NOZIONE DI RECESSO
Lezione 21 febbraio
Recesso ed esclusione nelle società di capitali
NOZIONE DI RECESSO
Il recesso è lo scioglimento di un contratto per iniziativa unilaterale di una delle parti; la relativa facoltà (diritto) può essere attribuita dal contratto, ovvero, più raramente (e nei contratti di durata), dalla legge.
Con riferimento al contratto di società, il recesso del socio:
a) non comporta, di regola ed in base ai principi generali in tema di contratti associativi, lo scioglimento dell’intero contratto sociale, salvo che la partecipazione del socio non fosse essenziale ai fini societari
b) la necessità di liquidare al socio receduto il valore della quota conferita
FUNZIONE DEL RECESSO NELLE SOCIETA’
L’attribuzione legale del diritto di recesso nel contratto di società si ricollega al carattere “di durata” di tale accordo e trova giustificazione funzionale:
a) nell’esigenza generale di non rendere il socio “prigioniero della società” (soprattutto nelle società di persone in cui la partecipazione implica responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali)
b) nell’esigenza specifica di consentire lo scioglimento del rapporto di partecipazione al socio che non condivida le “scelte di fondo” in tema di organizzazione ed esercizio dell’impresa collettiva (recesso quale strumento negoziale nel rapporto tra maggioranza e minoranza, soprattutto nelle società di capitali)
FUNZIONE DEL RECESSO NELLE SOCIETA’
(segue)
Di conseguenza, la disciplina del recesso (soprattutto nel modello legale, ma anche in quello statutario) deve realizzare un “punto di equilibrio” tra l’interesse sociale e quello individuale del recedente che tenga in considerazione i seguenti fattori:
1) conseguenze del recesso per il socio uscente
2) conseguenze del recesso per la società ed il suo patrimonio
3) utilizzabilità, in concreto, di altri rimedi di exit e di voice da parte del socio
segue
• Il diritto di recesso assume in generale il ruolo di strumento di tutela del socio “danneggiato”, permettendo l’uscita dello stesso dalla compagine sociale a valori considerati equi e non meramente contabili
• Il diritto di recesso “scatta” in presenza di determinate situazioni ben specifiche considerate a rischio per il socio in quanto alteranti, in modo più o meno diretto, la mission della società o la sua struttura.
Soci e creditori
• La disciplina del recesso da società di capitali, a prescindere dal tipo, mira a conciliare la tutela del socio di minoranza con quella dei creditori sociali, affidando la prima all’imposizione legale di un catalogo di cause legittimanti, come tali inderogabili, e alla definizione normativa di criteri di valutazione della partecipazione; la seconda alle modalità di rimborso del socio recedente
effetti
• Il legislatore ha parzialmente omesso di disciplinare espressamente l'aspetto dell'efficacia del recesso, lasciando prevalentemente all'interprete l'onere di individuare il momento in cui il rapporto sociale si scioglie, con la conseguente “definitiva” perdita da parte del receduto della qualità di socio.
• Gli articoli che disciplinano l’istituto per i tipi all’esame, ovvero gli artt. 2437, 2437-bis, 2437- ter, 2437-quater
x.x. (xx xxxx xx X.x.X.) x 0000 x.x. (xx xxxx xx X.x.x.), xxxxxxx, xx limitano a stabilire in capo al recedente il diritto al rimborso della propria partecipazione ed a regolare i criteri di determinazione e la procedura di esecuzione di tale rimborso
La tesi dell’efficacia immediata
• Un primo orientamento individua il momento dello scioglimento del vincolo contrattuale nella ricezione da parte della società della dichiarazione di recesso; e ciò in coerenza con il
principio civilistico, noto al nostro ordinamento, del carattere unilaterale e recettizio della dichiarazione di recesso (
I teoria segue: motivazioni
• L’art. 2437-bis, co.2, c.c. impone per le azioni per le quali è stato esercitato il diritto di recesso un divieto di cessione ed un obbligo di deposito presso la sede sociale; ciò sarebbe la prova di una sorta di sterilizzazione e di spossessamento in capo al recedente di tutti quei diritti sociali che legittimano il socio ad intervenire ed a votare in assemblea .
• Il socio recedente, quindi, non è più socio e cambiano, di conseguenza, gli strumenti della sua tutela. Egli diventa titolare alla data della comunicazione della dichiarazione di recesso alla società, così come conferma l’art. 2473, co. 3, c.c., di un diritto di credito: il “diritto di ottenere il rimborso della propria partecipazione” ed i mezzi di tutela ad esso affidati diventano mezzi di tutela legati all’aspettativa di credito.
• Il significato del recesso è proprio quello di trasformare un diritto di
partecipazione in un diritto di credito.
segue
• La partecipazione sociale del recedente continua pertanto ad esistere fino al suo eventuale annullamento e ad essa non è riconosciuto il diritto di voto (ipotesi questa del resto non estranea al nostro ordinamento in quanto prevista in caso di mora ai sensi dell’art. 2344, co. 3, c.c.). La partecipazione del socio receduto verrebbe amministrata ex lege dalla società, così come dimostra tutto il procedimento di liquidazione disciplinato dal legislatore che attribuisce agli amministratori (sottraendolo ai soci) il potere di disporre della partecipazione: sarebbe la società ad offrire le partecipazioni agli altri soci o ai terzi, a stipulare con questi il contratto di trasferimento ed eventualmente ad acquistare le stesse
segue
• Gli artt. 2437-bis, co. 3 e 2473, xxx.xx., c.c., rispettivamente per le S.p.A. e per le S.r.l., stabiliscono, inoltre, che il recesso, se esercitato, è privo di efficacia qualora la società revochi la delibera che lo ha legittimato o deliberi lo scioglimento della società
conseguenze I tesi
• Importante conseguenza logica di tale ricostruzione è l’impossibilità per il socio recedente di revocare la propria dichiarazione di recesso una volta giunta a conoscenza della società
La tesi dell’efficacia differita al momento della liquidazione della partecipazione sociale
• il recesso p efficace solo al termine del lungo e complesso procedimento di liquidazione della partecipazione; ricordandosi al riguardo che il procedimento di liquidazione, da attuarsi secondo le modalità di legge, può coincidere con l’acquisto della partecipazione da parte di soci o terzi o con il rimborso mediante l’utilizzo di utili e riserve disponibili oppure, infine, con la riduzione del capitale e conseguente annullamento della partecipazione
II tesi segue
• la dichiarazione di recesso non può determinare da sola lo scioglimento del rapporto sociale ma lo stesso deve essere ricollegato ad una serie di attività temporalmente e giuridicamente collegate. E precisamente: la delibera o il fatto legittimante il diritto di recesso, la dichiarazione di recesso del socio, la comunicazione della dichiarazione alla società, il decorso del termine, la mancata revoca della delibera legittimante il recesso e la liquidazione della quota.
• Il recesso nelle società di capitali si verrebbe così a configurare quale fattispecie a formazione progressiva
segue
• Ulteriore argomento a sostegno della tesi dell’efficacia differita del recesso è individuato nella considerazione per la quale lo stesso snodarsi del procedimento di liquidazione presuppone la permanenza in vita della partecipazione e che la titolarità della stessa permanga in capo al recedente. L'art. 2473, co. 4, c.c. parla espressamente di “acquisto” della quota da parte degli altri soci o del terzo, sul presupposto che la quota, medio tempore, resti nella piena titolarità del socio receduto.
• Sino al termine della procedura di liquidazione, il recedente mantiene così la legittimazione all’esercizio dei diritti sociali e all’adempimento dei doveri sociali. La partecipazione sociale non è altro che la somma delle situazioni soggettive discendenti dal rapporto sociale e la titolarità della medesima equivale a titolarità delle suddette situazioni soggettive e a legittimazione circa l’esercizio di queste
• Fino alla cessione o all’annullamento della partecipazione permane a favore del recedente sia l’intestazione presso il Registro delle Imprese, sia sul titolo e sul libro, ed il deposito favorisce addirittura il controllo della legittimazione del socio ad intervenire in assemblea
Tesi intermedie
• Alcuni autori, espressamente in ambito di S.p.A., ritengono che il recesso esplichi la propria efficacia solo con il decorso del termine riconosciuto alla società (novanta giorni ex art. 2437-bis c.c.) per revocare la delibera che ha legittimato il diritto di recesso
• Altri nell’individuare il momento di cessazione del rapporto sociale a seguito del recesso, distingue il caso il cui la società sia dotata di utili e riserve disponibili dal caso in cui la stessa ne sia sprovvista.
