FEDERAZIONE LAVORATORI DELLA CONOSCENZA
Edizioni Conoscenza
Direttore Xxxxxxxx Xxxxxxxx
Direttore responsabile Xxxxxxx Xxxxx
FEDERAZIONE LAVORATORI
DELLA CONOSCENZA
igl
iornale effelleci
N. 3 - marzo 2009
ARTE / FORMAZIONE / RICERCA / SCUOLA / UNIVERSITÀ
della
EDITORIALE
UN ATTACCO SENZA PRECEDENTI
AL CONTRATTO, AI DIRITTI AL SINDACATO
Xxxxxx Xxxxxxxx
«Pensate che la nostra causa è giusta, è affascinante, è la causa del progresso generale, è la causa umana della giustizia fra gli uomini (…) E quando si ha la consapevolezza di servire una causa così giusta, ognuno di voi può avere la fierezza interiore di dire: ho compiuto un grande dovere.»
Xxxxxxxx Di Xxxxxxxx
Spedizione in abbonamento postale | Art. 1 , c. 1 , DL n. 353/2003 (conv. in L. n. 46/2004) DCB - Roma
divisione: tra le organizzazioni sindaca- li, tra lavoratori pubblici e privati, tra chi lavora nelle grandi imprese e chi lavora nelle piccole, persino tra chi lavora fianco a fianco nelle stesse sedi di lavoro. Tutto questo rappresenta il ten-
alla partecipazione dei lavoratori alle scelte sindacali, in una fase politica in cui queste parole, democrazia e parteci- pazione, paiono svuotate di significato. Appare evidente che alla consulta- zione si deve accompagnare un forte
S
e dovessimo descrivere l’attuale situazione, dovremmo senza dubbio rappresentarla come una fase in cui si porta un attacco senza precedenti al contratto e quindi ai diritti dei lavora- tori e alle loro rappresentanze. Il com- binato disposto di alcuni provvedimen- ti legislativi e soprattutto l’accordo separato sul modello contrattuale, sot- toscritto da Cisl e Uil il 22 gennaio scorso, disegnano, in maniera netta, una compressione degli spazi contrat- tuali, sia dal punto di vista della tutela del potere di acquisto sia dal punto di
vista normativo.
Si tratta, nella storia sindacale italia- na, di una fase inedita in quanto, per la prima volta, si marca un ritorno all’in- dietro rispetto al valore centrale del contratto ma soprattutto si tenta di delineare un modello diverso di sinda- cato, riducendo il cuore stesso del suo agire: la contrattazione.
La compressione sul versante salaria- le è evidente, comparando il contenuto dell’accordo con la piattaforma unitaria di maggio presentata da Cgil, Cisl, Uil: scompare l’impegno vincolante all’al- largamento quantitativo della contrat-
tazione e l’obiettivo di incrementare la
produttività per ridistribuirne di più al lavoro, definendo di fatto un sistema che riduce i salari. Inoltre si tenta di manomettere uno strumento fonda- mentale per la difesa dei diritti dei lavoratori, previsto dall’art. 40 della nostra Costituzione, vale a dire il dirit- to di sciopero.
I disegni di legge Xxxxx e Xxxxxxxx
Sul versante normativo, invece, stanno seguendo l’iter legislativo due provvedimenti che rappresentano, per il lavoro pubblico, un ritorno al passa- to: il DDL Brunetta e, in particolare per il comparto scuola, il DDL Xxxxx. Questi provvedimenti hanno entrambi come obiettivo ultimo la marginalizza- zione del contratto nei settori pubblici, portando a termine un percorso che, partito qualche tempo fa con l’attacco generale ai lavoratori del pubblico impiego, si conclude con la modifica e la riduzione degli ambiti di contratta- zione.
Se dovessimo sintetizzare, potrem- mo dire che si persegue una strategia di
tativo di ridimensionare potentemente l’azione di rappresentanza dei diritti da parte del sindacato soprattutto nei nostri comparti pubblici e precostitui- sce un vulnus all’universalità del modello contrattuale.
Una risposta adeguata e la parola ai lavoratori
Se questo è il livello dello scontro, la nostra risposta dovrà essere adeguata.
Le vicende contrattuali che hanno recentemente caratterizzato i nostri comparti, e che hanno spinto la FLC a non firmare gli accordi relativi al secon- do biennio economico di scuola e uni- versità, rappresentano null’altro che quello che sarà: il contratto “prendere o lasciare”.
La FLC di fronte a questa sfida sul senso stesso di fare sindacato ha deciso di fare l’unica cosa possibile: raccoglie- re il guanto di sfida e dare la parola ai lavoratori. La Cgil ha deciso di fare lo stesso sull’accordo separato sul modello contrattuale.
