Lavoro agile e contrattazione aziendale
Working Paper
A s s o c i a z i o n e p e r g l i S t u d i I n t e r n a z i o n a l i e Comparati s u l D i r i t t o del l a v o r o e s u l l e R e l a z i o n i i n d u s t r i a l i
Lavoro agile e contrattazione aziendale
Un’analisi qualitativa per progettare la ripartenza
Xxxxx Xxxxxxxxx
Dottore di ricerca in Formazione della persona e mercato del lavoro
ISSN 2240-273X – Registrazione n. 1609, 11 novembre 2001 – Tribunale di Modena
Working Paper n. 17
@2020 ADAPT University Press • xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx • xxxxxxxxx@xxxxx.xx
I PUNTI CHIAVE DEL PAPER |
❖ Prima e dopo la legge n. 81/2017 prassi e regolamenti aziendali, contratti di secondo livello, hanno saputo regolare ed adattare al caso concreto le svariate sperimentazioni di tale nuova forma di lavoro ❖ Da più parti si è invocata la necessità/urgenza di un nuovo intervento legislativo ❖ Eventualmente un intervento legislativo ragionevole potrà riguardare l’incentivazione (anche dal punto di vista della leva economica, contributiva e fiscale) di tale modalità, nonché ulteriori chiarimenti circa gli orari di lavoro e la tutela sul piano di salute e sicurezza, non certo la sua ulteriore regolazione entro rigidi schemi del Novecento industriale ❖ Ciò che può fare la differenza è invece il consapevole dispiegarsi dell’autonomia privata (individuale e/o collettiva) ❖ Questa potrà orientarsi, migliorandole, grazie alle pattuizioni già in essere, che con il presente paper si è voluto tentare di ricondurre a sistema |
ABSTRACT
La prassi (diritto vivente) generatasi negli ultimi anni a livello di regolamenti ed accordi aziendali in materia di lavoro agile, in particolare nel settore alimentare, energetico, del credito e assicurativo/bancario, mostra ancora un approccio assai prudente, talvolta giustificato da serie incertezze normative, alle innovazioni di flessibilizzazione organizzativa della forza lavoro, non cogliendo appieno la potenziale portata di tali possibilità. Tali esperienze ci offrono in ogni caso una importante base di riferimento quanto a contenuti, regole e finalità. Partire da una simile fotografia consentirà, nel prossimo futuro, di fronteggiare le nuove sfide di un mercato del lavoro segnato dalla crisi epidemiologica ed economica ma che si inquadra inevitabilmente nel solco della già avviata quarta rivoluzione industriale, adottando un approccio non ideologico, ma pragmatico ed orientato a soluzioni concrete in grado di comporre interessi concorrenti tra loro. Si dovrà cogliere l’occasione per ammodernare tali dati di prassi, con maggiore orientamento, anche nelle maglie del lavoro subordinato, a responsabilizzazione, collaborazione, autonomia ed orientamento al risultato per un lavoro di qualità.
IL MESSAGGIO |
Assai di recente il lavoro agile ha riacquistato centralità nel dibattito scientifico, ma anche (e soprattutto) in quello tra le parti sociali. In molti hanno suggerito la necessità/urgenza di un ulteriore intervento del Legislatore, al fine di introdurre nuovi vincoli. A questo proposito non si può che riprendere l’esperienza vera degli ultimi anni, che parla di regolamenti ed accordi aziendali tramite i quali dettare i livelli minimi di tutela e regolamentazione per ciascun caso concreto, certo entro i limiti dettati dall’ordinamento statale. È cioè dalla presa di coscienza di questa realtà e da un atto di responsabilità degli operatori economici e della rappresentanza che si potrà progettare un “lavoro agile” utile alle nuove sfide di ogni singolo contesto economico-produttivo, non già da un nuovo intervento eteronomo. |
Indice
1.1. Piano e metodologia di ricerca 5
2. Definizioni negoziali di lavoro agile 7
3.1. Monitoraggio e risultati delle finalità dichiarate 11
7. Il recesso dall’accordo individuale di lavoro agile 17
8. Conclusioni di sintesi sulla mappatura 19
9. Elenco degli accordi consultati 21
1. Quadro di riferimento
L’emergenza sanitaria da Covid-19, le rigide misure precauzionali ed i protocolli siglati dalle parti sociali, hanno portato a nuova centralità il tema del lavoro agile (o smart working che dir si voglia), conseguenza dell’ampia diffusione (1) dello stesso. Dibattito di fondo che sembrava invece esser stato accantonato in ragione di una sua applicazione
– tutto sommato contenuta rispetto alle attese e ai proclami – piuttosto routinaria e “basilare”, limitata cioè al parziale e semplice trasferimento in un luogo esterno alla sede di lavoro delle medesime attività lavorative e secondo i medesimi canoni di direzione e controllo. Va in ogni caso detto che, al di là del contingente dato di diritto positivo, quello che ci vede impiegati oggigiorno è certamente meglio assimilabile al telelavoro – la cui disciplina, di matrice essenzialmente pattizia, è tutt’ora in vigore per il tramite di accordi interconfederali e articoli di CCNL –, piuttosto che a quella
«filosofia manageriale, [quel] modo di restituire al lavoratore autonomia e flessibilità chiedendogli una responsabilizzazione sui risultati» (2) che dovrebbe caratterizzare lo smart working e dunque il lavoro agile secondo lo schema definitorio di cui alla legge n. 81/2017.
Ma se non si vuole perdere l’opportunità nascosta dietro quella che ha tutta l’aria di essere una crisi sistemica che ci accompagnerà per diverso tempo, è lecito interrogarsi già oggi su cosa sarà – nel prossimo futuro – dell’esperienza di lavoro agile “emergenziale” che stiamo vivendo. Non fosse altro che per un dato, dall’impatto non banale: terminato lo stato di emergenza, laddove si vorrà proseguire con modalità di lavoro agile, andranno siglati singoli accordi individuali – è questo l’unico requisito necessario richiesto dalla legge del 2017 – che dettano criteri, limiti, paletti, diritti e doveri delle parti coinvolte. È invero un obiettivo progettuale strategico per affrontare con la giusta cassetta degli attrezzi un futuro del lavoro sempre più liquido, ubiquo (3), ed anche esposto al condizionamento da fattori esogeni.
A tale scopo si sono in effetti sollevate alcune proposte, perlopiù dal mondo sindacale. Da chi propone di siglare specifici accordi nazionali, quasi fosse necessario un “contratto di mestiere” (si pensi, ad esempio, al contratto per i dirigenti d’azienda) – pur consapevoli che del lavoro agile non si possa certo parlare in termini di mestiere, quanto piuttosto di una modalità per rendere la prestazione di lavoro –, a chi più saggiamente propone semmai la definizione di snelle linee guida a livello di contrattazione collettiva nazionale (come già avviene per il telelavoro), lasciando semmai all’intervento della
(1) Il Ministero del Lavoro, al 29 aprile, certifica la registrazione di comunicazioni amministrative per l’avvio del lavoro agile per un totale di 1.827.792 lavoratori, di cui 1.606.617 inoltrate dopo l’avvio dello stato di emergenza nazionale e relative disposizioni normative/regolamentari. Significa che prima di marzo erano censite 221.175 comunicazioni. Il dato odierno può subire variazioni anche significative: non ha rilievo statistico e, non potendo essere le comunicazioni annullate/revocate, può ricomprendere lavoratori cessati e/o rientrati in azienda; in ogni caso è evidente la curva a rialzo del fenomeno.
(2) X. XXXXX, Xxxxx Working, in X. XXXXXXX, X. XXXXXXXX (a cura di), Le relazioni di prossimità nel lavoro 4.0. Atti integrati e rivisti del seminario “La fine del diritto pesante del lavoro nella quarta rivoluzione industriale”, ADAPT University Press, 2018, 43.
