CONTRATTO A TERMINE
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CONTRATTO A TERMINE
Proroga e continuazione di “fatto”
di Xxxxxxx Xxxxx - Funzionario INPS
Una delle principali finalità della direttiva europea 28 giugno 1999, n. 1999/70, attuata in Italia con il D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, è quella di creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dal- l'utilizzo di una successione di contratti a tempo determinato. Il D.Lgs. n. 368/2001 attua la prevenzione di tali
sa attività lavorativa per la quale il contrat- to è stato stipulato. Con esclusivo riferimen- to a tale ipotesi la durata complessiva del rapporto a termine non potrà essere superio- re ai tre anni». Esaminiamo nel dettaglio tali condizioni.
a) Consenso del lavoratore: la proroga è
un atto consensuale e
abusi mediante:
1) divieto di continuare di fatto l’attività oltre il ter- mine finale (art. 5);
2) ammissibilità della pro- roga solo a determinate condizioni (art. 4);
3) limiti alla stipulazione di nuovi-successivi con- tratti a termine con il medesimo lavoratore.
Si tratta di ipotesi di pro- lungamento del termine oltre il primo contratto che
«Una delle principali finalità della direttiva europea 28 giu- gno 1999, n. 1999/70, attuata in Italia con il D.Lgs. 6 settem- bre 2001, n. 368, è quella di creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti a tempo determinato»
come tale è precluso al datore di lavoro di imporla unilateralmente. Il consen- so del lavoratore deve manifestarsi in un momen- to anteriore rispetto alla scadenza del termine ini- zialmente stabilito o al massimo contestualmen- te alla stessa. In ogni caso per ragioni di prudenza si consiglia di accordarsi sulla proroga prima della scadenza del termine ori-
trovano la regolamentazione negli artt. 4 e 5 del D.Lgs. n. 368/2001.
La proroga: art. 4 D.Lgs. n. 368/2001 La proroga è un accordo tra datore di lavoro e lavoratore che ha la funzione di protrarre ad un momento successivo il termine finale dell’efficacia del contratto di lavoro a tempo determinato. Essa è disciplinata dall’art. 4 D.Lgs. n. 368/2001 il quale ne detta le condi- zioni: «Il termine del contratto a tempo deter- minato può essere, con il consenso del lavoratore, prorogato solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a tre anni. In questi casi la proroga è ammessa una sola volta e a condizione che sia richiesta da ragioni oggettive e si riferisca alla stes-
ginario evitando che ciò avvenga durante la prosecuzione in via di fatto ex art. 5 D.Lgs. n. 368/2001.
b) Forma dell’accordo di proroga: per quanto riguarda la forma il D.Lgs. n. 368/2001 non prevede quella scritta ad substantiam, può quindi essere manife- stato in forma orale e può risultare anche da comportamenti concludenti. Tuttavia, nonostante la libertà della forma, è oppor- tuno e conveniente per il datore di lavoro redigere l’accordo di proroga per iscritto poiché il secondo comma dell’art. 4 del D.Lgs. n. 368/2001, pone a suo carico l'onere della prova relativa all'obiettiva esi- stenza delle ragioni che giustificano la proroga. L’atto scritto di xxxxxxx xxxxxxx
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più certa: 1) l’esatta individuazione delle ragioni obiettive; 2) il periodo in cui è ini- ziato il proseguimento dell’attività lavorati- va; 3) il momento nel quale è stato espres- so il consenso del lavoratore alla proroga del contratto. La forma scritta potrebbe quindi essere utile per provare, in un’eventuale fase contenziosa, che non è stata realizzata una mera protrazione del rapporto in via di fatto ed evitare in tal modo l’applicazione delle maggiorazioni retributive del 20 e 40% e scongiurare una trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
c) La durata iniziale del contratto, durata massima e unicità: la proroga è ammes- sa una sola volta, solo nel caso di con- tratti a termine di durata inferiore a 3 anni e per una durata complessiva massima di 36 mesi comprendenti contratto e pro- roga.
