Dottorato di ricerca
Dottorato di ricerca
in Diritto Europeo dei Contratti Civili Commerciali e del Lavoro Scuola Dottorale interateneo in Scienze Giuridiche “Ca’ Foscari” Ciclo 24°
(A.A. 2010 - 2011)
TECNICHE DI CONTROLLO DELLA
CONTRATTAZIONE STANDARDIZZATA FRA IMPRESE E CONSUMATORI E FRA IMPRESE. LE CAMERE DI COMMERCIO
E IL MERCATO
SETTORE SCIENTIFICO DISCIPLINARE DI AFFERENZA: JUS/01
Tesi di dottorato di Xxxxxxxxxx Xxxxxx, matricola 955580
Coordinatore del Dottorato Tutore del dottorando
Xxxx. Xxxxx Xxxxxxxxx Prof.ssa Xxxxxxx Xxxxxxx
A Marco
Indice
INTRODUZIONE 11
CAPITOLO PRIMO
INTRODUZIONE ALLE TECNICHE DI CONTROLLO AMMINISTRATIVO
DEI CONTRATTI STANDARD
1. Genesi e diffusione del fenomeno della contrattazione standardizzata 15
2. Disciplina codicistica delle condizioni generali di contratto: ratio e limiti.
La dimensione collettiva del fenomeno 17
3. I controlli amministrativi delle condizioni generali di contratto nel settore assicurativo 21
4. Uno sguardo alle esperienze straniere 23
5. Il dibattito europeo 27
6. Tecniche di controllo amministrativo dei contratti standard: il ruolo delle Camere di Commercio 31
7. Controlli amministrativi dei contratti standard e poteri di controllo
pubblico dell’esercizio dell’iniziativa economica privata 35
CAPITOLO SECONDO
ORGANISMI AMMINISTRATIVI DI CONTROLLO DEI CONTRATTI STANDARD
PARTE PRIMA
IL RUOLO DELLE CAMERE DI COMMERCIO NEL SISTEMA DI LOTTA CONTRO LE CLAUSOLE ABUSIVE
8. Premessa 42
9. Origini dell’ente camerale 44
10. Natura delle Camere di Commercio 47
11. Le attribuzioni 49
12. Le funzioni di controllo delle clausole abusive nei contratti tra imprese
e consumatori e tra imprese 50
13. I soggetti del procedimento 50
14. La procedura di controllo 55
15. L’oggetto e il parametro di controllo 60
16. Gli esiti dell’attività di controllo e gli effetti conseguenti al parere della Commissione 63
17. L’attività di predisposizione di contratti tipo da parte delle Camere di Commercio 65
18. Un procedimento uniforme di predisposizione di contratti tipo 68
19. I riflessi della redazione concertata di modelli contrattuali
sull’applicabilità della normativa a protezione del consumatore 70
PARTE SECONDA
IL CONTROLLO AMMINISTRATIVO DEI CONTRATTI STANDARD NELL’ ORDINAMENTO INGLESE: L’ OFFICE OF FAIR TRADING.
20. Premessa 77
21. L’Office of Fair Trading 79
22. Funzioni di controllo dei contratti standard 82
23. Il procedimento di controllo 83
24. Due casi significativi 85
25. Codici di condotta 88
26. Conclusioni 89
PARTE TERZA
TECNICHE DI CONTROLLO DEI CONTRATTI STANDARD
NELL’ ORDINAMENTO FRANCESE: “ LA COMMISSION DES CLAUSES ABUSIVES”.
27. Premessa 90
28. Un breve inquadramento della disciplina francese in materia
di clausole abusive 91
29. La Commission des Clauses Abusives 97
30. La struttura, l’organizzazione e il funzionamento della Commissione 98
31. Le funzioni della Commissione 100
32. Le Raccomandazioni della Commissione delle Clausole Abusive 101
33. Segue: Indagine sulla natura delle Raccomandazioni 106
34. Il carattere non vincolante delle Raccomandazioni della Commissione … 106
35. Segue: sull’impugnazione delle Raccomandazioni 112
36. L’influenza delle Raccomandazioni sugli operatori giuridici 113
37. Influenza sul potere legislativo 113
38. Influenza sulle pronunce giurisprudenziali 115
39. Influenza sui professionisti 118
40. Due teorie sulla natura delle Raccomandazioni 118
CAPITOLO TERZO
TECNICHE DI CONTROLLO DEI CONTRATTI DEI CONSUMATORI
E REGOLAZIONE DEL MERCATO
PARTE PRIMA
IL RUOLO DELLE CAMERE DI COMMERCIO
NEL CONTESTO DELLA REGOLAZIONE DEL MERCATO
41. Premessa 122
42. I molteplici significati del termine regolazione 123
43. La regolazione attraverso il diritto 125
44. La regolazione giuridica dell’economia 126
45. Segue: L’evoluzione del rapporto tra pubblici poteri e economia 126
46. La regolazione intesa coma azione amministrativa di governo
del mercato 131
47. Le misure di regolazione economica 137
48. Riflessioni conclusive sulla natura degli atti emanati dalle Commissioni
di regolazione del mercato 140
PARTE SECONDA
TUTELA DEL CONSUMATORE IN MATERIA DI CLAUSOLE ABUSIVE: IL CONCORSO TRA AZIONE AMMINISTRATIVA E RIMEDI CIVILISTICI
49. Il concorso tra azione amministrativa e rimedi civilistici nella tutela del consumatore in materia di clausole abusive: la protezione del
consumatore assurge ad interesse generale 145
50. Verso il superamento della visione paternalistica della disciplina
di consumo 149
51. Tutela del consumatore e della concorrenza: due policy distinte in
rapporto di complementarietà verso un fine comune 152
52. Rimedi civilistici in funzione di regolazione del mercato: un assunto da chiarire 159
CONCLUSIONI 165
BIBLIOGRAFIA 167
INTRODUZIONE
La normativa sulle clausole vessatorie nasce con un’impronta eminentemente privatistica, coincidente con l’introduzione delle regola di cui agli artt. 1341, 1342 e 1370 nel codice civile del 1942.
Originariamente il sistema era basato sull’esercizio di un’azione individuale diretta ad ottenere la dichiarazione di inefficacia della clausola abusiva. Si parla in proposito di controllo giudiziale successivo dei contratti dei consumatori.
Si tratta di un rimedio tuttora vigente, sostanzialmente potenziato a fronte del recepimento della direttiva comunitaria 93/13 sui contratti dei consumatori e che esprime la propria utilità in una dimensione microindividuale di tutela del singolo consumatore.
Il problema del controllo delle condizioni generali di contratto non si esaurisce, tuttavia, in una pura e semplice questione di tutela del contraente debole.
Il carattere di “massa” del regolamento contrattuale iniquo o vessatorio ha come naturale conseguenza il fatto che il contenuto negoziale abusivo sia naturalmente destinato a ripetersi in una serie indefinita di contratti.
Si manifesta perciò l’esigenza di contrastare l’abusiva inserzione di clausole vessatorie nei modelli contrattuali uniformi attraverso l’elaborazione di meccanismi di controllo diretti ad incidere sull’attività di predisposizione del regolamento contrattuale e perciò a favorire la circolazione nel mercato di contratti standard equi e trasparenti, intervenendo così alla radice del problema.
Per tali ragioni, in linea con il compito attribuito agli Stati membri dalla direttiva 93/13 sui contratti dei consumatori di “fare in modo che nei contratti dei consumatori non siano inserite clausole abusive”, il legislatore nazionale, oltre che potenziare il controllo giudiziale successivo, è intervenuto sul piano della prevenzione, affidando alle Camere di Commercio una competenza trasversale di controllo dei modelli contrattuali diffusi dalle imprese.
Alle tradizionali funzioni di sostegno del sistema imprenditoriale di cui sono investite da anni le Camere di Commercio, nel 1993 si sono aggiunti ulteriori compiti istituzionali accomunati dal fatto di essere diretti a garantire
correttezza, trasparenza ed equità dei rapporti contrattuali tra imprese e tra imprese e consumatori.
La legge di riforma dell’ordinamento camerale 29 dicembre 1993 n. 580 (oggi
d. lgs. 23/2010) prevede, infatti, all’art. 4, comma 2, che le Camere di Commercio, singolarmente o in forma associata, possono promuovere forme di controllo sulla presenza di clausole inique inserite nei contratti standard; predisporre e promuovere contratti tipo fra imprese, loro associazioni e associazioni a tutela degli interessi dei consumatori e degli utenti.
Alle tradizionali funzioni di sostegno del sistema imprenditoriale di cui sono incaricate da anni le Camere di Commercio, nel 1993 si sono aggiunti, quindi, ulteriori compiti istituzionali accomunati dal fatto di essere diretti a garantire correttezza, trasparenza ed equità dei rapporti contrattuali tra imprese e tra imprese e consumatori.
Lo scopo del presente elaborato è quello di verificare in che modo le competenze di controllo di cui oggi sono investite le Camere di Commercio influiscano sulla fisionomia generale del sistema di controllo dei contratti standard vigente all’interno del nostro ordinamento; ovvero, se al modello tradizionale di controllo giudiziale successivo si accompagnino forme di intervento di tipo amministrativo preventivo.
La prima parte dell’elaborato sarà dunque dedicata allo studio dei tratti caratterizzanti del modello di controllo di tipo amministrativo preventivo dei contratti standard al fine di mettere in luce la funzione che siffatte forme di controllo assolvono in rapporto alla fattispecie del controllo giudiziale successivo invalidante.
La parte centrale dell’elaborato sarà rivolta, invece, alla descrizione di alcuni modelli di controllo amministrativo preventivo vigenti nell’ordinamento Europeo.
Dapprima si provvederà all’analisi delle funzioni di controllo dei contratti standard esercitate dalle Camere di Commercio italiane.
Verrà in primo luogo descritto il procedimento di controllo delle clausole vessatorie, dal momento dell’iniziativa, a partire quindi dall’individuazione dei soggetti legittimati ad attivarlo, passando alla definizione dell’oggetto e del parametro di controllo, per arrivare infine allo studio degli esiti del procedimento.
Secondariamente, sarà analizzata l’attività di predisposizione di contratti tipo da parte delle Camere di Commercio al fine di verificare i riflessi che la redazione concertata di modelli contrattuali produce sull’applicabilità della normativa a protezione del consumatore.
A titolo di comparazione sarà successivamente approfondita l’esperienza maturata nell’ordinamento francese e nell’ordinamento inglese.
Il caso della Francia è particolarmente rilevante. La scelta operata dal legislatore francese (Loi Xxxxxxxxx del 1978) è stata fin da subito quella di affidare all’apparato amministrativo il sistema di controllo dei contratti dei consumatori, attribuendo alla Commissione ministeriale di controllo delle clausole abusive (Commission des Clauses Abusives) un ruolo predominante nella lotta alle spregiudicate prassi della contrattazione standardizzata .
Altrettanto rilevante è l’esperienza del Regno Unito, in cui dal 1999 (Unfair Terms in Consumer Contracts Regulations 1999) l’Office of Fair Trading è investito di poteri di controllo dei contratti dei consumatori, l’esercizio dei quali ha condotto a risultati molto positivi nella politica di lotta contro le clausole abusive promossa dall’ordinamento inglese.
Nella parte conclusiva del presente lavoro si intende dare alle funzioni di controllo sui contratti standard esercitate dalle Camere di Commercio italiane e da altri organismi amministrativi, come la Commission des Clauses Abusives e l’Office of Fair Trading, una collocazione sistematica nel più vasto panorama della regolazione giuridica del mercato.
Per tale ragione, si procederà a partire dalla descrizione del concetto di regolazione, alla quale farà seguito l’analisi storica ed attuale del rapporto tra pubblici poteri ed economia.
Si ritiene, invero, che l’analisi dell’evoluzione del rapporto tra autorità pubbliche e mercato possa aiuterà a comprendere in modo più approfondito il ruolo che oggi ricoprono gli organismi di controllo sopra richiamati, al fine di poter addivenire all’inquadramento sistematico dei loro compiti all’interno del nostro ordinamento; nonché, secondariamente, al fine di individuare la natura degli atti emanati all’esito dell’esercizio di tali funzioni.
In chiusura, si andrà a verificare se, a fronte dell’intervento amministrativo preventivo delle Camere di Commercio sui contratti dei consumatori, la fisionomia assunta dal sistema di controllo dei contratti standard vigente
all’interno del nostro ordinamento possa dirsi almeno in parte mutata, ovvero se il modello di controllo giudiziale successivo dei contratti dei consumatori possa dirsi superato, in favore di un sistema che vede rimedi civilistici e regolazione amministrativa dei contratti dei consumatori in posizione paritaria nella lotta contro l’inserzione di clausole abusive nei contratti dei consumatori.
CAPITOLO PRIMO
INTRODUZIONE ALLE TECNICHE DI CONTROLLO AMMINISTRATIVO DEI CONTRATTI STANDARD
SOMMARIO: 1. Genesi e diffusione del fenomeno della contrattazione standardizzata. - 2. Disciplina codicistica delle condizioni generali di contratto: ratio e limiti. La dimensione collettiva del fenomeno. - 3. I controlli amministrativi delle condizioni generali di contratto nel settore assicurativo. - 4. Uno sguardo alle esperienze straniere. - 5. Il dibattito europeo. –
6. Tecniche di controllo amministrativo dei contratti standard: il ruolo delle Camere di Commercio. - 7. Controlli amministrativi dei contratti standard e poteri di controllo pubblico dell’esercizio dell’iniziativa economica privata.
1. Genesi e diffusione del fenomeno della contrattazione standardizzata
Genesi e diffusione del fenomeno della contrattazione standardizzata sono ricondotte alle profonde trasformazioni che le economie occidentali hanno conosciuto nel corso del XIX secolo1.
La rivoluzione industriale, esplosa in Inghilterra tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento, fu la causa di avvenimenti quali la scoperta di nuove fonti di energia, il progresso delle tecniche produttive, la diversa organizzazione del lavoro all’interno delle imprese, l’accresciuta dimensione di queste e dei capitali in esse impiegati; fattori, questi, che avrebbero determinato il nascere e
1 X. XXXXX, Contratti Standard. Autonomia e controlli nella disciplina delle attività negoziali di impresa, Milano, 1975, 11; M. BIANCA, voce Condizioni generali di contratto, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1988, 7; X. XXXXXXXX, Condizioni generali di contratto, in Noviss. dig. it., Torino, 1960, 1110. Secondo alcuni autori, nel settore dell’industria il fenomeno della contrattazione standardizzata si sarebbe manifestato con sensibile ritardo rispetto agli altri campi dell’economia. Infatti, afferma la dottrina, i primi formulari apparvero nell’arte notarile italiana addirittura nel basso medioevo. Per tutti cfr. X. XXXXXXXX, Le condizioni generali di contratto, Padova, 1954,4.
l’affermarsi di metodi di conclusione di affari fondati sull’impiego uniforme di schemi negoziali unilateralmente predisposti.
L’avvento della contrattazione standardizzata si collega in modo diretto all’avvento delle tecniche di produzione e distribuzione di massa.
L’omogeneità dei beni e dei servizi prodotti, le grandi cifre della distribuzione, l’esigenza di rapido svolgimento della contrattazione e di risparmio nelle spese di negoziazione inducono le imprese ad una precisa scelta in ordine alla strategia negoziale più soddisfacente: quella di formulare un contenuto contrattuale tipico da far valere nei confronti di tutti i futuri contraenti2.
Dal punto di vista dell’impresa l’uso di condizioni uniformi offre vantaggi non trascurabili.
In primo luogo semplifica ed accelera in modo radicale il procedimento di conclusione degli affari attraverso il conseguente risparmio di tempo, mezzi e attività, riducendo, dunque, i costi di negoziazione.
Inoltre, assicura alla strategia contrattuale dell’impresa un coordinamento a livello centrale dell’operato di rappresentanti, agenti, commessi che altrimenti lascerebbe il posto a standard di negoziazione pericolosamente disaggregati.
I benefici conseguenti all’uso di condizioni uniformi si manifestano in modo altrettanto netto nella fase di esecuzione del contratto.
Ai fini della corretta e razionale amministrazione dei rapporti contrattuali occorre, infatti, a mano a mano che essi si svolgono, un’attività di monitoraggio diretta ad accertare da un lato, che le obbligazioni assunte dall’impresa siano adempiute in modo ordinato e tempestivo e dall’altro, che la stessa puntualità nell’adempimento delle obbligazioni venga osservata dalla massa degli acquirenti ed utenti che abbiano trattato con l’impresa3.
La dottrina giuridica prende coscienza del fenomeno dei contratti standard con sensibile ritardo rispetto ai tempi del suo reale accadere. Secondo la testimonianza di alcuni autori, infatti, l’argomento diviene oggetto della riflessione dei giuristi solo agli inizi del 19004.
2 X. XXXXX, Contratti Standard. Autonomia e controlli nella disciplina delle attività negoziali di impresa, cit., 4; X. XXXXXXXX, Le condizioni generali di contratto, cit., 4.
3 Secondo la dottrina l’assoggettamento di tutti i rapporti omogenei a disciplina uniforme agevolerebbe grandemente l’impresa nell’attività di monitoraggio dell’esecuzione del singolo rapporto contrattuale. Così X. XXXXX, Contratti Standard, cit., 30.
4 X. XXXXX, Contratti Standard, cit., 16.
E’ opinione diffusa che il primo giurista ad occuparsi in modo compiuto della materia sia stato il xxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxx, il quale già agli inizi del 1900, dava conto nei propri scritti dell’esistenza di “sedicenti contratti che del contratto non hanno altro che il nome …, nei quali vi è predominanza esclusiva di una sola volontà che opera come volontà unilaterale e detta la sua legge non già ad un individuo, ma ad una collettività indeterminata”, andando a coniare per essi un termine - contrat d’adhésion – destinato a singolare fortuna5.
La civilistica francese dei primi decenni del secolo si arricchisce, dunque, di una serie di contributi che, nel loro complesso, testimoniano in modo inequivocabile l’interesse che il tema del “contrat d’adhésion” aveva immediatamente suscitato tra i giuristi d’oltralpe.
Quanto alla letteratura italiana, non si rinvengono contributi significativi in materia fino alla codificazione del 1942 quando, la specifica previsione di disposizioni in materia di condizioni generali di contratto da parte del codice civile italiano, per quanto limitata, ha finalmente suscitato l’attenzione della dottrina per il fenomeno.
Di fronte all’introduzione degli artt. 1341, 1342 e 1370 cc., all’antico atteggiamento di sostanziale disinteresse per la materia, si sostituisce, infatti, una vivace letteratura intesa a dare alle nuove disposizioni un’interpretazione coerente con l’ordine sistematico esistente in materia contrattuale.
