UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMO
Dottorato di ricerca in Oncologia e Chirurgia Sperimentali
Dipartimento di Discipline Chirurgiche Oncologiche e Stomatologiche (Di.Chir.On.S.) Settore Scientifico Disciplinare MED/18
UTILIZZO DI CELLULE STAMINALI AUTOLOGHE MESENCHIMALI DI ORIGINE ADIPOSA E CONCENTRATO PIASTRINICO PER USO NON TRASFUSIONALE NEL TRATTAMENTO DELLE FISTOLE PERIANALI COMPLESSE
Valutatori:
Xxxx. Xxxxxxxx Xxxxxxxx
Prof. Xxxx D’Xxxxxx
Tutor:
Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxx
Co-Tutor:
Xxxx. Xxxxx Xxxxxxx
Coordinatore del Dottorato:
Xxxx. Xxxxxxxx Xxxxx
Tesi di Dottorato di:
Dott.ssa Xxxxxxx Xxxxxx
Anno 2017/2020 - Ciclo XXXIII
The title of this lecture may at first suggest an obscure and academic subject of no surgical importance. It would therefore be wise at the outset to explain its
raison d' etrê.
Xxx XxXxxx, M.S., F.R.C.S., F.R.C.S.Ed. Lecturer in Surgery, Guy's Hospital; Research Assistant, St. Mark's Hospital, 25th February 1965
INDICE | |
Abstract | Pag 4 |
Introduzione | Pag 6 |
CAPITOLO 1 Patologia flogistica ano-perineale | Pag 9 |
1.1 Ascessi anali | Pag 9 |
1.2 Fistole anali | Pag 10 |
1.3 Classificazione fistole anali | Pag 11 |
1.4 Diagnostica nella malattia fistolosa perianale | Pag 14 |
CAPITOLO 2 Terapia delle fistole perianali | Pag 22 |
2.1 Trattamenti chirurgici tradizionali | Pag 23 |
2.1 Trattamenti chirurgici sphincter-saving | Pag 26 |
CAPITOLO 3 Medicina rigenerativa | Pag 32 |
3.1 La rigenerazione tissutale | Pag 32 |
3.2 Cellule staminali mesenchimali autologhe di origine da tessuto adiposo | Pag 35 |
3.3 SVF | Pag 41 |
3.4 CPUNT | Pag 42 |
3.5 ASC+PRP | Pag 48 |
3.6 Normativa | Pag 48 |
CAPITOLO 4 Studio clinico | Pag 50 |
4.1 Obiettivi | Pag 50 |
4.2 Materiali e metodi | Pag 50 |
4.3 Risultati | Pag 60 |
4.4 Discussione | Pag 65 |
CAPITOLO 5 Tabelle e Figure | Pag 73 |
Bibliografia | Pag 105 |
Prodotti scientifici | Pag 113 |
Abstract
Questo progetto di ricerca ha voluto valutare l’efficacia del trattamento combinato con cellule staminali autologhe di origine mesenchimale e concentrato piastrinico per uso non trasfusionale, come innovativo trattamento sphincter-saving, nella cura delle fistole perianali complesse. Il reclutamento iniziale eseguito presso l’ambulatorio di colo-proctologia dell’UOC di Chirurgia generale e d’Urgenza del Policlinico “X. Xxxxxxxx” ha compreso 22 pazienti con fistole perianali complesse. I nostri criteri di esclusione sono stati: fistole non complicate curabili con semplice fistulotomia, fistole retto-vaginali, gravidanza, morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa, HCV, HBV, HIV, neoplasie, malattie autoimmuni, TBC, malattie psichiatriche, in trattamento con agenti immunosoppressori o citotossici. Questi pazienti sono stati sottoposti, dopo studio morfo-funzionale con RMN con mdc e manometria, a trattamenti di bonifica preliminare che sono consistiti nel posizionamento di un loose seton in 13 pazienti e di una bonifica perianale per la presenza di raccolte ascessuali in 5 pazienti. Durante i controlli intermedi 12 pazienti sono stati esclusi dallo studio, nello specifico in 7 pazienti si è avuta una superficializzazione del tramite, motivo per cui gli stessi sono stati sottoposti a semplice fistulotomia, 2 pazienti sono stati esclusi a causa delle comorbidità, 3 pazienti hanno rifiutato il trattamento proposto. Sono quindi stati trattati con stromal vascular fraction, contenente cellule staminali autologhe di origine mesenchimale, ottenuto mediante lipoaspirazione e centrifugazione, unitamente al concentrato piastrinico per uso non trasfusionale autologo pre-depositato, 9 pazienti, di cui 4 maschi e 5 femmine. L’età media dei pazienti è stata di 41 anni. Le fistole trattate erano tutte transfinteriche, di cui recidive in 5 pazienti che
presentavano un numero medio di interventi chirurgici precedenti il nostro trattamento di 5 interventi ed anteriori in 4 pazienti. Durante il follow-up in una paziente data la persistenza di secrezioni è stato posizionato un setone di drenaggio ed eseguito un nuovo trattamento con inoculo di un’ulteriore quota di CPUNT dopo periodo di bonifica, cui è succeduta una nuova recidiva; la paziente ha poi avuto una diagnosi di verosimile M. di Crohn; si segnala che lo studio e l’esclusione di presenza di IBD era stato eseguito nel preoperatorio di tutti i pazienti trattati. Un altro paziente ha mostrato una riduzione delle secrezioni pur con una loro persistenza per cui è stato sottoposto ad un nuovo trattamento con CPUNT senza beneficio. E’ stata eseguita una valutazione della qualità di vita con l’utilizzo dello score SF-36 (versione italiana) ed una dei risultati funzionali con il Xxxxxx score e Xxxxxx score. Nei pazienti guariti si è avuto un miglioramento nella valutazione generale della salute fisica (PCS) in 5 pazienti, in un paziente il valore è rimasto invariato ed un paziente ha mostrato un peggioramento. Il miglioramento del PCS tra il pre ed il post-operatorio è stato debolmente significativo (P=0.0502). Per quanto riguarda la valutazione generale dello stato di salute mentale (MCS), nei pazienti guariti si è avuto un miglioramento in 5 pazienti ed un peggioramento in due pazienti. La variazione nel MCS tra il pre ed il post-operatorio non è stata statisticamente significativa (P=0.1665). Non vi sono state differenze statisticamente significative nel Xxxxxx score (p=0.3125) e nel Vazey score(p=0.4375). Al follow-up ad un anno il 77.7% dei pazienti è guarito. Il trattamento proposto ha mostrato alti tassi di guarigione, pressocchè nulle complicanze e non ha influito negativamente sulla continenza dei pazienti trattati.
Introduzione
La qualità di vita è oggi elemento cardine delle cure che riserviamo ai nostri pazienti. Le fistole perianali complesse rimangono una grande sfida per la chirurgia moderna volta all’integrità degli organi e delle funzioni. La prevalenza delle fistole perianali è di 1,69/10.000 abitanti, con un’incidenza di 1,15/10.000 abitanti. Secondo la definizione di soglia di 5/10.000 popolazione stabilita dall’European Medicine Agency, la prevalenza stimata di fistole perianali soddisfa i criteri per una condizione rara. (1) In passato i trattamenti chirurgici per le fistole perianali erano mirati alla risoluzione della problematica fistolosa anche al prezzo di sacrificare gli sfinteri, cosa che, qualora accettabile per le fistole perianali semplici, risulta estremamente lesiva nelle fistole complesse in cui trattamenti limitati esitano in alti tassi di recidiva e trattamenti chirurgici più estesi possono causare incontinenza fecale. I pazienti affetti da fistole perianali complesse sono coloro che presentano fistole transfinteriche alte, soprasfinteriche o extrasfinteriche, le quali comprendono per gran parte entrambi gli sfinteri anali, con fistole associate a Morbo di Crohn, radioterapia o traumi e quelli che, pur sottoposti a plurimi interventi chirurgici, presentano una persistenza di secrezioni purulente dall’orificio esterno. La condizione è considerata cronicamente disabilitante a causa della persistenza di secrezioni e sepsi perineale aggravate dai rischi di incontinenza derivanti dai trattamenti chirurgici. Le problematiche funzionali conseguenti a singoli o plurimi interventi chirurgici su questi pazienti vanno dal soiling all’incontinenza fecale severa e si presentano nel 10-35% dei pazienti. In ultima analisi i pazienti affetti da fistole perianali complesse
presentano importanti alterazioni della qualità della vita globalmente correlati alla loro patologia. Per ovviare a tali gravi conseguenze/complicanze sono state sviluppate alcune tecniche, chirurgiche e non, più rispettose dell’integrità anatomica del perineo; queste tecniche però hanno mostrato percentuali estremamente variabili ed incostanti di successo con percentuali che vanno dal 10% al 80%. I trattamenti sphincter saving che negli anni sono stati proposti sono: iniezione di colla di fibrina, posizionamento di plug riassorbibili, laser fistula closure, video-assisted fisula tract closure (VAAFT), ligation of intersphincteric tract (LIFT), chiusura con flap mucoso o muco-muscolare. Il substrato anatomico su cui agisce la chirurgia nelle fistole è rappresentato da tessuto con flogosi attiva acuta e/o cronica con contaminazione fecale. La medicina rigenerativa ha riscosso un grande interesse nell’ultimo ventennio perché attraverso l’utilizzo delle cellule staminali sono state ipotizzate nuove possibilità terapeutiche in un’ampia gamma di patologie in diverse specialità. Gli studi sulle cellule staminali hanno evidenziato come queste abbiano capacità antiflogistiche ed immunomodulatrici e che potrebbero agire riducendo la flogosi e consentendo una restitutio ad integrum dei tessuti; inoltre esse sembra promuovano la crescita tissutale con la secrezione di growth-factors consentendo la rigenerazione tissutale.
Nel campo proctologico e specificatamente nel trattamento delle fistole perianali complesse, le cellule staminali autologhe con il loro potere antiflogistico ed immunomodulatore potrebbero agire riducendo la flogosi, inoculate nel tramite fistoloso, potrebbero agire promuovendo la crescita tissutale attraverso la secrezione di growth factors, rigenerando nuovo tessuto e consentendo una restitutio ad integrum dei tessuti. La sicurezza ed efficacia delle cellule staminali mesenchimali nelle fistole perianali complesse sono state confermate da trial
clinici di fase I e II con tassi di successo del 70%, sebbene questi dati non siano stati confermati da uno studio controllato randomizzato di fase III che ha mostrato una eterogeneità di risultati tra i vari centri.
Un altro interessante campo di ricerca si sta interessando alle proprietà dei concentrati piastrinici per uso non trasfusionale che, quale fonte di growth factors e di sostanze antiflogistiche, possono svolgere una funzione di supporto alla rigenerazione tissutale.
Il presente progetto di ricerca è nato dalla volontà di offrire un efficace trattamento per le fistole perianali complesse che sono un capitolo della patologia proctologica che non trova ad oggi una univoca ed efficace indicazione di trattamento essendo classificate dall’European Medicine Agency come patologia orfana cioè tra le patologie in cui vi sia una condizione cronicamente disabilitante per cui non esista un trattamento soddisfacente. Questi è stato eseguito nell’ambito del XXXIII ciclo di dottorato di ricerca in “Oncologia e Chirurgia sperimentale” presso il Dipartimento di Discipline Chirurgiche, Oncologiche e Stomatologiche (DI.CHIR.ON.S.) dell’Università degli Studi di Palermo e l’U.O.C. di Chirurgia Generale e d’Urgenza del Policlinico Universitario “X. Xxxxxxxx” di Palermo, diretta dal Xxxx. X. Xxxxxxx. Il progetto di ricerca ha analizzato l’utilizzo dello stromal vascular fraction contenente cellule staminali autologhe mesenchimali di origine adiposa e del concentrato piastrinico per uso non trasfusionale nel trattamento delle fistole perianali complesse.
Capitolo 1 Patologia flogistica ano-perineale
La patologia flogistica ano-perineale è rappresentata dagli ascessi e dalle fistole perianali. L’eziopatogenesi delle flogosi perianali sebbene indagata dal secolo scorso non è stata a tuttora definitivamente individuata. (2) Nel canale anale troviamo due tipologie di ghiandole: le ghiandole apocrine, più esterne, e le ghiandole anali propriamente dette. Secondo l’ipotesi criptogenetica, infettiva, il substrato anatomico della patologia sarebbe da ricercare nella presenza nella sottomucosa del canale anale delle ghiandole anali propriamente dette, strutture ghiandolari che si portano nel contesto dello sfintere anale interno dividendosi dicotomicamente e superando la regione intersfinterica. Le stesse, originariamente descritte da Xxxxxxx e Xxxxxxxxx, sono presenti in numero di 6-12 e sono deputate alla secrezione di muco. L’ostruzione delle ghiandole anali è, secondo tale teoria, il primum movens verso la genesi di questi processi, seguita dalla sovraccrescita batterica. Ad oggi non sono state dimostrate altre teorie eziopatogenetiche che ne possano spiegare l’origine. (3)
1.1 Ascessi anali
Gli ascessi si suddividono in: pelvi-rettale
ischio-rettale anale semplice
Il processo patologico alla base dell'ascesso perineale può essere favorito da svariati fattori tra cui: traumatismi locali da feci e corpi estranei; alterazione del pH o della consistenza delle feci (es. sindromi diarroiche, stipsi ecc.); ulcerazioni anali; proctiti; tumori; malattie infiammatorie intestinali; interventi chirurgici perineali e perianali (episiotomia, emorroidectomia, prostatectomia ecc.); compromissione del sistema immunitario; actinomicosi; tubercolosi; malattie sessualmente trasmissibili (es. clamidia, sifilide e linfogranuloma venereo).
La sintomatologia dell’ascesso anale è generalmente caratterizzata dalla comparsa di una tumefazione, vivamente dolente, sia intorno all’ano sia lungo il retto, di gonfiore ed eritema. Il dolore, localizzato in sede perianale, tende ad aumentare progressivamente in maniera direttamente proporzionale all'evoluzione dell'ascesso, e si esacerba alla palpazione e durante la defecazione sino a raggiungere un carattere continuo. L'infezione si diffonde progressivamente ai tessuti circostanti ricercando un canale di drenaggio che, il più delle volte, si porta alla cute della regione perianale, attraverso loci minoris resistentiae. Il drenaggio dell’ascesso che ne consente la risoluzione può essere spontaneo o chirurgico. Al drenaggio dell’ascesso può far seguito, in percentuali variabili e non ben definite tra il 20% ed il 50%, la sua evoluzione verso la cronicizzazione.
La fase cronica della patologia suppurativa è rappresentata dalle fistole perianali.
1.2 Fistole anali
Le fistole perianali sono tragitti neocostituiti che mettono in comunicazione il canale anale con la cute perianale. L’epitelizzazione del tramite è stato ipotizzato
essere causa della persistenza della fistola sebbene questo processo non è chiaro se sia il fattore etiologico principale o piuttosto un fenomeno secondario.
