Salute e Sicurezza nell’Industria Meccanica: Elementi di Contrattazione
Salute e Sicurezza nell’Industria Meccanica: Elementi di Contrattazione
Percorso di formazione professionale per delegati e funzionari
della FIOM-CGIL Regionale Toscana
Coordinamento progetto
Xxxxxxx Mania Redazione testi Xxxxxx Xxx Xxxxxxx
Design e impaginazione Danae Project - MS Xxxxxx
Progetto Stampa - MS - SP
Il testo integrale della pubblicazione con ulteriore apporto di interessanti documenti correlati è disponibile al link:
xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxx.xx/xx/xxxxxxxxxx/xxxxxxxxx.xxx?xxx00
Pubblicazione realizzata nell’ambito del progetto Xx.Xx. finanziato dalla Regione Toscana attraverso il P.O.R. Ob. 3 - FSE 2001-2006 - misura X.0 - X.X. 00000
Xxxxxx di stampare nel settembre 2008
INDICE
Presentazione 5
Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxx
Assessore Regionale alla Formazione della Regione Toscana
Premessa 9
Xxxxxxx Xxxxxxxxx
Segretario Generale della Cgil Toscana
Introduzione 13
Xxxxx Xxxxxxx
Direttore di Smile Toscana
1 Il lavoro umano in fabbrica: contrattazione 19
e gestione delle condizioni di lavoro
Xxxxxxx Xxxxxxx
2 Individuazione delle strategie volte alla 43
promozione del benessere psico-fisico dei lavoratori
Xxxxx Xxxxxx
3 Rischi da sovraccarico biomeccanico 65
degli arti superiori nei lavori ripetitivi
Xxxxxxxxx Xxxxxxx
4 Salute e sicurezza sul lavoro: 81
un’esperienza di formazione partecipata
Xxxx Xxxxxx
5 Elaborazioni pratiche: i lavori dei partecipanti 95
Xxxxxx Xxx Xxxxxxx
Conclusioni 175
Xxxxx Xxxxxxxxx
Segretario Generale della FIOM Toscana
PRESENTAZIONE
Oltre mille sono le morti bianche ogni anno nel nostro paese, quasi il doppio delle vittime degli omicidi. E’ sufficiente questo solo dato per sottolineare l’importanza del progetto presentato in questo volume. Il progresso delle tecniche, l’evoluzione normativa e l’introduzione di nuovi modelli informativi e formativi hanno aperto importanti processi di sensibilizzazione della popolazione, ma il livello della sicurezza complessiva nei luoghi di lavoro non ha avuto il sostanziale cambiamento che occorre determinare. L’Italia in Europa è al primo posto per numero di morti bianche; triste primato a cui bisogna aggiungere che mentre negli ultimi dieci anni in altri paesi (vedi ad esempio la Germania) il numero delle vittime è calato di circa il 50%, nel nostro il calo è stato solo del 25%. Anche in Toscana sono troppi i lavoratori infortunati (69.000 nel 2007) e quelli che perdono la vita (64). E tutto questo avviene nonostante le tecniche per la prevenzione siano migliorate e le regole diventate più stringenti. Per fermare questa drammatica e inaccettabile sequenza di morti e infortuni è necessario lavorare ancora di più per radicare, sia nei lavoratori che negli imprenditori, una cultura della prevenzione.
A questo proposito ritengo che un buon punto di partenza sia la
nuova legge toscana sugli appalti, un’esperienza che speriamo possa diventare patrimonio nazionale, che prevede l’introduzione di mec- canismi per accertare la regolarità delle assunzioni e le presenze sul posto di lavoro, la definizione di un prezzario per le gare che prevede esplicitamente anche i costi relativi alla sicurezza, l’istituzione di un tutor di cantiere che dovrà verificare l’applicazione delle normative sulla sicurezza.
Inoltre, per il 2009 la Regione prevede di implementare l’intero sistema di vigilanza aumentando i controlli del 20% e rendendo gli interventi ispettivi più diffusi e omogenei sul territorio. La Regione finanzierà l’intero progetto con un finanziamento di 1 milione di euro grazie al quale saranno assunti 41 nuovi ispettori. Per coordinare l’intera operazione l’Assessorato del Diritto alla Salute si è fatto promotore di un accordo con la Direzione regionale del Lavoro, Inail, Inps e Vigili del Fuoco della Toscana impegnando gli enti e le amministrazioni firmatarie a sviluppare congiuntamente azioni di promozione dell’osservanza delle norme e di repressione delle violazioni.
Oltre al sistema dei controlli, sicuramente anche la formazione ha un ruolo chiave nel creare le condizioni per un cambiamento culturale che renda più consapevoli i lavoratori e i datori di lavoro. Da questo punto di vista, l’Assessorato all’Istruzione, alla Formazione e al Lavoro, destinando tutte le risorse per la formazione continua alla sicurezza e alla prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, ha compiuto una scelta precisa: la sicurezza del lavoro rappresenta una priorità assoluta e la formazione è uno degli strumenti ritenuti più incisivi per raggiungere questo obiettivo. Complessivamente sono stati destinati alla formazione dei lavoratori per la sicurezza 4 milioni e 500 mila euro l’anno per il 2006 e il 2007; per il 2008 il nuovo investimento, al momento non esattamente quantificabile, risulterà sicuramente ancora più consistente. Sono risorse previste dalla legge 236 per la formazione continua, che vanno ad aggiungersi a quelle che le imprese sono tenute, per legge, a destinare a questo scopo. Sempre in tema di educazione alla sicurezza, la Regione collabora con la direzione scolastica per iniziative rivolte ai giovani. Il ruolo della scuola è fondamentale perché solo così si possono sensibilizzare le nuove generazioni che poi saranno i lavoratori e le lavoratrici di domani.
Un’ulteriore priorità è stata individuata nei particolari fabbisogni
formativi dei lavoratori con tipologie contrattuali a termine. La mi- nor durata dei loro rapporti di lavoro, sembra, infatti, determinare un calo complessivo delle condizioni di sicurezza, a causa della ridotta conoscenza degli ambienti di lavoro e dei potenziali fattori di rischio in essi presenti, e della mancanza di un’adeguata preparazione sulla sicurezza sul lavoro.
A questo proposito la Regione ha firmato un protocollo d’intesa con le Province, le parti sociali e Formatemp (fondo per la formazione dei lavoratori temporanei) per garantire l’accesso ad una corretta in- formazione e formazione per i lavoratori “in somministrazione”. Si tratta di una prima intesa a livello nazionale che pone all’attenzione il problema della sicurezza per questi lavoratori che sono tenuti, per contratto, a passare da un’azienda all’altra, anche in settori fra loro molto diversi, e non possono, per questo, essere inseriti nei normali canali formativi.
Infine, uno dei punti cardine delle iniziative regionali è rappresentato da un intervento, finanziato con le risorse del Programma Operativo obiettivo 3 del Fondo Sociale europeo 2000/2006 della Regione
Toscana, con un investimento di 270 mila euro, che si poneva come obiettivo la formazione dei quadri e dei delegati sindacali al fine di consentire loro di affrontare i temi della sicurezza con maggior consapevolezza, nell’ambito sia della contrattazione aziendale che delle relazioni industriali. In questo volume viene presentato uno dei progetti finanziati che è stato indirizzato al settore metalmeccanico in cui si registra il più alto tasso di infortuni di tutta l’industria manifatturiera.
Solo tramite approcci innovativi, come quello utilizzato nel corso di tale progetto, basato sulla partecipazione attiva dei corsisti, la for- mazione può assumere il ruolo strategico che le compete.
Una metodologia importante che ha messo in luce e valorizzato le conoscenze empiriche dei partecipanti che, in modo attivo, hanno individuato le criticità dei rischi per la salute presenti nelle realtà in cui operano ed a cui hanno provato a dare risposta e soluzione, at- traverso un puntuale studio progettuale.
Una pratica di lavoro che auspichiamo sia presa a modello, in modo tale da rendere sempre più attiva la partecipazione dei lavoratori a scelte aziendali che concernono la qualità del loro lavoro e della loro vita.
Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxx Assessore all’Istruzione, alla Formazione e al Lavoro della Regione Toscana
PREMESSA
Tre cose: un ricordo
Prima cosa:
E’ un fatto che il lavoro anche in Toscana paga il suo tremendo tributo di sangue. Non c’è anno nel quale non si contino le vittime di infortuni e di incidenti spesso mortali, quasi sempre evitabili. Se esiste un indice per rappresentare la svalutazione del lavoro, basta guardare e leggere in questo girone infernale fatto di lutti e di dolore. Esiste in questo un grande tema che si chiama sicurezza, eppure viene trattato con un certo strabismo. E’ come se queste vittime, quelle sul lavoro, fossero vittime “minori” o in qualche modo inevitabili. Fossimo in guerra si direbbe effetti collaterali. Ma non siamo in guerra. Nonostante ciò le vittime sul lavoro hanno superato, nella stessa unità di tempo, quelle che gli USA hanno avuto nella guerra in Iraq. Quest’anno gli omicidi nel nostro paese sono risultati meno della metà degli infortuni mortali. C’è quindi una grande questione nazionale ancora tutta da riconsiderare nella sua dirompente attualità. Una questione non archiviabile, come per fortuna non smette di ricordarci il presidente Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, perché ogni vittima non solo è un lutto insopportabile, ma soprattutto è un fatto evitabile.
Seconda cosa:
La sicurezza sul lavoro non è una chimera, è un obiettivo giusto e possibile, presuppone e necessita di impegno, rigore e coerenza. In Toscana si è fatto molto. Hanno fatto molto i sindacati confederali, le istituzioni e le parti sociali. Abbiamo una buona legge, servizi ispet- tivi e di prevenzione attenti, un’alta sensibilità politica. Nonostante ciò infortuni e lutti non si fermano. Sappiamo che dietro a ciascuno di essi ci sono precise responsabilità, a volte comportamenti negli- genti, che vanno condannati e puniti e sbaglia chi chiede che ciò non avvenga. Ma a noi questo non basta: perché sappiamo che dietro ad ogni vittima c’è anche una nostra sconfitta. Perché per noi il lavoro è vita, è occasione di emancipazione economica e sociale. Non pos- siamo accettare che si trasformi nel suo contrario.
Terza cosa:
Non ci si può rassegnare a nessuna di queste sconfitte. Per questo mo- tivo quello che ha fatto la FIOM Toscana, grazie anche all’intervento della nostra Regione, è un grande fatto politico e sociale. E’ il segno tangibile di chi non si arrende di fronte alle sconfitte e alle difficoltà, di chi dopo le lacrime delle batoste non china la testa. La FIOM Toscana ha scelto di farlo scegliendo il terreno che gli è proprio: quello dell’intervento sindacale sull’organizzazione del lavoro. Su come prevenire i rischi, su come costruire una sensibilità e un con- trollo reale sul lavoro, su come costruire una cultura della legalità e sicurezza. Per un anno, una sessantina di delegati e funzionari, don- ne e uomini che insieme al lavoro si dedicano alla tutela degli altri, hanno cercato di imparare di più e meglio di quanto già non sapes- sero. Hanno rilanciato l’impegno sull’agire sindacale e collettivo. In questi tempi di individualismo e disimpegno a me pare “davvero” una grande cosa!
UN RICORDO:
In questi giorni ricorre il 1° anniversario della scomparsa di Xxxxx Xxxxxxx, la sua morte ci ha lasciato un grande vuoto. Ma la sua lezione di vita ci ha indicato, con l’ostinazione che gli era propria, l’ineluttabilità di questo cammino. Senza presunzione cre- do che se avessimo raccontato a lui di questa esperienza ne sarebbe stato contento, perché avrebbe letto il segno del percorso di eman- cipazione che lui ha sempre messo al centro dell’azione sindacale. Un percorso che attraverso la contrattazione dell’organizzazione del lavoro rappresenta ancora lo strumento più forte e più alto di tutela di cui il sindacato dispone. Un percorso in grado di dare più libertà alle donne e agli uomini che lavorano e con ciò un lavoro più sicuro.
Al suo ricordo vogliamo dedicare questo lavoro.
Xxxxxxx Xxxxxxxxx Segretario Generale CGIL Toscana
INTRODUZIONE
L’introduzione della normativa in tema di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 626/94) e l’istituzione delle figure di tutela ad esse correlate hanno negli anni inserito alcuni elementi di criticità nell’attività di contrattazione che gli RSU svolgono all’interno delle aziende. Soprattutto nel settore metalmeccanico (classico ed avanzato) questa rivoluzione ha fatto sì che molto spesso, errando nell’interpretazione, le lavoratrici ed i lavoratori impegnati nella contrattazione aziendale abbiano delegato sempre alla figura del RLS ogni tipo di questione legata alla sicurezza ed alla salute dei lavoratori e delle lavoratrici.
Si tratta di un’interpretazione rigida della normativa che, ampliando il campo di azione, semplifica le fasi di contrattazione proceduralizzando ogni attività di tutela attraverso l’attivazione di organi competenti, non richiedendo un intervento di valutazione del rischio in maniera puntuale non soltanto come strumento automatico di applicazione di una normativa.
Questa situazione è amplificata in un contesto lavorativo nel quale l’organizzazione del lavoro, le metodologie di produzione ed il con- testo interagiscono causando spesso condizioni insalubri e di insi- curezza non misurabili direttamente attraverso gli strumenti che la normativa vigente mette a disposizione.
Questi elementi, nell’attuale sistema di contrattazione, sono messi in secondo piano, in tal modo da un lato si rischiano di snaturare gli in- terventi di negoziazione e dall’altro si tralasciano aspetti che dovreb- bero essere maggiormente sottolineati nelle attività di contrattazione aziendale.
Obiettivo
Alla luce di questa premessa diventa evidente cercare di ricostruire nelle RSU una coscienza effettiva del loro ruolo ed una nuova metodologia di interazione con i referenti aziendali, per quanto riguarda la contrattazione, e con le lavoratrici ed i lavoratori che, rivestendo il ruolo di RLS, sono delegati alle questioni di tutela della salute e della sicurezza in azienda.
L’obiettivo generale è quindi quello di fornire alle RSU delle aziende metalmeccaniche una coscienza del loro ruolo di contrattazione anche in temi che concretamente incidono sulla qualità del lavoro all’interno dell’azienda, non sottovalutando i rischi per la salute e la sicurezza.
Questo dovrà avvenire non solo in termini strettamente legati all’applicazione della normativa, ma anche e soprattutto attraverso una coscienza dettagliata del contesto produttivo ed una relativa let- tura critica dei rischi connessi all’ambiente di lavoro.
Per raggiungere questo obiettivo primario è necessario centrare una serie di obiettivi specifici strettamente connessi tra loro e consequen- ziali nello sviluppo dell’obiettivo generale. È quindi necessario:
1. costruire una coscienza ed una competenza fondamentale nella lettura del contesto lavorativo partendo dalla strutturazione del ciclo produttivo e delle conseguenze nella lavorazione;
2. strutturare una conoscenza approfondita dei contesti lavorativi e delle strutture organizzative formali od informali presenti nella propria azienda al fine di meglio comprendere come queste incidano nella qualità del lavoro;
3. integrare queste conoscenze attraverso casi esemplificativi che permettano di definire elementi fondamentali nella ridefinizione dei rischi per la salute e la sicurezza nel proprio luogo di lavoro;
4. migliorare le tecniche di contrattazione e negoziazione alla luce delle competenze acquisite nella lettura e studio critico del contesto lavorativo.
INTRODUZIONE
Pubblico obiettivo
Avendo individuato questi elementi legati alla situazione attuale ed all’obiettivo formativo è chiaro che il principale pubblico di un simile intervento debba essere una platea di RSU che all’interno di aziende del settore metalmeccanico toscano operino con ruolo di contrat- tazione e negoziazione. Per favorire l’apprendimento e la crescita in maniera critica delle competenze si sono strutturati “gruppi aula” misti rispetto al settore produttivo ed alla tipologia di azienda per- mettendo, di fatto, l’acquisizione e la strutturazione di competenze anche attraverso il sistema del confronto di casi concreti.
In questa attività si sono coinvolte circa 60 RSU provenienti da 25 differenti aziende sparse nelle 10 province toscane, con loro unità produttive. In questo gruppo rientrano anche sedi produttive locali di multinazionali.
Struttura della formazione
L’intervento formativo ha previsto la strutturazione di 3 gruppi aula con il fine di assemblare differenti tipologie di aziende e di produzione. Gli incontri sono stati suddivisi in giornate formative di 8 ore con cadenza mensile al fine di favorire la massima partecipazione. Ogni singola giornata formativa prevedeva una parte teorica e la rispettiva applicazione pratica di quanto appreso attraverso strumenti quali il role-playing, lo studio di casi e le simulazioni.
Ogni lezione prevedeva esercitazioni e studi di casi che accompagnano la presentazione teorica di esperti. Inoltre alla fine di ogni singolo percorso i corsisti hanno realizzato un project work, allo scopo di costruire attraverso l’analisi e la risoluzione di un caso concreto competenze di contrattazione aziendale che integrino gli elementi di tutela con quelli della difesa della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Durante l’intera attività formativa vi è stata la presenza di un tutor che ha accompagnato i partecipanti nell’intero arco progettuale.
L’esperienza di progetto, la partecipazione degli allievi e la qualità del lavoro svolto ha dimostrato ampliamente la necessità di allargare, strutturare e definire meglio interventi formativi che facciano nuovamente della sicurezza nei luoghi di lavoro uno dei temi contrattuali più importanti. L’esperienza ha permesso anche a SMILE Toscana di affinare ed accrescere le proprie competenze nelle tematiche oggetto della formazione, di allargare il proprio nucleo di docenti specializzati, di strutturare in maniera più completa interventi di formazione sindacale e formazione alla sicurezza che troppo spesso diventano interventi standardizzati poco legati alle esperienze dirette dei lavoratori e delle lavoratrici ed ad una loro elaborazione diretta della concezione di rischio, di come può essere evitato, di come si può strutturare una contrattazione su queste tematiche.
Il progetto Xx.Xx. e la sua struttura, nonché le pagine che seguono in questa pubblicazione danno una chiara immagine dell’impatto for- mativo e del valore stesso che questo percorso ha avuto per i parteci- panti, per i docenti, e per SMILE Toscana stesso.
Xxxxx Xxxxxxx Direttore di Smile Toscana
1. IL LAVORO UMANO IN FABBRICA: CONTRATTAZIONE E GESTIONE DELLE CONDIZIONI DI LAVORO
Premessa
“La cooperazione è il modo fondamentale della produzione
capitalistica”
Il capitale, X. Xxxx
Obiettivo di queste note è mettere a disposizione delle rappresentan- ze sindacali alcuni strumenti per la lettura del lavoro umano nel con- testo industriale e per affrontare efficacemente le principali tematiche che determinano largamente la condizione di lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori.
La contrattazione della salute e sicurezza come del salario, dell’orario, dell’inquadramento, … possono richiedere la conoscenza di particolari elementi relativi al lavoro, alla divisione del lavoro e all’organizzazione del lavoro; questo a partire dai cambiamenti dei mercati per effetto della nuova divisione internazionale del lavoro detta “globalizzazione”, dalle trasformazioni tecnologiche e infor- matiche della fabbrica e delle reti produttive, infine dalla metamor- fosi evolutiva dell’organizzazione della fabbrica taylorista-fordista verso la “nuova organizzazione” taylorista-fordista-toyotista.
Quindi il percorso proposto cerca di contribuire a sviluppare la pro- fessionalità dei Delegati RSU di fabbrica e dei Funzionari Sindacali che operano nelle imprese meccaniche.
Infine vorrei ringraziare tutti i Lavoratori, i Delegati, i Funzionari Sindacali e gli Esperti che in questi anni ho incontrato nel lavoro sin- dacale i quali mi hanno permesso, con i loro insegnamenti, di scrivere queste brevi note.
Il lavoro umano
“Il lavoro è storia, identità, fisionomia,
professionalità, intervento sui processi;
è elemento costitutivo della soggettività, personale e collettiva.”
Xxxxxxx Xxxxxxxxx
Le principali componenti
Di quale lavoro si parla? Perché ripartire dal lavoro? Che cosa è il lavoro oggi?
In primo luogo quando si parla del lavoro bisogna osservare che con la parola lavoro si possono identificare processi che possono es- sere realizzati da strutture molto diverse: è lavoro quello prodotto dall’utensile sul pezzo, è lavoro quello dal ragno che tesse la sua tela, è lavoro quello dai batteri che metabolizzano gli alimenti, è lavoro quello della pala eolica che trasforma il vento in energia elettrica, ma nel nostro caso parliamo di un lavoro specifico che è quello realiz- zato da strutture identificate come soggetti umani che trasformano “cose” materiali e immateriali, un lavoro che non ha uguali perché è prodotto da soggetti che sono in grado di avere memoria e storia, di elaborare concetti ed esperienze, di provare emozioni, di esercitare il conflitto e di cooperare; è il lavoro degli essere umani, un lavoro che non può essere osservato e analizzato allo stesso modo del lavoro della pala eolica.
