COLLEGIO DI ROMA
COLLEGIO DI ROMA
composto dai signori:
(RM) MARZIALE Presidente
(RM) DE CAROLIS Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) SIRENA Membro designato dalla Banca d'Italia
(RM) CORAPI Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
IL XXXX.xx
(RM) MARINARO Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXXXXX XXXXX
Nella seduta del 29/11/2013 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
Fatto
Nel 1991 il coniuge (successivamente deceduto) della ricorrente sottoscriveva un contratto di finanziamento con la parte resistente per un ammontare totale di Lire 4.685.250, già rimborsato in 24 rate mensili.
A decorrere dal 1992 e fino al 2009, il coniuge della ricorrente riceveva altri finanziamenti da parte dell’intermediario mediante bonifico o assegno sulla base di semplici contatti telefonici o mediante l'impiego di carta di credito revolving. Tali finanziamenti sono stati estinti dal correntista a seguito del pagamento di tutte le rate mensili.
In aggiunta a tali finanziamenti, da ultimo, in data 12/01/2009 il coniuge della ricorrente riceveva un fido di € 5.000 (il "Finanziamento") oggetto del presente ricorso. Tale finanziamento era utilizzabile mediante l'impiego di una carta credito "revolving" e/o mediante richieste telefoniche di bonifico o assegno. Contestualmente al finanziamento, al cliente veniva offerta una polizza assicurativa, ad esso accessoria, operante in caso di morte del sottoscrittore prima della restituzione dell'importo finanziato.
Il finanziamento ed il contratto di assicurazione accessorio sono stati prestati in
assenza dell’informativa precontrattuale dovuta e senza la sottoscrizione di alcun contratto.
In relazione al finanziamento, il coniuge della ricorrente ha sempre adempiuto al pagamento della rata mensile omnicomprensiva di capitale, spese, tassi di interesse e premio di assicurazione.
I pagamenti sono stati interrotti a seguito del decesso improvviso del coniuge della ricorrente avvenuto in data 5.8.2012 (l'ultimo pagamento risale al luglio 2012), evento che la ricorrente denunciava alla parte resistente affinché si provvedesse al pagamento dell'indennizzo assicurativo (lettera del 19 novembre 2012). Tale richiesta veniva più volte reiterata, ma l’intermediario non ha mai provveduto ad adempiere alle richieste nonostante i premi assicurativi regolarmente pagati.
L’intermediario continuava a rispedire copia del primo contratto di finanziamento, sottoscritto nel 1991, ormai privo di effetti. A tale primo contratto non è però possibile associare il finanziamento del 2009 né l'apertura di una linea di credito a tempo indeterminato come parrebbe emergere dall'estratto conto.
Dal gennaio 2009 ad oggi il cliente ha già pagato alla parte resistente la somma di € 6.992,00 a titolo di capitale, costi e premi assicurativi, con evidente esubero rispetto al finanziamento concesso.
La ricorrente chiede quindi al Collegio:
IL XXXX.xx
- di accertare la responsabilità precontrattuale e contrattuale della parte resistente per violazione degli articoli 1175, 1176, 1337, 1338 e 1440 del Codice Civile e delle norme di condotta contenute nel TUB, nelle Disposizioni di Trasparenza della Banca d'Italia e nel Codice del Consumo in relazione al finanziamento;
- riconoscere la nullità del contratto di finanziamento e l'eventuale tasso di usura applicato, accertando che il debito della ricorrente corrisponde al solo capitale erogato (i.e.
€ 5.000) senza alcuna maggiorazione, disapplicando, in particolare il TAN e il TAEG e tutti i costi applicati;
- condannare la parte resistente ad eseguire il ricalcolo di quanto ricevuto (€ 6.992,00) inclusivo dei costi applicati, a deconto del capitale residuo del finanziamento, e condannare l’intermediario a restituire la parte eccedente alla ricorrente (€ 1.992,00) rivalutata al tasso legale perché indebitamente ricevuta dall’intermediario in assenza di un contratto valido;
- condannare la parte resistente a restituire alla ricorrente i premi assicurativi inutilmente pagati, pari ad € 278,40 rivalutati al tasso legale in relazione al finanziamento;
- condannare la parte resistente al pagamento di una somma a titolo di risarcimento dei danni comprensiva delle spese legali sostenute dalla ricorrente pari ad € 5.600 (di cui
€ 600 per le spese legali), o in subordine pari alla somma equitativamente stabilita dall’ABF.
L’intermediario resiste al ricorso ed espone quanto segue.
Il coniuge della ricorrente, in occasione dell'acquisto di un bene di consumo presso un venditore convenzionato, concordava la possibilità che l’intermediario resistente gli concedesse l'apertura di una linea di credilo, utilizzabile anche tramite carta magnetizzata, assistita da una copertura assicurativa sul credito a copertura del rischio d'invalidità - decesso - inabilità - invalidità - infortunio – malattia, con un premio dovuto calcolato in percentuale alla rata.