(3) La presenza di un’infezione attiva non è stata dimostrata da recenti studi di ibridazione in situ non abbiano trovato la presenza di batteri nel lume delle fistole analizzate. (4) (5)
In una fistola si riconoscono un orifizio interno, generalmente localizzato, nelle forme criptogenetiche, sulla linea dentata in corrispondenza dello sbocco della ghiandola interessata dal processo flogistico, un tramite fistoloso principale, un orifizio esterno e dei possibili tramiti secondari. Il tragitto seguito dalle fistole perianali è stato storicamente dimostrato e comunemente accettato essere radiale con una corrispondenza tra orificio interno ed esterno per le fistole anteriori ed arcuato con orificio mediano posteriore per le fistole con orifici fistolosi esterni posteriori secondo la legge di Xxxxxxxx-Salmon. (6)
L’eziopatogenesi correlandosi alla teoria criptogenetica è nel 90% dei casi correlata alla criptite anale sebbene nel restante 10 % dei casi possano originare da malattie infiammatorie croniche intestinali, infezioni specifiche, traumi e neoplasie.
1.3 Classificazione delle fistole anali
Le fistole perianali vengono generalmente classificate in funzione della loro localizzazione in rapporto agli sfinteri anali. Le classificazioni maggiormente impiegate nei trials clinici sono la classificazione di Xxxxx e la classificazione proposta dall’American Gastroenterological Association.
1.3.1 Classificazione di Parks
La classificazione di Xxxxx, è la classificazione anatomica più nota, proposta nel 1976, a seguito di uno studio condotto per 15 anni su di una popolazione di 400 pazienti, è ad oggi la più largamente utilizzata (7)
Suddivide le fistole, in relazione alla posizione anatomica rispetto allo sfintere anale esterno, distinguendone 5 tipologie (Fig. n.1):
- Fistole superficiali: localizzate distalmente allo sfintere anale interno ed al complesso sfinterico esterno
- Intersfinteriche (70%): che si fanno strada fra lo sfintere esterno e quello interno, aprendosi nella cute in prossimità del margine anale;
- Transfinteriche (25%): che attraversano lo sfintere interno ed esterno;
- Soprasfinteriche (<5%): in cui il processo flogistico percorre lo spazio intersfinterico in senso craniale e, dopo aver oltrepassato la pars profonda dello sfintere esterno (m. pubo-rettale) si dirigono verso la cute attraversando la fossa ischio-rettale;
- Extrasfinteriche (<2%): in cui l’orifizio interno si trova nel retto e il tragitto fistoloso attraversa i muscoli elevatori dell’ano e la fossa ischio- rettale senza rapporti con gli sfinteri anali. (Quest’ultimo tipo di fistola generalmente non è di origine criptoghiandolare, ma piuttosto secondario a lesioni del retto (da corpo estraneo o iatrogene) o a patologia infiammatoria o neoplastica del retto o di altri organi pelvici.)
La classificazione di Parks, seppur precisa dal punto di vista anatomico, non include alcune condizioni rilevanti dal punto di vista clinico, come le fistole rettovaginali o ano-vulvari o la presenza di complicanze concomitanti quali
stenosi del canale anale, ascessi o una eventuale localizzazione della malattia a livello rettale.
1.3.2 Classificazione dell’American Gastroentereological Association
L’American Gastroenterological Association ha proposto nel 2003 una nuova classificazione basata su criteri essenzialmente clinici piuttosto che anatomici. (8)
Questa classificazione distingue le fistole in semplici e complesse:
- Fistola perianale semplice può essere superficiale, intrasfinterica o transfinterica bassa, con un solo orifizio esterno e non deve essere associata alla presenza di ascessi
- Fistola complessa può essere una transfinterica alta, extrasfinterica o sovrasfinterica, con orifizi multipli, eventualmente associata ad ascessi perineali, con una localizzazione rettale concomitante della malattia di Crohn, rettovaginale o associata ad una stenosi anale.
Le fistole perianali sebbene non rappresentino una condizione “life- threatening”, sono processi cronicamente debilitanti a causa di:
- Dolore
- Bruciore
- Infezione locale o sistemica
- Gonfiore perianale
- Febbre in caso di formazione di ascessi
- Drenaggio di pus, feci o sangue dagli orifizi esterni
Questa sfera di sintomi conduce ad importanti restrizioni sociali, sessuali e lavorative, incidendo significativamente sulla qualità di vita dei pazienti.
1.4 Diagnosi della malattia fistolosa perianale
1.4.1 L’esame obiettivo
La visita proctologica è il primo step nella valutazione di una fistola perianale. Il paziente può lamentare la comparsa di una tumefazione perianale secernente, ano umido, bruciore, prurito. All’ispezione va valutata la cute perianale per ricercare la presenza di orifici fistolosi esterni. La palpazione della zona perianale può fare percepire la presenza di un cordone fibrotico nel sottocute estendentesi dall’orificio esterno all’ano.
L’esplorazione digito-ano-rettale può consentire di individuare un’area depressa o fibrotica, localizzata solitamente circa 2 cm cranialmente all’orificio anale, associata ad eventuali raccolte ascessuali.
L’anoscopia può consentire di individuare visivamente la presenza dell’orificio anale interno circondato da mucosa eritematosa e con possibile fuoriuscita di materiale corpuscolato.
L’esplorazione sotto anestesia, con l’utilizzo di mezzi di contrasto a base di perossido di idrogeno o blu di metilene diluiti, introdotti con un catetere nella fistola, e la specillazione del tramite con l’impiego di sonde di varie dimensioni consentono di valutare la fistola Questa ha un’accuratezza del 90%, a causa di possibili falsi negativi.
Il completo inquadramento della patologia anorettale comprende poi: l’esplorazione sotto anestesia (EUA), la risonanza magnetica nucleare pelvica (MRI), l’ecoendoscopia anorettale (EUS), l’ecografia transperineale (TPUS), la fistulografia e la tomografia computerizzata (CT).
1.4.2 Tecniche di imaging
Le tecniche di imaging consentono di caratterizzare il tipo di lesioni presenti, la presenza di complicanze settiche, la gravità e l’entità della compromissione anatomica, dati che verranno utilizzati in associazione al quadro endoscopico, all’esame obiettivo ed ai dati di laboratorio per indirizzare un primo approccio terapeutico. Le stesse tecniche possono trovare indicazione nella ristadiazione della malattia, andando a definire l’evoluzione del quadro e la risposta al trattamento eseguito, ed in caso di persistenza o peggioramento del quadro clinico, per verificare l’insorgenza di eventuali complicanze.
Le tecniche di imaging utilizzabili sono la fistulografia, la tomografia computerizzata, la risonanza magnetica (MRI), con e senza mezzo di contrasto, l’ecoendoscopia anorettale (EUS) e l’ecografia transperineale (DTPUS). La MRI rappresenta attualmente il gold standard diagnostico, sebbene sia una metodica costosa, time consuming e richieda esperienza da parte dell’operatore. Le tecniche ecografiche come l’ecoendoscopia rettale e l’ecografia transperineale , grazie anche all’utilizzo di mezzi di contrasto e di sofisticati programmi di elaborazione dell’immagine, sono largamente utilizzate al contrario della CT, e della fistulografia in particolare, che trovano indicazioni sempre più limitate.
Xxxxxxxx e coll. hanno valutato l’accuratezza delle varie tecniche ottenendo il 91%, 87% e 91%, per EUS, MRI ed EUA, rispettivamente; con la combinazione di due metodiche è possibile ottenere il 100%. (9)
1.4.2.1 Fistulografia
La fistulografia con mezzo di contrasto è stata una delle prime metodiche impiegate nello studio delle fistole perianali. Essa prevede l’inserzione di un piccolo catetere nell’orifizio esterno del tramite fistoloso, iniettando quindi delicatamente un mezzo di contrasto idrosolubile direttamente all’interno del dotto. La metodica, invasiva per il paziente, mostra diverse limitazioni: in primis, nel caso di fistole con tragitto lungo ed irregolare, può essere difficile una adeguata visualizzazione dell’intero tramite, eventualmente occupato da materiale fecale o purulento, ed inoltre, non essendo evidenziati gli sfinteri muscolari ed il piano dell’elevatore, diventa molto difficile ed imprecisa la corretta classificazione delle fistole. Gli studi condotti in passato hanno dato risultati contrastanti e poco soddisfacenti e la metodica, attualmente, non trova più indicazione nel work up diagnostico (10) (3)
1.4.2.2 Tomografia computerizzata
Il ruolo della tomografia computerizzata nella malattia perianale risulta attualmente secondario e, sebbene la metodica permetta di evidenziare con dettaglio eventuali raccolte ascessuali, la sua accuratezza nel definire la malattia fistolizzante risulta modesta.
Dopo i primi risultati promettenti degli anni ‘80, esperienze successive hanno ridimensionato il ruolo e l’utilità della stessa il cui limite principale è dato dalla difficoltà nel discriminare la malattia attiva dalla fibrosi circostante cosicché la definizione del tramite e la classificazione in relazione agli sfinteri muscolari risulta molto meno accurata di quanto ottenibile con altre metodiche quali l’EUS o la MRI (11) (12). Inoltre, essa è gravata da un carico significativo di radiazioni ionizzanti, assenti nelle altre metodiche di imaging, dato di non secondaria importanza, considerato che un elevata percentuale di pazienti da sottoporre ad indagini diagnostiche è in giovane età, in periodo fertile, e che non raramente si renda necessaria una ristadiazione della malattia.
1.4.2.3 Ecoendoscopia anorettale
L’EUS è una metodica consolidata nella diagnosi delle sepsi perianali e trova molteplici applicazioni nella gestione del paziente, dalla fase diagnostica iniziale al monitoraggio in corso di trattamento, all’ausilio durante il drenaggio chirurgico di raccolte ascessuali. L'analisi dell’altezza e del tipo di fistola concorda bene con i risultati offerti dalla valutazione in anestesia con un’accuratezza per tipo di fistola del 91% e per classificazione in “alte” e “basse” del 92% (13) (Fig. n. 2). Viene eseguita con il paziente prono o in decubito laterale, senza necessità di una specifica preparazione intestinale, ed ha una durata di pochi minuti. La sonda, protetta con una guaina di lattice, viene inserita nel canale anale e da qui fatta risalire delicatamente sino al retto distale. In caso di esame in 2D l’indagine viene eseguita con lo strumento in retrazione: verranno quindi inizialmente valutati, sul versante anteriore nel
paziente prono, la prostata nell’uomo ed il setto retto vaginale nella donna, quindi l’uretra ed in sede più distale il muscolo pubo-rettale, che con il classico aspetto ”a fionda” rappresenta un importante repere anatomico, seguito dallo sfintere anale interno che viene visualizzato come un anello ipoecogeno, di spessore omogeneo, mentre lo spazio intersfinterico e lo sfintere anale esterno possono avere ecogenicità mista. I processori di ultima generazione consentono una ricostruzione 3D dello sfintere anale che viene acquisita autonomamente dalla macchina partendo dai frames ottenuti in 2D nel corso dell’indagine con sonda ferma consentendo una rielaborazione dell’immagine che può essere eseguita in un secondo tempo, dando immagini molto dettagliate, valutabili in diverse scansioni e confrontabili tra più specialisti, evitando così il bias del giudizio operatore dipendente, tipico dell’ecografia. I tramiti fistolosi appaiono come dotti ovalari x xxxxxxx, ipoecogeni, con eventualmente un alone iperecogeno centrale nel caso in cui il lume sia occupato da gas o sia presente una raccolta. (Fig. n. 2). Gli ascessi appaiono invece come aree sia anecoiche senza echi interni che ipoecogeni con echi interni, a seconda del grado di evoluzione. L’EUS può essere ulteriormente combinata con l’impiego di mezzo di contrasto, quale il perossido di idrogeno, direttamente inserito con un catetere nella fistola, così da visualizzare meglio il percorso e le caratteristiche della fistola in modo veloce, economico e sicuro per il paziente. L’uso di perossido di idrogeno aumenta sensibilmente la resa diagnostica(Fig. n. 3): l’EUS con mezzo di contrasto è superiore all’esame obiettivo, alla fistulografia ed alla TC, garantendo una valutazione preoperatoria delle fistole particolarmente accurata (14) Non da ultimo l’EUS
viene impiegata in sede perioperatoria per la valutazione dei tramiti e delle raccolte.
1.4.2.4 Ecografia trans-perineale
L’ecografia trans perineale (TPUS) rappresenta una metodica emergente molto promettente. La TPUS prevede l’impiego di sonde convex da 3-5 MHz (adatte alla valutazione statica e dinamica delle strutture profonde) o lineari/microconvex da 4-8 MHz (indicate nello studio statico dettagliato di strutture superficiali). La sonda viene direttamente appoggiata sul perineo del paziente posto in decubito laterale sinistro. Per il paziente l’indagine risulta assolutamente indolore, non invasiva e non richiede alcun tipo di preparazione. La durata dell’esame è di pochi minuti, a seconda del quesito diagnostico. Le strutture anatomiche muscolari vengono facilmente distinte, in particolare la fionda del muscolo pubo-rettale e lo sfintere anale interno, consentendone una valutazione non solo di integrità, ma anche quantificandone lo spessore, che in vari studi si è mostrato essere un parametro strettamente correlato alla funzionalità (Fig. n. 4). La sonda viene appoggiata al perineo posteriore del paziente, direttamente sull’orifizio esterno della fistola, seguendo quindi in profondità il decorso della lesione. Il tramite si presenta come stria ipoecogena, talora con spots iperecogeni interni, dati dalla presenza di aria. Anche in questo caso, come nell’EUS, il perossido di idrogeno può essere utilizzato per contrastare meglio il lume della fistola. Diversi studi hanno mostrato come la TPUS possa fornire immagini con accuratezza sovrapponibile alla risonanza magnetica ed alla
TC nella valutazione della malattia perianale nelle malattie infiammatorie intestinali. Più studi hanno confermato, anche recentemente, l’utilità della metodica nel definire il numero di fistole, il tramite, il rapporto con gli sfinteri muscolari e le strutture anatomiche adiacenti, permettendo una caratterizzazione delle fistole secondo la classificazione di Parks con una sensibilità superiore all’85% (15) (16) Essendo poco costosa e facilmente ripetibile, può facilmente essere impiegata nel follow up del paziente in terapia farmacologica, per seguire l’evoluzione della malattia. Il suo utilizzo appare particolarmente interessante nei pazienti con controindicazioni alla risonanza magnetica, quali claustrofobia, protesi metalliche, allergia al mezzo di contrasto, ed all’ecoendoscopia rettale; ad esempio in situazioni di stenosi anali, intensa dolorabilità locale per concomitanti raccolte ascessuali, etc...
