DOTTORATO DI RICERCA IN
DOTTORATO DI RICERCA IN
DIRITTO DEGLI AFFARI E TRIBUTARIO DELL’IMPRESA
XXVII CICLO
IL CONTRATTO DI RETE CON AUTONOMIA PATRIMONIALE NON SOGGETTIVATA: ESEMPIO DI DESTINAZIONE DI PATRIMONI PER L’ESERCIZIO IN COMUNE D’IMPRESA?
TUTOR
Xxxxx.xx Xxxx. Xxxx Xxxxxxxx XXXXX
DOTTORANDA
Dott.ssa Xxx XXXXXXX
Anno accademico 2015/2016
INDICE
Introduzione 5
CAPITOLO 1 Il contratto di rete 14
1. Una panoramica delle differenti forme di aggregazione tra imprese nel tempo 14
Le società 17
I contratti plurilaterali, in particolare ATI, joint ventures e consorzi 19
I contratti bilaterali collegati, ad esempio la subfornitura ed il franchising 22
2. Il d.l. 78/2010, tentativo del legislatore di migliorare e chiarire la normativa sui contratti di rete 25
3. I requisiti del contratto di rete 28
Soggetti 28
Scopo 30
Oggetto del Contratto di Rete 34
Programma di rete 38
Organo comune 40
Fondo patrimoniale 43
Recesso 46
4. L’aspetto cruciale dell’individuazione della natura giuridica del contratto di rete 47
Disciplina di rilevanza tributaria 47
Contratto trans - tipico 48
Nuovo tipo contrattuale 50
5. Che tipo di contratto? 52
Contratto plurilaterale di tipo associativo 57
Contratto non associativo 59
6. Il contratto di rete oggi 63
Quanti modelli di rete? 64
CAPITOLO 2 L’esercizio in comune dell’attività di impresa non soggettivata 74
1. L'attività di impresa 74
Le sue diverse forme di esercizio 79
2. L'imputazione dell'attività di impresa nel contratto di rete non soggettivato 91
L'organo comune 94
3. Cosa si intende per esercizio in comune. La "rete" come possibile forma di impresa collettiva? 102
CAPITOLO 3 Il contratto di rete come esempio di patrimonio destinato 109
1. Il perseguimento di uno scopo, come alternativa alla creazione di un nuovo soggetto di diritto, per beneficiare della limitazione della responsabilità patrimoniale 109
I patrimoni destinati ad uno specifico affare 116
L’ articolo 2645 ter c.c. 122
I fondi comuni d’investimento 125
Il fondo patrimoniale 130
Il trust 132
2. La natura del fondo patrimoniale comune 136
Il rapporto con l'articolo 2614 c.c. e 2615 c.c. 141
Il giudizio di compatibilità alla luce dell'ultima modifica legislativa 149
CAPITOLO 4 L’esperienza americana 152
1. L'esperienza americana in materia di contratti per l'innovazione 152
ll “contract for innovation” 156
Il contratto di rete e il “contract for innovation” 166
2. Asset partitioning 168
Benefici 172
Creazione di una nuova entità giuridica o creazione di un patrimonio finalizzato 176
Bibliografia 180
INTRODUZIONE
Il contratto di rete è stato introdotto nel nostro ordinamento dal d.l. n. 5 del 2009 convertito dall'articolo 3 della legge n. 33 del 2009 rubricato "Distretti produttivi e reti d'imprese".1
Già nel 2008 l'articolo 6 bis del d.l. n. 112 aveva previsto anche per le reti di impresa l'applicazione di alcune agevolazioni fiscali2 dettate per i distretti produttivi. In assenza, a quell’ epoca, di una definizione di rete di impresa, la stessa doveva essere individuata attraverso un decreto del Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell'Economia e delle Finanze, previa conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Province di Trento e Bolzano.
In realtà il 10 febbraio 2009, senza attendere il decreto del Ministero dello Sviluppo, il contratto di rete è stato introdotto col decreto intitolato "Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, nonché disposizioni in materia di produzione letteraria e rateizzazione del debito nel settore lattiero caseario".
1 Il testo dell'art.3 commi 4 ter e quater della l. 33/2009 così recitava:
"Con il contratto di rete due o più imprese si obbligano ad esercitare in comune una o più attività economiche rientranti nei rispettivi oggetti sociali allo scopo di accrescere la reciproca capacità innovativa e la competitività sul mercato. Il contratto è redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata e deve indicare:
a) la denominazione sociale delle imprese aderenti alla rete;
b) l'indicazione delle attività comuni poste a base della rete;
c) l'individuazione di un programma di rete che contenga l' enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascuna impresa partecipante e le modalità di realizzazione dello scopo comune da perseguirsi attraverso l'istituzione di un fondo patrimoniale comune, in relazione al quale sono stabiliti i criteri di valutazione dei conferimenti che ciascun contraente si obbliga ad eseguire per la sua costituzione nonché le relative modalità di gestione, ovvero mediante ricorso alla costituzione da parte di ciascun contraente di un patrimonio destinato all'affare, ai sensi dell'articolo 2447-bis, primo comma, lettera a) del codice civile;
d) la durata del contratto e le relative ipotesi di recesso;
e) l'organo comune incaricato di eseguire il programma di rete, i suoi poteri anche di rappresentanza e le modalità di partecipazione di ogni impresa alla attività dell'organo.
Il contratto di rete è iscritto nel registro delle imprese ove hanno sede le imprese contraenti."
2 XXXXXXX M.R., Reti di imprese, contratto di rete e reti contrattuali. Non minor virtus est tueri et perficere rem inventam... quam reperire, Obbligazioni e Contratti, 2009, pag. 951: “facilitazioni e possibilità di instaurare procedimenti collettivi nei rapporti con la pubblica amministrazione e in particolare nell’accesso ai contributi erogati a qualunque titolo sulla base di leggi regionali, nazionali o di disposizioni comunitarie; facoltà di stipulare, per conto delle imprese, negozi di diritto privato secondo le norme in materia di mandato di cui agli artt. 1703 ss. c.c.; facilitazioni finanziarie; promozione nell’attività di ricerca e sviluppo".
Da quel momento sono stati versati fiumi di inchiostro3 nel tentativo di spiegare la nuova disciplina dettata.
Il primo fra tutti a sovrascrivere è stato il legislatore che mai, come nel caso dei contratti di rete, ha ridisegnato nell'arco di un brevissimo periodo, l'intero assetto normativo.
L'annoso dibattito, che ha impegnato la dottrina, è addebitabile prevalentemente a quella che è stata definita come una "sciatta tecnica normativa"4. Altri lo hanno
3 BELUSSI F., Creatività e routine nelle reti: business network, reti distrettuali, reti creative e catene globali del valore, in Reti di imprese, scenari economici e giuridici, a cura di Mastroberardino-Xxxxx- Xxxxxxx, Torino 2006; BERTOZZI L., Organo comune e fondo patrimoniale del contratto di rete: problematiche civilistiche e fiscali, Fisco, 2016, 7, 630; CAFAGGI F., Il contratto di rete, commentario, Bologna, 2009 - CAFAGGI F., Il contratto di rete e il diritto dei contratti, in I contratti, 10/09 pag 917 ss.; CAFAGGI F., IAMICELI P., XXXXX G.D., Il contratto di rete per la crescita delle imprese, in Quaderni di giurisprudenza commerciale, Milano, 2012; CAFAGGI F., IAMICELI P., XXXXX G.D., Il contratto di rete e le prime pratiche: linee di tendenza, modelli e prospettive di sviluppo, in I contratti, 8-9, 2013; Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, Linee Guida per i Contratti di Rete, marzo 2012, in xxx.xxxxxxxxxx.xx; XXXXXXXXX G., La rete e i patrimoni destinati, in Il contratto di rete per la crescita delle imprese, a cura di CAFAGGI F., IAMICELI P., XXXXX G.D., in Quaderni di giurisprudenza commerciale, Milano, 2012; CREA C., Reti contrattuali e organizzazione dell’attività di impresa; DONATIVI V., Le reti d'impresa: natura giuridica e modelli d'impresa, in Le società 12/2011 pag.1434 ss.; FERRARI C., La governance del contratto di rete nelle prime applicazioni: modelli di organo comune e natura del rapporto gestorio, in I contratti, 8-9, 2013; GRANELLI C., In margine alla ricerca della "Fondazione BrunoVisentini" sulle prassi applicative del contratto di rete, in Contratti di rete prime applicazioni pratiche a cura di D'Amico e Xxxxxxx, I contratti, 2013, 8-9 p.799 ss.; GUERRA F., Il contratto di rete tra imprese: profili organizzativi, in I contratti, 4, 2014, p. 397; GUZZARDI G., Note preliminari allo studio del contratto di rete, in Contratto e impresa, 2013, 2, p. 501 ss.; IAMICELI P., Dalle reti di imprese ai contratti di rete: un percorso incompiuto, in Le reti di imprese e i contratti di rete, a cura IAMICELI P., Torino 2009; XXXXXXX X., Il "contratto" e la "rete": brevi note sul riduzionismo legislativo", in Contratti, 2009, 10, 951; MILELLA M., Rapporti tra imprese e contratti di rete, in Obbligazioni e Contratti, 7, 2015 pag. 371 ss.; XXXXX G.D., Frammenti ricostruttivi sul contratto di rete, in Giurisprudenza commerciale, parte I, 2010, p. 839 ss.; XXXXX G.D., Il contratto di rete dopo la riforma: che tipo!, in Il contratto di rete per la crescita delle imprese, Quaderni di Giurisprudenza commerciale, Milano, ISBN 88-14-17451-2, 2013, pp. 29-40; ROSSI M.A., Innovazione conoscenza ed allocazione dei diritti di proprietà intellettuale nelle reti di imprese, in Reti di imprese tra regolazione di norme sociali, Bologna 2004; SALVATI G.G., La trasformazione in rete di imprese, in impresa individuale e in comunione d'azienda, in Contratto e Impresa, 2015, 6, 1352; XXXXXXXXX R., Il contratto di rete fra comunione di imprese e società consortile, in Rivista di diritto civile, fasc. 3, 2011 pag. 324 ss.; SCARPA D., La responsabilità patrimoniale delle imprese contraenti per le obbligazioni assunte a favore di una rete tra loro costituita, in La responsabilità civile, 2010, p. 406 ss.; SCOGNAMIGLIO C., Il contratto di rete: il problema della causa, in Contratti, 2009, 10, 961; SCOGNAMIGLIO C., TRIPPUTI E.M., Il contratto di rete per l’esercizio di attività comune: profili patrimoniali e organizzativi, in A.I.P. Reti d’impresa: profili giuridici, finanziamento e rating, Milano: Il Sole 24 Ore S.p.A., 2011; SCIUTO M., Imputazione e responsabilità nel contratto di rete, in Rivista di diritto commerciale e del diritto generale delle obbligazioni, vol. 110 n. 3 2012 pag. 445 ss.; XXXXXXX A. e PRICIVALLE S., Contratto di rete e trust, in Trust e attività fiduciarie, 2014 p.18 ss.; XXXXXXX P., Reti di impresa: dall'economia al diritto, dall'istituzione al contratto, in Contratto e Impr., 2010, 4-5, 951; XXXXXXX P., La rete è, dunque, della stessa natura del gruppo di società?, in Contratto e impresa, 2011, 3, p. 535 ss.; XXXXXXX P., Xxxx e contratto di rete, Bologna, 2012.
considerato “un intervento del tutto occasionale e asistematico”5, privo di ogni collegamento con gli altri istituti, il quale, più che inserire una nuova organica disciplina, si era limitato a dare la definizione di un nuovo istituto con finalità solamente propagandistiche stante che lo scopo individuato dalla norma, espresso in termini così generici, non sembrava essere idoneo ad assurgere a vera causa del contratto6.
Si potrebbe discutere a lungo sulla metodologia con cui il legislatore sempre più frequentemente dà luogo a riforme normative strutturali, riforme che richiederebbero un’analisi d’impatto (AIR)7, volta a garantire il maggior
4 GRANIERI M., Il contratto di rete: una soluzione in cerca di un problema?, Contratti, 2009, 10 pag. 936: “Ma al di là dell’uso improprio di origliate categorie aziendalistiche, resta il dubbio che la expressio causae, se questo era l’obiettivo, sia priva della necessaria accuratezza. Vi è in più il sospetto che si tratti soltanto di formula propagandistica, inutile ai fini civilistici”.
5 BRIGANTI E., La nuova legge sui contratti di rete tra le imprese: osservazioni e spunti, Notariato, 2/2010 pag. 191; XXXXXXX X., Il "contratto" e la "rete": brevi note sul riduzionismo legislativo" Contratti, 2009, 10, 951"... la lettura della nuova normativa, al di là della disinvoltura e talvolta improprietà nell'uso del linguaggio giuridico, così come delle discutibili scelte nei modi di strutturazione del nuovo «contratto » ..."
6 XXXXXXX X., Op Cit. Contratti, 2009, 10, 951"...se è vero che la nuova figura giuridica è occasionata dalle «misure urgenti » e motivata da finalità dichiaratamente promozionali delle «reti
», attraverso la loro formalizzazione in un contratto ad hoc - e dunque non si ci si può attendere la sistematicità dell'elaborazione codicistica dei tipi contrattuali - è anche vero che l'opzione adottata, nel senso di definire il «contratto di rete » fissando la sua struttura di base, produce un risultato insufficiente (come è stato da più parti rilevato, nelle prime considerazioni «a caldo »), ma anche potenzialmente fuorviante, per l'evoluzione del sistema: insufficiente, in quanto la nuova figura è priva della c.d. «tipicità sociale », normale e, si direbbe, imprescindibile retroterra per la tipizzazione in senso giuridico, potendosi solo in questo modo venire in luce i più significativi conflitti d'interesse (per la soluzione, in via generalizzata, dei quali può apparire opportuno che la regola sia di fonte legislativa, in termini dispositivi o imperativi); fuorviante, in considerazione del rischio di assorbimento dell'ampia e complessa fenomenologia delle reti - s'è detto, accuratamente ricostruita negli studi economico-aziendali e ora anche giuridici - nel nuovo «contratto di rete », con la conseguenza che la rilevanza dei rapporti facenti capo alla rete potrebbe essere costretta a subire il filtro del contratto, per così dire, nel senso che la rete esisterebbe, per il diritto, soltanto se è stato stipulato (per di più in termini formali, atto pubblico o scrittura privata autenticata, come prescrive il legislatore) il relativo contratto (ovviamente, a patto che sia valido ed efficace).".
7 In alcuni Paesi dell’OCSE (Stati Uniti, dove l’AIR è meglio nota come Cost-Benefit Analysis – CBA, Canada, Australia e, in Europa, Regno Unito, dove invece è usata la locuzione Regulatory Impact Assessment – RIA) l’AIR è uno strumento di High Quality Regulation (HQR) ormai consolidato. In dottrina XXXXX M.D., XXXXXX E.A., New foundation of cost-benefit Analysis, Cambridge, 2006; XXXXXXXX A., XXXXXXXXX D., XXXXXX A., XXXXXX D.L., Cost-
Benefit Analysis. Concepts and Practice (second edition), Xxxxxxxx Xxxx, 0000; XXXXX D., XXXXXXX S., The Finacial Services Authority’s new approach to regulation, in Journal of Financial Regulation and Compliance, 2001; CARNEVALE P., Qualità della legge e politiche di semplificazione normativa fra istanze del mondo economico e risposte del legislatore, relazione al Convegno “Legge ed economia”, 2006; DE XXXXXXXXX X., MARTELLI M., RANGONE N., La qualità delle regole, 2011; DENOZZA F., Norme efficienti – L’analisi economica delle regole giuridiche, Milano, 2002; EUROPEAN COMMISSION, Europe can do better, Report on best practice in Member State sto implement EU legislation in the least burdensome way, Warsaw, 15.11.2011; XXXXXX J.R., XXXXXXXX S.M., XXXXXXXX M.D., The Direct and Compliance
Cost of Financial regulation, in Journal of Banking and Finance, 1998; XXXX R.W., In Defence of the Economic Analysis of Regulation, AEI-Xxxxxxxxx Joint Center for Regulatory Studies,
“beneficio netto” per la comunità e che, invece, vengono effettuate ricorrendo a strumenti previsti per casi straordinari di necessità e urgenza come i decreti legge8.
Lo "stile" legislativo contemporaneo - di cui il contratto di rete è massima espressione - a dispetto di ogni regola sull'arte del legiferare alterna il linguaggio tecnico al linguaggio profano, creando ambigue mescolanze che pregiudicano lo scopo della norma e causano notevoli costi per la società9.
La cattiva regolamentazione utilizzata contribuisce, quindi, a rendere più complesso il tentativo di ricostruzione della disciplina sui contratti di rete già di per sé difficile per la complessità degli argomenti che coinvolge.
I termini della questione, che queste pagine sono destinate ad affrontare, emergono chiaramente dal titolo che le precede: il contratto di rete con autonomia patrimoniale non soggettivata: esempio di destinazione di patrimoni per l'esercizio in comune d'impresa.
Immediata salta agli occhi la prima problematica: quella legata alla possibilità di concepire un patrimonio autonomo che prescinda da un procedimento di entificazione.
Il connubio “un soggetto un patrimonio” costituisce uno dei principi su cui è stato improntato il nostro codice civile, come si evince anche dalla relazione introduttiva a quest'ultimo10.
Il fondamento11 storico del binomio “un soggetto un patrimonio” è da ricondurre alla sistemazione del materiale normativo francese nell'ambito della cultura giuridica tedesca.
Xxxxxxxxxx, 0000; XXXX R.W., XXXX J.A., The Costs and Benefits of Regulation: Review and Synthesis, in Yale Journal on Regulation 8 (Winter 1991), 233; XXXXXXXXXX X., XXXXXXXXXXX R.D., Evaluating Regulatory Impact Analyses, in OECD, 2003; XXXXX G.D., Xxxxxx e mercato dopo la crisi, in AA.VV., Studi in onore di Xxxxxxxx Xxxxxxxx, Padova, 2011; XXXXX G.D. (a cura di), Studi sull’effettività delle regole societarie, Roma, 2011; XXXXXXXX
C.M. (a cura di), L’analisi di impatto della regolazione in prospettiva comparata, Soveria Mannelli, 2001; SANDULLI M.A. (a cura di), Codificazione, semplificazione e qualità delle regole, Milano, 2005.
8 Il settore della collaborazione e il coordinamento tra imprese richiede poche regole ma certe così da assicurare flessibilità e minori costi.
9 IRTI N., Introduzione allo studio del diritto italiano, Padova, 1990, p. 73; PUGLIATTI S., Aspetti nuovissimi di tecnica legislativa, in Studi in onore di X. Xxxxxxx-Xxxxxxxxxx, III Napoli, 1972, p. 859.
10 Del Ministro Guardasigilli, Roma 1943, n. 1124, p. 788.
Per comprenderne il significato occorre partire dal concetto di patrimonio che viene considerato non come un insieme di cose ma di diritti e di obblighi. Più precisamente il patrimonio è un diritto, non inteso come un diritto della persona sul patrimonio bensì è la persona stessa che è un patrimonio; quest'ultimo è proiezione inscindibilmente connessa alla personalità del soggetto di diritto. Da ciò la conclusione che non è possibile ipotizzare un patrimonio senza un soggetto, che ciascun soggetto ha un patrimonio da cui non può separarsi e che nessun soggetto può avere più di un patrimonio, quindi ad ogni forma di patrimonio destinato deve essere attribuita soggettività.
Tale ricostruzione si è fortemente radicata nella nostra tradizione giuridica, sia per motivi di tipo culturale sia per motivi di tipo ideologico12, non lasciando spazio all’opposta teoria sviluppata dalla dottrina capeggiata a suo tempo da Brinz13 e Xxxxxx.
I suddetti autori sostenevano non necessario ricorrere alla finzione della personificazione quando un patrimonio viene destinato ad uno scopo, in quanto quest'ultimo assolve lo stesso ruolo del soggetto; lo scopo riconduce ad unità il complesso dei rapporti. Il patrimonio, e non il soggetto, diventa termine oggettivo del debito e punto di incidenza della responsabilità. Al concetto di appartenenza, tipico dell'imputazione soggettiva, è sostituito in questi casi il concetto di connessione oggettiva con uno specifico scopo.
11 TRIMARCHI V.M., voce «Patrimonio (nozione generale) », in Enc. del dir., vol. XXXII, s.d., ma Milano, 1982, p. 271 ss.; XXXXX X. XXX X., Cours de droit civil français, d’après l’ouvrage de M. C.S. Xxxxxxxx xxx Xxxxxxxxx, Handbuch des Französischen Civilrechts, Heidelberg, 1827
12 Richiamava l'ideologia solidaristica in una epoca di forte individualismo ma altresì risentiva della contrapposizione tra "una visione di stampo romanistico aliena da qualsiasi procedimento di astrazione e una visione più moderna che enfatizza la difficoltà di inserire situazioni di aggregazioni di persone o di beni diverse dall'uomo in un sistema tutto imperniato sulla nozione di soggettività fisica". X. XXXXXX, Vincoli di destinazione e patrimoni separati, Xxxxxx, 0000. p. 116; LIPARI N., Spunti problematici in tema di soggettività, in La civilistica italiana dagli anni ’50 ad oggi tra crisi dogmatica e riforme legislative (Venezia 23-26 giugno 1988), Padova, 1991,
p. 55 ss.
13 BRINZ A., Lehrbuch des Pandektenrechts, vol. I, 2a ed. modificata, Xxxxxxxx, 0000,x. 201 ss., e il vol. III, parte II (Das Zweckvermögen), 2a ed. modificata, Xxxxxxxx, 0000, in partic. p. 453 ss.; XXXXXX E.I., System des heutigen Pandektenrechts, vol. I, Weimar, 1886, p. 000 xx., x Xx., Xxx Xxxxx vom Rechtssubjekt: Genuß und Verfügung; Zwecksatzung, Zweckvermögenund juristische Person, in Jh. Jb., 12 (1873), p. 1 ss.
Le prime radici sui patrimoni destinati sono, quindi, lontane nel tempo ma hanno cominciato ad attecchire solo recentemente e con molta difficoltà14. Oggi, però, è finalmente possibile, nei casi e nei limiti riconosciuti dalla legge15, destinare un patrimonio ad uno scopo.
È in questo scenario che si inserisce la nuova disciplina sul contratto di rete non soggettivato con autonomia patrimoniale, difatti per disposizione di legge le imprese possono destinare una parte del patrimonio allo scopo di rete.
Spontaneo risulta chiedersi se è corretto in questo caso parlare di patrimonio autonomo.
Per potere rispondere è importante capire cosa si debba intendere con "patrimonio autonomo".
Spesso infatti tanto il nostro legislatore16 quanto la dottrina e la giurisprudenza mischiano indifferentemente le ipotesi di patrimonio autonomo e di patrimonio separato ma in realtà agli occhi del giurista attento esiste una differenza.
14 Sul punto si veda SCIUTO M., Imputazione e responsabilità nel contratto di rete, Riv. dir. comm.e del diritto generale delle obbligazioni, vol. 110 n. 3 2012 p. 34: " Ne deriva da un lato conferma che il vigente sistema continua, non solo per un tralatizio habitus concettuale ma anche per l’innegabile difficoltà di individuare alternative operativamente valide, ad assumere il soggetto (anche metaindividuale) come termine ultimo di imputazione normativa." La preferenza per l'utilizzo della tecnica creazione di un nuovo soggetto di diritto è spiegata da ZOPPINI A., Autonomia e separazione, cit., p. 558: " non nasconde (necessariamente) la pigrizia culturale dell’interprete o la precomprensione d’una realtà giuridica che si è abituati a costruire sul presupposto del soggetto quale termine necessario dell’effetto giuridico”;
La dimostrazione, che, non solo nel nostro Paese, ma in tutta Europa, attuare il “cambiamento di rotta” è complesso, si evince dal fatto che quando su impulso della Direttiva comunitaria 89/667 CEE - volta all'armonizzazione del diritto delle società - è stata data la possibilità di scegliere tra l'introduzione della società unipersonale e il patrimonio separato, per gli Stati che hanno optato per la società unipersonale è stato sufficiente modificare poche norme, mentre il Portogallo, che ha scelto lo strumento della separazione patrimoniale, ha dovuto introdurre trentasei articoli per cercare di dettare delle regole base. Si veda sul tema XXXXXXXXX L., L’impresa individuale a responsabilità limitata in Portogallo, in Riv. soc., 1988, p. 847 ss. IBBA C., La società a responsabilità limitata con un solo socio (Commento al d.lg. 3 marzo 1993, n. 88), Torino, 1995,
p. 246 ss. ID,, La s.r.l. unipersonale fra alterità soggettiva e separazione patrimoniale, in Studi in onore di X. Xxxxxxxx, vol. IV, 3, Impresa, società, lavoro, Milano, 1998, p. 249 ss.; In occasione della direttiva solo il Portogallo decise di optare per la scelta del patrimonio separato, mentre tutti gli altri stati hanno preferito l'etificazione. Già prima della direttiva in tal senso WEIGMANN, Le società unipersonali: esperienze positive e prospettive di diritto uniforme, in Contratto e impr., 1986, p. 831 ss.;
15 L'articolo 2645 ter c.c., sebbene abbia introdotto un notevole ampliamento nella possibilità di utilizzare l'istituto della separazione patrimoniale, non può assurgere a disciplina generale.
16 Si pensi alla normativa del t.u.f. o al codice delle assicurazioni o ai fondi pensione PARTISANI R., I patrimoni destinati ad uno specifico affare nella legge delle insolvenze, Contratto e Impresa, 2006, 6, 1559 " La discrasia tra la rubrica ("separazione patrimoniale") ed il testo dell'art. 117 del
T.U. delle assicurazioni private, che allude ad un "patrimonio autonomo", confermerebbe l'uso talvolta promiscuo da parte del legislatore di espressioni che invero andrebbero tenute distinte: il
Per quanto prima esposto, tradizionalmente la figura del patrimonio autonomo è stata associata alla creazione di un nuovo soggetto di diritto17, conseguentemente il patrimonio fuoriesce dalla sfera di provenienza per assumere una sua identità per cui le obbligazioni contratte sono imputabili al nuovo soggetto18.
Alla luce delle considerazioni svolte dovrebbe dunque escludersi la possibilità che il contratto di rete non soggettivato sia un patrimonio autonomo non configurandosi una nuova entità. Forse sarebbe allora più opportuno parlare di patrimonio separato? Anche in questo caso, è necessario intendersi sul concetto di "patrimonio separato"19.
È possibile parlare di patrimonio separato quando, in forza di un atto che può essere definito di destinazione, viene “segregata”20 una parte del patrimonio che continua ad essere imputata al medesimo soggetto. Su quella parte di patrimonio, che viene visto come un distaccamento all’interno del patrimonio generale e che
patrimonio separato, pur partecipando dei medesimi attributi di indisponibilità ed impignorabilità, è altro dal patrimonio autonomo, per l'assenza del diaframma dell'alterità soggettiva dei beni destinati allo scopo. Ed il medesimo rilievo critico può muoversi al legislatore del 1993 che, nel disciplinare i fondi pensione, per descrivere lo stesso fenomeno giuridico (di separazione patrimoniale) impiegò, tra l'altro con norma di lì a poco abrogata, l'onnicomprensiva (e discutibile) espressione di "patrimonio di destinazione, separato ed autonomo" (cfr. comma 2°, dell'art. 4, d. lgs. 21 aprile 1993, n. 124, abrogato dall'art. 5, l. 8 agosto 1995, n. 335)."
17 Del medesimo avviso è la Corte di Cassazione la quale chiamata a pronunciarsi sulla natura dei fondi comuni d’investimento ha ribadito l'associazione tra patrimonio autonomo e soggetto di diritto. Sebbene il testo di legge parli di patrimonio autonomo la Corte ha ritenuto doverlo qualificare come patrimonio separato. Tra le varie argomentazioni a sostegno di tale conclusione è stata addotta la motivazione per cui si può parlare di patrimonio autonomo solo in presenza di un soggetto in grado di autodeterminarsi, ipotesi non riscontrabile nel fondo. Xxxx Xxxx., 15 luglio 2010, n. 16605
18Occorre ancora contraddistinguere tra l'autonomia di tipo perfetto da quella di tipo imperfetto.
Tale distinzione discende dal grado di impermeabilità del patrimonio di arrivo e di partenza rispetto ai reciproci creditori. Si realizza la prima ipotesi, per esempio, nel caso delle società di capitali in cui i creditori personali dei soci non possono agire sul patrimonio sociale e di contro i creditori sociali non possono agire sul patrimonio personale dei singoli soci. Quando l’autonomia assume questi connotati nasce la persona giuridica che come è noto è qualcosa di più rispetto al soggetto di diritto.
Si ha, invece, autonomia patrimoniale imperfetta per esempio nel caso delle società di persone. Questa si configura quando il diaframma tra le due sfere patrimoniali non è perfetto. In presenza di determinati presupposti è possibile escutere il patrimonio da parte di entrambe le classi di creditori, configurandosi così come bilaterale, oppure da parte di una soltanto, configurandosi così come un’autonomia di tipo unilaterale. Si veda CARNELUTTI F., Personalità giuridica e autonomia patrimoniale nella società e nella comunione, in Riv. Dir. Comm., 1913, I, 111; XXXXX P., Persona giuridica e soggettività, Padova,1975.
19 FERRO-XXXXX P., La disciplina dei patrimoni separati, in R. soc., 2002, p. 121 ss.;
20 Espressione tratta dall’istituto del trust. Il termine segregazione deriva dalla traduzione in italiano di "segregated fund" . Vedi GAMBARO A., Segregazione e unità del patrimonio, in Trusts e attività fiduaciarie, 2000, p. 155 ss.
non dà luogo ad un autonomo soggetto, potranno soddisfarsi solo i creditori legati allo scopo di destinazione.
La peculiarità del contratto di rete risiede nel fatto che la separazione non è il frutto dell’atto di destinazione di un singolo soggetto ma di più imprese che “conferiscono”21 dei beni in un fondo chiamato a soddisfare in via esclusiva le obbligazioni assunte in relazione al programma di rete22.
La fattispecie, quindi, sembrerebbe potersi ricostruire in questi termini: il patrimonio fuoriesce dalla sfera di appartenenza di ciascuna impresa aderente per andare a formare il fondo comune.
Ci si domanda allora se ricostruire il contratto di rete in termini di patrimonio separato sia adeguato o se, forse, sarebbe più giusto riconsiderare il riconoscimento della natura di patrimonio autonomo ma con un’accezione diversa rispetto a quella tradizionale.
Una parte della dottrina23 ritiene che la differenza tra patrimonio autonomo e separato trovi fondamento semplicemente nel numero di persone da cui è operata. Il primo è frutto di un atto di separazione posto in essere da una pluralità di soggetti che conseguentemente causa la fuoriuscita dal loro patrimonio dei beni; il secondo, invece, è l’effetto di un atto di destinazione posto in essere da un solo soggetto e, quindi, il bene rimane nella sua sfera patrimoniale. Secondo questa dottrina l’essenza del fenomeno nei due casi è la stessa: “in relazione a una certa destinazione specifica, una pluralità di rapporti attivi e passivi, facenti capo a più persone o a una persona, è costituita in unità e tenuta distinta dagli altri rapporti attivi e passivi delle stesse persone o della stessa persona.”24. La ricerca
21 Il d.l. testualmente si esprime in termini di conferimento: “… qualora sia prevista l'istituzione di un fondo patrimoniale comune, la misura e i criteri di valutazione dei conferimenti iniziali e degli eventuali contributi successivi che ciascun partecipante si obbliga a versare al fondo, nonché le regole di gestione del fondo medesimo; se consentito dal programma, l'esecuzione del conferimento può avvenire anche mediante apporto di un patrimonio destinato, costituito ai sensi dell'articolo 2447-bis, primo comma, lettera a), del codice civile;”
22 “… per le obbligazioni contratte dall'organo comune in relazione al programma di rete, i terzi possono far valere i loro diritti esclusivamente sul fondo comune;”
23 XXXXXXX – XXXXXXXXXX F., Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1966. pag. 84 ss.; XXXXXXXXX XXXX X., voce «Patrimonio autonomo e separato», in Enc. del dir., vol. XXXII, s.d., ma Milano, 1982, p. 280 ss.; PINO, Il patrimonio separato, Padova, Cedam, 1950; Cass. 14 agosto 0000, Xxxx Xx., 1952, I, 1372.
24 XXXXXXX – XXXXXXXXXX F., Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1966. pag. 86
dell'unità, di cui si sente la necessità, per questa teoria è data dalla funzione di garanzia25 assolta dal patrimonio.
La ricostruzione tratteggiata sembrerebbe meglio soddisfare la fattispecie del contratto di rete non soggettivato. Infatti in presenza dei presupposti di legge, per le obbligazioni contratte in relazione al programma, i creditori della rete non possono soddisfarsi sul patrimonio personale delle singole imprese quindi il fondo ne costituisce l’unica forma di garanzia.
E se invece della funzione di garanzia l’unità fosse data dallo scopo perseguito dalla rete come sostenuto a suo tempo da Xxxxx?
Si rinvia alle pagine seguenti l’approfondimento della questione che si preannuncia non essere di facile soluzione stante che la problematica della separazione patrimoniale assume molteplici e differenti sfumature se inserita nell’ambito dell’attività d'impresa e, ancora di più, quando prende i connotati dell’esercizio in comune. Si tratta infatti di aspetti complessi collegati alla spinosa questione sull'imputazione26 dell'attività d'impresa.
25 ZOPPINI, Autonomia e separazione del patrimonio nella prospettiva dei patrimoni separati della società per azioni, in Xxx. xxx. xxx., 0000, X, x. 000; XXXXXXX G., I patrimoni separati, in Annali della facoltà di Giurisprudenza della R. Università di Bari, 1943 Secondo i quali la perdita dell’unità del patrimonio dal punto di vista soggettivo può essere ritrovata nella concentrazione della categoria dei creditori. Non è estranea infatti ad una parte della dottrina la definizione del patrimonio destinato come "il complesso dei rapporti giuridici che una persona ha su determinati beni, per rispondere con gli stessi di determinati debiti". In tal senso anche FERRARA F., Trattato di diritto civile italiano, I, Roma,1921, p. 877, per il quale "l'unico criterio sicuro per riconoscere l'esistenza del patrimonio separato è quello della responsabilità per debiti". Contro questa ricostruzione si veda XXXXX X., Il patrimonio" finalizzato", Riv. dir. civ., 2007 pag. 499; XXXXXXXXX XXXX X., voce Patrimonio autonomo e separato, in Enc. dir., XXXII, Milano, 1982,
p. 285 Secondo costoro sarebbe riduttivo risolvere la questione del patrimonio separato in uno strumento di liquidazione dei debiti relativi allo scopo. E' vero che la limitazione della garanzia patrimoniale ha la funzione di sostenere lo scopo ma non si può limitare solo a questo un patrimonio separato. Sul punto si legga anche PUGLIATTI S., Gli istituti del diritto civile, I, Milano, 1943, p. 303 ss.: "La distribuzione o disciplina della responsabilità con riferimento ai patrimoni separati costituisce una conseguenza, anch'essa regolata dalla legge, dell'attuata separazione, e non già il fine unico e necessario che la separazione si propone di conseguire".
