INDICE
Il CONTRATTO DI PRESTAZIONE SPORTIVA CALCISTICA
INDICE
1) FONTI DEL DIRITTO SPORTIVO
1.1 Fonti Costituzionali
1.2 Le fonti legislative
1.3 Le fonti di natura regolamentare 1) Il Regolamento Fifa per lo Status ed i Trasferimenti
2) Le N.O.I.F. della F.I.G.C.
1.4 Gli Accordi Collettivi per i calciatori professionisti
2) L’ ORDINAMENTO SPORTIVO
2.1 L’Ordinamento sportivo internazionale
2.2 Il C.I.O.
2.3 La F.I.F.A.
2.4 Lo Statuto F.I.F.A.
2.5 L’ U.E.F.A.
2.6 L’ Ordinamento Sportivo Nazionale
2.7 Il C.O.N.I.
2.8 La F.I.G.C.
3) EVOLUZIONE STORICA DEL DIRITTO SPORTIVO
3.1 La situazione antecedente alla Legge sul professionismo sportivo
3.2 L’iter formativo della Legge 23 marzo 1981, n. 91
3.3 Legge 23 marzo 1981, n. 91: “ Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti “
3.4 La libertà di esercizio dell’attività sportiva: art. 1 della Legge n. 91 del 1981
3.5 L’articolo 4 della legge 91/81: il contratto di lavoro sportivo subordinato
3.6 Le parti del rapporto di lavoro sportivo e l’obbligo della clausola compromissoria
3.7 La restrizione alla libera circolazione dell’atleta professionista: il c.d. “vincolo sportivo”
3.8 Pareri della Dottrina successivi all’ emanazione della Legge 291/81 sul Professionismo Sportivo
3.9 Il trasferimento internazionale dei calciatori
3.10 Il caso Xxxxxx
3.11 Gli effetti della Sentenza Xxxxxx
3.12 Lo Status giuridico dei calciatori extracomunitari
4) Il CONTRATTO DI PRESTAZIONE SPORTIVA CALCISTICA
4.1 Il contratto calcistico professionistico: Nozioni ed Elementi essenziali
4.2 Le parti del contratto sportivo: le Società Calcistiche
4.3 L’ Affiliazione della Società Calcistica alla Lega Nazionale
4.4 I Calciatori nell’ Ordinamento Nazionale
4.5 I Calciatori nell’ Ordinamento Internazionale
4.6 Gli Allenatori, i Preparatori Atletici e i Direttori Sportivi
4.7 Il Deposito del contratto e l’ Approvazione
4.8 Durata del Contratto
4.9 Profili di Invalidità del contratto
4.10 Requisiti soggettivi per la stipulazione del contratto
4.11 La costituzione del rapporto di lavoro: l’ assunzione diretta
4.12 L’ Agente dei Calciatori
4.13 Diritti e Doveri dei Calciatori e delle Società: a) Doveri dei calciatori
b) Diritti dei calciatori
c) Obblighi della società
4.14 Le conseguenze dell’inadempimento delle obbligazioni da parte delle società e dei calciatori
4.15 L’ Inadempimento del calciatore
4.16 L’ inadempimento della società
4.17 La Cessione del Contratto Calcistico
4.18 Il recesso ante tempus dal contratto di lavoro calcistico
4.19 La Risoluzione Consensuale del contratto e la “Clausola Rescissoria “
5) IL CONTRATTO DI SPONSORIZZAZIONE SPORTIVA
5.1 Il Fenomeno della Sponsorizzazione
a) Differenze e analogie tra “Sponsorizzazione” e “Pubblicità”
b) La figura dello Sponsor
c) La figura dello Sponsee
d) Il contratto di sponsorizzazione
e) I diritti e gli obblighi delle parti nel contratto di Sponsorizzazione
5.2 La Sponsorizzazione di una manifestazione sportiva
5.3 La Sponsorizzazione di un Club o di una Scuderia
5.4 La Sponsorizzazione di un singolo atleta
6) Il SISTEMA DI GIUSTIZIA SPORTIVA CALCISTICA
6.1 La giustizia Sportiva a livello internazionale
6.2 Il Player’s Status Commitee ( P.S.C. )
6.3 Il Dispute Resolution Chamber ( D.R.C. )
6.4 Il Tribunal Arbitral du Sport ( T.A.S. )
6.5 La giustizia sportiva in ambito U.E.F.A.
6.6 La Giustizia Sportiva Calcistica Nazionale
6.7 La Legge 280/2003 n.220: i Rapporti tra Giustizia Sportiva
e Giustizia Ordinaria
6.8 Il vincolo di Giustizia Sportiva
6.9 Il Collegio di Garanzia dello Sport
6.10 La Procura Generale dello Sport
6.11 Il Sistema di risoluzione delle controversie legate al rapporto di lavoro calcistico
6.12 L’ Arbitrato Sportivo
6.13 Il Lodo Arbitrale Sportivo
7) CASI GIURIDICI DI DIRITTO SPORTIVO
7.1 Analisi dell’Art.17 Regolamento Fifa per lo status e il trasferimento dei giocatori Le tre vicende più illustri di applicazione dell’Art. 17 Regolamento F.I.F.A.
° Il Caso Webster
° Il caso Matuzalem
° Il caso De Sanctis
Altri casi di applicazione dell’ Art. 17
° Il caso Kakuta
° Il caso Xxxxxxxx
° Il caso Xxxx Xxxxx
° Il caso Xxxxxx
° Il caso El-Hadari
° Il caso Xxxxxx
° Il caso Mexes
7.2 Il fenomeno del “Mobbing Calcistico” in Italia
- Il caso Pandev
- Il caso Xxxxxxx
- Il caso Xxxxxxxxx
- Altri casi minori di “Mobbing Calcistico”
7.3 Riepilogo illustrativo dei casi giuridici trattati
CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA
INTRODUZIONE
Con il presente lavoro si intende analizzare il contratto di prestazione sportiva calcistica attraverso lo studio di tutti gli elementi essenziali che lo caratterizzano, dei requisiti soggettivi che le parti contraenti devono possedere per poterlo stipulare, delle clausole necessarie per una corretta stipulazione e dei profili di nullità e annullabilità di tale rapporto contrattuale.
Il contratto calcistico, chiaramente, sarà inquadrato nella branca del diritto che lo disciplina, il diritto sportivo e così si traccerà un profilo preciso ed esaustivo della definizione di diritto sportivo, delle fonti che lo regolano, della sua evoluzione storica e dei soggetti che ne fanno parte.
Il primo capitolo del lavoro avrà come oggetto, infatti, proprio le fonti alla base del diritto sportivo, siano esse internazionali, comunitarie o nazionali oppure costituzionali, legislative o regolamentari.
Successivamente si farà riferimento all’ evoluzione del diritto sportivo, concentrandosi in maniera particolare sulla Legge sul Professionismo Sportivo, la Legge 23 marzo 1981, n.91 che per la prima volta ha fornito delle certezze giuridiche e delle tutele ben precise al mondo dello sport professionistico.
Si mostrerà l’iter che ha portato all’ emanazione di tale Xxxxx e si illustreranno le norme principali che la compongono e che hanno influenzato fortemente tutte le successive norme inerenti la disciplina sportiva.
La trattazione proseguirà con l’analisi delle innovazioni portate dalla Legge 91/81 quali la definizione precisa di contratto di lavoro subordinato sportivo e soprattutto la abolizione del vincolo sportivo che ha permesso finalmente ai calciatori di avere maggiore potere contrattuale e di non essere più una semplice res nelle mani della Società.
Il terzo capitolo, poi, andrà a costituire il cuore del lavoro di tesi in questione, evidenziando le caratteristiche proprie del contratto di prestazione sportiva calcistica. I punti su cui si focalizzerà l’attenzione della trattazione sono certamente gli elementi essenziali del contratto, la durata, il deposito presso la Federazione Nazionale e la relativa approvazione, i diritti e gli obblighi reciproci tra le parti che la stipulazione di esso comporta, i requisiti soggettivi che le parti devono possedere, i profili di invalidità e la cessione, temporanea o a titolo definitivo, del contratto.
Si mostreranno le norme specifiche che regolano il rapporto tra la società e il calciatore dettate oltre che dalla legge 91/81 anche dall’ Accordo Collettivo tra i rappresentanti delle Società Sportive e dei calciatori e dalle norme predisposte dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC). Saranno trattati, poi, nel dettaglio, gli aspetti economici, sportivi e giuridici che legano il calciatore al club presso cui è
tesserato, mettendo in evidenza gli istituti caratteristici che lo distinguono da un normale rapporto di lavoro.
Si illustrerà poi il metodo di risoluzione delle controversie nascenti dal rapporto contrattuale di lavoro tra le società sportive professionistiche ed i calciatori,
consistente nel ricorso all’ arbitrato irrituale sportivo. Nell’ analisi di tale istituto si metteranno in luce le figure degli arbitri, i requisiti che gli stessi devono rispettare per poter decidere sulla controversia, le modalità della loro nomina e gli iter procedimentali che si sviluppano dal ricorso all’Arbitrato su istanza di parte fino all’ emissione del Lodo.
Il lavorò verterà, ancora, sull’analisi del Regolamento Fifa sullo Status e sui Trasferimenti dei calciatori, soffermandosi in particolar modo sull’ Art. 17, che definisce le conseguenze derivanti dalla risoluzione senza giusta causa del contratto di lavoro calcistico.
Per meglio comprendere la portata di questa norma, infine, si approfondiranno tre case studies: il caso Xxxxxxx, il caso Xxxxxxxxx ed il caso De Sanctis, nei quali si è fatto appello proprio all’art.17 del Regolamento Fifa per sciogliere i rapporti contrattuali tra i calciatori citati e le proprie società calcistiche d’ appartenenza.
1) FONTI DEL DIRITTO SPORTIVO
1.1 Fonti Costituzionali
L’ attività calcistica è una attività principalmente lavorativa e quindi si andranno ad applicare norme e principi in materia di lavoro.
I principi fondamentali della Costituzione che si andranno ad applicare sono quelli sanciti dall’ art.2: che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità; quelli sanciti dall’ art.3 1ovvero di uguaglianza formale e sostanziale. È da citare poi l’art.4 che al comma 1 stabilisce il diritto al lavoro di ogni individuo, sancendo altresì l’obbligo per lo Stato
di promuovere le condizioni che rendano effettivo tale diritto mentre al comma 2 postula il dovere di ogni cittadino di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale e
spirituale della società. In particolare troveranno applicazione l’articolo 35 che, dopo aver sancito il compito dello Stato di tutelare il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni, stabilisce che Xxxx avrà anche l’onere fondamentale di “curare la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori”; l’articolo 36 2 che, nei suoi 3 commi, afferma il diritto di ogni lavoratore a percepire una retribuzione , riserva alla legge il compito di determinare la durata massima della giornata lavorativa e riconosce il diritto inderogabile di ogni lavoratore al riposo settimanale e alle ferie; l’articolo 37 3 che tutela il lavoro delle donne e dei minori5; l’articolo 38 che riconosce a ogni lavoratore il diritto ad adeguate forme di previdenza ed assistenza sociale; gli articoli 39 4 e 40 che riconoscono i principi di libertà sindacale e di contrattazione collettiva, nonché il diritto di sciopero.
1) L’articolo 3 della Costituzione sancisce che:
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
2) L’art. 36 al comma 1 afferma che “Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.
3) L’articolo 37 della Costituzione stabilisce espressamente che:
“La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.
La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.
La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione”.
4) L’articolo 39 stabilisce al suo primo comma in particolare che “L’organizzazione sindacale è libera”; l’articolo 40 invece che “Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano”.
1.2 Le fonti legislative.
Il rapporto di lavoro del calciatore professionista
trova la sua specifica disciplina all’interno della legge 23 marzo 1981, n. 91, così come aggiornata dalla legge 586 del 18 novembre 1996, nonché,
laddove non incompatibili o espressamente escluse, in tutte le altre norme dettate per il lavoro subordinato in generale 5. L’interprete è chiamato, pertanto, a un’attenta opera di raccordo della disciplina speciale con quella generale, che tenga conto della specialità del rapporto di lavoro disciplinato ma che, nello stesso tempo, consenta di inserire in modo adeguato il provvedimento legislativo nel contesto dell’ordinamento statale, considerato anche nella sua dinamica evolutiva.
La legge 91/81 – della quale si tratterà ampiamente nello specifico capitolo a essa dedicato – costituisce la normativa quadro di riferimento per tutte le discipline sportive che prevedono un settore d’attività regolamentato in forma professionistica, dettando una serie di principi generali in tema di rapporti tra società sportive e atleti professionisti, segnatamente alla forma, alla durata e alla cessione del contratto di lavoro tra le parti, in materia di premi di addestramento e formazione tecnica, nonché in tema di risoluzione delle controversie.
6 Il sito internet dell’Associazione Italiana Calciatori riporta: “Il 4 marzo 1981 rimarrà sicuramente una data storica per il mondo sportivo professionistico, per i calciatori in maniera particolare: il Senato approvava infatti una legge (che secondo l’ordine progressivo sarà la n. 91) che regolava finalmente i rapporti tra società e sportivi professionisti. […]
La legge è stata una conquista determinante per la categoria dei calciatori: lo sport professionistico, calcio in primis, si trovava ad avere finalmente delle certezze giuridiche, delle tutele ben precise. […] Ovviamente la legge 91 è stata la base di partenza per molte conquiste che l’A.I.C. è riuscita a ottenere negli anni: con la nuova normativa il calciatore da quel momento diventava infatti
lavoratore subordinato, le cui prestazioni a titolo oneroso costituivano oggetto di contratto di lavoro subordinato. Venivano introdotte la tutela sanitaria,
l’indennità di preparazione e promozione, le assicurazioni infortuni, il trattamento pensionistico, e soprattutto veniva abolito il vincolo sportivo, che
fino a quel momento aveva fatto del calciatore un’autentica merce di scambio”9.
L’art. 1 della Legge del 21 Marzo del 1981 sul Professionismo Sportivo statuisce testualmente che “L’esercizio dell’attività sportiva, sia essa svolta in forma individuale o collettiva, sia in forma professionistica o dilettantistica, è libero”: tale disposizione rappresenta un limite sia per le eventuali intromissioni dell’ordinamento sportivo propriamente detto (che si traducono in ostacoli all’esercizio di dette attività da parte di chiunque, in forma singola o associata), sia nei confronti dello stesso ordinamento generale, il quale non può introdurre normative che prevedano impedimenti non consentiti.
5) L’applicabilità delle norme sul lavoro subordinato è dovuto - come si vedrà nel Capitolo II - al riconoscimento, da parte dell’articolo 3 della legge 91/81, della natura subordinata del rapporto di lavoro che lega il calciatore alla società sportiva. Si vedrà altresì che, ai sensi dell’articolo 4 della legge 91/81, non saranno però applicabili al rapporto di lavoro sportivo professionistico, la totalità delle norme valide per qualsiasi
rapporto di lavoro subordinato ordinario
1.3 FONTI REGOLAMENTARI: A) Il Regolamento Fifa sullo status e sui trasferimenti dei calciatori
Il Regolamento F.I.F.A. sullo status e i trasferimenti dei calciatori è stato per la prima volta emanato dal Comitato Esecutivo della F.I.F.A.
svoltosi a Buenos Aires e Zurigo il 7 luglio del 2001, in conformità con quanto previsto dall’articolo 61 dello Statuto F.I.F.A., il quale concede espressamente a tale organo la facoltà d’emanare un apposito regolamento per la disciplina dello status e il trasferimento internazionale dei calciatori. Nella sua versione originaria, il
Regolamento non faceva altro che recepire all’interno dell’ordinamento del giuoco calcio il precedente Accordo di Bruxelles, stipulato il 5 marzo 2001 tra l’Unione Europea e la F.I.F.A.10 avente a oggetto, principalmente, la modifica delle normative della F.I.F.A. allora vigenti in materia di trasferimenti internazionali dei calciatori. 7 Con questo
Accordo in particolare l’U.E. obbligava la F.I.F.A. ad attuare all’interno della propria normativa una serie di principi vincolanti relativi alla previsione di un sistema di disciplina dei seguenti aspetti:
· protezione dei minori;
· indennizzi per la formazione di giovani calciatori;
· mantenimento della stabilità contrattuale nel calcio;
· meccanismo di solidarietà;
· periodi di trasferimento;
· inadempimento da parte dei calciatori ai propri doveri
7) Si tratta di un “gentlemen Agreement” tra la F.I.F.A. e l’U.E.
Con esso le parti posero fine al procedimento d’infrazione che l’U.E. aveva avviato in data 14 dicembre 1998 e che aveva ad oggetto il sistema dei trasferimenti dei giocatori: nella specie si criticava la circolare n. 616 adottata dalla F.I.F.A. il 4 giugno 1997 limitatamente alle parti in cui vietava ai giocatori di risolvere unilateralmente il contratto li lega alla società di calcio nonché in relazione alle
indennità di trasferimento di giocatori che la F.I.F.A. prevedeva nella sua normativa.
B) Le N.O.I.F.
Le Norme Organizzative Interne costituiscono invece una normativa regolamentare emanata dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio per disciplinare alcuni aspetti di carattere specifico quali l’organizzazione, la struttura e l’attività della Federazione, il tesseramento e il trasferimento dei calciatori, sia professionisti che dilettanti, la
costituzione e la cessazione del rapporto di lavoro tra atleta e società, il trattamento economico delle parti dello stesso. Esse sono emanate in particolare dal Consiglio Federale: quest’ultimo risulta essere infatti, in attuazione del disposto dell’articolo 27 comma 1 dello Statuto, l’organo normativo, d’amministrazione e d’indirizzo generale della F.I.G.C. 8
Le N.O.I.F. quale fonte regolamentare di origine interna, si applicano in genere ai soggetti che sottostanno all’ordinamento giuridico del giuoco calcio, ossia ai calciatori, alle società, agli allenatori, ai direttori sportivi, agli arbitri. Il problema che eventualmente si pone circa l’ambito
soggettivo d’applicazione delle N.O.I.F. è quello di stabilire se esse abbiano una rilevanza soltanto interna all’ordinamento sportivo o se abbiano rilevanza anche per l’ordinamento generale. Al riguardo si è sostenuta la sindacabilità, da parte del giudice statale, della normativa interna federale laddove essa abbia una rilevanza non meramente
interna all’ordinamento, ma anche esterna ad esso (ovvero nell’ambito dell’ordinamento statale), limitando i diritti fondamentali di soggetti che oltre a far parte dell’ordinamento sportivo, fanno anche parte dell’ordinamento statale: tale è ad esempio il caso di quelle norme federali che escludano o limitino la possibilità di tesseramento o di utilizzazione di giocatori stranieri (comunitari o extracomunitari), in tal modo discriminando sostanzialmente i giocatori di nazionalità estera rispetto invece a quelli che sono cittadini dello Stato in cui opera la Federazione.
8) L’articolo 27 comma 1 dello Statuto afferma espressamente che il Consiglio Federale, salve le funzioni attribuite all’Assemblea, è l’organo normativo, d’indirizzo e d’amministrazione della F.I.G.C. Oltre alle
N.O.I.F. emanerà anche il Codice di Giustizia Sportiva e la normativa antidoping.
1.4 ACCORDO COLLETTIVO PER I CALCIATORI
La principale fonte normativa del rapporto di lavoro oggetto della nostra trattazione è costituita da una norma di carattere negoziale, l’Accordo Collettivo stipulato tra la
F.I.G.C. ed i calciatori e le società professionistiche per mezzo dei loro rappresentanti. L’ordinamento giuridico del giuoco calcio presenta attualmente 2
Accordi Collettivi, l’uno valido per i calciatori professionisti tesserati per società militanti nei campionati di Serie A e B, l’altro valido per i calciatori di Prima e Seconda Divisione. 9
L’Accordo Collettivo per i calciatori di Serie A e B è stato sottoscritto il 4 ottobre 2005 dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio, dalla Lega Nazionale Professionisti
(L.N.P., sindacato rappresentativo delle società di calcio professionistiche) e dall’Associazione Italiana Calciatori (A.I.C.,
sindacato dei calciatori) e va a sostituire il precedente testo del 1989, che, scaduto nel 199221, aveva sin a quel momento operato solo in regime di prorogatio, ovvero attraverso un tacito rinnovo ogni tre anni.
L’Accordo Collettivo valido per gli altri calciatori professionisti, ossia per quelli tesserati con società affiliate alla Lega Pro, è invece ancora quello del ‘92 dal momento che all’accordo del 2005 tale lega non è intervenuta quale parte firmataria del nuovo accordo.
L’impianto del vecchio Accordo Collettivo è stato confermato dal nuovo Accordo che si è limitato a rivisitare quelle parti che non erano più adeguate alla realtà attuale.
Il principale obiettivo del nuovo Accordo Collettivo era quello di dare attuazione all’ art.4 della Legge del 23 marzo 1981, n. 91, in particolare nella parte in cui devolve alla contrattazione collettiva il compito di predisporre il contratto-tipo per la disciplina del rapporto di lavoro degli sportivi professionisti.
Il nucleo principale dell’accordo è costituito dalla disciplina del trattamento economico e normativo dei rapporti tra calciatori professionisti e società professionistiche. I punti fondamentali sono:
• Il contratto individuale di lavoro tra società e calciatore professionista
• I doveri della società nei confronti degli altri
• L’ inadempimento da parte della società dei propri doveri
• I doveri dei calciatori nei confronti della società presso la quale sono tesserati
• L’ inadempimento da parte dei calciatori ai propri doveri
L’ordinamento giuridico del giuoco calcio presenta attualmente 2
Accordi Collettivi, l’uno valido per i calciatori professionisti tesserati per società militanti nei campionati di Serie A e B, l’altro valido per i calciatori di Prima e Seconda Divisione20.
L’Accordo Collettivo per i calciatori di Serie A e B è stato sottoscritto il 4 ottobre 2005 dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio, dalla Lega Nazionale Professionisti
(L.N.P., sindacato rappresentativo delle società di calcio
professionistiche) e dall’Associazione Italiana Calciatori (A.I.C., sindacato dei calciatori) e va a sostituire il precedente testo del 1989, che, scaduto nel 199221, aveva sin a quel momento operato solo in regime di prorogatio, ovvero attraverso un tacito rinnovo ogni tre anni.
L’Accordo Collettivo valido per gli altri calciatori professionisti, ossia per quelli tesserati con società affiliate alla Lega Pro, è invece ancora quello del ‘92 dal momento che all’accordo del 2005 tale lega non è intervenuta quale parte firmataria del nuovo accordo.
L’impianto del vecchio Accordo Collettivo è stato confermato dal nuovo Accordo che si è limitato a rivisitare quelle parti che non erano più adeguate alla realtà attuale. 11)
9) L’ Accordo Collettivo per i calciatori di Serie A e B e l’ Accordo Collettivo per i calciatori di Lega Pro si
trovano sul sito xxx.xxxxxxxxxxxxxx.xx .
10) Quando si sottoscrisse tale Accordo si stabilì che esso sarebbe dovuto rimanere in vigore per 3 anni, a partire dal 1 luglio 1989
11) Il nuovo accordo collettivo, per i calciatori di serie A e B, è stato firmato il 4 ottobre 2005 tra la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), la Lega Nazionale Professionisti (LNP) e l'Associazione Italiana Calciatori (AIC), con effetti
retroattivi dal 1 luglio 2005 sino al 30 giugno 2006. Il precedente accordo, a seguito della disdetta delle parti interessate (FIGC e LNP), era scaduto nel 1992 e da allora aveva operato soltanto in regime di prorogatio, cioè mediante un tacito rinnovo ogni tre anni.
Peraltro, tra le parti firmatarie non è presente la Lega si serie C e, pertanto, ai calciatori tesserati con le società ad essa affiliate si continuerà ad applicare lo status normativo precedente.
L'Accordo Collettivo, nella sua nuova versione, ha conservato sostanzialmente l'impianto precedente, anche se su alcuni punti sono state apportate delle modifiche.
Il riferimento all'efficacia retroattiva non comporta particolari difficoltà interpretative o di carattere applicativo. L'efficacia retroattiva dei contratti collettivi di lavoro, pacificamente ammessa in dottrina (X. Xxxxxxxxx, diritto sindacale, Giappichelli editore, Torino, 2005, p.138), vale a rendere applicabili a beneficio dei lavoratori solo e soltanto gli aspetti migliorativi del nuovo accordo, mentre le eventuali clausole peggiorative incontrano il limite dell'intangibilità dei diritti quesiti, cioè di quei diritti maturati dal lavoratore nell'arco temporale che va dalla data di decorrenza retroattiva sino
al momento della stipula del nuovo contratto.
In considerazione dell'abrogazione dell'accordo previgente, l'art. 24, 2° comma del nuovo Accordo Collettivo fa salvi i contratti, I patti e gli accordi precedentemente stipulati, a condizione che siano stati redatti e depositati prima dell'entrata in vigore dell'Accordo Collettivo.
2) L’ Ordinamento Sportivo
2.1 L’ ORDINAMENTO SPORTIVO INTERNAZIONALE
L’ ordinamento sportivo internazionale è caratterizzato da un ordine gerarchico, rigido, chiuso, è costituito da una serie di strutture a piramide che si possono suddividere in diverse tipologie: vi è la tipologia delle “organizzazioni semplici”, cioè costituite da individui, come , ad esempio, il C.I.O. e quella delle “organizzazioni composte”, formate invece da associazioni di individui con una vera e propria struttura di federazioni al suo interno, come le Federazioni Sportive Internazionali.
2.2 Il C.I.O
Un ruolo di vertice nell’ambito sportivo internazionale è sicuramente ricoperto dal
C.I.O. (Comitato Olimpico Internazionale), creato nel 1894 dal barone Xxxxxx xx Xxxxxxxxx con il fine di riportare in auge sulla ribalta internazionale la manifestazione dei Giochi Olimpici, tipica dell’Era della Grecia Classica.
Il Comitato Olimpico è certamente una organizzazione sovranazionale non governativa; non ha personalità giuridica e non ha fini di lucro bensì l’intero mondo dello sport le riconosce una fondamentale rilevanza, in quanto rappresenta l’ente principale del movimento olimpico internazionale. 12
Tale rilevanza ha fatto sì che il C.I.O. venga considerato a livello mondiale come un’entità quasi identica ad un soggetto di diritto internazionale, sia per il suo potere di negoziare accordi riguardanti l’organizzazione delle Olimpiadi con i singoli Stati sia perché è in grado di svolgere funzioni di tipo amministrativo e giurisdizionale legate a tutte le attività sportive comprese nei Giochi Olimpici.
Allo stesso tempo il C.I.O. svolge un’attività economica in relazione allo svolgimento dell’attività sportiva, come riconosciuto dalla Corte di Giustizia Europea, e quindi possiede tutte le caratteristiche e le peculiarità di una vera e propria impresa, a prescindere dal fatto che non eserciti fini di lucro e che i profitti derivanti dallo
sfruttamento dei diritti connessi allo svolgimento dei Giochi siano impiegati ai fini dello sviluppo ulteriore del movimento olimpico internazionale.
È opportuno, ora, analizzare quali sono le funzioni svolte dal Comitato Olimpico: in primis va menzionata l’organizzazione dei Giochi Olimpici, poi, sicuramente, il sovraintendere al loro svolgimento, la vigilanza affinché vengano osservati i principi fondamentali formulati nella Carta Olimpica, lo statuto dell’Ordinamento sportivo
internazionale e il far rispettare le “Regole Olimpiche”, corpus di norme contenenti le regole sportive internazionali.
Il C.I.O. è composto quindi dalle Federazioni Sportive Internazionali, dai Comitati Olimpici Nazionali, come il C.O.N.I. per l’Italia, e dalle rispettive Federazione sportive Nazionali per ogni disciplina considerata olimpica.
Ogni Stato che mette a disposizione i propri atleti per le Olimpiadi ha un Comitato Nazionale Olimpico, riconosciuto unilateralmente dal C.I.O., che provvede alla selezione dei propri atleti per la partecipazione ai Giochi Olimpici; si può dire quindi che esiste un vincolo associativo tra i singoli C.N.O. nazionali ed il Comitato Olimpico Internazionale.