1.4.2.5 Risonanza magnetica
La risonanza magnetica pelvica rappresenta il gold-standard nella valutazione delle sepsi perianali. La tecnica consente di evidenziare la presenza di ramificazioni secondarie e valutare correttamente il livello delle fistole rispetto agli sfinteri. Essa dovrebbe essere considerata in ogni nuova fistola ritenuta, dopo valutazione clinica o endosonografica, complessa. (3) L’uso di particolari sonde endoanali è stato soppiantato dall’utilizzo di fasi che consentono un’elevata risoluzione spaziale. (17) L’uso del contrasto consente di differenziare tramiti fistolosi guariti che non prendono contrasto dalla malattia attiva. Le sequenze T1 pesate mostrano i dettagli anatomici insieme ai tramiti fistolosi che appaiono come strutture ipointense, le
sequenze in T2 offrono una migliore differenziazione del segnale tra malattia attiva e fibrosi. Nelle T2, le fistole attive, che hanno una parete costituita da tessuto soffice di granulazione, talora a contenuto liquido o purulento, appaiono iperintense e ben contrastate, con un tessuto circostante fibroso ed i fasci muscolari sfinteriali ipointensi. Le sequenze STIR sono ampiamente utilizzate e considerate da molti come superiori rispetto alle scansioni T1 o T2 pesate per il rilevamento e la delineazione della sepsi. Nelle sequenze T1 pesate contrastate con gadolinio e soppressione del tessuto adiposo, il tessuto di granulazione appare iperintenso mentre il liquido interno o le raccolte risultano ipointense (Fig 5). L’uso di sequenze di diffusione che consente di non utilizzare Gadolinio, è un’alternativa all’esame con mezzo di contrasto, sebbene ne riduca i dettagli dell’immagine. La RMN dovrebbe essere utilizzata ogniqualvolta si è davanti ad una fistola complessa. (Fig. n. 6)
Capitolo 2 Terapia delle fistole perianali
Il trattamento delle fistole perianali è strettamente correlato al tipo di lesione presente: semplice o complessa. Per un corretto approccio alla patologia perianale è necessaria la precisa definizione anatomica dei tragitti fistolosi e dei loro rapporti con gli sfinteri ed il muscolo elevatore dell’ano oltre che la conoscenza delle diverse possibili opzioni terapeutiche. La concomitante presenza di severa attività luminale colica, il tipo d’interessamento dello sfintere anale, la presenza di ascessi o di fistole ramificate condizionano in modo significativo il successivo orientamento terapeutico. Come già detto, l’obiettivo principale del trattamento in passato era la guarigione della fistola. Oggi, con uno sguardo molto più attento alle problematiche funzionali post- operatorie, esso è diventato la completa e definitiva chiusura dei tramiti fistolosi con la conservazione dell’integrità degli sfinteri e con la preservazione della continenza. Il trattamento delle fistole perianali semplici può essere realizzato con le tecniche tradizionali di fistulotomia, posizionamento di setone e fistulotomia (apertura del tramite fistoloso attraverso “messa a piatto” con bisturi o mediante setone), fistulectomia (exeresi del tramite fistoloso) con tassi di guarigione intorno al 100% senza che ciò causi reliquati dal punto di vista funzionale. Nella maggior parte dei pazienti con fistole perianale complesse, per i quali l’obiettivo è curare la fistola senza compromissione della continenza anale, le tecniche chirurgiche tradizionali non risultano invece adeguate e sono state soppiantate o affiancate da nuove procedure e
tecnologie chirurgiche che rientrano nella generale definizione di trattamenti Sphincter Saving. (Fig. n. 7) La scelta di un eventuale trattamento chirurgico ed il tipo di trattamento da adottare dipendono da vari fattori quali: la gravità della patologia perianale ed anorettale, l’eventuale coinvolgimento della regione rettale prossimale alla lesione, l’eventuale attività di una malattia sottostante (Morbo di Crohn) a livello rettale, la severità dei sintomi del paziente, la localizzazione ed il tipo di fistola.
2.1 Trattamenti chirurgici tradizionali
2.1.1 Posizionamento di un setone: il setone lasso
Scopo del setone è realizzare un drenaggio permanente del tragitto primario. Sebbene la valutazione dei risultati a lungo termine fa rilevare che il semplice posizionamento del setone è in grado di guarire il 50-60% dei casi, non è invece sicuro che esso possa indurre una reazione fibrosa che impedisca allo sfintere esterno di non retrarsi, così da consentire in un secondo tempo la sua sezione senza influire sulla continenza.
La tecnica prevede:
-Messa a piatto di tutte le componenti extrasfinteriche della fistola
-Identificazione del tragitto primario transfinterico, ricercando l’orifizio interno mediante dilatazione del canale anale con il divaricatore. Inserimento di una sonda provvista di cruna nel tramite fistoloso e passaggio di un filo di nylon di grosso diametro che viene legato ad ansa.
-Sezione di tutto lo sfintere interno sito caudalmente all’orifizio interno della fistola
-Ampia escissione delle parti molli, in quanto il setone deve circondare esclusivamente lo sfintere esterno, messo a nudo.
-Decorso postoperatorio: esplorazioni rettali periodiche di controllo, per mantenere la ferita beante e controllare i rapporti con gli sfinteri.
- Rimozione del setone dopo 2-3 mesi e trattamento definitivo della fistola.
2.1.2 Posizionamento di un setone: il setone tagliente (elastodieresi)
Il principio di questa metodica è che, dopo il posizionamento del setone nel primo tempo dell’intervento, non vi è un secondo tempo in cui il setone viene rimosso e la fistola messa a piatto mediante sezione dello sfintere; il setone viene invece periodicamente e gradualmente accorciato, così da determinare una sezione muscolare lenta a progressiva. Ne consegue una reazione fibro-cicatriziale che fissa le fibre muscolari, impedendone la retrazione. Il processo di sezione delle fibre muscolari non essendo controllabile può avvenire in tempi variabili con ripercussioni sulla continenza. L’esplorazione, la messa a piatto del tragitto extrasfinterico e la sezione dello sfintere interno con drenaggio dello spazio intersfinterico, sono analoghi a quelli della metodica precedente. Nel tramite fistoloso che attraversa lo sfintere esterno, messo a nudo, si fa passare un setone di gomma elastica, che viene legato ad ansa, senza stringere. Il serraggio andrebbe iniziato una volta che il processo suppurativo si sia risolto, e cioè a circa 3 settimane dal primo intervento. La manovra viene ripetuta ogni 2 settimane fino ad ottenere la sezione sfinteriale. L’impiego del setone tagliente o la divisione
sfinteriale dopo apposizione di setone lasso non appaiono raccomandabili per il rischio di incontinenza nei pazienti portatori di fistole complesse o che presentano già un deficit alla manometria preoperatoria, nelle malattie infiammatorie croniche intestinali e nei casi di fistole anteriori, soprattutto nel sesso femminile.
2.1.3 Fistulotomia
La fistulotomia è la tecnica classica di trattamento delle fistole perianali. L’intervento di fistulotomia può essere indicato sia nelle fistole primitive sia in quelle secondarie a sede sottocutanea-mucosa che nelle fistole transfinteriche basse. La procedura prevede l'apertura del tragitto fistoloso. La tecnica è associata a bassi tassi di recidive, intorno al 10%, correlate soprattutto al tipo ed all’estensione della fistola, alla mancata identificazione dell’orificio interno, a pregressi interventi chirurgici ed all’esperienza dell’operatore. (18) (19) Nonostante gli elevati tassi di successo, essa è gravata da un rischio significativo di incontinenza che può giungere al 45% ed è associato soprattutto al sesso femminile, a fistole alte e fistole recidive. (18)
2.1.4 Fistulectomia
L’intervento è indicato nelle fistole primitive e trasfinteriche. Come per la fistulotomia, considerata la frequente compromissione sfinterica, è opportuno valutare preoperatoriamente la funzione anale. Particolare attenzione va riservata ai casi di fistole transfinteriche, specie quelle alte in cui l’asportazione del tragitto fistoloso comporta di necessità un danno più o meno rilevante dello sfintere
esterno profondo. Per quanto riguarda la tecnica, la dissezione deve essere condotta restando aderente allo sfintere e, nel dubbio di poter sezionare inavvertitamente lo sfintere, non bisogna insistere nel proseguire l’intervento in programma, ma piuttosto completarlo con l’applicazione di un setone. Altre volte la situazione è più favorevole e si può asportare la fistola e procedere a sutura diretta. (19)
2.1 Trattamenti chirurgici sphincter-saving
2.2.1 FLAP
Le procedure di flap d’avanzamento possono essere prese in considerazione in tutti i pazienti in cui il tragitto fistoloso sia definito complesso e non passibile di trattamenti tradizionali. Il flap può essere mobilizzato dal retto come un lembo di avanzamento mucoso o muco-muscolare o dal versante cutaneo come flap di avanzamento ano-cutaneo. Una volta che il lembo è stato mobilizzato, l'orifizio interno ed il circostante tessuto della cripta vengono asportati ed eliminati. Un’emostasi meticolosa deve essere assicurata prima della chiusura del lembo per prevenire la formazione di ematoma che potrebbe sollevare il lembo o predisporre alla sepsi ricorrente. L'orificio interno viene chiuso con una sutura riassorbibile ed il lembo fissato con una fila di punti riassorbibili a tutto spessore. Il tasso di successo della procedura, inizialmente riportato come del 84-100%, è stato successivamente ridimensionato al 50-68% circa. (20) (21) (22) (23) L’incidenza di incontinenza dopo trattamento con flap varia dal 8 al 35%. (23)
2.2.2 Ligation of Intersphincteric Fistula Tract (LIFT)
Questa tecnica è basata sul concetto di chiusura dell'orificio interno con la concomitante rimozione del tessuto criptoghiandolare infetto dal piano intersfinterico. Non è indicato in caso di ascessi precoci, in cui il tragitto intersfinterico non è ben consolidato.
L’intervento prevede i seguenti step:
-Identificazione dell’orificio interno
-Incisione: un'incisione curvilinea di 1,5-2,0 cm lungo il solco intersfinterico sovrastante il tragitto fistoloso.
-Dissezione della ghiandola intersfinterica: una lama diatermica e la pinza da dissezione a punta sottile sono usate per sezionare il piano intersfinterico. La dissezione viene eseguita vicino allo sfintere esterno per evitare la sezione dello sfintere interno e l’interruzione della mucosa anale.
-Identificazione del tratto intersfinterico
- Doppia legatura del tratto intersfinterico: la legatura del tratto intersfinterico in prossimità dell’orificio interno è la chiave del successo. Per realizzare questo obiettivo, viene utilizzato un punto riassorbibile 3-0 per suturare il tragitto fistoloso nel suo tratto intersfinterico vicino allo sfintere anale interno
- Confermare la rimozione del tratto fistoloso corretto: Dopo l'escissione del tratto intersfinterico, viene nuovamente eseguita un’iniezione salina per confermare che il tratto corretto della fistola è stato rimosso.
- Sezione del tragitto fistoloso
-Chiusura della ferita: la chiusura della ferita avviene con punti interrotti con filo
3.0 riassorbibile. (24)
I dati iniziali presentati dall’ideatore della tecnica mostravano tassi di guarigione del 94% a tre mesi. (25) Studi che hanno proposto follow-up più lunghi di 9 e 26 mesi rispettivamente hanno mostrato tassi di guarigione del 82% e 62%, rispettivamente. (26) (27) Da sottolineare come la tecnica sia legata a minimi rischi di incontinenza post-operatoria. (26) (27)
2.2.3 Video-Assisted Anal Fistula Treatment (VAAFT)
Sviluppato da Xxxxxxx nel 2006, il trattamento video-assistito delle fistole anali (VAAFT) è una nuova tecnica minimamente invasiva e sphincter-saving per il trattamento delle fistole anali complesse (28). La procedura è suddivisa in due fasi: diagnostica e di trattamento. L'obiettivo della fase diagnostica è la corretta identificazione del tragitto fistoloso e dell'orificio interno. Il fistuloscopio viene inserito dall'apertura esterna con irrigazione continua di una soluzione glicina- mannitolo che contribuisce ad aprire il tramite e favorire una visione chiara. Quindi si inserisce un anoscopio nell'ano per localizzare l’orificio interno per transilluminazione. Un elettrodo unipolare viene inserito nel fistuloscopio per coagulare le pareti della fistola dall'interno verso l'esterno sotto visione diretta, facendo attenzione alla cura delle ramificazioni secondarie e di eventuali cavità ascessuali. Quando tutti i tramiti sono stati completamente distrutti, al posto dell'elettrodo viene inserito un endobrush per rimuovere il materiale necrotico dalle pareti della fistola. Dopo un'accurata pulizia dei tratti, l'orificio interno viene chiuso con punti metallici o punti di sutura riassorbibili 3-0. (29) Lo scopo della
fase di trattamento è la completa distruzione del tragitto fistoloso e la chiusura dell'orificio interno. L'applicazione clinica della VAAFT ha mostrato tassi di successo intorno al 75-80% e nessuna influenza sulla continenza. (28) (30)
2.2.4 Fistula laser closure
Questa nuova tecnica sphincter-saving utilizza una sonda ad emissione laser che distrugge l'epitelio della fistola e contemporaneamente oblitera il tragitto fistoloso. Il vantaggio è quello di eliminare l'epitelio della fistola insieme al tessuto di granulazione in modo circolare e quindi eliminare il tragitto fistoloso attraverso un effetto di coartazione. La diatermia semplice non riesce ad indurre l'effetto di coartazione sui tessuti ed è più difficile regolarne il suo potenziale danno termico sui muscoli dello sfintere. La procedura può essere completata dalla chiusura dell'orificio interno semplice o mediante un lembo anorettale.
La tecnica prevede:
- Identificazione e localizzazione dell'apertura interna mediante iniezione di perossido di idrogeno o blu di metilene dall'apertura esterna.
- Curettage del tragitto fistoloso.
- Inserimento di un catetere cavo in plastica 14F utilizzando un filo guida.
- Inserimento di una fibra laser monouso con emissione radiale da 400 micron nel catetere con la punta che emerge dall'orifizio interno. La fibra fornisce energia laser in modo omogeneo a 360 ° ed applica un’energia continua, il tragitto viene obliterato mentre si ritira la fibra ad una velocità di 1 mm/s.
La procedura presenta alcuni vantaggi: non influisce sulla continenza, amministra l'effetto ipertermico controllato sui tessuti, ha una breve curva di apprendimento e riduce la degenza postoperatoria rispetto al lembo di avanzamento endorettale o LIFT. Tuttavia ha anche alcuni inconvenienti, è una procedura "cieca", in quanto non è possibile una visualizzazione diretta del tragitto fistoloso o di eventuali tramiti secondari e questo può portare alla comparsa di recidive. I tassi di guarigione riportati sono del 82% con follow-up di sette mesi per la FILAC con flap d’avanzamento e del 71% a 20 mesi in assenza di flap. (31) (32)
2.2.5 PLUG
Prevede l’utilizzo di una protesi di origine porcina composto di sottomucosa intestinale di piccole dimensioni che funga da scaffold per i fibroblasti dell’ospite al fine di favorire la guarigione dei tessuti attraverso la riparazione tissutale. La tecnica di applicazione è la seguente: Il tragitto viene delicatamente pulito con una curette e irrigato con perossido di idrogeno. L'estremità rastremata del plug viene legata a una sonda e portata dall'orificio interno verso l'esterno. La porzione interna viene ancorata alla mucosa/sottomucosa e allo sfintere interno con un punto di sutura per essere incorporata dalla mucosa anorettale. Diversi studi hanno dimostrato tassi di guarigione più elevati nei pazienti con fistole transfinteriche piuttosto che soprasfinteriche mentre non è stato osservato alcun impatto negativo sulla continenza anale. I tassi di guarigione presentati in letteratura variano dal 43 al 87% con tassi di recidiva che giungono fino al 59%. (33) (34) (35)
2.2.6 Colla di Fibrina
Gli studi iniziali sull'iniezione di colla di fibrina per il trattamento delle fistole anali complesse avevano mostrato risultati promettenti. La modalità di azione del trattamento ipotizzata era la stimolazione della crescita di fibroblasti e cellule endoteliali pluripotenti nel tragitto fistoloso allo scopo di consentirne la guarigione. Le percentuali di successo in letteratura sono state variabili, dal 14% al 74%, ma studi successivi hanno rivelato al follow-up una considerevole presenza di recidive. (36) (37) (38) Nonostante l'assenza di compromissione della normale continenza anale, come complicanze della procedura, sono stati segnalati formazione di ascessi e nuovi tragitti secondari.