In secondo luogo è essenziale ripartire dal lavoro umano quando siamo di fronte a processi di cambiamento come quelli che stiamo vivendo in questi anni, perché è il lavoro e l’uso della forza lavoro che stanno alla base di tali cambiamenti che trasformano la qualità della vita dentro e fuori i luoghi di lavoro. Per i lavoratori e le loro rappresentanze i cambiamenti sono nello stesso tempo un insieme di problemi e di opportunità, ma queste ultime possono essere colte solo se si è in grado di capire e trasformare in azione il ruolo, la profondità e l’ampiezza del lavoro individuale e collettivo che sta alla base dei risultati globali e locali di sistemi costituiti da fabbriche, filiere e reti produttive.
In terzo luogo è significativo definire il contesto nel quale parliamo
del lavoro che nel nostro caso è ristretto al lavoro industriale
xxxxxxxxx e affronta la domanda: “che cosa è il lavoro oggi?”. La risposta richiederebbe anche un lavoro storico comparato perché la fabbrica meccanica oggi é molto diversa da quella di duecento anni fa, ma crediamo che alcuni elementi fondamentali continuino ad essere ancora validi: la qualità e quantità del lavoro e la sua valorizzazione dipendono ancora dal progetto e dall’evoluzione della divisione del lavoro, dal disegno organizzativo con i relativi rapporti funzionali, gerarchici e di discrezionalità fra i lavoratori, dall’accresciuta complessità dei prodotti e dei processi e dal livello di conoscenza ed esperienza necessari. Inoltre oggi dobbiamo fare i conti con una percezione “moderna” del lavoro la quale sembra averlo emarginato come valore soggettivo e sociale, in questo modo c’è un diverso rapporto con il lavoro, in relazione al punto di vista, da parte di chi lo svolge e lo vende, di chi lo osserva, di chi lo compra e di chi lo comanda.
Da questi punti ci sembra possibile intraprendere il percorso per en- trare nel lavoro e comprenderne alcune dimensioni.
Il lavoro umano viene normalmente percepito dai lavoratori stessi e dai rappresentanti sindacali come una struttura poliedrica formata da superfici che riflettono concetti diversi a volte complementari, contradditori o sconnessi; l’insieme di questi concetti ci rimanda ad una struttura complessa che rappresenta appunto un puzzle i cui elementi hanno una loro “vita” propria, ma nell’insieme mostrano un tutto del soggetto e le connessioni delle parti le quali sono variabili, dinamiche e soggettive in relazione al supporto umano che le contiene; alcune componenti del sistema uomo che lavora possono essere le seguenti:
corpo, mente; soggettivo, collettivo; cooperazione, conflitto; esecu- tivo, progettuale; identità, fatica; femminile, maschile; formale, reale; creativo, alienato; …
Attraverso questa struttura la visione da parte del lavoratore della sua condizione sembra essere articolata su tre livelli:
nel primo livello il lavoratore si concentra sugli elementi essenziali della condizione di lavoro che sono relativi alla occupazione, nel sen- so della garanzia del proprio posto di lavoro, al salario di risultato, detto contrattualmente premio di risultato, al salario professionale e agli orari (tempo di lavoro, turni, giorni di lavoro).
Nel secondo livello il lavoratore ha, normalmente, un’ attenzione molto ridotta su altri problemi che influenzano gli elementi pri- mari della condizione di lavoro, quali l’organizzazione del lavoro, la formazione professionale, la prestazione individuale e la salute e sicurezza, perché queste sembrano tematiche più alla portata delle rappresentanze sindacali che però determinano pesantemente la con- dizione complessiva del lavoratore. Questi elementi complementari rappresentano un territorio di lavoro specifico della professionalità sindacale di quei lavoratori che in fabbrica e fuori si assumono la responsabilità di rappresentare le lavoratrici e i lavoratori.
All’interno di queste prime riflessioni significa che l’operatore sinda- cale deve essere in grado di leggere, di valutare e di comprendere che il lavoro umano è la risultante di un insieme di fattori che non pos- sono essere semplificati. Per esempio possiamo fare delle riflessioni su alcuni di questi fattori ritenuti primari:
osserviamo la fatica che il nostro soggetto subisce e percepisce in quanto egli è formato di corpo e di mente, essa c’è sempre in qualsiasi lavoro in quantità e qualità che il lavoratore dovrebbe essere in grado di sopportare e metabolizzare a breve termine nell’impegno musco- lare e a medio lungo termine nell’impegno mentale; su quest’ultima ancora oggi le valutazioni di impatto non sembrano ancora in grado di creare delle relazioni dirette di causa ed effetto fra fatica mentale e relativa sofferenza temporanea o permanente, effetti che incidono sulla prestazione lavorativa e sulla salute del soggetto.
Parlando di identità continuiamo a visualizzare almeno due elementi di questa variabile che, da un lato, vede “l’oggetto” realizzato dal lavoratore come immagine di se cristallizzata delle proprie capacità costruttive e dall’altro lato il “potere” generato dall’esercizio delle propria discrezionalità operativa sul prodotto specifico e nel sistema delle relazioni di integrazione con gli altri soggetti in contesti funzionali o interfunzionali.
Nel terzo livello il lavoro umano può essere rappresentato dalla forza che il soggetto mette in campo come complemento e causa della fatica e dell’identità. La forza sembra rappresentare lo strumento che consente il processo di trasformazione delle risorse in prodotto, la forza si esercita con la fisicità e la visibilità dell’azione corporale, ma non può prescindere da un “fisicità” cognitiva che pilota l’agire e che avviene all’interno del sistema che attraverso la cultura, il sapere scientifico, il sapere tecnico e l’esperienza (in senso lato) plasma e
governa i processi produttivi del soggetto e dell’insieme dei lavoratori. I tre livelli sopra indicati possono essere “visti” attraverso percorsi che rendano evidenti i cambiamenti delle risorse “manipolate” in quello che comunemente chiamiamo il processo di trasformazione: l’elemento più semplice si rende evidente quando la trasformazione agisce in presa diretta sulla materialità degli oggetti, ma ciò sembra essere solo la punta dell’iceberg di processi cognitivi complessi che coinvolgono l’elaborazione immateriale dell’oggetto realizzato indipendentemente dalla natura stessa dell’oggetto. In pratica quando il montatore realizza un pezzo la parte del lavoro esecutivo è l’atto finale di una elaborazione che coinvolge tutti gli elementi che influiscono nel risultato come: il disegno, le tolleranze, le attrezzature, l’esperienze sulla famiglia di montaggio, le anomalie e le regolazioni in un processo di analisi, di progetto e di azioni. Quindi il lavoratore introduce direttamente il suo sapere e la sua esperienza negli oggetti che trasforma e dal punto di vista complementare i prodotti contengono e rappresentano il sapere/esperienza dei lavoratori che li hanno progettati e costruiti. Lo stesso sviluppo storico di un prodotto rappresenta l’evoluzione del lavoro umano in esso congelato e accumulato. Un identica dinamica può essere evidenziata per attività lavorative dove la trasformazione è indiretta, cioè mediata attraverso macchine sempre più complesse che hanno cristallizzato al proprio interno il sapere e l’esperienza dei lavoratori storicamente precedenti e nelle versioni informatizzate tale conoscenza può essere aggiornata e sviluppata in tempo reale; il vecchio quaderno degli appunti viene introdotto e tradotto nel software della macchina meccanica o elettronica (ad esempio i CAD).
Un elemento ulteriore pone a sintesi le componenti precedenti perché
con esso si misura la natura stessa del prodotto realizzato. Quando il prodotto è di natura fisica il rapporto fra il lavoratore e l’oggetto è di tipo naturale, storico e ancestrale; il rapporto sembra essere più vicino agli oggetti quotidiani, il prodotto si può toccare, vedere, an- nusare, ascoltare ed è percepibile con almeno uno dei sensi fonda- mentali.
Anche se rimane difficile ricostruire la quantità e la qualità del lavoro storico/sociale che ha prodotto la morfologia dell’oggetto perché nella materialità degli oggetti è contenuta una immaterialità di signi- ficati e di esperienze, storicamente accumulatesi, che rappresentano il meta lavoro cognitivo che i vari “esecutori” progettisti/costruttori
hanno realizzato per portare a compimento il risultato funzionale/ emozionale contenuto nell’oggetto realizzato.
Tutto ciò appare generico e spesso incomprensibile se letto dalle definizioni canoniche del significato di “lavoro umano”: così il lavoro è visto come attività che trasforma allo scopo di produrre, il lavoro come valore primario, il lavoro come uso della forza-lavoro, il lavoro come prestazione subordinata, il lavoro come contratto d’opera. In tutte queste visioni c’è una parte di verità ma non è comprensibile la natura complessa e profonda del lavoro umano che è sempre indi- viduale e collettivo sia nel suo sviluppo storico sia nella soggettività attuale. In estrema sintesi dalla clava, al martello, alla pressa c’è un filo conduttore che unifica il lavoro umano, lo storicizza e ne assom- ma il sudore realizzativo e cognitivo; così come il software sembra essere il risultato del lavoro di costruzione di linguaggi con i quali si producono processi elaborativi/cognitivi; si è passati dai suoni ver- bali per trasferire senso e significati ai codici per descrivere la realtà e codificarla con soli due numeri: lo zero e l’uno, con tutto questo c’è ancora bisogno di molto lavoro di ricerca operativa per descrivere la realtà micro o macro che sta intorno al lavoro umano.
Un lavoro umano sempre meno fisico, diretto, esecutivo e sempre più
orientato all’analisi, alla ricerca, alla produzione di dati, di criteri e di linguaggi e con esso realizzare “macchine” meccaniche, informatiche o biologiche le quali diventano strumenti di trasformazione diretta delle materie prime in oggetti che realizzano funzioni operative ed emozionali. Una automobile o un computer sono la rappresentazione di prodotti che evidenziano le due funzioni: l’automobile è strumen- to di mobilità e di status, il computer è strumento di elaborazione e di comunicazione (come ad esempio l’emozione di “ciattare”).
Lo stesso lavoro umano può essere visto da angolazioni diverse in rapporto agli scopi specifici dell’osservatore. Le visioni sopra ripor- tate sono quelle tipiche della struttura sindacale che ha la sua “risor- sa” fondamentale centrata nel lavoro delle persone; è solo attraverso una approfondita analisi delle attività svolte che emergono i problemi e le opportunità di sviluppo di tutti gli elementi che caratterizzano la condizione del lavoro umano. In termini complementari sembrano possibili osservazioni simili dal punto di vista dell’impresa che vede il lavoro come strumento di trasformazione e costruzione di valore aggiunto e dal punto di vista dei lavoratori come soggetti che hanno la necessità di avare una forma di rapporto di lavoro che valorizzi
la prestazione all’interno delle diverse strutture di subordinazione diretta o indiretta.
In entrambi i casi il lavoro umano industriale, e non solo, è un pro- cesso sociale caratterizzato da un mix inevitabile di cooperazione e di conflitto attraverso i quali si esprimono le soggettività culturali, politiche, produttive e relazionali. In questo modo il luogo di lavoro metabolizza le relazioni gerarchiche e orizzontali, i processi tecno- logici e le identità individuali e collettive.
Elementi per condurre l’analisi
Quanto detto ci introduce all’analisi del lavoro umano come processo di trasformazione, ma è necessario avere strumenti per guardare il lavoro che consentano di “vedere” i soggetti in azione, le decisioni, i processi e i risultati.
L’analisi del lavoratore o dei lavoratori può essere diretta sul posto di lavoro o indiretta attraverso “il racconto” da parte dello stesso lavoratore dell’attività svolta. Nel primo caso l’osservazione visiva rende evidenti gli elementi generali e di superficie dell’attività che si sta cercando di analizzare: appaiono le componenti che strutturano le risorse che devono essere trasformate, gli strumenti materiali semplici o complessi che verranno usati, non sono evidenti quali e quanti sono gli strumenti immateriali e concettuali che vengono messi in campo, non sono evidenti i comandi di natura gerarchica che il lavoratore ha ricevuto, c’è una visione molto approssimativa del risultato. Se ci poniamo da osservatori tre domande possiamo al massimo rispondere solo in parte alla prima.
Xxxx deve fare il lavoratore? Come fa a costruire il risultato? Perché fa in quel modo?
Questo primo approccio diviene molto importante perché rende evi- dente la necessità di costruire una serie di strumenti e di criteri che ci permettano di condurre l’analisi della parte sommersa dell’iceberg lavoro attraverso le parole del lavoratore le quali mostrano il suo punto di vista del processo di trasformazione e normalmente per ef- fetto della divisione del lavoro si determina la necessità che l’analisi coinvolga non il singolo lavoratore ma un piccolo o grande insieme di lavoratori.
Nel percorso analitico alcuni elementi sono indici essenziali e complessi perché presentano una morfologia a geometria variabile e sono funzione del processo e del risultato specifico ottenuto dell’attività svolta;
un primo elemento è determinato dalla dimensione qualitativa e quantitativa del controllo esercitato: controllo delle risorse, del pro- cesso esecutivo, delle “macchine” materiali e immateriali, dei coman- di gerarchici, delle azioni discrezionali, del risultato e delle modalità stesse di controllo;
il secondo elemento è determinato dal processo decisionale che a cascata può derivare dalle azioni di controllo, ma a questo livello interviene un meccanismo che moltiplica il coinvolgimento, la mo- tivazione e la creatività solo se il comando gerarchico “concede” au- tonomia al lavoratore o al team affinché essi possano applicare le pro- poste per migliorare il processo e il risultato. Nel caso contrario tale meccanismo operativo viene disincentivato, represso e demotivato con il risultato che il sapere e l’esperienza dei lavoratori non viene utilizzata e come sottolineano spesso gli stessi lavoratori che operano in questi contesti:”quando entro in fabbrica spengo il cervello, al mio capo non interessa”.
Un terzo elemento emerge solo quando ci sono le condizioni perché possano essere agiti i primi due elementi, questo elemento è la capacità di “progettare” che si esercita attraverso la definizione di interventi di cambiamento orientati all’innovazione che richiedono la visione e il controllo globale del processo, ma l’elemento ancora più diffusivo è la possibilità di analizzare gli errori, di apprendere da essi e di controllarli affinché non determinino risultati degenerativi. Questi meccanismi molto spesso sono esercitati dai lavoratori con modalità che li rendano invisibili e sommersi per non incorrere in sanzioni su presunti sconfinamenti relativi ai compiti e alle attività assegnate ai singoli individui o al team.
Se osserviamo più attentamente il lavoratore nel contesto operativo ci accorgiamo immediatamente che la sua attività è caratterizzata da almeno altri due comportamenti lavorativi che sono complementari al normale processo di trasformazione:
una prima attività è relativa al lavoro di gestione dei quattro pun- ti cardinali che incidono nel suo spazio operativo : le risorse che dovranno essere trasformate, i comandi o le regole generali e speci- fiche a cui è sottoposto, gli strumenti di lavoro di qualsiasi natura e
i prodotti “finiti” della sua attività. La gestione soggettiva di queste attività significa svolgere un lavoro organizzativo complementare e preparatorio alla trasformazione che non incide direttamente sul pro- cesso esecutivo ma che incrementa l’efficienza e l’efficacia del pro- cesso produttivo stesso.
Una seconda attività si caratterizza come un lavoro di integrazione comunicativa e relazionale, anche in questo caso si sviluppa nelle quattro direzioni già indicate, la cui azione operativa è il risultato di un sistema di relazioni che si strutturano verso i colleghi sul piano formale e non formale. Su ogni ramo la relazione può instaurarsi con uno o più soggetti e con linguaggi (dialetti) diversi che richiedono livelli di integrazione che possano determinare intrecci e sovrapposizioni di senso per rendere efficace i processi comunicativi fra diversi processi informativi e descrittivi. L’esempio tipico è caratterizzato dalla relazione che si intreccia, direttamente o indirettamente attraverso il lavoratore che ha prodotto un “oggetto” e nello stesso tempo ne ha prodotto anche il linguaggio descrittivo e funzionale e chi deve impiegare e/o trasformare lo stesso “oggetto” con strumenti, processi e altri linguaggi specifici. Questa è la classica differenza fra chi ha progettato un coltello e chi deve forgiare il tondino di acciaio per ricavarne il coltello. Integrare le due attività richiede che i due soggetti interagenti possano acquisire una conoscenza seppure minima dei reciproci linguaggi affinché sia possibile l’interazione. Normalmente nei contesti produttivi sono innumerevoli le situazioni nelle quali non avvengono processi di interazione che quindi sono fonti di errori e di inefficienze le quali, ovviamente, si scaricano spesso nella ricerca del colpevole e nella costruzione di confini e della loro difesa, il tutto avviene con perdite economiche difficilmente imputabili sul piano qualitativo e quantitativo.
La prestazione
È in questo contesto operativo che si sviluppa il concetto di prestazione e che soggetti diversi e con obiettivi diversi tendono a massimizzarla e valorizzarla. La prestazione è formalmente la dimensione qualitativa e quantitativa del risultato conseguito nello svolgimento di un compito assegnato; nel concetto di prestazione sono anche contenuti elementi che fanno riferimento all’adempimento di una obbligazione, a comportamenti che garantiscono un risultato nel tempo assegnato.
In questo ambito il concetto di tempo assegnato ha un contenuto di carattere generale e non si riferisce esplicitamente alle tematiche dei tempi assegnati al lavoro operaio e ripetitivo delle officine di produzione. La prestazione , così come il lavoro da cui essa deriva, ha molti aspetti caratteristici di tipo bivalente; la prestazione può essere individuale e collettiva (team, reparto, ufficio, azienda, rete, filiera, …) e per sua natura è normalmente variabile perché le condizione nelle quali essa si forma non sono mai ripetitive, in particolare quando la si osserva nel suo sviluppo complesso dalla micro attività del singolo addetto ad insiemi macro di attività realizzate da nuclei anche piccoli di lavoratori. Il tema della misura della prestazione rappresenta uno degli aspetti più affascinanti e complessi che riguardano la valorizzazione economica, professionale, … del lavoro umano individuale e collettivo e in particolare per quella classe di risultati prestativi che non hanno senso osservati solo sul singolo soggetto, ma che rappresentano il tutto del sistema umano che li ha realizzati e non sono o non sembrano essere la sommatoria dei singoli risultati. La prestazione così come il lavoro è sempre composta da una parte manuale, più in generale si potrebbe dire corporale, e da una parte mentale le quali sono materialmente inseparabili anche se nella logica organizzativa della divisione del lavoro spesso si sono sprecate energie per dividere il lavoro manuale da quello intellettuale come se fosse possibile dividere la prestazione esecutiva da quella operativa di risultato, anche parziale ma finito, e ancora da quella di controllo; perciò non sembra esistere una attività che non abbia bisogno di funzioni, seppure minime, di controllo in corso di trasformazione e a fine lavoro.
Infine i contesti di lavoro, anche minimamente complessi, sono carat-
terizzati da una specifica divisione del lavoro che possiamo sempli- ficare nella famiglia delle attività operative e in quella delle attività direttive, queste ultime hanno una forma particolare perché deb- bono produrre prestazioni gerarchiche di comando e governo di altri lavoratori che richiedono competenze professionali opportunamente formate e dimensionate.
La prestazione individuale, come abbiamo accennato in precedenza, può essere concettualmente schematizzata nelle sue due componenti: manuale e mentale; in quella manuale possiamo vederne le componenti più esecutive e meccaniche che possono essere gerarchicamente controllate, etero-regolate e sottoposte a vincoli
di varia natura: tecnici, organizzativi, sociali, …; in quella mentale o intellettuale possiamo solo analizzarne indirettamente la natura e la qualità perché siamo di fronte ad un sistema opaco, ma con specifici strumenti di indagine possiamo comprendere le dimensioni del lavoro “progettuale”, in senso lato, delle decisioni discrezionali, della difficoltà di esercitare il controllo gerarchico, della propensione all’autoregolazione e infine della difficoltà ad imporre dall’esterno dei vincoli operativi.
Infine la prestazione è collettiva perché i prodotti sono la sintesi di attività realizzate da un insieme di lavoratori, concentrati nella fabbrica o dislocati nella rete o filiera di imprese, i quali “devono” cooperare e integrasi per addivenire alla realizzazione del bene finale che nella struttura e nelle caratteristiche materiali e immateriali contiene il lavoro di tutti gli operai, gli impiegati, i quadri e i dirigenti che attraverso relazioni di interdipendenza hanno contribuito al processo produttivo globale.
Questo “tutti gli operai, …” deve essere anche contestualizzato stori- camente perché una automobile o un computer non è solo il risultato del lavoro di oggi, ma in questi prodotti sono concentrate e cristal- lizzate quantità notevoli di sapere scientifico, di tecnologia e di espe- rienza, cioè un insieme di lavoro umano che ha permesso di arrivare ai risultati attuali e che consentirà gli sviluppi futuri.
Il lavoro e la fabbrica
Osservazioni macro
“Alla luce di quanto sinora trovato, si può affermare che vi sono tanti metodi di compiere un’operazione quanti sono gli operai che la eseguono.
E due operai che lavorino esattamente nel medesimo modo non si troveranno mai: …”
X.X.Xxxxxxx, X.X.Xxxxxxxxxxx, X.X.Xxxxxx “Lo studio dei metodi di lavorazione e la determinazione dei tempi”
La fabbrica come luogo dove il lavoro si intreccia con il mercato. In questa sede non affrontiamo nessuna considerazione sulla natura del mercato e nemmeno sui processi che a livello globale o locale determinano i così detti “comportamenti” del mercato.