d) Le ragioni oggettive che giustificano la proroga: le ragioni che giustificano la pro- roga devono essere oggettive e non più contingenti e imprevedibili come invece richiedeva l’abrogata legge n. 230/1962. Questa formula sintetica “ragioni oggetti- ve” sarebbe equivalente alla norma gene- rale relativa alla giustificazione del termi- ne iniziale (ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo), salvo il riferimento di tali ragioni alla proro- ga. Esse devono in ogni caso rispondere al criterio generale della temporaneità così come lo sono le esigenze economi- che ed organizzative che legittimano la stipula del contratto originario. Il D.Lgs. n. 368/2001 è privo di qualsiasi riferimento all’eccezionalità della proroga ed alle sue esigenze contingenti e imprevedibili (pre- viste in precedenza dalla legge n. 230/1962). Ciò lascia intendere che le ragioni che giustificano la proroga posso- no essere uguali a quelle che hanno con- sentito l’apposizione del termine al con- tratto originario. L’abbandono del riferi- mento alle esigenze “contingenti” signi- fica che oggi la proroga non è più legata ad una particolare condizione di tempo e di luogo e dunque è legittima anche in situazioni di normalità. L’abbandono inve- ce del riferimento alle esigenze “impreve-
dibili” significa che la proroga oggi può essere giustificata da ragioni prevedibili sin dalla stipula originaria del contratto a termine purché non effettivamente sussi- stenti in tale momento. In altre parole è necessario che tali nuove esigenze anche se prevedibili siano sopravvenute rispetto alla stipula del contratto originario. Per esemplificare possiamo dire che il datore di lavoro non potrebbe prudentemente scegliere una durata limitata del contratto a termine per poi prolungarlo a sua discre- zione. In definitiva per aversi “ragioni oggettive” deve trattarsi di ragioni eco- nomiche ed organizzative che, per eventi sopravvenuti indipendenti dalla volontà dell’imprenditore (anche se prevedibili e non eccezionali), richiedo- no la proroga del termine. Ad esempio:
1) un’opera inizialmente programmata per essere completata in un anno non può essere eseguita in tale periodo perché manca la materia prima; 2) si verificano ritardi nella consegna di macchinari o di attrezzature; 3) vi sono difficoltà sopravve- nute nella realizzazione del progetto, anche se prevedibili ed evitabili; 4) il lavo- ratore sostituito, che originariamente sarebbe dovuto rientrare entro una certa data, prolunga la sua assenza (se non si è stabilito un termine per relationem).
e) La necessità che si tratti della stessa attività lavorativa: ciò significa che la pro- roga è condizionata al verificarsi di un’oc- casione di lavoro identica a quella iniziale, ovvero provocata dalle stesse esigenze dell’impresa che hanno determinato l’as- sunzione iniziale, pur potendosi adibire in fase di proroga il lavoratore a mansioni diverse da quelle stabilite originariamente non potendosi invocare la norma in que- stione per paralizzare lo ius variandi del datore di lavoro. Tuttavia bisogna prestare attenzione alla modifica della mansioni perché potrebbero significare il venir meno della esistenza delle stesse esigenze che avevano dato luogo all’assunzione origi- naria. Infatti, il riferimento alla “stessa atti- vità lavorativa” confermerebbe che il legi- slatore abbia voluto impedire che, essen- dosi regolarmente esaurita l’esigenza che ha determinato l’assunzione a termine, il
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contratto venga prorogato per il sorgere di una nuova e diversa esigenza che invece andrebbe soddisfatta con un nuovo contratto a termine e non con una proroga. Tuttavia, la circolare n. 42/2002 del Ministero del Lavoro consente che
«le ragioni giustificatrici della proroga possano essere anche del tutto diverse da quelle che hanno determinato la sti- pulazione del contratto a termine purché riconducibili a ragioni di carattere tecni- co, produttivo, organizzativo o sostituti- vo». La proroga, risolvendosi in un pro- lungamento dell’esecuzione del contrat- to iniziale presuppone identità di perso- ne, oggetto e causa. Questa identità per le due fasi contrattuali, anteriore e suc- cessiva alla proroga, costituisce una delle condizioni di legittimità della proro- ga dovendo essa riferirsi alla stessa atti- vità lavorativa. Ad esempio vi sarà la medesima attività lavorativa quando sia prorogato il rapporto di lavoro a tempo determinato con un lavoratore assunto per sostituire altro dipendente assente e l’assenza si prolunghi oltre il termine ini- zialmente stabilito, sempre che, ovvia- mente il lavoratore assunto a termine continui ad essere impiegato con quelle finalità, appunto, “sostitutive” per le quali era stato instaurato il rapporto di lavoro originario (se invece il termine iniziale è stato definito soltanto indirettamente o per relationem, con riferimento alla data di ritorno in servizio del lavoratore assente è evidente che il protrarsi della prestazione, in relazione del protrarsi dell’assenza, rispetto a quanto era stato previsto all’inizio, non dà luogo ad una proroga perché «si è sempre all’interno del termine mobile originariamente pat- tuito»). Così anche i rapporti a termine stipulati in presenza di punte stagionali o
dell’intensificazione dell’attività, o per particolari lavori, potrà essere prorogato qualora i tempi di intensificazione dell’at- tività risultino più lunghi di quelli inizial- mente previsti o si allunghino i tempi per una determinata consegna.
