GRUPPO DI LAVORO:
Ministero della Salute
DIREZIONE GENERALE per L’IGIENE E LA SICUREZZA DEGLI ALIMENTI E LA NUTRIZIONE
LINEE DI INDIRIZZO
SUI PERCORSI NUTRIZIONALI NEI PAZIENTI ONCOLOGICI
Approvato in sede di Conferenza Stato Regioni, con Accordo (Rep. Atti n. 224/CSR) del 14/12/2017
GRUPPO DI LAVORO:
Xxxxxxxx Xxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxx Xxxxxxxxx Xxxxx Xxxxx, Xxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxx Xxxxxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxx.
Si ringraziano per la collaborazione:
Xxxxxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxx, Xxxxx Xxxxxxx, AIOM, FAVO, CITTADINANZA ATTIVA, ADI, SINUC, SINPE, SISA
INDICE
1. RAZIONALE
2. INTRODUZIONE
3. OBIETTIVI DEL DOCUMENTO
4. SCREENING NUTRIZIONALE DEL PAZIENTE ONCOLOGICO
5. LA RISPOSTA ORGANIZZATIVA ATTRAVERSO UN PERCORSO INTEGRATO PER UN PROGRAMMA NUTRIZIONALE PERSONALIZZATO E INTEGRATO AL TRATTAMENTO ONCOLOGICO
6. FORMAZIONE ED INFORMAZIONE AGLI OPERATORI SANITARI
7. APPENDICE: LA NUTRIZIONE ARTIFICIALE
8. APPROFONDIMENTO: IL MICROBIOMA
1. RAZIONALE
Le neoplasie rappresentano la seconda causa di morte a livello mondiale. Nonostante lo sviluppo scientifico il carico mondiale dei tumori è in continuo aumento e si ritiene possa raddoppiare entro il 2030.
Le alterazioni dello stato nutrizionale sono altamente prevalenti nei malati oncologici e la malnutrizione per difetto è considerata “malattia nella malattia”, con cui si stima convivano 33 milioni di persone in Europa (con patologie croniche e oncologiche), con un costo sociale di circa 120 miliardi di euro.
La scarsa attenzione per lo stato nutrizionale in corso di terapie oncologiche, ampiamente documentata nella letteratura internazionale, determina gravi conseguenze non solo sulla qualità della vita dei pazienti, ma anche sulla loro capacità di aderire ai diversi trattamenti proposti, con una conseguente peggior prognosi. Del resto, anche quando lo stato di malnutrizione viene riconosciuto, spesso non vengono attuate in maniera adeguata le necessarie misure correttive. Appare pertanto essenziale che la valutazione nutrizionale costituisca un elemento imprescindibile nell’approccio al paziente affetto da patologia oncologica, già nel corso della prima visita.
Queste osservazioni hanno evidenti implicazioni di politica sanitaria perché la programmazione e l’organizzazione dei servizi dovrebbero garantire un “percorso nutrizionale del paziente
oncologico”, anche attraverso protocolli di collaborazione con i pediatri di libera scelta, con i xxxxxx
di medicina generale e attraverso i contatti con gli specialisti del settore, per assicurare la continuità della cura indipendentemente dalla differenziazione e dall’organizzazione dei servizi a livello territoriale.
La consapevolezza della prevalenza e delle conseguenze negative della malnutrizione nel malato oncologico è ancora molto scarsa sia tra gli operatori sanitari sia tra i pazienti, ma un corretto e consapevole impiego delle conoscenze e delle tecniche relative ad un’adeguata nutrizione clinica in questi pazienti avrebbe una ricaduta positiva, con un favorevole impatto sugli esiti e sulla qualità di vita di questi pazienti e sulla spesa sanitaria.
Attualmente, in Italia, la gestione nutrizionale del paziente oncologico è molto variabile da regione a regione e non sempre la presa in carico e il supporto nutrizionale risultano appropriati. Per questo si rende opportuno un documento di indirizzo nazionale che proponga precisi standard di appropriatezza degli interventi nutrizionali nei pazienti oncologici, con l’individuazione di “Percorsi di Nutrizione Clinica nella gestione del malato oncologico e del soggetto che ha superato la malattia” sia in ospedale che sul territorio, prevedendo “modelli organizzativi che integrino le attività a livello ospedaliero, ambulatoriale e domiciliare.
Per questo il Ministero della salute ha ritenuto opportuno realizzare un documento nel quale si affrontano gli aspetti relativi agli screening e alla valutazione nutrizionale (che devono entrare a far parte della valutazione multidimensionale del malato oncologico, durante tutto il percorso terapeutico, “attivo” e "palliativo"), nonché alla presa in carico nutrizionale del malato oncologico (che va effettuata al momento della diagnosi di malattia e proseguita successivamente, nel cosiddetto “percorso parallelo metabolico-nutrizionale per il malato oncologico”).
2. OBIETTIVI
Il presente documento, che tiene conto anche della Carta dei Diritti del Paziente Oncologico all’appropriato e tempestivo supporto nutrizionale, sottoscritta nel 2017 da AIOM, FAVO e SINPE, e del contributo delle Società Scientifiche ADI, SINUC e SISA e di Associazioni di pazienti, ha l’obiettivo di:
• definire lo screening nutrizionale (validato per la valutazione dello stato nutrizionale) e i bisogni specifici in ambito nutrizione alla diagnosi, durante il percorso terapeutico, al follow- up e per la prevenzione terziaria;
• presentare il Modello per la risposta organizzativa attraverso un percorso integrato che permetta lo svolgimento di un programma nutrizionale personalizzato e associato al trattamento oncologico sin dal primo accesso ai servizi (Ospedale e Day Surgery, Reti territoriali, Continuità assistenziale MMG e PLS, Assistenza domiciliare, Nutrizione artificiale), applicando anche approcci innovativi (quali i rapporti tra terapia oncologica e microbioma);
• descrivere la formazione ed informazione agli operatori sanitari.
Gli effetti attesi di queste raccomandazioni sono quelli di ridurre le complicanze mediche, conseguenti alla malnutrizione e di facilitare il recupero dello stato nutrizionale e della salute fisica, che costituiscono tappe essenziali nel processo di guarigione.
3. INTRODUZIONE
L’estrema variabilità dell’incidenza della malnutrizione nei pazienti oncologici depone per una grande variabilità nella percezione clinica di questo rilevante problema assistenziale. Infatti, a seconda del contesto sanitario e degli strumenti utilizzati per valutare la malnutrizione si osserva una prevalenza della malnutrizione compresa tra il 25% e il 70% in diversi Paesi europei ed extra-UE.
I pazienti oncologici risultano essere quelli che presentano più frequentemente problemi nutrizionali, anche in fasi di malattia estremamente precoci, come subito dopo un intervento chirurgico attuato con intento radicale e, quindi, in assenza di metastasi.
Tra i pazienti neoplastici che perdono peso corporeo, il 20-30% muore per le conseguenze dirette ed indirette della malnutrizione. Frequenza e gravità della perdita di peso variano a seconda del tipo di tumore: l’80% dei pazienti con neoplasia del tratto gastrointestinale superiore ed il 60% di quelli con neoplasia polmonare presentano perdita di peso già al momento della diagnosi. Inoltre, perdita di peso si verifica nel 72% delle neoplasie pancreatiche, nel 69% delle neoplasie esofagee, nel 67% delle neoplasie gastriche, nel 57% dei tumori del distretto testa-collo, nel 34% delle neoplasie del colon retto, nel 31% dei casi di linfoma non-Hodgkin.
La presenza di neoplasia può avere significative conseguenze negative sullo stato nutrizionale del paziente e la malnutrizione per difetto quali-quantitativa, che frequentemente si instaura, non può e non deve essere considerata un effetto collaterale non prevenibile e non trattabile.