• In presenza di utili e riserve disponibili tali da consentire il rimborso della partecipazione del recedente, il recesso diventa efficace al più tardi alla scadenza dei centottanta giorni dalla comunicazione del recesso; in assenza di tali utili o riserve, laddove si verifichi la riduzione del capitale sociale (entro il termine legale di centottanta giorni), nel momento in cui la delibera diviene eseguibile a seguito della mancata opposizione dei creditori sociali
Le ragioni che inducono a considerare preferibile gli orientamenti che assegnano al
recesso efficacia immediata. I più recenti orientamenti della giurisprudenza di merito
• “il recesso è negozio unilaterale recettizio giuridicamente efficace dal momento in cui la relativa dichiarazione e` ricevuta dalla società. Da tale momento il socio perde il suo status e, di conseguenza, la legittimazione ad esercitare i diritti sociali, divenendo creditore della società per la liquidazione della quota” Tribunale di Napoli, 11 gennaio 2011, in Società, 10, 2011, 1152
segue
• si tratta, infatti, di un atto recettizio con il quale il socio esercita un diritto potestativo ed e`, pertanto, giuridicamente efficace sin dal momento in cui la relativa dichiarazione viene ricevuta dalla società. […] il recesso e`, quindi, giuridicamente operativo sin dal momento in cui la relativa dichiarazione perviene alla società […] con la conseguenza che non solo non può intervenire alle successive assemblee (ne´, evidentemente, esercitare in esse il diritto di voto), ma neppure può proporre impugnative che, come appunto quelle rivolte ad ottenere l’annullamento della delibera, richiedono, come visto, la titolarità dello status di socio al momento della domanda e per tutto il corso del giudizio. Il recesso, invero, muta la posizione del socio in seno alla compagine sociale, nel senso che questi viene a perdere tutti gli altri diritti economici e partecipativi (ivi compresa la legittimazione ad agire per l’annullamento delle delibere assembleari) ed acquista unicamente il diritto verso la società alla liquidazione del valore delle azioni già possedute” Tribunale di Napoli, 11 gennaio 2011, in Società, 10, 2011, 0000
Xxxxxx della delibera
• la delibera che potenzialmente o concretamente dia luogo ad un recesso può essere revocata.
• Ttale facoltà è espressamente prevista tanto per le società per azioni quanto per le società a responsabilità limitata (artt. 2437-bis, ult. co., e 2473, ult. co., c.c.).
Effetti della revoca sul recesso
• la delibera di revoca che intervenga prima che il o i recessi siano esercitati dispiega nei loro confronti effetti inibitori, laddove la delibera che intervenga dopo che i recessi siano stati ricevuti (rectius: che abbiano prodotto i loro effetti) produce effetti risolutori dell’effetto (immediato) del recesso con la conseguenza che, nel primo caso, il socio non cessa di essere mai tale, mentre, nel secondo, il socio receduto che abbia cessato di essere tale in ragione dell’immediata efficacia della dichiarazione del suo recesso è rimpiazzato nella compagine sociale, in conseguenza dell’effetto risolutorio dell’effetto del recesso connesso, per l’appunto, alla delibera di revoca.
Segue tempistiche
• Occorre, ancora una volta, distinguere le S.p.A. dalle S.r.l.
• Per le prime, infatti, il legislatore impone che la revoca possa intervenire entro il novantesimo giorno, senza chiarire esattamente da che cosa.
• È preferibile ritenere che, per le delibere iscrivibili nel registro delle imprese, il dies a quo dal quale decorre la possibilità di revocare coincida con il giorno dell’iscrizione, dal momento che quel termine è anche quello da cui si calcola il termine massimo entro il quale il socio può spedire la comunicazione di recesso. Per le delibere non iscrivibili il dies non può che coincidere con il giorno dell’adozione della delibera, restando del tutto ininfluente, al fine della revoca,
finanche la conoscenza che l’avente diritto al recesso ne abbia.
• Per le società a responsabilità limitata non è prescritto alcun termine, né indicato alcun dies a quo.
ASPETTI DA CONSIDERARE IN TEMA DI RECESSO
(i) Cause
(ii) Modalità e termini di esercizio
(iii) Criteri di determinazione del rimborso
(iv) Procedimento di liquidazione
rispetto ai profili civilistici dell’istituto, contrariamente a quanto avviene per quelli tributari, è praticamente irrilevante il fatto che il socio che recede sia una persona fisica, una persona giuridica o un soggetto collettivo non dotato di personalità giuridica
Modalità di analisi
1) nuovo regime legale di recedibilità nelle società di capitali
2) Esame aspetti problematici del regime legale di recedibilità
3) Termini di adattabilità statutaria del regime di default
IL RECESSO NELLA DISCIPLINA ORIGINARIA DELLE SOCIETA’ DI CAPITALI
Prima della riforma il recesso era regolamentato in maniera unitaria all’interno delle società di capitali (2437 richiamato dal 2494 in tema di s.r.l.) quale correttivo al principio maggioritario per le modifiche statutarie
L’istituto era poco utilizzato in concreto (salvo nelle quotate in periodi di listino calante), in quanto la disciplina era fortemente “squilibrata” a favore dell’interesse collettivo in relazione:
a) alle cause di recesso (poche cause legali tassative)
b) ai termini di esercizio
c) ai criteri (valore di libro) “penalizzanti” di rimborso delle azioni e quote nelle società non quotate
LA REGOLAMENTAZIONE DEL RECESSO NELLA RIFORMA DELLE SOCIETA’ DI CAPITALI
La modifica dell’istituto del recesso ha costituito uno dei punti qualificanti della riforma del diritto societario.
Le scelte e gli obbiettivi di fondo in materia sono costituiti:
1. sul piano del metodo dalla duplicazione (e parziale diversificazione) anche della disciplina del recesso nelle s.p.a. e nelle s.r.l.
2. sul piano dei contenuti dal rafforzamento dei termini di utilizzabilità dello strumento di uscita sia nelle s.p.a., sia nelle s.r.l.
LE FONTI DI DISCIPLINA DEL RECESSO NELLE
S.P.A.
La nuova disciplina delle s.p.a. dedica al recesso 5 articoli specifici, in luogo dell’unico presente in quella previgente:
1. Cause (legali e statutarie) di recesso (2437 e 2437 quinquies)
2. Termini e modalità di esercizio (2437 bis)
3. Criteri di determinazione del valore delle azioni (2437 ter)
4. Procedimento di liquidazione (2437 quater)
+ altri articoli che individuano ulteriori cause legali di recesso (2328, n. 13, 2355 bis, 2365, 2497 quater, art. 34 del D. Lgs. 5/2003)
Art. 2437 c.c
• Hanno diritto di recedere, per tutte o parte delle loro azioni, i soci che non hanno concorso alle deliberazioni riguardanti:
la modifica della clausola dell'oggetto sociale, quando consente un cambiamento significativo dell'attività della società;
• la trasformazione della società;
• il trasferimento della sede sociale all'estero;
• la revoca dello stato di liquidazione;
• l'eliminazione di una o più cause di recesso previste dal successivo comma
ovvero dallo statuto;
• la modifica dei criteri di determinazione del valore dell’azione in caso di recesso;
• le modificazioni dello statuto concernenti i diritti di voto o di partecipazione.
• Salvo che lo statuto disponga diversamente, hanno diritto di recedere i soci che non hanno concorso all'approvazione delle deliberazioni riguardanti:
• la proroga del termine;
• l'introduzione o la rimozione di vincoli alla circolazione dei titoli azionari.
Art. 2437 c.c. segue
• Se la società è costituita a tempo indeterminato e le azioni non sono quotate in un mercato regolamentato il socio può recedere con il preavviso di almeno centottanta giorni; lo statuto può prevedere un termine maggiore, non superiore ad un anno.
• Lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può prevedere ulteriori cause di recesso.
• Restano salve le disposizioni dettate in tema di recesso per le
società soggette ad attività di direzione e coordinamento.
• È nullo ogni patto volto ad escludere o rendere più gravoso
l’esercizio del diritto di recesso nelle ipotesi previste dal primo comma del presente articolo
LEGITTIMAZIONE AL RECESSO NELLE S.P.A.
L’art. 2437 attribuisce la legittimazione a recedere al “socio che non ha concorso” all’adozione di determinate deliberazioni. Viene ad essere risolta, affermativamente, la questione della recedibilità dell’astenuto.
Precisazioni:
1. Può recedere solo chi sia già socio al momento della delibera (o del diverso fatto che legittima l’exit)
2. In caso di azioni soggette a pegno o usufrutto la legittimazione rimane in capo al socio debitore o nudo proprietario (no, però, qualora il titolare del diritto parziario abbia votato a favore della delibera), salvo trasferimento (o estensione) del vincolo sulla quota di liquidazione
PRINCIPALI NOVITA’ IN TEMA DI CAUSE DI RECESSO NELLE S.P.A.