(3) Cfr. X. XXXXXX, Le condizioni organizzative e professionali dello smart working dopo l’emergenza: progettare il lavoro ubiquo fatto di ruoli aperti e di professioni a larga banda, in Studi organizzativi, n. 1/2020, 142 ss.
contrattazione aziendale e/o territoriale il compito di negoziare, eventualmente, condizioni particolari rispetto a casi particolari (azienda o territorio). Qualche d’uno ha poi addirittura proposto di intervenire (nuovamente) mediante la legge dello Stato, dimenticando che una legge di carattere promozionale, che definisce i livelli minimi di tutela, pur con tutti i suoi limiti intrinsechi ad una visione ancora fortemente fordista della regolazione dei fenomeni lavoristici, esiste già. A poco o nulla servirebbe un ulteriore intervento eteronomo, neppure nel senso di una ulteriore specificazione di diritti (o priorità) di accesso, nel senso di valorizzazione delle finalità di conciliazione; questione su cui è già intervenuto il Legislatore dal punto di vista sistematico (4), e già ampiamente regolata dalla contrattazione (v. oltre) anche in senso più ampio rispetto al diritto positivo in vigore. Si è quindi pensato avesse una qualche utilità portare a galla il “contenuto sommerso” dei contratti aziendali già oggi diffusi nelle realtà produttive del nostro Paese, al fine di alimentare un dibattito costruttivo e fondato su dati empirici inconfutabili, con l’intento di valorizzare la regolazione di tali fenomeni la più prossima possibile agli stessi. Si è infatti convinti che in particolare nell’ambito della organizzazione del lavoro possa giocare un ruolo fondamentale il diritto delle relazioni industriali, che è prodotto di libere scelte dell’autonomia privata e quindi (soprattutto) a livello aziendale maggiormente in grado di rispondere ad esigenze particolari dell’impresa e dei lavoratori della singola realtà produttiva. Dal quadro che ne deriverà, si potranno assumere spunti e best practices anche da trasporre, con i necessari adattamenti, in fonti di regolazione di rango superiore (CCNL, ma anche regolamenti aziendali) o inferiore (patti individuali).
Si è scelto, a tale scopo, di procedere ad una analisi di carattere qualitativo rispetto a quanto già elaborato dalla autonomia privata esercitata in senso collettivo a partire da diversi anni orsono (i primi accordi aziendali si possono infatti individuare nel 2012, come Nestlé Italiana SpA e Nestlé Spacci Srl del 12 ottobre 2012, con una spinta più decisa dal 2014 in avanti, in particolare nei settori bancario-creditizio, assicurativo, alimentare, e comunque nei grandi gruppi), nonché degli accordi di cui man mano si è avuto notizia. A seguito dell’entrata in vigore della legge n. 81/2017 non è infatti cessata la produzione di accordi, soprattutto di livello aziendale, nonostante in punta di diritto sia sufficiente l’accordo individuale.
1.1. Piano e metodologia di ricerca
L’analisi è stata condotta sulla base degli accordi aziendali depositati nella banca dati del gruppo di ricerca di ADAPT “FareContrattazione” (5), dalla quale ogni anno, a partire dal 2015, ha origine un Rapporto annuale sulla contrattazione collettiva in Italia. Da tale base di dati si è poi scelto di selezionare quelli relativi alla specifica materia, la cui proiezione informatica open access si concretizza nel c.d. “Osservatorio ADAPT sullo smart working” (6). Si è scelto poi di estrarre, ai fini dell’analisi da condurre,
(4) X. XXXXXXXXX, Legge di bilancio: (nuovi) diritti di precedenza sul lavoro agile. Prime riflessioni, in Bollettino ordinario ADAPT, 7 gennaio 2019, per quanto riguarda l’art. 18 co. 3-bis L. n. 81/2017 e la contrattazione aziendale in vigore. Nel contesto emergenziale, si aggiungono le disposizioni di cui all’art. 39 D.L. n. 18/2020, come conv. in L. 27/2020.
(6) xxxxx://xxxxxx.xxxxxxxxx.xx/xxxxxx/xxxx.xxx?xxx000
unicamente gli accordi siglati nel settore privato, non tenendo cioè conto di quelle intese che si sono raggiunte nelle realtà del settore pubblico, pur presenti ( 7 ), stante il differente presupposto legale di riferimento. Per il pubblico impiego infatti è stata la c.d. “Riforma Madia” (art. 14 l. n. 124/2015, seguito dalla necessaria Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri, approvata in sede di Conferenza Unificata il 25 maggio 2017, Direttiva n. 3 del 1° giugno 2017 del Dipartimento della Funzione Pubblica – c.d. “Direttiva Madia”) nel 2015 ad aprire alla possibilità di introdurre anche in quel settore forme di lavoro agile (8), ferma restando la piena vigenza della risalente normativa (9) sul telelavoro nella pubblica amministrazione. In quell’occasione si era fissato peraltro anche uno specifico obiettivo, ovvero il coinvolgimento nell’attività lavorativa da remoto di almeno il 10% del personale di ciascuna amministrazione di riferimento. La peculiarità delle disposizioni di legge ad hoc – le disposizioni della l. n. 81/2017 si applicano infatti solo «in quanto compatibili» (art. 18 co. 3) –, nonché dei procedimenti decisionali interni ad ogni PA, che rispondono a logiche di diritto amministrativo, spingono dunque verso l’abbandono dell’analisi di tale spaccato, per concentrarsi appunto su quanto elaborato nel settore privato. Parimenti, sono stati esclusi dall’analisi qui condotta i contratti collettivi di lavoro di livello nazionale – pure presenti nel database dell’Osservatorio –, normalmente riportanti clausole di rinvio, di impegno a successive intese e/o disposizioni di carattere generale.
Individuati gli accordi in materia di lavoro agile disponibili (il cui elenco di dettaglio è disponibile infra, § 9), si è anzitutto provveduto a delineare quale definizione di “lavoro agile” sia stata di fatto introdotta dal diritto delle relazioni industriali, con le relative problematiche di coordinamento con il testo di legge (infra, § 2). Successivamente è stata operata una selezione degli elementi – e dunque delle clausole contrattuali – essenziali da mappare ed indagare, al fine di individuare: le finalità dichiarate dalle parti stipulanti (competitività e conciliazione dei tempi vita-lavoro); il grado di effettiva flessibilità (in termini di tempi e spazi di lavoro) concessa ai lavoratori agili; la predisposizione al monitoraggio e alla misurazione delle performance, anche a fini incentivanti e/o premiali. Al fine di valutare i dati qui richiamati, si è infine ipotizzata una matrice entro cui classificare diverse “categorie” di previsioni contrattuali caratterizzare da intrinseca omogeneità di contenuti.
In particolare:
• finalità dichiarate: conciliazione tempi vita-lavoro (work life balance), competitività/produttività, output esterni (fattori ambientali), riferimento a
( 7 ) Ad esempio l’accordo Agenzia del Demanio e.p.e. (20 settembre 2019); esistono poi altre sperimentazioni (es. Agenzia delle Entrate) – talvolta affrontate anche senza il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali (Direttiva 23 maggio 2017 per il personale dipendente della Presidenza del Consiglio dei Ministri) – seguite all’entrata in vigore della legge Xxxxx e secondo lo schema ivi proposto.
(8) Sul lavoro agile nella PA v. X. XXXXXXXX, Tecnologie digitali e lavoro agile, Xxxxxxx ed., Bari, 2018, 122-129; X. XXXXXX, Diversamente agile? Lo Smart Work nelle pubbliche amministrazioni, in X.
XXXXXXXX, X. XXXXXXX (a cura di), Il Jobs Act del lavoro autonomo e del lavoro agile, Xxxxxxxxxxxx ed., Torino, 2018, 257-283; X. XXXXXXX, Il lavoro agile nella pubblica amministrazione, in X. XXXXX XXXXXX,
X. XXXXX (a cura di), Commentario breve allo statuto del lavoro autonomo e del lavoro agile, CEDAM, Milano, 2018, 471-502.