Nel paziente oncologico la malnutrizione, nelle sue diverse forme, ha un impatto negativo sulla prognosi, sulla risposta e tolleranza ai trattamenti e sulla qualità di vita. La malnutrizione per difetto è un vero e proprio predittore indipendente di aumentata morbidità e mortalità e la perdita di peso corporeo e di massa muscolare inducono un maggiore rischio di tossicità da chemioterapia.
In altri casi, le terapie antitumorali e la chemioterapia possono determinare un aumento di peso e la malnutrizione per eccesso, con conseguente sovrappeso e/o obesità un evento frequente nelle donne
trattate per neoplasia mammaria, rappresentando un fattore di rischio per sindrome metabolica e per recidiva di malattia.
Gli interventi di nutrizione clinica devono quindi essere attuati per evitare, in tali tipologie di pazienti oncologici, che sovrappeso e obesità intervengano come fattori prognostici negativi.
In tutte le diverse situazioni, l’intervento nutrizionale deve essere tempestivo e costituire, sin dal primo contatto del paziente con le strutture sanitarie, una parte integrante del percorso diagnostico- terapeutico-assistenziale che costituisce l’insieme delle cure oncologiche, ed essere personalizzato, dinamico e sempre finalizzato a prevenire e correggere la malnutrizione.
Inoltre, considerata la patogenesi multifattoriale della malnutrizione (per difetto e per eccesso) nel malato oncologico, è indispensabile considerare le cure nutrizionali come parte integrante di un percorso che abbia come presupposto un approccio multimodale e multiprofessionale.
All’interno di questo percorso devono essere prese in considerazione, accanto al monitoraggio dello stato metabolico-nutrizionale, tutte le opzioni terapeutiche potenzialmente attuabili (counseling nutrizionale, integrazione nutrizionale orale, nutrizione enterale, nutrizione parenterale), rispettando un continuum terapeutico che prenda di volta in volta in considerazione la dinamica delle esigenze del malato oncologico. E’ infine importante prevedere modalità per il monitoraggio e l’eventuale trattamento nutrizionale anche nei soggetti che hanno superato la malattia per la prevenzione a medio e a lungo termine delle complicanze legate alla malattia oncologica ed ai suoi trattamenti.
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4. SCREENING NUTRIZIONALE DEL PAZIENTE ONCOLOGICO
1- I fattori che incidono sullo sviluppo della malnutrizione e sul calo ponderale, spesso associato alla patologia neoplastica, possono essere plurimi e riconducibili sia alla stessa patologia oncologica (malassorbimento o localizzazione della neoplasia, o metastasi), sia all’intervento terapeutico (chemioterapia, radioterapia, chirurgia), che può comportare frequentemente sintomatologia contraddistinta da anoressia, nausea, vomito, disfagia, odinofagia e che può determinare un’alterazione dello stato di nutrizione o un peggioramento dello stesso. Anche i fattori psicologici possono incidere in maniera negativa sull’assunzione di cibo peggiorando l’eventuale stato di malnutrizione del paziente.
Le rilevanti finalità dello screening dello stato nutrizionale e della terapia nutrizionale specifica nel paziente oncologico sono quindi mirate a:
1. prevenire e trattare la nutrizione sin dalla fase iniziale della diagnosi di patologia oncologica;
2. ottimizzare e consolidare gli effetti della terapia antitumorale;
3. limitare gli effetti collaterali della terapia antitumorale;
4. migliorare la qualità di vita
5. prevenire complicanze delle terapie antitumorali e chemioterapiche quali obesità, sovrappeso e sindrome metabolica.
E’ quindi necessario che ogni paziente venga valutato nei diversi momenti del percorso diagnostico e terapeutico per cercare di ottimizzare lo stato di nutrizione e per migliorare la qualità della vita del paziente, già compromessa dalla patologia oncologica. Quindi la valutazione dello stato nutrizionale deve essere effettuata in tutti i pazienti al momento della diagnosi e ripetuta ad intervalli predefiniti. Anche nel caso di un’iniziale assenza di modificazioni dello stato nutrizionale, è importante un attento controllo poiché tale condizione può essere modificata dagli effetti secondari delle terapie e/o
dall’evoluzione della malattia. Una valutazione tempestiva dello stato nutrizionale è necessaria per evidenziare le alterazioni in fase precoce, con lo scopo di aumentare l’efficacia degli interventi terapeutici.
La valutazione dello stato nutrizionale è un processo multimodale, basato sulla storia clinica, sui trattamenti effettuati ed in corso, sulla presenza di sintomi non controllati, sulla rilevazione dei parametri antropometrici e su test di laboratorio.
Mediante un corretto screening nutrizionale si possono identificare, in maniera rapida, quei pazienti con caratteristiche comunemente associate a problematiche nutrizionali, che devono essere sottoposti ad una valutazione globale dello stato nutrizionale.
2 - Già alla diagnosi di patologia tumorale i pazienti potrebbero presentare uno stato di malnutrizione provocato dalla patologia e sarà quindi fondamentale un’attenta valutazione. Lo screening nutrizionale si avvale di test e questionari relativamente semplici, veloci e facili da usare, compilabili dai pazienti e dai familiari. La valutazione dello stato di nutrizione dovrà essere anche stimata mediante un’attenta analisi clinica dei pazienti.
3 - Sulla base dello screening effettuato e dell’eventuale evidenza di malnutrizione, sarà necessario un intervento correttivo: la terapia nutrizionale potrà essere di tipo preventivo se il paziente inizia ad essere seguito dalla diagnosi oppure di supporto se riscontrato in corso di terapie, quali nelle chemio- e/o radioterapie a elevata tossicità intestinale, oppure nelle neoplasie delle prime vie digestive. Lo scopo dell’intervento nutrizionale mirerà a minimizzare o evitare la compromissione dello stato di nutrizione durante la terapia per migliorare lo stato fisico del paziente e migliorare l’efficacia della terapia.
Il follow up, con la valutazione dello stato nutrizionale, dovrà essere effettuato ogni qual volta ci si renda conto di alterazioni del peso significative del paziente: in particolare, il peso corporeo e il conseguente calcolo dell’indice di massa corporea (IMC), e eventualmente l’anamnesi alimentare,
permetteranno di valutare eventuali iniziali segnali di malnutrizione del paziente affetto da patologia oncologica.
Primo accesso ai servizi (Accesso in Ospedale, pre-ospedalizzazione chirurgica, valutazione inter-disciplinare nei Gruppi di Lavoro per patologia)
I Pazienti oncologici, indipendentemente dallo stadio della propria malattia (iniziale o avanzata), debbono ricevere una immediata valutazione dello stato nutrizionale come parte integrante e non eludibile del percorso diagnostico. Infatti, l’incidenza di uno stato di malnutrizione (anche inapparente ad una valutazione superficiale), di sarcopenia o di pre-cachessia può complicare un eventuale intervento chirurgico o rendere impossibile il mantenimento di un adeguato trattamento medico preoperatorio.
• ANAMNESI e VALUTAZIONE ALIMENTARE
Il Patient Generated-Subjective Global Assessment (PG-SGA), il Subjective Global Assessment (SGA), il Malnutrition Screening Tool (MST) e il Mini Nutritional Assessment (MNA®) sono stati validati in ambito oncologico e hanno mostrato una sensibilità del 100% e una specificità del 92%, con un valore predittivo positivo pari a 0.8. La valutazione dei possibili motivi di un’alimentazione inadeguata (es. micosi cavo orale, nausea) sono fondamentali per determinare eventuali carenze di macronutrienti e micronutrienti ed intraprendere un intervento terapeutico mirato.