Le novità di fondo in materia sono costituite:
1. Dalla diversificazione delle cause di recesso a seconda della tipologia di durata (a tempo determinato o indeterminato) della società
2. Regime di recedibilità ad nutum, con preavviso di 180 giorni (statutariamente elevabile ad 1 anno), nelle società a tempo indeterminato chiuse (2437)
3. Significativo ampliamento delle ipotesi (tassative) delle cause legali di recesso nelle società a tempo determinato
4. Distinzione, nelle medesime società, tra cause legali inderogabili e derogabili di recesso
5. Possibilità di aggiungere statutariamente ulteriori ipotesi di recesso
Tempo dell’esercizio – società a tempo indeterminato
• ’art. 2437 deve essere necessariamente coordinata con l’art. 2328, comma primo, n. 13, che prevede la possibilità di costituire società a tempo indeterminato.
• La facoltà di recesso ad nutum rappresenta l’applicazione di principi consolidati in materia di contratti a tempo indeterminato.
• Se la società è costituita a tempo indeterminato, lo statuto deve prevedere "il periodo di tempo, comunque non superiore ad un anno, decorso il quale il socio potrà recedere"( art. 2328, comma primo, n. 13).
• L’art. 2437 integra tale principio, disponendo un preavviso di almeno centottanta giorni, con facoltà di portarlo statutariamente fino al termine massimo di un anno.
• Le due norme, in apparente contrasto, operano su due piani diversi: l’art. 2328 concede la facoltà di eliminare, solo per il primo anno di vita della società, il diritto di recesso (ferma l’operatività del primo comma dell’art.2437); l’art.2437, terzo comma, disciplina il preavviso.
• Resta un dubbio interpretativo: se il preavviso possa essere dato prima
dello spirare del termine ex art. 2328,
segue
• Il terzo comma dell’art. 2437 c.c., tuttavia, non attribuisce il diritto di recesso ai soci di società quotate in un mercato regolamentato e costituite a tempo indeterminato.
• Dal punto di vista sistematico, tale esclusione rappresenta una forte innovazione,in quanto si elimina il tradizionale contrappeso (recesso ad nutum) proprio di tutte le obbligazioni di durata indeterminata.
• La ratio di tale esclusione risiede, tuttavia, nella volontà di salvaguardare l’integrità del capitale sociale delle società quotate (cfr. anche, in questo senso, il quarto comma dell’articolo2347), in relazione al fatto che, dato il facile disinvestimento dei titoli azionari negoziati su mercati regolamentati, la posizione del socio non risulta pregiudicata.
• Deve, però, sottolinearsi il mancato coordinamento con il citato art. 2328, comma primo, n. 13 c.c.: ne risulta l’incongruenza per cui l’atto costitutivo di una società quotata deve prevedere "il periodo di tempo decorso il quale il socio potrà recedere", ma, di fatto, tale recesso non potrà mai essere esercitato comma primo, n.13, qualora il recesso sia destinato ad operare in data successiva a detto termine. Sembra preferibile la risposta affermativa.
TERMINI DI ESERCIZIO DEL RECESSO
L’art. 2437 bis amplia i termini di esercizio del recesso che nella disciplina previgente costituivano (per i soci presenti in assemblea) un forte ostacolo all’utilizzabilità in concreto del rimedio.
Per tutti (presenti ed assenti) il termine è ora di:
a) 15 giorni dall’iscrizione della delibera che legittima il recesso nel registro delle imprese, ovvero
b) 30 giorni dalla conoscenza del fatto, diverso dalla delibera, che legittima il recesso (es: entrata / uscita dal gruppo)
Dubbio: quale è il termine in presenza di causa statutaria che lega il recesso ad una delibera assembleare (o consiliare) non soggetta a pubblicità legale ? 15 o 30 giorni dalla conoscenza effettiva della delibera ? Opportuna regola statutaria
Nullità dei patti che eliminano il diritto di recesso
• L’ultimo comma dell’art. 2347 x.x. xxxxxxxx xx xxxxxxx xxx xxxxx che escludano il diritto di recesso o ne rendano più gravoso l’esercizio, nelle ipotesi previste dal primo comma. Tale limitazione ribadisce il carattere inderogabile delle cause di recesso disciplinate dal primo comma, ma, in realtà, non appare coerente con l’impianto complessivo dell’istituto
Classificazione cause di recesso
• cause di recesso inderogabili (art. 2437, comma primo e terzo);
• cause di recesso dispositive, ossia previste in principio, ma derogabili statutariamente(art. 2437, secondo comma);
• cause di recesso determinabili dallo statuto, solo per le società che non fanno ricorso al capitale di rischio (art.2437, quarto comma).
LE CAUSE LEGALI INDEROGABILI DI RECESSO
1. Modifica della clausola sull’oggetto sociale (no modifiche di fatto o tramite partecipazioni ex art. 2361, contrariamente alle srl) che comporti un cambiamento significativo dell’attività
2. Trasformazione della società (anche senza modifica regime di responsabilità, anche di tipo eterogeneo; no fusione senza trasformazione, contrariamente alle srl)
3. Trasferimento della sede all’estero
4. Revoca dello stato di liquidazione
5. Deroga statutaria delle cause di recesso disponibili
6. Modifica dei criteri di rimborso delle azioni al receduto
LE CAUSE LEGALI INDEROGABILI DI RECESSO
segue
7. Modifiche statutarie concernenti i diritti di voto o di partecipazione
8. Cause di recesso legate alla partecipazione al gruppo: modifica dell’oggetto di gruppo, inizio e fine dell’attività di direzione e coordinamento, responsabilità di chi svolge attività di d. e c. (2497 quater)
9. Cause di recesso legate all’introduzione e soppressione (e la modifica, ad esempio mediante l’adozione dei meccanismi di nomina previsti dalla riforma) di clausole compromissorie statutarie (art. 34, ultimo comma, D. Lgs. 5/03)
Le cause subb 8 e 9 non sono espressamente definite inderogabili, ma sono ritenute tali dagli interpreti
ADATTABILITA’ STATUTARIA DEL CATALOGO LEGALE DELLE CAUSE DI RECESSO
La riforma, contrariamente al passato, riserva espressamente uno spazio all’autonomia statutaria nella modulazione del catalogo delle cause di recesso.
In particolare, sono previsti 3 tipologie d’intervento statutario in materia:
1. Facoltà di eliminare alcune delle cause legali di recesso
2. Facoltà di ampliare negozialmente il catalogo delle cause di recesso
3. Onere di introdurre il correttivo del recesso (in alternativa con altri rimedi) quale condizione di efficacia delle limitazioni statutarie più gravose alla libera circolazione delle azioni (2355 bis, secondo comma)
LE CAUSE LEGALI DI RECESSO DEROGABILI
STATUTARIAMENTE
La riforma prevede 2 cause di recesso che operano di default, ma sono derogabili statutariamente:
1. Proroga del termine di durata del contratto
2. Introduzione e rimozione di vincoli (e, a fortiori, divieti) statutari alla circolazione delle azioni
Segue 1) proroga
•
Solitamente una società ha una durata definita, che può essere rinnovata.
Tale rinnovo viene ad essere oggetto di delibera da parte dei soci.
• La delibera viene presa con assemblea straordinaria, e richiede un quorum qualificato (comma 5 dell’articolo 2369 del codice civile) in prima e seconda convocazione.
Il diritto di recesso è riconosciuto, a meno che esso non venga disapplicato in via statutaria;
- se nello statuto ab origine non vi è nessuna indicazione negativa in merito al recesso da delibera sulla proroga della durata societaria, la delibera in senso favorevole sulla proroga comporta il diritto di recesso da parte del socio assente, dissenziente ed astenuto.
. se, invece, sussiste la clausola “negativa”, secondo cui la delibera sulla proroga della durata non costituisce causa di recesso, la stessa delibera , se presa in senso favorevole alla proroga, non è produttiva di azione di recesso.
Quindi, per accertare se la delibera sulla proroga comporta o no il diritto di
recesso, occorre esaminare lo statuto.
Segue 2 circolazione azioni
• Ove già in fase costitutiva della società risulti la nota clausola disapplicativa ai fini del recesso attinente alla delibera sull’introduzione o soppressione delle norme sulle limitazione alla circolazione delle azioni, la relativa delibera è improduttiva di un’azione di recesso.
• Effetto contrario si verifica se tale clausola disapplicativa non risulti ab origine inserita.
