Art. 67, co. 3, lett. d), L.F.
Dagli accordi stragiudiziali agli accordi giudiziali con i creditori
Roma, 16 maggio 2013 Dott.ssa Xxxxxxx XXXXX ODCEC Roma
Art. 67, co. 3, lett. d), L.F.
piano di risanamento
Art. 182-bis, L.F.
accordi di ristrutturazione
Art. 160, L.F.
concordato preventivo
Istituti per la composizione negoziale dell’atto di ristrutturazione dell’esposizione debitoria aziendale
Altre forme
(contratti privati)
Dott.ssa Xxxxxxx XXXXX 2
L’accordo tra debitore e creditore può prevedere la modifica dei termini originari del debito con lo scopo di posticipare o ridurre i pagamenti futuri
Modalità di ristrutturazione del debito
La ristrutturazione può avvenire attraverso la cessione di attività del debitore a terzi, con successivo trasferimento del ricavato delle attività cedute al creditore
Può esserci ristrutturazione del debito attraverso la conversione del debito in quote del capitale del debitore e il trasferimento delle stesse al creditore
Dott.ssa Xxxxxxx XXXXX 3
1.
soddisfacimento dei creditori, con modifica delle condizioni generali”;
2. “accordo unitario intercorso, al di fuori di ogni intervento dell’autorità giudiziaria, fra il debitore insolvente e i creditori”;
3. “una pluralità di accordi fra debitore e
singoli creditori”
“organizzazione
Concordati stragiudiziali
convenzionale
del
Crisi finanziaria dell’impresa
Vantaggi della gestione privatistica
1. Elasticità e adattabilità al caso;
2. Scarsa efficacia delle procedure pubbliche;
3. Il contratto vincola solo le parti;
4. Non c’è il blocco delle azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore;
5. Minor impatto sulla credibilità dell’impresa
Dott.ssa Xxxxxxx XXXXX 4
Negli anni ‘90 si svilupparono i concordati stragiudiziali, che nascono nella prassi e si pongono come alternativa alle insoddisfacenti soluzioni giudiziali, per far fronte a crisi di grossi gruppi industriali o finanziari. Si tratta di soluzioni negoziali incentrate su contratti atipici, consistenti negli accordi di ristrutturazione dei debiti dell'impresa conclusi in forma stragiudiziale e nelle "convenzioni di salvataggio", altrimenti dette "interbancarie", vista la prevalente natura bancaria dei sottoscrittori.
Il principale vantaggio degli accordi stragiudiziali è rappresentato dall'assenza di specifiche previsioni legislative che ne limitino utilizzo e contenuti, con il vantaggio di adattare ciascun progetto di risanamento alle caratteristiche e alle possibilità dei partecipanti e alle condizioni del mercato sul quale operava l'impresa in crisi, in completa assenza di contenuti predeterminati ed immutabili.
Le soluzioni stragiudiziali, i c.d. workouts nella letteratura internazionale, trovano la loro motivazione principale nell’esigenza di evitare i costi delle procedure d’insolvenza
- le parti hanno convenienza a risolvere privatamente la crisi tutte le volte che i costi di una procedura d'insolvenza siano maggiori del costo della soluzione basata sull'accordo
– con maggiore rapidità e flessibilità.
Dalla legislazione più recente emerge la definitiva presa di coscienza, da parte del legislatore ordinario, che in taluni casi e a determinate condizioni, il salvataggio dell'impresa ed il suo mantenimento in attività rappresentano l'unico reale mezzo per far sì che la crisi non investa violentemente anche le situazioni soggettive di coloro che, in qualche modo siano coinvolti dalla stessa, imponendo una valutazione “caso per caso” degli effetti che la liquidazione definitiva da un lato, e la salvaguardia dell'impresa dall'altro, comporterebbero sulle posizioni di tutti gli interessati.
Il consolidarsi della tendenza ad approdare a soluzioni di tipo privatistico è stato variamente inquadrato dalla dottrina in termini di "privatizzazione del fallimento", "fuga dalla giurisdizione", "defallimentarizzazione della crisi d'impresa".
Una moderna legislazione concorsuale, per predisporre strumenti efficienti di prevenzione e soluzione delle crisi, non può presupporre aprioristicamente un determinato assetto di interessi che le procedure debbano necessariamente realizzare, ma deve conferire alle parti piena autonomia del volere.