• VALUTAZIONE CLINICO/ANTROPOMETRICA
Determinazione di a) peso attuale e perdita di peso nei precedenti 6 mesi, 3 mesi e nell’ultimo mese; b) altezza e circonferenza vita del paziente c) valutazione delle pliche cutanee (tricipitale, bicipitale, sottoscapolare e soprailiaca); d) performance status; e) presenza di mucositi, xerostomia, disfagia, nausea cronica, sensazione di precoce sazietà, stipsi, dolore ed
altri sintomi in grado di influenzare lo stato nutrizionale; e) Subjective Global Assessment of Nutritional Status (SGA, disponibile in molti siti, tra cui xxx.xxxxxxxxxxxxx.xxx);
In particolare il peso dovrà essere valutato alla prima visita e ad ogni visita di controllo per valutare in maniera precisa e puntuale eventuali variazioni con conseguente modifica dell’IMC. Variazioni significative permetteranno di iniziare una terapia nutrizionale mirata al ripristino proteico-energetico e/o idrosalino.
• BIOIMPEDENZIOMETRIA (BIA)
La BIA può essere utile per valutare la composizione corporea (massa adiposa e massa magra) e lo stato d’idratazione del soggetto, ma anche il metabolismo basale per stimare e effettuare un’analisi dell’introito calorico del paziente oncologico e che permetterà di strutturare interventi nutrizionali specifici mirati. Inoltre, alcuni studi recenti suggeriscono come dati ottenuti con questa tecnica diagnostica permettano di predire la risposta dei pazienti per la loro qualità di vita e anche per la mortalità.
• ASSORBIMETRIA A RAGGI X A DOPPIA ENERGIA (DEXA)
Nel caso in cui la/il paziente affetto da terapia oncologica debba effettuare terapia anti- ormonale (es inibitori aromatasi) sarà opportuno valutare mediante DEXA lo stato della composizione corporea in quanto tale valutazione permetterà non solo di caratterizzare e quantificare massa magra, massa adiposa, ma anche di valutare la densità minerale ossea. La valutazione della composizione corporea del paziente oncologico permette di affrontare eventuali interventi mirati per ottimizzare le diverse componenti come nel possibile caso di perdita di densità minerale ossea, ma anche per monitorizzare le specifiche terapie utilizzate.
• Durante il percorso terapeutico per valutare lo stato nutrizionale ci si può avvalere di indici soggettivi ed oggettivi alcuni dei quali già utilizzati per lo screening dello stato di nutrizione alla diagnosi.
A - Indici soggettivi. Per valutare la percezione del paziente riguardo al proprio stato nutrizionale, possono essere impiegati strumenti di valutazione multidimensionali oppure specifici.
Strumenti multidimensionali. Si tratta di strumenti di valutazione che prendono in esame più fattori.
Tutti contengono specifici riferimenti all’appetito ed alle abitudini alimentari. I più comunemente usati nella pratica clinica sono: l’Edmonton Symptom Assessment Sistem (ESAS), il Memorial Symptom Assessment Scale, il Rotterdam Symptom Checklist e il Therapy Impact Questionnaire. Essi permettono di valutare non solo la percezione del paziente relativa alla nutrizione, ma anche la presenza e la gravità di altri sintomi che potrebbero contribuire a modificare le abitudini alimentari. Aspetto rilevante è la valutazione delle interazioni fra paziente e familiari, specie per quanto riguarda l’importanza attribuita all’alimentazione. Non è infrequente, infatti, il riscontro di famiglie all’interno delle quali l’alimentazione diventa argomento centrale di discussione, al punto da indurre nel paziente e nei familiari uno stato di ansia e depressione. Frequentemente viene usata la scala ESAS, costituita da dieci scale numeriche, con punteggi da 0 a 10, mirati a valutare la percezione di dolore, astenia, nausea, depressione, ansia, appetito, sensazione generale di benessere, dispnea, sonnolenza e qualità di vita (Tabella 109.2).
Per valutare le interazioni fra paziente e familiari, è preferibile utilizzare la Palliative Outcome Scale (POS) che, in 12 punti, valuta il dolore, il controllo dei sintomi, i bisogni del paziente e della sua famiglia, la comunicazione e l’informazione (Tabella 109.3).
Strumenti specifici. Uno strumento specifico per la valutazione dello stato nutrizionale è il Functional
Assessment of Anorexia/Cachexia Treatment (FAACT, disponibile dal sito xxx.xxxxx.xxx) o il Mini Nutritional Assessment.
B - Indici oggettivi. Una misura oggettiva dello stato nutrizionale può essere ottenuta mediante valutazioni di tipo clinico/antropometrico, biochimico e strumentale.
Valutazione clinico/antropometrica. Consiste in determinazioni già effettuate alla prima visita: a) peso
attuale e perdita di peso nei precedenti 6 mesi, 3 mesi e nell’ultimo mese; b) presenza di mucositi, xerostomia, disfagia, nausea cronica, sensazione di precoce sazietà, stipsi, dolore ed altri sintomi in grado di influenzare lo stato nutrizionale; c) performance status; d) valutazione delle pliche cutanee; e) Subjective Global Assessment of Nutritional Status (SGA, disponibile in molti siti, tra cui xxx.xxxxxxxxxxxxx.xxx); f) valutazione dell’apporto calorico mediante diario alimentare compilato dal paziente. L’uso del diario alimentare potrebbe essere però sconsigliabile poiché vissuto, dalla maggioranza dei pazienti, come un controllo da parte dei sanitari, che spesso solleva nel contesto familiare discussioni e contrasti, portando l’alimentazione del paziente ad argomento centrale di ogni conversazione, con una conseguente accentuazione dell’ansia del paziente ed uno scadimento della sua qualità di vita. Le valutazioni clinico-antropometriche hanno il vantaggio di essere applicabili a tutti i pazienti, di essere ripetibili e poco costose.
Valutazione biochimica. Gli esami di laboratorio più comunemente impiegati nella valutazione dello
stato nutrizionale sono: linfociti totali, proteine totali, albumina, rapporto albumina/globulina, pre- albumina, proteina legante il retinolo (RBP), transferrina, rapporto creatinina/altezza, transtiretina (TTR) e il Prognostic Inflammatory and Nutritional Index (PINI), basato sulla valutazione combinata di indici di alterazioni dello stato proteico e di infiammazione. Il PINI è calcolato come rapporto del prodotto tra l’alfa-1-glicoproteina acida (α1-AG) e la proteina C reattiva (PCR) ed il prodotto di albumina e prealbumina; un valore di PINI ≤1 è considerato normale. Il PINI fornisce informazioni utili da un punto di vista prognostico in pazienti in fase avanzata e consente di prevedere il rischio di tossicità ematologica alla chemioterapia. Si tratta, pertanto, di valutazioni dello stato nutrizionale riferite principalmente all’assetto proteico. Scopo del loro impiego è l’identificazione di alterazioni dello stato nutrizionale precocemente rispetto alla comparsa di alterazioni clinico-antropometriche. L’unico limite è relativo ai costi. In assenza di studi di farmaco-economia dedicati, si può però presumere che un’identificazione precoce di alterazioni dello stato nutrizionale consenta un
miglioramento delle condizioni generali del paziente e della sua qualità di vita, riducendo le complicanze legate alla malattia e ai trattamenti, nonché i ricoveri in ambiente ospedaliero.
Valutazione strumentale. Come già menzionato in precedenza, gli esami strumentali più comunemente
usati sono: BIA e DEXA. Si tratta di esami molto specifici che consentono di valutare in maniera differenziata massa magra e massa grassa e, nel caso della DEXA, anche la densità minerale ossea.
Un possibile limite è rappresentato dai costi e dalla difficoltà di esecuzione nel contesto della routine oncologica.