• In assenza della nota clausola disapplicativa ab origine, ove si decida da parte dei soci di introdurla mediante assemblea straordinaria, la relativa delibera comporta l’insorgere del diritto di recesso da parte del socio non consenziente, in quanto si va a ricadere nell’ipotesi di cui alla lettera e) del primo comma
dell’articolo 2437 c.c..
• La decisione dei soci sull’introduzione o soppressione delle limitazioni alla circolazione delle azioni non richiede, diversamente da quella sulla proroga della durata della società, un quorum qualificato o rafforzato.
Segue 2 circolazione azioni
• Il recesso sembra giustificato per
l’introduzione, non per la rimozione della clausola limitativa (che ripristina la libera circolazione delle azioni)
• La mera “modifica” delle clausole limitative alla circolazione delle azioni non è considerata dalla norma; comporta diritto al recesso ?
Ovvero si deve distinguere in relazione all’entità della modifica (es: da prelazione propria ad impropria, da gradimento non mero a mero, etc
LE CAUSE DI RECESSO STATUTARIE
La riforma ha espressamente consentito (superando la precedente interpretazione negativa) l’introduzione di cause statutarie nella s.p.a. “chiuse” (anche se poche società hanno, in concreto, utilizzato tale facoltà)
Possibili cause di recesso:
a) Deliberazioni assembleari non previste quale causa legale di recesso (es: fusione, modifica del sistema di governance) anche se di competenza dell’assemblea ordinaria (es: revoca di un dato amministratore)
b) Deliberazioni del c.d.a. (es: emissione di obbligazioni, approvazione di piani di incentivazione azionaria)
c) Fatti diversi da delibere degli organi collegiali (es: liquidazione di un ramo aziendale, chiusura di un’unità operativa)
d) Forti dubbi sulla clausola di recedibilità ad nutum nelle società a tempo determinato
MODALITA’ DI ESERCIZIO DEL RECESSO
:
1. Predeterminazione e comunicazione del valore di liquidazione 15 giorni prima dell’assemblea che ha all’ordine del giorno delibere legittimanti il recesso (2437 ter, quinto comma);
2. Esercizio del recesso con lettera raccomandata che specifichi per quante azioni (l’exit può quindi essere parziale) si esercita il diritto (2437 bis, primo comma) e deposito delle relative azioni (che diventano inalienabili) presso la sede sociale (2437 bis secondo comma)
3. contestazione del valore di liquidazione da effettuare contestualmente alla dichiarazione di recesso (2437 ter, ultimo comma)
MODALITA’ DI ESERCIZIO DEL RECESSO
segue
4. Determinazione del valore, in caso di contestazione, da parte di un esperto nominato dal Tribunale (arbitraggio) entro il termine, poco realistico, di 90 giorni (2437 ter, ultimo comma)
5. Possibilità (jus poenitendi) per la società di escludere la recedibilità ex ante o di togliere ex post efficacia al recesso mediante revoca della delibera che lo legittima entro 90 giorni; o deliberando lo scioglimento della società (2437 bis, ultimo comma)
CRITERI LEGALI DI CALCOLO DEL VALORE DI
LIQUIDAZIONE
• Società non quotate
L’art. 2437 supera (la dottrina ha parlato di “svolta epocale”) il criterio penalizzate previgente del valore di libro ed impone un criterio di liquidazione del valore effettivo delle azioni con criterio misto patrimoniale e reddituale (“consistenza patrimoniale” e “prospettive reddituali”); conseguente prevalenza dell’interesse individuale su quello collettivo all’integrità del patrimonio sociale
• Società quotate
Viene confermato il criterio della media aritmetica delle quotazioni di borsa nel semestre precedente (alla convocazione dell’assemblea che consente il recesso)
ADATTABILITA’ STATUTARIA DEI CRITERI LEGALI DI CALCOLO DEL VALORE DI LIQUIDAZIONE
Non è chiaro in quali termini l’autonomia statutaria possa incidere sui criteri legali di calcolo del valore di liquidazione.
Il quadro normativo, infatti, non è univoco:
1. L’art. 2437, primo comma, lett. f) parla di modifica dei criteri
2. L’art. 2437, ultimo comma, sancisce la nullità dei patti che rendono più gravoso l’esercizio del diritto (ma solo per le cause inderogabili di recesso)
3. L’art. 2437 bis, quarto comma, consente “criteri diversi” ma si occupa sostanzialmente delle rettifiche ai valori di libro
ADATTABILITA’ STATUTARIA DEI CRITERI LEGALI DI CALCOLO DEL VALORE DI LIQUIDAZIONE
segue
Nell’incertezza del dato positivo i primi interpreti ritengono che:
Lo statuto non possa adottare criteri di liquidazione che portino ad una valutazione delle azioni inferiore a quella derivante dalle norme di default, perlomeno in relazione alle cause di recesso inderogabili (deroga / integrazione in melius, non in peius)
.
PROCEDIMENTO DI LIQUIDAZIONE DELLE AZIONI
AL RECEDUTO
Il nuovo art. 2437 quater prevede delle modalità “consecutive” di liquidazione delle azioni al receduto finalizzato a contemperare l’interesse di quest’ultimo con l’interesse della società alla conservazione dell’integrità del capitale e del patrimonio sociale:
1. Offerta in opzione (e prelazione sull’inoptato) delle azioni agli
altri soci
2. Vendita a terzi
3. Acquisto da parte della società con deroga dei limiti del 2357
4. Annullamento delle azioni con riduzione del capitale sociale soggetta alle norme della riduzione reale
5. Scioglimento della società in caso di accoglimento dell’opposizione alla riduzione da parte dei creditori
1. e 2 il trasferimento delle partecipazioni sociali del socio receduto da S.p.A.
• esercitato il recesso, il socio deve depositare le azioni presso la sede sociale, non potendo più disporne (art. 2437-bis, ult. co., c.c.), e gli amministratori provvedono all’offerta in opzione agli altri soci e\o agli obbligazionisti convertibili in proporzione alle partecipazioni sociali e sulla base del rapporto di cambio.
• Gli amministratori devono procedere a depositare l’offerta d’opzione, presso il competente registro delle imprese, entro quindici giorni dalla determinazione definitiva del valore di liquidazione. Ad essere concreti, poiché ai soci delle S.p.A. è concesso di conoscere il valore della liquidazione astratta della quota prima dell’assemblea legittimante il recesso ed è imposto loro di contestarne eventualmente l’ammontare contestualmente alla dichiarazione di recesso, va da sé, che il valore della determinazione della quota in base al quale gli amministratori depositano l’offerta diventa definitivo al ricorrere di una delle seguente ipotesi:
• 1) in base ad una dichiarazione congiunta degli organi sociali e del recedente;
• 2) qualora il socio recedente non abbia contestato il valore fissato dagli
amministratori in sede di comunicazione di recesso;
• 3) tramite la relazione giurata di cui all’articolo 2437-ter, ult. co., c.c., redatta entro novanta giorni dall’esercizio del diritto di recesso, qualora il socio recedente abbia contestato il valore fissato dagli amministratori.
segue
• Per l’esercizio del diritto di opzione deve essere concesso un termine non inferiore a trenta giorni dal deposito dell’offerta. Il che vale quanto dire che è pienamente legittima la previsione di un termine maggiore anche per disposizione statutaria.
• I soci, o gli obbligazionisti convertibili, che esercitano il diritto di opzione, purché ne facciano contestuale richiesta, hanno diritto di prelazione nell’acquisto delle azioni rimaste inoptate.
• La legge non precisa la modalità di riserva dell’inoptato da parte dei soci (e degli obbligazionisti) destinatari del diritto d’opzione, e non v’è da dubitare che, se il diritto di opzione è proporzionale alla partecipazione da taluno, il diritto di prelazione dell’inoptato sia del tutto affidato all’autonomia privata del soggetto che lo eserciti
segue
• Nel caso in cui i soci (o gli obbligazionisti convertibili) non esercitino il diritto d’opzione o, comunque, restino azioni inoptate per difetto di esercizio della cd. “prelazione”, gli amministratori “possono” collocare le azioni presso terzi.
• Tale fattispecie è analoga all’offerta ai soci sicché per un solo
fattore: il prezzo. Quest’ultimo, infatti, deve coincidere sempre e comunque (sia per i soci, che per gli obbligazionisti convertibili, che per i terzi) con il valore di liquidazione della quota divenuto definitivo a mente di quanto precede, non rintracciandosi né nella lettera della legge, né nella sua ratio nessuna ragione che riconosca all’organo amministrativo il potere di modificarlo.
