericamente di non avere ricevuto un'informativa chiara e completa sulla natura dei dati trattati, sulle caratteristiche del dispositivo e dei controlli e sulle ipotesi in cui era consentita la disattivazione della funzione di localizzazione nel corso dell'orario di lavoro.
Dallo stesso contratto prodotto dai ricorrenti come doc.6 risulta peraltro che veniva data un'informativa sul trattamento dei dati personali e che i lavoratori prestavano il loro consenso al trattamento dei dati.
Né si può dire che l'informativa fosse generica perché riguardava le finalità e le modalità del trattamento, la natura del conferimento, la comunicazione e diffusione dei dati e i diritti dell'interessato.
Non risulta pertanto violata in modo specifico la normativa sulla privacy.
Occorre comunque rilevare che i ricorrenti non hanno dedotto né provato di avere subito un danno dal presunto illegittimo utilizzo dei dati personali e si sono limitati a chiedere un risarcimento di Euro 20.000 per ciascuno, senza indicare alcun parametro utile alla quantificazione del danno subito.
Anche questa domanda deve essere pertanto respinta.
…omissis…
TRIBUNALE DI MILANO, DOTT.SSA DOSSI, 10 SETTEMBRE 2018, N. 1853
La ricorrenza della eterodirezione deve ritenersi esclusa laddove il rider non sia obbligato a fornire la prestazione lavorativa in quanto libero di scegliere se e quando lavorare.
L’attribuzione di punteggi, espressione del gradimento correlato al grado di affidabilità del prestatore, non è assimilabile all’esercizio del potere disciplinare, poiché tale sistema non dà luogo all’applicazione di sanzioni afflittive, limitative dei diritti del prestatore, ma solo ad una rimodulazione delle modalità di coordinamento in funzione dell’interesse del committente ad una più efficiente gestione dell’attività, che non mette comunque in discussione la libertà del prestatore di scegliere giorni e orari di lavoro, sia pure in un ventaglio di possibilità più limitato.
Non sussiste etero-organizzazione laddove il rider scelga autonomamente i tempi di lavoro e di riposo manifestando la propria disponibilità a lavorare in determinati giorni e orari né può configurarsi come organizzazione dei tempi di lavoro la richiesta, da parte del committente, di adempiere la prestazione entro un determinato termine.
Motivi della decisione in fatto e in diritto
Con ricorso al Tribunale di Milano, quale giudice del lavoro, depositato in cancelleria il 26 giugno 2017, Xxxxxxx Xxxx Xxxxxx Xxxxxxx Xxxxxx, premesso:
- di avere stipulato in data 20 settembre 2016 un contratto di collaborazione coordinata e continuativa a tempo indeterminato con Xxxxxxxx s.r.l., con il quale gli era stato conferito, a decorrere dal 23 settembre 2016, l’incarico di addetto alle consegne a domicilio basate sulla piattaforma on line per smartphone, ideata dalla convenuta per consentire lo scambio di beni attraverso una rete di operatori;
- che, indipendentemente dal contenuto del contratto, egli aveva lavorato senza soluzione di continuità dal 30 settembre 2016 al 12 gennaio 2017 (quando era rimasto vittima di un infortunio sul lavoro che lo aveva costretto ad assentarsi fino al 28 marzo 2017), svolgendo mansioni di fattorino per la consegna di pasti pronti ed altri beni di consumo;
- di avere osservato per l’intero periodo un orario di lavoro a tempo pieno, rimanendo a disposizione del datore di lavoro per otto ore al giorno – in fasce orarie variabili comunicate periodicamente - per sette giorni alla settimana;
- di avere effettuato i servizi di presa e/o consegna – assegnatigli tramite app sullo smartphone o personalmente dai referenti aziendali Xxxxx Xxxxxx e Xxxxxx Xxxxxx – utilizzando la propria automobile, nonché un contenitore termico per i cibi e un caricabatteria portatile messi a disposizione dal datore di lavoro;
- di avere osservato gli ordini e le direttive, in merito al lavoro da svolgere e alle consegne da effettuare per ogni fascia oraria giornaliera, impartiti dalla convenuta tramite comunicazioni che transitavano per lo più via app e talora venivano riferite direttamente dai xxxxxxx Xxxxxx e Xxxxxx;
- di essere tenuto a comunicare a questi ultimi eventuali assenze o ritardi o mancata disponibilità nelle fasce orarie di servizio, fornendo altresì idonee giustificazioni;
- che a Manola e Xxxxxx doveva rivolgersi anche per fruire di permessi e xxxxx, peraltro mai richiesti, né goduti;
- di avere percepito la retribuzione oraria concordata di € 7,35 lordi, che veniva maggiorata nei giorni festivi e poteva essere incrementata nei casi in cui il ricorrente eseguisse due o più consegne in un’ora;
- che la società era receduta dal contratto di collaborazione coordinata e continuativa con lettera datata 21 dicembre 2016 e con decorrenza dal 31 dicembre 2016;
- che contestualmente al recesso il datore di lavoro gli aveva sottoposto per la sottoscrizione un contratto di collaborazione occasionale ex art. 2222 c.c., che, tuttavia, non era stato firmato dalle parti;
- di avere comunque continuato a lavorare per la convenuta, con le medesime modalità del periodo precedente, sino al 12 gennaio 2017, quando era rimasto vittima di un infortunio sul lavoro;
- che, infatti, quel giorno alle ore 21.00, mentre si trovava alla guida dell’auto per effettuare una consegna, era stato tamponato da un altro veicolo;
- di avere riportato, in conseguenza dell’infortunio, un trauma distorsivo al rachide cervicale;
- di avere denunciato l’infortunio all’INAIL;
- che l’INAIL aveva certificato l’inabilità temporanea, con prognosi sino al 28 marzo 2017;
- di avere chiesto al datore di lavoro, tramite email in data 28 marzo 2017, la riattivazione dell’account al fine di riprendere l’attività lavorativa;
- di non avere ottenuto alcun riscontro dalla convenuta;
- che durante l’assenza per infortunio si era informato presso la convenuta sulle modalità di rientro in servizio e che Xxxxxx Xxxxxx gli aveva risposto che non avrebbe più potuto lavorare poiché aveva creato problemi con l’INAIL, in tal modo di fatto licenziandolo verbalmente;
ciò premesso, ha rassegnato le seguenti conclusioni: accertare e dichiarare la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con orario di lavoro full time di 40 ore settimanali (o con il diverso orario accertato in corso di causa) dal 23 settembre 2016 al 28 marzo 2017 o per il diverso periodo accertato in corso di causa; accertare e dichiarare il diritto del ricorrente ad essere inquadrato, alle dipendenze di Foodinho s.r.l., dal 23 settembre 2016 al 28 marzo 2017 (o per il diverso periodo accertato in corso di causa), nel 6° livello CCNL Terziario o in un diverso livello anche di diverso contratto collettivo; condannare Foodinho s.r.l. a corrispondere al ricorrente l’importo di € 6.082,35 (o il diverso importo ritenuto di giustizia) a titolo di differenze retributive e istituti contrattuali (tredicesima, quattordicesima, ferie e TFR) maturati dal 23 settembre 2016 al 28 marzo 2017; accertare e dichiarare l’inefficacia del licenziamento intimato oralmente dalla società convenuta al ricorrente con decorrenza dal 28 marzo 2017 e, per l'effetto, condannare la convenuta, ai sensi dell’art. 2 d.lgs. 4 marzo 2015 n. 23, a reintegrare il ricorrente nel posto di lavoro e a risarcirgli il danno sofferto, mediante pagamento di un'indennità commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, determinata nell’importo lordo corrispondente al netto di € 1.271,55 mensili (€ 7,35 x 173) dal giorno del licenziamento sino a
quello dell'effettiva reintegrazione o nel diverso importo mensile ritenuto di giustizia, in ogni caso in misura non inferiore a cinque mensilità.