Il C.I.O. ha forti poteri di controllo sui singoli C.N.O., ne disciplina e approva Statuti e Regolamenti e vigila sul rispetto da parte dei singoli Comitati dei requisiti stabiliti dalla Carta Olimpica, in mancanza dei quali i Comitati non potranno selezionare ed inviare i propri atleti ai Giochi Olimpici che si svolgono ogni 4 anni.
Altra importante competenza che spetta al Comitato Olimpico Internazionale è quella di essere arbitro di tutte le controversie relative alle Olimpiadi, legittimato a giudicare ogni singolo aspetto in ultima istanza e ad irrogare sanzioni nei confronti di chiunque, siano esse sospensioni, radiazioni, esclusioni o squalifiche.
Accanto al Comitato Olimpico Internazionale, posto al vertice della gerarchia dell’ Ordinamento Sportivo, come si è già visto, si trovano le varie Federazioni Sportive Internazionali (F.S.I.), organizzazioni non governative prive di personalità giuridica all’ interno dell’ Ordinamento statale in cui si trovano e che hanno una struttura interna tendenzialmente organizzata in un organo d’assemblea che ha carattere di rappresentanza, che comprende ogni singolo membro e detiene tutti i poteri, in particolare quello di emettere le norme e quindi di approvare e modificare gli Statuti e i Regolamenti di ogni singola federazione, in un organo rappresentativo meno numeroso che svolge l’ azione esecutiva e in un organo amministrativo che si occupa del funzionamento burocratico dell’ organizzazione.
Le F.S.I. hanno il compito principale di incoraggiare e promuovere la pratica dello sport cui fan riferimento, di organizzare le competizioni internazionali in quella disciplina sportiva e di stabilire le regole di base in ambito sportivo cui tutte le singole Federazioni Nazionali affiliate hanno l’obbligo di attenersi.
Le Federazioni Sportive Internazionali sono gli unici organismi che il C.I.O. riconosce come rappresentanti dei singoli Sport a livello mondiale e pertanto svolgono un ruolo imprescindibile di controllo, amministrazione e vigilanza delle varie discipline sportive a livello internazionale, nazionale e locale mediante l’attività portata avanti dagli organi che agiscono sia a livello centrale di tali federazioni sia a livello decentrato.
In ambito calcistico, ad esempio, troviamo al vertice della piramide gerarchica la
F.I.F.A. che opera a livello intercontinentale, poi, più in basso, troviamo le Confederazioni dei vari continenti, come l’Uefa, la Concacaf o la Conmebol, all’ interno delle quali rientrano le varie federazioni dei vari Stati e, infine, proprio le Federazioni
Calcistiche Nazionali, come ad esempio la F.I.G.C. in Italia.
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12) Con tale definizione si intendono quegli enti che non sono frutto di un accordo stipulato tra Singoli Stati ma che sono caratterizzati in ogni caso da una organizzazione ed un ordinamento conforme al diritto dei singolo Stato.
Essi si sviluppano a livello internazionale e sono costituiti da individui indipendenti e autonomi rispetto al proprio Stato d’ appartenenza che non sono accomunati da un fine di lucro
2.3 LA F.I.F.A.
La F.I.F.A., acronimo di “Federation Internazionale de Football Associaton “è la Federazione Internazionale al vertice dell’Ordinamento Calcistico Mondiale-
Si tratta di un’associazione di diritto privato avente personalità giuridica ai sensi dell’art.60 del Codice Civile Svizzero ed avente sede a Zurigo, in Svizzera.
I principali obiettivi che si propone la Fifa sono la promozione e la diffusione del gioco del Calcio a livello mondiale, la pianificazione e l’organizzazione delle manifestazioni calcistiche internazionali, la più importante delle quali è sicuramente il Mondiale, la redazione di Statuti e Regolamenti interni, l’ emissione di provvedimenti e sanzioni in ambito calcistico, il controllo dell’ uniformità delle regole calcistiche, la promozione delle relazioni internazionali tra le Varie Federazioni nazionali dello stesso Continente e la vigilanza su ogni forma di abuso o di non rispetto dei principi promossi dal proprio regolamento, in particolar modo su ogni tipo di discriminazione per motivi politici, etnici, razziali o religiosi.
La F.I.F.A. è caratterizzata da una struttura interna molto articolata, costituita da vari organi ognuno dei quali competente per determinate materie.
Al vertice della struttura organizzativa della massima Federazione Calcistica internazionale troviamo il Congresso, supremo organo legislativo e regolamentare, composto da un nutrito numero di delegati delle varie Federazioni affiliate.
I compiti principali del Congresso sono l’emanazione dei provvedimenti relativi all’affiliazione delle nuove Federazioni alla F.I.F.A., l’elezione del Presidente, l’approvazione delle modifiche e delle innovazioni allo Statuto ed ai Regolamenti e l’approvazione del bilancio della F.I.F.A.
Le decisioni effettuate dal Congresso sono tendenzialmente prese a maggioranza semplice con voto palese, quelle, invece, inerenti alle modifiche dello Statuto F.I.F.A.,
all’ emanazione di provvedimenti sulla revoca dell’affiliazione alle singole Federazioni e alle elezioni sono invece prese a maggioranza assoluta dei presenti, previo voto favorevole di almeno i tre quarti dei votanti.
Ogni delibera del congresso entra in vigore a partire dal sessantunesimo giorno dalla chiusura del Congresso stesso.
Un altro organo molto importante della F.I.F.A. è poi, senz’altro, il Comitato Esecutivo, composto da 25 membri, tra cui il Presidente Fifa, e dotato del potere esecutivo mediante il quale nomina i membri delle Commissioni permanenti e degli Organi di giustizia, redige i regolamenti per l’organizzazione delle Commissioni permanenti e di quelle ad hoc ed organizza le competizioni internazionali della F.I.F.A.
La figura più rappresentativa di tale organo è indubbiamente il Presidente che, oltre a rappresentare la F.I.F.A. in sede legale, ha il compito di attuare le delibere approvate dal Congresso e dal Comitato Esecutivo, sovrintende l’ operato della Segreteria Generale che svolge tutte le incombenze amministrative, gestionali e contabili, cura i rapporti tra la F.I.F.A. e le varie Confederazioni e Federazioni Nazionali e mantiene le relazione internazionali tra la F.I.F.A. e gli altri organismi internazionali.
Un ruolo molto importante all’ interno di tale Federazione Internazionale è svolto dalle già citate Commissioni Permanenti e da quelle ad hoc: esse solitamente forniscono consulenza ed assistenza al Comitato Esecutivo nelle attività cui è tenuto a svolgere, ognuna di esse ha un ramo specifico di competenza, le più famose in ambito calcistico sono certamente la Commissione per lo Status dei Calciatori,13 quella di Consulenza televisiva e marketing ed il Comitato Organizzatore per la Coppa del Mondo F.I.F.A.
L’organigramma F.I.F.A. poi è altresì costituito dai vari organi sportivi giudicanti tra i quali la Commissione Disciplinare, che svolge la funzione di irrogare sanzioni come sospensioni, espulsioni, esclusioni da attività calcistiche, ammende o semplici ammonizioni a tutti gli affiliati delle varie Federazioni Calcistiche; la Commissione Etica, i cui compiti sono disciplinati dal Codice Etico della F.I.F.A., che verifica di volta l’ integrità, l’autonomia e l’indipendenza dei membri appartenenti alla Commissione Audit e Compliance 14 e la Commissione d’ Appello, responsabile della valutazione di tutti i casi presentati in appello avverso le decisioni adottate dalla Commissione Disciplinare
F.I.F.A. e da quella per lo Status dei Calciatori.
Le decisioni emesse dalla Commissione d’ Appello sono vincolanti tra tutte le parti interessate e sono irrevocabili, fatta salva solo la possibilità di adire il T.A.S. di Losanna che rappresenta in tutto il mondo sportivo l’ultimo grado di giudizio.
13)Il Comitato Organizzatore per la Coppa del Mondo F.I.F.A. ha il compito principale di organizzare i Mondiali di Calcio in accordo con i Regolamenti disposti per tale Competizione.
La Commissione per lo Status dei calciatori, al contrario, dispone le previsioni proprie del Regolamento, vigila e controlla sul rispetto di esso .
Le competenze tipiche della Commissione vengono determinate dal Regolamento F.I.F.A. sullo Status e sui Trasferimenti dei calciatori.
14)La Commissione Audit e Compliance svolge il compito fondamentale di controllo e vigilanza sui bilanci d’
esercizio e sui bilanci consolidati dell’ Organizzazione.
2.4 LO STATUTO FIFA
Dopo aver esaminato tutte le istituzioni che compongono l’organigramma F.I.F.A. è opportuno illustrare lo Statuto F.I.F.A., la “costituzione” della Federazione Calcistica Internazionale, al rispetto del quale tutti gli organi e le federazioni affiliate sono tenute. Lo Statuto F.I.F.A. è costituito da un insieme di normative che vanno a disciplinare e a regolamentare ogni aspetto dell’attività della Federazione.
L’ ultima versione dello Statuto è stata approvata nel Congresso del maggio 2013 ed è entrata in vigore nel luglio 2013.
Il primo capo, rubricato “Disposizioni Generali”, sancisce gli scopi che la F.I.F.A. si prefigge mediante lo stesso Statuto, il capo II, invece, rubricato “Ammissione” ribadisce tutte le norme necessarie a disciplinare lo status di affiliato F.I.F.A. da parte delle varie Federazioni Nazionali.
L’ art. 26 poi riveste una particolare importanza all’ interno dello Statuto F.I.F.A., il comma 1 di tale norma afferma, infatti, che:” È demandata al Congresso la responsabilità di apportare variazioni allo Statuto, al Regolamento a disciplina dell’applicazione dello Statuto e al Regolamento interno del Congresso”.
Un’ attenzione particolare è necessario rivolgerla poi alla disciplina prevista dallo Statuto relativa alle regole di affiliazione delle Federazioni Nazionali all’ Ordinamento F.I.F.A.
L’ affiliazione è regolata dagli articoli che vanno dall’8 al 20 del Titolo II dello Statuto
F.I.F.A. rubricato “Ammissione” che esplicano qual è l’iter di affiliazione alla F.I.F.A. e disciplinano l’acquisizione, la sospensione e la perdita definitiva dello status di membro F.I.F.A.
La F.I.F.A. riconosce soltanto gli ordinamenti calcistici nazionali che ad essa si conformano mediante la procedura di affiliazione; se una Federazione Nazionale non si conforma alle “direttive” ed ai regolamenti F.I.F.A., la stessa può disconoscerla mediante la procedura di revoca dell’ affiliazione o nei casi più gravi può espellerla dall’ ordinamento calcistico internazionale, vietando la partecipazione delle sue rappresentative nazionali o dei suoi club alle competizioni calcistiche internazionali .
Ogni Federazione Nazionale per potersi affiliare alla F.I.F.A. deve inviare una richiesta formulata alla Segreteria Generale a Zurigo corredata del proprio Statuto avente valore legale in cui si impegna ad uniformarsi sempre allo Statuto, ai Regolamenti e alle Decisioni della F.I.F.A. e delle Confederazioni di appartenenza e ad uniformarsi alle regole calcistiche emanate dalla F.I.F.A e in quel momento in vigore e corredata di una dichiarazione scritta con la quale si impegna a riconoscere il T.A.S. di Losanna come
giudice di ultimo grado delle possibili controversie.
L’ aspirante Federazione affiliata inoltre deve rispettare il requisito indispensabile di essere da almeno 2 anni membro provvisorio della rispettiva Confederazione Continentale.
In caso di esito positivo della valutazione di tutti i requisiti che deve soddisfare la richiesta di affiliazione, il Congresso emana il provvedimento di affiliazione tramite il quale la nuova Federazione affiliata acquisisce numerosi diritti nell’ambito dell’ordinamento sportivo internazionale, tra cui il diritto di partecipare al Congresso, il diritto a nominare i candidati alla Presidenza F.I.F.A. e a partecipare a gare e competizioni calcistiche internazionali.
L’ affiliazione però comporta anche una serie di doveri e obblighi in capo alle Federazioni nazionali tra cui l’obbligo di osservare lo Statuto e gli altri Regolamenti della F.I.F.A., di rispettare le decisioni del T.A.S. di Losanna e di versare nelle casse della F.I.F.A. il proprio contributo di affiliazione.
Nel caso in cui tali obblighi vengano violati da parte delle Federazioni affiliate, il Congresso F.I.F.A. ha la facoltà di irrogare sanzioni drastiche come la sospensione o l’ espulsione, la prima comporta la perdita dei diritti legati all’affiliazione mentre la seconda ha come conseguenza la perdita dello status di Federazione rappresentativa dell’ Associazione calcistica del proprio paese e viene irrogata nei casi più gravi come l’inadempimento degli obblighi economici imposti da parte della Federazione o il mancato rispetto dello Statuto, dei Regolamenti, delle Decisioni o del Codice Etico della F.I.F.A.
Una Federazione nazionale però può anche legittimamente rinunciare all’ affiliazione alla F.I.F.A. mediante il cd. avviso di rinuncia presso la Segreteria Generale, a patto sempre che abbia soddisfatto gli oneri economici pendenti nei confronti della Federazione Calcistica Internazionale.
È curioso osservare poi come, in ambito calcistico, esistano anche altre Federazioni calcistiche che non sottostanno all’ ordinamento F.I.F.A. bensì rientrano a far parte di quello che vien chiamato il “Non F.I.F.A.- Football “.
Tale ordinamento raccoglie in sé tutte quelle nazionali che non fanno parte della Federazione mondiale calcistica di riferimento, come ad esempio nazionali affiliate solo al proprio Confederazioni continentali e non alla F.I.F.A., stati non riconosciuti, regioni autonome, isole, colonie o città-stato che hanno un riconoscimento internazionale quasi pari allo zero.
È capitato in passato che alcune di queste rappresentative Nazionali abbiano via via formato delle associazioni autonome, un caso paradigmatico è quello del New Federations Board, costituito per organizzare tornei calcistici internazionali tra i suoi membri, nell’ ambito di un progetto che si sviluppa in parallelo con la F.I.F.A. col fine di realizzare finalmente l’affiliazione delle Singole Federazioni non riconosciute alla Federazione calcistica di riferimento mondiale.
2.5 L’ UEFA
L’ art. 20 dello Statuto F.I.F.A. prevede le Confederazioni continentali, associazioni tra Federazioni Nazionali dello stesso continente.
Esso riconosce 6 aree alle quali spetta l’organizzazione e la supervisione dell’attività sportiva: la (Conmebol), Confederation Sudamericana de Futbol, la (A.F.C.), Asian Football Confederation, la (UEFA), Union of European Football Association, la (C.O.N.C.A.C.A.F.), Confederation of North, Central American and Caribbean Football e l’(O.F.C.), Oceania Football Association.
La loro principale funzione è quella di organizzare le competizioni continentali calcistiche come il Campionato Europeo, per le squadre nazionali, l’Europeo Under 21 o Under 19 per le selezioni giovanili o la Champions League e l’Europa League per i club professionistici europei.
Le Confederazioni continentali rivestono inoltre anche un ruolo politico dal momento che esse eleggono i Vice Presidenti ed i membri del Comitato Esecutivo F.I.F.A. e istituiscono comitati che collaborano con gli organi della Federazione Internazionale. La U.E.F.A. (Union of European Football Association) è l’organo al vertice del calcio europeo.
L’ U.E.F.A. nasce nel 1956 su impulso delle Federazioni nazionali di Francia, Belgio e Italia, ha sede a Nyon, in Svizzera ed ha personalità giuridica, essendo una società iscritta nel registro delle imprese elvetico.
Come già accennato in precedenza, il compito principale svolto dall’ U.E.F.A. è quello di organizzare le competizioni continentali europee, sia per le rappresentative nazionali sia per i club professionistici.
Le istituzioni che compongono l’organigramma U.E.F.A. sono il Congresso, il Comitato Esecutivo U.E.F.A., il Presidente U.E.F.A. e il panel di emergenza U.E.F.A. mentre gli organi di giustizia sportivi sono rappresentati dall’ organo disciplinare U.E.F.A. e dal Consiglio Strategico Calcio Professionistico (P.E.S.C.). 15
Il Congresso è l’organo più importante di controllo della Federazione Continentale. Esso si tiene una volta all’ anno e vede la partecipazione dei rappresentanti delle 54 Federazioni affiliate.
I compiti principali svolti dal Congresso sono quelli di eleggere il Presidente U.E.F.A., di eleggere i membri del Comitato Esecutivo e i rappresentanti europei del Comitato
Esecutivo F.I.F.A. e di esaminare le richieste di affiliazione o, al contrario, determinare la sospensione o l’esclusione delle associazioni affiliate.
Il Comitato Esecutivo U.E.F.A., invece, come il Comitato esecutivo F.I.F.A., svolge principalmente la funzione esecutiva all’ interno della Confederazione continentale.
Esso è composto dal Presidente dell’U.E.F.A. e da altri 15 membri che vengono eletti dal Congresso U.E.F.A.
Esso ha il compito principale di adottare regole e decisioni su tutte le questioni al di fuori della giurisdizione legale o regolamentare del Congresso U.E.F.A. oltre allo svolgimento di tutte attività burocratiche e amministrative.
Il Comitato si riunisce ogni 2 mesi e viene convocato direttamente dal Presidente dell’Uefa, il quale viene eletto ogni 4 anni dalle Federazioni affiliate in occasione dell’annuale Congresso U.E.F.A. e presiede il Congresso U.E.F.A. oltre che il Comitato Esecutivo U.E.F.A.
È da menzionare, poi, anche il Panel di emergenza U.E.F.A., composto da 5 membri del Comitato Esecutivo e legittimato a prendere decisioni ed a vigilarne l’applicazione su tutta quella varietà di tematiche di autorità del Comitato Esecutivo U.E.F.A.
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15) Il P.E.S.C. ha il compito indispensabili di coordinare le attività dell’ Uefa, delle Leghe Nazionali Professionistiche, delle società sportive e delle associazioni di categoria dei calciatori, degli allenatori e dei direttori tecnico-sportivi al fine evidenziare le problematiche comuni al mondo del calcio, come ad esempio la promulgazione dei calendari delle manifestazione calcistiche europee e le regole proprie delle stesse, e di risolverle attraverso l’ adozione di provvedimenti specifici da parte dell’ U.E.F.A.
2.6 L’ ORDINAMENTO SPORTIVO ITALIANO
L’ Ordinamento sportivo italiano, invece, è composto da varie organizzazioni adibite allo svolgimento dell’attività sportiva strutturate in ordine gerarchico: al vertice vi è il C.O.N.I., poi le Federazioni Sportive Nazionali (F.S.N.) e infine le le varie Leghe.
2.7 IL C.O.N.I.
Il C.O.N.I. rappresenta il Comitato Olimpico Nazionale Italiano ed è un ente pubblico riconosciuto dal diritto ordinario volto a disciplinare le varie materie legate all’organizzazione, alla promozione e alla diffusione dell’attività sportiva su scala nazionale.
Tale ente è stato istituito nel 1942 con la Legge 16 febbraio 1942 n. 426, norma che negli anni è stata più volte aggiornata e modificata; innovazioni molto importanti si sono avuti con il D. Lgs. 23 luglio 1999 n. 242, rubricato “Riordino del Comitato Olimpico Nazionale Italiano”, conosciuto ai più come “Decreto Melandri”.
Il decreto in questione ha riordinato le finalità, l’organizzazione, la struttura del C.O.N.I. e ne ha ridefinito la sua collocazione all’ interno del governo dello Sport.
Il “Decreto Melandri” è stato poi modificato nuovamente dal D. Lgs 8 gennaio 2004, il cd. “Decreto Pescante”, ma in ogni caso va a rappresentare una svolta epocale nell’ evoluzione legislativa del C.O.N.I. all’ interno dell’Ordinamento giuridico italiano.
Il decreto Xxxxxxxx, infatti, ha fatto sì che il C.O.N.I. venisse riconosciuto dall’ ordinamento italiano come persona giuridica di diritto pubblico e che fosse inserito ufficialmente all’ interno dell’ordinamento sportivo internazionale.
Tale decreto, inoltre, ha riconosciuto ampia potestà statutaria e regolamentare al C.O.N.I., ha decretato in via ufficiale il suo conformarsi alle disposizioni previste dall’ Ordinamento Statale, da quello comunitario e da quello sportivo internazionale e ha qualificato in via definitiva le Federazioni Sportive Nazionali come persone giuridiche di diritto privato.
Le funzioni principali svolte dal C.O.N.I. sono state sancite proprio dallo Statuto
C.O.N.I. del 2004 e, in particolare, dall’ art. 1 comma 1 di tale Statuto che definisce il Comitato Olimpico Nazionale Italiano come un’autorità di disciplina, regolazione e gestione delle attività sportive. 16
L’ art. 2 e l’art. 3, invece, dello Statuto svolgono il compito di precisare gli obiettivi e le finalità dell’Ente, l’organizzazione delle attività sportive che lo coinvolgono a livello nazionale e di sancire i principi e i regolamenti utili a garantire il corretto svolgimento delle competizioni nazionali.
La struttura organizzativa interna del C.O.N.I., poi, si compone di diversi organi, alcuni collegiali come il Consiglio Nazionale, la Giunta Nazionale e il Collegio di Revisione dei Conti e altri, invece, monocratici, quali il Presidente dell’Ente ed il Segretario Generale. Il Consiglio Nazionale dell’Ente è il maggior organo rappresentativo e deliberativo del
C.O.N.I. ed ha la funzione di sancire i principi e le regole generali vincolanti per tutti i
soggetti dell’ordinamento sportivo nazionale, oltre che di coordinare tutta l’attività sportiva nazionale e quella delle Federazioni Sportive Nazionali.
La Giunta Nazionale, al contrario, svolge una funzione di indirizzo, vigilanza ed esecuzione dell’attività amministrativa del C.O.N.I con la quale definisce le finalità e gli obiettivi dell’ente e controlla che essi vengano adempiuti.
Il Collegio di Revisione dei Conti, infine, si occupa esclusivamente dell’attività contabile e finanziaria dell’Ente.
A livello di composizione, poi, è necessario evidenziare che sia nel Consiglio Nazionale che nella Giunta Nazionale, sono presenti sia i Presidenti delle Federazioni, membri di diritto, sia i vari rappresentanti degli atleti, tecnici e dirigenti sportivi, in qualità di membri elettivi.
Esaminando gli organi monocratici, poi, appare evidente come una grande importanza sia rivestita dal Presidente del C.O.N.I., il quale oltre a rappresentare l’Ente a livello nazionale, ha compiti di controllo e vigilanza sulle attuazioni delle delibere del Consiglio Nazionale e della Giunta e di stimolo all’ adozione di provvedimenti da parte della Giunta Nazionale.
Il Segretario Generale, invece, si occupa fondamentalmente della gestione amministrativa dell’Ente, dell’attuazione degli indirizzi e orientamenti previsti dalla Giunta e della redazione del bilancio annuale del C.O.N.I.
Nella gerarchia degli organi sportivi nazionali al di sotto del C.O.N.I. troviamo le Federazioni Sportive Nazionali, unici organismi legittimati ed autorizzati a rappresentare gli sport sul territorio nazionali.
Le Federazioni Sportive Nazionali hanno una natura giuridica mista, pubblicistica in quanto esercitano la loro attività sul territorio nazionale su delega del C.O.N.I. e privatistica in relazione alle loro attività autonome e specifiche portate avanti a prescindere dalla delega dell’Ente.
Esse sono assoggettate al controllo del C.O.N.I. sia nel momento in cui vengono costituite mediante il riconoscimento a fini sportivi, requisito indispensabile per l’ottenimento della personalità giuridica di diritto privato sia quando esplicano la loro attività; la Giunta Nazionale del C.O.N.I., infatti, ha il potere di controllare le Federazioni Sportive Nazionali, di approvare i bilanci e di determinare i contributi federali che spettano loro.
L’ art. 21 dello Statuto C.O.N.I., in particolare, stabilisce i requisiti che le Federazioni devono possedere per ottenere il riconoscimento tra cui lo svolgimento di un’attività sportiva agonistica a livello nazionale e l’affiliazione delle stesse ad una Federazione Internazionale espressamente riconosciuta dal C.I.O. 17
Le Federazioni, poi, hanno il potere di dettare le regole di ogni singola disciplina sportiva e di irrogare sanzioni o squalifiche nel caso in cui esse vengano violate.
Il C.O.N.I., inoltre, riconosce loro la competenza di legittimare le società che intendo esercitare un’attività sportiva, conferendo loro la qualità di società sportive all’ interno dell’ordinamento sportivo.
È opportuno, infine, illustrare le caratteristiche proprie delle Leghe, organismi associativi di ordine privatistico, che hanno assunto sempre più potere nell’ ordinamento sportivo italiano, in particolare in quello calcistico.
Le Leghe hanno la funzione di associare società sportive sia professionistiche che dilettantistiche ai fini dello svolgimento delle attività sportive agonistiche in ambito nazionale ed in ambito internazionale. Compito principale, inoltre, delle stesse è poi quello di organizzare i campionati, le coppe e tutte le altre manifestazioni sportive professionistiche, di realizzare i calendari delle stesse e di stabilire i requisiti ed i criteri
necessari per l’ iscrizione dei sodalizi sportivi alle proprie competizioni.
Esse sono perlopiù composte, infatti, da società sportive, già affiliate alla Federazione di riferimento, che hanno lo scopo principale di rappresentare le società nella predisposizione di contratti-tipo e nella stipulazione degli Accordi di Lavoro rilevanti per i singoli contratti degli atleti professionisti.
L’ art. 7 dello Statuto F.I.G.C., in particolare, stabilisce le previsioni secondo cui le società composte da atleti professionisti e che partecipano a campionati nazionali professionistici, costituiscono una o più associazioni la cui denominazione sociale deve obbligatoriamente contenere l’indicazione della Lega di riferimento.
Le società e le associazioni composte, al contrario, da atleti non professionisti e che partecipazioni a campionati o competizioni dilettantistiche formano un’associazione chiamata Lega Nazionale Dilettanti.
16) M.T. SPADAFORA, Diritto del lavoro sportivo, 2012
17) XXXXXXXXX X., “Ordinamento sportivo ed organizzazioni collettive: Federazioni, Leghe, Associazioni” , 2009
2.8 LA F.I.G.C. (Federazione Italiana Giuoco Calcio)
La F.I.G.C. (Federazione Italia Giuoco Calcio) rappresenta la federazione sportiva nazionale di riferimento in ambito calcistico.
L’art.1 dello Statuto F.I.G.C. definisce tale federazione come un’associazione riconosciuta di personalità giuridica di natura privatistica affiliata al Comitato Olimpico Nazionale Italiano che ha il fine di disciplinare, organizzare e promuovere l’attività calcistica e tutti i vari aspetti inerenti ad essa.
L’art 4, invece, ribadisce che la F.I.G.C. è l’unica federazione sportiva calcistica italiana riconosciuta sia dal C.O.N.I. che dall’ UEFA e dalla F.I.F.A. per l’organizzazione dell’attività calcistica in ambito nazionale, comunitario ed internazionale.
L’ art. 3 dello Statuto F.I.G.C., inoltre, evidenzia tutte le varie competenze e funzioni riconosciute a tale Federazione: in primis quella di curare le relazioni con tutte le altre federazioni calcistiche internazionali e nazionali degli altri stati appartenenti alla F.I.F.A., poi quelle di disciplinare e di organizzare l’attività tecnica, amministrativa ed
economica delle società calcistiche nazionali, di promuovere e tutelare i vivai e le squadre giovanili nazionali, di disciplinare l’apparato medico-sportivo, le procedure di affiliazione delle società e delle associazioni alla F.I.G.C. e quelle di tesseramento degli atleti.