(9) A differenza che nel settore privato, nel pubblico impiego la disciplina del telelavoro è anzitutto di fonte legale: L. n. 191/1998, art. 4 (Xxxxx Xxxxxxxxx-ter), d.P.R. n. 70/1999, Accordo quadro nazionale 23 marzo 2000.
flessibilità e organizzazione del lavoro, parità di genere, nessun riferimento esplicito;
• flessibilità del luogo di lavoro: nessuna indicazione, mero riferimento ad altri siti diversi dai locali dell’impresa, luoghi/hub aziendali/altre sedi aziendali, da casa/residenza/domicilio/luogo privato, da cliente, luoghi idonei ai fini di salute, sicurezza, riservatezza (anche con divieto luoghi pubblici), spazi di co-working;
• flessibilità degli orari di lavoro: gestione autonoma dell’orario / diversa articolazione dell’orario, correlazione temporale con l’orario aziendale e (in diversi casi) contattabilità nel normale orario di lavoro, contattabilità in un certo lasso temporale (unico vincolo), non specificato;
• pianificazione e periodicità: pianificazione periodica, attivazione/richiesta con preavviso, nessuna previsione; max 1 gg / settimana, > 1 gg / settimana, max 1 gg / mese, > 1 gg / mese, altri limiti o modalità, nessuna previsione su limiti massimi;
• recesso dall’accordo individuale: nessuna disposizione specifica, Individuazione di un termine minimo di preavviso, recesso senza preavviso, revoca automatica / venir meno dell’autorizzazione. Data la peculiarità dell’oggetto, che si ricollega alla domanda di ricerca, si è mappato anche le eventuali intese che prevedessero, tra le altre motivazioni per l’esercizio del diritto di recesso, quella del calo produttività / rendimento sul piano individuale.
In totale si sono studiate e mappate n. 39 intese del settore privato siglate a livello aziendale, cui si aggiungono diversi accordi di rinnovo siglati tra le medesime parti – che ne aggiornano e/o confermano i contenuti a seguito di sperimentazioni o dopo l’entrata in vigore della l. n. 81/2017 –, nonché alcuni documenti come policy, regolamenti e schemi di accordi individuali, allegati ai medesimi contratti.
Seguono dunque singoli paragrafi d’approfondimento relativi alle clausole raggruppate nella matrice di cui sopra.
2. Definizioni negoziali di lavoro agile
Come avviene in qualsivoglia accordo, dopo le premesse d’apertura – in cui vengono normalmente dichiarati contesto aziendale di riferimento, presupposti, finalità (sulle quali infra, § 3) – le parti sociali affrontano preliminarmente, nel corpo dell’intesa, il tema della delimitazione del campo d’applicazione e delle definizioni negoziali dell’oggetto di specifica, successiva, regolazione. Si può dire sin da ora come sulla materia dello smart working si osserva un atteggiamento che potremmo definire “bi- fasico” della contrattazione collettiva, prima con definizioni più prudenti e talvolta generiche, mentre in un secondo momento si può scorgere maggiore consapevolezza e più puntuale indicazione degli elementi essenziali; lo spartiacque non può che essere l’entrata in vigore della legge di riferimento. In via generale, i termini maggiormente impiegati sono smart woking, lavoro agile, lavoro a distanza, lavoro flessibile (10).
(10) Parla ad esempio di “lavoro flessibile” l’accordo Banca Etica, si riferisce invece al “flexible work” l’accordo BNL.
Diverse sono invece le tecniche di vera e propria definizione di sostanza della modalità di lavoro. In alcune intese (ad es. BNL, BNP Paribas, Snam) ci si limita ad un riferimento al luogo di lavoro, senza riferirsi alle coordinate temporali della prestazione, che sono invece evidenziate in accordi come quelli siglati in Reale Mutua, Zurich (rinnovo) oppure ENGIE. Un altro gruppo di accordi (tra i primi, Euler Hermes, Crèdit Agricole, Cedacri) fa invece riferimento al requisito essenziale delle tecnologie impiegate. Risultavano invece più rari, almeno fino a metà 2017, gli accordi aziendali che prendessero in considerazione tutti e tre gli elementi; il riferimento in particolare è alle intese AXA e A2A che, sebbene alla data della loro sottoscrizione l’iter parlamentare di approvazione della l. n. 81/2017 non fosse ancora concluso, già ricalcavano i profili definitori. Un richiamo, sempre più spesso esplicito (accordi AVIVA, Deloitte & Touche (11), Fater (12), Xxxxx, Iren), alla legge citata – e dunque anche alla definizione ivi contenuta – si può osservare in particolare nelle intese siglate nel corso del 2018.
Infine non può che essere evidenziata, in particolare, una ricorrente preoccupazione, di cui peraltro pare non essere immune neppure il legislatore (13): quella di distinguere la nuova modalità di lavoro smart con la fattispecie del telelavoro, con la conseguenza della disapplicazione del relativo corpus normativo, di fonte sia negoziale (14) che legale (15), in ogni caso tutt’ora vigenti. In alcuni casi gli accordi (ad es.: ICCREA (16), UBI ( 17 ) si limitano a dichiarazioni orientate alla non applicazione delle stesse, con espressioni che – qualora non confermate nella disciplina sostanziale – rischiano di risultare mere petizioni di principio. In altre ipotesi (ci si riferisce, ad es., agli accordi Nestlè, General Motors, Enel, Findomestic), in maniera più opportuna, vi è il tentativo di distinguere le due fattispecie, riferendosi al lavoro agile come modalità da esercitarsi nel senso della occasionalità, sporadicità, non continuatività e/o non prevalenza, essendo invece il telelavoro una modalità di prestazione della propria attività lavorativa svolta regolarmente al di fuori dei locali aziendali. È infatti questa caratteristica, al paio con la necessità (per il telelavoro) o l’eventualità (per il lavoro agile ex legge 81) dell’impiego di strumenti tecnologici, l’unico elemento che possa distinguere le due fattispecie (18). In questo senso assumono dunque particolare rilevanza quelle clausole,
(11) La legge è richiamata in occasione della nuova intesa siglata dopo la prima fase di sperimentazione.
(12) Nelle premesse dell’accordo Fater si può infatti leggere: «al fine di recepire quanto disciplinato dalla L. 81/2017».
(13) In questo senso, in letteratura, tra i primi commentatori cfr. X. XXXXXXXXXX, Il lavoro agile tra legge e contrattazione collettiva. La tortuosa via italiana verso la modernizzazione del diritto del lavoro, in Dir.
rel. ind., n. 4/2017, 253-260, in cui il § 4 riporta come titolo-interrogativo “eloquente” «Il lavoro agile come risposta alle rigidità normative e sindacali del telelavoro?».
( 14 ) Accordo Interconfederale 9 giugno 2004 di recepimento dell’Accordo Quadro Europeo tra UNICE/UEAPME, CEEPe CES del 19 luglio 2002, nonché i CCNL.
(15) In particolare il regime delle deroghe all’orario di lavoro di cui all’art. 17 co. 5 lett. d) D. Lgs. n. 66/2003 e, assai più critica e densa di seri dubbi, la normativa di salute e sicurezza.
(16) Recita infatti un punto delle premesse: «Le Parti si danno atto, altresì, che lo Smart Working, così
come definito e disciplinato all’interno del presente accordo, non si configura come telelavoro né tantomeno ne integra la fattispecie sotto un profilo normativo».
(17) L’intesa, all’art. 2 co. 4, precisa come «Il lavoro agile come sopra definito e come disciplinato nel presente accordo non si configura come “telelavoro” di cui all’art. 36 del vigente CCNL».
(18) Xx accede qui alla lettura proposta da X. XXXXXXXXXX, Il lavoro agile tra legge e contrattazione collettiva, cit., 944, secondo il quale «[…] nessuna differenza sussista oggi, sul piano giuridico e in termini di disciplina applicabile, tra il telelavoro e il lavoro agile se non in due circostanze del tutto
frequenti, che individuano meccanismi di definizione della (eventuale) pianificazione e periodicità della prestazione in regime di lavoro agile (infra, § 6). In alcuni casi (Findomestic) invece le intese si preoccupano addirittura di introdurre in azienda entrambe le fattispecie, distinguendo dunque anche le relative clausole regolatorie.