Questo nuovo approccio di fondo ha permeato il nuovo diritto della crisi
d'impresa, che in quest'ottica non è più diritto fallimentare in senso stretto.
La gestione delle crisi aziendali
Accordi stragiudiziali
Contratti atipici e liberi
Espressione dell’’autonomia privata e nasce dal tentativo del debitore di superare lo stato d’insolvenza attraverso la corresponsione di una percentuale variabile della somma dovuta, al fine di evitare la dichiarazione di fallimento o l’assoggettamento ad altra procedura concorsuale.
Il concordato stragiudiziale si risolve nella ricerca del consenso dei creditori (tutti) ad un progetto di salvataggio dell’’impresa attraverso una serie di accordi a contenuto dilatorio e/o remissorio, comunque subordinati alla mancata dichiarazione di fallimento ed aventi come finalità immediata la rimozione dello stato d’insolvenza.
Gli accordi stragiudiziali
NOZIONE
La gestione stragiudiziale dell’insolvenza è un insieme di tecniche con cui si cerca di raggiungere accordi con i creditori, allo scopo di consentire una «onorevole» uscita di scena dell’imprenditore (concordato stragiudiziale) o, in alternativa, una ripresa dell’azienda, previa elaborazione di un opportuno piano industriale. L’accordo può consentire all’imprenditore di rimuovere situazioni di difficoltà e di preservare la continuità aziendale con interventi tempestivi, da attuarsi prima che lo stato di crisi diventi irreversibile.
L’accordo stragiudiziale può portare ad un risultato più elevato per tutti gli stakeholders sia in termini di efficienza, riguardo il tempo e i costi, sia in termini di flessibilità in quanto svincolato dalle rigidità processuali.
OBIETTIVI
Nell’attuale modello d’impresa, la tutela più efficace degli interessi coinvolti nella crisi risulta realizzata proprio dalla riorganizzazione dell’azienda stessa, ancorché siano ancora ipotizzabili possibilità di recupero di redditività.
La “privatizzazione del fallimento”, che per la soluzione della crisi d’impresa passa attraverso il risanamento stragiudiziale, non può che tener conto della posizione del ceto creditorio, in particolare di quello bancario, il quale dovrà essere convinto della maggior vantaggiosità della ristrutturazione e conservazione dell’impresa.
Nella stessa direzione sembra vadano anche gli interessi degli azionisti, che solo in tal modo possono sperare di conservare, totalmente o parzialmente, il valore del loro investimento.
Il Legislatore Fallimentare postula un modello d’impresa in cui il capitale reale tende a coincidere con quello di credito, solo in una siffatta situazione è legittimo pensare che attraverso la liquidazione del patrimonio si possa giungere ad una soddisfacente copertura del passivo. Nelle moderne imprese il capitale di credito è preminente sul capitale di rischio e in caso di fallimento il costo dell’attività d’impresa ricade prevalentemente sul capitale di credito.
La composizione del patrimonio destinato all’esercizio d’impresa è notevolmente mutata nel tempo: la componente dei beni materiali è sempre meno rilevante mentre peso crescente assumono i beni immateriali. Il progresso tecnologico ha fatto assumere un’importanza sempre maggiore all’organizzazione del complesso produttivo ed alle capacità tecniche acquisite. Va anche evidenziato che spesso l’imprenditore ha soltanto la disponibilità e non la proprietà degli strumenti della produzione.
È evidente che le usuali liquidazioni, nell’ambito della procedura fallimentare, risultino spesso inefficaci.
È stato adombrato qualche dubbio dalla giurisprudenza (Trib. Ferrara 28 giugno 1980, Giur. Comm. 1981, II, 306; Appello Roma 1 luglio 1985, Fallimento 1986, 971) la quale ha parlato di nullità per illiceità del concordato stragiudiziale.
