LA RESPONSABILITÀ DELLA STRUTTURA OSPEDALIERA
CAPITOLO CENTOVENTICINQUESIMO
LA RESPONSABILITÀ DELLA STRUTTURA OSPEDALIERA
(Xxxxxx Xxxxxx)
Sommario: 1. Generalità. – 1.1. Contratto di spedalità. – 1.2. Responsabilità della struttura ospedaliera per fatto del medico dipendente. – 2. Eventi dannosi. – 3. Prova. – 4. Allegazione. – 5. Quantificazione.
1. Generalità.
Legislazione Cost. 2, 32; c.c. 1173, 1176, 2043 e 2236; l. 23.12.1978, n. 833; d. lgs.
6.9.2005, n. 2006.
Bibliografia Cattaneo 1958 – Princigalli 1982 – Xxxxxxx 1984 – Xxxxxxxx 1993 – Zeno-Zencovich 1994 – Xxxxxxxxxx 0000 – Monateri 1998 – Xxxxxxxxx e Xxxxxxxx 1998 – Comandè e Turchetti 2004 – Xxxxxxx 2004 – Bilancetti 2006 – De Matteis 1995, 2007 – Peccenini 2007 – Xxxxxxxxxx 2008 – Paradiso 2009 – Diurni 2010 –
Hondius 2010.
Negli ultimi decenni eventi eccezionali hanno cambiato il corso della sto- ria della medicina. Lo scenario che si presenta all’osservatore del nuovo se- colo è radicalmente cambiato rispetto al passato sotto molti punti di vista, così come sono andati persi i riferimenti giuridici, in base ai quali il rapporto medico-paziente veniva tradizionalmente concepito. Gli studiosi e gli opera- tori sono alla ricerca di nuove tecniche ovvero tentano di adattare in vario modo i tradizionali strumenti a loro disposizione per far fronte al mutato contesto. Le cause del mutamento sono molteplici, tuttavia al primo posto vi è certamente la rivoluzione tecnologica che ha dilatato le frontiere della scienza e della medicina. La conseguenza più evidente è stata una crescente specializzazione dell’attività medica e della produzione farmacologica, per cui è raro oggi che un medico intervenga singolarmente o con una sola attivi- tà; piuttosto la prestazione è soggettivamente e oggettivamente composita. In definitiva, il progresso tecnologico e scientifico ha di fatto reso inseparabili l’ambito medico, sanitario e farmaceutico.
Dal punto di vista giuridico, alla responsabilità del singolo medico si è af- fiancata quella della struttura sanitaria. In tal senso in Italia non si parla più
2 Parte Decima - Aspetti della malpractice medica
di responsabilità del medico, bensì di responsabilità medica o medico-sanita- ria, sebbene le si raccordi entrambe sempre nell’alveo della responsabilità professionale. Non si è sviluppato, dunque, il concetto di diritto della medi- cina. Sia in ambito europeo che a livello internazionale, viceversa, si è acqui- sita da tempo una generale e diffusa consapevolezza dell’interdipendenza tra l’aspetto medico, quello sanitario e il farmaceutico e della circostanza che ciascuno di questi ambiti opera, cooperando con gli altri, cosicché, qualora si manifesti un evento dannoso, ognuno di questi attori o tutti potrebbero avere delle responsabilità. In alcuni paesi la dottrina giuridica ha tradotto questa evoluzione in un approccio sistemico: in Inghilterra si fa riferimento al Medical Law; in Germania, Austria e Svizzera al Medizinrecht; negli Stati Uniti si è giunti ad ampliare ulteriormente la materia e ad utilizzare un voca- bolo con un’accezione ancora più vasta, Health Law; mentre la World Asso- ciation for Medical Law ha addirittura creato un neologismo, Biolexology, con cui ha operato una (discutibile) aggregazione di fonti eterogenee (Diurni 2010).