3. Le finalità dichiarate
Il legislatore ha indicato ( 19 ), nel definire una nozione legale di lavoro agile, due specifiche finalità – concorrenti tra loro – che accompagnano l’introduzione di tale modalità di svolgimento della prestazione lavorativa all’interno dell’organizzazione del lavoro: competitività dell’impresa e conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per i dipendenti “agili”. Si possono comunque rintracciare, in diversi accordi aziendali in materia, già prima dell’entrata in vigore della l. n. 81/2017, riferimenti a tali scopi, solitamente riportate nel capitolo dedicato alle premesse alle intese raggiunte.
Tabella 1 – Raggruppamento intese per finalità espresse
Conciliazione tempi vita-lavoro (work life balance) | Iren; Ubi; Xxxxxxxxxxx; Leonardo; Deloitte & Touche; Indra Italia; Unicredit; Intesa Sanpaolo; Nestlè; Barilla; BNL; Zurich; Banca Etica; BNP Paribas; Randstad; Crèdit Agricole; AXA; Findomestic; Siemens; A2A; WIND; Xxxxx xxx Xxxxxxxx; XXXXX; Xxx ( 00 ); Enel; FS; TIM; AON; Allianz; Findomestic Banca; ICCREA (21) |
Competitività/Produttività | Bonfiglioli, Barilla, BNP Paribas, Randstad, Enel, AON (22); Indra Italia; Snam; Banca del Piemonte; FS; TIM; Allianz; Findomestic Banca |
output esterni (fattori ambientali) | Leonardo; Xxxxxxxx & Touche; Barilla; General Motors Powertrain; AXA; A2A; Eni; Enel |
particolari e, a ben vedere, anche marginali in termini di casistica reale: […]», riferendosi alla possibilità che la prestazione fuori dai locali aziendali sia resa senza l’uso di strumenti tecnologici/informatici e che tale prestazione sia episodica, occasionale, o comunque non programmabile.
(19) Art. 18 co. 1 l. n. 81/2017, che recita «Le disposizioni del presente capo, allo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, promuovono il lavoro agile […]». (20) Nell’accordo Eni, l’esigenza di conciliazione è specificata e delineata altresì dall’individuazione
specifica dei destinatari della misura: neomamme, neopapà, genitori con figli in adozione o affidamento preadottivo.
(21) L’accordo per il gruppo bancario ICCREA, nelle premesse, fa pure riferimento al DM 12 settembre 2017, di attuazione e finanziamento (per il periodo 2016-2018) delle misure previste all’art. 25 D. Lgs. n. 80/2015, che prevede agevolazioni di carattere contributivo agli accordi integrativi che introducano aggiuntive misure di conciliazione vita-lavoro rispetto a quanto già previsto da legge e CCNL.
(22) Tutti nel senso di autonomia, responsabilizzazione e miglioramento delle performance individuali.
Riferimento a flessibilità e organizzazione del lavoro | Aviva; Deloitte & Touche; BNL; Reale Mutua |
Parità di genere | Nestlè; Euler Hermes |
Nessun riferimento esplicito | Campari; Cattolica Assicurazioni |
In alcuni contesti è possibile scorgere una particolare declinazione dell’incremento di competitività per la realtà aziendale, che si concretizza anzitutto in una (semplice) riduzione di costi fissi non più sostenibili al medesimo livello, legati ad esempio a spese di locazione, energia, o altro. In un caso (accordo Snam) vi è pure un riferimento esplicito a tale esigenza/finalità.
Dall’analisi condotta si evince come assumano una posizione di netta prevalenza le finalità relative ai temi del c.d. work life balance e dunque della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (ben 31 accordi la dichiarano espressamente, anche in concorso con altre finalità), rispetto al tema della competitività e/o produttività dell’azienda, che viene espressamente citata in almeno 14 accordi, talvolta (6 intese) anche con riferimento alla responsabilizzazione dei singoli e quindi nel senso di produttività e performance individuali. In questo senso la legge del 2017 pare riprendere, nel declinare gli obiettivi dell’intervento normativo, proprio quanto già sviluppato dall’esperienza della contrattazione collettiva. Invero, non di poco conto paiono anche i riferimenti ad altre finalità specifiche: più in generale la sola (ri)organizzazione flessibile del lavoro (4 accordi); attenzione alle esternalità negative dell’attività produttiva, quindi l’impatto su ambiente, energia, mobilità (7 intese) (23), e più in generale alla responsabilità sociale d’impresa (accordo Enel). In un caso (Reale Mutua), il riferimento alla organizzazione aziendale è dovuto alla specifica finalità (gestionale) di evitare il trasferimento di alcune risorse in seguito alla chiusura della sede aziendale di afferenza. Assume invece carattere di eccezionalità la recente intesa (12 settembre 2018) raggiunta in Leonardo SpA che dopo il crollo del “Ponte Morandi” dell’asse autostradale genovese ha permesso di introdurre lo smart working (ed altri strumenti di flessibilità) in azienda,
«[…] al fine di limitare i disagi sofferti dai dipendenti, di contribuire al decongestionamento del traffico urbano e al contempo di garantire il regolare proseguimento delle attività produttive […]»; dunque esigenze di conciliazione (nella forma della mobilità da e verso il luogo di lavoro) e organizzazione d’impresa.
Vi sono alcune intese che, anche solo come premessa, nel regolare la materia del lavoro agile richiamano il più ampio tema del welfare aziendale, sia con un generico riferimento (Banca del Piemonte; Crèdit Agricole) (24), sia per ricondurvi saldamente proprio la misura dello smart working (Nestlé) (25).
(23) In effetti, negli ultimi sta assumendo una certa rilevanza il tema del rapporto tra lavoro e ambiente, sia per alcuni eclatanti casi (si pensi alla gestione della vertenza Ilva di Taranto), sia in letteratura. Il riferimento è a X. XXXXXXXXXX, Diritto del lavoro e ambiente, ADAPT University Press, 2018.
(24) «[…] promuovendo, al contempo, iniziative di welfare aziendale».
(25) L’accordo citato lo riconduce infatti «[…] all’articolato sistema di welfare aziendale» approntato in azienda.
3.1. Monitoraggio e risultati delle finalità dichiarate
Si limitano poi ad un esiguo numero di casi quelle intese che, oltre ad indicazioni di principio sulle finalità, si spingono fino ad introdurre specifici strumenti di misurazione e monitoraggio, anche al fine di erogare – al raggiungimento dei risultati pattuiti – somme aggiuntive di salario variabile. Ci riferiamo in particolare ad alcune intese, diverse ed ulteriori rispetto a chi prevede (ad es.: Bonfiglioli) semplici strumenti di monitoraggio, anche con forme paritetiche, dell’andamento della prima sperimentazione o delle intese stesse. L’accordo Ferrovie dello Stato SpA del 2 maggio 2017, quindi anteriore all’entrata in vigore (26) della l. n. 81/2017, dopo aver indicato nelle premesse l’intenzione di introdurre (all’epoca in via sperimentale) lo smart working «per promuovere forme di lavoro che agevolino la conciliazione dei tempi di vita con i tempi di lavoro e favoriscano un’organizzazione di lavoro efficiente», al punto 25 stabilisce come a livello individuale «[…] saranno definiti, in accordo tra lavoratore e diretto/a responsabile, obiettivi puntuali e misurabili che possano consentire di monitorare i risultati della prestazione lavorativa in smart-working». Il punto 28 si preoccupa inoltre di chiarire come anche i periodi di lavoro agile concorrano al raggiungimento degli obiettivi fissati dall’accordo del gruppo in materia di premio di risultato. In maniera diversa si muove l’accordo sul premio di partecipazione (27) siglato il 15 novembre 2018 in Fater SpA; qui il fenomeno del lavoro agile assurge ad indicatore per la maturazione del premio variabile, come «numero di dipendenti che hanno aderito complessivamente al programma aziendale di Smart Working (c.d. Cloud Working) nel corso dell’anno fiscale di riferimento». Come si può notare l’accordo non subordina l’erogazione di una quota parte del premio di partecipazione a risultati raggiunti nello svolgimento della modalità di lavoro agile (il che sarebbe conseguenza dell’avvenuto incremento di competitività), bensì lega all’adesione maggiore rispetto all’anno precedente allo smart working parte del salario variabile.
