Tribunale di Monza, sez. I - Sentenza del 12 dicembre 2006, n. 3556 Pres. D’Aietti - Rel. Litta Modignani - Tizia c. Banca s.p.a.
Intermediazione finanziaria
Operazione inadeguata dell’intermediario finanziario fra nullità del contratto
e risarcimento del danno
alla luce della direttiva MIFID
Tribunale di Monza, sez. I - Sentenza del 12 dicembre 2006, n. 3556 Pres. D’Aietti - Rel. Litta Modignani - Tizia c. Banca s.p.a.
Disciplina degli intermediari - Servizi di investimento - Svolgimento dei servizi - Criteri generali - Contratti - Nullità del contratto - Risarcimento del danno
L’operazione, posta in essere dall’intermediario finanziario, inadeguata rispetto alle caratteristiche del cliente non determina la nullità del contratto bensì il solo obbligo di risarcire il danno patito dall’in- vestitore.
(Omissis)
Motivazione
L’
(Omissis)
art. 21, D.Lgs. n. 58/1998, nel dettare i criteri ge- nerali per la prestazione dei servizi d’investimen- to, impone agli intermediari - oltre ai tradizionali
obblighi di diligenza, correttezza e trasparenza - di classi- ficare il grado di rischiosità dei prodotti finanziari e di ri- spettare il principio dell’adeguatezza fra le operazioni consigliate agli investitori o effettuare per conto di essi, e il profilo di ciascun cliente, determinato sulla base della sua esperienza in materia di investimenti e della sua pro- pensione al rischio, salvo le diverse disposizioni espressa- mente impartite dall’investitore medesimo in forma scritta.
Coerentemente con i suddetti criteri, la legge prescrive, nella lett. b) del medesimo articolo, che gli intermediari debbano acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati.
Dette regole di comportamento sono state poi ulterior- mente specificate nel Reg. Consob n. 11522/1998, art. 28 ss.
Ciò premesso, il Collegio osserva che l’attrice ha conte- stato alla banca la violazione degli obblighi informativi, sia in relazione a quanto disposto dall’art. 28, secondo xxxxx, Reg. n. 11522/1998, sia in relazione alla più pre- gnante disciplina dettata dall’art. 29, riguardante il do- vere degli intermediari di non effettuare per conto degli
investitori operazioni inadeguate, se non previa confer- ma per iscritto dell’ordine, contenente esplicito riferi- mento alle avvertenze ricevute.
Ebbene, proprio con riguardo a tale ultimo aspetto, le deduzioni attoree sono da ritenersi manifestamente fon- date, avendo il Tribunale accertato la mancanza di un valido ordine scritto, conforme ai requisiti sopra ricorda- ti, non potendo essere ritenuto tale il documento n. 8 bis prodotto dalla convenuta, sia perché disconosciuto dal- la…, sia perché (suppostamene) redatto in data succes- siva all’esecuzione dell’ordine d’acquisto, il tutto sulla base del presupposto pacifico che detta operazione non era adeguata al profilo finanziario dell’investitore.
La considerazione che precede rende superflua ogni ulte- riore indagine circa l’osservanza di altre norme compor- tamentali da parte dell’istituto, in particolare circa le informazioni che l’impiegato… avrebbe fornito verbal- mente alla… sull’elevato rischio delle obbligazioni dei paesi c.d. emergenti e sulla inopportunità di investire ca- pitali in detti strumenti finanziari; altre deduzioni istrut- torie della convenuta appaiono, poi, palesemente irrile- vanti (laddove si chiede di accertare la condotta delle parti in relazione a una successiva richiesta di acquisto di titoli analoghi), nonché superflue sotto altri aspetti, ri- guardanti circostanze già documentalmente provate e pacifiche.
(Omissis)
L’attrice ha chiesto in citazione la declaratoria di nullità dell’ordine di acquisto del 29 gennaio 2001, evocando un orientamento dottrinale e giurisprudenziale - agganciato
alla definizione delle c.d. «nullità virtuali» - secondo cui le norme che disciplinano il mercato finanziario, sia quel- le poste direttamente dalla legge, sia quelle di natura re- golamentare, sarebbero improntate alla tutela di interessi di natura pubblicistica; da ciò deriverebbe che la viola- zione di quei precetti che il giudice ritenga sostenuti da esigenze di tutela del pubblico risparmio determinerebbe, ex art. 1418 Codice civile, la nullità dei relativi contratti. L’orientamento in questione, per quanto inizialmente diffuso, è stato motivatamente contestato dalla preva- lente dottrina ed è oggi respinto dalla gran parte dei tri- bunali, i quali - con il conforto di alcuni recenti pronun- ciamenti della Cassazione - si sono consolidati sull’oppo- sto convincimento che la nullità dei contratti di nego- ziazione finanziaria possa essere dichiarata soltanto nelle ipotesi espressamente indicate dalla legge (ipotesi che in effetti non mancano all’interno del D.Lgs. n. 58/1998), ovvero per mancanza dei requisiti di forma ad substan- tiam, escludendosi comunque che la violazione dei gene- rali doveri di diligenza e correttezza dell’intermediario sia sanzionabile con la nullità, mentre in relazione a com- portamenti negligenti (come quelli relativi alle disposi- zioni dell’art. 21, D.Lgs. n. 58/1998) possono ravvisarsi solo i profili della colpa contrattuale (così ad es. Trib. Milano, sez. VI, 26 aprile 2006, n. 4882).
Questo Collegio concorda con tale ultimo orientamen- to, riportandosi, per esigenze di sintesi, al seguente prin- cipio, espresso nella massima della Suprema Corte, sez. I civile, 29 settembre 2005, n. 19024:
«La nullità del contratto, per contrarietà a norme impe- rative ai sensi dell’art. 1418, primo comma, Codice civi-
le, postula che siffatta violazione attenga a elementi in- trinseci della fattispecie negoziale, cioè relativi alla strut- tura o al contenuto del contratto, e quindi l’illegittimità della condotta tenuta nel corso delle trattative per la for- mazione del contratto, ovvero nella sua esecuzione, non determina la nullità indipendentemente dalla natura delle norme con le quali sia in contrasto, a meno che questa sanzione non sia espressamente prevista anche in riferimento a detta ipotesi».
Esclusa, quindi, l’accoglibilità della domanda di nullità formulata in via principale dall’attrice, il Tribunale deve riconoscere alla sig.ra… la sola tutela risarcitoria, co- munque richiesta nelle conclusioni, tale essendo la legit- tima sanzione civile che può ricondursi all’accertata vio- lazione da parte della banca del dovere di astensione, a norma dell’art. 21, D.Lgs. n. 58/1998 e 29, Reg. n. 11522/1998.
(Omissis)
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunziando, nel con- traddittorio delle parti, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa,
1- in parziale accoglimento delle domande attoree, ac- certata la violazione da parte della convenuta della di- sposizioni di cui all’art. 21, D.Lgs. n. 58/1998 e art. 29, Reg. n. 11522/1998, condanna Banca s.p.a. al pagamen- to in favore dell’attrice, a titolo risarcitorio, della somma di euro 30.568, oltre agli interessi legali dal 1° febbraio 2001 al saldo.
(Omissis)
IL COMMENTO
di Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx
Un investitore acquista obbligazioni emesse dalla Re- pubblica Argentina. Questo Stato entra in crisi finan- ziaria e non è più in grado di restituire le somme rice- vute in prestito. L’investitore agisce allora in giudizio nei confronti della banca che ha venduto le obbliga- zioni argentine. Il Tribunale di Monza accerta che l’in- termediario ha posto in essere un’operazione inade- guata, violando la normativa primaria e secondaria di settore. Queste inosservanze costituiscono, secondo l’autorità giudiziaria monzese, inadempimento con-
un certo emittente si aspetta un determinato ritorno economico. Se i titoli sono obbligazioni, questo benefi- cio è dato dagli interessi che vengono corrisposti al ri- sparmiatore per il fatto di avere prestato del danaro (1). Al termine della durata del prestito obbligazionario, poi, l’emittente restituisce la somma capitale. Sennonché il soggetto che ha emesso gli strumenti finanziari può en- trare in crisi e non essere più in grado di restituire quan- to dovuto. Negli ultimi anni ciò è accaduto con una cer- ta frequenza. I casi Argentina, Cirio e Parmalat hanno
trattuale. Il Tribunale di Monza dichiara conseguente-
mente l’obbligo dell’intermediario finanziario di risar- cire il danno patito dall’investitore.