Il tutto con interessi e rivalutazione monetaria e con vittoria di spese e competenze di causa, da distrarsi a favore del procuratore antistatario.
Costituendosi ritualmente in giudizio, Foodinho s.r.l. ha chiesto, in via preliminare, di dare atto della decadenza del ricorrente dall’impugnazione del contratto di collaborazione coordinata e continuativa e, per l’effetto, di rigettare le domande proposte per il periodo dal 23 settembre al 31 dicembre 2016, coperto da tale contratto; in via principale ha chiesto di rigettare integralmente il ricorso avversario, in quanto infondato in fatto e in diritto; in via subordinata, per l’ipotesi di accoglimento delle domande avversarie, di determinare eventuali differenze retributive e/o la retribuzione mensile di riferimento ai fini risarcitori con esclusivo riferimento ai minimi tariffari del CCNL ex art. 36 della Costituzione e di detrarre dalle spettanze eventualmente dovute, tanto per la diversa qualificazione del rapporto di lavoro quanto per il licenziamento, gli importi percepiti dal ricorrente, successivamente al 12 gennaio 2017, per lo svolgimento di attività lavorativa di qualunque genere, ovvero quanto il ricorrente avrebbero potuto percepire in virtù di altra attività lavorativa nella misura accertata in corso di causa e/o ritenuta di giustizia.
Con vittoria di spese e competenze di causa.
Preliminarmente va respinta l’eccezione di decadenza formulata da Foodinho s.r.l. in relazione alle domande attinenti al periodo dal 23 settembre al 31 dicembre 2016, fondata sull’omessa impugnazione del contratto di collaborazione coordinata e continuativa nei termini di cui all’art. 32, comma 3, lett. b) legge 4 novembre 2010 n. 183.
La norma invocata estende il meccanismo impugnatorio delineato dall’art. 6 legge 15 luglio 1966 n. 604 (come modificato dall’art. 32, comma 1, legge 4 novembre 2010 n. 183) “al recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa anche nella modalità a progetto”.
La decadenza opera unicamente con riguardo all’impugnazione del recesso e non concerne ulteriori e diverse domande relative al rapporto, quali, in ipotesi, domande di riqualificazione giuridica o di differenze retributive.
Nel caso di specie, l’odierno ricorrente non ha svolto alcuna domanda avverso il recesso di Xxxxxxxx s.r.l. dal contratto di collaborazione coordinata e continuativa, comunicato con lettera in data 21 dicembre 2016 (allegata sub doc. 7 fascicolo ricorrente).
Le domande proposte in relazione al periodo dal 23 settembre 2016 al 31 dicembre hanno ad oggetto esclusivamente la riqualificazione giuridica del rapporto (da autonomo a subordinato) e il riconoscimento delle correlative differenze retributive.
Alla luce di quanto precedentemente esposto, in relazione a tali domande non opera la decadenza di cui all’art. 32, comma 3, lett. b) legge 4 novembre 2010 n. 183, con conseguente rigetto della relativa eccezione.
Tanto premesso, nel merito le domande svolte da Xxxxxxx Xxxx Xxxxxx Xxxxxxx Xxxxxx non possono trovare accoglimento.
La ricostruzione dei fatti, quale emerge dalla disamina della documentazione in atti e dalle risultanze dell’istruttoria orale, non consente di ritenere provata la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato.
Le parti hanno sottoscritto il 20 settembre 2016 un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, attraverso il quale Xxxxxxx Xxxx Xxxxxx Xxxxxxx Xxxxxx ha manifestato la propria disponibilità a fornire a Foodinho s.r.l. collaborazione per “la consegna di beni oggetto dell’interazione” attraverso “una piattaforma online (applicazione) su smartphone, per consentire lo scambio di beni, non solo alimentari tra soggetti diversi attraverso una rete di operatori” (cfr. contratto allegato sub doc. 3 fascicolo ricorrente).
Nel contratto si stabilisce che il collaboratore provvederà a svolgere le suddette prestazioni con le seguenti modalità:
“- senza alcun obbligo di reperibilità e senza alcun obbligo di prestazione minima giornaliera, settimanale o annuale, il collaboratore, nella più ampia autonomia ed ogniqualvolta lo vorrà, si collegherà all’applicazione di cui sopra per segnalare la sua disponibilità ad effettuare un servizio;
- l’applicazione, all’occorrenza, invierà la richiesta di un servizio di ricezione e consegna che il collaboratore, a sua discrezione, valuterà se accettare alle condizioni proposte;
- l’applicazione non invierà la domanda del servizio ad un singolo operatore ma a tutti quelli che hanno dichiarato, attraverso l’applicazione, la loro disponibilità e che sono al momento nelle condizioni di completare il servizio specificato dall’applicazione;
- il collaboratore, dopo avere esplicitato la disponibilità ad eseguire il servizio, se assegnatogli, si adopererà per completare l’attività indicata dall’applicazione”.
Attraverso l’istruttoria testimoniale è stato ricostruito il modello di organizzazione dell’attività di consegna a domicilio tramite piattaforma, adottato dalla convenuta nel periodo oggetto di domanda, con particolare riguardo alle modalità di esecuzione della prestazione da parte dei fattorini – detti anche driver x xxxxxx - che effettuano il servizio in bicicletta, in motorino o in automobile.
Dalle testimonianze assunte è emerso in modo univoco che ad ogni fattorino veniva fornito dalla società un applicativo (c.d. app) da installare nello smartphone.
A ttraverso tale applicativo il fattorino poteva indicare in un calendario predisposto dall’azienda
i giorni e le ore in cui si rendeva disponibile a prestare attività lavorativa.
Il calendario era accessibile inizialmente una volta alla settimana e successivamente ogni tre giorni e con la stessa cadenza il fattorino poteva prenotare le fasce orarie (c.d. slot) di suo interesse.
La decisione se lavorare, in quali giorni, per quante ore e in quali fasce orarie era rimessa in via esclusiva al fattorino, che poteva anche non prenotare alcuno slot, né doveva garantire un numero minimo di ore di lavoro giornaliero o settimanale.
Neppure la società era tenuta ad assicurare al fattorino un numero minimo di ore di lavoro: nel calendario, consultabile attraverso la app e in cui il fattorino poteva inserire le proprie disponibilità, comparivano, infatti, solo gli slot preventivamente selezionati dalla convenuta.
Le circostanze suindicate sono state concordemente riferite dai testi [….].
Entro un determinato lasso temporale - indicato dai testi [….] - il fattorino poteva modificare o revocare liberamente le disponibilità inserite nel calendario.
Superato questo periodo era ancora possibile effettuare modifiche; tuttavia, secondo quanto riferito dai testi [….], in questo caso “veniva abbassata la fedeltà; questo significava che diminuiva
nel calendario la possibilità di scegliere le ore in cui lavorare”.
Durante la fascia oraria per la quale aveva dato la propria disponibilità a lavorare, il fattorino doveva recarsi nell’area di copertura del servizio [….] e accedere alla piattaforma tramite app.
La app consentiva di visualizzare gli ordini di consegna, selezionarli ed accettarli; vi era anche una funzionalità di ricezione e accettazione automatica, che il fattorino poteva scegliere di attivare.