2. Disciplina codicistica delle condizioni generali di contratto: ratio e limiti. La dimensione collettiva del fenomeno
Il primo problema affrontato dalla disciplina codicistica è quello dell’efficacia delle condizioni generali di contratto nei confronti dell’aderente6.
In base al dettato normativo, affinchè le clausole uniformi siano efficaci, e perciò vincolanti nei confronti del soggetto non predisponente, è necessario che questi le abbia conosciute o ignorate colpevolmente al momento della conclusione del contratto.
Ai sensi dell’art. 1341, comma 1, infatti: “Le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti
5 X. XXXXXXXXX, De la déclaration de volonté. Contribution à l’étude de l’acte juridique dans le code civil allemand, Parigi, 1901, 229.
6 X. XXXXXX, voce Condizioni generali di contratto, in Enc. Giur. Treccani, cit., 7.
dell’altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza”.
Il legislatore del 1942 subordina l’efficacia vincolante delle condizioni generali di contratto alla mera conoscibilità delle stesse in base all’ordinaria diligenza, lasciando alla dottrina l’arduo compito di spiegare come il contraente non predisponente possa restare vincolato sul piano contrattuale sol perché avrebbe potuto conoscere le clausole unilateralmente predisposte dall’altra parte7.
Altro problema affrontato dalla disciplina dettata dal codice civile è quello legato all’esigenza di tutelare il soggetto non predisponente contro l’imposizione di clausole vessatorie, ovvero, contro il pericolo che l’aderente, accettando in blocco le condizioni generali predisposte dall’altra parte, non si renda conto della portata e del significato delle clausole più gravose8.
A questa esigenza l’art. 1341, comma 2, ha risposto richiedendo un particolare requisito di forma a cui subordinare l’efficacia di talune clausole, quelle più svantaggiose per l’aderente, c.d. vessatorie, prevedendo cioè la loro specifica approvazione per iscritto.
A norma del secondo comma dell’art. 1341, infatti: “…non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l'esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria”.
Contrariamente all’idea che la disciplina sia nata al fine di garantire tutela del contraente più debole, secondo alcuni autori la ratio della disposizione andrebbe individuata nell’esigenza di garantire la contrattualità effettiva delle singole clausole onerose inserite nelle condizioni generali9.
7 In relazione a tale problema la dottrina ha elaborato due teorie: la teoria normativa e la teoria negoziale. Sul punto cfr. Cfr. C.M. XXXXXXX, Contratti di massa e controlli nel diritto privato, Napoli, 1975, 20; X. XXXXXXXX, Condizioni generali di contratto, in Noviss. dig. it., cit., 1960, 1110.
8 X. XXXXXX, voce Condizioni generali di contratto, cit., 2.
9 X. XXXXXXXXXXXX, Dei contratti in generale, Bologna, 1970, 274.
Il legislatore, afferma tale indirizzo, avrebbe previsto un onere formale consistente nell’approvazione scritta delle clausole vessatorie, volendo per tale via recuperare il momento della negozialità attraverso l’apposizione di un’accettazione specifica delle clausole suddette10.
La dottrina denunciò ben presto i limiti sottesi a siffatto meccanismo.
E’ opinione largamente condivisa, infatti, che il requisito formale della specifica approvazione per iscritto non costituisse un’adeguata tutela per l’aderente il quale, pur se messo in guardia contro la sorpresa sull’esistenza delle stesse, non godeva in concreto di nessuna protezione sostanziale, rimanendone vincolato in ragione della mera sottoscrizione.
L’assolvimento di un onere formale, si dice, se anche può valere a richiamare l’attenzione dell’aderente sulle clausole più gravose del contratto, non vale a salvaguardare tale soggetto contro l’abusiva utilizzazione di clausole vessatorie a suo carico11.
Inoltre, il carattere tassativo dell’elenco di clausole abusive previsto dal secondo comma dell’art. 1341 c.c. non era in grado di coprire la molteplicità di disposizioni contrattuali ingiustificatamente gravose per l’aderente diffuse nella prassi commerciale.
Una diversa critica, più strettamente connessa a profili di politica del diritto è quella che, a partire dagli anni Settanta, mette in luce i limiti del sistema codicistico di controllo giudiziale successivo dei contratti standard, in relazione all’esigenza di contrastare le spregiudicate prassi di contrattazione standardizzata da parte delle imprese.
Il problema delle condizioni generali di contratto non si esaurisce, infatti, nella pura e semplice questione di tutela del contraente debole, in cui il controllo delle condizioni generali si pone come controllo sull’atto.
Il carattere di “massa” del regolamento contrattuale iniquo ha come naturale conseguenza il fatto che, il contenuto negoziale abusivo sia destinato a ripetersi in una serie indefinita di contratti e a danno di una quantità altrettanto indefinita di soggetti12.
10 A tal proposito il giudice di legittimità ha parlato dell’esigenza di un positivo atto di volontà che si deve estrinsecare nel rispetto rigoroso dell’onere di forma vedi Cass. 3407/86.
11 X. XXXXXX, voce Condizioni generali di contratto,cit., 2.
12 X. XXXXX, Contratti Standard, cit., 103.
Alla dimensione individuale del fenomeno della contrattazione uniforme, corrispondente al singolo rapporto instaurato tra l’impresa e l’aderente, si accompagnerebbe, infatti, una dimensione più ampia, c.d. “collettiva” e “generale” del fenomeno13, in relazione alla quale il sistema giudiziale successivo di controllo delle clausole abusive si dimostrerebbe del tutto inadeguato in quanto strettamente legato al caso concreto e perciò fautore di una tutela episodica e dai ristretti confini14.
La sentenza relativa al giudizio di vessatorietà di una o più clausole standard, in quanto efficace con riferimento limitato al caso singolo, è incapace, si dice, di impedire che l’impresa predisponente, sanzionata nel caso particolare, perseveri per il futuro nell’utilizzo della stessa clausola, confidando magari nell’ignoranza di tale pronuncia da parte degli altri aderenti o di una diversa decisione da parte di altri organi giudicanti15.
Si manifesta perciò l’esigenza di contrastare l’illegittima inserzione di clausole vessatorie nei modelli contrattuali uniformi attraverso l’elaborazione di meccanismi di controllo preventivo e diffuso delle condizioni generali di contratto, diretti ad incidere sull’attività di predisposizione del modello contrattuale e perciò a favorire la circolazione nel mercato di contratti equi e trasparenti.
In questa diversa accezione il controllo delle condizioni generali di contratto viene in rilievo come un controllo sull’attività di predisposizione unilaterale dell’impresa, nella misura in cui non si limita ad investire comportamenti negoziali isolati, ma incide sul complesso di clausole contrattuali predisposte dall’operatore di mercato.
A fronte di ciò, verso la metà degli anni Settanta, la letteratura giuridica ha manifestato l’esigenza di un intervento normativo diretto ad introdurre accanto al tradizionale modello del controllo giudiziale successivo, forme di controllo di tipo preventivo e diffuso, affidate ad organi afferenti all’apparato statuale e
13 X. XXXXX, Contratti standard, cit.,82.
00 X. XXXXX, Condizioni generali del contratto e predisposizione normativa, Napoli, 1983, 110.
15 X. XXXX, X. XXXXXXX, I contratti standard nel diritto interno e comunitario, Torino, 1997, 7. Continua tale dottrina: “Poiché la posizione dominante delle imprese della produzione e della grande distribuzione è un dato strutturale e connaturato al modo di essere delle moderne economie a sistema capitalistico, tutela delle controparti deboli non può significare episodico controllo a posteriori delle loro condizioni generali di contratto, occorrendo una strategia di controlli a carattere preventivo ed organico quanto lo sono le strategie dell'imprenditorialità”. Cfr. X. XXXXX, Condizioni generali del contratto e predisposizione normativa, cit., 130.
destinate ad incidere sull'attività di predisposizione dello schema contrattuale da parte dell'xxxxxxx00.
Peraltro, nel nostro ordinamento, le tecniche di controllo pubblico della contrattazione standardizzata trovavano già da tempo applicazione nel settore assicurativo; inoltre, la dottrina italiana dell’epoca ha potuto confrontarsi con l’esperienza maturata in altri ordinamenti, in particolare quello israeliano e quello svedese, che rappresentano i più risalenti sistemi di controllo amministrativo delle condizioni generali di contratto.
3. I controlli amministrativi delle condizioni generali di contratto nel settore assicurativo
Fin dal suo nascere la materia assicurativa si è caratterizzata per l'applicazione di un duplice ordine di regole: alle regole privatistiche, proprie dell'attività commerciale si sono affiancate regole pubblicistiche, dirette all'attuazione di un vero e proprio controllo volto ad assicurare il corretta funzionamento dell'attività assicurativa17.
Il ricorso alla contrattazione standardizzata nel settore in oggetto, oltre che giustificarsi sulla base della comunemente diffusa esigenza di speditezza nella negoziazione d'impresa, si è imposto quale imprescindibile condizione per il corretto funzionamento di un settore in cui la disciplina uniforme di rapporti negoziali ha trovato ragione anche nell'esigenza di compensare e neutralizzare i vari oneri economici tra tutti coloro che vi sono esposti18.
Non meno di altri, il settore assicurativo si è prestato a prassi di diffusa sopraffazione degli aderenti in posizione di debolezza rispetto al potere economico e normativo dell'impresa.
Tuttavia la particolare rilevanza degli interessi in gioco ha fatto sì che già a partire dagli anni '50 venissero introdotti in tale settore meccanismi di controllo
16 In altri ordinamenti, come quello francese, la scelta operata dal legislatore è stata fin da subito quella di appoggiare all’apparato amministrativo il sistema di controllo dei contratti dei consumatori, attribuendo alla Commissione ministeriale di controllo delle clausole abusive un ruolo centrale e predominante rispetto a quello riservato dalla stessa legge all’autorità giudiziaria. Cfr. X. XXXXXXXX, Le pouvoir de recommandations de la Commission des clauses abusives, in Petites affiches, Parigi, 2006; X. XXXXXXXX, X. XXXX, S. ROBINNE,
X. XXXXXXX-XXXXXX, in Droit de la consommation, Tout le Droit, Parigi, 2008.
17 X. XXXXXXXXX, Clausole vessatorie e contratti d'impresa, Padova, 1997, 100 ss.
18 X. XXXXXXXXX, Clausole vessatorie e contratti d'impresa, cit., 100 ss.
amministrativo-preventivo di natura autoritativa delle condizioni generali di contratto19.
Il riferimento va agli artt. 21 e 22 del T.U. delle assicurazioni private, approvato con d.p.r. 13 febbraio 1953, n. 449, norme che introdussero con riferimento ai contratti di assicurazione sulla vita, l'obbligo per le imprese di sottoporre tariffe e condizioni di polizza alla preventiva approvazione del Ministero per l’Industria e il Commercio, e di non discostarsi poi nelle future contrattazioni dalle clausole così approvate.
Un’analoga previsione veniva introdotta nel dicembre del 1969 al di fuori del ramo vita, con riferimento ai contratti di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli a motore, in virtù della quale le condizioni generali dovevano essere approvate con decreto del Ministero per l’Industria e il Commercio, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
Dopo circa un trentennio, con l'entrata in vigore dell'art. 38 del d. lgs. 13 marzo 1995 - di recepimento della Direttiva 96/92/CEE di coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti l’assicurazione diretta sulla vita - il sistema dei controlli amministrativi delle condizioni generali di polizza ha subito una massiccia rivisitazione.
Mediante il suddetto provvedimento legislativo, che ha abrogato la previgente disciplina in materia di controlli, sono stati affidati all’ISVAP (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private e di Interesse collettivo) compiti di controllo delle condizioni generali di contratto e delle modalità di negoziazione delle imprese assicurative molto meno incisivi di quelli previgenti20.
Siffatta disposizione prevede infatti l’obbligo in capo alle imprese assicurative di comunicare, a richiesta dell’ISVAP, le condizioni di polizza, i documenti, i formulari e gli stampati da esse utilizzati nelle relazioni con i contraenti, affinché la stessa autorità possa procedere ad un controllo il cui esito
19 Sul punto X. XXXX, Il controllo amministrativo delle clausole abusive, in Economia e diritto del terziario, 1995, 897.
20 Così X. XXXXX, La tutela del consumatore nel contratto di assicurazione danni, Milano, 2004, 73. Secondo l’autore la liberalizzazione del mercato assicurativo, attraverso l'eliminazione del potere autoritativo di controllo degli organismi pubblici relativamente al sindacato preventivo di clausole e tariffe, ha comportato una vera e propria deregulation che si è tradotta nel depotenziato dei meccanismi di controllo amministrativo preventivo delle condizioni generali assicurative.
negativo però, non potrà che tradursi in un invito rivolto all'impresa a desistere dall'utilizzare le clausole ritenute dall’istituto contrarie alla normativa di settore. E' venuto meno, così, il potere originariamente riconosciuto al Ministero controllante di incidere autoritativamente sul contenuto del testo contrattuale, estrinsecandosi, oggi, ogni l'intervento dell'autorità di vigilanza, nella mera adozione di provvedimenti indicativi volti ad invitare l'impresa a desistere dall'utilizzare le clausole ritenute più gravose per l'aderente; nonché limitandosi gli stessi controlli ai soli testi negoziali che l'impresa abbia sottoposto a
controllo su invito dell'organo di vigilanza.
4. Uno sguardo alle esperienze straniere
Il sistema dei controlli amministrativi delle condizioni generali di contratto viene per la prima volta introdotto dalla legge israeliana del 1964, successivamente integrata dagli emendamenti del 196921.
Detta legge prefigura un meccanismo di controllo sulla contrattazione standardizzata affidato ad una speciale commissione amministrativa istituita nel 1959, preposta alla repressione delle pratiche anticoncorrenziali, composta da tre membri, dei quali il Presidente nominato dal Ministero di Giustizia.
Il giudizio della commissione è inteso a valutare se le clausole soggette a controllo siano ingiustificatamente vantaggiose per l'imprenditore e nel contempo tali da comportare un danno agli aderenti.
L'art. 2 della legge israeliana del 1964 prevede, infatti, che l'imprenditore predisponente possa sottoporre le proprie condizioni generali all'esame della commissione, affinchè questa ne valuti eventuali profili di pregiudizialità alla luce dei c.d. restrictive terms – clausole restrittive - analiticamente indicate in un elenco di nove clausole particolarmente onerose contemplate all'art. 15 della stessa legge.
La legittimazione a proporre l’istanza di controllo, inizialmente riconosciuta in capo al solo predisponente, è stata successivamente estesa ad altri soggetti, tra i quali le associazioni rappresentative della clientela.
In base a tale modello, all'esito dell'esperimento di una fase di natura istruttoria, nel corso della quale la commissione dispone di tutti i poteri di un
21 In punto di controlli amministrativi nel sistema israeliano vedi X. XXXXX, Condizioni generali del contratto e predisposizione normativa, cit., 120; X. XXXXX, Contratti standard, cit., 359.
giudice distrettuale in materia civile, il procedimento sfocia nella formulazione di un giudizio alternativamente di approvazione o riprovazione della clausola.
In caso di esito positivo del giudizio la clausola approvata acquista uno status di “insindacabilità diffusa” rimanendo sottratta per un periodo di tempo non superiore a cinque anni, sia dal sindacato giudiziale che da quello amministrativo22.
Questo effetto di immunità delle clausole rispetto ad ogni successivo controllo giudiziale o amministrativo è rigidamente subordinato all'adempimento da parte dell'imprenditore predisponente dell'onere di menzionare la conseguita approvazione in ogni contratto che stipuli con ciascuno degli aderenti all'interno del quale la medesima sia contemplata.
Al rifiuto dell'approvazione consegue, invece, la nullità della clausola che non potrà più essere inserita nei contratti successivi e, secondo la dottrina, pur nel silenzio della legge, si considererà non apposta nei contratti stipulati in precedenza.
E' interessante notare come, nell’esperienza israeliana sia la stessa legge a tracciare i criteri di raccordo tra la nuova forma di controllo di natura amministrativa e il tradizionale controllo giudiziale: ad essi si può ricorrere in xxx xxxxxxxxxxx, xx xxxx xxxx xx xxx stata la dichiarazione di nullità della clausola da parte del giudice ordinario, sarà precluso ogni controllo amministrativo; allo stesso modo, qualora quest'ultimo sia stato esperito, dovrà giudicarsi inammissibile la domanda o l'eccezione che sulla stessa clausola si sia proposta al giudice ordinario23.
Altrettanto significativo, infine, il fatto che nell'esperienza israeliana la decisione della commissione amministrativa sia suscettibile di appello alla Corte Suprema, scelta che pare potersi giustificare sul presupposto del carattere autoritativo del provvedimento decisorio della commissione medesima.
Di qualche anno successivo a quello israeliano, il modello svedese delinea uno dei sistemi di controllo amministrativo delle condizioni generali di contratto dei più significativi e rilevanti tra quanti prospettati nell’esperienza di
22 X. XXXXXXXX, La legge israeliana sui contratti uniformi, in Riv. Dir. civ., 1965, 482. L’autore, sottolineando il fatto che in seguito all'approvazione la clausola diviene immune da qualsiasi attacco giudiziale anche da parte del singolo cliente, deduce la mancanza di differenze sostanziali tra i due tipi di controllo richiamati.
23 Sui controlli amministrativi nell'ordinamento svedese vedi X. XXXXXXX, Condizioni generali di contratto, in Digesto civ., Torino, 1988, 366.
altri ordinamenti; generalmente noto con il titolo inglese di “Act Prohibiting Improper Contract Terms” è stato introdotto nel 1971, e successivamente modificato con gli emendamenti del 1972 e del 1973.
La legge delinea un modello di controllo delle condizioni generali di contratto che prevede l'intervento di due differenti organi: l'uno amministrativo
– il c.d. Consumer Ombudsman - l'altro giurisdizionale – Market Court o Corte del Mercato- Tribunale speciale istituito nel 1970 a difesa dei consumatori.
Degli otto articoli di cui si compone la legge, particolare rilievo riveste l'art.1, comma 1, il quale dispone che quante volte un'impresa - offrendo beni e servizi ai consumatori per il loro uso esclusivo – inserisca nel contratto condizioni che, con riferimento alle modalità di pagamento o ad altre circostanze, risultino improprie nei confronti dei consumatori, la Corte del Mercato può, ove l'interesse pubblico lo richieda, ingiungere all'impresa di non ricorrere in futuro alle stesse clausole, o a clausole omologhe, in quanto lesive degli interessi del pubblico”.