La Federazione in questione, poi, ha il compito di determinare i criteri di iscrizione ai vari campionati nazionali e quelli di promozione e retrocessione e di regolare l’ambito della giustizia sportiva, con particolare riferimento al controllo sugli arbitri, sulle società e sui calciatori stessi.
3) LA LEGGE 23 MARZO 1981, N. 91: “NORME IN MATERIA DI RAPPORTI TRA SOCIETA’ E SPORTIVI PROFESSIONISTI”
Qualsiasi analisi giuridica del rapporto di lavoro tra un atleta professionista ed una società calcistica o sportiva in generale non può prescindere dall’ avere come riferimento la Legge 23 marzo 1981, n.91, rubricata “Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti”, quale aggiornata e modificata dalla Legge 18 novembre 1996, n.586.
In questo capitolo, quindi, si andrà ad analizzare tutti gli aspetti della disciplina statale che sono rilevanti ai fini della configurazione del rapporto di lavoro tra calciatore e società rispetto alle comuni tipologie lavorative.
3.1 Situazione antecedente all’emanazione della Legge Sportiva
Fino agli inizi degli Xxxx Xxxxxxx vi era una concezione del mondo sportivo ancora totalmente legata ad una dimensione ludico-ricreativa ed un conseguenziale disinteresse verso una regolamentazione dei suoi aspetti giuridici, economici e sociali. Il legislatore aveva posto la sua attenzione esclusivamente sugli aspetti organizzativi dello sport, con l’introduzione della Legge 426/192 18 lasciando al tempo stesso grandissima autonomia alle singole Federazioni Sportive Nazionali.
La normativa statale prevedeva che l’attività svolta dagli atleti nei confronti delle società sportive fosse disciplinata da norme regolamentari particolari emanate dalla Federazione competente secondo i principi dettati dalla rispettiva Federazione Internazionale.
In mancanza di una regolamentazione statale la dottrina e la giurisprudenza si fecero carico di prendere in considerazione e cercare di risolvere tutte le vicende e le problematiche di carattere giuridico che lo sport aveva manifestato giacché aveva ormai perso la sua connotazione ludica a favore di una struttura complessa con interesse economici sempre più forti che gravitavano intorno ad esso. Chiaramente il Calcio era lo sport più diffuso e praticato, quello nel quale circolava la più grande quantità di denaro e quindi l’attenzione degli studiosi del diritto, dei critici e dei giudici si concentrò soprattutto sulle vicende legate a questo mondo. Una delle prime questioni affrontate dagli studiosi fu l’ individuazione dei criteri da adottare per la distinzione tra sportivi dilettanti e sportivi professionisti.
19 La dottrina considerava troppo labile fino a quel momento la differenza tra dilettante e professionista; si distingueva solo tra il dilettante, visto come colui che praticava l’attività sportiva senza fine di lucro e il professionista,20 colui che faceva, invece, dello sport la sua unica attività, fonte di guadagno e sostentamento.
Un’altra questione affrontata fu la definizione dello status giuridico di atleta professionista: nel periodo antecedente alla legge del 1981, l’atleta acquisiva lo status di professionista nel momento in cui una società sportiva lo tesserava, previo riconoscimento e associazione al C.O.N.I. della stessa società. Il tesseramento comportava da un lato l’ ingresso ufficiale dell’ atleta nel mondo dello sport ma dall’ altro creava tra le parti un vincolo, il cosiddetto vincolo sportivo in base al quale la società aveva il diritto esclusivo di disporre delle prestazioni agonistiche del giocatore e di trasferirlo, anche senza il suo consenso, dietro il pagamento d’un
corrispettivo ad altra società interessata al suo cartellino.
L’ atleta non era più dunque il soggetto del rapporto sportivo ma diventava l’oggetto di esso, in quanto la società diventava proprietaria del suo cartellino ed arbitro assoluto del suo destino.
Questa limitazione della libertà contrattuale dell’atleta, privato di potere contrattuale e di diritto di recesso contrastava con i principi di libertà del lavoro ed i diritti fondamentali garantiti in tema di dignità della persona nel nostro ordinamento. 21 Il Calciatore, ad esempio, era sottoposto al vincolo sportivo a tempo indeterminato vedendo totalmente annullato il suo potere contrattuale dato che la società detentrice del cartellino era libera di decidere se e quando cedere il proprio giocatore mentre il calciatore non aveva alcuna voce in capitolo nella trattativa tra la propria società ed un’altra interessata al suo acquisto. Un calciatore che esprimeva il desiderio quindi di cambiare casacca non era in alcun modo libero di farlo perché magari il proprio presidente, in maniera del tutto discrezionale, faceva una richiesta economica troppo esosa per liberarne il cartellino e l’atleta diveniva prigioniero a tutti gli effetti del proprio sodalizio d’appartenenza.
18 Con la Legge 6 febbraio 1942, n°426 lo Stato riconobbe ufficialmente il C.O.N.I. come Ente dotato di personalità giuridica, predisposto alla cura, all’organizzazione e allo sviluppo dello sport nel nostro paese. Si ricorda
che la legge è stata recentemente abrogata dal D. Lgs.23 luglio 1999, n°242, che ha riformato la struttura organizzativa del C.O.N.I. (e delle Federazioni Sportive Nazionali) ma non ne ha mutato i compiti istituzionali
19 ” Prima dell’entrata in vigore della Legge 91/81 la dottrina distingueva nettamente tra atleti dilettanti e atleti professionisti, qualificando i primi come coloro indotti all’ attività agonistica non da scopi di lucro ma solo da scopi ricreativi e i secondi, invece, come coloro che sono indotti dall’ intento di trasformare quelle energie fisiche in fonte di reddito.” (Xxxxxxx, Dilettanti e Professionisti, Rivista di Diritto Sportivo, 1968, 368
20 X. Xxxxx, Dilettantismo e professionismo nello sport, in Rivista di Diritto. Sportivo, B 1955, 97;
21) X. Xxxxxxx, L’ordinamento giuridico del giuoco calcio, Istituto Editoriale Regioni Italiane S.r.l, 2004
3.2 L’ iter formativo della Legge 23 marzo 1981, n. 81.
L’emanazione della Legge 23 marzo 1981, n. 91 si colloca in un contesto storico molto frammentato e confuso, caratterizzato da continui cambiamenti di rotta della giurisprudenza e da numerosi dibattiti dottrinali sugli elementi fondanti il rapporto tra società sportiva e atleta.
Alla fine degli anni Settanta si avvertì l’esigenza di creare ad hoc una normativa speciale volta a soddisfare le esigenze sia degli addetti ai lavori del mondo sportivo sia degli operatori giuridici del diritto.
Il Casus belli che influenzò e determinò la scelta del legislatore di adottare una normativa il più precisa ed esaustiva possibile in relazione all’ ordinamento sportivo si verificò, come prevedibile, nel mondo del calcio e costituì, senza ombra di dubbio, la circostanza storica che portò alla realizzazione della cd. Legge Sportiva.
Siamo nel 1978 nel periodo estivo quando impazza il Calciomercato che il pretore di Milano Costagliola emana in via d’ urgenza un decreto con il quale inibisce lo svolgimento del Calciomercato estivo tra le società calcistiche appartenenti alla Lega Nazionale Professionisti. La pretura di Milano, infatti, aveva ricevuto un esposto da parte del presidente dell’A.I.C. Xxxxxxx, il quale si scagliava contro la figura del procuratore o dell’intermediario calcistico in quanto riteneva che sulla base della Legge 29 aprile 1949, n. 264, 22 essendo quello tra sportivi e club un rapporto di lavoro di tipo subordinato, si dovesse vietare l’intermediazione privata nel collocamento, come previsto per ogni tipo di rapporto di lavoro dipendente. L’ intento di salvare l’inizio del campionato di Serie A ormai alle porte fece si che il legislatore prendesse una posizione netta sull’ argomento ed emanasse un decreto legge in materia recante l’interpretazione autentica in materia di disciplina
giuridica dei rapporti tra enti sportivi e atleti iscritti alle Federazioni di categoria”. 23
Il Decreto era strutturato in due articoli: il primo sanciva che i rapporti tra Società o associazioni sportive e i propri atleti e tecnici dovevano necessariamente continuare ad essere tutelati e regolati dagli Statuti e dai Regolamenti delle Federazioni Sportive riconosciute dal C.O.N.I alle quali risultavano iscritti. Il secondo articolo, invece, prevedeva l’ introduzione di una legge specifica di disciplina organica che tutelasse gli interessi sociali, economici e professionali degli atleti, nel rispetto dell’ autonomia dell’ ordinamento sportivo.
Era una disciplina ancora confusa e frammentaria che lasciava molte questioni urgenti ancora irrisolte come la dubbia legittimità del vincolo sportivo, definito quale legame particolare in base al quale lo sportivo diventava di proprietà della società con il tesseramento, non avendo né potere né libertà contrattuale e tantomeno diritto di recesso.
Il Parlamento in sede di conversione del decreto legge 367/78 nella legge 430/78,
confermò la parte
dell’articolo 1 relativa all’inapplicabilità delle norme ordinarie sul collocamento ma abolì la parte di quella norma che faceva espresso rinvio alle norme federali. Sempre in tale sede poi, le Camere invitarono il Governo a prendere posizione, affinché presentasse un disegno di legge che disciplinasse le varie fattispecie di rapporti tra società sportive e atleti al fine di chiarire una volta per tutte quale fosse lo status di atleta professionista e quale fosse il rapporto che dovesse intercorrere tra sportivo e società. Il Consiglio dei Ministri, sentito il parere di tecnici del settore, presentò un disegno di legge rubricato come “ Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti” ma La proposta di legge apparve un estremo tentativo di compromesso poiché, mentre prevedeva l’abolizione graduale del vincolo e l’attrazione della disciplina dei rapporti tra società e sportivi nell’ordinamento giuridico dello Stato definiva la prestazione dell’atleta professionista, andando contro la dottrina e la giurisprudenza prevalenti, come prestazione di lavoro autonomo caratterizzata dalla collaborazione coordinata e continuativa tra le parti. 24
Al momento della votazione le due Camere si divisero nettamente: Il Senato, da una parte, varò il disegno di legge senza modifiche sostanziali al progetto di legge, la Camera dei Deputati, dall’ altro, ribaltò radicalmente l’impostazione della Legge e il rapporto di lavoro sportivo dell’atleta professionista venne
qualificato come subordinato, con la peculiarità però di caratteristiche specifiche legate al tipo di prestazione oggetto dello stesso, ma non tali da modificarne la natura del rapporto.25
Il testo venne quindi rielaborato dalla Camera, trasferito nuovamente al Senato e fu approvato in via definitiva nella seduta del 4 marzo 1981. Il testo, così come approvato, costituisce il contenuto dell’attuale legge 91/81, la cd. Legge Sportiva. 26
22) Il Pretore in particolare sostenne che: “Il contratto avente a oggetto il trasferimento di calciatori da una società calcistica a un’altra dietro il pagamento da parte della società cessionaria alla cedente di una somma quale indennizzo per cessione o vendita del calciatore, viola la disciplina sul collocamento della manodopera, che vieta l’intervento di mediatori privati nella fase di stipulazione del contratto di lavoro subordinato”.
23) A. De Xxxxxxxxx, Il diritto sportivo oggi , in Rivista di Diritto Sportivo, 1988, 189.
24) “La Legge 23 marzo 1981, n. 91 e il professionismo sportivo: genesi, effettività e prospettive future”, in Rivista di Diritto Sportivo 1990, 316
25) L’iter parlamentare della Legge 23 marzo 1981, n. 91 sui rapporti tra società e sportivi professionisti, in Rivista di Diritto Sportivo 1981, 492 e ss.
26) X. Xxxxx Xxxxx, La disciplina giuridica del lavoro sportivo, Vicenza, 1993, 44.
Il testo evidenzia che: “Il cammino che portò all’emanazione della legge 91 non fu semplice. Dapprima il Senato approvò un disegno di legge in cui i professionisti venivano qualificati come lavoratori autonomi sul rilievo che non essendo loro applicabile la normativa sul collocamento, non si poteva ritenerli lavoratori subordinati. Giunto all’esame della Camera tuttavia, il disegno di legge come approvato dal Senato risentì delle forti pressioni della sinistra, che pretese la modifica della qualifica degli sportivi professionisti da lavoratori autonomi a lavoratori subordinati, attribuendo così di nuovo un ruolo centrale ai sindacati e alla contrattazione collettiva”.
3.3 La legge n. 91 del 1981 sul professionismo sportivo.
La Legge 23 marzo 1981, n. 91 recante “Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti” è divisa in quattro capi: il primo, che comprende gli articoli da 1 a 9, relativo allo “Sport Professionistico”; il secondo, che va dall’art. 10 al 14, relativo al funzionamento e all’attività delle “Società Sportive e Federazioni Sportive Nazionali.
Il terzo, di cui vi è il solo articolo 15, relativo alle “Disposizioni di
carattere tributario”; il quarto, che caratterizza gli ultimi articoli dal 16 al 18, relativo alle “Disposizioni transitorie e finali”.
Appare evidente, quindi, che il legislatore si sia sforzato di dettare una disciplina globale per tutto il settore, concentrandosi in particolar modo sulla definizione dei rapporti tra società sportive e professionisti nel primo capitolo, sulla regolamentazione dell’ attività e del funzionamento delle società sportive sia in relazione alla loro struttura commerciale e societaria sia per ciò che riguarda i loro rapporti con le Federazioni Sportive Nazionali nel cui ambito svolgono la propria attività. L’ ultimo capitolo, il quarto, regola gli aspetti di carattere transitorio che derivano dall’ emanazione della legge, in particolare quelli relativi all’abolizione del vincolo sportivo e alla necessaria trasformazione delle società sportive in società per azioni o in società a responsabilità limitata.
3.4 ART. 1: La libertà d’esercizio dell’attività sportiva
Il primo articolo che va a costituire il contenuto della Legge Sportiva stabilisce che “l’esercizio dell’attività sportiva, sia essa svolta in forma individuale o collettiva, sia in forma professionistica o dilettantistica, è libera.
L’affermazione funziona da limite sia per le eventuali
intromissioni dell’ordinamento sportivo, destinate a far sorgere ostacoli di diritto o di fatto all’esercizio dell’attività sportiva, sia nei confronti dell’ordinamento generale dello Stato che non può introdurre normative che prevedono impedimenti non consentiti. 27
La disciplina contenuta nell’articolo è caratterizzata dalla
valorizzazione della libertà di contrarre, che era prima vietata a causa della presenza del vincolo sportivo e dall’articolo 5 (durata
massima e cessione del contratto), dall’articolo 6 (libertà di stipulare un nuovo contratto alla scadenza di quello precedente) e dall’articolo 16
(abolizione graduale del vincolo). In molti casi però la dottrina ha ritenuto questa disciplina confusionaria e riduttiva in quanto l’attività sportiva è considerata del tutto libera solo quando viene svolta come attività ricreativa e formativa e quindi come impiego di tempo libero. in effetti, a ben vedere, quando l’attività è effettuata a livello professionale essa subisce un congruo ridimensionamento di fronte al monopolio instaurato di fatto dalle federazioni in relazione a singoli settori sportivi e al cospetto della circostanza che solo la prestazione qualificata come sportiva e
professionistica, secondo la disciplina emanata nell’ambito del C.O.N.I., riceve la tutela della Legge 91.
In secondo luogo per la presenza di disposizioni nel testo normativo
che contrastano col principio in questione: si ricordi così ad esempio che l’articolo 16 comma 1 - il quale stabilisce che l’abolizione del vincolo dovrà avvenire gradualmente entro 5 anni – non rende effettiva la libertà contrattuale dell’atleta professionista giacché il vincolo sportivo continua a rimanere in vita, sia pure in via transitoria, nonostante
l’entrata in vigore della legge.
27) X. Xxxxxxx, L’attività sportiva come prestazione di lavoro, in Rivista. Italiana di Diritto del Lavoro., 1983, I, 700
3.5 Art.2: Sportivo professionista e sportivo dilettante
L’art. 2 della Legge 91/81 ha il fine di limitare l’ambito di applicazione della legge sul professionismo.
Vengono definiti sportivi professionisti “gli atleti,
gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi e i preparatori atletici, che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolate dal C.O.N.I. e che conseguono la qualificazione dalle Federazioni Sportive Nazionali”.
Si mettono in luce i requisiti soggettivi e oggettivi richiesti perché lo sportivo possa giungere ad avere lo status di professionista.
L’ articolo 2 individua l’ambito soggettivo di applicazione della legge 91e predispone l’elenco tassativo dei soggetti destinatari: la qualifica di professionisti spetterà così agli atleti, ai direttori tecnici, ai direttori sportivi e ai preparatori atletici. 28
La dottrina, nel corso degli anni, si è divisa tra chi considera l’elencazione legislativa come tassativa e chi la considera solamente esemplificativa, potendo estendere l’applicazione della legge anche ai soggetti non citati in maniera specifica. 29
i sostenitori di tale tesi ipotesi affermano che vanno escluse dall’ ambito di applicazione della Legge 91/81 tutte quelle figure quali i medici sociali, i massaggiatori, gli impiegati della società nel settore contabile o amministrativo, gli incaricati e gli ausiliari che pur vincolati alla società da un rapporto di lavoro autonomo o subordinato, non possono acquisire lo status giuridico di professionista del settore sportivo.
La stessa giurisprudenza ha recepito quest’ interpretazione ed ha escluso i medici e i massaggiatori dall’ ambito d’ applicazione legislativa affermando che essi non hanno una competenza strettamente connessa al perfezionamento della prestazione agonistica e dell’impostazione tecnico-tattica dell’atleta, come gli altri soggetti che rientrano nell’ambito di applicazione dell’art.2, pur potendo svolgere la loro attività alle
dipendenze della società sportiva.
Gli oppositori di questa tesi, invece, ritengono questo elenco non tassativo ed esaustivo ma meramente paradigmatico dato che riporta solo le figure e le categorie più note e conosciute tra quelle che lavorano nel mondo sportivo e non esclude certamente a priori l’estensione della tutela propria del professionista ad altre figure previste da ordinamenti federali.
Potrebbero dunque rientrare in questa categoria i tecnici, gli insegnanti, gli istruttori e tutte quelle figure che possono nascere dall’ evoluzione e lo sviluppo delle strutture organizzative societarie.
La dottrina è stata caratterizzata da questa dicotomia sino al 2008, quando la Corte di Cassazione Civile ha voluto dirimere questa controversia che si era ormai venuta a creare con la sentenza dell’11 aprile 2008, n. 9551. 30
La Cassazione, sezione Lavoro, si è schierata attraverso la sua pronuncia apertamente a favore della prima tesi ed ha fornito tre motivazioni chiare:
la prima è che il legislatore ha adoperato espressioni e vocaboli non generici, tali da poter considerare l’art.2 una norma aperta;
la seconda è che una legge speciale, disciplinata cosi nello specifico e contenente così tante deroghe ed eccezioni, spesso in senso peggiorativo rispetto alla disciplina generale del rapporto di lavoro subordinato, non può estendersi per analogia ai lavoratori che non sono espressamente citati, i quali, in molti casi, hanno compiti e professionalità del tutto o in parte diverse da quelle comprese dalla normativa stessa; la terza, inoltre, è costituita dalla convinzione della Cassazione che la disposizione dell’art. 4 (secondo cui la costituzione del rapporto di lavoro dello sportivo professionista è necessariamente predisposta tramite un contratto individuale stipulato in conformità con un contratto tipo che recepisca gli accordi collettivi di categoria) sia un impedimento all’ interpretazione analogica o estensiva delle figure di professionisti cui si applica la Legge 91.
Soggetti quali medici sociali, massaggiatori, magazzinieri non hanno dei contratti collettivi che regolino la loro attività professionale e questo è considerato proprio indice del loro assoggettamento alle norme generali tipiche del rapporto di lavoro subordinato e non a quelle speciali della legge 91/81 sul professionismo sportivo. 31
L’art. 2 svolge, inoltre, la funzione di individuare i requisiti oggettivi che un atleta deve possedere per rientrare nella categoria degli sportivi professionisti:
1) La prestazione sportiva deve essere onerosa, remunerata con un compenso corrispettivo, ovvero proporzionato alla quantità e alla qualità della prestazione stessa al di là della sua misura effettiva che può essere determinata liberamente dalle parti contraenti con accordi individuali, salvo il rispetto dei minimi salariali collettivi. La differenza tra attività professionistica e attività dilettantistica quindi risiede proprio nel fatto che la prestazione sportiva del professionista è onerosa in quanto riceve un vero e proprio corrispettivo mentre il dilettante riceve un semplice emolumento a titolo di rimborso spese o di mancato guadagno.
2) La prestazione sportiva deve essere continua nell’arco della durata del contratto di lavoro e soprattutto prevalente rispetto ad altre attività esercitate. La presenza degli elementi della continuità, della prevalenza e della percezione di un reddito fanno si che un atleta possa essere considerato uno sportivo di professione.
Lo studioso Xxxxxxx ha ben riassunto affermando che il professionista sportivo è colui che esercita dietro compenso l’attività sportiva prevalentemente o esclusivamente; si tratta, poi, di un lavoratore subordinato quando il professionista sportivo la svolge in maniera continuativa alle dipendenze di una società
3) L’esercizio dell’attività sportiva deve essere svolta nell’ambito delle discipline regolate dal C.O.N.I. perché si possa parlare di professionismo. Ciò comporta che i contratti tipici di lavoro sportivo professionistico possono essere realizzati solo tra tesserati e società affiliate alle federazioni sportive nazionali.
La Federazione sportiva nazionale competente deve riconoscere espressamente al suo interno un settore specifico di attività regolato sotto forma professionistica. Il lavoro sportivo, infatti, deve avere una qualificazione preventiva che consiste nel “tesseramento”, la cui mancanza è causa di nullità del rapporto di lavoro dell’atleta.
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28) X. XXXXXXX X’XXXX, X. XXXXXX, La nuova disciplina del lavoro sportivo, in Rivista di Diritto Sportivo, 1982,
29) Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti, Commento all’articolo 2, in Nuove leggi civili commentate, 1982, I, 562
30) Si può leggere integralmente la sentenza della Corte di Cassazione nel RDES, Rivista di diritto ed economia dello sport.
31) M. DE CRISTOFARO, Norme in materia di rapporti fra società e sportivi professionisti, in Nuove leggi civili commentate. – Commento all’articolo 4, 1982, 576;
3.6 Art. 3: Sportivo professionista autonomo e subordinato
L’art.3 della Legge 91/81 si concentra sulla differenza tra il professionista sportivo con un rapporto di lavoro autonomo e quello con un rapporto di lavoro subordinato. 32 Nella maggior parte dei casi, la prestazione dell’atleta a titolo oneroso previo corrispettivo costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato, regolato dalle
norme contenute nella legge sportiva ma si tratta di contratto di lavoro autonomo invece quando l’attività si svolga nell’ambito di una singola manifestazione o più manifestazioni collegate tra loro in un breve lasso di tempo ovvero quando 33 l’atleta non è vincolato dal contratto ad allenarsi con una certa frequenza o quando la prestazione oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non supera le otto ore settimanali o i cinque giorni ogni mese.
34 Il primo comma dell’art 3 prevede una presunzione assoluta di rapporto di lavoro subordinato con la società d’appartenenza, la quale non si manifesta però nei casi tassativi previsti dal secondo comma. Ne deriva che solo l’attività sportiva resa dall’atleta professionista in maniera continuativa, onerosa e in favore di una società di capitali (la costituzione in tale forma della società costituisce il requisito soggettivo richiesto al datore di lavoro dello sportivo professionista ai sensi dell’articolo 10) sarà considerata automaticamente un’attività di natura subordinata e si andrà ad applicare la Legge 81/91.
La norma non fa riferimento invece agli altri soggetti di cui all’articolo 2, ossia preparatori Atletici, allenatori, direttori tecnici e direttori sportivi: il legislatore ha ritenuto che per queste figure la qualificazione in senso subordinato del rapporto deve essere verificato caso per caso applicando i criteri previsti dal diritto comune del lavoro. 35 La verifica concreta caso per caso potrà portare a due risultati: l’applicazione della legge 91 nel caso in cui sia accertata la natura subordinata del rapporto, l’applicazione della normativa comune nel caso in cui si sia accertata la natura autonoma del rapporto di lavoro.
Dalla verifica concreta caso per caso dipenderà a sua volta l’applicazione della legge 91, nel caso in cui sia accertata la natura subordinata, o della normativa comune, nel caso sia accertata la natura autonoma del rapporto. 36
32) REALMONTE, L’atleta professionista e l’atleta dilettante, in Rivista di Diritto SportivoDir. Sport. 1997, 374.
33) X. XXXXXXX, Lo sport e il diritto, 2004, Jovene Editore, Napoli, 23.
34) D’HARMANT XXXXXXXX, Il rapporto di lavoro subordinato e autonomo nelle società
sportive, in Riv. Dir. Sport., 1986, 7
35) X. XXXXXXXX, Norme in materia di rapporti tra società
e sportivi professionisti – Commentario, in Nuove leggi civ. comm., 1982, 568
36) La Sentenza della Cassazione 28 dicembre 1996, n. 11540 afferma che:” La legge 91/81, in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti, detta regole per la qualificazione del
rapporto di lavoro dell’atleta professionista, stabilendo specificamente all’articolo 3 i presupposti della fattispecie
in
cui la prestazione pattuita a titolo oneroso costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato; per le altre figure di lavoratori sportivi contemplate nell’articolo 2 (allenatori, direttori tecnico-sportivi, preparatori atletici) la sussistenza
o meno del vincolo di subordinazione deve esser accertata di volta in volta nel caso concreto, in applicazione dei
criteri forniti dal diritto comune del lavoro”
3.5 ART.4: IL CONTRATTO DI LAVORO SPORTIVO SUBORDINATO
L’ art. 4 della Legge 91/81 presenta una disciplina specifica del rapporto di lavoro sportivo subordinato. Si vedrà che gli elementi caratteristici di quest’ultimo spesso divergono da quelli di un comune rapporto di lavoro subordinato, dal momento che la prestazione lavorativa di uno sportivo professionista presenta natura e caratteristiche peculiari differenti da tutte le altre attività dell’uomo. 37
L’art. 4 è senza dubbio il cuore della legge sportiva: nei 9 commi che lo compongono viene racchiusa la disciplina della forma e del contenuto del contratto di lavoro sportivo subordinato, le cui parti contraenti sono da un lato gli atleti professionisti e dall’altro le società sportive.
Se si procede ad una analisi comma per comma dell’art.4 della Legge 81/91 notiamo subito che il 1 comma afferma che il rapporto di prestazione sportiva a titolo oneroso inter partes può essere costituito esclusivamente mediante assunzione diretta.
La norma riprende quindi ciò che avevamo visto nell’art.3 ovvero che è evidente l’incompatibilità del rapporto di lavoro subordinato e la gratuità del rapporto stesso. Essa, inoltre, sancisce una differenza netta tra rapporto di lavoro subordinato e rapporto di lavoro sportivo che si sostanzia nell’ impossibilità di applicare al rapporto di lavoro sportivo gli art. 33 e 34 della Legge n.300 del 1970, il cd. Statuto dei Lavoratori e quindi nella possibilità lasciata al professionista di negoziare, direttamente o mediante il suo procuratore, la stipulazione del contratto con la società sportiva.
La figura dell’intermediario nel collocamento di un rapporto di lavoro subordinato, fortemente vietata nel rapporto di lavoro generale viene, invece, legittimata ed autorizzata dal 1 Comma dell’art.4 a svolgere i suoi compiti e le sue funzioni.
La seconda parte del Comma 1 e il Comma 2 dell’art.4 svolgono la funzione invece di stabilire quali sono i requisiti formali che il contratto di lavoro sportivo deve possedere per poter essere riconosciuto come valido.