Tali sentenze partono dall'’assioma per cui la garanzia della par condicio creditorum è rimessa unicamente alle procedure concorsuali le quali costituiscono un numerus clausus all’autonomia dei privati, motivo per cui se l’’imprenditore versa in stato di insolvenza ha l’’obbligo di richiedere il fallimento (art. 6 L.F.), facendo diversamente aggrava per colpa la propria insolvenza (art. 217 L.F.) venendo meno ad un elementare obbligo di prudenza e correndo il rischio di risponderne penalmente, in concorso con i creditori (Cass. pen. 23 ottobre 1978 Giust. Pen. 1979, II, 357 e Cass. Pen.1980, 919,
Appello Roma 1 luglio 1985, Fallimento 1986, 971; Trib. Napoli 17 luglio
1987, Dir. Giur. 1987, 552)
In realtà, il concordato stragiudiziale non mira a garantire la par condicio creditorum né a creare una procedura contra legem tesa a regolare o ad evitare con atti di autonomia privata un provvedimento di ordine pubblico quale la dichiarazione di fallimento, ma mira ad evitare che si realizzi il presupposto del fallimento: lo stato d’’insolvenza e di conseguenza il fallimento. Non ci si può limitare ad incriminare il semplice comportamento omissivo dell’’imprenditore per non aver chiesto il proprio fallimento ex art. 6 L.F., nel tentativo di salvare la propria attività, dovranno essere ritenuti rilevanti solo quei comportamenti determinati da colpa grave che aggravino il dissesto economico, per i quali dovrà essere provato il nesso di causalità. Il fatto che questo strumento sia sovente utilizzato per tacitare solo una parte dei creditori a danno degli altri inconsapevoli, o come espediente per ritardare la dichiarazione di fallimento, rappresenta un aspetto patologico dell’istituto e non l’’istituto in sé.
La dottrina e la giurisprudenza ampiamente hanno dibattuto sulla natura giuridica del concordato stragiudiziale, tuttavia non sono giunte ad una interpretazione unitaria.
Se la funzione specifica è quella di evitare il fallimento eliminando lo stato di insolvenza, allora, si è obiettato, esistono innumerevoli negozi giuridici che raggiungono la medesima finalità (novazione, mutuo, sale and lease back, liquidazione, aumenti di capitale ecc.). In realtà in tutti questi casi si confonde la funzione economico-sociale che il concordato stragiudiziale è idoneo a produrre (evitare il fallimento) con i motivi contingenti che possono spingere un imprenditore, ad esempio, a contrarre un mutuo. Si potrà allora chiamare concordato stragiudiziale solo quel solo negozio che è giuridicamente idoneo ad evitare il fallimento eliminando lo stato di insolvenza. Il tentativo più significativo della dottrina e della giurisprudenza è stato quello di inquadrare il concordato stragiudiziale in un contratto unitario, anche se composto da singoli e separati contratti, funzionalmente collegati tra loro. Si tratta quindi di un contratto plurilaterale, complesso e atipico, a contenuto dilatorio e/o remissorio che sul piano negoziale ha la finalità di rimuovere lo stato di insolvenza del debitore con l’esclusione dal fallimento
Nella prassi il concordato stragiudiziale si risolve in una serie di inviti ai creditori a rinunciare ad una percentuale del proprio credito per vedere soddisfatte almeno parte delle proprie ragioni; ciò si traduce in altrettanti accordi con i creditori che sono collegati da un vincolo unitario e da un nesso funzionale.
L’’imprenditore che vuole rimuovere il proprio stato d’insolvenza ed evitare il fallimento dovrà concedere:
-dilazioni di pagamento;
- novare i debiti,;
- i creditori richiederanno fidejussioni;
-e i fidejussori, a loro volta dovranno essere controgarantiti.
Con ciò si dimostra come il concordato stragiudiziale nella pratica è un accordo plurilaterale avente un vincolo unitario che ha come ragione comune quella di evitare il fallimento attraverso l’’adempimento per l’’intero di tutti gli obblighi assunti dalle parti, nessuno escluso (un adempimento parziale si trasformerebbe in un inadempimento e, trattandosi di contratti funzionalmente collegati, automaticamente si risolverebbe il concordato stesso) oltre che il necessario consenso di tutti i creditori al tentativo di salvataggio dell’’impresa.
Gli accordi di ristrutturazione dei debiti
Crisi finanziaria dell’impresa
La consapevolezza dell’utilità degli strumenti privati di sistemi di governo della crisi finanziaria ha indotto spesso i legislatori a
cercare di favorirne l’adozione, assicurandone un qualche formale riconoscimento ed una qualche protezione. Nel nostro ordinamento, questo è avvenuto con l’introduzione della nuova disciplina dell’art. 182-bis (e dell’art. 67, comma 3, lettera e), L.F.) in materia di: accordi di ristrutturazione.