Il tenore della suddetta disposizione è immediatamente percepibile: essa legittima la Market Court all'esercizio di un sindacato inteso a proibire all'imprenditore di utilizzare in futuro, in casi analoghi, le condizioni dalla stessa giudicate “improprie” nei confronti del consumatore.
Nell'ambito della procedura necessaria per raggiungere un siffatto risultato, un ruolo di fondamentale importanza compete ad un’altro organo individuato dalla legge, questa volta appartenente all’apparato amministrativo: il c.d. Consumer Ombudsman, il solo legittimato a sollecitare il controllo della Market Court.
L'iniziativa del Consumer Ombudsman può essere a sua volta variamente provocata da soggetti interessati, ovvero dispiegarsi in via autonoma da ogni sollecitazione esterna, per iniziativa d’ufficio.
Il più delle volte, al fine di addivenire ad una risoluzione bonaria della procedura, l’Ombudsman avvia una preventiva negoziazione con l'imprenditore predisponente coinvolto nel procedimento affinché questi riconduca ad equità il testo negoziale.
Tale fase potrà avere vario esito, di volta in volta risolvendosi nella decisione dell’organo amministrativo di troncare il procedimento a carico dell'impresa per essere, ad esempio, rimasto persuaso dagli argomenti avanzati
dall'imprenditore a giustificazione delle clausole incluse in formulario; ovvero a fronte della spontanea adesione del predisponente all'invito di modificare le proprie condizioni standard.
Nell’ipotesi in cui tale negoziato non abbia esito positivo il Consumer Ombudsman potrà emanare nei confronti del professionista un ordine di non prosecuzione dell'uso di determinate clausole, che produrrà lo stesso effetto di un'ingiunzione della Xxxxx xxx Xxxxxxx00.
Pur se rimasto inattuato, merita di essere ricordato per la sua particolarità il
c.d. “Gesetzesentwur” sull’approvazione obbligatoria delle condizioni generali di contratto, progetto tedesco del 1972 che prefigurava un complesso apparato di controlli di natura amministrativa della contrattazione standardizzata25.
Secondo quanto dallo stesso stabilito, le condizioni generali unilateralmente predisposte dall'imprenditore, per essere efficaci, necessitavano di espressa approvazione da parte del preposto ufficio federale per la tutela del consumatore, rappresentativo, per la sua composizione, di ciascuna delle parti in conflitto, nonché dell'autorità statale.
La richiesta di approvazione veniva prefigurata come un vero e proprio onere per l’impresa, le cui condizioni generali, se non ufficialmente approvate, sarebbero rimaste prive di ogni effetto e perciò non utilizzabili nel traffico giuridico.
Nonostante detto progetto sia rimasto privo di ogni seguito, nell'ordinamento tedesco non mancarono di svilupparsi meccanismi di controllo amministrativo delle condizioni generali di contratto.
Malgrado, infatti, la scelta effettuata in seno alla legge tedesca – AGB- Gesetz del 1976 – fosse stata nel senso di optare per un sistema di controlli affidato alla competenza dell'autorità giudiziale, l'ordinamento tedesco rimase tutt’altro che estraneo alla prassi dei controlli amministrativi dei contratti di massa, che trovò, invece, ampio respiro nell’ambito di applicazione della legge federale sulla tutela della concorrenza.
24 Xxxxxx esposto mette in evidenza come siffatte procedure di controllo, israeliana e svedese, non comportino la semplice dichiarazione di nullità cui tenderebbe l'applicazione dei principi di invalidità delle clausole vessatorie, bensì inibiscano all'impresa di avvalersi per il futuro di clausole dello stesso tipo di quella ritenuta impropria, andando così a produrre effetti inibitori estesi all'intera contrattazione che il predisponente andrà in futuro ad intraprendere.
25 X. XXXXX, I contratti standard, cit., 358.
Tale legge, il cui obiettivo, fra gli altri, fu quello di controllare le imprese affinchè rispettassero le regole della concorrenza anche nella formulazione dei contratti standard, prevedeva la possibilità per il predisponente di chiedere al Bundeskartellamt - organo preposto alla tutela della libera concorrenza nel mercato - la presa d'atto e l'autorizzazione di condizioni generali di contratto concordate con la controparte sul mercato26.
Ciò fece sì che sin dal 1973 si sviluppasse la prassi, da parte delle imprese tedesche, di concertare le proprie condizioni generali di contratto con le associazioni rappresentative dei consumatori, e perciò di regolare i propri testi contrattuali in forma collettiva, negoziandoli con le controparti in uno spirito di collaborazione, per poi sottoporle al vaglio del Bundeskartellamt.
Da ultimo un breve cenno alla legge francese del 1978: la c.d. Loi Xxxxxxxxx che organizza in forma amministrativa gli strumenti di protezione del consumatore27.
La legge stabilisce che, nei contratti conclusi tra un professionista e un consumatore possono essere vietate con decreti del Consiglio di Stato – organo dell'apparato amministrativo, investito di poteri consultivi e giurisdizionali - le clausole che appaiono imposte ai non professionisti in forza di un abuso di potere economico dell'altra parte.
Detti decreti sono emessi sulla base di pareri prestati da un'apposita Commissione amministrativa, composta da quindici membri tra i quali rappresentanti dei professionisti e dei consumatori, dei magistrati dei giuristi e dei funzionari dello stato, investita di poteri di controllo preventivo sui modelli contrattuali proposti dai professionisti ai consumatori.
Priva del potere di adottare decisioni vincolanti, la commissione può semplicemente emettere raccomandazioni di soppressione e modificazione delle clausole che appaiono abusive.
5. Il dibattito europeo
Considerato fenomeno necessario e non eliminabile nelle economie contemporanee, l'impiego di moduli e formulari mediante i quali l'impresa esercita il proprio potere normativo non poteva sfuggire all’attenzione degli
26 X. XXXXXXX, Condizioni generali di contratto, in Digesto civ., cit., 361 ss.
27 Sull’argomento cfr. capitolo II, parte II, sezione II.
organi comunitari, da subito impegnati nell'elaborazione di progetti rivolti a definire forme di controllo della contrattazione standardizzata da istituirsi nell’ambito dei singoli stati membri28.
Infatti, mentre la dottrina italiana è impegnata a sottolineare le inefficienze del sistema di lotta contro le clausole abusive e l’ordinamento francese sta iniziando a prendere confidenza con la legge Xxxxxxxxx del 1978, le istituzioni europee avviano un importante dibattito intorno all’individuazione delle migliori tecniche di controllo dei contratti dei consumatori.
All’esito della ricognizione delle più rilevanti esperienze relative alle singole realtà nazionali, l’operatore comunitario si è astenuto dal manifestare una maggiore propensione per taluna delle forme di controllo esistenti, ritenendo ugualmente meritevoli di considerazione sia il modello di controllo giudiziale, sia quello di controllo amministrativo, nonché rilevando vantaggi e carenze insisti in ciascuno di tali sistemi.
E' agevole intendere, infatti, come ogni forma di controllo, non solo in astratto, ma anche nella sua effettiva operatività, lasciasse trasparire nei diversi ordinamenti aspetti positivi ed aspetti negativi.
Da un lato veniva considerato il controllo giudiziale, più diffuso nella prassi di tutti gli ordinamenti, ritenuto però dai più non sufficiente a tutelare il consumatore, in quanto soggetto a domanda di parte e limitato al caso particolare.
Dall’altro veniva richiamato il controllo amministrativo che, se pur generalizzato e operante ex se, veniva giudicato troppo rigido in quanto costretto ad essere attuato in modo uniforme e in base ad una valutazione astratta, ovvero senza la possibilità valutare le circostanze concrete delle diverse fattispecie29.
Il legislatore comunitario dimostra, invece, una forte propensione per modelli integrativi di controllo, in quanto ritenuti per loro natura capaci di operare con molteplici strumenti: sia con funzione preventiva, che nella fase
28Il riferimento va alla Comunicazione della Commissione Europea al Consiglio del 14 febbraio 1984 sulle clausole abusive nei contratti conclusi con i consumatori; al parere del Comitato consultivo dei consumatori sul libro verde della Commissione del 24 settembre 1986; al progetto elaborato dal Consiglio d'Europa nel 1976; ai progetti elaborati in materia di clausole abusive dalla Commissione CEE, il primo nel 1976, l'altro del 1981.
29 X. XXXX, X. XXXXXXX, I contratti standard nel diritto interno e comunitario, cit., 148; G. ALPA, Il controllo amministrativo delle clausole abusive, in Economia e diritto del terziario, cit., 897.
successiva alla diffusione dei formulari nel mercato; tanto a livello giudiziale, quanto con interventi autoritativi, ovvero intesi a impartire direttive, consigli e ad instaurare vere e proprie negoziazioni delle clausole con il predisponente.
In tal senso, il primo progetto elaborato negli anni Settanta dalla Commissione Europea – trattasi di un documento di lavoro non ufficiale realizzato con l'obiettivo di sottoporre ai rappresentanti degli stati membri un possibile sistema di controlli frutto dell'incontro delle più rilevanti esperienze nazionali30 – prospettava un modello non alternativo, bensì integrativo, prefigurando, accanto al controllo giudiziale successivo - espresso dalla declaratoria giudiziale di nullità della clausola ritenuta lesiva degli interessi dei consumatori – un controllo di natura amministrativa, esercitato da competenti autorità assegnatarie del compito di sorvegliare l'impiego e la circolazione di moduli e formulari contenenti clausole lesive degli interessi dei consumatori.
Tra le attribuzioni di questo organismo - designato nel progetto con il nome di agenzia amministrativa - sono previste in primis la negoziazione diretta con le imprese o con le associazioni industriali del contenuto dei formulari e del loro uso; l'unilaterale redazione di modelli tipo di contratti standard; la richiesta rivolta alle imprese di non far impiego di certi tipi di moduli o formulari; l'iniziativa processuale intesa ad irrogare sanzioni contro le imprese che non abbiano accolto la richiesta loro rivolta, continuando a far uso di clausole contrarie agli interessi dei consumatori; ed ancora, la legittimazione ad agire dinanzi all'autorità giudiziaria contro le imprese utilizzatrici di clausole illegittime per la declaratoria della loro nullità.
Tale progetto delineava una interessante combinazione di modelli di controllo di tipo amministrativo-negoziale e di tipo amministrativo- autoritativo31.
Sotto il primo profilo “amministrativo negoziale” esso prospetta, invero, un meccanismo che consente di operare con immediatezza ed efficacia un controllo diretto sull'attività negoziale dell'impresa, non isolato a singoli atti o formulari, bensì esteso invariabilmente a tutte le operazioni negoziali concluse nel settore in cui la stessa agisce.
30Con riferimento al progetto della Commissione richiamato nel testo vedi ENV./381/76-X. Xxxx., 1976.
31 Così X. XXXX, X. XXXXXXX, I contratti standard nel diritto interno e comunitario, cit., 145.
Allo stesso si riconducono: l'attività di negoziazione delle clausole contrattuali con le imprese e con le associazioni industriali; la predisposizione di modelli tipo di contratti da parte dell'organismo controllante cui volontariamente le imprese posso uniformare i propri strumenti negoziali; ed infine, la possibilità di impartire consigli e suggerimenti alle imprese attraverso l'esercizio di poteri direzionali32.
Sotto il profilo amministrativo autoritativo, il progetto riconosce, invece, in capo all'agenzia amministrativa il potere di agire ex officio ai fini della declaratoria di nullità delle clausole inique, nonché la facoltà di iniziativa processuale intesa all'irrogazione di una sanzioni nei confronti dell'impresa che non abbiano accolto la richiesta rivoltale, continuando a far uso di clausole contrarie agli interessi dei consumatori.
Malgrado tale progetto sia rimasto inattuato, il sistema dallo stesso delineato è molto vicino, se non addirittura corrispondente a quello introdotto nel nostro ordinamento attraverso l’attribuzione delle funzioni di controllo dei contratti dei consumatori assegnate alle Camere di Commercio dalla legge di riforma dell’ordinamento camerale n. 580 del 1993, che in seguito si avrà modo di analizzare più approfonditamente.
All'esito di tante riflessioni rivolte all'individuazione del migliore sistema di controllo delle condizioni generali di contratto, il legislatore comunitario, forse per il timore di introdurre regole uniformi che potessero arrestare il processo evolutivo in atto nei singoli ordinamenti, rimette al legislatore nazionale l'individuazione dei mezzi di tutela ritenuti più idonei ed efficaci per far cessare l'inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e consumatori.
Tali mezzi, ha affermato il legislatore comunitario all’art. 7 della direttiva 93/13: “…comprendono disposizioni che permettono a persone e organizzazioni, che a norma del diritto nazionale abbiano un interesse legittimo a tutelare i consumatori, di adire, a seconda del diritto nazionale, le autorità giudiziarie o gli organi amministrativi competenti affinché stabiliscano se le clausole contrattuali, redatte per un impiego generalizzato, abbiano
32 Anziché istituire forme rigide di controllo necessario da esperirsi prima della utilizzazione dei formulari nel mercato, con il rischio di paralizzare l'attività dell'organismo, e di dilazionarne a termine incerto la diffusione nel mercato, il progetto configura un controllo preventivo elastico ed articolato, attraverso la contrattazione condotta con le imprese interessate di singole clausole o di singoli modelli negoziali esperibile in qualsiasi momento.
carattere abusivo ed affinché tali organi applichino mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l'inserzione di siffatte clausole...”
Formulata in termini ampi, la disposizione allude a tecniche di controllo della negoziazione mediante moduli e formulari diverse dal controllo giudiziale successivo che si conclude con una sentenza relativa al giudizio di abusività di una o più clausole di un contratto sottoscritto dal consumatore che abbia proposto l'azione in giudizio nei confronti del professionista33.
Emerge, dunque, la chiara consapevolezza da parte del legislatore comunitario della duplice dimensione problematica sottesa al fenomeno della contrattazione standardizzata.
Da un lato, la dimensione particolare del fenomeno, che attiene al rapporto individuale tra consumatore e professionista ed è legata all’esigenza di protezione del contraente debole, sulla quale il legislatore comunitario interviene attraverso l’introduzione di una tutela di tipo sostanziale (art. 33 ss. Cod. Cons.); dall’altro, la dimensione collettiva del fenomeno, che attiene alla necessità di individuare meccanismi di controllo sull’attività di predisposizione del testo contrattuale che siano tali da contrastare la diffusione nel mercato di contratti abusivi, potenzialmente lesivi degli interessi dei consumatori34.
Sotto questo profilo il legislatore europeo sollecita gli stati membri all’attivazione di forme di controllo pubblico dei contratti di massa.
6. Tecniche di controllo amministrativo dei contratti standard: il ruolo delle Camere di Commercio
Nel nostro ordinamento lo sforzo di dare attuazione al modello dei controlli amministrativi dei contratti dei consumatori trova finalmente compimento nella legge n. 580 del 1993 di Riordino delle Camere di Commercio, oggi d. lgs 15 febbraio 2010 n. 23, che conferisce agli enti camerali un insieme di funzioni del tutto nuove rispetto ai tradizionali compiti di sostegno del sistema imprenditoriale.
L’art. 2, comma 2, del d. lgs. 23/2010 prevede, infatti, che gli enti camerali, singolarmente e in forma associata, possono promuovere forme di controllo sulla presenza di clausole inique inserite nei contratti standard; predisporre e
33 Sul punto X. XXXX, Il controllo amministrativo delle clausole abusive, cit., 1995, 897.
34 X. XXXX, X. XXXXXXX, I contratti standard nel diritto interno e comunitario, cit., 131 ss.
promuovere contratti tipo tra imprese, loro associazioni e associazioni rappresentative degli interessi dei consumatori e degli utenti35.
Alcuni autori sollevarono il dubbio che attraverso siffatto provvedimento legislativo avesse trovato attuazione indiretta l'art. 7 della Direttiva in materia di clausole abusive nei contratti dei consumatori in punto di attuazione di mezzi di controllo di natura amministrativa dei contratti standard36.
Altri autori, al contrario, pur auspicando l’introduzione di tali tecniche di controllo, non tennero affatto conto dell’importanza centrale della legge di riordino delle Camere di Commercio in ordina all’attivazione di meccanismi di controllo amministrativo dei contratti dei consumatori37.
In virtù del suddetto provvedimento legislativo, dagli anni '90 ad oggi, la quasi totalità degli enti camerali distribuiti sul territorio nazionale ha adottato al proprio interno un regolamento diretto a disciplinare l'esercizio dei poteri di controllo amministrativo dei contratti dei consumatori.
Xxxxxxxx controllo ha trovato attuazione attraverso l'istituzione di un’apposita Commissione che, su istanze dei consumatori, o per iniziativa d'ufficio, instaura un procedimento nel corso del quale, in contraddittorio con l'impresa predisponente - riscontrato il carattere abusivo della clausola sottoposta a controllo - sollecita la stessa alla riformulazione del testo negoziale secondo proprio suggerimento.
Il conformarsi dell'impresa alla richiesta della Commissione determina l'archiviazione del procedimento, l'inottemperanza ingenera, invece, in capo all'organo camerale il potere di agire giudizialmente contro l'impresa predisponente attraverso l'esercizio dell'azione inibitoria (art. 37 Cod. Cons.).
L'art. 2 della medesima legge attribuisce, altresì, alle Camere di Commercio il potere di predisporre e promuovere contratti tipo.
35 Essa ha fatto seguito ad una molteplicità di progetti e proposte rimasti fino ad allora inattuati. In un primo momento si propose di istituire presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un'apposita commissione di controllo, rappresentativa di tutti i soggetti interessati, con il compito di raccomandare la soppressione e la modifica delle clausole a suo giudizio vessatorie. Il progetto, che appare chiaramente ispirato alla legge Xxxxxxxxx del 1978, non ebbe però fortuna.
36 Tale opinione si giustifica, afferma la dottrina, a fronte dell'anteriorità della succitata legge rispetto al momento di recepimento della direttiva; così E. V. NAPOLI, Legittimazione delle Camere di commercio all'azione inibitoria dell'uso delle condizioni generali di contratto, in Le nuove leggi civili commentate, 1997, 1278 ss.
37 X. XXXXXXX, Autorità Indipendenti, regolazione del mercato e controllo di vessatorietà delle condizioni contrattuali, in Riv. dir. priv., II, 2003, 295; X. XXXXXXX, Contratto, legge e regolazione, in Autonomia privata e Autorità Indipendenti a cura di X. Xxxxx, Bologna, 2006, 65ss.