Nel secolo scorso la peculiarità del rapporto tra struttura ospedaliera e paziente veniva rinvenuta nella natura pubblicistica che lo caratterizzava ri- spetto al rapporto, viceversa, di natura privatistica con la clinica privata (Cattaneo 1958, 347). Nel tempo è divenuta pacifica l’affermazione giuri- sprudenziale della natura contrattuale anche della responsabilità della strut- tura sanitaria pubblica, mentre resta tuttora incerta l’individuazione della fonte del rapporto ente/utente. La giurisprudenza e la dottrina oscillano tra una soluzione che rinviene la fonte nel rapporto:
«nel nostro ordinamento la dicitura “responsabilità contrattuale” e la “discipli- na associata” vale anche a designare, e regolamentare, la “responsabilità legale” in cui sicuramente rientra il rapporto che si instaura tra paziente ed ente ospeda- liero alla luce della l. n. 833/1978 istitutiva del Servizio sanitario nazionale» (Monateri 1998, 769; cfr. per la giurisprudenza, Cass. 2.12.1998, n. 12233, DR, 1999, 777, con nota di Xx Xxxxxxx);
un orientamento che, viceversa, rinviene tale fonte in un contratto:
«il ricovero di un paziente in una struttura (pubblica o privata) deputata a for- nire assistenza sanitaria avviene sulla base di un contratto tra il paziente stesso ed il soggetto gestore della struttura e l’adempimento di tale contratto, con riguardo alle prestazioni di natura sanitaria, è regolato dalle norme che disciplinano la cor- rispondente attività del medico nell’ambito del contratto di prestazione d’opera professionale, con la conseguenza che il detto gestore risponde dei danni derivati al paziente da trattamenti sanitari praticati con colpa, alla stregua delle norme di cui agli artt. 1176 e 2236 c.c.»
(Cass. 8.5.2001, n. 6386, Danno resp., 2001, 1045 con nota di Breda; cfr. anche Xxxxxxx 1984, 710);
ed una terza posizione, indifferente alla fonte del rapporto
Capitolo Centoventicinquesimo - La responsabilità della struttura ospedaliera 3
«ove a fondamento della pretesa dedotta in giudizio venga enunciato l’inadem- pimento di un’obbligazione volontariamente contratta, ovvero anche derivante dalla legge (art. 1173 c.c.), non vi è luogo per l’illecito aquiliano, ma è ipotizzabi- le unicamente una responsabilità contrattuale o legale derivante da un vincolo obbligatorio posto in essere tra le parti dalla volontà delle stesse ovvero diretta- mente da una disposizione di legge»
(Cass. 4.8.1987, n. 6707, Foro it., 1988, I, 1629 con nota di Xxxxxxx).
La questione è stata posta di recente dalla Terza sezione civile della Cas- sazione come ostacolo all’applicazione della disciplina del Codice del consu- mo sui contratti dei consumatori.
«Quando il cittadino-utente si rivolge alla struttura sanitaria pubblica o in con- venzione, la ricezione della sua richiesta e la conseguente attivazione della struttu- ra non danno luogo alla conclusione, nemmeno per fatto concludente, di un con- tratto, ma realizzano soltanto l’attuazione dell’obbligazione della mano pubblica di fornire il servizio. (...) La conclusione che nega la ricorrenza del contratto non è in alcun modo configgente con la comune ed ormai acquisita qualificazione come con- trattuale della responsabilità della struttura ospedaliera anche pubblica. Tale affer- mazione (...) vuole significare che la cattiva esecuzione della prestazione da luogo a responsabilità contrattuale nel senso di responsabilità nascente da adempimen- to di un obbligo preesistente o dalla sua cattiva esecuzione e non nel senso di re- sponsabilità per inadempimento di un contratto o per sua cattiva esecuzione» (Cass., ord. 2.4.2009, n. 8093, Xxxxx resp., 2010, 56 ss. con nota congiunta di Be- nedetti e Bartolini)
Per dirimere il contrasto tra gli orientamenti in questa ordinanza il colle- gio accoglie la sollecitazione del p.m. circa l’opportunità che la questione venga rimessa alle Sezioni Unite, affinché sciolgano il dubbio (ord. cit., 59), benché nel 2008 le stesse si siano già espresse nel senso che
«la responsabilità della struttura sanitaria è contrattuale, sul rilievo che l’accet- tazione del paziente in ospedale, ai fini del ricovero o di una visita ambulatoriale, comporta la conclusione di un contratto»
(Cass., sez. un., 11.1.2008, n. 577, Resp. civ., 2008, 397 ss., con nota di Xxxxx; ivi, 687, con nota di Dragone; ivi, 2009, 221, con nota di Xxxxxxxx; Giur. it., 2008, 7,
1653, con nota di Xxxxxx; ivi, 10, 2197, con nota di Cursi; NGCC, 2008, I, 612, con nota di De Matteis; Obbl. e contr., 2008, 195, con nota di Xxxxxx; Xxxxx e resp., 2008, 788, con nota di Xxxxxxxxxxx; ivi, 1002, con nota di Xxxxxxx).