Note:
(1) In questa sede non si può che semplificare al massimo. In realtà le
emissioni obbligazionarie possono presentare caratteristiche molto diver-
se le une dalle altre e assumere, talvolta, strutture particolarmente com-
Introduzione
L’investitore che compra gli strumenti finanziari di
plesse. Per un esame delle possibili clausole caratterizzanti i prestiti obbli- gazionari cfr., da ultimo, X. Xxxxxxxx, I bond covenants, in Banca impr. soc., 2006, 247 xx.
xxxxxxx xxxxxx xxxxxxxxx xx xxxxxxxx xx xxxxxxxxxxx xx Xxx- xxx. Non deve quindi sorprendere che siano pendenti di- nanzi ai tribunali italiani numerose cause. L’attenzione della dottrina per la materia della responsabilità degli in- termediari finanziari è altrettanto alta (2).
La sentenza del Tribunale di Monza in commento, come del resto la quasi totalità dei provvedimenti pub- blicati sui casi Argentina, Cirio e Parmalat, tratta dei ri- medi a disposizione dell’investitore per l’ipotesi in cui l’intermediario violi gli obblighi che gli fanno capo (3). La pronuncia monzese ha a oggetto i servizi d’investi- mento prestati dai soggetti abilitati, che devono essere resi secondo certe norme di comportamento sancite, in primo luogo, nell’art. 21, D.Lgs. n. 58/1998 (4). Si tratta di una materia che si pone sulla linea di confine fra il di- ritto dell’intermediazione finanziaria e il diritto civile (5). È una tematica certamente tecnica, per la cui cono- scenza approfondita è necessaria dimestichezza anche con la normativa - talvolta molto dettagliata - di carat- tere secondario (6). E tuttavia si tratta di una materia che coinvolge, allo stesso tempo, i fondamenti del dirit- to civile. Basti pensare che il problema che si pone con maggiore frequenza la giurisprudenza concerne l’identifi- cazione del rimedio appropriato a fronte della violazione delle norme di comportamento da parte dell’intermedia- rio. Questo quesito altro non è che una questione cen- trale del diritto civile. Si tratta, in essenza, di stabilire se l’investitore abbia diritto di chiedere la nullità piuttosto
Note:
(2) Fra i numerosi contributi in materia di responsabilità di banche e in- termediari finanziari cfr., oltre a quelli menzionati in altro passaggio della presente nota, X. Xxxxxxxx, L’inadempimento contrattuale dell’intermediario fi- nanziario, in questa Rivista, 2006, 460 ss.; X. Xxxxxxxx, X. Xxxx, Obbliga- zioni Argentina e Cirio: responsabilità dell’istituto bancario intermediario, in Giur. mer., 2006, 277 ss.; X. Xxxxx, X. Xxxxxxxx, In tema di contratti banca- ri, in questa Rivista, 2005, 601 ss.; I.A. Caggiano, I doveri d’informazione dell’intermediario finanziario nella formazione ed esecuzione del contratto. Vio- lazioni e rimedi, in Dir. e giur., 2006, 453 ss.; A.M. Xxxxxxx, Regole di con- dotta degli intermediari e rimedi civilistici esperibili dal risparmiatore, in Dir. fall., 2006, I, 697 ss.; A.M. Xxxxxxx, Profili di responsabilità dell’intermediario nel collocamento di obbligazioni Cirio tra il dovere di informare e quello di informarsi, in Foro pad., 2005, I, 797 ss.; X. Xxxxxxx, La responsabilità degli intermediari finanziari. Ancora qualche divagazione sul tema, in Giur. it., 2006, 1633 ss.; X. Xxxxxxx, Una giurisprudenza in bilico: i casi Cirio, Par- malat, bonds argentini, in Giur. it., 2006, 537 ss.; X. Xxxxxxxxx, Negozia- zione di titoli obbligazionari e insolvenza dell’emittente: quale tutela per il ri- sparmiatore non adeguatamente informato?, in Nuova giur. civ. comm., 2006, I, 593 ss.; X. Xxxxxxxxx, Collocamento di prodotti finanziari e regole di infor- mazione: la scelta del rimedio applicabile, in Danno e resp., 2005, 1125 ss.;
M.M. Gaeta, L’applicazione del principio del know your customer ai contrat- ti di deposito ed amministrazione titoli, in questa Rivista, 2006, 113 ss.; M.M. Gaeta, Responsabilità oggettiva degli intermediari e validità dei contratti di in- vestimento, in questa Rivista 2005, 585 ss.; X. Xxxxxxx, I contratti di investi- mento e gli ordini dell’investitore all’intermediario, in Contratto e impresa, 2005, 889 ss.; X. Xxxxxxxx, Limiti della «nullità virtuale» e contratti su stru- menti finanziari, in Corr. giur., 2006, 672 ss.; X. Xxxxx, C.E. Xxxxxxxx, I servizi d’investimento nella giurisprudenza più recente, in Giur. comm., 2006, II, 5 ss.; X. Xxxxxxxxx, Negligenza e giudizio di responsabilità degli intermedia- ri finanziari, in questa Rivista, 2005, 113 ss.; X. Xxxxxxx, Forme informative, cura dell’interesse ed organizzazione dell’attività nella prestazione dei servizi di investimento, in Riv. dir. priv., 2005, 575 ss.; Id., Il dovere di consulenza al cliente nei servizi di investimento e l’estensione del modello al credito ai consu-
matori, in questa Rivista, 2005, 1 ss.; Id., Conflitto di interessi nella prestazio- ne di servizi di investimento: la prima sentenza sulla vendita a risparmiatori di obbligazioni argentine, in Banca borsa tit. cred., 2004, II, 452 ss.; X. Xxxxx- zi, La responsabilità precontrattuale tra regola di validità e regola di condotta, in Contratto e impresa, 2006, 944 ss.; X. Xxxxx, La responsabilità civile nei rapporti tra banca e cliente. Il difetto di informazioni al cliente, in Banche e clienti. Questioni attuali, in Giur. mer., 2005, Suppl. al n. 5, 51 ss.; M. Pel- legrini, Brevi note sulla vexata quaestio dei bonds argentini, in Banca borsa tit. cred., 2005, II, 682 ss.; A. Xxxxxxx, Gli obblighi di informazione nella pre- stazione dei servizi di investimento, in Banca borsa tit. cred., 2006, I, 372 ss.;
X. Xxxxxxx, La negoziazione di strumenti finanziari derivati fra codice civile e le- gislazione speciale, in Banca borsa tit. cred., 2006, II, 361 ss.; F. Poliani, La responsabilità precontrattuale della banca per violazione del dovere di informa- zione, in questa Rivista, 2006, 446 ss.; F. Poliani, Obblighi di informazione e acquisto di obbligazioni argentine, in questa Rivista, 2006, 12 ss.; X. Xxxxxxx Bisinelli, Violazione di norme regolamentari e nullità asimmetrica, in Le So- cietà, 2006, 203 ss.; X. Xxxxx, La tutela del risparmiatore fra nullità e risolu- zione (a proposito di Xxxxx xxxx & tango bond), in Danno e resp., 2005, 604 ss.; X. Xxxxx, La tutela del risparmiatore fra nullità, risoluzione e risarcimento (ovvero, l’ambaradan dei rimedi contrattuali), in Contratto e impresa, 2005, 896 ss.; X. Xxxxx, X. Xxxxxxx, Xxx contratti finanziari al contratto in genere: punti fermi della Cassazione su nullità virtuale e responsabilità precontrattuale, in Xxxxx e resp., 2006, 25 ss.; C.E. Xxxxxxxx, Obblighi informativi degli in- termediari finanziari e risarcimento del danno. La Cassazione e l’interpretazio- ne evolutiva della responsabilità precontrattuale, in Giur. comm., 2006, II, 632 ss.; X. Xxxxxxxxxxx, Finanzskandale (Argentinien, Cirio und Parmalat) und die Haftung der Anlagevermittler in der neuesten italienischen Rechtspre- chung, in Zeitschrift für Bank- und Kapitalmarktrecht (BKR), 2006, 476 ss.;