In attuazione di tale disposizione, a partire del 2007, presso l'Unioncamere Italiana è stato avviato un progetto nazionale di predisposizione di contratti tipo redatti da esperti dei diversi settori di mercato – in concertazione con le associazioni di categoria, esponenti del Ministero per lo sviluppo economico e rappresentanti dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - allo scopo di rendere disponibili agli operatori economici, e così immettere nel mercato, prototipi di contratto equi, liberi da clausole inique.
Infine, alcune realtà camerali hanno attribuito alla Commissione di controllo il compito di redigere pareri generali attraverso i quali esprimere eventuali profili di vessatorietà insiti nei contratti diffusi in determinati settore di mercato, allo scopo di indirizzare le imprese nell'esercizio dell'attività di predisposizione.
Alle funzioni appena richiamate si sommano altri compiti di centrale importanza di cui sono oggi investite le Camere di Commercio a norma dell’art. 2, comma 2, della d. lgs. 23/2010.
Alle Camere di Commercio spettano, infatti, importanti poteri di natura para- giurisdizionale, come quelli diretti alla costituzione di commissioni arbitrali e conciliative per la risoluzione di controversie tra imprese e consumatori.
Secondo l’opinione prevalente, la ratio delle funzioni di regolazione del mercato assegnate alle Camere di Commercio si rinviene nel ruolo ad esse conferito di garanti del corretto funzionamento del mercato38.
Invero, il nesso tra le funzioni richiamate, originariamente contemplate dall’art. 2, comma 4, della legge 580/1993, è quello di porre in essere globalmente un controllo che si esplichi in momenti e modi diversi sul rapporto contrattuale tra consumatore e impresa o tra imprese.
In particolare la predisposizione e la promozione di contratti tipo e il controllo delle clausole inique, che meglio si andranno ad approfondire, rientrano in una funzione di tutela preventiva, volta a evitare l’insorgere delle liti; invece, la costituzione di commissioni arbitrali e conciliative riguarda un
38 Così X. XXXXXX, Le Camere di Commercio quali authority fra consumo e produzione, in Le Camere di Commercio fra consumatore ed imprenditore: Atti del Convegno,Verona, 11 novembre 1995, Verona, 1996, 27 ss. L’autore sottolinea come le più belle regole, le più avanzate siano inutili in assenza di un apposito apparato amministrativo chiamato ad accompagnare e implementare la loro attuazione.
controllo a posteriori, diretto a comporre o a definire la lite già iniziata fra imprese o fra imprese e consumatore39.
La nuova normativa propone, dunque, un ente più svincolato dagli interessi di settore e al servizio sia delle imprese che dei consumatore e più in genere del mercato40.
Dagli anni Novanta si è affermato, infatti, il problema relativo all’adeguamento dell’assetto amministrativo statuale ai nuovi principi di tutela dell’equilibrio e del corretto funzionamento del mercato unico europeo, in relazione al quale si è manifestata la necessità di investire appositi organi amministrativi di specifiche funzioni di tutela del mercato, che non potevano essere svolte esaustivamente dall’ordinamento giudiziario o da altri organi dell’apparato statale.
Da qui l’attribuzione di poteri di regolazione del mercato alle Autorità Amministrative Indipendenti e ad altri organismi amministrativi dotati di diversi gradi di autonomia rispetto all’apparato statale, come le Camere di Commercio.
La legge di riordino degli enti camerali chiarisce la natura giuridica delle stesse Camere affermandone la loro qualificazione di: “…enti autonomi di diritto pubblico, che svolgono, nell’ambito della circoscrizione territoriale di competenza, funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese, curandone lo sviluppo nell’ambito delle economie locali”41.
La novità rispetto al passato sta proprio nell’inserimento dell’aggettivo “autonomo” accanto alla qualità di pubblico dell’ente camerale, qualifica che rivela la volontà del legislatore di rendere le Camere di Commercio sempre meno dipendenti da strutture sovra ordinate.
Si ritiene, infine, che un ruolo di tale importanza sia stato attribuito alle Camere di Commercio anche alla luce della capillarità delle strutture camerali sul territorio nazionale, che consente di offrire agli utenti un servizio di prossimità; nonché, in ragione della possibilità di collegamento in rete con le
39 In tal senso la dottrina dominante. Cfr. X. XXXXXX, Le Commissioni arbitrali e conciliative e le relative procedure, in Le Camere di Commercio e le innovazioni normative di cui alla l. 580/1993: Atti del Xxxxxxxx, Xxxxxx00 settembre 1995, a cura di G. F. Ferrari, Milano, 1997, 100.
40 La funzione generale delle Camere si esplica, in questo nuovo contesto, secondo la natura propria delle Camere, quella di essere organismi pubblici autonomi tanto rispetto la realtà associativa delle imprese, quanto rispetto a quella dei consumatori.
41 Art. 1 legge n. 580 del 1993 di riordino del sistema camerale.
Camere di Commercio di altri paesi, la quale potrebbe essere utilizzata al fine di individuare modalità di cooperazione sovranazionale per la composizione delle controversie intracomunitarie di xxxxxxx00.
7. Controlli amministrativi dei contratti standard e poteri di controllo pubblico dell’esercizio dell’iniziativa economica privata
Abbiamo avuto modo di rilevare come il problema delle condizioni generali di contratto si ponga oggi essenzialmente come problema del loro controllo.
Dall’analisi si attende, dunque, uno studio puntuale delle funzioni di controllo esercitate dalle Camere di Commercio.
Tuttavia, è opportuno procedere preliminarmente ad alcuni rilievi suggeriti dall’esigenza di cogliere il significato che la formula “controlli amministrativi” assume con riferimento alle specifiche funzioni di controllo dei contratti dei consumatori esercitate dalle Camere di Commercio.
E’ indispensabile, infatti, individuare la corretta collocazione sistematica dei controlli amministrativi dei contratti standard all’interno degli schemi concettuali esistenti in materia di controlli.
Nel linguaggio della vita quotidiana il termine controllo è utilizzato in contesti e con significati molto diversi tra loro, accumunati dal fatto di designare, in senso lato: “…l’esercizio di un’operazione di … verifica, di accertamento dell’esistenza di un fatto o dell’esattezza, regolarità di qualche cosa”43.
Il termine conosce poi una serie di usi tecnici che gli attribuiscono contenuti differenti in relazione alle diverse discipline scientifiche d’interesse.
In particolare, esso assume un contenuto ben preciso nel linguaggio delle scienze del comportamento che con il termine controllo designano: “…l’insieme dei fenomeni e dei processi in base ai quali, tramite l’azione dei modelli culturali e dei simboli sociali espressi da un gruppo, si condizionano i comportamenti dei membri di questo così da superare le tensioni, le opposizioni e i conflitti che si manifestano all’interno del gruppo stesso, e in questo senso promuovere l’integrazione sociale”44.
42 X. XXXXXXX, Contratti d’impresa e poteri di controllo, in Le Camere di Commercio fra consumatore ed imprenditore: Atti del Convegno, Verona, cit., 14.
43 Così voce: Controlli, in La Piccola Treccani - Dizionari Enciclopedico, Roma, 2002, 355.
44 X. XXXXX, Contratti Standard, cit., 118.
Il senso giuridico del termine si avvicina molto a quello appena richiamato intendendosi per controllo: “…l’attività particolare diretta ad assicurare la conformità alle leggi e al pubblico interesse di altra attività, principale rispetto a quella di controllo, e ciò per mezzo dell’esercizio di corrispondenti poteri da parte di soggetti diversi da quelli agenti”45.
In termini astratti, gli elementi essenziali dell’attività di controllo, quali aspetti che valgono a coglierne l’essenza, vengono individuati: nella fondamentale distinzione fra soggetto controllante e controllato; nell’opera di riesame compiuta dall’organo controllante sulla precedente attività dell’organo controllato al fine di determinarne la rispondenza a determinate norme principi e criteri46; ed infine, nel giudizio consecutivo al controllo, proveniente dal soggetto controllante, che si estrinseca in una manifestazione di volontà destinata a produrre effetti giuridici positivi o negativi sull’attività posta in essere dal controllato47.
Nel linguaggio giuridico gli impieghi dell’espressione sono estremamente vari, tuttavia, il luogo privilegiato per un riscontro dell’utilizzo tecnico- giuridico del termine controllo è offerto dal diritto amministrativo48.
Usualmente, infatti, tra le diverse funzioni ricondotte all’attività amministrativa, accanto a quelle di amministrazione attiva, e consultiva, vi è anche la funzione di controllo, volta a sindacare - a seconda dei casi, alla stregua del diritto (controllo di legittimità o di vigilanza) o delle regole di buona amministrazione (controllo di merito) - l’operato degli agenti cui sono demandati i compiti di amministrazione attiva49.
Nella sua accezione tradizionale, dunque, il controllo detto amministrativo è quello svolto da organi afferenti all’apparato della Pubblica Amministrazione ed opera rispetto all’attività posta in essere dall’amministrazione stessa, esprimendosi nella “…serie di attività amministrative principalmente caratterizzate dalla funzione di riscontro e riesame, dai punti di vista della
45 Così voce: Controlli, in La Piccola Treccani - Dizionari Enciclopedico, cit., 356.
46 X. XXXX, Controlli, in Enc. giur. Treccani, Roma, 2004, 1.
47 X. XXXXX, Premessa ad uno studio dei controlli giuridici, Milano, 1957, 16.
48 Conosciamo, ad esempio, un insieme di forme di controllo giuridico nell’ambito del diritto costituzionale; altri fanno riferimento alla sfera dei rapporti internazionali fra gli Stati, i c.d. controlli internazionali.
49 A.M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1984, 571.
legittimità e del merito, di altre attività, esse pure sostanzialmente e formalmente amministrative”50.
Ma di controlli rilevanti nella sfera di azione della Pubblica Amministrazione si può correttamente parlare anche in senso diverso, ovvero con riferimento ai poteri di vigilanza, di impulso, di direzione, ed eventualmente di repressione spettanti ad organi della pubblica amministrazione nei confronti di attività esercitate da soggetti privati o comunque di natura non amministrativa51.
All’ampia categoria dei controlli amministrativi appartengono, infatti, anche i controlli amministrativi nella sfera del diritto privato.
Agli inizi del Novecento uno dei più autorevoli studiosi della scienza del diritto amministrativo aveva individuato una serie di atti che rappresentavano manifestazione dei poteri della pubblica amministrazione nel diritto privato ed inserito tra essi le discipline delle pubblicazioni matrimoniali (artt. 68 e 78 cod. civ. 1865), il decreto che accordava la legittimazione dei figli naturali (art. 198 cod. civ. 1865), il decreto di cambiamento di nome e cognome, ed infine, appunto, il conferimento della personalità giuridica ad un’associazione o fondazione e l’autorizzazione agli acquisti dei corpi morali52.
I profondi mutamenti sociali, politici e giuridici dell’ultimo secolo hanno inciso anche sulle menzionate figure giuridiche: alcune di esse appartengono ora alla competenza dell’autorità giudiziaria, altre sono rimaste di competenza della Pubblica Amministrazione.
Ma quel che più interessa mettere in luce è come il richiamo a tale “categoria” dei controlli amministrativi nella sfera del diritto privato, appaia senz’altro significativa in relazione al quesito di partenza, ovvero rispetto all’esigenza di cogliere l’essenza del controllo dei contratti dei consumatori esercitato dalle Camere di Commercio.
50 X. XXXXX, X. XXXXXXX, Controlli amministrativi, voce in Enc. Dir., X, Milano, 1962, 298. La funzione di controllo amministrativo così intesa, si è nel corso degli anni evoluta, esplicandosi nel quadro di diversi assetti relazionali e andando a costituire una funzione generalizzata cioè estendendosi a tutta l’attività di amministrazione, come a dire, afferma un’illustra dottrina, che “la legalità amministrativa vuole il controllo come espressione e verifica di se stessa”. Così X. XXXXXXX, X. XXXXX, Controlli amministrativi, in Enc. Dir., Aggiornamento, III, Milano, 1999, 457.
51 X. XXXXX, Contratti Standard, cit., 117 ss.
52 X. XXXXXXXX, I poteri regi nel campo del diritto privato, Torino, 1917. Il caso più di sovente richiamato dalla dottrina si rifà alla fattispecie del controllo preventivo in materia di acquisto della personalità giuridica da parte di persone giuridiche private. Sul punto vedi X. XXXXXXX, I controlli amministrativi sulle persone giuridiche private, Xxxxxx, 0000.
Nell’accezione ora richiamata la formula dei controlli amministrativi ricomprende, infatti, una serie di ipotesi quanto mai vasta e varia che la dottrina riunisce sotto l’appellativo “controlli pubblici sull’attività economica svolta dai privati”53.
La fonte normativa di legittimazione di siffatta forma di controllo è rappresentata, si dice, dal terzo comma dell’art. 41 della Costituzione, là dove si stabilisce che “la legge determina … i controlli opportuni perché l’attività economica … privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.
Secondo la stessa dottrina si può con sicurezza affermare che a questa norma devono rapportarsi e commisurarsi tutte le svariate fattispecie di controllo amministrativo, o più in generale “pubblico” delle attività economiche private.
I pubblici poteri si sono sempre occupati dei fatti economici e della loro disciplina limitando l’esercizio della libertà di iniziativa economica, quando ciò si rendesse necessario al fine di garantire l’interesse generale54.
Tuttavia, nel corso degli anni, il rapporto tra economia e pubblici poteri si è fortemente evoluto,
In particolare, negli anni ‘80 e ‘90 del Novecento si registrano radicali innovazioni tecnologiche, il predominare delle economie occidentali viene attenuato dal potenziamento di importanti aree del mondo asiatico e si rafforza l’integrazione internazionale dei rapporti economici.
Si apre dunque una fase di particolare interesse, in cui è sembrata entrare in crisi la stessa idea dell’intervento dei pubblici poteri nell’economia e si sono prospettati grandi mutamenti nel rapporto tra istituzioni pubbliche e mercati.
Nell’ambito del dibattito, le tesi più radicali hanno sottolineato la fine o la drastica riduzione degli interventi pubblici di regolazione del mercato55.
53 X. XXXXX, Contratti Standard, cit., 123. Così afferma l’autore: “Destinata senza dubbio a ricoprire un’importanza senz’altro rilevante nell’intero quadro dei controlli amministrativi sulle attività private, la serie dei procedimenti o dei provvedimenti di organi o enti pubblici in vario modo operativi in funzione di controllo della iniziativa economica degli operatori privati, ricomprende per parte sua ipotesi così numerose ed eterogenee quanto al settore d’incidenza, alle modalità e agli obiettivi dell’intervento, che all’elaborazione di principi unitari e di categorie sistematiche tali da assolvere almeno ad un’utile funzione classificatoria, debba guardarsi come ad un compito singolarmente arduo”.
54 M. D’ALBERTI, Poteri pubblici, mercati e globalizzazione, Bologna,2008, 45 ss.
55 Fra i sostenitori di questa tesi X. XXXXXXX, Lex mercatoria, Bologna, 2001; P. SIRENA, Il diritto europeo dei contratti d’impresa. Autonomia negoziale dei privati e regolazione del mercato, Milano, 2006, 76; l’autore richiama l’idea che il sistema di mercato oggi esistente è fortemente propenso ad imporre le proprie regole superando così le legislazioni nazionali.
Non mancano, tuttavia, letture di segno opposto, secondo cui nonostante le liberalizzazioni, le privatizzazioni, le regolazioni, le semplificazioni, la globalizzazione, l’azione pubblica nell’economia continuerebbe a persistere e a conservare larghi spazi. Quel che è cambiato, si dice, è il modo in cui i pubblici poteri regolano i rapporti economici56.
In relazione all’attuale dispiegarsi dell’azione pubblica nell’economia sono state evidenziate, infatti, notevoli differenze rispetto al passato57.
La regolazione pubblica contemporanea emanerebbe principalmente da Autorità Amministrative Indipendenti alle quali gli stati hanno delegato parte dei propri compiti di controllo pubblico dell’economia, attribuendo alle stesse i necessari poteri per perseguire tale obiettivo58.
Le attribuzioni di vigilanza e controllo affidate alle Amministrazioni Indipendenti hanno condotto gli interpreti, a rilevare l’emersione, all’interno della categoria dei controlli amministrativi, della classe dei controlli pubblici sull’attività economica svolta dai privati nel contesto del mercato, perciò detti controlli sui mercati59.
Ulteriore elemento di novità è rappresentato, infatti, dal mercato.
I controlli sui mercati sono controlli che non hanno ad oggetto la verifica di conformità a canoni normativi di singole condotte delle imprese, ma che implicano una ricognizione della legittimità di tali condotte alla luce dell’analisi dell’estensione, della struttura e del funzionamento del mercato di riferimento, nonché degli effetti di tali condotte sul piano della competitività dello stesso60.
Le Autorità Indipendenti, si dice, sono chiamate a verificare la sussistenza di elementi e condotte, attuali e potenziali che si ripercuotono sul grado di
56 Per tutti, sull’importanza della regolazione pubblica nell’economia A. LA SPINA, X. XXXXXX, Lo Stato regolatore, Bologna, 2000, 15 ss.
57 M. D’ALBERTI, Poteri pubblici, mercati e globalizzazione, cit., 10.
58 Una delle caratteristiche generali della regolazione pubblica dell’economia si ritrova nel rispetto dovuto dai regolatori ai criteri di imparzialità, trasparenza e massima obiettività.
59 X. XX XXXXXXXXX, Controlli. I controlli amministrativi, in Enc. giur. Xxxxxxxx, XX, Xxxx, 0000, 8. La dottrina ha parlato in proposito dell’introduzione di una “significativa novità organizzativa destinata a produrre rilevanti effetti sul piano dei controlli”, così G. D’AURIA, I controlli, in Trattato di diritto amministrativo. Diritto amministrativo generale, a cura di X. Xxxxxxx, Milano, 2000, 1217.
60 Così X. XX XXXXXXXXX, I controlli amministrativi, cit., 8 ss, continua l’autrice: “Il mercato in altri termini deve poter conseguire o mantenere un assetto concorrenziale, a tale fine si fa indispensabile il controllo, anche prognostico, delle condotte imprenditoriali”.
apertura e sulla struttura dei mercati, ed esercitano poteri di controllo ordinati al mantenimento delle condizioni di concorrenzialità degli stessi61.
Dagli anni Novanta, infatti, come già si è avuto modo di sottolineare, è emerso il problema relativo all’adeguamento dell’assetto amministrativo statuale ai nuovi principi di tutela dell’equilibrio e del corretto funzionamento del mercato unico europeo, che ha comportato la necessità di investire appositi organi amministrativi di specifiche funzioni di tutela del mercato che non potevano essere svolte esaustivamente dall’ordinamento giudiziale o da altri organi dell’apparato statale.