Il conto, come regolato dalle condizioni generali di contratto oltre che dalle normative volta per volta vigenti, è stato utilizzato, dall'ottobre del 1992 e successivamente movimentato, in modo pressoché continuativo e fino al decesso del titolare, per tutto il corso del rapporto.
La linea di credito, come evidenziato anche nel modulo contrattuale, si caratterizzava per essere un conto c.d. "revolving", con tasso d'interesse variabile, movimentabile anche tramite carta magnetizzata, con un limite d'utilizzo prefissato ricostituibile, mensilmente, con rate minime calcolate in rapporto percentuale all'esposizione massima raggiunta.
Dal 12/01/2009, ossia la data indicata nel ricorso a partire dalla quale si riferiscono le contestazioni, il conto è stato utilizzato ben 39 volte con un importo finanziato per capitale pari ad € 5.954,65.
Il cliente è stato costantemente informato dell'andamento del rapporto attraverso l'invio mensile dell'estratto conto con l'indicazione del numero di rapporto e le voci di costo, di volta in volta applicate oltre che l'invio del documento di sintesi annuale di quando dovuto.
In data 05/08/2012 il coniuge della ricorrente decedeva: così che gli eredi del de cuius, come rappresentati dalla coniuge, chiedevano l'attivazione della copertura assicurativa inoltrando richiesta di attivazione sinistro alla compagnia di assicurazione.
Da verifiche effettuate in merito risulta che il sinistro sia in attesa di valutazione finale da parte della compagnia d'assicurazione unico soggetto demandato alla valutazione sulla liquidabilità o meno dei sinistri assicurativi.
IL XXXX.xx
Ciò che contesta parte attrice è un'operazione di finanziamento di € 5.000,00 del 12/01/2009, quando in realtà trattasi di diversi utilizzi mai contestati dal cliente (39 dal 12/01/2009 al 23/05/2011) della linea di credito messa a disposizione del de cuius, per un ammontare di solo capitale finanziato pari ad € 5.954,65.
Si contesta, poi, l'esistenza di una copertura assicurativa sul credito (sostenendo, peraltro, di non essere mai stati a conoscenza neppure del nome della società d'assicurazione) pur avendo chiesto la liquidazione del sinistro presso la compagnia d'assicurazione già indicata nel contratto d'origine.
Ciò detto, al fine di addivenire ad una risoluzione bonaria della controversia anche alla luce degli accadimenti che hanno colpito il cliente, la parte resistente provvederà a considerare saldata la posizione senza alcun ulteriore versamento da parte degli eredi rispetto all'ultimo effettuato dal cliente in data 12/07/2012.
La resistente chiede all’ABF:
- di dichiarare cessata la materia del contendere non sussistendo alcuna somma da rimborsare agli eredi del cliente ed a seguito del riconosciuto storno del debito residuo;
- in merito alla richiesta di risarcimento del danno, di respingere l'istanza perché infondata e, in ogni caso, non motivata né dimostrata. Per quanto sopra evidenziato alcun nocumento ha ricevuto la ricorrente dalla vicenda de qua anche a fronte del fatto che alcuna somma è stata dalla stessa versata a tale titolo; dopo la morte del cliente, infatti, le rate non sono più state corrisposte.
Diritto
La ricorrente, coniuge del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati.
L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF.
Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come
modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009».
Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo.
Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica).
IL XXXX.xx
Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012).
Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto».
Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario.
Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013).
Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti
unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013).
Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore).
Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie.
Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n.
IL XXXX.xx
374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari».
Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo
– il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving.
Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012).
Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.).
La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.).
In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del
contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
Conclusione, questa, a maggior ragione obbligata, ovviamente, in un’ottica ricostruttiva tendente, per i contratti a titolo oneroso aventi ad oggetto il godimento di un bene (come, appunto, oltre che, ad esempio, la locazione di un immobile, il mutuo oneroso), a considerare senz’altro il valore d’uso del bene stesso come costituente l’obbligazione restitutoria primaria (con la conseguenza che il mutuatario, dichiarata la nullità del contratto, risulta sicuramente tenuto alla restituzione della somma-capitale e alla corresponsione degli interessi per il periodo in cui ha avuto il godimento della somma medesima).
IL XXXX.xx
Secondo una simile ricostruzione, dunque, la corresponsione degli interessi (sia pure nella sola misura legale e senza possibilità di capitalizzazione, nella prospettiva, cioè, della disciplina legale generale della ripetizione dell’indebito di cui all’art. 2033 c.c., data l’inoperatività di eventuali peculiari meccanismi convenzionali in dipendenza della riscontrata radicale inefficacia del contratto), risulta elemento costitutivo imprescindibile dell’obbligazione restitutoria gravante sull’accipiens.
La limitazione della pretesa restitutoria alla sola somma-capitale potrebbe derivare, allora, solo da una specifica disciplina di tutela di una particolare categoria di soggetti, in conseguenza di un intervento legislativo ad hoc, come sembra dimostrare l’attuale art. 125 bis, co. 9, TUB, in tema di credito al consumo, quale di recente introdotto dal D.lgs. 13.8.2010, n.141, per il suo carattere innovativo da ritenersi inapplicabile nel caso qui in esame ratione temporis.