Nella stessa sentenza, peraltro, le Sezioni unite hanno anche sancito in via definitiva l’uniformazione ai fini della scelta del regime di responsabilità tra struttura privata e struttura pubblica, affermando che
«per quanto concerne la responsabilità della struttura sanitaria nei confronti del paziente è irrilevante che si tratti di una casa di cura privata o di un ospedale pubblico in quanto sostanzialmente equivalenti sono a livello normativo gli ob- blighi dei due tipi di strutture verso il fruitore dei servizi»
(Cass., sez. un., 11.1.2008, n. 577, cit.).
4 Parte Decima - Aspetti della malpractice medica
1.1. Contratto di spedalità.
Legislazione Cost. 32; c.c. 1173, 1175, 1228, 1323 e 2126.
Bibliografia Paradiso 2001 – Bilancetti 2006 – De Matteis 2007 – Di Loreto 2007 – Peccenini 2007 – Xxxxxxx 2007 – Partisani 2008.
In varie occasioni la Cassazione ha avuto modo di soffermarsi sulle carat- teristiche del contratto che intercorre tra paziente e ente ospedaliero defi- nendolo come un contratto atipico, che ha preso il nome di «contratto di spedalità». L’atipicità del contratto deriva dalla complessità del suo oggetto, che non si riduce alla sola prestazione di opera professionale, ossia alle cure mediche generali e specialistiche e agli obblighi accessori e strumentali allo svolgimento di trattamenti terapeutici e diagnostici, ma si estende a ricom- prendere l’attività propriamente organizzativa. La struttura sanitaria è tenu- ta, infatti, a prestazioni di tipo alberghiero per quanto riguarda l’accoglimen- to del paziente nella struttura con somministrazione di vitto e alloggio; inol- tre è suo compito quello di apprestare il personale paramedico, i farmaci, gli apparecchi e i dispositivi medici tecnici e informatici necessari a coadiuvare e svolgere l’attività di diagnosi e terapia.
«Il complesso e atipico rapporto che si instaura tra la casa di cura e il paziente (nella specie, una partoriente), anche nell’ipotesi in cui quest’ultimo scelga il me- dico curante al di fuori della struttura sanitaria, non si esaurisce nella mera forni- tura di prestazioni di natura alberghiera (somministrazione di vitto e alloggio), ma consiste nella messa a disposizione del personale medico ausiliario e di quello paramedico, nonché nell’apprestamento dei medicinali e di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicanze; è perciò configurabile una re- sponsabilità autonoma e diretta della casa di cura ove il danno subito dal pazien- te risulti causalmente riconducibile ad una inadempienza delle obbligazioni ad essa facenti carico (nella specie, le inadempienze della casa di cura erano consisti- te nell’insufficienza delle apparecchiature di rilevazione del battito cardiaco, nel- la omissione della amnioscopia, nella totale assenza di una struttura di rianima- zione di neonati in difficoltà, nonché nella mancanza di un’efficiente organizza- zione per la ricerca di un centro ospedaliero attrezzato)»
(Cass. 14.7.2004, n. 13066, in Danno resp., 2005, 537 ss. con osservazioni di Agnino).
La struttura ospedaliera, dunque, risponde per fatto proprio delle carenze e delle disfunzioni di carattere tecnico-organizzativo, ossia per omessa vigi- xxxxx e controllo di persone e cose, compreso l’edificio in cui ha sede, per negligente o inefficiente gestione del personale dipendente e per mancanza, difettosità o malfunzionamento delle apparecchiature e dei dispositivi medi- ci ritenuti indispensabili. Essa risponde anche nei confronti del paziente del difetto di informazione relativamente a queste situazioni di carenza e della mancata richiesta di consenso (Trib. Venezia 13.12.2004, in Corr. merito, 2005, 407).
Capitolo Centoventicinquesimo - La responsabilità della struttura ospedaliera 5
«Il contratto di spedalità oltre ad una prestazione principale volta all’assisten- za, dal punto di vista medico, del paziente, ha per oggetto una serie di prestazioni accessorie e strutturali quali il ricovero, la fornitura dei servizi infermieristici, i turni di assistenza e vigilanza, le prestazioni relative alla sicurezza degli impianti e delle attrezzature, con conseguente insorgere, in capo alla Casa di Cura, oltre al- l’obbligo di prestazione medica, anche degli obblighi di protezione e sicurezza le- gati ai princìpi di correttezza e di buona fede desumibili dall’art. 1175 c.c.» (Trib. Varese 16.6.2003, Danno resp., 2004, 891).