Il significato della consultazione è alto e rappresenta un momento fonda- mentale di democrazia e dà senso vero
mobilitazione fatta di una pluralità di iniziative che culmineranno nello scio- pero del 18 marzo di tutti i lavoratori della conoscenza e nella manifestazione nazionale del 4 aprile indetta dalla Cgil. Nei mesi scorsi abbiamo visto scen- dere in xxxxxx xxxxxxxxx xx xxxxxxxx xx xxxxxxxxxx, studenti, genitori, semplici cittadini per protestare contro le politi- che di questo Governo nei nostri setto- ri, che sappiamo produrranno un colpo mortale ai comparti della conoscenza oltre al licenziamento di migliaia di pre- cari. Tutto questo in un momento di acuta crisi economica che al contrario suggerirebbe la necessità di politiche coraggiose di investimento nella forma- zione, nell’istruzione e nella ricerca. Ebbene, adesso, è il momento di spie- gare a quelle migliaia di lavoratori che l’attacco finale è ai loro diritti e che, da questa fase, si può uscire solo se si ha piena consapevolezza che insieme pos- siamo ancora modificare quelle decisio- ni e che in questo paese non è ancora sepolta l’indignazione verso una politi- ca miope, incapace di coniugare la tute- la dei diritti delle persone con il pro-
gresso economico e sociale.
IL GOVERNO E I SETTORI PUBBLICI
LE MANI DELLA POLITICA SULL’AMMINISTRAZIONE E LA FINE DELLA CULTURA PROFESSIONALE E DEL LAVORO
Intervista a Xxxxxx Xxxxxx di Xxxx Xxxxx Xxxxxxx
riforma all’inizio degli anni Novanta, con il contributo fondamentale di xxx- xxxxx ed esperti come Xxxxxxx X’Xxxx- na, di cui ricorrono quest’anno i dieci anni dal barbaro assassinio.
Succede, sul versante dei rapporti di lavoro, che finalmente si afferma la parità, anche nella pubblica ammini- strazione, tra datore di lavoro e lavora- tore. Ma si afferma anche un principio di grande modernità: la liberazione della cosa pubblica dal potere politico. E così per la prima volta si può parlare di lavoro finalizzato all’interesse dei cit- tadini, di efficienza, di valutazione.
T
ralasciamo di soffermarci sulla “filosofia” complessiva che ispira il
Se passasse il disegno del governo con l’approvazione dei due disegni di
nizzato su procedimenti utili solo a ragioni burocratiche e amministrative
Con il disegno del governo tutto questo finisce. Si ritorna all’arbitrio,
Xxx Xxxxxxxx sul lavoro pubblico (lo ha chiamato “piano industriale”), per soffermarci sulle conseguenze che esso avrà se, come è probabile, sarà approvato nel suo impianto fondamentale in combinato con il ddl Xxxxx e il recente accordo sul sistema contrattuale.
Chi deciderà del rapporto di lavoro pubblico, della sua organizzazione, dei premi e delle sanzioni?
legge, quello di Xxxxxxxx e quello di Xxxxx, che si aggiunge all’accordo sepa- rato di gennaio scorso si torna indietro di 30 anni, a prima degli anni Ottanta, quando il pubblico dipendente era sot- toposto e controllato da una burocrazia a sua volta subalterna al potere politico. L’interesse delle amministrazioni allora, come si ricorderà, non era né l’u- tenza né l’efficienza, ma tutto era orga-
interne.
U
n sistema messo in discussione già negli anni Settanta dal progetto di
riforma di Xxxxxxx Xxxxxx Xxxxxxxx che prevedeva, tra l’altro, l’introduzione del contratto collettivo.
Questo meccanismo comincia a modificarsi negli anni Ottanta fino a diventare un completo processo di
all’opacità, alla gerachizzazione dei rap-
porti, escludendo chi lavora dal proces- so amministrativo, o produttivo che dir si voglia. Altro che piano industriale! Il risultato è chiaro: azzeramento del con- tratto nazionale e della contrattazione, negazione del ruolo del sindacato di rappresentare il lavoro, limitazione del diritto di associazione dei dirigenti che diventano gerarchicamente dipendenti
segue a pagina 2
Intervista segue da pagina 1
dal politico di turno e non più funzio- nari dello Stato.
Si fa strame inoltre di quegli istitu-
ti contrattuali che persino Xxxxxxxx e
IL SINDACATO BILATERALE
L’accordo separato
Numero speciale
il giornale della effelleci
riore a quello utilizzato fino ad oggi per i rinnovi contrattuali di circa l’1%. Il che vuol dire che il contratto collettivo nazionale non potrà assicurare ai salari il recupero dell’inflazione.
La stessa decantata contrattazione di
secondo livello, oggi limitata solo al
Xxxxxxx dicevano di non voler tocca- re: il merito professionale e la qualità come elementi per la carriera, il salario accessorio legato alla valutazione. Tutti
e la fine del contratto nazionale
Xxxxxxx Xxxx
20% delle imprese, non potrà sopperire a quella carenza ed è improbabile che in una fase recessiva possa estendersi.