26 Si pensi alla problematica della imputazione degli atti prima della iscrizione della società al registro imprese. Masi p., Articolazioni dell'iniziativa economica e unità dell'imputazione giuridica, Napoli, 1985; Vedasi anche la questione sull'imputazione dell'attività nella società occulta. XXXXXXX, Esercizio del commercio sotto nome altrui o a mezzo di cosi detto porta nome, in Riv. dir. priv. 1936, I, 20
CAPITOLO 1
IL CONTRATTO DI RETE
1. UNA PANORAMICA DELLE DIFFERENTI FORME DI AGGREGAZIONE TRA IMPRESE NEL TEMPO
L’Italia è un Paese legato ad una tradizione di piccole e medie imprese27 la cui competitività è oggi chiamata ad affermarsi nel nuovo scenario economico imposto dalla globalizzazione28 nel quale il valore delle conoscenze, della
27 In Italia le PMI costituiscono una realtà numericamente molto significativa: su 4.338.766 imprese, 4.335.448 (il 99,9%) sono, infatti, piccole e medie imprese. Inoltre, la quasi totalità di PMI (il 95%) è costituita da imprese con meno di 10 addetti. Il resto è formato da imprese che impiegano da 10 a 49 addetti (196.090 unità, pari al 4,5%), mentre le imprese di taglia più grande (da 50 a 249 addetti) sono appena 21.867, ossia lo 0,5% del totale. Dati ISTAT 2009.
La definizione di micro, piccole e medie imprese attualmente in vigore, è stata adottata dalla Commissione europea ed è in vigore a partire dal 1° gennaio 2005 sulla base della raccomandazione n. 361 del 6 maggio 2003 che ha sostituito la precedente raccomandazione del 1996 n. 280.
28 XXXXXXX X., Reti di impresa: dall'economia al diritto, dall'istituzione al contratto, in Contratto e Impr., 2010, 4-5, 951 "Lo scenario che ci troviamo davanti è quello della globalizzazione: dell'impresa interconnessa sempre più virtuale e ramificata nelle sue nuove estrinsecazioni (R&S e Competitività) e defordizzata, destrutturata, senza più confini nell'orbe terracqueo."
L'Ocse definisce la globalizzazione come “un fenomeno per il quale il mercato e la produzione di differenti paesi diventano sempre più interdipendenti attraverso i cambiamenti indotti dalla dinamica del commercio internazionale, dei flussi di capitali e tecnologici, cambiamenti dei quali il veicolo principale è dato dalle imprese multinazionali. Grazie alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione tali imprese sono organizzate come reti transnazionali in un contesto di accresciuta concorrenza internazionale che si estende anche alle imprese locali, così come ad altre sfere della vita economica e sociale di ciascun paese”.
Per una visione generale e più approfondita della problematica vedasi: APPADURAI A., Disjuncture and Difference in the Global Cultural Economy, 1990; XXXXXXXXXXXX M., Cultura del Consumo e Postomodernismo, Roma, 1990; APPADURAI A., Modernity at Large. Cultural Dimensions of Globalization, University of Minnesota, 1996, traduzione italiana Modernità in Xxxxxxx, Xxxxxxx, Xxxx, 0000; ARTHURW.B., Self- reinforcing mechanisms in economics, 1988; XXXXXXXX P.W., ARROW K.J., PINES D., The Economy as an Evolving Complex System, Santa Fe Institute, Studies in the Sciences of Complexity, Addison-Xxxxxx, Redwood City, 1988, CA.; XXXX X., Xxx-xxxxx, Xxxxx, Xxxxxx, 0000, traduzione italiana Xxxxxxxxx. Introduzione a una antropologia della surmodernità, Elèuthera, Milano, 1993; XXXXXX Z., Modus Vivendi. Inferno e utopia del mondo liquido, Laterza, Roma-Bari; 2007.
BECATTINI G., Dal distretto industriale allo sviluppo locale. Svolgimento e difesa di un'idea, Bollati Boringhieri, Torino, 2000; BECATTINI G., Per un Capitalismo dal Volto Umano. Critica dell'Economia Apolitica, Bollati Boringhieri, Torino, 2004; BECATTINI G., RULLANI E., Sistema locale e mercato globale, economia e politica industriale 80, dicembre 1993: 25-48.; XXXXXXX N., Il marketing territoriale. Sfide per l'Italia nella nuova economia, Angeli, Milano, 1993; BETTIOL M., XXXXXXX M., Competitività dei distretti e design: rinnovare le basi della creatività, 2005; BETTIOL M., XXXXXXX S, Design e creatività nel made in Italy. Proposte per i distretti industriali, Milano, 2005, pp. 105-132; XXXXXX A., ABRUZZESE A., La città infinita, Xxxxx Xxxxxxxxx, Milano, 2004, pp. 13-34; XXXXXX X., XXXXXXX E., Il capitalismo
professionalità e della capacità di innovare costituisce approdo che - difficile da raggiungere in un’ottica individualista29 – risulta pur possibile attraverso il loro aggregarsi.
L'aggregazione30 tra imprese permette, da un lato, di superare limiti intrinseci d’ordine dimensionale e, dall'altro, di ridurre i costi ed i rischi legati agli obiettivi perseguiti.
Ogni opportunità introduce la necessità di una valutazione sostanzialmente sorretta dal raffronto tra costi e benefici. Sicché tali potranno dirsi questi ultimi, anche in un’ottica giuridica, a condizione che non comportino un sacrificio eccessivo dell’autonomia imprenditoriale da intendersi quale sembiante
personale. Vite al lavoro, Einaudi, Torino, 2005; BRUSCO S., Piccola impresa e distretti industriali, Xxxxxxxxx e Xxxxxxx, Torino, 1989; CAROLI M. G., Il marketing territoriale. Strategie per la competitività sostenibile del territorio, Angeli, Milano, 2006; XXXXXXXXXXX W., Die Zentralen Ortein Suddeutschland, Xxxxxx Verlag, Jena, 1933, traduzione italiana Le xxxxxxxx xxxxxxxx xxxxx Xxxxxxxx xxxxxxxxxxx, Xxxxxx, Xxxxxx, 0000; CORÒ G., XXXXXXXXXXX R., Industrial districts responses to the network economy: vertical integration versus pluralist global exploration, Human Systems Management, n. 20, pp. 189-199, 2001; XXXX G., XXXXXXXXXXX R., Strategie di crescita delle medie imprese, Milano, 2007.
29 Xxxxxxx sfruttare gli aspetti positivi che discendono dall'apertura delle frontiere per reperire nuove risorse, nuove idee, nuovi partners e allo stesso tempo ridurre i costi e cercare di aumentare il bacino di domanda, così come è stato sostenuto nella stessa Carta di Bologna sulle politiche concernenti le PMI "la globalizzazione, l'accelerazione del progresso tecnologico e le innovazioni creano opportunità per le PMI". Vedasi a riguardo: Carta di Bologna sulle politiche concernenti le PMI adottata dall'OCSE il 15 giugno 2000 e consultabile su xxx.xxxx.xxx.
In tal senso anche XXXXXXXX, XXXXXXXX, Costruire il futuro. PMI protagoniste: sfide e strategie. Roma: S.I.P.I S.p.A. in CONFINDUSTRIA 2011, dove a p.19 viene affermato: “Oggi le imprese di successo sono quelle che superano i propri limiti dimensionali per raggiungere la massa critica necessaria a competere a livello internazionale e che puntano sulle competenze e investono in innovazione. Crescere e accumulare competenze per crescere, in un circolo virtuoso che si alimenta e rafforza costantemente”. Queste considerazioni sono alla base della principale iniziativa politica comunitaria per rafforzare la competitività e la crescita delle PMI: lo “Small Business Act” per l’Europa4 (SBA), emanato nel 2008 e revisionato poi nel 2011. Lo SBA, recepito nel nostro ordinamento con la Direttiva del 4 maggio 20105
30 Sull'argomento BAGNASCO e RULLANI, Xxxxxxx e contenuti del libro: guida alla lettura, in Reti d’impresa oltre i distretti. Nuove forme di organizzazione produttiva, di coordinamento e di assetto giuridico, a cura di AIP, Milano, 2008, pag. 35: “Si ritiene che le reti di imprese siano conseguenza, in primo luogo, dello snellimento delle grandi organizzazioni integrate, dovuto alla necessità di ridurre i costi e i rischi della rigidità, in secondo luogo, della necessità per le imprese di conseguire economie di scala idonee a renderle competitive e, in terzo luogo, della globalizzazione che necessita di piattaforme di relazioni sempre più complesse e articolate, inaccessibili alle singole imprese di piccole o medie dimensioni”; Si è espressa in tal senso anche la giurisprudenza. Cass., 21.1.2009, n. 1465.; SCALIA A. Microimpresa macrocompetizione: Innovare e aggregarsi per ripartire, Egea 2013; SCARPA D., L'integrazione di imprese e destinazione patrimoniale, in Imprese e società, pag.169: “In una visione autopoietica dell’integrazione tra imprese, la rete può essere rappresentata come un sistema di processi di aggregazioni e trasformazioni di partecipanti che, interagendo fra loro, sostengono e rigenerano in continuazione lo stesso sistema. In senso lato si parla di sistema autopoietico quando un sistema si autodefinisce e tende a sostenere se stesso. Quando i principi di indipendenza di un sistema all’interno di un’organizzazione superano una certa soglia, il sistema diventa a tutti gli effetti autopoietico”; GRANDORI, L'organizzazione delle attività economiche, Bologna, 1995;
caratterizzante il sistema socio-industriale italiano il cui connotato individualista può rappresentare il parametro a raffronto col quale cogliere i limiti che la via dell’aggregazione può comportare31.
I rapporti di forza che si costituiscono tra le esigenze autonomistiche proprie dell’impresa in senso monistico e quelle di certezza necessarie alla solidità della rete che si forma tra le imprese che si aggregano, possono già esprimersi nella tipologia dell’accordo che esse raggiungano nell’unirsi nello svolgimento dell'attività32. Nella molteplicità delle forme di aggregazione33, infatti, la natura dell’accordo introduce il distinguo tra quelle di tipo informale e quelle per converso rette da un accordo formale.
Le aggregazioni di tipo informale possono fondarsi su una varietà di cause34 e garantiscono maggiore flessibilità ma, allo stesso tempo, danno meno certezze potendo ciascuna parte coinvolta in qualunque momento decidere di interrompere i rapporti o non rispettare gli accordi presi.
La salute di un sistema basato sull'aggregazione tra imprese, nel quale inevitabilmente occorre dare rilievo prevalente alla loro interdipendenza, si lega piuttosto alla necessità del rispetto degli accordi, in quanto destinati a permettere lo svolgimento dell'attività stessa. Seppure dunque il mondo del commercio richieda regole facili e soprattutto flessibili, in grado di adeguarsi alle diverse esigenze e ai cambiamenti del mercato, occorre che tali esigenze si realizzino nel ricorso a strumenti giuridici volti a garantire certezza.
31 I motivi principali della difficoltà di condividere sembrano essere il timore di perdere parte del potere gestionale sulla propria azienda e la difficoltà di condividere quelle conoscenze maturate nel tempo e quelle logiche sulle scelte di mercato che fino a prima rimanevano riservate entro i confini aziendali. È il segno di una cultura imprenditoriale fortemente individualista profondamente radicata nel tessuto economico italiano.
Osservatorio Unicredit Piccole imprese, Le aggregazioni di rete: modello vincente per la sostenibilità e lo sviluppo, VII Edizione, 2012.
00 X. Xxxxx, Xx coordinamento interimprenditoriale nella prospettiva del contratto plurilaterale, in Le reti di imprese e contratti di rete a cura di IAMICELI P., Torino, 2009; P. Xxxxxxxxxx, Xxxx e contratti tra imprese tra cooperazione e concorrenza, ibidem, 393 ss.; P. Xxxxxxxx, Dalle reti di imprese al contratto di rete: un percorso (in)compiuto, ibidem, part. 26 ss.
33 Sull'argomento XXXXX X., I contratti tra imprese: caratteristiche e disciplina, in Le reti di imprese e contratti di rete a cura di XXXXXXXX P., Torino, 2009.
34 Tali tipi di aggregazione possono basarsi su legami tecnico-produttivi, quando vi è una unitaria finalità produttiva tra le aziende coinvolte; su legami personali, quando lo scopo perseguito è di tipo mutualistico - cooperativo; su legami finanziari, quando sono presenti relazioni di natura economica.
Nell’unificare il diritto privato facendo confluire nel Codice civile la materia del diritto commerciale, il legislatore nel 1942 solo in parte ha garantito la necessità della certezza del diritto d’impresa presentandosi la disciplina ivi contenuta inadeguata a dare completa regolamentazione a tutti i contratti tra imprese35. Pur a fronte di diversi interventi di legislazione speciale, il corpus normativo oggi vigente sembra prevalentemente vocato alla positivizzazione del rapporto tra imprese e consumatori; agli operatori del diritto – avvocati, magistrati e notai – è in tal contesto demandato il ruolo, talora arduo, di individuare quale sia la disciplina applicabile ai numerosi contratti atipici stipulati tra le imprese.
Nell’ambito delle aggregazioni di tipo formale possono per l’effetto riscontrarsi tre principali modelli asserviti alla soddisfazione di esigenze diverse e connotati ora di tipicità, ora invece, in quanto dapprima impostisi alla luce di consuetudini negoziali, da atipicità: le società, i contratti plurilaterali (ATI, joint ventures e consorzi) e i contratti bilaterali collegati (la subfornitura ed il franchising).
Le società
Le società36 sono lo strumento giuridico riconosciuto dal legislatore per potere svolgere attività di impresa in comune con il beneficio della responsabilità limitata. Quest'ultimo privilegio richiede come contropartita la perdita da parte dei partecipanti della propria identità a favore della creazione di una comune. Con il contratto di società, infatti, si dà vita a un nuovo soggetto sotto la cui denominazione viene svolta l'attività. Sotto molti aspetti, quindi, questa forma di
35 Vedasi OPPO X. X contratti d'impresa tra codice civile e legislazione speciale, in Riv. Dir. Civ., 2004, 6, 10841: " Nel codice e già nel testo originario, sono dunque numerosi i riferimenti, se non a una categoria " contratti d'impresa ", all'imprenditore o agli imprenditori come parti di un contratto o di una vicenda contrattuale e come parti che contrattano nell'esercizio e per l'esercizio della loro impresa; attinenza all'impresa che fonda la qualificazione dell'agire anche negoziale e che consegue all'assorbimento - sotto quel profilo - della materia di commercio nel codice civile." 36 MARASÀ G., Le società, in Xx. Xxxxxx x Xxxxx, 000; ; XXXXX G., Le società, in Trattato di diritto civile, diretto da X. Xxxxxxxx, vol. 10, tomo 3°, Torino, 1961, p. 70; XXXXXXX F., in Diritto commerciale, Le società, Bologna, 1983, p. 1; ROMANO-PAVONI G., in Teoria delle società, Tipi-Costituzione, Milano, 1953, p. 197. CAMPOBASSO G., in Diritto commerciale 2, Torino p 11;PANI X. XXXXXXXXX M., La società consortile nel settore dei lavori pubblici: aspetti tributari e meccanismo della "doppia fatturazione", Fisco, 2001, 34, p. 11358.
aggregazione per lo svolgimento in comune d'impresa37 viene ricondotta ad unità attraverso la fictio iuris della società.
Tale finzione giuridica pone, però, non poche problematiche in termini di tutela dei soci di minoranza nonché dei creditori cui il legislatore ha cercato di porre rimedio introducendo diverse forme di controllo. In questa sede, a fronte dell'obiettivo di individuare le forme di aggregazione alternative al contratto di rete, sia sufficiente rilevare che la diversità di dette forme di controllo è essenzialmente legata al tipo di società costituita e al grado di limitazione della responsabilità che la connoti, il che si manifesta con evidenza nel classico e basilare distinguo tra società di persone e di capitali38. Oggi giorno lo strumento societario resta la forma di aggregazione preferita dagli imprenditori che in questo modo possono beneficiare della limitazione di responsabilità e di regole più chiare.
37 Come meglio si dirà, occorre tener presente che il legislatore ha ritenuto tradizionalmente di tipizzare i modelli organizzativi dell'impresa, in maniera condizionante per il riconoscimento degli effetti rilevanti, sia nei rapporti interni che, nei rapporti esterni.
38 A riguardo si veda SALAFIA V., Il controllo nelle imprese collettive, in Società, 2015, 5, 533: "L'impresa collettiva si caratterizza per la formazione del capitale per mezzo dei conferimenti dei soci e per l'organizzazione contestuale di un sistema di controlli sulla gestione dell'azienda, se il tipo di organizzazione giuridica comporta la responsabilità dei soci limitatamente al valore del conferimento eseguito.
Nelle imprese collettive nelle quali la gestione dell'azienda è attribuita ad uno o più dei soci, ma la responsabilità per i debiti contratti dall'impresa è solidale fra tutti i soci, quei controlli non sono previsti come struttura obbligatoria dell'organizzazione dell'impresa.
Il sistema dei controlli sulla gestione dell'impresa collettiva per assicurarne la conformità alle regole legali ed a quelle della buona amministrazione al fine di garantire ai creditori dell'impresa ed agli stessi soci la correttezza dell'amministrazione ed il contenimento dei rischi economici e finanziari entro i limiti del patrimonio dell'impresa.
Queste, in sintesi, sono le linee guida che il nostro legislatore ha seguito nel dettare l'ordinamento delle società commerciali.
Nelle società di persone la gestione dell'azienda spetta ai soci, che possono convenire di svolgerla congiuntamente o disgiuntamente, ma in ogni caso con responsabilità illimitata personale. Nella società in accomandita semplice, la gestione spetta solo all'accomandatario e l'accomandante fornisce una parte del capitale senza partecipare alla gestione e con responsabilità limitata al conferimento.
Nelle società di capitali la gestione può essere affidata ad uno o più dei soci ovvero anche a soggetti estranei alla compagine sociale, senza che essi assumano per gli atti compiuti responsabilità personale, essendo la responsabilità attribuita dalla legge alla società. In questo tipo di società nasce l'esigenza di assicurare che la gestione del capitale, fornito da tutti i soci, si svolga legalmente e correttamente sul piano amministrativo a garanzia dei soci e dei creditori della società, nel senso che il rischio dell'impresa sia mantenuto entro i limiti del patrimonio sociale, costituenti i limiti dell'eventuale azione dei creditori per il soddisfacimento del loro credito."
I contratti plurilaterali, in particolare ATI, joint ventures e consorzi39
Ai consorzi, prima del codice del ’42, si riconosceva la natura di negozi giuridici atipici, poiché il legislatore non prevedeva una disciplina organica, ma si limitava a cercare di prevenire gli abusi che nella prassi potessero realizzarsi. Solo con l'entrata in vigore del Codice civile il consorzio è stato definito come contratto.
L’ampliamento dello scopo, operato dalla novella del ‘76, non ha inciso sulla possibilità di dare una valutazione uniforme in termini di causa del contratto che si presenta come:
plurilaterale, dovendo necessariamente avere più imprenditori come parti;
formale, essendo richiesta la forma scritta a pena di nullità;
di durata, in quanto non si esaurisce in un solo atto ma, per realizzare lo scopo, è necessario un periodo di tempo;
con comunione di scopo, in quanto è volto a soddisfare un interesse di tutti gli aderenti;
a prestazioni corrispettive, in quanto in cambio della partecipazione è prevista l'assunzione di obblighi e vincoli;
39 BORGIOLI, Consorzi e società consortili, in Tratt. dir. civ. comm., diretto da Cicu e Messineo, continuato da Xxxxxxx, Milano, 1985; DE XXXXXXX, Sulla possibilità, per i consorzi, di utilizzare «in trasparenza» i requisiti delle imprese consorziate per l'aggiudicazione di appalti di lavori pubblici, in Contr. e impr., 2000, 1378 ss.; XXXXXXXX G.A., Osservazioni in tema di disciplina delle società consortili, in Riv. dir. ind., 1982, I, 400; Xxxxx X., voce Consorzio (teoria gen.), in Enc. dir., IX, Milano, 1961; XXXXXXXXXXXXX R., Xxxxxxxx, in Commentario Scialoja- Branca, Libro V, Xxx Xxxxxx (artt. 2602, 2642), 1992, II ed.; XXXXXXX F., Le «fasi dell'impresa» nei consorzi fra imprenditori, in Contr. e impr., 1986, 1; GHIRON, La concorrenza e i consorzi, in Trattato Vassalli, 1949; MARASÀ, Consorzi e società consortili, Torino, 1990; XXXXXXXXX, Concorrenza e consorzi, in Trattato Grosso - Xxxxxxx Passatelli, 1965, II ed.; XXXXX G.M., I consorzi tra imprenditori, Milano, 1988; XXXXXXXX, I consorzi per il coordinamento della produzione e degli scambi, in Trattato Xxxxxxxx, vol. 18, 1983; XXXXXXXXX, Consorzi: primi appunti sulla l. 10 maggio 1976, n. 377 , in Riv. soc., 1977, 806; SPOLIDORO, Le società consortili, Milano, 1984; Tedeschi - Torno, Consorzi e riunioni temporanee di imprese, Milano, 1993; VIDIRI, Consorzi con attività esterna e responsabilità delle imprese consorziate, in Giust. civ., 1998, I, 438 ss.; VOLPE PUTZOLU, I consorzi per il coordinamento della produzione e degli scambi, in Trattato Xxxxxxx, XX, Xxxxxx, 0000.
Sulle associazioni temporanee d'imprese v. in particolare: BADINI CONFALONIERI, Associazione temporanea di imprese e società costituita per l'esecuzione dei lavori: una convivenza difficile, in Giur. it., 2001, 1182, nota a Cass. n. 77/2002; XXXXXXXXX, voce Associazioni temporanee d'imprese, in Enc. giur., III, Roma, 1988; BOZZA, Insolvenza delle associazioni temporanee di imprese e delle società consortili, in Fall., 1995, 464 ss.; CABRAS, Le associazioni temporanee d'imprese, Milano, 1983; CARBONE P., Associazioni temporanee d'impresa e consorzi nell'appalto di opere pubbliche, in Giur. it., 1988, IV, 75; XXXXXX, Le associazioni temporanee d'imprese, Milano, 1983; MASTRAGOSTINO - SANTI - LISTA, Commento agli artt. 22-26, D.Lgs. n. 406/91 , in Nuove leggi civ. comm., 1994, 625-627; XXXXXXX, L'associazione temporanea di imprese, in Trattato Xxxxxxxx, 17, Torino, 1985, 551 ss.; VASSALLI Fr., Effetti del fallimento sul contratto di appalto di opere pubbliche assunto da imprese riunite, in Legisl. econ., 1977-78, 294; VIDIRI, Associazioni temporanee di imprese, consorzi e società consortili nell'appalto di opere pubbliche, in Giust. civ., 2001, 1241; Xxxxxxxx, Commento alla L. n. 687/1984 , Profili fiscali, in Nuove leggi civ. comm., 1985, 135 ss.
aperto e, per alcuni, normativo in quanto regolamenta il contenuto di futuri atti e negozi.
Quest'ultimo aspetto è stato ritenuto superato da una parte della dottrina e della giurisprudenza che inseriscono, invece, il consorzio nella categoria dei contratti definiti di organizzazione. L'organizzazione è diventata con la novella elemento portante in quanto non fine a sé stessa ma funzionale ad altri soggetti e rapporti.
Le Ati nascono per un unico scopo, rappresentato dalla partecipazione a procedure ad evidenza pubblica per l'aggiudicazione di contratti pubblici per lavori e/o servizi40.
Il contratto di associazione temporanea di impresa, come sostenuto41 dalla dottrina e ribadito dalla giurisprudenza, non dà luogo ad un autonomo soggetto di diritto bensì è configurabile come un rapporto di mandato che, in quanto tale, non assume carattere organizzativo.
40 BERTOZZI L., Organo comune e fondo patrimoniale del contratto di rete: problematiche civilistiche e fiscali, Fisco, 2016, 7, 630 Le" ...si uniscono in questo partenariato leggero per poter partecipare a gare ad evidenza pubblica. A tal fine le opzioni migliori sono quelle della costituzione di un'ATI, finalizzata a vincere un unico appalto o comunque a portare a termine un unico progetto, oppure un contratto di rete, che è più idoneo a svolgere una pluralità di attività (quindi non solo la partecipazione alla gara o ad una soltanto), visto che ha una finalità di più ampio respiro, quale l'aumento della competitività. Pertanto è consigliabile, sulla base degli obiettivi che si intendono perseguire, scegliere l'una o l'altra tipologia aggregativa.".
Dal D.L. n. 179/2012 anche i contratti di rete possono partecipare alle gare per l'aggiudicazione degli appalti pubblici; Si tratta di una possibilità non proprio scontata che è stata resa possibile anche per merito del parere espresso dall'ex AVCP, ora ANAC, che con il suo Atto di Segnalazione n. 2 del 27 settembre 2012 ha aperto ai contratti di rete, grazie di fatto al placet colto da parte della Commissione europea nella Decisione C(2010) 8939. In tale documento si afferma che la "particolarità del contratto di rete è che le imprese partecipanti mantengono la loro autonomia sotto il profilo giuridico …, questa nuova figura giuridica lascia alle imprese la libertà di decidere quale tipo di cooperazione attuare e con quali mezzi, senza imporre alcuna forma di obbligo strutturato, come l'istituzione di un fondo o altre forme di fusione" "mentre altre figure giuridiche di cooperazione strutturata, come le associazioni temporanee di imprese, raggruppano per un certo periodo di tempo società che intendono svolgere una determinata operazione, nella rete di imprese, (…), il contratto definisce un programma comune (come un programma industriale) con il quale le società partecipanti mirano ad accrescere, individualmente o collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato. Il contratto istituisce quindi la forma più flessibile e generale di associazione tra imprese, fissando un numero limitato di norme al solo scopo di assicurare la trasparenza e la stabilità delle relazioni contrattuali".
41 Trib. Napoli 18 marzo 1997, in Giur. it., 1998, 1166; Cass. civ. Sez. III, 17-05-2001, n. 6757,
Cass. 5 aprile 1990, n. 2831, in Giust. civ., 1991, I, 2777; Cass. 8 febbraio 1989, n. 795, in Giur.
it., 1989, I, 1, 1123; Cass. 2 febbraio 0000, x. 000, xx Xxxx xx., 0000, X, 0000; Cons. Stato 16 aprile
1987, n. 246, in Cons. Stato, 1987, I, 562; T.A.R. Basilicata 8 giugno 0000, x. 000, xx X.X.X.,
0000, X, 0000; T.A.R. Friuli Venezia Giulia 7 agosto 0000, x. 000, xx X.X.X, 0000, X, 0000. In dottrina: X. Xxxxxxx e X. Xxxxx, Le associazioni temporanee di imprese, Milano, 1985, 24-25; G.
A. Xxxxxxxx - X. Xxxxx, Consorzi e riunioni temporanee di imprese, Milano, 2001, 263 ss.; COTTINO G., Diritto commerciale, I, Torino, 1994, 35-36; ANDRINI M. C., op. cit., 1438 ss.; SICCHIERO G., L' engineering , la joint venture, i contratti di informatica i contratti atipici di garanzia, in Giur. Sist. di dir. civ. e comm., fondata da Bigiavi, Milano, 1991, 40 ss.
Si tratta di un mandato con rappresentanza di tipo gratuito e irrevocabile42 in forza del quale gli atti posti in essere dal mandatario, la società capogruppo, producono direttamente effetti nella sfera giuridica delle altre imprese aderenti.
Quanto detto, però, non esclude che, ai fini del coordinamento delle singole attività svolte da ciascuna impresa nell'ambito dell'associazione temporanea, nella prassi venga creata, anche semplicemente con comportamenti concludenti, un'organizzazione interna che dal punto di vista giuridico, secondo una parte della dottrina, è riconducibile al contratto associativo ed in particolare alla sub specie dei consorzi con attività esterna.
Secondo altra parte della dottrina43, invece, non è mai configurabile - in quanto tale - un rapporto di tipo associativo, né riconducibile al consorzio né tanto meno ad una società di fatto44. L'unica eccezione si ha quando per la cooperazione nell'ambito dell'ATI le imprese facciano ricorso all'istituto della società per l'esecuzione dei lavori ex art. 23 bis legge 584 (oggi trasfuso nell'art. 96 D.P.R. 1999/554). Una parte della giurisprudenza di merito45, invece, qualifica questa forma di collaborazione come fattispecie contrattuale atipica.
La problematica riportata assume particolare interesse in quanto, come meglio si vedrà, sorge anche in ambito dei contratti di rete.
Le joint ventures rappresentano un esempio di associazione temporanea di impresa di rilevanza internazionale in ragione della diversa nazionalità delle imprese partecipanti e della differente localizzazione nazionale dell'attività esecutiva delle rispettive prestazioni.
42 Cons. Giust. Amm. Sicilia 15 febbraio 0000, x. 00, xx Xxxx. Xxxxx, 0000, X, 000; Cass. 11 maggio 1998, n. 4728, in Giust. civ., 1998, II, 2544, con nota di XXXXXX e in I contratti 1998, 467, con nota di XXXXXXXXX; App. Venezia 21 maggio 1997, in Xxxx xxx., 0000, X, 00, xxx xxxx xx XX XXXXXX; T.A.R Puglia 28 maggio 1994, n. 962, in Foro amm., 1994, 2209; T.A.R. Lazio 4 luglio
1983, n. 557, in T.A.R. 1983, I, 2374.
43 XXXXXXX M. - XXXXX X., Le associazioni temporanee di imprese, Milano, 1985, 25-26. 44Cottino, Diritto societario, Padova, 2011, 39; Angelici, voce "Società di fatto e società irregolare", in Enc. Giur. Treccani, XXIX, Roma, 1989, 1; Bigiavi, L'imprenditore occulto, Padova, 1954, 197
45 Trib. Roma 14 gennaio 1998, in Giur. merito, 1998, 917; più in particolare: App. Genova 11 febbraio 1991, in Nuova giur. civ. comm., 1992, I, 753; Trib. Milano 27 maggio 1991, in Giur. it., 1991, I, 2, 868 e in Le società, 1991, 1683.
Con le joint ventures46 due o più imprese si associano per l'esercizio di un’ attività economica in un settore di comune interesse, siano esse rivolte all'esecuzione di un'opera complessa o limitate alla prestazione di particolari servizi o al compimento di un singolo affare.
Tale forma di aggregazione può essere di due livelli di intensità: la joint venture corporation e la contractual joint venture.
Nel primo caso47 l'accordo di cooperazione dà vita ad una società di capitali che costituisce un soggetto autonomo, cui affidare la conduzione dell'attività congiunta. Si tratta di una società di scopo quindi strumentale alla realizzazione dell'accordo tra le imprese.
Nel secondo caso non dà vita ad un’organizzazione distinta da quella dei co- venturers; queste sono "costituite spesso in base alla necessità di fruire di un agile strumento idoneo al perseguimento di un affare la cui realizzazione presuppone l'integrazione sotto il profilo quantitativo e qualitativo di più risorse, senza peraltro che sia necessaria la predisposizione di un'organizzazione cui i contraenti debbano essere gerarchicamente subordinati e alla quale riferire l'attività da questi svolta in modo congiunto".48
I contratti bilaterali collegati49, ad esempio la subfornitura ed il franchising
Il fenomeno del collegamento negoziale50 è configurabile quando due negozi, pur rimanendo autonomi, sono unificati da un nesso di interdipendenza in quanto volti
46 ASTOLFI A., Il contratto di joint venture, Milano, 1981, 47; XXXXXX D., Le associazioni temporanee di imprese, Milano, 1983, 8; BONVICINI D., Le Joint - ventures : tecnica giuridica e prassi societaria, Milano, 1977, 9 ss.; XXXXXXXXXX X. - MORRESI M. R., Nuoviss. Dig. it., voce Joint - ventures, App., IV, Torino, 1983, 1.
47 ASTOLFI A., Evoluzione e qualificazione degli accordi di joint ventures; DRAETTA U. e VACCA’ C., Le Joint - ventures , profili giuridici e modelli contrattuali, Milano, 1997, 12; VACCA’ V., op. cit., 235; per l'applicazione delle norme del diritto societario alle joint venture corporations costituite nell'ordinamento italiano, in particolare cfr.: XXXXXX D., Profili di diritto societario degli accordi di joint venture; XXXXXXX M., op. cit., 49 ss
48 FORCHINO A., Associazione in partecipazione, Joint Venture Corporations e Associazione temporanea di imprese a confronto, Corriere giuridico 2002, 1, 82.
49 Tar. Campania, 13 giugno 2006, n. 6941, in Foro amm., 6, p. 2134 ss.; Trib. Udine, 5 agosto 1996, in Dir. fall., 1996, II, p. 1144 ss.; Trib. Napoli, 11uglio 2004, in Giur Comm., 2006, 6, p. 1181; Cass., 11 giugno 2004, n. 11081, in Società, 2005, p. 53; Trib. Milano, 12 maggio 1984, in Giur.comm. 1985, Il, p. 531. In dottrina CAFAGGI F. IAMICELI P., Contratto di rete. Inizia una nuova stagione di riforme. Obbligazioni e Contratti, 2009, pag.595.
a realizzare un unico scopo finale. Nella sussistenza dei requisiti della pluralità di negozi e della connessione funzionale tra gli stessi, tale fenomenologia giuridica, sede di particolare speculazione dottrinale e giurisprudenziale, può assumere diverse forme.
Una prima distinzione si individua nella natura necessaria o volontaria del collegamento. Il primo è frutto di una previsione legislativa, come nel caso del rapporto tra procura e contratto concluso dal rappresentante, mentre il secondo discende dalla volontà dalle parti, come spesso accade nelle reti tra imprese.
Una seconda distinzione si ha tra collegamento genetico e funzionale a seconda che afferisca alla fase di formazione del contratto – come nel rapporto tra preliminare e definitivo – oppure incida sullo svolgimento del rapporto, il che ad esempio avviene nel caso di vendita della merce che si accompagna ad un contratto di noleggio delle navi per il trasporto da parte dell'alienante.
Un'ultima differenza riguarda la natura unilaterale o bilaterale del collegamento, a seconda che un negozio sia subordinato all'altro oppure vi sia un rapporto di reciprocità o interdipendenza.
Il richiamo ai già esistenti strumenti di aggregazione nell’impresa, lungi dall’ambire alla loro trattazione sistematica, è stato fin qui condotto, piuttosto, perseguendo il fine di introdurre una critica in ordine alla loro adeguatezza rispetto alla soddisfazione delle esigenze di mercato. Exempli gratia, nei rapporti tra imprese regolati da contratti di scambio, costituisce un forte limite il principio di relatività degli effetti; oppure, per quanto riguarda i contratti plurilaterali con comunione di scopo, la mancanza di una disciplina organica e specifica per le
50 Sul collegamento negoziale in dottrina vedi, fra gli altri, GIORGIANNI M., Negozi giuridici collegati, in Riv. it. scienze giur., 1937, 275 ss; OPPO G., Contratti parasociali, Milano, 1942; XXXXXX U., In tema di collegamento negoziale fra contratti, in Giur. completa Cass. civ., 1943, II, 1, 328; XXXXXXXX A., Appunti in tema di negozi giuridici collegati, in Giust. civ., 1954, I, 259; XXXXXXXXX, Collegamento e connessione fra negozi, in Riv. dir. comm., 1955, I, 357 ss.; SCOGNAMIGLIO R., Collegamento negoziale, in Enc. dir., Milano, 1960, 375 ss.; MESSINEO, Contratto collegato, in Enc. dir., X, Milano 1962, 48; XXXXXXXX G., I contratti collegati, XXXX e XXXXXXX, I contratti in generale, III, I requisiti del contratto, in Giur. sist. Bigiavi, III, Torino, 1991; ID., Recenti orientamenti in tema di collegamento negoziale, in Nuova giur. comm., 1997, II, 233 ss.; ID., I contratti collegati: principi della tradizione e tendenze innovative, in Contratto e impresa, 2000, 127; RAPPAZZO A., I contratti collegati, Milano, 1998; COLOMBO C., Operazioni economiche e collegamento negoziale, Padova, 1999; LENER G., Profili del collegamento negoziale, Milano, 1999; AA.VV., I collegamenti negoziali e le forme di tutela, Milano, 2007; XXXXXXX A., Collegamento negoziale ed autonomia disciplinare dei contratti collegati (nota a Cass., 10.7.2008, n. 18884), in Contr., 2008, 1093 ss.; XXXXXX M.C., Il contratto in generale, Milano, 2010 pag.85.
imprese comporta problemi soprattutto nella fase esecutiva ed in particolare nella modifica degli accordi, determinando così incertezza negli effetti.