Capitolo 3 Medicina rigenerativa
3.1 La rigenerazione tissutale
Nel processo di riparazione/rigenerazione tissutale attua una triade composta da sistema immunitario, matrice extracellulare e cellule staminali mesenchimali. La fase di infiammazione durante la quale avviene la migrazione cellulare di neutrofili e monociti è seguita da una fase di trasformazione dei monociti in macrofagi, di riduzione delle citochine proinfiammatorie, di angiogenesi, di migrazione cellulare e di sostituzione della fibrina con tessuto di granulazione. (39) La migrazione dalla fase di infiammazione a quella di proliferazione è un passaggio cruciale nel processo di guarigione e la sua disregolazione può causare una mancata guarigione. Se la lesione è causata in un tessuto con alta capacità di rigenerazione, quali la cute, il fegato, l’intestino, una completa guarigione può essere ottenuta attraverso la differenziazione e proliferazione delle cellule staminali residenti; una completa rigenerazione può essere ottenuta anche in lesioni di tessuti con media capacità di rigenerazione, quali la cute, l’osso, la cartilagine, i tendini ed i muscoli; nei tessuti con bassa capacità rigenerativa, quali il cuore ed il sistema nervoso centrale, il tessuto può essere riparato ma non rigenerato, lasciando una cicatrice nell’area di lesione. (39) Molteplici fattori possono ostacolare la guarigione tissutale, inclusi fattori locali (presenza di corpi estranei, di tessuto necrotico, l’ischemia o le infezioni) e fattori sistemici (età, malattie infiammatorie croniche incluso il diabete, farmaci e malnutrizione). Per
quanto concerne la rigenerazione tissutale sappiamo che in essa sono coinvolti molteplici componenti cellulari e chimici. (Tab. n. 1)
Il processo di guarigione è diviso in quattro fasi(Fig. n. 8): (41)
-Emostasi
-Infiammazione
-Proliferazione
-Rimodellamento
L'emostasi si verifica immediatamente dopo il danno tissutale e comporta l'inizio della cascata di coagulazione, con conseguente accumulo di piastrine in una matrice composta da fibrina, fibronectina, eparan-solfato e acido ialuronico. La fase infiammatoria inizia 24 h dopo la lesione quando i neutrofili entrano nel sito della ferita seguiti dopo circa 48 h dai macrofagi. Sia i neutrofili che i macrofagi sono responsabili della rimozione di qualsiasi materiale estraneo e dei detriti cellulari attraverso la fagocitosi. Alla fine della fase infiammatoria, i linfociti T e B si muovono nell'area della ferita promuovendo i legami del collagene. Due o tre giorni dopo la lesione iniziale, la fase infiammatoria cede il passo alla fase di proliferazione con la migrazione di fibroblasti e cellule epiteliali nel sito della ferita e la produzione di tessuto fibroso. La fase finale del processo di guarigione della ferita è la fase di rimodellamento, che è responsabile dello sviluppo del nuovo epitelio e della formazione del tessuto cicatriziale. Durante questa fase, le fibre di collagene nella matrice extracellulare (ECM) aumentano di diametro, si riallineano e degradano. Il risultato finale del processo di guarigione della ferita è un tessuto simile al tessuto pre-lesione sia nella morfologia che nelle proprietà meccaniche.
Xxxxx nel 1980 descriveva la presenza di una matrice provvisoria ove erano ampiamente rappresentati fibrina e fibrinogeno, molecole che scomparivano in biopsie tardive dopo guarigione di lesioni cutanee. La matrice provvisoria, è stato poi ulteriormente analizzato, che fosse differenziabile in una matrice precoce ed una tardiva. (Fig. n. 9). La matrice precoce è dominata dal coagulo e comprende proteine di fase acuta e proteine rilasciate dagli alfa-granuli delle piastrine coinvolte nella formazione del coagulo ed è quindi ricca in fibrina e fibronectina a formare un polimero che catturi ulteriori piastrine fungendo da scaffold per la successiva migrazione cellulare. La matrice tardiva vede la sostituzione della fibrina da parte della fibronectina e dei proteoglicani. La fibronectina in questa fase regola la dinamica di adesione cellulare per la successiva deposizione del collagene. Parallelamente, la matrice cellulare agisce come fonte di fattori di crescita quali il TGF-beta. Le piastrine sono i primi attori del processo di rigenerazione tissutale consentendo la formazione del coagulo, queste inoltre dopo la formazione del coagulo prendono parte al processo di fibrinolisi in cui i fattori di crescita da esse rilasciati favoriscono la deposizione del collagene e la guarigione. Alcuni dei fattori di crescita rilasciati dalle piastrine inoltre agiscono riducendo l’infiammazione e modulando le infezioni batteriche. (43) (44) Dalla letteratura si evince come molteplici siano le opzioni terapeutiche per favorire processi di guarigione tissutale tra cui la creazione di matrici sintetiche, sostituti tissutali biologici, fattori di crescita ricombinanti, e la terapia cellulare. Ci sono anche metodi locali per migliorare la circolazione sanguingna quali le terapie a pressione negativa e la compressione pneumatica intermittente e la terapia iperbarica.
3.2 Cellule staminali mesenchimali autologhe di origine da tessuto adiposo
I primi studi sulle cellule staminali risalgono al 1963 quando fu descritta all’interno del midollo osseo di topo la presenza di cellule con capacità di auto-rigenerazione, erano cellule staminali ematopoietiche. Furono successivamente descritte cellule staminali da cordone ombelicale e neuronali. (45) A partire dagli anni 70’ furono isolati, da tessuto adiposo, i preadipociti umani su cui sono stati condotti studi sull’adipogenesi in vitro. L’isolamento di cellule staminali da adipe è stato originariamente descritto nel 2001 dal gruppo della UCLA che hanno evidenziato come il tessuto adiposo che ha origine dal mesoderma possieda uno stroma che può contenere una popolazione di cellule staminali mesenchimali di origine adiposa (ASCs) (CD31-/CD34-/CD45-/CD90+/CD105-/CD146-). (46) Fu
successivamente dimostrato dallo stesso gruppo che queste cellule avevano un potenziale clonogenico e differenziativo in multipli tipi cellulari di origine mesenchimale: adipociti, condrociti, osteociti, miociti, cellule epiteliali e cellule neuronali. (46) (47) La terapia cellulare è stata proposta come un nuovo strumento per migliorare la guarigione delle ferite in diversi campi. (Tab. n. 2)
Idealmente, le cellule staminali utilizzate in medicina rigenerativa dovrebbero incontrare i seguenti criteri:
- Disponibilità in abbondanti quantità (da milioni a miliardi)
- Essere ottenute con procedure mini-invasive
- Differenziarsi in multiple linee cellulari in maniera regolata e riproducibile
- Essere trapiantate in sicurezza in ospiti autologhi o allogenici
- Essere manipolate in accordo alle linee guida per le Good Manufacturing Practice
La società internazionale per la terapia cellulare ha stabilito tre criteri minimi che le cellule devono soddisfare in vitro:
-capacità di adesione a superfici plastiche
-espressione di specifici antigeni di superficie: CD73+, CD90+, CD105+, CD34-, CD45-, CD11b-, CD14-, CD19-, CD79a, HLA-DR-
-potenziale differenziativo: osteogenico, condrogenico ed adipogenico (49)
La diffusione delle tecniche di liposuzione ha consentito di studiare le proprietà del lipoaspirato ottenendone una ampia conoscenza. La società internazionale per le tecnologie applicate all’adipe ha adottato il termine adipose-derived stem cells (ASCs) per identificare le popolazioni cellulari con capacità di adesione a placche di plastica, multipotenti. Le ASCs sono una sospensione di cellule staminali adulte di origine mesenchimale, estratte dal tessuto adiposo di origine subdermica ottenuto in una procedura di lipoaspirazione. Il tessuto adiposo subdermico ha un componente cellulare eterogenea comprendente mastociti, cellule endoteliali, periciti, fibroblasti e cellule staminali di interesse con capacità multilineare, con espressione specifica degli antigeni di superficie (CD73 +, CD90
+, CD105 +, CD34-, CD45-, CD11b-, CD14-, CD19-, CD79a, HLA-DR-) ed un
enorme potenziale di differenziazione (linea osteogenica, condrogenica, adipogenica). Le ASCs, a differenza delle MSC, non esprimono CD106 ma sono positive per CD36. Per distinguere le ASCs dalle MSC, si utilizzano altri due marcatori, CD36 (GPIIIb) e CD106 (VCAM-1). La verifica del potenziale proliferativo multilineare può essere eseguita attraverso una selezione di geni o
di biomarcatori di proteine specifici del lignaggio; nello specifico per adipogenesi (adiponectina, proteina legante gli acidi grassi 4, leptina, recettore attivato per la proliferazione perossisomale g, glicerolo 3 fosfato deidrogenasi); per condrogenesi, (aggrecano, collagene di tipo II, Sox9); per osteogenesi (fosfatasi alcalina, sialoproteina ossea, osteocalcina, osterix, runx2).
La nomenclatura utilizzata per riferirsi alle ASC è varia in letteratura, tra queste:
ASCs: adipose-derived stem/stromal cells ADAS: adipose-derived adult stem cells ADSCs: cells adipose-derived adult stromal cell ASCs: adipose stromal cells
AdMSCs: adipose mesenchymal stem cells
PLA: lipoblast, pericyte, preadipocyte, and processed lipoaspirate
Macroscopicamente esistono differenti tipi di tessuto adiposo: midollo osseo, xxxxxx xxxxx, adipe mammario, adipe meccanico, grasso chiaro. Ognuno svolge una funzione biologica distinta. Nel midollo osseo, il tessuto adiposo svolge sia un ruolo passivo che attivo. Occupa spazio non più necessario per l'ematopoiesi e funge da serbatoio di energia e fonte di citochine per l’osteogenesi e l’ematopoiesi. Il tessuto adiposo bruno è termogenico, generando calore attraverso l'espressione di una proteina disaccoppiante che cortocircuita il gradiente di PH mitocondriale. Tale tessuto che si trova nel neonato intorno ai principali organi (cuore, rene, aorta, gonadi), scompare man mano che gli esseri umani avanzano in età. Il tessuto adiposo mammario fornisce sostanze nutritive ed energia durante l'allattamento ed è regolato, in parte, da ormoni associati alla gravidanza. Depositi adiposi meccanici, come il grasso retro-orbitale ed i cuscinetti palmari, forniscono supporto per l'occhio, la mano e altre strutture
critiche. Infine, l'adiposo chiaro serve a immagazzinare energia e fornire isolamento. (50) Le ASC condividono molte caratteristiche con le cellule staminali di midollo osseo, quali l’attività paracrina, ma hanno anche peculiari caratteristiche che comprendono un alto potenziale angiogenetico. L’alta angiogenicità potrebbe far orientare per un effetto stimolante nei confronti delle cellule tumorali, purtuttavia dati contradditori esistono in tal senso. (51) Studi sui trascrittomi hanno evidenziato profili simili con coefficienti di correlazione del 50% tra ASC e cellule di derivazione dal midollo osseo. (50) Il numero di cellule staminali nel midollo osseo si aggira intorno a 1:25000 e 1:100000, essendo tale numerosità influenzata dall’età, dal genere, dalla presenza di osteoporosi e dall’esposizione pregressa a radiazioni e chemioterapici. Le ASCs pur subendo l’influenza dei medesimi fattori hanno una popolosità del 2% di cellule nucleate andando a rappresentare circa 5000 CFU-F per grammo di tessuto adiposo, sicché 200 ml di lipoaspirato, che forniscono circa 2 x 108 cellule nucleate per 100 ml, offrirebbero 1 x 106ASCs, un numero 40 volte superiore al contenuto di 40 ml di midollo osseo. (52) La più alta concentrazione in cellule staminali mesenchimali ottenute da adipe in confronto a quelle estratte da midollo osseo consente che anche in caso di loro espansione in vitro si riduca il rischio di eventuali mutazioni cromosomiche indotte da coltura. Le caratteristiche delle ASCs presenti nei differenti tessuti si differenziano in termini di numero e potenziale differenziativo. Il meccanismo di riparazione e rigenerazione tissutale esercitato dalle ASCs si attua attraverso la secrezione di citochine e fattori di crescita per via paracrina e la modulazione della nicchia di cellule staminali dell’ospite con stimolo alla migrazione verso il sito leso e la differenziazione secondo la linea richiesta. (51)
Le ASCs possono offrire sostanze antiossidanti, rimuovere i radicali liberi e offrire chaperone/heat shock proteins su siti ischemici. In ultima analisi consentono la rimozione di sostanze tossiche promuovendo la ripresa delle cellule vitali. (51) Le proprietà funzionali delle cellule staminali mesenchimali possono essere così riassunte: multipotenza; supporto funzionale delle cellule che potrebbe essere definito stromagenesi; modulazione delle funzioni immuno-infiammatorie, essendo le ultime due proprietà tra loro correlate. Si ritiene che la maggior parte di questi effetti sia mediata dall'attività paracrina. In questo contesto, è interessante evidenziare che il grasso è considerato un vero tessuto endocrino e che le cellule del lignaggio adiposo mostrano una forte attività secretoria. Nei mammiferi, la guarigione della ferita inizia quando un numero di diversi tipi di cellule arriva nell'area lesa, in un passaggio noto come "fase cellulare". Ci sono però situazioni patologiche in cui la risposta cellulare non è adeguata e la guarigione può essere ritardata o non raggiunta. Questo potrebbe avvenire nelle fistole perianali complesse, dove la continua stimolazione da parte di batteri e feci potrebbe innescare una risposta immunitaria abnorme e la produzione di citochine pro-infiammatorie. L’inoculo di cellule staminali potrebbe consentire di aumentare localmente il numero di cellule immunomodulatrici e favorire la risoluzione di un processo flogistico cronico ripristinando il normale processo di guarigione. Negli usi clinici l’isolamento delle ASCs avviene con lipoaspirazione tumescente dell’adipe, solitamente addominale. La tecnica maggiormente utilizzata è quella descritta da Xxxxxxx con l’utilizzo della soluzione di Klein. (53) (54) Il grasso superficiale sembrerebbe essere il miglior sito donatore per scopi chirurgici e di medicina rigenerativa. (55) Le proprietà cellulari si differenziano a seconda che l’adipe derivi dalle porzioni addominali superficiali o dagli arti superiori, dal lato
mediale delle cosce, dalla regione trocanterica e dell’adipe addominale profondo,
rivestendo le cellule del primo gruppo una maggiore resistenza all’apoptosi. (56)
L’età dei pazienti ha anch’essa un’importanza sulla capacità proliferativa, essendo maggiore nelle cellule ottenute da pazienti più giovani. Il processo di lipoaspirazione non altera di per sé la vitalità delle cellule ottenute, sebbene possano esistere danni meccanici derivanti dalla tecnica di aspirazione, dal tipo di cannula, dal protocollo di preparazione, e dal metodo di iniezione. (57) Per quanto concerne il tipo di cannula, cannule più larghe sono preferibili per l’aspirazione del grasso profondo, mentre cannule sottili possono essere utilizzate sia per il grasso profondo che per quello superficiale. (55) Uno studio ha evidenziato che cannule più ampie migliorerebbero la qualità del lipoaspirato. (58)
L’utilizzo delle cellule staminali può avvenire in varie modalità:
- Autologhe non manipolate: uso autologo in cui le cellule sono estratte e inoculate senza espansione (stromal vascular fraction, SVF). La dose di cellule staminali inoculate è variabile tra i pazienti. Circa il 3% dello SVF è costituito da ASC. Il trattamento viene eseguito in una singola seduta. L’ottenimento dello SVF viene condotto manualmente e solo pochi centri sono attrezzati per poterlo eseguire. Esistono sistemi chiusi per l’ottenimento dello SVF ma il loro costo si aggira intorno ai 2200-5400 euro ed il tempo di processazione è lungo.