X. Xxxxxxxxxxx, La violazione delle regole di condotta dell’intermediario fi- nanziario fra responsabilità precontrattuale e contrattuale, in questa Rivista, 2006, 1133 ss.; X. Xxxxxxxxxxx, Inadeguatezza della operazione finanziaria, risoluzione del contratto per inadempimento e risarcimento del danno, in Corr. giur., 2006, 1569 ss.; X. Xxxxxxxxxxx, Circolazione dei prodotti finanziari e responsabilità degli investitori professionali: il nuovo art. 100 bis TUF, in Le Società, 2006, 1355 ss.; X. Xxxxxxxxxxx, Sollecitazione all’investimento, nul- lità del contratto e frode alla legge, in Giur. mer., 2006, 1389 ss.; X. Xxxxxx- xxxxx, Scandali finanziari: profili di responsabilità dell’intermediario, in Dan- no e resp., 2006, 874 ss.; X. Xxxxxxxxxxx, La responsabilità dell’intermediario nel caso Cirio e la recente legge per la tutela del risparmio, in questa Rivista, 2006, 686 ss.; X. Xxxxxxxxxxx, La responsabilità dell’intermediario nel caso Parmalat e la recentissima legge per la tutela del risparmio, in Le Società, 2006, 605 ss.; X. Xxxxxxx, Il mercato delle regole. La questione dei bonds argentini, in Giur. it., 2005, 58 ss.; X. Xxxxxxxx, Regole di comportamento e regole di vali- dità: i nuovi sviluppi della responsabilità precontrattuale, in Foro it., 2006, I, 1107 ss.; X. Xxxxxxxxx, Un buon ripensamento del S.C. sulla asserita nullità del contratto per inadempimento, in Giur. it., 2006, 1602 ss.; X. Xxxxxxx, Ac- quisto di corporate bond e tutela del risparmiatore: alcuni orientamenti, in Giur. it., 2006, 1154 ss.; X. Xxxxxxx, Prime riflessioni in tema di responsabi- lità bancaria nella vendita di titoli obbligazionari caduti in default, in Nuova giurisprudenza ligure, 2005, 270 ss.; X. Xxxx, La reticenza dell’intermediario nei contratti relativi alla prestazione dei servizi d’investimento, in Banca borsa tit. cred., 2005, I, 665 ss.
(3) Sulla tutela dell’investitore cfr., fra i tanti, X. Xxxx, La legge sul rispar- mio e la tutela contrattuale degli investitori, in questa Rivista, 2006, 927 ss.; X. Xxxx, La direttiva sui mercati finanziari e la tutela del risparmiatore, in questa Rivista, 2004, 742 ss.; X. Xxxx, Qualche rilievo civilistico sulla disciplina dei mercati finanziari e sulla tutela del risparmiatore, in Banca borsa tit. cred., 1998, I, 372 ss.; X. Xxxx, Nuovi aspetti della tutela del risparmiatore, in Vita not., 1998, 655 ss.; X. Xxxxxxxxx, In tema di c.d. responsabilità da prospetto della banche, in Corr. giur., 1989, 1003 ss.
(4) Sulle norme di comportamento cfr. X. Xxxxxxx, Le regole di condotta de- gli intermediari finanziari, Milano, 2004. Questa opera è stata da me recen- sita in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx. V. inoltre X. Xxxxxxx, La responsabilità de- gli intermediari finanziari, Napoli, 1999; X. Xxxxxxxxxx, Regole di comporta- mento degli intermediari e riforme dei mercati mobiliari, Milano, 1993.
(5) In questo senso X. Xxxxx, La tutela del risparmiatore fra nullità e risolu- zione (a proposito di Xxxxx xxxx & tango bond), in Xxxxx e resp., 2005, 625.
(6) Il riferimento è al regolamento Consob c.d. «intermediari». Delibera Consob 1° luglio 1998, n. 11522. Regolamento di attuazione del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, concernente la disciplina degli intermediari.
che l’annullamento piuttosto che la risoluzione del con- tratto. In aggiunta a questi rimedi c.d. restitutori va va- lutato se sia possibile chiedere il risarcimento del danno. La possibile alternativa fra risarcimento del danno e nullità del contratto in caso di compimento di operazio- ne finanziaria inadeguata costituisce l’oggetto della sen- tenza in commento. Il Tribunale di Monza segue nella sostanza l’orientamento fatto proprio dalla Corte di cas- sazione in un significativo precedente, seppure reso in un contesto non identico. Nella ormai celebre sentenza
n. 19024 del settembre 2005 (7), la Corte suprema ha af- fermato che gli obblighi di informazione attengono alla fase delle trattative precontrattuali e, pertanto, la loro inosservanza non può determinare la nullità del contrat- to, pur non essendo revocabile in dubbio che esse abbia- no carattere imperativo. La contrarietà a norme impera- tive, considerata dall’art. 1418 Codice civile quale causa di nullità del contratto, postula - infatti - che essa atten- ga a elementi «intrinseci» della fattispecie negoziale, che riguardino, cioè, la struttura e il contenuto del contratto. I comportamenti tenuti dalle parti nel corso delle tratta- tive o durante l’esecuzione del contratto rimangono estranei alla fattispecie negoziale e s’intende, allora, che la loro eventuale illegittimità non può dar luogo alla nul- lità del contratto.
Accoglimento della domanda di risarcimento del danno
Nel caso affrontato dal Tribunale di Monza la più si- gnificativa contestazione mossa dall’investitore all’inter- mediario finanziario concerne il compimento di opera- zioni non adeguate. Per comprendere cosa si intenda per
«adeguatezza», non basta fermarsi al dettato del D.Lgs.
n. 58/1998, ma è necessario fare riferimento alla discipli- na di carattere secondario che regola la condotta degli
una operazione non adeguata, lo informano di tale cir- costanza e delle ragioni per cui non è opportuno proce- dere alla sua esecuzione. Qualora l’investitore intenda comunque dare corso all’operazione, gli intermediari au- torizzati possono eseguire l’operazione stessa solo sulla base di un ordine impartito per iscritto ovvero, nel caso di ordini telefonici, registrato su nastro magnetico o su altro supporto equivalente, in cui sia fatto esplicito rife- rimento alle avvertenze ricevute» (art. 29, terzo comma, Reg. n. 11522/1998).
L’art. 29 Reg. n. 11522/1998 rinvia dunque espres- samente all’art. 28 Reg. n. 11522/1998. E non potrebbe essere altrimenti, perché la valutazione di adeguatezza dell’operazione comporta la conoscenza del cliente at- traverso l’assunzione di informazioni dallo stesso. L’ade- guatezza non è un valore assoluto, ma relativo. La stessa operazione può essere adeguata al cliente Xxxxx, ma non all’investitore Xxxx. Gli intermediari finanziari sono dunque obbligati a raccogliere informazioni e, all’esito di questa indagine, propongono il servizio adatto al singolo investitore. «Prima della stipulazione del contratto di gestione e di consulenza in materia di investimenti e del- l’inizio della prestazione dei servizi di investimento e dei servizi accessori a questi collegati, gli intermediari auto- rizzati devono: a) chiedere all’investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti fi- nanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al ri- schio. L’eventuale rifiuto di fornire le informazioni ri- chieste deve risultare dal contratto di cui al successivo articolo 30, ovvero da apposita dichiarazione sottoscrit- ta dall’investitore; b) consegnare agli investitori i docu- mento sui rischi generali degli investimenti in strumen- ti finanziari di cui all’allegato n. 3» (art. 28, primo com- ma, Reg. n. 11522/1998) (9).
intermediari finanziari. Le disposizioni rilevanti sono
contenute nell’art. 28 (rubricato «informazioni tra gli intermediari e gli investitori» (8)) e, soprattutto, nel- l’art. 29 (titolato «operazioni non adeguate») Reg. n. 11522/1998.