Dott.xxx Xxxxxxx XXXXX 16
Transazione fiscale
L’art. 182-ter, L.F.: L’accordo di ristrutturazione può includere anche la sistemazione dei debiti tributari. Tale disposizione stabilisce infatti espressamente che, nell’ambito delle trattative che precedono la stipulazione dell’accordo, il debitore può effettuare la proposta di pagamento parziale e/o dilazionato dei crediti tributari sia chirografari che privilegiati.
L’assenso, da parte del direttore dell’ufficio competente o del concessionario, previo parere della direzione generale competente, equivale a sottoscrizione dell’accordo di ristrutturazione.
Dott.xxx Xxxxxxx XXXXX 17
La gestione delle crisi aziendali
Accordi giudiziali
- Concordato preventivo (art. 160)
- Concordato in bianco (art. 161, co.6)
- Piano attestato (art. 67, co. 3, let. d)
- Accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 182-bis)
- Transazione fiscale (art. 182-ter)
Nati per sostenere l’imprenditore nella risoluzione della crisi d’impresa, ma
sotto il controllo giudiziario.
Dagli accordi stragiudiziali agli
accordi giudiziali con i creditori
Le soluzioni stragiudiziali alla crisi presentano un’estrema varietà di situazioni in funzione della diverse tipologie di aziende coinvolte, delle dimensioni e caratteristiche dell’indebitamento e degli altri interessi in gioco. È possibile però rintracciare alcuni elementi comuni:
1. una situazione di insolvenza e di patrimonio netto negativo, solo in parte nota agli operatori esterni;
2. la presenza di un elevato indebitamento, in massima parte concentrato
nei confronti del sistema bancario;
3. un interesse di terzi per l’azienda (o almeno per una parte di essa) considerata ancora potenzialmente valida sul piano industriale;
4. l’esistenza di motivazioni che inducono anche i creditori a preferire
soluzioni alternative ad una procedura concorsuale.
Dagli accordi stragiudiziali
agli accordi giudiziali con i creditori
L’imprenditore può provare, anziché affrontare il Tribunale attraverso l’iter giudiziale, a presentarsi ai propri creditori per proporre una via di uscita secondo due direttrici tipiche:
1. ristrutturazione del passivo, tramite la stipulazione di un accordo con i creditori;
2. ristrutturazione dell’attivo tramite la predisposizione di un adeguato piano di risanamento.
In pratica il concordato stragiudiziale si risolve nella ricerca del consenso dei creditori ad un progetto di salvataggio dell’’impresa attraverso una serie di accordi a contenuto dilatorio e/o remissorio, comunque subordinati alla mancata dichiarazione di fallimento ed aventi come finalità immediata la rimozione dello stato d'insolvenza.
Le forme del concordato stragiudiziale
Il concordato stragiudiziale può assumere diverse forme:
1. della cessione pro solvendo,
2. del mandato a liquidare,
3. del mandato in rem propria,
4. della cessione di beni ex art. 1977 cod. civ.
5. e tutte quelle altre forme che si rivelino giuridicamente idonee ad
evitare il fallimento mediante il superamento dello stato di insolvenza.
L’accordo con i creditori è un contratto atipico, consentito dal legislatore, il cui fine è la conservazione dell’impresa attraverso la predisposizione di un accordo quadro (convenzione) e di patti attuativi relativi ai singoli creditori aderenti. I contenuti della convenzione appaiono generalizzabili:
1. massimizzare il rientro attraverso una valorizzazione delle attività e una minimizzazione dei costi di liquidazione;
2. evitare un aumento del dissesto per la presenza di effetti a catena o per l’escussione di garanzie;
3. evitare il rischio di un fallimento, attraverso l’eliminazione dello stato
d’insolvenza;
4. distinguere i crediti garantiti o autoliquidanti dai crediti non garantiti;
5. ripartire proporzionalmente su questi ultimi il costo dell’insolvenza;
6. consentire la deducibilità fiscale della parte di credito rinunciata;
7. delegare ad un numero ristretto di soggetti di fiducia la gestione e il controllo della fase liquidatoria.
In tutte le convenzioni stragiudiziali è fondamentale il ruolo degli istituti di credito. Sono i primi soggetti investiti del problema e sono spesso disponibili ad effettuare tentativi di salvataggio ove ne ravvisino la convenienza. Le strategie che la banca può porre in essere in presenza di un intervento di ristrutturazione possono essere ricondotte a tre alternative:
1. attesa
2. conflitto
3. intervento.