L’assunto di partenza, forse troppo semplice e banale, è determinato dalla richiesta del mercato o del cliente di acquisire un prodotto. Da questo punto di vista si instaura un doppio circuito che alla domanda del cliente l’impresa deve rispondere con un prodotto per soddisfare la richiesta, di conseguenza il processo produttivo globale, dalla progettazione alla costruzione, deve essere in grado di realizzare il prodotto richiesto, ma il tutto è retto dal lavoro “vivo” delle persone che devono avere le competenze e le esperienze per comprendere i bisogni del mercato, per realizzare il prodotto con i processi disponibili o con lo sviluppo degli stessi. Se le competenze del lavoro non sono coerenti con il mercato si possono generare dei conflitti che molto spesso si traducono in sofferenze economiche per l’impresa e problemi occupazionali per i lavoratori. Per comprendere meglio questo punto ipotizziamo che una fabbrica di automobili produca un unico modello, spartano e a basso costo ad esempio la Ford T nera, ma se il mercato richiede un auto fatta di tanti modelli, con un grosso apparato di accessori a richiesta e dove il prezzo possa essere medio- alto allora il circuito (mercato, prodotto, processo, lavoro e viceversa) di risposta al mercato non appare adeguato e in primo luogo è il lavoro nella sua globalità (dalla fabbrica alla rete) che deve essere in grado di rispondere alle richieste del cliente.
Quindi dal punto di vista dei lavoratori e delle loro rappresentan-
ze è importante condurre una ricognizione sulle caratteristiche del mercato di riferimento dell’impresa per comprendere se la struttura professionale di fabbrica è in grado di produrre ciò che il mercato richiede in termini di competitività. Per realizzare questa indagine non servono, normalmente, consulenti specializzati, ma è sufficiente raccogliere le osservazioni dei lavoratori che sono direttamente o in- direttamente a contatto con i clienti e rilevando i dati seguenti: PRODOTTI
-le tipologie
-le famiglie
-la struttura tecnologica (meccanico,elettrico,elettronico,software, ...)
-le dimensione dei lotti MERCATI
-i prodotti acquisiti dal mercato
-i livelli e la natura della personalizzazione
-i mercati di presenza dell’azienda
-i concorrenti: dove vendono, cosa vendono
PROCESSO
-l’occupazione: operai,impiegati,quadri e dirigenti
-le aree funzionali
-i principali fornitori
-le tecnologie di processo più significative
-il modello organizzativo (funzionale, per processi, a matrice,...)
Da questa angolazione cominciamo ad osservare il processo globale di produzione che normalmente sarà formato da una o più catene seriali di aree funzionali e altre aree di servizi in serie o in parallelo ai processi principali. La prima indagine riguarderà la ricostruzione della filiera interna all’impresa attraverso la quale possiamo ripercor- rere le fasi che dalla richiesta del cliente portano al prodotto finito da consegnare; i passaggi sequenziali più classici sono rappresentati dalle funzioni seguenti: commerciale, progettazione, pianificazione , lavorazioni su macchine e montaggio; per ogni area presente saranno rilevate le quantità occupazionali che consentiranno, in un secondo momento, di analizzare le attività e i processi lavorativi con maggiore dettaglio.
Questo lavoro consente alla rappresentanza sindacale di individuare i primi macro problemi che rendono incoerente (o inefficiente/inef- ficacie) la catena lavoro-processo-prodotto-mercato in particolare per quanto riguarda l’uso delle competenze professionali dei lavoratori e di conseguenza i processi di formazione continua; un altro elemento è dato da una prima valutazione della divisione gerarchica del lavoro con le relative aree “feudali” di influenza che tendono ad abbassare i livelli di cooperazione e di integrazione nelle relazioni di interdipen- denza e nei processi interfunzionali: ad esempio l’apparente efficien- za funzionale di un area può nascondere una significativa inefficien- za di un intera filiera e dei relativi processi collaterali.
In realtà la situazione produttiva di un impresa è valutabile solo se vengono eseguite analisi sul campo dei punti di efficienza/inefficien- za nei quali si manifestano classi di indicatori di perdite che possia- mo genericamente segnalarne alcune: documentazione insufficiente o non corretta, scarti, rilavorazioni, tempi di attraversamento lunghi, tempi di consegna non rispettati, tempi di set-up elevati, work in pro- cess alti, problemi nel sistema informativo, insufficienti competenze funzionali e di processo, problemi di manutenzione, metodi di lavoro inefficaci, scarsa interfunzionalità, problemi di formazione.
Osservazioni micro
L’analisi micro ha come presupposto che il lavoro umano sia collo- cato in due sole posizioni:
nella prima il lavoro è congelato negli “oggetti” e come abbiamo già riferito nella loro storia evolutiva;
nella seconda posizione esso è nella memoria collettiva e individuale dei lavoratori e in questo caso il contenuto storico può essere complesso da ricostruire, ma per i nostri obiettivi le conoscenze attuali possono essere, di norma, sufficienti per l’analisi dei processi. Come abbiamo precedentemente indicato il processo globale di realizzazione di un prodotto è la rappresentazione complementare del prodotto stesso, il processo è come lo stampo del prodotto.
Quindi l’analisi micro è supportata da tre elementi con i quali ricostru- ire le criticità del prodotto e del processo:
-le attività di lavoro
-il lavoratore o la lavoratrice
-il colloquio individuale
Il progetto di analisi si costruisce e si realizza in stretta collaborazione con la Rappresentanza Sindacale di fabbrica per determinare gli obiettivi, le attività da osservare, i lavoratori da coinvolgere con i quali realizzare i colloqui. In alcuni casi questo percorso è stato costruito e attuato insieme alla Direzione Aziendale previa la definizione di un accordo con il quale è stato definito e condiviso il percorso.
In un caso operativo le Parti hanno condiviso e realizzato il percorso seguente:
-l’obiettivo comune era la valorizzazione e lo sviluppo del lavoro dei progettisti di medio livello professionale.
-l’analisi è stata condotta su un nucleo di progettisti dalla RSU men- tre la Direzione Aziendale ha lavorato con i responsabili gerarchici dell’area;
-i risultati delle osservazioni sono stati discussi con i partecipanti in ap- positi gruppi di lavoro formati dai lavoratori coinvolti nell’analisi che han- no permesso la selezione, la convalida e la condivisione dei dati emersi;
-le Parti hanno discusso e assemblato una proposta che è stata sot- toposta a tutti i lavoratori progettisti per le valutazioni, le modifiche e l’approvazione;
-infine le Parti hanno sottoscritto in un accordo applicativo della pro- posta realizzata.
Quindi, in generale, dal lavoro macro realizzato con la RSU si scelgono le aree funzionali o l’area su cui realizzare le osservazioni; i criteri di scelta sono relativi alle criticità (esempio: scarti, modifiche, disegni, distinte base, …) dell’area e dei ruoli (esempio: progettista, montatore, conduttore di macchina, pianificatore, …) svolti dai lavoratori. Fra i lavoratori che svolgono gli stessi ruoli il criterio di scelta normalmente impiegato è quello delle competenze professionali di contesto ovvero da una elevata esperienza lavorativa nell’area.
Determinate le condizioni sopra descritte siamo in grado di realizzare i colloqui che non vanno confusi con questionari assistiti, interviste con insiemi di domande o con l’incontro psicoanalitico. In questo caso il colloquio è regolato da una sola domanda che determina il confine e il grado di libertà dell’incontro.
La struttura del colloquio è formata da elementi che devono essere as- solutamente evidenti e compresi dal lavoratore che volontariamente si è reso disponibile a sottoporsi al colloquio:
-il fine del colloquio deve essere esplicito e condiviso dal lavoratore;
-la responsabilità dei dati e delle informazioni è del soggetto che esegue il colloquio;
-la riservatezza delle informazioni emerse è sempre a carico di chi svolge il colloquio;
-il colloquio si apre con alcune informazioni preliminari sul lavora- tore;
-la domanda di apertura è così articolata:”PUOI PARLARE DEL TUO LAVORO?”
-il colloquio deve avvenire in una stanza di dimensioni normali, nella stanza non ci sono e non circolano altre persone, il lavoratore e chi esegue il colloquio stanno seduti l’uno di fronte all’altro come al tavolino del bar, i lavoratore deve avere a disposizione carta e penna per schemi, disegni e appunti.
-chi esegue il colloquio deve tenere la posizione dell’ascoltatore e interrompere il colloquio solo per chiarimenti, approfondimenti o complementi, inoltre non interviene nel merito delle affermazioni che sente e non deve esprimere opinioni ne dirette ne indirette.
-chi esegue il colloquio non effettua registrazioni elettroniche audio o audio/video, egli prende esclusivamente appunti cartacei. Gli appunti cartacei generano meno ansia al lavoratore e l’elaborazione successiva è relativamente “più semplice” anche se è pur vero che un colloquio registrato può fornire una maggiore quantità di informazioni, ma l’elaborazione è senza dubbio più complessa. Con entrambi i metodi la trascrizione del colloquio dovrebbe essere comunque rivista e valicata dal lavoratore stesso, i diversi percorsi metodologici dipendono dalle dimensioni dell’obiettivo e dai tempi e risorse disponibili per realizzare l’indagine.
-il tempo del colloquio può variare da una a due ore, ma in realtà il tempo è molto incerto e poco pianificabile perché dipende molto dall’empatia che si crea con il lavoratore il quale è abituato a svolgere il ruolo affidatogli e non a raccontare come si sviluppa la sua attività. L’esperienza ha insegnato che per moltissimi lavoratori è la prima volta che si trovano a raccontare quello che fanno; per il lavoratore il raccontare è molto faticoso anche perché il linguaggio verbale è uno strumento poco adatto per descrivere e dare forma alla complessità del lavoro.
Ora vorrei ritornare al tema degli appunti che possono generare ansia nel conduttore del colloquio nel tentativo di non perdere informazioni e significati; sembra che il problema non sia quello di registrare linearmente e completamente il “racconto” del lavoratore, ma di cogliere degli spunti significativi, per i nostri obiettivi, che possano essere sviluppati in tempo reale nel colloquio; appare chiaro che in questa modalità viene a mancare il dato di completezza, ma credo che non sia materialmente possibile conoscere in ogni dettaglio il lavoro umano attraverso la sua descrizione orale perciò in questo modo sembra già un grande risultato raccogliere frammenti che evidenzino quelle “piccole” o “grandi” differenze (i delta) che normalmente il lavoratore introduce nell’agire lavorativo al fine di giungere al risultato richiesto e spesso al risultato migliorato o innovato. Quindi la raccolta e la selezione dei frammenti diviene il nostro obiettivo principale che ci permetterà di effettuare delle considerazioni successive montando e smontando l’insieme dei dati micro e macro raccolti con le modalità sopra descritte. In metafora la condizione di chi esegue il colloquio si assomiglia a quella dell’archeologo che in un sito raccoglie frammenti di oggetti materiali e dall’insieme dalle
conoscenze storiche, di contesto e dalla sua esperienza deduce e/o induce considerazioni per esempio sulla cultura degli abitatori di quel sito. Nelle nostre indagini noi abbiamo un significativo vantaggio nei confronti dell’archeologo perché i nostri soggetti sono vivi e possiamo confrontare con loro le nostre osservazione.
Per quanto riguarda le informazioni preliminari che ho sopra accen- nato esse sono caratterizzate da alcuni dati oggettivi e necessari ad inquadrare il ruolo attuale, la storia lavorativa precedente e i percorsi formativi del lavoratore:
-il titolo di studio e altri percorsi formativi
-l’anzianità in azienda
-i ruoli svolti in altre aziende prima dell’attuale
-i ruoli svolti in azienda prima dell’attuale
-il ruolo attuale
-la qualifica (operaio, impiegato,quadro, dirigente)
-la categoria contrattuale
Temi standard di elaborazione dei colloqui
Le seguenti indicazioni generali esemplificano un insieme di temi per obiettivi direttamente sindacali che sono normalmente impiegati per la costruzione di richieste sindacali o per la gestione dei risultati dei contratti:
L’occupazione Il salario
L’inquadramento L’orario
L’organizzazione del lavoro (esempio, l’applicazione del sistema toyota) La salute le la sicurezza
La formazione professionale La prestazione dei lavoratori
La prestazione degli operai sottoposti a vincolo di tempo (metodi e tempi) L’analisi delle perdite nel processo produttivo globale
Esempio sintetico di analisi condotta da una struttura sindacale: Il lavoro e l’azione sindacale in una azienda meccanica di componenti
“Prestazioni professionali e criticità organizzative”
Una Lavoratrice: “Siamo donne,
facciamo come gli uomini, ma siamo considerate niente.
Il lavoro di indagine è stato realizzato con colloqui mirati a lavoratri- ci e lavoratori e con l’analisi di alcune filiere di prodotto realizzate con la RSU.
a) Lavoratrici e lavoratori
(In questa sezione sono riportate una selezione delle frasi delle per- sone che hanno partecipato ai colloqui così come sono state raccolte negli appunti, inoltre si è cercato di apportare il numero minore pos- sibile di modifiche alle frasi raccolte. I punti dove il dialogo è inter- rotto rappresentano informazioni che sono state omesse affinché non sia possibile identificare la persona o il luogo di lavoro.)
Operaia 4a categoria.
Sono operatrice …, mi gestisco tutto da sola. Arrivo sempre prima per accendere la macchina.
Faccio la verifica complessiva e preliminare dello stato della mac- china con chiavi e cacciaviti.
Siamo donne, facciamo come gli uomini, ma siamo considerate niente. Assisto l’impianto: pronto intervento nelle posizioni, sostituzioni, in- segno, aggiusto le posizioni in caso di fermate.
Nell’ultimo anno lavoriamo più pezzi complessi.
Nelle fermate quando io intervengo le tre lavoratrici sono ferme. Se io non ci sono lo fanno le ragazze, ma non è il loro compito.
Devo seguire dieci persone: …
A volte siamo fermi per mancanza di materiale, …. Il capo decide dove andiamo a lavorare. Se non c’è il capo decido io, … parlo con gli altri operatori.
A volte per caricare le tramogge bisogna fermare la linea.
Certe volte faccio piccole manutenzioni e cambio un pezzettino, ma oggi possiamo muoverci meno.
Un pochino gli occhi rubano l’arte al manutentore.
Ho imparato dall’operaio di 5a categoria che faceva le stesse cose che
faccio io oggi. Operaia 4a categoria.
Io faccio l’operatrice sul primo troncone. Fra il mio collega ed io lavo- riamo in abbinamento, conosciamo il primo ed il secondo troncone. Quando la macchina va in blocco io intervengo, ….
La macchina ha fermate tecniche, circa un ora per turno. Le fermate per cambio lavorazione vanno da 1 a 5 a turno (tempo medio di un cambio 25 minuti). Quando ci sono fermate per manutenzione io mi sposto su altri lavori.
Io devo seguire in tutto la macchina, … Noi lavoriamo con disegni e distinta base.
Io non faccio recupero pezzi, gli scarti vanno al macero a meno della
….
Sono stata assegnata al lavoro di operatrice attraverso un processo di auto-apprendimento, allo stesso modo per le macchina.
Quando la macchina si ferma indico al manutentore dove è il problema e la sua natura.
I particolari possono essere mancanti e prevalentemente su sette esterni, i mancanti fanno slittare i programmi. I programmi sono sempre adattati in giornata.
Quando manca il capo, alla mattina presto e alla sera, io e il mio col- lega con il magazziniere gestiamo il programma di lavoro.
Scarti: quelli che escono dal mio troncone vengono buttati e io inter- vengo con la manutenzione corrente. Xxxxxx anche i ripristini su tutte la fasi.
Il problema è la variabilità dei clienti per cui i pezzi sono sempre diversi.
Ho una cassettiera con tutti i disegni dei clienti.
Il computer lo governo io. Abbiamo imparato con il tecnico esterno alla cabina.
Ho appreso in orario di lavoro con una persona che mi sostituiva al carico/scarico.
Operaia 3a categoria.
Ogni due giorni cambio posizione, oggi sono al controllo chiusura; normalmente lavoro su quattro posizioni e sostituisco quelli che van- no in pausa. Quando la linea è ferma io so e decido cosa fare: vado sul banchetto o al collaudo manuale.
Le persone che sostituisco sono tutte di 4a categoria.
Quando si va al banchetto si ripara: trovare il guasto, riparare e se c’è
bisogno si collauda.
Ho insegnato a tanti lavoratori, mi chiedono di far vedere come si fa, credo che sia dovuto.
Operaia 3a categoria.
Mi gestisco il robot: fermate, xxxxx, girare le teste, sostituire i punti di contatto.
Oggi sono su un altro robot e devo gestire gli allarmi e i cambi. Per fare i cambi mi organizzo prima.
Se l’operatore ha fiducia io mi posso gestire completamente.
Il lavoro mi fa pensare a ciò che devo fare prima e dopo il lotto. Ho imparato dagli operatori, poi ho fatto un corso.
Io ho chiesto di fare certe regolazioni ma mi è stato detto di no. Durante gli interventi dell’operatore o del meccanico io guardo e cerco di carpire qualche segreto.
Ho fatto un corso di trenta ore, ci hanno insegnato i sette strumenti, ma la qualità mi sembra che degradi, vedo tante difettosità.
Operaia 3a categoria.
Devo riparare i pezzi a fine linea, dovrei riparare in tempo reale. Dopo la verifica quelli scarto li smonto, li controllo (ricerca guasti e riparazione) poi li rimonto nel mio banchetto.
Nel lavoro di montaggio/smontaggio gestisco la classificazione, …,
dei guasti che trovo. Operaio 4a categoria.
L’operatore ha la responsabilità, controlla a campione, ferma le linee per intervenire, gestisce le persone in caso di fermate, esegue piccoli interventi per la rimessa in moto della linea.
Fermi linea, il primo intervento lo faccio io, se è piccolo, altrimenti chiamo la manutenzione, se viene la manutenzione devo sistemare sui banchetti le lavoratrici.
Amministrare le lavoratrici: farle ruotare, sostituirle, rifornirle, insegnare.
Caricare la linea: gestire i particolari, controllo codici e visivo, gestire le urgenze, gestire il cambio lotto in continua.
La formazione mi è stata fatta da un altro operatore e dal capo. Sui particolari: i problemi vengono più dalla produzione esterna. Quando il meccanico manutentore ripara io lo assisto.
Con l’altro operatore siamo molto coordinati, dobbiamo esserlo. Operaio 4a categoria.
Eseguo i controlli di processo sul prodotti finito e poi imballo.
Opero dal robot alla scatola: imposto il robot di controllo, imposto il nastro, attacco gli elettrodi, seleziono lo scarto.
L’altra persona che lavora con me: io la coordino tecnicamente e gestisco il cambio.
La parte informatica, il 50%, me la insegnata un altro operatore, il resto l’ho imparato sul campo.
Cambio il lotto in tempo reale (mentre il sistema funziona).
I fermi macchina: avvengono decine di volte nel turno, devo rimet- tere in moto, se c’è un guasto interviene la manutenzione, io sup- porto la manutenzione.
I cambi lotto avvengono 1 o 2 volte per turno, ci sono registrazioni
meccaniche e software da fare.
Non collaboro a fare il software, so fare piccole modifiche.
b) Le osservazioni emerse nei colloqui e assemblate secondo i criteri indicati in neretto
L’autonomia del lavoro professionale
Sono operatrice …, mi gestisco tutto da sola.
Assisto l’impianto: pronto intervento nelle posizioni, sostituzioni, in- segno, aggiusto le posizioni in caso di fermate.
Nelle fermate quando io intervengo le tre lavoratrici sono ferme. Se io non ci sono lo fanno le ragazze, ma non è il loro compito.
Il capo decide dove andiamo a lavorare. Se non c’è il capo decido io Certe volte faccio piccole manutenzioni e cambio un pezzettino, ma oggi possiamo muoverci meno.
Un pochino gli occhi rubano l’arte.
La cooperazione
Se io non ci sono lo fanno le ragazze, ma non è il loro compito.
Ho imparato dall’operaio di 5a categoria che faceva le stesse cose che faccio io oggi.
Le criticità Xxxx’ultimo anno lavoriamo più pezzi complessi. A volte siamo fermi per mancanza di materiale, …
c) L’analisi di filiera e le criticità indicate in neretto
Il ciclo lungo e spezzettato
L’analisi di filiera è stata realizzata su tre prodotti e ha posto in evidenza un processo produttivo abbastanza frammentato su più livelli, in particolare ciò è evidenziato nelle aree di fabbricazione dove il modello produttivo funzionale deve fare i conti con lo stoccaggio diffuso e la movimentazione dei particolari fra le aree.
Questa situazione è ancora più evidente se posta in relazione con prodotti la cui catena del valore sembra essere non eccessivamente ampia in rapporto anche alla relazione fra la parte di prodotto realiz- zata all’interno e quella realizzata all’esterno.
Il controllo e la gestione del ciclo
Il prodotto quando viene osservato attraverso il piano del processo costruttivo interno sembra mostrare una rete ridondante di controlli e riparazioni e una gestione necessariamente informale delle criticità. Questo processo sembra evidenziare un sotto utilizzo delle tecnolo- gie produttive e delle competenze funzionali e interfunzionali dei lavoratori, inoltre un tale processo richiede l’appesantimento delle strutture di controllo gerarchico delle funzioni.