Il contratto di spedalità per pacifico orientamento giurisprudenziale può esplicare effetti protettivi anche nei confronti di terzi, come avviene per pa- dre e figlio allorquando si tratti dello svolgimento di attività mediche su di una gestante o partoriente (Cass., sez. un., 1.7.2002, n. 9556, Xxxxxxxx, 221/ 222 (2002), 447). La tutela viene accordata,
«oltre al paziente, a soggetti terzi, ai quali si estendono gli effetti protettivi del contratto, e quindi, oltre alla gestante, al nascituro, subordinatamente alla nasci- ta, ed al padre, nel caso di omessa diagnosi di malformazioni del feto e conse- guente nascita indesiderata»
(Cass., sez. un., 11.11.2008, nn. 26972, 26973, 26974, 26975 in Resp. civ. prev., 2009, 38, con note di Xxxxxxxx, Xxxxxxxxxx, Xxxxxxx e Xxxxx; Foro it., 2009, I, 120, con note di Xxxxxxxx, Xxxxxxxxx, Xxxxxx, Xxxxxxxxxx; in Xxxxx resp., 2009, 19 ss., con note di Procida Mirabelli di Lauro e Xxxxxxx; Riv. dir. civ., 2009, II, 97 ss., con nota di Xxxxxxxx).
1.2. Responsabilità della struttura ospedaliera per fatto del medico dipen- dente.
Legislazione Cost. 32; c.c. 1173, 1175, 1218, 1228, 1411, 2028, 2043, 2049, 2126.
Bibliografia Princigalli 1982 – Xxxxxxx 1984 – Xxxxxxxx 1993 – Xxxx-Xxxxxxxxx 1994 – Xxxxxxxxxx 1997, 2004, 2009 – Iamiceli 1998 – Monateri 1998 – Xxxxxxxxx e Xxxxxxxx 1998 – Di Ciommo 1999 – Fiori-Bottone-D’Xxxxxxxxxx 2000 – Mazza- muto 2000 – Paradiso 2001, 2009 – Comandè-Turchetti 2004 – Xxxxxxx 2004 – Bi-
lancetti 2006 – De Matteis 1995, 2007 – Peccenini 2007 – Xxxxxxx 2007 – Xxxxxxxxxx
2008 – Partisani 2008 – Trabucchi 2009.
La responsabilità della struttura ospedaliera può altresì derivare dal fatto del personale medico dipendente o ospite. Il rapporto che si instaura allor- quando un ammalato ricorre alle cure di un medico all’interno di una strut- tura sanitaria si configura come un rapporto trilaterale. Giurisprudenza e dottrina hanno tentato negli anni con alterni risultati di delineare i tratti giu- ridici di questo rapporto, senza giungere ancora ad una soluzione condivisa.
L’evoluzione ha visto una prima ipotesi giurisprudenziale, che in ragione del rapporto organico si basava sul medesimo fatto illecito, ossia l’atto dan- noso professionale (Cass. 1.3.1988, n. 2144, Foro it., 1988, I, 2296, con nota di Princigalli; NGCC, 1988, I, 604, con nota di Xxxxxxx), per operare un cu-
6 Parte Decima - Aspetti della malpractice medica
mulo improprio tra responsabilità contrattuale della struttura e responsabili- tà extracontrattuale del medico suo dipendente (Cass. 24.3.1979, n. 1716, Foro it., 1980, I, 1115). Peraltro, questa impostazione è stata ripresa di re- cente da quella dottrina che, dopo averla criticata in favore dell’applicazione degli obblighi di protezione (De Matteis 1997, 19 ss.), oggi teorizza una dop- pia responsabilità diretta come responsabilità disgiunte, contrattuale per la struttura e aquiliana per il medico, che originano però da due fatti distinti (De Matteis 2007, 253 ss.).
All’orientamento giurisprudenziale degli anni Ottanta del secolo scorso la dottrina ha mosso svariate critiche e ha tentato di fornire soluzioni alternati- ve ora configurando in capo al medico dipendente un obbligo di condotta di fonte legale (Paradiso 2001, 332; Xxxxxxx 2007, 981), ora ricorrendo all’istitu- to della gestione di affari altrui (Xxxxxxxxx 2000, 504), ovvero al contratto con effetti protettivi nei confronti del terzo (Xx Xxxxxx 1999, 3332) o al contratto a favore di terzo (Xxxxxxxx 1998, 382).