Le motivazioni alla base di una strategia conflittuale potrebbero essere la perdita di fiducia, il desiderio di limitare le perdite o la presenza di problemi giuridici.
La volontà di cooperare può invece essere legata ai seguenti vantaggi attesi:
1. possibilità di limitare la perdita;
2. interesse generale alla sopravvivenza del cliente;
3. timori di effetti a catena o di aggravio del dissesto;
4. possibili frutti futuri dal consolidamento dei legami esistenti;
5. possibilità di sfruttare la situazione per offrire altri servizi.
Tutto ciò potrebbe concretizzarsi e configurarsi in:
- posticipazione delle scadenze;
- rinegoziazione del credito (rinuncia a parte degli interessi e/o del capitale);
- conversione del credito in quote capitale.
E’ inoltre immaginabile una richiesta di ulteriore intervento finanziario consistente in reperimento di finanziamenti di terzi o erogazione di nuova finanza.
La partecipazione al capitale di rischio non presenta particolari problemi salvo l’autorizzazione della Banca d’Italia che ha dettato precisi condizioni:
la partecipazione deve essere finalizzabile al recupero dei crediti, alla presenza di temporanee difficoltà finanziarie e vincolata allo smobilizzo alla "prima favorevole occasione".
Il concordato stragiudiziale rappresenta una soluzione privatistica della crisi d’impresa, senza ricorrere all’intervento del Tribunale. È un accordo plurilaterale raggiunto direttamente con i creditori, idoneo a conseguire una pluralità di finalità, quali, ad esempio:
1. un ulteriore differimento dei termini di pagamento (concordato dilatorio);
2. una riduzione dei propri debiti (concordato remissorio), talvolta abbinata alla preventiva cessione dei beni aziendali (concordato liquidatorio);
3. evitare la dichiarazione di fallimento.
I rischi del concordato stragiudiziale
Tale rimedio presenta, però, notevoli rischi rispetto alle soluzioni contemplate dalla Legge Fallimentare a favore delle operazioni compiute in esecuzione di un piano attestato di risanamento, accordo di ristrutturazione dei debiti o concordato preventivo:
a) esonero dall’azione revocatoria fallimentare (art. 67, co. 3, lett. d) ed e),
L.F., modificato dal Decreto Crescita);
b) esonero dai reati di bancarotta (art. 217-bis L.F.).
Il concordato stragiudiziale non impedisce la prosecuzione o l’avvio di azioni individuali esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore, ad opera dei creditori dissenzienti o estranei all’intesa.
La sospensione è, invece, ammessa nell’accordo di ristrutturazione dei debiti (anche nel periodo delle trattative, ai sensi dell’art. 182-bis, co. 6, L.F.) e nel concordato preventivo (art. 168, L.F.).
Il fallimento ne determina, invece, l’interruzione (art. 51 L.F.).
Il concordato stragiudiziale: aspetti fiscali
Vi è, infine, una significativa penalizzazione fiscale, con riferimento alla determinazione del reddito dell’impresa in crisi: sono, infatti, soggette all’ordinario regime di imposizione sia le plusvalenze da cessione dei beni che le sopravvenienze da riduzione dei debiti dell’impresa.
Tale circostanza rappresenta un determinante elemento di preferenza per il concordato preventivo, al quale è riconosciuta l’integrale esenzione da tassazione IRES di tali componenti positivi (artt. 86, co. 5, e 88, co. 4, TUIR). Si tratta dell’unico strumento della soluzione della crisi d’impresa al quale è accordato un sistema di favore così esteso: diversamente, nel caso del piano attestato di risanamento (art. 67, co. 3, lett. d), L.F.) e dell’accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 182-bis L.F.), le plusvalenze da cessione dei beni sono sempre imponibili, mentre le sopravvenienze attive da riduzione dei debiti non rilevano soltanto – a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 83/2012 – per la parte che eccede le perdite pregresse e di periodo di cui all’art. 84, TUIR.