Bibliografia
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5. LA RISPOSTA ORGANIZZATIVA ATTRAVERSO UN PERCORSO INTEGRATO PER UN PROGRAMMA NUTRIZIONALE PERSONALIZZATO
E INTEGRATO AL TRATTAMENTO ONCOLOGICO
Un modello organizzativo capace di assicurare ai pazienti interventi nutrizionali adeguati, tempestivi, efficaci, efficienti e sicuri deve fondarsi su gruppi di lavoro interdisciplinari e multiprofessionali, in cui le diverse figure operino in stretta integrazione specialistica.
Tali percorsi assistenziali trovano il loro presupposto operativo in una maggiore presenza di alcune figure professionali attualmente carenti in molte realtà regionali, come medici esperti in nutrizione clinica, dietisti e psicologi, che dovranno trovare adeguato e specifico riconoscimento in una aggiornata organizzazione sanitaria regionale, non solo a livello ospedaliero, ma anche territoriale.
Pur demandando alle diverse strutture assistenziali regionali una puntuale organizzazione dei PDTA nutrizionali, è opportuno identificare alcune tappe comuni che dovranno essere prese in considerazione nella attuazione pratica di misure volte ad affrontare il tema della malnutrizione dei pazienti oncologici. Appare opportuno prevedere l’inserimento di PDTA nutrizionali all’interno dei PDTA delle diverse patologie, per evitare inutili e dispendiose duplicazioni di attività per uno stesso paziente. Infatti, è possibile, oltre che auspicabile, che la valutazione dello stato nutrizionale, la definizione del piano di intervento di prima linea, la misura dei risultati conseguiti (in termini di miglioramento dello stato nutrizionale), il follow-up e l’elaborazione di modalità di intervento di livello successivo siano presenti in parallelo con quelle della valutazione dell’evoluzione della patologia oncologica di base.
Come la Legge 38/2010 ha reso obbligatorio l’inserimento della rilevazione del dolore nella cartella clinica, sarebbe importante che, indipendentemente dallo stadio di malattia e del trattamento programmato, anche l’indicazione dello stato nutrizionale dei Pazienti oncologici, possa essere considerata necessaria, con l’impiego di strumenti di misura specifici e concordati con i medici nutrizionisti, oltre che la descrizione delle misure che sono state programmate per trattare le diverse
situazioni e la risposta terapeutica a questi interventi. Questo consentirebbe infatti di ridurre l’impatto di sofferenze evitabili e consentirebbe una migliore utilizzazione delle risorse del SSN.
Attraverso la stesura di PDTA specifici interaziendali si può ovviare all’eventuale (e, purtroppo, frequente) assenza di medici nutrizionisti in tutte le Aziende sanitarie ove vengono trattati i Pazienti oncologici.
Il PDTA interaziendale, partendo da una specifica valutazione, mediante strumenti di misura riproducibili, validati e condivisi, dello stato nutrizionale e delle necessità specifiche di ogni singolo Paziente può consentire un piano di intervento personalizzato, applicabile immediatamente in tutti i contesti assistenziali ospedalieri e, successivamente, anche al domicilio del Paziente, attraverso l’assistenza territoriale, con la collaborazione dei MdMG, dei PdLS e dei medici del territorio.
Primo accesso ai servizi ospedalieri (ambulatorio oncologico o chirurgico, pre-ospedalizzazione chirurgica, valutazione inter-disciplinare nei Gruppi di Lavoro per patologia).
Valutazione dello stato nutrizionale.
I pazienti oncologici, indipendentemente dallo stadio della propria malattia (iniziale o avanzata), debbono ricevere una immediata valutazione dello stato nutrizionale come parte integrante e non eludibile del percorso diagnostico. La valutazione dello stato nutrizionale, basata sulla stretta interazione tra medici esperti in nutrizione clinica e gli specialisti coinvolti nel trattamento della singola patologia neoplastica, che avranno condiviso gli strumenti di misura più idonei per ciascuna patologia oncologica, dovrà essere riportata in maniera esplicita nella documentazione clinica, spiegata esaurientemente al paziente e ai suoi familiari e comunicata al Medico di medicina generale (MdMG). Attenzione dovrà essere posta nella valutazione della necessità di un eventuale sostegno psicologico del paziente e della sua famiglia.
Anche se spesso i pazienti e i loro familiari interpretano in modo positivo un aumento di peso in corso di patologia oncologica, non dobbiamo dimenticare che anche condizioni di sovrappeso o obesità
possono influenzare negativamente l’evoluzione della patologia oncologica, attraverso una minore efficacia di alcune terapie (basti pensare alla correlazione negativa tra inibitori della aromatasi e la sopravvivenza nelle pazienti obese operate per cancro della mammella) o la limitazione ad alcuni trattamenti medici. Anche questo disordine nutrizionale, spesso difficile da affrontare, dovrà essere oggetto di specifica valutazione interdisciplinare.
Definizione del piano nutrizionale
Riconosciuto e misurato l’eventuale deficit nutrizionale, stabilite le cause della malnutrizione e le eventuali patologie concomitanti che possano incidere negativamente, si dovrà stilare, attraverso modalità condivise, uno specifico piano di intervento, definendo il tipo di supporto nutrizionale necessario, le modalità di somministrazione, gli eventuali altri specialisti da coinvolgere, gli accertamenti ancora necessari, i presidi da utilizzare per il sostegno nutrizionale ed i tempi di verifica del conseguimento dei risultati programmati, in modo da definire la tempistica delle successive rivalutazioni clinico-strumentali e di laboratorio, oltre che l’identificazione delle terapie volte a controllare le eventuali patologie concomitanti.
In caso di sovrappeso con significative ripercussioni sulle possibilità terapeutiche, si dovranno istituire i necessari correttivi.
Programmazione del follow-up specifico.
Al termine della prima visita, si dovranno identificare le modalità ed i tempi di verifica dei risultati dell’intervento nutrizionale collegialmente proposto, condividendo il percorso con il MdMG e, in caso di necessità, con il responsabile dell’assistenza domiciliare per le necessarie integrazioni operative a livello domiciliare o attraverso strutture territoriali competenti.
Obiettivo misurabile di questa prima fase di intervento è rappresentato dalla riduzione della perdita di peso e della sarcopenia, dal miglioramento della qualità della vita e dalle variazioni delle condizioni cliniche prima dell’intervento primario (medico, chirurgico o radioterapico) sulla malattia oncologica.
Reti territoriali
Costituiscono un anello di congiunzione imprescindibile tra quanto deciso a livello ospedaliero e quanto dovrà essere attuato in periodi spesso molto lunghi presso il domicilio del Paziente.
La creazione di Reti territoriali per la nutrizione clinica (eventualmente all’interno di percorsi assistenziali già disponibili a livello regionale) consente di migliorare l’accesso, promuovere l’attivazione e l’integrazione con le reti già esistenti della terapia del dolore e delle cure palliative, garantendo ai pazienti risposte assistenziali su base regionale e in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, con una migliore utilizzazione delle risorse economiche disponibili.
La definizione dei compiti delle diverse figure professionali coinvolte, insieme al MdMG e al Pediatra di libera scelta (PdLS), in questo processo di integrazione terapeutica rende evidente l’elevato livello di complessità organizzativa:
• Il medico nutrizionista definisce il piano nutrizionale e ne cura l’aggiornamento continuo attraverso la verifica periodica delle condizioni del paziente
• Il personale dietista collabora alla stesura del piano nutrizionale, valuta lo stato nutrizionale del paziente e ne controlla l’aderenza al programma individualizzato
• L’infermiere territoriale completa l’addestramento delle persone addette alla cura del paziente, iniziato in ambito ospedaliero, attua la terapia nutrizionale prescritta secondo protocolli validati, gestisce i presidi, controlla gli accessi enterali e parenterali, previene le complicanze locali, controllandone il trattamento, compila la cartella infermieristica e cura la tenuta della cartella clinica a livello domiciliare.