Sarebbe stato fondamentale, invece,
questi elementi passano alla compe- tenza e alla discrezionalità del potere
proprio in questa situazione rafforzare il
contratto collettivo nazionale di lavoro
politico. Premio chi mi è fedele, chi mi porta voti... un film già visto e rivisto. Quindi il rapporto di lavoro pub- blico è in mano al dirigente che è a sua volta marcato stretto dal ministro. Tutto questo è asservimento alla poli- tica che rientra di prepotenza, dopo esserne stata esclusa per qualche
decennio, nell’amministrazione.
Tutto questo – sia chiaro – non ha alcuna ricaduta sull’efficienza dei ser- vizi. D’altronde non è questa la preoc- cupazione del Governo. Siamo l’unico paese in Europa che ha cancellato l’Autorità di controllo sulla corruzione nella cosa pubblica.
Un’altra conseguenza di questo progetto sarà spostare funzioni pubbli- che verso il privato con drenaggio di risorse. Si taglia sulla cosa pubblica, che si mette sotto il controllo politico su una catena di comando. Non a caso assistiamo a un accanimento contro gli insegnanti e la libertà di insegnamento e si contesta l’accesso per concorso.
I
n quasi 30 anni il metodo pattizio, la contrattazione collettiva ha
cambiato qualcosa nei settori pubblici?
La contrattazione collettiva è stato l’unico vero elemento di riforma, costante nel tempo, della pubblica amministrazione. Attraverso ottimi contratti è stato possibile intercettare il rapporto tra qualità del lavoro e quali- tà dell’offerta: è stato possibile costrui- re un dialogo e un’alleanza con i citta- dini. In settori come la scuola, la sani- tà e la ricerca quello che dico è straor- dinariamente vero. Sono settori dove centinaia di accordi decentrati hanno avuto ricadute positive sui servizi.
Ma il metodo pattizio ha avuto anche il grande merito di abbattere la conflit- tualità. È anche logico che la mediazione sia più facile laddove le due parti si rico- noscono, dove c’è reciprocità.
C
i sono ambiti dove la contrattazione è stata eccessiva o ha lavorato male?
In alcuni settori la contrattazione lavora su risorse marginali. Una serie di risorse vi sono sottratte. Ma forse anda- va di più considerato il vincolo della democrazia nella ratifica, cioé avremmo dovuto essere più rigidi nella richiesta che i lavoratori si pronunciassero prima di sottoscrivere gli accordi.
Non c’è eccesso di contrattazione. Se si elimineranno le Rsu delle scuo- le, come vuole Xxxxx, ad esempio, si creerà un deficit di democrazia, ma non solo. Ci sarà più rigidità nell’or- ganizzazione scolastica (e questo per definizione non può andar bene) per- ché se i lavoratori sono coinvolti den- tro un problema, aiutano a trovare la soluzione. Se l’approccio è solo buro- cratico e autoreferenziale finisce per affermarsi solo il principio dell’adem- pimento, mentre la cultura professio- nale non è messa in condizione di misurarsi e quindi viene avvilita.
on è mai accaduto che una revisione delle regole contrattuali fosse sotto- scritta senza il consenso di una parte sociale, soprattutto se si tratta del più grande sindacato italiano ed europeo, la Cgil, che rappresenta oltre 5 milioni di
N
lavoratori e di pensionati.
L’ACCORDO SUL MODELLO CONTRATTUALE E I COMPARTI PUBBLICI DELLA CONOSCENZA
Lparti pubblici rispetto alle regole attualmente vigenti. Quest’accordo comprime gli
’accordo sul modello contrattuale rappresenta un palese peggioramento per i com-
spazi di contrattazione sul livello retributivo, legando indissolubilmente gli aumenti sti- pendiali dei lavoratori alle concessioni governative. Le disposizioni specifiche per il pub- blico impiego segnano alcune differenze rispetto a quanto stabilito per il settore priva- to. Vediamo quali:
1) Il calcolo delle risorse per gli incrementi salariali è demandato ai Ministeri com-
petenti nei limiti della legge finanziaria, previa concertazione con le Organizzazioni sin- dacali. Questo significa che una riduzione degli spazi di manovra rispetto alla definizio- ne delle risorse. All’interno di questa prima operazione, inoltre, agisce l’indice IPCA determinando in tal modo un’incertezza rispetto ai parametri di riferimento per gli aumenti salariali, pesantemente condizionati da una definizione preventiva della risorse.
2) La base di calcolo è riferita solo allo stipendio tabellare con esclusione delle voci
accessorie. Questo significa prendere a riferimento nei nostri comparti una base di cal- colo che è decurtata fino ad un terzo rispetto alle retribuzioni.