Nel caso deciso dal Tribunale di Monza la disposi- zione violata è l’art. 29, primo comma, Reg. n. 11522/1998, secondo cui «gli intermediari autorizzati si astengono dall’effettuare con o per conto degli investito- ri operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, fre- quenza e dimensione». Il regolamento prevede poi che
«ai fini di cui al comma 1, gli intermediari autorizzati tengono conto delle informazioni di cui all’articolo 28 e di ogni altra informazione disponibile in relazione ai ser- vizi prestati» (art. 29, secondo xxxxx, Reg. n. 11522/1998). La valutazione dell’adeguatezza comporta il preliminare dovere di assumere informazioni dai clien- ti. Ma anche in mancanza di dati forniti dagli investito- ri gli intermediari devono comunque tenere conto di tutte le altre informazioni di cui dispongono. Il regola- mento stabilisce inoltre che «gli intermediari autorizzati, quando ricevono da un investitore disposizioni relative a
Note:
(7) Cass. 29 settembre 2005, n. 19024. Questa sentenza è stata pubblica- ta e commentata in numerose riviste: in questa Rivista, 2006, 446 ss., con nota di F. Xxxxxxx; in Corr. giur., 2006, 669 ss., con nota di X. Xxxxxxxx; in Xxxxx e resp., 2006, 25 ss., con nota di X. Xxxxx, X. Xxxxxxx; in Foro it., 2006, I, 1105 ss., con nota di X. Xxxxxxxx; in Giur. comm., 2006, II, 626 ss., con nota di C.E. Xxxxxxxx; in Giur. it., 2006, 1599 ss., con nota di X. Xxxxxxxxx.
(8) Si noti che l’intero funzionamento dei mercati finanziari si fonda sul- l’informazione, che deve essere completa, corretta e tempestiva. Al ri- guardo cfr., fra i tanti, gli studi di X. Xxxxxx, I mercati finanziari fra abusi e tutele, in Amministrazione & Finanza Oro, 2006, fasc. 6; X. Xxxxxxx, Infor- mazione al mercato e tutele dell’investitore, Milano, 2003. Sulla centralità del ruolo dell’informazione nell’ordinamento tedesco sia consentito il rinvio a X. Xxxxxxxxxxx, Die Ad-hoc-Publizität im deutschen und italieni- schen Recht, Frankfurt am Main, 2003; X. Xxxxxxxxxxx, Documento d’of- ferta pubblica e responsabilità civile nel nuovo diritto tedesco, in Riv. dir. civ., 2004, I, 153 ss.; X. Xxxxxxxxxxx, L’attuazione della direttiva sull’insider tra- ding nel diritto tedesco, in Banca borsa tit. cred., 2000, I, 540 ss.; V. Sangio- vanni, L’informazione c.d. continua o permanente nel diritto tedesco del mer- cato dei capitali, in Banca borsa tit. cred., 1998, I, 582 ss.
(9) Il regolamento vieta poi il compimento di operazioni se non sono sta- te fornite informazioni al cliente: «gli intermediari autorizzati non posso- no effettuare o consigliare operazioni o prestare il servizio di gestione se
(segue)
Nel caso della sentenza in commento, l’inosservan- za dell’art. 29 Reg. n. 11522/1998 configura - secondo il Tribunale di Monza - un inadempimento che determina l’obbligo di risarcire il danno. In presenza di un contrat- to la responsabilità può fondarsi sull’art. 1218 Codice ci- vile secondo cui «il debitore che non esegue esattamen- te la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del dan- no» (10). L’applicazione dell’art. 1218 Codice civile pre- suppone che in capo all’intermediario vi sia l’obbligo di effettuare una prestazione. Occorre cioè risalire a un vin- colo che impone (o, a seconda dei casi, vieta) certi com- portamenti alla banca. Nell’ipotesi concreta l’interme- diario dispone un’operazione non adeguata. Si deve rite- nere che la «prestazione dovuta» dal debitore ai sensi dell’art. 1218 Codice civile non sia solo quella che risul- ta dall’assetto contrattuale posto in essere espressamente dalle parti, ma anche da tutto quello che le norme appli- cabili al caso di specie impongono. L’intermediario ha violato un obbligo che gli fa capo. Il debitore non ha dunque eseguito esattamente la prestazione dovuta. Ne consegue che, in applicazione del dettato dell’art. 1218 Codice civile, la banca è tenuta a risarcire il danno che l’investitore ha sofferto. Il danno per l’attrice sarebbe stato evitato se l’intermediario non avesse posto in esse- re un’operazione inadeguata.
La condanna degli intermediari finanziari al risar- cimento del danno per violazione delle norme di com- portamento non è frequente in giurisprudenza. Fra i po- chi precedenti va segnalata una sentenza del Tribunale di Alba dell’agosto 2005 (11). Questa autorità giudizia- ria ha stabilito che l’inosservanza delle prescrizioni det- tate dal D.Lgs. n. 58/1998 e dal Reg. n. 11522/1998 non integra, in difetto di una espressa sanzione di invalidità, profili di nullità del contratto, ma assume carattere di inadempimento nella sua esecuzione per violazione di specifici doveri che gravano sull’intermediario e che comportano, conseguentemente, l’insorgere dell’obbli- go risarcitorio in favore degli investitori. Il Tribunale di Rimini, nel maggio 2005, ha stabilito che le regole di condotta contenute nel D.Lgs. n. 58/1998 e nei regola- menti attuativi, seppure dirette alla tutela di un interes- se pubblico e generale, esprimono il contenuto del do- vere di prestazione dell’intermediario finanziario e la lo- ro violazione non incide sulla validità della stipulazione generale, configurandosi come inadempimento con- trattuale (12).
Rigetto della domanda di nullità del contratto
Il cliente che ha consegnato il proprio danaro al- l’intermediario finanziario affinché questi acquistasse strumenti finanziari può cercare di ottenerne la restitu- zione chiedendo la declaratoria di nullità del contratto intercorso con la banca. Si tratta di un rimedio radicale: se il contratto è nullo, chi ha prestato qualcosa in base a esso ha diritto a ottenerne la restituzione. Trova applica- zione l’art. 2033 Codice civile, secondo il quale «chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere
ciò che ha pagato». Questo è proprio il beneficio princi- pale derivante dall’esercizio dell’azione di nullità: la pos- sibilità di ottenere la restituzione dell’intera somma mes- sa a disposizione per l’investimento. Le azioni di caratte- re risarcitorio producono invece effetti diversi: l’attore può essere ristorato solo nei limiti del danno subito.
Le ragioni per cui si può chiedere la nullità del contratto sono le più diverse. Il catalogo delle cause di nullità è contenuto nell’art. 1418 Codice civile. Nello specifico contesto dei contratti d’investimento vengo- no in considerazione essenzialmente due ipotesi: la nullità del contratto per mancanza di forma (prevista dall’art. 1418, secondo comma, Codice civile, il quale stabilisce che produce nullità del contratto la mancan- za di uno dei requisiti indicati dall’art. 1325 Codice ci- vile (13)) e la nullità del contratto per contrarietà a norma imperativa (prevista dall’art. 1418, primo com- ma, Codice civile). Sulla nullità del contratto per man- canza di forma non ci si può soffermare in questa sede (14). Si spenderà invece qualche parola sulla possibile nullità del contratto per contrarietà a norma imperati- va, perché di questo argomento tratta la sentenza in commento. La legge stabilisce che «il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente» (art. 1418, primo com- ma, Codice civile).
Note:
(segue nota 9)
non dopo aver fornito all’investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investi- mento o disinvestimento» (art. 28, secondo comma, Reg. n. 11522/1998).
(10) Non ci si può qui soffermare sugli eventuali profili di responsabilità extracontrattuale dell’intermediario finanziario. In tema cfr., per tutti, il contributo di X. Xx Xxxx, La responsabilità dell’operatore finanziario per esercizio di attività pericolosa, in questa Rivista, 2005, 709 ss., il quale si chie- de se il comportamento della banca possa determinare responsabilità per esercizio di attività pericolosa ai sensi dell’art. 2050 Codice civile.
(11) Trib. Alba 19 agosto 2005, in Giur. it., 2006, con nota di X. Xxxxxx.
(12) Trib. Rimini 11 maggio 2005, in Giur. it., 2006, con nota di X. Xxx- tino.