Concordato preventivo ex art. 160 LF
Il concordato preventivo rappresenta una vera e propria procedura concorsuale, che privilegia il recupero dell’impresa e non la sua fuoriuscita dal mercato e coinvolge più soggetti:
1. il debitore propone il piano di ristrutturazione su cui si fonda la proposta di
concordato;
2. i creditori votano la proposta;
3. il commissario xxxxxxxxxx redige la relazione sulle cause del dissesto, ex art. 172 e illustra le proposte definitive del debitore in sede di discussione ex art. 175 e predispone il proprio motivato parere ex art. 180;
4. il Tribunale che verifica l’ammissibilità della proposta ai sensi dell’art. 162
e omologa, nella fase finale, il concordato.
Dott.xxx Xxxxxxx XXXXX 29
La gestione delle crisi aziendali
Circa la natura del concordato preventivo, come disegnata nella legge fallimentare del 1942, la dottrina ha sempre oscillato tra una concezione privatistica del concordato, che costruiva il procedimento come un vero e proprio accordo tra l’imprenditore e i creditori, ed una concezione pubblicistica secondo la quale il concordato era da configurare come un procedimento giurisdizionale, che si concludeva con la sentenza di omologazione, le cui statuizioni si sovrapponevano alle determinazioni dei creditori, posto che il concordato diveniva vincolante anche per i creditori dissenzienti o non partecipanti.
La giurisprudenza si era mostrata favorevole alla tesi contrattualistica in cui il concordato veniva definito un regolamento amichevole di dissesto commerciale del debitore, ovvero un contratto che intercorre tra l’assemblea dei creditori e il fallito. (Cass. N. 2593/1954; Tribunale di Roma DF 1956,II, 364; Appello Roma, DF 1959, II, 208).
Dagli anni ‘80 è prevalsa la concezione pubblicistica, in quanto il Tribunale nel giudizio di omologa, esercitava non solo un controllo di legittimità ma anche di merito (Cass. n. 1373/1975).
Il concordato preventivo: art. 160 L.F.
L’imprenditore (debitore) in stato di crisi presenta ai propri creditori un piano che presenta:
- la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione di beni, accollo o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito;
- l’attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di
concordato al c.d. xxxxxxxxx;
- la prosecuzione dell’attività d’impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio, ovvero il suo conferimento in una o più società, anche di nuova costituzione;
- la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei, con trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse.
Domanda di concordato
La domanda di concordato deve essere proposta con il ricorso al Tribunale del luogo ove l’impresa ha la propria sede principale, il trasferimento della sede intervenuto nell’anno antecedente al deposito del ricorso non rileva ai fini della individuazione della competenza.
Il debitore deve contestualmente depositare i documenti richiesti dall’art. 161, co. 2, L.F.:
a) una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa;
b) uno stato analitico ed estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;
c) l’elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore;
d) il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili.
Il Tribunale può, ai sensi dell’art. 163 L.F., effettuate le opportune verifiche, dichiarare inammissibile la domanda, con decreto non soggetto a reclamo.
Dott.ssa Xxxxxxx XXXXX 32
Domanda di concordato: ammissione
Effettuato il controllo formale, il Tribunale dichiara aperta la procedura e:
1) delega un giudice alla procedura di concordato;
2) ordina la convocazione dei creditori;
3) nomina il commissario xxxxxxxxxx;
4) stabilisce il termine per il deposito delle somme a copertura del 50% delle spese di
procedura.
Il concordato è approvato dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto (art. 177, L.F.).
Durante la procedura di concordato il debitore conserva l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale (art. 167, L.F.).
Dott.ssa Xxxxxxx XXXXX 33
Il «concordato in bianco»
La ragione per cui, dalla conversione del D.Lg. n. 83/2012, ad opera della Lg. n. 134/2012, molte imprese hanno fatto ricorso alla procedura prevista dall’art. 161 L.F. è dovuta al fatto che la presentazione della domanda di concordato in bianco produce gli effetti di cui all’art. 168 L.F., e cioè il blocco delle azioni esecutive.
Infatti, “dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore”.
Infine, i creditori non possono acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia autorizzazione del giudice e, soprattutto, le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato.
Con lo Studio n. 100-2013 pubblicato il 19 aprile il Consiglio Nazionale del Notariato ha approfondito l’istituto del cd. concordato in bianco di cui all'art. 161, comma 6, X.X. 00 marzo 1942, n. 267, introdotto con D.L. 83/2012, convertito dalla L. 134/2012.
Tale istituto consente all'imprenditore di depositare il ricorso contenente la domanda di concordato, unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo del medesimo art. 161, entro un termine fissato dal giudice. Tale termine deve essere compreso fra 60 e 120 giorni (prorogabile di ulteriori 60 giorni). Dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari (si produce il blocco delle azioni esecutive).