Egli non era obbligato a selezionare ed eseguire un numero minimo di consegne [….] (cfr. sul punto in particolare la testimonianza di [….]: “nell’applicazione si poteva scegliere se ricevere automaticamente gli ordini o selezionarli dalla lista; quando si sceglieva di ricevere l’ordine automaticamente, questo veniva anche accettato automaticamente. Questa scelta si poteva fare di giorno in giorno e anche cambiare all’interno dello stesso turno. Potevo anche non selezionare nessun ordine per un intero turno […] Non dovevo effettuare un numero minimo di ordini per turno”).
In caso di accettazione di un ordine di consegna, il fattorino “deve eseguirlo subito. Se cambia idea e non vuole eseguirlo deve scrivere alla chat di supporto chiedendo di riassegnarlo” (cfr. testimonianza di [….]).
Il rifiuto o la mancata selezione di ordini di consegna, così come la richiesta di riassegnazione di un ordine o il mancato collegamento alla piattaforma durante le fasce orarie per le quali aveva manifestato la propria disponibilità, concorrevano a determinare l’“abbassamento della fedeltà”, da cui discendeva la restrizione, per il fattorino, delle possibilità di prenotare in futuro gli slot secondo le proprie preferenze.
Ciò emerge in particolare dalle deposizioni dei testi [….].
Anche il teste [….] (che pure ha dichiarato di non sapere “se ci fossero meccanismi di “abbassamento della fedeltà” in conseguenza dei quali il driver vedesse diminuito il numero di ore in cui poter lavorare e la possibilità di scegliere le fasce orarie”) ha confermato che ad ogni fattorino era assegnato un punteggio che esprimeva il livello di gradimento dello stesso, salvo imputare l’assegnazione di tale punteggio alla valutazione espressa dai clienti (“sull’applicazione risultava un punteggio relativo al driver; il punteggio dipendeva dalla valutazione del cliente”).
Il teste [….], a sua volta, ha riferito: “il sistema assegna un punteggio a ciascun xxxxxx; non so esattamente come funzioni il meccanismo; non so se il punteggio dipenda solo dalle valutazioni dei clienti o anche dal fatto che il xxxxxx non si presenti nell’area di consegna, non accetti gli ordini, non li selezioni etc.”.
Così ricostruite le modalità di esecuzione della prestazione, può ritenersi accertato che anche il ricorrente abbia operato secondo le modalità descritte, considerato che esse erano applicate in modo generalizzato a tutti i fattorini e che i testi [….] le hanno espressamente riferite anche al ricorrente (cfr. testimonianza di[….]: “il ricorrente faceva il driver come me; facevamo spesso gli stessi turni; lavorava secondo le mia stesse modalità”; testimonianza di [….]: “il ricorrente utilizzava l’auto, io la bici. […] A lui venivano assegnati gli ordini “speciali” (ad esempio portare 20 pizze); per il resto il nostro lavoro funzionava nello stesso modo”).
È poi incontestato in causa – e confermato dai testi escussi – che per effettuare le consegne il ricorrente utilizzasse la propria automobile (cfr. in particolare testimonianza di [….]: “i mezzi erano di nostra proprietà”).
Quanto al compenso, il contratto di collaborazione coordinata e continuativa concluso tra le parti così dispone: “il collaboratore verrà informato dell’entità del compenso per ogni lavoro prima dell’accettazione dello stesso. La remunerazione sarà composta da una base fissa più una
parte variabile a seconda del tempo impiegato e dei chilometri percorsi. Potrebbero esserci compensi aggiuntivi a seconda della particolare complessità del lavoro o di altri criteri”.
In assenza di emergenze probatorie di diverso segno deve ritenersi che i compensi erogati a [….] (cfr. docc. 5, 6 e 20 fascicolo ricorrente) siano stati determinati sulla base dei criteri indicati in contratto, il che sembra trovare conferma anche nei prospetti riepilogativi allegati in atti dallo stesso ricorrente (cfr. doc. 4 del relativo fascicolo).
Dal quadro fattuale sopra delineato emerge in primo luogo che, nei limiti degli slot messi a disposizione dalla convenuta, il ricorrente era libero di decidere se e quando lavorare: in fase di prenotazione degli slot, infatti, egli non aveva vincoli di sorta nella determinazione
dell’an, del quando e del quantum della prestazione.
Tale elemento rappresenta un fattore essenziale dell’autonomia organizzativa, che si traduce nella libertà di stabilire la quantità e la collocazione temporale della prestazione lavorativa, i giorni di lavoro e quelli di riposo e il loro numero.
Si tratta, ad avviso di questo giudice, di un elemento incompatibile con il vincolo della subordinazione.
Come noto, secondo la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, l'elemento essenziale di differenziazione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato consiste nel vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, il quale discende dall’emanazione di ordini specifici, oltre che dall’esercizio di un’assidua attività di vigilanza e controllo dell’esecuzione della prestazione lavorativa.
In particolare, “mentre la subordinazione implica l'inserimento del lavoratore nella organizzazione imprenditoriale del datore di lavoro mediante la messa a disposizione, in suo favore, delle proprie energie lavorative (operae) ed il contestuale assoggettamento al potere direttivo di costui, nel lavoro autonomo l'oggetto della prestazione è costituito dal risultato dell'attività (opus): ex multis, Cass. nn. 12926/1999; 5464/1997; 2690/1994; e, più di recente, Cass. n. 4770/2003; 5645/2009, secondo cui, ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come subordinato oppure autonomo, il primario parametro distintivo della subordinazione, intesa come assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo del datore di lavoro, deve essere accertato o escluso mediante il ricorso agli elementi che il giudice deve concretamente individuare dando prevalenza ai dati fattuali emergenti dalle modalità di svolgimento del rapporto” (cfr. pure, tra le molte, Cass. nn. 1717/2009, 1153/2013).
In subordine, l'elemento tipico che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato è costituito dalla subordinazione, intesa, come innanzi detto, quale disponibilità del prestatore nei confronti del datore di lavoro, con assoggettamento alle direttive dallo stesso impartite circa le modalità di esecuzione dell'attività lavorativa; mentre, è stato pure precisato, altri elementi - come l'assenza del rischio economico, il luogo della prestazione, la forma della retribuzione e la stessa collaborazione - possono avere solo valore indicativo e non determinante (x. Xxxx. n. 7171/2003), costituendo quegli elementi, ex se, solo fattori che, seppur rilevanti nella ricostruzione del rapporto, possono in astratto conciliarsi sia con l'una che con l'altra qualificazione del rapporto stesso (fra le altre - e già da epoca risalente - Cass. nn. 7796/1993; 4131/1984)” (così, tra le più recenti, Cass. 14 giugno 2018, n. 15631).
Nel caso attualmente in esame difetta l’assoggettamento del ricorrente al potere direttivo, organizzativo e disciplinare della convenuta: il fatto che [….] potesse discrezionalmente
decidere, di settimana in settimana, in quali giorni e in quali orari lavorare - ed anche di non lavorare affatto - esclude in radice la configurabilità di un simile vincolo.
Tra l’altro, secondo quanto emerge dalle risultanze istruttorie, le decisioni assunte dal prestatore in questa fase (inerenti, esemplificativamente, al numero di slot prenotati, alla relativa
fascia oraria, all’eventuale mancata prenotazione di slot per un certo lasso di tempo etc.) non avevano incidenza sul punteggio relativo al livello di gradimento dello stesso, né attivavano il
m eccanismo definito da alcuni testi come “abbassamento della fedeltà”, da cui dipendeva la
possibilità in futuro di prenotare gli slot secondo le proprie preferenze.