(13) L’art. 1325 Codice civile recita: «i requisiti del contratto sono: l’ac- cordo delle parti; la causa; l’oggetto; la forma, quando risulta che è pre- scritta dalla legge sotto pena di nullità». L’art. 23, primo comma, X.Xxx.
n. 58/1998 stabilisce che i contratti relativi alla prestazione dei servizi d’investimento sono redatti per iscritto. Nei casi d’inosservanza della for- ma prescritta, il contratto è nullo.
(14) Sulle funzioni della forma scritta dei contratti d’investimento cfr. X. Xxxx, Commento all’art. 23, in Commentario al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, a cura di Xxxx e Capriglione, I, Pa- dova, 1998, 257. Sulla nullità dei contratti d’investimento per mancanza di forma sia lecito il rinvio a X. Xxxxxxxxxxx, La nullità del contratto di ge- stione di portafogli di investimento per difetto di forma, in questa Rivista, 2006, 966 ss.; X. Xxxxxxxxxxx, La nullità del contratto per inosservanza di forma nel caso delle obbligazioni argentine, in Corr. mer., 2006, 737 ss. Sulla rilevabi- lità della nullità v. i due contributi di X. Xxxxxxx, Rilevabilità di ufficio della nullità contrattuale, principio della domanda e poteri del giudice, in Riv. dir. civ., 2004, II, 667 ss., e X. Xxxxxxxxx, La Cassazione rilegge l’art. 1421 c.c. e si corregge: è vera svolta?, in Corr. giur., 2005, 962 ss.
È utile premettere che la materia dell’intermedia- zione finanziaria rappresenta un complesso di disposizio- ni, alcune finalizzate alla tutela di interessi pubblici, altre di interessi privati. In questo senso pare significativo l’e- nunciato dell’art. 5, primo comma, D.Lgs. n. 58/1998 se- condo cui «la vigilanza sulle attività disciplinate dalla presente parte ha per scopo la trasparenza e la correttez- za dei comportamenti e la sana e prudente gestione dei soggetti abilitati, avendo riguardo alla tutela degli inve- stitori e alla stabilità, alla competitività e al buon funzio- namento del sistema finanziario». La lettura di questa di- sposizione fa trasparire due profili: uno pubblicistico (stabilità, competitività e buon funzionamento del siste- ma finanziario) e uno privatistico (tutela degli investito- ri).
Questa duplice finalità trova un riscontro espresso, per l’argomento specifico che qui interessa (norme di comportamento), nell’art. 21, primo comma, lett. a), D.Lgs. n. 58/1998, laddove si stabilisce che i soggetti abi- litati devono comportarsi con diligenza, correttezza e tra- sparenza, nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati. «Interesse dei clienti» e «integrità dei mercati» equivale a dire «profilo privatistico» e «profilo pubblici- stico». Questi due aspetti convivono nella materia in esame. Non si può tuttavia ignorare che è la legge stessa a stabilire espressamente che il comportamento degli in- termediari deve essere finalizzato anche alla realizzazione di un interesse pubblico, quale l’integrità del mercato.
Secondo alcune sentenze di legittimità, la nullità del contratto può realizzarsi indipendentemente da una previsione espressa in tale senso. Nel 2001 la Corte di cassazione ha deciso che, in presenza di un negozio con- trario a norme imperative, la mancanza di un’espressa sanzione di nullità non è rilevante ai fini della nullità dell’atto negoziale in conflitto con il divieto, in quanto vi sopperisce l’art. 1418, primo comma, Codice civile, che rappresenta un principio generale rivolto a prevede- re e disciplinare proprio quei casi in cui alla violazione dei precetti imperativi non si accompagna una previsio- ne di nullità (15). Ma già molti anni prima la Corte di
mento) va considerato come una disposizione imperati- va. Si trova, in primo luogo, conforto in alcuni prece- denti giurisprudenziali. Come ha affermato il Tribunale di Firenze, nella materia dell’intermediazione finanziaria esistono interessi di carattere generale che rendono in- derogabili le norme di comportamento (17). Anche il Tribunale di Mantova si è richiamato al carattere pub- blicistico degli interessi tutelati (18). La natura pubblici- stica è confermata dal fatto che le inosservanze delle norme di comportamento sono punite con sanzioni am- ministrative (19). Il risparmio è, infine, protetto addirit- tura da una disposizione costituzionale (20). La nullità per contrarietà all’art. 21, primo comma, X.Xxx. n. 58/1998 può realizzarsi anche in assenza di una previsio- ne espressa che sancisca che tale disposizione è imperati- va. Si tratta difatti di una norma posta nell’interesse pub- blico.
Per un corretto apprezzamento della possibile sussi- stenza di nullità per contrarietà a norma imperativa con riferimento alla violazione di regole di condotta occorre tuttavia distinguere fra il comportamento della banca e il contenuto del negozio (21). Se è la sola condotta dell’in- termediario a violare norme imperative, ciò non deter- mina la nullità del contratto. L’art. 1321 Codice civile re- cita: «il contratto è l’accordo di due o più parti per costi- tuire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale». Nullo può essere solo il «contratto», vale a dire il risultato dell’accordo dei contraenti, non il «com- portamento» di una delle parti. Il richiamo all’istituto della nullità del contratto non è corretto quando le vio- lazioni poste in essere sono unilaterali (del solo interme- diario e non anche del cliente). Un esempio aiuta a chia- rire il concetto che si intende esprimere. Se le parti inse- rissero in un contratto d’investimento - che deve essere stipulato per iscritto (art. 23, primo comma, D.Lgs. n. 58/1998) - una disposizione in contrasto con l’art. 21, pri- mo comma, X.Xxx. n. 58/1998, allora tale clausola sareb- be nulla per violazione di norma imperativa. Si immagi- ni che l’intermediario e gli investitori inseriscano nel te-
cassazione aveva stabilito che l’ipotesi di nullità del con-
tratto per contrarietà a norme imperative si verifica in- dipendentemente da una espressa comminatoria della sanzione di nullità nei singoli casi (16). La norma del- l’art. 1418 Codice civile esprime un principio generale, essendo rivolta a prevedere e disciplinare proprio quei casi in cui alla violazione di precetti imperativi non si ac- compagna una specifica previsione di nullità. In tali casi unico compito del giudice è quello di stabilire se la nor- ma o le norme contraddette dall’autonomia privata ab- biano carattere imperativo, siano - cioè - dettate a tutela dell’interesse pubblico. Queste sentenze della Corte di cassazione esprimono il fenomeno della nullità c.d. «vir- tuale», che prescinde cioè da un’espressa statuizione che la violazione della disposizione comporta nullità.
Ad avviso di chi scrive l’art. 21, primo comma, D.Lgs. n. 58/1998 (che sancisce le norme di comporta-
Note:
(15) Cass. 7 marzo 2001, n. 3272.
(16) Cass. 13 maggio 1977, n. 1901.
(17) Trib. Firenze 19 aprile 2005, in Corr. giur., 2005, 1271 ss., con nota di X. Xx Xxxx.
(18) Trib. Mantova 12 novembre 2004, in questa Rivista, 2005, 585 ss., con nota di M.M. Gaeta.
(19) Cfr. in particolare l’art. 190, xxxxx xxxxx, X.Xxx. n. 58/1998 che prevede una sanzione pecuniaria da euro 516 a euro 25.822 in caso di vio- lazione dell’art. 21 D.Lgs. n. 58/1998. Per uno sguardo d’insieme sul regi- me delle sanzioni amministrative nel D.Lgs. n. 58/1998 cfr. P. De Xxxxx, Persuasione e castigo. Le sanzioni amministrative nel TUB e nel TUF, Mila- no, 2003.
(20) L’art. 47, primo comma, Cost. stabilisce che «la Repubblica inco- raggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme».