4. Luoghi di lavoro
Un’ulteriore chiave di lettura che consente, assieme ad altri indici, di comprendere il grado di flessibilità introdotta dalle esperienze di smart working mappate è certamente la materia del luogo di lavoro. Assume infatti rilevanza la presenza o, viceversa, l’assenza di clausole a riguardo, come anche l’introduzione di criteri di scelta del luogo per il lavoratore piuttosto che l’indicazione di uno o più luoghi ritenuti idonei, fino ad arrivare ad espressi divieti.
(26) 14 giugno 2017.
(27) È questa la formulazione usata per le aziende che applicano il CCNL Federchimica, in luogo del più comune “premio di risultato”; ci si riferisce in ogni caso al salario variabile contrattato in azienda e legato ad indici di produttività, redditività, qualità, efficienza, sicurezza, innovazione.
Tabella 2 – Raggruppamento intese per modalità di definizione luoghi di lavoro
Nessuna specificazione | Nestlé; Aviva; Siemens |
Mero riferimento ad altri siti diversi dai locali dell’impresa | BNP Paribas; Euler Hermes; AXA; BNL; ENGIE (luogo diverso dalla sede di assegnazione); TIM (28); ICCREA (29) |
Luoghi/hub aziendali/altre sedi aziendali | Intesa Sanpaolo; BNL; Banca Etica; Crèdit Agricole Cariparma; Randstad; Cedacri; Banca del Piemonte; FS; Enel; Unicredit; UBI; Bonfiglioli; Leonardo; TIM; Findomestic Banca; ICCREA |
Da casa/residenza/domicilio/luogo privato | Intesa Sanpaolo; Zurich; Banca Etica; Crèdit Agricole Cariparma; Randstad; Cedacri; FS; Enel; Unicredit; UBI; Bonfiglioli; Leonardo; Xxxxxxxx & Touche; Indra Italia; Findomestic Banca; ICCREA |
Da cliente | Intesa Sanpaolo |
Luoghi idonei ai fini di salute, sicurezza, riservatezza (anche con divieto luoghi pubblici) | Barilla; General Motor Powertrain; Snam; Randstad; A2A; Reale Mutua; Wind; Enel; Eni; Unicredit; Fater; Iren; Bonfiglioli; Xxxxxxx; Deloitte & Touche; AON; Allianz; Cattolica Assicurazioni (30) |
Spazi di co-working | Indra Italia |
Dallo schema così delineato si evince in maniera incontrovertibile anzitutto come, sia prevalente (quasi in termini assoluti), a dispetto delle più generali prime intuizioni e della vulgata comune sullo smart working, l’indicazione di luoghi deputati allo svolgimento della “porzione” di prestazione in lavoro agile, siano essi circoscritti (es.: residenza o domicilio) oppure no (generico riferimento a luoghi idonei). In altri termini, non sembra esservi un assai elevato grado di libertà e flessibilità nell’identificazione del luogo esterno all’azienda. Rigidità giustificata perlopiù avendo riguardo agli obblighi di tutela ex art. 2087 c.c. in capo al datore di lavoro, come anche ad esigenze di riservatezza rispetto ai dati trattati. L’indicazione di luoghi idonei ai fini di salute e sicurezza e di privacy è citata in almeno 18 accordi tra quelli mappati. Resta invece aperta una questione interpretativa di non poco conto, poiché se da un lato l’art. 18 l. n.
(28) Lo svolgimento in locali diversi da quelli dell’impresa è limitato ai casi in cui «ricorrano riscontrate esigenze di cura familiare, tecnico-professionali, ovvero di mobilità casa-lavoro»; in caso contrario sembra prediligersi lo svolgimento della prestazione in regime di smart working in locali aziendali diversi dalla propria sede abituale di lavoro (c.d. sede satellite).
( 29 ) In alternatività tra loro, per i dipendenti del gruppo bancario ICCREA potrà infatti svolgersi prestazione di lavoro agile in locali aziendali diversi dalla propria sede, c/o il proprio domicilio, oppure in altri luoghi comunque individuati nel patto individuale (corsivo nostro).
(30) L’accordo siglato per i dipendenti della società Cattolica Assicurazioni consta anche di un allegato che riporta integralmente l’allegato IV al D. Lgs. n. 81/2008 in materia di salute e sicurezza dei luoghi di lavoro, in cui compaiono i criteri di scelta dei luoghi idonei allo svolgimento della prestazione lavorativa.
81/2017 individua, come necessaria, a fini qualificatori, l’alternanza tra luoghi interni ed esterni all’azienda (corsivo nostro), vi sono molteplici accordi (16) antecedenti ma anche successivi all’entrata in vigore della stessa disciplina, che si riferiscono in maniera esplicita (anche) a luoghi diversi dalla sede abituale di lavoro (es.: altra sede; hub; spazi di co-working affittati) ma comunque di pertinenza o nella disponibilità dell’azienda/del datore di lavoro.
5. Orari di lavoro
Tabella 3 – Raggruppamento intese per regolazione dell’orario di lavoro
Gestione autonoma dell’orario / diversa articolazione dell’orario | Nestlè; Zurich; Barilla; AXA; Reale Mutua; WIND; ENGIE; Siemens; TIM; Allianz; ICCREA; Cattolica Assicurazioni; Fater; Bonfiglioli; Deloitte & Touche |
Correlazione temporale con l’orario aziendale e (in diversi casi) “contattabilità” nel normale orario di lavoro | Intesa Sanpaolo; Barilla; BNL; BNP Paribas; Snam; Euler Hermes; Randstad; Crèdit Agricole Cariparma; Cedacri; A2A; Banca del Piemonte; Eni; Enel; FS; AON; Unicredit; AVIVA; UBI; Indra |
Contattabilità in un certo lasso temporale (unico vincolo) | General Motors Powertrain; Findomestic (31) |
Non specificato | Banca Etica; Campari; |
Al di là di alcuni sporadici casi (totale: 4 intese) in cui l’orario di lavoro da rispettare in caso di modalità di lavoro agile non è specificato in alcuna clausola contrattuale, oppure si preveda come unico (ampio) vincolo quello di garantire una “contattabilità” entro un certo arco di tempo giornaliero, la maggior parte delle intese si suddividono, quasi equamente, tra: (a) accordi che prevedono differenti distribuzioni della collocazione dell’orario di lavoro individuale giornaliero, anche mediante gestione autonoma delle stesse; (b) accordi che rinviano alle fasce di orario applicate in azienda, così da garantire la correlazione e la “contattabilità” dello smart worker. Se queste sono le macro- categorie di riferimento entro cui possono essere ripartiti gli accordi mappati, occorre in ogni caso operare numerosi distinguo anche all’interno delle stesse, stante il numero rilevante di specificazioni e vincoli comunque previsti.