Si trattava, dunque, di decisioni assunte in piena autonomia, senza alcuna imposizione unilaterale da parte della convenuta.
La ritenuta incompatibilità tra la descritta autonomia del prestatore nel determinare quantità e tempi della propria attività lavorativa e il vincolo della subordinazione non può ritenersi superata dal fatto che, una volta manifestata la disponibilità a prestare attività in una determinata fascia oraria, le modalità della prestazione fossero standardizzate in base a regole prefissate dalla società (quali l’immediata esecuzione delle consegne nel minor tempo possibile) e neppure dal fatto che il mancato o ridotto svolgimento di attività nelle fasce orarie di dichiarata disponibilità (per mancato accesso alla piattaforma o per rifiuto di effettuare una o più consegne) incidesse negativamente sul livello di gradimento del prestatore, con le conseguenze già viste in termini di limitazione delle future possibilità di scelta nella prenotazione degli slot.
Le circostanze evidenziate, infatti, non paiono qualificanti ai fini della subordinazione, non
traducendosi nell’espressione del potere conformativo sul contenuto e le modalità della prestazione. A tale riguardo si osserva, sotto un primo profilo, come anche nel rapporto di lavoro autonomo il committente impartisca istruzioni in ordine al contenuto e agli obiettivi dell’incarico affidato e fissi standard quali/quantitativi delle prestazioni concordate,
verificando il rispetto degli stessi da parte del prestatore.
Da altro punto di vista, il descritto sistema di attribuzione di punteggi, espressione del
gradimento correlato al grado di affidabilità del prestatore, non pare assimilabile all’esercizio del
potere disciplinare, poiché tale sistema non dà luogo all’applicazione di sanzioni afflittive, limitative dei diritti del prestatore, ma solo ad una rimodulazione delle modalità di coordinamento
in funzione dell’interesse del committente ad una più efficiente gestione dell’attività, che non mette comunque in discussione la libertà del prestatore di scegliere giorni e orari di lavoro, sia pure in un ventaglio di possibilità più limitato.
In altri termini, anche nelle fasi successive a quella di prenotazione degli slot ed in particolare nella fase di vera e propria esecuzione della prestazione, non si ravvisa subordinazione in senso tecnico, ossia soggezione del prestatore a ordini puntuali e direttive specifiche, nonché al penetrante potere di controllo e sanzionatorio della società.
Ciò non solo perché il prestatore non ha l’obbligo di accedere alla piattaforma, ma anche perché, ad accesso avvenuto, non è obbligato ad accettare le consegne segnalate dalla app e l’eventuale rifiuto non determina l’applicazione di una sanzione, nel senso chiarito, e neppure la risoluzione o sospensione del rapporto, ma unicamente la riduzione delle future possibilità di scegliere giorni e orari in cui prestare attività.
Gli elementi di fatto sopra evidenziati escludono la configurabilità dell’eterodirezione della prestazione lavorativa.
Né la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato sembra potersi desumere da quelli che vengono comunemente definiti indici sussidiari della subordinazione e che la prevalente giurisprudenza individua nella continuità del rapporto, nello stabile ed organico inserimento del lavoratore nel ciclo produttivo dell’azienda, nell’assenza di rischio in capo al prestatore, nell’osservanza di un determinato orario, nel compenso fisso e predeterminato.
Occorre in proposito considerare che il ricorso al rilievo sintomatico degli elementi di fatto sopra indicati in tanto può considerarsi valido in quanto essi siano sussistenti tutti o in buona
m isura: deve, infatti, negarsi l’autonoma idoneità di ciascuno di questi elementi, considerato
singolarmente, a fondare la riconduzione del rapporto al tipo contrattuale del lavoro subordinato, essendo invece necessario che essi vengano valutati globalmente come concordanti, gravi e precisi
indici rivelatori dell’effettiva sussistenza del vincolo di subordinazione.
Tanto premesso, alla luce delle esaminate risultanze istruttorie non è ravvisabile nell’odierna fattispecie un numero significativo degli anzidetti indici, sufficiente ad asseverare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato.
Gli indici riscontrabili sono essenzialmente il carattere ricorrente - e in tal senso continuativo - della prestazione e l’utilizzo di alcuni strumenti di lavoro forniti dalla società, quali applicativo informatico, contenitore termico per i cibi e caricabatteria portatile (secondo quanto allegato in ricorso e non contestato dalla convenuta).
Per converso, tuttavia, il ricorrente non era tenuto ad osservare un orario di lavoro fisso
imposto dalla società, né doveva tenersi a disposizione di quest’ultima, sicché non può ritenersi che
egli fosse stabilmente inserito nell’organizzazione aziendale.
Inoltre, il ricorrente utilizzava per le consegne un mezzo proprio e non percepiva un corrispettivo mensile fisso e predeterminato, ma variabile, in funzione del numero e della tipologia di consegne effettuate mese per mese e dunque correlato non al tempo di messa a disposizione delle energie lavorative, bensì ai risultati conseguiti (cfr. cedolini allegati sub doc. 5 fascicolo ricorrente).
Considerati gli elementi di fatto sopra illustrati, si ritiene che nel rapporto di lavoro intercorso tra le parti non siano ravvisabili sufficienti ed univoci indici sintomatici della subordinazione.
La domanda di qualificazione del rapporto come lavoro subordinato, svolta dal ricorrente, va pertanto respinta, con conseguente rigetto anche delle domande in punto di differenze retributive e di licenziamento, fondate sul medesimo assunto.
Per completezza – pur non essendo stata articolata in ricorso specifica domanda sul punto
– si ritiene che la disciplina del lavoro subordinato non possa essere applicata al rapporto di cui è causa neppure in forza dell’art. 2, comma 1, d.lgs. 15 giugno 2015 n. 81.
La norma suindicata dispone che “a far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”.
Nel rapporto intercorso tra le parti dell’odierno giudizio, le modalità di esecuzione della prestazione, per quanto precedentemente evidenziato, non possono ritenersi “organizzate dal committente con riferimento ai tempi […] di lavoro”, poiché la scelta fondamentale in ordine ai tempi di lavoro e di riposo era rimessa all’autonomia del ricorrente, che la esercitava nel momento in cui manifestava la propria disponibilità a lavorare in determinati giorni e orari e non in altri.
Il fatto che, nel concreto svolgimento dell’attività, il ricorrente, una volta accettato di eseguire una consegna, fosse tenuto a portarla a termine nel minor tempo possibile, non vale ad integrare il parametro suindicato, non parendo configurarsi come organizzazione dei tempi di lavoro la richiesta, da parte del committente, di svolgere il lavoro entro un determinato termine.
In conclusione, difettando la fattispecie concreta dei caratteri propri della collaborazione etero- organizzata, non può estendersi ad essa la disciplina del lavoro subordinato ex art. 2 d.lgs. 15 giugno 2015 n. 81.
…omissis…
XXXXX XX XXXXXXX XX XXXXXX, XXXX. XXXXXX, XXX. XXXXXXXXX, 0 FEBBRAIO 2019, N. 26
L’art. 2, d.lgs. 81/2015, individua un terzo genere, che si viene a porre tra il rapporto di lavoro subordinato di cui all'articolo 2094 c.c. e la collaborazione come prevista dall'articolo 409 n.3 c.p.c.