(21) In questo senso anche X. Xxxxxxx, Servizi di investimento e violazione delle regole di condotta, in Riv. soc., 2005, 1020 ss.
sto contrattuale una pattuizione che dispensa la banca dall’acquisire le informazioni necessarie dai clienti e dal- l’operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati. Questa previsione sarebbe in contrasto con il tenore letterale dell’art. 21, primo comma, lett. b), X.Xxx.
n. 58/1998. Siccome questa disposizione è da considerar- si imperativa perché tutela interessi pubblici, la relativa clausola sarebbe nulla. Ma la situazione tratteggiata è ra- dicalmente diversa da quella riconducibile a una mera condotta illegittima dell’intermediario. I comportamenti scorretti, posti in essere unilateralmente dalla banca, non entrano a far parte del programma contrattuale. Non vi è accordo sul punto e non vi è dunque contratto. Ne con- segue che non vi può essere nullità.
Nel caso affrontato dal Tribunale di Monza l’attrice esperisce l’azione di nullità del contratto, sostenendo che l’intermediario ha violato una serie di disposizioni imperative e - conseguentemente - che il contratto è nullo. L’azione di nullità viene però rigettata dall’auto- xxxx giudiziaria monzese, che accoglie invece la diversa domanda di condanna al risarcimento del danno. La tendenza della giurisprudenza di merito più recente pare essere quella di affermare che la violazione delle norme di comportamento degli intermediari finanziari determi- na l’obbligo di risarcire il danno (e non la nullità del contratto). I tribunali sembrano insomma iniziare a se- guire l’orientamento prospettato dalla Corte di cassazio- ne nella sentenza n. 19024 del 2005.
Bisogna però rilevare che parte della giurispruden- za, anche dopo l’intervento della Corte di cassazione, continua ad affermare che la violazione delle norme di comportamento comporta nullità del contratto. Il Tri- bunale di Trani per esempio, nel gennaio 2006, ha stabi- lito che gli ordini impartiti in violazione delle disposizio- ni di cui agli artt. 28 e 29 Reg. n. 11522/1998 devono ri- tenersi nulli, con obbligo di retrocessione agli attori de- gli importi ricevuti dalla banca per l’operazione (22). In tale caso l’autorità giudiziaria constata che l’operazione è inadeguata sotto tutti i profili: per tipologia e oggetto, in quanto si trattava della prima operazione «corporate» degli attori (per giunta avente un profilo estremamente elevato di rischio, accentuato dall’assenza di rating e di prospetto informativo) e considerato il livello di bassa scolarizzazione degli attori (entrambi con la sola licenza elementare); per dimensione, in quanto fu investito in una sola operazione circa il 60% delle disponibilità liqui- de degli attori, con un portafoglio titoli che, anziché es- sere diversificato, comprendeva per il 73% le sole obbli- gazioni Cirio; per frequenza, in quanto nel periodo ante- cedente gli attori avevano effettuato solo altre tre opera- zioni in strumenti finanziari.
E la possibile risoluzione del contratto?
La sentenza del Tribunale di Monza in commento non tratta di un possibile rimedio di cui dispongono i clienti: la richiesta di risoluzione del contratto. È proba- bile che la ragione per cui l’autorità giudiziaria monzese
non affronta questa questione sia il fatto che la doman- da di risoluzione del contratto non è stata presentata dal- l’attrice. In applicazione del principio statuito dall’art. 99 Codice di procedura civile («chi vuole far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al giudice competente»), il Tribunale di Monza non si può occupa- re di una domanda che non è stata presentata. A parere di chi scrive l’avvocato dell’attrice ha fatto male a non presentare domanda di risoluzione del contratto. Va di- fatti tenuto presente che la Corte di cassazione, nella sentenza n. 19024 del settembre 2005, ha escluso il ri- medio della nullità in favore del risarcimento, ma non ha fatto venire meno la possibilità di chiedere la risolu- zione. La risoluzione del contratto tende a essere un ri- medio più efficace rispetto al risarcimento del danno perché produce effetti restitutori.
L’inadempimento del debitore può essere di gravità tale da determinare la risoluzione del contratto. L’inter- prete deve chiedersi se l’inadempimento sia o meno gra- ve (art. 1455 Codice civile). Se l’inadempimento non è grave, il contratto non può essere risolto. Il rimedio espe- ribile è la richiesta di risarcimento del danno. Se invece l’inadempimento è grave, può essere chiesta la risoluzio- ne del contratto, oltre al risarcimento del danno (art. 1453, primo comma, Codice civile).
La tesi appena prospettata trova conferma in un re- cente intervento giurisprudenziale. Il Tribunale di Mila- no ha deciso, nell’aprile 2006, che l’inadeguatezza dell’o- perazione posta in essere dall’intermediario finanziario rispetto alle caratteristiche dell’investitore determina la risolubilità del contratto per inadempimento (23). L’au- torità giudiziaria milanese stabilisce che il soggetto abili- tato deve valutare in modo obiettivo la propensione al rischio sulla base del pregresso operare del cliente. Nel caso affrontato dal Tribunale di Milano, l’acquisto di ob- bligazioni della Repubblica Argentina costituiva una nota dissonante nel portafoglio dell’investitrice. Si trat- tava difatti di uno strumento finanziario rischioso e ac- quistato in rilevante quantità, mentre per il resto il por- tafoglio era costituito da titoli molto sicuri (obbligazioni di Stato italiano) o quantomeno abbastanza sicuri (ob- bligazioni di banche italiane).
Cenni alle nozioni di «adeguatezza»
e «appropriatezza» nella recente normativa comunitaria
Dal momento che la normativa sui servizi di inve- stimento è in continua evoluzione, viene da chiedersi se vi siano state recenti innovazioni relativamente al pun- to che qui interessa: l’adeguatezza delle operazioni finan- ziarie.
Note:
(22) Trib. Trani 31 gennaio 2006, in questa Rivista, 2006, 686 ss., con no- ta di X. Xxxxxxxxxxx.
(23) Trib. Milano 26 aprile 2006, n. 4882, in Corr. giur., 2006, 1567 ss., con nota di X. Xxxxxxxxxxx.
Per quanto riguarda il diritto italiano, bisogna os- servare che il decreto c.d. «Pinza» non pare occuparsi di- rettamente di questa materia (24). La precedente legge per la tutela del risparmio tocca, invece, il tema specifi- co oggetto del presente scritto (25). Questa legge ha di- fatti aggiunto all’art. 21, primo comma, lett. a) D.Lgs. n. 58/1998 il seguente periodo: «i soggetti abilitati classifi- xxxx, sulla base di criteri generali minimi definiti con re- golamento della Consob… il grado di rischiosità dei pro- dotti finanziari e delle gestioni di portafogli d’investi- mento e rispettano il principio dell’adeguatezza fra le operazioni consigliate agli investitori, o effettuate per conto di essi, e il profilo di ciascun cliente, determinato sulla base della sua esperienza in materia di investimenti in prodotti finanziari, della sua situazione finanziaria, dei suoi obiettivi d’investimento e della sua propensione al rischio, salve le diverse disposizioni espressamente im- partite dall’investitore medesimo in forma scritta, ovve- ro anche mediante comunicazione telefonica o con l’uso di strumenti telematici, purché siano adottate procedure che assicurino l’accertamento della provenienza e la conservazione della documentazione dell’ordine».
Anche il diritto comunitario si occupa di adegua- tezza (26). Il testo legislativo europeo di riferimento è la direttiva 2004/39/CE (xxxxxxxxx XXXXX) (27). L’art. 19 direttiva MIFID fissa le «norme di comportamento da ri- spettare al momento della prestazione di servizi di inve- stimento ai clienti». Di interesse relativamente al profi- lo dell’adeguatezza dell’operazione finanziaria sono il quarto e il quinto paragrafo (28) dell’art. 19 direttiva MIFID.
L’art. 19, quarto paragrafo, direttiva XXXXX prevede che «quando effettua consulenza in materia di investi- menti o gestione di portafoglio, l’impresa di investimen- to ottiene le informazioni necessarie in merito alle co- noscenze e esperienze del cliente o potenziale cliente in materia di investimenti riguardo al tipo specifico di pro- dotto o servizio, alla situazione finanziaria e agli obietti- vi di investimento per essere in grado di raccomandare i servizi di investimento e gli strumenti finanziari adatti al cliente o al potenziale cliente».