- Autologhe dopo espansione: possibilità di ottenere un grande numero di cellule. Può essere eseguito solo all’interno di trial clinici o per uso compassionevole in singoli casi.
- Allogeniche: non necessitano di liposuzione sul paziente. Sono povere di HLA I e HLA II e quindi non rigettate dal paziente. (59)
La legislazione europea consente l’impiego di cellule staminali solo quando queste sono prelevate ed applicate in un unico tempo operatorio, senza alcuna espansione (frazione vascolare stromale SVF), se al di fuori di studi clinici. Una delle maggiori problematiche che si è evidenziata negli innesti di adipe era la mancanza di una vascolarizzazione in grado di fornire supporto agli inoculi cellulari; i progenitori endoteliali contenuti nello SVF hanno invece la capacità di supportare il processo di neo-vascolarizzazione del tessuto trapiantato. Inoltre le ASC hanno la proprietà di secernere il fattore di crescita vascolare endoteliale (VEGF), la cui produzione è aumentata in condizioni di ipossia in vitro. (45) Le terapie combinate che utilizzano le ASC con scaffold in biomateriali rappresentano ad oggi un ulteriore campo di ricerca. Gli scaffold ideali dovrebbero promuovere l’aderenza, la proliferazione, la differenziazione, l’angiogenesi de novo. Vi sono tre distinte categorie di scaffold: scaffold solidi pre-formati, idrogeli, combinazioni di parti solide arricchite di idrogeli. (45)
3.3 SVF
La frazione stromale vascolare o SVF di adipe contiene ASC, cellule endoteliali, periciti, linfociti, monociti, macrofagi, fibroblasti e cellule muscolari lisce. (60)
3.4 CPUNT
I concentrati piastrinici sono stati originariamente utilizzati nella medicina trasfusionale per il trattamento e la prevenzione di emorragie causate da trombocitopenie gravi, sovente originate da aplasia midollare, leucemia acuta o significativa perdita di sangue durante interventi chirurgici. Essi risultano peraltro ricchi in sostanze antiflogistiche ed immunomodulatrici e potrebbero avere un’azione sinergica a quella delle cellule staminali. L'uso di derivati del sangue per sigillare le ferite e stimolarne la guarigione è iniziato con l'uso di colle di fibrina, queste, descritte per la prima volta 40 anni fa, sono costituite da concentrati di fibrinogeno ed attualmente ampiamente utilizzate. Ai sigillanti ha fatto seguito l’utilizzo dei concentrati piastrinici per favorire i processi di guarigione in ferite croniche che presentano un ambiente pro-infiammatorio che ne impedisce la guarigione ed un’alta attività proteasica che riduce la concentrazione dei fattori di crescita. I concentrati piastrinici per uso non trasfusionale sono frazioni del sangue intero ottenute con metodi fisici semplici (solitamente per centrifugazione) ed in particolare con questo nome si indicano le emazie, il plasma e le piastrine.(Fig. n. 10) Da questi, se opportunamente elaborati, è possibile ricavare prodotti per terapia topica o infiltrativa. Possono contenere piastrine, plasma o siero, fibrina, trombina, vitronectina e leucociti e stimolano il processo di guarigione. Possono essere utilizzati allo stato liquido o allo stato semi solido in fase di gel, dopo polimerizzazione attraverso la coniugazione con trombina o batroxobina in combinazione con ioni calcio. La gelificazione consente alle piastrine di essere trattenute in situ, stimolando il rilascio immediato del contenuto delle loro granulazioni interne entro la prima ora e modulandone il rilascio successivo per un periodo di tempo che può durare sino a 7 giorni. I CPUNT o platelet-rich plasma (PRP) sono caratterizzati dalla elevata concentrazione
piastrinica presente al loro interno che viene modificata in funzione del conteggio piastrinico basale del soggetto e delle metodiche di preparazione. All’interno del concentrato piastrinico per uso non trasfusionale, oltre alle piastrine, si trovano il plasma e le proteine ivi disciolte. All’interno delle piastrine ritroviamo i granuli alfa che contengono fattori di crescita, citochine e modulatori della matrice extracellulare. (39) Durante la formazione del coagulo questi fattori sono rilasciati dalle piastrine tramite degranulazione e sono capaci di promuovere la riparazione tissutale, l’angiogenesi e la differenziazione dei progenitori endoteliali. Questi fattori sono inoltre in grado di attivare la fibrina offrendo uno scaffold per la crescita tissutale. I fattori biologici rilasciati dalle piastrine che ritroviamo nei concentrati piastrinici per uso non trasfusionale comprendono la fibrina e altri fattori tra cui TGF-b1, TGF-b2, interleuchina(IL)-1, IL-6, fattore stimolante le colonie di granulociti (G-CSF), TNF-a, PDGF-AA, PDGF-BB, PDGF-AB, FGF (fibroblast growht factor), fattore di crescita epidermico derivato dalle piastrine (PDEGF), fattore di angiogenesi derivato dalle piastrine (PDAF), fattore piastrinico 4 (PF-4), EGF, fattore di crescita dei cheratinociti (KGF), fattore di crescita degli epatociti (HGF), IGF-1 e IGF-2. (Fig. N. 11; Tab. n. 3) Nel complesso questi fattori promuovono la rivascolarizzazione attraverso l’induzione della migrazione, proliferazione e stabilizzazione delle cellule endoteliali; la rigenerazione del tessuto connettivo leso attraverso la migrazione, proliferazione e attivazione dei fibroblasti; la proliferazione e differenziazione delle cellule staminali mesenchimali. (39) Nelle ferite croniche essi come fonte di fattori di crescita svolgono un’azione mitogena, angiogenica e chemotattica. (61) Grazie a queste sue azioni il plasma ricco in piastrine viene oggi ampiamente utilizzato nel trattamento di ferite croniche, ustioni e in varie applicazioni chirurgiche,
prevalentemente estetiche e maxillo-facciali ma anche ortopediche, dermatologiche, urologiche, cardiologiche, oftalmologiche. (44) Alcune critiche sono state volte verso l’utilizzo del solo CPUNT o del CPUNT gelificato in quanto sembrerebbe che quest’ultimo non sia in grado di mantenere una forma, trattenere l’acqua, o trattenere i fattori di crescita ivi presenti quindi varie formulazioni di gel sono state proposte negli anni tra cui l’idrogel di plasma PEGilato, questo trattenendo i fattori di crescita sembrerebbe accelerare il processo di angiogenesi generato dalle ASC ed aumentare i fattori di crescita vascolare quali il SMA, VEGF, Angpt-1 in vitro ed inoltre consentire una più rapida guarigione e la formazione di meno tessuto di granulazione. (62) (63) Un’ulteriore capacità dei fattori rilasciati dai granuli piastrinici è la difesa dai microorganismi, infatti sono presenti citochine e chemochine che inducono il reclutamento e l’attivazione di cellule del sistema immunitario tra cui CXCL4, CXCL7, CCL5, defensine, Tbeta4 e peptidi antimicrobici quali il fibrinopeptide A e B e la trombocidina. (64) (65)
A seconda della differente metodica utilizzata per il prelievo e la lavorazione, i CPUNT possono essere classificati, sulla base delle caratteristiche farmacologiche e del loro contenuto, in quattro principali categorie: (66)
- PRP puro o PRP povero di leucociti: la preparazione ottenuta è senza leucociti e mostra una rete di fibrina a bassa densità dopo l'attivazione.
- PRP ricco in leucociti: i preparati contengono leucociti e mostrano una rete di fibrina a bassa densità dopo l'attivazione.
- Plasma ricco in fibrina(PRF) puro o PRF povero di leucociti: i preparati sono senza leucociti e con una rete di fibrina ad alta densità. A differenza
del PRP puro e del PRP ricco in leucociti, questi prodotti non possono essere iniettati ed esistono in una forma gelificata.
- PRF e leucociti: i prodotti sono preparati con leucociti e con una rete di fibrina ad alta densità.
I composti contenenti leucociti contengono sostanze microbicide ed enzimi che possono contribuire a prevenire le infezioni ma al contempo anche sostanze che possono indurre l’infiammazione, alterare la matrice extracellulare e danneggiare le cellule coinvolte nel processo di rigenerazione tissutale. Questo inducendo uno stato pro-infiammatorio in fibroblasti ed osteoblasti ed interferendo con la proliferazione cellulare. I leucociti al contempo secernono il VEGF coinvolto nella neo-angiogenesi. Nella pratica clinica è difficile differenziare i prodotti utilizzati e molti studi non specificano quale sia il contenuto in leucociti e fibrina del concentrato piastrinico da loro utilizzato. Questo rende difficile andare ad analizzare i risultati e standardizzarne gli usi. (66) Vi sono differenti suggerimenti sulla manipolazione del PRP, alcuni autori suggeriscono che esso vada utilizzato entro sei ore dalla produzione, mentre altri affermano che possa essere utilizzato sino a sette giorni dopo la stessa ovvero anche dopo lunghi periodi se congelato.
(39) Per il rilascio dei fattori di crescita da parte dei granuli alfa il PRP ha bisogno di essere attivato attraverso l’aggiunta di soluzioni di calcio clorito o calcio gluconato. In alternativa può essere aggiunta della trombina da sola o in combinazione con calcio clorito. La degranulazione piastrinica può avvenire anche dopo inoculo di PRP inattivato attraverso l’azione del collagene della matrice extracellulare. Una volta attivati i concentrati piastrinici possono svolgere un ulteriore ruolo formando una matrice di fibrina con azione di supporto per la crescita e la riparazione dei tessuti.
Anitua ha descritto quattro differenti formulazioni che possono essere ottenute
dopo l’attivazione del PRP:
- PRP liquido
- PRP gelificato o in scaffold 3D: utilizzato nel trattamento di ulcere, nelle
ferite e nell’ingegneria tissutale
- PRP liquido-essudato: per uso prevalentemente oculistico
- PRP in forma di membrane di fibrina solide autologhe: per uso prevalentemente stomatologico (40)
Nel 2016, Xxxxxxx ha proposto la classificazione DEPA (Dose, Efficiency, Purity, Activation) che tiene conto dei multipli aspetti implicati nella composizione e produzione del PRP e che si concentra sulla quantità di piastrine ottenute dai kit commerciali di PRP nonché sulla purezza del prodotto e sull'attivazione delle piastrine prima dell'iniezione. (67)
La classificazione DEPA si basa su 4 diversi componenti:
1. Dose di piastrine iniettate: calcolate moltiplicando la concentrazione di piastrine nel PRP in base al volume di PRP ottenuto. Secondo la dose di PRP iniettato (misurata in miliardi o milioni di piastrine), dovrebbe essere classificato in (a) dose molto elevata di piastrine iniettate >5 miliardi; b) dose elevata di piastrine iniettate, da 3 a 5 miliardi; (c) dose media di piastrine iniettate, da 1 a 3 miliardi, e (d) bassa dose di piastrine iniettate, <1 miliardo.
2. Efficienza della produzione: corrisponde alla percentuale di piastrine ottenute nel PRP dal sangue. È classificato come segue: (a) elevata efficienza del dispositivo, se il tasso di recupero nelle piastrine è >90%; (b) efficienza media del
dispositivo, se il tasso di recupero in piastrine è compreso tra il 70 e il 90%; c) bassa efficienza del dispositivo, se il tasso di recupero è compreso tra il 30 e il 70% e (d) scarsa efficienza del dispositivo, se il tasso di recupero è <30% e corrisponde alla composizione relativa delle piastrine, leucociti e RBC nel PRP ottenuto.
3. Purezza del PRP ottenuta: correlata alla composizione in piastrine, leucociti e RBC nel PRP ottenuto. È descritto come: a) PRP molto puro, se la percentuale di piastrine nel PRP ottenuto è > al 90% rispetto ai globuli rossi e leucociti; b) PRP puro, tra 70 e 90% di piastrine; c) PRP eterogeneo, se la percentuale di piastrine è compresa tra il 30 e il 70%, e d) PRP con sangue intero, se la percentuale di piastrine nel PRP è <30% rispetto agli RBC e ai leucociti.
4. Processo di attivazione: se un fattore di coagulazione esogeno è stato utilizzato per attivare le piastrine, come la trombina autologa o il cloruro di calcio.
L’uso del PRP è controindicato in caso di:
-trombocitopatie
-instabilità emodinamica
-sepsi
-infezioni locali
3.5 ASC+PRP
Poche esperienze esistono in letteratura sull’uso concomitante del CPUNT addizionato alle ASCs. Xxxxxxx et al. hanno valutato in uno studio su modello animale sano l’azione del PRP, del PRP+ASC, delle ASC nella guarigione tissutale. I loro dati evidenziano come nel gruppo PRP+ASC si abbia una più alta
presenza di fattori di crescita come riportato nella tabella n. 4. La neoangiogenesi è un processo importante nella guarigione delle ferite, ed è possibile che più alti livelli di VEGF offerti dalla combinazione del PRP con la ASC contribuiscano a formare un più elevato numero di arteriole. Clinicamente, è ben noto che le ferite con scarsa vascolarizzazione guariscano male. Secondo l’autore l’azione sinergica del PRP consiste nello stimolare le cellule staminali adipose a interagire con e stabilizzare i vasi neo-formati durante il processo di riparazione tissutale.
(68) Un recente lavoro mostra come attraverso la terapia combinata sia possibile ottenere un più alto livello di espressione di VEGF e di neo-angiogenesi rispetto al solo PRP o alle ASC isolate. (62)
3.6 Normativa
Secondo l’European Medicine Agency i farmaci per la terapia avanzata sono prodotti che utilizzano una terapia genetica (allegato I Direttiva 2001/83/EC), una terapia con cellule somatiche (Parte IV Allegati I Direttiva 2001/83/EC), un prodotto di ingegneria tissutale. La produzione di questi composti è regolamentata dal Regolamento n. 1394/2007 del parlamento europeo del 13 Novembre 2007. I preparati su base non di routine, preparati secondo specifiche norme di qualità, e utilizzati all'interno dello stesso Stato membro, in un ospedale, sotto l'esclusiva responsabilità professionale di un medico, sono esclusi dal campo di applicazione di tale regolamentazione, garantendo nel contempo che le pertinenti norme comunitarie in materia di qualità e sicurezza non siano minate. (69) Le cellule o i tessuti sono considerati "ingegnerizzati" se sono stati soggetti a manipolazione, in modo che siano raggiunte particolari caratteristiche in termini di caratteristiche
biologiche, funzioni fisiologiche o proprietà strutturali, rigenerazione, riparazione o sostituzione.