Solo a fine anni Novanta la Cassazione rivede il proprio orientamento, aderendo alla teoria dottrinaria dell’obbligazione senza prestazione (Xxxxxx- novo 1997, 177; 2004, 93 ss.; 2009, 679 ss.) e così condannando entrambi, il medico e la struttura, per responsabilità diretta di tipo contrattuale (storica la decisione di Cass. 22.1.1999, n. 589, Foro it., 1999, I, 3333, con commento di Lanotte; in Giust. civ., 1999, I, 1003, con nota di Xxxxxxxxxx; in Giur. me- rito, 1999, IV, 1148, con osservazioni di Xx Xxxx; in Xxxxx e resp., 1999, 781 ss., con nota di Xx Xxxxxxx; Xxxxxxxxx, 1999, 1007, con nota di Xxxxxxx- ni; Resp. civ. prev., 1999, 661, con nota di Xxxxxxxx; Corriere giur., 1999, 441 ss., con nota di Xx Xxxx; NGCC, 2000, I, 342, con commento di Thiene; in Giur. it., 2000, I, 741, con nota di Pizzetti).
Tuttavia, nel configurare in capo al medico dipendente una responsabilità da «contatto sociale» per inadempimento della prestazione, questa giuri- sprudenza ha di fatto convertito gli obblighi di protezione in obblighi di pre- stazione (criticamente Di Majo 1999, 446 ss., riscontra infatti piuttosto che una «obbligazione senza prestazione», una «prestazione senza obbligazio- ne»). In tal modo l’utilizzo dell’istituto del contratto di fatto quale fonda- mento del rapporto sorto dal mero «contatto sociale» del medico dipenden- te con il paziente ha finito per servire da giustificazione all’appiattimento della posizione del medico su quella della struttura (così, criticamente, Xx Xxxxxxx 2007, 191 s.). Ed, infatti,
«la responsabilità e i doveri del medico non riguardano solo l’attività propria e dell’eventuale équipe che a lui risponda, ma si estende allo stato di efficienza e al livello di dotazioni della struttura sanitaria in cui presta la sua attività»
(Cass. 16.5.2000, n. 6318, Riv. it. med. leg., 2000, 1301, con note di Fiori e La Monaca; in Danno resp., 2001, 154 ss., con nota di Xxxxxxx; in Dir. e giust., 2000, 20 con nota di San Giorgio; Resp. civ. prev., 2000, con nota di Gorgoni; NGCC, 2002, I, 193 ss., con commento di Lepre. Confermata da Cass., 27.1.2010, n. 1716, ined.),
Capitolo Centoventicinquesimo - La responsabilità della struttura ospedaliera 7
cosicché viene attribuita ad entrambi, medico e struttura, la medesima re- sponsabilità per mancato adempimento del risultato dovuto – purché conse- guibile secondo criteri di normalità– da apprezzarsi in relazione alle condi- zioni del paziente, all’abilità tecnica del medico e alla capacità tecnico-orga- nizzativa della struttura ospedaliera (Cass. 13.4.2007, n. 8826, Giur. it., 2008, 1, 63; Xxxxx resp., 2007, 811; Resp. civ. prev., 2007, 1824 ss., con nota
di Gorgoni; Partisani 2008, 276 s.)
2. Eventi dannosi.
Legislazione Cost. 32; c.c. 1218, 1228, 2043, 2049, 2050, 2053; l. 10.8.2000, n. 251.
Bibliografia Xx Xxxxxxxx 1998 – Paradiso 2001, 2009 – Comandè e Turchetti 2004
– Xxxxxxx 2004 – Bilancetti 2006 – Xxxxxxx 2007 – Xxxxxxxxxx 2007 – De Matteis 2007
– Cucci-Casali 2009 – Xxxxxxxxx Xxxxxxxx-Xxxxx 0000.
Le strutture ospedaliere sono organizzazioni complesse. La maggior parte degli incidenti in organizzazioni complesse è generato dall’interazione fra le diverse componenti del sistema: tecnologica, umana ed organizzativa. Di queste tre, le risorse umane costituiscono il fattore di maggiore criticità. Si tratta nello specifico di quegli eventi dannosi causati dal personale medico, paramedico e ausiliario. Nel paragrafo precedente si è dato conto del con- corso di responsabilità della struttura con il medico suo dipendente, che in quanto esercente una professione risponde personalmente dei danni causati nell’esercizio della propria attività. Lo stesso vale per il personale infermieri- stico e le ostetriche, che in base alla l. 251/2000 svolgono la loro attività con autonomia professionale, come i medici. Entrambi possono servirsi dell’ausi- lio del c.d. personale di supporto, ossia di operatori socio-sanitari, che dun- que costituiscono una terza categoria. Per questi ultimi risponde direttamen- te la struttura ospedaliera per fatto del proprio dipendente.