L’art. 19, quinto paragrafo, direttiva XXXXX stabili- sce che «gli Stati membri si assicurano che, quando pre- stano servizi di investimento diversi da quelli di cui al paragrafo 4, le imprese di investimento chiedano al cliente o potenziale cliente di fornire informazioni in merito alle sue conoscenze e esperienze in materia di in- vestimenti riguardo al tipo specifico di prodotto o servi- zio proposto o chiesto, al fine di determinare se il servi- zio o il prodotto in questione è adatto al cliente. Qualo- ra l’impresa di investimento ritenga, sulla base delle informazioni ottenute a norma del comma precedente, che il prodotto o il servizio non sia adatto al cliente o po- tenziale cliente, avverte quest’ultimo di tale situazione. Quest’avvertenza può essere fornita utilizzando un for- mato standardizzato. Qualora il cliente o potenziale cliente scelga di non fornire le informazioni di cui al pri-
mo comma circa le sue conoscenze e esperienze, o qua- lora tali informazioni non siano sufficienti, l’impresa di investimento avverte il cliente o potenziale cliente che tale decisione le impedirà di determinare se il servizio o il prodotto sia adatto a lui. Quest’avvertenza può essere fornita utilizzando un formato standardizzato» (29).
Vi è dunque, all’interno della MIFID, un’importan- te distinzione in relazione al servizio di investimento che viene prestato. Il paragrafo quarto dell’art. 19 concerne il servizio di consulenza o di gestione di portafoglio, men- tre il paragrafo quinto dello stesso art. 19 concerne gli al- tri servizi di investimento. Diverso è il tenore letterale
Note:
(24) D.Lgs. 29 dicembre 2006, n. 303. Coordinamento con la legge 28 di- cembre 2005, n. 262, del testo unico delle leggi in materia bancaria e cre- ditizia (T.U.B.) e del testo unico delle disposizioni in materia di interme- diazione finanziaria (T.U.F.).
(25) L. 28 dicembre 2005, n. 262. Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari. Il testo di questa legge è riprodotto in Le Società, 2006, 211 ss.
(26) Sugli ultimi sviluppi del diritto comunitario in materia di servizi di investimento cfr. X. Xxxxxxxx, L’intermediario in conflitto di interessi nella nuova disciplina comunitaria dei servizi d’investimento, in Giur. comm., 2005, I, 844 ss.; X. Xxxxxxxx, Dum Romae consulitur… verso una nuova discipli- na comunitaria del conflitto d’interessi nei servizi d’investimento, in Banca im- pr. soc., 2004, 447 ss. Sulla responsabilità dell’intermediario in altri ordi- namenti sia lecito rinviare a X. Xxxxxxxxxxx, La responsabilità dell’interme- diario finanziario nel diritto austriaco sullo sfondo del diritto comunitario e un suggerimento al legislatore italiano, in Danno e resp., 2006, 1182 ss.; V. San- xxxxxxxx, La responsabilità precontrattuale dell’intermediario finanziario nel diritto inglese, in Le Società, 2006, 1173 ss.
(27) Direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004 relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la di- rettiva 93/22/CEE del Consiglio.
(28) Nella terminologia comunitaria il termine tecnico esatto per «com- ma» è «paragrafo».
(29) Si tenga infine presente quanto dispone l’art. 19, sesto paragrafo, di- rettiva MIFID: «Gli Stati membri autorizzano le imprese di investimen- to, quando prestano servizi di investimento che consistono unicamente nell’esecuzione e/o nella ricezione e trasmissione di ordini del cliente, con o senza servizi accessori, a prestare detti servizi di investimento ai loro clienti senza che sia necessario ottenere le informazioni o procedere alla determinazione di cui al paragrafo 5 quando sono soddisfatte tutte le se- guenti condizioni: - i suddetti servizi sono connessi ad azioni ammesse al- la negoziazione in un mercato regolamentato, o in un mercato equiva- lente di un paese terzo, strumenti del mercato monetario, obbligazioni o altri titoli di credito (escluse le obbligazioni o titoli di credito che incor- porano uno strumento derivato), OICVM ed altri strumenti finanziari non complessi. Un mercato di paese terzo è considerato equivalente a un mercato regolamentato se rispetta requisiti equivalenti a quelli fissati al titolo III. La Commissione pubblica un elenco dei mercati da considera- re equivalenti. L’elenco è aggiornato periodicamente; - il servizio è pre- stato a iniziativa del cliente o potenziale cliente; - il cliente o potenziale cliente è stato chiaramente informato che, nel prestare tale servizio, l’im- presa di investimento non è tenuta a valutare l’idoneità dello strumento o servizio prestato o proposto e che pertanto egli non beneficia della cor- rispondente protezione offerta dalle pertinenti norme di comportamento delle imprese. Quest’avvertenza può essere fornita utilizzando un formato standardizzato: - l’impresa di investimento rispetta i propri obblighi a nor- ma dell’articolo 18». Esistono dunque dei casi in cui non è necessaria nemmeno la verifica della appropriatezza dell’operazione. Si tratta dei servizi «execution only» («di mera esecuzione»).
del paragrafo quarto e del paragrafo quinto. Il paragrafo quarto (con riferimento a consulenza e gestione di por- tafoglio) prevede che l’impresa di investimento «ottie- ne» dal cliente le informazioni necessarie, mentre il pa- ragrafo quinto (con riferimento agli altri servizi di inve- stimento) stabilisce che l’impresa di investimento «chie- de» dal cliente le informazioni. Questa distinzione si ri- flette sul successivo comportamento dell’intermediario finanziario. Nel primo caso in assenza di informazioni il servizio non può essere raccomandato, nel secondo caso esso può essere fornito.
La direttiva 2006/73/CE della Commissione reca modalità di esecuzione della direttiva MIFID (30). La di- rettiva 2006/73/CE, nel dare attuazione all’art. 19, quar- to e quinto paragrafo, direttiva MIFID, distingue fra
«adeguatezza» e «appropriatezza» (31). Si introduce dunque, nella terminologia di settore, un nuovo vocabo- lo. Mentre l’operatore aveva sinora dimestichezza con il concetto di adeguatezza, trova ora a confrontarsi con una diversa nozione, quella di appropriatezza Per essere più precisi: l’art. 35 direttiva 2006/73/CE attua l’art. 19, quarto paragrafo, direttiva XXXXX (adeguatezza), mentre l’art. 36 direttiva 2006/73/CE attua l’art. 19, quinto pa- ragrafo, direttiva MIFID (appropriatezza). Infine l’art. 37 direttiva 2006/73/CE attua sia il quarto sia il quinto pa- ragrafo dell’art. 19 direttiva MIFID. Considerata la rile- vanza pratica della materia, è utile esaminare brevemen- te il contenuto di queste disposizioni.
L’art. 35 direttiva 2006/73/CE (attuazione dell’art. 19, quarto paragrafo, direttiva MIFID) è rubricato «va- lutazione dell’adeguatezza». «Gli Stati membri assicura- no che le imprese di investimento ottengano dai clienti o potenziali clienti le informazioni di cui necessitano per comprendere le caratteristiche essenziali dei clienti e di- sporre di una base ragionevole per ritenere, tenuto con- to della natura e della portata del servizio fornito, che la specifica operazione raccomandata o realizzata nel qua- dro della prestazione del servizio di gestione del portafo- glio soddisfi i seguenti criteri: a) corrisponda agli obietti- vi di investimento del cliente in questione; b) sia di na- tura tale che il cliente sia finanziariamente in grado di sopportare qualsiasi rischio connesso all’investimento compatibilmente con i suoi obiettivi di investimento; c) sia di natura tale per cui il cliente possiede le necessarie esperienze e conoscenze per comprendere i rischi ine- renti all’operazione o alla gestione del suo portafoglio» (art. 35, primo paragrafo, direttiva 2006/73/CE). Questa disposizione impone un test di adeguatezza nel caso in cui venga fornito un servizio di gestione. La valutazione
di investimento. Stabilisce difatti la direttiva 2006/73/CE che «quando l’impresa di investimento for- nisce un servizio di investimento a un cliente professio- nale ha il diritto di presumere che, per quanto riguarda i prodotti, le operazioni e i servizi per i quali tale cliente è classificato nella categoria dei clienti professionali, egli abbia il livello necessario di esperienze e di conoscenze ai fini del paragrafo 1, lettera c)» (art. 35, secondo para- grafo, direttiva 2006/73/CE). La normativa comunitaria suddivide i clienti in categorie. La direttiva 2004/39/CE distingue in particolare fra «cliente professionale» e
«cliente al dettaglio» (art. 4, primo paragrafo, nn. 11e 12, direttiva 2004/39/CE). «Cliente professionale» è il
«cliente che soddisfa i criteri stabiliti nell’allegato II» (art. 4, primo paragrafo, n. 11, direttiva 2004/39/CE).