• Il Farmacista collabora con il medico nutrizionista alla definizione delle formule nutrizionali personalizzate, fornisce le miscele, i presidi e le attrezzature necessarie e svolge una funzione di farmacovigilanza.
• Potrà essere necessaria la presenza di psicologi o altre figure professionali idonee, capaci di collaborare a superare le grandi difficoltà di questa specifica area assistenziale.
In alcune Regioni sono previste figure professionali con il compito di coordinare, pianificare e seguire il percorso di deospedalizzazione sulla base del piano terapeutico redatto congiuntamente al momento della dimissione del paziente dalla struttura ospedaliera e condiviso con il MdMG e/o PdLS. Questi professionisti, che rappresentano il punto di collegamento tra la struttura ospedaliera, il territorio, il MdMG o il PdLS e coloro che sono coinvolti nell’assistenza domiciliare, dovranno prendere in carico il paziente e i suoi familiari già durante il ricovero ospedaliero, riducendo il rischio di pericolose carenze assistenziali tra le dimissioni e la reale presa in carico del paziente da parte del territorio. Inoltre, dovranno verificare, in accordo con i medici curanti, l’adesione al piano assistenziale nutrizionale e l’emergenza di eventuali ulteriori necessità. In assenza di queste figure di raccordo sarà elevato il rischio di una non ottimale assistenza con il conseguente rientro del paziente in ospedale, spesso attraverso un difficile percorso attraverso il pronto soccorso.
Nella organizzazione delle reti per la nutrizione dovranno essere identificati i criteri per la somministrazione del supporto nutrizionale a domicilio del paziente, distinguendo tra le diverse modalità disponibili nelle diverse situazioni cliniche, attraverso il riconoscimento delle necessità nutrizionali e di supporto del paziente, la verifica dei presupposti alla deospedalizzazione e della stabilità del quadro clinico, la presenza di adeguate condizioni sociali e ambientali, l’idoneità della persona addetta alla cura del paziente e la sua formazione, l’acquisizione del consenso informato, la definizione del programma nutrizionale e delle modalità di monitoraggio del follow-up, l’identificazione di indicatori di risultato clinico e la loro registrazione su supporti informatici condivisi.
Rilevante la codificazione dei rapporti tra le diverse figure professionali coinvolte, in particolare a livello territoriale (MdMG o PdLS, personale del Distretto, uffici amministrativi della ASL), al fine di garantire il controllo del materiale da inoltrare al domicilio del paziente, i tempi di consegna e la gestione di eventuali urgenze.
Infine, dovranno essere disponibili modalità di collegamento tra il personale impegnato nell’assistenza quotidiana con il centro di riferimento nutrizionale e con gli specialisti di area, al fine di garantire un adeguato aggiornamento professionale di tutti i soggetti coinvolti.
Continuità assistenziale MdMG e PdLS Assistenza domiciliare e strutture ospedaliere.
Nel corso degli ultimi anni un numero sempre maggiore di evidenze scientifiche ha confermato l'utilità, in termini di qualità e quantità di vita, di un approccio integrato precoce ai sintomi del malato oncologico e onco-ematologico.
Le cure simultanee nel malato oncologico rappresentano un modello organizzativo mirato a garantire la sua presa in carico globale attraverso un’assistenza continua, integrata e progressiva fra terapie oncologiche e Cure di supporto quando l’obiettivo principale non sia la sopravvivenza del malato. Tale modello, nuovo paradigma di cura per i malati oncologici, è stato inserito già nel Piano oncologico nazionale 2010-12 come obiettivo prioritario per migliorare la qualità della vita di questi pazienti. Nel 2012 anche la Società Americana di Oncologia Clinica (ASCO) ha ribadito che il modello di cure simultanee è il miglior modello, oggi utilizzabile, per il malato oncologico poiché riesce a garantire sia un più corretto ricorso ai servizi socio sanitari sia un più appropriato uso dei farmaci anche di quelli ad alto costo. La principale finalità è ottimizzare la qualità della vita in ogni fase della malattia, attraverso una meticolosa attenzione ai bisogni fisici, funzionali, psicologici, spirituali e sociali del malato e della sua famiglia.
Le cure simultanee richiedono tuttavia un cambiamento culturale e organizzativo rilevante per condividere scopi, valori e programmazione a livello di unità operative, gruppi multidisciplinari, servizi oncologici ospedalieri e servizi territoriali, ivi compreso il MdMG e i PdLS.
Per essere più aderenti ai bisogni del malato oncologico, è necessario pertanto identificare modelli organizzativi innovativi in grado di rispondere tempestivamente ai suoi bisogni e soprattutto facilitare
l'integrazione e l'interfaccia tra ospedale e servizi del territorio. In particolare bisogna anticipare
l'integrazione dei servizi dedicati alle cure del malato oncologico evitando la frammentazione degli interventi ed il ritardo nella presa in carico globale del paziente.
La costituzione di una rete nutrizionale (intesa come Rete regionale indipendente o inserita in quelle già disponibili) dovrà necessariamente prevedere una stretta interazione con i MdMG e con i PdLS, evitando di trasferire sull’assistenza territoriale percorsi assistenziali che prevedono una stretta integrazione tra competenze specialistiche diverse e collocate in strutture che, in alcune realtà regionali, possono essere geograficamente distanti.
Al fine di semplificare i percorsi di rete e garantire la continuità assistenziale, alcune Regioni si sono dotate di piattaforme informatizzate, accessibili da remoto da tutte le figure coinvolte nel percorso di governo clinico assistenziale e sociale.
Inoltre, estremamente promettente appare l’utilizzo di webcam per assicurare in ogni momento il contatto audio e video tra il paziente e il centro di riferimento. In questi casi, sarà possibile una comunicazione tra paziente e/o la persona che presta assistenza e la struttura assistenziale asincrona (via e-mail, internet, cellulare, sistemi di messaggistica automatizzati) o sincrona (via webcam, videoconferenza che coinvolge in tempo reale, con contatti faccia a faccia (immagine e voce) tramite apparecchiature (televisione, digitale fotocamera, videotelefono, ecc) per collegare la persona che presta aassistenza con uno o più pazienti contemporaneamente (es. ai fini della formazione, educazione, ecc).
In considerazione delle peculiari caratteristiche della assistenza nutrizionale, dovrà essere specificamente previsto un accordo con i MdMG e i PdLS che consenta loro di contribuire alla gestione dei loro pazienti, con garanzie di sostegno da parte della struttura ospedaliera di riferimento e della rete per la nutrizione in caso di comparsa di situazioni cliniche non più gestibili a domicilio.
Un precoce trattamento dei sintomi (tra cui la malnutrizione è uno dei principali) nei Pazienti oncologici si traduce in una drastica riduzione degli accessi in PS e degli accessi sotto-soglia (cioè, prima della data prevista per il ricovero successivo) e della degenza media nei Reparti (in quanto i
Pazienti sanno che sono disponibili specifici percorsi agevolati, qualora se ne manifestasse la necessità), con migliore utilizzazione delle risorse del SSN.
In questo contesto assistenziale il malato oncologico che necessita di un supporto nutrizionale dovrà proseguire attraverso le modalità assistenziali extra-ospedaliere descritte non solo il trattamento inizialmente condiviso con la struttura ospedaliera, ma anche una puntuale verifica dei risultati raggiunti e delle successive modalità di prosecuzione, modificazione o interruzione del supporto nutrizionale.