Riguardo alle risorse umane il fulcro del rischio clinico è costituito dall’er- rore diagnostico, terapico e dalla violazione del dovere di informazione, che possono realizzarsi attraverso comportamenti attivi quanto omissivi.
Riguardo al fattore organizzativo vanno considerati in primo luogo gli er- rori c.d. marginali, che possono accadere in qualunque contesto e che dun- que non sono necessariamente legati all’attività medico-sanitaria. I casi più frequenti di responsabilità della struttura per danni marginali sono quelli re- lativi alle lesioni causate al paziente nella fase di trasporto da un reparto ad un altro o nello spostamento da un lettino ad un altro (Cass. pen. 25.5.2010, n. 19637, ined.; Cass. pen. 21.1.2000, n. 632, Danno resp., 2001, 72 ss., con osservazioni di Xxxxxxx) ovvero le ipotesi di infezioni nosocomiali (Cucci- Casali 2009, 17 ss.) e di lesioni da vaccinazione obbligatoria, nonché gli ef- fetti c.d. iatrogeni di un’attività diagnostica o terapeutica, quali secondo al- cuni (Montanari Vergallo-Frati, 2009, 39 ss.; Xx Xxxxxxxx 1998, ibidem) i
8 Parte Decima - Aspetti della malpractice medica
danni conseguenti ad un’emotrasfusione di sangue infetto (Cass., sez. un., 11.1.2008, n. 577, cit.).
Nell’ambito della c.d. clinical governance, tuttavia, i fattori di rischio, su cui il personale dirigenziale dell’azienda sanitaria concentra la propria atten- zione sono soprattutto di tipo gestionale e riguardano la struttura organizza- tiva, la gestione del personale, la definizione delle competenze e delle re- sponsabilità, lo svolgimento di programmi di formazione continua e aggior- namento del personale medico e paramedico e l’attenzione alla garanzia del- la sicurezza del paziente, cui afferisce anche l’elaborazione di protocolli in- terni e di sistemi di segnalazione degli errori, che diventa un elemento fon- damentale in quei settori in cui si tratta della cura di individui psicologicamente labili o malati e di minori. Ad essi si aggiunge il compito della struttura ospedaliera di acquisizione del consenso informato del pa- ziente o dei suoi legali rappresentanti attraverso il proprio personale medico e paramedico.
A questi fattori di rischio se ne aggiungono altri di tipo strutturale, che ri- guardano il fabbricato in cui ha sede l’azienda, anche sotto il profilo impian- tistico; infine, un aspetto non trascurabile nell’era della tecnologia è il fattore rischio legato all’utilizzo di apparecchi e dispositivi medici (Di Loreto 2007, 193 ss.), nonché quello della delicata gestione delle banche dati dei pazienti e della loro conservazione in sicurezza, vista la particolare sensibilità dei dati relativi alla salute di un individuo.
3. Prova.
Legislazione c.c. 1176, 1218, 1223, 1225, 1256, 2043, 2236, 2697.
Bibliografia Princigalli 1982 – Xxxxxxxx 1993 – Zeno-Zencovich 1994 – Iamiceli 1998 – Xxxxxxxxx-Xxxxxxxx 1998 – Paradiso 2001, 2009 – Comandè-Turchetti 2004
– Xxxxxxx 2004 – Bilancetti 2006 – Barni 2007 – De Matteis 2007 – Peccenini 2007 – Xxxxxxx 2007 – Fresa 2008 – Xxxxxxxxxx 2008 – Paradiso 2009.