Quanto al primo gruppo di accordi aziendali, nonostante la autonomia nella definizione delle fasce temporali entro cui rendere la prestazione lavorativa agile, nella maggior parte dei casi è comunque richiesto il rispetto di determinate fasce orarie (ad es.: Reale Mutua, Allianz, TIM, ICCREA), in alcune ipotesi determinate a contrario – ovvero
( 31) Per cui il lavoratore «ha l’obbligo di essere reperibile durante l’orario di lavoro e, in caso di impossibilità a rispettare questo obbligo, egli dovrà darne tempestiva e motivata comunicazione al diretto responsabile […]» (corsivo nostro).
escludendo alcuni lassi temporali AXA, Cattolica Assicurazioni) o ad esempio il solo lavoro notturno (WIND, Siemens) – oppure solo se la diversa articolazione dell’orario è approvata dall’azienda (Barilla), in un caso (Bonfiglioli) anche definite a livello individuale. Una intesa (Deloitte & Touche) chiarisce come in caso di lavoratore part- time, la fascia oraria di riferimento è quella già individuata in contratto. Tra i più innovativi si segnala in ogni caso l’accordo Siemens, che – come il più recente accordo Campari – lascia ampia libertà ai lavoratori agili nella determinazione dell’orario di lavoro, per cui i tempi di lavoro sono in realtà valutati rispetto alla connessione informatica alla rete aziendale.
Nel secondo gruppo di intese, come si è detto, il minimo comun denominatore è identificabile nella correlazione temporale, anche solo di massima (BNL), con l’articolazione d’orario dell’azienda o del solo ufficio di riferimento (UBI). Oltre a quelle appena citate, non mancano poi alcune peculiarità, oltre alla diffusa esigenza di garantire un certo grado di contattabilità/reperibilità da parte della sede di riferimento. Si segnala sul punto l’accordo Euler Xxxxxx, che richiede la reperibilità per almeno il 75% dell’orario di lavoro giornaliero normalmente osservato, piuttosto che alcune intese che si riferiscono all’orario definito in lettera di assunzione (AON, Xxxxx) oppure concordato a livello individuale (FS) come fascia di contattabilità. Sul punto è bene segnalare come la maggior parte degli accordi eviti di parlare, sul punto, di “reperibilità”, preferendo altri sostantivi (come il termine “contattabilità”), così da non ingenerare equivoci rispetto al tradizionale istituto della reperibilità, che opera quale obbligo – diversamente declinato – di risposta del lavoratore in determinate fasce orarie, cui la contrattazione collettiva assegna precisi contro-valori monetari, in genere esclusi nel caso del lavoro agile.
Quanto ai limiti di durata della prestazione lavorativa, gli accordi si preoccupano di specificare il generale divieto di svolgere prestazioni in regime di lavoro supplementare e/o straordinario (ad es., tra le ultime intese: AON, TIM, Cattolica Assicurazioni, Unicredit), piuttosto che inserire un omnicomprensivo divieto allo svolgimento di prestazioni aggiuntive rispetto al proprio orario di lavoro (ICCREA), oppure al ricorso al lavoro notturno o festivo (Fater, Aviva), facendo spesso salvi casi eccezionali, concordati e/o autorizzati (ad es.: BNL). Con riferimento a prestazioni rese oltre l’orario di lavoro giornaliero, si segnala in particolare l’accordo Siemens, che si preoccupa pure dell’aspetto della compensazione, introducendo una specifica maggiorazione forfettaria (25% della quota oraria) per il caso di «situazioni effettivamente eccezionali di esigenza di prestazione eccedente quella contrattualmente prevista di 40 ore settimanali», dal lunedì al venerdì.
Infine, il tema dell’orario di lavoro nello smart working è arricchito dalla novella di cui all’art. 19 co. 1 l. n. 81/2017 (32), che introduce – nel solco dell’esperienza francese (33)
( 32) «[…] L’accordo individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro».
(33) C.d. Loi Travail o Loi El-Khomri: Loi n° 2016-1088, art. 55, di modifica dell’art. L2242-8 del Code du Travail.
– il diritto alla disconnessione ( 34 ) del lavoratore, che in determinate fasce orarie stabilite, non potrà essere “contattato” dall’azienda, con relativo obbligo di definire nel patto individuale di lavoro agile le modalità con cui tale diritto è assicurato al lavoratore.
6. Termini di svolgimento
Gli ultimi elementi che consentono un vaglio circa il grado di flessibilità garantito al lavoratore agile per il tramite degli accordi mappati sono: da un lato la previsione di una pianificazione delle giornate da svolgere in regime di smart working, nei termini di calendarizzazione più o meno anticipata delle stesse e necessaria (o meno) autorizzazione da parte di una determinata funzione aziendale (infra, § 5.1); dall’altro la periodicità dell’intervento, ovvero con quale ricorrenza o entro quali limiti massimi il lavoratore può accedere appunto alla giornata di lavoro agile (infra, § 5.2).
6.1. Pianificazione
Tabella 4 – Raggruppamento intese per modalità di pianificazione concordate
Pianificazione periodica | Nestlé; Intesa Sanpaolo; Barilla; Zurich; Banca Etica; BNP Paribas; Snam; Crèdit Agricole Cariparma; AXA; Cedacri; Reale Mutua; A2A; WIND; Banca del Piemonte; ENGIE; Enel; FS; ICCREA; Cattolica Assicurazioni; Unicredit; Bonfiglioli; Campari; Xxxxxxxx & Xxxxxx; Indra |
Attivazione/richiesta con preavviso | Nestlé; BNP Paribas; Euler Hermes; General Motors Powertrain; ENGIE; Eni; Fater; AON |
Nessuna previsione | BNL; Findomestic; BNP Paribas; Randstad; Siemens; Allianz; Iren; Aviva; UBI |
Nella maggior parte degli accordi aziendali mappati le parti hanno previsto una programmazione/calendarizzazione delle giornate di lavoro agile, su base settimanale e/o mensile, da elaborare normalmente a cura del lavoratore con successiva approvazione da parte della direzione, mentre solo in alcuni casi (WIND) la programmazione è a cura dell’azienda. In diverse intese è prevista, in caso di necessità di carattere organizzativo, la facoltà dell’azienda di richiedere che la prestazione precedentemente programmata come smart working venga resa nei locali aziendali, con possibile riprogrammazione (Campari); tale richiesta può di norma essere avanzata entro le 48 h precedenti la giornata opzionata come agile. In alcune tra le più recenti intese (ICCREA, Bonfiglioli) la cadenza della programmazione, ovvero la periodicità,
(34) Tra i primi commentatori cfr. X. XXXXXXX, Il diritto alla disconnessione nella legge n. 81/2017 e nell’esperienza comparata, in Dir. rel. ind., n. 4/2017, 1024 e ss.
sono rinviate a quanto verrà pattuito in sede di accordo individuale, piuttosto che a quanto concordato con il diretto responsabile (Randstad). In alcuni casi (UBI) è citato solo l’obbligo di rientro in caso di richiesta aziendale, in altri è previsto il semplice coordinamento al fine di garantire la presenza di almeno un collega in sede (Allianz), oppure non vengono in alcun modo citati strumenti di programmazione (ad es.: BNL, Findomestic). Un altro ridotto numero di intese detta unicamente l’obbligo di preavviso rispetto all’attivazione, che può essere fissato ad esempio in un minimo di un giorno (General Motors Powertrain), che significa più ampia flessibilità, piuttosto che un minimo ad esempio di cinque o sette giorni (rispettivamente: AON e Euler Hermes). In un caso (Eni) è richiesto solamente un generico preavviso che sia però da ritenersi “coerente”. Meritano invece apposita segnalazione due accordi che differenziano le modalità di definizione della pianificazione delle giornate di lavoro agile a seconda che tale attività sia svolta in via sporadica piuttosto che in maniera sistematica. Gli accordi Nestlé e BNP Paribas richiedono infatti, nel primo caso un semplice preavviso all’attivazione, mentre nel secondo (sistematicità) una certa programmazione; in effetti l’accordo BNP Paribas, in caso di sistematicità, non richiede alcuna programmazione, salvo chiarire come sia comunque ipotizzabile la definizione di un calendario individuale.
6.2. Periodicità
Segue ora la mappatura relativa alla ricorrenza (periodicità) della modalità di lavoro agile, normalmente definitiva in termini di numero di giornate massime per un arco temporale definito. In un caso (accordo FS) è previsto anche un minimo di giornate mensili, fissato nel numero di quattro, a fronte del quale può essere attivato il lavoro agile.