Se nel termine assegnato, il debitore non completa la documentazione, si applica l'articolo 162, commi secondo e terzo (inammissibilità della proposta di concordato e dichiarazione di fallimento).
Nella presentazione della domanda di concordato in bianco, deve obbligatoriamente intervenire un notaio, il quale è chiamato a redigere e depositare il verbale che attesta l’avvenuta deliberazione della domanda di concordato. Si ricorda che il quarto comma dell’articolo 161 L.F. prevede che per la società, la domanda di concordato con riserva deve essere approvata e sottoscritta a norma dell'art. 152, c. 3, L.F. e non rileva che tale ultima disposizione contempli l'approvazione “della proposta, e delle condizioni del concordato” e non della domanda.
Il «concordato in bianco»
Tribunale di Milano:
Un’impresa che abbia proposto domanda di concordato preventivo, dopo essere stata convocata dal Tribunale sul presupposto dell’inammissibilità del concordato, anziché rendere conto dei profili di inammissibilità eventualmente modificando la proposta, rinunci tout court alla domanda e contestualmente presenti un nuovo ricorso contenente altra domanda di concordato con riserva, si verifica uno sviamento abusivo dell'iter processuale, con conseguente ingiustificato pregiudizio del diritto del creditore alla declaratoria di fallimento. L'impresa ricorrente, da un lato mira a paralizzare l'istanza di fallimento del creditore e, dall'altro lato, ad evitare di rendere i chiarimenti e le integrazioni documentali richiesti dal Tribunale a pena di inammissibilità della originaria domanda. L'abuso del diritto è ravvisabile anche nell'area degli strumenti di composizione della crisi aziendale qualora gli istituti creati per far fronte alla crisi vengono deviati dalla loro funzione tipica, cioè quando le facoltà riconosciute dal legislatore siano esercitate con modalità tali da determinare un sacrificio sproporzionato ed ingiustificato delle ragioni dei creditori, dilatando in modo abnorme la durata del procedimento e gli effetti dell’automatic stay.
Il «concordato in bianco»
L’art. 161 prevede che la domanda per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo sia proposta con ricorso, sottoscritto dal debitore o, in caso di società, da coloro che ne hanno la rappresentanza sociale, al Tribunale del luogo in cui l'impresa ha (o aveva nell’anno antecedente al deposito) la propria sede principale.
La documentazione a corredo del ricorso comprende:
a) aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa;
b) stato analitico ed estimativo delle attività e l'elenco nominativo dei creditori, con
l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;
c) l'elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore;
d) il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili;
e) un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento
f) della proposta.
Piano e documentazione debbono essere accompagnati dalla relazione di un professionista, designato dal debitore, iscritto nel registro dei revisori legali in possesso dei requisiti di indipendenza di cui all’ articolo 67, terzo comma, lett. d), che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo. Analoga relazione deve essere presentata nel caso di modifiche sostanziali della proposta o del piano.
OIC 6
Ristrutturazione del debito e informativa di bilancio
OBIETTIVI DELL’OIC 6
Nell’ipotesi in cui la ristrutturazione del debito è posta in essere da un impresa che redige il proprio bilancio nel rispetto del principio della continuità aziendale:
a) Trattamento contabile;
b) Informativa integrativa;
nel caso in cui l’accordo di ristrutturazione del debito abbia finalità liquidatoria, si applica l’OIC 5 – Bilanci di liquidazione
Dott.ssa Xxxxxxx XXXXX 39
Definizione di ristrutturazione del debito
Per ristrutturazione del debito s’intende un’operazione mediante la quale il creditore effettua una concessione al debitore, in considerazione delle difficoltà finanziarie dello stesso, che si sostanzia nella rinuncia ad alcuni diritti contrattualmente definiti, che si traducono in un beneficio immediato o differito per il debitore. Da tale operazione il debitore trae un vantaggio, mentre il creditore subisce una perdita.
CONDIZIONI NECESSARIE:
1) situazione di difficoltà: il debitore non ha e non riesce a procurarsi i mezzi finanziari adeguati per soddisfare le obbligazioni dei pagamenti;
2) concessione del creditore: la rinuncia de creditore può riguardare l’ammontare del
capitale da rimborsare, l’ammontare degli interessi maturati; la tempistica dei pagamenti, accettare un’attività il cui valore risulti inferiore al valore del debito.