Negli ultimi anni la giurisprudenza italiana ha operato lentamente, ma con costanza un rilevante cambiamento di prospettiva. La nozione di colpa medica è stata col tempo privata della sua caratteristica soggettività, prima spostando il criterio di valutazione dell’attività del medico verso standard di perizia professionale per poi traslare questo processo di oggettivizzazione di- rettamente sulla responsabilità (De Matteis 2005, 39 ss.; Barni 2007, 1986 s.). Tradizionalmente il paziente, quale creditore, era tenuto a dimostrare l’inesatto adempimento del medico, provandone il difetto di diligenza nel- l’inosservanza delle regole tecniche e dei protocolli; ma in base al principio della riferibilità o vicinanza della prova e poiché non sarebbe ragionevole pretendere da questi la prova del fatto negativo dell’inesattezza [Cass., sez. un., 30.10.2001, n. 13533, confermata successivamente in tema di responsa- bilità medica da diverse sentenze nel 2004 (n. 9471, n. 10297, n. 11488),
Capitolo Centoventicinquesimo - La responsabilità della struttura ospedaliera 9
2005 (n. 22894) e 2006 (n. 12362)], attualmente il paziente può limitarsi ad allegare il peggioramento del suo stato di salute dopo l’intervento – se non addirittura la sua inalterazione (Cass., 13.4.2007, n. 8826, cit.) –, essendo a carico del medico e/o della struttura ospedaliera la prova dell’esatto adempi- mento come fatto estintivo del diritto del paziente e come fatto impeditivo della propria responsabilità. In definitiva,
«in tema di responsabilità civile nell’attività medico-chirurgica, il paziente che agisce in giudizio deducendo l’inesatto adempimento dell’obbligazione sanitaria deve provare il contratto e/o il “contatto” e allegare l’inadempimento del profes- sionista, che consiste nell’aggravamento della situazione patologica del paziente o nell’insorgenza di nuove patologie per effetto dell’intervento, restando a carico dell’obbligato – sia esso il sanitario o una struttura – la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti peggiorativi siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile»
(Cass. 11.11.2005, n. 22894, Xxxxx resp., 2006, 214 ss., con nota di Batà e Spiri- to).
4. Allegazione.
Legislazione Cost. 32, 117; c.c. 1176, 1218, 1223, 1225, 1256, 2043,
2697; c.p. 40, 41; l. cost. 18.10.2001, n. 3.
Bibliografia Princigalli 1982 – Xxxx-Xxxxxxxxx 1994 – Monateri 1998 – Xxxxxxxxx e Xxxxxxxx 1998 – Fiore-Bottone-D’Xxxxxxxxxx 2000 – Comandè e Turchetti 2004 – Xxxxxxx 2004 – Bilancetti 2006 – Barni 2007 – De Matteis 2007 – Peccenini 2007 – Xxxxxxx 2007 – Deias 2008 – Xxxxxxxxxx 2008 – Para-
diso 2009.
Il nuovo pacifico orientamento in tema di distribuzione dei carichi proba- tori nell’ambito della responsabilità medico-sanitaria ha modificato anche le regole relative all’allegazione della prova.
Il paziente danneggiato per far valere il proprio diritto al risarcimento è tenuto a provare, in primo luogo, il titolo fondante la propria pretesa ovve- rosia il contratto di spedalità concluso con la struttura ospedaliera e/o il con- tatto sociale con il medico dipendente oppure ospitato dalla medesima strut- tura. Egli deve altresì provare l’aggravamento della patologia, l’insorgenza di un’affezione o l’inalterazione del proprio stato patologico, allegando la pro- va del comportamento del medico o degli operatori sanitari, astrattamente idoneo a produrre i danni subiti.
La struttura sanitaria e/o il medico, a fine di paralizzare la pretesa del pa- ziente, saranno viceversa tenuti a dimostrare o l’adempimento, la diligenza e, dunque, l’esattezza dell’adempimento, come fatti estintivi dell’obbligazione, ovvero la mancanza del nesso causale tra l’in(esatto)adempimento e il danno, o infine il verificarsi di un evento imprevisto e imprevedibile, a loro non im-
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putabile, come unica causa degli esiti peggiorativi addotti da controparte. In tal senso le Sezioni unite hanno espressamente affermato che
«in tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabi- lità professionale da contatto sociale del medico, ai fini del riparto dell’onere probatorio, l’attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare il contratto (o il contatto sociale) e l’aggravamento della patologia o l’insorgenza di un’affezione ed allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato. Competerà al debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevan- te»
(Cass., sez. un., 11.1.2008, n. 577, cit.).