Conseguenze dell’illegittimità della proroga
Come nella disciplina previgente, il D.Lgs.
n. 368/2001 non specifica le conseguenze dell’illegittimità della proroga, cosicché esse vanno desunte applicando i criteri interpretativi della legge. Possiamo distin- guere sostanzialmente tra sanzione forte (conversione a tempo indeterminato) e san- zione lieve (prosecuzione di fatto nei termi- ni con le sole maggiorazioni retributive) a seconda delle circostanze che determinano l’illegittimità della proroga del termine. Ad esempio se nella proroga c’è la sola man- canza delle ragioni oggettive il rapporto non si trasformerà a tempo indeterminato e si avrà una mera continuazione di fatto. È evi- dente che ciò potrà verificarsi allorquando la proroga sia stabilita per brevi periodi e cioè al massimo per 20 o 30 giorni (in rela- zione alla durata del contratto a termine inferiore o superiore a sei mesi) altrimenti è evidente che per rapporti di durata superio- re non potrà mai invocarsi l’applicazione del regime sulla prosecuzione di “fatto”. Invece, se la proroga attiene ad esempio ad una diversa attività lavorativa (rispetto a quella del contratto iniziale) oppure se essa maschera una volontà delle parti a instaura- re un nuovo e diverso contratto a termine non sarà possibile configurare tale ipotesi come continuazione di fatto ed opererà la più forte sanzione della trasformazione a tempo indeterminato (e questa volta ex tunc risolvendosi la fattispecie in successive assunzioni senza soluzione di continuità).
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La continuazione del rapporto dopo la scadenza del termine: art. 5, D.Lgs. n. 368/2001
Può succedere, ed i motivi possono essere molteplici, che il rapporto di lavoro continui oltre la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato senza formalizzare alcun accordo di proroga. Si tratta della continuazione realizzata in via di “fatto”. Ma cosa differenzia i due istituti, pro- roga e continuazione di fatto? Il tratto distin- tivo sostanziale è che mentre la proroga si risolve in un accordo che richiede una serie di condizioni in mancanza delle quali essa è nulla, la continuazione in via di fatto è svin- colata da ragioni oggettive ed è giustificata semplicemente dalla immediata esigenza di continuazione dell’attività lavorativa. La con- tinuazione dell’attività lavorativa dopo la sca- denza del termine è assunta dal legislatore come situazione di fatto, di modo che la manifestazione di volontà dei soggetti coin- volti non rileva ai fini della valutazione legale della fattispecie e quindi la continuazione dell’attività può avvenire sia per fatti conclu- denti sia per volontà tacita delle parti. Non è peraltro sufficiente una mera prosecuzione dell’attività lavorativa sconosciuta o contraria (c.d. proibente domino) alla volontà del dato- re di lavoro. La legge n. 230 del 1962 (prima della modifica della legge n. 196 del 1997) penalizzava in modo eccessivo errori ed omissioni, perché era sufficiente che, per una semplice dimenticanza o per inefficienze di tipo amministrativo, il dipendente lavoras- se anche un solo giorno (o anche poche ore) dopo la scadenza del termine, e si aveva la trasformazione del rapporto, imponendo al datore di lavoro di mantenere in organico un lavoratore di cui non aveva alcuna necessità in quanto l’esigenza temporanea per la sua utilizzazione era ormai cessata. Il legislatore, al fine di evitare tali drastiche conseguenze dovute allo sforamento del termine anche di un solo giorno ha introdotto (già con la legge
n. 196/1997) un periodo c.d. cuscinetto o di tolleranza. Tale periodo è di 20 giorni nel caso di contratto di durata inferiore a 6 mesi ovvero di 30 giorni nel caso di contratto di durata pari o superiore a 6 mesi. Scaduto tale termine opera una presunzione assoluta