La stipulazione deve avvenire:
1) in forma scritta, a pena di nullità
2) secondo il modello di contratto-tipo predisposto, in linea con l’accordo collettivo stipulato, ogni 3 anni dalla Federazione Sportiva e dai rappresentati delle categorie interessate
3) post deposito presso la Federazione competente, per riceverne l’approvazione
Il contratto per essere valido deve essere stipulato in forma scritta, ad substantiam, a differenza della generalità dei contratti di lavoro subordinato ordinari per i quali è prevista una forma libera.
Il fine della norma è che sia il lavoratore dipendente viene meglio tutelato con la certezza derivante dall’ obbligo di una forma scritta sia vengono soddisfatte esigente proprie del mondo sportivo quali il controllo della Federazione sull’ operato delle società o la garanzia di una maggiore certezza o rapidità nella risoluzione di controversie che possono nascere tra società e atleti dipendenti con conseguenze positive che si hanno nell’ andamento dell’attività agonistica, basata molte volte su impegni costanti e ravvicinati nel tempo.
La mancanza dell’utilizzo di una forma scritta, tuttavia, non è la sola causa di nullità del contratto di lavoro sportivo subordinato dato che la mancanza anche degli altri requisiti previsti dal comma 2 come il deposito presso la federazione competente del contratto per riceverne l’approvazione o la stipulazione di esso tramite un modello di contratto-tipo legato all’accordo di categoria causa nullità dei contratti non sanabile. Il deposito del contratto, in particolare, e la relativa eventuale approvazione, svolge una funzione di controllo sia di legittimità del contratto sia di merito: l’esame del contratto da parte della Federazione servirà, infatti, sia a controllare le finanze della società sia a valutare le sue reali possibilità di far fronte agli oneri economici di cui si è fatta carico.
Il comma 3 dell’art.4 serve a tutelare la parte contraente più debole (nella maggior parte dei casi l’atleta professionista).
Esso afferma che è prevista la sostituzione automatica delle clausole peggiorative del contratto individuale con quelle del contratto tipo, per garantire chiaramente la conformità del contratto individuale al contratto standard.
Il comma 3 è stato scritto avendo come riferimento la disciplina codicistica dell. Art. 2007 comma 2, c.c. per i contratti di lavoro subordinato volta a proteggere la parte contraente più debole, che nel caso specifico è l’atleta professionista, il quale, in virtù di questa debolezza, può lasciarsi indurre ad accettare clausole peggiorative nel contratto. Al contrario viene consentita l’introduzione di prestazioni migliorative rispetto al contratto tipo, a favore dell’atleta professionista.
3.6 Le parti del contratto e l’ obbligo della clausola compromissoria
Il quarto comma dell’articolo 4 si caratterizza per l’imposizione di un contenuto obbligatorio ex lege al contratto di lavoro sportivo: nello specifico si rende necessario per le parti l’inserimento all’ interno del contratto individuale di una clausola vincolante il professionista a rispettare le istruzioni tecniche e le prescrizioni impartite dalla società e a rispettare il contenuto degli accordi singoli collettivi di categoria e dei regolamenti della federazione presso cui è tesserato.
Tale previsione che vede chiaramente il professionista subordinato alla società richiama l’obbligo previsto in capo al prestatore di lavoro di sottostare alle direttive del
datore di lavoro ex. Art. 2094 cc.
Speculare a tale dovere del professionista è l’obbligo che spetta alla società di permettere all’atleta di partecipare agli allenamenti ed alla preparazione atletica, non ovviamente alla gara o alla partita che è a discrezione dell’allenatore o della società, obbligo previsto e riconosciuto e dalla giurisprudenza e dagli accordi collettivi e dai contratti standard di categoria. 38
Il comma 5 si occupa di disciplinare le modalità di risoluzione delle eventuali controversie che possono nascere tra atleti e società. La norma, infatti, autorizza le parti ad apporre una clausola facoltativa detta compromissoria, volta a demandare ad un collegio arbitrale formato da tre arbitri le controversie insorgenti tra atleti e sodalizio sportivo sempre inerenti all’attuazione del contratto.
La clausola ex legge deve contenere la modalità di nomina ed il numero degli arbitri chiamati a decidere la controversia i quali dovranno seguire il procedimento dell’arbitrato irrituale, diverso caso per caso, proprio per la specialità del rapporto di lavoro sportivo.
La clausola è come detto facoltativa ma dato che una clausola generale compromissoria è contenuta dalle singole Federazioni nei propri regolamenti che gli associati si impegnano a rispettare pena l’esclusione dalla Federazione medesima o negli Accordi Collettivi di lavoro, di fatto le controversie contrattuali saranno sempre regolate da un collegio arbitrale
3.7 IL VINCOLO SPORTIVO
Il Comma 6 dell’art.4 prevede, d’altro canto, il divieto di inserire clausole contrattuali di non concorrenza o limitative della libertà contrattuale dello sportivo nel periodo successivo alla risoluzione del contratto al fine di non limitare la mobilità dei professionisti in una attività come quella sportiva che si basa proprio sull’ elemento concorrenziale.
La lettura della norma nel senso di una non limitazione della circolazione e della libertà contrattuale degli sportivi professionisti è ancor più avvalorata da quanto prevede l’articolo 16 della legge 91/81 che ha sancito l’abolizione del vincolo sportivo dei professionisti e dall’articolo 1 della stessa, che sancisce e valorizza il principio del libero esercizio dell’attività sportiva professionistica. 39
Il comma 7 dell’art.4 si occupa della cd “previdenza sportiva”.
Esso prevede l’istituzione di un fondo da parte delle singole Federazioni, ai sensi dell’art. 2123 c.c., gestito da rappresentanti delle società e degli sportivi, per corrispondere agli atleti un’indennità di anzianità al termine dell’attività sportiva.
Questo comma è stata un’innovazione molto importante nella storia del diritto sportivo perché prima dell’emanazione della Legge 91/81 la giurisprudenza aveva negato ai calciatori il diritto a ricevere un’indennità legata all’anzianità, in ragione dell’atipicità del rapporto di lavoro sportivo e sulla base- citando testualmente le parole- “della sua refrattarietà a lasciarsi inquadrare negli schemi tradizionali del
rapporto di lavoro autonomo o del lavoro subordinato. 40
La norma viene ripresa dall’ Accordo Collettivo del 2005 tra F.I.G.C., L.N.P. e A.I.C. che ha previsto espressamente all’art.20 la costituzione di un fondo di accantonamento per l’indennità di fine carriera presso la F.I.G.C.
L’ art. 20 vincola ogni società a versare nel fondo di accantonamento un contributo a suo carico uguale al 6,25% degli emolumenti annui del professionista e un contributo a carico del professionista dipendente pari all’ 1,25% della retribuzione stessa, sempre tenuti in considerazione i limiti del massimale previsto per i calciatori dagli enti previdenziali competenti. 41
È necessario però menzionare anche altre norme della legge n.91/81 che regolano il rapporto di lavoro sportivo, focalizzandosi su vari tipi di tutela degli atleti.
L’art.5 al comma 2 disciplina anche la cessione del contratto inter partes e nello specifico sancisce che è necessario il consenso degli interessati, è obbligatorio che la cessione avvenga a titolo oneroso e che può avvenire anche prima della scadenza pattuita, purché si rispettino le linee guida previste dalle rispettive Federazioni Nazionali.
La norma svolge la funzione di salvaguardare e tutelare entrambe le parti contraenti. Dal lato dello sportivo professionista, la disposizione concorre infatti all’eliminazione del vincolo sportivo, dato che alla scadenza del contratto viene riconosciuta all’atleta la libertà contrattuale mentre Dal lato della società, la previsione di un termine per i contratti concorre alla programmazione ed alla pianificazione dei sodalizi sportivi, perché consente ad esse di sapere in anticipo fin quando potrà fornirsi dei servizi dell’atleta e far affidamento sulle sue prestazioni. 42
L’ art.6 è stato emanato dal legislatore con il fine di tutelare i vivai e i settori giovanili che formano e addestrano i ragazzi all’ attività sportiva prima di diventare professionisti. I vivai delle società sportive dove gli atleti hanno svolto la loro ultima attività giovanile o dilettantistica hanno diritto a far firmare al loro atleta obbligatoriamente il suo primo contratto da professionista, anche in pendenza di un precedente tesseramento come giovane o dilettante. Gli stessi, poi, sono legittimati a chiedere il pagamento di un “premio di addestramento e formazione tecnica” nel caso in cui l’atleta dovesse stipulare il primo contratto da professionista con una nuova società che però sono obbligati a reinvestire sempre nel perseguimento di finalità sportive.
Gli articoli successivi, 7,8 e 9 della Legge 91/81 servono a garantire la tutela dell’atleta professionista sotto l’aspetto sanitario, assicurativo e previdenziale.
L’art.7 riguarda la tutela sanitaria dell’atleta che sarà assicurata dalla prescrizione di un controllo medico ogni 6 mesi con accertamenti clinici e diagnostici fissati dal Ministro della Sanità e dalla istituzione di una cartella clinica che viene aggiornata ad ogni visita medica, indispensabile ai fini dell’autorizzazione allo svolgimento dell’attività professionistica da parte della Federazione.
L’ art.8 della Legge 91/81 assicura invece la tutela assicurativa dello sportivo professionista e sancisce l’obbligo a carico della società sportiva di stipulare una singola polizza assicurativa per ogni atleta professionista contro il rischio di morte e di infortuni che possano inficiarne la prosecuzione della sua carriera.
I limiti massimi delle polizze assicurative sono regolati dalle singole Federazioni e sono sempre proporzionati all’età dello sportivo ed al valore economico del contratto.
L’art. 9 della Legge estende l’assicurazione obbligatoria per l’invalidità e la vecchiaia a tutti gli atleti professionisti ed introduce dei criteri tassativi per il calcolo dei contributi massimali annui e la ripartizione di tali oneri contributivi tra società sportive e assicurati, nell’ ordine di due terzi e un terzo, con la concessione agli sportivi di riscattare anche il periodo di attività sportiva effettuata prima dell’entrata in vigore della legge. Gli sportivi professionisti che versano i contributi per almeno 20 anni durante la loro attività agonistica nel fondo speciale istituito con la Legge n. 366/1973 avranno diritto alla pensione al compimento dei 45 anni di età se uomini e dei 40 anni se donne. 43
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37) L’art. 4 della Legge 91/81 sul Professionismo Sportivo si trova integralmente sul sito: www. Xxxx.xx
38) Tale diritto è invece riconosciuto dall’articolo 15 del Regolamento F.I.F.A. Status e
trasferimento dei calciatori, che prevede la c.d. risolvibilità del contratto per giusta causa sportiva: esso stabilisce che il calciatore ha diritto di chiedere alla società di risolvere il contratto qualora non abbia preso parte nel
corso della stagione sportiva ad almeno il 10% delle gare ufficiali disputate dalla propria squadra. Tale istituto, però, non è stato ancora recepito dal nostro ordinamento sportivo.
39) X. XXXXXXXXXX, Il contratto di lavoro sportivo professionistico, in Lineamenti di diritto
sportivo, a cura di X. XXXXXXXXXX, G. M. XXXXXX, X. XXXXXXXXXXXXX, Milano, 2008, Xxxxxxx Editore, 163.
40) Sport professionistico (rapporto di lavoro e previdenza sociale), in Noviss. Dig. It., VII, Torino, 1987, 516. 41)cfr. Pret.. Napoli, 6 febbraio 1980, in Riv. Dir. Sport., 1980, 362, che riconosce al rapporto
società/calciatore la natura di lavoro subordinato, ma ne sottolinea l’atipicità, arrivando a negare il diritto all’
indennità di anzianità richiesto dai calciatori
42) X. XXXXXXXXX, L’attività sportiva professionistica: disciplina giuridica delle prestazioni degli atleti e degli
sportivi professionisti, in Dir. Lav., 1982, I, 29
43) XXXXXXXX, Una legge per lo sport? Il lavoro subordinato
.
3.8 Pareri della Dottrina successivi all’ emanazione della Legge 91/81 sul Professionismo Sportivo
La Legge sul professionismo sportivo ha raccolto molte critiche in dottrina sin dal momento della sua emanazione e pochi sono stati i pareri positivi unanimi degli operatori e degli studiosi del diritto.
La critica principale rivolta alla Legge 91/81 è che si occupa di regolamentare solo la disciplina calcistica trascurando tutti gli altri sport. Pare essere quindi una legge sul calcio e non sportiva in generale. 44
Nello specifico la Legge appare frammentaria ed incompleta dato che vi sono sport professionistici come il tennis o la boxe le cui problematiche non sono in alcun modo menzionate e regolamentate dalla legge.
I critici più severi, inoltre, lamentano il fatto che la legge potrebbe creare addirittura più problemi a discipline come l’ ippica dove non si capisce se ad esempio il proprietario di un cavallo da corsa debba costituire necessariamente una S.P.A. o una S.R.L per stipulare un contratto di lavoro sportivo subordinato con un fantino, come recita l’art. 10 al comma 1 della stessa legge che sancisce la stipulazione di contratti con atleti professionisti solo da parte di società sportive che abbiano le forme giuridiche citate in precedenza. 45
Un’ altra parte della critica si è concentrata, invece, maggiormente sulle soluzioni tecnico- giuridiche adottate nella legge e considerate inadeguate a fornire una chiara interpretazione ed una corretta applicazione.
Diversi autori, inoltre, accusano il legislatore di non aver aggiornato la legge in relazione all’ evoluzione delle discipline sportive verso forme di business e spettacolarizzazione non ipotizzabili al momento della sua formazione, dato il sempre più crescente legame tra sport e business, anche nelle categorie dilettantistiche. 46
La legge sul professionismo sportivo, però, è stata anche valutata positivamente ed elogiata su larga scala da studiosi del diritto.
Il merito principale che viene riconosciuto alla legge è quello di aver suggellato a livello normativo il valore di per sé lavorativo della prestazione sportiva professionistica, che fino a quel momento non aveva una tutela adeguata nell’ ordinamento sportivo.
La 91/81 serve proprio a fornire alla prestazione sportiva una specifica identificazione alla stregua di quella predisposta per la generalità dei lavoratori oltre che a sancire un cambiamento epocale per mezzo della trasformazione del rapporto tra società sportiva e professionista da elaborazione della dottrina giuridica a sistemazione legislativa certa e perentoria.
Un’analisi più strettamente sportiva ha portato la dottrina a considerare come innovazione fondamentale della Legge l’abolizione del vincolo sportivo vigente fino al momento della sua emanazione.
Si realizza quindi il passaggio decisivo da un sistema di vincolo ad un sistema di previsione di un rapporto contrattuale determinato nel tempo.47
Altre due sono le innovazioni considerate di grande valore dalla critica:
In primis, l’art.4 della Legge Sportiva che innova la figura del professionista sportivo, il quale smette di essere un oggetto nelle mani della società, trattato dal presidente a sua discrezione e piacimento e diventa un lavoratore subordinato della stessa, come qualsiasi altro tipo di lavoratore subordinato, con diritti e doveri garantiti dall’ Accordo Collettivo di categoria.
In secondo luogo, l’art.6 nei primi 3 commi che, invece, introduce sia un premio di formazione, addestramento e valorizzazione a favore della società che cede l’atleta ancora non professionista, sia un diritto di prelazione per la società che lo ha formato a livello sportivo a stipulare con l’atleta il suo primo contratto professionistico.
In ogni caso, al di là delle critiche positive e negative inerenti alla legge, si può affermare senza alcun dubbio che la Legge 91/81 rappresenti il testo normativo fondamentale sulla figura dell’atleta professionista nell’ambito dell’ordinamento giuridico. 42
Ciò è testimoniato dalla quantità di nozioni e definizioni che la Legge fornisce circa i principali argomenti ed istituti dell’ordinamento sportivo che andranno a formare la base per lo studio e l’evoluzione della materia da parte degli studiosi e degli operatori del diritto.
L’ auspicio per il futuro è che si riesca a ridurre le zone di incertezza che ancora permangono in alcune materie e a disciplinare in maniera più esaustiva argomenti che al momento risultano ancora incerti e incompleti.
44) La natura giuridica del contratto relativo al professionismo sportivo, in Riv. Dir. Sport., 1964,
45) I. XXXXXX XXXX, Problematiche della legge 91/81 , in Riv. Dir. Sport., 1983, 16.
46) X. XXXXXXXXX e X. XXXXXXXX XXXXXXXX, Il rapporto di lavoro dello sportivo, Experta Edizioni, Xxxxx, 0000, 20.
47) X. XXXXXXX, L’ordinamento giuridico del giuoco calcio professionistico e per i calciatori in particolare:
entrambi si trovavano ad avere finalmente delle certezze giuridiche, delle tutele contrattuali ben precise”
3.9 IL TRASFERIMENTO INTERNAZIONALE DEI CALCIATORI
È opportuno analizzare la questione concernente il trasferimento internazionale dei calciatori professionistici nell’ ambito dell’Ordinamento F.I.F.A.
La vicenda che ha segnato l’evoluzione giurisprudenziale dal punto di vista della libertà contrattuale del calciatore e della sua maggiore autonomia nel trasferirsi da un club ad un altro per avere una maggiore retribuzione ed un maggior blasone è certamente la vicenda Xxxxxx e, in particolare, la sentenza da parte della Corte di Giustizia Europea che ne ha sancito il riconoscimento e l’applicazione in ambito comunitario.
3.10 IL CASO XXXXXX
Il passaggio definitivo ad un “regime contrattuale puro” si realizza in maniera effettiva solo dopo la sentenza della Corte di Giustizia Europea del 15 dicembre 1995 in relazione al caso Xxxxxx, sottoposto al giudice comunitario da parte della Corte di Appello di Liegi attraverso il rinvio pregiudiziale.
Xxxxx ebbe inizio nel 1990 quando il calciatore Xxxx Xxxx Xxxxxx non vide ricompensate le sue prestazioni agonistiche con la proposta del rinnovo contrattuale da parte del suo club d’appartenenza, il Royal Club Liegeois, militante nella seconda serie belga.
Il calciatore, desideroso quindi di abbandonare il suo club si propose a molte squadre estere che, però, pur essendo interessate ad acquisire il giocatore, trovavano una barriera insormontabile, l’indennità di trasferimento richiesta dal RCL, che ammontava ad una cifra superiore agli undici milioni di franchi.
Tale indennità risultava da una valutazione effettuata dal club belga sulla base di parametri oggettivi desunti dal Regolamento proprio della Federazione Belga ma obiettivamente risultava eccessiva in relazione al reale valore del cartellino del calciatore.
L’unico club disponibile a rivelare le prestazioni di Xxxxxx, nonostante l’esosa indennità richiesta, fu il Dunkerque, club francese di seconda divisione. La società
francese, però, aveva già raggiunto il numero massimo di giocatori stranieri tesserabili imposto dal Regolamento Federale e quindi non poteva tesserarlo finché non avesse ceduto uno dei propri calciatori di nazionalità straniera.
Xxxx Xxxx Xxxxxx, tuttavia, non si diede per vinto e propose un ricorso alla Corte di Giustizia Europea con il quale chiese alla Corte che fosse dichiarata l’illegittimità delle norme contenute nei Regolamenti Federali perché contrastanti con quanto disposto dagli art. 48, 85 e 86 del Trattato C.E. 48
Tali norme, infatti, ponevano numerosi limiti al tesseramento ed all’utilizzo di giocatori comunitari e obbligavano i club a corrispondere un indennizzo al club di origine in caso di trasferimento di un calciatore da una società all’ altra anche quando il contratto che legava il calciatore alla propria società d’appartenenza era scaduto.
La Corte di Giustizia nella sua decisione applicò l’art. 48 del Trattato C.E. sul tema della libera circolazione delle persone e sulla libera circolazione dei lavoratori nell’ambito della Comunità Europea.
La Corte, in particolar modo, ritenne incompatibili con quanto disposto dal trattato comunitario tutta una serie di vincoli e limitazioni previsti dal diritto interno degli Stati legati al trasferimento di un calciatore da una società ad un’altra e la limitazione imposta del numero di calciatori professionisti comunitaria impiegati nei match delle società.
L’ Organo pronunciò che “sono illegittime per violazione dell'art. 48 del trattato C.E. tutte le norme emanate da Federazioni sportive in forza delle quali un
calciatore professionista, cittadino di uno Stato membro, alla scadenza del contratto che lo vincola ad una società può essere ingaggiato da un'altra società solo se questa ha versato alla società di provenienza un'indennità di trasferimento, formazione e
promozione”.
Esso, inoltre, affermo che:” sono illegittime per violazione dell'art. 48 del trattato C.E. Tutte le norme emanate da Federazioni sportive in forza delle quali,
nelle partite che esse organizzano, le società calcistiche possono tesserare e schierare solo un numero limitato di calciatori
professionisti cittadini di altri Stati membri” e che “le libertà di circolazione dei lavoratori, delle merci, dei servizi e dei capitali sono degli elementi fondamentali della nozione di mercato comune europeo e in quanto tali non sono tollerate eccezioni o attenuazioni. Il giocatore professionista, dunque, che entra a far parte dell’Ordinamento Sportivo non può subire una limitazione così grave all’ esercizio di un diritto fondamentale attribuitogli direttamente dal Trattato”.
Nel corso del procedimento, l’Uefa si schierò in qualche modo contro la pronuncia della Corte di Giustizia affermando che gli organismi comunitari han sempre rispettato l’autonomia dell’attività sportiva, caratterizzata sempre più da una coesistenza di aspetti economici e sportivi e che quindi una pronuncia in tal senso della Corte sullo stato giuridico degli atleti professionisti avrebbe potuto destabilizzare l’intero mondo sportivo e, in maniera particolare, quello calcistico.
L’ UEFA quindi riconobbe che l’applicazione dell’art.48 del Trattato C.E. fosse legittima e giustificata ma ritenne opportuno evidenziare che, data la specificità dell’attività agonistica sportiva, si dovessero tener presenti criteri di elasticità nella sua ricezione ed applicazione.
La Corte, però, rispose al Comitato UEFA sostenendo che l’autonomia sempre maggiore sì riconosciuta all’ Ordinamento Sportivo non comporta un’automatica impermeabilità del settore sportivo all’ Ordinamento Generale e sostenne che l’attività sportiva può
essere disciplinata dal diritto comunitario alla stregua di tutte le altre attività in quanto configurabile a tutti gli effetti come un’attività economica ai sensi dell’art.2 del Trattato C.E.
La dottrina nell’ interpretare la Sentenza sulla Corte di Giustizia Europea sul caso Xxxxxx l’ha ritenuto applicabile a qualsiasi disciplina sportiva e ad ogni livello professionistico e non, dato che secondo gli autori il diritto comunitario non guarda alla natura del datore di lavoro o al contesto in cui egli è inserito ma solo ed esclusivamente alla persona del lavoratore e di conseguenza anche un atleta non formalmente professionista ai sensi della Legge 91/81 che però ha una remunerazione effettiva da parte di una società sportiva può invocare il diritto a non essere discriminato che deriva dall’art.48 del Trattato C.E.
Il calciatore Xxxxxx, però, come visto in precedenza, non aveva sottoposto al vaglio della Corte di Giustizia sole le questioni inerenti all’art.48 ma anche quelle esplicate dagli art. 85 e 86 del Trattato C.E. relative alla violazione delle norme statali sulla restrizione della concorrenza sancite proprio da tali articoli.
La Corte ritenne di non pronunciarsi anche sull’ interpretazione degli art. 85 e 86 ma appare evidente che, una volta configurate le società calcistiche come “imprese” e le Federazioni come “Associazioni di imprese”, sia la disciplina dettata in relazione al tesseramento dei giocatori comunitari sia quella relativa ai trasferimenti dei calciatori nell’ ambito dell’Unione Europea determinassero automaticamente una restrizione della concorrenza.
Da quel giorno a tutti i calciatori europei fu consentito trasferirsi liberamente da una squadra europea all’altra al termine del proprio contratto, e firmare un pre-contratto con un altro club nei sei mesi precedenti la scadenza di quello in vigore con la propria squadra. La corte stabilì inoltre che il limite di giocatori stranieri ingaggiati da un club, restrizione all’epoca in vigore in molti paesi, avrebbe dovuto escludere i giocatori comunitari: non si sarebbe più potuto discriminare tra cittadini appartenenti a Stati Membri dell’ Unione Europea.
48 La richiesta principale del calciatore portata avanti dal calciatore Xxxxxx era quella di accertare giudizialmente che la Normativa U.E.F.A. sui trasferimenti internazionali dei calciatori fosse incompatibile con il Trattato dell’ Unione Europea.
Il ricorso, infatti, si basava proprio sulla considerazione che la libera circolazione dei giocatori e quindi dei lavoratori fosse messa in pericolo dal sistema allora vigente che comportava il pagamento di un’ indennità al club nel caso in cui una società cedeva le prestazioni di un proprio calciatore in scadenza di contratto.
3.11 GLI EFFETTI DELLA SENTENZA XXXXXX
La Corte di Giustizia Europea, nel momento dell’adozione della Sentenza Xxxxxx, sancì che l’art. 48 del Trattato C.E. è direttamente applicabile dai giudici nazionali senza le procedure altrimenti necessarie di recepimento nei propri vari Ordinamenti e che, in caso di contrasto con le Norme interne, dovesse prevalere in ogni caso.
La stessa statuì che nella gerarchia delle fonti normative, i Trattati Comunitari e le relative disposizioni contenute in essi, fossero localizzate ad un rango superiore rispetto a quelle Costituzionali, a meno che non appaiano in contrasto con i principi fondamentali sanciti nelle stesse Costituzioni.
Ancora una volta viene sancito, quindi, che l’Ordinamento europeo si colloca in una posizione sovraordinata rispetto all’ Ordinamento dello Stato Membro e che, quindi, le norme comunitaria, abbiano esse la forma di Trattati, regolamenti, direttive o sentenze prevalgono su qualsiasi Norma interna, sia essa Costituzionale, legislativa o regolamentare.
L’ importanza, dunque, della Sentenza Xxxxxx non è relativa solo alla efficacia vincolante tra le parti contrapposte nel giudizio in questione ma appare vincolante erga omnes, dal momento che vincola i giudici nazionali ad una interpretazione del Trattato nei modi indicati dalla Corte di Giustizia Europea.
In Italia la sentenza Xxxxxx è stata recepita a livello normativo in un primo momento con il D.L. 20 Settembre 1996 n. 485 e poi con la Legge 18 novembre 1996, n. 586.
49
Il legislatore modificò pertanto l’art.6 della Legge sul Professionismo Sportivo 23 marzo 91/81 con l’eliminazione dell’indennità prevista di preparazione e promozione in relazione ad un qualsiasi trasferimento di un atleta professionista, sia che esso intercorra tra società appartenenti ad uno stesso Stato sia che riguardi società provenienti da paesi Terzi, formalmente non menzionati dalla sentenza Xxxxxx.
Come già accennato nei capitoli precedenti, l’abolizione di tale indennità rappresentò una svolta epocale per la posizione dello sportivo professionista poiché proprio grazie a tale intervento si poté finalmente realizzare il passaggio ad un regime contrattuale puro, liberato dall’ istituto del “vincolo sportivo”, garantendo al calciatore uno svincolo effettivo alla scadenza del rapporto contrattuale, non più soggetto alle richieste, spesso sproporzionate, della società con cui era tesserato.
L’ effetto principale quindi della Sentenza Xxxxxx è quello di determinare un rafforzamento effettivo della posizione contrattuale del calciatore dal momento che durante la vigenza del contratto stipulato tra lo stesso e la società sportiva egli è garantito economicamente da tale rapporto a ricevere la remunerazione economica
stabilita al momento della firma ma, alla scadenza del rapporto, è libero di accordarsi con una società interessata alle sue prestazioni se il vecchio club non gli propone un rinnovo o se glielo propone a cifre e condizioni da lui non gradite, senza che il nuovo club sia tenuto ad alcun indennizzo nei confronti della vecchia società d’appartenenza. Il maggior potere contrattuale raggiunto permette così al calciatore, in particolare se è di un certo livello, di non vivere più l’avvicinarsi della scadenza contrattuale come un momento delicato dato che anche se il club di appartenenza non gli propone un rinnovo in linea con le sue aspettative, egli avrà minor difficolta a trovare un’altra società disposta a tesserarlo perché non scoraggiata dall’esborso di un indennizzo economico al vecchio club.