Per quanto riguarda l’accertamento causale, esso si atteggia in modo par- ticolare riguardo alle fattispecie omissive. Inizialmente convergenti (Cass. civ. 29.3.2001, n. 4609, Danno resp., 2001, 828, con commento di Agnino, e Cass. pen. 17.1.1992, n. 371, Resp. civ. prev., 1992, 361) sul criterio del c.d. aumento del rischio – in base al quale l’omissione della condotta doverosa da parte del medico integra gli estremi della responsabilità qualora abbia au- mentato o non diminuito in modo rilevante il rischio del verificarsi del- l’evento dannoso –, le posizioni della giurisprudenza civile e penale si sono allontanate, per cui all’affermazione in sede penale che il giudice è tenuto a verificare nel caso concreto, sulla base delle circostanze di fatto e dell’evi- denza disponibile, escludendo peraltro l’interferenza di fattori alternativi, che la condotta omissiva del medico sia stata condizione necessaria del- l’evento lesivo con alto o elevato grado di credibilità razionale ovvero proba- bilità logica (Cass. pen., sez. un., 10.7.2002, n. 00000, Xxx. pen., 2002, 885, e Xxxxx resp., 2003, 195, pluricommentata), hanno risposto le Sezioni unite civili, affermando, viceversa, espressamente che
«ai sensi degli artt. 40 e 41 c.p., un evento è da considerarsi causa di un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assen- za del secondo; ma l’applicazione di tale principio, temperato dalla regolarità ca- suale, ai fini della ricostruzione del nesso eziologico, va applicata alla peculiarità delle singole fattispecie normative di responsabilità civile, dove muta la regola probatoria, per cui mentre nel processo penale vige la regola della prova “oltre il ragionevole dubbio”, nel processo civile vige la regola della preponderanza del- l’evidenza o del “più probabile che non”»
(Cass. civ., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 581, in NGCC, 2008, I, 623 ss. con nota di Querci; Vita notar., 2008, 839 con nota di Xxxxx; Resp. civ., 2008, 984 ss., con nota di Xxxxx; in Danno resp., 2008, 1011 ss., con nota di Xxxxxx; ivi, 2009, 667, con nota di Xxxxxx).
Un altro aspetto da non trascurare è l’inserimento dell’evento dannoso nel contesto del servizio sanitario nazionale. L’attività delle strutture ospeda- liere pubbliche si esplica secondo principi di qualità nella cura e di appro- priatezza dell’assistenza, cui negli ultimi due decenni si è aggiunto il princi-
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pio di economicità volto al massimo contenimento dei costi. Ciò ha portato ad una razionalizzazione nell’impiego delle risorse e alla fissazione a seguito della legge costituzionale n. 3 del 2001 del concetto di livello essenziale di assistenza, come traduzione nel settore dei servizi alla salute del riferimento ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art. 117, 2o co., lett. m), Cost. (Deias 2008, 7 s.). Le risorse statali vengono ripartite per assicurare a tutti i cittadini il godimento delle prestazioni garantite come essenziali, con una re- distribuzione che arriva agli enti ospedalieri in misura proporzionata alla ri- spettiva rilevanza sul territorio e che, dunque, permette a ciascuno di essi di poter offrire solo i servizi assistenziali corrispondenti. Il difetto o le carenze tecnico-organizzative di una struttura possono, dunque, esserle imputate so- lo parametrando il servizio realmente offerto con quello essenziale che la struttura è tenuta a garantire.
5. Quantificazione.
Legislazione Cost. 2, 32, 117; c.c. 1223, 1226, 1227, 2043, 2056, 2057, 2059; d. lgs.
25.6.2008, n. 112.
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– Xxxxxxxxxx 2008 – Xxxxxxxxx Xxxxxxxx e Frati 2009 – Paradiso 2009.
Rispetto alla responsabilità della struttura ospedaliera, la quantificazione del danno non presenta aspetti di particolare rilievo da giustificare una trat- tazione specifica. In materia di diritto della medicina lo spettro dei danni ri- sarcibili è ovviamente particolarmente ampia, trattandosi del delicato terre- no dei diritti più vicini alla persona quale il diritto alla salute e all’integrità psicofisica e il diritto all’autodeterminazione. Le fattispecie legate alla viola- zione del segreto professionale, cui è obbligato sia il medico che l’ente ospe- daliero attraverso i suoi dipendenti, coinvolgono anche la sfera della riserva- tezza e della privacy nell’esigenza di tutela: tanto più da quando il Codice della privacy ha affermato la particolare sensibilità dei dati relativi alla salute individuale.
La lesione dei diritti e degli interessi in tale campo comporta generalmen- te un risarcimento composito in cui si rinvengono svariate voci di danno pa- trimoniale e non patrimoniale con quei rischi di duplicazione e sovrappro- duzione che la recente giurisprudenza di legittimità cerca di limitare (Cass., sez. un., 11.11.2008, n. 26973, cit.). Alla struttura, come al medico, è impu- tabile anche il danno da perdita di chance, che sotto il profilo risarcitorio va ricondotto proprio nell’ambito della bipolarità prevista dal codice vigente tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale, di cui si è fatto cenno e per la trattazione dei quali si rinvia alle rispettive voci in quest’opera.
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