La collaborazione è qualificabile come etero-organizzata quando è ravvisabile un'effettiva integrazione funzionale del lavoratore nella organizzazione produttiva del committente, in modo tale che la prestazione lavorativa finisce con l'essere strutturalmente legata a questa (l'organizzazione) e si pone come un qualcosa che va oltre alla semplice coordinazione di cui all'articolo 409 n.3 c.p.c., poiché qui è il committente che determina le modalità della attività lavorativa svolta dal collaboratore.
Il lavoratore etero-organizzato resta, tecnicamente, "autonomo" ma per ogni altro aspetto, e in particolare per quel che riguarda sicurezza e igiene, retribuzione diretta e differita (quindi inquadramento professionale), limiti di orario, ferie e previdenza, il rapporto è regolato nello stesso modo
Svolgimento del processo
Gli odierni appellanti (oltre al signor (...)) avevano convenuto in giudizio, avanti al Tribunale di Torino in funzione di Giudice del lavoro, la D.S. s.r.l. (F.) deducendo di avere prestato la propria attività lavorativa a favore della convenuta con mansioni di fattorino in forza di contratti di collaborazione coordinata e continuativa a tempo determinato prorogati fino al 30.11.2016 e chiedendo l'accertamento della costituzione tra le parti di un ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con condanna della convenuta:
- alla corresponsione delle somme a loro dovute a titolo di differenze retributive dirette e indirette e competenze di fine rapporto in forza dell'inquadramento nel V livello del CCNL logistica o nel VI livello del CCNL terziario;
- al ripristino del rapporto di lavoro e al pagamento delle retribuzioni maturate dalla data del licenziamento (30.11.2016) a quella dell'effettiva ricostituzione, previo accertamento della nullità, inefficacia o illegittimità del licenziamento;
- al risarcimento del danno subito per la violazione da parte del datore di lavoro della normativa in materia di privacy, sia per quanto concerne l'accesso ai dati personali che per quanto concerne il controllo a distanza;
- al risarcimento del danno subito per la violazione da parte del datore di lavoro delle disposizioni di cui all'art. 2087 c.c. e per la mancanza di un'adeguata tutela antinfortunistica.
Si costituiva in giudizio la convenuta contestando in fatto e in diritto il fondamento delle domande.
Dopo avere autorizzato il deposito di memorie sulle deduzioni istruttorie, il giudice interrogava liberamente i ricorrenti e il legale rappresentante della convenuta e ammetteva alcuni dei numerosi capitoli di prova testimoniale dedotti dalle parti.
Assunte le prove, all'udienza di discussione dell'11.4.2018, il giudice decideva la causa respingendo tutte le domande proposte e compensando le spese di lite.
Avverso la sentenza del Tribunale (n.778/2018) propongono appello i ricorrenti, avanzando, e reiterando, istanze istruttorie (con particolare riferimento a produzioni documentali) e chiedendo la riforma totale o parziale della stessa e l'accoglimento delle domande già avanzate in primo grado.
Resiste l'appellata nel costituirsi, a sua volta, in questo grado di giudizio opponendosi alle istanze istruttorie avversarie e chiedendo, in xxx xx xxxxxxxxxxxx, xx xxxxxxxx xxxxx xxxxxxxx appellata, in via subordinata chiede di detrarre dalle spettanze eventualmente dovute, tanto per la diversa qualificazione del rapporto di lavoro quanto per il licenziamento, gli importi percepiti dagli odierni appellanti, a decorrere da ottobre 2016, per lo svolgimento di attività lavorativa di qualunque genere ovvero quanto gli odierni appellanti avrebbero potuto percepire in virtù di altra attività lavorativa nella misura che dovesse essere accertata in corso di causa e/o ritenuta di giustizia.
In ogni caso, con vittoria di spese, diritti ed onorari del presente giudizio.
All'udienza dell'11.01.2019 i Difensori delle Parti hanno concordemente dato atto della rinuncia agli atti, e alla azione, avanzata da (...) (notificata dallo stesso alla appellata in data 10.12.2018 ed accettata dalla società che non si è, infatti, costituita nei suoi confronti) pertanto il Collegio ha dichiarato l'estinzione del processo nei confronti del ricorrente in questione.
Invitati i Difensori alla discussione, all'esito della stessa, la Corte ha deciso la causa come da separato dispositivo di sentenza di cui è stata data lettura.
Motivi della decisione
SULLA RICOSTRUZIONE DEI FATTI DI CAUSA
Il primo Giudice, alla luce dell'istruttoria svolta, ha correttamente ricostruito le modalità con le quali i ricorrenti svolgevano la loro attività lavorativa, rilevando che:
"La prestazione lavorativa dei ricorrenti si è svolta a grandi linee nel modo seguente.
Dopo avere compilato un formulario sul sito di F. (doc.12 ricorrenti), venivano convocati in piccoli gruppi presso l'ufficio di Torino per un primo colloquio nel quale veniva loro spiegato che l'attività presupponeva il possesso di una bicicletta e la disponibilità di uno smartphone; in un secondo momento veniva loro proposta la sottoscrizione di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa e, dietro versamento di una caparra di Euro50, venivano loro consegnati i dispositivi di sicurezza (casco, maglietta, giubbotto e luci) e l'attrezzatura per il trasporto del cibo (piastra di aggancio e box).
Il contratto che veniva sottoscritto aveva le seguenti caratteristiche (risultanti dallo stesso doc.6 dei ricorrenti):
- era un contratto di "collaborazione coordinata e continuativa";
- era previsto che il lavoratore fosse "libero di candidarsi o non candidarsi per una specifica corsa a seconda delle proprie disponibilità ed esigenze di vita";
- il lavoratore si impegnava ad eseguire le consegne avvalendosi di una propria bicicletta "idonea e dotata di tutti i requisiti richiesti dalla legge per la circolazione";
- era previsto che il collaboratore avrebbe agito "in piena autonomia, senza essere soggetto ad alcun vincolo di subordinazione, potere gerarchico o disciplinare, ovvero a vincoli di presenza o di orario di qualsiasi genere nei confronti della committente", ma era tuttavia "fatto salvo il necessario coordinamento generale con l'attività della stessa committente "
- era prevista la possibilità di recedere liberamente dal contratto, anche prima della scadenza concordata, con comunicazione scritta da inviarsi a mezzo raccomandata a/r con 30 giorni di anticipo;
- il lavoratore, una volta candidatosi per una corsa, si impegnava ad effettuare la consegna tassativamente entro 30 minuti dall'orario indicato per il ritiro del cibo, pena applicazione a suo carico di una penale di 15 Euro;
- il compenso era stabilito in Euro 5,60 al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali per ciascuna ora di disponibilità;
- il collaboratore doveva provvedere ad inoltrare all'INPS "domanda di iscrizione alla gestione separata di cui all'art.2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335" e la committente doveva provvedere a versare il relativo contributo;
- la committente doveva provvedere all'iscrizione del collaboratore all'INAIL ai sensi dell'art.5 del X.Xxx. 23 febbraio 2000, n. 38; il premio era a carico del collaboratore per un terzo e della committente per due terzi;
- la committente doveva affidare al collaboratore in comodato gratuito un casco da ciclista, un giubbotto e un bauletto dotato dei segni distintivi dell'azienda a fronte di un versamento di una cauzione di Euro 50.
Al contratto era allegato un foglio contenente l'informativa sul trattamento dei dati personali e la prestazione del consenso.
La gestione del rapporto avveniva attraverso la piattaforma multimediale "Shyftplan" e un applicativo per smartphone (inizialmente "Urban Ninjia" e poi "Hurrier"), per il cui uso venivano fornite da F. delle apposite istruzioni (docc.14 e 15 ricorrenti).