Lo stesso regolamento stabilisce che non sono da considerarsi manipolazioni le seguenti procedure:
- taglio,
- macinazione,
- modellamento,
- centrifugazione,
- immersione in soluzioni antibiotiche o antimicrobiche,
- sterilizzazione,
- irradiazione,
- separazione cellulare, concentrazione o purificazione,
- filtraggio,
- liofilizzazione,
- congelamento,
- crioconservazione,
- vetrificazione. (69)
Il controllo sugli emocomponenti ad uso non trasfusionale è garantito dei servizi trasfusionali nazionali secondo direttive europee e normative nazionali, regionali e del centro.
Capitolo 4 Studio clinico
4.1 Obiettivi:
4.1.1 Obiettivi primari:
• Valutare la percentuale di guarigione dopo inoculo di SVF contenente cellule staminali mesenchimali autologhe di origine adiposa e CPUNT in fistole perianali complesse ad 8 settimane, sei mesi ed un anno dall’intervento
• Valutare la percentuale di riduzione delle secrezioni ad 8 settimane, sei
mesi ed un anno dall’intervento
• Xxxxxxxx i miglioramenti ottenuti nella qualità di vita (QoL) dei pazienti a sei
mesi ed un anno dall’intervento
4.1.2 Obiettivi secondari:
• Valutare nei pazienti con già presente incontinenza anale il miglioramento dei parametri clinici attraverso l’utilizzo di appositi scores e con indagini funzionali ad un anno dall’intervento
• Analizzare e correlare i risultati clinici a quelli ottenuti in laboratorio attraverso la caratterizzazione delle cellule staminali prelevate e l’analisi del CPUNT
4.2 Materiali e metodi
Il presente studio clinico è stato autorizzato dal Comitato Etico Palermo 1 nella seduta del 17/01/2018 n. 01/2018.
Il reclutamento dei pazienti è stato condotto tra il 01/05/2018 ed il 30/04/2019.
I criteri d’inclusione allo studio sono stati:
- Pazienti adulti (>18 anni) con fistole perianali complesse di origine criptoghiandolare.
I criteri di esclusione sono stati:
- Fistole non complicate curabili con semplice fistulotomia;
- Fistole retto-vaginali;
- Gravidanza
- Morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa
- HCV, HBV, HIV
- neoplasie, malattie autoimmuni, TBC, malattie psichiatriche, trattamento con agenti immunosoppressori o citotossici.
Il reclutamento dei pazienti è avvenuto mediante visita proctologica. La visita proctologica ha previsto la raccolta anamnestica, prossima e remota, con la valutazione delle comorbidità dei pazienti e dei pregressi interventi proctologici ed addominali, l’esame obiettivo con l’ispezione e l’esplorazione digito-ano-rettale e l’anoscopia. Ai pazienti con fistole perianali reputate complesse è stata proposta l’inclusione nello studio clinico ed a coloro che hanno accettato sono stati sottoposti un questionario sulla qualità di vita, l’SF-36 (SF 36-Q) (70), e due questionari sull’incontinenza fecale, il Xxxxxx score (71) ed il Xxxxxx score (72).
La valutazione clinica ottenuta mediante esame obiettivo è stata confermata attraverso uno studio morfologico strumentale con RMN con mdc.
La valutazione funzionale ottenuta mediante l’esame obiettivo e gli score sull’incontinenza è stata completata dall’esecuzione di manometria ano-rettale con ricostruzione 3D.
Confermata la patologia e la non passibilità di interventi chirurgici tradizionali, è stata confermata l’inclusione nello studio clinico di trattamento con SVF contenente cellule staminali mesenchimali autologhe di origine adiposa e CPUNT e sottoposto ed acquisito il consenso informato in accordo con la Dichiarazione di Helsinki.
Il reclutamento attraverso la visita proctologica, lo studio fisiologico e gli interventi chirurgici sono stati eseguiti presso l’U.O.C. di Chirurgia Generale e d’Urgenza dell’A.O.U.P. ”Xxxxx Xxxxxxxx” di Palermo. Lo studio morfologico è stato eseguito presso l’U.O. di Radiologia dell’A.O.U.P. ”Xxxxx Xxxxxxxx” di Palermo.
L’analisi di laboratorio è stata eseguita presso il Laboratorio di Fisiopatologia Cellulare e Molecolare del Dipartimento di Discipline Chirurgiche, Oncologiche e Stomatologiche dell’Università degli Studi di Palermo.
I pazienti reclutati hanno eseguito un deposito di sangue per la produzione del CPUNT autologo presso il Servizio Trasfusionale dell’A.O.U.P. “Xxxxx Xxxxxxxx” di Palermo.
4.2.1 Scores clinici
Nel presente studio abbiamo selezionato tre scores utili a comprendere le problematiche funzionali dei pazienti in studio e valutare la percezione dell’individuo relativamente ai concetti di salute, benessere e qualità di vita; questi sono il Xxxxxx score (72), il Vazey score (71) e l’SF-36 (70).
Il punteggio Xxxxx-Xxxxxx valuta separatamente l'alterazione dello stile di vita e gli aspetti qualitativi dell'incontinenza fecale e della sua frequenza.(Tab. n. 5) Il grado di incontinenza anale si ricava attraverso il colloquio o il diario. In base alla
frequenza degli episodi riportati viene attribuito un punteggio da 0 a 4 punti per i 5 parametri riportati, fino ad un punteggio massimo di 20 (grave incontinenza fecale) Esso ha raggiunto una ampia validazione e rappresenta al giorno d'oggi uno dei sistemi di punteggio più frequentemente utilizzati nella letteratura sull'incontinenza fecale.
Il Xxxxxx score è ampiamente utilizzato nella pratica clinica ed è uno score di gravità riproducibile ed altamente correlato con l’impressione clinica del medico. (Tab. n. 6) È stato anche dimostrato che un più alto punteggio nel Xxxxxx score si associ ad una maggiore quantità di problemi di salute generale riportati dal paziente stesso.
La Short Form Health Survey 36 - SF-36 è stato sviluppato in lingua inglese negli anni '80 ricercatori della RAND Corporation, nell'ambito di un progetto più ampio, il Medical Outcome Study (MOS), e successivamente tradotto e validato in varie lingue tra cui l'italiano. Si tratta di uno strumento generico, multidimensionale, articolato attraverso 36 domande che permettono di assemblare 8 scale. Lo strumento permette di cogliere l'impatto di una malattia su varie dimensioni della QoL: il funzionamento fisico (10 item), il funzionamento sociale (2 item), le limitazioni dovute a problemi fisici (4 item), le limitazioni dovute a problemi emotivi (3 item), la salute mentale (5 item), l’energia/vitalità (4 item), il dolore (2 item) e la percezione della salute generale (5 item). Il 36º item indaga le modificazioni della salute rispetto all’anno precedente. L’SF-36, valutando lo stato di salute in generale, è uno strumento che si presta tanto per studi nella popolazione generale che ad indagini trasversali o longitudinali su patologie specifiche e sui trattamenti. È una scala di valutazione che può essere completata in 5-10 minuti ed ha un
ottimo grado di accettabilità. Gli item sono valutati in maniera diversa: alcuni sono dicotomi, altri sono valutati su scale a 3, 5 e 6 livelli. L’uso molto ampio che ne è stato fatto ha consentito di definire dei profili standard e delle misure riassuntive che facilitano la lettura e l’interpretazione dei risultati.
L’SF36 quindi appartiene alla serie dei questionari brevi sullo stato di salute del paziente, caratterizzato dalla concisione (occorrono in media non più di 10 minuti per la compilazione) e dalla precisione (lo strumento è valido e riproducibile). La traduzione, adattamento transculturale, validazione e norma per la popolazione generale in Italia è stata condotta da ricercatori dell'Istituto Xxxxx Xxxxx di Milano (73).
4.2.2 Trattamento
4.2.2.1 Bonifica perianale
Tutti i pazienti inclusi nello studio sono stati sottoposti a bonifica perianale con drenaggio degli ascessi e posizionamento di setoni di drenaggio cui ha fatto seguito un periodo minimo di un mese per la stabilizzazione dei tramiti fistolosi.
4.2.2.2 Produzione e pre-deposito e del CPUNT
Da ogni paziente sono stati prelevati 60 cc di sangue intero. Il sangue prelevato è stato centrifugato a 500g per 9 minuti, da questi è stato prelevato tutto il plasma e tutto il buffy-coat possibile non prelevando i globuli rossi perché questi
attraverso il rilascio di ferro possono generare un processo infiammatorio attraverso l’attivazione delle metalloproteinasi. Plasma e buffy-coat sono stati centrifugati a 3400 giri per 4 minuti per ottenere un pellet cellulare dopo rimozione del plasma in eccesso. Ottenuto il volume desiderato il pellet è stato risospeso e si è aliquotato in tre minibag, rispettivamente da 10 ml per il trattamento, da 5 ml per eventuali trattamenti delle recidive e 2 ml per le analisi di laboratorio, ed indi congelato.
4.2.2.3 Intervento chirurgico
Il trattamento proposto si è svolto in sala operatoria ed è stato suddiviso in una fase addominale, una fase di banco ed una fase perineale. Il CPUNT pre- depositato è stato scongelato e trasportato presso il complesso operatorio all’inizio delle procedure ed utilizzato entro 6 ore dallo scongelamento.
4.2.2.3.1 Anestesia
Gli interventi chirurgici sono stati condotti in anestesia spinale in cinque pazienti ed anestesia generale nei restanti quattro. Non è stata utilizzata anestesia locale per evitare influenze della stessa sullo SVF.
4.2.2.3.2 Fase addominale
Il prelievo del tessuto adiposo è stato effettuato mediante liposuzione previa infiltrazione del sottocute con soluzione di Klein modificata contenente 500cc di
NaCl 0.9%, 30 cc di Lidocaina al 2%, 0.25 cc di Adrenalina al 1%, 1 cc di HCO3- ad una temperatura di 4° C (54).
La lipoaspirazione dell’adipe addominale è stata eseguita con cannula da 10 Gauge collegata ad una siringa da 10 ml (53). Sono stati prelevati 125 cc per emi- addome. (Fig. n. 12)
4.2.2.3.3 Banco
Il lipoaspirato è stato sottoposto a decantazione in tubi da 50 ml per 5 minuti circa, indi l’adipe surnatante è stato recuperato rimuovendo il precipitato liquido contenente la soluzione di Klein. L’adipe isolato è stato suddiviso in parti da 25 ml in tubi da 50 ml, i tubi sono stati sottoposti ad energica agitazione manuale per ottenere una frammentazione dello stesso che è stato distribuito in tubi da 10 ml. I tubi così ottenuti sono stati sottoposti a doppia centrifugazione.
La prima centrifugazione è stata fatta per 5 minuti a 4200 rpm ottenendo una separazione in tre fasi con: (Fig. n. 13)
- quella superiore, contenente la componente oleosa (adipociti maturi);
- quella intermedia, liquida;
- quella inferiore, contenente il pellet cellulare o SVF composto da componenti del sangue e ASCs.
Dopo rimozione dell’adipe, il pellet cellulare è stato risospeso ed una parte è stata prelevata per essere utilizzata in vitro per l’analisi di laboratorio. Il pellet risospeso unito in nuovi tubi da 10 ml è stato sottoposto ad una seconda centrifugazione per 7 minuti a 1800 rpm. Dopo la seconda centrifugazione si è ottenuto un secondo pellet cellulare alla base sormontato da una fase liquida; la fase liquida è stata
rimossa ed il pellet cellulare risospeso nel CPUNT autologo pre-depositato scongelato. (Fig. n. 14)
4.2.2.3.4 Fase perineale:
La fase perineale ha seguito le indicazioni proposte dai precedenti studi sull’utilizzo di ASCs nel trattamento delle fistole perianali (59) (Fig. n. 15) e nello specifico ha previsto:
- ldentificazione del tramite fistoloso con particolare enfasi alla ricerca
dell’orificio interno
- Rimozione del setone
- Curettage del tramite mediante curette dedicata in modo da rimuovere il tessuto settico/necrotico e facilitare gli attori ematici del processo di guarigione nel raggiungere la sede della lesione (Fig. n. 16-17)
- Lavaggio con soluzione fisiologica
- Chiusura dell’orificio interno. La chiusura deve essere ottenuta con una semplice sutura assorbibile 2/0. Il punto deve includere morsi a tutto spessore, eseguendo una figura di otto punti di sutura e una pressione aderente. Non vi è alcuna restrizione sul materiale della sutura da utilizzare. Il successo della chiusura è confermato dall'iniezione di soluzione salina attraverso l'apertura esterna.
- Inoculo di cellule staminali e CPUNT con l’utilizzo di un ago e di un catetere sottile. Metà dose è stata inoculata nel tratto intersfinterico in vicinanza dell’orificio interno e lungo il tragitto fistoloso entro 2-3 mm dalle pareti della fistola e l’altra metà, gelificata con Batroxobina e calcio, all’interno del tragitto fistoloso cruentato.(Fig. n. 18-19)
- Termine della procedura e applicazione di garza grassa all’orificio esterno
(Fig. n. 20-21)
4.2.2.4 Post-operatorio
Nel post-operatorio ai pazienti è stato consigliato l’utilizzo di Amoxicillina-Ac. Clavulanico 1 gr cp, una cp ogni 12 ore per sei giorni, di Psyllium in bustine e di antidolorifici al bisogno.
4.2.3 Follow-up
Il follow up è stato eseguito ad otto settimane, sei mesi ed un anno dall’intervento
con la valutazione clinico-morfologico-funzionale.
4.2.4 Caratterizzazione cellule staminali mesenchimali di adipe
I campioni di adipe sono stati digeriti meccanicamente ed enzimaticamente (collagenasi e ialuronidasi) (74). Il digesto è stato quindi centrifugato a 1200 rpm al fine di ottenere un pellet cellulare (stromal vascular fraction, SVF). Le cellule sono state infine piastrate in fiasche ultralow adhesion in terreno specifico MesenPro (Thermofisher), così da permettere la crescita/selezione della componente mesenchimale staminale, sottoforma di sferoidi (75). Alla confluenza di circa 80-90% le cellule mesenchimali staminali ,sono state disgregate tramite uso di tripsina, e passate applicando una diluizione di 1:3 (avendo cura soprattutto nei primi passaggi di effettuare una caratterizzazione tramite citofluorimetria e
congelamenti a brevi passaggi). Le cellule sono state caratterizzate per l'espressione di biomarcatori di cellule mesenchimali staminali tramite saggio citofluorimetrico analizzando i seguenti markers: CD271 (74), CD10, CD200 (76), CD90, CD44, CD105 (77). Contemporaneamente è stata valutata l'espressione di marker di tipo endoteliale CD31 e CD34, al fine di escludere una potenziale contaminazione da parte di questo sottotipo cellulare.
Per testare la multi-potenza delle linee di cellule mesenchimali staminali adipose, le cellule sono state poste in terreni di differenziamento specifici, in fiasche in adesione, per 21 giorni, al termine dei quali è stata valutata la capacità di differenziamento in adipociti (colorazione con AdipoRed), condrociti (Alcian blue) e osteociti (colorazione di Von Kossa per rivelare la presenza di depositi di calcio).