3) La verifica degli scostamenti tra inflazione prevista e reale sarà effettuata alle
seguenti condizioni: alla scadenza del triennio contrattuale e nell’ambito del triennio successivo, tenendo conto dei reali andamenti delle retribuzioni di fatto dell’intero set- tore. Questo significa anche dei lavoratori non contrattualizzati e delle manovre gover- native nel settore pubblico (ad esempio il taglio degli organici determina fittiziamente un aumento delle retribuzioni di fatto riducendo il numero dei lavoratori).
4) Gli incentivi fiscali graduali e legati a vincoli di finanza pubblica rappresentano
un’ulteriore limitazione per i lavoratori pubblici.
G. F.
L’accordo separato è stato una scelta sbagliata e pericolosa con la quale si rinuncia alla funzione essenziale della contrattazione collettiva e della parteci- pazione democratica dei lavoratori, divi- de in un momento in cui, invece, c’è bisogno di condivisione delle regole e di unità nel paese e nel mondo del lavoro. Il Governo si dimostra ancora una volta incapace di offrire risposte serie e puntuali nel merito, preferendo come al solito spot pubblicitari e proclami ideo- logici. Invece di sostenere i redditi e l’oc- cupazione, di combattere l’evasione fiscale, di avviare una politica economi- ca di investimenti che rilanci produzio- ne e consumi, lavora per dividere il sin- dacato e il paese nel segno di un ingiu- stificabile revanchismo e di un’idea di società sempre meno inclusiva e sempre più diseguale. Confindustria e le altre associazioni padronali mostrano il volto noto del capitalismo nostrano: approfit- tare della crisi per restaurare, nel mondo del lavoro, un ordine fondato soprattut- to sull’abbassamento dei diritti e delle tutele delle lavoratrici e dei lavoratori, riversando su di essi il peso della crisi. Le confederazioni Cisl e Uil, con Ugl, invocando un presunto senso di respon- sabilità, accreditano l’idea neocorporativa di un sindacato subordinato alla politica e subalterno alle associazioni padronali. Da qui la scelta di isolare la Cgil a costo di smentire la piattaforma unitaria e di negare la possibilità di qualsiasi pronun-
ciamento democratico dei lavoratori.
È in questo contesto che va letto, analizzato e giudicato l’accordo separato sul modello contrattuale, epigono di una serie di altri episodi che hanno visto la rottura dell’unità sindacale consumar- si nel brevissimo arco di qualche mese.
La Cgil non ha sottoscritto l’accordo sul modello contrattuale per ragioni di metodo e di merito. E il metodo in que- sto genere di trattative non è di secon- daria importanza: la Cgil si è trovata di fronte a un testo nuovo, bloccato e non emendabile, deciso da tutti gli altri e costretta a un prendere o lasciare.
Sul merito
L’ammodernamento del modello contrattuale, il potenziamento del secondo livello di contrattazione, di incremento della produttività, di valo- rizzazione del merito erano obiettivi presenti nella piattaforma unitaria sin- dacale, quindi condivisi dalla Cgil.
Il testo approvato, le cui linee guida rimandano ai singoli testi sottoscritti da Cisl e Uil con le diverse organizzazioni padronali mediante il ricorso all’istituto delle deroghe, prefigura molteplici e frammentati modelli contrattuali. Non vi sono innovazioni, si riducono gli sti- pendi e si sminuisce la funzione del con- tratto nazionale e di quello integrativo e territoriale, non si garantisce nemmeno il recupero pieno del potere d’acquisto. Infine, proprio per l’incertezza delle regole e dello svolgimento dell’attività contrattuale, determina una difficilissi- ma gestione di tutte le vertenze.
L’indice dei prezzi al consumo (Ipca), depurato dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici importati e calcolati da un soggetto terzo, è decisamente infe-
rilanciandone la sua centralità e il suo
spirito solidaristico e universale. Limita- re o meglio vanificare questa sua funzio- ne significherà, per milioni di lavorato- ri, ri-precipitare nella giungla della fran- tumazione, della divisione e del dum- ping contrattuale e sociale. È chiaro che gli attori dell’accordo vogliono rappre- sentare solo il mondo delle grandi imprese e traghettare il nostro paese verso un nuovo sistema di relazioni industriali che azzeri la contrattazione e stronchi sul nascere il conflitto.