I costi della filiera: gestione e integrazione
La struttura interna/esterna della filiera se da un punto di vista teori- co non è discutibile, dal punto di vista della complessità di gestione mostra una forte propensione a generare costi diretti o indiretti che sembrano, sul piano qualitativo, assorbire i vantaggi previsti sulla carta. In questo contesto si evidenzia un ulteriore generatore di costi per effetto di una diffusa mancata integrazione fra i lavoratori sia nel piano orizzontale che in quello gerarchico.
La filiera: flussi, magazzini e matrimoni
L’analisi della filiera evidenzia la mobilità dei particolari, ovvero la mobilità delle micro economie (costi di stoccaggio, di controllo, di riparazione) e nello stesso tempo la criticità dei “matrimoni” che si evidenziano nelle non conformità all’interno delle micro fasi di mon- taggio.
L’efficienza e il valore aggiunto
Nel sistema produttivo globale sembra emergere una efficienza produttiva insufficiente a coprire il valore aggiunto intrinseco dei pro- dotti realizzati, questa è una osservazione che andrebbe supportata da dati quantitativi, ma i segnali qualitativi emersi possono indicare solo ladirezione nellaquale può avvenire ilmiglioramento della efficienza.
d) I possibili interventi
1. La definizione di filiere compatte e integrate realizzazione di in- vestimenti in tecnologie di processo e in formazione professionale di prodotto, processo e gestione; applicazione di strutture orga- nizzative piatte con un ampia propensione tecnica e gestionale.
2. L’introduzione di azioni orientate alla riduzione dei costi del controllo: tempi, materiali, scarti, riparazioni.
3. Ai lavoratori viene assegnata e valorizzata una maggiore delega di autonomia orientata a ridurre i costi e i tempi e per migliorare la qualità dei prodotti.
4. La filiera dovrebbe essere caratterizzata da processi di organiz- zazione del lavoro integrati con l’utilizzo di team di filiera funzi- onali e interfunzionali.
Conclusioni
Queste note non propongono niente di nuovo, ma rappresentano una particolare sistemazione sintetica di osservazioni che possono essere utili a coloro che sono chiamati a rappresentare e costruire il punto di vista del lavoro umano all’interno dell’impresa.
La costruzione del punto di vista del lavoro è elemento essenziale per creare una identità individuale, collettiva e solidale del soggetto lavoro che nel contesto produttivo crea il valore aggiunto con il quale è possibile realizzare una contrattazione d’insieme delle condizioni di lavoro e in particolare di quelle che riguardano la salute e la sicurezza nel posto di lavoro.
Bibliografia essenziale di riferimento
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X.X.Xxxxxx, L’organizzazione scientifica del lavoro; Ed.Etas Kompass, Milano,1967
2. INDIVIDUAZIONE DELLE STRATEGIE VOLTE ALLA PROMOZIONE DEL BENESSERE PSICO-FISICO DEI LAVORATORI
Quali sono le caratteristiche (i determinanti di riferimento socio- politici ed economici che stanno alla base dell’impegno, da più parti proclamato, al miglioramento dello stato della salute e della sicurez- za nel lavoro) di riferimento al Governo (Government e governance) del sistema sanità in sinergia con il sistema lavoro?
E’ pensabile un sistema di governance per la qualità del lavoro e della sicurezza nel lavoro che abbia come riferimento un sistema aperto e di relazione interistituzionale che, attraverso la concertazione e l’implementazione del dialogo sociale, possa avere influenza sulle condizioni di lavoro, sull’organizzazione del lavoro, seguendo logiche trasparenti e partecipate di prevenzione dei rischi?
E’ proponibile un’azione di governo e una risposta di governance che porti ad individuare nella prevenzione e nel lavoro “chiaro e si- curo” elementi operativi e di politica sociale ed economica che ab- biano riscontro nelle politiche attive del lavoro e della salute orien- tate all’occupazione, all’occupabilità, alla responsabilità sociale, alle condizioni di lavoro, alla qualità della vita lavorativa, alla competi- tività del lavoro, alla competitività dell’impresa, alla riduzione dei costi sociali ed economici dovuti all’insicurezza e al deficit di salute e di prevenzione nel lavoro?
Le strategie che possono essere individuate fanno riferimento ai seguenti fattori innovativi:
• Impegno per un’impostazione globale del benessere sul luogo di lavoro, prendendo in considerazione le trasformazioni del mon- do del lavoro, i processi riorganizzativi e ristrutturativi da mettere in relazione con l’insorgenza di “nuovi” rischi, in particolare psico- sociali. Si tratta quindi di affrontare con determinazione il migliora- mento della qualità del lavoro, della quale un ambiente di lavoro (e, più in generale, un impatto ambientale, interno - esterno, del lavoro e della produzione) sano e sicuro è uno dei componenti essenziali.
• Consolidamento della cultura della prevenzione dei rischi e combinazione di strumenti strategici differenziati (legislazione, innovazione organizzativa, organizzazione del lavoro, forme di outsourcing e delocalizzazione della produzione, dialogo sociale e partecipazione, spinte al progresso, incentivi economici, ecc.) attraverso anche la realizzazione di partenariati tra tutti i sog- getti attivi e attivabili nel campo della salute e della sicurezza nel lavoro (si pensi per esempio ai patti territoriali per la salute e la sicurezza nel lavoro).
• Attivazione di politiche sociali ambiziose (con forte riferimento
alla Governance e all’individuazione “aperta” di stakeholders – portatori di interesse) quali fattori di competitività.
• Sistemi di verifica e valutazione dei risultati raggiunti.
La mancanza di strategie comporta costi sociali ed economici che pesano in modo significativo sull’economia e sulla società. Da questo punto di vista diventa quanto mai importante sottolineare il ruolo che assume la concertazione (le responsabilità istituzionali di governo, insieme alle parti sociali), e il rapporto tra le parti sociali (dialogo sociale).
La salute e la sicurezza sono elementi essenziali ed indicatori condi- visi e adottati della qualità del Lavoro.
E’ importante, per capire questa affermazione che costituisce la trac- cia di riferimento su cui si attivano ricerche, direttive e regolamen- tazioni, fare riferimento alla strategia comunitaria in materia di sa- lute e sicurezza sul lavoro per il periodo 2002/2006, recentemente aggiornata. Tale strategia è stata elaborata con l’aiuto delle autorità nazionali e delle parti sociali. Essa è incentrata sulla promozione della cooperazione internazionale e sulla necessità di una cultura de- cisa della prevenzione. E’ in corso una nuova strategia per il periodo 2007-2012.
Il Parlamento Europeo sollecita una strategia per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro che attribuisca maggiore attenzione ai settori a rischio, come la siderurgia e l’edilizia, anche attraverso maggiori investimenti e il pieno ricorso ai fondi europei. Chiede una migliore applicazione del diritto UE, sanzioni più severe, il rafforzamento delle ispezioni e misure di prevenzione.
Ai lavoratori temporanei e atipici vanno garantite pari condizioni di sicurezza.
Approvando con 598 voti favorevoli, 20 contrari e 23 astensioni la relazione di Xxxxxx XXXXXXXX (PSE, UK) sulla proposta della Com- missione in merito a una strategia comunitaria 2007-2012 per la sa- lute e la sicurezza sul luogo di lavoro, il Parlamento sottolinea anzi- tutto che «la tutela del lavoro e della salute non solo contribuisce alla produttività, al rendimento e al benessere dei lavoratori, ma com- porta anche risparmi per l’economia e l’intera società».
Si ricorda peraltro che, secondo le stime dell’Organizzazione Inter- nazionale del Lavoro, nel 2006, nell’Unione europea, circa 167.000 persone sono morte a seguito di un infortunio sul lavoro o di malat- tie connesse all’attività lavorativa, mentre la Commissione stima che ogni anno 300.000 lavoratori subiscono un’invalidità permanente di gradi diversi. Il Parlamento europeo si compiace «dell’ambizioso obiettivo» della Commissione di ridurre in media del 25% il numero degli infortuni sul lavoro nell’UE, ma ritiene importante disporre di misure mirate e corredate di un calendario e di impegni finanziari che possano essere misurati e valutati.
Si esorta la Commissione a prestare particolare attenzione, nell’ambito della sua strategia, «alle attività o ai settori particolarmente inclini al rischio (ad esempio, metallurgia, edilizia, elettricità, attività forestale, ecc.)». D’altra parte, ritengono che il forte accento posto sull’assistenza alle PMI affinché soddisfino i loro obblighi in materia di salute e si- curezza «sia estremamente positivo».
Visti gli elevati pericoli cui sono esposti i lavoratori dell’industria mineraria, dell’industria estrattiva, dell’industria siderurgica e della cantieristica, il Parlamento chiede agli Stati membri e alla Commis- sione di liberare risorse sufficienti per i necessari investimenti volti a garantire la salute e la sicurezza sul lavoro. Gli Stati membri sono inoltre invitati a prendere in considerazione l’adozione di incentivi finanziari per promuovere la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro: sgravi fiscali o preferenza accordata nell’ambito delle gare d’appalto ad imprese sicure e aziende certificate dal punto di vista della salute e della sicurezza, introduzione di un sistema “bonus-malus” nelle polizze di assicurazione e contributi per la sicurezza sociale, nonché incentivi finanziari per la sostituzione di attrezzature obsolete o non sicure.
Il Parlamento impegna la Commissione ad avvalersi appieno dei fondi comunitari esistenti (segnatamente il Fondo sociale europeo) per le questioni relative alla salute e alla sicurezza: prevenzione e sviluppo di una cultura della prevenzione, sensibilizzazione, formazione professionale, apprendimento lungo tutto l’arco della vita, riadattamento e reinserimento dei lavoratori a seguito di una malattia professionale o di un incidente sul lavoro. Nel sottolineare la necessità di accordare un’attenzione particolare alle PMI, si dovrebbero destinare altri fondi comunitari (segnatamente quelli del 7° programma quadro di ricerca) e nazionali alla ricerca sulle malattie professionali.
E’ di massima importanza garantire una migliore applicazione degli attuali strumenti legislativi in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Le misure da prendere in considerazione dovrebbero comprendere requisiti per la qualità dei servizi di prevenzione e di ispezione sul lavoro, sanzioni più severe, una migliore valutazione dell’attuazione della normativa, lo scambio delle migliori prassi, il rafforzamento della cultura della prevenzione e dei sistemi di allarme preventivo, un maggiore coinvolgimento dei lavoratori sul luogo di lavoro e il rafforzamento del ricorso ad accordi di dialogo sociale. La Commis- sione deve inoltre ricorrere più diffusamente alle procedure di in- frazione.
E’ inoltre necessario che le ispezioni sul lavoro «costituiscano un fattore essenziale per l’attuazione della normativa sulla salute e la sicurezza» e si chiede quindi agli Stati membri di fornire ai loro Ispettorati nazionali personale e mezzi finanziari adeguati. Occorre inoltre aumentare il numero degli ispettori del lavoro (almeno 1 ispettore ogni 10.000 lavoratori), migliorare la qualità del loro lavoro offrendo una formazione più multidisciplinare e concentrare le ispezioni su settori prioritari e su comparti e imprese ad alto rischio di incidenti e con elevati livelli di gruppi vulnerabili.
La prevenzione «riveste un’importanza fondamentale»; è necessario attuare misure volte a garantire che i datori di lavoro riconoscano e si assumano le loro responsabilità prevedendo adeguati servizi di prevenzione in tutti i luoghi di lavoro. Dunque, è necessario assicurare che le attività di prevenzione siano svolte per quanto possibile
all’interno dell’impresa, garantire che il monitoraggio della salute vada di pari passo con la prevenzione e adattare sistematicamente al progresso tecnologico la legislazione relativa alla salute e alla sicurezza sul posto di lavoro.
Si è, inoltre in presenza di un’incidenza «troppo elevata» di infortuni fra i lavoratori temporanei, a breve termine e scarsamente qualificati. Una direttiva UE attribuisce ai lavoratori interinali gli stessi diritti degli altri lavoratori per quanto concerne la salute sul lavoro, ma non prevede meccanismi specifici per l’applicazione pratica di questo principio. E’ necessario colmare questa lacuna.
Nel rilevare il numero crescente di contratti di lavoro atipici, si riba- disce il principio che le condizioni in essi contenute «non devono com- portare dei rischi per la salute e la sicurezza».
La Commissione, inoltre, sta riesaminando le attuali procedure statistiche, in modo da individuare e misurare correttamente le malattie professionali, in particolare i tumori, al fine di stabilire obiettivi per la loro riduzione. E’ messa in evidenza la necessità di considerare la dimensione di genere nel trattare le questioni riguardanti la salute e la sicurezza sul lavoro, sostenendo che la riabilitazione e la reintegrazione dei lavoratori dopo una malattia o un infortunio sul lavoro «sono essenziali».
Infine, il Parlamento europeo, chiede alla Commissione di avviare una revisione della direttiva UE per promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento. Si proporre un codice di condotta europeo sulla prevenzione delle infezioni associate alle cure sanitarie e modificare la direttiva sull’esposizione ad agenti cancerogeni per includervi le sostanze tossiche per la riproduzione, rivedere i valori limite vincolanti e stabilire nuovi valori limite per alcuni agenti non ancora inclusi nella direttiva. Occorre poi valutare l’opportunità di prevedere che tutti i nuovi edifici destinati ad essere luoghi di lavoro siano provvisti di impianti antincendio a pioggia (sprinkler.)
La politica comunitaria in materia di salute e sicurezza sul lavoro mira, dunque, a migliorare in maniera duratura il benessere dei lavoratori dell’Unione Europea. Essa prende in considerazione la di- mensione fisica, morale e sociale delle condizioni di lavoro, nonché le
nuove sfide poste dall’allargamento dell’Unione ai paesi dell’Europa Centrale e Orientale. Proprio in tali Paesi, l’introduzione degli stan- dard comunitari in materia di salute e sicurezza sul posto di lavoro ha contribuito molto al miglioramento della situazione della qualità della vita lavorativa.
Per ciò che riguarda l’Italia si può dire, usando un eufemismo, che la situazione è davvero preoccupante.
Xxxxx accennare al fattore “mortalità” sul lavoro, che pone l’Italia in una situazione di forte criticità. Secondo il Ministero della Salute, i casi di morte sul lavoro sono stati, nel 2006, 1.250; gli infortuni totali 1 milione. Ma la cosa ancor più preoccupante (se mai si può fare una “graduatoria”, in questo senso!!) è rappresentata dall’incidenza del fenomeno infortunistico nel 2007 (i cui dati, al momento, non sono ancora consolidati) e all’inizio del 2008 .
E’ bene sottolineare che questi dati sono approssimativi per difetto in quanto, per esempio, vi sono grandi difficoltà di stimare le morti conseguenti a malattie contratte sul lavoro. Nelle statistiche sulle co- siddette “morti bianche” vengono conteggiati solo gli infortuni sul lavoro e mai anche le morti da malattia professionale, che ci fanno in- vece constatare come i morti per causa di lavoro ogni anno non sono i circa 1.300 di cui si parla, ma anche i 200 che rimangono nell’oblio (i morti per malattia contratta sul lavoro).
Va poi ricordato che è la stessa INAIL a sottolineare che proprio in Italia si stimano almeno 200.000 infortuni all’anno mai denunciati, e ciò dipende soprattutto dalla grande diffusione del lavoro nero e irregolare.
In Toscana la situazione permane grave. Se siconsiderache gli ambienti organizzati di lavoro più pericolosi sono quelli rappresentati dalla PMI, data la composizione della base produttiva Italiana e regionale, la necessità di impostare e gestire una strategia appropriata, mirata alla prevenzione, diventa essenziale e di grande rilevanza.
D’altra parte in questa regione si sono attivate o si stanno attivando esperienze importanti, dai Piani Sanitari regionali, a documenti programmatici, all’attivazione di programmi territoriali, in cui la partecipazione può avere un ruolo assai propositivo e, infine, ad azioni di integrazione delle politiche attive per la salute e la sicurezza sul lavoro, provenienti da Assessorati regionali e territoriali sub-regionali, quali, ad esempio, Ambiente, Attività Produttive, Salute, Lavoro, …
Il problema è rappresentato dalla necessità di guardare avanti, utiliz- zando gli strumenti che si hanno già a disposizione e quelli che si devono organizzare (qual’è per esempio, il “Testo Unico” e tutto ciò che dal Decreto attuativo 81/2008 avrà seguito).
Il problema va dunque affrontato con determinazione e in una vi- sione prospettica, anticipando guasti e involuzioni.
Occorre inoltre impegnarsi nello sviluppo di una strategia più globale per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, che tenga conto di determinanti sociali, organizzativi, culturali, economici che hanno sicuramente influenza sulla qualità dei sistemi aziendali di sicurezza, in quanto la qualità del lavoro e dell’occupazione consta di varie componenti solidali:
• Tipo di qualifiche richieste per il posto di lavoro
• Livello di formazione dei lavoratori
• Natura del rapporto di lavoro
• Organizzazione del lavoro
• Orario di lavoro
• Decentramento del lavoro e divisione del lavoro
Il tema della prevenzione e della promozione della salute sul luogo di lavoro deve pertanto essere affrontato nel quadro dell’evoluzione generale delle attività economiche (più servizi), delle forme di occupazione (maggiormente diversificate), della popolazione attiva (con maggior numero di donne che partecipa al Mercato del Lavoro, di lavoratori anziani over 55 e di immigrati), e della società in generale (maggiormente diversificata, ma anche contrassegnata dall’esclusione sociale e dalle discriminazioni che si ripercuotono nei luoghi di lavoro).
Un’organizzazione e un ambiente di lavoro sani e sicuri sono fattori che migliorano le prestazioni dell’economia e delle imprese.
Le relazioni tra la salute nel luogo di lavoro e la competitività sono più complesse della semplice questione dei costi legati al rispetto delle norme.
La non qualità del lavoro si traduce in una perdita di capacità produt- tiva per l’economia.
Per esempio, in Europa, si stanno perdendo circa 500 milioni di giornate lavora- tive, ogni anno, a causa di incidenti sul lavoro o per malattie legate al lavoro.
Ovviamente vi sono anche costi sociali “insostenibili” da mettere in conto: basti pensare che in Europa, dal 1999, circa 350.000/anno persone sono costrette a cambiare occupazione o luogo di lavoro o a diminuire la durata del lavoro e quasi 300.000 all’anno presentano di- versi gradi di invalidità; 15.000/anno di tali persone restano escluse a vita dal lavoro. Al di là dei drammi di natura umana, si tratta di uno spreco di risorse tra l’altro in un contesto socioeconomico che pre- senta aspetti strutturali di invecchiamento della popolazione attiva. Per l’impresa la non qualità di condizione e di vita lavorativa si traduce in un degrado della sua immagine nei confronti del mondo esterno: dei lavoratori, dei clienti, dei consumatori e, più in generale, del pubblico che sembra essere sempre più sensibile ai temi legati alla sicurezza. Un ambiente di lavoro sano consente di affermare l’immagine dei prodotti o dei servizi di qualità e il suo miglioramento dipende da una strategia globale di “gestione della qualità” e di responsabilità sociale che apporta benefici alle prestazioni e alla competitività.
La strategia per la salute e la sicurezza in ambiente di lavoro dovreb- be accompagnare le trasformazioni e le nuove esigenze al fine di promuovere benessere sul luogo di lavoro. Benessere che sia tanto fisico che psicologico e sociale e che non si misura semplicemente con l’assenza di infortuni e/o malattie professionali.
La politica deve dunque misurare la propria qualità:
• Deve combinare i propri strumenti. Rimane essenziale l’impostazione normativa, che si tratti dell’adattamento per- manente alle norme esistenti oppure alla definizione di nuove norme.
• La carta dei diritti fondamentali recita:
“Ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro che rispettino la sua salute,
la sua sicurezza e la sua dignità”.
In un mondo del lavoro in profonda trasformazione è importante promuovere le spinte all’innovazione, attraverso verifiche delle prestazioni, basate su dati ed indicatori trasparenti e affidabili; at- traverso l’azione delle parti sociali interprofessionali e settoriali, ma anche attraverso iniziative volontarie delle imprese.
Risulta essere di fondamentale interesse il miglioramento delle conoscenze e la sensibilizzazione di tutte le parti in causa, nonché l’integrazione dell’aspetto della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro nelle politiche attive del lavoro, della sanità, delle attività produttive, degli affari sociali, e così via.
Insomma, sulla salute e il benessere della vita lavorativa occorre, con molta determinazione, fare investimenti politici di government e governance di alto spessore e di grande impegno.
• Deve coinvolgere tutti i soggetti interessati, ad esempio i poteri pubblici, le parti sociali, le Imprese, i soggetti “facilitatori” (As- sicuratori pubblici e privati, consulenti, ecc.), nel quadro di una corretta gestione che si basi sulla partecipazione di tutti (gover- xxxxx).
Ciò per anticipare e trarre vantaggio dalle trasformazioni dell’ambiente di lavoro.
Occorre, cioè, elaborare una nuova strategia politica-sociale- economica basata su un’ampia consultazione preventiva che tenga conto di tutti i pareri espressi.
Accompagnare le trasformazioni nel mondo del lavoro
Oggi ci troviamo ad affrontare la transizione verso l’economia della conoscenza. Tale momento è contrassegnato da trasformazioni pro- fonde che riguardano la società, l’occupazione e gli aspetti legati alla salute e alla sicurezza sul luogo di lavoro.