di frode alla legge e il contratto si considera a tempo indeterminato dalla data di scaden- za di detti termini e quindi con effetto ex nunc (cioè dal 21° giorno per contratti inferiori a 6 mesi e dal 31° giorno per contratti pari o superiori a 6 mesi). Xxxxxxx detto che la conversione opera ex nunc, con applicazio- ne per il periodo successivo dell’ordinario trattamento retributivo. Ne consegue che per il primo rapporto e per i successivi giorni di protrazione in via di fatto il lavoratore avrà diritto alla liquidazione del TFR, ma non potrà avvalersi, in relazione al secondo rap- porto (ex nunc), dei benefici connessi all’an- zianità di servizio. Entro il periodo di “tolle- ranza” di 20 e 30 giorni opererebbe una pre- sunzione assoluta tesa ad escludere qual- siasi intento fraudolento, con conseguente insindacabilità del giudice volta ad accertare la ricorrenza o meno della volontà elusiva. Questo periodo è però gravato dall’obbligo per il datore di lavoro di corrispondere una maggiorazione retributiva per ogni giorno di continuazione del rapporto pari al 20% per i primi dieci giorni successivi alla scadenza del termine (eventualmente prorogato) e una maggiorazione del 40% per ciascun giorno ulteriore. L’espressione “maggiorazione della retribuzione” utilizzata dal legislatore aiuta ad affermare la natura retributiva (e non risarcitoria) di tale corresponsione, con tutto ciò che ne consegue sia in termini pre- videnziali e di contribuzione obbligatoria sia in termini di retribuzione indiretta (ad esem- pio sul TFR non trattandosi di prestazione occasionale). Inoltre, considerato che lo spi- rito della norma è disincentivare la protrazio- ne di fatto del rapporto, si ritiene che la base retributiva sulla quale dovrà essere calcolata la maggiorazione non sia rappresentata dalla sola retribuzione base (minimo + scat- ti, ecc.) ma anche da eventuali voci retributi- ve ulteriori come ad esempio le maggiorazio- ni per lavoro straordinario e altre indennità legate alla prestazione lavorativa. Il Ministero del Lavoro con circolare 28 novembre 1997, n. 153 ritiene tale maggio- razione una conseguenza di “natura risarci-
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toria”. Per quanto riguarda gli aspetti più operativi, il Ministero del lavoro con risposta ad interpello 7 maggio 2009, prot. 25/I/0006689 è intervenuto a precisare come ci si deve comportare durante il periodo di tolleranza di 20 o 30 giorni considerato che non risulta alcun obbligo di comunicazione obbligatoria al centro per l’impiego così come invece è previsto per la vera e propria proroga. Il Ministero precisa che il lieve sfo- ramento, già peraltro sanzionato con la mag- giorazione retributiva del 20 e 40%, giustifica l’assenza di ogni comunicazione obbligatoria e di conseguenza viene esclusa l’applicabili- tà della maxi-sanzione per l’impiego di lavo- ratori non risultanti dalle scritture obbligato- rie. Si ricorda infine che la continuazione di “fatto” è ammissibile anche nel caso di rag-
giungimento del limite dei 36 mesi per effet- to di successione di diversi contratti nel qual caso non si determina l'automatismo dell'im- mediata conversione, ma il rapporto si potrà protrarre per ulteriori 20 giorni (art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 368/2001) che dovranno essere tuttavia compensati con le maggiorazioni previste dallo stesso art. 5, comma 1. del D.Lgs. n. 368/2001 (circ. Min. Lav. 2 maggio 2008, n. 13). Infine, per quanto concerne l’onere della prova circa la prosecuzione di fatto del rapporto di lavoro e la sua durata, esso grava, ex art. 2697 c.c., sul lavoratore che invochi questa causa petendi a fonda- mento della domanda di maggiorazione retri- butiva o di accertamento della sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato.