• Tant’è che il procedimento prevede, nel difetto dell’acquisto dei terzi, che la società possa, anzi debba, acquistare le azioni del recedente dando luogo ad un caso particolare di acquisto di azioni proprie
ALTRE OPERAZIONI
ACQUISTO
Accettazione in garanzia
Assistenza finanziaria per l’acquisto
OPERAZIONI SULLE PROPRIE AZIONI SOTTOSCRIZIONE
3 Acquisto di azioni proprie
• Qualora né i soci, né i terzi, acquistino in tutto o in parte le azioni del recedente, gli amministratori, sempre entro centottanta giorni dalla comunicazione del recesso, devono procedere ad un acquisto di azioni proprie mediante l’utilizzo di utili o riserve disponibili, anche in deroga a quanto previsto dal terzo comma dell’art. 2357 c.c.
• Ciò implica, in prima istanza, che le azioni del recedente possono ben eccedere la quinta parte del capitale sociale tenendosi anche conto delle azioni possedute eventualmente da società controllate, se si tratti di società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio; e che non v’è alcun limite all’acquisto nel caso di società che non ne facciano ricorso
Divieto di sottoscrizione. Le sanzioni (art. 2357-quater, 2° comma) autosottoscrizione diretta
Le azioni sottoscritte in violazione del divieto
stabilito nel precedente | comma | si | intendono |
sottoscritte e devono essere | liberate | dai | promotori e |
dai soci fondatori o, in caso di aumento del capitale sociale, dagli amministratori. La presente disposizione non si applica a chi dimostri di essere esente da colpa.
Divieto di sottoscrizione. Le sanzioni (art. 2357-quater, 2° e 3° comma) Autosottoscrizione indiretta
Chiunque abbia sottoscritto in nome proprio, ma per conto della società, azioni di quest'ultima è considerato a tutti gli effetti sottoscrittore per conto proprio. Della liberazione delle azioni rispondono solidalmente, a meno che dimostrino di essere esenti da colpa, i promotori, i soci fondatori e, nel caso di aumento del capitale sociale, gli amministratori.
Acquisto di azioni proprie Fonti normative
Artt. 2357 – 2357 ter cod. civ.
modificati:
1)dal d.lgs. 142/2008, in attuazione della direttiva 2006/68/CE;
2)dal d.l. 5/2009, convertito con legge 33/2009.
3)dal d.lgs. 224/2010
Disciplina generale art. 2357 c.c.
• l'acquisto di azioni proprie non può essere effettuato dagli amministratori senza autorizzazione da parte dei soci, si tratta dell'autorizzazione in senso tecnico ovvero di quell'atto formale necessario per consentire a qualcuno di esercitare il suo potere. In quest'atto devono essere indicate le condizioni alle quali l'operazione può avvenire, circoscrivendo in tal modo la discrezionalità amministrativa.
• Per motivi del tutto speculari anche l'operazione di vendita delle
azioni in portafoglio dev'essere autorizzata dall'assemblea dei soci.
• A norma dell'articolo 2357 ter l'assemblea deve autorizzare la disposizione delle azioni in portafoglio pertanto si possono autorizzare contestualmente entrambe le operazioni. l'assemblea dei soci può soltanto autorizzare o meno il compimento dell'operazione perché la decisione nel concreto di porre in essere o meno l'operazione rientra esclusivamente nelle competenze gestorie.
1) Azioni interamente liberate
2) Autorizzazione assembleare
CONDIZIONI
dell’acquisto di azioni proprie
3) Impiego di risorse disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato
4) Solo per le società che fanno ricorso al mercato: Max 20% capitale
Acquisto di azioni proprie
SANZIONI
1) Penali (art. 2628, 1° comma)
2) Obbligo di alienazione entro l’anno
3) In caso di inottemperanza, annullamento immediato disposto dal tribunale (2357, 4° comma)
Acquisto azioni proprie
• In tutte le società per azioni è ammesso acquistare azioni anche oltre il limite del decimo, ove l‟acquisto sia finalizzato alla riduzione del capitale sociale (il c.d. ri-scatto), e quindi comporti l‟annullamento delle azioni acquistate (art. 2357-bis, comma 1, n. 1, cod. civ.).
• (v) In tutte le società per azioni è consentito, ed anzi imposto al ricorrere di determinate condizioni, l‟acquisto delle proprie azioni per procedere alla liquidazione delle partecipazioni: in questi casi la società può dover acquistare, nei limiti delle riserve disponibili (e degli utili distribuibili), anche aliquote di azioni proprie superiori al decimo del capitale sociale, senza perciò essere tenuta ad annullare le azioni eccedenti tale limite e a ridurre proporzionalmente il capitale sociale: in questo senso è la chiara lettera del quinto comma dell‟art. 2437-quater cod. civ.
Deroga all’art. 2357 c.c.
• Si discute se occorra, al fine della piena legittimità dell’acquisto, il rispetto del primo e secondo comma dell’art. 2357 c.c. i quali, com’è noto, prevedono che;
• - l’acquisto di azioni proprie possa avvenire con utili distribuibili o riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato;
• - possano essere acquistate solo azioni proprie interamente liberate;
• - occorra la preventiva autorizzazione assembleare la quale, tra l’altro, fissi anche il tempo massimo per il quale l’autorizzazione sia stata accordata.
• Da un lato, il richiamo alla possibilità di ignorare il solo limite del terzo comma dell’art. 2357 c.c. indurrebbe a ritenere che gli altri dovrebbero essere rispettati.
• Sembra, però, preferibile l’opinione di chi opina che nessuno dei limiti di cui all’art. 2357 c.c. abbia cittadinanza nel caso di acquisto di azioni proprie di socio recedente.
• La ragione per cui la deroga sembra essere apportata all’intero disposto dell’art. 2357 c.c. riposa nella specialità e nell’obbligatorietà dell’acquisto in parola: alla società è concesso non ricorrervi, secondo la lettera e la ratio dell’art. 2437-quater c.c., nel solo caso di assenza di utili o riserve disponibili; la conseguenza di tale difetto peraltro conduce alla riduzione del capitale sociale ed eleva il rischio dello scioglimento dell’ente.
• In pratica:
Deroga segue
• - la società potrebbe acquistare azioni proprie con utili o riserve disponibili, pur se tali utili non siano distribuibili (ad esempio, utili di periodo) o se tali voci di netto non risultino da un bilancio regolarmente approvato;
• - non occorre l’autorizzazione assembleare
Di fatto dalla mancanza di utili e riserve disponibili discende:
• Per le spa ex art. 2437-quater c.c. :
• a) va convocata l’assemblea straordinaria per deliberare la riduzione
del capitale sociale, ovvero lo scioglimento della società;
• b) alla deliberazione di riduzione del capitale sociale si applicano le disposizioni del comma secondo, terzo e quarto dell’art. 2445 c.c.;
• c) ove l’opposizione sia accolta la società si scioglie.
• Per le srl, invece,:
• a) in mancanza di utili o riserve disponibili occorre procedere
“corrispondentemente” riducendo il capitale sociale;
• b) in quest’ultimo caso si applica l’art. 2482 c.c.;
• c) e, qualora sulla base di esso non risulti possibile il rimborso della partecipazione del socio receduto, la società viene posta in liquidazione.
• In entrambi i tipi sociali è chiaro che, a questo punto, e solo a questo punto, la prescrizione legislativa consenta la riduzione del capitale sociale, peraltro, in tutta evidenza solo come extrema ratio
Art. 2357-ter, 2° comma
Il diritto di voto è sospeso, ma le azioni proprie sono tuttavia computate ai fini del calcolo delle maggioranze e delle quote richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell'assemblea. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il computo delle azioni proprie è disciplinato dall'articolo 2368, terzo comma
Esempio: la società A, non facente ricorso al mercato, tiene l’assemblea straordinaria di prima convocazione. La società possiede 10 azioni proprie, su un totale di 100. Il socio A ne possiede 49, il socio B 41:
Senza azioni proprie
Con azioni proprie
Socio
B; 41;
46%
Socio A; 49;
54%
Azioni
propri e; 10;
10%
Socio A; 49;
49%
Totale: 90 azioni
Socio
B; 41;
41%
Totale: 100 azioni
Diritto di voto, diritto d’opzione e diritto agli utili
• alla luce dell'articolo 2357 ter il diritto di voto sulle azioni in portafoglio viene congelato. In realtà la norma precisa che il diritto di voto si sospende, ma le azioni proprie sono tuttavia computate nel capitale ai fini del calcolo delle quote richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell'assemblea: si evita in tal modo che vengano spostati gli equilibri di potere nella società.
• finché le azioni restano in proprietà della società il diritto d’opzione viene congelato però l'assemblea può, nel rispetto delle condizioni previste dalle 2357, autorizzare l'esercizio totale o parziale di tale diritto in sede di aumento di capitale ed emissione di nuove azioni.