Tali trasformazioni inducono ad assumere un’impostazione differente circa la politica da attuare in tale settore strategico e, talvolta, ad adottare nuove priorità.
Le trasformazioni non nascondono, tuttavia, una realtà ancora trop- po pesante: l’esistenza di tassi di incidenza degli infortuni sul lavoro particolarmente elevati in taluni settori che rappresentano un’ampia maggioranza degli incidenti che avvengono in questa Regione, in Ita- lia e nella UE.
Sette settori presentano un tasso di incidenza superiore alla media, destando quindi fortissime preoccupazioni (agricoltura, edilizia, servizi nel settore della salute e dell’azione sociale, industrie estrattive, industria manifatturiera, alberghi e ristoranti, trasporti). Questa incidenza diventa oltremodo preoccupante se si prendono
in considerazione solo le PMI e le piccole/piccolissime imprese: ad esempio, nel settore edilizio, ove il tasso di incidenza è superiore alla media del 41%, il divario passa al 124% per le imprese con 1-9 dipendenti e al 130% per quelle con 10-49 dipendenti (Eurostat e dati SEAT).
S’impone pertanto una vigilanza costante al fine di ridurre tali rischi
“tradizionali” e di sviluppare la prevenzione verso la PMI.
Trasformazioni della societa’ Una società più femminile
La più ampia partecipazione delle donne al lavoro introduce una nuova dimensione nel campo della salute e della sicurezza sul lavoro.
L’83% delle donne è impiegato nei servizi e questo può spiegare per- ché esse registrino un’incidenza di infortuni e malattie professionali sensibilmente inferiori a quella degli uomini e perché il loro rischio di subire infortuni sia inferiore.
Nonostante ciò, le donne subiscono un’evoluzione sfavorevole in quanto le attività nelle quali la loro presenza è dominante eviden- ziano un aumento dei tassi di incidenza, anche per quanto riguarda gli infortuni mortali sul lavoro.
Le donne fanno registrare percentuali nettamente superiori in determinati gruppi: 45% delle allergie, 61% delle malattie infettive, 55% dei problemi di natura neurologica; 48% dei problemi di natura epatica e dermatologica. Per contro, gli uomini rappresentano, ad esempio, il 93% dei problemi muscolo-scheletrici e delle malattie ematologiche, il 97% dei problemi all’udito ed il 91% delle malattie polmonari. Tali cifre evidenziano le specificità significative delle donne nei riguardi delle malattie professionali.
Le azioni di prevenzione devono pertanto prendere in considerazione in modo specifico la partecipazione crescente delle donne al mondo del lavoro, nonché i rischi per i quali le donne presentano una parti- colare sensibilità.
Tali azioni rivolte alle donne devono essere basate su ricerche che co- prano gli spetti ergonomici, la realizzazione e l’organizzazione dei posti di lavoro, gli aspetti dell’esposizione agli agenti fisici, chimici e bio- logici, nonché la valutazione delle differenze fisiologiche e psicologiche nell’organizzazione del lavoro e nell’attuazione del lavoro stesso.
Invecchiamento della popolazione attiva
Si sta assistendo ad un aumento della popolazione attiva di età su- periore ai 50 anni ed una contemporanea riduzione della fascia dei lavoratori più giovani.
I raffronti eseguiti, a più livelli istituzionali/territoriali (europei, na- zionali, regionali e sub-regionali), in base all’età dei lavoratori, di- mostrano che:
• I più giovani sono più spesso vittima di infortuni sul lavoro
• I più anziani (età superiore a 55 anni) subiscono gli infortuni più gravi con una mortalità superiore alla media.
• Sono i lavoratori più anziani ad essere colpiti dalle malattie professionali a lenta insorgenza, quali i tumori (in maggioranza ancora dovuti all’esposizione all’amianto), o le malattie cardiovascolari
• I lavoratori più giovani sviluppano di preferenza allergie o malat- tie infettive.
Tutto ciò dipende in larga misura dalla natura dei posti di lavoro oc- cupati dalle varie generazioni.
I lavoratori anziani tendono ad essere meno qualificati rispetto alle esigenze attuali e ad essere particolarmente presenti nei mestieri in- dustriali manuali.
I lavoratori più giovani sono presenti in maggiore misura nei rap- porti di lavoro più precari.
Tali differenze mettono gli attori sociali ed economici di fronte ad una responsabilità: quella di trovare una strategia globale della qualità dell’occupazione, prendendo in considerazione la situazione specifi- ca delle generazioni e delle fasce d’età per quanto riguarda il mondo del lavoro.
Trasformazioni nelle forme di occupazione il mercato del lavoro
Un riferimento costante della ricerca sullo stato della salute e della sicurezza del lavoro è, ovviamente,il Mercato del Lavoro.
Vediamo di focalizzare l’attenzione sull’offerta, in quanto è questo l’insieme socio-economico di interesse, insieme alla domanda di lavoro.
E’, infatti, in quest’area del lavoro che dovrebbero incidere
significativamente le buone prassi delle politiche attive del lavoro e
della sanità, affinché vi siano risposte alle necessità della prevenzione, quando questa esprime la necessità della partecipazione (recupero della soggettività del lavoratore) alle decisioni organizzative del sistema della salute in ambiente di lavoro, in cui si gioca la responsabilità (etica e sociale) delle Imprese.
Il mercato del lavoro ha conosciuto una radicale ristrutturazione, in presenza di una forte instabilità e della diffusione dei cosiddetti nuovi lavori a tempo parziale, o temporanei, o in subappalto. Ne risulta una struttura del Mercato del Lavoro profondamente mutata. Il nucleo centrale, che può ancora rappresentare il Mercato del Lavoro principale, è costituito da lavoratori dipendenti permanenti e a tempo pieno, con maggiore sicurezza del posto di lavoro, buone prospettive di carriera e di riqualificazione professionale. Questo gruppo deve, comunque, essere adattabile, flessibile e, se necessario, geograficamente mobile.
Intorno a questo nucleo centrale (che, se pur assediato, rappresenta ancora la maggioranza dei lavoratori) si delinea una periferia che comprende due sottogruppi piuttosto diversi:
• Un primo gruppo periferico comprende dipendenti a tempo pieno, dotati di capacità che sono ampiamente disponibili sul mercato del lavoro: si tratta di impiegati generici, segretarie, lavoratori meno qualificati addetti a lavori manuali e di ruotine. Con minori possibilità di carriera, questo gruppo tende ad essere caratterizzato da un’alta rotazione, il che ne rende relativamente facile la marginalizzazione e la riduzione (flessibilità in uscita);
• Il secondo gruppo periferico comprende i lavoratori part-time, i lavoratori occasionali, a contratto, in affitto, i lavoratori con contratti di formazione lavoro o contratti di apprendistato, ecc. Questi lavoratori sono legati al posto di lavoro con ancora molta precarietà e con sicurezza ancora minore rispetto al primo grup- po.
Tutti i dati statistici sembrano confermare che nell’ultimo decennio vi è stata una notevole crescita numerica dei lavoratori appartenenti al secondo gruppo, seguita da una segmentazione territoriale che ha enormemente dilatato la categoria del cosiddetto lavoro autonomo (di seconda generazione), e del subappalto.
Le fasce del lavoro che tendono a dilatarsi e ad espandersi riguarda- no, quindi, i lavoratori che si collocano all’esterno del primo mercato, al di fuori cioè sia del nucleo rappresentato dal lavoro dipendente a tempo indeterminato e dal posto fisso, che del primo e del secondo gruppo periferico: i lavoratori autonomi, e del subappalto.
Le trasformazioni delle forme di occupazione e la salute e la sicurezza
Che cosa si evidenzia dalla trasformazione delle forme di occupazione in atto?
Si prenda in considerazione l’espansione dei rapporti di lavoro tem- poranei.
Il tipo di contratto e l’anzianità dell’impresa presentano una cor- relazione negativa con la salute sul luogo di lavoro.
Le persone occupate da meno di due anni hanno maggiori possibilità di essere vittima di un infortunio sul lavoro rispetto alla media:
per le occupazioni temporanee tale effetto è particolarmente avvertito nel settore dell’edilizia, nel metalmeccanico, nei servizi della sanità e in quelli sociali, nei trasporti.
Tutte le nuove forme di lavoro, il lavoro a tempo parziale e gli orari atipici (lavoro notturno, a turni, ecc.) sono fattori che aggravano i rischi per i lavoratori.
Possono essere messi in evidenza i seguenti fattori:
• Mancanza di formazione adeguata;
• Alterazioni psicosomatiche dovute al lavoro a turni o not-turno;
• Alla scarsa sensibilizzazione degli imprenditori, soprattutto nella piccola/piccolissima impresa;
• Mancanza di motivazioni nel caso di lavoratori aventi un contratto di lavoro precario.
Nonostante ciò nel mondo del lavoro in generale si assiste allo svi-
luppo di modalità di organizzazione più flessibili.
Il collegamento materiale tra luogo di lavoro (officina, fabbrica, uf- ficio, …) e lo svolgimento effettivo del lavoro si allunga sempre più, grazie allo sviluppo e all’impiego ormai generalizzato delle tecnolo- gie dell’informazione e della comunicazione.
Tali evoluzioni non riguardano il rapporto di lavoro, anche se pos- sono rendere più sfumati i confini tra lavoratori dipendenti e lavora- tori autonomi.
Esse tuttavia sollevano problemi specifici, ad esempio nel caso di
telelavoratori.
Nel telelavoro il datore di lavoro è responsabile della salute e della sicurezza dei telelavoratori, a prescindere dal luogo di svolgimento del lavoro. Ciò comporta la necessità di prevedere modalità concrete di prevenzione dei rischi e di controllo in cui i telelavoratori sono in mobilità o lavorano presso il proprio domicilio.
La contrattazione, a tutti i livelli, si sta facendo carico di queste problematiche, considerando, tra l’altro, che il telelavoro interessa ormai milioni di lavoratori.
Trasformazioni nei rischi
I cambiamenti nell’organizzazione del lavoro, in particolare le modalità più flessibili di organizzazione dell’orario di lavoro e una gestione delle risorse umane più individuale e maggiormente orientata al risultato hanno un’incidenza profonda sui problemi legati alla salute sul luogo di lavoro o, più in generale, sul benessere sul luogo di lavoro.
Si può osservare così, che le malattie considerate emergenti quali lo stress, la depressione o l’ansia, nonché la violenza sul luogo di lavoro, le molestie e l’intimidazione, rappresentano ben il 18% dei problemi di salute legati al lavoro, un quarto dei quali comporta un’assenza dal lavoro pari o superiore alle due settimane (dati “europei”, fonte: Inchiesta sulla forza lavoro, 1999).
Tali patologie appaiono non tanto legate all’esposizione di un rischio
specifico, quanto ad un insieme di fattori quali:
• L’organizzazione dei compiti,
• I carichi di lavoro mentale
• Le modalità degli orari di lavoro,
• I rapporti gerarchici,
• La fatica dovuta ai trasporti,
• Il grado di accettazione della diversità etnica e culturale nell’impresa.
Le patologie devono essere valutate in un contesto globale che l’OIL
definisce come benessere sul luogo di lavoro.
Queste strategie di prevenzione dovranno comprendere l’incidenza sugli infortuni delle dipendenze, con particolare riferimento all’alcool e ai medicinali.
Per una strategia globale del benessere sul luogo di lavoro
Una strategia per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro dovrà avere come obiettivo il continuo miglioramento del benessere, sia esso fisico, morale e sociale, sul luogo di lavoro.
Occorrerà perseguire obiettivi complementari, quali:
• Una continua ridefinizione degli infortuni e delle malattie pro- fessionali
• L’integrazione della dimensione legata al genere
• La prevenzione dei rischi sociali (per esempio, immigrazione)
• Il rafforzamento della prevenzione delle malattie professionali
• La necessità di prendere in considerazione le evoluzioni di
natura demografica nei rischi, negli infortuni e nelle malattie
• La necessità di prendere in considerazione le trasformazioni nelle forme di occupazione e nelle modalità di organizzazione del lavoro e dell’orario di lavoro
• La necessità di prendere in considerazione la dimensione delle imprese
• L’analisi dei rischi nuovi o emergenti
Rafforzare la cultura della prevenzione
Una possibile strategia con alte probabilità di efficacia (ma anche di efficienza) per la salute e la sicurezza dovrebbe basarsi sulla promozione di pratiche legate alla prevenzione che coinvolgano tutti i soggetti, compresi i lavoratori (con una riscoperta della soggettività), al fine di sviluppare una reale cultura della prevenzione dei rischi che permetta di meglio anticiparli e controllarli.
Educazione, sensibilizzazione, anticipazione:
per un miglioramento della conoscenza del rischio, nei luoghi di lavoro
Educazione
L’educazione alla prevenzione non comincia con l’ingresso nel mondo del lavoro, è necessario integrarla nei programmi scolastici, sia sotto forma disensibilizzazione, siacome una materia integrante nei percorsi di studio professionali. E’ comunque la formazione professionale continua a rivestire la massima importanza in tale settore. Per essere efficace essa dovrà essere condotta con regolarità e adattata alla realtà del lavoro quotidiano, perché possa avere conseguenze dirette sull’ambiente di lavoro; ciò comporta una definizione degli obiettivi in funzione delle specificità e delle sensibilità nazionali, regionali, locali e settoriali.
Sensibilizzazione
La sensibilizzazione deve mobilitare strumenti differenziati e adattati alla sensibilità di ciascun soggetto, in particolare le PMI, le micro-imprese e gli artigiani. Le azioni devono prevedere una sensibilizzazione dei soggetti sul valore della reintegrazione nel lavoro delle persone disabili, in particolare attraverso un adattamento efficace dell’ambiente di lavoro.
Da questo punto di vista ricordiamoci che l’adattamento dell’ambiente di lavoro alle persone disabili è previsto dalla direttiva europea 89/654 ed esiste anche una definizione di adattamento ragionevole, nella direttiva 2000/78 (GUCE L 303/16, 2 dicembre 2000).
Anticipazione
L’anticipazione dei rischi nuovi ed emergenti, sia che si tratti di quelli legati all’innovazione tecnologica o di quelli dovuti alle evoluzioni sociali, è indispensabile per la gestione dei rischi stessi.
Sarebbe necessario un osservatorio permanente dei rischi, basato su
una raccolta sistematica di informazioni e di pareri scientifici.
E’ da notare che il Parlamento europeo ha sottolineato che un’analisi di questo tipo è parte integrante di un’impostazione a carattere pre- ventivo.
Tale analisi, tra l’altro, informa di sé una strategia che richiede ricer- ca-azione.
Gli organismi di ricerca potrebbero coordinare i loro rispettivi pro- grammi, orientandoli alla soluzione di problemi pratici riscontrati sul luogo di lavoro e al trasferimento dei risultati della ricerca alle imprese e, in particolare , alle PMI.
Migliorare l’applicazione della giurisprudenza esistente
In quest’ambito gioca ruolo essenziale la concertazione, quale eser- cizio virtuoso del rapporto tra government e governance.
Pur nel rispetto delle diverse prerogative e autonomie delle strut- ture istituzionali, dei facilitatori, delle parti sociali ed economiche, l’attuazione di una nuova strategia, incentrata sulla qualità e sul be- nessere nei luoghi di lavoro, presuppone una riflessione circa le strut- ture più adatte a tale impostazione globale.
Combinare gli strumenti, costruire i partenariati
La promozione di un ambiente di lavoro di qualità, che prenda in considerazione tutte le sue dimensioni, richiede un’impostazione globale, basata su tutti gli strumenti disponibili in base ai settori. Tale impostazione richiede che tutti i soggetti si assumano pienamente le proprie responsabilità, nonché la possibilità di misurare e valutare gli sforzi ed i progressi di ciascuno.
Incoraggiare la spinta al miglioramento
Se l’azione legislativa è necessaria per stabilire delle norme, lo svi- luppo di altri strumenti è indispensabile per promuovere la spinta al miglioramento, incoraggiare i soggetti ad avanzare maggiormente e coinvolgere le parti interessate nella realizzazione degli obiettivi “globali” della strategia, in particolare nei nuovi settori che difficil- mente si prestano ad un approccio normativo.
Per migliorare e andare avanti sarebbe importante riflettere in prospettiva su alcune azioni che presuppongono ricerca, decisioni, consolidamento di partenariato, in una visione “glocale”:
• Il benckmarking e l’individuazione di buone pratiche,
• Consentire di meglio circoscrivere i fenomeni emergenti
I problemi e le malattie legate allo stress ne rappresentano un esempio, così come i disturbi del sistema muscolo-scheletrico, la gravità delle situazioni nei trasporti e le ripercussioni della dipendenza dall’alcool, dai medicinali e dalla droga.
• Sviluppare la conoscenza e attivare azioni circa il “costo della
mancanza di qualità”
vale a dire i costi economici e sociali derivanti dagli infortuni e dalle malattie professionali. Occorre sviluppare azioni di raccolta di dati e di informazioni che possano consentire il miglioramento della base di conoscenza su tali questioni.
Il benckmarking e l’individuazione di buone pratiche, possono es- sere utilizzati a tre livelli differenti, nel quadro di strategie innovate e innovative, per favorire la convergenza delle politiche della sanità, del lavoro, delle attività produttive, ecc.
Le necessità su cui lavorare sono:
• La riduzione dei tassi degli infortuni mortali e non mortali;
• La riduzione dei tassi di malattie professionali riconosciute;
• La riduzione del numero di giornate perdute a causa di tali infortuni e di tali malattie.
Il successo nella realizzazione di tali obiettivi può essere misurato attraverso indicatori che utilizzano metodologie già stabilite e col- laudate.
Sembra molto chiaro e applicabile nella sua chiarezza l’orientamento U.E.:
“… si sforzeranno di garantire sui luoghi di lavoro una migliore osservanza della normativa vigente in tema di salute e sicurezza, accelerandone e potenziandone l’applicazione, fornendo indicazioni alle imprese, in particolar modo alle PMI, per aiutarle a rispettare la legislazione in vigore, migliorando la formazione in tema di salute e sicurezza sul lavoro e promuovendo misure per la riduzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali in settori tradizionalmente a rischio elevato.”.
Al fine di rendere gli indicatori realmente operativi, i dati raccolti devono divenire più precisi, più comparabili, offrire una “copertura” più completa e, soprattutto, devono essere disponibili in tempi più brevi.
Occorre quindi lavorare per l’armonizzazione delle statistiche sugli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Tali statistiche non dovrebbero limitarsi a misurare ciò che accade ma apportare
elementi che possano consentirei quantificare i fattori legati all’ambiente di lavoro che possono provocare gli infortuni e le malattie professionali.
L’accordo tra le parti sociali
Il dialogo sociale rappresenta uno strumento privilegiato per favorire il progresso dell’idea di prevenzione in quanto permette di applicare la legislazione esistente in modo efficace e di affrontare l’insieme delle questioni legate alla promozione del benessere sul luogo di lavoro affrontando al tempo stesso i rischi ed i problemi specifici dei settori di attività e delle professioni.
Il dialogo sociale settoriale ha già una ricca esperienza in materia; è possibile citare al riguardo l’adozione di manuali congiunti, di materiale di formazione, di posizioni comuni rispetto a progetti istituzionali, ecc.
Taluni comitati europei di impresa (rif. CAE) hanno, da parte loro, definito delle buone pratiche di prevenzione e di miglioramento del sistema “salute” e “ambiente”.
A livello interprofessionale le parti sociali contribuiscono al migliora- mento della legislazione esistente.
Nella realtà regionale è utile citare il lavoro dei fondi interprofes- sionali bilaterali.
La responsabilità sociale delle Imprese
Lo sviluppo dell’esternalizzazione, nonché la maggiore sensibilità del pubblico alle questioni legate alla salute, hanno portato numerose imprese a fare del rispetto di un ambiente sicuro e sano un criterio importante nella scelta dei loro subappaltatori e del marketing dei loro prodotti. La salute è stata inoltre oggetto di iniziative volontarie di certificazione e di etichettatura, in particolare nelle procedure d’acquisto, con il frequente ricorso ad organismi terzi.
L’Europa ci aiuta a comprendere meglio la questione attraverso il Libro verde: Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle Imprese. Nel documento si sottolinea che la salute nel luogo di lavoro rappresenta uno dei settori privilegiati delle “buone pratiche volontarie” delle Imprese che desiderano andare oltre le norme e le disposizioni esistenti.
Gli incentivi economici
Al settore degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali sono applicati ormai da tempo incentivi economici, attraverso la definizione di premi assicurativi, a livello delle imprese e/o settori, in funzione del tasso di incidenti.
Ciò incoraggia la prevenzione dei rischi, soprattutto nella PMI, completando, inoltre, gli altri strumenti per la salute sul luogo di lavoro.
Assicurazioni pubbliche e private hanno già studiato tali incentivi economici, offrendo in particolare una sorta di contratto per la prevenzione che comprende la valutazione dei rischi di impresa, assistenza tecnica, ausili strumentali e formazione mirata.
Queste pratiche meriterebbero una divulgazione e un’applicazione più sistematica.
La promozione del benessere sul luogo di lavoro non può essere realizzata attraverso l’unico strumento rappresentato dalla strategia per la salute e la sicurezza.