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• “…La malnutrizione in oncologia è un problema molto frequente, che incide negativamente sulla praticabilità e l’efficacia delle terapie, sulla sopravvivenza e sulla qualità di vita dei pazienti. Una valutazione nutrizionale tempestiva e la corretta gestione della terapia di supporto, partendo dal counseling nutrizionale fi no all’utilizzo della nutrizione artificiale, consentono di prevenire o trattare efficacemente la malnutrizione. Affinché ciò avvenga, è indispensabile che siano elaborati e utilizzati dei percorsi diagnostico-terapeutici condivisi tra Oncologi e Nutrizionisti Clinici….” Ottavo Rapporto FAVO, pp. 96-102, 2016
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6. FORMAZIONE SUGLI ASPETTI NUTRIZIONALI nel PAZIENTE ONCOLOGICO
Problematiche relative alla formazione dei professionisti in ambito sanitario
PRINCIPI GENERALI
Per far fronte alle problematiche relative allo stato nutrizionale del paziente oncologico è necessario che siano acquisite competenze trasversali nell’ambito delle professioni che, a diverso titolo, dovranno occuparsi di pazienti affetti da neoplasia.
E’ opportuna, pertanto, una rivisitazione, in collaborazione con la Conferenza permanente dei Presidenti dei Corsi di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia (xxxx://xxxxxxxxxx-xxxxxxxx.xx/) , dei
diversi curricula dei Corsi di Studio che a vario titolo formeranno professionisti che avranno a che fare con pazienti affetti da neoplasia perché gli aspetti nutrizionali diventino parte integrante della formazione.
Da una parte chi opera in ambito nutrizionale (medici con competenze/specializzazione in scienza dell’alimentazione e dietisti) deve acquisire, nel corso della formazione professionalizzante, competenze legate agli aspetti della malattia neoplastica (comprese le conseguenze e gli interventi che vengono messi in atto) che potranno influenzare lo stato di nutrizione o le modalità di esecuzione di un intervento nutrizionale. D’altro canto chi si occupa in maniera specifica della malattia neoplastica (oncologi, chirurghi, ematologi, radioterapisti) dovrà avere contezza delle conseguenze che la malattia neoplastica potrà avere sullo stato di nutrizione e della necessità di considerare questo come un target essenziale del percorso di cura.
La formazione in questo ambito dovrà mirare a far acquisire il “sapere” che comprende tutte quelle conoscenze necessarie alla valutazione ed alla interpretazione dei dati relativi allo stato di nutrizione
dei pazienti con neoplasia. Questo è, in linea di massima, caratterizzato da alterazioni del bilancio di energia e nutrienti (legati a difficoltà nell’introito alimentare per disfagia, mucositi, anoressia, stenosi; nell’assorbimento dei nutrienti ma anche all’eventuale aumento del fabbisogno energetico in una situazione di ipercatabolismo), della composizione corporea (es. frequente presenza di sarcopenia, variazioni – spesso riduzione, ma talvolta aumento- della massa grassa, variazioni dello stato di idratazione e della densità minerale ossea), delle funzioni biologiche e funzionali (assetto proteico e lipidemico, compenso glicemico, bilancio elettrolitico e idrico, autonomia e abilità nello svolgere le attività della vita quotidiana,…). E quindi, nell’ambito del “sapere” sarà necessario acquisire le conoscenze necessarie alla programmazione di un intervento nutrizionale in grado di ottimizzare gli apporti di energia e nutrienti, nel rispetto dei fabbisogni e delle condizioni cliniche, funzionali e metaboliche del paziente oncologico.
La formazione dovrà anche mirare a far acquisire la capacità di “saper fare” mettendo in condizione il professionista che prende in carico i pazienti con neoplasia, di utilizzare con competenza gli strumenti in grado di assicurare la precoce e ripetuta stima del rischio nutrizionale in tutti i pazienti, la valutazione approfondita dello stato di nutrizione (bilancio di energia e nutrienti, composizione e funzione corporea) in quei soggetti che presentano un rischio medio-elevato, la prescrizione di un intervento la cui intensità (dal counseling dietetico, alla dieta costruita ad personam, all’uso di oral nutritional supplement, alla nutrizione artificiale di supporto o totale) sarà funzione dello stato clinico- funzionale-nutrizionale e della prognosi. Inoltre, sarà anche necessario che il professionista sia in grado di valutare l’impatto che l’intervento nutrizionale può avere sulla qualità di vita del paziente onde evitare eventuali accanimenti terapeutici.
La formazione dovrà infine mirare a favorire l’abilità di lavorare in équipe, condividendo, nel rispetto dei ruoli, procedure e risultati. Tale formazione dovrà consentire al professionista di acquisire il “saper essere” necessario al confronto di idee, al rispetto di opinioni e posizioni diverse, alla conoscenza dei limiti del proprio intervento in un sistema complesso. L’intervento nutrizionale in ambito oncologico deve infatti integrarsi in una presa in carico multidimensionale del paziente. Lo stato di nutrizione e gli
aspetti più strettamente correlati alla neoplasia (deficit d’organo o conseguenze dell’intervento terapeutico) o alle conseguenze di questa (sul piano funzionale e psicologico) si debbono integrare nel definire gli aspetti complessivi bio-psico-sociali della malattia neoplastica. Non da ultimo sarà necessario essere formati a considerare gli aspetti etici di interventi che possono penalizzare la qualità di vita, aumentare rischi e prolungare sofferenze del paziente. Sarà infine necessario acquisire la capacità di “saper essere” nei confronti dei pazienti (e dei familiari di questi) che vivono la malattia neoplastica. Tutti questi aspetti vanno considerati nell’ambito di un lavoro di équipe in cui il paziente ed i suoi familiari, oltre che diverse figure professionali, con diverse competenze e sensibilità, siano coinvolti.
PRINCIPI ORDINAMENTALI ED APPLICAZIONE PRATICA NELLA PEDAGOGIA MEDICA E DELL’AREA SANITARIA
E’ opportuna, pertanto, una rivisitazione dei diversi curricula dei Corsi di Studio che a vario titolo formeranno professionisti che avranno a che fare con pazienti affetti da neoplasia perché gli aspetti nutrizionali diventino parte integrante della formazione.
Ciò è ancor più vero perché in alcune indagini, condotte in diversi Paesi, solo una minoranza di medici ha potuto affermare di sentirsi adeguatamente formato per fornire una consulenza in ambito nutrizionale. In queste indagini emergeva il nesso tra i livelli delle conoscenze e quelli dell’istruzione ricevuta.
L’auspicio è che si operi nella revisione dei curricula dei diversi Corsi di Studio indicando tra i saperi minimi, che ogni studente deve aver acquisito alla fine del percorso di formazione, anche quelle informazioni necessarie a comprendere meglio le problematiche relative alla nutrizione clinica applicata ai pazienti affetti da neoplasia.
In particolare:
- Per il CLM a ciclo unico in Medicina e Chirurgia nelle Attività Elettive è possibile inserire dei CFU ad hoc, ma sarebbe auspicabile che i Corsi integrati esistenti di Oncologia e di medicina Interna prevedessero un focus specifico anche di poche ore che dia allo studente in formazione pre-laurea la conoscenza minima necessaria per sapere identificare la problematica
- In tutte le Scuole di specializzazione di Area Medica, in cui è possibile che lo specialista incontri un paziente oncologico inerente la specifica tipologia della scuola, la nutrizione del paziente oncologico va inserito fra gli obiettivi formativi, mentre nelle Scuole di Oncologia, Ematologia, Medicina Interna e Geriatria devono essere inserite specifiche attività professionalizzanti
- Per la Scuola di specializzazione in Scienza dell’alimentazione va sottolineato che quanto già previsto nell’ordinamento didattico (DM 68/15) va verificato come requisito necessario di accreditamento dando priorità all’acquisizione di specifiche competenze attraverso la collaborazione con la rete oncologica ospedaliera e territoriale che deve contribuire obbligatoriamente alla formazione degli specializzandi.
- Nelle Lauree delle professioni sanitarie particolare quella di Dietistica, ma anche quelle di Infermieristica ed Infermieristica Pediatrica la nutrizione del paziente oncologico va inserito fra gli obiettivi formativi e specifici tirocini devono essere svolti nei reparti oncologici.