Egli, al contrario, in pendenza di una scadenza contrattuale, potrà richiedere un rinnovo a condizioni potenzialmente più onerose per la società che, altrimenti, si troverà nella condizione sia di perdere le prestazioni sportive del giocatore sia di non poter ricavare alcun utile economico dalla sua cessione.
La sentenza Xxxxxx, inoltre, ha avuto come effetto quello di registrare un notevole incremento del valore delle retribuzioni dei calciatori proprio in virtù della maggior forza contrattuale da essi raggiunta.
La società sportiva, infatti, pur di non perdere a parametro zero il proprio giocatore sarà disposta a rinnovare più facilmente il contratto al calciatore alle condizioni da lui proposte per poi magare venderne il cartellino alle società interessate, ottenendo un ricavo monetario della sua cessione, invece di essere costretta a lasciarlo andar via gratuitamente.
La sentenza Xxxxxx è stata considerata generalmente portatrice di uno sviluppo positivo del calcio, ma l’aumento della libertà concessa ai calciatori di scegliere dove andare a giocare ha portato con sé, paradossalmente, anche instabilità e disuguaglianza. Le squadre piccole oggi non hanno più la possibilità di trattenere a lungo i loro giocatori più promettenti, che possono aspettare la scadenza del proprio contratto e trasferirsi gratuitamente all’estero. Di conseguenza, per non perdere possibili ricavi, le squadre minori vendono molto presto – finché sono in tempo – i loro giocatori più promettenti alle squadre più grandi, indebolendo le proprie formazioni. Le società più importanti, invece, possono far valere la propria forza economica e la loro immagine per ingaggiare senza troppe complicazioni i giocatori più forti e talentuosi, e questo genera una sorta di circolo vizioso per cui le società più forti e ricche lo saranno sempre di più e quelle più povere faticheranno sempre a colmare il divario economico e sportivo. Prima del 1995 non era raro che la Champions League venisse vinta anche da squadre meno ricche e note, come successe a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta alla Steaua Bucarest, alla Stella Rossa, al Xxxxxxxxx e all’Ajax. Oggi è molto più difficile che questo accada.
49 XXXXXXX E. , L'ordinamento giuridico del giuoco calcio, 2011
3.12 LO STATUS DEI CALCIATORI EXTRACOMUNITARI
Le vicende calcistiche che a seguito della sentenza Xxxxxx, hanno portato all’abolizione del limite massimo di giocatori comunitari tesserabili e schierabili presentano evidenti analogie con il problema riguardante i diritti degli sportivi stranieri e della loro efficacia in ambito sportivo.
Le dinamiche sviluppatesi però a partire dal caso Xxxxxx hanno come riferimento le disposizioni contenute nel Trattato C.E., in particolar modo quelle attinenti agli art. 48, 85 e 86 del Trattato legate al principio della libera circolazione dei lavoratori e al divieto di intese restrittive della concorrenza.
Le problematiche relative, invece, allo status giuridico dei calciatori extracomunitari hanno come riferimento le normative nazionali e internazionali che da un lato sanciscono il divieto di discriminazioni fondate sulla razza, sull’etnia o nazionalità ma dall’altro disciplinano e salvaguardano la limitazione degli ingressi dei lavoratori extracomunitari nei confini nazionali mediante una pianificazione dei flussi migratori. Bisogna innanzitutto evidenziare che il trattamento dei lavoratori sportivi extracomunitari e l’equiparazione degli stessi ai lavoratori comunitari è di competenza dei singoli stati membri dell’ Unione Europea e quindi essi hanno facoltà di dettare in via autonoma tutte quelle disposizioni legislative volte a regolamentare e a disciplinare l’ingresso, il soggiorno e il lavoro degli sportivi stranieri sul proprio territorio.
In Italia la questione dei diritti degli atleti professionisti extracomunitari nell’ ambito dell’ Ordinamento Sportivo è stata oggetto di di ricorso davanti ai giudici ordinari per effetto dell’ azione civile contro la discriminazione fondata sulla nazionalità ai sensi dell’art.44 del D.Lgs. 25 Luglio 1998 n. 286, noto come Decreto Turco- Xxxxxxxxxx, sottoposto a modifica dalla Legge 30 Luglio 2002,n.189.
La norma in questione ha sancito, infatti, che nel momento in cui il comportamento di un privato o della Pubblica Amministrazione causa una discriminazione di ordine razziale, etnico, nazionale o religioso, il giudice ordinario può ordinare su istanza di parte la cessazione del comportamento pregiudizievole e adottare qualsiasi tipo di provvedimento volto ad eliminare la discriminazione e a rendere nulli i suoi effetti.
La giustizia ordinaria ha così recepito l’orientamento più volte ribadito dalla Corte di Giustizia dato che, una volta configuratasi l’attività sportiva come attività economica, automaticamente essa si trova ad essere disciplinata dal diritto comunitario.
Chiaramente per potersi parlare di attività economica un requisito indispensabile posto
dall’ ordinamento comunitario è che qualsiasi soggetto che pratichi attività sportiva, per poter essere considerato un lavoratore, deve svolgere la propria attività in favore di un’altra persona o società o sotto la sua direzione in cambio della corresponsione di una remunerazione monetaria.
L’ evoluzione della Giurisprudenza ha portato, poi, all’ emanazione di una Legge volta a porre dei correttivi al D.Lgs. n.286/98, la cd. Legge Bossi-Fini.
Tale Legge si è occupata anche di diritto sportivo ed , in particolare, dell’ accesso alla pratica sportiva agonistica in Italia degli atleti extracomunitari.
L’art.27, comma 5-bis stabilisce in particolare che:” con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, su proposta del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI), sentiti i Ministri dell' interno e del lavoro e delle politiche sociali, è determinato il limite massimo annuale d'ingresso degli sportivi stranieri che svolgono attività sportiva a titolo professionistico o comunque retribuita, da ripartire tra le Federazioni sportive nazionali.
Tale ripartizione è effettuata dal CONI con delibera da sottoporre all'approvazione del Ministro vigilante. Con la stessa delibera sono stabiliti i criteri generali di assegnazione e di tesseramento per ogni stagione agonistica al fine di assicurare la tutela dei vivai giovanili.”
Il legislatore, quindi, per la prima volta, regola il cd. Contingentamento degli atleti stranieri, riconoscendo la qualità di lavoratore sportivo anche agli atleti stranieri dilettanti che pure in qualche modo svolgono attività sportiva retribuita, riconoscimento non invece concesso agli atleti dilettanti italiani.
4) Il CONTRATTO CALCISTICO
4.1 NOZIONI ED ELEMENTI ESSENZIALI
Dopo una attenta analisi delle fonti del Diritto Sportivo e del rapporto di lavoro sportivo subordinato in questo capitolo si analizzerà il contratto che andrà a suggellare il rapporto di lavoro tra società e professionista.
Si esamineranno le tematiche proprie del contratto: quali sono le parti del rapporto contrattuale, la costituzione del rapporto di lavoro, gli elementi essenziali e quelli secondari, i requisiti che esso deve avere, i profili di invalidità e nullità che lo possono colpire, i concetti chiave di prestazione e controprestazione con i rispettivi vincoli ed obbligazioni che sorgono in capo alle parti.
Come visto in precedenza, il rapporto di lavoro calcistico professionistico viene considerato dal legislatore come un rapporto di lavoro subordinato e come tutti i tipi di lavoro subordinato, anche quello sportivo trae origine da un contratto.
Tale contratto può essere definito come una fattispecie complessa che segue un iter di formazione progressiva: in primo luogo viene redatto un contratto in forma scritta conforme al contratto-tipo individuato dall’ Accordo Collettivo dei Calciatori, poi vi è il deposito del contratto presso le rispettive Federazioni ed infine la conseguente relativa approvazione da parte delle stesse.
Il contratto calcistico è tipico, consensuale, a titolo oneroso, formale, bilaterale, a prestazioni corrispettive e ad effetti obbligatori. 50
La tipicità di tale contratto deriva dal fatto che il legislatore ha previsto e disciplinato in ogni singola clausola tale negozio giuridico.
L’art. 4 della Legge Sportiva, infatti, richiede che il rapporto contrattuale venga costituito secondo il contratto tipo già predisposto, in conformità con l’accordo che viene stipulato ogni tre anni dalla federazione sportiva nazionale e dai rappresentanti delle categorie interessate.
51 L’art.3 invece prevede espressamente che la prestazione dell’atleta sia a titolo oneroso, dato che solo la caratteristica dell’onerosità fa si che i principi del diritto civile in materia di lavoro possano applicarsi al mondo sportivo.
Il contratto è consensuale dal momento che si perfeziona solo con il semplice consenso delle parti; per essere efficace però deve necessariamente possedere la forma scritta a pena di nullità, peculiarità che da il carattere formale a questo tipo di contratto.
Il contratto è a prestazioni corrispettive ad effetti obbligatori perché derivano obbligazioni reciproche per entrambe le parti: prestazione calcistica da una parte ed elargizione di un compenso monetario da parte del sodalizio sportivo, dall’altra.
È al tempo stesso bilaterale perché, come si intuisce facilmente, viene stipulato da due parti, il datore di lavoro, rappresentato dalla società calcistica ed il lavoratore subordinato, nella veste del calciatore professionista o dell’allenatore.
_
50 XXXXXXXXX X., Il contratto di lavoro sportivo,
51 Considerazioni sulla regola della forma scritta e sulle conseguenze della relativa violazione (Il lavoro subordinato sportivo- Il diritto sportivo- Sanino/Verde/ Cedam
4.2 LE SOCIETA’ CALCISTICHE
All’interno del rapporto di lavoro calcistico la parte datoriale è, come abbiamo visto, rivestita dalle società sportive professionistiche.
La loro disciplina giuridica è contenuta sia all’interno della legge 91/81 sul professionismo, sia nelle N.O.I.F. proprie della F.I.G.C.
Il Capo II della legge 91 (articoli 10 – 14), in particolare, si occupa di regolare la struttura delle società sportive e i loro rapporti con le Federazioni Sportive Nazionali. L’articolo 10 della legge 91, nell’originaria formulazione, prevedeva tassativamente la forma giuridica della società per azioni (S.p.A.) o della società a responsabilità limitata (s.r.l.) per le società che volessero stipulare un contratto di lavoro con atleti professionisti, e che inoltre tali società dovessero essere obbligatoriamente affiliate ad una Federazione Sportiva riconosciuta dal C.O.N.I.
Tale norma, poi, sanciva il divieto imposto alle società di ridistribuire i propri utili societari che, al contrario, dovevano essere obbligatoriamente reinvesti per le finalità legate all’ attività stessa.
Tutto ciò faceva emergere chiaramente come le società sportive avevano una forma giuridica solo all’ apparenza di società di capitali ma nella sostanza erano caratterizzate
da una disciplina giuridica peculiare legata al concetto di specificità dello sport.
L’ art. 12 statuiva inoltre che le società sportive dovevano essere necessariamente sottoposte a controlli periodici previsti dalle singole Federazioni Sportive Nazionali al fine di verificare il loro equilibrio economico- finanziario e di garantire quindi un regolare svolgimento delle competizioni agonistiche.
Quanto disciplinato dalle norme appena esaminate però è stato completamente modificato dalla Legge 586/ 1996 che ha portato delle innovazioni e modificazioni decisive nella materia oggetto d’ esame. 52
Tale norma ha ripristinato innanzitutto l’adozione da parte della società calcistica della forma giuridica di società di capitali avente scopo di lucro, affermando che solo una quota degli utili, almeno pari al 10% deve essere necessariamente reinvestita per la formazione tecnica e sportiva dei propri tesserati e destinata alla cura dei vivai e delle scuole giovanili di formazione oltre che per la promozione e la diffusione in generale della disciplina sportiva di riferimento. 53
La Legge poi ha stabilito anche che le società non devono necessariamente attenersi solo alla realizzazione di attività sportive ma possono anche portare avanti attività legate o strumentali a quella principale oggetto della ragione sociale, come ad esempio la promozione del marchio attraverso attività di sponsorship o merchandising.
Si è inteso, poi, anche attribuire all’ Organo del Co.vi.soc 54 la funzione di vigilanza e controllo sull’ equilibrio economico/ finanziario dei club professionistici ed escludere di conseguenza le Federazioni Nazionali dal controllo diretto e specifico sui singoli atti di gestione e organizzazione delle società sportive.
Le Federazioni, però, sono state legittimate ad esercitare un controllo per via indiretta, ovvero attraverso la concessione della possibilità di ricorrere all’ autorità giudiziaria nel caso in cui sospetti o venga a conoscenza di gravi irregolarità o inadempimenti da parte della dirigenza di una società calcistica nello svolgimento della propria attività agonistica, al fine di tutelare i soci, i creditori e i dipendenti e di assicurare un regolare andamento delle manifestazioni sportive calcistiche.
52Tale Legge è stata emanata in conseguenza dell’applicazione ormai internazionale della Sentenza Xxxxxx ed ha disciplinato una nuova struttura ed organizzazione delle società sportive professionistiche. La stessa, poi, ha riconosciuto lo scopo di lucro come fine primario delle società ed ha modificato il regime dei controlli delle attività relative ai club da parte delle singole Federazioni Nazionali, comportando un minor rigore nell’ adozione di tali controlli rispetto a quello che era stato sancito dalla precedente Legge n. 91/81
53 È importante sottolineare poi che la Legge 986/ 1996 è stata la prima norma che ha permesso alle società calcistiche professionistiche di essere quotate nei mercati finanziari internazionali.
54 La Co.Vi.So.C., ovvero la Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio Professionistiche, è l’organo interno della F.I.G.C. preposto alle attività di vigilanza e controllo sulle attività che garantiscono l’equilibrio economico/ finanziario da parte dei club calcistici.
Tale organo ha anche il potere di indagine e di intraprendere quindi sia inchieste che procedimenti disciplinari nei confronti delle società professionistiche affiliate alla Federazione Nazionale
4.3 L’ AFFILIAZIONE DELLA SOCIETA’ CALCISTICA ALLA LEGA NAZIONALE
L’art. 10 comma 4 della Legge 23 marzo 1981, n. 91 sul Professionismo Sportivo sancisce espressamente che “una società calcistica deve ottenere l’affiliazione da una o più Federazioni Sportive Nazionali riconosciute dal C.O.N.I. prima di procedere al deposito dell’atto costitutivo”.
Tale affermazione mette in evidenza come non si possa configurare un contratto come rapporto di lavoro sportivo se si stipulato un contratto tra un atleta ed una società calcistica che non abbia tale prerogativa.
L’ affiliazione, dunque, viene a rappresentare un atto giuridico indispensabile solo mediante il quale una società sportiva acquisisce lo status giuridico di soggetto proprio dell’Ordinamento Sportivo e, di conseguenza uno dei requisiti necessari perché una società sia idonea a firmare un contratto di lavoro sportivo valido ed efficace con un calciatore professionista.
Le Norme Organizzative Interne della F.I.G.C., in particolare, disciplinano che per poter ottenere l’ affiliazione alla Federazione Nazionale sportiva di riferimento le società sportive sono tenute a fare una richiesta al Presidente della Federazione contenente obbligatoriamente l’ atto costitutivo della società, lo Statuto Sociale, l’ elenco completo delle persone che compongono l’ organo direttivo dirigenziale, la dichiarazione di possesso di un campo di calcio idoneo ed in linea con tutti i requisiti richiesti dalla Federazioni.
Le società sportive, inoltre, devono avere per forza la veste giuridica di società per azioni o società a responsabilità limitata ed alla luce di tale elemento sono tenute a presentare alla Federazione anche l’atto che attesti la loro omologazione ed un estratto del libro dei soci.
Nel caso in cui la Società è stata quotata in borsa e faccia parte quindi mercati finanziari internazionali, la stessa è obbligata a comunicare alla Federazione entro 48 ore tutti i mutamenti che superino il 2% del capitale sociale nelle partecipazioni societarie e se
poi il capitale sociale di tali società è detenuto in misura superiore al 10% da società di capitali, la società è tenuta anche alla presentazione della documentazione necessaria ad identificare quali sono le persone fisiche che ne detengono i capitali.
I club, inoltre, sono obbligate a rinnovare ogni anno l’affiliazione alla Federazione nel momento in cui pagano la quota di iscrizione al campionato professionistico cui partecipano.
Le norme federali, inoltre, disciplinano espressamente anche i casi di decadenza o revoca dell’affiliazione di una società calcistica alla Federazione Nazionale.
La decadenza si realizza se le società calcistiche non intraprendono o se non terminano l’attività sportiva agonistica o se non provvedono alla corresponsione monetaria della tassa di rinnovo dell’affiliazione e di quella di partecipazione alla competizione sportiva agonistica.
La revoca dell’ affiliazione, invece, viene deliberata da parte della Federazione se una società calcistica pone in atto gravi violazioni dei principi sportivi posti alla base dello Statuto Federale, se mette in atto un comportamento reiterato e recidivo che va a configurarsi come illecito sportivo, se si rende moroso nei riguardi degli Enti Federali, di società affiliate, nei confronti dei propri tesserati e dipendenti o se porta avanti comportamenti vietati dalle norme del Consiglio Federale.
Le società, inoltre, possono essere soggette alla revoca dell’affiliazione alla Federazione di riferimento su proposta della Co.Vi.So.C in caso di messa in liquidazione della società ai sensi dell. Art.13 della Legge sul Professionismo Sportivo e in caso di dichiarazione o di accertamento da parte delle autorità giuridiche dello stato irreversibile di insolvenza e l’unico strumento che possono adottare per ricorre contro i provvedimenti di decadenza o di revoca emessi dal Presidente della Federazione Nazionale è quello di rivolgersi al Giudice Amministrativo 55 competente per materia o per territorio.
55 È opportuno a tal proposito fare riferimento alla “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto- legge 19 agosto 2003, n. 220, recante disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva”).
Tale norma sancisce la giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo in ambito sportivo e afferma che la competenza territoriale spetta al T.A.R. del Lazio in caso di controversie inerenti la decadenza e la revoca dell’affiliazione delle società calcistiche alla F.I.G.C.
4.4 I CALCIATORI nell’ Ordinamento Nazionale
Nei capitali precedenti si è visto come il contratto di lavoro sportivo calcistico sia un contratto bilaterale in cui due parti contrattuali si accordano per l’assunzione di obbligazioni a prestazioni corrispettive.
Le due parti sono rappresentate da un lato dalle società professionistiche, titolari di diritti ed obblighi nei confronti della controparte e dall’ altro dai calciatori professionisti.
Appare opportuno, quindi, dopo aver esaurito la trattazione inerente alle società professionistiche e alla procedura di affiliazione delle stesse alla Federazione Nazionale, illustrare la figura del calciatore professionista e del suo tesseramento in accordo con le disposizioni emesse dalle N.O.I.F. della
F.I.G.C. e dal Regolamento F.I.F.A. sullo status e il trasferimento dei calciatori.
L’ art. 27 delle N.O.I.F. della F.I.G.C., in particolare, sancisce una netta distinzione tra i calciatori tesserati presso la F.I.G.C. in tre categorie: i professionisti, i non professionisti o dilettanti e i giovani.
Le disposizioni dell’art. 28, inoltre, affermano una chiara ed esaustiva definizione del concetto di “professionista”.
Egli, infatti, è chi esercita un’attività sportiva con continuità, a titolo oneroso e quindi con fine di lucro ed è stato tesserato da una società professionistica affiliata alla Federazione Nazionale e appartenente alle Leghe Professionistiche.
Al 2 comma della stessa norma viene poi esplicitata la questione inerente alla sua assunzione che evidenzia come il rapporto tra professionista e società sportiva si costituisce mediante l’assunzione diretta e con la stipulazione di un contratto-tipo regolato in base agli Accordi Collettivi raggiunti tra la Federazione ed i sindacati di categoria.
Il 3 comma sempre dell’art. 28, poi, è importante perché fissa il limite dei 19 anni di età per la stipulazione del primo contratto da professionista di un calciatore, norma però che è sottoposta a numerose deroghe ai sensi dell’art. 33 N.O.I.F.
L’ art. 29, invece, della stessa norma illustra la definizione di “non professionista”; è considerato tale lo sportivo che esercita un’attività sportivo gratis, salvo la somma lorda annuale, il rimborso spese e le indennità previste ed è tesserato presso una società appartenente alla Lega Nazionale Dilettanti.
È considerato ancora non professionista il calciatore che gioca in particolari manifestazioni organizzate dalla L.N.D. a fini ricreativi o di propaganda, il calciatore di calcio a 5 e le calciatrici femminili, in quanto le Divisioni cui appartengono, rispettivamente Divisione Calcio a 5 e Divisione Calcio Femminile rientrano nella Lega Nazionale Dilettanti, così come deliberato dall’ art. 7 dello Statuto F.I.G.C.
È doveroso, inoltre, menzionare l’art. 31 N.O.I.F., il quale contribuisce a definire legalmente giovane un calciatore che ha dagli 8 ai 19 anni.
All’ interno di questa fascia d’età il giovane calciatore sarà legato alla società
per la quale è tesserato per la sola durata di una stagione sportiva al termine della quale è libero di potersi accasare presso un’altra società.
A partire dai quattordici anni d’ età, poi, la Federazione ha applicato nelle sue norme un ulteriore distinzione tra giovani calciatori: “i giovani dilettanti e i giovani di serie”.
La distinzione è costituita in base al tipo di club con cui il giovane calciatore è tesserato: se il tesseramento è avvenuto per una società appartenente alla Lega Nazionale Dilettanti si tratta di “giovane dilettante”, se invece il calciatore è tesserato presso un club associato ad una delle Leghe Professionistiche, si parla di “giovane di serie”.
A quest’ ultima categoria viene concessa la possibilità di stipulare il primo contratto da professionista con la società presso cui è tesserato al compimento dei 16 anni d’età, purché non sia a titolo temporaneo che lo legherà fino
ai 19 anni, età in cui il giocatore potrà vedere ricompensate le sue prestazioni con la disposizione di un rinnovo contrattuale da vero professionista o sarà lasciato libero di stipulare il contratto con un’altra società.
Il calciatore considerato, inoltre, “giovane di serie”, potrà ottenere la qualifica di calciatore professionista e stipulare quindi il suo primo contratto se colleziona almeno 10 partite tra Campionato e Coppa Italia in Serie A, se scende in campo 12 volte tra Campionato e Coppa Italia se gioca per una società di Seri B o se dispute almeno 13 gare tra Campionato e Coppa Italia se è tesserato presso una società di Lega Pro.
La procedura di tesseramento, al contrario, viene enunciata negli articoli della norma che vanno dal 39 al 42. 56
Le N.O.I.F., infatti, disciplinano che un calciatore professionista per ottenere ufficialmente il tesseramento presso la F.I.G.C. deve presentare una richiesta sottoscritta sui moduli ufficiali rilasciati dalla Federazione e nel caso si tratti di un minore essa deve essere presentata e firmata da un genitore o da un legale rappresentante della società. 57
L’ art. 40, invece, si occupa di vietare il tesseramento contemporaneo presso diverse società affermando che un calciatore al momento della stipulazione del contratto si obbliga a non svolgere l’attività sportiva agonistica in favore di un altro club diverso da quello per cui è tesserato e, al contrario, si vincola a prestare la propria attività lavorativa sportiva agonistica per il club con cui ha stabilito un rapporto contrattuale.
56 X. XXXXXXX, C. G. XXXX, X. XXXX, Diritto sportivo ,
57 X. XXXXXXXX, Il lavoro sportivo, in Riv. Dir. Sport., 1985.
4.5 I CALCIATORI nell’ Ordinamento Internazionale
Finora si è focalizzata l’attenzione sulle definizioni di calciatore espresse dalle norme
F.I.G.C. nazionali ma in tempi più recenti anche la F.I.F.A. a livello internazionale si è occupata di dare delle definizioni chiare e precise di calciatore professionista e dilettante nel Regolamento sullo Status e il Trasferimento dei calciatori.
Tale Regolamento definisce i calciatori negli art. 2, 3 e 4 della Parte II ed introduce dei concetti che non si erano trovati nelle norme proprie dell’Ordinamento Nazionale italiano.
È opportuno iniziare tale trattazione mettendo in evidenza l’art.2 del Regolamento che è costituto dall’ affermazione che i calciatori propri del cd. “Calcio Organizzato” si possono suddividere in dilettanti e professionisti.
Secondo la normativa F.I.F.A. Il calciatore professionista è colui che ha stipulato un contratto scritto con la società e che riceve una retribuzione da parte del club di gran lunga superiore alle spese sostenuto per lo svolgimento della prestazione agonistica mentre colui che pratica l’attività sportiva in maniera gratuita come hobby o che riceve solo un rimborso spese, viene definito dilettante.
La Normativa internazionale si differenzia dunque fortemente da quella Nazionale sia perché non fa alcun cenno al concetto di calciatori “giovani” 58 sia perché evidenzia come criterio predominante di differenziazione quello legato alla stipulazione di un contratto scritto tra le parti e quello legato al far prevalere l’ elemento dell’ onerosità della prestazione del professionista rispetto al dilettante non prendendo, al contrario, proprio in considerazione il requisito della continuità della prestazione alle
dipendenze di una società, tipico invece dell’ Ordinamento nazionale.
L’ analisi dell’art. 3 della Parte II del Regolamento, invece, ci mostra come la F.I.F: A. affermi che un qualsiasi calciatore professionista non ha la possibilità di acquistare di nuovo lo status di dilettante senza che siano trascorsi almeno trenta giorni rispetto alla sua ultima partita giocata da professionista.
L’ art. 4 del Regolamento, poi, si occupa della tematica della cessazione dell’attività calcistica. Xxxx xxxxxxxx che un qualsiasi calciatore, professionista o dilettante, nel momento in cui smette l’attività agonistica, resta tesserato per due anni e mezzo per la Federazione Nazionale di riferimento per l’ultima società con la quale era sotto contratto.
Le ragioni di tale estensione sono da ricercare nella volontà di far sapere al calciatore con quale club risulta tesserato nel caso in cui decidesse di riprendere l’ attività agonistica nel periodo successivo di 30 mesi dal ritiro, in quella di permettere al club di un’altra Federazione che intendesse acquisirne le prestazioni sportive di riattivare in maniera rapida il tesseramento del calciatore e in quella di permettere al club con il quale il giocatore ha firmato l’ ultimo contratto della sua carriera di ricevere in maniera agevole l’ indennità di preparazione qualora il calciatore, a patto che abbia meno di 23 anni, stipuli un nuovo contratto di lavoro sportivo con una diversa società calcistica professionistica. 59
58 La normativa regolamentare della F.I.F.A. infatti effettua esclusivamente la distinzione tra calciatori minori di 18 anni e quindi minorenni e calciatori maggiori di 18 anni.
59 L’art. 20 , infatti, del Regolamento F.I.F.A. sullo Status e sui Trasferimenti dei Calciatori ha stabilito la corresponsione di un’ indennità di formazione alle società calcistiche che hanno contribuito alla maturazione psico-fisica e all’istruzione tecnico-tattica di un calciatore dai 12 ai 21 anni.
Tale Indennità si è obbligati a corrisponderla nel momento in cui un calciatore viene tesserato per la prima volta da una società in qualità di professionista e anche nei casi in cui un calciatore professionista effettua un trasferimento presso una società di un’altra Federazioni prima della fine della stagione calcistica in cui il professionista compie 23 anni.
4.6 GLI ALLENATORI, I PREPARATORI ATLETICI E I DIRETTORI SPORTIVI NELL’ ORDINAMENTO SPORTIVO
L’ art. 2 della Legge n. 91/1981 ha provveduto, come già esaminato nei capitoli precedenti, a fornire un elenco completo ed esaustivo di coloro i quali possono esseri considerati degli “sportivi professionisti” e nella lista son stati ricompresi oltre chiaramente ai calciatori anche gli allenatori, i preparatori atletici e i direttori sportivi. La norma qualifica generalmente gli allenatori e i preparatori atletici come “tecnici” dal momento che essi rappresentano i soggetti a cui vengono affidate le mansioni più propriamente di ordine tecnico- sportivo.