Inadeguatezza più marcata presenta il collegamento negoziale51, per la mancanza di una disciplina che regoli: la responsabilità verso le altre imprese (in caso di violazione degli obblighi assunti o di abuso di posizione economica); la possibilità per i terzi che entrino in contatto con un'impresa di potersi rivolgere anche alla rete; l’interpretazione dei singoli contratti alla luce dell'interdipendenza esistente tra di essi.
A tali critiche è stata affidata l’istanza52 di un intervento legislativo atto all’introduzione di un contratto trans-tipico che non desse luogo ad un nuovo soggetto di diritto secondo il fine proprio alla realizzazione di una rete di imprese.
Il contratto di rete53, quindi, si inserisce in questo ambito, in quanto ideato per rendere le imprese più concorrenziali e per colmare la differenza con gli altri
51 CAFAGGI F., Reti contrattuali e contratti di rete: ripensando il futuro, in Reti di imprese tra crescita e innovazione organizzativa, Bologna, 2007, pag. 433: “Il regime del collegamento contrattuale, elaborato in via giurisprudenziale, consente certamente di catturare l’operazione economica complessiva realizzabile tramite il sistema di contratti bilaterali tra imprese. I limiti attuali sono però rilevanti: le sue debolezze riguardano da un lato la distinzione con il contratto plurilaterale a causa mista, dall’altro le conseguenze associate all’esistenza del collegamento. Queste dovrebbero operare non solo sul piano dei rimedi nel caso di invalidità o inadempimento ma anche [su?] quello del regolamento contrattuale, quando si valuti l’applicabilità di alcune clausole anche a contratti stipulati lungo la filiera da imprese diverse. Occorre introdurre una disciplina del collegamento contrattuale che, conservando la bilateralità dei rapporti tra imprese, consenta di far emergere l’interdipendenza sia con riferimento alla costruzione del regolamento contrattuale che alle vicende che conducono alla dissoluzione del contratto quando vengano meno i presupposti della collaborazione. E’ necessario definire regole che consentano di ritenere applicabili clausole del contratto principale a quelli collegati e regole che permettano di circoscrivere l’applicazione di clausole al singolo contratto, come quelle che limitano la responsabilità del debitore, e riducono e circoscrivono garanzie e così via. In tale ambito va disciplinato l’abuso di dipendenza economica, concernente tutte le ipotesi di rete gerarchica in cui una o più imprese dominanti possono abusare del proprio potere contrattuale con effetti che si propagano oltre la singola relazione contrattuale. Occorre rivedere il regime sanzionatorio, affiancando alle invalidità e al risarcimento sanzioni che, ordinando la cessazione del comportamento abusivo, consentano il mantenimento della rete contrattuale ed il ripristino della relazione cooperativa”.
52 BRIGANTI E., La nuova legge sui contratti di rete tra le imprese: osservazioni e spunti, Notariato, 2/2010 pag. 191; XXXXXXX X., Il "contratto" e "la rete": brevi note sul riduzionismo legislativo, I contratti, 10/2009, pag. 951; XXXXXXX X. XXXXXXXXXXXX C., Reti di imprese e contratto di rete: spunti per un dibattito, I contratti, 10/2009, pag. 215.
53 GRANIERI M. Il contratto di rete: un soluzione in cerca di un problema?, I contratti: “Nel presupposto che vi siano attività che, per ragioni dimensionali o di capacità tecnica, nessuna piccola o media impresa perseguirebbe individualmente, il contratto di rete dovrebbe avere il non banale compito di far apparire grandi i piccoli, attraverso lo strumento contrattuale e senza dover adottare forme più impegnative al limite dell’integrazione strutturale (fusione) - con quel che ne consegue in termini di perdita di individualità e finanche di capacità innovativa, o, a un livello inferiore di integrazione, del gruppo societario o della creazione di un’impresa comune”.
Paesi, in particolare quelli dell'Unione Europea54, nell’ambito dei quali pur in assenza nel settore delle politiche industriali ed agricole di uniformità tra gli Stati, l'Italia risulta tra gli ultimi classificati55.
2. IL D.L. 78/2010, TENTATIVO DEL LEGISLATORE DI MIGLIORARE E CHIARIRE LA NORMATIVA SUI CONTRATTI DI RETE
Il decreto legge 31 maggio 2010 n. 78, recante “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, convertito con modifiche, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, ha cambiato significativamente l’istituto così come disciplinato dalle leggi 33 e 99 del 2009 apportando delle integrazioni che sono sopravvissute alle successive riforme e che ancora oggi rappresentano lo scheletro del contratto di rete.
L’art. 42, rubricato “Reti di imprese”, al comma 2-bis e 2-ter prevede che il comma 4-ter e 4-quater dell’art. 3 d.l. 10 febbraio 2009, n. 5, siano sostituiti come segue:
“4-ter. Con il contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica, ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa. Il contratto può anche prevedere l’istituzione di un fondo patrimoniale comune e la nomina di un organo comune incaricato di gestire, in nome e per conto dei partecipanti, l’esecuzione del contratto o di singole parti o fasi dello stesso...”.
Questa nuova versione del contratto di rete è stata il tentativo del legislatore di rispondere alle critiche56 e alle richieste che volevano una disciplina di più ampio
54 TEUBNER, And if I by Beelzebub cast out Devils: An Essay on the Diabolics of Network Failure, in German Law Journal, X, 2009, 396: “Today, heterarchical networks are dominating hierarchical organization to such a high degree, that the world society can safely be referred to as a network society”.
55 In base alla valutazione effettuate secondo gli indicatori strutturali fissati a Lisbona.
respiro che lasciasse maggiore libertà agli operatori così da ricomprendere tutti i fenomeni di aggregazione affermatisi nella prassi.
Tale riforma ha inciso prima di tutto sull'oggetto del contratto di rete.
Accanto alla possibilità di esercitare in comune una o più attività rientranti nell'oggetto della propria impresa, è stata prevista la possibilità di collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all'esercizio della propria impresa ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica.
In questo modo, in base alle necessità, viene data la possibilità di costituire reti "più leggere" o "più strutturate" .57
Inoltre, dalla riscrittura dell'oggetto del contratto di rete sono discese numerose conseguenze e novità come la non obbligatorietà della formazione del fondo patrimoniale.
Quest'ultimo può essere inutile in una rete avente ad oggetto esclusivamente lo scambio di informazioni tra le imprese partecipanti. Ciò non toglie che, pur in presenza di una rete con rilevanza interna, gli aderenti possano decidere di costituirlo per una migliore organizzazione.
L'altra importante novità riguarda, in caso di istituzione del fondo patrimoniale, la possibilità di prevedere il versamento di contributi successivi in analogia con l'articolo 2615 ter c.c.
Sempre alla luce della modifica dell’oggetto del contratto di rete, il legislatore ha provveduto a modificare anche la parte della normativa sull'organo comune. Infatti, potendo gli aderenti optare per una rete a rilevanza esclusivamente interna, non era più giustificata l'obbligatoria istituzione di un organo comune. Se previsto nel contratto di rete, quest'ultimo dovrà indicare i poteri di gestione e di rappresentanza ad esso conferitigli.
56 GRANIERI M., op. cit., pag. 936-937: “Ma al di là dell’uso improprio di origliate categorie aziendalistiche, resta il dubbio che la expressio causae, se questo era l’obiettivo, sia priva della necessaria accuratezza. Vi è in più il sospetto che si tratti soltanto di formula propagandistica, inutile ai fini civilistici”. GRANIERI M., op. cit., pag 938.: “L’opera di ingegneria genetica del legislatore ha prodotto una fattispecie che non arriva ad essere autenticamente trans-tipica né tanto meno nuova”.
57 XXXXXXX P., La rete è, dunque, della stessa natura del gruppo di società?, in Contratto e impresa, 2011, 3, p. 535.
Nel dettare la disciplina sull'organo comune il legislatore si è spinto a qualificare il rapporto che lega quest'ultimo con gli aderenti, precisando che il soggetto prescelto assume l'ufficio ed agisce come mandatario comune.
Questa novità è stata vista da una parte della dottrina58 come un passo indietro del legislatore che, specificando che l'organo comune agisce "come" e non "quale" mandatario, ha ridimensionato la natura organizzativa della rete portandola su di un piano contrattuale che la riavvicina alla figura dell'associazione temporanea di impresa.
L'attuazione del programma di rete, essendo rimessa all'organo comune che deve rispettare le norme sul mandato collettivo, sarà più complessa, richiedendo per esempio per le operazioni straordinarie il rilascio di una procura notarile.
Quanto detto, però, deve essere rapportato ad un aspetto introdotto per la prima volta nella disciplina del contratto di rete e che quindi rappresenta una novità assoluta.
Il legislatore ha statuito alla lettera f) che nel contratto siano previste "le regole per l'assunzione delle decisioni dei partecipanti su ogni materia o aspetto di interesse comune che non rientri, quando è stato istituito l'organo comune, nei rapporti di gestione conferiti a tale organo, nonché se il contratto prevede la modificabilità a maggioranza del programma di rete, le regole relative alla modalità di assunzione delle decisioni di modifica del programma medesimo."
Contrariamente a quanto evidenziato in relazione alla nuova disciplina dettata sull'organo comune, la previsione di regole per l'assunzione di decisioni da parte degli aderenti e la possibilità di prevedere la modifica a maggioranza del programma, riporta con forza ad affermarsi l'aspetto associativo - organizzativo della rete; solo in quest'ultimo caso infatti è possibile non ricorrere alla regola dell'unanimità che invece sarebbe necessaria in reti contrattuali.
Ciò che colpisce immediatamente dalla semplice lettura del testo normativo è il numeroso ricorso alle ipotetiche. E' difficile rinvenire altri esempi normativi nel cui testo sono presenti tanti "se".
58 DI SAPIO A., I contratti di rete tra imprese, in Rivista del notariato 2011, 1, pag.210
Alla luce di queste prime osservazioni è possibile fare un'ulteriore riflessione: nella disciplina sul contratto di rete, come modificata dal d.l. 78/2010, mancano norme di tipo precettivo e regole suppletive.
Questo aspetto assume una diversa importanza nei rapporti interni ed esterni.
Nei rapporti interni sembra rispondere alle istanze sollevate prima della riforma. Infatti l'elasticità della normativa permette di garantire flessibilità alla rete che potrà così modellarsi in base anche alle mutevoli esigenze del mercato. Inoltre, come sottolineato da una parte della dottrina, in questo modo riacquista importanza il valore di una cooperazione improntata sulla fiducia e sulla lealtà quali forme di garanzia più importanti di ogni rigida regola.
L'opposto vale nei rapporti esterni dove invece la presenza di regole chiare e rigide rappresenta una forma di tutela e quindi incentiva i terzi a contrarre. A tale riguardo, nella disciplina come modificata dal d.l. 78/2010, non vi è per esempio alcun riferimento a obblighi di rendicontazione che permettano ai terzi di controllare la situazione patrimoniale e ciò non può che essere un disincentivo.
3. I REQUISITI DEL CONTRATTO DI RETE
Gli elementi che contraddistinguono59 il contratto di rete, nella sua prima versione, sono dunque i seguenti.
Soggetti
I destinatari del contratto di rete, secondo la lettera primigenia della normativa di settore, erano unicamente le imprese.
Eppure l'articolo 3 al comma ter faceva sì testualmente riferimento alle imprese, ma allo stesso tempo anche allo svolgimento di attività economiche rientranti nei
59 DE NOVA, Il tipo contrattuale, Padova, 1974, pag. 134: “i tratti distintivi, per essere tali, devono rispondere ad un unico requisito, quello di essere elementi essenziali al tipo: essenziali nel senso che la loro assenza non consenta di assumere il contratto nel tipo legale, sì che il contratto dovrà essere ascritto ad altro tipo, o essere qualificato atipico”.
rispettivi oggetti sociali, prescrivendo inoltre, tra i requisiti che doveva indicare il contratto, la denominazione sociale delle imprese aderenti.
Era dunque contraddittorio il richiamo all’oggetto sociale e alla denominazione in riferimento alle imprese, giacché piuttosto pertinenti alla società. È questo uno degli esempi di cattiva elaborazione normativa, lamentati dalla dottrina anche perché, in un'epoca in cui l'oggetto sociale non costituisce più parametro di valutazione e limitazione della capacità delle società, sarebbe assurdo porre tale restrizione soggettiva alla disciplina del contratto di rete che invece vuole essere di ampio respiro.
I soggetti a cui si rivolge la nuova legge sono, quindi, le imprese, di qualunque tipo: agricole, commerciali, piccole, medie e di grandi dimensioni, esercitate in forma individuale ed in forma collettiva, sia con riferimento alle società di persone sia con riferimento alle società di capitali; ciò è stato confermato con la modifica intervenuta con la legge 23 luglio 2009, n 99 che prevede l'indicazione del nome, della ditta, della ragione o della denominazione sociale degli aderenti alla rete.
Ritenendo, inoltre, che il requisito essenziale per potere partecipare ad una rete sia esclusivamente lo svolgimento dell'attività di impresa, concordemente con l'orientamento prevalente60, anche le associazioni, fondazioni e le ONLUS che esercitano tale attività possono costituire una rete.
La partecipazione al contratto di rete da parte di un consorzio suscita, invece, qualche perplessità.
Mentre non vi è motivo di escludere i consorzi che svolgono attività esterna, in quanto gli si riconosce, a tutti gli effetti (tra cui il fallimento), la qualità di imprenditori ai sensi dell’art. 2195 n. 5 c.c., in quanto soggetti che svolgono un'impresa ausiliaria, effettivamente qualche dubbio sorge per quelli con attività interna61.
60 CIRIANNI F., Il contratto di rete, in Notariato 2010 n. 4 pag. 442; In senso contrario per esempio GRANIERI M., op. cit. pag. 936: “Il chiaro riferimento al soggetto impresa esclude che il contratto di rete possa legare soggetti diversi, come per esempio centri di ricerca o università (o articolazioni di esse, come i dipartimenti), fondazioni e enti non-profit”.
61 TRIPPUTI E., Il contratto di rete (Commento a art. 33 comma 4 ter l.9 aprile 2009,n.33; art. 33 comma 4 quater l.9 aprile 2009, n. 33; art. 33 comma 4 quinquies l. 9 aprile 2009,n.33), in Le
Nuove leggi civili commentate , 2011, 1 p. 56.
La mancanza dei requisiti soggettivi per partecipare alla rete determinerà la nullità della singola partecipazione ai sensi dell'articolo 1420 c.c. o dell'intero contratto se considerata essenziale in base alla normativa dettata sui contratti plurilaterali.
Non sono previsti neppure limiti territoriali o quantitativi, anzi il contratto di rete è per sua natura un contratto aperto ma con ingresso limitato in quanto soggetto a vaglio.
Alla lettera d) del comma 4 ter, come modificato a luglio 2009, è espressamente richiesto che siano indicate le modalità di adesione di altre imprese. L'adesione di altre parti, in base ai principi generali, è ricostruibile giuridicamente come un negozio unilaterale con cui chi aderisce rende efficace nei propri confronti il contratto.
Con la riforma del 2010 il legislatore, avvicinandosi alla disciplina sul consorzio, per individuare i soggetti legittimati a stipulare il contratto di rete non prende più come termine di riferimento l'impresa, che ha un connotato oggettivo, ma l'imprenditore, così come definito all'articolo 2082 c.c.
Scopo
Ai fini di un corretto inquadramento del fenomeno in oggetto, sicuramente, uno degli aspetti più importanti è lo scopo della norma.
Nel nostro ordinamento, tutti i contratti devono essere sorretti da una giustificazione causale. La causa è lo scopo obiettivo del contratto che si distingue dallo scopo individuale delle parti.
Dopo un lungo periodo di elaborazione dottrinale, la causa è stata assimilata alla funzione del contratto e definita non come insieme di tutti i risultati perseguiti dal negozio, bensì come sintesi degli effetti tipici di quel dato contratto. Il riferimento all’idea di tipicità nel concetto di funzione non è privo di conseguenze in termini di certezza del diritto, stante che la nozione di tipo è assai xxxxxxx00.
62 SACCO R., Obbligazioni e contratti II, in Trattato di diritto privato, Vol. 10, diretto da Xxxxxx Xxxxxxxx, Torino, 1982, pag. 316; Xxxxxxx, Il nuovo diritto societario, in Tratt. dir. comm. e dir. pubbl. econ., diretto da Xxxxxxx, XXIX, 1, Padova, 2004, p. 18
La causa può essere individuata preventivamente dal legislatore, come avviene nei contratti tipici, oppure successivamente secondo un vaglio di meritevolezza, come avviene nei contratti atipici.
Più precisamente definendosi tipico il contratto che il legislatore non si sia limitato a definire ma che abbia altresì dotato di una disciplina compiuta, nell'ambito dei contratti d'impresa, spesso, si affermano figure di contratti così detti "socialmente tipici" che esprimono modelli di operazioni economiche molto diffusi nella prassi ma che non ricevono una compiuta disciplina legislativa e per tale motivo restano pur sempre contratti legalmente atipici, anche se spesso con il passare del tempo vengono recepiti dal legislatore, divenendo così tipici.
Il legislatore, dettando la disciplina sui contratti di rete, oltre a fornire una scarna definizione, ha espressamente indicato lo scopo63 che deve essere perseguito e cioè quello di accrescere la capacità innovativa e la competitività sul mercato delle imprese64. Tale obiettivo deve essere concretizzato con l'individuazione di un programma di rete che illustri le modalità di realizzazione e dia l'indicazione degli obiettivi strategici e le modalità per misurare l’avanzamento verso tali obiettivi.
Il concetto d'innovazione riguarda qualsiasi cambiamento associato alla gestione e alla condivisione di conoscenze e può investire la produzione, l'organizzazione e la commercializzazione.
Il concetto di competitività65, invece, è molto ampio. Riguarda il rapporto con le altre imprese concorrenti e si realizza quando un'impresa riesca ad avere maggiore forza economica sulle altre66.
63SCOGNAMIGLIO C., Il contratto di rete: il problema della causa, in Contratti, 2009, 10, 961:“Un punto della regolamentazione nuova dove l'intervento legislativo appare forse fin troppo dettagliato, pur mostrandosi ancora una volta lacunoso nella determinazione delle conseguenze suscettibili di ricollegarsi ad eventuali difformità del contratto dal paradigma normativo, è tuttavia proprio quello della individuazione degli interessi che la nuova figura del contratto di rete deve essere destinata a realizzare, attraverso una descrizione - per quanto opinabile - di quello che può definirsi il profilo causale del contratto stesso.”
64 A titolo esemplificativo è interessante dare atto che Ferrero e Xxxx hanno collaborato per innovare logistica e distribuzione dei prodotti (condivisione di piattaforma e mezzi di trasporto). Boeing ha costruito il 787 Dreamliner che ha il 70-80% dei suoi componenti totali progettati e prodotti da partner esterni dislocati nell'intero pianeta. BMW ha progettato, prodotto e assemblato con una rete globale di fornitori il 70% delle parti della X3 e della Serie 7.
65 Nella nostra recente legislazione il "termine competitività" è sempre più ricorrente, ma non ha veste giuridica: è ancora confinato nel mondo economico.
Alcuni esempi di accrescimento della competitività potrebbero essere:
Nel caso del contratto di rete, sulla base della teoria tradizionale sulla causa, definita come la funzione economico-sociale del contratto, non sarebbe necessaria alcuna sua valutazione da parte del notaio chiamato a ricevere il contratto, essendo stata oggettivamente predeterminata dal legislatore.
Aderendo, invece, alla teoria67 della causa quale funzione economico - individuale o così detta causa in concreto che guarda agli interessi reali e non semplicemente astratti perseguiti dal contratto, si pone un problema di valutazione "ex ante"68.
- la sviluppo di una nuova attività.
- la creazione di un marchio bio o di un marchio di qualità certificata;
- lo sviluppo del brand, come per quello di "Pavarotti & Friends" o di "Musica Insieme", dove il valore non è dato dal marchio in sé ma dall'idea che sta dietro quel brand.
66 XXXXXXXX, XXXXXXXX, 2011, p.191: “Oggi le imprese di successo sono quelle che superano i propri limiti dimensionali per raggiungere la massa critica necessaria a competere a livello internazionale e che puntano sulle competenze e investono in innovazione. Crescere e accumulare competenze per crescere, in un circolo virtuoso che si alimenta e rafforza costantemente”.
67 BIANCA C.M., Diritto civile, 3, Il contratto, Milano, 2000, pag 452; GAZZONI F., Manuale di diritto privato, 2009, pag 807. Così XXXXXXXX X., Il contratto di rete, Altalexpedia Enciclopedia Giuridica Online, xxx.xxxxxxx.xxx. Sulla funzione economico individuale della causa del contratto, in giurisprudenza, Cass. civ., sez. III, 20 marzo 2012, n. 4372 inedita e Cass. civ., sez. III, 8 maggio 2006 n. 10490, Foro it., Rep.2006, voce Contratto in genere, 438. XXXXXXX A. PRICIVALLE X., Contratto di rete e trust, in Trust e attività fiduciarie, 2004, p.19: “Il contratto è indubbiamente caratterizzato da una causa a forte contenuto economico, tale da risultare del tutto rispondente alla propriamente detta funzione economico-individuale della causa, secondo la moderna lettura datane dalla recente giurisprudenza di legittimità, rispetto alla più datata funzione economico- sociale”. “Naturalmente, il superamento, ormai da tempo consumato, della ricostruzione della causa come funzione economico-sociale, impone di leggere in termini profondamente diversi, rispetto a quelli sottesi all'originaria impostazione del codice civile, la relazione tra qualificazione giuridica e vicende circolatorie della ricchezza. In altre parole, abbandonata l'ipotesi, o l'illusione, che la causa potesse essere lo strumento adeguato ad un controllo relativo alla «socialità » del contratto, resta immutata, tuttavia, in presenza del rammentato dato normativo, la necessità di espletare un controllo sul piano della complessiva razionalità del contratto e, dunque, della sua idoneità ad espletare una funzione utile: dove il concetto di utilità non viene, a tale stregua, riferito ad un criterio di socialità del contratto, da concretizzare, in ipotesi, sulla base delle esigenze di politica economica di volta in volta accreditate, ma si commisura all'articolazione obiettivata degli interessi perseguiti attraverso il contratto ed alla loro idoneità a porsi - ad una stregua di normalità e di ragionevolezza - come elementi regolatori del rapporto.”
68 SCOGNAMIGLIO C., Il contratto di rete: il problema della causa, in Contratti, 2009, 10, 961: “Si delinea allora, in tutta la sua complessità, il problema se un eventuale deficit dei requisiti di « capacità innovativa » e di « competitività sul mercato » sia in ipotesi idoneo a fondare, o meno, conseguenze in termini di invalidità del contratto di rete.
La risposta deve essere negativa, sulla base di un triplice argomento.
Viene innanzi tutto in considerazione il rilievo, di nuovo giocato sul piano dei rapporti tra regolamentazione speciale e disciplina generale, che, in assenza di una chiara opzione normativa di legge speciale, la quale innalzi, per così dire, la soglia del giudizio di meritevolezza dell'interesse, così come desumibile, in via generale, dagli artt. 1322, 1325 n. 2 e 1343 c.c. , non si può ritenere che tale giudizio possegga una latitudine diversa e più ampia di quella imposta dalla disciplina di diritto privato generale; e che possa, dunque, estendersi alla verifica, con effetti decisivi sulla validità del contratto, circa la presenza, nell'accordo, dei requisiti di « capacità innovativa » e di « competitività sul mercato ». E questo ferma restando sempre la notazione poc'anzi svolta in ordine all'impossibilità di scrutinare tali requisiti, declinati come attuali, in un
Occorre dunque, nella e con la valutazione degli obiettivi strategici69, determinare la legittimità e la congruità del contratto giacché del resto l'indagine sulla adeguatezza del patrimonio, secondo parte della dottrina non è necessaria dal momento che non costituisce requisito essenziale per la costituzione delle società70, la cui attività ed il perseguimento del cui oggetto sociale è sempre possibile realizzare attraverso il ricorso al credito.
Va dato atto71, quindi, che nella normativa, il riferimento allo scopo di accrescere la capacità innovativa e la competitività sul mercato ha puramente carattere descrittivo e non richiede né una valutazione preventiva da parte del notaio in sede di stipulazione del contratto, né permette un vaglio di meritevolezza da parte del giudice in quanto non può essere oggetto di controllo; sarà piuttosto il mercato a decretare il successo dell’iniziativa.
contratto che si pone, pur sempre ed inevitabilmente, come un progetto di attività, destinato a proiettarsi nel futuro.
Sul versante sistematico, poi, si può osservare che l'assunzione di una specifica finalità nell'assetto di interessi delineato attraverso un contratto può fondare un giudizio di invalidità solo nel caso in cui lo scopo costituisca il termine di riferimento immediato di una disciplina pubblicistica di favore, giustificata, appunto, dal raggiungimento dello scopo. Può essere rammentato, in tal senso, anche se, com'è ovvio, a fini meramente esemplificativi, lo schema del mutuo di scopo legale, all'interno del quale, in caso di collegamento funzionale tra il contratto di mutuo e lo scopo, previsto dalla legge, per il quale lo stesso è concesso, l'accordo tra le parti circa la destinazione della somma ad uno scopo diverso può dare luogo alla nullità del contratto.”
69 SCOGNAMIGLIO C., Il contratto di rete: il problema della causa, in Contratti, 2009, 10, 961: “ …gli obiettivi strategici e le attività comuni poste a base della rete debbono essere in grado di dimostrare « il miglioramento della capacità innovativa e della competitività sul mercato »: in tal modo, si introduce un elemento che pare alludere ad un dato di concreta utilità/redditività dell'attività espletata e si pone, dunque, il problema del modo in cui la capacità innovativa e la competitività sul mercato debbano essere valutate, così come quello delle conseguenze di uno scrutinio negativo sul punto, tale da condurre, in caso di controversia, all'accertamento della inidoneità degli obiettivi strategici e delle attività comuni a consentire il perseguimento delle due finalità sopra menzionate.”
70 A sostegno di tale tesi si veda per tutti CAMPOBASSO G., Diritto delle società, in Diritto commerciale 2, Torino, 2007 per la tesi contraria PORTALE G., Capitale sociale e s.p.a. sottocapitalizzata, in Riv. Società, 1991.
71 CAFAGGI F., Il contratto di rete, commentario, Bologna, 2009, pag. 31: “Assolutamente inappropriato sembra invece richiedere alle parti che il contratto di rete potrà accrescere la competitività e la capacità innovativa correlandolo all'elemento causale. Questo sarà il mercato, non certo il giudice in sede di meritevolezza, a doverlo verificare. Dunque un requisito che riflette piuttosto la prospettiva neppure condivisibile, di un disegno di politica industriale in cui l'impiego della rete viene vincolato alla dimostrazione di una maggiore capacità innovativa, più adatto a costituire parametro per un finanziamento o per un'agevolazione che ad operare sul piano civilistico della causa. Vi è da ritenere pertanto che il riferimento abbia pura funzione descrittiva della causa di collaborazione e non debba costituire oggetto di una specifica valutazione di meritevolezza”. In senso ugualmente critico GRANIERI M., op. cit, pag. 937.
In questo contesto pertanto sembra esservi spazio soltanto per una doverosa valutazione della razionalità dell'affare da condursi sulla base di parametri oggettivi72.
Resta un ultimo aspetto su cui soffermarsi. Dalla disciplina sul contratto di rete non si evince se la rete debba perseguire uno scopo mutualistico o di tipo lucrativo, l'unica cosa richiesta è la valutazione dei conferimenti iniziali.
Per tale motivo, si ritiene che il contratto di rete abbia, da questo punto di vista, una causa neutra, non necessariamente deve perseguire un scopo mutualistico ma può perseguire anche uno scopo lucrativo, soprattutto quando svolge attività con i terzi.
Oggetto del Contratto di Rete
La disciplina sull'oggetto del contratto di rete è una delle parti che ha subito maggiori modifiche rispetto alla versione originaria. In conseguenza di queste la rete non è più destinata al perseguimento ma anche alla diversificazione dell'attività di xxxxxxx00.
Il legislatore, accogliendo le istanze provenienti da più parti del mondo accademico74 e dalle associazioni di categoria, ha ampliato l'oggetto della rete permettendo così di dare spazio a quelle forme di aggregazione a vario livello esistenti nella prassi.
72 SCOGNAMIGLIO C., Il contratto di rete: il problema della causa, in Contratti, 2009, 10, 961: “… il giudizio sulla causa del contratto di rete si dovrà risolvere sul piano della verifica di un livello minimo di razionalità dell'affare.
In altre parole, ed esemplificando, solo il contratto di rete che prefiguri un programma di attività fin da principio irrealizzabile (obiettivi strategici totalmente al di fuori di quelli ragionevolmente perseguibili dalle parti, anche, in ipotesi, alla luce dell'inadeguatezza del fondo comune; attività comuni, poste a base della rete, al contrario radicalmente estranee a quelle espletate, ed espletabili, dai contraenti) potrà incappare in un giudizio di invalidità per radicale carenza del requisito della causa.
Al contrario, la maggiore, o minore, idoneità del contratto di rete, che fosse accertata dopo l'inizio della sua esecuzione, a raggiungere i risultati di « miglioramento della capacità innovativa e della competitività sul mercato » potrà semmai rilevare come causa di sopravvenuta impossibilità dello scopo comune e dare, dunque, luogo alla risoluzione del contratto (ovvero, e come sopra si accennava, potrà assumere rilievo sul piano dei rapporti con la Pubblica amministrazione, in occasione della concessione o meno di benefici amministrativi o finanziari alla rete).”
73 DI SAPIO A., I contratti di rete tra imprese, in Rivista del notariato 2011, 1, pag.201
74 Per tutti CAFAGGI F., Il contratto di rete, commentario, Bologna 2009
All'originaria possibilità di esercitare in comune un'attività è stata aggiunta la possibilità di scambiarsi informazioni e prestazioni o semplicemente di collaborare in forme ed in ambiti predeterminati attinenti all'esercizio delle proprie imprese.
A queste forme di aggregazione è dunque opportuno, indi, volgere lo sguardo.
Rete di collaborazione
Con la riforma del 2010 è stata introdotta la possibilità di istaurare reti aventi ad oggetto la collaborazione in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese.
Le parti decidono di collaborare, coordinando le proprie attività75, per produrre un bene o un servizio unitario dai contenuti innovativi di cui, al momento dell’inizio della collaborazione, conoscono solo alcuni tratti.
Nel contratto di collaborazione, le prestazioni dei partecipanti alla rete, spesso, non sono definite ex ante, ma vengono specificate successivamente sulla base dei risultati conseguiti grazie alla collaborazione; per tale motivo l'organo comune assume in questo caso un ruolo importante. Grazie all'uso del contratto per definire i termini della collaborazione è possibile assicurare un livello di protezione degli investimenti specifici e delle risorse critiche assai maggiore di ciò che potrebbe avvenire se lo scambio di conoscenze avvenisse nella fase precontrattuale76.
Rete di scambio
Altro sembiante che, secondo una forma di collaborazione più blanda, ai sensi della novella introdotta dal legislatore può assumere l’oggetto del contratto di rete è quello dello "scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica".
75 E compiendo anche scambi strumentali alla finalità perseguita.
76 CAFAGGI F., op. cit. , p. 1149.
L'ampliamento dell'oggetto della rete con la previsione della possibilità di procedere a varie forme di scambio, oltre ad essere un'importante cambiamento ai fini dell'applicazione del contratto di rete, rappresenta una novità nel panorama del contratto in generale, scardinando il binomio contratto bilaterale causa di scambio e contratto plurilaterale comunione di scopo.
Ha infatti in tal modo trovato tipizzazione77, per come sarà a dirsi nel prosieguo in ordine alla natura giuridica del contratto di rete, una forma di contratto plurilaterale di scambio.
La finalità dello scambio delle informazioni può sovvenire nel caso in cui più imprese affidino un'attività di ricerca ad una sola impresa o ad un consorzio e, attraverso il contratto di rete, regolino le modalità di scambio delle informazioni derivanti dalla ricerca; nel caso di imprese che operino nello stesso settore e che decidano di condividere informazioni per implementare la loro competitività o sistemi di conoscenze legate alle tecniche di produzione; nel caso di imprese operanti in settori diversi qualora perseguano lo scopo, attraverso lo scambio e la condivisioe di informazioni sui rispettivi clienti, di offrire a questi ultimi l'acquisto di prodotti o servizi complementari.
La rete può avere ad oggetto, altresì, lo scambio di prestazioni che non configurandosi come scambi puramente bilaterali introducono l'importante novità di concepire la possibilità di prestazioni effettuate dai partecipanti a favore della collettività non soggettivata.
Rete avente ad oggetto l'esercizio di una attività
Lo svolgimento in forma collettiva di un’attività è sicuramente, tra i sembianti del contratto di rete, quello di maggiore interesse. Più precisamente, secondo la previsione normativa, le imprese possono obbligarsi a svolgere in comune una o più attività economiche rientranti nei rispettivi oggetti sociali.
77 CAFAGGI F., Il nuovo contratto di rete: learnig by doing?, in I contratti , fasc. 12, 2010, p. 1147.
Lo svolgimento in comune di un'attività economica solitamente assume, come in ambito societario, rilevanza esterna. Nel caso delle reti esso, invece, può riguardare anche i contratti con rilevanza solamente interna.
L'attività economica svolta dalla rete deve essere necessariamente connessa a quella svolta dalle imprese pur potendo assumere connotati autonomi a differenza di quanto avviene con funzione di mera strumentalità con la costituzione di consorzi.
La normativa non fa riferimento alla natura lucrativa o meno dell'attività svolta. Per tale motivo è ammissibile sia una rete mutualistica sia una rete volta a produrre utili da destinare ad alimentare la rete stessa oppure da dividere tra i partecipanti in base a criteri predeterminati.
Con la riforma del 2010, è stato eliminato il riferimento alla natura economica dell'attività svolta, così da ampliarne ulteriormente l'ambito di applicazione che risulta capace di comprendere, ad esempio, il settore della ricerca.
In base alla attività svolta le reti possono distinguersi in "orizzontali" o "verticali" a seconda che riguardino il medesimo segmento di filiera oppure segmenti diversi.