L’avvento dello Stato regolatore dell’economia, il quale interviene, non già attraverso l’assunzione in mano pubblica dell’economia, bensì ponendo e facendo rispettare le regole del gioco, ha avuto delle grosse ripercussioni sul sistema giuridico, tra le più incisive proprio quella rappresentata dall’istituzione delle Autorità Indipendenti, chiaro sintomo del profondo mutamento della stessa concezione di funzioni amministrative e del loro esercizio all’interno del nostro sistema62.
Le Autorità Amministrative Indipendenti sono considerate, infatti, la manifestazione più accentuata ed attuale del principio di separazione fra istanze politiche ed istanze amministrative.
La società complessa, si dice: “..richiede circuiti ulteriori rispetto ai circuiti rappresentativi tradizionali, specifici per la considerazione e il confronto degli interessi… le Autorità Amministrative Indipendenti costituiscono lo strumento organizzativo pubblico funzionale a questa esigenza assicurando la necessaria continuità ed una relativa certezza dell’attività di regolazione”, sottraendo le scelte relative, ad una continua mediazione con i molteplici obiettivi della maggioranza governativa. La sottrazione dell’attività di controllo dell’economia all’indirizzo politico di maggioranza, si giustifica, in nome di esigenze di funzionalità63.
61 X. XX XXXXXXXXX, I controlli amministrativi, cit., 8;
62 X. XXXXXXXXXX, Amministrazioni indipendenti e sistema giuridico istituzionale, con contributo di X. Xxxxx Xxxxxxxxxx e X. Xxxxxx, Torino, 2004, 87.
63 X. XXXXXXXXXX, Amministrazioni indipendenti e sistema giuridico istituzionale, cit., 88. In linea con X. XXXXXXXX, L’erompere delle Autorità Amministrative Indipendenti, Firenze, 1997, 81, il quale afferma che a fronte dell’esigenza di abbandonare le “velleità dirigistico- pianificatorie produttrici di disfunzioni e sprechi contrastanti con la centralità assunta dal mercato nell’Unione Europea, lo Stato si rivolge alle Autorità Indipendenti come protagoniste del mutamento del paradigma dell’economia”. L’Unione Europea, si dice, come anche la globalizzazione dei mercati, comportano necessariamente una nuova modellistica istituzionale
Su questa linea si collocano anche le funzioni di regolazione del mercato che la legge 580 del 1993 ha attribuito alle Camere di Commercio.
Infatti, alla luce dell’interrogativo di partenza è possibile affermare che i poteri di controllo dei contratti standard facenti capo alle Camere di Commercio si collocano nell’ampia sfera dei controlli pubblici di esercizio dell’attività economica privata nel contesto nel mercato unico europeo.
dell’intervento pubblico. All’interno di questa interpretazione le Autorità Indipendenti sono anche rappresentate come l’espressione di una rivolta dell’economia contro l’indirizzo governativo, del mercato contro la direzione amministrativa dell’economia, così X. XXXXXX, Considerazioni generali sulle Amministrazioni Indipendenti, in Lo stato delle istituzioni italiane, Milano, 1994, 389.
CAPITOLO SECONDO
ORGANISMI AMMINISTRATIVI DI CONTROLLO
DEI CONTRATTI STANDARD
PARTE PRIMA
IL RUOLO DELLE CAMERE DI COMMERCIO NEL SISTEMA DI LOTTA CONTRO LE CLAUSOLE ABUSIVE
SOMMARIO: 8. Premessa. - 9. Origini dell’ente camerale. - 10. Natura delle Camere di Commercio. - 11. Le attribuzioni. - 12. Le funzioni di controllo delle clausole abusive nei contratti tra imprese e consumatori e tra imprese. – 13. I soggetti del procedimento. - 14. La procedura di controllo. - 15. L’oggetto e il parametro di controllo. – 16. Gli esiti dell’attività di controllo e gli effetti conseguenti al parere della Commissione. - 17. L’attività di predisposizione di contratti tipo da parte delle Camere di Commerci. – 18. Un procedimento uniforme di predisposizione di contratti tipo. – 19. I riflessi della redazione concertata di modelli contrattuali sull’applicabilità della normativa a protezione del consumatore.
8. Premessa
Le regole a protezione dei consumatori in materia di condizioni generali di contratto mirano a garantire al consumatore una tutela sostanziale di fronte ad eventuali abusi di potere contrattuale da parte del professionista.
Obiettivo predominate della disciplina quello di fare in modo che le clausole unilateralmente predisposte, inserite nei modelli contrattuali utilizzate dalle
xxxxxxx, realizzino un equo contemperamento delle posizioni di interesse contrapposte e configgenti del consumatore e del professionista.
A questo fine, osserva la dottrina francese, è necessario attivare almeno due processi: l’uno, di tipo “negativo”, che consiste nell’eliminazione delle clausole abusive che figurano nei contratti predisposti dai professionisti, l’altro, di tipo positivo, che consiste nella predisposizione e promozione di modelli contrattuali equilibrati64.
Le nullità di protezione e i pareri emessi dalle Commissioni amministrative di controllo delle clausole abusive all’esito di un procedimento particolare vengono ricondotti alla categoria dei c.d. “procédé négatif” di soppressione delle clausole iniqui inserite nei contratti dei consumatori.
Viceversa, la predisposizione di contratti tipo - che non comporta l’eliminazione della clausola in contratti già redatti, ma che consiste nella definizione materiale di clausole eque all’interno di modelli contrattuali che serviranno di base a futuri contratti tra consumatori e professionisti – viene definita come “procédé positif” di lotta contra le clausole abusive.
L’assunto è condiviso dalla Commissione Europea che nella relazione del 2000 presentata a Parlamento Europeo e Consiglio sullo stato di attuazione della direttiva 93/13 nei diversi stati membri, sottolinea l’esigenza di affiancare ai tradizionali strumenti “negativi” di lotta contro le clausole abusive, l’istituzione di sistemi che favoriscano il negoziato e la discussione delle clausole con il professionista.
Al fine di arrivare ad uno stadio di soppressione effettiva delle clausole e di rimediare alle condotte abusive dei professionisti, ha affermato la Commissione, è necessario favorire la predisposizione concertata delle clausole uniformi tra professionisti, consumatori ed associazioni rappresentative dei loro interessi65.
Nell’ordinamento italiano, alla nascita di un sistema integrativo di strumenti di tipo negativo e positivo di lotta contro le clausole abusive ha contribuito in modo significativo la legge di riforma dell’ordinamento camerale 29 dicembre 1993 n. 580.
64 X. XXXXXXXX, X. XXXX, X. XXXXXXX, X. XXXXXXX-XXXXXX, in Droit de la consommation, Tout le Droit, Parigi, 2008.
65 Sul punto cfr: Relazione della Commissione Europea, del 27 aprile 2000, sull’applicazione della direttiva 93/13 xxx.xx.xxxxxx.xx.
All’art. 4 comma 2, essa prevede, infatti, che le Camere di Commercio, singolarmente o in forma associata, possono promuovere forme di controllo sulla presenza di clausole inique inserite nei contratti standard; predisporre e promuovere contratti tipo fra imprese, loro associazioni e associazioni di tutela degli interessi dei consumatori e degli utenti.
Alle tradizionali funzioni di sostegno del sistema imprenditoriale di cui sono investite da anni le Camere di Commercio, nel 1993 si sono aggiunti ulteriori compiti istituzionali accomunati dal fatto di essere diretti a garantire correttezza, trasparenza ed equità dei rapporti contrattuali tra imprese e tra imprese e consumatori66
Le diverse attribuzioni delle Camere di Commercio comprendono oggi, infatti, anche quella di tutelare i soggetti più deboli del mercato, stimolando al contempo la competitività del sistema economico.
Tali funzioni di predisposizione di contratti-tipo tra imprese, loro associazioni e associazioni di tutela degli interessi dei consumatori e di promozione di forme di controllo sulla presenza di clausole inique inserite nei contratti standard, sono state qualificate dalle stesse Camere di Commercio come funzioni di regolazione del mercato e immediatamente affidate ad una Commissione interna appositamente costituita.
Prima di procedere all’analisi delle funzioni di controllo dei contratti standard appena richiamate, al fine di favorire una migliore comprensione delle novità introdotte dalla legge di riforma degli enti camerali in materia di controlli dei contratti dei consumatori, è utile illustrare, seppur brevemente, storia, natura e funzioni delle Camere di commercio.
9. Origini dell’ente camerale
Le C.C.I.A.A. affondano le loro radici nell’ordinamento dell’antica Roma, dove, sin dal periodo della Repubblica, nacquero degli organismi operanti nel campo commerciale assimilabili all’odierna Camera di Commercio, detti collegia opificium mercatorum67.
66All’insieme di competenze già attribuite agli enti camerali da un susseguirsi di leggi, istruzioni ministeriali e dalle attività svolte sulla base di prassi delle Camere medesime – competenze, queste, comunemente classificate in funzioni amministrative e funzioni promozionali e di supporto alle imprese – si somma, oggi, un insieme di nuove attribuzioni attuative di forme di controllo amministrativo sulle condizioni generali di contratto.
67 X. XXXXXXXXX, Storia economica e sociale dell’Impero Romano, Firenze, 1967, 185 ss.
Tuttavia, la forma attuale delle Camere di Commercio si avvicina maggiormente alla struttura delle corporazioni medioevali, rappresentative delle varie categorie produttive, che nacquero dall’associazione fra esercenti di una stessa arte o di una stessa mercatura.
Dette corporazioni erano solite svolgere funzioni di protezione della sicurezza delle strade commerciali e dei mercati, di vigilanza sui prezzi, di tutela dei marchi e di giudizio nelle controversie fra mercanti.
Il particolare quadro istituzionale dell’epoca medioevale conferì alle corporazioni un’enorme influenza sulla vita economica tanto da far sì che le stesse partecipassero attivamente al governo del paese68.
Nel XVI secolo a causa dei mutamenti progressivamente intervenuti nel periodo successivo alla scoperta dell’America, le corporazioni cominciarono ad entrare in crisi; fu proprio dalle loro ceneri che, sulla scia della rinascita delle attività produttive e degli sviluppi del commercio mondiale del XVIII sec., nacquero le prime Camere di Commercio69.
In Italia la prima Camera fu fondata a Firenze dal Granduca Xxxxxx Xxxxxxxx nel 1770; seguì la Lombardia, dove nel 1786 sorsero altre Camere di Commercio in seguito all’Editto dell’Imperatore Xxxxxxxx XX.
Queste iniziative rimasero però isolate nel panorama italiano fino a quando, nel primo decennio dell’800, su impulso di Xxxxxxxxx, si istituirono su tutto il territorio, con decreto del 27 giungo 1811, enti denominati “Camere di commercio, arti e manifatture” con funzioni di giurisdizione commerciale, di proposta premio per gli inventori, di raccolta di notizie e dati sull’andamento dell’economia e di tutela delle categorie economiche rappresentate.
Solo a seguito dell’unificazione nazionale, e più precisamente con il provvedimento normativo n. 680 del 6 luglio 1862 - che finalmente offriva un ordinamento omogeneo alle Camere presenti nel territorio nazionale - veniva riconosciuta alle Camere di Commercio la qualità di enti aventi finalità di
68M.X. XXXXXXX, Il nuovo ordinamento delle Camere di Commercio, Padova, 1996, 15 ss. 69L’espressione Camere di Commercio comparve per la prima volta in un testo legislativo francese nel 1701. Ma la prima Camera di Commercio era nata da circa tre secoli a Marsiglia e l’espressione C.C.A. era oramai in uso da tempo contraddistinguendo il luogo ove i commercianti discutevano dei problemi di interesse generale della loro attività. Per un approfondimento dell’evoluzione storica degli enti camerali si veda X. XXXXXXX, Repubblica dei mercati e Stato moderno: profilo storico della Camera, in Impresa e Stato.Rivista della Camera di Commercio di Milano, 25, 1994.
rappresentare presso il governo la classe commerciale, nonché il compito di promuovere gli interessi commerciali ed industriali di categoria70.
Nei primi anni del Novecento crebbe a livello politico il peso del partito socialista e ciò influenzò anche la struttura degli enti camerali, che per effetto della legge n. 121 del 1910 vennero menomati in modo consistente della propria autonomia amministrativa71.
Quattordici anni più tardi, con il regime fascista, il decreto n. 750 del 1924 riconobbe per la prima volta espressamente alle C.C.I.A.A. il carattere di ente pubblico.
Ma il cambiamento più rilevante fu quello che scaturì in seguito all’emanazione della legge n. 731 del 1926, con la quale le Camere di Commercio ed i Consorzi agrari confluirono nei Consorzi provinciali dell’economia.
Il nuovo organismo costituiva un riflesso sull’economia dell’orientamento accentratore del regime fascista, essendo da considerarsi i consorzi come un’articolazioni dello stato corporativo; successivamente, con il r.d. n. 2011/1934 le disposizioni di legge esistenti in materia venivano convogliate nel
T.U. delle leggi sui Consigli provinciali dell’economia corporativa.
Tra il 1926 e la fine della seconda guerra mondiale furono emanate varie norme che incisero sia sulle attribuzioni di questi enti che sulla loro denominazione, che tornò ad essere quella di Camere di Commercio solo nel 1944, anno in cui vennero soppressi i Consigli provinciali dell’economia corporativa, e ricostituiti gli enti camerali con la denominazione di “Camere di commercio, industria e agricoltura”72.
La disciplina del 1944 doveva avere il carattere della provvisorietà in attesa della legge di riforma dell’ordinamento camerale ma le norme successive
70 Le attribuzioni contenute in tale legge riprendono, con alcune integrazioni, quelle già previste dalla legislazione napoleonica; le novità riguardano in particolare l’amministrazione delle borse e il controllo sulle attività degli enti di cambio. Per quanto riguarda la composizione della Camera, i commercianti e gli industriali della relativa circoscrizione godevano di elettorato attivo e passivo. Interessante novità della legge 680/62 è costituita dall’autorizzazione alle Camere di applicare diritti di segreteria sui certificati e sugli atti da esse rilasciati, venendo così a rompere la tradizione di alimentare le camere con i soli contributi volontari.
71Con la l. 20 marzo 1910, n. 121 e con il regolamento 219 febbraio 1911, n. 245 agli enti camerali vengono attribuite le seguenti funzioni: formare le mercuriali, designare gli arbitri per vertenze extragiudiziali, formare i ruoli di curatori di fallimento, tenere il registro delle ditte, accertare gli usi e le consuetudini locali, rilasciare i certificati d’origine.
72Con questo decreto la leadership dell’ente viene affidata ad una Giunta, non elettiva, composta da un Presidente nominato dal Governo e da vari membri nominati dal Prefetto.
disattesero tale aspettativa, affrontando piuttosto aspetti particolari degli organismi camerali come le loro funzioni, la denominazione e la rappresentanza delle categorie nella Giunta.
L’emanazione della legge n. 580/1993 ha dato luogo, finalmente, al completo riordino dell’ordinamento degli enti camerali, tappa a cui si è giunti, secondo i più, sulla motivazione di un urgente adeguamento istituzionale degli stessi enti al processo di decentramento regionale, e ciò anche, sulla base della convinzione che il potenziamento del ruolo delle Camere potesse risultare senz’altro utile di fronte alle nuove esigenze di supporto ai processi di ristrutturazione del sistema produttivo, con servizi reali alle imprese, e a garanzia di un migliore funzionamento del mercato73.
10. Natura delle Camere di Commercio
La l. n. 580 del 29 dicembre 1993 ha inciso profondamente sulla configurazione degli enti camerali, dettando un’espressa qualificazione della natura giuridica delle stesse, più dettagliata di quella presente nella precedente normativa.
All’art. 1 la legge del 1993 definisce le Camere di Commercio enti autonomi di diritto pubblico, che svolgono, nell’ambito della circoscrizione territoriale di competenza, funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese, curandone lo sviluppo nell’ambito delle economie locali.
La natura pubblica degli enti camerali, venne riconosciuta per la prima volta espressamente dalla l. n. 750 del 1924, successivamente ribadita dal r.d. n. 2011 del 193474, ed infine richiamata in seno al d. lgs. 315/44 che, in seguito alla caduta del regime fascista, nel ridare un nuovo assetto normativo alla disciplina delle Camere di Commercio, ne delineava la qualità di enti di diritto pubblico.
La novità sta perciò nell’inserimento dell’aggettivo “autonomo” accanto alla qualità di “pubblico” dell’ente camerale, qualifica che rivela, evidentemente, la
73Così M.E. TEATINI, Il nuovo ordinamento delle Camere di Commercio, cit., 23. Secondo l’autrice l’esigenza di riforma era sentita ormai da molti anni. In particolare, si precisa, proprio in seguito all’emanazione del d.p.r. 616/77 andavano assumendo sempre maggiore importanza sia la precisa definizione delle attribuzioni degli enti camerali, che la delimitazione dell’area di confine con le funzioni regionali; in seguito poi alla legge n. 142 del 1990, il legislatore si è reso conto della necessità di affiancare le nuove camere di commercio agli enti locali, estendendo ad esse tutti gli strumenti di cui questi ultimi sono stati recentemente dotati e favorendo forme di collaborazione.
74La legge n. 750 del 1924 definiva i Consigli, questa era la denominazione a quell’epoca avevano le attuali Camere di Commercio, quali enti pubblici dotati di personalità giuridica.
volontà del legislatore di rendere le Camere di Commercio sempre meno dipendenti da strutture sovraordinate.
L’autonomia, invero, rappresenta una forma organizzativa che caratterizza solitamente gli ordinamenti di carattere pluralistico, indicando la posizione di maggiore o minore dipendenza di una figura soggettiva nei confronti di un’altra ad essa collegata; la stessa, nell’ambito del nuovo ordinamento delle Camere di Commercio, si manifesta nelle diverse forme di autonomia normativa, di gestione e finanziaria di cui le Camere godono rispetto al potere centrale75.
L’autonomia normativa delle Camere di commercio si identifica nella possibilità ad esse riconosciuta dalla legge di riforma di darsi una propria legge, lo statuto, di cui precedentemente esse non erano dotate; l’autonomia di gestione si sostanzia invece nel potere riconosciuto agli enti camerali di decidere il proprio programma di azione senza dipendere dalle direttive ministeriali e senza essere sottoposte a forme paralizzanti di controllo; l’autonomia finanziaria, infine, si rinviene nella possibilità per ogni Camera di amministrare autonomamente i proventi percepiti dalle proprie attività e di provvedere alla gestione degli stessi attraverso un proprio bilancio.