L’ allenatore, infatti, viene assunto dalla dirigenza della società calcistica proprio per occuparsi dell’addestramento, dell’istruzione e dell’allenamento degli atleti mentre il preparatore atletico viene retribuito per il suolo ruolo di curatore della preparazione fisica dei calciatori.
Nell’ analisi, invece, della figura giuridica del direttore sportivo è stato evidenziato dalle norme federali come egli sia la figura preposta a svolgere tutte quelle attività relative all’ assetto organizzativo della società, come ad esempio la gestione dei rapporti contrattuali tra società e calciatori o tra società e collaboratori tecnici o la cura delle trattative tra dirigenza e calciatori o con altre società calcistiche professioniste relative ad acquisti, cessioni o trasferimenti dei calciatori.
La dottrina si è spesso interrogata sulla natura giuridica della prestazione lavorativa dell’allenatore o del direttore sportivo ed è arrivata alla conclusione che la stessa può essere accertata solo caso per caso dal giudice, chiamato ad applicare in tal senso i criteri forniti esclusivamente dalle norme nazionali di diritto del lavoro.
I rapporti normativi ed economici, invece, intercorrenti tra allenatori e direttori sportivi
e società calcistiche professionistiche sono state espressamente regolamentate dai rispettivi Accordi Collettivi di categoria, stipulati negli anni tra A.I.A.C. ( Associazione Italiana Allenatori di Calcio), ADISE ( Associazione italiana direttori sportivi e segretari) da una parte e F.I.G.C. e L.N.P dall’ altra al fine di disciplinare i rapporti tra gli stessi e
, in particolare, di garantire una tutela economica minima alle categorie appena citate.
4.7 .IL DEPOSITO DEL CONTRATTO E L’ APPROVAZIONE
601Un altro requisito formale richiesto dall’ Accordo Collettivo e anche dall’ art.93 delle
N.O.I.F. alle parti per la stipulazione di contratto di lavoro sportivo valido è dato dal deposito dello stesso presso la Lega di appartenenza della società.
L’art.3 dell’Accordo Collettivo è fondamentale in quanto stabilisce che l’onere del deposito spetterà in primis alla società che dovrà depositare il contratto entro cinque giorni dalla sottoscrizione e nei periodi di tesseramento previsti dall’ ordinamento federale presso la Lega competente per la relativa approvazione.
In caso di inerzia della società, invece, spetterà al calciatore stesso che potrà provvedervi direttamente entro 60 giorni dalla data di sottoscrizione, previa una tempestiva comunicazione alla società. Il tempestivo deposito del contratto è condizione necessaria per la sua approvazione. 61
Una volta che il calciatore o la società abbiano depositato il contratto tra loro stipulato presso la Lega competente, la Lega stessa dovrà procedere alla sua approvazione che si manifesta mediante il rilascio di un provvedimento che determini la validità di quel particolare contratto di lavoro. Il deposito e l’approvazione del contratto sono requisiti indispensabili per la partecipazione del calciatore alle partite della stagione sportiva. L’ approvazione è una condizione necessaria per la validità del contratto e può essere definita sia come un controllo di legittimità per la valutazione della compatibilità del
contratto con la legge sia come un provvedimento di controllo di merito sulle possibilità reali che la società abbia di adempiere agli obblighi assunti con il contratto. 62
Il Controllo di legittimità consiste essenzialmente nella valutazione della conformità delle clausole contrattuali rispetto a quelle previste dal contratto tipo: se si hanno clausole peggiorative, le stesse dovranno essere sostituite di diritto da quelle previste dal contratto; se si hanno clausole migliorative rispetto a quanto previsto nel contratto, queste andranno a sostituire quelle previste dal contratto-tipo, a patto che siano comunque conformi alle norme dell’ordinamento sportivo.
La fase di approvazione del contratto individuale di lavoro del calciatore professionista da parte della Lega di competenza, può concludersi con provvedimenti di diverso genere:
1) Approvazione espressa
2) Approvazione Tacita
3) Diniego dell’Approvazione
Si avrà approvazione espressa quando la Lega competente emette un provvedimento concreto di valutazione positiva e lo comunica immediatamente alla società professionistica e al calciatore. Il rapporto contrattuale sarà ufficialmente costituito a partire dal momento in cui le parti riceveranno tale comunicazione.
L’approvazione tacita si avrà invece quando la Lega competente non
emette alcun provvedimento (sia esso positivo, sia esso negativo) entro 30 giorni dalla data in cui viene depositato il contratto. In questo caso il mancato intervento da parte della Lega viene considerato come “silenzio/assenso”: l’approvazione, dunque, anche se tacita, sarà considerata come manifesta.
Il diniego dell’approvazione dalla Lega Nazionale si avrà, invece, in caso di mancato rispetto delle parti dei termini previsti per il deposito del contratto.
1
60 X. XXXXXX, Il contratto di lavoro sportivo
61 X. XXXXXXXXXX, Il contratto di lavoro sportivo professionistico, in Lineamenti di diritto
sportivo, a cura di X. XXXXXXXXXX, G. M. XXXXXX, X. XXXXXXXXXXXXX, Milano, 2008, Xxxxxxx Editore 62 In particolare il deposito del contratto permetterà alla Lega di controllare la stabilità economico/finanziaria delle società attraverso la valutazione, non solo del singolo contratto, ma anche di tutti i contratti stipulati dalla società con i
propri atleti professionisti.
4.8 DURATA DEL CONTRATTO
Il contratto tipo allegato all’Accordo Collettivo, stipulato tra F.I.G.C., Lega Nazionale Professionisti e Associazione Italiana Calciatori il 4 ottobre 2005 contiene l’indicazione di una durata contrattuale minima, stabilendo che il contratto individuale tra calciatore professionista e società sportiva deve intercorrere tra le parti almeno fino al 30 giugno della stagione sportiva in corso. 63
L’articolo 28 delle N.O.I.F. stabilisce poi come il contratto tra il calciatore e la società, non possa avere una durata complessiva superiore alle cinque stagioni sportive per il calciatore maggiorenne, e non superiore alle tre stagioni per i calciatori minorenni. Nel caso in cui il contratto abbia una durata superiore alle cinque stagioni per il calciatore maggiorenne e di tre per il calciatore minorenne, la sua durata sarà ridotta ex lege ai termini massimi previsti dall’ordinamento sportivo (tre e cinque anni).
Sia la Legge Sportiva, però, sia le N.O.I.F. han previsto e disciplinato la possibilità per il calciatore e per la società di rinnovare il contratto in pendenza della sua scadenza e si parlerà, quindi, di rinnovo o di prolungamento del contratto.
Si può dunque affermare che il contratto di lavoro individuale sottoscritto dal calciatore sia un contratto appartenente alla fattispecie dei contratti di lavoro a tempo determinato: il contratto cesserà di avere efficacia tra le parti nel momento in cui scadrà il termine finale dedotto all’interno di esso, o quello previsto dalla legge.
63) L’articolo 18 del Regolamento F.I.F.A. sullo status e il trasferimento dei calciatori, sancisce che “I contratti saranno conclusi per un periodo minimo che ha inizio alla data del tesseramento e finisce al termine della stagione regolare”.
4.9 PROFILI DI INVALIDITA’ DEL CONTRATTO
Il contratto di lavoro calcistico può essere viziato da ipotesi tassative di nullità e annullabilità.
L’ annullabilità del contratto calcistico si potrà avere in caso di:
1) Violenza: nel senso di minaccia di un male ingiusto al fine di estorcere la stipulazione del contratto al calciatore (art. 1434-1437 c.c.)
2) Dolo: nel caso in cui il calciatore venga indotto a stipulare un contratto con una società perché condizionato da artifici o raggiri (art. 1439-1440 c.c.)
3) Per errore: L’errore può portare all’ annullamento del contratto solo se riconosciuto dall’altro contraente o quando una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo o quando lo si considera essenziale.
4) L’art. 1429 c.c. individua 4 tassative ipotesi che spingono a considerare l’errore essenziale:
- Quando esso cade sulla natura o sull’oggetto del contratto
- Quando cade sull’ identità dell’oggetto della prestazione o su una sua qualità
- Quando esso cade sull’identità o sulle qualità della persona dell’altro contraente
- Quando si tratta di un errore di diritto
- Quando è stata la ragione unica o principale del contratto
Nella fattispecie tipica del rapporto di prestazione calcistica l’ipotesi più comune e problematica di errore è quella che può sorgere quando esso ricada sulle qualità professionali dell’atleta/ lavoratore.
Per quanto riguarda, invece, le ipotesi di nullità del contratto, si può certamente affermare che il contratto individuale di lavoro stipulato tra calciatore professionista e
società sportiva è indiscutibilmente nullo:
1) Quando è contrario nelle sue clausole alle norme imperative
2) Quando manchi uno dei requisiti essenziali individuati dall’ art. 1325 c.c. quali l’accordo delle parti, la causa, l’oggetto e la forma, se richiesta ad substantiam
3) Quando i motivi esclusivi della conclusione del contratto siano illeciti e comuni ad entrambe le parti
4) Quando la causa è illecita
5) Quando l’oggetto è illecito (quando il contratto è concluso con un calciatore che abbia un’età inferiore a quella prevista dalle norme statali e federali per la sottoscrizione di un contratto)
6) Quando l’oggetto è impossibile, indeterminato o indeterminabile 64
7) Quando manca la forma scritta richiesta ad substantiam (forma scritta, conformità a contratto tipo, deposito e approvazione federale)
8) Quando viene posta all’ interno del contratto una condizione, sospensiva o risolutiva, contraria a norme imperative, all’ ordine pubblico o al buon costume
Il Codice Civile ha disposto numerose norme in ordine ai contratti e ha sancito che un contratto nullo, vista la gravità della sua invalidità, è come se non fosse mai stato stipulato e quindi non sarà destinato a produrre alcuno degli effetti cui era destinato in origine. Un contratto annullabile, invece, produrrà effetti fino al momento in cui il giudice non ne accerti l’annullamento. Da quel momento in poi il contratto non avrà più efficacia e tutti gli effetti prodotti fino a quel momento verranno eliminati.
I principi e le regole dettate sui contratti dal Codice Civile ci fanno comprendere come sia nel caso di nullità, sia nel caso di annullabilità degli stessi, il contratto non produrrà in alcun modo effetti ex tunc, ovvero in via retroattiva sin dal momento in cui viene stipulato.
Il nostro codice prevede una deroga particolare in riferimento al contratto di lavoro: L’ art. 2126 c.c. sancisce infatti che “La nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non produce effetti per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullità non derivi dall’illiceità dell’oggetto o della causa. Se vi sono violazioni di norme poste a tutela del prestatore di lavoro, questi ha diritto comunque alla retribuzione”.
La norma dispone una deroga al principio dell’efficacia ex tunc, in quanto prevede che l’invalidità dichiarata del contratto di lavoro abbia al contrario efficacia ex nunc: il contratto, quindi, non produrrà più alcun effetto solo dal momento in cui ne viene accertata l’invalidità.
L’ art. 2126 c.c. deve ritenersi applicabile anche al rapporto di prestazione calcistica: se un calciatore sottoscrive un contratto invalido, viene mantenuto immutato il suo diritto di ricevere il compenso pattuito finché non viene accertata l’invalidità del contratto.
L’ art. 28 delle Norme Organizzative Interne della F.I.G.C. da una definizione precisa di calciatore professionista. Esso afferma che “Sono qualificati “professionisti” i calciatori che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità, tesserati per società associate nella Lega Nazionale Professionisti, ovvero di Serie A, Serie B e Lega pro.”
64) L’indeterminatezza o l’indeterminabilità dell’oggetto del contratto si potrebbe ritenere sussistente quando
non viene
individuata la mansione per la quale il lavoratore viene assunto. Occorre però ricordare che nei confronti del calciatore non si applica la normativa prevista dall’articolo 2103 del codice civile che obbliga il datore di lavoro a specificare la mansione di assunzione. Quindi, ove il calciatore venga destinato ad un ruolo diverso rispetto a quello per cui è stato assunto, non potrà essere dichiarata la nullità del relativo contratto.
4.10 REQUISITI SOGGETTIVI PER LA STIPULAZIONE DEL CONTRATTO
Nel paragrafo precedente si sono analizzati gli elementi essenziali del contratto, ovvero quegli elementi oggettivi che non possono mancare in un contratto di lavoro subordinato calcistico, a pena di nullità o annullabilità, a seconda dei casi.
Tuttavia affinché un calciatore professionista possa instaurare un valido rapporto contrattuale con la società, egli deve possedere alcuni requisiti soggettivi, in mancanza dei quali il contratto non avrà alcuna efficacia sia inter partes sia erga omnes.
Il primo requisito che egli deve possedere è rappresentato dalla “Capacità Lavorativa”, ovvero la capacità giuridica a prestare concretamente l’attività lavorativa.
La legge sul professionismo sportivo, però, non ha disciplinato giuridicamente a quale età il calciatore acquisti la capacità lavorativa, quindi quale sia l’età minima a cui è permesso al calciatore di stipulare un valido contratto di lavoro calcistico.
La Legge non ha dettato alcuna norma specifica a riguardo e quindi per i calciatori professionisti varranno le stesse norme dettate in via generale per qualsiasi lavoratore. Un primo riferimento normativo è rappresentato dall’ art.3 della Legge 17 ottobre 1967
n. 977 che riconosce una piena ed effettiva capacità giuridica al lavoro a coloro i quali abbiano assolto l’obbligo scolastico e abbiano compiuto il quindicesimo anno di età. La
F.I.G.C. però, così come altre Federazioni Sportive Nazionali, ha però previsto all’ interno dei regolamenti federali un’età superiore per l’accesso alla professione sportiva di calciatore. L’ art. 28 comma 3 delle N.O.I.F. ha infatti stabilito che i calciatori che abbiano compiuto i 19 anni nell’ anno precedente a quello in cui ha inizio la stagione sportiva di riferimento, possono stipulare liberamente il loro primo contratto di lavoro sportivo con una società calcistica appartenente alla Lega Nazionale Professionisti o alla Lega pro.
Eccezione a questa regola è rappresentata dalla concessione a quei calciatori con la
qualifica di “giovani di serie, ossia i giovani che vanno dai 14 ai 19 anni d’età, tesserati per una società professionistica. Essi avranno il diritto di stipulare il primo contratto da professionisti con la società per la quale sono tesserati, purché non a titolo temporaneo, al compimento dei 16 anni.
Un altro fondamentale requisito soggettivo che il calciatore professionista deve rispettare per poter stipulare un contratto calcistico professionistico è quello del “Tesseramento” alle dipendenze di un sodalizio associato nelle Leghe Professionistiche. L’atto del tesseramento è costituito dall’ iscrizione presso la Federazione dello sport praticato, effettuata direttamente dall’ atleta oppure mediante un’associazione sportiva alla quale sia iscritto.
Il tesseramento consiste in una semplice apposizione di una firma su un modulo già prestampato e permette allo sportivo di acquisire lo status di atleta professionista e il conseguente vincolo all’ assoggettamento alle norme dell’Ordinamento Sportivo.
Esso quindi è un presupposto indispensabile del rapporto di lavoro calcistico, la cui mancanza implica una invalidità ed un’inefficacia assoluta, insanabile e con efficacia ex tunc del rapporto contrattuale.
La materia del tesseramento è disciplinata sia dal Regolamento F.I.F.A. a livello internazionale sia da norme F.I.G.C. a livello nazionale.
Il Regolamento F.I.F.A su Status e Trasferimento Calciatori disciplina questa materia in numerosi articoli del Capo III che vanno dal n.5 al n.11.
L’ art.5 afferma il principio generale secondo cui ogni giocatore che voglia intraprendere una stagione calcistica in un club professionistico deve essere necessariamente essere tesserato in una Federazione Nazionale.
Il tesseramento quindi è un “passaggio” indispensabile per entrare a far parte della comunità calcistica e con il suo perfezionamento l’atleta accetta di aderire allo Statuto ed ai Regolamenti Fifa, delle Confederazioni e delle Federazioni.
Lo stesso articolo nel comma successivo sancisce anche l’imposizione di due limiti al tesseramento dei calciatori: il primo è rappresentato dal fatto che un calciatore può essere tesserato solo per una società alla volta, il secondo è che egli può essere tesserato per un numero massimo di tre squadre nell’arco di una sola stagione ma potrà giocare in gare ufficiali solo per due società sportive.
L’art.6 sancisce invece che i calciatori possono essere tesserati solo in due periodi dell’anno: il primo che comincia dopo il termine della stagione agonistica e si conclude solitamente prima dell’inizio della nuova stagione calcistica la cui durata massima concessa è di 12 settimane e il secondo che si ha a metà stagione e può durare per un massimo di 4 settimane.
L’ art.7 si occupa del “Passaporto del Calciatore”, così chiamato perché è un documento particolare che, in presenza di un trasferimento internazionale, la Federazione Nazionale che provvede al tesseramento del calciatore dovrà fornire obbligatoriamente alla società che manifesti interesse nell’ usufruire delle sue prestazioni sportive.
Il “Passaporto” conterrà tutte le informazioni principali sull’ atleta e indicherà tutte le società per le quali il calciatore è stato tesserato a partire dai dodici anni al fine di avere una ricostruzione di tutta la trafila giovanile del calciatore per determinare l’esatto ammontare dei premi e delle indennità di addestramento e formazione dovute alle società che han contribuito alla maturazione psicofisica del giovane dai dodici ai ventitré anni.
L’art.9 del Regolamento Fifa specifica che un calciatore professionista può essere tesserato presso una diversa Federazione solo dopo che essa abbia ricevuto il
Certificato di Trasferimento Internazionale (C.T .I.), il cosiddetto “Transfer” dalla Federazione di provenienza.
Il Transfer deve essere rilasciato perché rappresenta un requisito indispensabile per poter iniziare la stagione agonistica con la nuova società, in mancanza del quale il calciatore non può essere convocato e scendere in campo e deve essere rilasciato in maniera gratuita senza particolari condizioni e limiti temporali.
A livello nazionale la materia del tesseramento è disciplinata dagli articoli che vanno dal 36 al 42 delle N.O.I.F.
Ai sensi dell’art. 36 del regolamento federale sono tesserati dalla F.I.G.C.
a) i dirigenti federali;
b) gli arbitri;
c) i dirigenti ed i collaboratori nella gestione sportiva delle società;
d) i tecnici;
e) i calciatori.
Per i calciatori “professionisti”, la norma dispone che il tesseramento avrà efficacia dalla data dell’arrivo o del deposito della documentazione presso la Lega competente In particolare l’art.40 prevede una serie di limitazioni al tesseramento dei calciatori, sia italiani sia stranieri: la prima che viene enunciata è che gli arbitri e gli allenatori professionisti non possono tesserarsi come calciatori.
La seconda, molto importante per una sana maturazione psicofisica del giovane atleta, è che i giocatori minori di sedici anni possono essere tesserati solo da società che hanno sede nella regione in cui essi risiedono con la propria famiglia, salvo deroghe concesse dal Presidente Federale riguardo il tesseramento di giovani che abbiano compiuto almeno 14 anni e proseguano gli studi fino all’ adempimento della scuola dell’obbligo.
Un altro divieto sancito dall’art.40 è quello del tesseramento contemporaneo di un calciatore presso più società: in caso di una pluralità di richieste, infatti, sarà considerata valida quella depositata o pervenuta prima presso la Federazione sportiva nazionale. Al calciatore che sottoscrive più richieste di tesseramento per diverse società si applicano le sanzioni previste dal Codice di Giustizia Sportiva.
L’art.40 svolge, poi, anche un’altra funzione fondamentale: detta limitazioni specifiche riguardanti il tesseramento e l’utilizzo di calciatori di diversa nazionalità da parte delle società calcistiche nazionali.
Il 6° comma dell’articolo sancisce fondamentalmente il principio secondo cui possono essere tesserati dalla F.I.G.C. calciatori comunitari ed extracomunitari solo a condizione che sia rilasciato il C.T.I. (Certificato Internazionale di Trasferimento) dalla Federazione estera di origine, con l’indicazione specifica dello status di “professionista” o di “non professionista”.
Finora abbiamo analizzato il contratto calcistico visto dalla parte del calciatore, sottoposta a obblighi, vincoli, divieti e limitazioni ma è necessario anche esaminare lo stesso dalla parte della società professionistica, che, come vedremo, deve possedere determini requisiti per poter stipulare un contratto valido ed efficace.
Il primo obbligo che è in capo alla società professionistica è quello della affiliazione.
L’ art. 10 del comma 4 della Legge 91/81 dispone, infatti che “prima di procedere al deposito di un atto costitutivo ex art. 2330 c.c., la società deve ottenere l’affiliazione ad una o più federazioni sportive nazionali espressamente riconosciute dal CONI”.
L’affiliazione è l’atto giuridico fondamentale attraverso cui la società sportiva acquisisce lo status giuridico di soggetto dell’ordinamento sportivo.
L’art. 15 delle N.O.I.F. contiene la disciplina dell’affiliazione: la società che intende
ottenere un’affiliazione è tenuta ad inoltrare al Presidente Federale una apposita domanda sottoscritta dal legale rappresentante e corredata dall’atto costitutivo e statuto sociale, dall’ elenco nominativo dei componenti l’organo direttivo e dalla dichiarazione di un idoneo campo di gioco.
L’art. 16 disciplina invece la revoca e o la decadenza dell’affiliazione disponendo che le società calcistiche professionistiche decadono dall’ affiliazione alla F.I.G.C. in due determinati casi:
1) se non prendono parte o non portano a termine, a seguito di rinuncia o esclusione, l’attività ufficiale
2) se non provvedono al versamento della tassa di rinnovo dell’affiliazione e della tassa di partecipazione all’attività
Se invece spostiamo la nostra analisi dalla figura del calciatore a quella dell’allenatore e delle altre figure professionali che operano nel mondo del calcio offrendo delle prestazioni a titolo continuativo ed oneroso è necessario esaminare l’art.2 della Legge 91/81.
Le figure degli allenatori, dei direttori tecnico-sportivi e dei preparatori atletici svolgono compiti di direzione, controllo tecnico-tattico e preparazione fisica degli atleti. La figura più importante da analizzare è quella dell’allenatore, di cui non esiste una definizione legislativa vera e propria la possiamo ricavare dalle indicazioni che ci fornisce l’ordinamento sportivo.
4.11 LA COSTITUZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO: L’ ASSUNZIONE DIRETTA
Dopo aver esaminato quali sono le parti che stipulano un contratto calcistico professionistico è necessario ora considerare tale rapporto lavorativo nel momento della sua costituzione.
Le modalità tipiche della conclusione del contratto, così come disciplinate dal legislatore all’epoca dell’entrata in vigore della Legge n. 91/1981 rappresentano
un’eccezione rispetto alle normali regoli vigenti in materia di assunzione del lavoro. 65 L’ art. 4 della Legge sul professionismo sportivo, statuisce, infatti, che la costituzione del rapporto di lavoro si realizza mediante Assunzione diretta, esclusa l’applicabilità degli art.33 e 34 della Legge 20 maggio 1970, n.300, il cd. Statuto dei Lavoratori, sul collocamento.
L’ assunzione diretta consiste in una chiamata proveniente direttamente dalla società che intende avvalersi delle prestazioni sportive del calciatore.
Nel rispetto dell’art.4 della Legge 91/81, infatti, ogni rapporto di prestazione sportiva a titolo oneroso e quindi anche quello tra calciatore e società, si costituisce mediante assunzione diretta e con la stipulazione di un contratto avente forma scritta e conforme al contratto tipo predisposto in seguito all’ Accordo Collettivo stipulato ogni tre anni dalla Federazione Sportiva Nazionale e dai rappresentanti delle categorie interessate.
65) Nell’ epoca storica in cui tale disposizione era stata emanata essa rappresentava una deroga al principio generale per cui l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro dovesse svolgersi sotto il controllo pubblico, al fine di evitare discriminazioni nell’ accesso al lavoro e abusi a danno dei lavoratori.
Oggi, terminato il processo di liberalizzazione del sistema delle assunzioni (decreto legislativo n. 297/2002 e di sburocratizzazione dei processi di incontro tra domanda e offerta a seguito del decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276 noto come “Legge Biagi”, la disposizione dell’art.4 ha perso quella forza innovativa che la caratterizzava.
4.12 L’ AGENTE DEI CALCIATORI
Prima di affrontare la trattazione della figura giuridica dell’agente dei calciatori, ora chiamato intermediario calcistico, è necessario evidenziare che la dottrina non è stata in grado ad oggi di conformarsi ad una definizione univoca della natura giuridica dell’incarico conferito per procura dai calciatori agli agenti per la cura e la tutela dei propri interessi in ambito contrattuale.
L’ unico riferimento normativo presente attualmente nell’ ordinamento giuridico sportivo nazionale è il Regolamento Agenti della Federazione Italiano Giuoco Calcio.
Tale Regolamento è stato emanato in accordo agli obblighi internazionali secondo i quali ogni Associazione nazionale è tenuta alla redazione di un proprio regolamento che disciplini il soggetto giuridico degli agenti dei calciatori.
Tale norma regolamentare deve essere approvata dalla Commissione F.I.F.A. per lo status del Calciatore e deve obbligatoriamente contenere tutti i principi e le regole
sancite dallo Statuto e dai Regolamenti F.I.F.A.
Le norme esposte in tale regolamento sanciscono che gli agenti sono necessariamente delle persone fisiche non tesserate presso la F.I.G.C. ma operanti in regime di liberi professionisti.
Il loro legame con la Federazione Nazionale è costituito dall’ obbligo per l’agente di sottoscrivere e conformarsi alla clausola compromissoria che lo vincola a sottostare al controllo, alle procedure ed al giudizio disciplinare degli organi federali indicati nel regolamento e ad accettare l’efficacia di ogni tipo di provvedimento che può essere eventualmente adottato nei loro confronti.
L’ agente dei calciatori, anche come conosciuto come procuratore sportivo è il soggetto giuridico che svolge la funzione principale di curare gli interessi dell’atleta rappresentato nel corso del rapporto di lavoro sportivo stipulato con le società calcistiche. 66
Tale attività è pero subordinata al conferimento da parte dell’ atleta professionista di un regolare e valido mandato di rappresentanza che autorizza e legittima il procuratore a farne le veci, con maggiori competenze giuridiche ed economiche, sia nella fase che precede la stipulazione del contratto consistente nella ricerca di una società disposta ad ingaggiare il giocatore, sia nella fase di conclusione del rapporto contrattuale e anche in quella successiva costituita dall’ attuazione e dallo svolgimento del rapporto di lavoro.
In un primo momento l’ordinamento giuridico sportivo faceva una distinzione tra procuratore sportivo / agente dei calciatori e agente F.I.F.A., il primo legittimato a curare gli interessi del calciatore in ambito esclusivamente nazionale, il secondo autorizzato a svolgere tale compito anche in ambito internazionale.
Al giorno d’ oggi, invece, le modifiche introdotte con l’emanazione del nuovo Regolamento Nazionale Agenti F.I.G.C. hanno fatto confluire i due soggetti giuridici in un’unica figura unitaria, quella dell’Agente dei Calciatori.
Essi sono caratterizzati da una cosiddetta soggettività riflessa dato che la loro soggezione alle norme proprie dell’ordinamento sportivo nazionale è data dalla sottoscrizione della già citata clausola compromissoria e non dal tesseramento, come avviene per gli altri soggetti di diritto caratterizzanti l’ordinamento sportivo quali calciatori, allenatori o dirigenti.