Tabella 5 – Raggruppamento intese per frequenza/periodicità delle giornate in lavoro agile
Max 1 gg / settimana | Intesa Sanpaolo; BNL; Xxxxx Xxxxx; Xxxxxxxx; Snam; ENGIE; A2A; Enel; AON; TIM; Cattolica Assicurazioni; Fater; Iren; Aviva; Campari |
> 1 gg / settimana | Intesa Sanpaolo; Zurich; AXA; Banca del Piemonte; Eni; Findomestic; Allianz; ICCREA; Indra |
Max 1 gg / mese | Intesa Sanpaolo |
> 1 gg / mese | Intesa Sanpaolo; Banca Etica; Xxxxx Xxxxx; Randtsad; Wind; Crèdit Agricole Cariparma; Cedacri; Banca del Piemonte; Eni; FS; TIM; UBI; Bonfiglioli; Leonardo |
Altri limiti o modalità | Barilla; General Motors Powertrain; TIM; BNP Paribas; Deloitte & Touche |
Nessuna previsione su limiti massimi | Nestlé; Siemens; Unicredit; Reale Mutua |
Le parti che hanno scelto di superare la soglia della singola giornata su base settimanale, si sono attestate in particolare sui 2 giorni a settimana (ad es.: Zurich, Allianz, Indra), ma in alcuni casi anche su un massimo di 3 o 4 giorni a settimana (Allianz, ICCREA). Non mancano poi intese che si riferiscono ad un arco temporale più esteso, normalmente mensile, ma in qualche ipotesi anche annuale (TIM).
Non mancano soluzioni più articolate. L’accordo Intesa Sanpaolo prevede, ad esempio, una serie di limitazioni massime, per cui appare preferibile lo svolgimento per massimo 2 gg/mese o meglio 1 giorno ogni 2 settimane, rimanendo comunque fermo il limite massimo di 8 giornate al mese, preferibilmente 2 gg/settimana: è fatta poi salva, in chiusura, la modifica motivata. Diversamente, l’accordo BNP Paribas introduce limiti massimi diversi a seconda che i giorni siano fissi oppure variabili. In diverse intese (ad es.: A2A, Bonfiglioli, Leonardo, Xxxxx) è poi specificato come la giornata di lavoro agile non possa essere frazionabile in ore e quindi debba essere fruita per intero. L’accordo Barilla distingue invece tra lavoratori part-time, che potranno godere unicamente di giornate “intere”, e lavoratori a tempo pieno, i quali potranno richiedere l’impiego della prestazione in modalità agile anche nella forma della “mezza giornata”; perciò il limite massimo mensile è fissato in ore. Innovativo, nel senso della responsabilizzazione del personale e dell’impiego degli strumenti informatici, è invece l’accordo Deloitte & Touche, che rispetto alla quantificazione delle giornate di smart working si affida all’inserimento da parte del dipendente, a consuntivo (ogni 15 giorni), della specifica opzione, nella piattaforma gestionale informatica impiegata in azienda.
Infine, l’accordo siglato in Reale Mutua, non prevede alcun limite massimo, introducendo – a contrario – un obbligo di rientro ogni 10 giorni. Si tratta di una previsione innovativa ma in controtendenza rispetto alla maggioranza dei casi analizzati, che può al contempo far sorgere alcuni dubbi di compatibilità con l’impianto della l. n. 81/2017 e la distinzione, di cui si è già accennato in occasione delle specifiche definizioni (supra, § 2), con la disciplina del telelavoro, risultando di fatto ampiamente maggioritaria la prestazione di lavoro resa in modalità agile piuttosto che quella resa entro i locali aziendali, probabilmente configurando quella regolarità che è appunto richiesta dall’Accordo Interconfederale in materia di telelavoro.
7. Il recesso dall’accordo individuale di lavoro agile
Di seguito la mappatura delle principali clausole pattuite in sede aziendale in materia di revoca/recesso dall’accordo individuale di lavoro agile, esercitato sia dal datore di lavoro che dal lavoratore.
Tabella 6 – Raggruppamento intese per modalità di recesso individuale stabilite
Nessuna disposizione specifica | Nestlè; General Motors Powertrain; Banca Etica; Randstad; Enel; Leonardo; Campari; Siemens; TIM; Cattolica Assicurazioni |
Individuazione di un termine minimo di preavviso | BNL; Zurich; BNP Paribas; AXA; Euler Hermes; Snam; Cedacri; Crèdit Agricole Cariparma; Reale Mutua; Wind; Banca del Piemonte; ENGIE; Eni; FSI; Aviva; Bonfiglioli; UBI; Unicredit; Iren; Findomestic; AON; ICCREA |
Recesso senza preavviso | BNL; BNP Paribas; Euler Hermes; A2A; Deloitte & Touche |
Revoca automatica / venir meno dell’autorizzazione | Intesa Sanpaolo; Crèdit Agricole Cariparma; Cedacri; Banca del Piemonte; Snam; Fater; Indra |
Calo produttività / rendimento | Allianz |
L’analisi delle clausole relative al recesso (o alla revoca, per usare un altro termine largamente impiegato negli accordi) ha portato all’emersione una realtà composita, in cui ciascun accordo arriva a prevedere anche più ipotesi, differenziate non solo per titolarità diritto di recesso (datore di lavoro o lavoratore), ma anche per l’enunciazione di particolari ragioni giustificatrici e/o la previsione della necessità o meno – anche in relazione ad esse – di un termine di preavviso minimo da rispettare (lo prevedono almeno 21 intese, la maggior parte di esse). In alcuni casi è previsto anche il ricorrere di ragioni legittimanti il recesso in combinato al preavviso da rispettare, mentre il testo dell’intervenuta legge 81 pone i due requisiti su piani differenti di esercizio della facoltà rescissoria.
Mentre in un residuale numero di intese (es.: Banca Etica, solo lato dipendente e Wind), caratterizzate dal regolare fasi sperimentali di avvio dello smart working in azienda, è previsto altresì un periodo minimo svolgimento, prima del quale non è possibile recedere dal patto individuale, al fine di consentire una “prova” della nuova modalità di svolgimento della prestazione per un congruo arco temporale.
Con riferimento invece alle ragioni giustificatrici del recesso – quelle che la legge 81 chiama «giustificato motivo» –, nella gran parte degli accordi mappati si riferiscono alle seguenti ipotesi: esigenze tecniche, organizzative, produttive; riorganizzazione aziendale; cambiamento unità produttiva; trasferimento; cambiamento mansioni; mancato rispetto obblighi del regolamento (A2A); violazione delle norme in materia di salute e sicurezza (Indra). Alcune intese prevedono poi che talune ragioni giustificatrici, come ad esempio il trasferimento o il mutamento di mansioni incompatibili, abilitino il datore di lavoro alla revoca automatica dal patto di lavoro agile. Un accordo (ENGIE) prevede invece come, se esercitato dal datore di lavoro, il recesso possa avvenire «anche senza motivazioni».
Tra le motivazioni che giustificano il recesso ve n’è una che si è deciso di enunciare specificamente anche in tabella per la portata potenziale che potrebbe avere, anche rispetto alla domanda di ricerca del presente lavoro di tesi. Ci riferiamo in particolare a quelle clausole che mirano a disancorare dagli obblighi derivanti dall’accordo individuale quei datori di lavoro che dovessero verificare, per i lavoratori agili, un calo nel rendimento della prestazione lavorativa e un decremento della produttività. Dispone in tal senso l’intesa Allianz («Qualora, durante lo svolgimento della propria prestazione lavorativa, il dipendente non dovesse assicurare un livello di operatività adeguato alle proprie mansioni lavorative (fatte salve possibili causa esterne) l’Azienda avrà la facoltà di revocare lo SW»). I medesimi accordi non introducono però strumenti utili ad operare simili valutazioni, per cui sebbene lo spunto sia interessante anche con riferimento alle finalità dei medesimi accordi sindacali (supra, § 3), il rischio è quello che si sconfini nella mera discrezionalità del datore di lavoro, privo di strumenti obiettivi di valutazione, che invece si riterrebbero auspicabili.