Essa, infatti, presenta degli stretti legami con l’ideazione delle attrez- zature da lavoro (ergonomia), con la politica per l’occupazione, con la strategia a favore delle persone disabili, con le politiche di inte- grazione degli stranieri, ma anche con altre strategie quali le politiche dei trasporti e, evidentemente, con le politiche e le strategie per la salute, che si tratti di prevenzione o cura e riabilitazione.
Sviluppare la cooperazione internazionale
Infine le strategie e le politiche della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro non possono esimersi dal confronto con le strategie e le politiche degli organismi internazionali.
Occorre porsi in ascolto e collaborare con la Commissione Europea, con le Agenzie delle Nazioni Unite, OMS e OIL.
La cooperazione utile e necessaria dovrà essere rivolta, in particolare, ai seguenti settori:
• Eliminazione delle forme più abbiette di lavoro minorile, nel
quadro del programma IPEC e in applicazione alla conven- zione n. 182 del 17 Giugno dell’OIL che tutti gli Stati membri dell’Unione hanno già ratificato o stanno per ratificare.
• Sostegno al miglioramento della salute sul luogo di lavoro nel
mondo, in stretto rapporto con l’OIL, considerando i processi di delocalizzazione attuati anche dalle nostre Imprese, comprese le PMI
• Lotta contro gli effetti della dipendenza dai medicinali e
dall’alcool sulla salute e la sicurezza sul lavoro, in un quadro non solo locale ma globale.
3. RISCHI DA SOVRACCARICO BIOMECCANICO DEGLI ARTI SUPERIORI NEI LAVORI RIPETITIVI
La valutazione del rischio da sovraccarico degli arti superiori nei lavori ripetitivi
Introduzione
Le patologie muscolo-scheletriche degli arti superiori vengono defi- nite come alterazioni delle unità muscolo-tendinee, dei nervi periferi- ci, del sistema vascolare; queste patologie sono un fenomeno diffuso tra i lavoratori che effettuano mansioni con compiti ciclici e ripetitivi che comportano un sovraccarico biomeccanico degli arti superiori. Per effettuare l’analisi di questa tipologia di rischi è fondamentale comprendere il significato dei due concetti di “compito ciclico” e di “sovraccarico biomeccanico”.
I concetti di “compito ciclico” e di “sovraccarico biomeccanico”
I compiti ciclici ripetitivi sono presenti nelle attività in cui il lavora- tore effettua la stessa sequenza d’azione (ad es. A-B-C-D-E ) con
un inizio ed una fine che si ripete in modo ciclico.
Un compito ciclico di un lavoratore che opera con un trapano fisso a colonna, ad esempio, è strutturato nel modo seguente: prelievo del pezzo da forare ( azione A), fissaggio sulla morsa ( az. B), effettuazione di una serie di operazioni (C-D-E-F-G), prelievo del pezzo lavorato (az. H), collocazione del pezzo in un contenitore (azione finale I). Ter- minato un compito (da A. ad I) il lavoratore inizia un’altra volta il
compito con la stessa sequenza d’azione (A-B-C-. ..-I).
Le patologie derivano dal fatto che l’esecuzione ciclica della stessa sequenza d’azioni comporta anche la stessa sequenza di movimenti delle articolazioni delle braccia (polso, gomito e spalla) con il conseguente rischio di sovraccarico biomeccanico.
Per sovraccarico biomeccanico s’intende il fatto che le strutture delle articolazioni delle braccia (tendini, nervi, vasi sanguigni ecc) sono state “progettate” per effettuare dei movimenti con una soglia limite di velocità, di durata, di posture (ad es. l’ampiezza degli angoli di movimento nella flessione, estensione e deviazione del polso), di applicazione di forza ecc. Se si supera questa soglia i tendini
s’infiammano, aumentano di volume ed esercitano una pressione sui nervi e sui vasi sanguigni; si crea, cioè, una situazione di sovraccarico biomeccanico degli arti superiori.
Se la situazione di sovraccarico dura nel tempo si verificano prima dei sintomi dolorosi (formicolii ecc) ed, in seguito, delle vere e proprie patologie (tunnel carpale ecc.) con riduzione anche della capacità funzionale delle braccia.
Le patologie da sovraccarico biomeccanico per tipologia d’attività
Dalle indagini epidemiologiche si rileva una correlazione evidente tra l’esecuzione di alcune attività lavorative e lo sviluppo di determinate patologie (per correlazione s’intende il fatto che tra i lavoratori che ef- fettuano alcune tipologie d’attività la percentuale di patologie risulta molto più elevata rispetto a quella della popolazione normale). Se si lavora con le braccia sollevate, ad esempio, aumenta la probabilità di una tendinite alla spalla, se si effettuano continue flessioni del polso diventa molto più probabile la patologia del tunnel carpale ecc.
Quella che segue é una tabella, elaborata dall’INAIL, sulla correlazione tra l’attività lavorativa e le patologie agli arti superiori.
Tipologia di affezioni Muscolo Scheletriche per tipologia di attività lavorativa
• Tendinite spalla: saldatura, lav. macchine utensili, montaggio, confezionamento, maglieria, pulizie, imputazione dati, lav. di intonacatura.
• Epicondilite laterale: macelleria carne, insaccatura salumi, con-
fezionamento, pulizie, maglieria, lav. meccaniche
• Tendiniti mano-polso: macelleria carne, insaccatura salumi, con- fezionamento, cablaggio, pulizie, maglieria, lav. meccaniche, produzione forbici
• Tunnel carpale: macelleria carne, confezionamento, lav. Surgelati,
produzione sci, in generale compiti ripetitivi con flex –est. polso
• Sindrome tensiva del collo: input dati, prod. Scarpe e forbici, in generale compiti ripetitivi con uso forza
Nell’ambito della ricerca ergonomica sono state definite anche una serie di condizioni lavorative che, se presenti, possono determinare il superamento della soglia minima di rischio per le patologie agli arti superiori.
Soglia minima di rischio: (è sufficiente la presenza di almeno una
delle seguenti condizioni)
• ripetitività:
fasi di lavoro con cicli di durata inferiore a 45 secondi (con oltre 20 azioni al minuto) effettuati per almeno 1 ora (anche se non consecutiva) in un turno di lavoro o compiti ciclici di pochi secondi (al di là della durata dei compiti ripetitivi nel turno)
• forza:
movimenti con sforzo delle mani; 1 volta ogni 5 minuti per
2 ore complessive nel turno
• impatti ripetuti:
utilizzo della mano come attrezzo per 10 volte all’ora per 2
ore complessive nel turno
• postura:
mantenimento in posizioni a rischio (del polso, del gomito o della spalla) per 1 ora continuativa o per 2 ore comples sive nel turno
Le dimensioni del fenomeno
Le patologie agli arti superiori rappresentano un costo enorme sia per i lavoratori e le lavoratrici che le subiscono che per il sistema sociale nel suo complesso.
L’entità del fenomeno deriva dal fatto che, nonostante la meccanizzazione e l’automazione dei cicli produttivi, nel settore manifatturiero molte operazioni sono ancora manuali. A questo dato strutturale, della diffusione delle attività manuali, si associa un aumento progressivo dei ritmi produttivi ed il fatto che queste patologie all’interno delle imprese sono considerate quasi come un costo connaturato alla cosiddetta “fatica del lavoro”. Quest’insieme di fattori causali, e la mancata adozione di adeguate misure di prevenzione, contribuiscono ad aumentare il livello di diffusione di queste patologie.
In Europa; ad esempio, principali problemi di salute (legati al lavoro) sono:
• 57% della forza lavoro effettua durante il lavoro movimenti
ripetitivi dell’arto superiore (il 33% in modo intenso.)
• 30% accusa dolori alla schiena (44 milioni di lavoratori)
• 17% dolori muscolari alle braccia
I costi delle patologie M.S. nei paesi UE:
0.5% - 2% PIL
Perdita di 600 milioni di giornate lavorative
Fonte: Fondazione Europea di Dublino sulle condizioni di lavoro
Nei paesi in cui le patologie da movimenti ripetitivi sono riconosciute dagli Istituti di assicurazione (come l’INAIL) le patologie da movi- menti ripetitivi sono al primo posto tra tutte le patologie da lavoro:
• Spagna: il 70 %
• Svezia: il 60 %
• Francia: il 60 %
In Italia queste patologie, nonostante non siano inserite nelle tabelle INAIL per il riconoscimento automatico della loro origine lavorativa, rappresentano circa il 25% di tutte le malattie da lavoro.
Il fatto che si tratta di un dato chiaramente sottostimato risulta sia dal confronto con le percentuali degli altri paesi europei che dalle difficoltà del percorso burocratico che un lavoratore deve intraprendere per ottenere il riconoscimento di una patologia alle braccia.
Negli ultimi anni, comunque, le aziende medio – grandi sono diventate più “sensibili” rispetto alle metodologie, in particolare quella OCRA, per l’analisi dei rischi di patologie da movimenti ripetitivi; interesse che deriva da una serie di fattori:
• I dirigenti temono le eventuali sanzioni in caso di denunce di
malattia professionale da parte dei lavoratori.
• Le aziende si rendono conto delle assenze dal lavoro causate da disturbi e patologie degli arti superiori.
• Le aziende si propongono di utilizzare l’analisi OCRA, in caso di denunce di malattia professionale, come prova tecnica dell’assenza del nesso causale tra la mansione svolta dal lavora- tore e la patologia sviluppata agli arti superiori.
Ma le aziende tendono ad affrontare il problema in modo presso- ché unilaterale; di solito formano, con brevi corsi sulla metodologia OCRA, i tecnici aziendali “tempi e metodi” ed effettuano l’analisi dei rischi utilizzando delle semplici check list invece della metodologia OCRA integrale.
Il caso Fiat
Un evento che ha accresciuto la “visibilità” delle patologie muscolo scheletriche é quello verificatosi alla Fiat Mirafiori a Torino. Circa 200 lavoratori di Xxxxxxxxx, con il supporto della Fiom, hanno presenta- to denuncia per il riconoscimento delle loro patologie alle braccia; il procuratore Xxxxxxxxxxx, che ha gestito il caso, ha commissionato un’indagine tecnico-ergonomica per verificare il nesso causale tra le patologie e la mansione svolta dai lavoratori a Mirafiori.
L’indagine ha avuto un esito positivo ed i dirigenti Fiat per evitare le conseguenze penali dell’accusa di lesione “colposa”, hanno “patteg- giato” con i lavoratori un compenso monetario.
Sotto la spinta del caso Mirafiori la Fiat è diventata più “sensibile” rispetto alle patologie M.S. ed ha deciso di effettuare l’analisi di questa tipologia di rischi in tutte le sue sedi italiane. La modalità d’analisi Fiat segue lo schema diffuso tra le aziende: tentativo di coinvolgimento “formale” dei lavoratori e del sindacato ma gestione unilaterale nella “sostanza”. Sul caso Fiat la Fiom ha intrapreso un percorso, con il mio impegno in qualità di ergonomo, che prevede una formazione di primo livello per i delegati - RLS di tutte le sedi Fiat ed una formazione approfondita per creare, in ogni unità produttiva, una figura di RLS “esperto”. Si tratta di un percorso di formazione che si propone di far acquisire agli Rls le competenze per effettuare delle verifiche “reali” sull’oggettività delle valutazioni dei rischi effettuate dall’azienda.
La gestione unilaterale dell’analisi da parte dell’azienda, infatti, associata ai margini di discrezionalità dell’analista intrinseci al metodo OCRA, può compromettere l’oggettività della valutazione dei rischi e delle conseguenti misure di prevenzione e protezione. Oggettività che non può prescindere, quindi, da una partecipazione attiva, in tutte le fasi dell’analisi, sia dei lavoratori che dei loro delegati.
Le metodologie per l’analisi del rischio da movimenti ripetitivi
Le metodologie per l’analisi del rischio da movimenti ripetitivi sono abbastanza simili a quelle utilizzate nelle aziende per la misurazione della prestazione lavorativa (analisi tempi e metodi); gli obiettivi, però, sono differenti. Le tecniche per misurare la prestazione di lavoro (ad es. MTM – TMC- UAS) si propongono di scomporre un compito
nelle azioni elementari per misurare il tempo medio d’esecuzione ed individuare tempi e metodi per rendere più produttiva la prestazione; le metodologie per valutare i rischi per gli arti superiori (OCRA- RULA- HALL ecc) si propongono, invece, di scomporre un compito nelle azioni elementari, misurare la frequenza di azioni al minuto (e altri fattori di rischio) per calcolare l’indice di rischio di patologie ed individuare le misure di prevenzione.
La metodologia della norma ISO 11228-3 (marzo 2007)
Per l’analisi di questa tipologia di rischio esistono varie metodologie, nel marzo 2007, però, è stata elaborata una specifica norma, la ISO 11228-3, che definisce uno standard a livello internazionale; la norma deriva dall’analisi, effettuata da una commissione d’esperti, di tutte le metodologie disponibili e dalla selezione di quelle ritenute più valide sia rispetto alla “consistenza” scientifica, che alla capacità di valutare i rischi ed individuare misure di prevenzione efficaci.
L’utilizzo della ISO 11228-3 rappresenta la modalità più corretta per ottemperare all’obbligo del datore di lavoro di valutare i rischi pre- visto dalla legislazione in materia :art. 4 Dlgs 626/94; art. 29 comma 3 e allegato N° 33 del Testo Unico sulla salute e la sicurezza del lavoro. In queste leggi, infatti, si parla di obbligo di valutazione di tutti i rischi “in relazione al grado d’evoluzione della tecnica” e nell’allegato n° 33 si fa esplicito riferimento alla ISO 11228-3; questo approccio, nella modalità d’attuazione della valutazione dei rischi, è stato confermato anche da una Sentenza della Corte di cassazione del 29/03/2007.
La norma ISO 11228-3 prevede essenzialmente 2 fasi nell’analisi del rischio da movimenti ripetitivi: un’analisi di primo livello ( con una checklist); un’analisi di secondo livello (con una metodologia d’approfondimento)
A. Analisi di primo livello
Questa prima fase si propone una “mappatura” rapida di una realtà lavorativa per analizzare le postazioni di lavoro e classificare il loro livello di rischio: assente-basso (fascia verde), medio (fascia gialla), elevato (fascia rossa).
Per l’analisi di primo livello la Iso propone una propria checklist (checklist Iso) e consiglia, in alternativa, un’altra serie di checklist tra cui anche la checklist OCRA.
B. Analisi di secondo livello
Per tutti le postazioni che, dall’analisi di primo livello, risultano a rischio medio o elevato (fascia gialla o rossa), la ISO prevede il pas- saggio ad una metodologia d’analisi approfondita; per questa fase viene proposta, come preferenziale, il metodo OCRA integrale ( da distinguere dalla checklist OCRA).
La commissione d’esperti ISO, con l’elaborazione della 11228-3, ha ritenuto che solo con una metodologia di II livello è possibile effet- tuare un’analisi realistica di una realtà lavorativa, valutare in modo approfondito i singoli fattori di rischio ( frequenza azioni-minuto, postura, forza, carenza di recupero o di pause) ed individuare misure di prevenzione efficaci.
Nel paragrafo successivo, per facilitare la comprensione di delega- ti-RLS e funzionari Fiom, descriverò sinteticamente la metodologia OCRA seguendo lo stesso schema utilizzato nei lucidi del corso effet- tuato a Firenze; nel capitolo 3, invece, affronterò in modo articolato i punti critici di questa metodologia d’analisi.
La metodologia di analisi OCRA
Il modello OCRA (occupational ripetitive actions) permette di ottenere:
• Precisi livelli di esposizione dei singoli lavoratori-trici
• Informazioni sui fattori che incidono sul risultato dell’indice d’esposizione
• Informazioni per una corretta progettazione dei posti di lavoro
– A L’indagine in azienda:
• Individuazione delle fasi di lavoro che comportano compiti
ripetitivi
• Riprese video filmate delle fasi di lavoro con compiti ripetitivi
• Interviste con ognuno dei lavoratori per definire durata e
modalità dei compiti ripetitivi
Rilevamento dati produttivi aziendali
• Installazione del filmato (digitale) nel computer per l’analisi dei
dati
– B Il calcolo dell’indice di rischio delle fasi lavorative sulla base dei
seguenti fattori:
• frequenza delle azioni al minuto
• forza (uso ripetuto di forza delle mani/braccia)
• postura della spalla, del gomito, del polso e della mano
• la presenza di fattori complementari (guanti inadeguati, stru- menti vibranti, attrezzi che provocano compressioni sulla pelle, lavori di precisione, ritmi vincolati dalla macchina ecc )
• durata del compito ripetitivo in un turno per ogni lavoratore
• tempo d’esecuzione, in un turno, delle singole fasi a rischio
• durata complessiva dei compiti ripetitivi nel turno carenza tempi di recupero (numero di ore senza adeguato riposo)
– C Valore indice OCRA e livello di rischio :
Tabella valori indice OCRA secondo il manuale “Colombini - Xxxxxxxxxx“:
Valori OCRA | Classificazione del rischio | Previsione di patolo- gie su 100 lavoratori | Interventi da effettuare |
fino a 1,5 | assente | / | / |
tra 1,6 - 2,2 | molto lieve | fino a 5,6% | / |
tra 2.3 - 3,5 | lieve | tra 5,27 - 8,35% | Riverifica / Ridurre rischio |
tra 3,6 - 4,5 | medio | tra 8,36 - 10,75% | Ridurre rischio / sorv. Sanitaria / formazione |
tra 4,6 - 9 | medio - alto | tra 10,76 - 21,51% | Ridurre rischio / sorv. Sanitaria / formazione |
oltre 9 | elevato | oltre 21,51% | Ridurre rischio / sorv. Sanitaria / formazione |
Tabella valori indice OCRA secondo la norma ISO 11228-3:
Valori OCRA | Classificazione del ri- schio | Rischio di patologie su 100 lavoratori | Interventi da effet- tuare |
fino a 2,2 | Zona verde: assente - lieve | / | / |
tra 2,3 - 3,5 | Zona gialla: medio - basso | tra 5,7 - 8,35% | Ridurre rischio / sorv. Sanitaria / formazione |
oltre 3,5 | Zona rossa: medio; elevato | tra 8,36 - 21,51% e oltre | Ridurre rischio / sorv. Sanitaria / formazione |
– D Misure di prevenzione e protezione
Tre tipologie d’intervento:
• A livello strutturale
• A livello organizzativo
• A livello formativo
a. Interventi a livello strutturale
• Lay-out
• Ergonomia postazioni di lavoro
• Ergonomia attrezzature
Per migliorare
• posture movimenti incongrui
• compressioni degli arti superiori
• uso della forza
b. Interventi a livello organizzativo
• ritmi
• pause
• rotazione delle mansioni
Per migliorare
• frequenza e ripetitività dei gesti lavorativi
• carenze tempi di recupero
c. Interventi a livello formativo
• Informazione e formazione sui rischi e le misure di prevenzione
e protezione da attuare
• Simulazione delle modalità di operare più corrette per la salva- guardia della salute
Per creare tra i lavoratori cultura della salute ed agire sulle sfere del:
• Sapere
• Saper fare
Leggi e principali normative sul tema
D.Lgs 626-94:
• Art. 3: rispetto principi ergonomici………per attenuare il lavoro
monotono e ripetitivo
• Art. 4: valutazione dei rischi e misure di prevenzione…
• Art. 6: rispetto principi generali di prevenzione nella progettazione di luoghi ed impianti di lavoro
• Art. 16: sorveglianza sanitaria per i rischi individuati nella
valutazione dei rischi
Codice penale:
• Art. 590: le patologie M.S. come possibile caso di lesione
personale colposo
DM 18-4-73:
• Obbligo del medico competente di segnalare all’organo di vigi-
xxxxx i casi di malattie professionali
Tutela assicurativa:
• Riconoscimento INAIL malattie non tabellate per riscontrata
eziologia professionale; onere della prova a carico del lavoratore
Norma ISO 11228-3 (marzo 2007)
Dlgs 81/2008:
• Art. 29 comma 3; Titolo VI ( movimentazione manuale dei carichi)
art.167-168; allegato N° 33
I punti critici del metodo OCRA
In questo capitolo analizzeremo i “punti critici” intrinseci alla metodologia OCRA “integrale” per evidenziare il livello di “discrezionalità” dell’analista rispetto ai risultati. Se si considera, come si è detto, il fatto che le aziende tendono ad effettuare le analisi con check list semplificate utilizzate dai tecnici “tempi -metodi”, è facile intuire la rilevanza di un ruolo attivo degli Rls per accrescere il livello di oggettività delle valutazioni dei rischi.
Vediamo adesso le criticità intrinseche alla metodologia OCRA nell’analisi dei singoli fattori di rischio per le patologie alle braccia: la durata dei compiti ripetitivi; la frequenza delle azioni al minuto; la “carenza dei tempi di recupero” (le pause); la forza utilizzata.