• gli utili maturati sulle azioni proprie non vengono incassati dalla società ma vengono distribuiti proporzionalmente a tutte le altre azioni in circolazione
4. Riduzione capitale sociale
• Qualora, a seguito di recesso, il rimborso del socio receduto debba essere eseguito, ai sensi degli artt. 2437 quater, sesto comma, x.x. x 0000, xxxxxx xxxxx, x.x., xxxxxxxx riduzione del capitale sociale.
• Qualora, a seguito di tale riduzione, il capitale sociale si riduca al di sotto del minimo legale, la societa’ puo’ procedere a tale riduzione purche’ contestualmente deliberi la trasformazione in un diverso tipo sociale compatibile con la ridotta misura del capitale ovvero proceda alla ricostituzione del capitale alla misura minima richiesta.
• Questa possibilita' di rimborso e‘ l'unica che non comporta un trasferimento della partecipazione dal socio receduto ad altri soggetti bensi' il suo annullamento.
Procedimento di liquidazione della quota del socio che recede sintesi
• Vendita agli altri soci in proporzione al numero delle azioni possedute
• Offerta depositata presso il Registro delle imprese entro 15 giorni
dalla determinazione del valore delle azioni
• Decorso del termine minimo di 30 giorni affinché i soci restanti facciano valere il diritto di prelazione
• Vendita ai terzi
• Acquisto delle azioni stesse da parte della società
• entro 180 giorni dalla comunicazione del recesso
• Convocazione dell’assemblea straordinaria per deliberare la riduzione del capitale sociale o la messa in liquidazione della società
Recesso parziale spa
• nella spa il recesso parziale, ossia per una parte delle azioni possedute dal socio, e' previsto al comma 1 dell'articolo 2437 c.c.c che ' recita:"hanno diritto di recedere , per tutte o parte delle loro azioni...". xxxx' se un azionista e' intestatario di 100 azioni, puo' esercitare il recesso per 50 azioni.
• i criteri di determinazione delle azioni, per le quali viene dichiarata l'azione di recesso, sono quelli di cui all'articolo 2437 ter c.c., ed e' opinione dominante in dottrina che detti criteri siano i medesimi, qualunque sia la consistenza della partecipazione, ossia non vengono riconosciuti premi se si tratta di quote di maggioranza, e non vengono applicati sconti, se si tratta di quote di minoranza.
• In un solo caso, il recesso deve essere integrale, ed e' quello posto in relazione con una sentenza passata in giudicato a carico della societa' esercitante l'attivita' di direzione e coordinamento (2497 quater,1° comma,lettera b) c.c.). il ricorso al recesso parziale puo' costituire un mezzo per consentire al socio di maggioranza di "fare cassa", nell'ipotesi di durata indeterminata della societa', che, come e' noto, e' causa di recesso ad nutum, non legato a nessuna delibera, e senza nessun rischio di essere successivamente dichiarato inefficace in dipendenza di una delibera contraria o revocata. nella societa' a responsabilita' limitata non vi e' nessuna indicazione espressa sulla possibilita' di recesso parziale, e su tale punto la dottrina e' divisa. si ritiene, comunque, che dato il carattere di ampia autonomia riconosciuta a tale tipo di modello societario, si possa mediante apposita previsione statutaria applicare il recesso parziale, la cui clausola potrebbe risultare conveniente nell'ipotesi di una holding di investimento
3. Il recesso nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio
• Secondo l’articolo 2325-bis, comma 1 “sono società che fanno ricorso al
• mercato del capitale di rischio le società emittenti di azioni quotate in
mercati regolamentati o diffuse fra il pubblico in misura rilevante”.
• All’articolo 111-bis, comma 1, delle disposizioni di attuazione del Codice civile si afferma che “La misura rilevante di cui all'articolo 2325-bis del codice è quella stabilita a norma dell'articolo 116 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e risultante alla data del 1° gennaio 2004”.
• All’articolo 116 del D. Lgs. n. 58/1998 si parla di “emittenti strumenti finanziari che, ancorché non quotati in mercati regolamentati italiani, siano diffusi tra il pubblico in misura rilevante. La CONSOB stabilisce con regolamento i criteri per l'individuazione di tali emittenti….”.
• Una ulteriore norma è quella che si rinviene nel “Regolamento di attuazione
• del D. Lgs. 254 febbraio 1998, n. 58, concernente la disciplina degli emittenti” All’articolo 2, comma 1, lett. f), per "emittenti strumenti finanziari
diffusi" si intendono “gli emittenti italiani dotati di un patrimonio netto non inferiore a
• cinque milioni di euro e con un numero di azionisti o obbligazionisti superiore a
• duecento”.
Cause di recesso
• Una causa di recesso propria per le società con azioni quotate sui mercati regolamentati viene prevista all’articolo 2437-quinqies, dove si stabilisce che “Se le azioni sono quotate sui mercati regolamentati hanno diritto di recedere i soci che non hanno concorso alla deliberazione che comporta
l'esclusione dalla quotazione”
Il diritto di recesso nelle società soggette ad attività di direzione
e coordinamento
• articolo 2497-quater, il socio di società soggetta ad attività di direzione e coordinamento ha diritto di recedere:
• 1) quando la società o l’ente che esercita attività di direzione e coordinamento
deliberi una trasformazione che implichi il mutamento del suo scopo sociale;
• 2) quando la capogruppo ha deliberato una modifica del suo oggetto sociale consentendo l’esercizio di attività che alterino in modo sensibile e diretto le condizioni economiche e patrimoniali della società soggetta ad attività di direzione e coordinamento;
• 3) quando a favore del socio sia stata pronunciata, con decisione esecutiva, condanna di chi esercita attività di direzione e coordinamento per aver agito nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria o imprenditoriale delle società soggette a direzione e coordinamento, arrecando pregiudizio alla redditività e al valore della partecipazione sociale (in questo caso il diritto di recesso può essere esercitato soltanto per l'intera partecipazione del socio);
• 4) quando la società entri a far parte di un gruppo o ne esca e da ciò ne derivi:
• a) che vi sia una alterazione delle condizioni di rischio dell'investimento;
• b) che non venga promossa un'offerta pubblica di acquisto.
• Quest’ultimo caso non è applicabile alle società con azioni quotate in mercati
• regolamentati
Il RECESSO NELLE SRL: CONSIDERAZIONI
GENERALI E DIFFERENZE RISPETTO ALLA SPA
1. Disciplina autonoma, ma assai più scarna (concentrata nel solo art. 2473), rispetto a quella delle spa
2. Diversa collocazione delle norme: nella disciplina delle quote, invece che in quella delle modifiche dell’atto costitutivo (non priva di rilevanza sistematica)
3. Non è espressamente previsto il recesso parziale (V. slide specifica)
4. Diversa (e maggiore) valenza dell’autonomia statutaria nell’adattare l’istituto stante la maggiore elasticità del tipo ? (probabilmente no, anche in ragione della modulabilità dell’altro strumento di exit anche nelle srl)
Il RECESSO PARZIALE NELLE SRL
• Dati normativi
il recesso parziale è espressamente consentito nelle s.p.a. (2437) e vietato nelle cooperative (2532)
• Contro (Delli Priscoli, Maltoni)
- dato logico sistematico: nella nuova srl c’è un rafforzamento dell’unificazione soggettiva della partecipazione sociale
• Pro (Galletti, Ventoruzzo)
- dato sistematico: principi generali che consentono il “trasferimento” parziale dei beni divisibili
• Elementi di lettura non univoca
- eliminazione dall’art. 2482 della divisibilità della quota, che i primi interpreti ritengono sia tuttora la regola di default
assai opportuna la regolamentazione statutaria della
questione
- lettura comparativa degli interessi in gioco
Divisibilità quota
• La nuova disciplina della s.r.l. non riproduce la norma contenuta nel vecchio testo dell’art. 2482 c.c. in merito alla divisibilità della quota.
• Nel sistema previgente, dall’art. 2482 si ricavava la regola della generale divisibilità derivante da successione mortis causa ovvero in caso di alienazione
• Tuttavia, la mancanza di una espressa previsione non sembra ostacolo insormontabile alla possibilità di una divisibilità della quota, dunque ad una sua trasferibilità, anche solo parziale in capo ad altri soggetti, sia inter vivos sia mortis causa.
segue
• Una analisi approfondita della disciplina consente di ricavare argomenti per ribadire che la quota di partecipazione, salvo diversa disposizione statutaria tale da favorire un assetto tipicamente personalistico, è liberamente trasferibile e divisibile, in quanto essa rappresenta la forma giuridica di un valore economico. Le parti potranno, comunque, prevedere una clausola di indivisibilità, sia della quota comune che della quota in capo al singolo socio
Recesso parziale
• Con la nuova formulazione dell’art. 2437 c.c., i soci che non hanno concorso a determinate deliberazioni “hanno diritto di recedere per tutte o parte delle loro azioni”.