I lavoratori “senza ombrello”
Non è difficile immaginare che le nuove regole si ripercuoteranno in maniera negativa in tutti i comparti del lavoro pubblico e privato, soprattutto nei settori produttivi più deboli, più esposti alla logica del mercato dove, già oggi, la dimensione e le caratteristiche delle imprese impediscono di fatto l’af- fermazione piena dei diritti. La fine della centralità del contratto collettivo nazionale di lavoro condannerebbe que- sti lavoratori ad una precarizzazione strutturale delle loro condizioni di lavo- ro: bassi salari, residualità del contratto a tempo indeterminato, diffusione di contratti a termine, utilizzo smisurato di contratti atipici, abbassamento delle tutele e ricatto occupazionale sarebbero i tratti più diffusi della loro prestazione lavorativa. Alcune recenti rilevazioni dicono che sono oltre 7 milioni i lavora- tori che non hanno alcun sostegno al reddito a esclusione dell’indennità di disoccupazione. Sono questi, assieme ai precari, i lavoratori più a rischio nel caso di espulsione dall'azienda e più ricatta- bili sul piano occupazionale.
Tra questi lavoratori "senza ombrello" vanno annoverati anche quei 250 mila lavoratori che operano nelle scuole e nelle università non statali, nella formazione professionale e nella ricerca privata: la fine della contrattazione nazionale sareb- be, per questi, sconvolgente sia in termi- ni di garanzie del reddito sia in termini di diritti e tutele. Si aprirebbero falle incon- tenibili: accordi di sottotutela, delegitti- mazione del lavoro standard e sua tra- sformazione in rapporti atipici.
E il sindacato? da attore della con- trattazione si trasforma in gestore di ser- vizi liberando l’impresa e lo stato stesso da ogni vincolo sociale. Altro che modernizzazione, altro che sviluppo della contrattazione decentrata, altro che concertazione e contrattazione, altro che democrazia nei luoghi di lavoro!
Numero speciale
IL DDL XXXXX
Livore ideologico contro
il contratto e contro la libertà di insegnamento
Xxxxxx Xxxxxxxx
I
l DDL denominato Norme per l'au- togoverno delle istituzioni scolastiche e la libertà di scelta educativa delle fami- glie, nonché per la riforma dello stato giu- ridico dei docenti, detto DDL Xxxxx, rappresenta per il comparto scuola nul- l’altro che un attacco frontale al ruolo del contratto e del sindacato. Tale prov- vedimento assegnato alla Commissione Cultura della Camera dei Deputati, interviene pesantemente nelle preroga- tive negoziali delle Organizzazioni sin- dacali. Tralasciando in questa sede il commento agli altri aspetti della legge, organi collegiali, fondazioni, recluta- mento etc., tutti ugualmente deleteri, vediamo più propriamente gli aspetti
contrattuali.
Gli attacchi
La relazione tecnica allegata al dise- gno di legge, con un certo livore ideolo- gico, delinea le “forzature” e gli “sconfi- namenti” che l’azione contrattuale degli ultimi anni avrebbe prodotto sul ver- sante della definizione normativa della professione insegnante, dimenticando così che tale azione è stata determinata sulla base di una serie di leggi che ave- vano come obiettivo il completamento dell'unificazione normativa tra lavoro pubblico e lavoro privato. In questo senso la norma, come è noto, dispone la separazione dell'area contrattuale dei docenti da quella del personale ATA costituendo per i docenti un'area di contrattazione autonoma. Proprio sulla
separazione delle aree vogliamo segnala- re l’incoerenza dell’operato di questo Governo, che tramite il Ddl Xxxxxxxx propone al contrario la riduzione del contratti nazionali e l’accorpamento delle aree contrattuali.
Si attribuisce quindi alla legge, riscri- vendo lo stato giuridico dei docenti ed eliminandolo dall'area della contratta- zione, il potere di definire le carriere docenti, l’articolazione del profilo pro- fessionale, la valutazione, il contratto di inserimento formativo al lavoro. Il con- tratto nazionale diventa quindi residua- le, anzi citando letteralmente, “essenzia- le e compatibile con le disposizioni legislative”, limitato a definire solo ora- rio, retribuzioni e mobilità.
L’altro punto di attacco è costituito dalla soppressione delle RSU di scuola, definite una «anomalia» organizzativa e sostituite da una non meglio identifica- ta rappresentanza sindacale d’area a livello regionale, composta esclusiva- mente da personale docente. Si delinea così con questa disposizione il chiaro tentativo di eliminare la rappresentanza del personale docente della scuola, per- sino sul versante della contrattazione di secondo livello, che in tal modo viene svuotata di significato. A tutto ciò va aggiunto che il DDL Xxxxx attribuisce con chiarezza prerogative di natura sin- dacale a organismi tecnici e/o alle asso- ciazioni professionali, confondendo così la rappresentanza sindacale con quella professionale.
Obiettivo, azzerare un’esperienza ventennale
In sintesi questi sono i punti di attacco portati da tale provvedimento a un’esperienza negoziale e legislativa ven- tennale fondata sul principio dell’ugua- glianza del lavoro prestato al servizio altrui, azienda privata o amministrazio- ne pubblica, e su una concezione di Stato “diverso”, non centralista ma più “leggero e vicino ai cittadini”, citando Xxxxxxx X’Xxxxxx che, della contrat- tualizzazione del pubblico impiego, è stato fautore. C’è un ulteriore obiettivo però che tale provvedimento intende raggiungere. Infatti, si vuol riportare lo stato giuridico degli insegnanti nell’al- veo della legge con lo scopo ultimo di definire “i contenuti e i limiti della libertà di insegnamento”, come la stessa
relazione tecnica esplicita in più punti.