Alcune forme di applicazione di questa tipologia contrattuale possono così sintetizzarsi.
Il contratto di rete può essere utilizzato per lo svolgimento di attività dirette a migliorare la qualità di prodotti e servizi grazie all’adozione di disciplinari comuni e di attività di ricerca ad essi connessi.
Altre possibili applicazioni riguardano la condivisione di investimenti importanti per l'acquisto di macchinari o di nuove tecnologie o l’organizzazione di micro- mercati oppure l'accesso a mercati, anche esteri, in forma aggregata spendendo un marchio comune.
E’ possibile che tramite un solo contratto di rete si definiscano rapporti tra domanda e offerta in uno specifico mercato, ovvero si dia luogo ad una fattispecie più complessa in cui si costituisca una rete per la fornitura e una per l’acquisto dei servizi. I rapporti tra le due reti vengono regolati a loro volta da un contratto che potrebbe anch’esso impiegare il tipo contratto di rete ovvero un semplice contratto di durata.
La prassi sta poi mostrando un impiego diffuso del contratto di rete nell'ambito della regolazione della qualità e sicurezza del prodotto e del processo lungo la filiera con o senza la gestione di un marchio collettivo.
Tutte queste varianti possono anche riscontrarsi in un unico contratto di rete, nel senso che un contratto di rete può avere la funzione di promuovere la collaborazione tra alcune imprese per favorire lo scambio di prestazioni con altre imprese.
Programma di rete
Il programma è elemento indefettibile e focale del contratto di rete in quanto dalla sua attuazione discende il conseguimento degli obiettivi strategici; quindi, è alla corretta ideazione del programma che si affida "la bontà" dello strumento giuridico.
Si tratta di un vero e proprio regolamento che le parti devono prevedere all'interno del contratto e con il quale vengono fissati i diritti e gli obblighi dei partecipanti78 ossia devono essere precisate le posizioni soggettive attive e passive degli aderenti e le modalità di perseguimento dello scopo comune ossia l'obiettivo strategico della rete.
Il contratto, quindi, sarà nullo per indeterminatezza dell'oggetto ai sensi dell'articolo 1346 x.x. xx xxxx xx xxxxxxxx xxx xxxxxxxxx00, oppure se questo non contiene almeno gli elementi80 richiesti dalla legge quali: l’enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascun partecipante, le modalità di realizzazione dello scopo comune, la misura e i criteri di valutazione dei conferimenti iniziali e degli eventuali contributi successivi nonché le regole di gestione del fondo comune.
78 I singoli partecipanti si obbligano nei confronti della rete collettivamente intesa e non del singolo contraente. Ciascuna parte è tenuta ad eseguire una o più prestazioni nei confronti della rete intesa come impresa collettiva. Tali prestazioni possono essere dedotte nel programma di rete ovvero sorgere anche in relazione ad impegni contrattuali assunti successivamente dall'organo comune agendo per conto della rete e quindi con responsabilità limitata al fondo ma con imputazione degli atti a tutti gli aderenti.
79La precisa individuazione del contenuto del programma è importante ai fini della limitazione della responsabilità. Conseguentemente, stante la già eccessiva genericità della normativa, ai limiti del rispetto della riserva di legge in tema di eccezioni alla responsabilità limitata - a cui però siamo già abituati, si pensi per esempio al concetto di affare nei patrimoni separati o ai bisogni della famiglia nel fondo patrimoniale - occorre che il contratto delinei in modo preciso il programma di rete.
80 o questi non siano determinabili ai sensi dell'articolo 1349 c.c.
E' possibile delineare tre differenti modelli di attuazione del programma di rete. In un primo caso la delega all'organo comune è ampia se non quasi totale; in un secondo caso l'attuazione del contratto può essere rimessa ai singoli aderenti ed in questo caso l'organo comune ha una funzione di solo coordinamento; in un terzo caso si può assistere ad un ibrido in cui in parte l'attuazione è rimessa all'organo comune in parte ai singoli aderenti.
Il programma di rete può riferirsi ad un solo progetto o, come più spesso accade, può essere volto a coordinare una pluralità di progetti.
Nell'ipotesi di rete multi- progetto, quella che abbiamo detto avere ad oggetto più di un progetto, si può verificare che per l'attuazione di tutti o alcuni di questi l'organo comune ricorra al sub-mandato spesso e volentieri a favore di coloro che sono i mandanti, quindi le imprese aderenti81.
Può essere interessante domandarsi, invece, se gli aderenti possano incidere sul contenuto del programma e fino a che punto quanto indicato dalla legge debba intendersi tassativo o possa, ed entro quali limiti, essere soggetto a modifiche.
La legge prevede la possibilità di modificare il programma82 a maggioranza ed in tal caso è necessario indicare "le regole relative alle modalità di assunzione delle decisioni di modifica del programma medesimo".
Stante che è permessa (se espressamente prevista nel contratto) la modifica a maggioranza del programma, il quale contiene l'indicazione di aspetti di rilevante importanza anche individuale (come i diritti e gli obblighi degli aderenti), ci si è domandati se tutto il contratto possa essere modificato a maggioranza. Si tratta di una questione delicata che richiede, ove ritenuto ammissibile, che tale possibilità
81 In tal sesno si veda CAFAGGI F. Reti di imprese e contratti di rete. Ripensare la governance alla luce della prassi, in Convegno del Notariato: "La rete multi-progetto, almeno secondo quanto rilevato nella prassi, sembra configurare un modello più gerarchico e centralizzato che vede il sotto-progetto come emanazione dell'organo comune, il quale ne demanda la gestione ad un organismo delegato, rispetto al quale comunque mantiene poteri di istruzione e controllo. Nel modello descritto, l'organo delegato si trova ad operare in forza di un submandato conferito per atto interno dall'organo comune, al quale dunque è tenuto a rispondere e a rendere il conto. La catena di accountability che in tal modo si viene a delineare vede l'organo delegato rispondere all'organo comune, il quale a sua volta risponde, anche dell'operato dell'organo delegato (ex art. 1717 c.c.), nei confronti degli aderenti alla rete, eventualmente costituiti in forma di assemblea."
82 Questo insieme alla natura non temporanea, costituisce uno degli aspetti che più differenzia il contratto di rete dalle associazioni temporanee di impresa e quindi che ne permettono un maggiore sviluppo.
sia prevista nel contratto e che siano rispettate le regole della collegialità, diversamente sarà necessaria l'unanimità.
Organo comune
Come più volte già messo in evidenza, l’assetto normativo conseguente alle modifiche apportate col D.L. n. 78/2010 ha reso semplicemente facoltativa83 l'istituzione dell'organo comune, così incidendo profondamente sulla ricostruzione giuridica del contratto di rete.
Le problematiche connesse alla figura dell'organo comune richiedono preventivamente di chiarire che cosa per esso si intenda.
Quest'ultimo, solitamente, è il centro di produzione di azioni ed effetti giuridici ascritti a un centro entificato di imputazione. Nel caso del contratto di rete, il legislatore non si limita a parlare di organo ma affianca a questo termine l'aggettivo "comune" e con il D.L. n. 78/2010 qualificava il soggetto prescelto per svolgere l'ufficio di organo comune, come mandatario "comune"84.
Quali sono dunque le problematiche che ruotano intorno alla figura dell'organo comune del contratto di rete? Nel corso dell'intera trattazione si cercherà di capire se al di là della nomenclatura usata si tratti veramente di un organo, secondo l'accezione classica, e quale sia il rapporto che lo lega alle imprese e al fondo comune.
L'organo comune85 nel contratto di rete, come si evince dal dato testuale86, non agisce in nome e per conto della rete in quanto tale, ma delle imprese,
83Vedi BERTOZZI L., Organo comune e fondo patrimoniale del contratto di rete: problematiche civilistiche e fiscali, in Fisco, 2016, 7, 630"Ciò si evince da più punti del D.L. n. 78/2010 come per esempio “se il contratto ne prevede l’istituzione”; e così anche il senso del medesimo terzo periodo, lett. f), secondo cui il contratto deve dettare “le regole per l’assunzione delle decisioni dei partecipanti su ogni materia o aspetto di interesse comune che non rientri, quando è stato istituito un organo comune, nei poteri di gestione conferiti a tale organo […]”.
vi sono alcuni casi in cui non è utile (si pensi alle reti leggere di scambio di informazioni o di attrezzature, vale a dire in tutte quelle fattispecie in cui non sia necessario un coordinamento fra i soggetti partecipanti), mentre altri in cui è opportuno (sempre nelle reti che istituiscono un fondo patrimoniale da gestire e/o quando vengono svolte attività in comune). È pur vero che anche in questi casi potrebbe non essere istituito l'organo comune, affidando di volta in volta l'esecuzione del programma a mandatari o procuratori speciali."
84 Nel testo attualmente vigente è scomparso il riferimento al mandatario comune.
85 DONATIVI V., Le reti d'impresa: natura giuridica e modelli d'impresa, in Le società 12/2011 pag.1439: “La figura giuridica che sembra avvicinarsi di più e meglio rappresentarne i caratteri e `
distaccandosi così "dall'organo" in senso tecnico; per di più non ha semplicemente un potere rappresentativo ma anche gestorio e di attuazione del programma di rete87.
La figura che più di tutte sembra avvicinarsi è quella del mandato di tipo "collettivo"88 in particolare, in quanto più imprenditori con un unico atto - rappresentato dallo stesso contratto di rete - conferiscono l'incarico che quindi sarà soggetto a tutta la disciplina dettata in materia di mandato collettivo, come per esempio quella in tema di revoca.
La circostanza di svolgere anche altre funzioni non è incompatibile con la ricostruzione dell'organo come mandatario89 sebbene non si nasconde essere un po’ limitativa; nel silenzio della normativa sul contratto di rete, quindi, si applicherà all'organo comune la disciplina in materia di xxxxxxx00.
Il riferimento all' "organo costituito per l’attuazione del contratto" non è nuovo nel nostro ordinamento, scorgendosi infatti anche nell’art. 1332 c.c. che riguarda i contratti così detti "aperti".
allora quella del ‘‘mandato’’, fatta salva la possibilità di ravvisare, in alcuni casi, i tratti più tipici di un contratto d’opera o di un appalto di servizi o, soprattutto, laddove siano ad esso attribuiti poteri di determinazione o di specificazione del contenuto degli obblighi reciprocamente assunti dalle parti contraenti, quelli di un arbitraggio ex art. 1349 c.c.”. Così anche CAFAGGI F. e XXXXXXXX P., op. cit., 49 ss.; CAFAGGI F., Il nuovo contratto di rete, cit., 1150 s.; XXXXXXXX P., Dalle reti di imprese al contratto di rete, cit., 34 s.; DI XXXXX A., op. cit., 211; XXXXXXX A., Il contratto di rete, cit., 626 s.
86 Si fa riferimento alla versione del D.L. n. 78/2010; in base alla normativa attuale occorre distinguere se la rete è dotata di soggettività o meno.
87 Art. 3, comma 4 ter, secondo periodo, ove testualmente si legge che l’organo comune è “incaricato di gestire, in nome e per conto dei partecipanti, l’esecuzione del contratto o di singole parti o fasi dello stesso"; e ancora il terzo periodo, lett. e), dove si fa riferimento al soggetto chiamato a "svolgere l’ufficio di organo comune per l’esecuzione del contratto o di una o più parti o fasi di esso" ed inoltre lett. f), dove si precisa che il contratto può stabilire le regole per l’assunzione delle decisioni dei partecipanti su ogni materia o aspetto di interesse comune «che non rientri, quanto è stato istituito un organo comune, nei poteri di gestione conferiti a tale organo”.
88 BERTOZZI L., Organo comune e fondo patrimoniale del contratto di rete: problematiche civilistiche e fiscali, in Fisco, 2016, 7, 630 "Il mandato dato all'organo comune è di tipo collettivo, vale a dire che deve essere conferito e revocato da ogni singolo mandante e pertanto non può che essere un atto deciso all'unanimità. Nell'ipotesi in cui nel contratto di rete sia stabilito che le decisioni vengono prese a maggioranza, sia per la revoca che per la nomina dell'organo comune non nelle more della sottoscrizione del contratto, bisogna inserire una clausola che imponga anche agli eventuali astenuti o dissenzienti di conferire il mandato.".
89 LUMINOSO A., Il mandato e la commissione; XXXXXXXX P., Xxxxx. dir. priv., XII, t. IV, Torino, 1985, 13; XXXXXXXXX G., Il mandato. La commissione. La spedizione; VASSALLI F., Tratt. dir. civ. it., VIII, t. I, Torino, 1952, 10 ss.; XXXXXXXXX C., Del mandato. Disposizioni generali; SCIALOJA - BRANCA, Commentario al codice civile, Xxxxxxx - Xxxx, 0000, 100 ss. 90 Il mandante deve agire con la diligenza richiesta al buon padre di famiglia. Se nella costituzione della rete si vuole dare rilevanza all'incarico professionale affidato, lo si deve espressamente prevedere nel contratto.
In questi l'organo comune ha però la funzione di facilitare la procedura di adesione di altre parti al contratto. Nel caso della rete, invece, la presenza dell'organo comune garantisce maggiore flessibilità e permette l'attuazione del contratto e il suo adeguamento ai cambiamenti senza che per questi ultimi sia necessario il ricorso all'unanimità, come invece sarebbe necessario in assenza di organo91; in questo caso, infatti, dovrebbero essere applicate tutte le regole generali in materia di contratto92.
Un aspetto che sembra essere scevro da dubbi interpretativi è quello che si tratti di un mandato con rappresentanza. Ciò lo si evince da più punti della norma, tra i quali: «gestire, in nome e per conto dei partecipanti, l’esecuzione del contratto [...]» oppure «i poteri di gestione e di rappresentanza conferiti a tale soggetto come mandatario comune [...]»
In base alla normativa93, l'ufficio di organo dovrebbe essere ricoperto da un solo soggetto che può essere indifferentemente persona fisica o giuridica ma, secondo convinzione unanime, può essere anche costituito da uno o da più membri che, nel silenzio del contratto, agiranno disgiuntamente come previsto dall'articolo 1716 c.c.. In caso di organo plurisoggettivo sarà, però, necessario prevedere nel contratto tutte le regole di funzionamento.
Ci si è domandato se sia possibile prevedere un'articolazione in più organi, come per esempio uno di governo ed uno di controllo sulla gestione, realizzando così una struttura più complessa ma allo stesso tempo più efficace; ciò si ritiene possibile perché, sebbene il dato testuale sembri essere contrario, alla luce delle riforme è possibile dare una lettura di tipo estensivo.
Tra gli aspetti non disciplinati che invece sarebbe quanto meno opportuno prevedere in contratto, c'è quello relativo alla identificazione delle cause di
91 DONATIVI V., Le reti d'impresa: natura giuridica e modelli d'impresa, in Le società 12/2011 pag.1439: “[...] l’eventuale modello di governo caratterizzato dall’assenza di un organo comune sarà informato alle rigidità proprie del contratto e quindi esprimerà una preferenza dei partecipanti alla rete orientata alla salvaguardia delle posizioni giuridiche soggettive individuali piuttosto che alla promozione di quella flessibilità e di quella snellezza operativa che appaiono invece più adatte a garantire il successo del progetto di cooperazione interaziendale, secondo una logica che per di più,e per lo meno in linea di principio, esprimerebbe una scarsa propensione verso quello spirito di apertura e collaborazione che dovrebbero costituire il fonda- mento di una aggregazione di tipo reticolare”.
92 tra cui quella che ogni modifica richiede l'unanimità.
93 “soggetto prescelto per svolgere l’ufficio di organo comune”.
cessazione dal rapporto e in particolare quello della revoca. Il contratto dovrebbe regolare i casi e le maggioranze necessarie per revocare l'organo in mancanza del quale troverà applicazione il principio della irrevocabilità senza giusta causa di cui agli articoli 1723, comma 2, c.c. e 1726 c.c.
Fondo patrimoniale
Per il perseguimento dello scopo comune il legislatore ha previsto, sin dalla prima versione, l'istituzione di un fondo patrimoniale, aggiungendo indi, con la legge del 23 luglio 2009 n 99, l’importante ed innovativa prescrizione secondo cui “Al fondo patrimoniale si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 2614 e 2615 del codice civile”.
Ai sensi dell'articolo 2614 c.c. non è possibile chiedere la divisione del fondo comune finché dura il contratto di rete e, ai sensi dell'articolo 2615 c.c., per le obbligazioni assunte in nome e per conto della rete risponde solo il fondo, mentre per quelle assunte dall'organo comune per conto delle singole imprese vi è responsabilità solidale tra queste ultime e il fondo comune94.
I creditori particolari dei partecipanti, conseguentemente, non potranno fare valere nessun diritto sul fondo.
La portata di tale integrazione è notevole in quanto muta la natura del fondo riconoscendogli il carattere proprio dei patrimoni degli enti collettivi: l'autonomia.
La differenza rispetto alla prima versione è quindi di notevole impatto. Mentre prima si era in presenza di un esercizio comune dell'attività che,
94 La ricostruzione della fattispecie non si esaurisce con queste osservazioni di sintesi ma verrà sviscerata nel corso della trattazione. Xxxxx qui dar conto di quanto segue" È importante aver chiaro questo concetto, perché ciò significa non incorrere nell'errata convinzione della responsabilità "concentrata" solo sul fondo, come è successo diverse volte e la giurisprudenza in materia ne è la prova. Fra tutte sono interessanti una sentenza della Cassazione, che ribadisce quanto stabilito dal Tribunale prima e dalla Corte d'Appello poi, vale a dire la responsabilità solidale di un consorziato insieme al fondo, visto che il consorzio aveva sottoscritto un contratto di appalto per conto di questo soggetto, e recentemente l'ordinanza della Suprema Corte, Sez. tributaria, che ha rimesso alle Sezioni Unite una questione sulla neutralità IVA all'interno dei consorzi, e che ha sottolineato nuovamente quanto la funzione di garanzia del fondo sia "parziale" nel caso di coinvolgimento diretto di uno dei consorziati. Perciò, per quanto applicabili alla rete le disposizioni relative al consorzio, la funzione di garanzia del fondo non è sempre "totale"." tratto da BERTOZZI L., Organo comune e fondo patrimoniale del contratto di rete: problematiche civilistiche e fiscali, in Fisco, 2016, 7, 630; Cass. civ. n. 9509 del 27 settembre 1997; Ord. n. 946 del 21 gennaio 2015.
conseguentemente, generava un rischio collettivo destinato a gravare sulle singole imprese in assenza di un diverso centro di imputazione, adesso con il riferimento alla disciplina sui consorzi con attività esterna è possibile far gravare il peso del rischio direttamente sul fondo comune95.
Giungere alle conclusioni di cui prima non è affatto scontato e non è esente da rilievi. Quanto affermato significa ammettere la possibilità di un'imputazione frammentata riconducibile alle singole imprese che però sono chiamate a rispondere dell'attività svolta nei limiti del fondo comune. Questa è una vera e propria rivoluzione. Per tale motivo con il presente lavoro si intende esaminare la fattibilità di una tale ricostruzione.
L'altro aspetto relativo al fondo comune che occorre valutare nell'ottica dell'analisi che si sta svolgendo è quello relativo ai beni conferiti. La doverosità dell'approfondimento discende proprio dalle conclusioni a cui si è giunti prima. Essendo la responsabilità limitata al fondo comune, la composizione del patrimonio assume inevitabilmente una rilevanza più complessa e significativa96.
In tale ambito assume rilievo osservare che la legge prevede la possibilità che oggetto di apporto possa essere oltre che il denaro anche beni in natura, che possono essere anche immateriali, quali marchi, brevetti, od anche rapporti giuridici (come diritti di prelazione, contratti commerciali), opere e servizi. Con non poche difficoltà applicative, come meglio si vedrà, è possibile anche conferire
95 CAFAGGI F. IAMICELI P., Contratto di rete. Inizia una nuova stagione di riforme, in
Obbligazioni e contratti, 2009, pag. 29- 32.
96 Nel caso dei patrimoni separati, come quello del contratto di rete qui esaminato, i debitori, nel nostro caso gli aderenti, decidono l'entità del patrimonio da destinare e di conseguenza predeterminano la garanzia da offrire ai creditori che entreranno in rapporto con la rete.
Gli aderenti, quindi, stabiliscono la misura massima della garanzia offerta, localizzando la responsabilità a ciò che è contenuto nel fondo comune. Conseguentemente una parte della dottrina ha evidenziato come, nel caso in cui tutte le risorse destinate dovessero esaurirsi, stante il riconoscimento da parte della legge della limitazione del rischio, non potrebbe essere invocata nessuna altra forma di responsabilità delle imprese aderenti. Per tale motivo in questo caso non si dovrebbe parlare di insolvenza ma di incapienza.
In questo modo si realizza una dissociazione tra debito e responsabilità, il primo assunto in nome e per conto di tutti gli aderenti, la seconda localizzata nel patrimonio comune.
Tale situazione, però, determina spesso nella prassi la richiesta dei creditori più forti di forme di garanzia personale da parte di uno o più imprese. Ciò avviene quando i finanziatori e i creditori più in generale ritengono di non essere adeguatamente tutelati e ricorrono a tale strumento per travalicare i limiti della responsabilità limitata, disattivando così tutti gli strumenti di segregazione del rischio.
un patrimonio destinato, costituito ai sensi dell'art. 2447-bis, comma 1, lett. a), c.c.97.
Data la varietà di detti apporti, aspetto di interesse è il modo di determinazione del loro valore. È evidente infatti come una scorretta valutazione dei beni apportati incida sull'attendibilità del valore del patrimonio, unica fonte di garanzia dei creditori per le obbligazioni assunte.
Per gli apporti diversi dal denaro la legge rimette all'autonomia negoziale la fissazione dei criteri da adottare disponendo che il contratto deve stabilire la misura e i criteri di valutazione.
Mancano quindi delle regole fisse98 come quelle previste in tema di conferimenti in società. Non è previsto né che la valutazione debba essere fatta da un soggetto terzo imparziale né la possibilità e le modalità di rettifica del valore in caso di erronea determinazione.
Al fine di garantire la serietà dell'operazione sarà dunque opportuno che i retisti, nell'ambito della loro autonomia contrattuale, prevedano delle clausole contrattuali volte a garantire la certezza del patrimonio99.
97 BERTOZZI L., Organo comune e fondo patrimoniale del contratto di rete: problematiche civilistiche e fiscali, in Fisco, 2016, 7, 630"Questa tipologia di conferimento è particolarmente interessante perché consente una segregazione patrimoniale, che ha l'effetto di creare dei "nuclei di responsabilità", visto che le obbligazioni prese per il singolo affare sono soddisfatte solo ed esclusivamente dal patrimonio appositamente dedicato (destinato appunto) e si costituisce di fatto quella che in dottrina chiamano "scissione endo-societaria"."
98 L'art. 3, comma 4-ter, Legge n. 5/2009 prevede che "entro due mesi dalla chiusura dell'esercizio annuale l'organo comune redige una situazione patrimoniale, osservando, in quanto compatibili, le disposizioni relative al bilancio di esercizio della società per azioni, e la deposita presso l'Ufficio del Registro delle Imprese del luogo ove ha sede; si applica, in quanto compatibile, l'art. 2615-bis, terzo comma, del Codice civile". Come si evince dal dato testuale è prevista in tema di redazione della situazione patrimoniale una disciplina che risulta essere un ibrido tra quella dettata in tema di società per azioni - vedasi l'espresso richiamo- è quella in tema di consorzi. L'art. 2615-bis infatti dispone per quanto afferisce la tempistica della redazione che "Entro due mesi dalla chiusura dell'esercizio annuale le persone che hanno la direzione del consorzio redigono la situazione patrimoniale... e la depositano presso l'Ufficio del Registro delle Imprese". Per le società per azioni sono previsti tempi più lunghi già solamente per la convocazione dell'assemblea per approvare il bilancio il quale potrà essere depositato in tempi ancora più lunghi (si pensi per esempio all'ipotesi in cui non si raggiungano i quorum).
99 BERTOZZI L., Organo comune e fondo patrimoniale del contratto di rete: problematiche civilistiche e fiscali, in Fisco, 2016, 7, 630
Recesso
La legge dispone alla lettera d) del comma 4 ter che devono essere previste le ipotesi di recesso.
Anche in questo caso il legislatore non ha dettato una disciplina completa, rimettendo così alla volontà delle parti e ai tecnici, in particolare al notaio chiamato a redigere il contratto, il compito di determinare aspetti molto delicati quali i termini e le modalità dell'esercizio del diritto di recesso. Oltre a stabilire in quali casi si possa recedere, occorre anche precisare quali siano le conseguenze soprattutto in relazione al fondo patrimoniale.
Nel contratto dovrà quindi essere precisato, per evitare successive controversie, a decorrere da quando e con quale preavviso sia possibile recedere e se il recesso dia luogo a un diritto alla liquidazione e il modo di calcolo.
Ipotesi non contemplata dal legislatore è quella dell'esclusione di un partecipante.
Essendo previsto che il programma di rete deve indicare gli obblighi assunti da ciascun partecipante, appare inevitabile quanto meno porsi il problema di quali siano le conseguenze di un eventuale inadempimento.
A tale proposito risulta prodromica la determinazione della natura giuridica del contratto di rete. Se gli si riconosce natura associativa sarà allora opportuno parlare di esclusione se, invece, lo si considera un contratto allora si dovrà parlare di risoluzione per inadempimento100.
Altro aspetto non disciplinato dal legislatore e che risulta, invece, opportuno precisare nel contratto è quello del trasferimento della partecipazione alla rete. Anche in questo caso occorrerà, prima di tutto, effettuare una scelta di campo tra l'attribuzione all’accordo di rete di una natura contrattuale o associativa.
Nel primo caso si potrà applicare la disciplina sulla cessione del contratto e quindi sarà necessario il consenso del contraente ceduto.
Nel secondo caso si potrà applicare la disciplina dettata in materia di azienda e prevedere che il trasferimento possa avvenire solo con il trasferimento dell'azienda salvo immaginare una disciplina di tipo societario al fine della valorizzazione dell’intuitus personae.
100 CIRIANNI F., Il contratto di rete, op. cit.
4. L’ASPETTO CRUCIALE DELL’INDIVIDUAZIONE DELLA NATURA GIURIDICA DEL CONTRATTO DI RETE
In questo percorso retrospettivo sul contratto di rete, non si poteva non trattare per ultimo l'aspetto della natura giuridica. Infatti, senza le basi poste nelle pagine precedenti, sarebbe impossibile rispondere alla domanda sulla natura giuridica del contratto di rete.
Dare una risposta a tale quesito non è affatto facile, poiché, complice la cattiva tecnica normativa utilizzata e le continue modifiche legislative, esso anima tutt’ora le prevalenti discussioni che,hanno finora mancato di consegnare all’interprete un assetto definitivo.
L’importanza cruciale della determinazione della natura giuridica101 del contratto di rete discende dalla necessità di individuare una disciplina di riferimento per potere interpretare la normativa e colmare i vuoti alla luce di questa102.
Nell'immediatezza dell'intervento legislativo si sono delineati in dottrina tre orientamenti 103: l’uno sulla rilevanza prevalentemente tributaria e gli altri che ora definiscono trans-tipico e ora nuovo il contratto di rete.
Disciplina di rilevanza tributaria
La rilevanza prevalentemente tributaria della disciplina dettata sui contratti di rete è stata giustificata in ragione del fatto che essa fissa dei requisiti in presenza dei
101 CAFAGGI F., Il contratto di rete e il diritto dei contratti, in I contratti 10/2009 pag. 926: “Essa pone delle sfide all’inquadramento dei contratti plurilaterali ed alla contrapposizione tra funzione di scambio ed associativa. Emerge infatti con chiarezza dalle indagini empiriche che le reti definiscono sistemi complessi di interazione in cui gli scambi tra le parti e con i terzi sono finalizzate al perseguimento di uno scopo ulteriore che non richiede necessariamente l’adozione del modello societario”.
102 ZANELLI P., Reti e contratto di rete, Bologna, 2012; AA.VV., Il contratto di rete. Nuovi strumenti contrattuali per la crescita d'impresa, in Quaderni della Fondazione Italiana del Notariato, Milano, 2012; ROMANO D.F., Contratto di rete e processo di modernizzazione dell'economia italiana, in Not., 2012, 74; X. Xxxxx, Il contratto di rete, in X. Xxxxx-M.R. Xxxxxxx- Xxxxxx (a cura di), I contratti per l'impresa, Bologna, 2012, 491-504; X. XXXXXXX-X. XXXXX, Il "contratto di rete", in Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 1-2011/I;
103 Come già detto giustificati dalle contraddizioni e dalle ambiguità del testo di legge di cui si è dato atto proprio per capire l'evoluzione della disciplina.
quali contratti volti alla cooperazione tra imprese permettono a queste ultime di beneficiare di agevolazioni104.
Secondo la dottrina che sostiene questa tesi, affermatasi prevalentemente nella fase iniziale, il legislatore ha elaborato la nozione di "rete di impresa" non per introdurre un nuovo tipo contrattuale ma come parametro di riferimento per riconoscere le agevolazioni105; in tal senso spingono molto la genericità dello scopo106 indicato, la natura variegata dell'oggetto e l'esiguità delle regole civilistiche.
Sicuramente si tratta di una normativa dettata nell'ambito delle politiche di sostegno nazionali, la cui diffusione deve molto agli incentivi di carattere tributario, ma ridurla a questo, agli occhi di chi scrive, significherebbe pretermettere il valore di detta novità legislativa.
Contratto trans - tipico
La natura di contratto "trans-tipico" è quella che, nella prima fase, ha avuto maggiori sostenitori107.
104 MALTONI X. XXXXX P., Il contratto di rete in CNN Studio n. 1-2011/I.
105 MALTONI X. XXXXX P., Il contratto di rete, op.cit.: “In altri termini, la disposizione in esame sembra non già offrire cittadinanza nel nostro ordinamento ad un nuovo tipo contrattuale, ma soltanto fondare la nozione di "rete di imprese" quale antecedente di agevolazioni e immunità, nozione rintracciabile ed operante al fine predetto indipendentemente dalla qualificazione tipologica del contratto di volta in volta concluso qualunque accordo interaziendale si presta ad
essere "contratto di rete" nella misura nella quale tollera le clausole coessenziali alla nozione di rete di cui alla legge in esame”.
106 IAMICELI P., Introduzione. Dalle reti di imprese ai contratti di rete: un percorso incompiuto; IAMICELI P., Le reti di imprese e i contratti di rete, Torino 2009; GRANIERI, Il contratto di rete una soluzione in cerca di un problema? op.cit.; XXXXXXX P., Reti di impresa: dall'economia al diritto, dall'istituzione al contratto, in Contratto e Impr., 2010, 4-5, 951: "Il contratto di rete è stato definito come una figura "trans-tipica", vista la sua tendenziale ibridizzazione fra contratto e organizzazione. Un ibrido compatibile sia con i contratti associativi sia con i contratti e le istituzioni con comunione di scopo. Soprattutto privo di soggettività."
107 CAFAGGI F., Il contratto di rete e il diritto dei contratti; XXXXXXX X. - SCOGNAMIGLIO C., Reti di imprese e contratto di rete: spunti per un dibattito, cit., 919; “Tale normativa non introduce un nuovo tipo contrattuale ma costituisce lo schema di un contratto transtipico, destinato ad essere impiegato per funzioni diverse, singole o combinate”. Confronta anche IAMICELI P., Il contratto di rete tra percorsi di crescita e prospettive di finanziamento, ivi, 944 ss.; CAFAGGI F., Il nuovo contratto di rete: Learning by doing?, in Contratti, 2010, 1144 s.; IAMICELI P., Dalle reti di imprese al contratto di rete: un percorso (in)compiuto, AA.VV., Le reti di imprese e i contratti di rete, Torino, 2009, 29 ss.; CAFAGGI F. - IAMICELI P., Contratto di rete. Inizia una nuo- va stagione di riforme?, in Obbl. e contr., 2009, 597 ss.; XXXXXXXX E., La nuova legge sui “contratti di rete” tra le imprese: osservazioni e spunti, in Notariato, 2010, 193 s.; DI SAPIO A.,
Per contratto "trans-tipico" si intende quello in grado di attraversare altri contratti tipici e atipici, con o senza rilevanza esterna, creando così nuove forme di collaborazione soggette alla disciplina del tipo prescelto e a quella del contratto di rete. Si tratta, quindi, di uno schema generale per lo svolgimento di attività che potrebbero essere realizzate con altri tipi ma che, con questo schema, ottengono maggiore flessibilità.
L'argomentazione a sostegno di questa teoria è in gran parte identica a quella indicata nel primo orientamento.
L'esiguità della normativa dettata108, che non permette di individuare un nuovo tipo contrattuale, può giustificarsi solo ritenendo che sia un contratto trans-tipico a cui è applicabile, in via diretta o per analogia, la disciplina affine, dando vita ad un contratto a causa mista in cui sono fusi aspetti dei contratti di scambio e con comunione di scopo.
Tratto saliente della disciplina sui contratti di rete è la sua leggerezza che permette di creare varie combinazioni: ATI- reti, joint venture- reti, consorzi- reti oppure reti contrattuali come fonte di una pluralità di contratti ad essi collegati109 e non necessariamente stipulati tra tutti i contraenti.
Secondo questo orientamento, che era quello auspicato110 già prima dell'introduzione del contratto di rete, la disciplina nasce, quindi, per arricchire il panorama degli strumenti già utilizzabili dagli operatori e non per crearne di
I contratti di rete tra imprese, in Riv. not., 2011, 203 s.; XXXXXXX A., Il contratto di rete dopo la l. n. 122 del 2010, in Contratti, 2011, 617.
108 Una delle mancanze criticate alla disciplina dettata è quella sulla previsione di forme di tutela "...il legislatore non riesce dunque a esprimere una sola regola di tutela che possa, sul piano tanto contrattuale quanto extracontrattuale, risultare di ausilio nel risolvere l'eventuale contenzioso. Il peccato omissivo non è veniale, se solo si considera che le controversie non sono ipotizzabili soltanto in astratto, essendosi in concreto già verificate..."
109 CAFAGGI F. IAMICELI P., 2009, Contratto di rete. Inizia una nuova stagione di riforme, in Obbligazioni e contratti: “In tale contesto esso può operare come contratto quadro da eseguirsi come un programma che si traduce nella stipulazione di contratti aventi obiettivi specifici tra tutti o alcuni gli aderenti al contratto di rete”
110 XXXXXXX X., Il "contratto" e la "rete": brevi note sul riduzionismo legislativo" in Contratti, 2009, 10, 951"Benché infatti non fosse mancata, nelle più attente riflessioni giuridiche sulle reti di imprese, anche la rappresentazione di un'ipotesi contrattuale nelle vesti di un contratto «trans- tipico », non sembra che fosse particolarmente caldeggiata la proposta di una tipizzazione del
«contratto di rete », nei termini in cui è stata realizzata dal legislatore, mentre è possibile ipotizzare che con l'idea del contratto trans-tipico si intendesse esprimere la difficoltà estrema di comprimere in un dato tipo la complessità dei rapporti di rete, mentre è ben possibile che il rapporto tra le imprese della rete si realizzi con modalità tali da «attraversare » e sintetizzare, eventualmente, una pluralità di tipi (a seconda delle variegate esigenze delle imprese volta per volta interessate)."
nuovi. Il legislatore non definisce un nuovo tipo contrattuale, ma una categoria funzionale alla collaborazione tra imprese111.