• Tale disposizione non è contenuta nell’art. 2473 c.c. per le s.r.l.
• Si deve, tuttavia, rilevare come la configurazione del recesso parziale non possa considerarsi una conseguenza del principio di autonomia delle azioni, quanto piuttosto una implicazione dell’istituto del recesso, il quale costituisce uno strumento di reazione ad una decisione organizzativa fondamentale imputabile alla società, teso a provocare, come effetto della decisione del socio, ed al termine di un procedimento organizzativo, l’uscita dello stesso dalla compagine sociale o la riduzione della sua quota di partecipazione al capitale e
l’attribuzione di una somma determinata secondo criteri legali.
• Si reputa, pertanto, che solo nelle ipotesi in cui lo statuto preveda quote intrasferibili e/o indivisibili, il recesso potrà esercitarsi per
l’intera partecipazione. Inoltre, quando il legislatore ha voluto escludere il recesso parziale, lo ha stabilito in maniera esplicita, come risulta dalle norme degli artt. 2497 quater, lett. b), in tema di gruppi (che peraltro richiama la disposizione degli artt. 2437 e 2473 c.c.) e 2532 c.c. per le cooperative
CAUSE DI RECESSO NELLE S.R.L.
DEFAULT (2473, primo comma)
a) Società a tempo determinato:
Nucleo minimo di cause di recesso inderogabili ad opera
dell’autonomia statutaria che può, tuttavia, aggiungerne di ulteriori
b) Società a tempo indeterminato:
Regime di libera recedibilità, con preavviso di 6 mesi (aumentabili a 12): rischio per i creditori sociali (si presta ad aggirare le norme sulla postergazione dei finanziamenti e della stessa quota di liquidazione)
Problema:
alle società contratte “per tutta la vita di un socio” (cfr.: art. 2285 c.c.) si applica il regime di recesso sub a) o sub b) (ovvero l’uno o l’altro a seconda di una connotazione personalistica della singola società)?
Stante la rilevanza pratica della questione ed il potenziale contenzioso che può derivarne pare comunque opportuna una sua regolamentazione statutaria.
CAUSE LEGALI ED INDEROGABILI DI
RECESSO PREVISTE NELL’ART. 2473
a) cambiamento dell’oggetto sociale statutario;
b) cambiamento del tipo di società
c) fusione e scissione
d) revoca dello stato di liquidazione
e) trasferimento della sede all’estero
f) c.d. “deroghe” o modifiche indirette (mediante partecipazioni; cfr.: 2361 c.c.) dell’oggetto sociale (raccordo con 2479, secondo comma, n. 5)
g) modifica delle “golden shares” (2468)
N.B.: elenco parzialmente diverso (scelta consapevole o difetto di coordinamento ?) rispetto alle spa
ALTRE CAUSE LEGALI DI RECESSO
PREVISTE DA ALTRE NORME
a) vincoli statutari più gravosi alla libera trasferibilità delle quote
cfr. 2469, secondo comma
b) disciplina dei “gruppi” (come in s.p.a.)
c) aumento di capitale a pagamento destinato a terzi
cfr. 2481 bis, primo comma (precedenti nella prassi statutaria delle closed corporations statunitensi)
d) introduzione o soppressione statutaria di clausole compromissorie (art. 34, quarto comma, del D. Lgs. 5/03) DEROGABILITA’ di queste cause ulteriori ? (probabilmente no, come in s.p.a.)
EFFETTO COMPLESSIVO: notevolmente estesa l’area di recedibilità
MODALITA’ DI ESERCIZIO DEL RECESSO
Nessuna norma, l’art. 2473 si limita ad imporre alla società di regolare statutariamente tale aspetto (contrariamente a quanto avviene nelle spa ove tale aspetto è dettagliatamente regolamentato nell’art. 2437 bis)
ALTERNATIVE IN CASO CHE LO STATUTO NON PREVEDA
NULLA
a) applicazione analogica dell’art.2437 bis (forma: lettera raccomandata; termine 15 giorni dall’iscrizione della delibera, ovvero 30 giorni dalla conoscenza del fatto o atto diverso che legittima l’exit)
b) applicazione dei principi generali come per le società di persone: recesso a forma libera, anche per fatti concludenti, senza termine di esercizio entro la prescrizione quinquiennale (ma salvo comportamenti incompatibili con la volontà di recedere)
c) Applicazione della soluzione a) o b) a seconda della connotazione concreta della singola società (modello capitalistico o personalistico) o in caso di clausola statutaria di chiusura per l’integrazione della disciplina
L’alternativa b) pare preferibile se si accetta la tesi che la srl non è più una piccola spa ma una società di persone a responsabilità limitata; soluzione pericolosa perché permette al recedente di dosare i tempi per massimizzare il rimborso.
Assai opportuno, pertanto, che lo statuto regoli tale aspetto.
COSA PUÒ STABILIRE LO STATUTO
sulle modalità di esercizio del recesso
• forma della comunicazione di recesso
• termine di esercizio del diritto
Limite: no termini e forme che “rendono eccessivamente difficile l’esercizio del diritto “ (cfr.: art. 2965 in tema di decadenze convenzionali).
Dubbia, ad esempio, la validità di clausole che impongano
• termini di esercizio eccessivamente ristretti (opportuno tenere almeno il termine previsto dalla spa, dato la maggiore rilevanza degli strumenti di exit nelle srl)
• l’esercizio del recesso tramite atto di citazione (ritenuta necessaria da una dottrina minoritaria ma autorevole per le società di persone)
IUS POENITENDI DELLA SOCIETA’
• l’art. 2473 u. c. consente alla società di impedire (o togliere efficacia) al recesso revocando la delibera che lo legittima
• tuttavia, contrariamente a quanto disposto dall’art. 2437 bis
u.c. non è indicato un termine per la revoca
Possibili soluzioni:
a) la revoca della delibera va fatta nel termine previsto per le
s.p.a. (90 gg) che si applica analogicamente
b) la revoca va fatta entro il termine legale (180 gg dalla comunicazione del recesso) per il rimborso della quota al receduto
c) la revoca può comunque essere fatta antecedentemente alla data di effettiva liquidazione della quota
assai opportuna la regolamentazione statutaria
CRITERI DI RIMBORSO DELLA QUOTA AL
RECEDUTO
ART. 2473, TERZO COMMA
• principio generale dell’effettività del rimborso
•va rimborsato il valore di mercato della quota al momento del recesso
•in caso di disaccordo tra società e receduto la determinazione del valore è demandata ad un esperto nominato dal Presidente del Tribunale
•il principio di effettività e, in genere, i criteri di rimborso non sembrano derogabili ad opera dell’autonomia statutaria
•l’autonomia statutaria può, tuttavia, specificare in maniera più analitica i criteri legali;
•presumibile un aumento del contenzioso e, comunque, dei costi del recesso
LIQUIDAZIONE DELLA QUOTA AL RECEDUTO
art. 2473, ultimo comma
Regole legali che, nella formulazione letterale, sembrano imperative:
• termine di rimborso: 6 mesi dal recesso (può risultare concretamente difficile in caso di determinazione da parte dell’esperto nominato dal Tribunale)
• modalità (in ordine successivo):
a) acquisto da parte degli altri soci pro quota o, da un terzo “concordemente” individuato dai soci;
Problema: concordemente significa con decisione unanime o
con le regole maggioritarie previste dagli artt. 2479 ss.
b) rimborso con riserve disponili;
Problema: in tale caso non è prevista la riduzione del capitale sociale. Ma cosa succede delle quote dato che per la srl è stato confermato il divieto assoluto di acquisto delle proprie quote ? Unica soluzione è l’accrescimento pro quota delle quote residue (opportuna previsione statutaria al riguardo)
c) rimborso mediante riduzione del capitale sociale;
d) scioglimento della società
ESCLUSIONE
• Istituto facoltativo idoneo ad aumentare la rilevanza dell’intuitu personae della singola società
• Precedenti nei tipi sociali di persone e nelle cooperative
• Rinvio a quanto scritto per il recesso in relazione ai criteri di determinazione del rimborso (salvo dubbi su ammissibilità di rimborso penalizzante in caso di esclusione basato su inadempimento) ed al procedimento di liquidazione dello stesso, salvo norma ad hoc che esclude la rimborsabilità con il capitale sociale e dubbi sul winding up dato che può essere un modo per portare surrettiziamente alla liquidazione la società
CAUSE DI ESCLUSIONE
L’art. 2473 bis autorizza lo statuto a prevedere l’esclusione per “giusta causa” e, quindi, non solo ipotesi riconducibili alla risoluzione per inadempimento.