Come FLC esprimiamo il nostro totale dissenso verso un provvedimento che riduce il ruolo del contratto nazio- nale e di conseguenza i diritti dei lavo- ratori e che elimina la rappresentanza sindacale.
Si attacca inoltre il ruolo e il senso dell’insegnante nella scuola pubblica statale, portando un colpo mortale ad un principio costituzionale qual è la libertà di insegnamento. Non ci stiamo.
Art. 33.
L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.
LA REVISIONE DELLE REGOLE SECONDO IL GOVERNO
L’esercizio
del diritto di sciopero
Xxxxxx Xx Xxxxxxx*
in una Commissione “per le relazioni di lavoro” con poteri di conciliazione e arbitrato anche obbligatori.
Il Governo sostiene che le integrazio- ni proposte abbiano il fine di “favorire il funzionamento di un libero e responsa- bile sistema di buone relazioni indu- striali” e realizzare un effettivo contem- peramento tra il diritto di sciopero e i diritti… “dell’impresa costituzional- mente tutelati”.
Le finalità politiche del Governo, come anche le eventuali proposte delle
ro alla libertà di iniziativa economica (art.41 della cost.).
3) L’efficacia della pressione esercita-
ta dallo sciopero deve essere garantita dallo Stato - in tutte le sue articolazioni, quindi anche dal Governo - che ha il compito di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, impedi- scono… l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione poli- tica, economica e sociale del Paese” (art. 3 comma 2 cost.)
Come ogni legge anche l’attuale
L
a revisione delle regole sull’esercizio del diritto di sciopero, annunciata dal Consiglio dei ministri, con un comunicato stampa del 17 ottobre 2008, è in questi giorni oggetto di con- sultazione tra il Ministro del lavoro e le
organizzazioni sindacali e datoriali.
Ad avviso del Governo, la discipli- na in materia di sciopero, dettata dalla legge n.146/90, dovrebbe prevedere, in particolare, le seguenti integrazioni:
a) l’introduzione di limiti all’eserci-
zio del diritto di sciopero anche ai ser- vizi non essenziali;
b) la consultazione referendaria
obbligatoria per la proclamazione dello sciopero;
c) l’introduzione dell’obbligo per il
lavoratore di dichiarare preventiva- mente l’adesione allo sciopero;
d) l’inclusione nell’elenco dei servizi
essenziali, già previsti dalla legge n.146/90 di ulteriori servizi fino a ricom- prendere anche i servizi strumentali e i servizi oggetto di esternalizzazioni;
e) l’estensione del periodo di inter-
vallo tra uno sciopero e l’altro;
f) l’introduzione di forme di scio-
pero virtuale;
g) l’attribuzione alla Agenzie delle
entrate del compito di eseguire le san- zioni ai lavoratori;
h) la trasformazione della Commis-
xxxxx xx xxxxxxxx (ex art.12 l.n.146/90)
organizzazioni chiamate a concordare le modifiche della legge n.146/90, non possono sottrarsi al rispetto della gram- matica dello sciopero così come conve- nuta nella Costituzione e rispettata nel- l’interpretazione della giurisprudenza della Corte costituzionale. In estrema sintesi è utile richiamare alcune delle “manifestazioni espressive degli uomini parlanti una stessa lingua in un dato spa- zio e in un dato tempo” (voce gramma- tica Devoto-Oli) in materia di sciopero:
1) Lo sciopero è un diritto individuale
del lavoratore a tutela dei propri interessi.
2) L’art. 40 della Costituzione auto-
xxxxx il lavoratore ad “esercitare una forte pressione” sul diritto del datore di lavo-
disciplina dello sciopero può essere
modificata; le proposte avanzate dal governo, tuttavia, sembrano trascurare, per molti aspetti, la grammatica condi- visa nella costituzione.
A proposito dell’ipotesi di referen- dum avanzata dal Governo, merita di essere ricordato come, nel libro bianco dell’ottobre 2001, elaborato con il con- tributo del compianto Xxxxx Xxxxx, l’in- dizione del referendum sia proposta in forma consultiva, “senza quindi coinvol- xxxx la questione della titolarità alla pro- clamazione e all’esercizio dello sciopero”.
* Avvocato responsabile del Coordinamento sciopero Cgil.