La fase di rilevazione dei dati
Il calcolo della durata dei compiti ripetitivi in un turno di lavoro
Per fare questo calcolo si possono adottare i seguenti criteri:
– A l’analista effettua delle riprese filmate di una postazione per cir- ca 30 minuti e considera la percentuale della durata dei compiti ripetitivi nei 30 minuti come se fosse valida per l’intero turno di lavoro;
– B l’analista intervista il lavoratore e chiede, in modo articolato, i compiti effettuati nell’arco di un turno di lavoro;
– C l’analista chiede all’azienda i dati produttivi della singola postazione lavorativa; sulla base dei pezzi prodotti e della durata del ciclo per la produzione di un pezzo, calcola la durata dei compiti ripetitivi nel turno;
– D l’analista effettua le riprese filmate di una postazione lavorativa
per l’intero turno di lavoro ( o almeno per due ore);
– E il lavoratore raccoglie i dati sulla durata dei compiti effettuati in un singolo turno per cinque giornate lavorative; sulla base di questi dati l’analista calcola la durata media dei compiti ripetitivi in un turno
La soglia minima, per garantire un minimo di oggettività dell’analisi, consiste di solito in un incrocio tra i punti A-B-C; la modalità più
corretta, per rilevare il dato della durata dei compiti ripetitivi in un turno, sarebbe l’incrocio tra i punti d-e, modalità che le aziende dif- ficilmente utilizzano per motivi di costi.
Il calcolo della durata di un singolo compito ciclico ripetitivo
Per fare questo calcolo si possono adottare i seguenti criteri:
– A l’analista effettua delle riprese filmate di una postazione per circa 30 minuti e considera la durata di un singolo compito ciclico ripetitivo osservata come se fosse valida per l’intero turno di lavoro;
– B l’analista chiede all’azienda i dati produttivi della singola postazione lavorativa; sulla base dei pezzi prodotti e della durata dei compiti ripetitivi in un turno (punto 1.1) calcola la durata di un singolo compito ciclico;
– C l’analista effettua le riprese filmate di una postazione lavorativa
per l’intero turno di lavoro ( o almeno per due ore);
– D criterio c sarebbe il più oggettivo,ma scarsamente adottato perché troppo costoso per le aziende, l’incrocio tra i criteri a-b viene considerato valido solo se lo scarto tra i valori individuati nei 30 minuti di filmato e quello dei dati aziendali non supera il 5%.
Individuazione delle azioni tecniche elementari di un compito lavorativo
Su questo aspetto il metodo OCRA è abbastanza preciso; considera come azioni tecniche elementari non il singolo movimento articolare, ma il complesso di movimenti, di uno più segmenti articolari, che consentono il compimento di un’operazione lavorativa semplice.
Alcuni esempi:
• raggiungere e muovere (sono considerate azioni tecniche solo
se l’oggetto è collocato oltre la lunghezza del braccio esteso del lavoratore);
• afferrare, prendere, impugnare ecc.;
• afferrare con una mano e riafferrare con l’altra
• piazzare, posizionare, estrarre
• infilare, sfilare
• spingere, tirare
• rilasciare (solo se l’oggetto viene posizionato in un punto preciso)
• azionare, premere pulsante, abbassare leva
• piegare, curvare, schiacciare, ruotare, girare-avvitare (ogni singolo giro è un’azione), assestare, battere, pennellare (ogni singola passata è un’azione), raschiare ecc.
L’individuazione ed il calcolo delle azioni elementari non può essere effettuato ad occhio nudo ma attraverso l’analisi nel filmato; anche in questo caso, chiaramente, i margini di discrezionalità sono presenti ed è fondamentale, quindi, la partecipazione dei lavoratori.
Il calcolo della frequenza di azioni al minuto
Il calcolo di questo dato è strettamente connesso con l’oggettività dei dati precedenti: l’individuazione ed il conteggio delle azioni tecniche elementari, il calcolo della durata di un singolo compito ciclico ripetitivo.
Poiché la frequenza di azioni al minuto rappresenta il fattore di rischio più rilevante è evidente l’importanza del tasso di oggettività dei dati raccolti nelle fasi precedenti (punti 1.2-1.3);
oggettività che può essere seriamente compromessa da una gestione unilaterale dell’analisi da parte dei tecnici aziendali
Il calcolo della “carenza dei tempi di recupero “ (le pause)
OCRA considera con “ adeguato recupero “ solo le pause program- mate in cui il rapporto tra tempo di lavoro e tempo di riposo, in ogni singola ora, è di 5 a 1 (50 minuti di lavoro-10 di riposo); in un turno di 8 ore, se non esistono pause, vengono considerate 6 ore senza re- cupero (sono escluse l’ora prima della pausa mensa e quella prima della fine del turno).
Le cosiddette “ pause fisiologiche”, se programmate e distribuite in modo omogeneo nell’ambito del turno di lavoro, potrebbero, in teoria, essere considerate valide ai fini di OCRA; ma programmare la collocazione temporale delle pause fisiologiche (ad esempio quella per andare al bagno) è un controsenso in sé, perché si tratta di pause strettamente connesse con le esigenze psico-fisiologiche del soggetto e, quindi, per loro natura flessibili.
Le aziende, comunque, cercano spesso, per evitare di inserire nuove pause, di considerare valide quelle fisiologiche; su questo punto è fondamentale l’azione sindacale per distinguere nettamente i due
ambiti: le pause necessarie per ridurre il rischio di patologia agli arti superiori e quelle contrattate per ridurre lo stress psico-fisico del lavoratore e migliorare la qualità della sua vita di lavoro.
Il calcolo del rischio postura
Su questo punto il metodo OCRA presenta dei problemi tecnici in- trinseci.
Un’analisi oggettiva richiederebbe l’utilizzo di uno strumento, chia- mato elettrogognometro, per misurare gli angoli delle posture assunte dai singoli segmenti articolari (polso, gomito, spalla); ma l’uso di questo strumento richiederebbe tempi lunghi e, di conseguenza, costi più elevati per le aziende. La misurazione degli angoli, quindi, viene effettuata dall’analista attraverso l’osservazione, del filmato; diventa rilevante, di conseguenza, il livello di discrezionalità dell’analista nel definire le posture a rischio e la loro durata nell’ambito di un singolo compito ciclico ripetitivo.
Il calcolo del rischio dal fattore forza
Anche su questo punto il metodo OCRA presenta dei problemi tecnici
intrinseci (come il punto 1.6).
Un’analisi oggettiva richiederebbe l’utilizzo di uno strumento, l’elettromiografo, per misurare la forza muscolare applicata dal lavoratore; ma anche questo strumento richiede tempi lunghi e costi elevati. Si utilizza, quindi, il criterio dello sforzo percepito dal lavora- tore, misurato secondo una scala di valori (scala di Borg); l’analista, cioè, chiede al lavoratore come percepisce lo sforzo effettuato (as- sente, lieve, moderato, forte ecc.). Risulta evidente come la modalità in cui viene effettuata l’intervista possa condizionare le risposte del lavoratore e, di conseguenza, i valori rilevati.
L’individuazione delle misure di prevenzione e protezione
Sono possibili tre tipologie d’intervento:
A livello strutturale (lay-out, ergonomia postazioni di lavoro, ergonomia delle attrezzature).
A livello organizzativo (ritmi di lavoro, pause, rotazione delle mansioni) A livello formativo
I dirigenti ed i tecnici aziendali tendono a focalizzarsi su quelle misure che non incidono sulla produttività aziendale: le cosiddette “azioni inutili” (quelle, cioè, effettuate dal lavoratore ma tecnicamente non necessarie per lo svolgimento del compito), la formazione dei lavoratori, la struttura del posto di lavoro.
Bisogna chiarire che le misure che danno maggiore garanzia nella prevenzione dei rischi sono quelle organizzative (in particolare la riduzione della frequenza di azioni al minuto e l’aumento delle pause) e quelle che agiscono sulla struttura ergonomica del posto di lavoro; le altre tipologie di misure (l’eliminazione delle azioni inutili, la formazione dei lavoratori ecc), poiché si basano sul comportamento soggettivo del lavoratore, possono avere una funzione di supporto rispetto alle altre ma non garantiscono una oggettività nella riduzione del rischio.
Conclusioni
La metodologia OCRA, grazie al suo riconoscimento da parte degli istituti internazionali ed europei (ISO e CEN) che definiscono gli standard delle normative tecniche, rappresenta uno degli strumenti tecnico-scientifici migliori disponibili da utilizzare ( ai sensi sia dell’art. 4 del DLgs 626/94 che del Dlgs 81/2008) per l’analisi e la prevenzione dei rischi di patologie agli arti superiori; ma, al di là della validità del metodo, l’oggettività dei risultati è strettamente connessa con le sua modalità d’utilizzo.
Una gestione unilaterale dell’analisi da parte dei tecnici aziendali, associata alle criticità intrinseche di OCRA, rischia di compromettere sia i valori delle valutazione dei rischi che l’individuazione delle misure di prevenzione e protezione.
Sulla base di queste considerazioni risulta evidente, come ho ripetuto più volte, l’importanza di una partecipazione attiva, nelle diverse fasi dell’analisi, dei lavoratori e dei loro delegati.
Ma una partecipazione attiva richiede sia l’acquisizione di competenze adeguate che la presenza di una struttura di supporto tecnico per delegati ed Rls; solo in questo modo lavoratori-delegati-Rls possono verificare l’oggettività dell’analisi e, in caso di pareri divergenti, essere in grado di effettuare una propria valutazione del rischio.
4. SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO: UN’ESPERIENZA DI FORMAZIONE PARTECIPATA
Premessa
Le attività di formazione in materia di salute e sicurezza nel lavoro, per essere efficaci, richiedono metodologie basate sulla partecipazione attiva dei discenti. E’ con questo approccio che ho progettato le due giornate di formazione per delegati e funzionari della Fiom Toscana del Progetto Xx.Xx.
Queste note a mo di appunti le ho scritte proprio come fossero un primo brogliaccio di riflessioni sia sull’esperienza di formazione coi lavoratori metalmeccanici della Fiom Cgil in Toscana sia su altre esperienze analoghe svolte negli ultimi mesi di quest’anno in Xxxxxx Xxxxxxx.
I partecipanti , giovani e ragazze, delegati sindacali e Rls , erano portatori di un’esperienza lavorativa abbastanza lunga nel corso della quale, come è poi emerso dai lavori gruppo, avevano avuto modo di misurarsi coi problemi della gestione della salute e della sicurezza nel lavoro, del proprio e dell’ambiente di lavoro. Alcuni avevano affrontato esperienze di soluzione di problemi concreti in materia di salute e sicurezza e per questo motivo l’approccio formativo è stato orientato alla socializzazione, alla comparazione e alla rielaborazione delle esperienze di cui i partecipanti al corso erano portatori.
Questo processo di rielaborazione delle esperienze è un percorso condiviso durante il quale il ruolo della docenza è quello di agevolare la costruzione di un quadro di riferimento con le conoscenze normative, con riferimenti alle buone pratiche sia in materia di valutazione e gestione dei rischi sia in materia di contrattazione delle condizioni lavorative.
Il primo aspetto che abbiamo affrontato è stato quello dell’illustrazione delle fonti normative fondamentali, dall’art.32 della Costituzione della Repubblica, con accenni alla Direttiva quadro 391/89 fino alla legislazione più recente in materia.
L’obiettivo di questa parte del programma è stato quello di offrire un senso ed una connessione alla tematica della salute e sicurezza nel lavoro e alle politiche pubbliche in materia di salute della popolazione.
Nel corso della rielaborazione dell’esperienza sono stati introdotti nuovi riferimenti concettuali quali quello di “patrimonio di salute” di una popolazione, delle popolazioni esposte a determinati rischi ambientali e lavorativi.
Questi input conoscitivi sono stati ritenuti utili dai partecipanti perché hanno permesso loro di cogliere nell’essenza il significato di equità contenuto nelle iniziative per la promozione della salute e della sicurezza nel lavoro. I partecipanti infatti hanno affrontato il tema delle differenze di salute in relazione alle professioni e alle esposizioni a rischio e in tale modo hanno misurato l’importanza dell’azione sindacale per la salute e la sicurezza nel lavoro intesa anche come azione a forte valenza perequativa rispetto alle differenze di salute e di aspettative di vita in relazione alle professioni svolte. Riguardo ai ragionamenti sul tema delle “differenze di salute “ e alle professioni, al reddito e alla scolarità i gruppi hanno elaborato una riflessione sulla relazione che esiste tra politiche della prevenzione e della salute nei luoghi di lavoro e di vita e la “possibilità – necessità” , in particolare per i giovani , di restare in buona salute per non essere emarginati da un mercato del lavoro nel quale dovranno restare a lungo in ragione delle attuali politiche previdenziali che innalzano l’età in cui potranno andare in pensione.
La lotta per la sicurezza e la salute da parte dei giovani, nel luogo di
lavoro come negli ambienti di vita diviene nei fatti una lotta contro l’emarginazione sociale che potrebbe avvenire nell’età matura se perdono la salute.
La sequenza logica dei contenuti
Nella prima giornata il relatore ha tracciato il profilo delle ragioni per le quali la problematica della salute e sicurezza nel lavoro nel tempo è stata affrontata con modalità differenti da quelle attuali. La platea dei partecipanti era composta da lavoratori e lavoratrici giovani che non conoscevano il percorso sia delle iniziative sindacali sia dell’evoluzione normativa in materia dagli anni ‘70 in poi. Per questi motivi sono state richiamate le norme fondamentali che tutelano la salute e l’incolumità dei cittadini quando lavorano, dalla Costituzione allo Statuto dei diritti dei lavoratori fino alla direttiva quadro europea 391/89 il cui recepimento è avvenuto con il d.lgs 626/94.
L’illustrazione è avvenuta tramite la proiezione di un ipertesto che ha supportato e facilitato l’apprendimento e reso visibili le connessioni e le discontinuità delle modalità operative in materia di valutazione e gestione dei rischi nei luoghi di lavoro.
Le lezioni non sono mai state frontali ma improntate allo stile interat- tivo per facilitare l’apprendimento.
Il fulcro e l’obiettivo di questa parte di input è stato quello di accompagnare i discenti ad una corretta definizione del significato degli strumenti della valutazione e gestione dei rischi.
In particolare si è affrontato il percorso dalle norme “comando controllo” e prescrittive, come il dpr 547/55 e il dpr 303/56, alle norme attuali che individuano obblighi e adempimenti gestionali con l’affidamento all’imprenditore di compiti di valutazione e gestione dei rischi tramite la collaborazione di staff aziendali o consulenti a questo scopo nominati come Rspp e Medico competente.
In questo modo si è affrontato anche il ruolo complesso della rappre- sentanza di scopo per la salute e la sicurezza dei lavoratori, il Rls.
La scelta di approfondire il ruolo del Rls non solo per quanto attiene gli adempimenti previsti prima dal d.lgs 626/94 e ora dal d.lgs 81/2008 detto anche “ Testo Unico” è stato oggetto di animate discussioni sia nei momenti di lezione plenaria sia nei lavori di gruppo. In particolare gli approfondimenti hanno riguardato le modalità di gestione delle relazioni con le altre figure dell’azienda che svolgono funzioni e compiti che hanno influenze determinanti con la sicurezza come l’organizzazione del lavoro, dei ritmi, dei carichi di lavoro che generano movimentazione, carichi e movimenti ripetitivi.
Un discorso particolare è stato poi dedicato alla figura del preposto. Sono i preposti che vengono percepiti come soggetti portatori di funzioni contraddittorie, da una parte debbono portare risultati produttivi in tempi rapidi, evitare i ritardi nelle consegne, dall’altra debbono garantire un’organizzazione del lavoro compatibile con la gestione della sicurezza e della salute dei lavoratori. Missione impossibile quella dei preposti? Il confronto su questo tema è stato affrontato nei lavori di gruppo ove sono emerse anche esperienze positive sul ruolo dei preposti in alcune aziende metalmeccaniche.
Gli obiettivi di conoscenza e formativi
Il patto formativo
Ai partecipanti delle due giornate, all’inizio della prima giornata è stato proposto dal docente un percorso il più possibile chiaro negli obiettivi di conoscenza e nel metodo di lavoro adottato.
Il metodo di lavoro adottato è stato quello della formazione - ricerca basato sull’esperienza dei giovani lavoratori e lavoratrici.
Una metodologia importante perché mette in luce e valorizza le cono- scenze empiriche di cui queste persone sono portatrici e offre loro la possibilità di adottare un metodo di lavoro che consente di elaborare una rappresentazione della realtà in cui lavorano e individuare le cri- ticità dei rischi per la salute in esse presenti.
Tale metodologia rafforza identità e autostima del gruppo e dei componenti che “vivono l’esperienza” permettendogli di misurarsi con un compito da realizzare: la costruzione di un punto di vista basato sia sull’esperienza sia sulle conoscenze acquisite nel corso.
Il primo passo da compiere è quello di superare la passività che i processi di delega hanno generato nel/da tempo nella maggioranza dei lavoratori verso il ruolo dei tecnici, consulenti interni ed esterni dell’impresa, per quanto riguarda la valutazione e la gestione dei rischi nelle imprese.
La gestione aziendale degli aspetti della salute e della sicurezza dei lavoratori ha prodotto in troppi casi una separazione tra lavoratori e cultura della salute e della sicurezza impoverendo il tessuto aziendale dell’apporto dei lavoratori alle pratiche gestionali in materia.
La ridefinizione dei concetti di obblighi e responsabilità ha costruito in molti casi sistemi di gestione della sicurezza ad una sola dimensione con sistemi comunicativi top bottom senza il feed back dei lavoratori.
In questo modo gli RSPP agiscono come se i lavoratori fossero solo destinatari di direttive, ordini di servizi e obblighi senza alcuna voce in capitolo.
In tal modo la comunità azienda che dovrebbe interagire in modo complementare e intelligente per gestire la sicurezza è mutilata della capacità dei lavoratori di essere soggetto attivo in materia.
Delega, rappresentanza e responsabilità
Nel corso dei lavori di gruppo sono stati affrontati a più riprese questi concetti partendo anche dalle denominazioni errate con le quali viene definito il Rls. E’ assai significativo l’errore frequente e assai diffuso di definire il Rls come “Responsabile dei lavoratori per la sicurezza”. Questo errore è sintomo della mancanza da parte di chi lo commette di un quadro di riferimento sul sistema di prevenzione a livello aziendale.
E’ palese che il responsabile della sicurezza sia l’imprenditore, mentre il lavoratore ha la responsabilità di avere cura della propria e dell’altrui sicurezza attenendosi alle istruzioni impartite e lavorando con la prudenza e la competenza che derivano dall’esperienza e dalla formazione ricevuta.
Il Rappresentante dei lavoratori per la salute e la sicurezza è una figura che assolve in forma delegata dai lavoratori adempimenti pre- visti dalla norma e rappresenta i lavoratori come portavoce e come tramite di comunicazione tra sistema aziendale di prevenzione e lavoratori.
La presenza di molti Rls tra i partecipanti ha consentito nei lavori di gruppo e in plenaria di comparare in profondità le diverse “culture aziendali” rispetto alla valutazione e gestione dei rischi. La varietà dei comportamenti passa da un positivo rapporto del Rls con il sistema aziendale di prevenzione (SPP) a situazioni ove l’attività del Rls è ostacolata o molto limitata ad adempimenti formali sostanzialmente inutili.
La lettura delle norme di riferimento e gli articoli specifici riguardanti ruolo e adempimenti dei Rls sono stati poi esaminati in relazione alle esperienze che erano state riportate dai gruppi di lavoro nella assemblea plenaria.
In tal modo i partecipanti al corso hanno potuto valutare il sistema di relazioni presente nella propria realtà aziendale in relazione al sistema di gestione della salute e sicurezza nel lavoro.
Nel corso di questo lavoro prima nei gruppi poi in assemblea plenaria sono state fornite schede informative e slide rispetto al ruolo dei Reps (Representative safety) in alcuni paesi europei, come Francia (funzionamento CHSCT) , Germania, Spagna e Inghilterra .
Questa comparazione è servita ad offrire il seguente quadro:
• I rappresentanti dei lavoratori per la salute e la sicurezza esistono
in molti paesi di tradizione industriale
• Esistono diverse modalità di rappresentanza di scopo dei lavora- tori in materia di salute e sicurezza nel lavoroIn molti casi sono le aziende stesse a sollecitare i lavorator a darsi una rappresentanza in materia
La delega al Rls non sostituisce il ruolo responsabile dei lavoratori e il ruolo della Rsu
Dopo avere illustrato l’art.11 della Direttiva 391/89 che prevede forme di partecipazione dei lavoratori nella gestione della salute e sicurezza nel lavoro sono state affrontate le interpretazioni di parte aziendale e di parte sindacale del ruolo di Rls.
Esiste in campo dottrinale un’asserzione tanto diffusa da essere divenuta un luogo comune: “ .... la sicurezza non si contratta ... “ Questa asserzione è divenuta quasi un piccolo dogma dietro al quale si trincerano molte imprese e diverse associazioni datoriali per af- fermare che la questione della sicurezza e della salute dei lavoratori non deve essere trattata in alcun modo con le RSU ma solo con i Rls. Il concetto di contrattazione che sta alla base di questa asserzione è quello dello scambio al ribasso di beni indisponibili in cambio di salario o di altro... E’ palese che qualsiasi scambio rispetto a beni protetti dalla Costituzione e pertanto indisponibili come la salute e l’incolumità fisica del lavoratore è illegittima. E’ legittima invece la contrattazione volta al miglioramento delle condizioni di lavoro, dei determinanti organizzativi che hanno impatto diretto o indiretto con la gestione della sicurezza: carichi di lavoro, ritmi e movimentazioni, scadenze e orari di lavoro.