Nuovo tipo contrattuale
Secondo altra parte della dottrina112, invece, dal dato normativo emergono tutti i caratteri di un contratto tipico.
A sostegno di tale tesi vengono addotte prevalentemente due motivazioni. L'indicazione di una nozione, che è requisito caratterizzante i contratti tipici; la previsione dell'elemento causale, riscontrabile nello scopo d'incrementare reciprocamente la capacità innovativa e di competizione delle imprese che, sebbene di difficile accertamento, comunque rappresenta la funzione economico sociale riscontrabile in diversi aspetti del contratto.
Tra le diverse tesi prospettate, questa è quella che si è affermata di più con la riforma del 2010 risultando oggi, alla luce di essa, sicuramente condivisibile.
A questo punto, funzionale al percorso argomentativo che si sta portando avanti è porsi la domanda: ma quale tipo contrattuale113?
111 XXXXXXX X., Il "contratto" e la "rete": brevi note sul riduzionismo legislativo" in Contratti, 2009, 10, 951"Il legislatore ha infatti definito - non disciplinato, in realtà, sicché non può parlarsi di tipizzazione in senso proprio - un nuovo contratto, fissandosene i requisiti, senza peraltro stabilire persino le conseguenze del mancato rispetto delle indicazioni fornite in punto di forma e contenuto."; CAFAGGI F., Il contratto di rete, commentario, Bologna, 2009, pag. 149.
112MOSCO G.D. Frammenti ricostruttivi sul contratto di rete, in Giurisprudenza commerciale, parte I, 2010, pp. 839-863. XXXXX G.D. Il contratto di rete dopo la riforma: che tipo!, in Il contratto di rete per la crescita delle imprese, Quaderni di Giurisprudenza commerciale, Xxxxxxx, Milano, ISBN 88-14-17451-2, 2013, pp. 29-40.
113 DONATIVI V., Le reti di imprese: natura giuridica e modelli di governance, in Società, 2011, 12, 1429 “Occorre tuttavia chiedersi quale più specifica configurazione negoziale la fattispecie aggregativa sottesa alla rete possa assumere (di che tipo di aggregazione si tratta?). E ciò anche in considerazione del fatto che la risposta a tale interrogativo determina a sua volta l'assetto o modello strutturale/organizzativo che la rete può adottare (per quale tipo di struttura organizzativa l'aggregazione reticolare può optare?) e dunque influisce sulle regole di organizzazione e funzionamento di cui l'aggregazione reticolare può dotarsi attraverso il contratto di rete (quali regole di organizzazione e funzionamento possono essere dettate nel contratto di rete?) e tra queste, in primo luogo, proprio le regole concernenti la governance, o il governo, della rete come tale (quali regole di governance possono essere dettate nel contratto di rete?).”
XXXXXX X.X., Il contratto. Diritto civile III, II ed., Milano, 2000, 473: “Il tipo contrattuale è in ampio senso il modello di un’operazione economica ricorrente nella vita di relazione. […] Il tipo contrattuale si distingue in legale o sociale. Il tipo contrattuale legale è un modello di operazione economica che si è tradotto in un modello normativo, cioè in un modello di contratto previsto e disciplinato dalla legge. Il tipo sociale è invece un modello affermatosi nella pratica degli affari ma non regolato specificamente dalla legge”. sull'argomento ancora GATT L., Il trust c.d. interno: una questione ancora aperta, in Notariato, 3, 2011, pag. 280: “L’affermazione di uno schema di
Occorre determinare se rappresenti un tipo associativo o non, se totalmente nuovo o riconducibile a tipi già esistenti. In quest’ultima ipotesi dovremmo guardare alle società con cui vi è assonanza stante il richiamo all'esercizio in comune dell'attività economica114, o ai consorzi stante l'espresso richiamo alla disciplina di quest'ultimo115, oppure alle associazioni temporanee di impresa.
Ascrivere il contratto di rete ad un tipo piuttosto che ad un altro ha importanti conseguenze nella produzione di quelli che vengono definiti effetti naturali, capaci di differire in base al tipo contrattuale116.
Un contratto viene ricondotto ad un tipo o a un altro in base alla presenza o assenza dei requisiti che li differenziano. Secondo la giurisprudenza117, inoltre, anche ove non dovesse esserci perfetta coincidenza con una fattispecie legale può comunque ricondursi, in base al criterio della prevalenza degli altri elementi tipici, alla disciplina propria del rapporto tipizzato che gli elementi prevalenti concorrono a costituire.
Come già accennato i tipi possono essere legali118, sociali e giurisprudenziali. La maggior parte dei contratti socialmente tipici nascono proprio in ambito commerciale.
Nella prassi119 però non si può fare a meno di constatare che i contratti tipici assorbono l’universo dei contratti perché la giurisprudenza tende sempre a ricondurre il tipo sociale o giurisprudenziale a un tipo legale120.
operazione economica nella prassi implica che tale schema sia sottoposto a regole che, sebbene non siano di fonte legislativa, siano, comunque, più o meno facilmente, individuabili, operanti ed osservate in modo pressoché uniforme dagli operatori del mondo giuridico”.
114 In senso contrario AULETTA G., Consorzi commerciali, in Nuovo digesto italiano, III pag.961 ss.: “l’esercizio di una attività con mezzi comuni e dal quale traggono vantaggio tutti i contraenti non basta per configurare una rapporto societario”.
115 XXXXXX D., Dal consorzio al contratto di rete: spunti di riflessione, in Le reti d’imprese, pag 170
116 SACCO R., Obbligazioni e contratti II, in Trattato di diritto privato, Vol. 10, diretto da Xxxxxx Xxxxxxxx, Torino, 1982, pag.443
117 Per tutti Cass. 6-3-1951, n. 552, in Foro italiano, 1951, I.
118 BIANCA C.M., Il contratto, cit., 477: "Nella pratica degli affari si assiste al continuo fenomeno della tipizzazione sociale di contratti innominati, quali modelli che rispondono a nuove esigenze pratiche e che attraverso la contrattualistica tendono ad acquisire una specifica regolamentazione uniforme (es.: la sponsorizzazione)".
119 SACCO R., Obbligazioni e contratti II, in Trattato di diritto privato, Vol. 10, diretto da Xxxxxx Xxxxxxxx, Torino, 1982, pag.443.
120Si pensi al caso del contratto di parcheggio che viene inquadrato nel contratto di deposito.
5. CHE TIPO DI CONTRATTO?
A seguito delle modifiche intervenute con la riforma del 2010, la disciplina sul contratto di rete sebbene abbia risolto molti interrogativi sorti nella precedente versione ha, sotto altra prospettiva, reso complesso il quadro generale.
Alla luce di quanto disposto sub articolo 4 ter lettera d) sembrerebbe che il legislatore abbia voluto chiarire il punto sulla natura giuridica da riconoscere al contratto di rete, prevedendo espressamente "l'applicazione delle regole generali di legge in materia di scioglimento totale o parziale dei contratti plurilaterali con comunione di scopo."
L'aspetto dello scioglimento del contratto di rete non era stato considerato nella disciplina previgente per cui la dottrina sollecitava un intervento chiarificatore. Il legislatore ha colmato il vuoto normativo ricorrendo alla tecnica del rinvio alla disciplina generale di riferimento classificando così il contratto di rete tra quelli plurilaterali con comunione di scopo.
E' possibile individuare nella disciplina sul contratto di rete tutti i requisiti tipici dei contratti plurilaterali121, così come disposti dalla norma di riferimento da cogliersi nell'articolo 1420 c.c.122. Tale articolo richiede la partecipazione di due più o parti123, nel nostro caso imprese, sebbene nella non essenzialità di tutte, e il perseguimento di uno scopo comune, quivi costituito dall'accrescimento della capacità innovativa e della competitività.
121 ASCARELLI, Il contratto plurilaterale, in Saggi giuridici, Milano 1949; BELVEDERE, La categoria contrattuale di cui agli articoli 1420, 1446, 1459, 1466 c.c., in Riv. Trim.dir. proc. Civ., 1971, pag. 670; INZITARI, Riflessioni sul contratto plurilaterale, in Riv. trim. dir. proc. Civ., 1973, 476; MAJORCA, Contratto plurilaterale, in Enciclopedia giuridica Treccani, vol. X, Roma, 1988.
122 E' possibile individuare tre classi di contratti: 1) i contratti con comunione di scopo e pluralità di parti; 2) il contratto con comunione di scopo e solamente due parti; 3) i contratti con più parti ma senza comunione di scopo in tal senso.
123Una parte rilevante della giurisprudenza si è espressa escludendo la necessità della presenza di più parti in un contratto plurilaterale vedi infatti: Xxxx. 29 ottobre 1954 n. 4144, Foto it. Rep. 1954, v. Obbligazioni e contratti, 62 e 63 e Cass. 10 marzo 1980 n. 1592, Giust. civ. Rep 1980 v. Obbligazioni e contratti, 103, 227. La presenza di più parti rappresenta un elemento variabile che può sopravvenire così come può venire meno senza incidere sul contenuto del contratto, conseguentemente non si può considerare un elemento strutturale e data la natura meramente occasionale per una parte della dottrina non si può parlare dei contratti plurilaterali come di una categoria; la pluralità delle parti non è priva di ogni rilevanza in quanto è una conseguenza dello scopo comune e non un suo coelemento. in tal senso MAJORCA, Contratto plurilaterale, in Enciclopedia giuridica Treccani, vol. X, Roma, 1988 pag.6.
La complicazione a cui, però, si accennava all'inizio è dovuta all'inserimento, nell'ambito dello scopo, del riferimento all'accrescimento non solo collettivo ma anche individuale delle imprese e all'arricchimento dell'oggetto del contratto: non più solamente svolgimento in comune di una attività economica ma anche collaborazione in forme ed ambiti predeterminati e scambio di informazioni o prestazioni.
In particolare le criticità riguardano la compatibilità124: da un lato tra interesse collettivo della rete e interessi individuali delle imprese, tra loro potenzialmente confliggenti, e dall'altro tra scambio e scopo comune.
Per capire meglio la problematica è d’obbligo una breve premessa di teoria generale del diritto.
Sebbene l'articolo 1321 c.c.125 definisca il contratto come "l'accordo di due o più parti", facendo implicitamente riferimento anche all’ipotesi di un numero plurimo di parti, non troviamo nel nostro ordinamento una nozione di contratto plurilaterale, la cui disciplina è rimessa prevalentemente all'elaborazione dottrinale126.
La dottrina maggioritaria ha da sempre tratto gli elementi caratterizzanti di tale figura dall'articolo 1420 c.c. che, congiuntamente agli articoli 1446, 1459, 1466 x.x., xxxxxxxxxx xx xxxxxx xxxxxxxx xxxxx xxxxxxx, xx xxxxxxxx a descrivere il
124 In senso favorevole CAFAGGI F., Il contratto di rete, commentario, Bologna, 2009, pag 27: “La presenza dello scopo comune non presuppone dunque l'assenza di conflitto di interessi e la possibilità che le parti perseguano il proprio interesse oltre a quello in comune”.
125 VILLA G. Reti di imprese e contratto plurilaterale pag. 959: “La circostanza che il codice civile abbia assorbito una nozione particolare del termine non impedisce tuttavia di ammettere un contratto plurilaterale che abbia quale finalità lo scambio di beni e prestazioni tra coppie di contraenti, senza che quanto eseguito da ciascuno sia messo necessariamente a disposizione di tutti gli altri, direttamente o attraverso l’organizzazione creata col contratto. La stessa definizione di contratto offerta dall’art. 1321 c.c. riconosce senza limitazioni il contratto stipulato tra più di due parti: né dal sistema, e tanto meno dagli artt. 1420 e analoghi, emergono ragioni di interesse generale che possano opporsi al riconoscimento di contratti plurilaterali che non abbiano struttura associativa e non siano caratterizzati dalla comunione di scopo. D’altra parte simili conclusioni sono per implicito accolte anche dalla pratica, laddove la giurisprudenza, per esempio, non mette in discussione la validità di transazioni stipulate tra più parti o ricostruisce la cessione del contratto come uno scambio unitario a struttura trilaterale”.
126 Gli orientamenti attuali sono il frutto di un dibattito sorto negli anni 20 e 30 del secolo scorso e che continua a fare discutere ancora oggi. In passato si fronteggiavano due diversi orientamenti: un primo che riteneva che il contratto dovesse essere un mezzo di composizione di due contrapposti interessi, ed un altro che riteneva invece che il contratto potesse essere il luogo di composizione anche di più di due interessi convergenti. Per tutti MESSINEO F., Il negozio giuridico plurilaterale, Annali Università Cattolica 1926/7, pag.53 ss. e ASCARELLI, Contratto plurilaterale pag. 439 ss.: “Conflitto è stata risolto dal legislatore in quest'ultimo senso riconoscendo fondamento contrattuale alla società”.
fenomeno genetico, funzionale e patologico dei contratti con comunione di scopo finendo così per limitare la categoria dei contratti plurilaterali a quest' ultimo tipo127.
La conclusione non è pacificamente condivisa e, a tal riguardo, il contratto di rete rappresenta l'emblema dell'inadeguatezza di tale limitazione. Ci si trova infatti di fronte ad un contratto in cui lo scopo comune può essere raggiunto anche mediante lo scambio di prestazioni128.
I contratti di scambio129 sono tendenzialmente bilaterali e vengono conclusi dalle parti nel perseguimento di scopi divergenti. Si caratterizzano, quindi, per l'esistenza di un conflitto d'interessi; per tale motivo spesso, nella letteratura giuridica, vengono spiegati in contrapposizione ai contratti con comunione di scopo che la giurisprudenza, invece, definisce come “ organizzazioni di una comunanza di interessi”.
I contratti di scambio130 vengono inoltre definiti contratti "ad assetto di interessi immediato" mentre i contratti con comunione di scopo sono contratti "ad assetto
127 Sulle motivazioni giuridico-politiche si veda INZITARI B., Riflessioni sul contratto plurilaterale, in R.trim. d. proc. civ., 1973, p. 524: "In questo concetto di scopo comune e nel conseguente legame contrattuale, unificate tutte le più varie posizioni individuali delle parti, ritroviamo alcuni degli elementi più emblematici della concezione fascista dell’attività economica". p. 525: "Contratto plurilaterale, quindi, come momento di sintesi tra lo strumento del contratto e l’aggregazione corporativa degli interessi individuali. Il procedimento è analogo a quello con cui l’impresa viene assunta come una istituzione, dove l’interesse dei prestatori di lavoro si fonde con quello dell’imprenditore nella comune collaborazione per l’interesse dell’impresa e della comunità nazionale". CALI’ S., Contratto plurilaterale o associativo, Giustizia civile 1/1994 pag. 817.
128 La prestazione compiuta da un aderente è volta a soddisfare in parte anche il suo interesse in quanto volta a rendere possibile l'attività economica di cui in modo percentuale lui stesso beneficerà.
129 In tal senso la giurisprudenza Cass., 17 aprile 2009 n. 9317 (banca dati De Jure); in senso contrario CAFAGGI F., Il contratto di rete, commentario, Bologna 2009, pag 27: "[...] la presenza di uno scambio non presuppone necessariamente alterità o addirittura conflitto di interessi e neppure sinallagmaticità piene. Nel contratto di scambio possono aversi forme di collaborazione e co-progettazione che presuppongono e producono interdipendenza tra le attività delle imprese partecipanti." Nella fase di formazione del contratto plurilaterale con comunione di scopo gli interessi delle parti sono formalmente in conflitto e ciò si riscontra anche per quanto riguarda gli effetti del contratto i quali una volta prodotti devono essere riferiti pur sempre ai singoli e quindi vanno distinti per ciascuna parte. In tal senso OSTI , Contratto, Nss, D.I., IV Torino 1957 pag.
474. CAFAGGI F., Il contratto di rete, commentario, Bologna 2009 pag 27: "La compatibilità tra (causa di) scambio e scopo comune comporta la possibilità di applicare al contratto plurilaterale non avente scopo comune alcune delle norme, in quanto compatibili, previste per il plurilaterale con scopo comune. A fortiori questo accadrà nell'ipotesi di contratto di rete dove di frequente scambio e scopo comune coesistono”.
130 MAJORCA, Contratto plurilaterale, in Enciclopedia giuridica Treccani, vol. X, Roma, 1988 pag 10; FERRI G. B., op.ult.cit., p.34: “nei contratti di scambio l’operazione economica nella sua
di interessi mediato da un programma", perchè gli interessi in gioco si realizzano attraverso un piano d'azione - il programma concordato dagli aderenti - e non immediatamente in seguito alle reciproche prestazioni che sono solamente strumentali allo scopo.
Fortunatamente, parte della dottrina131 più recente ritiene compatibile la figura del contratto plurilaterale con i contratti di scambio ammettendo, per esempio, la figura del contratto plurilaterale di scambio nel quale più parti, con interessi contrapposti, danno luogo ad una molteplicità di scambi economici che trovano unità nel contratto. Tale ricostruzione è condivisibile stante che non vi sono reali motivi ostativi.
Occorre inoltre dare atto che non mancano casi di contratti a più parti ma non con scopo comune per la mancanza di uno degli elementi che si ritengono tipici: lo scopo comune, per esempio nel contratto di divisione o nelle convezioni plurilaterali132, o la non essenzialità di uno dei partecipanti o la non corrispondenza della pluralità di soggetti ad un pluralità di parti come per esempio nel sequestro convenzionale133. Di converso, è sicuramente possibile un contratto bilaterale in cui le parti perseguono uno scopo comune come nel contratto di società con due soli soci.
interezza rimane assorbita nel contratto, che costituisce la fonte unica e diretta del rapporto e il mezzo di realizzazione dell’interesse contrattuale delle parti. Nel fenomeno associativo, il contratto assume una posizione strumentale rispetto alla operazione economica cui le parti intendono dar vita e che pur sempre rimane l’esercizio in comune di una attività in vista di un fine comune”.
131 CAFAGGI F., Il contratto di rete, commentario, Bologna 2009, BARBA V., Appunti per uno studio sui contratti plurilaterali di scambio, in Rivista di diritto civile 4/2010 pag. 531 ss.: “Gli accordi plurilaterali di scambio, cioè quegli accordi nei quali le parti, ponendosi l’una di fronte all’altra e perseguendo scopi tra loro antagonisti, composti proprio nell’unità dell’accordo, non per il fatto di realizzare più d’uno scambio economico o per il fatto di essere posti in essere da più di due parti, dovrebbero allora essere "esiliati" dal territorio del contratto, al quale, invece, ci pare che meritino di appartenere. Non soltanto risultano tramontate, alla luce della recente prassi contrattuale e del rinnovato clima culturale nel quale versa l’ordinamento civilistico italiano moderno, le ragioni socio-politiche che hanno ostacolato e decelerato la ricostruzione volta a riconoscere l’ammissibilità di contratti plurilaterali non associativi, ma non sussistono neppure valide ragioni tecniche, dal momento che lo scambio giuridico né ripudia né avversa la multilateralità, con la quale mostra di potersi ben coniugare. Figure classiche quali la delegazione di pagamento o la cessione del contratto, come figure d’avanguardia tolte dalla moderna macroeconomia, quali il leasing o il leveraged buyout, possono consapevolmente ricondursi all’interno di un medesimo modello generale, il quale, restituito al settore del contratto, consente di postulare l’ammissibilità di contratti plurilaterali di scambio”
132 BIANCA C.M., Il contratto, diritto civile 3, Milano, 2000, pag. 57
133 XXXXXX M.C., Il contratto in generale, Milano, 2010, pag.67.
Sono, invece, pochi gli esempi di contratti plurilaterali che contemporaneamente presentano i requisiti dei contratti di scambio e dei contratti con comunione di scopo. Si ritrovano nella pratica "in alcuni tipi di filiera produttiva dove vi sono scambi finalizzati al perseguimento di uno scopo comune"134.
Il ragionamento svolto non può non tenere conto che per la dottrina135 più consolidata e autorevole la categoria dei contratti plurilaterali è costituita esclusivamente dai contratti con comunione di scopo. Viene così a determinarsi un'inevitabile influenza metodologica nella valutazione delle fattispecie affermatesi in epoca più moderna che spesso ha portato a forzare il ricorso alla figura del collegamento negoziale proprio per il rifiuto di una disciplina generale sui contratti plurilaterali136.
Il contratto di rete può essere l'occasione per spingere il legislatore a cercare di elaborare una nuova disciplina sul contratto plurilaterale - come paventato da
134 CAFAGGI F., Il contratto di rete, commentario, Bologna, 2009, pag. 29.
135 MESSINEO F., Contratto plurilaterale, in Enc. dir., X, Milano, 1962, p. 141ss., ha cura di avvertire come la nozione legale di contratto plurilaterale non è tanto connotata dal profilo strutturale della presenza di più parti, quanto, invece, dalla comunione di scopo. E, infatti, una conferma di ciò potrebbe rinvenirsi proprio nell’art. 1332 c. c., il quale, consentendo la possibilità dell’adesione di altre parti ad un contratto, non dovrebbe legittimare un giudizio capace di determinare una diversa valutazione circa la natura del contratto a seconda del numero delle parti. Xxxxx, un contratto tra due parti, il quale, per effetto dell’art. 1332 c. c., si apra, in un secondo momento, all’adesione di un’altra parte, non muta, da bilaterale a plurilaterale e, viceversa, un contratto, originariamente plurilaterale, nel quale venga meno una parte, non muta da plurilaterale a bilaterale, nel senso che, secondo il lessico del legislatore, la pluralità atterrebbe, piuttosto, all’idoneità del contratto ad essere aperto. Il legislatore, infatti, quando discorre di contratti plurilaterali intende riferirsi a quei contratti nei quali “i detti coefficienti [pluralità delle parti e comunione di scopo, devono ricorrere cumulativamente”. ID., Il contratto in genere, 2, in Tratt. Cicu- Xxxxxxxx, XXX, 0, Xxxxxx 1973, spec. p. 606 ss., precisa che il significato di comunione di scopo è dialettico rispetto a quello di scambio. Nei contratti con comunione di scopo le prestazioni, ma prima ancora le dichiarazioni, non sono in situazione di corrispettività, ma si trovano disposte in un’ unica direzione. Il parallelismo degli scopi delle parti “costituisce una plastica rappresentazione della direzione di tali interessi; ed è assai appropriata a significare che, all’atto del costituirsi del contratto, si è già composto l’iniziale conflitto (o divergenza) d’interessi, prendendo il sopravvento l’interesse comune: o, quanto meno, l’omogeneità degli interessi”.
136 BARBA V., Appunti per uno studio sui contratti plurilaterali di scambio, in Rivista di diritto civile 4/2010 pag. 534: "Per l’autorevolezza dei maestri che le hanno assecondate e suggerite, da queste premesse consegue, dunque, una chiara diffidenza verso la categoria generale dei contratti plurilaterali, i quali, a tutt’ oggi, vivono, in linea di massima, confinati nel solo territorio dei contratti associativi, quasi come se non possano darsi contratti plurilaterali senza comunione di scopo. E ciò porta con sé tutte le ricadute concettuali e metodologiche che una tale scelta di campo necessariamente implica. Prima tra tutte, la difficoltà d’individuare la comune natura contrattuale della maggior parte delle figure provenienti dalla moderna economia, spesso tralatiziamente qualificate attraverso la dubbia scomposizione in una molteplicità di contratti bilaterali artificiosamente collegati tra loro." Sul punto anche le considerazioni in La connessione tra negozi e il collegamento contrattuale, in Studi in onore di Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, I, Napoli 2008, pp. 25-67; ora anche in R. trim. d. proc. civ., 2008,pp.791-818 e 1167-1188.
parte della dottrina137 - così da evitare di ricorre a figure alternative come il collegamento negoziale o il "negozio" plurilaterale138 pur di dare una classificazione a quelle forme contrattuali che non rientrano nella nozione classica di contratti plurilaterali con comunione di scopo.
Contratto plurilaterale di tipo associativo
Con la riforma del 2010 si sono delineati nuovi scenari139 che rendono possibile la configurazione di diversi tipi di rete. L’ampliamento dell’oggetto ha inevitabilmente inciso sull’inquadramento sistematico dell’istituto.
137 CAFAGGI F., Il contratto di rete, commentario, Bologna, 2009, pag. 150 : "In prospettiva emerge la necessità di ripensare alcuni equilibri del sistema e dunque del codice civile: in particolare il rapporto tra funzione di scambio e perseguimento dello scopo comune, nell'ambito di un diritto dei contratti in grado di governare i conflitti di interessi in operazioni economiche complesse." vedi anche XXXXX X., Appunti per uno studio sui contratti plurilaterali di scambio, in Rivista di diritto civile 4|2010 pag. 542:"Così ripercorso l’orientamento della dottrina maggioritaria e accertata l’idea di un’ ipotesi residuale, ora risolta nel generico negozio plurilaterale, ora sacrificata nei tratti dell’eccezionalità, sembra obbligato verificare, anche alla luce del tempo presente e delle esigenze concrete di disciplina, se una tale scelta culturale possa considerarsi conforme all’attuale ordinamento — e dunque meritevole di condivisione ovvero se non debba affermarsi accanto alla figura generale dei contratti plurilaterali associativi quella dei contratti plurilaterali sinallagmatici o di scambio, così elevando quella dei contratti plurilaterali tout court a figura descrittiva ancor più generale (e generica). La quale, comprendendo la prima e la seconda, perderebbe la sua originaria valenza di categoria, non essendo più capace di esprimere una disciplina comune a entrambe le figure: quella dei contratti plurilaterali associativi e quella dei contratti plurilaterali di scambio. Il compimento di questa indagine suggerisce, siccome accertamento pregiudiziale, di acclarare se possa coscientemente predicarsi l’esistenza di contratti plurilaterali di scambio ovvero se il concetto di scambio, ripudiata la multilateralità, reclami, di necessità, l’esclusiva bilateralità, con ciò definitivamente legandosi a quest’ultima e respingendo in un "altrove giuridico" gli accordi plurilaterali non associativi".
138 E' una figura residuale che comprende quei contratti che non rientrano né all'interno della categoria dei contratti di scambio né all'interno della categoria dei contratti plurilaterali con comunione di scopo. MESSINEO F., Contratto plurilaterale, cit., p.154
139 DONATIVI V., Le reti d'impresa: natura giuridica e modelli d'impresa, in Le società 12/2011 pag.1430: "[...] le configurazioni astrattamente prospettabili sarebbero addirittura tre, in correlazione con i tre possibili scopi-mezzi che l’aggregazione reticolare potrebbe proporsi: (i) quella della pluralità o fascio di contratti di scambio uniti da un nesso di collegamento negoziale e riassunti in uno schema contrattuale unitario, propria delle reti che si propongono il fine di "scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica";
(ii) quella del contratto plurilaterale con comunione di scopo, con o senza rilevanza esterna, ma in ogni caso privo di base associativa, sottesa alle (pur variegate e multiformi) reti che si pongono il fine di «collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese"; (iii) quella del contratto associativo in senso proprio e tecnico, ravvisabile nelle reti il cui fine sia quello di "esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa".
Nell'ipotesi in cui il contratto di rete abbia un oggetto più complesso, come l'esercizio in comune di attività economica spesso associato a vari livelli di collaborazione, la qualificazione giuridica si rende più difficile.
Una prima soluzione potrebbe essere quella di farlo rientrare nella classificazione dei contratti associativi.
Per associativo si intende il contratto costitutivo di un ente personificato a struttura associativa che permette alle parti di perseguire uno scopo comune che può essere: di tipo egoistico - si pensi allo scopo lucrativo delle società oppure al godimento dei sevizi nelle cooperative o alla creazione di una disciplina collettiva nei consorzi - o di tipo altruistico, come nelle associazioni e fondazioni.
Secondo un consolidato e condivisibile orientamento140 l'elemento caratterizzante dei contratti associativi è l'organizzazione in quanto le prestazioni iniziali delle parti non esauriscono il contratto ma sono funzionali al perseguimento dello scopo finale grazie proprio all'organizzazione 141.
Uno degli elementi fondanti ogni organizzazione è l’organo.
L'organo142, nell'accezione tradizionale, è quella figura per mezzo della quale le azioni poste in essere o gli effetti di un atto possono essere ricondotti ad un ente il quale gode di un potere di rappresentanza così detta organica.
Uno dei requisiti richiesti dalla legge per la nascita di una rete era obbligatoriamente, oggi lo è solo facoltativamente, la costituzione di un organo comune, dotato di potere rappresentativo, con la funzione di dare attuazione al programma.
Ad ulteriore sostegno di questa configurazione può essere addotta la nozione stessa di contratto di rete in cui è prevista la possibilità dello svolgimento - sulla
140 MAJORCA, Contratto plurilaterale, in Enciclopedia giuridica Treccani, vol. X, Roma, 1988 spec. 11 ss.; FERRO-XXXXX, I contratti associativi, Milano, 1976 spec. 295 ss.
141 XXXXXXX F., Delle associazioni non riconosciute, cit. “Assume particolare rilievo l'ipotesi in cui le prestazioni delle parti sono volte a formare uno patrimonio autonomo e quando vi è un esercizio in comune dell'attività posta in essere per perseguire il fine attraverso un' organizzazione volta a regolare i rapporti interni e all'esterno mostrandosi unitariamente”
142 DONATIVI V., Le reti d'impresa: natura giuridica e modelli d'impresa, in Le società 12/2011 pag. 1431: “Sicchè, la presenza di un organo in senso proprio e tecnico è per sua natura correlata a un fenomeno di rappresentazione (o imputazione o immedesimazione) organica: e dunque, per quanto qui interessa, la presenza dell’organo presupporrebbe l’esistenza di un soggetto giuridico entificato, al quale le relative azioni e i conseguenti effetti giuri- dici sarebbero ascritti e imputati”.
base di un programma - di un' attività economica "comune", quale scopo mezzo per il perseguimento dello scopo fine.
L'espressione "esercizio in comune dell'attività" richiama immediatamente alla mente l'articolo 2247 c.c. in tema di definizione di contratto di società. Oggi è assodato, anche per le società di persone143, che l'attività esercitata non è da imputare alle singole imprese ma ad un soggetto diverso: la società. Il parallelismo con la figura societaria, a noi più familiare, porta a propendere per l’imputazione dell'esercizio delle attività alla rete in quanto tale.
Ulteriore argomento può essere tratto dalla previsione, in caso di costituzione del fondo patrimoniale, dell'applicazione dell'articolo 2615 c.c.. Il richiamo a quest’ultimo articolo significa riconoscere al fondo patrimoniale autonomia patrimoniale. Tale affermazione è il frutto dell’interpretazione data dalla dottrina all’articolo citato che dispone che delle obbligazioni risponde solo il fondo comune. Un patrimonio dotato di autonomia patrimoniale perfetta, secondo decenni di elaborazione dottrinale, deve essere necessariamente imputabile ad un soggetto che, in questo caso, sarebbe il soggetto rete, perché appunto secondo questo tradizionale144 orientamento non è immaginabile un patrimonio autonomo senza imputarlo ad un nuovo soggetto: la rete associativa.
Quest'ultima conclusione s' innesta in un'altra problematica sollevata dalla disciplina: il contratto di rete è un soggetto di diritto145?
Per cercare di rispondere a questa domanda, si deve prima rispondere ad un altro interrogativo: al contratto di tipo associativo è necessariamente associato il concetto di soggettività?
Contratto non associativo
Le argomentazioni146 sopra riportate a sostegno della teoria che si tratti di un contratto plurilaterale di tipo associativo possono essere facilmente confutate ma
143 La dottrina ha riconosciuto a tutte le società di persone soggettività giuridica, figura che oggi con la nuova disciplina sui contratti di rete ha trovato per la prima volta espressa consacrazione normativa.
144 Oggi forse non più attuale ma di ciò si darà conto nelle prossime pagine.
145 Il dibattito ha acceso molto gli animi, coinvolgendo problematiche ben più ampie, fino all'ultima riforma che senza non poco malcontento ha chiarito il punto.
occorre in via preliminare domandarsi se l'organo comune sia della rete in quanto tale o se sia piuttosto imputabile alle singole imprese.
Il dato normativo potrebbe far protendere per entrambe le soluzioni se non fosse che il legislatore parla di "organo comune" tra le imprese, escludendo così il fenomeno della immedesimazione organica147. L'organo agisce in nome e per conto delle imprese.
All'esterno, inoltre, la rete può agire unitariamente utilizzando lo strumento contrattuale del mandato collettivo - come espressamente previsto - senza così dovere necessariamente associare l'esistenza di una organizzazione all'alterità soggettiva della rete rispetto ai singoli partecipanti. La disciplina, d'altronde, è compatibile con quel minimo di organizzazione che si ritrova in esempi contrattuali come quello ricavabile dall’art. 1332 c.c.148.
Un altro aspetto di particolare importanza è riconducibile al fondo patrimoniale comune.
Come dice la stessa parola, si tratta di un patrimonio "in comune" tra le imprese e non di un patrimonio imputabile autonomamente alla rete. Anche se il legislatore prevede l'applicazione del regime di autonomia patrimoniale, lo fa riferendosi al fondo e non alla rete.
Nel nostro ordinamento, questa, non sarebbe un'eccezione in quanto esistono già diversi casi di autonomia patrimoniale non soggettivata. Il giudizio di compatibilità, a cui fa riferimento la norma, potrebbe riferirsi proprio al fatto che il consorzio con attività esterna è munito di soggettività giuridica mentre la rete ne è priva149.
146 OPPO G., I contratti di durata, in Riv. dir. comm., 1943, I, 144 ss.
147 In tal senso XXXXX G.D., Frammenti ricostruttivi sul contratto di rete, op.cit. pag.851 il quale ritiene che "la disciplina dell'organo comune, di per sé considerata, non sembra essere necessariamente disciplina di un fenomeno organizzativo della rete intesa come soggetto diverso dalle imprese partecipanti, come autonomo soggetto di diritto".
148 In tal senso XXXXX G.D., Frammenti ricostruttivi sul contratto di rete, op.cit. pag.851 il quale mette in evidenza come anche nei contratti aperti ex articolo 1332 c.c. si fa riferimento, come nei contratti di rete, ad un “organo che sia stato costituito per l'attuazione del contratto”.
149 DONATIVI V., Le reti d'impresa: natura giuridica e modelli d'impresa, in Le società 12/2011 pag.1434 "Esso, inoltre, è accompagnato dalla locuzione ‘‘in quanto compatibili’’, che avrebbe poco senso se il regime normativo richiamato dovesse essere applicato secondo lo schema ordinario e comune con cui e ` congegnato, ovverosia se desse vita anche qui a un normale caso di autonomia patrimoniale riferibile a un separato centro soggettivo di imputazione. Sembra invece
Infine, secondo una parte della dottrina150, anche il riferimento all'esercizio in comune dell'attività va interpretato come coordinamento delle attività imputabili alle singole imprese e non alla rete, che assume importanza solamente organizzativa.
Alla conclusione che si tratti di un contatto plurilaterale non associativo farebbero propendere anche motivi di carattere più formale, quali la mancata richiesta da parte del legislatore di un nome da attribuire alla rete, elemento tipico di ogni soggetto di diritto, oppure la previsione che il contratto debba essere iscritto presso il registro delle imprese dove hanno sede i partecipanti e non dove viene fissata la sede della stessa rete.
Considerare il contratto di rete un'ipotesi di contratto plurilaterale non associativo rappresenterebbe un'importante novità.