«Cliente al dettaglio» è il «cliente che non sia un clien- te professionale» (art. 4, primo paragrafo, n. 12, direttiva 2004/39/CE). La definizione di «cliente professionale» è dunque contenuta nell’allegato II della direttiva 2004/39/CE. Questo allegato distingue fra «categorie di clienti professionali» e «clienti che su richiesta possono essere trattati come professionali». Non è possibile in questa sede entrare ulteriormente in dettaglio. Si può tuttavia rilevare come la disciplina comunitaria stabili- sce che «dovrebbero essere considerati clienti professio- nali per tutti i servizi e gli strumenti di investimento ai fi- ni della presente direttiva: 1) i soggetti che sono tenuti ad essere autorizzati o regolamentati per operare nei mer- cati finanziari…; 2) le imprese di grandi dimensioni…;
3) i governi nazionali e regionali, gli enti pubblici inca- ricati della gestione del debito pubblico, le banche cen- trali, le istituzioni internazionali e sovra-nazionali come la Banca mondiale, l’FMI, la BCE, la BEI e altre organiz- zazioni internazionali analoghe; 4) altri investitori istitu- zionali la cui attività principale è investire in strumenti finanziari». Questa distinzione fra cliente professionale e cliente al dettaglio produce il seguente effetto relativa- mente al test di adeguatezza: quando l’impresa di investi- mento ha come cliente un soggetto professionale, essa può presumere che tale cliente abbia le esperienze e le conoscenze necessarie per valutare il significato e le con- seguenze dell’operazione finanziaria.
L’art. 35 continua chiarendo che «le informazioni riguardanti la situazione finanziaria di un cliente o po- tenziale cliente includono, laddove pertinenti, dati sulla fonte e sulla consistenza del suo reddito regolare, delle sue attività, comprese le sue attività liquide, dei suoi investimenti e beni immobili e dei suoi impegni
è finalizzata a valutare la conformità dell’operazione: a)
agli obiettivi di investimento del cliente; b) alla sua ca- pacità finanziaria; c) alle sue esperienze e conoscenze. La verifica di adeguatezza va effettata con riferimento a ogni singola transazione da porsi in essere nel contesto della gestione del portafoglio.
Le caratteristiche del test di adeguatezza mutano peraltro in relazione alla tipologia di cliente dell’impresa
Note:
(30) Direttiva 2006/73/CE della Commissione del 10 agosto 2006 recan- te modalità di esecuzione della direttiva 2004/39/CE del Parlamento eu- ropeo e del Consiglio per quanto riguarda i requisiti di organizzazione e le condizioni di esercizio dell’attività delle imprese di investimento e le de- finizioni di taluni termini ai fini di tale direttiva.
(31) Su «adeguatezza» e «appropriatezza» nella direttiva MIFID cfr. an- che X. Xxxxxxxxx, in Plus 24, Il Sole 24 Ore, 27 gennaio 2007, 8.
finanziari regolari» (art. 35, terzo paragrafo, direttiva 2006/73/CE). Questa disposizione specifica le infor- mazioni che vanno raccolte sulla situazione finanziaria del cliente. La determinazione dell’investimento adat- to a un certo risparmiatore non può prescindere dalla situazione finanziaria in cui esso si trova. La direttiva specifica inoltre che «le informazioni riguardanti gli obiettivi di investimento di un cliente o potenziale cliente includono dati sul periodo di tempo per il qua- le il cliente desidera conservare l’investimento, le sue preferenze in materia di rischio, il suo profilo di rischio e le finalità dell’investimento, laddove pertinenti» (art. 35, quarto paragrafo, direttiva 2006/73/CE). Gli effetti del test dell’adeguatezza, diversi rispetto a quel- li del test dell’appropriatezza, sono sanciti nell’art. 35, quinto paragrafo, direttiva 2006/73/CE: «quando l’im- presa di investimento che fornisce un servizio di inve- stimento di consulenza in materia di investimenti o gestione del portafoglio non ottiene le informazioni di cui all’articolo 19, paragrafo 4, della direttiva 2004/39/CE, l’impresa non raccomanda i servizi di in- vestimento o gli strumenti finanziari al cliente o po- tenziale cliente». Sussiste dunque un divieto di racco- mandazione.
L’art. 36 direttiva 2006/73/CE è rubricato «valuta- zione dell’appropriatezza». Già dal punto di vista termi- nologico si tratta di un qualcosa di diverso dalla «ade- guatezza». Il legislatore comunitario stabilisce che «gli Stati membri prescrivono alle imprese di investimento che, per valutare se un servizio di investimento sia ap- propriato per un cliente, come previsto all’articolo 19, paragrafo 5, della direttiva 2004/39/CE, verifichino se tale cliente abbia il livello di esperienze e conoscenze ne- cessario per comprendere i rischi che il prodotto o il ser- vizio di investimento offerto o richiesto comporta. A tal fine l’impresa di investimento ha il diritto di presumere che un cliente professionale abbia il livello di esperienze e conoscenze necessario per comprendere i rischi con- nessi a quei determinati servizi di investimento od ope- razioni o a quei tipi di operazioni o prodotti per i quali il cliente è classificato come cliente professionale» (art. 36, primo paragrafo, direttiva 2006/73/CE).
Infine l’art. 37 direttiva 2006/73/CE detta «disposi- zioni comuni per la valutazione dell’adeguatezza e del- l’appropriatezza». «Gli Stati membri assicurano che le informazioni riguardanti le conoscenze e le esperienze del cliente o potenziale cliente nel settore dell’investi- mento includano i seguenti elementi, nella misura in cui siano appropriati vista la natura del cliente, la natura e l’importanza del servizio da fornire e il tipo di prodotto od operazione previsti, nonché la complessità e i rischi connessi: a) i tipi di servizi, operazioni e strumenti finan- ziari con i quali il cliente ha dimestichezza; b) la natura, il volume e la frequenza delle operazioni su strumenti fi- nanziari realizzate dal cliente e il periodo durante il qua- le queste operazioni sono state eseguite; c) il livello di istruzione e la professione o, se rilevante, la precedente
professione del cliente o del potenziale cliente» (art. 37, primo paragrafo, direttiva 2006/73/CE). «L’impresa di investimento non incoraggia un cliente o potenziale cliente a non fornire le informazioni richieste ai fini del- l’applicazione dell’articolo 19, paragrafi 4 e 5, della diret- tiva 2004/39/CE» (art. 37, secondo paragrafo, direttiva 2006/73/CE). «L’impresa di investimento ha il diritto di fare affidamento sulle informazioni fornite dai suoi clien- ti o potenziali clienti, a meno che non sia al corrente, o in condizione di esserlo, che esse sono manifestamente superate, inesatte o incomplete» (art. 37, terzo para- grafo, direttiva 2006/73/CE).
Il lettore di questo complesso di disposizioni è col- pito dalla loro analiticità. Il dettaglio delle previsioni del legislatore comunitario contrasta in modo stridente con quella che, sulla base delle numerose sentenze di merito pubblicate, risulta essere la prassi degli intermediari fi- nanziari. Si dovrà aspettare e vedere se le banche attue- ranno in modo corretto, dal punto di vista formale e dal punto di vista sostanziale, quanto richiesto dal diritto co- munitario.
Non risolto dal diritto comunitario è poi il proble- ma centrale affrontato dalla giurisprudenza italiana degli ultimi anni. Il legislatore europeo non stabilisce quali siano le conseguenze in termini civilistici delle violazio- ne delle norme di comportamento. La questione rimane dunque affidata alle determinazioni degli Stati membri, con tutte le incertezze che ciò può comportare.