PRINCIPI PER UNA FORMAZIONE ANDRAGOCICA E FORMAZIONE CONTINUA
Tutto quanto sopra è evidentemente valido sia per i giovani studenti in medicina e nelle Lauree delle professioni sanitarie sia per i giovani colleghi inseriti nei percorsi formativi delle Scuole di Specializzazione, ma non dobbiamo dimenticare che il medico ed il professionista sanitario, come pure lo specialista, hanno una vita professionale di decenni e per questo devono avere ulteriori occasioni di formazione volontaria ed obbligatoria.
Per la prima tipologia, cioè la formazione volontaria, tutti gli specialisti che affrontano il paziente oncologico dovrebbero avere a disposizione, da parte della formazione universitaria specialistica, Master Universitari e Corsi di Alta Formazione Universitari dedicati all’approfondimento degli aspetti nutrizionali del suddetto paziente. Sarebbe fondamentale richiedere ai singoli Atenei, o a Consorzi regionali degli stessi, di istituire uno o più corsi dedicati ai vari livelli di professionisti coinvolti, che qualifichino e riqualifichino sul tema il personale laureato e specialista.
Per la tipologia della formazione continua obbligatoria l’ambito della nutrizione del paziente oncologico dovrebbe rientrare, a pieno titolo, nell’ambito della formazione strategica per il SSN, cioè quella formazione per cui la CNFC potrebbe richiedere obbligatoriamente l’acquisizione di crediti ECM a chiunque operi attivamente nelle strutture oncologiche o sul territorio su questa tipologia di pazienti. Data l’evoluzione costante di questo ambito sarebbe opportuno un aggiornamento a scadenze predeterminate, attraverso corsi residenziali, o meglio e più semplicemente, corsi FAD. Per la predisposizione di tali corsi si potrebbe richiedere il contributo scientifico e formativo di un coordinamento delle Società Scientifiche del settore proprio al fine di avere una voce comune ed un adeguamento costante alle più attuali indicazioni.
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7. APPENDICE: LA NUTRIZIONE ARTIFICIALE
Nella pratica clinica può essere utile distinguere due differenti situazioni in base all’aspettativa di vita del paziente. In tutti i casi, il trattamento dell’anoressia e delle alterazioni dello stato nutrizionale, non può prescindere dal controllo dei sintomi correlati, che possono a loro volta peggiorare il quadro clinico, e dall’educazione alimentare del paziente e dei familiari.
Il trattamento farmacologico, scelto in base alle caratteristiche del paziente, si può avvalere dell’uso di progestinici e corticosteroidi, di cui è stata evidenziata l’efficacia, e/o di nuovi farmaci o farmaci riscoperti per uso diverso da quello consolidato e meritevoli di ulteriori studi.
La consulenza nutrizionale è finalizzata ad impostare una dieta personalizzata che tenga conto di: a) necessità di apporto calorico; b) gusti ed abitudini alimentari del paziente; c) presenza di sintomi e/o effetti collaterali in grado di modificare lo stato nutrizionale. Questo aspetto va considerato non solo nei pazienti in trattamento, ma anche in quelli in follow-up che, pur liberi da malattia, possono presentare esiti dei trattamenti in grado di alterare la nutrizione (enterite post-attinica, xerostomia, nausea cronica, solo per citarne alcuni); d) importanza attribuita all’alimentazione da parte del paziente e dei familiari; programma terapeutico della malattia di base. Importante è anche l’educazione nutrizionale del paziente e dei familiari. A tal fine possono essere fornite schede informative finalizzate ad istruire il paziente ed i familiari su come migliorare la nutrizione in funzione di specifici problemi. Le linee guida dell’American Society of Clinical Oncology o della Società Italiana di Oncologia Medica, recentemente pubblicate in accordo con la SINPE, raccomandano gli interventi di educazione alimentare come primo ed imprescindibile intervento nel supporto nutrizionale.
Gli integratori alimentari sono frequentemente impiegati nel trattamento dell’anoressia e del calo ponderale. Si tratta, in prevalenza, di integratori ipercalorici, iperproteici ed ipolipidici. Diversi studi e revisioni della letteratura hanno mostrato un effetto positivo di integratori contenenti EPA sull’appetito e sull’aumento del peso corporeo e della massa magra. Il ruolo della nutrizione artificiale nei pazienti
oncologici è ancora controverso. Da un punto di vista pratico, i problemi che si pongono di fronte ad un paziente con segni di malnutrizione e/o con incapacità ad alimentarsi sono:
a) è opportuno somministrare una nutrizione artificiale?
b) qual’è la via di somministrazione da preferire?
Riguardo al primo quesito, le indicazioni ad una nutrizione artificiale attualmente condivise sono: a) pazienti sottoposti a terapie con alte dosi e trapianto di midollo osseo. In questi pazienti la nutrizione artificiale ha mostrato di migliorare la risposta ai trattamenti e la sopravvivenza; b) pazienti in cui lo stato di malnutrizione può rendere impossibile la somministrazione della terapia. Questo si riscontra frequentemente nel caso di neoplasie del primo tratto dell’apparato digerente, come pure nei pazienti sottoposti a radioterapia per neoplasie della testa e del collo. Un precoce intervento nutrizionale consente di prevenire la perdita di peso, il peggioramento della qualità di vita e la disidratazione; c) pazienti in fase avanzata di malattia, in cui la prognosi sia tale da permettere di definire il rischio di morte per malnutrizione più elevato del rischio per morte di neoplasia. E’ ampiamente dimostrata l’inefficacia della nutrizione artificiale nei pazienti al termine della vita, per quanto riguarda la sopravvivenza e la qualità di vita. Al contrario, può essere utile somministrare una nutrizione artificiale nei pazienti a prognosi più favorevole. Allo scopo di selezionare questi pazienti si possono usare scale appropriate, quali il Palliative Prognostic Score che, mediante la valutazione integrata di indicatori clinici e di laboratorio, consenta di definire le probabilità di sopravvivenza a 30 giorni. La nutrizione artificiale diventa utilizzabile per i pazienti con probabilità di sopravvivenza a 30 giorni superiore al 70% e con impossibilità ad assumere alimenti per via orale; nei pazienti con malattia più avanzata (possibilità di sopravvivenza a 30 giorni inferiore al 70%) può essere preferibile un semplice regime di idratazione. La nutrizione parenterale totale, nei pazienti con malattia in fase avanzata, è indicata solo se: 1) l’attesa di vita è primariamente condizionata dalla malnutrizione più che dalla malattia; 2) l’attesa di vita è superiore a 2 mesi; 3) le condizioni cliniche sono determinate dalla malnutrizione senza l’associazione di sintomi severi o non controllati; 4) il PS sec. Karnofky è maggiore di 50.
Relativamente alla via di somministrazione, nessuna differenza in termini di efficacia è stata dimostrata fra la parenterale e l’enterale. La somministrazione enterale, in presenza di un apparato gastro-enterico funzionante, è da preferire in quanto più semplice da somministrare anche a domicilio, con minori rischi di complicanze e anche meno costosa. Controindicazioni assolute sono: occlusione intestinale, diarrea grave e pancreatite acuta. In questi casi si può ricorrere ad una somministrazione per via parenterale.
Per quanto riguarda la ripartizione fra i vari componenti, non ci sono dimostrazioni circa la superiorità di un regime rispetto ad un altro relativamente al rapporto glucidi/lipidi ed all’impiego di aminoacidi a catena ramificata, a meno di concomitante presenza di altre comorbidità rilevanti dal punto di vista clinico.
Numerosi sono i farmaci utilizzabili come integrazione ad un corretto programma di sostegno nutrizionale, definito dallo specialista nutrizionista, in accordo con le diverse figure professionali impegnate nel percorso assistenziale del singolo paziente in ogni momento del percorso terapeutico.