Dott.ssa Xxxxxxx XXXXX 40
1) modifica dei termini originari – rettifica delle condizioni del debito esistente (tasso di interesse, data di scadenza, ammontare del capitale da rimborsare);
2) trasferimento al creditore di un’attività – per estinzione parziale del debito;
3) emissione di capitale e assegnazione al creditore – estinzione parziale del debito mediante compensazione delle somme dovute con la sottoscrizione delle nuove azioni.
L’operazione di ristrutturazione può prevedere la combinazione di differenti modalità tra quelle sopraindicate.
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1) Modifica dei termini originari:
a) riduzione dell’ammontare del capitale da rimborsare;
b) riduzione dell’ammontare degli interessi maturati;
c) riduzione del tasso di interesse per la vita residua del debito
d) rimodulazione delle scadenze del debito, tali da comportare una riduzione del valore economico del debito.
Il debitore iscrive un utile da ristrutturazione nel CE voce E20 (proventi straordinari) nei soli casi a) e b) in contropartita rileva una riduzione di pari importo del valore contabile del debito. Importante è l’informativa in NI relativa al valore economico assunto dal debito, dove per valore economico si intende il valore attuale dei futuri pagamenti. La differenza con il debito originario determina il vantaggio conseguito dal debitore a seguito della ristrutturazione.
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Momento della contabilizzazione
Se la data della ristrutturazione cade in un esercizio diverso da quello del perfezionamento giuridico dell’operazione o della sottoscrizione dell’accordo per effetto di condizioni sospensive, il debitore deve:
qualora le attività sono iscritte nelle immobilizzazioni, classificare tali attività in un’apposita voce dell’attivo circolante, non rilevando eventuali ammortamenti a partire dalla data di riclassifica;
valutare le attività da cedere al minore tra il costo, al netto di eventuali ammortamenti e perdite durevoli di valore, e il valore di presumibile realizzo, l’eventuale minusvalenza è rilevata nella voce E21 oneri straordinari del CE.
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Informativa integrativa
Le informazioni relative alla ristrutturazione del debito debbono consentire ai destinatari del bilancio di avere una chiara percezione delle situazione di difficoltà finanziaria in cui versa l’impresa e di comprendere i benefici economici e/o finanziari che la ristrutturazione è in grado di produrre, anche per poter valutare tempi e modalità di superamento della situazione di difficoltà finanziaria, con il conseguente ripristino delle condizioni di equilibrio del sistema aziendale, indicando:
le cause che hanno generato la difficoltà;
esaustiva rappresentazione dell’esposizione debitoria;
le caratteristiche dell’operazione di ristrutturazione;
gli effetti, sia sul capitale che sul reddito, che la ristrutturazione produrrà in tutti gli esercizi interessati dall’operazione;
se la ristrutturazione garantisce il principio della continuità aziendale
(going concern);
l’ammontare dei debiti inclusi nell’operazione.
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Informativa integrativa
Tipologia di debito | Debiti ristrutturati | Debiti negoziati | Altri debiti | Totale debiti | % debiti ristrutturati | % debiti rinegoziati | % altri debiti | ||
scaduti | Non scaduti | scaduti | Non scaduti | ||||||
Fornitori | |||||||||
Banche | |||||||||
Leasing | |||||||||
Controllate | |||||||||
Tributari | |||||||||
TOTALE |
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Informativa integrativa
Nella NI del bilancio in cui la ristrutturazione diviene efficace bisogna fornire indicazione dei seguenti aspetti:
- la tipologia di ristrutturazione del debito;
- la data della ristrutturazione;
- una descrizione sintetica delle fasi di ristrutturazione;
- le modalità mediante le quali è stata eseguita l’operazione;
- la tipologia dei debiti ristrutturati;
- la presenza di eventuali condizioni risolutive o sospensive;
- indicazione degli oneri e proventi connessi all’operazione;
- la durata e i tassi di interesse
- l’esistenza di eventuali garanzie e/o impegni.
Al fine di informare i destinatari del bilancio in merito all’avanzamento del piano di ristrutturazione del debito e al rispetto delle condizioni previste, occorre aggiornare le informazioni in tutti i bilanci successivi.
Dott.ssa Xxxxxxx XXXXX 46