Alla luce delle nostre attuali conoscenze riguardo le cellule staminali mesenchimali di adipe e della loro pronunciata attività paracrina, abbiamo deciso di analizzare le citochine e i fattori di crescita rilasciati dalle cellule da noi isolate. Per la caratterizzazione dell'attività paracrina delle cellule staminali mesenchimali di adipe, le linee sono state poste in fiasche da 75 cm2 e una volta raggiunta l'80- 90% di confluenza il terreno è stato cambiato, e raccolto dopo 48 ore. Il terreno così ottenuto risultava arricchito nelle proteine rilasciate dalle cellule. Il terreno è stato quindi filtrato con filtri da 0,45 micron e analizzato per la presenza di 48 citochine e fattori di crescita tramite saggio Bio-Plex Pro™ Human Cytokine 21- e 28-plex Assay, con strumentazione Bio-Plex 200.
4.2.5 Analisi statistica
I dati descrittivi sono presentati come percentuali, media e deviazione standard per i dati parametrici e mediane e range o intervallo di confidenza per i dati non parametrici. La relazione tra età, caratteristiche della fistola, sesso e guarigione sono stati calcolati con il Xxxxxx exact test. La comparazione tra i punteggi degli score pre e post-operatori è stata eseguita con il T-test o il Wilcoxon’s rank test per dati appaiati secondo la distribuzione parametrica o non parametrica. Un p- value <0.05 è stato considerato statisticamente significativo; <0.1 debolmente significativo.
L’analisi statistica è stata condotta con MedCalc Statistical Software (MedCalc
Software. Ostend, Belgium).
4.3 Risultati
Il reclutamento iniziale eseguito presso l’ambulatorio di colo-proctologia dell’UOC di Chirurgia generale e d’Urgenza del Policlinico “X. Xxxxxxxx” ha inizialmente compreso 20 pazienti con fistole perianali complesse. Questi pazienti sono stati sottoposti a studio morfologico con RMN con mdc ed a manometria ano-rettale 3D. I trattamenti di bonifica preliminare hanno visto il posizionamento di un loose seton in 13 pazienti ed il drenaggio di raccolte ascessuali in 5 pazienti. Durante i controlli intermedi 11 pazienti sono stati esclusi dallo studio, nello specifico in 7 pazienti si è avuta una superficializzazione del tramite, motivo per cui gli stessi sono stati sottoposti a semplice fistulotomia, un paziente è stato escluso a causa del riscontro di una positività per HCV, criterio di esclusione, e 3 pazienti hanno successivamente rifiutato di sottoporsi al trattamento proposto. 9 pazienti, di cui 4 maschi e 5 femmine, hanno completato le fasi preliminari e sono stati trattati con SVF, contenente ASCs, ottenuto mediante lipoaspirazione e centrifugazione,
addizionato con il CPUNT autologo pre-depositato. L’età media dei pazienti trattati è stata di 42 anni. Le fistole trattate erano tutte transfinteriche. Il 55.5%(5 pazienti) dei pazienti mostrava una fistola recidiva con una media di 4.8 interventi chirurgici pregressi. Due delle cinque pazienti trattate presentava una localizzazione anteriore. Nella tabella n. 7 sono descritte le caratteristiche delle fistole presentate dai pazienti. In 5 pazienti (55.6%) l’intervento è stato condotto in anestesia subaracnoidea, nei restanti in anestesia generale.
I pazienti hanno eseguito visite di controllo periodiche e tutti i pazienti hanno completato il follow-up ad un anno.
Durante il follow-up in una paziente data la persistenza di secrezioni è stato posizionato un setone di drenaggio e la stessa è stata sottoposta a un nuovo trattamento con inoculo di un’ulteriore quota di CPUNT dopo periodo di bonifica. Ai controlli successivi si è avuta persistenza della fistola. La paziente ha eseguito dei controlli gastroenterologici successivi che hanno posto diagnosi di verosimile IBD non determinata per cui è stato riposizionato un setone e la paziente è stata avviata a terapia biologica. Si sottolinea che lo studio e l’esclusione della presenza di IBD era già stato eseguito nel preoperatorio in tutti i pazienti trattati. Un secondo paziente ha presentato una netta riduzione delle secrezioni pur con una ritardata guarigione del pregresso orificio esterno anteriore, sede di voluminoso ascesso perineale. Il paziente è stato sottoposto a revisione in sala operatoria che ha mostrato la presenza di un minuto orificio interno per cui è stato trattato con curettage, re-chiusura dell’orificio interno ed inoculo di CPUNT pre-depositato.
Non vi sono state complicanze intra-procedurali. Le complicanze a 30 giorni presentate dai pazienti sono state costituite dalla comparsa di una minima flogosi in sede di orificio esterno trattata con antibioticoterapia con risoluzione del quadro.
Al follow-up ad un anno il 77.7% dei pazienti (7/9) si conferma guarito.
La guarigione delle fistole non ha mostrato una relazione statisticamente significativa con localizzazione anteriore della fistola (p=0.166), con l’essere una fistola recidiva (p=0.166), con il numero di pregressi interventi chirurgici (p=0.128), con il sesso dei pazienti (p=1.0), con l’età (p=0.46), con il tipo di anestesia eseguita (P= 0.1666).
La valutazione della qualità di vita dei nostri pazienti è stata eseguita con l’utilizzo dello score SF-36 (versione italiana). Lo score, come già visto, consente attraverso l’analisi delle risposte la valutazione di 8 parametri: attività fisica (AF), ruolo e salute fisica (RF), dolore fisico (DF), salute in generale (SG), vitalità (VT), attività sociali (AS), ruolo e stato emotivo (RE), salute mentale (SM).
I parametri attività fisica (AF), ruolo e salute fisica (RF), dolore fisico (DF), salute in generale (SG) sono stati raggruppati per dare una valutazione generale della salute fisica (PCS) mentre i parametri vitalità (VT), attività sociali (AS), ruolo e stato emotivo (RE), salute mentale (SM) hanno offerto una valutazione generale dello stato di salute mentale (MCS).
Lo score ha consentito inoltre una valutazione da parte del paziente del proprio cambiamento dello stato di salute (CS) rispetto ad un anno prima.
Nei pazienti guariti si è avuto un miglioramento nella valutazione generale della salute fisica (PCS) in 5 pazienti, in un paziente il valore è rimasto invariato ed un
paziente ha mostrato un peggioramento (Fig. n. 22-23). Il miglioramento del PCS tra il pre ed il post-operatorio è stato debolmente significativo (P=0.0502) .
Nei pazienti guariti si è avuto un miglioramento nella valutazione generale dello stato di salute mentale (MCS) in 5 pazienti ed un peggioramento in due pazienti. (Fig. n. 24-25). La variazione nel MCS tra il pre ed il post-operatorio non è stata statisticamente significativa (P=0.1665). Nei pazienti guariti si è avuto un miglioramento del PCS+MCS in 5 pazienti ed un peggioramento in due pazienti. (Fig. n. 26). La variazione del PCS+MCS tra il pre ed il post-operatorio è stata debolmente significativa (P=0.0936).
La media dei parametri dell’SF-36 nel pre e post-operatorio dei pazienti guariti confrontati con la media nella popolazione italiana sono mostrati in figura n. 27.
I risultati dei singoli parametri del SF-36 nei pazienti guariti sono riassunti in tabella
n. 8 e rappresentati nelle fig. n. 28-35.
La valutazione sul cambiamento dello stato di salute ha mostrato un trend verso il miglioramento dello stesso dopo il trattamento. (Fig. 36)
Per quanto riguarda il possibile miglioramento dell’incontinenza dopo il trattamento con SVF+CPUNT, cinque pazienti presentavano gradi variabili di incontinenza nel pre-operatorio valutate attraverso il Xxxxxx score ed il Xxxxxx score.
Nel Xxxxxx score si è avuto un notevole miglioramento clinico in tre pazienti ed un lieve aumento dello score in due pazienti (Fig. n. 37 ). Le variazioni non sono state statisticamente significative (p=0.3125).
Nel Vazey score si è avuto un notevole miglioramento clinico in tre pazienti ed un lieve aumento dello score in due pazienti; le variazioni non sono state statisticamente significative (p=0.4375) (Fig. 38).
Per quanto concerne la valutazione delle cellule inoculate queste sono state caratterizzate per l'espressione di biomarcatori di staminalità tramite saggio citofluorimetrico analizzando i seguenti markers: CD271, CD10, CD200, CD90, CD44, CD105. I risultati sono esposti in figura n. 39.
Contemporaneamente è stata valutata l'espressione di marker di tipo endoteliale CD31 e CD34, al fine di escludere una potenziale contaminazione da parte di questo sottotipo cellulare. (Fig. n. 40) La figura n. 41 espone i saggi di multi- potenza eseguiti nei campioni di lipoaspirato; nello specifico la capacità di differenziamento in adipociti (colorazione con AdipoRed), condrociti (Alcian blue) e osteociti (colorazione di Von Kossa per rivelare la presenza di depositi di calcio).
L’analisi delle citochine e dei fattori di crescita rilasciati per la caratterizzazione dell'attività paracrina delle cellule staminali mesenchimali di adipe da noi isolate, eseguita su 48 citochine sono esposte in figura n. 42. In particolare è da sottolineare come sia ben espressa la presenza di IL-8, Hu MCP, ccl21, ENA 78, GROA, MCP3 e SDF1AB coinvolte nella regolazione dell’angiogenesi, del rimodellamento vascolare e delle interazioni cellulari; una bassa presenza di IL- 1b che è una citochina proinfiammatoria che stimola la secrezione di IL-2, anch’esso non riscontrato. IL-6 è altamente rappresentato e gioca un ruolo nella difesa dell’ospite regolando la risposta infiammatoria ed immunitaria; stimola la differenziazione cellulare dei linfociti B e la produzione di anticorpi. IL-8, anch’esso presente, è un potente fattore angiogenetico. L’IFN-gamma è mediamente
espresso, ENA-78 è altamente espresso, ed è stato dimostrato come svolga un importante ruolo nella guarigione di ferite croniche. (78) Il MIF altamente rappresentato è un immunoregolatore dei macrofagi. L’SDF 1 alfa beta ha un ruolo nella migrazione delle cellule staminali.
4.4 Discussione
L'uso del tessuto adiposo come fonte abbondante e accessibile di cellule stromali multipotenti per la medicina rigenerativa è stato documentato a partire dalla fine degli anni '60. Numerosi laboratori indipendenti hanno stabilito che cellule stromali simili a quelle identificate nel midollo osseo potessero essere isolate in modo riproducibile dal tessuto adiposo resecato come tessuto intero o aspirato mediante liposuzione tumescente. Un trattamento chirurgico limitato nelle fistole perianali complesse spesso causa nuove recidive, mentre vi è un alto rischio di incontinenza fecale se viene eseguito un trattamento chirurgico esteso. L'uso di cellule staminali per il trattamento di fistole complesse è una promettente area di ricerca, poiché il loro utilizzo può facilitare la rigenerazione tissutale e la guarigione grazie agli effetti antinfiammatori e immunomodulatori delle stesse. Attualmente la varietà di procedure proposte nel trattamento delle fistole anali ne testimonia la difficoltà di cura in relazione alla variabile complessità delle stesse. Queste come abbiamo visto sono dichiarate malattia orfana dall’European Medicine Agency. Le fistole recidive sono notoriamente una sfida per il chirurgo e ripetuti tentativi di cura sono in questa malattia la regola piuttosto che l’eccezione.
La recidiva nelle fistole è sovente causata dalla presenza di un’infezione non trattata e l’identificazione di queste resta arduo nello studio pre-operatorio dei pazienti. Per migliorare i tassi di guarigione è fondamentale la selezione dei
pazienti nonché un adeguato controllo della sepsi e l'identificazione delle estensioni secondarie con bonifiche preliminari. Non da ultimo, fistole croniche possono causare l’insorgenza di neoplasie, prevalentemente di carcinomi anali epiteliali, dovuti all’irritazione data dall’infezione persistente. (79) A differenza delle fistole su Morbo di Crohn per cui negli anni sono stati proposti diversi trattamenti medici(Infliximab, Adalimumab), per le fistole criptoghiandolari l’unico trattamento disponibile è la chirurgia. (79) Prestigiose società scientifiche hanno identificato come obiettivi del trattamento delle fistole anali: la riduzione dei sintomi, la prevenzione delle recidive, la preservazione dell’integrità degli sfinteri e quindi della continenza. (79) Nel trattamento delle fistole perianali complesse, le moderne tecniche “sphincter saving” giocano un ruolo fondamentale sebbene queste offrano tassi variabili di guarigione. Le fistole perianali possono essere considerate come una ferita cronica in cui non si è ottenuta le restitutio ad integrum. Nella guarigione delle ferite una parte fondamentale è la “fase cellulare” che verosimilmente in queste situazioni risulta deficitaria. La terapia cellulare nel trattamento delle fistole perianali è stata proposta per consentire nella fase cellulare di guarigione della “ferita” un supporto con il fine di ricostituire il normale processo di guarigione. Inoltre l’utilizzo della terapia cellulare previene dalle lesioni agli sfinteri causate dalla chirurgia e quindi trova posto come possibile opzione terapeutica con l’obiettivo di preservare l’integrità degli sfinteri. La nostra esperienza ha preso i passi dalle esperienze condotte da alcuni gruppi di colleghi attraverso dei trial clinici sull’utilizzo delle cellule staminali di origine mesenchimale; a queste ha aggiunto un nuovo elemento a supporto del processo di guarigione rappresentato dai concentrati piastrinici per uso non trasfusionale.