L'azienda pubblicava settimanalmente su Shyftplan gli "slot", con indicazione del numero di riders necessari per coprire ciascun turno.
Ciascun rider poteva dare la propria disponibilità per i vari slot in base alle proprie esigenze personali, ma non era obbligato a farlo.
Raccolte le disponibilità, il responsabile della "flotta" confermava tramite Shyftplan ai singoli riders l'assegnazione del turno.
Ricevuta la conferma del turno, il lavoratore doveva recarsi all'orario di inizio del turno in una delle tre zone di partenza predefinite (Piazza Xxxxxxxx Veneto, Piazza Xxxxx Xxxxxx o Piazza Bernini), attivare l'applicativo Hurrier inserendo le credenziali (user name e password) per effettuare l'accesso (login) e avviare la geolocalizzazione (GPS).
Il rider riceveva quindi sulla app la notifica dell'ordine con l'indicazione dell'indirizzo del ristorante.
Accettato l'ordine, il rider doveva recarsi con la propria bicicletta al ristorante, prendere in consegna i prodotti, controllarne la corrispondenza con l'ordine e comunicare tramite l'apposito comando della app il buon esito della verifica.
A questo punto, posizionato il cibo nel box, il rider doveva provvedere a consegnarlo al cliente, il cui indirizzo gli era stato nel frattempo comunicato tramite la app; doveva quindi confermare di avere regolarmente effettuato la consegna".
SULLA MOTIVAZIONE POSTA DAL PRIMO GIUDICE A FONDAMENTO DELLA SUA DECISIONE.
Ciò premesso, il Giudice di prime cure ha ritenuto che tali rapporti di lavoro non avessero natura subordinata alla luce delle seguenti considerazioni: 1) la volontà delle parti che avevano sottoscritto contratti di collaborazione coordinata e continuativa; 2) la circostanza che i ricorrenti
non fossero obbligati a dare la propria disponibilità lavorativa per uno dei turni indicati da F. e, a sua volta, che la convenuta potesse accettare la disponibilità data dai ricorrenti e inserirli nei turni da loro richiesti ma potesse anche non farlo (pertanto se il datore di lavoro non poteva pretendere dal lavoratore lo svolgimento della prestazione lavorativa non poteva neppure esercitare il potere direttivo e organizzativo); 3) con riferimento all'inserimento del rider in un turno (a seguito della disponibilità manifestata dallo stesso) l'istruttoria aveva dimostrato l'insussistenza dell'esercizio un potere gerarchico disciplinare da parte della società nei confronti dei ricorrenti (convenuta che non aveva mai adottato azioni disciplinari nei confronti degli attori anche se questi dopo avere dato la loro disponibilità la revocavano o non si presentavano a rendere la prestazione).
Mentre le modalità di svolgimento della prestazione e le relative indicazioni e verifiche operate dalla convenuta rientravano a pieno titolo nelle esigenze di coordinamento dettate dalla necessità di rispetto dei tempi di consegna.
Il primo Xxxxxxx ha, pertanto, respinto le domande aventi ad oggetto: la condanna al pagamento delle differenze retributive, quelle di nullità ed inefficacia del licenziamento e quelle risarcitorie in quanto presupponevano il riconoscimento della subordinazione.
Inoltre il Tribunale, nel rammentare che i ricorrenti avevano invocato in via subordinata l'applicazione della norma di cui all'articolo 2 del D.Lgs. n. 81 del 2015, ha accolto la tesi sostenuta dalla difesa dell'azienda e cioè che si trattava di una disposizione incapace di produrre nuovi effetti giuridici sul piano della disciplina applicabile alle diverse tipologie di rapporti di lavoro.
Posto che: "la norma dispone infatti che sia applicata la disciplina del rapporto di lavoro subordinato qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro: è quindi necessario che il lavoratore sia pur sempre sottoposto al potere direttivo e organizzativo del datore di lavoro e non è sufficiente che tale potere si estrinsechi soltanto con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro perché deve al contrario riguardare anche i tempi e il luogo di lavoro.
Così come è stata formulata, la norma viene quindi ad avere addirittura un ambito di applicazione più ristretto di quello dell'art.2094 c.c.
Senza considerare poi il fatto che appare difficile parlare di organizzazione dei tempi di lavoro in un'ipotesi come quella oggetto di causa in cui i riders avevano la facoltà di stabilire se e quando dare la propria disponibilità ad essere inseriti nei turni di lavoro".
SUI MOTIVI DI APPELLO.
La difesa degli appellanti censura la sentenza di primo grado sostenendo che il Tribunale abbia dato eccessivo rilievo ai contratti di collaborazione sottoscritti dai lavoratori, senza sindacare la reale volontà delle parti che, alla luce delle risultanze istruttorie con riferimento ai concreti comportamenti posti in essere in sede precontrattuale, risulterebbe tutt'altro che unanime nel porre in essere rapporti di collaborazione autonoma.
Inoltre, il Giudice di prime cure non avrebbe nemmeno considerato che non vi era piena corrispondenza tra il testo dei presunti contratti e la realtà dell'attività lavorativa svolta dai ricorrenti.
Viene ribadito che dalle prove acquisite emergerebbe la sottoposizione dei riders al potere direttivo ed organizzativo del datore di lavoro.
È criticata, infine, l'interpretazione data dal Giudice di prime cure alla disposizione del "jobs act" intesa come eccessivamente restrittiva e contraddittoria, ove la norma è ritenuta avere un ambito di applicazione più limitato di quello dell'articolo 2094 c.c. (spiegazione che finisce con il vanificare l'effettiva intenzione del legislatore che l'ha posta in essere).
…omissis…
SULLA SUBORDINAZIONE.
Con riferimento alla sussistenza, o meno, del vincolo della subordinazione il Collegio non può non rilevare che i rapporti di lavoro oggetto di causa hanno avuto una durata compresa tra i sei e gli undici mesi (6 mesi (...), 7 mesi (...), 8 mesi (...) e 11 mesi (...)) con una prestazione media decisamente inferiore alle 20 ore settimanali (anche a volere accedere a quanto sostenuto, solo in sede di discussione e senza alcun riscontro, dalla difesa degli appellanti -quella della appellata aveva indicato un "range" da 7 ore settimanali a 12 ore alla luce di quanto riportato nelle buste paga- i lavoratori in questione avrebbero lavorato in media dalle 68,5 ore mensili alle 44/45 ore).
Si tratta di modalità, come evidenziato dalla difesa della società, già di per sé poco compatibili con la natura subordinata dei rapporti di lavoro in essere.
Quello che però rileva, per escludere la sussistenza della subordinazione, è la circostanza che gli appellanti erano liberi di dare, o no, la propria disponibilità per i vari turni (slot) offerti dalla azienda.
Erano loro che decidevano se, e quando, lavorare senza dovere giustificare la loro decisione e senza doversi cercare un sostituto, inoltre potevano anche non prestare servizio nei turni per i quali la loro disponibilità era stata accettata, revocando la stessa o non presentandosi (swap- funzione di revoca- e no show- mancata presentazione-).
In merito si richiama la deposizione del teste (...) (aveva svolto l'attività di rider dal febbraio 2016 al settembre dello stesso anno): "Se uno dopo essersi prenotato per un turno, ma prima che iniziasse, voleva togliere la propria disponibilità doveva utilizzare la funzione swap inoltrando una richiesta, a quel punto bisognava aspettare una risposta che arrivava via e-mail. Non si poteva considerare cambiato il turno fino a quando non si riceveva la mail di risposta che indicava il cambio di turno. Poteva capitare che qualcuno non si presentasse, in questo caso veniva richiamato dal sistema ed eventualmente escluso dal turno".