Gli agenti, d’altronde, non sono parte dell’ordinamento sportivo ma sono vincolati a seguirne i principi e le regole nel momento in cui essi sottoscrivono la clausola compromissoria e si assumono la responsabilità di tutelare gli interessi economici dei calciatori che rappresentano. 67
La principale funzione svolta dagli agenti, come già accennato, infatti, è proprio quella di curare e promuovere i rapporti intercorrenti tra i calciatori e le società professionistiche sportive oppure quella di promuovere i rapporti tra due diverse società finalizzati alla stipula di un contratto di cessione o di trasferimento di un calciatore.
La riforma del 2007 del Regolamento Agenti Calciatori, oltre a riunire i procuratori sportivi e gli agenti F.I.F.A. nell’ unica figura dell’agente di calciatori, ha anche riformato una norma propria del Regolamento che vietava ad un calciatore professionista di farsi rappresentare soggetti non iscritti all’ albo dei procuratori sportivi. 68
Le innovazioni in tal senso , infatti, han fatto si che pur restando in vigore il divieto per le società e per i club di farsi assistere nella stipulazione di contratti di lavoro sportivi da agenti non iscritti al Registro degli Agenti presso la F.I.G.C. essi possono comunque ricorrere alle prestazioni professionali di un avvocato, regolarmente iscritto nell’ apposito albo, ed anche in via eccezionale farsi rappresentare da un genitore, da un fratello o da un coniuge, a patto che tale mandato di rappresentanza sia esplicitamente riportato sul contratto stipulato.
Si pensi, infatti, al calciatore della Juventus, Xxxxxxx Xxxxxxx, che si fa curare i propri interessi dal fratello Xxxxxxxx o al caso ancora più curioso del capitano dell’Inter Xxxxx Xxxxxx, il quale ha lasciato il suo storico agente per farsi rappresentare, con grande successo visto il rinnovo contrattuale che è riuscito a strappare alla dirigenza nerazzurra, dalla bellissima moglie Xxxxx Xxxx.
Il Regolamento Federale, inoltre, permette all’ Agente dei Calciatori di svolgere le proprie mansioni professionali di rappresentanza non solo in favore di calciatori professionisti ma anche di assistenza e di supporto nei confronti di società professionistiche al fine di coadiuvare i club nell’ acquisto, nel tesseramento o nella cessione di calciatori, a patto che tale incarico non venga a realizzare dei palesi conflitti d’ interessi con la sua principale attività di agente dei calciatori.
Le norme del Regolamento sanciscono inoltre che l’agente è legittimato a svolgere la propria attività lavorativa a livello imprenditoriale e quindi attraverso la costituzione di una società tendenzialmente a responsabilità limitata nella quale conferire la pluralità dei suoi diritti patrimoniali ed economici.
L’ art. 4 del Regolamento Agenti F.I.G.C., in particolare, ammette tale concessione a patto che vengano rispettati determinati requisiti e condizioni quali l’autorizzazione scritta da parte del calciatore, la fattispecie che la rappresentanza legale della società spetti in capo all’ Agente e che l’oggetto e la ragione sociale di tale società coincida totalmente ed esclusivamente con l’attività da procuratore sportivo.
La stessa F.I.G.C., poi, attraverso il proprio Regolamento Agenti dei calciatori ha disciplinato le modalità di acquisizione della licenza di Agente ed i requisiti che i soggetti che ne fanno richiesta devono possedere.
I soggetti abilitati ad effettuare la richiesta di iscrizione allo specifico albo degli Agenti, infatti, devono essere necessariamente maggiorenni, devono avere almeno la licenza di scuola media superiore, non devono aver subito fino a quel momento sanzioni e squalifiche da parte del C.O.N.I., della F.I.G.C. o della F.I.F.A. e , soprattutto, devono aver superato con successo la prova d’ esame prevista dalla Federazione per attestare e verificare la preparazione dei futuri agenti sugli Statuti, sui Regolamenti e sulle Disposizioni della Federazione nazionale e sui principi e sulle norme internazionali aventi come oggetto lo status e il trasferimento dei calciatori. 69
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66 In tal senso è opportuno consultare le disposizioni del Regolamento Agenti della F.I.G.C.
67 X. XXXXXXX, I procuratori sportivi nell’evoluzione del diritto dello sport , in Riv. Dir. Sport., 1999
68 DI XXXXXXXXX X.,” Il ruolo dell’Agente di Calciatori tra ordinamento sportivo e ordinamento statale” , Cacucci Editore, Bari, 2007.
69 Tale prova d’ esame si svolge due volte l’anno su indicazione della Commissione Agenti di Calciatori
4.13 DIRITTI E DOVERI DEI CALCIATORI E DELLE SOCIETA’
La legge 91/81 sul professionismo sportivo ci ha manifestato come nell’ambito del rapporto contrattuale si instaurino reciproci diritti e doveri da parte dei calciatori e delle società.
A) DOVERI DEL CALCIATORI
Il rapporto di lavoro calcistico, come ogni altro rapporto subordinato, è caratterizzato dall’etero determinazione dell’attività lavorativa, ovvero dall’ obbligo a carico del prestatore di lavoro di osservare le direttive impartite dal datore di lavoro o dai suoi superiori, applicando la diligenza richiesta dalla natura della prestazione lavorativa dovuta.
L’art. 2104 del c.c. infatti ha sancito che “Il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall’ interesse dell’impresa e da quello superiore della produzione nazionale.
Deve inoltre osservare le disposizioni per l’esecuzione e la disciplina del lavoro impartite dall’ imprenditore e dai suoi collaboratori da cui dipende”.
La norma è stata anche recepita dall’ art. 10 al comma 1 dell’Accordo Collettivo del 2005 per i calciatori professionisti di Serie A e Serie B e fa assumere all’ atleta l’obbligo di adempiere alla propria prestazione sportiva nell’ ambito dell’organizzazione predisposta dalla società e con l’osservanza delle istruzioni tecniche impartite per il conseguimento degli scopi agonistici. 70
Gli obblighi di diligenza ed obbedienza del calciatore si ritrovano in particolar modo negli art. 9 e 10 dell’ Accordo Collettivo: il calciatore deve curare la propria integrità psicofisica e si deve astenere dal mettere a repentaglio la sua incolumità e la sua condizione atletica e per questo motivo la Società calcistica ha diritto a chiedere alla società la riduzione del suo compenso fino al 50% o la risoluzione del contratto se la condotta di vita sregolata del calciatore ne pregiudica l’ adempimento dell’ impegno che si è assunto.
Un ulteriore obbligo imposto dalla società al calciatore viene menzionato nell’ art. 10 al comma 4 che legittima il sodalizio sportivo ad imporre prescrizioni vincolanti sul comportamento di vita dell’ atleta: dovere di un certo tipo di alimentazione, obbligo di indossare l’abbigliamento ufficiale della società, dovere di un certo atteggiamento nei confronti della stampa e qui possiamo citare l’ esempio classico dei silenzi-stampa imposti dalla società ai propri tesserati in determinate occasioni.
L’ultima specificazione degli obblighi di diligenza ed obbedienza rinviene dall’ art. 10 al comma 6: esso pone in particolare il divieto di interferenza ed opposizione del calciatore nelle scelte tecniche, gestionali ed aziendali della società per la quale egli è tesserato.
È una previsione funzionale a sancire l’obbligo per il calciatore di seguire le istruzioni tecnico/ tattiche dell’allenatore, figura scelta proprio per collocare in campo l’atleta, senza possibilità di contestazione da parte di questi.
L’ art. 2105 c.c. prevede per i lavoratori subordinati un obbligo di fedeltà verso il proprio datore di lavoro, norma che viene recepita all’ interno dell’Accordo Collettivo nell’ art.10 comma 2 e che stabilisce che il calciatore è tenuto ad osservare strettamente il dovere di fedeltà nei confronti della società che lo ha tesserato.
L’obbligo di fedeltà si estrinseca in vari divieti in capo all’ atleta: vi è il divieto di concorrenza, innanzitutto, poi quello di divulgazione delle notizie riguardanti la società spogliatoio e, infine, quello di attuare illeciti sportivi e comportamenti scorretti.
Il divieto di concorrenza, in particolare, è caratterizzato dalla preclusione per l’atleta di prestare una qualsiasi attività agonistica per conto di un’altra società sportiva. Tale obbligo però vede una serie di limitazioni ed eccezioni, tipo il dovere per il calciatore di rispondere alla convocazione da parte della propria squadra Nazionale.
Il divieto di divulgazione delle notizie sensibili per la società si riferisce invece a tutte le informazioni che attengono all’ organizzazione del gioco, inteso come allenamenti, schemi e tattiche scelte dall’ allenatore così come a tutte le strategie commerciali della società, come quelle relative agli acquisti o le cessioni da realizzare o alla stipulazione di contratti di sponsorizzazione o pubblicità.
Un altro obbligo cui è tenuto il calciatore è quello di astenersi dal tentativo o dal compimento di un illecito sportivo. Il tentativo o la realizzazione di una combine sarà sanzionato gravemente dalla Federazione e dalla Giustizia sportiva; il mancato rispetto della norma avrà come conseguenze sanzioni sia nei confronti della società sia nei confronti dei calciatori, in virtù del principio generale secondo cui le società sportive sono oggettivamente responsabili per gli illeciti sportivi commessi dai propri tesserati. L’ obbligo di fedeltà nel calcio è finalizzato quindi, come abbiamo visto, a creare un
vincolo di fiducia tra il calciatore e la società sportiva ma esprime anche un dovere generico di correttezza e buona fede volto a contrastare comportamenti che possono ledere l’immagine del mondo calcistico.
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70)X. XXXXX e X. XXXXXXX, Gli effetti del nuovo Accordo Collettivo sul rapporto di lavoro del calciatore
B) XXXXXXX DEL CALCIATORE
L’Accordo Collettivo dei calciatori stipulato nel 2005 ha previsto, negli art. 18 e 19, una serie di disposizioni inerenti al diritto dei calciatori a riposi settimanali ed annuali volti a garantire il recupero funzionale delle loro capacità fisiche e morali. 71
Un altro diritto che spetta al calciatore è quello allo svolgimento della propria attività lavorativa. La costrizione del datore di lavoro a far rimanere inattivo il proprio dipendente è un motivo di richiesta di risarcimento del danno inteso sia come danno alla professionalità sia come danno alla personalità e alla salute del lavoratore, fattispecie che rientrano nel cd. danno biologico.
L’ art.7 comma 1 dell’Accordo Collettivo dei calciatori riconosce un particolare diritto al calciatore professionista, quello di non poter essere escluso dal ritiro precampionato e dagli allenamenti della prima squadra senza un giustificato motivo accertato dal Collegio Arbitrale.
L’art. 12 dell’Accordo Collettivo riconosce infatti al calciatore escluso dal ritiro precampionato o dagli allenamenti in maniera illegittima da parte della società che ne detiene il cartellino, il diritto di diffidare la società chiedendo il proprio reintegro nella rosa. Alla società viene concesso un termine di tre giorni per il reintegro in rosa del calciatore; se questo termine non viene rispettato il calciatore ha la possibilità di adire il Collegio Arbitrale per richiedere di essere reintegrato in rosa o di risolvere il contratto individuale di lavoro. 72
L’art 12 al comma 2 ci dice, inoltre, che in entrambi i casi il calciatore avrà il diritto di richiedere un risarcimento del danno in misura non inferiore al 20% della sua retribuzione annuale lorda.
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71) Occorre naturalmente ricordare che nel calcio moderno la vicinanza degli impegni agonistici delle squadre (soprattutto di quelle di Serie A che partecipano, oltre che al Campionato e alla Coppa Italia, anche alle competizioni Europee ed internazionali) e la sempre maggiore necessità delle società di rispettare i palinsesti televisivi, ha portato alla conseguenza che le partite ufficiali vengano giocate in giorni diversi dalla domenica: si pensi ai posticipi o agli anticipi di partite al sabato o al lunedì, o al fatto che le partite della Serie B italiana a partire dalla stagione sportiva 2006/2007 vengono disputate di sabato pomeriggio. Indipendentemente da tutti questi
fatti, il diritto al giorno di riposo settimanale non sarà comunque mai pregiudicato, potendo esso essere determinato in giorno diverso
72)M.T. SPADAFORA, Diritto del lavoro sportivo
C) OBBLIGHI DELLA SOCIETA’
- RETRIBUZIONE
La società sportiva che stipula un contratto di prestazione sportiva calcistica con un atleta professionista si impegna ad assumere numerosi obblighi e doveri nei confronti di questi, il principale dei quali è proprio quello di corrispondere una retribuzione parti a quella pattuita nel contratto.
L’art.4 dell’Accordo Collettivo definisce la retribuzione come il compenso pattuito tra la società sportiva ed il calciatore che deve essere indicato nel contratto, a pena di nullità. 73
La retribuzione del calciatore professionista è costituita da due parti:
- una quota fissa, statuita al momento della stipulazione del contratto che non può mai scendere sotto la quota delle retribuzioni minime previste ogni anno per ciascuna categoria professionistica e che si stabilisce di volta in volta in base al campionato cui la società prende parte.
- Una quota variabile, che non può mai superare il 50% della parte fissa e che è legata al raggiungimento degli obiettivi posti dalla società ad inizio stagione (conquista di titoli, coppe, diritto di accesso a Coppe
Xxxxxxx) o al conseguimento di risultati individuali (numero di assist effettuati, numero di goal segnati, bonus presenze raggiunte)
L’ art.5 svolge, invece, il compito di disciplinare le modalità attraverso le quali la retribuzione deve essere corrisposta al calciatore, senza possibilità di sospensioni o riduzioni: la parte fissa deve essere saldata in 12 rate mensili di uguale importo mentre la parte variabile deve essere pagata secondo le specifiche modalità previste nel singolo contratto.
Il pagamento deve essere effettuato per mezzo di assegni circolari presso la sede della società o mediante bonifico bancario. Nel caso in cui la società non provveda al pagamento della retribuzione per di un mese, il calciatore avrà diritto alla rivalutazione monetaria in base all’ indice dei prezzi calcolato dall’ ISTAT per la scala mobile per i lavoratori dell’industria e agli interessi legali che si devono calcolare sull’ importo lordo che decorre dal primo giorno successivo a quello in cui il pagamento doveva effettuarsi per essere puntuale.
I calciatori poi hanno diritto ad un’ulteriore retribuzione, quella derivante dallo sfruttamento dei propri diritti d’ immagine e quella derivante dal ruolo pubblicitario o di testimonial.
73) Tale previsione si ricollega a quanto disposto dall’articolo 36 della Costituzione che statuisce la necessità per ogni lavoratore di una retribuzione che comunque sia sufficiente a garantire a lui e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
TUTELA ASSICURATIVA
Ogni società calcistica, oltre all’ obbligo retributivo nei confronti dei propri dipendenti, ha anche un obbligo assicurativo, come disciplinato dall’art.8 della Legge 91/81, il
quale recita così:” “le società sportive professionistiche devono stipulare una polizza assicurativa individuale a favore degli sportivi professionisti contro il rischio della morte e contro gli infortuni, che possono pregiudicare il proseguimento dell’attività sportiva professionistica, nei limiti assicurativi stabiliti in relazione all’età ed al contenuto patrimoniale del contratto, dalle Federazioni Sportive Nazionali, d’intesa con i rappresentanti delle categorie interessate”. 74
74) X. XXXXXXXXXX, La previdenza dei calciatori, in Inform. Prev., 1997, n.7, 661.
TUTELA LOGISTICA
Altri doveri della società professionistica nei confronti dei propri calciatori sono disciplinati dall’ Accordo Collettivo.
L’ art.7, ad esempio, impone alle società sportive professionistiche l’obbligo di dover fornire ai propri calciatori attrezzature idonee alla preparazione atletica e a garantire ad essi un ambiente professionale (spogliatoio, palestra, sala massaggi) adeguato alla loro dignità professionale. In caso di inottemperanza di tali obblighi la società calcistica può esser considerata inadempiente e può essere considerata responsabile degli infortuni eventualmente incorsi ai propri calciatori.
L’ art. 7 svolge, però, anche il compito di stabilire che la società ha l’obbligo di fornire al calciatore adeguati mezzi di trasporto, vitto e alloggio in caso di trasferte e ritiri.
TUTELA SANITARIA
La legge n. 91/1981 ha apprestato, a favore dello sportivo professionista, anche un regime di tutela sanitaria: l’intrinseca pericolosità infatti che caratterizza ogni attività sportiva ha infatti reso necessaria una cura scrupolosa e meticolosa della salute dello sportivo.75
Sulle società sportive incombono oltre ai doveri ordinari di sicurezza tipici di ogni datore di lavoro, determinati obblighi specifici in relazione alla certificazione di idoneità alla pratica sportiva, al controllo sanitario periodico, all’ istituzione e all’ aggiornamento di apposite schede sanitarie.
L’art.7 della suddetta Legge, inoltre, prevede l’istituzione di una scheda sanitaria per ogni sportivo professionista, che deve essere aggiornata ogni semestre e che costituisce una condizione indispensabile per l’autorizzazione allo svolgimento delle attività sportive da parte delle singole Federazioni Nazionali. 76
Il fine di questa norma voluta con forza dal legislatore è proprio quello di voler garantire un monitoraggio costante ed efficiente delle condizioni di salute dell’atleta professionista sia al momento iniziale dell’attività sia durante lo svolgimento delle prestazioni agonistiche. 77
La responsabilità della tutela della salute degli sportivi professionisti spetta al medico sociale della società professionistica, la quale, però. In caso di inadempienza, negligenza o imperizia da parte del medico, non sarà esonerata dalla responsabilità e sarà chiamata a pagare i danni eventualmente patiti dall’ atleta, come disposto dall’ art. 2087 c.c., in forza del quale il datore di lavoro viene obbligato ad assicurare al lavoratore le condizioni minime di sicurezza. 78
La società, pertanto, può essere chiamata in causa civilmente in relazione al mancato rispetto degli obblighi di osservanza della tutela sanitaria del proprio medico sociale e, se lo ritiene, in un secondo momento, può esercitare azione di rivalsa nei suoi confronti.
75) La tutela della salute dello sportivo professionista (Il Diritto Sportivo Sanino/Verde- Cedam- 2015)
76) X. XXXXXXXXX, La tutela della salute nell’attività sportiva: aspetti previdenziali e
prevenzionali , in Riv. Dir. Sport, 1985
77) Il calciatore da parte sua è tenuto, in ogni caso, a fornire alla società piena informazione sui trattamenti anche medicinali ricevuti, trasmettendo a tal fine ogni relativa documentazione medico/sanitaria.
In caso di malattia o d’infortunio non occorso sul lavoro, il calciatore deve avvertire la società ed inviarle entro
tre giorni il certificato medico attestante l’inabilità.
78) X. XXXXXXXX, Tutela della salute nelle attività motorie e sportive, in Quaderni di Diritto delle Attività Motorie e Sportive, Maggioli Editore, 2004
TUTELA PREVIDENZIALE
Ai sensi dell’Art. 46 delle N.O.I.F. e dell’Art. 17 dell’Accordo Collettivo, le società professionistiche devono iscrivere i propri calciatori sia all’ E.N.P.A.L.S. che all’ I.N.P.S. ai fini dell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità e la vecchiaia e dell’assistenza contro le malattie.
Esse sono tenute a versare i contributi previsti dalla Legge a tali enti previdenziali, nell’ ordine in cui è stato previsto dall’ art.9 comma 4 della Legge sul Professionismo Sportivo che afferma che i due terzi dell’obbligo contributivo spettano alla società ed un terzo al calciatore.
È prassi, però, nel calcio che la società versi i contributi previsti anche per la parte a carico del singolo calciatore, trattenendo la somma versata in rivalsa della retribuzione versata.
Caso peculiare del calcio, poi, è l’obbligo che le società professionistiche hanno di versare ulteriori contributi ai propri calciatori presso un fondo appositamente costituito presso la F.I.G.C., chiamato “Indennità di fine carriera”.
L’art. 20 dell’Accordo Collettivo stabilisce nello specifico che le società dovranno versare un contributo a loro carico del 6,25% sulla retribuzione xxxxx xxxxx xxxxxxxxxxx effettivamente al calciatore e un contributo dell’1,25% a carico del calciatore che sarà trattenuto in rivalsa nel limite del massimale previsto per i calciatori dagli enti previdenziali nel fondo di “Indennità di fine carriera”. Tale indennità spetterà al calciatore in un’unica soluzione solo quando il calciatore terminerà il rapporto contrattuale con la sua ultima squadra professionistica, appartenente, cioè, alla Lega Nazionale di Serie A, di Serie B o alla Lega Pro. 79
79) X. XXXXXXXXXX, La previdenza dei calciatori, in Inform. Prev., 1997, n.7, 661.
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4.14 CONSEGUENZE DI INADEMPIMENTO DELLE PARTI
Ogni tipo di contratto, come analizzato finora, ha peculiari caratteristiche che lo caratterizzano: una delle principali è, senz’altro, il suo essere vincolante per le parti che lo ha stipulato. Esse, infatti, avranno l’obbligo di adempiere alla prestazione pattuita, secondo il brocardo latino Pacta Sunt Servanda, pena la produzione di determinate conseguenze sancite nel codice civile.
L’inadempimento delle clausole previste nel rapporto contrattuale tra calciatore professionista e società sportiva è regolato dalle norme presenti nell’ Accordo Collettivo dei calciatori firmato dai loro rappresentanti sindacali.
4.15 INADEMPIMENTO DEL CALCIATORE
L’art.11, in particolare, rubricato “Inadempimenti e Clausole Penali”, sancisce che nel caso di inadempimento del calciatore, la Società ha a disposizione vari provvedimenti di natura disciplinare: l’ammonizione scritta, la multa, la riduzione della retribuzione, l’esclusione temporanea dagli allenamenti o dalla preparazione precampionato e la risoluzione del contratto. 80
In primis, la società tende a comminare un’ammonizione scritta direttamente entro 20 giorni dal momento in cui viene a sapere della violazione o dell’inadempimento.
Tale pratica, però, può avvenire solo dopo aver effettuato una contestazione scritta
dell’addebito e dopo aver sentito la difesa del calciatore entro 5 giorni dalla contestazione.
L’ ammonizione ha la funzione di monito, di avvertimento al calciatore di non effettuare in futuro lo stesso inadempimento che gli viene contestato. È un’azione a carattere intimidatorio, preventivo, volta ad evitare che il calciatore ripeta lo stesso errore che sarà eventualmente punito in forma più grave.
La multa, invece, ha un valore più grave rispetto all’ ammonizione e può essere applicata sempre dalla società entro 20 giorni dal momento in cui viene a conoscenza del fatto, sempre post contestazione scritta dell’addebito ed ascolto della difesa del calciatore nei 5 giorni successivi alla contestazione. Condizione imprescindibile per comminare la multa è che l’importo previsto non superi il 5% di 1/12 della retribuzione fissa annuale lorda.
Un provvedimento sanzionatorio ben più gravoso è, al contrario, la riduzione della retribuzione che può essere applicata in vari modi.
La riduzione della retribuzione non può superare il 50% della retribuzione dovuta in quel lasso di tempo in caso di squalifica da parte della Giustizia Sportiva.
Il quantum della riduzione viene statuito in base alla parte fissa della retribuzione, alla natura del comportamento che ha causato la squalifica ed al valore del pregiudizio arrecato alla Società in termini di immagine e reputazione. Tale disciplina però tiene conto di alcune eccezioni che trovano spazio nella pratica comune del calciatore: in caso di squalifica per doping, di illecito sportivo o di squalifica per calcio-scommesse, la riduzione della retribuzione può nel caso essere pari alla totalità della retribuzione, fissa e variabile, che spetterebbe all’ atleta stipendiato nel periodo di durata della squalifica.
Unico limite a questa disciplina è rappresentato dalla Tabella di Minima Retribuzione, al di sotto della quale la retribuzione minima non può scendere.
Il quarto provvedimento che la società può emettere nei confronti della Società Calcistica è l’esclusione temporanea del calciatore dagli allenamenti o dal ritiro precampionato. Esso è in realtà disposto dal Collegio Arbitrale, su espressa richiesta motivata della società solo in vaso di gravi violazioni o inadempimenti dei propri obblighi da parte del calciatore.
L’ultimo provvedimento di cui può disporre la società è la risoluzione del contratto. La fattispecie più ricorrente di richiesta di risoluzione del contratto da parte della società al Collegio Arbitrale è quella che si verifica in caso di malattia o grave infortunio che prevede una degenza superiore ai 6 mesi o che dipende da colpa grave o condotta di vita sregolata da parte del calciatore tesserato.
80) X. XXXXXX, X. XXXXXXX, Lezioni di diritto sportivo, Xxxxxxx, Milano, 2009
4.16 INADEMPIMENTO DELLA SOCIETA’
L’ Inadempimento contrattuale della società, invece, è regolato dall’ Accordo Collettivo dei calciatori, in particolare dagli art. 12 e 13, rubricati rispettivamente con il nome di Azioni a tutela dei diritti del calciatore e Morosità.
L’art. 12 che tutela i diritti del calciatore prevede la possibilità per i calciatori tesserati di richiedere un risarcimento del danno e/o la risoluzione del contratto, qualora venga provato che la Società abbia violato gli obblighi contrattuali.
L’art. 13, al contrario, svolge la funzione di disciplinare i casi di morosità della società calcistica, quali, ad esempio, la mancanza di fornitura di attrezzature idonee alla preparazione tecnica e atletica del calciatore, di fornitura di un ambiente di lavoro adeguato alla dignità e alla professionalità dell’atleta o la lesione del diritto del calciatore a partecipare agli allenamenti ed al ritiro estivo.
In caso di violazione di tali obblighi, il calciatore è legittimato a diffidare per iscritto la Società di appartenenza con l’invito ad adempiere alle proprie mancanze ed in caso di mancato adempimento della società entro 3 giorni dalla diffida, egli può adire il Collegio Arbitrale per ottenere, a seconda dei casi, la reintegrazione in rosa oppure la risoluzione del contratto.
Sia che ottenga la risoluzione del contratto, sia che ottenga il reintegro in rosa, il calciatore ha diritto ad un risarcimento del danno non inferiore al 20% della parte fissa della retribuzione lorda annuale.
4.17 LA CESSIONE DEL CONTRATTO CALCISTICO
La cessione del contratto ordinario è un istituto disciplinato dagli art. 1406- 1410 c.c. che hanno il compito di definire tutti i principi e le regole che caratterizzano tale argomento.
Ad una prima analisi, appare evidente che la cessione del contratto può essere stipulata a titolo oneroso o a titolo gratuito così come presuppone che il contratto ceduto sortisca ancora i suoi effetti e non abbia già dato luogo al suo risultato finale.
Nel caso specifico del contratto calcistico professionistico, esso è stato disciplinato dalla Legge sul Professionismo Sportivo, in particolare dall’art.5 al 1° e 2° comma. 81
Il 1° comma recita che il contratto degli sportivi professionisti non può superare i 5 anni di durata e che viene ammessa la successione di contratti a termine tra le stesse parti mentre il 2° comma ammette la cessione del contratto prima della scadenza del termine di risoluzione da una società sportiva ad un’altra, previo consenso della controparte e osservazione delle modalità fissate dalle Federazioni Sportive Nazionali.82
Le principali norme che stabiliscono tali modalità sono gli art. 95, 102 e 103 delle NOIF. L’ art. 95 sancisce che l’accordo di un trasferimento di un calciatore o la cessione del contratto di un calciatore “professionista” devono essere redatti per iscritto, a pena di nullità, tramite l’utilizzo di moduli specifici rilasciati dalle Leghe o per via telematica. Afferma, inoltre, che un calciatore non può tesserarsi, sia a livello definitivo che a livello temporaneo, per più di tre diverse società ma potrà giocare gare ufficiali di campionato o coppa solo per due società.
L’ accordo per il trasferimento o la cessione di contratto deve essere sottoscritto, a pena di nullità, da coloro i quali possono impegnare in maniera valida le società contraenti agli effetti sportivi e nei rapporti federali, nonché dal calciatore o da chi ne esercita la potestà genitoriale, in caso di minore età.