UBI è poi un esempio di accordo siglato dopo l’entrata in vigore della legge che, rispondendo alla indeterminatezza proprio dell’art. 19 co. 2 l. n. 81/2017, qualifica espressamente il giustificato motivo di recesso ai sensi della medesima legge, nelle ipotesi di cambio di mansione incompatibile, valutazione di nuovi elementi tecnico- organizzativi da parte della azienda, nuovi elementi di carattere professionale nonché nuove esigenze da parte del lavoratore. Con le stesse modalità si muove anche l’integrativo ICCREA che, oltre a definire un periodo minimo di preavviso, annovera tra le fattispecie di giustificato motivo anche eventuali comportamenti del lavoratore contrari alle direttive aziendali e/o a quanto pattuito nell’accordo individuale.
Infine, un numero ridotto di accordi non prevede alcuna clausola specifica di recesso dall’accordo individuale, mentre solo in alcuni casi (es.: TIM) vi è un mero rinvio alle disposizioni di legge.
8. Conclusioni di sintesi sulla mappatura
L’analisi sin qui condotta, che non ha certo la pretesa di assurgere a indagine avente rilievo statistico, ha offerto la possibilità di far emergere alcune tendenze comuni sulla materia oggetto di ricerca, per cui è possibile tracciare alcune prime considerazioni conclusive.
Anzitutto è da segnalare una inziale prudenza delle parti firmatarie nell’impiego di termini quali “lavoro agile” o “smart working”, il che pare essere la prima cartina di tornasole dell’incertezza di operare senza un quadro legale di riferimento, pur non essendo quest’ultimo necessario ai fini della regolarità delle intese; prudenza che – a riprova di ciò – viene meno con l’entrata in vigore della l. n. 81/2017. Tale approccio non ha comunque comportato l’abbandono di quel particolare tentativo di superare l’impostazione e la normativa, evidentemente giudicate troppo rigide, del telelavoro, con i rischi e le problematiche interpretative di cui già si è detto. Con riferimento invece alle finalità, anche prima della loro cristallizzazione nella legge dello Stato, può dirsi
che quelle citate nella ampia maggioranza dei casi si riferiscono ad esigenze (dei lavoratori) di conciliazione dei tempi di vita con i tempi di lavoro e dell’incremento degli indici di produttività e competitività (per l’impresa), con prevalenza della prima, tanto che in diversi casi vi è stata anche una esplicita riconduzione alle più generali politiche aziendali in tema di welfare. Salvo casi sporadici, pure citati, mancano però meccanismi di verifica del reale perseguimento di dette finalità, sia sul piano individuale che su quello collettivo. Esistono invece diversi casi in cui sono previste clausole che impongono una verifica e un monitoraggio dell’andamento complessivo dell’intesa o della sperimentazione, anche con l’istituzione di commissioni paritetiche ad hoc, nel solco della tradizione della contrattazione collettiva in generale. Quanto a luoghi e orari di lavoro, che possono essere veri elementi di flessibilità, in caso di attivazione dello smart working, il quadro che emerge è comunque di un orientamento alla libertà di scelta del lavoratore assai contenuto, vuoi per reali esigenze di tutela di parte datoriale, vuoi per un approccio ancora prudente all’allentamento dei tipici vincoli della subordinazione rispetto a quanto emerge da una certa letteratura o dall’impressione che si può avere del tema dal punto di vista dell’opinione pubblica o dei trend che gli osservatori segnalano. I luoghi sono infatti individuati o comunque da individuarsi nel successivo accordo individuale, anche sotto forma di rinvio alla scelta al lavoratore, che deve però essere conformata a taluni criteri di idoneità. Con riferimento invece all’orario di lavoro, questo viene spesso correlato agli orari “standard” applicati in azienda, oppure con la facoltà di determinare i confini temporali della prestazione, sebbene entro una determinata fascia oraria giornaliera determinata e tassativa, così da assicurare altresì il diritto alla disconnessione del lavoratore. Medesime considerazioni possono svolgersi per quanto riguarda la calendarizzazione e l’individuazione dei limiti massimi di giornate di lavoro agile, che vengono normalmente definiti a priori nelle intese aziendali, in maniera più o meno rigida. Si può rilevare infine un buon grado di uniformità anche per quanto riguarda le clausole relative al recesso dal patto individuale, che vedono di norma l’inserimento di periodi minimi di preavviso e cause legittimanti tale diritto; non vi sono, tranne in un caso, elementi che si riconducano alle finalità di produttività, competitività dell’impresa, mentre in alcune ipotesi si rintracciano cause riconducibili al mutamento delle condizioni di vita, quindi nel senso della conciliazione.
In definitiva, il quadro che si può delineare risponde ad una visione di relativa flessibilizzazione delle modalità di svolgimento della prestazione, senza grandi riferimenti, se non di principio, ad autonomia, responsabilità individuale ed orientamento ai risultati del singolo e dell’organizzazione.
9. Elenco degli accordi consultati (35)
• Xxxxxx, 00 ottobre 2012
• Intesa Sanpaolo, 10 dicembre 2014, 17 dicembre 2015 (rinnovo)
• Barilla, 2 marzo 2015
• General Motors Powertrain, 6 marzo 2015
• BNL, 15 luglio 2015
• Zurich, 23 settembre 2015, 1 giugno 2016 (estensione), 29 marzo 2018 (rinnovo)
• Banca Etica, 28 ottobre 2015
• BNP Paribas, 2 novembre 2015
• Snam, 26 novembre 2015
• Euler Hermes, 15 gennaio 2016
• Randstad, 2 febbraio 2016
• Xxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, 8 marzo 2016, 9 marzo 2017
• AXA, 12 aprile 2016
• Cedacri, 14 aprile 2016
• Reale Mutua, 14 aprile 2016
• X0X, 0 maggio 2016
• Wind, 27 giugno 2016
• Banca del Piemonte, 20 gennaio 2017, 13 marzo 2018 (rinnovo)
• ENGIE, 20 gennaio 2017
• Eni, 6 febbraio 2017
• Enel, 4 aprile 2017
• Ferrovie dello Stato Italiane, 2 maggio 2017
• Findomestic Banca, 6 giugno 2017
• Siemens, 6 giugno 2017
• AON, 12 giugno 2017
• TIM, 20 luglio 2017
• Allianz, 27 luglio 2017
• ICCREA,19 ottobre 2017
• Cattolica assicurazioni soc. cop., 14 novembre 2017
• Unicredit, 13 aprile 2018
• Campari, 18 maggio 2018
• Deloitte & Touche, 8 giugno 2018
• Fater, 25 giugno 2018
(35 ) L’elenco degli accordi è impostato nell’ordine crescente rispetto alla data di sottoscrizione, con l’indicazione della società firmataria. Gli accordi integrali sono stati consultati sulla “Banca Dati Contrattazione Collettiva”, disponibile per i ricercatori coinvolti al seguente link: xxxxx://xxxxxx.xxxxxxxxx.xx/xxxxxx/xxxx.xxx?xxx000. Per una prima mappatura, schedatura ed analisi degli accordi siglati sino al 2017, sia consentito il rinvio a X. XXXXXXX, X. XXXXXXXXX, L. M. PELUSI,
X. XXXXXXXXXX, Guida pratica al lavoro agile dopo la legge n. 81/2017, ADAPT University Press, 2017,
109 e ss. Per agli accordi siglati nel corso del 2018 il rinvio è invece a ADAPT (a cura di), La contrattazione collettiva in Italia (2018). V Rapporto ADAPT, cit., spec. 94-98, che nella parte monografica relativa al lavoro agile, analizza alcuni tratti salienti delle medesime intese.
• Bonfiglioli, 26 giugno 2018
• Indra Italia, 5 luglio 2018
• Aviva, 27 luglio 2018
• Ubi, 31 agosto 2018
• Leonardo, 12 settembre 2018, 10 aprile 2019 (rinnovo)
• Iren, 24 ottobre 2018