Limiti interpretativi all’autonomia statutaria:
- Le cause di esclusione sembrano dover essere riferite a vicende del rapporto sociale e non a quelle del (diverso anche per le società personali) rapporto di amministrazione;
- L’istituto non sembra poter operare in relazione ad inadempimenti altrimenti regolamentati dalla disciplina: prevalenza dell’art. 2466 per la mancata esecuzione dei conferimenti (perlomeno di quelli di dare); prevalenza del 2471 per il fallimento del socio
CASISTICA DELLE CAUSE STATUTARIE DI
ESCLUSIONE
tratta da disciplina delle società personali
a) inadempimenti non coperti dall’art. 2466: mancata esecuzione di un conferimento avente ad oggetto una prestazione di fare o non fare (es: obbligo di non concorrenza statutario); alienazione delle quote senza rispettare le clausole limitative dello statuto;
b) impossibilità sopravvenuta dell’esecuzione del conferimento non imputabile (es:socio d’opera, conferimento in godimento)
c) sopravvenute incapacità del socio;
d) sopravvenuta mancanza di eventuali requisiti soggettivi
richiesti al socio;
CAUSE STATUTARIE DI DUBBIA LEGITTIMITÀ
da prassi statutaria e precedenti in tema di cooperative e
società personali
a) esclusione del “socio rissoso” (che intraprenda iniziative giudiziali contro la società, ovvero che eserciti reiteratamente i diritti di reazione e controllo ex art. 2476);
b) cause generiche (es: socio che danneggi in qualsiasi modo la società; socio che abbia genericamente riportato condanne penali);
c) esclusione del socio che non partecipi alle assemblee o, in
genere, all’attività sociale
PROCEDIMENTO DI ESCLUSIONE
Integralmente demandato all’autonomia statutaria Requisiti minimali di procedimento:
a) decisione da parte dei soci con le regole consentite dagli artt. 2479 ss., ovvero da parte degli amministratori (arg.: ex art. 2527 attuale per le cooperative) con le regole degli artt. 2475 ss.;
b) comunicazione all’escluso della decisione (dubbio sulla necessità della forma scritta che è, comunque, opportuna) con motivazione delle ragioni che la giustificano;
c) concessione di un termine adeguato all’escluso per opporsi alla decisione sulla falsariga di quanto previsto dagli artt. 2287 (società di persone) e 2527 (cooperative)
Cosa succede se lo statuto prevede cause di esclusione ma non regola in toto o in parte i passaggi procedimentali appena indicati:
a) competenza residuale dei soci con le regole consentite dagli artt. 2479 ss. (alternativa: maggioranza per teste come previsto per le società personali);
b) comunicazione anche verbale ma motivata della decisione al socio escludendo;
c1) entro il termine prescrizionale di 5 anni l’escluso può far accertare l’illegittimità della decisione ed ottenere la reintegra in società ed i dividendi medio tempore maturati, ovvero,
c2) in alternativa, consolidamento della decisione se non impugnata entro i termini di decadenza previsti dall’art. 2479 ter (tre mesi per “annullabilità” e tre anni per “nullità”), salvo il risarcimento del danno del soggetto illegittimamente escluso
Esclusione socio moroso srl
• Ai sensi dell'art. 2466 cod.civ. (cfr. il previgente art.2477 cod.civ.) qualora il socio non esegua il conferimento nel termine prescritto, gli amministratori diffidano il socio moroso ad eseguirlo nel termine di trenta giorni.
• L’esclusione non è diretta
• Una volta decorso inutilmente questo termine, gli amministratori, qualora non reputino di dover instare per l'adempimento, possono vendere agli altri soci in proporzione della loro partecipazione, a rischio e per conto del socio moroso, la di lui quota per il valore risultante dall'ultimo bilancio approvato.
• Quando gli altri soci non abbiano presentato offerte per l'acquisto, la quota viene venduta all'incanto. Ciò tuttavia unicamente se l'atto costitutivo lo permetta, ben potendo la struttura sociale risultare essenzialmente chiusa
segue
• Se la vendita non può aver luogo per mancanza di compratori, gli amministratori escludono il socio (pare trattarsi di una condotta vincolata e non più facoltativa, come per il testo previgente), trattenendo le somme riscosse, salvo il risarcimento dei maggiori danni.
• Il capitale deve essere ridotto in misura corrispondente con annullamento delle azioni del socio. Anche in questo caso, proprio in relazione alla riduzione del capitale conseguente alla esclusione, risulterà indispensabile la redazione di apposito atto, i cui presupposti sono costituiti non soltanto dal già riferito procedimento volto a mettere in mora il socio, bensì anche dall'impossibilità di procedere altrimenti, alienando agli altri soci ovvero a terzi la partecipazione sociale
•
Ai sensi del penultimo comma della norma in esame il socio in mora non ha la possibilità di partecipare alle decisioni dei soci.
• Le disposizioni esaminate si applicano anche nell'ipotesi in cui, per qualsiasi motivo, siano scadute o divenute inefficaci la polizza assicurativa ovvero la garanzia bancaria prestate ai sensi dell'art.2464 cod.civ. allo scopo di assicurare l'adempimento degli obblighi relativi alla prestazioni d'opera o di servizi da parte del socio (ultimo comma art.2466 cod.civ.).
Esclusione del socio moroso s.p.a.
• Art. 2344 c.c.
• [1] Se il socio non esegue i pagamenti dovuti, decorsi quindici giorni dalla pubblicazione di una diffida nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, gli amministratori, se non ritengono utile promuovere azione per l'esecuzione del conferimento, offrono le azioni agli altri soci, in proporzione alla loro partecipazione, per un corrispettivo non inferiore ai conferimenti ancora dovuti. In mancanza di offerte possono far vendere le azioni a rischio e per conto del socio, a mezzo di una banca o di un intermediario autorizzato alla negoziazione in mercati regolamentati.
• - [2] Qualora la vendita non possa aver luogo per mancanza di compratori, gli amministratori possono dichiarare decaduto il socio, trattenendo le somme riscosse, salvo il risarcimento dei maggiori danni.
• - ]3] Le azioni non vendute, se non possono essere rimesse in circolazione entro l'esercizio in cui fu pronunziata la decadenza del socio moroso, devono essere estinte con la corrispondente riduzione del capitale.
• - [4] Il socio in mora nei versamenti non può esercitare il diritto di voto.
Socio moroso aumento di capitale
• Ipotesi:
in sede di assemblea straordinaria il socio aderisce ad un
aumento di capitale, versando contestualmente il venticinque per cento della quota
di capitale sottoscritta.
Successivamente, a seguito dell’inadempimento del socio alla richiesta di versamento da parte degli amministratori, viene inviata da questi ultimi formale diffida
ad adempiere, ai sensi dell’art. 2466 c.c., nella misura del cinquanta per cento dei
“conferimenti” ancora dovuti .
La diffida aveva ad oggetto inequivocabilmente solo la metà dei conferimenti dovuti.
Segue problematiche
• È possibile procedere alla vendita in danno pur riguardando la diffida solo una parte dei conferimenti non ancora liberati.
• Poiché il socio risulta moroso solo per l’ammontare relativo all’aumento di capitale, e non anche a quanto conferito in sede di costituzione, la vendita in danno deve riguardare l’intera quota, oppure solo la parte non “liberata”
segue
• Il procedimento di vendita in danno di cui all’art. 2466 c.c. trova il suo necessario presupposto nella preventiva diffida al socio ad eseguire i conferimenti dovuti entro il termine di trenta giorni.
• In assenza della diffida, la vendita risulta affetta da inefficacia .
• Tale diffida ha sicuramente natura di dichiarazione unilaterale recettizia; tuttavia, secondo la giurisprudenza, essa non può qualificarsi come costituzione in mora nei confronti del socio, ma rileva solo al fine di consentire l’avvio della procedura di vendita in danno.
• Il socio nei confronti del quale la diffida viene rivolta, infatti, è già moroso, proprio perché risulta inadempiente alla richiesta di liberazione dei conferimenti nel termine prescritto dagli amministratori.
• Nell’interpretazione delle intimazioni, il punto di rilevanza ermeneutica non è rappresentato dall’autore, ma dal destinatario, il quale deve essere in grado di percepire con esattezza ciò che viene comunicato.
• In dottrina, sul problema in esame, si osserva che qualora la richiesta del creditore sia limitata ad una parte della prestazione, la mora deve escludersi per la parte non richiesta.