Non è in realtà emerso che qualcuno sia stato costretto a effettuare un turno per il quale aveva dato la disponibilità poi revocata, tramite la funzione swap o nei fatti per mancata presentazione-no show- e, come correttamente evidenziato dal primo Xxxxxxx, non è risultato che in tali casi l'azienda adottasse provvedimenti sanzionatori.
Quindi mancava il requisito della obbligatorietà della prestazione.
In merito la difesa degli appellanti ha fatto riferimento a una serie di sentenze della Suprema Corte riguardanti gli addetti al ricevimento delle giocate presso le agenzie ippiche e le sale scommesse.
In particolare è stata menzionata la sentenza n.3457 del 13.02.2018 che ha confermato la decisione della Corte d'Appello di Genova che aveva ritenuto la sussistenza del vincolo della subordinazione poiché: “in base all'attività istruttoria espletata il rapporto di lavoro in questione risultava essersi svolto proprio in base le modalità indicate dalla citata giurisprudenza, ovverosia mediante la chiamata a seconda della necessità con facoltà di aderire da parte della lavoratrice. A completamento del ragionamento, la Corte distrettuale rilevava come l'attività svolta fosse priva di autonomia organizzativa, nel senso che si inseriva in un lavoro preordinato, nelle modalità e funzioni, dalla strutturazione stessa dell'impresa dell'appellante, nel cui ambito la D., come altri, semplicemente si occupava, quando chiamata, di raccogliere le giocate e di pagare le vincite all'interno dell'agenzia ippica. Insomma, vi era stabile inserimento nell'organizzazione altrui e assolvimento di compiti essenziali, senza i quali essa non poteva funzionare, con appunto alienità
di questa e ad un tempo alienità dei risultati della prestazione (aspetti decisivi e sufficienti, questi ultimi due secondo Corte cost. 5 feb. 1996 n. 30, seguita da Xxxx. xxx. n. 820/07, per qualificare come subordinata un'attività lavorativa)”.
Nel citato arresto la Suprema Corte ha affermato che: “4.d. La predisposizione e l'assoggettamento sono la descrizione del contenuto del rapporto, nel suo materiale svolgimento. Il fatto che il lavoratore sia libero di accettare o non accettare l'offerta e di presentarsi o non presentarsi al lavoro e senza necessità di giustificazione, non attiene a questo contenuto, bensì è esterno, sul piano non solo logico bensì temporale (in quanto precede lo svolgimento). Tale fatto è idoneo solo (eventualmente) a precludere (per l'assenza di accettazione) la concreta esistenza d'un rapporto (di qualunque natura); e comporta la conseguente configurazione di rapporti instaurati volta per volta (anche giorno per giorno), in funzione del relativo effettivo svolgimento, e sulla base dell'accettazione e della prestazione data dal lavoratore. L'accettazione e la presentazione del lavoratore, espressioni del suo consenso, incidono (come elemento necessario ad ogni contratto) sulla costituzione del rapporto e sulla sua durata: non sulla forma e sul contenuto della prestazione (e pertanto sulla natura del rapporto). 4. e. Egualmente è a dirsi per la possibilità che, fin dall'inizio o nello svolgimento del rapporto, il lavoratore, con il preventivo generale consenso del datore, si faccia sostituire da altri, che gli subentra: fatto temporalmente e logicamente esterno al contenuto ed allo svolgimento della prestazione. Poichè il singolo rapporto si instaura volta per volta (anche giorno per giorno), sulla base dell'accettazione e della prestazione data dal lavoratore ed in funzione del suo effettivo svolgimento, la preventiva sostituibilità incide sull'individuazione del lavoratore quale parte del singolo specifico contingente rapporto: non esclude la personalità del rapporto stesso (che poi si instaura), e pertanto la subordinazione, la quale resta riferita a colui che del rapporto è effettivamente (pur contingentemente) soggetto (svolgendo la prestazione e percependo la retribuzione)".
Ora, pur con la doverosa attenzione a tale autorevole pronuncia, e però considerando che quando si deve analizzare una sentenza non si può che fare riferimento al contesto in cui si è realizzata la prestazione lavorativa oggetto di causa (che era quello delle agenzie ippiche e non del lavoro nelle piattaforme digitali, come nel nostro caso), non ritiene questo Collegio di potere condividere la sentenza nella parte in cui afferma che la libertà di presentarsi o meno a rendere la prestazione (senza dovere fornire giustificazioni in merito) possa configurarsi come elemento "esterno al contenuto del rapporto".
Non solo la modalità di svolgimento della prestazione ma anche l'obbligo di lavorare sono requisiti di fattispecie nell'articolo 2094 c.c.
Il contenuto dell'obbligazione gravante sul dipendente è testualmente definito dall'articolo 2094 c.c. come prestazione del proprio lavoro, sicchè il predetto obbligo entra a far parte del contratto.
Si rammenta che sempre la Suprema Corte, in altra sentenza che pure aveva esaminato la giurisprudenza della Cassazione che all'epoca si era formata con riferimento agli addetti delle sale scommesse (da ultimo confermata nel sopracitato arresto) aveva nondimeno affermato che: "Ai fini della distinzione fra rapporto di lavoro subordinato e rapporto di lavoro autonomo, assume comunque valore determinante - anche a voler accedere ad una nozione più ampia della subordinazione, con riferimento a sistemi di organizzazione del lavoro improntati alla "esteriorizzazione" di interi cicli del settore produttivo - l'accertamento della avvenuta assunzione, da parte del lavoratore, dell'obbligo contrattuale di porre a disposizione del datore di lavoro le proprie energie lavorative e di impiegarle con continuità, fedeltà e diligenza, secondo le direttive di ordine generale impartite dal datore di lavoro e in funzione dei programmi cui è destinata la produzione, per il perseguimento dei fini propri dell'impresa datrice di lavoro (nella specie, la
sentenza di merito, confermata dalla S.C., aveva escluso la subordinazione in relazione ad una lavoratrice che, facendo parte di un gruppo di giovani che prestavano di sera la propria attività di camerieri presso un ristorante, veniva indirizzata presso l'esercizio secondo turni giornalieri e settimanali organizzati dalla stessa lavoratrice secondo accordi con il suo gruppo, a seconda delle proprie esigenze, senza obbligatorietà della prestazione). (Sez. L, Sentenza n. 2842 del 26/02/2002, Rv. 552597 - 01)”.
È innegabile che, a seguito della stipula del contratto di lavoro, in capo al lavoratore sorge l'obbligazione principale di eseguire la prestazione lavorativa, sottostando, entro i limiti sanciti dalla legge e dai contratti collettivi, al potere direttivo e al potere disciplinare del datore di lavoro.
Nel caso di specie l'appellata poteva disporre della prestazione lavorativa degli appellanti solo se questi decidevano di candidarsi a svolgere l'attività nelle fasce orarie (slot) stabilite.
È vero che si trattava di slot predeterminati dalla società ma è anche vero che la stessa non aveva il potere di imporre ai riders di lavorare nei turni in questione o di non revocare la disponibilità data, a dimostrazione della insussistenza del vincolo della subordinazione.
Alla luce di quanto sopra sottolineato assume allora rilevanza (anche se non decisiva ma comunque rafforzativa circa la valutazione autonoma dei rapporti di lavoro oggetto di causa) il nomen juris concordemente adoperato dalle parti in sede di conclusione dell'accordo, proprio ai fini della qualificazione del rapporto medesimo.