Numero speciale
il giornale della effelleci
I
l 25 febbraio 2009 è stato approvato in via definitiva dal Senato il DL Brunet- ta (n. 165/01). L’opposizione non ha partecipato alla votazione. Il titolo preci- so del provvedimento normativo, che il ministro chiama riforma, è: Delega al Governo finalizzata all’ottimizzazione della produttività e trasparenza delle pub- bliche amministrazioni nonché disposizio- ni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e alla Corte dei Conti. Secondo il Ministro è la rivoluzione copernicana che renderà efficienti e competitive le pubbliche amministrazioni. Ma basta esaminare alcuni aspetti del provvedi-
mento per capire che non è così.
Gli obiettivi della legge
La filosofia di fondo della legge è quella che ha contraddistinto l’operato del ministro fino ad oggi: i pubblici dipendenti sono fannulloni, costano troppo e il sindacato, anzi la Cgil, è un intralcio. La legge ha l’unico scopo di evi- tare la contrattazione integrativa e limita- re il ruolo del sindacato, bloccare le car- riere, ridurre il potere d’acquisto dei pub- blici dipendenti, umiliarli con il continuo richiamo a valutazioni, provvedimenti disciplinari, punizioni anche economi- che. Il Ministro sceglie di ripristinare l’antica struttura gerarchica dettando
È LEGGE IL DL BRUNETTA
Calpestata la dignità
dei lavoratori senza migliorare il servizio e l’efficienza dell’amministrazione
Xxxx Xxxxxxxxxxx
applicando leggi e contratti, con un sistema di valutazione effettivamente operante.
Stravolto il ruolo della Corte dei Conti
La legge procede direttamente a una riforma che stravolge pesantemente il ruolo della Corte dei Conti e ne mina l’autonomia.
Eclatante e gravissimo è il fatto che di fronte ad un controllo ‘non gradito’, il ministro, così come recita il testo, ‘possa presentare ricorso alla Corte contro una pronuncia di controllo’”. Il testo gover- nativo dà per scontato che il Parlamento, in sostanza l’opposizione, non può o non deve sindacare l’operato del Governo e, su questo presupposto, attribuisce allo stesso Governo il potere di chiedere alla Corte dei Conti di revisionare le censure che all’amministrazione sono state mosse da un precedente collegio della stessa Corte”.
Tutto questo viola la norma costitu- zionale (art. 100, comma 2) per cui la Corte è organo ausiliario del Parlamento, davanti al quale, perciò, il Governo è tenuto a fornire le proprie giustificazioni in caso di censure formulate dalla Corte in ordine alle amministrazioni che dipendono dallo stesso Governo.
norme generali e prevedendo punizioni esemplari per chi non le rispetta.
Tutto questo ottiene l’effetto contra- rio, limita la capacità di adattamento alle situazioni concrete e porta all’inefficienza dell’azione amministrativa. Il Governo dovrà emanare, entro 9 mesi dall’appro- vazione della legge, uno o più decreti legislativi "volti a riformare, anche mediante modifiche al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e della relati- va contrattazione collettiva". Già il meto- do di ricorrere alla legge delega su una questione così delicata è inaccettabile, poiché l’iter dei decreti legislativi sottrae i provvedimenti alla discussione parlamen- tare e all’accordo con le parti sociali.
La legge è frutto del cosiddetto "piano industriale" del Ministro Brunet- ta presentato alle Organizzazioni sinda- cali nel maggio del 2008 e su cui Cgil, Cisl e Uil avevano già espresso, a suo tempo, un giudizio negativo. Ora il silenzio di Cisl e Uil è impressionante. È affidato al Governo, senza alcun criterio, il compito di definire quali sono le mate- rie riservate alla legge e quali ai contratti. Il valore dei contratti verrebbe comun- que ridimensionato e limitato solo a quegli istituti "direttamente pertinenti al rapporto di lavoro". I decreti legislativi dovranno individuare le materie di com- petenza esclusiva dello Stato e fra queste le carriere del personale.
Questa legge, assieme all’accordo quadro sulla riforma dei contratti e alla legge 133/08, determina un profondo cambiamento negativo nella pubblica amministrazione, opposto a quello che si è prodotto con la legge 165/01 che, per- seguendo lo scopo di equiparare il pub- blico al privato, ampliava la sfera della contrattazione estendendola a tutte le materie economico-normative, applicava lo statuto dei lavoratori (legge 300/70) anche al pubblico impiego, instaurava la separazione tra indirizzo politico e gestione amministrativa, affidata ai diri- genti. Oggi siamo di fronte alla fine della contrattazione nel pubblico impiego per quanto riguarda sia le risorse contrattua- li che le possibilità di carriera.
Si introduce un modello autoritario incentrato su una dirigenza che sarà rifor- mata in modo negativo e sottoposta a un pesante controllo politico. Il rapporto di pubblico impiego è riportato a situazioni già viste: gruppi di pressione che chiedo- no ed ottengono dall’onorevole di turno una leggina che risolve il loro interesse particolare, spesso un privilegio.