Proroga e prosecuzione di "fatto" a confronto | ||
CONFRONTO | PROROGA | PROSECUZIONE DI FATTO |
NORMA | art. 4, X.Xxx. n. 368/2001 | art. 5, c.1 e 2, X.Xxx. n. 368/2001 |
CONDIZIONI | restrittive | non restrittive |
DURATA | al massimo 36 mesi compreso il contratto iniziale | 20 e 30 giorni rispettivamente per con- tratti fino a 6 mesi e pari o superiori a 6 mesi |
FORMA RICHIESTA | consigliabile per iscritto | nessuna forma |
CONSEGUENZE DELLA ILLEGITIMITÀ | conversione a tempo indeterminato (la più grave) | non si pongono problemi di legittimità entro i termini previsti di 20 e 30 giorni |
Prosecuzione di "fatto" del rapporto - art. 5, D.lgs n. 368/2001 | |
DURATA DELLA PROSECUZIONE OLTRE IL TERMI- NE INIZIALMENTE FISSATO O SUCCESSIVAMENTE PROROGATO | MAGGIORAZIONE RETRIBUTIVA PER OGNI GIOR- NO ULTRA PACTUM |
fino a 10 giorni | 20% |
dall'11° al 20° giorno (30° se la durata del con- tratto è pari o superiore a 6 mesi) | 40% |
dal 21° giorno (31° se la durata del contratto è pari o superiore a 6 mesi) | conversione del contratto a tempo indeterminato |
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Proroga: le condizioni di legittimità - art. 4 D.lgs 368/2001 | ||
CONDIZIONE | COSA SI INTENDE | |
1 | DURATA DEL CONTRATTO INIZIALE INFERIORE A 3 ANNI | la durata del contratto a termine da prorogare non deve superare i 2 anni e 364 giorni |
2 | UNICITÀ DELLA PROROGA | la proroga è consentita una sola volta |
3 | "RAGIONI OGGETTIVE" A SOSTEGNO DELLA PROROGA | a) non devono essere "soggettive" b) devono essere temporanee c) possono essere le stesse che hanno originato il con- tratto iniziale d) l'evento che dà luogo alla proroga poteva essere prevedibile alla stipula del contratto originario ma non doveva sussistere |
4 | NECESSITÀ CHE SI TRATTI DELLA STESSA ATTIVITÀ LAVORATIVA | la proroga deve essere determinata dalle stesse esi- genze che hanno originato il contratto a termine pur essendo possibile la variazione delle mansioni |
5 | IL CONSENSO DEL LAVORATORE | il consenso deve manifestarsi in un momento anterio- re rispetto alla scadenza del termine o contestual- mente |
6 | FORMA DELL'ACCORDO DI PROROGA | non è richiesta la forma scritta anche se è fortemente consigliabile tale forma per provare: a) l'esatta individuazione delle ragioni oggettive b) il momento in cui è iniziato il proseguimento del- l'attività lavorativa c) il momento nel quale il lavoratore ha espresso il consenso alla proroga d) che non si tratta di una prosecuzione ex art. 5 |
7 | DURATA MASSIMA CONTRATTO + PROROGA | la durata complessiva (contratto iniziale + proroga) del rapporto a termine non può superare i 36 mesi |
* Il presente contributo è frutto esclusivo del pensiero dell'autore e non ha carattere in alcun modo impegnativo per l'Amministrazione di appartenenza.
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