La sicurezza ed efficacia delle cellule staminali mesenchimali nelle fistole perianali complesse sono state analizzate da un trial clinico di fase I e di fase II che avevano mostrato tassi di successo intorno al 70%. Nella fase I, 8 pazienti con fistole perianali o enterocutanee sono stati trattati per testare la fattibilità e la sicurezza del trapianto di cellule staminali autologhe nel trattamento delle fistole. Non sono stati identificati problemi di sicurezza in quanto non sono stati osservati fenomeni di rigetto o crescita cellulare incontrollata indicativa di un rischio tumorale. Delle biopsie eseguite in due pazienti hanno mostrato una normale guarigione anatomica dell'area infiltrata. Non sono stati segnalati effetti avversi in nessun paziente alla fine del periodo di follow-up (inizialmente 6 mesi, 2 anni in un retrospettivo). Sei di otto fistole trattate erano chiuse ad 8 settimane e considerate guarite (75%). I due pazienti rimanenti avevano avuto una chiusura parziale dell'orificio esterno, con una riduzione delle secrezioni. (80) Dopo i primi promettenti risultati è stata progettata la fase II per valutarne la sicurezza ed efficacia nel trattamento delle fistole perianali complesse. Quarantanove pazienti con fistole perianali complesse di origine criptoghiandolare (n = 35) o associati con il morbo di Crohn (n = 14) sono stati reclutati e randomizzati al trattamento con ASCs in combinazione con colla fibrinica o con sola colla di fibrina. L’obiettivo primario era la guarigione della fistola, definita come assenza di secrezione attraverso l’orificio esterno spontaneamente e dopo digitopressione, così come una completa epitelizzazione degli orifici esterni ad otto settimane. Se la guarigione non veniva raggiunta dopo la prima procedura, veniva somministrata una seconda dose di colla di fibrina o 40 milioni di cellule più colla di fibrina. Il 46% risultava guarito dopo una singola iniezione di ASCSs ed un ulteriore 25% dopo una seconda dose. La percentuale di pazienti che ha raggiunto la guarigione della
fistola era significativamente più alta con le ASCs e colla di fibrina rispetto alla sola colla di fibrina: 17 (71%) e 4 (16%) rispettivamente. Tra i pazienti guariti, ad un anno mostravano una recidiva il 17% di esse. Dal punto di vista del profilo di sicurezza non sono stati identificati eventi avversi gravi. (81) Tuttavia la tecnica non ha passato il vaglio della fase III in cui il trattamento, valutato attraverso uno studio controllato randomizzato eseguito in doppio cieco in 49 ospedali in 7 diversi Paesi Europei è esitato in una eterogeneità di risultati tra i vari centri. (82) Purtuttavia questi studi hanno ottenuto un riconoscimento di validità in quanto hanno consentito lo sviluppo di un farmaco a base di cellule mesenchimali di origine adiposa sottoposte ad espansione in laboratorio che è stato autorizzato per uso compassionevole nel trattamento delle fistole in pazienti adulti affetti da morbo di Crohn non attivo / lievemente attivo, quando le fistole hanno mostrato una risposta inadeguata a una terapia convenzionale biologica. Tale farmaco, Darvadstrocel (Alofisel®), consiste in una sospensione di cellule staminali derivate da tessuto adiposo umano. Il tessuto adiposo prelevato (ogni dose di darvadstrocel è derivata da un singolo donatore) viene digerito con collagenasi di tipo 1 per estrarre le cellule che vengono poi separate mediante ultracentrifugazione e successivamente espanse utilizzando tecniche di coltura cellulare standard. I produttori indicano come meccanismo d’azione del farmaco, somministrato in sede intra-lesionale, la riduzione dei livelli di citochine pro- infiammatorie come l'interleuchina (IL) -6, TNF-α e IL12 prodotte da cellule mononucleate della lamina propria, e la sintesi di IL10 e del fattore di crescita-β.
(83) (84) La manipolazione cellulare tuttavia espone a problematiche di carattere etico nonchè autorizzativo. Dal momento che la valutazione della guarigione di una fistola andrebbe valutato a distanza di tempo nel nostro studio presentiamo i
risultati definitivi ottenuti con un follow-up ad un anno che ha mostrato come il trattamento combinato con SVF contenente ASCs in combinazione con il CPUNT autologo offra risultati migliori rispetto ai già proposti trattamenti con ASCs espanse in combinazione con colla di fibrina, avendo ottenuto un 77% di guarigione complessiva. Dal punto di vista della possibile oncogenicità del trattamento, un articolo pubblicato che ha analizzato retrospettivamente i dati del trattamento con ASCs con un follow up di 48 mesi ha confermato la sicurezza del trattamento in termini di trasformazione maligna nei pazienti trattati confermando i dati con prelievi istologici. (85) Nello stesso studio di follow-up i risultati di guarigione a 48 mesi si riducevano ad un 40% dei casi; gli autori addebitano l’alto numero di recidive come dovuto ad un possibile esiguo numero di cellule inoculate (20 milioni + 40 milioni). (85) Avendo noi utilizzato in luogo delle cellule espanse lo SVF fresco il cui contenuto in cellule sebbene non quantificato è sicuramente nettamente inferiore ai numeri utilizzati dagli altri autori non possiamo avallare le citate conclusioni. I risultati del nostro studio sono incoraggianti, in considerazione della necessità di nuove e efficaci opzioni di trattamento per i pazienti con fistole perianali complesse. Le cellule staminali mesenchimali di origine adiposa sono facilmente ottenute dai pazienti ed in numero ampiamente maggiore rispetto a quelle prelevate da altre sedi; inoltre, esse non ingenerano i numerosi problemi etici riscontrati con le cellule staminali di origine embrionale. I concentrati piastrine sono potenzialmente utili nella guarigione delle ferite perché svolgono una funzione sia come sigillante tissutale che come un sistema di rilascio di fattori di crescita con azione mitogena e chemiotattica sebbene sia necessario ribadire come ogni metodo di preparazione del plasma ricco di piastrine possa differire per quanto riguarda il numero di piastrine, i tassi di attivazione delle piastrine e i profili
dei fattori di crescita. (86) L’utilizzo del PRP nella cura delle fistole perianali è stato indagato dal gruppo di de la Xxxxxxxx nel 2017, i loro risultati mostrano tassi di guarigione ad un anno dall’inoculo di PRP liquido e gelificato del 33% circa su un campione di 36 pazienti, il Xxxxxx score sui pazienti guariti ha mostrato però un miglioramento statisticamente significativo. (87) Uno studio prospettico multicentrico su 60 pazienti ha fornito simili risultati con percentuali di guarigione del 40%. (88) Risultati più promettenti sono stati presentati con l’utilizzo del PRP in associazione a flap mucosi con percentuali di guarigione a 26 mesi del 80% in un gruppo di 10 pazienti e del 100% in uno studio multicentrico su 25 pazienti.
(89) (90) Nel protocollo terapeutico particolare importanza ha meritato la rimozione della fibrina e dei detriti conseguenti il posizionamento del setone al fine di creare un adeguato letto della ferita per le funzioni del CPUNT e l’attecchimento delle cellule staminali esponendo i tessuti vitali. Il sanguinamento dall'orificio interno ed esterno deve essere osservato a riprova di un adeguato debridement. È da sottolineare inoltre come l’effetto del trattamento sia locale e quindi gli inoculi vadano condotti il più vicino possibile alle pareti delle fistole è meno probabile che lo stesso possa contribuire alla guarigione della fistola. Nel nostro trattamento metà dell’incoculo contenente ASCs in soluzione con il CpunT liquido è stato condotto perifericamente alla fistola al fine di accelerare ancor di più la loro già marcata attività proliferativa ed il loro differenziamento mentre la seconda metà è stata eseguita all’interno del tramite fistoloso in forma gelificata con Batroxobina; ciò che si è cercato di ottenere è la creazione di uno scaffold biologico e funzionalizzato all’interno del tramite fistoloso in modo da fungere da impalcatura per le cellule che dovranno andare a ripopolare l’area interessata grazie al rilascio dei fattori piastrinici contenuti nel medesimo. Per quanto riguarda
la tecnica, durante la preparazione del campo chirurgico andrebbero evitate le soluzioni alcoliche e citotossiche privilegiando quelle a base di Clorexidina. (91) L’ago per l’iniezione delle cellule dovrebbe essere di grosso calibro (es. 20-22 G) per evitare danni meccanici alle cellule causati dal passaggio attraverso lumi più piccoli. Al riguardo uno studio ha evidenziato come con l’utilizzo di aghi sino a 26 G la vitalità delle cellule staminali non venga compromessa. (92) L’utilizzo di anestesia locale andrebbe evitato a causa degli effetti citotossici degli anestetici locali più in uso quali la ropivacaina, la lidocaina, la bupivacaina e la mepivacaina. Inoltre, è stato evidenziato come l’anestesia locale possa direttamente ed indirettamente modificare le proprietà anti-infiammatorie delle cellule staminali nella modulazione dei macrofagi. (93) (94) Queste nozioni sono critiche nell’utilizzo dello SVF in cui per lipoaspirazione vengono utilizzate in accordo alla formula di Klein alte dosi di Lidocaina; da sottolineare comunque come gran parte della soluzione venga poi rimossa durante le fasi di centrifugazione dell’adipe. Nel post-operatorio abbiamo somministrato Amoxicillina- Ac. Clavulanico 1 gr due volte al giorno per sei giorni; l’utilizzo di antibiotico-terapia a base di penicilline e metronidazolo nel post-operatorio non influenza, secondo studi clinici condotti in vitro ed in vivo, la vitalità delle ASCs, sebbene siano da evitare l’utilizzo di Vancomicina e Gentamicina. (95) (96) L’utilizzo del parametro clinico piuttosto che radiologico nello stabilire la guarigione di una fistola perianale è stato indagato in uno studio clinico in cui il controllo radiologico della guarigione della fistola dopo trattamento con ASCs non ha mostrato correlazioni con i dati clinici comparando 29 pazienti sottoposti al trattamento in cui venivano evidenziate come presenti fistole clinicamente guarite e come guarite fistole con secrezione corpuscolata attiva. (85) Noi abbiamo utilizzato la RMN con mdc nella valutazione e selezione
preliminare dei pazienti mentre per stabilirne la guarigione è stato utilizzato il parametro clinico.
Conclusioni
Il nostro progetto di ricerca ha proposto l’utilizzo di SVF contenente cellule staminali autologhe di origine adiposa associato al CPUNT con l’obiettivo di offrire una metodica di trattamento riproducibile, dalle minime complicanze e senza manipolazione cellulare.
Il trattamento va eseguito in centri di riferimento con un expertise sul trattamento delle fistole perianali, per consentire un’adeguata selezione dei pazienti, ed ove sia presente un centro per la produzione di emo-derivati. Esso può essere utilizzato con le adeguate indicazioni per offrire un vantaggio in termini di cura e possibile miglioramento della qualità di vita dei pazienti affetti da questa patologia cronica e debilitante dal punto di vista dei rapporti sociali, lavorativi e sessuali.
Capitolo 5 Figure e Tabelle
Fig. n. 1 Classificazione di Parks
Fig. n. 2 Fistola trans-sfinterica
Fig. 3 Fistulografia con H2O2
Figura 4. Scansioni TPUS longitudinale (a) e coronale (b) del canale anale: si riconosce lo sfintere anale interno (IS), ipoecogeno
Fig. n. 5 Fistola transfinterica complessa (freccia), scansione assiale T2pesata
Fig. n. 6 Work-up diagnostico fistole complesse
Fig. n. 7 Work-up terapeutico fistole perianali
Fig. n. 8 Le fasi della guarigione tissutale (41)
Fig. n. 9 Composizione della matrice cellulare precoce e tardiva (42)
Fig. 10. Componenti del sangue dopo centrifugazione
Fig. n. 11 Fattori di crescita nel PRP
Fig. n. 12 Lipoaspirazione dell’adipe
Fig. n. 13 Separazione di fasi dopo centrifugazione
Fig. n. 14 Miscelazione dello SVF con il CPUNT
Fig. n. 15 Trattamento del tramite fistoloso
Fig. n. 16 Curettage del tramite fistoloso
Fig. n. 17 Curettage del tramite fistoloso
Fig. n. 18 Inoculo di SVF+CPUNT lungo ed all’interno del tramite fistoloso
Fig. n. 19 Inoculo di SVF+CPUNT lungo ed all’interno del tramite fistoloso
- Fig. n. 20 Termine della procedura
- Fig. n. 21 Termine della procedura
100
90
80
70
60
50
40
PCS PCS_post
Fig. n. 22 Valutazione generale della salute fisica (PCS) nel pre e post- trattamento dei pazienti guariti. P=0.0502
100
90
80
PCS
PCS_post
70
60
50
1
2
3
4
5
6
7
40
Fig. n. 23 Valutazione generale della salute fisica (PCS) nel pre e post- trattamento dei pazienti guariti. P=0.0502
100
90
80
70
60
50
40
30
MCS MCS_post
Fig. n. 24 Valutazione generale dello stato di salute mentale (MCS) nel pre e post-trattamento dei pazienti guariti. P=0.1665
100
90
80
MCS
MCS_post
70
60
50
40
1
2
3
4
5
6
7
30
Fig. n. 25 Valutazione generale dello stato di salute mentale (MCS) nel pre e post-trattamento dei pazienti guariti. P=0.1665
200
180
160
140
120
100
80
PCS_MCS PCS_MCS_post
Fig. n. 26 PCS+MCS nel pre e post-trattamento dei pazienti guariti. (P=0.0936).
Fig. n. 27 Confronto tra parametri pre e post-operatori dell’SF-36 con quelli della media della popolazione generale
100
95
90
85
80
75
70
65
60
55
AF_attività_fisica_ AF_attività_fisica_post
Fig. n. 28 Attività fisica nel pre e post-trattamento dei pazienti guariti.
100
80
60
40
20
0
RF_ruolo_e_salute_fisicRaF_ruolo_e_salute_fisica_post
Fig. n. 29 Ruolo e salute fisica nel pre e post-trattamento dei pazienti guariti.
100
90
80
70
60
50
DF_dolore_fisico_ DF_dolore_fisico_post
Fig. n. 30 Dolore fisico nel pre e post-trattamento dei pazienti guariti.
100
90
80
70
60
50
40
30
SG_salute_in_generale_SG_salute_in_generale_post
Fig. n. 31 Salute in generale nel pre e post-trattamento dei pazienti guariti.
90
80
70
60
50
40
30
20
10
VT_vitalità VT_vitalità_post
Fig. n. 32 Vitalità nel pre e post-trattamento dei pazienti guariti.
100
90
80
70
60
50
AS_attività_sociali_ AS_attività_sociali_post
Fig. n. 33 Attività sociali nel pre e post-trattamento dei pazienti guariti
100
80
60
40
20
0
RE_ruolo_e_stato_emotRivEo_ruolo_e_stato_emotivo_post
Fig. n. 34 Ruolo e stato emotivo nel pre e post-trattamento dei pazienti guariti.
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
SM__salute_mentale_ SM__salute_mentale_post
Fig. n. 35 Salute mentale nel pre e post-trattamento dei pazienti guariti.
1:Decisamente migliore 2: Un po' migliore
3: Più o meno uguale
4: Un po' peggiore
5: Decisamente peggiore
3,0
2,5
2,0
1,5
1,0
CS_cambiamento_nello_stato_di_saCluSt_ec_ambiamento_nello_stato_di_salute_post
Fig. n. 36 Cambiamento nello stato di salute tre il pre e post-trattamento dei pazienti guariti.
12
10
8
6
4
2
0
wexner_pre wexnwr_post
Figure n. 37 Xxxxxx score nel pre e post-trattamento dei pazienti guariti.
18
16
14
12
10
8
6
4
2
0
vaizey_pre vaizey_post
Figure n. 38 Xxxxxx score pre e post operatorio nei pazienti guariti.
Positività cellulare (%)
100
MSCs
75
50
25
0
Fig. n. 39 Espressione dei markers di superficie sui campioni di lipoaspirato
Ph.C.
MSCs
Fig. n.40 Espressione markers endoteliali
Von Kossa
MSCs
Alcian blue
Adipo red
Fig. n. 41 Saggi di multipotenza eseguiti sui campioni di lipoaspirato
4
3
2
1
0
-1
-2
-3
Concentrazione citochine (Log10 pg/ml)
#7
#9
Hu IL-1b Hu IL-2 Hu IL-4 Hu IL-6 Hu IL-8 Hu IL-10
Hu Eotaxin Hu GM-CSF Hu IFN-g Hu IP-10
Hu MCP-1(MCAF)
Hu MIP-1a Hu TNF-a
ccl21 BCA1 ENA78 EOTAXIN2 EOTAXIN3
FRACTALKINE
GCP2 GROB
I309 ITAC MCP2 MCP4 MDC MIP1D MIP3A MIP3B MPIF1 SCYB16 TARC TECK CTACK GROA
IL16 MCP3
MIF MIG SDF1AB
Fig. n. 42 Saggio Luminex di espressione citochinica sul lipoaspirato dei pazienti trattati