E’ interessante notare come il r.d. n. 2011 del 1934 e il d.lgs. n. 315 del 1944 evidenziassero il carattere puramente rappresentativo delle Camere di Commercio rispetto al tessuto economico locale, avvicinandolo a una struttura più di tipo corporativo che istituzionale.
Nella nuova legge scompare, invero, il termine “rappresentanza” in quanto sostituito dall’espresso riferimento alle “funzioni di interesse generale” che gli enti camerali rivestono per il sistema locale delle imprese76.
Non a caso, secondo alcuni autori, la legge 580 del 1993 costituirebbe naturale integrazione del sistema autonomistico dell’ordinamento amministrativo, avendo la stessa aggiunto al localismo territoriale il c.d. localismo economico77.
L’ambito territoriale delle Camere di Commercio coincide di regola con quello della provincia o dell’area metropolitana di cui all’art. 17 legge 142 del 1990. La legge di riforma riconosce, tuttavia, agli enti camerali la possibilità di
75 M.E. TEATINI, Il nuovo ordinamento delle Camere di Commercio, cit., 26.
76G. SCOVENNA, Le Camere di commercio per l’evoluzione della managerialità delle imprese italiane, in “Pavia Economica” , 1, 1987.
77 M.E. TEATINI, Il nuovo ordinamento delle Camere di Commercio, cit., 26.
procedere all’accorpamento delle rispettive circoscrizioni territoriali al fine di formare enti consorziati.
11. Le attribuzioni
Le funzioni esercitate dagli enti Camerali sono raggruppate dalla dottrina nelle diverse categorie che qui di seguito si andranno ad elencare.
Da un lato le Camere di Commercio sono investite di funzioni di supporto e promozione degli interessi generali delle imprese e degli utenti situati nella circoscrizione di competenza. La potestà d’intervento è abbastanza ampia. Al riguardo, la legge ha espressamente indicato le Camere di Commercio come soggetti tenuti a partecipare insieme agli enti locali territoriali agli accordi di programma previsti dall’art. 27 dell’ordinamento delle autonomie locali.
Vengono poi le funzioni amministrative istituzionali tra le quali si ricordano: la tenuta degli albi professionali istituiti con legge, la cui iscrizione ha spesso natura abilitante per l’esercizio di determinate attività78; la tenuta del registro delle imprese, la cui iscrizione può produrre a seconda dei casi gli effetti di pubblicità costitutiva, dichiarativa o di pubblicità notizia; il rilascio di autorizzazioni abilitanti per l’esercizio di talune attività da parte delle imprese; il rilascio di certificazioni inerenti a stati e fatti dell’impresa79, agli usi e consuetudini locali, ai prezzi80 ed all’origine delle merci81.
Le Camere di Commercio sono attualmente investite, inoltre, di un insieme di nuove attribuzioni raggruppate sotto il comune appellativo di funzioni di regolazione del mercato.
Dette funzioni, come anticipato, consistono nel potere attribuito agli enti camerali di promuovere forme di controllo sulle prassi contrattuali d’impresa al fine di contrastare l’inserzione di clausole inique nei modelli negoziali diffusi nei mercati; nella possibilità per le Camere di Commercio di promuovere la redazione di contratti tipo relativi a determinati settori di mercato; ovvero nella competenza riconosciuta agli enti camerali di organizzare procedure di conciliazione e arbitrato per la composizione stragiudiziale delle controversie commerciali.
78 Le C.C.I.A.A. provvedono invero alla tenuta di albi, ruoli ed elenchi.
79 Si fa riferimento ai certificati di iscrizione ai registri rilasciati alle imprese.
80 Si pensi alle ipotesi di accertamento dei prezzi all’ingrosso.
81 Si richiama in proposito il rilascio di certificato di origine delle merci.
Alla regolazione del mercato non sono estranee inoltre ulteriori competenze affidate alle C.C.I.A.A. quali: la raccolta degli usi; la collaborazione prestata agli operatori nella redazione dei codici di comportamento, strumenti mediante i quali è possibile indirizzare i comportamenti degli attori del marcato; la possibilità di costituirsi parte civile nei giudizi relativi ai delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio; e di promuovere l’azione di concorrenza sleale.
Alle “nuove” Camere di Commercio fanno capo, dunque, funzioni apparentemente antiteche: da un lato quelle di perseguire fini nell’interesse generale del sistema delle imprese e dall’altro, per effetto delle nuove attribuzioni di regolazione del mercato, quelle di promuovere forme di tutela degli interessi diffusi dei consumatori e degli utenti82.
La nuova normativa sembra proporre, dunque, un ente camerale più svincolato dagli interessi di settore e maggiormente ancorato ad un’ottica di servizio, anzitutto delle imprese, ma anche del cittadino, e più in generale del mercato in linea con le finalità connesse alla natura di ente pubblico delle Camere di Commercio ovvero di promuovere lo sviluppo delle economie locali nell’interesse generale, impedendo nel contempo che esse si fondino su comportamenti scorretti delle imprese e su contratti contenenti clausole inique83.
12. Le funzioni di controllo delle clausole abusive nei contratti tra imprese e consumatori e tra imprese
Tra le funzioni di regolazione del mercato affidate alle Camere di Commercio verrà qui di seguito descritta la procedura di controllo delle clausole vessatorie, dal momento dell’iniziativa, a partire quindi dall’individuazione dei soggetti legittimati ad attivarla, passando alla definizione dell’oggetto e del parametro di controllo, per arrivare infine allo studio degli esiti del procedimento.
13. I soggetti del procedimento
82 X. XXXX, Gli interessi diffusi dei consumatori nell’ordinamento camerale, in Impresa e stato, 1994, 111 ss.
83 X. XXXXXXXXXX, Camere di Commercio e Upica, Milano, 1996, 5.
Al fine di dare attuazione alle disposizioni contenute nella legge 580/1993, le Camere di Commercio hanno istituito al proprio interno una Commissione di controllo composta da esperti in materie giuridiche ed economiche avente il compito di “esprimere pareri tecnici e di formulare proposte” in una posizione di neutralità rispetto agli attori del mercato84.
Nominativo e composizione della Commissione di controllo variano all’interno delle singole realtà camerali85.
Dall’analisi a campione di alcuni regolamenti camerali di disciplina del funzionamento delle Commissioni di Regolazione del mercato emerge che tale organo collegiale è di regola costituito da un numero minimo di tre componenti, scelti in qualità di esperti in materie giuridiche tra avvocati, magistrati onorari e docenti universitari, nominati dalla Giunta Camerale.
La Commissione è di regola dotata di un ufficio di Presidenza, vicepresidenza e segreteria86.
Sono dettate regole particolari circa i quorum costitutivi e deliberativi della Commissione87, le cause di incompatibilità, la sospensione e la revoca dell’incarico di Commissario88.
84 Si tratta di un’espressione usata all’interno del regolamento adottato dalla Camera di Commercio di Venezia, dove, in merito alle funzioni esercitate dalla Commissione, si legge: “La Commissione valuta l’esistenza di profili di vessatorietà nei contratti che regolano rapporti fra professionisti e consumatori concernenti la cessione di beni e servizi, avanzando anche proposte di modifica congiuntamente ai soggetti coinvolti nel procedimento, ed eventualmente, propone alla giunta camerale l’esercizio dell’azione inibitoria ex art. 37 del d.lgs 206/05; esprime un parere tecnico giuridico in ordine alla presunta vessatorietà di clausole inserite nei contratti che regolano i rapporti fra professionisti; rilascia l’autorizzazione ad inserire nei contratti per adesione o moduli contrattuali che si sono accertati essere privi di clausole vessatorie e rispondenti a requisiti di correttezza, trasparenza ed equilibrio contrattuale, l’indicazione che gli stessi sono stati controllati dalla Commissione”.
85 Alle diverse Commissioni istituite nel territorio nazionale sono stati attribuiti nominativi differenti, cosi come è possibile riscontrare una notevole differenza anche rispetto ai tempi di istituzione delle singole Commissioni e delle funzioni di regolazioni concretamente attribuite alle stesse.
86 A norma dell’art. 3 del Regolamento adottato dalla Camera di Commercio di Padova: “Il Presidente è nominato dalla Commissione nel suo ambito, con i seguenti compiti:a) vigila per garantire la puntuale e corretta applicazione delle deliberazioni adottate dalla Commissione, delle norme del presente Regolamento e delle altre fonti normative attinenti alle funzioni della Commissione medesima; b) convoca e presiede la Commissione; c) mantiene i contatti con gli Organi della Camera di Commercio di Padova”. L’art. 5 stabilisce che: “La Segreteria della Commissione è affidata al Servizio della Regolazione del Mercato: a) cura lo svolgimento dell’attività amministrativa relativa alla Commissione; b) redige i verbali delle riunioni della Commissione; c) cura l’esecuzione delle decisioni adottate dalla Commissione e dei provvedimenti del Presidente; d) esegue le comunicazioni nei casi previsti dal regolamento o quando siano disposte dalla Commissione”.
87 Il regolamento relativo alla Commissione veneziana prescrive ai fini della validità delle riunioni della Commissioni la presenza della maggioranza dei componenti. Le deliberazioni
Oltre alla Commissione, ricoprono la posizione di “parte” del procedimento di controllo: i soggetti che mediante segnalazione abbiano dato avvio alla procedura di controllo; il contraente predisponente della clausola standard presunta iniqua; ed ogni altro soggetto interessato al procedimento in quanto portatore di un interesse indiretto in ragione del proprio ruolo istituzionale di realizzazione dell’interesse pubblico alla repressione della prassi delle clausole vessatorie, come le associazioni di professionisti e quelle dei consumatori89.
Appare interessante rilevare come ogni singolo regolamento delimiti l’ambito di competenza della Commissione di controllo riconoscendo in capo alla stessa il compito di accertare la natura vessatoria delle clausole inserite nei contratti stipulati nella provincia di competenza ovvero, aventi ad oggetto una o più obbligazioni da eseguire nell’ambito territoriale della stessa ovvero ancora, sottoscritti da un consumatore che ivi abbia la propria residenza.
La regola pare trovare ragione da un lato, nell’esigenza di far coincidere l’ambito di competenza della Commissione con la “circoscrizione” territoriale provinciale sotto il controllo della Camera di Commercio presso cui la stessa si trova istituita, dall’altro, nell’opportunità di facilitare il più possibile al consumatore l’accesso al servizio di controllo.
Tale disposizione regolamentare in merito alla competenza delle singole Commissioni solleva molteplici interrogativi: tra questi, anzitutto, se l’impresa predisponente sia eventualmente legittimata a sollevare l’incompetenza della Commissione adita, e in che modo la Commissione si atteggi se incompetente o avvedutasi di eventuali duplicazioni di intervento.
Sul punto appare in parte risolutivo quanto stabilito dal Regolamento della Commissione della Camera di Commercio di Udine dove si legge all’art. 3, comma 2, che: “ …l’ente camerale si impegna a promuovere le opportune
sono adottate a maggioranza assoluta dei presenti, con prevalenza, in caso di parità di voti, del voto del Presidente. E’ stabilito, inoltre, che ai componenti della Commissione, nel corso del procedimento di controllo e con attinenza allo stesso, non è consentito assumere incarichi di consulenza o assistenza a favore dell’impresa o dell’associazione imprenditoriale le cui condizioni generali di contratto sono sottoposte a controllo.
88 Secondo quanto stabilito dal regolamento della Commissione istituita presso la C.C.I.A.A. padovana: “la Giunta camerale può adottare il provvedimento di sospensione temporanea o revoca dall’incarico qualora il componente della Commissione abbia compiuto atti o fatti, anche estranei all’incarico camerale, che potrebbero incidere negativamente sul corretto funzionamento e sull’affidabilità dei lavori della Commissione stessa. Con lo stesso provvedimento, la Giunta può provvedere alla nomina del sostituto; questi rimane in carica fino alla scadenza della Commissione”.
89 In tal senso art. 4 Regolamento C.C.I.A.A. di Verona.
azioni di coordinamento con gli organi di controllo istituiti presso le altre Camere di Commercio al fine di evitare duplicazioni di intervento, sovrapposizioni di procedimenti o valutazioni contrastanti relativamente ad uno stesso argomento”.
La disposizione lascia intuire che la stessa Commissione, rilevata un’eventuale duplicazione di intervento, provvede a decidere in ordine alla prosecuzione dello stesso a seguito di una consultazione con l’organo camerale investito del medesimo caso.
Altro problema sul quale è necessario soffermare l’attenzione è quello della ripartizione di competenza tra Camere di Commercio e Autorità Amministrative Indipendenti.
La legge del 1993 ha attribuito, infatti, alle Camere di Commercio una competenza trasversale di controllo dei contratti dei consumatori; ciò impone di coordinare l’azione delle Commissioni di regolazione con i poteri di controllo dei contratti eventualmente attribuiti alle Autorità Amministrative di settore.
La questione è stata più volte affrontata dalla Camera di Commercio di Milano. In un primo caso la circostanza che il contratto sottoposto a controllo, in quanto contratto di telefonia, fosse suscettibile di controllo anche da parte dell’Autorità Garante per le Comunicazioni, ha spinto la Commissione ad occuparsi del problema della possibile sovrapposizione di competenza.
All’esito dell’indagine la Commissione ha stabilito che l’attività della
C.C.I.A.A. e quella dell’Autorità sono complementari e perfettamente integrabili fra loro nell’interesse finale comune della correttezza dei rapporti fra professionisti e consumatori in ragione del fatto che :“…l’Autorità, con i poteri ad essa concessi dall’art. 2 comma 20 lett. d) della L. 481/95 ha la possibilità di intervenire direttamente nei confronti dei soggetti esercenti il pubblico servizio, ordinando la cessazione del comportamento ritenuto lesivo ed imponendo un indennizzo”; mentre la C.C.I.A.A., agisce in via meramente preventiva, mediante strumenti non vincolanti, tuttavia: “…attraverso l’azione inibitoria prevista dall’art. 1469-sexies c.c., può superare il fatto specifico ed ottenere l’ordine giudiziale di impedire l’uso contrattuale delle pattuizioni di
cui sia accertata l’abusività, estendendo così la portata del proprio intervento anche al di là della valutazione preventiva90.
La Commissione milanese ha, perciò, osservato che: “…il sistema normativo vigente… consente una specifica interazione fra l’Autorità (di settore) e la C.C.I.A.A., funzionale a garantire una tutela a tutto campo del consumatore, in relazione a quei servizi di rilevanza collettiva, che costituiscono un momento essenziale della vita quotidiana”.
Alcuni anni a seguire la questione è ritornata all’attenzione della Commissione milanese impegnata, in consorzio con la Camera di Commercio di Roma, nella redazione di un parere generale in materia di contratti di fornitura e distribuzione di energia elettrica alle piccole e medie imprese91.
In tale occasione la Commissione ha così affermato: “…nel settore dei servizi di pubblica utilità l’Autorità di regolazione … è dotata di poteri di intervento diretto nel settore attribuitole (art. 2, comma 12, della legge n. 481/1995). Questi poteri, incisivi e numerosi, sono tali da contribuire alla regolazione del mercato utilizzando una disciplina pubblica c.d. di tipo conformativo, cioè dei correttivi esterni alle regole di mercato … Diverso è il compito affidato alle Camere di Commercio. Queste ultime, infatti, non svolgono una funzione di intervento regolatore nel mercato attraverso la fissazione di una disciplina amministrativa di settore, comprensiva vuoi del regime dei prezzi amministrati, vuoi della produzione normativa di tipo secondario…. Esse assolvono più propriamente ad una funzione di garanzia del mercato, di tutela della correttezza delle attività contrattuali. La loro attività non si sviluppa attraverso l’adozione di atti generali di carattere imperativo, atteso che esse non sono dotate del potere di definire singoli rapporti giuridici, incidendo direttamente nella sfera giuridica altrui, al fine della cura concreta di un interesse pubblico”.
Secondo l’opinione espresse sul punto dalle Commissioni camerali, quindi, l’attività delle Camere di Commercio e quella dell’autorità di controllo risultano complementari e pienamente integrabili fra loro, nell’interesse finale della correttezza dei rapporti fra professionisti e consumatori.
90 Così è stabilito dal parere emanato dalla Camera di Commercio di Milano in materia di contratti di telefonia, datato 30 ottobre 2001, in xxx.xx.xxxxxx.xx.
91 Vedere sul punto: “Parere in merito agli equilibri contrattuali nella fornitura e distribuzione di energia elettrica alle piccole e medie imprese”, Camere di Commercio di Milano e Camera di Commercio di Roma, 31 ottobre 2007, in xxx.xx.xxxxxx.xx.
Tale complementarietà si giustifica in ragione della diversa natura dell’intervento posto in essere dai due organismi, in quanto, la natura non vincolante degli interventi delle Camere di Commercio esclude profili di interferenza con l’azione dell’autorità di settore.
Infine, in un parere sulla conformità delle clausole dei contratti assicurativi, la Camera di Commercio di Milano ha sottolineato l’assenza di duplicazione fra l’operato dell’I.S.V.A.P. e l’analisi svolta dalla C.C.I.A.A. sull’applicazione della normativa in materia di vessatorietà delle clausole contrattuali.
La Commissione ha così affermato: “…il contenuto specifico dell’attività svolta dalla Camera di Commercio attraverso l’apposita Commissione è l’analisi sistematica dei singoli testi contrattuali; mentre l’opera dell’I.S.V.A.P. ha carattere più generale. Inoltre l’analisi preventiva dei possibili profili di vessatorietà costituisce per la Camera di Commercio un necessario approfondimento in vista di un eventuale ricorso alle azioni inibitorie, che la legge le attribuisce”92.
In più occasioni, dunque, la Commissione ha escluso che l’attribuzione alla Camere di Commercio del compito di regolazione dei rapporti fra imprese e consumatori costituisse una duplicazione del ruolo svolto dalle Autorità Amministrative nei settori ove le stesse sono chiamate a vigilare, né una forma di interferenza con i compiti a queste assegnati.
14. La procedura di controllo
L’iter di verifica dei contratti fra consumatori e professionisti volto ad accertare l’eventuale presenza di clausole vessatorie può essere avviato d’ufficio, o su richiesta dei consumatori, di associazioni di consumatori, di professionisti, associazioni di professionisti ed enti pubblici.
I soggetti legittimati a dare avvio al procedimento di verifica sono di norma individuati dal regolamento interno di funzionamento della Commissione.
Qualora vogliano avvalersi del controllo suddetto, i soggetti legittimati sono tenuti ad inviare apposita segnalazione scritta alla segreteria costituita in seno alla Commissione di controllo, per mezzo della quale indicare: i propri dati identificativi, quelli dell’impresa o del professionista predisponente, copia delle
92 Vedere:“Parere sulla conformità delle clausole dei contratti R.C. Auto”, Camere di Commercio di Milano, in 30 gennaio 2003, in xxx.xx.xxxxxx.xx.
condizioni generali di contratto di cui si chiede l’esame e ogni altra documentazione che si reputi necessaria.