Pertanto la domanda principale dei ricorrenti/odierni appellanti deve essere respinta.
SULL'APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 2 DEL D.LGS. N. 81 DEL 2015.
Non ritiene, invece, il Collegio di condividere quanto affermato dal Tribunale in relazione alla invocata (in via subordinata) applicazione della norma di cui all'articolo 2 del D.Lgs. n. 81 del 2015 secondo cui: "A far data dal 1 gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro".
Ritenere, infatti, che una norma di legge non abbia un contenuto precettivo (come pur affermato da autorevole dottrina, tra cui spicca la difesa della appellata) è una valutazione che si comprende in ambito scientifico ma è preclusa ad un Organo giudicante il quale è tenuto ad applicare le leggi dello Stato in vigore, anche se si tratta di una norma di non facile interpretazione stante il sottile confine tra il dettato della stessa e il disposto dell'articolo 2094 c.c.
Compito del Giudice è quindi quello di interpretare la norma, delinearne l'ambito di applicazione (il perimetro) e verificare se la fattispecie concreta (oggetto di causa) rientri nella previsione della stessa.
Secondo il Collegio la norma in questione individua un terzo genere, che si viene a porre tra il rapporto di lavoro subordinato di cui all'articolo 2094 c.c. e la collaborazione come prevista dall'articolo 409 n.3 c.p.c., evidentemente per garantire una maggiore tutela alle nuove fattispecie di lavoro che, a seguito della evoluzione e della relativa introduzione sempre più accelerata delle recenti tecnologie, si stanno sviluppando.
Postula un concetto di etero-organizzazione in capo al committente che viene così ad avere il potere di determinare le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa del collaboratore e cioè la possibilità di stabilire i tempi e i luoghi di lavoro.
Pur senza "sconfinare" nell'esercizio del potere gerarchico, disciplinare (che è alla base della eterodirezione) la collaborazione è qualificabile come etero-organizzata quando è
ravvisabile un'effettiva integrazione funzionale del lavoratore nella organizzazione produttiva del committente, in modo tale che la prestazione lavorativa finisce con l'essere strutturalmente legata a questa (l'organizzazione) e si pone come un qualcosa che va oltre alla semplice coordinazione di cui all'articolo 409 n.3 c.p.c., poiché qui è il committente che determina le modalità della attività lavorativa svolta dal collaboratore.
Abbiamo così l'esercizio del potere gerarchico-disciplinare-direttivo che caratterizza il rapporto di lavoro subordinato ex art. 2094 c.c. (in cui il prestatore è comunque tenuto all'obbedienza), l'etero-organizzazione produttiva del committente che ha le caratteristiche sopra indicate (e rientra nella previsione di cui all'articolo 2 del del D.Lgs. n. 81 del 2015) e la collaborazione coordinata ex art. 409 n.3 c.p.c. in cui è il collaboratore che pur coordinandosi con il committente organizza autonomamente la propria attività lavorativa (in questo caso le modalità di coordinamento sono definite consensualmente e quelle di esecuzione della prestazione autonomamente).
Altro aspetto importante, per stabilire se al caso concreto è applicabile la norma in questione, è quello di accertare se la prestazione lavorativa ha il carattere della "continuatività".
Carattere che, ritiene il Collegio, deve essere valutato in senso ampio tenuto conto della funzione di tutela della norma e della peculiarità (e continua evoluzione) dei rapporti di lavoro che è chiamata a disciplinare.
Va quindi intesa da un lato come non occasionalità e dall'altro, riguardo alla esecuzione della prestazione, come svolgimento di attività che vengono (anche se intervallate) reiterate nel tempo al fine di soddisfare i bisogni delle parti.
Alla luce di quanto sopra, tenuto conto delle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa dei ricorrenti come descritte, ritiene il Collegio che la domanda avanzata dagli stessi in via subordinata debba essere accolta.
Gli appellanti, infatti, lavoravano sulla base di una "turnistica" stabilita dalla appellata, erano determinate dalla committente le zone di partenza, venivano comunicati loro tramite app gli indirizzi cui di volta in volta effettuare la consegna (con relativa conferma), i tempi di consegna erano predeterminati (30 minuti dall'orario indicato per il ritiro del cibo).
Indubbiamente le modalità di esecuzione erano organizzate dalla committente quanto ai tempi e ai luoghi di lavoro.
Inoltre gli appellanti avevano sottoscritto dei contratti di collaborazione nei quali era prevista una durata di alcuni mesi e avevano svolto attività per la società appellata in via continuativa per quasi tutte le settimane in tale arco temporale.
Ritiene, infine, questa Corte che l'applicazione dell'articolo 2 D.Lgs. n. 81 del 2015 non comporti la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra le parti, come chiesto dalla Difesa degli appellanti.
La norma stabilisce solo che a far data dal 1 "gennaio 2016 si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato ai rapporti di collaborazione autonoma etero-organizzata (in essere), che però continuano a mantenere la loro natura.
Ciò significa che il lavoratore etero-organizzato resta, tecnicamente, "autonomo" ma per ogni altro aspetto, e in particolare per quel che riguarda sicurezza e igiene, retribuzione diretta e differita (quindi inquadramento professionale), limiti di orario, ferie e previdenza, il rapporto è regolato nello stesso modo.
Viene, pertanto, fatto salvo l'assetto negoziale stabilito dalle parti in sede di stipulazione del contratto con l'estensione delle tutele previste per i rapporti di lavoro subordinato.
Quindi, entro tali limiti, deve essere accolta la domanda degli appellanti volta al riconoscimento del loro diritto a ottenere il trattamento retributivo dei lavoratori dipendenti ma solo riguardo ai giorni e alle ore di lavoro effettivamente prestate.
Non essendo l'appellata iscritta ad alcuna associazione imprenditoriale che abbia sottoscritto contratti collettivi, ritiene il Collegio (riguardo all'attività e alle mansioni svolte dai ricorrenti) che debba essere riconosciuta loro (ex art. 36 Cost) la retribuzione diretta, indiretta e differita stabilita per i dipendenti del V livello del CCNL logistica-trasporto-merci.
In tale livello sono, infatti, inquadrati i fattorini addetti alla presa e alla consegna.
La società appellata dovrà, così, essere condannata a pagare a ciascuno degli appellanti quanto dovuto in relazione ai giorni e alle ore di attività lavorativa effettivamente prestata dai medesimi, dedotto quanto da loro già percepito (sul punto, nelle conclusioni del ricorso introduttivo del giudizio, è stata richiesta solo la condanna generica).
SUI LICENZIAMENTI
La domanda deve essere respinta posto che non vi è riconoscimento della subordinazione.
Inoltre i contratti di collaborazione prorogati fino al 30.11.2016 non sono stati rinnovati alla scadenza.
L'appellata ha offerto ai riders con contratto in scadenza a novembre 2016 (tra cui gli odierni appellanti) la prosecuzione del rapporto con modalità diverse (retribuzione a cottimo). Si vedano gli allegati 9-10 alla memoria di costituzione della convenuta nel primo grado di giudizio, comunicazioni con le quali si invitano i ricorrenti a partecipare ad un incontro in data 2.11.2016 in cui sarebbero state loro illustrate loro le nuove proposte contrattuali.
Non vi è stata pertanto una interruzione, da parte della società, dei rapporti di lavoro in essere prima della loro scadenza naturale.
…omissis…