Xxxxxx affermato non è tuttavia così scontato. Per tale ragione si rende ora nuovamente necessario soffermarsi sulla disciplina generale dei contratti plurilaterali.
Come detto, non esiste una disciplina compiuta sul contratto plurilaterale con comunione di scopo il quale è rimesso all'elaborazione dottrinale e giurisprudenziale che, in prevalenza, ritiene che il contratto plurilaterale si esaurisca nel contratto associativo. I primi autori151, successivamente all'entrata in vigore del codice del ’42, hanno sostenuto che il contratto plurilaterale rappresentasse una species del genus contratto associativo in quanto in esso è necessaria la pluralità di parti che non può essere meramente virtuale ma deve essere reale .
plausibile che il congegno cui il legislatore ha inteso fare riferimento sia nel senso della costruzione di un’ipotesi (tutt’altro che nuova o sconosciuta al nostro ordinamento) di patrimonio autonomo acefalo, dotato di una propria autonomia patrimoniale tendenzialmente perfetta".
150 Opinione non condivisibile. In senso favorevole DONATIVI V., Le reti d'impresa: natura giuridica e modelli d'impresa , in Le società 12/2011 pag.1434: “[…] "smitizzare" la portata sistematica della locuzione "esercizio in comune", cui il dettato normativo, come si è visto, fa riferimento. L’espressione, invero, ben potrebbe essere intesa, senza con ciò privare il dettato normativo di un suo specifico significato, nel senso di esercizio ‘‘coordinato’’, o, se si vuole, sottoposto all’attività di direzione e di coordinamento posta in essere dalla rete e attraverso la rete, ovverosia nel rispetto e col filtro degli schemi organizzativi e di governo che il contratto di rete avrà cura di individuare. In comune, dunque, non già nel senso di esercizio imputato a un soggetto entificato emanazione ‘‘comune’’ delle imprese aderenti, ma piuttosto nel senso di esercizio di attività che, pur rimanendo giuridicamente imputato alle singole imprese partecipanti alla rete, sarebbe appunto ‘‘coordinato’’ attraverso un’organizzazione “comune”.
151 MESSINEO, contra XXXXXXXXX, SALANDRA e OSTI.
Tale impostazione ha notevolmente influenzato lo studio del contratto plurilaterale, stante che lo scopo comune veniva studiato nell'ottica dei contratti associativi.
In realtà il contratto plurilaterale non necessariamente deve assumere i caratteri del contratto associativo.
Quando dal contratto discende una complessa organizzazione, ossia la struttura ordinamentale di una "istituzione "152 che potrà assumere i caratteri della personalità giuridica o della soggettività153, si è in presenza di un contratto associativo154.
Sono invece contratti così detti normativi quelli che non danno origine ad una vera e propria organizzazione - sebbene possa essere presente un minimo di organizzazione - e si limitano a dettare delle regole cui gli aderenti (due o più) dovranno uniformarsi nello svolgimento della loro attività con gli altri aderenti o anche con i terzi.
Tra questi due tipi se ne individua un terzo, intermedio, che pur non dando vita ad una vera e propria organizzazione nè dettando regole di comportamento relative a futuri atti negoziali, costituisce "un programma che vale a preordinare, finalizzandole al perseguimento di un certo obiettivo, attività di vario genere, anche di tipo non negoziale, ed eventualmente compiute da terzi estranei a tale predisposizione."155.
Questo sembra essere proprio il caso del contratto di rete.
Potrebbe allora dirsi che l'esistenza di tali opposti orientamenti tratteggiati in questi paragrafi costituisca in realtà il sintomo che il legislatore, sebbene in modo
152 Il termine "istituzione" era presente nell'abrogato articolo 12 c.c. rubricato: persone giuridiche private.
153 Secondo una parte della dottrina l'entificazione di una organizzazione non può discendere da un contratto rimesso alla autonomia delle parti ma deve essere il frutto della creazione dell'ordinamento giuridico statale. In tal senso MAJORCA, Contratto plurilaterale, in Enciclopedia giuridica Treccani, vol. X, Roma, 1988 pag. 11.
154 Il quale come già detto può è essere con più parti, a numero variabile oppure con due sole parti.
155 MAJORCA, Contratto plurilaterale, in Enciclopedia giuridica Treccani, vol. X, Roma, 1988 pag. 12, il quale prosegue facendo riferimento al contratto di mandato. Quest'ultimo è un contratto definito anche di "organizzazione" ma che si differenzia dal contratto normativo e associativo. Il contratto di mandato spesso è legato al contratto associativo in quanto è "un'importante strumento organizzativo all'interno di una struttura ordinamentale, ma la cui autonomia funzionale è unicamente quella di produrre immediatamente spostamenti a livello di situazioni soggettive concrete, e non quello di creare un piano di azione diretto ad uno scopo"; quest'ultimo è tipico dei contratti associativi. Sembra essere proprio la descrizione del contratto di rete
poco chiaro, ha lasciato lo spazio ad entrambe le configurazioni. In base al contenuto del contratto è possibile configurare tanto una rete contrattuale quanto una rete associativa, e spesso la prima evolve, in caso di buon andamento, in quella del secondo tipo.
Tale interpretazione esprime al meglio l'intento riformatore del legislatore il quale vuole lasciare agli operatori la massima elasticità possibile senza comunque incidere sulla unitarietà del fenomeno che ha dato vita ad un nuovo contratto tipico.
6. IL CONTRATTO DI RETE OGGI
Con il D.L. 22 giugno 2012 n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012 n. 134 e il
D.L. 18 ottobre 2012 n. 179, convertito in legge il 17 dicembre 2012 n. 221, la disciplina sul contratto di rete è stata per la quinta volta riformata. La nozione è stata arricchita di ulteriori variabili diventando ancora più complessa e contribuendo così ad accrescere la già cospicua produzione dottrinaria in materia.
Le principali novità156, sul piano della disciplina, sono due:
1) per la prima volta il legislatore consacra in una testo normativo l'istituto della soggettività giuridica, prevedendo che:
156 La riforma, poi, ha introdotto ulteriori novità.
Il contratto deve essere redatto per atto pubblico o scrittura privata autenticata ma anche per atto firmato digitalmente, con mera firma digitale ( art.24 CAD) o con firma elettronica autenticata da notaio o da altro pubblico ufficiale (art. 25 CAD).
Sono state, inoltre, introdotte alcune semplificazioni come il modello standard tipizzato per la trasmissione del contratto al Registro delle Imprese. In caso di modifiche apportate al contratto è sufficiente che una sola impresa adempia all'onere pubblicitario, perché sarà cura dell'ufficio del registro delle imprese, presso cui è stata depositata la modifica, comunicarla agli altri uffici dei registri.
Sul piano tributario la l. n. 228 del 2012, prevede una ulteriore misura agevolativa di carattere fiscale, stabilendo all’art. 1 comma 95 che: “a decorrere dall’anno 2013, è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un fondo per la concessione di un credito di imposta per la ricerca e lo sviluppo secondo criteri e modalità definiti di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze e con il Ministero dello sviluppo economico, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese, nonché per la riduzione del cuneo fiscale, finanziato mediante le risorse derivanti dalla progressiva riduzione degli stanziamenti di parte corrente e di conto capitale iscritti in bilancio destinati ai trasferimenti e ai contributi alle imprese”. A norma del comma 96 “il credito di imposta di cui al comma 95 è riservato alle imprese e alle reti di impresa che affidano attività di ricerca e sviluppo a università, enti pubblici di ricerca o organismi di ricerca, ovvero che realizzano di- rettamente investimenti in ricerca e sviluppo”, in G.U. 29 dicembre 2012, n. 302. Viene inoltre introdotta la possibilità che le reti d’impresa partecipino alle gare ed agli appalti pubblici, at- traverso la novella del testo dell’art. 34, comma 1 lett. e- bis e dell’art. 37 comma 15- bis d.lgs. n. 163 del 2006 (Cod. Appalti).
ai sensi del combinato disposto del comma 4 -ter , terzo periodo, e del comma 4 - quater , ultimo periodo, dell’art. 3 del D.L. 5/2009, come novellato, la rete di imprese contrattualmente dotata di un fondo comune e di un organo comune può acquisire, per scelta dei medesimi contraenti, soggettività giuridica;
2) per la prima volta il legislatore consente la destinazione di patrimoni da parte di più imprenditori in un fondo comune per l'esercizio d'impresa senza la creazione di un nuovo soggetto e prevedendo che:
ai sensi del comma 4 -ter , quarto periodo, n. 2), dell’art. 3 del D.L. 5/2009, come novellato, qualora il contratto di rete preveda l’istituzione sia di un fondo comune sia di un organo comune legittimato ad agire con i terzi, “in ogni caso, per le obbligazioni contratte dall’organo comune in relazione al contratto di rete, i terzi possono far valere i loro diritti esclusivamente sul fondo comune”.
Quanti modelli di rete?
La lettura del nuovo testo normativo spinge a chiedersi e consente di scorgere quanti tipi di rete siano configurabili.
L'articolo 3 comma 4 ter dispone che "il contratto può anche prevedere l'istituzione di un fondo patrimoniale comune e la nomina di un organo comune incaricato di gestire, in nome e per conto dei partecipanti, l'esecuzione del contratto o di singole parti o fasi dello stesso".
Da questo primo estratto si evincono già due diverse possibilità di rete: la rete di tipo contrattuale, senza fondo comune e senza organo comune; quelle con un patrimonio ed un organo comune ed autonomia patrimoniale.
La norma prosegue precisando che "il contratto di rete che prevede l'organo comune e il fondo patrimoniale comune non è dotato di soggettività giuridica, salva la facoltà di acquisto della stessa ai sensi del comma 4-quater ultima parte".
Da quest' altro estratto si evince che la rete con fondo patrimoniale comune e organo comune può acquistare soggettività giuridica prospettando così un terzo modello di rete dotato di soggettività giuridica e autonomia patrimoniale.
Al comma 4 quater il legislatore dispone che "se è prevista la costituzione del fondo comune, la rete può iscriversi nella sezione ordinaria del registro delle
imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sua sede; con l'iscrizione nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sua sede la rete acquista soggettività giuridica."
Da quest' altro estratto della norma si può forse ipotizzare, come sostenuto da parte della dottrina, un ultimo e quarto tipo di rete: quello con soggettività giuridica e fondo patrimoniale ma senza organo comune.
Il legislatore, quindi, con le riforme del 2012 non ha inteso operare una metamorfosi del contratto di rete ma semplicemente riconoscere alle imprese maggiore autonomia negoziale.
RETE SENZA AUTONOMIA PATRIMONIALE E SOGGETTIVITÀ
Si tratta di un modello di rete di tipo residuale157, previsto in via implicita dal legislatore, per cui i suoi tratti caratterizzanti devono essere estrapolati attraverso un'analisi globale della norma.
E' il tipo di rete più semplice predisposto. Consiste in un contratto privo di ogni forma di corporativismo. Non è richiesta la costituzione di un fondo comune nè di un organo comune destinato a svolgere attività commerciale con i terzi e non deve essere iscritto ai sensi del comma 4 quater nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sua sede.
Conseguentemente, non occorre redigere alcun documento sulla situazione patrimoniale della rete e, anche se redatto, esso non deve essere depositato né vi sono obblighi relativi agli atti e alla corrispondenza.
Questo schema di rete lascia ampissimi margini di autonomia così da adattarsi a tutte le esigenze. Può essere adottato, prevalentemente, da quelle imprese che non vogliono creare un fondo comune e che non hanno interesse a svolgere attività commerciale con i terzi, dando così vita ad una rete con rilevanza solamente interna.
157 Il comma 4 ter prevede che "Se il contratto prevede l'istituzione di un fondo patrimoniale comune e di un organo comune destinato a svolgere ..."
Delle obbligazioni sociali sono chiamati a rispondere tutti gli aderenti solidalmente.
RETE CON SOGGETTIVITÀ GIURIDICA
Il secondo modello predisposto dal legislatore, per la prima volta nella storia del diritto italiano, fa espresso riferimento al concetto di soggettività giuridica.
Quest'ultima, fino ad oggi, è stata una figura di elaborazione dottrinale che non ha mai trovato riscontro in alcun dato normativo.
Per soggettività giuridica si intende un soggetto di diritto che costituisce centro autonomo di imputazione.
La problematica nasce per le società di persone alle quali il legislatore non ha riconosciuto personalità giuridica, lasciando così carta bianca all'immaginazione dottrinaria.
In passato, ma non mancano giuristi che lo ritengono ancora oggi, si è sostenuto che nelle società di persone, diversamente dalle società di capitali, non è configurabile un fenomeno di unificazione soggettiva tale da generare un centro di imputazione distinto dai singoli soci. Secondo questa ricostruzione i beni sociali devono considerarsi "in comproprietà", sebbene di tipo speciale, e le obbligazioni sociali devono considerarsi proprie dei soci, delle vere e proprie obbligazioni collettive. I soci sono coimprenditori in quanto a loro è direttamente imputabile, sia pur collettivamente, l'attività di impresa.
Oggi, la dottrina maggioritaria sostiene con fermezza il riconoscimento alle società di persone della natura di soggetto di diritto.
Le argomentazioni addotte sono principalmente riconducibili all'articolo 2266 c.c. in tema di assunzione di obbligazioni, all'articolo 2659 c.c. in tema di trascrizione, agli articoli 2292 e 2314 c.c. in tema di attribuzione di un proprio nome quale la ragione sociale, all'articolo 2295 c.c. in tema di fissazione della sede sociale.
Le problematiche illustrate non sono molto diverse da quelle che si pongono per il contratto di rete e che ancora oggi, nonostante il chiarimento del legislatore, sono oggetto di acceso dibattito in dottrina e tra le associazioni di categoria.
Fino all'attuale riforma158, con cui il legislatore ha previsto la possibilità per la rete di acquistare soggettività giuridica159, si è dibattuto se la rete, così come configurata, desse luogo ad una forma di entificazione e sulla opportunità della stessa160.
la Direzione Generale dell’Agenzia delle Entrate - in particolare nella circolare n. 4/E del 15 febbraio 2011 e nella circolare 70/E dell’Agenzia delle Entrate del 30 giugno 2011 - si era espressa negando alla rete soggettività tributaria161.
Al fine di potere realizzare il modello più evoluto di rete, la rete soggetto, occorre che gli aderenti abbiano previsto: l'istituzione di un fondo patrimoniale comune, l'istituzione di un organo comune destinato a svolgere un'attività, anche commerciale, con i terzi; l'indicazione nell'atto costitutivo della sede e della denominazione sociale; l'iscrizione della rete nella sezione ordinaria del registro
158 La l. 7 agosto 2012, n. 134 (che ha convertito il d.l. n. 83), ha introdotto (art. 45 comma 2, confluito all’art 3 comma 4-ter d.l. n. 5 del 2009) aveva previsto in presenza dei requisiti l'automatico acquisto della soggettività giuridica, mentre con il d. l. n. 179 del 2012, il legislatore ha rimesso la scelta agli aderenti.
159 Tale previsione è stata fortemente osteggiata dalla dottrina maggioritaria e da alcune associazioni di categoria mentre altre l'hanno fortemente sostenuta: Reteimprese, Testo dell’audizione alla Camera, 5 luglio 2012, in xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx/Xxxxxxxxxxxxxxx/X- Documenti/; CAUSI M., Resoconto stenografico audizione del Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, Xxxxxxx Xxxxxxx, sulle misure adottate per la crescita del Paese davanti alle VI e X Commissioni riunite, Camera dei Deputati, 6 luglio 2012, 41, il quale afferma l’esigenza di far si che il contratto di rete divenga lo “strumento principe” e che sia necessario “rafforzarne gli aspetti giuridici, conferirgli veste e personalità giuridica, considerarlo anche rispetto all’attribuzione dei finanziamenti, ripensando le attuali e tradizionali forme di rifinanziamento e di contribuzione ai consorzi export e alle diverse altre filiere di contribuzione pubblica esistenti, mettendo le reti di impresa nella possibilità di contrarre strumenti finanziari”, in xxx.xxxxxx.xx
160 VIGNALI R., Resoconto stenografico della audizione del Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, Xxxxxxx Xxxxxxx, sulle misure adottate per la crescita del Paese davanti alle VI e X Commissioni riunite, Camera dei Deputati, 6 luglio 2012, 47-48, in xxx.xxxxxx.xx: "oggettivamente la mancanza di personalità giuridica rappresenta un freno allo sviluppo delle reti di impresa. Ci sono tantissime difficoltà operative. Se si deve acquistare un macchinario si devono emettere fatture: chi se le intesta? Lo stesso va- le se si deve assumere una persona, come un export manager. È questo il motivo per cui tra le piccole imprese le reti di impresa si sono diffuse molto meno rispetto a quanto è accaduto nelle imprese più grandi, proprio per questa difficoltà per cui magari esse sono più legate a forme di consorzio. Mi chiedo se non sia il caso di prevedere un doppio binario, cioè la rete d’impresa senza personalità giuridica, ma anche quella con personalità giuridica”. “Oggi la rete d’impresa viene esaltata come una sorta di panacea per tutti i problemi che non sappiamo risolvere altrimenti. Non esiste la panacea del problema dimensionale, però sicuramente le reti di impresa sono uno strumento formidabile da utilizzare meglio. Non si può chiedere a reti di impresa senza personalità giuridica di avere obbligazioni né nei confronti di persone, né nei confronti di banche, però pensare di costruire una forma di personalità giuri- dica per le reti di impresa può essere uno studio che vale la pena di svolgere. Può risolvere alcuni problemi, ma non può disattendere la domanda fondamentale della governance , di chi risponde e di quali responsabilità si assumono i singoli partecipanti".
161 L'Agenzia delle entrante ha riconosciuto l'opportunità di dotare la rete di un codice fiscale rimanendo però irrisolti i problemi legati alla mancanza di partita IVA non essendogli stata riconosciuta soggettività tributaria.
imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede; la stipulazione del contratto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata ovvero per atti firmati digitalmente.
In presenza di tali requisiti il legislatore riconosce espressamente soggettività giuridica.
Da ciò consegue che la rete assume le caratteristiche di un centro autonomo di imputazione dotato di un suo patrimonio, che rimane intangibile davanti a qualsiasi pretesa dei singoli aderenti e dei loro creditori personali. In forza di un organo dotato di rappresentanza organica la rete assume diritti e obbligazioni delle quali risponde con il fondo comune, tranne che per le obbligazioni assunte dall'organo per conto di singoli partecipanti, delle quali rispondono verso i terzi, in solido, questi ultimi con il fondo.
In virtù dell'attività economica esercitata, la rete, in quanto soggetto di diritto, acquista la qualità di imprenditore, con conseguente applicazione dello statuto dell'imprenditore commerciale e, quindi, alla disciplina del fallimento.
Quando la rete acquista soggettività occorre che indichi negli atti e nella corrispondenza: la sede, l'ufficio del registro delle imprese dove è iscritta ed il numero di iscrizione.
La rete diventa l'intestataria dei beni conferiti ed acquistati nel corso dell'esecuzione del contratto.
L'organo è tenuto alla redazione annuale della situazione patrimoniale, osservando in quanto compatibili, le disposizioni relative al bilancio di esercizio per le società per azioni. Deve, inoltre, depositare detta situazione patrimoniale presso il registro delle imprese dove è iscritta.
Questo modello di rete suscita molte perplessità poichè sembra avere perso le caratteristiche per cui la rete è stata ideata: garantire alle imprese uno strumento flessibile e leggero.
Il riconoscimento alla rete della soggettività giuridica determina, inoltre, un'inutile duplicazione rispetto a strumenti giuridici già esistenti. In particolare, quando oggetto della rete è l'esercizio in comune di una o più attività commerciali con
finalità di lucro non vi è alcuna differenza rispetto alla costituzione di una società essendovi una identità di causa.
Per di più pone dei problemi di compatibilità con la normativa Comunitaria.
La Commissione Europea162 ha riconosciuto la legittimità degli incentivi previsti a favore delle reti a condizione che le stesse non acquistino personalità giuridica. Non si può fare a meno di constatare come il legislatore non si sia semplicemente limitato a riconoscere alle reti la soggettività giuridica ma per quelle reti dotate di fondo comune e organo comune abbia altresì previsto un’autonomia patrimoniale "pressoché" perfetta; in questo modo finendo per avvicinarsi molto alle figure dotate di personalità giuridica163. Tale scelta pone l'ulteriore rischio che venga meno il parere favorevole della Commissione Europea164.
RETE CON SOGGETTIVITÀ MA SENZA ORGANO COMUNE
Un terzo tipo di rete che si può estrapolare da una analisi di tipo letterale della norma è quello con soggettività giuridica ma senza creazione di un organo comune165.
Il comma 4 quater dispone che "se è prevista la costituzione del fondo comune, la rete può iscriversi nella sezione ordinaria del registro imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sua sede; con l'iscrizione nella sezione ordinaria del registro imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sua sede la rete acquista soggettività giuridica."
162 State aid X.000/0000 - Xxxxx, Supporto set up companies’networks (reti di impresa), Brussels, 26 gennaio 2011, doc.C(2010)8939, in xxxx://xx.xxxxxx.xx in cui si esclude che la normativa sui contratti di rete rappresenti una forma di aiuto di stato in violazione dell’art. 107, par. 1, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.
163 GRANELLI C., In
margine alla ricerca della "Fondazione Xxxxx Xxxxxxxxx" sulle prassi applicative del contratto di rete in I contratti 8-9/2013 pag. 835.
164 MILELLA M. La soggettività nel contratto di rete tra imprese, in I contratti 4/2013 pag. 404: "[...] considerata anche la previsione del comma 2-septies dell’art. 42 d.l. 31 maggio 2010, n. 78 (conv. dalla l. n. 122 del 2010), per il quale "l’agevolazione di cui al comma 2-quater resta subordinata all’autorizzazione della Commissione Europea (22)" pone oggi, oltre tutto, il problema del perdurante valore dell’autorizzazione della Commissione, a seguito delle intervenute modifiche legislative. Quest’ultima potrebbe esprimersi negativamente ove ritenesse che l’attribuzione di soggettività integri una violazione dell’art. 107, par. 1 del Trattato sul funzionamento dell’Unione".
165 GRANELLI C., In margine alla ricerca della "Fondazione Xxxxx Xxxxxxxxx" sulle prassi applicative del contratto di rete in I contratti 8-9/2013 pag 483.
In questo modo si avrebbe un modello di rete come quello tratteggiato nel paragrafo precedente ma con la differenza della non costituzione dell'organo comune destinato a svolgere attività con i terzi.
In questa ipotesi la rete soggettivata non potrebbe godere del beneficio dell'autonomia patrimoniale perfetta poiché quest'ultima è subordinata al duplice requisito dell'istituzione dell'organo comune e del fondo comune. Delle obbligazioni facenti capo alla rete saranno tenuti, pertanto, a rispondere in solido il fondo comune e i singoli aderenti.
Da una interpretazione letterale della norma sembrerebbe altresì discendere la non obbligatorietà della redazione della situazione patrimoniale e del relativo deposito e la non obbligatorietà dell'indicazione negli atti e nella corrispondenza della sede, dell'ufficio del registro delle imprese e del relativo numero di iscrizione, così come previsto dall'articolo 2615 bis c.c. richiamato dal n.3 del comma 4 quater.
Queste ultime infatti sono richieste esclusivamente nel caso in cui vi sia il duplice requisito dell'istituzione dell'organo comune e del fondo comune. Si vengono a creare così non pochi problemi di certezza oltre che di coerenza giuridica.
L' asimmetria informativa che ne deriva non può non influenzare negativamente la facilità di accesso al credito.
Ora occorre chiedersi se è veramente immaginabile una rete con natura di soggetto di diritto ma senza un organo comune.
Una tale configurazione, in forza del dato letterale, sembrerebbe possibile ma giuridicamente pone numerosi interrogativi.
La legge del 7 agosto 2012, n. 134 richiedeva per l'acquisto della soggettività giuridica anche l'istituzione di un organo comune destinato a svolgere attività commerciale con i terzi. Il successivo d.l. 18 ottobre 2012, invece, subordina l'acquisto della soggettività giuridica all'iscrizione alla sezione ordinaria del registro imprese, ai fini della quale la legge richiede solamente l’istituzione del fondo comune.
Nonostante l'incontrovertibilità del dato letterale, risulta giuridicamente difficile immaginare l'imputazione degli atti al soggetto-rete166 in mancanza di un organo dotato del potere di rappresentanza organica.
Quanto detto risulta confermato dallo stesso testo normativo che alla lettera e) del comma 4-ter cade in apparente contraddizione prevedendo che "l'organo comune agisce in rappresentanza della rete, quando essa acquista soggettività giuridica”: se ne ricava implicitamente la necessaria costituzione dell'organo comune167.
A parere di chi scrive la rete con soggettività, dovendo essere dotata contemporaneamente di organo e di fondo comune, ha sempre autonomia patrimoniale e beneficia di un regime di responsabilità limitata.
LA RETE CON AUTONOMIA PATRIMONIALE SENZA SOGGETTVITA' GIURIDICA
La più interessante novità, dal punto di vista dottrinario, introdotta dalla nuova riforma, è rappresentata dalla possibilità di creare una rete con organo comune e fondo patrimoniale autonomo chiamato a rispondere in via esclusiva delle obbligazioni sociali assunte in relazione al programma di rete.
Si tratta di un tipo di rete più leggera e flessibile ma che allo stesso tempo garantisce molta forza alle imprese aderenti.
Bisogna ora esaminare in dettaglio i requisiti necessari così da poter capire le novità introdotte.
Il comma 4 ter recita che "se il contratto prevede l'istituzione di un fondo patrimoniale comune e di un organo comune destinato a svolgere un’attività, anche commerciale, con i terzi al fondo patrimoniale si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 2614 e 2615, secondo comma, del codice civile; in ogni caso, per le obbligazioni contratte dall'organo comune in
166 CAFAGGI F., IAMICELI P., XXXXX G.D., Il contratto di rete e le prime pratiche: linee di tendenza, modelli e prospettive di sviluppo in I contratti 8-9/2013 pag. 799
167 In tal senso anche CAFAGGI F., XXXXXXXX P., XXXXX G.D., i quali si richiamano oltre che al dato letterale anche al criterio interpretativo logico-sistematico in: Il contratto di rete per la crescita delle imprese. in Quaderni di giurisprudenza commerciale, Milano, 2012, pag.493.
relazione al programma di rete, i terzi possono far valere i loro diritti esclusivamente sul fondo comune."
Requisiti necessari sono quindi: l'istituzione di un organo comune e di un fondo comune, la non iscrizione della rete nella sezione ordinaria del registro imprese ma solo l'iscrizione del contratto di rete nel registro delle imprese presso cui è iscritto ciascun partecipante.
In questo modello il regime della responsabilità è caratterizzato dalla previsione che in ogni caso risponde il fondo per le obbligazioni contratte dall'organo comune in relazione al programma di rete. Esso prevede l'applicazione, in quanto compatibile, degli articoli 2614 e 2615 c.c. secondo comma, per cui ne discende l'indivisibilità del fondo che delle obbligazioni contratte nell'interesse dei singoli aderenti rispondono gli interessati e, in caso di insolvenza di questi ultimi, la ripartizione del debito tra tutti gli aderenti.
Ancorando la limitazione di responsabilità al programma di rete, si determina un'applicazione generalizzata della responsabilità limitata, essendo il programma di rete sempre poco dettagliato.
Tale modello di rete presenta una notevole forza attrattiva per le imprese in quanto non invade la sfera aziendale del singolo imprenditore, che mantiene la sua autonomia e non rischia di essere coinvolto economicamente in un eventuale fallimento della rete. La responsabilità per le obbligazioni assunte in relazione al programma di rete, essendo limitata al fondo comune, permette di segregare il rischio di impresa.
Secondo parte della dottrina168 la scelta tra i suesposti modelli di cooperazione reticolare potrebbe essere dettata dalla "nature of knowledge" necessaria al raggiungimento dell'obiettivo comune o da raggiungere per il tramite della interazione reticolare. Le imprese aderenti, infatti, generalmente prediligeranno il modello contrattuale se è già definita la titolarità della "conoscenza" (magari coperta da brevetto) e il modello di carattere organizzativo nel momento in cui, invece, essa non è stata ancora ridotta in brevetto o risulta difficilmente accessibile o brevettizzabile ex ante.
168 FAEDO-FARINET, Modelli reticolari evoluti e strategie di cooperazione tra piccole e medie imprese. Alcune ipotesi interpretative, in Econ. e pol. ind., 1999, pp. 35, 42.
CAPITOLO 2
L’ESERCIZIO IN COMUNE DELL’ATTIVITÀ DI IMPRESA NON SOGGETTIVATA
1. L'ATTIVITÀ DI IMPRESA
La necessità di iniziare dalla nozione di attività di impresa deriva dalla possibilità riconosciuta alla rete di esercitare attività rientranti nell’oggetto delle imprese aderenti. Dalla possibilità di svolgere le sopraddette attività dovrebbe conseguire il riconoscimento alla rete della possibilità di esercitare l’attività di impresa.
Nel nostro ordinamento si tratta di una conclusione affatto scontata; per tale ragione occorre un approfondimento della nozione di attività di impresa e delle sue forme di esercizio.
Il codice non fornisce la definizione di attività di impresa bensì solamente quella di imprenditore, per cui si ritiene che questa sia quella esercitata dall'imprenditore. Conseguentemente, secondo la dottrina tradizionale, non può esistere una impresa senza un imprenditore169.
Una parte della dottrina170, però, nonostante l'articolo 2082 c.c. parli espressamente di imprenditore, in realtà lo definisce in funzione all'esercizio dell'impresa, che è oggetto della norma. A sostegno di questa tesi sono stati addotti esempi di impresa senza imprenditore171. In questo caso la disciplina giuridica applicabile andrebbe individuata in relazione all'attività in sè per sè posta in essere e non in base al soggetto che la esercita172.
L'impresa può essere esercitata in forma individuale o in forma collettiva.
169 BIGIAVI W., La professionalità dell'imprenditore, CEDAM 1948, 29 Cass. 90/9138
170 OPPO G., Impresa e imprenditore, in Enciclopedia giuridica Treccani
171 FERRARA F. - CORSI F., Gli imprenditori e le società, Xxxxxxx, XIII, pag 59 nota 5 dove un'ipotesi di impresa senza imprenditore è considerata quella dell'impresa esercitata da enti pubblici non economici.
172 FERRI, Delle imprese commerciali e delle imprese soggette a registrazione, in Commentario al codice civile, a cura di Scialoja Branca, Bologna-Roma, 1963.
Nel primo caso l'impresa non ha personalità distinta rispetto al soggetto che ne è titolare e quest'ultimo può possederne più di una, purché riguardino attività distinte.
Nel secondo caso, l'impresa collettiva173 può essere ricondotta prevalentemente al fenomeno societario, ma ne costituiscono degli esempi anche i consorzi con attività esterna, i gruppi europei di interesse economico, le joint venture, i gruppi di imprese174, le imprese coniugali175, in alcuni casi gli enti del primo libro del codice civile e, oggi, il contratto di rete.
Perché si abbia attività di impresa occorre che questa sia di tipo economico, finalizzata alla produzione e allo scambio di beni o servizi, mediante una organizzazione e che sia svolta in modo professionale. Per attività economica176 si intende quella volta a produrre ricchezza con metodo economico ossia quella che, nel lungo periodo, riesce a coprire i costi con i ricavi, così da avere un'autosufficienza economica. Diverso dal metodo economico è il metodo lucrativo il quale, invece, è volto al profitto. La professionalità risiede nella non occasionalità dello svolgimento dell'attività. Però, com’è stato evidenziato in dottrina, l'unicità dell'affare non esclude sempre la professionalità. Se l'affare è particolarmente importante o complesso, tale per esempio da richiedere un apparato produttivo idoneo, vi sono gli estremi per considerare quell'insieme coordinato di atti come professionale177. L'organizzazione non è altro che l'aggregazione di mezzi materiali ed immateriali coordinati dall'opera dell'imprenditore.
173 Un' ipotesi particolare di impresa collettiva è quella riconducibile all'impresa coniugale. Si discute se l'impresa coniugale abbia o meno natura di società. Secondo una parte della dottrina si tratterebbe di un caso eccezionale di impresa collettiva non societaria e quindi costituirebbe l'unica deroga al principio per cui non esistono imprese collettive non aventi natura di società.
174 Questi hanno avuto una notevole diffusione prevalentemente nella forma così detta verticale, con a capo una società holding, ma anche nella forma orizzontale. Nel fenomeno dei gruppi di società si assiste allo svolgimento di un'attività di impresa nei fatti unitaria ma giuridicamente imputabile a soggetti diversi così da garantire un’ articolazione del rischio di impresa. Di ogni azione risponde solo la società che l'ha posta in essere e ciò senza alcuna alterazione del principio dell'articolo 2740 c.c.. La separazione patrimoniale avviene mediante la creazione di nuovi soggetti che rispondono con tutto il loro patrimonio.
175 PRESTI G. - XXXXXXXX M., Corso di diritto commerciale, I, Zanichelli, 2013 PAG. 40
176 XXXXXXXX B., Diritto commerciale. Impresa e società, Milano 2005; XXXXXXXX E., Economicità e impresa, T F. DI SABATO, in Manuale delle società, Torino 1987, p. 33 ANGELICI C., Diritto commerciale, I, Laterza, Roma-Bari, 2002; XXXXXXXXX V., L'impresa, in Trattato Xxxxxxxxx sezione I, tomo 2 I, 2002. Gli enti pubblici svolgono attività imprenditoriale quando agiscono con metodo economico.
177 CAMPOBASSO G.F., Diritto dell'impresa, in Diritto commerciale I, Torino, 2008, pag. 33
Il legislatore ha ritenuto, tradizionalmente, di tipizzare178 i modelli organizzativi dell'impresa, in maniera condizionante per il riconoscimento degli effetti rilevanti, sia nei rapporti interni che nei rapporti esterni. Questa è una esigenza comune a tutti gli ordinamenti in quanto si pone un problema fondamentale di certezza, come si vede ultimamente nel panorama internazionale: più le regole sono chiare, precise e fatte rispettare, più si riesce a stimolare e ad attrarre investimenti. Per tale ragione ogni forma di articolazione dell'organizzazione di impresa, diversa da quella prevista dal legislatore, viene sanzionata.
A tale esigenza di chiarezza risponde il principio di tipicità179 di cui all'articolo 2249 c.c.. Questo al suo primo comma recita che "le società che hanno per oggetto l'esercizio di una attività commerciale devono costituirsi secondo uno dei tipi regolati nei capi III e seguenti di questo titolo". Si tratta di una forma di limitazione dell'autonomia privata, quindi una eccezione all'articolo 1322 c.c. la cui esistenza impedisce che i contratti atipici vengano colpiti dalla sanzione della nullità.
L'articolo 1322 c.c.180 lascia spazio alla libera realizzazione degli interessi privati assicurandone rilevanza giuridica. L'ordinamento si "appropria"181 della volontà contrattuale delle parti, purché si tratti di una volontà meritevole di tutela.