Il procedimento di controllo può altresì essere attivato su iniziativa d’ufficio dello stesso ente camerale. Ciascun componente della Commissione può segnalare l’esistenza di condizioni generali di contratto, di moduli o di formulari contenenti clausole da sottoporre al controllo di vessatorietà.
Tale ipotesi si verifica principalmente con riferimento ai moduli e formulari contrattuali soggetti ad obbligo di deposito presso le Camere di Commercio, rispetto ai quali la Commissione di controllo è solita svolgere controlli a campione diretti ad accertare l’eventuale presenza di clausole inique93.
Il procedimento di controllo si svolge secondo diverse modalità a seconda di quanto stabilito dal regolamento interno di ogni singola Commissione.
A titolo esemplificativo sarà sommariamente descritto il procedimento di controllo praticato presso la Commissione Unità di Regolazione del Mercato istituita presso la C.C.I.A.A. di Venezia.
Il regolamento adottato dalla Commissione veneziana prevede che l’istanza di controllo pervenuta alla Commissione venga sottoposta ad un esame preliminare da parte dell’ufficio di Segreteria.
Qualora questa non si riveli manifestamente infondata la Segreteria acquisisce eventuali ulteriori elementi ritenuti utili all’istruttoria e trasmette gli atti al Presidente dell’organismo che, a seguito di un ulteriore esame di non manifesta infondatezza, li sottopone al controllo della Commissione.
La Commissione, successivamente, valutata la rilevanza degli elementi esaminati, delibera l’avvio della procedura di controllo che si apre con la comunicazione alle parti interessate dell’avvio del procedimento e l’invito rivolto alle medesime a presentare memorie, documenti e richieste di audizione dinanzi alla Commissione.
A seguito dall’avvio del procedimento ha luogo una fase di scambio di informazioni fra Commissione deputata al controllo e impresa utilizzatrice della clausola presunta iniqua, rispetto alla quale, il soggetto che abbia dato avvio al procedimento, comunque legittimato ad intervenire, rimane tendenzialmente estraneo.
93 Il riferimento va, ad esempio, all’obbligo di deposito presso gli enti camerali dei contratti di mediazione da parte dei soggetti esercenti la professione di mediatore.
Si prevede, inoltre, che la Commissione possa procedere all’acquisizione di ulteriori elementi ritenuti necessari per l’istruzione del procedimento. In caso di audizione delle parti interessate, queste sono convocate con congruo anticipo, possono presentarsi personalmente o assistite da professionisti o da altra persona di fiducia.
Effettuata un’approfondita istruttoria, esperite eventuali audizioni delle parti interessate e, se necessario, sentite le associazioni dei consumatori e le associazioni di categoria interessate, la Commissione di controllo entro il termine di 120 giorni dal ricevimento della comunicazione di avvio della procedura - termine che può essere eventualmente prorogato su richiesta di uno o più membri della Commissione o delle parti, qualora si presentino particolari esigenze istruttorie - emette un parere motivato circa la vessatorietà o meno delle clausole contrattuali prese in esame.
Di regola la Commissione inserisce nei pareri proposte di modifica o di riformulazione delle clausole contrattuali giudicate inique.
Il parere è comunicato tempestivamente dal segretario agli interessati, i quali sono invitati, in caso di esito negativo della procedura, a uniformarsi entro un congruo termine alle proposte di modifica della Commissione, oppure, là dove non ritengano di aderire, ad inviare delle osservazioni di risposta.
Qualora l’impresa predisponente dia prova di volersi uniformare al parere della Commissione mediante una tempestiva modifica del testo contrattuale in uso, l’organo di controllo delibera la chiusura del procedimento che viene tempestivamente comunicata alle parti interessate dalla segreteria.
L’impresa potrà allora richiedere e ottenere l’autorizzazione ad inserire nei contratti per adesione o formulari contrattuali che si sono accertati privi di clausole vessatorie e rispondenti ai requisiti di correttezza, trasparenza e equilibrio contrattuale, l’indicazione che gli stessi sono stati controllati dalla Commissione.
Se, al contrario, nel termine indicato nella comunicazione di modifica delle clausole vessatorie le parti interessate non si uniformino al parere emesso dalla Commissione, quest’ultima può proporre alla giunta camerale l’esperimento dell’azione inibitoria ai sensi dell’art. 37 del d.lgs. 206/05 affinché l’autorità giudiziaria possa inibire all’impresa predisponente l’utilizzo della clausola giudicata vessatoria.
La Giunta adotterà le determinazioni di competenza avendo specifico riguardo alla gravità della fattispecie, al conseguente squilibrio nelle posizioni contrattuali coinvolte ed alla diffusività del regolamento contrattuale oggetto di valutazione94.
Un procedimento almeno in parte diverso è quello adottato dalla Commissione di Controllo della Camera di Commercio di Udine, che prevede all’esito dell’istruttoria che la bozza di parere sia redatta dal Responsabile del procedimento, nominato all’avvio della procedura, e trasmessa ai componenti della Commissione con l’onere per questi di approvarne o meno il contenuto. In assenza di approvazione della bozza così predisposta, si prevede la convocazione della Commissione al fine di procedere alla predisposizione di un nuovo parere, detto “definitivo”, che sarà immediatamente “inviato alle parti contrattuali coinvolte affinché provvedano ad uniformare il tenore del testo alle indicazioni della Commissione”. A seguire l’eventuale segnalazione alla Giunta in caso di inosservanza della proposta di modifica.
94 Un ulteriore modello interessante da considerare è quello proposto dal regolamento che disciplina la procedura di controllo delle clausole vessatorie adottato dalla Camera di Commercio di Verona, là dove si prevede la nomina di un Responsabile del procedimento il quale assume un ruolo centrale nell’articolarsi della procedura stessa. Il responsabile non è membro della Commissione, si tratta di un funzionario o di un dipendente in possesso di specifiche conoscenze e di un’adeguata esperienza nelle materie oggetto di attribuzione della Commissione. Pervenuta la segnalazione, egli dà avvio all’istruttoria procedimentale dandone comunicazione a coloro che hanno inoltrato la segnalazione e a tutti i membri della Commissione di controllo, comunicazione recante: gli estremi dell’Ente camerale titolare del procedimento; l'oggetto del procedimento e gli elementi essenziali della fattispecie; l'ufficio e la persona del Responsabile del procedimento, con avvertimento che, presso tale ufficio, ogni destinatario della comunicazione può prendere visione degli atti e documenti del procedimento e trarne copia; il termine entro il quale le parti che hanno attivato le procedura, ed i soggetti comunque interessati alla stessa, possono esercitare il diritto di essere sentiti e di inoltrare o depositare memorie, istanze, documenti, difese, deduzioni; ed infine, il termine di conclusione del procedimento. Nel corso dell’istruttoria si riconosce in capo al Responsabile la facoltà di sentire d’ufficio ogni persona, impresa o ente, anche diverso dalle parti o soggetti interessati, nonché di richiedere ai partecipanti al procedimento di rendere informazioni e di esibire documenti che mirano ad accertare se le clausole sospettate vessatorie siano state oggetto di trattativa individuale. Conclusa l’istruttoria il Presidente della Commissione, su richiesta del Responsabile, esamina le risultanze della stessa, disponendo alternativamente l’avvio della procedura di valutazione da parte della Commissione oppure ordinando l’archiviazione del procedimento a fronte dell’insussistenza di indizi di vessatorietà. Nel primo caso il Presidente interpella le parti contraenti per verificarne la disponibilità ad avviare, di concerto con la Commissione, trattative intese all’emendamento delle clausole vessatorie rinvenute nel contratto. In caso di assenso le parti interessate, tra le quali quantomeno le parti contraenti, sono convocate avanti alla Commissione per la stesura di una bozza di modifica. Se l’accordo viene raggiunto in forma scritta quanto meno tra le parti contraenti, la Commissione dispone l’archiviazione del procedimento omettendo di formulare il parere. Diversamente, si dice, avrà luogo la pronuncia del parere e verrà segnalata alla Giunta Camerale l’opportunità di esercitare l’azione inibitoria.
Appare singolare il fatto che nelle procedure da ultimo descritte si faccia riferimento alle “parti contrattuali coinvolte” quali destinatarie dell’invito di modifica del testo contrattuale proveniente dalla Commissione, come ad intendere che la modifica proposta, piuttosto che dover riguardare le condizioni generali di contratto, i moduli e i formulari utilizzati dal soggetto predisponente, sia rivolta in senso stretto alla modifica del regolamento contrattuale vigente tra le parti, quasi a favorire tra le stesse una sorta di transazione diretta all’eliminazione della clausola vessatoria dal testo negoziale, sotto la supervisione della Commissione.
E’ interessante rilevare, infine, che il procedimento camerale di controllo è sorretto dalle garanzie procedurali sancite dalla legge 241 del 199095.
Tra i principi fondamentali stabiliti dalla legge sul procedimento amministrativo, nell’ambito della procedura descritta trovano riconoscimento e attuazione i principi di trasparenza, di pubblicità e di economicità dell’azione amministrativa, a garanzia del diritto di partecipazione degli interessati al procedimento di controllo, del diritto di accesso ai documenti amministrativi, del diritto alla motivazione del parere finale ed infine, dell’esigenza di non aggravamento della procedura di controllo. Tali principi, talvolta, sono testualmente richiamati dai regolamenti interni di funzionamento della Commissione.
In particolare, il regolamento sul funzionamento della Commissione di Rovigo richiama espressamente la legge sul procedimento amministrativo stabilendo che: “Ai sensi degli artt. 4, 5 e 6 della Legge 7 agosto 1990, n.241, la Commissione ed il Presidente della Commissione sono rispettivamente l'unità organizzativa e la persona responsabili dell'istruttoria dei procedimenti di controllo”. Lo stesso fa il Regolamento adottato dalla Camera di Commercio di Verona dove si legge: “…in conformità alla legge 7 agosto 1990 sul procedimento amministrativo (la C.C.I.A.A.) articola la procedura in esame di cui al presente regolamento in una fase istruttoria demandata ad un Responsabile del procedimento designato all’interno del servizio di Regolazione del mercato, ed una fase di emanazione del parere di vessatorietà
95 Alcuni autori non mancano, infatti, di sottolineare come la disciplina del procedimento amministrativo introdotta con la legge 241 del 1990, riguardante l’attività dall’amministrazione pubblica come tradizionalmente intesa, si applichi anche all’attività procedimentale delle Autorità Amministrative Indipendenti. Così A. LA SPINA e X. XXXXXXXXX, Le Autorità Indipendenti, Bologna, 2008, 275.
affidata alla Commissione di verifica delle clausole vessatorie nei contratti con i consumatori”.
15. L’oggetto e il parametro di controllo
Proseguendo l’analisi della procedura di controllo delle clausole vessatorie, l’attenzione sarà ora rivolta allo studio dell’oggetto del controllo.
Secondo i più tradizionali schemi classificatori l’oggetto dell’attività di controllo può consistere alternativamente in: soggetti, comportamenti, attività ed atti.
E’ difficile, come già anticipato, ritrovare nella letteratura del 1900 un richiamo al contratto quale oggetto dell’attività di riesame della Pubblica Amministrazione.
Ecco dunque spiegato l’impatto che produce all’interno dell’ordinamento nazionale l’art. 2 comma 4 lettera c) della legge di riforma dell’ordinamento camerale, dove si riconosce la possibilità per le Camere di Commercio di promuovere “forme di controllo sulla presenza di clausole inique nei contratti”.
Dalla lettura a campione dei regolamenti di funzionamento della Commissione di controllo emerge un’esaustiva enunciazione dell’oggetto dell’attività di riesame e verifica.
Vale la pena richiamare a titolo esemplificativo il dettato dell’art. 3, comma 1, del Regolamento adottato dalla Camera di commercio di Verona dove si legge che: “Rilevanti ai fini della valutazione ( della Commissione) sono i contratti aventi per oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizi… Oggetto del procedimento è la valutazione … delle: a) clausole contenute in contratti di diritto privato conclusi tra professionisti e consumatori, predisposte dal professionista e non sottoposte a trattativa individuale; clausole standard e condizioni generali di contratto predisposte da professionisti in moduli o formulari; c) clausole standard e condizioni generali predisposte da associazioni di categoria professionali affinché vengano recepite nei contratti tra singoli professionisti associati e consumatori”.
Il sistema camerale ha delimitato la sfera dei controlli di propria competenza ai contratti aventi ad oggetto “la cessione di beni e la prestazione di servizi” facendo propri i contenuti del decreto legislativo 6 settembre 2005, n 206.
Tuttavia, secondo l’opinione manifestata da alcune Camere di Commercio, l’ambito soggettivo dei contratti sottoposti al controllo della Commissione non corrisponde a quello tracciato dalla disciplina dei contratti dei consumatori; anche i contratti tra imprese sembrano poter formare oggetto di controllo.
Sulla questione le Camere di Commercio di Roma e Milano, hanno così affermato: “Lo squilibrio nei rapporti negoziali, correlato alla presenza di una parte forte è … fenomeno che non investe solo i rapporti tra imprese e consumatore, ma riguarda anche le relazioni tra imprese operanti a livelli diversi di mercato. La circostanza che gli artt. 3, lett. a) e 33 e ss. del Codice del Consumo parlino del consumatore come di un soggetto diverso e contrapposto al professionista, ritenendo che la specifica forma di protezione codicistica sia collegata alla debolezza di chi non si muove abitualmente fra gli schemi contrattuali complessi della fornitura di beni e servizi nel mercato contemporaneo, significa soltanto che le modalità di intervento della Camera di Commercio potranno non essere specificatamente quelle previste dagli articoli citati, ma ciò non esclude che la Camera di Commercio sia comunque legittimata, in base alle proprie funzioni istituzionali, ad indagare sull’equilibrio contrattuale e sul rispetto dei principi generali di equità nei rapporti tra imprese, verificando, in particolare, se specifici meccanismi imposti dall’erogatore di servizi possano condurre a disequilibri a danno del contraente più debole”96.
Pur sottolineando l’impossibilità di inserire fra i “consumatori”, destinatari della norma di legge del codice del consumo, le piccole e medie imprese, “…giacché queste, anche quando possono trovarsi in condizioni analoghe di maggior debolezza o minore conoscenza, sono pur sempre soggetti professionali”, le Camere di Commercio fanno richiamo al proprio ruolo generale di regolatori del mercato per affermare la propria competenza ad “…indagare con piena legittimità sull’equilibrio contrattuale e sul rispetto dei principi generali di equità nei rapporti fra imprese: in particolare verificando
96Così “Parere in merito agli equilibri contrattuali nella fornitura e distribuzione di energia elettrica alle piccole e medie imprese”, Camere di Commercio di Milano e Camera di Commercio di Roma, 31 ottobre 2007, in xxx.xx.xxxxxx.xx.
se specifici meccanismi imposti dall’erogatore di servizi possano condurre a disequilibri a danno del contraente più debole”97.
La funzione di controllo sulla presenza di clausole inique demandata alle Camere di Commercio dalla legge n. 580/93, oggi decreto legislativo 23/2010, viene dunque concepita come una funzione di carattere generale, che può essere estesa ad ambiti diversi da quelli previsti in tema di clausole vessatorie dal Codice del Consumo, allo scopo di verificare quando un contratto fra imprese possa definirsi “non equo”.
Finalità della norma in esame, infatti, è quella di colpire tutte le forme di contrattazione non equilibrata, nella quale, cioè, al momento della conclusione o durante lo sviluppo del negozio, non siano concesse alle parti contraenti le medesime possibilità. Le singole Camere di Commercio, nell’esercizio del compito loro assegnato di garantire un mercato equilibrato, non si limitano dunque alla tutela dei consumatori singoli, ma si occupano di qualsiasi potenziale squilibrio, anche all’interno del mondo imprenditoriale e nei rapporti fra soggetti produttori.
Rimanendo in merito all’oggetto del controllo, l’iter di verifica può riguardare sia le clausole contenute in contratti già conclusi fra consumatori e professionisti, che le condizioni generali di contratto e clausole contrattuali raccolte in moduli e formulari predisposte dai professionisti o dalle associazioni di categoria professionali, di per sé non ancora assorbite da uno specifico accordo negoziale.
Secondo una prassi diffusa, qualunque sia l’oggetto della segnalazione, il contratto nella sua interezza ovvero una singola clausola negoziale, il controllo di vessatorietà viene esteso all’intero regolamento contrattuale sottoposto a controllo. In genere, infatti, la Commissione, pur se ritenuta infondata la segnalazione di parte, dà seguito alla procedura di controllo a fronte di irregolarità eventualmente rilevate d’ufficio su altri punti del testo contrattuale sottoposto ad esame.
Il paradigma normativo elevato a parametro del controllo di vessatorietà è costituito dalle norme sui contratti dei consumatori previste dagli artt. 33 ss del Codice del Consumo.
97Così “Parere sulle clausole inique nei contratti per la fornitura di gas alle piccole e medie imprese”, Camera di Commercio di Milano, 6 dicembre 2005, in xxx.xx.xxxxxx.xx.
In taluni ordinamenti camerali si prevede che il controllo di vessatorietà possa estendersi “all’aspetto del complessivo equilibrio delle posizioni contrattuali”, quasi a lasciar intravvedere la possibilità riconosciuta in capo alla Commissione di ridefinire il testo contrattuale nel suo complesso, attraverso proposte di integrazione e modifica finalizzate a garantire l’equilibrio normativo complessivo dello stesso98.
Tale previsione solleva molteplici dubbi. Andando a sciogliere l’attività di controllo dal mero parametro normativo, attraverso l’attribuzione alla Commissione del potere di riscrivere l’intero testo di xxxxxxxx a garanzia del “complessivo equilibrio del contratto”, si attribuisce all’organo di controllo uno spazio discrezionale dagli incerti confini, e perciò potenzialmente lesivo dell’autonomia privata.
16. Gli esiti dell’attività di controllo e gli effetti conseguenti al parere della Commissione
Il giudizio di accertamento mediante il quale si effettua l’attività di controllo può concludersi con esito negativo o positivo a seconda che la Commissione rilevi o meno il carattere abusivo della clausola sottoposta a riesame99.
All’esito negativo della procedura seguirà, come detto, la chiusura del procedimento con comunicazione alle parti e contestuale archiviazione della pratica.
Maggiori difficoltà sorgono invece in ordine all’individuazione degli effetti conseguenti alla pronuncia di vessatorietà della Commissione.