Le norme previste nel disegno di legge non portano allo snellimento delle procedure e ad una vera efficienza né pongono un freno alle dinamiche clien- telari che hanno dilatato a dismisura la spesa pubblica
Vi sono norme con un evidente pro- filo di incostituzionalità: è previsto che i dirigenti e i dipendenti dell’Aran non possano essere iscritti ai sindacati. Addi- rittura questi ultimi non possono essere iscritti al sindacato né prima, né durante e nemmeno dopo la fine dell’incarico, né potranno eleggere le loro RSU! Sono previste anche norme discriminatorie quale la possibilità di procedure concor- suali territoriali per l’accesso al pubblico impiego che prevedono già nel bando di concorso l’obbligo di residenza nel luogo di lavoro. Quindi concorsi solo per i resi- denti con buona pace del principio della pari opportunità
Una Commissione da milioni di Euro
Si prevede la valutazione delle strut- ture, di tutti i dipendenti, obblighi, pro- duttività a confronto… Si devono assi- curare elevati standard qualitativi e eco- nomici.
È prevista nell’ambito della riforma dell’Aran la costituzione di un organi- smo centrale per la valutazione "autono- ma ed indipendente". Questo potrebbe apparire un punto positivo. Ma anche se nelle modifiche apportate dalla Camera sono stati ridotti i vergognosi compensi che erano stati previsti nella precedente stesura, portati a 2 milioni di € nel 2009 e 4 milioni dal 2010, che saranno tolti dal fondo per l’istituzione della vice diri- genza, dal 2010 sono stati stanziati 4 milioni di €, che gestirà il ministro, che deciderà in assoluta discrezionalità come
spenderli per iniziative volte a diffonde- re ed uniformare le metodologie di valu- tazione I componenti possono continua- re a svolgere il loro lavoro purché "non abbiano interessi in conflitto con le fun- zioni dell’organismo".
Insomma a fronte di valutazioni durissime del personale, di impoveri- mento degli stipendi, di riduzioni conti- nue delle risorse per il salario accessorio, si prepara l'ennesima prebenda sganciata da qualsiasi valutazione e intervento sulla qualità.
Inoltre va sottolineato come in que- sta ordalia di valutazione il Ministro non tiene minimamente conto che molte istituzioni riescono a mantenere un buon livello di efficienza e a dare ancora servizi all’utenza grazie al perso- nale con contratti a tempo determinato o con collaborazioni coordinate e conti- nuative che sarà licenziato e non sosti- tuito grazie all’insieme di fantasmagori- che riforme volute dal Governo che nei vari settori riescono solo a tagliare risor- se e posti di lavoro.
Si prevedono inoltre controlli sui costi della contrattazione integrativa e fortissime limitazioni economiche intro- ducendo pesanti vincoli.
Provvedimento finale dell’articolo sulla dirigenza: l’esclusione dal pensiona- mento coatto per chi ha maturato 40 anni di contributi previsto dal comma 11 dell’articolo 72 della legge 133/2008 anche dei primari ospedalieri, tanto per non fare torto ad una parte di potenti rimasti inopinatamente esclusi dalle splendide eccezioni fatte per docenti universitari e magistrati. Peraltro l’artico- lo è stato modificato per cui l’anzianità massima contributiva di 40 anni diventa anzianità massima di servizio effettivo di 40 anni. È stata l’unica modifica presen- tata dall’opposizione, su richiesta dei sin- dacati, ed accettata.
È chiara “la filosofia”: costringere, spaventare, punire, premiare (perché tutti, anche i Dirigenti pubblici, in quanto pubblici, sono neghittosi, fan- nulloni e mangiapane a tradimento). Come se già oggi non fosse possibile rag- giungere i risultati purché lo si voglia,
Nessuna norma riguarda l’efficienza e la dignità dei lavoratori
Nella legge non sono previste norme per dare maggiore efficienza alla pubbli- ca amministrazione. Non c’è il rispetto per le competenze e per la dignità dei lavoratori, è assente ogni tentativo di programmare l’attività dell’amministra- zione.
Il ministro Xxxxxxxx dovrebbe consi- derare i dipendenti del pubblico impiego senza pregiudizi e senza trincerarsi dietro facili slogan, Xxxxxx si accorgerebbe che essi spesso suppliscono con la buona volontà alla mancanza di formazione e alla carenza ormai cronica di personale, che si dedicano al loro lavoro, che non hanno bisogno di decurtazioni del sala- rio e di valutazioni punitive. E dovrebbe sapere che i contratti già prevedono dis- posizioni che consentono di valutare i dipendenti, di distribuire in modo equo le risorse del salario accessorio, di for- marli, di sottoporli a sanzioni in caso di inadempienze.
il giornale della effelleci
Aut. Trib. di Roma n. 17.260 del 9.5.1978
n. 3 - marzo 2009 Valore Scuola coop. a.r.l.
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