8. APPROFONDIMENTO: IL MICROBIOMA
Prende il nome di Microbioma, l’insieme del patrimonio genetico e delle interazioni ambientali che vivono nel nostro organismo, soprattutto nell’apparato digerente ma anche sull’epidermide, nel cavo orale e in altri apparati. Nello specifico comparto intestinale, l’insieme dei microrganismi simbiontici che occupano l’intera lunghezza e larghezza del tratto, prende il nome di Microbiota intestinale il quale presenta una variabilità individuale, ospite specifica, determinata e suscettibile alle modificazioni esogene ed endogene come l’area geografica e lo stile di vita, e svolge molteplici funzioni che influenzano la fisiologia, i processi metabolici e, di conseguenza, lo stato di salute.
L’intestino umano, dunque, ospita centinaia di diverse specie di batteri, compresi anche funghi e virus e con un numero complessivo di cellule batteriche che supera l’intero ammontare di quelle che compongono il corpo umano, costituendo un vero e proprio ecosistema che svolge ruoli fisiologici importantissimi per la salute dell’ospite tanto da essere considerato un “organo microbico”. E’ per tale ragione che, negli ultimi anni, si sta approfondendo questo tema in campo biomedico; infatti, dopo l’ambizioso progetto del sequenziamento del genoma umano ora il via al sequenziamento del microbioma (Human Microbiome Project), ossia delle sequenze geniche delle popolazioni microbiche che colonizzano il tratto digerente, costituenti nel loro complesso il microbiota.
La composizione nelle singole specie microbiche varia tra individui diversi così che nello stesso individuo la comunità microbica tipica rappresenti un tratto distintivo e caratterizzante: a partire dalla nascita avvenuto il contatto con i genitori e con l’ambiente esterno e simultaneamente allo sviluppo del sistema immunologico intestinale; da questa specifica base individuale si susseguono varie modifiche nel corso delle diverse fasi della vita che possono tradursi anche nella possibilità dell’instaurarsi di particolari condizioni patologiche. Il Progetto Microbioma Umano, si prefigge anche l’obiettivo di
stabilire una certa stabilità funzionale atta a garantire un set base di reazioni biochimiche comuni all’interno della variabilità del microbioma.
La conoscenza circa le funzioni del microbioma porta con sé un cambiamento di prospettiva in cui l’analisi meta-genomica mostra come molti dei geni microbici codifichino per funzioni attualmente ancora sconosciute, aprendo uno scenario in cui lo stato di salute ed il benessere dell’organismo risultano programmate e regolate non solo attraverso le sequenze del DNA ma anche dalle variazioni epigenetiche che il microbioma attua sull’espressione dei stessi geni.
In nutrizione è importante descrivere ed approfondire il comparto di colonia batterica legato alla funzione digerente e dell’assorbimento. In ogni individuo troviamo da 1013 a 1014 microrganismi che contengono circa 100 volte più geni rispetto al nostro genoma. Studiando la loro distribuzione lungo l’apparato digerente notiamo come i microbi, soprattutto i batteri, occupino lo strato esterno del muco di rivestimento formando con esso, e con la mucosa, una vera e propria barriera difensiva.
Come riportato in letteratura, vi sono sempre più prove del fatto che i microrganismi intestinali ed i loro prodotti metabolici interagiscono con gli ormoni ivi prodotti, lo stato infiammatorio e pro- e infiammatorio e non ultima con la motilità stessa dell’intestino. La variazione della composizione del microbiota intestinale, può inoltre influenzare anche la spesa energetica, la sazietà e l’assunzione di cibo, influenzando quindi l’aumento o la perdita di peso corporeo.
Nota è anche la possibilità di interazioni tra i batteri del microbioma o loro particolari cataboliti ed il sistema immunitario e la mucosa intestinali. La flora batterica, infatti, ricopre anche importanti funzioni metaboliche, riducendo tossine alimentari e sostanze cancerogene, sintetizzando micronutrienti, fermentando sostanze alimentari altrimenti indigeribili, favorendo l’assorbimento in particolar modo di alcuni elettroliti e minerali e incidendo sulla crescita ed il differenziamento degli enterociti e colono citi attraverso la produzione di acidi grassi a catena corta.
In condizioni di normalità, la flora intestinale è prevalentemente aerobica nel tratto superiore e in maggioranza anaerobica nel tratto inferiore; gli studi dimostrano come questa differenza sia
fondamentale nel mantenimento delle corrette funzioni gastrointestinali, digestiva ed assorbitiva, e del sistema immunitario specifico dell’organo. E’ stato, inoltre, ipotizzato che la flora intestinale specifica dell’individuo e con relativa efficienza metabolica specifica, possa presentare determinate caratteristiche di composizione della colonia batterica predisponenti all’obesità secondo meccanismi che influenzano l’energia ricavata dalla dieta.i La comunità microbiotica simbiotica, dunque, in salute o in condizioni di alterata funzionalità secondo un quadro che viene scientificamente definito di disbiosi, mostra pertanto una forte interazione con l’ambiente locale e le risposte sistemiche, svolgendo un ruolo fondamentale nella nutrizione, nell’immunità, nel metabolismo e nelle condizioni patologiche incluse i tumori.
Il cibo che consumiamo alimenta non solo noi ma anche la vasta e diversificata comunità microbica che risiede all’interno del nostro tratto gastrointestinale. In un processo di coevoluzione simbiotica, il microbiota intestinale è diventato essenziale per il mantenimento della salute. L’identificazione delle comunità microbiche associate alla cancerogenesi si profila, dunque, di cruciale importanza.
L’avvento della tecnologia di sequenziamento e della profilassi metabolica di nuova generazione hanno rivelato, in questi ultimi anni, la notevole complessità della diversità e della funzione microbica e che il microbiota nel suo essere produce un’ampia varietà di prodotti bioattivi che influenzano la salute. L’evoluzione delle tecniche molecolari indipendenti dalla coltura, ha permesso di identificare le principali specie batteriche in individui sani, le condizioni infiammatorie e di CRC (cancro del colon- retto), terzo più comune al mondo e causa di circa 500.000 decessi annui.
Alcuni recenti studi in proposito, hanno dimostrato le differenze nel microbiota intestinale tra pazienti con tumore del colon e individui sani, fornendo una migliore comprensione dell’interazione tra patologie e simbionti nello sviluppo del tumore. Non è stato individuato un singolo organismo causale in CRC, tuttavia, vi sono prove evidenti che la riduzione dei batteri protettivi, l’aumento di altri tra cui i membri del Fusobatterio, Bacteroides/Prevotella, e le variazioni legate all’età nel microbiota hanno un impatto sull’adenoma o sullo sviluppo del cancro. Sono stati individuati diversi modelli
composizionali di microbiota e le loro associazioni con stati di salute e di malattia; quello che è emerso da questa osservazione è una combinazione che vede un rapporto disturbato tra microbiota-ospite, definito dysbiosis, ora riconosciuto come la causa principale di una crescente lista di malattie, incluso il cancro del colon-retto (CRC).
Ci sono testimonianze, in vivo come in vitro, a supporto dell’evidenza che suggerisce come e quanto la dieta seleziona per la composizione della flora intestinale e in che modo diversi effetti promozionali e deleteri della dieta sono in realtà mediati dal microbiota. Ne è un esempio la scoperta della fattibilità della fibra alimentare come coadiuvante nella sintesi microbica del colon di metaboliti antiproliferativi e contro i carcinogeni, sottolineando la prerequisizione della modifica alimentare come misura fondamentale per frenare la pandemia del CRC.
Questo, come il consumo di carne rossa, sono solo alcuni esempi primari di come la nostra dieta, e la sua interazione con il microbioma, possa giocare un ruolo determinante in un percorso di riabilitazione anche delicato come quello oncologico.
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