Pertanto ciò che favorisce il miglioramento dell’ambiente e delle condizionicomplessivedi lavoro può essere agito con la contrattazione. I comportamenti aziendali che sono scaturiti dalla asserzione di comodo che “la sicurezza e la salute non si contrattano” hanno portato alla separazione dei ruoli dei Rls che non fanno parte della Rsu rispetto ai compiti di rappresentanza integrata e complementare dei diritti dei lavoratori che sono in capo alla Rsu.
Una separazione che ha prodotto molti danni in quanto ha depotenziato la rappresentanza dei lavoratori relegando il Rls ad
un ruolo subalterno e burocratico di “assistente del Rspp” in molte realtà aziendali.
Proprio per questi motivi, nelle situazioni aziendali sopra richiamate i lavoratori fanno fatica ad individuare il Rls come un proprio rap- presentante, in particolare, nelle realtà nelle quali la figura del Rls è stata metabolizzata dal management d’impresa come staff di sup- porto al Rspp. Queste sono le criticità emerse dai lavori di gruppo nelle classi dei partecipanti.
Le difficolta’ e gli ostacoli del rappresentare i lavoratori
Le difficoltà del rappresentare sono emerse in modo trasversale in tutte le sessioni di lavoro, sia nei lavori di gruppo sia nelle discussio- ni in plenaria. Oltre le difficoltà del rappresentare i lavoratori come rappresentante sindacale sono state manifestate le difficoltà a rap- presentare i lavoratori in materia di salute e sicurezza in riferimento ai rischi presenti sul lavoro. Le rappresentazioni di salute e malat- tia sono in continua evoluzione in ragione della molteplicità degli stimoli e delle informazioni che le persone ricevono nell’ambiente sociale. Purtroppo in questi flussi di informazioni sono sempre molto scarse quelle riferite ai rischi per la salute e la sicurezza correlati al lavoro.
La sottovalutazione dei rischi per la salute presenti nel lavoro è assai spesso associata alle scarse conoscenze scientifiche di base di cui dispongono i lavoratori. Le conoscenze di base della chimica, della fisica e della matematica derivate dalla scuola sono di grande aiuto per la comprensione dei concetti di pericolo e di rischio correlati ai profili di rischio di settore o di comparto. Purtroppo la curva di “accumulazione dell’apprendimento scolastico”, in molti casi, per molti lavoratori e lavoratrici si è interrotta o perlomeno è stata lasciata incompiuta. In un mondo di cambiamenti pressoché quotidiani degli strumenti tecnologici del lavoro e della vita quotidiana, dei modelli di gestione e organizzazione del lavoro, la vulnerabilità dei lavoratori e delle lavoratrici che non dispongono di una solida cultura di base è più alta anche per quanto riguarda gli aspetti della salute e sicurezza.
Pertanto non siamo di fronte soltanto ad un gap culturale specifico rispetto al risk assessment and risk management, siamo di fronte a fabbisogni formativi simili per certi aspetti a quelli che indussero il sindacato
a conquistare e praticare le 150 ore nella seconda metà degli anni 70. Questa carenza di base non giustifica tuttavia il mantra : “... in Italia non esiste una cultura della sicurezza”, luogo comune che, ripetuto in modo ossessivo, diviene la risposta di comodo per “coprire”, in molti casi, la mancata formazione e informazione dei lavoratori in materia di sicurezza da parte dei datori di lavoro. Lo stesso Xxx riceve una formazione di 32 ore, un tempo che è appena sufficiente per un’illustrazione sommaria delle norme, degli adempimenti e dei diritti e dei doveri dei lavoratori. Lo strumento della formazione continua viene poco utilizzato per gli approfondimenti e per dotare i Rls delle conoscenze di base sui profili di rischio di comparto o di settore. Le possibilità di sviluppare con la formazione le competenze dei Rls sono ancora abbastanza ampie.
Dai Rls presenti al Corso sono riferite esperienze di formazione ricevuta assai differenziate, il tratto comune che è emerso è comunque una scarsa soddisfazione rispetto alla formazione in ragione dei contenuti e della durata.
La comparazione con i moduli di formazione che ricevono i loro col- leghi europei, in particolare dei paesi del nord Europa è una delle curiosità che sono rimaste insoddisfatte.
I moduli sulla comunicazione sono utili ma non sufficienti a dotare i Rls degli strumenti di base per svolgere il loro ruolo di rappresentanti dei lavoratori e animatori di buone pratiche in materia.
La formazione che serve al Rls e al Rlst.
Solo alcuni appunti per fissare alcune priorità che sono venute emergendo anche dai lavori di gruppo di questo corso. Come abbiamo visto i corsi di 32 ore, allorquando vengono fatti anche in modo coscienzioso non sono affatto sufficienti per fornire al Rls aziendale una strumentazione strutturata formata da metodologie d’intervento e da conoscenze che lo pongano in condizione di svolgere in modo autonomo il ruolo di rappresentanza di scopo dei lavoratori. Una parte dei Rls partecipanti al Corso hanno supplito a queste mancanze sia in quanto dispongono di una buona formazione scolastica (diplomati , periti meccanici) sia con lo studio individuale.
E’ palese che 32 ore di formazione affidate a consulenti rappresentino molto spesso un flusso di nozioni e di procedure che vengono riversate con scarsa coerenza e attenzione rispetto al ruolo di rappresentanza
di scopo che questi lavoratori si troveranno a svolgere.
In diversi casi i moduli di 32 ore sono out of control rispetto alla qualità e ai contenuti sia tecnici sia relazionali.
Cerchiamo di descrivere ciò che potrebbe essere un percorso coerente e utile per tutti i partner sociali di apprendimento a svolgere il ruolo di rappresentanza di Rls.
Il primo aspetto riguarda l’effettività della consultazione sulla valutazione dei rischi.
E’ da questo aspetto che occorre dare inizio alla implementazione delle capacità del Rls. Il DVR viene costruito con criteri in genere de- cisi unilateralmente dal tecnico aziendale incaricato o dal consulente esterno che opera su committenza del datore di lavoro.
Perché vi sia un apporto serio e costruttivo il Rls dovrebbe apprendere a svolgere una prima analisi dei rischi rilevabili senza strumentazioni tecniche e raccogliendo eorganizzando le informazioni provenienti dai lavoratori. Questo è il primo passo per fare sì che la “rappresentanza di scopo del Rls” non sia un ruolo burocratico e subalterno.
Per fare questo occorre per ogni settore che vi sia l’apprendimento di una metodologia di analisi empirica del luogo di lavoro tramite una check list ragionata, con quesiti aperti rispetto ai rischi fisici, chimici, da sforzo fisico, ecc
Si tratta di fare evolvere il collaudato modello di gestione sindacale degli anni 70 basato sulla individuazione dei 4 gruppi di fattori di rischio alla realtà attuale dei luoghi di lavoro che presentano modalità organizzative assai più complesse e difficili da gestire in ragione della “frantumazione dei cicli produttivi”.
In buona sostanza occorre fornire un “alfabeto” di nuova generazione che consenta al Rls di leggere la propria realtà aziendale in relazione non solo ai rischi fisici, chimici, da movimentazione carichi ma anche ai rischi da organizzazione del lavoro in senso lato. Questa lettura non può avvenire come azione solitaria e isolata ma con l’apporto e la partecipazione dei lavoratori. Un percorso di costruzione di una relazione coi lavoratori che richiede molto impegno ma che risulta essere quello più efficace: il percorso della crescita assieme. L’informazione e la formazione dei lavoratori e delle lavoratrici per lavorare in sicurezza rappresenta l’altra grande criticità che richiede una svolta radicale nei comportamenti delle aziende che eludono
troppo spesso, nella sostanza, questa azione necessaria.
Lo schema riduttivo in uso in molte realtà aziendale fissa confini delle politiche di prevenzione alla sola pratica antinfortunistica tramite la messa in campo di prescrizioni “comando controllo” che prescin- dono dai determinanti di rischio generati dalla organizzazione del lavoro, carichi e ritmi di lavoro, orari e turni , ecc
Per questi motivi non può più essere delegata alle sole imprese o a consulenti agnostici la formazione di una rappresentanza di scopo tanto delicata.
Rappresentare significa sapere ascoltare, spiegare, informare e xxxxxx- xxxx informazioni, rappresentare ai dirigenti problemi da risolvere o formulare proposte di soluzione dei problemi sollevati: è un “lavoro” aggiuntivo gravoso per chi come i Rls non lo fa a tempo pieno.
Nel d.lg 81/2008 sono poi previste altre figure di rappresentanza per rappresentare i siti complessi come il Rls di sito e il Rlst territoriale. Per quanto riguarda l’esperienza Rlst rivolta alle aziende artigiane e alle Pmi molti sono stati gli interrogativi e le simulazioni sulle pos- sibilità di funzionamento in territori noti.
Anche per queste figure è emersa l’esigenza di definire moduli formativi coerenti e utili allo svolgimento della loro attività che solo in parte è sovrapponibile a quella del Rls che opera a livello aziendale. La rappresentanza aziendale è funzionale alla gestione della sicurezza in ambiente di lavoro, la rappresentanza di sito e territoriale è funzionale al coordinamento e al governo di sistema della prevenzione dei rischi interferenziali e alle specificità.
Solo se si sapranno articolare in modo adeguato i compiti e la formazione mirata ai ruoli da svolgere si riuscirà a fare decollare queste nuove figure di rappresentanza di scopo che hanno ruoli e funzioni diverse rispetto alla tipologia di Rls che conosciamo.
Infatti i compiti e gli obiettivi dei Rls di sito sono compiti che potremmo definire di secondo livello rispetto alla gestione della sicurezza delle singole unità operative o aziende che operano nel sito. Non esiste allo stato dell’arte un “mansionario” ed un modus operandi codificato del Rls di sito, non esiste un’esperienza empirica: la formazione , i moduli formativi possono essere costruiti passo passo monitorando le esigenze e i fabbisogni formativi dei Rls di sito. Tra i partecipanti del corso la istituzione del Rls di sito veniva prevista per alcune aziende metalmeccaniche del settore siderurgico.
La formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro dei funzionari sindacali
Un aspetto interessante che è stato affrontato nel Corso riguarda poi la formazione dei funzionari sindacali, in generale e in fattispecie per quanto riguarda salute e sicurezza.
Diversi funzionari che partecipavano al Corso hanno sottolineato il fatto che sui temi della salute e della sicurezza sul lavoro i funzionari sanno meno cose dei Rls delle aziende più strutturate. Il problema della formazione di base dei funzionari sindacali in materia di salute e sicurezza è stato messo in agenda come un tema da sviluppare cominciando dalla valutazione dei rischi specifici del lavoro del funzionario, quello dello stress e della fatica nervosa derivante dal multitasking, ovvero del dovere affrontare molti problemi da risolvere rapidamente nella stessa giornata o nella stessa ora di lavoro.
La lotta per fare spegnere i cellulari ai funzionari nelle ore di formazione è stata assai dura: essere sempre connessi questo pare essere uno dei generatori di stress per questo tipo di lavoro che comporta responsabilità e prontezza di risposta in particolare per situazioni di aziende in crisi. D’altra parte ad alcuni di essi pareva essere insostenibile chiudere le comunicazioni come se fosse colpa grave essere irreperibili per qualche ora.
A parte questi aspetti occorre per davvero che vi sia un progetto di formazione di base per funzionari sui temi della gestione della sicurezza e della salute a cominciare dalla propria.
Rls e lavoratori in rete
Il modulo specifico sulla sicurezza e sulla salute si è avvalso molto dell’utilizzo degli strumenti presenti in rete. Molte informazioni e documenti sono stati resi immediatamente visibili in quanto l’aula era attrezzata per la videoproiezione con collegamento ad internet. La visualizzazione di una serie di video clip sui temi della sa- lute e della sicurezza hanno favorito il confronto e la discus- sione anche su aspetti direttamente gestionali la sicurezza. Molto apprezzati tra questi i clip della Agenzia Canadese WSIB. Tra gli stessi partecipanti si è fatto un piccolo censimento e si è potuto vedere che una parte rilevante di essi dispone di un collegamento internet , ragion per cui si “immaginato” anche di costruire una piat- taforma di comunicazione e di lavoro via internet.
I materiali prodotti dai lavori di gruppo
I gruppi si sono riuniti più volte sia in sede di corso sia nei territori di provenienza per completare i compiti affidati. I quesiti posti ai lavori di gruppo e le elaborazioni sono disponibili tra gli allegati a questo volume. L’unico limite per questo progetto è stato quello oggettivo del tempo, la risorsa più scarsa rispetto ad altre.
Il tempo non è stato sufficiente per sviluppare esercitazioni in pro- fondità prendendo in esame alcuni documenti di valutazione dei rischi elaborati dalle aziende per individuarne gli aspetti rilevanti ed esercitare pienamente il ruolo di Rls nella fase della consultazione ogniqualvolta questo si renda necessario.
5. ELABORAZIONI PRATICHE: I LAVORI DEI PARTECIPANTI
In questa sezione del testo ci occuperemo di render noti gli elaborati che i partecipanti hanno realizzato durante i diversi gruppi di lavoro a cui hanno preso parte. In particolare è interessante notare come l’analisi dei casi concreti non si sia limitata ad una semplice elencazione delle problematicità aziendali bensì si è spinta oltre andando anche ad individuare eventuali azioni risolutive sempre con l’obiettivo di tutelare la qualità del lavoro all’interno del singolo contesto produttivo.
Oltre ad un’analisi delle dinamiche legate all’organizzazione del lavoro i corsisti si sono cimentati con uno dei problemi più annosi presenti oggi nel mercato del lavoro: la sicurezza.
Anche in questo caso l’approccio al problema non è stato mai banale, i rischi per la salute e la sicurezza sono stati affrontati non solamente con riguardo alla normativa, ma anche e soprattutto attraverso una cosciente e dettagliata analisi del contesto aziendale ed una relativa lettura critica dei rischi connessi all’ambiente di lavoro.
La nostra scelta è stata quindi quella di riproporre le elaborazioni che i singoli gruppi hanno svolto durante l’intero processo formativo in modo da fornire una chiave di lettura delle situazioni analizzate che fosse il più fedele possibile rispetto all’effettivo lavoro svolto.
La lettura di questi elaborati fornirà al lettore un’analisi per nulla ba- nale delle maggiori problematicità organizzative presenti nei diversi contesti aziendali ai quali, attraverso un puntuale studio progettuale, i partecipanti hanno provato a dare risposta e soluzione.
Una buona pratica di lavoro che sarebbe auspicabile venisse affrontata in tutti i siti produttivi così da rendere attiva la partecipazione dei lavoratori a scelte aziendali dalle quali spesso le rappresentanze sindacali rimangono escluse.
Gli elaborati sono divisi in due diverse macro-aree: una è denominata “Lavoro e fabbriche” e racchiude tutti i lavori svolti durante le lezioni con il professor Xxxxxxx Xxxxxxx, l’altra invece “Salute e sicurezza” e contiene a sua volta le analisi svolte con il professor Xxxx Xxxxxx.
Gruppo Livorno - “Lavoro e fabbriche” : L’organizzazione del lavoro vista dagli operai
Il gruppo di lavoro si è confrontato con un problema legato all’organizzazione del lavoro all’interno di un’azienda che produce circuiti stampati. L’azienda, priva di inquadramento professionale, è composta da circa 150 addetti che sono stati opportunamente intervistati per capire nello specifico le loro funzioni in modo da creare un inquadramento legato alle mansioni svolte ed elaborare così una proposta da presentare all’azienda.
Dall’intervista è emerso che ogni operatore di ogni postazione di lavoro ha espresso la volontà di avere una formazione tecnica più approfondita da parte dell’azienda, infatti oltre alla formazione tecnica di base gli operatori hanno dovuto apprendere e accrescere professionalmente contando solo sulle proprie forze e sulle proprie capacità personali. A seguito di questo gli operatori hanno chiesto che le loro conoscenze professionali venissero incrementate con corsi adeguati organizzati dall’azienda e che il valore aggiunto sulla loro professionalità venisse riconosciuto e di conseguenza inquadrato. Partendo da questi presupposti i corsisti hanno proceduto ad elencare in modo dettagliato le operazioni svolte dalle singole figure rilevando in modo particolare le difficoltà operative quotidiane.
Elaborato gruppo di lavoro Struttura reparto test ottico
Cosa si fa?
1. Controllo a campione delle difettosità ripetitive sulla produzione in entrata.
2. Controllo all’unità sulla produzione in entrata
3. Individuazione delle difettosità, valutazione, classificazione
report
4. Eventuale riparazione delle difettosità riscontrate
5. Gestione rilancio quantità mancanti
6. Chiusura lotti e avanzamento produzione alle lavorazioni successive.
Controllo a campione delle difettosità ripetitive sulla produzione in entrata
a. Caricamento del pezzo su macchina a lettura ottica
Gli operatori
• Ricevono il pezzo da testare dall’operatore DES che lo porta in reparto. Sul pezzo è apposta l’indicazione del codice interno e del lato che è la stessa per tutti i pezzi di quella produzione. Sono inoltre presenti un numero seriale identificativo, la lettera dell’espositore sul quale è stato stampato e l’orario di ingresso nel reparto del test ottico. Queste indicazioni vengono messe manualmente dall’operatore DES.
• Compilano il”modulo statistico” con tutte le informazioni indi-
cate nel paragrafo precedente.
• Caricano il pezzo sulla macchina, aprono il programma relativo a quel codice interno e a quel lato, procedono all’ispezione.
b. Individuazione e segnalazione della difettosità Se il pezzo viene ispezionato:
Gli operatori
• Segnalano le eventuali difettosità riscontrate con frecce adesive che appongono in prossimità del difetto
• Individuano quando è possibile le cause del difetto e ne infor-
mano le lavorazioni precedenti
c. Controllo della ripetitività del difetto
Gli operatori
• Valutano la tolleranza del difetto, la sua positiva o negativa ripetitività sui pezzi precedenti, la necessità di una riparazione da parte della clean room tenendo conto delle informazioni qualitative e quantitative in loro possesso (possibilità di una riparazione successiva da parte del test ottico tenendo conto delle specifiche ASQ, eventuali scarti parziali accettati dal cliente
secondo le specifiche ASQ, numero dei pezzi da produrre), informano costantemente il capoturno sulle difettosità riscontrate e sulle valutazioni fatte per intervenire.
d. Comunicazione esito del controllo
Gli operatori:
• comunicano l’esito del controllo alla clean room, aggiornano il ”modulo statistico” con le risposte e con l’orario delle stesse, vi appongono l’indicazione del loro numero di badge.
Se il pezzo non viene ispezionato:
• informano immediatamente il capoturno
• fanno una prima ipotesi sulle cause di mancata ispezione
• si attivano per il caricamento del pezzo su un’altra macchina
Tutte queste operazioni devono avvenire nel minor tempo possibile. Più si ritarda una risposta più si rallenta la produzione.
Grande senso di responsabilità, capacità di ottimizzare i tempi morti, precisione nella compilazione dei moduli per un’eventuale rintrac- ciabilità del difetto. Con il tempo, completa autonomia nel gestire le situazioni critiche.
Controllo all’unità sulla produzione in entrata
a. Caricamento della produzione su macchine a lettura ottica per l’ispezione e l’individuazione delle difettosità.
• La produzione entra in reparto accompagnata dalla scheda di lavorazione. Il responsabile di turno procede al suo caricamento sulle macchine ad ispezione ottica seguendo un carico di produzione stampato dal caporeparto giornalmente. Nb: dal carico di reparto sono fuori gli ordini di lavorazione identificati con la scritta “urgentissimi” e le produzioni che giorno per giorno vengono comunicate al reparto come “prioritarie”.
b. Programmazione e controllo parametri di ispezione
Il responsabile di turno:
• Seleziona la macchina migliore per quella tipologia di codice quando la stessa non sia già impegnata per l’ispezione di altra produzione entrata precedentemente.
• Richiama il programma dal database dell’ufficio tecnico.
• Se il programma non è presente lo crea direttamente.
• controlla che i parametri di programmazione siano quelli
standard secondo criteri generici stabiliti dall’ufficio tecnico.
• Se il programma non funziona, esegue una prima valutazione sulle possibili cause della mancata ispezione.
• Interviene direttamente sulla programmazione cambiando i parametri secondo le proprie conoscenze acquisite con il tempo.
• Procede alla prima ispezione.
• Valuta le difettosità riscontrate e discrimina le vere dalle false, cercando il più possibile di far evidenziare alla macchina le prime a discapito delle seconde.
• Fa partire la macchina.
• Controlla l’uscita dei primi pezzi e valuta se l’ispezione in corso procede nel modo corretto.
c. Apertura job sulla modulistica di reparto
Il responsabile di turno:
• Apre il job sulla modulistica di reparto per seguire storicamente l’andamento della lavorazione ed avere traccia degli scarti effet- tuati, delle causali di scarto, delle riparazioni effettuate, e delle eventuali quantità parziali avanzate alle lavorazioni successive.
d. Gestione delle risorse umane per la lavorazione della produzione.
Il responsabile di turno:
• Assegna agli operatori il job da lavorare in relazione alle capacità professionali di ognuno avendo cura di comunicare agli stessi