Prospettiva, del resto, che finisce col trovare conferma anche nella stessa novella, ai sensi della legge 7.3.1996, n. 108, recante disposizioni in tema di usura, dell’art. 1815, co. 2, c.c.: in considerazione dell’ivi disposta non debenza di interessi in caso di convenzione usuraria, non a caso, si ritiene diffusamente che il legislatore, a scopo specificamente sanzionatorio di una pratica ritenuta da reprimere con rigore, abbia inteso addirittura incidere – sulla base dei suoi poteri di intervento conformativo in materia di autonomia contrattuale – sulla stessa natura della operazione economica, quale posta in essere dalle parti, trasformando (almeno in senso lato) il mutuo da oneroso in gratuito.
Pertanto, può concludersi nel senso che la pretesa restitutoria a carico del cliente, nel caso di nullità del contratto accertata, debba estendersi, oltre che alla somma-capitale erogata dall’intermediario al cliente, pure alla corresponsione di interessi – ovviamente al solo tasso legale e senza alcuna capitalizzazione – a far data dalla avvenuta messa a disposizione di quest’ultimo della somma medesima (Collegio di coordinamento, decisione n. 3257 del 2012).
Il Collegio accoglie quindi la domanda principale della ricorrente con la conseguente rideterminazione dell’importo eventualmente dovuto all’intermediario in attuazione dei princìpi esposti. Non essendo in questa sede possibile procedere ai necessari conteggi, la determinazione delle reciproche partite di dare e di avere dovrà essere effettuata dall’intermediario resistente, tenendo in debito conto, da un lato, i finanziamenti come sopra utilizzati (ovvero, gli utilizzi della carta) con l’aggiunta degli interessi legali semplici, e, dall’altro, i versamenti a qualsiasi titolo effettuati nell’arco dell’intero periodo in cui si è sviluppato il rapporto.
In ordine alle modalità della restituzione delle somme che all’esito dei conteggi suindicati dovessero risultare a debito della ricorrente, il Collegio – pur prendendo atto
che l’art. 125 bis, comma 9, TUB è inapplicabile ratione temporis al caso in oggetto – ritiene tuttavia possibile disporre, tenuto conto delle circostanze del caso concreto, in virtù del potere previsto dall’art. 1183, comma 1 secondo periodo, c.c., che in tal caso le restituzioni potranno essere effettuate dalla ricorrente anche a rate, con la medesima periodicità prevista dal contratto (24 rate mensili): trattasi invero di potere che, come non si è mancato di rilevare, è stato attribuito al giudice proprio al fine di “contenere entro limiti ragionevoli” il principio, sancito dallo stesso art. 1183 c.c., che legittima il creditore ad esigere “immediatamente” la prestazione, quando non è fissato il tempo in cui deve essere eseguita. Restano salve diverse soluzioni che dovessero essere concordate tra le parti.
Appare evidente che, nelle more della rideterminazione del piano di restituzione, alla ricorrente non potranno essere applicati interessi di mora né oneri di altro tipo, né la stessa potrà essere oggetto di segnalazione nei sistemi di informazione creditizia.
La ricorrente formula poi una generica domanda di danni che essendo formulata in maniera atecnica deve intendersi che includa sia i danni patrimoniali sia quelli non patrimoniali. Tuttavia, si osserva che la ricorrente non ha fornito elementi di prova e per tale ragione l’ampia domanda risarcitoria non può trovare accoglimento (fatta eccezione per le spese di procedura liquidate in dispositivo).
IL XXXX.xx
Quanto alla richiesta risarcitoria per spese di assistenza legale, il Collegio osserva che se è ben vero che la procedura dinanzi all’ABF non richiede l’assistenza di un avvocato, tuttavia non può disconoscersi la rilevanza, sotto il profilo del danno patrimoniale, delle spese che la parte abbia dovuto comunque sostenere per veder accolte le sue ragioni. Ciò posto, ritiene che le spese in questione possano essere liquidate in via equitativa nell’importo di euro 350,00 (trecentocinquanta/00) e conseguentemente ne dispone il versamento a favore del ricorrente ponendolo a carico dell’intermediario resistente (oltre le spese liquidate in dispositivo).
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio accoglie il ricorso e per l’effetto dichiara la nullità del contratto di finanziamento e, conseguentemente, il diritto della ricorrente a restituire le somme ricevute in prestito, maggiorate dei soli interessi legali; dispone che l’intermediario provveda alla rideterminazione delle conseguenti reciproche partite di dare e avere; accerta altresì il diritto della ricorrente al rimborso delle somme eventualmente versate in eccesso e al pagamento - con la stessa periodicità prevista dal contratto - di quelle eventualmente ancora dovute.
Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
firma 1
IL PRESIDENTE