Tra le attività lasciate alla libera iniziativa delle parti l'articolo 41 Cost. prevede proprio lo svolgimento dell'attività economica che, però, come visto, non è totalmente libera. L'articolo 2249 c.c.,ad esempio, non permette all'autonomia privata di creare tipi sociali conformi alle singole necessità dei costituenti. Non sono possibili, inoltre, né società atipiche né società che sono il frutto di un ibrido
178 SPADA P., La tipologia delle società tra volontà e nomenclatura, in Riv. Dir, civ. 1989, I, 521; LA LUMIA I., La “atipicità” nelle società commerciali, in Riv. dir. comm., 1938, I, 224;
179 SPADA P., La tipicità delle società, Padova, 1974; MORELLO A., Le Società atipiche, Milano, 1983; CASS. 1269 1984 in Nuova giur. Comm., 1985, 197
180 LA PORTA U., Dal «tipo contrattuale» al «modello di societa'»: autonomia contrattuale e norme inderogabili nel nuovo diritto societario, Società, 2002, 1, 12 “L'art. 1322 c.c. prevede, al primo comma, che le parti possano liberamente determinare il contenuto del contratto, riconoscendo loro, al comma successivo, il potere di concludere contratti atipici, ossia causalmente connotati da una funzione diversa da quelle note al diritto positivo formalizzato.
Tradizionalmente l'applicazione della norma al diritto societario è stata decisamente limitata al primo comma, escludendosi la possibilità, per l'autonomia privata, di concludere contratti atipici di società, nel rispetto della disposizione di cui all'art. 2249 c.c. , da cui si fa discendere il c.d. principio di tipicità.”
181 XXXXXXX M., La qualificazione e la disciplina giuridica degli accordi di joint venture nell'ordinamento italiano, in Le joint ventures. Profili giuridici e modelli contrattuali, EGEA, Milano, 1997 pag.60; PIRAINO-LETTO P., I contratti atipici e innominati, Torino 1974, p. 33
tra strutture diverse. Entro determinati limiti è possibile solamente introdurre clausole atipiche.
Si tratta di una regola posta a protezione di un superiore interesse, l'interesse a sostegno dell'economia, quindi, anche, alla protezione del commercio e alla garanzia del credito, massima fonte di finanziamento dell'impresa. Questa differenza di trattamento da parte del legislatore trova fondamento nella diversa rilevanza dell’atto posto in essere, che non esaurisce i suoi effetti tra le parti ma coinvolge anche terzi soggetti. Da qui la necessità – diversamente che nei contratti di scambio – di un coordinamento tra l’autonomia privata e l’ordinamento.
Ogni volta, quindi, che si è in presenza di un accordo volto a disciplinare un'attività di tipo economico occorre individuare182 la fattispecie a cui è riconducibile perché i terzi devono sapere quale è il regime applicato all'impresa con cui interagiscono.
Anche nel caso del contratto di rete si è assistito - come illustrato nel primo capitolo - ad una eguale necessità da parte dell'interprete di individuare la categoria astratta, a cui potere ricondurre la fattispecie, fino a quando non si è giunti, ad opinione di una parte della dottrina da me condivisa - soprattutto alla luce dell'ultima riforma - a considerare il contratto come tipico o socialmente tipico183.
Tutti i requisiti caratterizzanti l'attività di impresa possono essere individuati anche nel tipo di contratto di rete avente ad oggetto l'esercizio di una o più attività rientranti nell'oggetto delle imprese aderenti.
182 Il nostro è un ordinamento di civil law che si basa sulla tipizzazione ed avverte sempre la necessità di ricondurre le nuove fattispecie agli istituti già disciplinati e, spesso, a quelli più consolidati. Questa operazione è resa più difficile dalla mancata riproduzione, nel codice del 42, della così detta società civile, che era presente nel codice antecedente e che è tuttora presente in altri ordinamenti. Con il venire meno della società civile si è creato un vuoto tra le forme associative del primo libro e quelle del quinto libro. Il contratto di società civile si configurava nell'ipotesi in cui due o più persone mettevano insieme qualcosa per dividerne il guadagno che ne poteva derivare. Tale società con rilevanza esclusivamente interna agiva all'esterno in forza di un mandato reciproco ad amministrare che si davano le parti. Vedi in tal senso XXXXXXX F., Tipicità e atipicità nel contratto di associazione temporanea di imprese, in Quaderni della rivista del notariato, 10, Milano, 1994 p.19; CARBONE S. M. D'XXXXXX X., Contratti di cooperazione e responsabilità delle imprese (la pratica del commercio internazionale e l'ordinamento italiano), in Giurisprudenza commerciale. 1984, vol. I p.380;
183 GRANELLI C., In margine alla ricerca della "Fondazione Xxxxx Xxxxxxxxx" sulle prassi applicative del contratto di rete, in Contratti di rete prime applicazioni pratiche a cura di D'Amico e Xxxxxxx, I contratti, 2013, 8-9 p. 834
In questo caso la rete svolge attività rivolta verso l'esterno - diversamente dagli altri possibili scopi - mezzi dove l'attività potrebbe essere anche esclusivamente interna - motivo per cui una parte della dottrina si è posta il quesito se, ed entro quale limiti, sia applicabile lo statuto dell'imprenditore commerciale e se sia possibile la dichiarazione di insolvenza della rete184.
A tal riguardo è rilevante la differenza tra rete con soggettività e rete senza soggettività.
Il diritto fallimentare si basa prevalentemente sul concetto di soggetto, o meglio alla base prevede una attività che deve potere essere sempre imputata ad un titolare185.
In realtà, si può osservare come può essere sempre individuato un soggetto dietro ogni attività. Per esempio nel caso del contratto di rete, indipendentemente dal riconoscimento della soggettività, alle spalle vi sono le singole imprese aderenti. Ciò non è, però, così immediato186 quando le imprese hanno inteso limitare il loro rischio di impresa a quanto destinato.
Oggi che si è arrivati alla certezza della possibilità di attribuire, in presenza di determinati requisiti, soggettività alla rete non vi è dubbio che quest'ultima sia soggetta a fallimento e a tutte le procedure concorsuali.
Il problema rimane, però, per l'ipotesi di rete non soggettivata, con autonomia patrimoniale, avente ad oggetto attività di impresa.
In questo caso, svolgendo la rete attività esterna, si pone la necessità di regolare il rapporto con i creditori in caso di insolvenza.
A tal riguardo ci viene in soccorso la disciplina dei patrimoni destinati187, dove è espressamente esclusa l'ipotesi dell'applicazione delle procedure concorsuali188 e
184 SCIUTO M., Imputazione e responsabilità nel contratto di rete, Riv. dir. comm.e del diritto generale delle obbligazioni, vol. 110 n. 3 2012 pag. 445
185 Non mancano ipotesi di così detto "fallimento senza imprenditore" come nel caso della società estinta o dell'imprenditore defunto. Questi ultimi da una parte della dottrina sono stati addotti come esempi di fallimento di patrimoni separati non entificati. In realtà anche in questi casi un soggetto di riferimento c'era, anche se adesso non c'è più.
186Salamone l., I patrimoni destinati a specifici affari nella s.p.a. riformata: insolvenza, esecuzione individuale e concorsuale, in Riv. es. forz., 2005, p. 83 ss;
187 La Cass., 22 gennaio 2010, n. 1112 ha affermato in questa sentenza un importante principio in forza del quale la disciplina dei patrimoni destinati deve essere considerata come disciplina generale per tutte le ipotesi di separazione patrimoniale.
in particolare l'articolo 2447 novies secondo comma c.c. che prevede che, in caso di incapienza, si proceda alla liquidazione in base alle norme dettate in materia di società di capitali.
D'altronde, analogamente a quanto avviene nel patrimonio destinato, l'attività di impresa esercitata in comune dai retisti può riguardare solo una o più attività che devono rientrare nell'oggetto delle imprese aderenti.
Le sue diverse forme di esercizio
Dopo avere trattato l'attività di impresa occorre fare un ulteriore passo in avanti verso le sue possibili forme di esercizio collettivo. L'approfondimento deve essere volto ad accertare se, nel caso del contratto di rete privo di soggettività, sia effettivamente configurabile un'ipotesi di esercizio in comune dell'attività di impresa secondo il modello societario189 o se, diversamente, si tratti di una forma di cooperazione minore.
Per far ciò occorre guardare ai diversi tipi esistenti.
188 SCIUTO M., Imputazione e responsabilità nel contratto di rete, Riv. dir. comm.e del diritto generale delle obbligazioni, vol. 110 n. 3 2012 p. 24 "...una volta preso atto della presenza nel nostro ordinamento dell’istituto dei patrimoni destinati ad uno specifico affare, l’idea di un compendio patrimoniale destinato all’esercizio di un’attività imprenditoriale (l’ ”affare”, come noto funzionalmente omologo e riconducibile all’oggetto sociale della società che lo persegua) che non dia luogo un soggetto a sé stante, e che inoltre non comporti, quando insufficiente a soddisfare le obbligazioni gravanti su di esso, l’applicazione di procedure concorsuali."
189 Un' ipotesi particolare di impresa collettiva è quella riconducibile all'impresa coniugale. Si discute se l'impresa coniugale abbia o meno natura di società. Secondo una parte della dottrina si tratterebbe di un caso eccezionale di impresa collettiva non societaria e quindi costituirebbe l'unica deroga al principio per cui non esistono imprese collettive non aventi natura di società. XXXXXXXX X., I coniugi coimprenditori (contributo allo studio dell'impresa collettiva non societaria), in "Contratto e impresa", 1986, pag. 856; INZITARI B., Impresa e società nella comunione legale familiare, in "Contratto e impresa", 1986, pag. 72. Propende per un modello societario FERRI G., Impresa coniugale e impresa familiare, in "Riv. dir. comm.", 1976,1, pag. 4. APICE U., Le aziende coniugali nella comunione dei beni , Impresa, 1998, 7 "...il legislatore abbia introdotto un particolare tipo di impresa. La verità, invece, è che la legge si propone l'obiettivo di regolamentare non l'aspetto dinamico dell'impresa, ma l'aspetto statico, l'aspetto della proprietà: l'aspetto, appunto, dell'azienda. Così inquadrato il problema, va escluso che si possa configurare l'azienda coniugale come un tertium genus rispetto all'impresa individuale e all'impresa societaria. Il discorso normativo dell'art. 177 è limitato alla proprietà; tutto il resto (la responsabilità per i debiti, l'assoggettabilità a fallimento, eccetera) trova le sue risposte nelle norme comuni dell'ordinamento. Insomma, se si vuole dire che con le aziende coniugali cogestite è nato un soggetto nuovo (né società né impresa individuale) si dice una cosa errata: se un'impresa è gestita congiuntamente da due o più persone in alcun modo si può prescindere dalla logica e dalla disciplina societaria. Chi si ostina a negare il modello societario è costretto a relegare il fenomeno dell'azienda coniugale in un ambito microeconomico, nel quale le ridotte dimensioni svuoterebbero l'impresa di ogni contenuto giuridico e farebbero venir meno l'importanza di stabilire se l'impresa è societaria o individuale".
Nel nostro ordinamento giuridico le società sono lo strumento per eccellenza di esercizio collettivo190 dell'attività economica e rientrano nella categoria dei contratti associativi191 e, più nello specifico, in quelli con comunione di scopo192.
Come si evince da quanto detto sopra, gli elementi di contatto con la fattispecie oggetto di esame sono parecchi. Si rende, quindi, necessario addentrarsi nella complessa nozione di società, limitandosi ad affrontare gli aspetti che possono risultare utili ai nostri fini.
190 In caso di utilizzo della figura giuridica della società si avrà un gruppo che eserciterà l'attività attraverso un proprio autonomo nucleo patrimoniale. Diversamente si può anche avere l'ipotesi di un'attività di impresa imputabile ad un solo soggetto nella quale gli altri cooperano apportando i mezzi finanziari da destinare all'esercizio dell'attività di impresa ed in funzione dei quali parteciperanno agli utili, come nel caso del contratto di associazione in partecipazione.
Quest'ultimo è un contratto di tipo collaborativo e, più in generale, di tipo associativo sebbene manchi l'elemento dell'organizzazione. Infatti, come affermato da consolidata dottrina, l'elemento dell'organizzazione non è condizione imprescindibile per aversi un contratto di tipo associativo e, nel caso di specie, l'apporto finanziario non sarebbe riconducibile alla categoria della controprestazione ma è configurabile come una forma di cooperazione all'attività di impresa che, sebbene svolta in nome e sotto la responsabilità dell'associante, è svolta anche nell'interesse degli associati.
191 Tale caratteristica comporta che l'esecuzione delle obbligazioni assunte, come il conferimento del capitale, non esaurisce il contratto ma rappresenta una prima fase prodromica allo svolgimento della successiva attività dalla quale discenderà il risultato perseguito. Occorre distinguere, quindi, l'attività meramente negoziale dall'unità organizzativa e dall'attività che discende dall'atto costitutivo.
192 Su detta tematica la dottrina risulta particolarmente ampia: ASCARELLI T., Contratto plurilaterale e negozio plurilaterale, in Foro lomb., 1932, 439 ss.; ID., Noterelle critiche in tema di contratto plurilaterale, in Riv. dir. comm., 1950, I, 265 ss.; ID., Il contratto plurilaterale, in Saggi giuridici, Milano, 1949, 260 ss.; ID., Considerazioni in tema di società e personalità giuridica, in Riv. dir. Comm., 1954, I, 245 ss.; ID., Contratto plurilaterale; comunione di interessi, società di due soci; morte di un socio in una società personale di due soci, in Saggi di diritto commerciale, Milano, 1955, 325 ss; ad AULETTA G., Appunti di diritto commerciale. Imprenditori e società, Napoli, 1946, in Scritti giuridici, IV, Milano, 2001, 53 ss.; FERRI G., La società come contratto, in Dir. e prat., comm., 1943, I, 6 ss.; ID., Contratto plurilaterale, in Noviss. Dig. It,, IV, Torino, 1959, 678 ss. Sui contratti associativi il richiamo è alla notissima opera di FERRO-XXXXX P., I contratti associativi, Milano, 1971, anche: SENA G., Contratto di società e comunione di scopo, in Riv. società, 1956, 730 ss.; XXXXXXX F., Contratto e persona giuridica nelle società di capitali, in Contratto e impresa, 1996, 1 ss..
Si segnalano, nella giurisprudenza decisamente prevalente, tra le altre: Cass., 4.12.1995, n. 12487, in Giur. it., 1996, I, 2, 722 ss.; Cass., 26.10.1995, n. 11151, cit.; Cass., 4.5.1993, n. 5180, in Giur.
it., 1994, I, 2, 741 ss..; Cass., 27.2.1976, n. 639, in Giur. comm., 1977, II, 469 ss., con nota di CERASA E. M., Rescissione per lesione enorme e contratto di società; in Riv. dir. comm., 1977, 279 ss., con nota di PENNACCHIO V., Contratto di società e azione di rescissione per lesione enorme. I - Contratto di società e corrispettività; e in Dir. fall., 1976, II, 394 ss.; Cass., 17.1.1969, n. 94, in Mass.. Giur. it., 1969, 46.
Il contratto di società costituisce la fattispecie più rilevante, quantomeno per ampiezza di disciplina, dei contratti plurilaterali con comunione di scopo. In senso contrario ad una netta identificazione del contratto di società al contratto plurilaterale, BOLAFFI R., La società semplice, Milano 1975. Quest’ultimo ritiene sia una categoria autonoma rispetto a quelli unilaterali e bilaterali o sinallagmatici, sebbene lo consideri comunque come un contratto di comunione di scopo. Per quanto riguarda il dibattito in dottrina sull’inquadramento dei contratti plurilaterali, con comunione di scopo e associativi si veda nel capitolo primo.
La nozione di società accolta dal nuovo codice è più ristretta rispetto a quella del codice abrogato.
L’articolo 2247 c.c. dispone che, con il contratto di società, due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili.
Per attività economica193 si intende quella produttiva di nuova ricchezza. I beni o i servizi prodotti o scambiati devono essere destinati a soggetti terzi. Ove destinatari fossero i soci stessi si avrebbe, a detta della dottrina maggioritaria, una comunione di mero godimento che è soggetta ad un'altra disciplina194. L'attività economica presenta gli stessi caratteri dell'attività di impresa per cui la società è quella fictio iuris che incorpora un'impresa collettiva.
Alla società, a differenza dell'imprenditore, non è richiesto, secondo l'orientamento prevalente, il requisito della professionalità, così come risulta dall'articolo 2082 c.c.. Per tale motivo sono ammissibili anche ipotesi di società senza impresa. Si pensi al caso delle società occasionali, dove per occasionale non
193 SANTUOSOSSO D. U., “ L'attività come serie di atti organizzati e preordinati teleologicamente e dunque funzionalmente collegati deve essere economica, nel senso di attività produttiva, volta non soltanto al pareggio costi/ricavi, ma ad un quid pluris di nuova ricchezza che garantisca la remunerazione sostenibile (nel lungo termine) dei fattori della produzione. Di regola ovviamente trattasi di impresa ex art. 2082, ma può esistere società senza impresa.”. Vedasi AULETTA, Attività-Diritto privato, in Ella Dir., III, Milano, 1958, 981 ss.; Cass., 19.6.2008, n. 16612, in Giust. civ. Mass., 2008, 6, 977; BIGIAVI, La piccola impresa, Milano, 1947, 155 ss.; SPADA, Impresa, in Digesto comm., VII, Torino, 1990, 40 ss., MARASA’, Le società. Xxxxxxx in generale, cit., 8 ss.; CAMPOBASSO G.F., op. cit., 11 ss.; XXXXXXX, Le società in genere, cit., 16 ss.; XXXXXXXXX, Xxxxx xx xxxxxxx xxxxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, 254;
194 L’articolo 2248 c.c. recita che la comunione costituita o mantenuta al solo scopo del godimento di una o più cose è regolata dalle norme del titolo VII del libro III. Si tratta di una norma di confine tra la specialità del diritto societario e la generalità del diritto civile.
SANTOSUOSSO D. U., Delle società – dell’azienda – della concorrenza, in Commentario del codice civile diretto da Xxxxxxxxx :“Tradizionalmente invero gli elementi differenziali tra le due fattispecie sono individuati con riferimento alla funzione ed all'oggetto (nella comunione è il bene comune, nella società l'impresa), al fine cui è preordinata l'attività (nella comunione il fine è dato dal godimento, nella società dallo scopo di lucro, consortile, mutualistico), al profilo patrimoniale (sui beni in comunione i comproprietari esercitano, ciascuno in modo autonomo rispetto agli altri, il proprio diritto, nel rispetto dei limiti imposti da quello altrui, potendo richiedere in ogni momento la divisione dei beni comuni, mentre i beni appartenenti ad una società sono soggetti ad uno specifico vincolo di destinazione), alla struttura negoziale ed ai suoi effetti (la comunione è una situazione giuridica di contitolarità, la società è un contratto associativo che postula l'esercizio in comune e pertanto dà luogo ad entificazione).”.
In argomento MARASA’, Le società, Milano 2000; FERRI G.B., Le società, in Trattato di diritto civile, diretto da X. Xxxxxxxx, vol. 10, tomo 3°, Torino, 1961, p. 70; XXXXXXX F., in Diritto commerciale, Le società, Bologna, 1983, p. 1; X. XXXXXX-PAVONI, in Teoria delle società, Tipi-Costituzione, Milano, 1953, p. 197. CAMPOBASSO G., in Diritto commerciale 2, Torino pag. 11; XXXXXXXXX, Le società-Disposizioni generali, in Comm. Xxxxxxxxxxx, Milano, 2000, 259.
si deve intendere il compimento di un singolo atto bensì di un affare complesso per il quale è necessario lo svolgimento di più attività.
Lo scopo comune, a cui si è più volte accennato, può essere di tre tipi: lucrativo, così come previsto all'articolo 2247 c.c., mutualistico, così come previsto all'articolo 2511 c.c.; consortile, come previsto all'articolo 2615 ter. c.c..
Secondo una parte della dottrina195, in realtà, lo scopo è unico in quanto il concetto di utile, a cui fa riferimento l'articolo 2247 c.c., deve essere interpretato estensivamente come comprensivo di qualunque vantaggio patrimoniale realizzabile attraverso l'attività sociale.
Infatti tratto caratterizzante delle società, come visto, è lo svolgimento di un'attività economica con finalità egoistica e non ideale. Che poi questa si concretizzi nella distribuzione degli utili maturati o nella riduzione delle spese per lo svolgimento della attività o in altri tipi di vantaggi patrimoniali è indifferente.
Occorre dare atto che, secondo un'altra parte della dottrina196, in realtà, lo scopo di lucro non costituisce neppure un requisito essenziale, considerata la recente possibilità di costituire l'impresa sociale197.
L’elemento di maggiore interesse, ai fini di una migliore comprensione delle reti di imprese, è rappresentato dall’esercizio in comune dell’attività, di cui meglio si dirà nei paragrafi seguenti.
Dopo avere tratteggiato gli elementi essenziali del contratto di società, occorre dare atto che, pur in mancanza di un contratto, per il principio della tipicità198, se si ha un esercizio in comune dell'attività economica per mezzo di un fondo comune e per il perseguimento di un fine comune e con un’ alea comune, si ha una società. L'argomento tocca l'antico dibattito sulla società di fatto199.
195 FERRARA X. XXXXX F., Gli imprenditori e le società, Milano, XIII, 2011
196 DI SABATO, Dir. Soc., 35, il quale argomenta anche dalla mancanza dello scopo lucrativo tra le cause di nullità della società ai sensi dell'articolo 2332 c.c.
197 D.LGS. n. 155 2006
198 Il principio di tipicità societario riguarda non il contratto ma l'organizzazione e i suoi risultati, e più in dettaglio, i poteri, i rischi e la responsabilità. Sebbene entro certi limiti l'autonomia contrattuale può incidere sul contenuto, la struttura organizzativa e le regole dell'azione sono fissate dalla legge.
199 "Si configura una società di fatto allorquando siano rinvenibili tutti gli elementi previsti dall'art. 2247 c.c., desumibili anche per fatti concludenti, pur in assenza di contratto sociale scritto e, quindi, di iscrizione nel Registro delle imprese. In particolare ne costituiscono elementi essenziali, nei rapporti interni tra le parti, l'accordo avente ad oggetto l'esercizio in comune di un'attività
Nel caso del contratto di rete, pur essendo potenzialmente presenti tutti i requisiti per configurarsi nei fatti una società, questa ipotesi è esclusa dall'espresso riconoscimento giuridico di una sua autonoma rilevanza. Risulta, invece, utile soffermarsi su un altro aspetto molto dibattuto: quello della società occulta. Il motivo di interesse discende dalla difficile configurazione del rapporto che lega l'organo comune alla rete e alla corretta imputazione dell'attività svolta.
Più in particolare la problematica della imputazione dell’attività è una questione che è stata affrontata nell'ambito della fattispecie della società occulta. A riguardo, in passato, numerose sono state le tesi dottrinarie proposte.
Una prima tesi sostenuta è stata quella della rappresentanza organica. Aderendo a questa ricostruzione, l'attività posta in essere è direttamente imputabile alla società occulta in quanto i soggetti che agiscono con i terzi è come se fossero dotati di un potere di rappresentanza organica 200.
Altra parte della dottrina ha considerato il gestore come un institore senza contemplatio domini; a tale conclusione è arrivata in base agli articoli 2208 c.c. e 147 della legge fallimentare. Occorre a tal riguardo osservare che l'articolo 2208
c.c. – rubricato responsabilità personale dell’institore - trova il suo fondamento nel potere di rappresentanza e non nel potere gestorio. Infatti è proprio in forza del potere di rappresentanza generale che gli atti posti in essere dall'institore nell'esercizio dell'impresa sono vincolanti per l'imprenditore a prescindere della spendita del nome. Nella società occulta, però, proprio perchè tale, manca un potere di rappresentanza generale e ci si trova in una situazione più affine a quella
economica allo scopo di dividerne gli utili, il fondo comune costituito da conferimenti dei soci finalizzati all'esercizio dell'attività medesima, l'affectio societatis, cioè il vincolo di collaborazione in vista dell'esercizio dell'attività, l'alea comune dei guadagni e delle perdite, nonché, nei confronti dei terzi, l'esteriorizzazione del vincolo sociale, ossia l'idoneità della condotta complessiva di uno dei due soci ad ingenerare all'esterno il ragionevole convincimento dell'esistenza della società." . Tratto da "Sugli elementi essenziali desumibili per fatti concludenti che identificano la società di fatto" di STABILINI A. in Società, 2013, 12, 1389. Quanto ai requisiti della società di fatto, si vedano, ex plurimis, Cass. 20 marzo 2012, n. 4380, in Società, 2012, 6, 710; Cass. 24 maggio
2000 n. 6797, in Dir. e prat. soc., 2000; Cass. 12 aprile 1988, n. 2878, in Nuova giur. civ., 1988, I,
753; Trib. Bari 7 marzo 2012, in xxxx://xxxxxx-xxxxx.xxxxxxxxxxxxx.xx; Trib. Roma 8 gennaio 2009, ivi; Trib. S.M. Capua Vetere 15 gennaio 2003, in Vita not., 2003, 1467; Trib. Padova 7 febbraio 2002, in Mass. giur. civ. Patavina, 2006. In senso conforme alla seconda massima si veda Trib. Palermo 14 ottobre 2012, in Società, 2013, 4, 392, Trib. Forlì 9 febbraio 2008, in Giur. it., 2008, 6,
1425, contra; x. Xxxx. Xxxxxxx 00 aprile 2013, in xxx.xxxxxx.xx; App. Bologna 11 giugno 2008, in
Giur. it., 2009, 3, 653.
200 BRACCO, Società commerciali non manifeste, pag.108.
disciplinata all'articolo 1705 c.c. L'institore è un rappresentante, mentre il gestore è un mandatario.
Nei rapporti tra gestore e società gli utili, così come le perdite, sono riconducibili alla società. Quest'ultima deve fornire al gestore quanto necessario per svolgere l'attività di impresa e, quando le risorse sono insufficienti, solo il gestore potrà rivolgersi alla società e non anche i terzi con cui si è contratto, se non vi è stata la spendita del nome. I terzi potranno solamente esercitare l'azione surrogatoria nei confronti dei titolari dell'interesse201.
In realtà l'agire per conto altrui presuppone che l'atto sia il risultato della volontà dell'agente e non, come nel caso della società occulta, dei soci. Il gestore funge esclusivamente da tramite in quanto anche nell'azione esterna la volontà è dei soci.
Il problema è stato correttamente inquadrato da illuminata dottrina che ha posto la distinzione tra l'agire per mezzo di altri e l'agire sotto nome altrui.
In entrambi i casi il titolare dell'interesse è un soggetto diverso da chi agisce, ma, nel primo caso, l'atto è formalmente di colui che appare, mentre, quando si agisce in nome altrui, l'attività volitiva è del titolare dell'interesse anche se è esternata da chi appare.
E' stato affermato che nel mondo giuridico è importante non "la formazione dal punto di vista psicologico della volontà, ma la sua imputazione"202 . E la volontà si imputa a chi203 la dichiara in nome proprio.
Le società sono lo strumento di cooperazione più diffuso e con cui i contratti di rete presentano maggiori punti di contatto, ma vi sono altre forme di cooperazione alla luce delle quali è utile analizzare le reti.
Le associazioni204 temporanee tra imprese sono forme di cooperazione tra imprese realizzate per lo svolgimento di un'opera o di un affare complesso.
201 MARCORA, Esercizio del commercio sotto nome altrui o a mezzo di cosi detto porta nome, in Riv. dir. priv. 1936, I, 20
202 FERRARA F. J., Imprenditori e società, Pag 180.
203 In realtà nei casi di sostituzione spesso si tiene in considerazione la volontà del rappresentato.
204 La parola associazione non viene usata nell'accezione di cui al primo libro del codice civile.
Solitamente si tratta di affari che una sola impresa difficilmente riuscirebbe a realizzare da sola, per cui, poiché è possibile dividere il lavoro, ciascuna impresa può occuparsi di una parte.
La durata pressoché limitata della cooperazione e l'interesse a mantenere una propria autonomia esecutiva ed organizzativa inducono ad escludere l'utilizzo di forme giuridiche quali le diverse forme societarie e il consorzio. In questi casi, infatti, il soggetto a cui verrebbero imputati i diritti e gli obblighi sarebbe un soggetto diverso dalle singole imprese e queste ultime vogliono evitare proprio questo.
Le imprese sono interessate a coordinarsi per assicurare l'esecuzione unitaria dell'opera e a prestare garanzie a tal fine, ma non vogliono perdere la loro indipendenza e non vogliono ricorrere a sovrastrutture che spesso risultano inadeguate, come nel caso della necessità di compiere spese preventive rispetto all'aggiudicazione dell'affare.
Le parti pongono in essere un vincolo solamente interno205, senza patrimonio, e affidano ad una impresa capogruppo il compito di coordinare i lavori e di gestire unitariamente i rapporti col committente. Alla capogruppo viene, quindi, conferito un mandato collettivo speciale in rem propriam206, ed in quanto tale irrevocabile, per rappresentare in via esclusiva tutti i partecipanti all'ATI e stipulare in loro nome e per loro conto il contratto con il committente207.
Le imprese si presentano in modo distinto208 ma collegato, con un'offerta congiunta; ciascuna di esse risponde personalmente nei confronti del committente per la parte che esegue direttamente ma, eccetto diversa pattuizione209, tutte sono
205 Cass. 24 febbraio 1975, 681, in Foro italiano, 1976, I, p. 1700
206 In quanto conferito anche nell'interesse della società capofila. Diversamente dalla disciplina dettata dal codice civile l'eventuale revoca per giusta causa del mandatario non è opponibile al committente.
207 FEDI A., Il contratto di joint venture", in economia e diritto del terziario, 2012, III,P. 411
208 Altresì chiarificatore è il fatto che le fatture relative alle singole prestazioni saranno preparate da ciascuna impresa per la propria parte e saranno presentate, sotto la personale responsabilità, direttamente al cliente il quale, salvo patto contrario, pagherà direttamente l'impresa che ha eseguito la prestazione. Anche le spese saranno sopportate da ciascuna impresa singolarmente per quanto di propria pertinenza e le spese di interesse comune saranno divise in proporzione. Diversamente dal contratto di rete, quindi, non c'è un fondo comune. Vedi esempi nei modelli contrattuali riportati in Le joint - venteres, in Diritto e prassi degli scambi internazionali, Milano 1997.
209 Nel caso di ATI di tipo orizzontale questa è la regola, in caso invece di ATI di tipo verticale può essere previsto diversamente. Il codice degli appalti pubblici d.lgs 163/2006 prevede una
solidalmente responsabili. In particolare è espressamente prevista dal codice degli appalti pubblici la responsabilità solidale della società capofila. Questa discende dal fatto che viene stipulato un unico contratto tra il committente e tutte le imprese riunite nell'ATI. In ciò consiste la differenza rispetto alla stipulazione di singoli contratti con ciascuna impresa.
Il nostro ordinamento giuridico disciplina solo alcuni specifici casi di associazioni temporanee come quello degli appalti pubblici210, della ricerca e della coltivazione di giacimenti di idrocarburi e per la produzione di opere cinematografiche.
Per tale motivo, come sempre accade nel nostro ordinamento, si pone il problema di qualificare le fattispecie prive di uno specifico intervento normativo211.
L'opinione del mondo giuridico a riguardo non è univoca in quanto di non facile inquadramento.
Secondo una parte della dottrina212 si tratta di un consorzio con attività interna e quindi privo di soggettività. Sicuramente non vi sono obbligazioni assunte in nome dell'associazione. I creditori non possono considerare l'associazione, in quanto tale, debitrice, non possono aggredire un patrimonio comune e non possono agire contro un' impresa dell'associazione per i debiti assunti da un'altra impresa213.
In realtà, per certi versi, tale ricostruzione appare riduttiva in quanto l'associazione temporanea di impresa presenta numerose peculiarità. Per tale motivo una parte
disciplina ad hoc, che riconosce la responsabilità solidale solo tra la società capofila e l'impresa che ha eseguito non correttamente il lavoro.
210 d.lgs. 12-4-2006, n. 163. Il raggruppamento temporaneo tra imprese deve avvenire sempre prima dell'aggiudicazione dell'appalto.
Oggi anche i contratti di rete possono partecipare agli appalti pubblici. Il D.L. n. 179/2012 ha modificato il Codice sugli Appalti, ammettendo alle gare pubbliche "le aggregazioni tra le imprese aderenti al contratto di rete ai sensi dell'art. 3, comma 4-ter, del Decreto-Legge 10 febbraio 2009,
n. 5, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 aprile 2009, n. 33", assimilandoli, per questo tipo di procedure, ai consorzi ed alle ATI.
211 XXXXXXXX X., Il diritto delle unioni d'impresa (consorzi e gruppi), Padova, 1934 osserva la mancanza nel nostro ordinamento del "concetto di una pluralità costituita di elementi collegati, i quali, mentre conservano la propria indipendenza formale e non assurgono a una nuova unità, agiscono tuttavia in funzione del gruppo collettivo cui appartengono"
212 XXXXXX D., Le associazioni temporanee di impresa, MILANO 1983
213 XXXXXXX F., Tipicità e atipicità nel contratto di associazione temporanea di imprese, in Quaderni della rivista del notariato, 10, Milano, 1994. p. 22
della giurisprudenza214 la considerano un contratto associativo innovativo rimesso all'autonomia privata.
L'appartenenza alla sfera dei contratti associativi, però, è stata criticata da una parte della dottrina215 la quale ha sottolineato la mancanza di un gruppo organizzato216 e quindi ha ritenuto più opportuno ricondurla nell'alveo delle normali fattispecie contrattuali. L'assenza di una organizzazione, però, secondo la dottrina prevalente, non è preclusiva della possibilità di considerare il contratto come associativo. Per di più l'assenza di un'organizzazione non è sempre vera. Nulla vieta che, ai fini di una più facile esecuzione del progetto, venga costituito un organo collegiale ed un fondo comune esclusivamente per le spese necessarie217. Infatti la legge sugli appalti, prevedendo al punto 17 dell'articolo 37 che il rapporto di mandato di per sé non determina né un'organizzazione né un’associazione delle imprese riunite, implicitamente sottende tale possibilità, che, semplicemente, non sorge automaticamente e necessariamente.
La joint venture218, invece, rappresenta una forma di cooperazione interaziendale sviluppata per raggiungere obiettivi di comune interesse tra imprese che, diversamente, non potrebbero, da sole, riuscire nell'intento; ancora più specificatamente permette di integrare risorse complementari così da favorire lo sviluppo.
E' uno strumento che, come è noto, non contraddistingue un preciso contratto "nominato" previsto nel nostro codice o in una legge speciale. E' una forma di cooperazione le cui fattezze sono più il frutto della prassi che di una regolamentazione, in quanto oltre il nostro, molti Stati non hanno provveduto a
214 CASS. 24-2-1975 N. 681 in Giurisprudenza commerciale, 1976, II,789, Appello di Milano, 25- 2-1977, in Riv. dir. int. priv. e proc., 1979, 266
215 BONVICINI D., Le joint ventures. Tecnica giuridica e prassi societaria, Milano 1977, 38
216 Più precisamente mancherebbe la soggettività giuridica, l'autonomia patrimoniale e l'esercizio in comune di un'attività economica; ciascuna impresa, in coordinazione, con le altre svolge una propria attività.
217 DI AMATO X., Impresa e nuovi contratti, in Materiali per un moderno diritto commerciale, Napoli 1998 p. 44
218 L'espressione Joint venture, coniata negli Stati Uniti è diventata internazionale grazie alla crescente importanza della collaborazione tra imprese.
regolamentarla nè tanto meno è facile ricondurla ad una sola delle figure già disciplinate nel nostro o in altri ordinamenti219.