L’ Art. 102 sancisce che tra le società associate alle Leghe Professionistiche è ammessa, in pendenza di rapporto, la cessione del contratto stipulato con calciatore professionista a condizione che questi dia un consenso scritto.
La cessione può avvenire a titolo definitivo o temporaneo solamente nei periodi stabiliti dal Consiglio Federale. Il rapporto conseguente alla cessione del contratto a titolo definitivo può avere una scadenza diversa da quella del rapporto costituito con contratto ceduto. Sempre l’art. 102, poi, afferma che possono essere inserite clausole che prevedano un “premio di rendimento” da erogare a favore della società cedente negli accordi di cessione definitiva di contratto.
L’ordinamento sportivo, in ogni caso, ha disciplinato regole e norme specifiche per i contratti professionistici calcistici: in primo luogo ha sancito quale deve essere l’iter da seguire per la formazione del contratto, che si basa sulla “Variazione di Tesseramento”, che deve essere firmata dalla società cedente, dalla società cessionaria e dal calciatore ceduto e rappresenta il contratto di cessione del contratto, sul cd. Documento di variazione di tesseramento, nel quale sono specificati gli emolumenti pattuiti tra società cedente e cessionaria e i tempi e le modalità di pagamento e il contratto di lavoro sportivo tra la società cessionaria e il calciatore, elemento fondamentale nella vicenda
negoziale per due motivi: il primo è che il nuovo contratto di lavoro determinerà la variazione del tesseramento del calciatore mentre il secondo è che proprio sulla base di esso le Leghe Nazionali decideranno la concessione o meno dell’ esecutività al nuovo rapporto contrattuale, valutando se la società cessionaria sia a livello economico in grado di rispettare gli obblighi che ha deciso di assumersi nei confronti della società cedente e del calciatore professionista.
In secondo luogo, è stato ordinato che l’accordo avente ad oggetto la cessione di contratto di calciatori professionisti deve essere depositato entro il termine di 5 giorni dalla stipulazione e non oltre il termine previsto dalle norme regolamentari per le cessioni di contratto, quali il 31 agosto per la sessione estiva e il 31 gennaio per la sessione invernale. 83 Le norme impongono degli obblighi e dei doveri, inoltre, alle parti contrattuali, le quali non hanno la possibilità di condizionare legittimamente l’efficacia della cessione all’ esito di una visita medica o al rilascio di un permesso di lavoro e devono convenire la cessione se il rapporto contrattuale tra la società cedente e il calciatore non è scaduto.
Nel caso in cui vengono a mancare tali obblighi a carattere formale o vengano violati tali requisiti, si determina l’inefficacia assoluta della cessione di contratto e quindi viene impedita la realizzazione del trasferimento dell’atleta da una società all’altra.
Tale trasferimento, peraltro, non necessariamente sarà a titolo definitivo ma potrà anche essere a titolo temporaneo, cioè per un periodo di tempo limitato (ad es. una stagione agonistica), trascorso il quale il calciatore tornerà obbligatoriamente alla società sportiva di appartenenza.
81 X. Xxxxxxxxxx, Il Diritto Sportivo, Giappichelli Editore, 2009.
82 Il termine di durata massima, se messo in correlazione alla durata complessiva della carriera di un'atleta, può apparire eccessivo; tuttavia, tale termine, in fondo, oltre a soddisfare l'interesse delle società a non vincolarsi troppo a lungo con atleti che magari possano deludere, per qualsiasi motivo, le aspettative agonistiche su di loro riversate, fa comodo anche agli stessi sportivi, I quali molto spesso preferiscono sottoscrivere contratti di durata non troppo lunga per la convinzione di migliorare in futuro le proprie prestazioni agonistiche e di ricevere, quindi, da nuove squadre offerte di trattamenti economici più vantaggiosi, oppure per sfruttare l'opportunità di ritrovare in futuro I giusti stimoli agonistici eventualmente nel frattempo perduti in nuovi club.
83) Le NOIF della FIGC disciplinano la cessione del contratto stabilendo, all'art. 102, che la cessione del contratto di un calciatore professionista debba essere fatta per iscritto e che la stessa possa essere a titolo definitivo o temporaneo; al successivo art. 103, è previsto, poi, che la cessione temporanea abbia durata pari ad una sola stagione sportiva, salvo il rinnovo tra le stesse società per la stagione successiva.
4.18 IL RECESSO ANTE-TEMPUS DEL CONTRATTO DI LAVORO SPORTIVO
Nelle ipotesi di contratto a tempo determinato, prima della scadenza del termine, sono consentite due tipi di scioglimento del contratto, una è la risoluzione consensuale del contratto, l’altra è il recesso unilaterale per giusta causa, ovvero di una situazione che rende impossibile per una delle parti proseguire negli impegni assunti con la stipulazione del contratto.
Non è possibile schematizzare le ipotesi di giusta causa di recesso dato che esse saranno suscettibili di valutazione caso per caso ma ci sono dei casi paradigmatici che è bene mettere in evidenza come , ad esempio, un’ esclusione reiterata dei calciatori dalla rosa dei convocati da parte dell’allenatore o della società o dalla lista dei calciatori da portare in ritiro per preparare la stagione agonistica dal momento che tale azione integra la fattispecie della lesione del diritto alla prestazione agonistica dell’ atleta. Altre ipotesi di giusta causa sono delineate dagli accordi collettivi: l’ Accordo Collettivo FIGC-AIC-LNP per i calciatori professionisti di Serie A e B, per esempio, statuisce che una giusta causa è la morosità della società oltre determinati limiti temporali e che sia il calciatore sia la società abbiano il diritto di recedere dal contratto in caso di violazione degli obblighi contrattuali assunti in origine con la clausola ulteriore che prevede il diritto del calciatore ad ottenere il risarcimento del danno in misura non inferiore al 30% della retribuzione lorda annua.
Se, al contrario, non vi è giusta causa, il recesso si configura come illegittimo ed ha come conseguenza l’obbligo del risarcimento dei danni in favore della controparte adempiente.
L’art. 1223 c.c. disciplina il caso in cui è la società sportiva a recedere in maniera ingiustificata e sostiene che l’atleta tesserato ha diritto alla spettanza di tutta la retribuzione che avrebbe percepito se il rapporto fosse continuato fino al termine che era stato pattuito, sempre con la possibilità di detrarre quanto il lavoratore abbia percepito a livello di compenso monetario o che avrebbe potuto percepire dopo il
licenziamento da una nuova occupazione che ha trovato o che avrebbe potuto trovare usando l’ordinaria diligenza.
Nel caso in cui sia lo sportivo professionista, invece, a recedere dal contratto senza una giusta causa nei confronti della società, egli sarà tenuto ugualmente a risarcire il danno eventualmente patito dalla società 84 che, nella maggior parte dei casi sarà determinato convenzionalmente grazie all’ inserimento nel contratto di una clausola penale o di una multa penitenziale.
84) Va detto, tuttavia, che se in astratto è sempre possibile il recesso unilaterale dello sportivo professionista, in concreto esso è fortemente scoraggiato a causa delle pesanti sanzioni previste dall'ordinamento sportivo in caso di recesso senza giusta causa, che possono culminare nel rifiuto, da parte della Federazione, del tesseramento presso una nuova società.
4.19 LA RISOLUZIONE CONSENSUALE DEL CONTRATTO E LA CLAUSOLA RESCISSORIA
Si è diffusa negli ultimi anni sempre più frequentemente l’apposizione di una clausola speciale nei contratti calcistici in occasione di tesseramenti o trasferimenti di elementi considerati top-player a livello mondiale: la cd. clausola rescissoria.
Tale clausola, il cui nome più corretto sarebbe clausola di recesso, consente all’ atleta di recedere dal contratto in qualsiasi momento, previo esborso di cifre esorbitanti, sproporzionate rispetto al reale valore, comunque già elevato, del giocatore. 85
Essa trae origine dalla normativa spagnola e, in particolare, dall’ art. 16 del Real Decreto 1006/1985 che permette l’inserimento nel contratto calcistico di una clausola di risoluzione che preveda il versamento di una multa penitenziale come corrispettivo del recesso anticipato ed ingiustificato. 86
Indennizzo che, nel caso in cui non si trovasse un accordo consensuale tra le parti, verrà stabilito dal giudice del lavoro sulla base di criteri specifici.
La ratio della norma consiste proprio nella volontà di conciliare la libertà contrattuale dell’atleta sportivo con la tutela degli interessi economici della società che si vedeva privata dell’atleta professionista, concedendo al calciatore di risolvere anticipatamente il contratto ed al club l’ottenimento di un indennizzo economico.
L’ utilizzo della clausola rescissoria ha spesso, però, incontrato molte critiche da parte della dottrina perché apponendo clausole di recesso elevatissime, chiaramente sproporzionate rispetto al reale valore del calciatore, si tendeva non tanto a prevedere un indennizzo per il club, motivo per cui la clausola nasceva giuridicamente, ma soprattutto a dissuadere gli altri club rivali ad ingaggiare il giocatore oppure a ottenere somme incredibilmente alte in caso di cessione del calciatore, venendosi a realizzare un abuso di diritto a tutti gli effetti da parte delle società.
In altri casi la critica ha evidenziato l’inadeguatezza di tale clausola per il motivo opposto, ovvero che causasse una svalutazione del valore del giocatore, arrecando un pregiudizio alle società che avevano formato ed istruito il giovane calciatore.
Ciò è accaduto perché spesso la clausola rescissoria veniva apposta a calciatori al primo contratto da professionista, magari alla prima esperienza in prima squadra e quindi, ovviamente, la somma stabilità al momento del contratto non rispettava quel che era il valore effettivo del calciatore, non potendosi conoscere il processo di maturazione del giovane con il conseguente miglioramento delle prestazioni agonistiche ed aumento del prezzo del cartellino.
85) X. XXXXXXXXXX, Lineamenti di Diritto Sportivo, a cura di Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxx Xxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxxxx, Xxxxxxx Editore, 2008
86) X. XXXXXXXXX, La natura della clausola di rescissione spagnola e l’indennità di rottura contrattuale prevista
dal Regolamento F.I.F.A., reperibile sul Web all’ indirizzo xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx
5) IL CONTRATTO DI SPONSORIZZAZIONE
5.1 IL FENOMENO DELLA SPONSORIZZAZIONE
Il Xxxxxxx Xxxxxxx ha origine nella tradizione linguistica latina in cui la figura dello sponsor era rappresentata da un garante, un soggetto che si assumeva la responsabilità di assicurare l’adempimento di un soggetto terzo configurando quindi un esempio di responsabilità solidale con il debitore principale.
Nella tradizione anglosassone, però, la figura dello sponsor non ha rappresentato più la valenza originaria del termine ed è stata associata man mano prima a quella di colui che si assume la responsabilità di patrocinare un’ iniziativa economica e in un secondo momento a quella del finanziatore della stessa, mostrando in maniera chiara che maggiore era la fama e la celebrità dell’ impresa e dei soggetti che di volta in volta venivano finanziati, maggiore era il prestigio e la notorietà di cui lo sponsor si trovava a beneficiare.
Riportando tale istituto giuridico ai nostri giorni appare evidente come ogni singolo aspetto dell’attività economica a livello internazionale venga a contatto con il tema della sponsorizzazione e della pubblicità.
Il fenomeno attuale della sponsorizzazione, infatti, è caratterizzato dalla presenza dello sponsee, un soggetto che si obbliga ad associare alla propria persona o alla propria attività il nome, il logo o qualsiasi altro segno distintivo di un altro soggetto e dello sponsor, soggetto che ritiene di accrescere la propria notorietà sul mercato attraverso tale procedimento di sponsorizzazione con finalità commerciali.
Ebbene innanzitutto sottolineare che l’istituto della sponsorizzazione può coinvolgere principalmente tre settori:
1) Il Settore Sportivo
2) Il Settore Artistico- Culturale
3) Il Settore Radio- Televisivo
Il tema della Sponsorizzazione ha avuto notevole diffusione principalmente nel settore sportivo, in particolare in quello calcistico, sia per la grandissima notorietà di tale area presso il grande pubblico di potenziali consumatori sia per la particolare accuratezza e disciplina nella gestione della propria immagine commerciale sia da parte delle società sportive professionistiche sia dei singoli calciatori, allenatori e dirigenti.
Notevole successo ha riscosso la sponsorizzazione anche presso altri sport come la Formula Uno e il Motociclismo, aventi diffusione mondiale grazie al sistema di trasmissione televisiva satellitare mentre sport individuali come Sci, Golf o Tennis hanno visto la diffusione perlopiù di sponsorizzazioni tecniche in cui produttori di materiale e abbigliamento offrono contratti di sponsorizzazione agli atleti più celebri del panorama internazionale per trasmettere il messaggio della qualità dei propri prodotti, “scelti” e promossi dai migliori giocatori. 87
Nel secondo Dopoguerra si è assistito alla propagazione del fenomeno dell’associazione di un logo o di segno distintivo proprio di un’azienda con finalità economiche ad una società sportiva o ad un singolo atleta.
Tali abbinamenti ebbero tale successo in molte occasioni che addirittura si arrivò a qualificare e a denominare il team sportivo proprio con il nome dell’azienda sponsorizzatrice, tipici esempi di ciò sono rappresentati dalle squadre di pallavolo e pallacanestro, che ancora adesso presentano una denominazione ufficiale sociale abbinata a quella dell’azienda che in modo maggiore le sponsorizza.
Tale contratto di sponsorizzazione sportiva prevede espressamente un’ obbligazione dello sponsor al pagamento di un corrispettivo monetario in denaro o dal pagamento dell’ iscrizione del club al campionato professionistico cui intende partecipare o alla fornitura di tutto il materiale tecnico e sportivo necessario per affrontare la stagione sportiva agonistica e parimenti una controprestazione da parte dello sponsee caratterizzata dall’ obbligo dello stesso a mettere in evidenza in tutte le fasi dell’ attività agonistica, compreso l’ allenamento, il logo simbolo dell’ azienda.
Ciò può avvenire tramite l’ apposizione del nome o del simbolo identificativo dello sponsor su T-Shirt Ufficiali di gara, T-Shirt di allenamento, divise ufficiali del Team e
qualsiasi altro materiale legato al Merchandising della società sportiva ma anche sui cartelloni pubblicitari dello stadio o del palazzetto dove la squadra professionistica si esibisce affinché possa raggiungere il numero più ampio possibile di potenziali consumatori e acquirenti dei prodotti dell’ azienda o della società che ha stipulato il contratto di sponsorizzazione sportiva.
La dottrina ha messo in evidenza come si può suddividere il tema della sponsorizzazione in 3 micro-argomenti:
1) La Sponsorizzazione Tecnica
2) La Sponsorizzazione di Settore
3) La Sponsorizzazione Extra-Settore
La prima è caratterizzata, come già accennato, dalla fornitura del materiale tecnico e sportivo idoneo alla singola disciplina sportiva sponsorizzata.
La sponsorizzazione di settore, invece, è costituita da quei produttori che forniscono dei beni utili agli atleti professionisti ma non indispensabili all’ esercizio delle loro prestazioni agonistiche come alimenti ricostituenti, bibite energizzanti, prodotti farmaceutici migliorativi delle prestazioni agonistiche mentre quella cosiddetta extra- settore viene realizzata da aziende che nulla hanno a che fare con la specifica disciplina sportiva sponsorizzata ma che si obbligano alla corresponsione di un pagamento in denaro in vista di una potenziale notorietà e celebrità che il proprio brand può ottenere grazie alla promozione della società sportiva.
Il contratto di sponsorizzazione sportiva vero e proprio è caratterizzato dalla struttura giuridica di un contratto obbligatorio a prestazioni corrispettive, complesso e oneroso, bilaterale e a prestazioni corrispettive. 88
Esso viene concluso per iscritto, con la sottoscrizione di moduli già predisposti dai contratti tipo legati all’ accordo collettivo di categoria.
Il Contratto di sponsorizzazione può essere relativo a singole gare sportive, a singoli avvenimenti o ad intere manifestazioni sportive che si protraggono nel tempo, in tale ultimo caso le parti saranno obbligate a stipulare un contratto di durata e ad esecuzione continuata.
La causa di tale contratto è rappresentata dallo scambio sinallagmatico delle prestazioni rispettivamente di fare e di dare delle parti coinvolte e più nello specifico nell’ utilizzo a fini pubblicitari in via diretta o indiretta dell’attività, del nome o
dell’immagine di un altro soggetto giuridico in cambio di un finanziamento in denaro o nella fornitura di materiale o attrezzature sportive
La dottrina a lungo si è interrogata sulla natura giuridica di tale contratto ma ad oggi non è ancora riuscita a trovare una collocazione certa e sistematica di tale istituto nell’ ordinamento giuridico; alcuni autori hanno prospettato la tesi secondo la quale la natura del contratto di sponsorizzazione è ravvisabile in quella di un contratto di fornitura di servizi ma tale affermazione è stata più volte smentita da una vasta parte della dottrina, secondo la quale nel contratto di appalto l’ obbligazione cui ci si vincola è necessariamente connessa ad un’ obbligazione di risultato e la figura dell’ appaltatore coincide in ogni caso con un soggetto organizzato in forma d’ impresa, così come disciplinato dal Codice Civile mentre nella sponsorizzazione standard lo sponsee può essere un singolo sportivo, una singola manifestazione sportiva o un torneo e appare chiare quindi come non sia obbligatoriamente un imprenditore.
Le finalità dei due soggetti coinvolti, poi, a differenza di quelle tipiche di un contratto d’ appalto, non necessariamente coincidono, si pensi appunto al caso dell’atleta, il cui obiettivo è perseguire una vittoria nella competizione cui partecipa e che quindi nulla ha a che vedere con quello preposto dal soggetto che si è assunto la responsabilità di sponsorizzarlo.
Alla luce di ciò è facile constatare come la dottrina abbia assunto una posizione quasi univoca nel definire il contratto di sponsorizzazione un contratto atipico è in quanto tale regolato ai sensi dell. Art. 1322 c.c. comma 2, a titolo oneroso e a prestazioni corrispettive e quindi non configurabile in alcuna categoria di rapporti contrattuali tipici e preordinati.
Altri autori hanno evidenziato come quello di sponsorizzazione sportiva sia un contratto si atipico ma comunque rientrati nei criteri e nelle specificità proprie dei contratti di pubblicità.
Tale opinione, largamente diffusa, è stata però parzialmente modificata dalla dottrina dal momento che nella sponsorizzazione il messaggio principale rivolto ai consumatori viene realizzato attraverso la maggior divulgazione e diffusione possibile dei loghi, dei simboli o delle raffigurazioni distintive degli sponsor mentre nei contratti prettamente pubblicitari l’oggetto del rapporto contrattuale stipulato consiste nella promozione delle vendite di un certo bene, prodotto o servizio mediante la descrizione e l’ esaltazione delle qualità proprie di un certo bene prodotto o di un servizio offerto.
L’ elemento, infatti, che caratterizza su larga scala il fenomeno della sponsorizzazione è proprio l’” effetto di ritorno”, il quale si realizza per via indiretta tramite la diffusione di un messaggio pubblicitario in manifestazioni, competizioni o avvenimenti che si sarebbe svolti ugualmente e non legati, quindi, ad una programmazione pubblicitaria, valorizzando e promuovendo il brand che si intende sponsorizzare.
87 Xxxxxxx Xxxxxxx, (1998), Sponsorizzazione e management sportivo, CONI 88 Xxxxxx X., (1990), Il contratto di sponsorizzazione, Maggioli, Rimini
5.2 LA SPONSORIZZAZIONE DI UNA MANIFESTAZIONE SPORTIVA
Nel caso di sponsorizzazione di una manifestazione sportiva, ad esempio, l’oggetto del contratto di sponsorizzazione può essere rappresentata sia da un singolo evento, come una partita ufficiale del campionato di calcio sia da un evento sportivo di maggiore durata, come un intero campionato professionistico calcistico, basti pensare all’ Espressione “Serie A Tim”, con la quale il gruppo Tim- Telecom Italia ha legato il proprio marchio commerciale all’ intera manifestazione sportiva.
Nel caso della sponsorizzazione di un singolo evento, lo sponsor, nella maggior parte dei casi, permette l’ organizzazione e lo svolgimento della gara con l’ esborso di un proprio contributo economico magari decidendo di intitolare a proprio nome l’ evento oppure di pubblicizzare il proprio nome negli spazi e nei cartelloni pubblicitari, di promuovere il nome del proprio brand o della propria azienda mediante l’ utilizzo degli altoparlanti il cui suono si diffonde in tutto lo spazio adibito alla realizzazione dell’ evento. 89
Quando invece si realizza una sponsorizzazione duratura nel tempo, magari legata allo svolgimento dell’intera manifestazione calcistica, spesso si stipula un cd. contratto di licensing, con il quale lo sport ottiene il diritto di utilizzare la propria immagine nei loghi ufficiali delle manifestazioni sportive sponsorizzate con l’indicazione espressa di “Sponsor Ufficiale” o “Fornitore Ufficiale”.
89 Nelli R.P., La gestione della sponsorizzazione nell’esperienza italiana, Vita e Pensiero, Milano, 2000
5.3 LA SPONSORIZZAZIONE DI UN CLUB O DI UNA SCUDERIA
Dopo aver analizzato la tipologia di contratto di sponsorizzazione di una manifestazione sportiva, è opportuno concentrare la propria attenzione su quello di sponsorizzazione di un club professionistico o di una scuderia, il quale vincola i club stessi o le già citate scuderie, ad esempio quelle automobilistiche o motociclistiche, a promuovere il marchio o il messaggio pubblicitario ricorrente dell’ azienda sponsor apponendo scritte, loghi o simboli del brand sui kit ufficiali di gara, lasciando però al tempo stesso la denominazione sociale propria del club e concedendo allo sponsor la possibilità di utilizzare tali immagini o video per la pubblicità e la promozione dei propri servizi e delle proprie aziende.
In alcuni ambiti sportivi, pero, come la Pallacanestro, la Pallavolo o il Ciclismo, il contratto stipulato può vincolare i club e le società sponsorizzate a modificare la propria denominazione originale e ad adottare quella propria del suo sponsor: si pensi al caso della celebre squadra di pallacanestro Armani Xxxxx Xxxxxx. Tale fenomeno si chiama in gergo sportivo “abbinamento” e di fatto prevede la stipulazione di contratti di sponsorizzazione che legano sponsor e sponsee per molti anni.
5.4 LA SPONSORIZZAZIONE DI UN SINGOLO ATLETA
La dottrina, inoltre, ha portato alla luce anche un altro tipo di contratto di sponsorizzazione, quello relativo a singoli atleti o sportivi che si realizza perlopiù con una sponsorizzazione di tipo tecnico.
In tal caso, le aziende produttrici di materiale tecnico o di attrezzature sportive stipulano un accordo che prevede da una parte il loro obbligo a fornire agli atleti le attrezzature sportive con il proprio marchio e dall’ altra vincola gli atleti che usufruiscono di tale sponsorizzazione e fornitura ad indossarle o ad utilizzarle a fini commerciali e pubblicitari. 90
Chiaramente la legge del mercato dispone che maggiore è il valore e quindi la fama degli atleti sponsorizzati maggiore sarà la retribuzione richiesta dagli stessi per la stipula di un contratto di sponsorizzazione con l’azienda che glielo offre e talvolta accade infatti che un atleta riceva proprio dagli sponsor degli emolumenti monetari superiori a quelli che riceve per svolgere le sue prestazioni agonistiche alle dipendenze di un club o di una federazione.
La sponsorizzazione individuale, però, prevede naturalmente dei limiti, sia di natura tecnica che di natura economica: l’atleta infatti non è autorizzato ad assicurare il proprio impegno di promozione e diffusione del marchio a discapito delle proprie prestazioni agonistiche e, soprattutto, di quelle della propria squadra d’appartenenza: si pensi al caso di un’azienda che procede del materiale da sci scadente e che offre una grande cifra per lo sponsor di uno sciatore molto blasonato.
Al tempo stesso subisce dei limiti di natura economica perché l’atleta con il suo impegno personale a promuovere un determinato brand non può andare contro le iniziative di sponsorizzazione assunte dal proprio team, si pensi al caso della società calcistica Juventus, ad esempio, che sponsorizzata in toto dal brand Adidas a fronte di un esborso economico pari a 193,6 mln di Euro può vietare ad un calciatore della
prima squadra di entrare in campo e quindi di mostrarsi al grande pubblico con delle scarpe di calcio firmate Nike o di apparire in occasioni pubbliche con divise della Puma.
È doveroso poi osservare il fatto che gli autori hanno evidenziato come in un rapporto contrattuale di sponsorizzazione, formalmente a prestazioni corrispettive, la parte dello sponsor si viene a trovare in una posizione cd. “di svantaggio” rispetto a quella rappresentata dallo sponsee.
Ciò avviene dal momento che l’obbligazione dell’atleta sponsorizzato è un’obbligazione di mezzi e non di risultato, in quanto lo sponsee è tenuto obbligatoriamente a svolgere le attività indicate nel contratto ma non può in alcun modo garantire il cd. effetto di ritorno pubblicitario e quindi economico sperato dallo sponsor.
Le richieste e le speranze dello sponsor, infatti, non si traducano in un ritorno certo e assicurato ma dipendono da una varietà di fattori per molti versi incontrollabili e imprevedibili che possono facilmente mettere a rischio il raggiungimento del ritorno atteso e tali caratteristiche rendono infatti il contratto di sponsorizzazione per alcuni versi aleatorio.
Se l’atleta sponsorizzato, infatti, non raggiunge gli obiettivi sperati dallo sponsor nel momento in cui ha deciso di investire sullo sportivo, l’azienda non ha diritto né alla risoluzione del contratto cui si è obbligata né, tantomeno, ad un risarcimento dei danni consistente in un’indennità di tipo economico.
Vi sono però dei casi in cui una palese condotta illecita o antisportiva dello sponsee va a divergere con l’ osservanza dei principi di buona fede e di correttezza nell’ adempimento e nell’ esecuzione dell’ obbligazione propri del contratto ai sensi degli art. 1175 e 1375 c.c. e comporta la valutazione caso per caso del comportamento tenuto dall’ atleta sponsorizzato durante la vigenza del contratto ai fini dell’ eventuale legittimazione ed autorizzazione alla risoluzione del contratto da parte dello sponsor.
Un'altra caratteristica particolare da osservare nella disamina del contratto di sponsorizzazione è quella relativa ai danni verso terzi che il soggetto sponsorizzato può causare nello svolgimento della propria attività agonistica.
In tal senso la Giurisprudenza ha liberato il soggetto giuridico rappresentato dallo sponsor da ogni responsabilità contrattuale o extracontrattuale in solido con lo sportivo con riferimento alle attività agonistiche prestate dallo stesso.
L’ unico avvenimento che comporta una responsabilità contrattuale dello sponsor è costituito da quei casi in cui siano proprio i prodotti, i materiali o le attrezzature fornite dallo sponsor a cagionare dei danni agli atleti sponsorizzati manifestando un cattivo funzionamento o delle irregolarità e delle inefficienze nel loro utilizzo. Se, al contrario, le stesse attrezzature o materiali utilizzati dagli sponsee, cagionano un danno a soggetti terzi, estranei al rapporto contrattuale, si avrà una responsabilità di tipo extracontrattuale.
90 Verde C., Il contratto di sponsorizzazione, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1989
6) LA GIUSTIZIA SPORTIVA CALCISTICA
6.1 La Giustizia sportiva calcistica internazionale
L’ ordinamento calcistico, come già affermato in precedenza, è un ordinamento settoriale autonomo e, in quanto tale, è caratterizzato tra le altre cose dalla presenza di una varietà di organi di giustizia sportiva aventi lo scopo di risolvere le controversie che possono insorgere tra associati, affiliati, tesserati e le varie Federazioni.
In ambito calcistico internazionale l’art. 68 comma 2 dello Statuto Fifa disciplina le competenze dei vari organi di giustizia sportiva ed afferma il principio alla base dell’ordinamento sportivo per cui è vietato ricorrere alla giustizia ordinaria, eccetto i