A tal fine, per comprendere il vasto mondo che vi è dietro non si può non dare una definizione dai confini più ampi possibili.
Una delle più idonee, tratteggiate in dottrina220, considera la joint venture come un'organizzazione per lo svolgimento di una determinata attività, gestita da uno o più soggetti di diritto, con la messa in comunione dei mezzi necessari da parte dei membri, che collaborano senza perdere la loro autonomia.
In origine la Joint-venture nasce solo come una forma di collaborazione tra imprese, regolata da contratto, che non dà luogo ad un centro autonomo di imputazione.
Oggi è possibile individuare due macro-tipologie di joint ventures.
Un primo tipo riguarda le joint venture corporation221. Le imprese interessate, sulla base di un accordo di joint venture, costituiscono una società funzionale a gestire in modo stabile gli interessi perseguiti. Si tratta di una società-scopo il cui oggetto è limitato a quello dell'accordo. Quest'ultimo assume le caratteristiche di un preliminare nel quale vengono indicate le modalità di attuazione dell'investimento, gli apporti degli azionisti, le attività ad essi affidate e le clausole da inserire nello statuto.
La disciplina applicabile dipenderà dallo stato in cui verrà costituita la società, il cosi detto stato ospitante.
Il secondo tipo è la così detta contractual joint venture che può essere volta alla formazione di una organizzazione che consenta di presentarsi unitariamente all'esterno e di coordinare le attività oppure può essere indirizzata alla disciplina della concorrenza222;
219 Prassi tipica degli ordinamenti di civil law per ricostruire la disciplina dei contratti atipici o innominati, estranea invece ai sistemi di common law, dove manca un quadro normativo di riferimento dei tipi, in cui gli istituti evolvono grazie al legal process.
220 BOVINCINI D., Le joint ventures: tecnica giuridica e prassi societaria,Milano 1977. Non si può non notare la familiarità con la definizione di contratto di rete.
221 Assimilato spesso alla figura della società consortile. Si veda in tal seno Trib. di Milano, 12-5- 84 in Giurisprudenza commerciale, 1985, vol. II, P. 531
222 Si tratta di una ipotesi oggetto di approfondito studio nell' ambito della disciplina antitrust.
La contractual joint venture inoltre è una ipotesi a cui le imprese solitamente fanno ricorso quando necessitano di unirsi per periodi brevi senza dare luogo a sovrastrutture come la costituzione di un soggetto di diritto.
Il problema della corretta configurazione223 si pone perché, ogniqualvolta si è in presenza di uno svolgimento in comune dell'attività di impresa, si corre il rischio di sfociare nella fattispecie della società apparente o di fatto e che venga applicata la disciplina dello statuto dell'imprenditore commerciale con tutte le sue conseguenze.
A tal fine è importante rilevare come, quasi sempre, in questa tipologia di joint venture non sia prevista la divisione degli utili, che è elemento caratterizzante di una determinata tipologia di impresa comune224. E' stato altresì evidenziato come, visto che il rapporto che lega il mandatario comune ai mandanti non è di tipo organico, non sia possibile ricondurre la fattispecie neanche per intero al fenomeno del consorzio.
Le imprese scelgono una società capofila alla quale conferiscono mandato collettivo con rappresentanza, quindi nessun'altra impresa è legittimata ad assumere obbligazioni in nome delle altre. Nei rapporti esterni rispondono tutte solidalmente, mentre in quelli interni ognuna risponde per l'obbligazione assunta. Essendo le diverse prestazioni strettamente connesse, spesso, non è facile determinare esattamente la ripartizione. La solidarietà passiva rimane limitata al profilo risarcitorio visto che sarebbe impossibile, per la natura della prestazione e per la sua stessa ragion d'essere, una diversa previsione.
223 Appare rivelatrice in tal senso la sentenza della Corte D'Appello di Genova 11 - 2- 91 che ritiene possibile
la configurazione sistematica di una categoria di contratti denominabili "contratti di cooperazione tra imprese" nel cui ambito dovrebbero confluire i contratti di joint-venture, i consorzi con attività interna e i raggruppamenti di imprese. In particolare queste ipotesi avrebbero in comune il fine: il coordinamento delle imprese senza dar luogo ad un'attività economica comune esteriorizzata. In tal senso anche XXXXXXXXXX E., Le associazioni temporanee di imprese: problemi di diritto tributario, in Atti del convegno su "profili giuridici e prospettive della normativa sugli appalti pubblici e la L. 8-8-77 n. 584", Roma 1980, p. 103.
224 Questo aspetto e la mancanza dell'esercizio di un'attività comune di impresa, imputabile alle imprese riunite in un'entità dotata di propria soggettività, impedisce la configurazione di una società di fatto e nei confronti dei terzi di una società apparente anche ove vi sia un'ipotesi di assunzione congiunta di obbligazioni. Vedi in tal senso XXXXXXX M., La qualificazione e la disciplina giuridica degli accordi di joint venture nell'ordinamento italiano, in Le joint ventures. Profili giuridici e modelli contrattuali, EGEA, Milano, 1997 p. 68 ASTOLFI A., Il contratto di Joint - venture, Milano 1989, p.258
Per facilitare lo svolgimento del progetto, può essere prevista la creazione di un fondo comune al quale le parti convengono di contribuire in proporzione alla loro partecipazione all'investimento. Tale fondo non racchiude i singoli apporti delle imprese per l'esecuzione dell'oggetto del contratto ma ha semplicemente la funzione di soddisfare bisogni imminenti afferenti a spese di interesse comune che possono essere attivate dal comitato di gestione225.
Conclusivamente occorre sottolineare che, per il corretto inquadramento e l'individuazione della disciplina applicabile, non si può trascendere dal fatto che quasi sempre tale contratto è di tipo internazionale226 perché coinvolge più società di nazionalità diversa e le prestazioni spesso si effettuano in stati diversi.
Nel mercato internazione si sono affermate vere e proprie regole oggettive, volte a perseguire il raggiungimento di soluzioni contrattuali uniformi. L'eventuale rinvio delle parti ad una determinata disciplina nazionale, al fine di regolare il contatto, assolve una funzione meramente suppletiva, volta a colmare gli aspetti del rapporto privi di disciplina negoziale227.
Tale tipologia di collaborazione ha una forte connotazione di self-regulatory ed è sottoposta più al sindacato degli arbitrati internazionali che al giudizio delle corti interne228.
225 ASTOLFI A., Evoluzione e qualificazione degli accordi di Joint - Venture, in Le joint ventures. Profili giuridici e modelli contrattuali, EGEA, Milano, 1997 p. 18; Anche nelle joint venture corporation può essere previsto dal joint venture agreement che le imprese possano essere chiamate ad effettuare, su richiesta del consiglio di gestione, versamenti in un working fund, fuori quindi dalle ipotesi di aumento di capitale, in base alle future esigenze finanziarie della società creata. Nel nostro ordinamento questo crea dei problemi di compatibilità con il divieto di obbligare i soci ad effettuare ulteriori versamenti oltre il capitale sottoscritto. Vedi in tal senso DRAETTA U., Il diritto dei contratti internazionali. La cooperazione tra imprese, Padova, 1985
226 Questa è la vera peculiarità, in quanto si tratta di un fenomeno internazionale molto ampio che nel nostro ordinamento sarebbe riconducibile a diverse fattispecie in base alla concreta tipologia posta in essere e comunque prevalentemente assimilabile all'associazione temporanea di imprese.
227 DI AMATO X., Impresa e nuovi contratti, in Materiali per un moderno diritto commerciale, Napoli 1998 p. 38
228 ASTOLFI A., Evoluzione e qualificazione degli accordi di Joint - Venture, in Le joint ventures. Profili giuridici e modelli contrattuali, EGEA, Milano, 1997 p. 23. La Corte di Cassazione, quando ha avuto occasione in passato di esprimersi a tal riguardo, ha sostenuto che il contratto di joint venture è un contratto innominato e atipico ex articolo 1322 c.c. Cass. 16-2-63 n. 342 in Foro Italiano, 1963 vol. I p. 1990.
2. L'IMPUTAZIONE DELL'ATTIVITÀ DI IMPRESA NEL CONTRATTO DI RETE NON SOGGETTIVATO
Si rende necessario in via preliminare approfondire il concetto di soggetto di diritto e il ruolo assolto dalla soggettività nell'ambito dell'imputazione giuridica.229
Nella nostra realtà giuridica per lungo tempo siamo stati abituati a considerare il soggetto come termine necessario di ogni effetto giuridico.230
Ma oggi, ci si chiede se è possibile affermare che, nel caso dei patrimoni destinati, il patrimonio appartiene allo scopo e che in tal caso l'attività è imputabile ad uno scopo invece che ad uno o più soggetti.
Nel nostro ordinamento vige il principio formale della spendita del nome e non quello sostanziale della titolarità dell'interesse. Un chiaro esempio è ricavabile dalla disciplina del mandato: se questo è accompagnato da una procura, il mandatario agirà oltre che per conto del mandante anche in suo nome e, quindi, gli effetti giuridici dell'atto posto in essere si potranno produrre direttamente nella sfera giuridica del mandante; se non vi è una procura a latere, essendo il mandato senza rappresentanza, sarà il mandatario ad assumere i diritti e gli obblighi e, quindi, gli effetti dell'atto posto in essere si produrranno nella sfera del mandatario che, dopo, dovrà provvedere a ritrasferirli. In questo caso i terzi, anche nell'eventualità che dovessero essere a conoscenza del reale titolare dell'interesse, nulla potranno nei suoi confronti.
Nel caso del contratto di rete non soggettivato l'organo comune agisce in rappresentanza degli imprenditori, quindi gli effetti si produrranno direttamente nella loro sfera giuridica. La questione, però, non può essere risolta in modo così facile.231
229 LIPARI N., Spunti problematici in tema di soggettività, in La civilistica italiana dagli anni ’50 ad oggi tra crisi dogmatica e riforme legislative (Venezia 23-26 giugno 1988), Padova, 1991, p. 55 ss.
230 Si pensi alla problematica della imputazione degli atti prima della iscrizione della società al registro imprese. MASI P., Articolazioni dell'iniziativa economica e unità dell'imputazione giuridica, Napoli, 1985.
231 BERTOZZI L., Organo comune e fondo patrimoniale del contratto di rete: problematiche civilistiche e fiscali, Fisco, 2016, 7, 630" Il potere di assumere obbligazioni in nome e per conto della rete è una questione piuttosto delicata, visto che molti contratti di rete nascono con l'obiettivo di vincere il loro nanismo individuale per confrontarsi con il mercato degli approvvigionamenti o
Non si può trascurare il fatto che, anche se il mandatario spende il nome dei mandanti, dell'attività, nei confronti dei terzi, risponderà unicamente il fondo232. In questo modo si assiste ad un'ipotesi anomala di dissociazione tra l'imputazione dell'attività ai singoli partecipanti, più precisamente si tratta di una imputazione frammentata, e una responsabilità patrimoniale unitaria gravante su un fondo a ciò destinato233.
Le obbligazioni assunte dall'organo comune per l'attuazione del programma di rete sono obbligazioni collettive e sono imputabili collettivamente agli aderenti.
A tal riguardo bisogna mettere in evidenza che il mandatario spenderà il nome di tutti i singoli aderenti,234 ma dovrà dare atto che l'attività è posta in essere in relazione al programma di rete, altrimenti i partecipanti non potrebbero godere della responsabilità limitata. Allo stesso tempo i terzi hanno il diritto di sapere su quale garanzia possono fare affidamento. D'altronde è espressamente previsto che l'organo comune possa agire in rappresentanza di un solo aderente ed in tal caso troverebbe applicazione l’articolo 2615 secondo comma. A tal riguardo occorre dare atto che è difficile, soprattutto per i terzi, determinare nell'interesse di chi è posta l'obbligazione assunta e, quindi, chi ne risponderà, stante la funzione ausiliaria svolta dalla rete nei confronti di ogni partecipante individualmente,
delle vendite come unico soggetto di adeguate dimensioni per avere un potere contrattuale maggiore.".
232 Eccetto il caso di specie superi il giudizio di compatibilità e rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 2615 secondo comma.
233 SCIUTO M., Imputazione e responsabilità nel contratto di rete, Riv. dir. comm.e del diritto generale delle obbligazioni, vol. 110 n. 3 2012 pag.: "Insomma, già rispetto alla prima formulazione legislativa del contratto di rete pareva potersi concludere che l’”organo comune”, nel dare esecuzione al programma di rete, agisse normalmente (ferma la diversa ipotesi prevista dall’art. 2615, co., 2, c.c.) in nome e per conto delle imprese aderenti secondo gli schemi del mandato con rappresentanza, producendo effetti direttamente imputabili a queste ultime."
Con la possibilità però — come meglio si dirà appresso — di concentrare la garanzia patrimoniale per le obbligazioni così assunte sul solo “fondo patrimoniale comune” (o, nella prima versione della disciplina, sui “patrimoni destinati” ad hoc) e non sul patrimonio delle singole imprese." ancora l' A. afferma che l'inesistenza di un nuovo soggetto a cui intestare le attività segregate nel fondo comune "implica la necessità di dissociare la ricostruzione della titolarità (cioè della imputazione in termini statici) delle situazioni soggettive, anche passive, che lo compongono, da quella, in termini dinamici, della sua gestione e della responsabilità che ne deriva, insomma dell’attività." Vedi altresì FERRO-XXXXX P., La disciplina dei patrimoni separati, cit., p. 130) come l’effetto della separazione debba apprezzarsi “non già sul piano dell’appartenenza, titolarità, dunque imputazione di beni e di diritti, di complessi di questi, di pezzi, di frazioni di azienda, ma piuttosto, ed in principio, di responsabilità, ovviamente patrimoniale”; In senso analogo v. anche
X. XXXXXXX, Patrimoni destinati, cit., p. 30.
234 Nella prassi spesso si ritrova nei contratti costitutivi della rete la previsione che nei rapporti con i terzi la rete viene identificata con un determinato nome. Tale indicazione è presente anche nelle ipotesi in cui la rete non acquista soggettività giuridica.
come si evince chiaramente dal testo normativo quando individua lo "scopo di accrescere individualmente e collettivamente". Il terzo potrebbe avere l’interesse a considerare l'attività posta in essere come riferibile ad uno o più determinate imprese, in quanto più solvibili, piuttosto che imputarla alla "rete" o meglio al suo fondo.
In ciò, forse, si differenzia, in parte, dal consorzio235, dove si agisce sempre in nome del consorzio ma anche nel suo interesse, che poi inevitabilmente finisce per coincidere con quello dei consorziati collettivamente intesi.
Quanto detto assume rilevanza soprattutto se si ritiene non applicabile alla rete priva di soggettività l'articolo 2615 c.c. secondo comma in quanto non vi è una spendita del nome della rete. In questo caso, non esistendo il soggetto rete e quindi non essendo possibile la spendita del nome, a rispondere dovrebbe essere solo il singolo aderente alla rete. D'altro canto la legge sul contratto di rete prevede espressamente, diversamente che nel consorzio, che l'organo comune spenda il nome del singolo aderente nell'interesse del quale agisce.
Per riprendere il quesito posto in principio, è possibile concludere osservando che, forse, oggi ha perso di importanza la connessione tra soggetto - beni, persona giuridica- patrimonio, e non è più fondamentale l'imputazione di un'attività ad un soggetto236.
A tal proposito appare condivisibile l'opinione di chi ritiene che un rilievo assorbente assuma "la ormai capacità del complesso patrimoniale da un lato, a rendersi auto-referenziale rispetto alle aspettative creditorie, e dall'atro a generare
235 La disciplina con cui più di tutti occorre "fare i conti" è sicuramente quella dettata in materia di consorzi.
In questi anni tanti convegni, articoli e libri si sono occupati dell'argomento sostenendo le diverse teorie. E non è mancata parte anche rilevante della dottrina che ha sostenuto che il contratto di rete "altro non è che un particolare tipo di consorzio (con attività esterna)" in quanto persegue uno scopo mutualistico.
A ciò si obietta che non risulta dalla disciplina la necessità del perseguimento dello scopo mutualistico, avendo la rete un suo scopo specifico che non esclude la possibilità della produzione di utili.
Nel consorzio l'attività deve essere strumentale rispetto a quella dei consorziati che mantengono la loro indipendenza economica e giuridica.
La rete può svolgere non solo fasi, anche diverse, delle rispettive imprese ma anche un'intera attività rivolta al mercato e produttiva di utili. Tale esercizio in comune dell'attività economica, non potendosi tradurre in un semplice coordinamento dell'attività, in presenza dei requisiti di cui all'articolo 2082 c.c., potrà configurarsi come d'impresa.
236 SCIUTO M., Imputazione e responsabilità nel contratto di rete, Riv. dir. comm.e del diritto generale delle obbligazioni, vol. 110 n. 3 2012: " In sintesi: il contratto di rete non dà mai vita ad una soggettivizzazione del fondo patrimoniale comune."
nuovi beni, a produrre flussi di cassa, insomma ad alimentare, fino ad autoalimentare, l'attività di impresa."
Volendo percorrere, invece, un strada più tradizionale si può ritenere che il fondo comune è imputabile a tutte le imprese, che altrettanto lo sono le attività e le passività e quindi i relativi debiti. Ciò troverebbe conferma nella più familiare e consolidata disciplina dei patrimoni destinati ad uno specifico affare; i debiti discendenti dal menzionato affare, pur rispondendone esclusivamente nei limiti del patrimonio destinato, non si può negare che siano imputabili alla società237.
L'organo comune
Parlando di esercizio collettivo dell'attività di impresa e della sua imputazione non si può non dare uno sguardo alla disciplina dettata sull'organo comune.
Come visto, la disciplina dettata dal legislatore sul contratto di rete prevede una forma di organizzazione di tipo embrionale, rimettendo quasi totalmente all'autonomia privata la sua determinazione.
La prima e assoluta forma di libertà lasciata ai privati risiede nella possibilità
di avere o non avere un organo comune con le relative conseguenze. In questa sede ci soffermiamo solo ad analizzare la fattispecie che appare più innovativa e problematica, quella del contratto di rete con organo comune e autonomia patrimoniale.
Il contratto costitutivo della rete, solitamente, prevede anche l'istituzione dell'organo con il conferimento del relativo incarico238. Non si è soliti quindi rinviare ad un atto successivo.
Come si evince dallo stesso dato normativo - quando fa riferimento al nome, alla ditta, alla ragione sociale e alla denominazione dell'organo comune - questo può essere ricoperto tanto da una persona fisica quanto da una persona giuridica, da un soggetto esterno o interno al contratto.
237 In termini molto simili si è espressa anche la Cassazione del 2010 in tema di fondi comuni di investimento.
238 FERRARI C., La governace del contratto di rete nelle prime applicazioni: modelli di organo comune e natura del rapporto gestorio, in I contratti, 8-9, 2013.
Sempre dal testo della legge sembra anche emergere la natura monocratica dell'organo comune. Come già premesso, la disciplina dettata dal legislatore è molto essenziale e richiede, o meglio pretende, di essere integrata in base alle esigenze proprio perché il contratto di rete vuole essere uno strumento duttile, capace di adeguarsi alle singole necessità.
Per tali considerazioni potrà essere costituito un organo monocratico in grado di garantire maggiore tempestività e celerità nell'assunzione ed esecuzione delle decisioni permettendo così ai terzi di avere un solo interlocutore, oppure un organo collegiale che garantisca una maggiore condivisione delle operazioni.
Il contratto inoltre deve disciplinare il potere di gestione e di rappresentanza riconosciuto all'organo comune in esecuzione del contratto o di singole parti o fasi dello stesso. L'istituzione dell'organo comune ed i relativi poteri, quindi, possono essere limitati da espressa previsione legislativa Si pensi al caso in cui sia riconosciuto solo il potere di svolgere l'attività con i terzi.
Le norme previste nel contratto per regolare l'organo comune saranno diverse in base alla natura monocratica239 o collegiale240. In quest'ultimo caso, infatti, dovranno essere indicate le modalità di assunzione delle decisioni, se all'unanimità o a maggioranza, ed il tipo di maggioranza, ed inoltre a chi spetta il potere di rappresentanza e se lo stesso sia a firma disgiunta o congiunta. Nel silenzio del contratto si applicherà la disciplina codicistica di cui all'articolo 1716 secondo comma che permette ai mandatari di agire disgiuntamente.
Il potere di rappresentanza, inoltre, differisce in base al tipo di rete costituita. Come già visto, se si crea una rete soggetto il rappresentante agisce in nome della
239 Questa ipotesi richiama quella adoperata in ambito di associazione in partecipazione, con la differenza che solitamente il mandato nel contratto di rete è generale.
240 Dalla prassi risulta che spesso i componenti dell'organo comune sono gli stessi aderenti. Nello specifico si potrà avere il caso in cui solo alcuni aderenti sono membri dell'organo, ed in questa ipotesi si avrà quella che viene definita una ipotesi di organo pluripersolnale ristretto, oppure tutti gli aderenti possono fare parte dell'organo. In quest’ultimo caso si pone anche un problema di esatta individuazione giuridica. La fattispecie è riconducibile al contratto con se stesso oppure al mandato conferito nell'esclusivo interesse del mandatario. Si pone dunque il delicato problema della mancanza di alienità dell'interesse gestito, che tipizza il mandato. Il problema può essere superato se si considera che in realtà la gestione avviene in nome di un interesse di gruppo che è diverso e va oltre quello individuale. D'altronde si tratta dello stesso problema che era sorto in passato nel rapporto tra soci e amministratori nelle società di persone. BAVETTA G., Voce Mandato (diritto privato),Enc. dir., XXV, Milano 1975, 322
rete, se, invece, questa non assume soggettività giuridica gli atti saranno posti in essere in rappresentanza degli imprenditori, anche individuali.
Tale disciplina sulla rappresentanza pone inevitabili problemi di responsabilità patrimoniale e, quindi, si rende doveroso esaminare il rapporto con l'articolo 2615
c.c. e l'ultima modifica apportata alla disciplina sul contratto di rete là dove si precisa che "in ogni caso per le obbligazioni contratte dall'organo comune in relazione al contratto di rete, i terzi possono fare valere i loro diritti esclusivamente sul fondo comune".
Aspetto molto delicato e di difficile determinazione è stabilire l’esatta natura del rapporto che lega l’organo comune ai partecipanti e al fondo patrimoniale.
Per fare ciò in primis occorre determinare se la terminologia usata dal legislatore sia giuridicamente appropriata ovvero se l’organo comune sia veramente tale in base all’accezione tradizionalmente riconosciutagli.
Nella prima formulazione della disciplina il legislatore, quando faceva riferimento all'organo comune, si è espresso in termini di mandatario comune, mentre con l'ultima riforma ha apparentemente mutato la sua natura giuridica241: nel corpo della disciplina è scomparso ogni riferimento all’istituto del mandato.
241 La natura di mandato continua ad essergli riconosciuta da XXXXXXXX X., Organo comune e fondo patrimoniale del contratto di rete: problematiche civilistiche e fiscali, Fisco, 2016, 7, 630: "I poteri di gestione conferiti all'organo comune rispetto al contratto di rete sono variabili e suscettibili di modifiche, a seconda della volontà dei sottoscrittori, e seguono le regole del mandato di cui all'art. 1703 c.c. e dunque può svolgere solo quegli atti per i quali è stato conferito oltre a quelli necessari per portarli a compimento, inoltre può avere un termine. Visto che il contratto di rete ha la facoltà di dare all'organo comune oltre che un periodo di vigenza, anche poteri di gestione parziali, va verificato che i suoi compiti non si esauriscano, per non rischiare di avere un organo di fatto inutile. Si tratta di un'ipotesi remota visto che a questo istituto viene affidata di solito la direzione e la gestione del contratto di rete nella sua generalità.
Il mandato dato all'organo comune è di tipo collettivo, vale a dire che deve essere conferito e revocato da ogni singolo mandante e pertanto non può che essere un atto deciso all'unanimità. Nell'ipotesi in cui nel contratto di rete sia stabilito che le decisioni vengono prese a maggioranza, sia per la revoca che per la nomina dell'organo comune non nelle more della sottoscrizione del contratto, bisogna inserire una clausola che imponga anche agli eventuali astenuti o dissenzienti di conferire il mandato.
Nel caso in cui non vi sia attribuzione del potere di rappresentanza, l'organo comune agisce in nome proprio, ancorché per conto dei mandanti retisti e gli rimane la sola possibilità di direzione e coordinamento, oltre che di gestione limitata, visto che per ogni atto compiuto nei confronti di terzi, per impegnare il contratto di rete, è necessaria la sottoscrizione di un rappresentante della rete, che ha di fatto la funzione di controllo e di ratifica dell'operato dell'organo di gestione. Investire l'organo comune di un mandato senza rappresentanza equivale quindi ad "ingessare" il contratto di rete, facendo soggiacere ogni decisione ad un vaglio, che poco si confà alla versatilità di questo strumento.
Il mandatario comune non è nulla di diverso dal mandatario collettivo.
Si ha un mandato collettivo quando, con un unico atto,242 viene conferito l'incarico per un affare di interesse comune di cui sono titolari le parti che lo conferiscono. In questo caso il mandatario è chiamato a svolgere un'attività giuridica per il raggiungimento di un interesse unitario, dal punto di vista sia oggettivo che soggettivo. Tale interesse deve essere di tipo indivisibile, non basta una semplice coincidenza di interessi occasionalmente riuniti243 o un insieme di affari il cui soddisfacimento nei confronti di ogni singolo mandante prescinda dagli altri. Il nostro codice disciplina esclusivamente l'aspetto della revoca del mandato collettivo all'articolo 1726 c.c. in cui si statuisce che esso deve provenire da tutti i soggetti che hanno conferito l'incarico. In questo modo il legislatore vuole assicurare la prevalenza dell'interesse unitario rispetto all'interesse dei singoli, tranne che nel caso di presenza di una giusta causa, perché diversamente una revoca da parte di un singolo aderente al contratto potrebbe compromettere il risultato finale comune244.
La parte mandante, quindi, può dirsi una sola anche se soggettivamente complessa.
A questo punto appare utile ricordare la differenza tra rapporto di mandato e rapporto di amministrazione. L'amministratore è nominato dai soci ma i poteri gli discendono dalla legge e sono in gran parte inderogabili dall'assemblea, dalla quale gode ampia autonomia, sebbene sia gestore di una impresa altrui, appunto
Va ricordato che i poteri di gestione e di rappresentanza conferiti all'organo comune devono essere indicati nel contratto di rete in modo da poter essere opponibile ai terzi.".
242 "Gli atti collettivi sono quelli in cui la dichiarazione di volontà dei vari soggetti è di uguale contenuto e si muove parallelamente formando una manifestazione di volontà unitaria verso l'esterno pur rimanendo distinte all'interno" XXXXXX M. C., Il contratto in generale, II, Milano 2011 p.31.
243 La Cass. 26 novembre 2002, n. 16678 afferma che, di per sè, il conferimento del mandato con unico atto costituisce un elemento a favore della coincidenza di interessi, ma non dimostra, tuttavia, l'esistenza di un affare unico, indivisibile e indistinto. In dottrina MIRABELLI G., Del mandato, Commentario del codice civile, UTET, VI, 3, 1977, p. 603; FERRARI C., La governace del contratto di rete nelle prime applicazioni: modelli di organo comune e natura del rapporto gestorio, in I contratti, 8-9, 2013 p. 818; LUMINOSO A., Xxxxxxx, commissione, spedizione, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da Cicu-X. Xxxxxxxx, XXXII, 1984, 129-130; XXXXXXXXX, voce Mandato,
in Dig. discp. priv., vol. XI, 1994, P.158
244 Diversamente, non si sarebbe in presenza di un mandato collettivo bensì di un mandato plurimo. XXXXXX, In tema di revoca del mandato collettivo, in Giur. ita, 1958, I col. 873; XXXXXX M., Imputazione e responsabilità nel contratto di rete, Riv. dir. comm.e del diritto generale delle obbligazioni, vol. 110 n. 3 2012 pag. 445;
dei soci, e nel cui interesse esclusivo deve amministrare. L'amministratore, inoltre, è chiamato a dare esecuzione ad una attività e non a singoli atti, come avviene solitamente nel mandato. Il rapporto che lega l'amministratore alla società può, quindi, definirsi tipico e non è assimilabile ad una rapporto di mandato generale. Per di più, importante differenza riscontrabile anche nel contratto di rete, nel caso del mandato vi è la possibilità di impartire istruzioni al mandatario, cosa che, con diversa intensità rispetto al tipo sociale245, non è possibile per gli amministratori.
Nel contratto di rete l'organo comune ha un potere di rappresentanza, ma non si può ritenere che abbia esclusivamente la funzione di assicurare un rilievo unitario nei rapporti con i terzi, visto che svolge anche importanti poteri gestori. L'organo comune infatti è incaricato di gestire, in nome e per conto dei partecipanti, l'esecuzione del contratto o di singole parti o di fasi di esso246.
L'organo comune247 quindi assolve una funzione organizzativa generale, rintracciabile anche nell'articolo 1332 c.c.
Nelle reti più leggere si deve invece ritenere che il rapporto che lega l'organo comune e gli aderenti sia di tipo contrattuale, riconducibile alla figura del
245 Si pensi alla possibilità nella società a responsabilità limitata che i soci decidano su argomenti che uno o più amministratori o tanti soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale sottopongono alla loro approvazione, disciplinato all'articolo 2479 c.c.
246 DONATIVI V., Le reti d'impresa: natura giuridica e modelli d'impresa , Le società 12|2011 pag.1434:"la circostanza che all'organo possano essere attribuiti poteri gestori e decisionali è tutt'altro che incompatibile con l'ipotesi di ravvisarne l'archetipo negoziale di riferimento nel contratto di mandato, come conferma la lunga elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale relativa alla figura degli amministratori di società: del resto è significativo, in chiave sistematica, il fatto che, se è vero che un'assimilazione tout court al mandato sarebbe forse riduttiva, è vero anche che il mandato è considerato l'archetipo di riferimento di ogni rapporto di tipo lato sensu gestorio."
247 DONATIVI V., Le reti d'impresa: natura giuridica e modelli d'impresa , Le società 12|2011 pag.1439: "L’assonanza tra le due figure starebbe in ciò, che, nel caso dell’art. 1332 c.c., l’organo sarebbe figura di attuazione e di completamento di un contratto ‘‘aperto’’, nel quale sia prevista la possibile adesione di ulteriori contraenti oltre alle parti originarie, sicchè la sua funzione sarebbe quella di agevolare la comunicazione dell’accettazione agli oblati (che, in assenza dell’organo, avverrebbe in persona di ciascun oblato, mentre in presenza dell’organo potrebbe anche avvenire nelle sole mani di quest’ultimo); nel caso del contratto di rete, l’organo sarebbe figura di attuazione e di completamento di un contratto che, invece di regolare fino all’ultimo dettaglio i diritti e gli obblighi delle parti contraenti, contiene dei margini di flessibilità, che ne consentono il continuo adattamento alla mutevolezza e/o all’evoluzione degli scenari di riferimento attraverso meccanismi elastici di governo delle contingenze. Cosicchè, in assenza dell’organo, gli adattamenti sarebbero governati e negativamente condizionati dalla rigidità del principio unanimistico; in presenza dell’organo, invece, gli stessi potrebbero essere gestiti e governati con la necessaria e conveniente flessibilità”.
mandato248. Infatti, in assenza di un soggetto di diritto autonomo, non sarebbe corretto parlare di organo249. Quest'ultimo presuppone un ente collettivo a cui imputare in modo immediato e diretto l'attività gestoria250. Anche il potere rappresentativo, quindi, non si può definire di tipo organico, ossia posto in essere da uno stabile ufficio dell'organizzazione entificata in nome di questa, ma è di tipo contrattuale.
Come si può estrapolare dal testo normativo, è possibile che accanto ad un mandato collettivo vi siano anche dei mandati individuali conferiti da ciascun aderente. Il comma 4 quater e) prevede, infatti, che l'organo comune può agire in rappresentanza anche degli imprenditori individuali, conformemente allo scopo individuale e collettivo di accrescere la capacità innovativa e la competitiva251.
Spesso, come risulta dalla prassi, il mandato conferito non è semplicemente di tipo collettivo ma anche in rem propriam perché l'incarico è ricoperto da tutti o da alcuni degli aderenti.
248 Per tutti LUMINOSO A., Il mandato e la commissione, in X. Xxxxxxxx (diretto da), Tratt. dir. priv., XII, t. IV, Torino, 1985, 13; XXXXXXXXX G., Il mandato. La commissione. La spedizione, in
X. Xxxxxxxx (diretto da), Tratt. dir. civ. it., VIII, t. I, Torino, 1952, 10 ss.; XXXXXXXXX C., Del mandato. Disposizioni generali, in Scialoja - Branca (a cura di), Commentario al codice civile, Bologna - Ro- ma, 1985, 100 ss. XXXXXXXX X., Le reti d'impresa: natura giuridica e modelli d'impresa , Le società 12|2011 pag.1439: "La figura giuridica che sembra avvicinarsi di più e meglio rappresentarne i caratteri è allora quella del ‘‘mandato’’ , fatta salva la possibilità di ravvisare, in alcuni casi, i tratti più tipici di un contratto d’opera o di un appalto di servizi o, soprattutto, laddove siano ad esso attribuiti poteri di determinazione o di specificazione del contenuto degli obblighi reciprocamente assunti dalle parti contraenti, quelli di un arbitraggio ex art. 1349 c.c."
249 In realtà, oggi, l'utilizzo della parola organo non è prerogativa esclusiva degli enti ma si ritrova anche nel caso dei consorzi con attività interna e nell'articolo 1332 c.c. Vedi in tal senso SCIUTO M., Imputazione e responsabilità nel contratto di rete, Riv. diritto commerciale e del diritto generale delle obbligazioni, vol. 110 n. 3 2012 pag. 445.
250 GIAMPIERI A., Organo della persona giuridica, in Dig. disc. priv., XIII, Torino, 1995, 189 ss. In riferimento al vecchio testo di legge XXXXXXXX X., Le reti d'impresa: natura giuridica e modelli d'impresa, Le società 12|2011 pag.1433: "Ed invero, in primo luogo, l’organo della rete è espressamente qualificato come ‘‘organo comune’’ [art. 3, comma 4 ter, secondo periodo, nonché terzo periodo, lett. e)]. Xx è allora palese che il significato che gli attribuisce il legislatore, nella norma in commento, non potrebbe essere quello dell’organo inteso come centro di produzione e di imputazione nell’ambito di un fenomeno di ‘‘immedesimazione organica’’ tipico della persona giuridica, poiché in quel caso l’organo non sarebbe ‘‘comune’’ alle parti contraenti, ma sarebbe riferibile, in via diretta ed esclusiva, alla rete quale soggetto giuridico entificato."
251 Si veda a riguardo SCIUTO M., Imputazione e responsabilità nel contratto di rete, Riv. dir. commerciale e del diritto generale delle obbligazioni, vol. 110 n. 3 2012 pag. 445 : " Delicata pare invece la questione quando si tratti non di mandato collettivo, bensì di “mandato plurimo” (al limite anche da parte di tutti i partecipanti) per finalità che, pur collegate all’esecuzione del contratto di rete, siano direttamente funzionali al “compimento di operazioni variamente collegate alla sfera di attività del singolo aderente” (e quindi per finalità non propriamente riconducibili ad un “affare di interesse comune”.