Come già anticipato, là dove la Commissione rilevi l’esistenza di profili di vessatorietà formula un parere attraverso il quale motiva il proprio giudizio e
98 Vedi art. 13, comma 9, del Regolamento della procedura camerale di controllo delle clausole vessatorie adottato dalla Camera di Commercio di Verona dove si legge: “Il controllo di vessatorietà verterà sia sugli aspetti della trasparenza e chiarezza delle clausole contrattuali sia sull’aspetto del complessivo equilibrio delle posizioni contrattuali”.
99 Cosi X. XXXXX, I controlli internazionali, in Enc. Giur. Trec., cit., 2. Aggiunge sul punto X. XXXXX, Premessa ad uno studio dei controlli giuridici, cit., 16: “Il momento culminante dell’attività di controllo consiste nel giudizio consecutivo al controllo stesso, proveniente dal soggetto controllante che si estrinseca in una manifestazione di volontà destinata a produrre effetti giuridici negativi o positivi sull’efficacia dell’attività del soggetto controllato”. Afferma la letteratura giuridica in materia di controlli: nel primo caso l’attività valutativa di comparazione dell’oggetto del controllo al paradigma ne ricava l’illiceità; nel secondo caso, ovvero di giudizio ad esito positivo, l’azione dell’organo controllante rileva la non corrispondenza dei due dati del giudizio. Nel caso di controllo che accerti l’illiceità dell’oggetto, si dice, affinché sia realizzato il fine stesso dell’azione di controllo è necessario che alla pronuncia, alla manifestazione del giudizio, segua un qualche effetto giuridico.
suggerisce all’impresa una proposta di modifica o di riformulazione della clausola contrattuale giudicata vessatoria.
L’impresa interessata è perciò invitata ad uniformarsi entro un congruo termine alle proposte di modifica della Commissione.
L’atto attraverso il quale la Commissione rivolge tale invito assume la forma di un parere il cui effetto è quello di sollecitare l’impresa predisponente alla revisione della clausola oggetto di controllo, sotto la minaccia dell’esercizio dell’azione inibitoria.
Malgrado l’atto emanato dalla Commissione alla fine del procedimento non abbia natura autoritativa, quanto piuttosto si direbbe consultiva, l’osservanza del parere della Commissione risulta indirettamente obbligata a fronte dell’interesse dell’impresa predisponente di evitare l’instaurazione di un giudizio inibitorio.
Se, infatti, nel termine indicato nella comunicazione di modifica delle clausole vessatorie la parte interessate non si uniformano al parere emesso dalla Commissione, quest’ultima potrà segnalare alla Giunta camerale l’opportunità di promuovere l’azione inibitoria ai sensi dell’art. 37 del d. lgs. 206/05 affinché l’autorità giudiziaria possa definitivamente espugnare dal contratto la clausola iniqua.
Viene da chiedersi, però, se sia veramente la minaccia dell’esercizio dell’azione inibitoria ad indurre il professionista a conformarsi alla proposta di modifica avanzata dalla Commissione, o se invece, alla base dello spirito “conformativo” delle imprese vi sia piuttosto il ruolo di “moralizzatore” delle Camere di Commercio.
Ciò che si registra nella prassi è, invero, una spiccata propensione da parte delle imprese nell’aderire ai pareri emessi dalla Commissione di controllo. Molto rari sono invece i casi di esercizio dell’azione inibitoria all’esito della procedura di controllo; la maggior parte delle Camere di Commercio non ha mai esercitato l’inibitoria ex art. 37 cod. cons., su tali presupposti100.
Lo studio della natura degli atti emanati dalla Commissione di Regolazione del Mercato sarà più specificatamente trattato in alcuni paragrafi a seguire.
100 La Camera di Commercio di Padova ha instaurato dall’entrata in vigore delle funzioni di regolazione almeno tre giudizi inibitori, nessuno ne registrano le C.C.I.A.A. di Venezia e Treviso.
17. L’attività di predisposizione di contratti tipo da parte delle Camere di Commercio
Al fine di arrivare ad uno stadio di soppressione effettiva delle clausole vessatorie e perciò di rimediare agli abusi contrattuali dei professionisti, la maggior parte dei sistemi nazionali dell’Unione Europea ha sviluppato forme di controllo a priori delle condizioni contrattuali attraverso la redazione di contratti collettivi.
Il dialogo tra associazioni dei consumatori e rappresentanti di professionisti ai fini della redazione di contratti tipo equilibrati è una tradizione in taluni paesi come, ad esempio, i Paesi Bassi. Tuttavia, tali pratiche sono oggi molto diffuse nella maggior parte degli Stati membri dell’Unione Europea.
In particolare, nel 1998 la Commissione Europea ha finanziato un progetto proposto da un’associazione di consumatori portoghese, con l’obiettivo di formulare, mediante negoziato con organismi professionali, modelli di contratto per cinque attività economiche note per il gran numero di controversie individuali riguardanti clausole considerate abusive.
Si trattava dei contratti di vendita, mediazione di beni immobiliari, multiproprietà, contratti di viaggio, contratti di acquisto e di vendita di autoveicoli d’occasione e contratti di riparazione di veicoli in panne. L’attività ha dato esiti molto positivi confermando l’efficacia dello strumento della negoziazione collettiva in relazione all’esigenza di contrastare l’inserzione di clausole vessatorie nei contratti dei consumatori101.
Secondo l’opinione della dottrina, tale strategia di lotta contro le clausole abusive costituisce un modello più ambizioso di quello consistente nell’eliminazione giudiziale delle stesse clausole, posto che la stessa mira ad evitare l’inserzione di clausole svantaggiose per il consumatore attraverso la definizione preventiva di modelli contrattuali attraverso negoziazioni collettive. Se un consumatore non può, individualmente, che aderire alle condizioni contrattuali proposte dal professionista, le associazioni dei consumatori possono, al contrario, negoziare con le associazioni dei professionisti per
ottenere delle condizioni contrattuali più eque102.
101 Sul punto cfr. Relazione della Commissione Europea, del 27 aprile 2000, sull’applicazione della direttiva 93/13, in xxx.xx.xxxxxx.xx.
102 J. CALAIS-XXXXX, X. XXXXXX, Droit de la Consommation, Parigi, 2010, 241.
In Italia il compito di promuovere la redazione di contratti tipo è stato affidato alle Camere di Commercio fin dal 1993103.
La legge 580 del 1993 ha attribuito, infatti, agli enti camerali la funzione di predisporre contratti tipo e di promuoverne l’utilizzo tra imprese, loro associazioni e associazioni dei consumatori e degli utenti.
Per contratto tipo si intende uno schema contrattuale aperto e non vincolante che viene negoziato da soggetti diversi da coloro che stipuleranno i singoli contratti, in quanto predisposto dalle associazioni rappresentative dei consumatori e dei professionisti, il cui contenuto potrà essere eventualmente recepito all’interno di contratti futuri104.
Si tratta di modelli contrattuali semplificati, privi di clausole inique; essi vengono concepiti come strumenti di carattere preventivo, che consentono la diffusione di regole contrattuali trasparenti ed eque, e che contribuiscono a prevenire il contenzione fra imprese e consumatori.
L’elaborazione di tali modelli è stata rimessa alle Commissioni di Regolazione del mercato, organo collegiale istituito all’interno delle Camere di Commercio, composto, come già anticipato, da esperti in materie giuridiche, a cui prendono parte tramite audizione anche i rappresentanti delle associazioni dei professionisti e dei consumatori.
L’iter di predisposizione del contratto tipo prevede, infatti, che i modelli contrattuali redatti dalle Commissioni di regolazione, vengano sottoposti nel corso del procedimento di approvazione, all’esame delle associazioni professionali e di categoria interessate e delle associazioni dei consumatori, che propongono variazioni o modifiche motivate.
All’esito della procedura, il risultato sarà quello di giungere alla redazione concertata di un modello contrattuale in grado di realizzare un equo contemperamento degli interessi contrapposti di professionisti e consumatori, sottoscritto dalle diverse parti che hanno partecipato ai lavori.
103 Sulla contrattazione collettiva di consumo cfr X. XXXXXXX, Contratto, legge e regolazione, in Autonomia privata e Autorità Indipendenti a cura di X.Xxxxx, cit., 65; G. DE NOVA, Contratto, in Enciclopedia delle scienze sociali, supplemento I, pubblicato in xxx.xxxxxxxx.xx; X. XXXXX’, Camere di Commercio e contratti tipo: nuove regole per scambi e conflittualità nel settore risicolo, in I contratti, III, 2005, 319. Sempre in materia di contratti collettivi X. XXXXXXXXX, Le fonti dei privati, in Giur. Cost., 2010, 1895.
104 Per la presente definizione vedi X. XXXXXX, Presentazione del progetto nazionale di divulgazione dei contratti tipo e del controllo sulle clausole inique: obiettivi e risultati, in xxx.xxxxxxxxx-xxxx.xxxxxx.xx.
Nel corso degli anni gli interventi effettuati dalle singole Commissioni di regolazione hanno toccato ambiti contrattuali estremamente differenti al fine di coprire tutti quei settori che si sono dimostrati maggiormente forieri di controversie.
Nell’anno 2006, allo scopo di promuovere i risultati raggiunti dalle diverse Commissioni di regolazione del mercato operanti sul territorio, nonché al fine di favorire una maggiore sinergia fra le stesse, il Ministero dello Sviluppo economico ha approvato e finanziato un progetto di: “Divulgazione a livello nazionale dei contratti-tipo e dei pareri sulle clausole inique”105.
Il progetto aveva lo scopo di verificare l’eventuale iniquità delle clausole contenute nei modelli contrattuali standard in uso nei principali settori economici sotto la direzione e il coordinamento di Unioncamere, nell’intento di favorire un’azione integrata a livello nazionale delle singole Camere di Commercio, con il coinvolgimento costante delle associazioni imprenditoriali e delle associazioni dei consumatori.
La prima fase del progetto ha visto la costituzione di un Tavolo di Lavoro attorno al quale si sono riunire le Camere di Commercio coinvolte nel progetto.
Oggetto della missione, il compito di uniformare le procedure di predisposizione dei contratti tipo e di partecipazione in ambito locale delle associazioni di categoria alle negoziazioni; di individuare eventuali settori di intervento in relazione ai modelli contrattuali maggiormente esposti all’inserimento di clausole inique; infine, di stabilire modalità di condivisione nazionale del lavoro svolto a livello locale dalle singole Camere di Commercio. L’elaborazione di linee guida operative e di una regolamentazione uniforme per la costituzione e il funzionamento delle Commissioni di regolazione del mercato presso le singole Camere di Commercio ha rappresentato un importante passo in avanti verso una maggiore omogeneità delle procedure in
atto presso le singole realtà camerali106.
Inoltre, l’obiettivo di coinvolgere nell’attività di convalidazione e condivisione nazionale dei contratti tipo, oltre che le contrapposte associazioni di categoria anche le pubbliche istituzioni, ha portato alla costituzione di una Commissione nazionale di coordinamento, composta dai rappresentanti del
105 Decreto della Direzione Generale per la Tutela del Consumatore, del 2 marzo 2006, art. 9.
106 Così X. XXXXXX, Presentazione del progetto nazionale di divulgazione dei contratti tipo e del controllo sulle clausole inique: obiettivi e risultati, in xxx.xxxxxxxxx-xxxx.xxxxxx.xx.
sistema camerale, dal Ministero dello Sviluppo Economico e dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, sotto il coordinamento di Unioncamere.
Nei due anni previsti dal progetto sono stati realizzati molteplici modelli contrattuali nei diversi settori di intervento prescelti dalle singole Commissioni. Sono stati elaborati, infatti, contratti tipo relativi al settore del Turismo (Multiproprietà; Albergo, Alloggio–B&B), dell’Artigianato (c.d. Pacchetto condominio: Impianti termici e Impianti elettrici condominiali), del Commercio (Vendita on-line di beni di consumo, Somministrazione di volumi, Vendita di enciclopedia), dell’Edilizia (Appalti di lavoro privati, Immobili da costruire - preliminare d’acquisto) e dei Servizi (Centri di estetica e benessere, Scuola guida, Trasporto marittimo di persone); oltre ai cinque “pareri sulle clausole inique inserite nei contratti”, relativamente ai settori del: Commercio (Vendita on-line di beni di consumo); Finanziario (Carte di credito revolving); Servizi (Centri di estetica e benessere; Corsi di formazione, Scuola guida), e al “Codice di Condotta” relativo agli Immobili da costruire (preliminare
d’acquisto).
Nel 2010, anche alla luce del ruolo centrale che la legge di riforma dell’ordinamento delle Camere di Commercio del 15 febbraio 2010, n.23, ha riconosciuto alle “funzioni di regolazione del mercato”, il sistema camerale, sotto la direzione di Unioncamere, ha promulgato un nuovo progetto di divulgazione a livello nazionale e territoriale dei contratti tipo107.
Ciò si pone chiaramente in linea con il ruolo oggi rivestito dalle Camere di Commercio di organismi di regolazione, aventi il compito di contribuire alla creazione di un mercato trasparente ed informato, regolato da norme chiare, conosciute e condivise e di accrescere la fiducia degli operatori verso il mercato stesso.
18. Un procedimento uniforme di predisposizione di contratti tipo
In conformità a quanto previsto dall’articolo 2, comma 4 lett. b) e c) della legge 580/1993 le Linee Guida elaborate dal Tavolo di Lavoro costituito nel 2006 disciplinano le attività di predisposizione di contratti tipo e la redazione di
107 In parallelo sta proseguendo l’attività di predisposizione e promozione di nuovi contratti tipo attraverso l’operato del Tavolo di Lavoro e della Commissione nazionale di coordinamento.
pareri e codici di condotta da parte delle Camere di Commercio italiane, al fine di garantire una maggiore uniformità di intervento e la condivisone dei risultati raggiunti a livello di sistema camerale nazionale108.
Il Tavolo di Xxxxxx affida alle Camere di Commercio che lo compongono il compito di predisporre contratti tipo o pareri in un determinato settore economico.
Il procedimento delineato prevede che nell’esecuzione delle attività necessarie allo svolgimento dei compiti assegnati, ciascuna Camera di Commercio agisca in conformità al proprio regolamento interno e nel rispetto delle fasi operative tracciate dalle Linee Guida.
Nella prima fase del procedimento, detta istruttoria, la Camera predisponente provvede all’acquisizione di tutti gli elementi in fatto ed in diritto ritenuti necessari per il corretto svolgimento dell’attività; all’esame preliminare dei contratti in uso nel settore economico affidato, fa seguito l’invito rivolto alle altre Camere di Commercio di presentare osservazioni e documenti relativi al settore indagato.
Al termine della fase istruttoria l’ente camerale, in conformità a quanto previsto nel proprio regolamento, redige la bozza di contratto-tipo ovvero la bozza di parere sulla vessatorietà delle clausole, che viene immediatamente sottoposta al controllo delle associazioni dei consumatori e delle imprese coinvolte nel settore economico di riferimento e di ogni altro soggetto la cui audizione si ritenga utile.
Si apre così una fase c.d. di concertazione in cui i diversi soggetti coinvolti nel procedimento esprimono pareri, osservazioni e memorie che vengono sottoposti all’esame della competente Commissione camerale ai fini della revisione del testo originariamente predisposto109; la bozza di contratto tipo o di parere così predisposta viene inviata al Tavolo di Lavoro.
Durante la riunione del Tavolo di Lavoro la Commissione di coordinamento nazionale110 ascolta la relazione della Camera di Commercio predisponente e
108 Esse riguardano peraltro la predisposizione di codici di condotta.
109 Xxxxxxx presentare osservazioni anche le altre Camere di Commercio che compongono il tavolo di lavoro.
110 Così si legge nelle Linee Guida: “Presso l’Unioncamere è costituita la Commissione nazionale di coordinamento, composta da rappresentanti delle associazioni dei consumatori e delle associazioni delle imprese del settore, da esponenti del sistema camerale, da un rappresentante del Ministero per lo sviluppo economico, da un rappresentante dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e da professori universitari e/o esperti in diritto dei
prende in esame i pareri espressi dai rappresentanti delle associazioni dei consumatori e di categoria di livello nazionale, invitati a partecipare all’audizione.
Nella riunione successiva all’audizione, la Commissione apporta al contratto-tipo o al parere tutte le modifiche ritenute opportune, esprimendo formalmente la sua valutazione finale.
Successivamente all’approvazione delle eventuali integrazioni e modifiche apportate dalla Commissione di coordinamento, il contratto tipo o il parere così predisposto viene inserito nella Banca Dati nazionale (accessibile dal sito istituzionale di Unioncamere) e trasmesso a tutte la Camere di Commercio sedute al Tavolo di Lavoro al fine della loro approvazione secondo quanto stabilito dai rispettivi Regolamenti interni.
Spetterà, poi, ad Unioncamere il compito di provvedere alla promozione di specifiche campagne di divulgazione anche attraverso pubblicazioni scientifiche dirette non solo ai consumatori, ma anche ai professionisti ed agli operatori economici in genere.
19. I riflessi della redazione concertata di modelli contrattuali sull’applicabilità della normativa a protezione del consumatore
L’attribuzione alle Camere di Commercio di poteri di predisposizione di contratti tipo ha riportato all’attenzione della dottrina civilistica il problema della rilevanza della trattativa collettiva111.
Sappiamo, infatti, che una delle caratteristiche principali delle condizioni generali di contratto si ritrova nel fatto che le stesse sono predisposte da una sola delle parti del contratto.
Tale requisito, viene messo grandemente in discussione quando si faccia uso di modelli contrattuali predisposti da associazioni di categoria.
Attraverso l’attività di predisposizione di contratti-tipo, infatti, le Camere di Commercio promuovono la formazione bilaterale e dialogica di modelli contrattuali in modo da recuperare a livello collettivo ciò che il singolo
contratti ed in diritto dei consumi. La Commissione nazionale di coordinamento ha il compito di esaminare i testi dei contratto tipo, dei pareri e dei codici di condotta al fine di esprimere osservazioni, che potrebbero comunque essere recepite nel testo definitivo, secondo le modalità specificate al successivo”.
000 Xxx. X. XXXXXXX XXXXXXXXXX, Xxxxxxxxx collettiva, in Enc. dir., IV, Milano, 1959, 369 ss.
consumatore, a causa della propria posizione di debolezza ha perduto come individuo: il potere sostanziale di determinare il contenuto regolamentare del contratto.
Il contratto tipo, come specificato dalla giurisprudenza, si caratterizza dal punto di vista soggettivo per il fatto che entrambi i contraenti sono associazioni di categoria, e dal punto di vista funzionale e oggettivo perché le stesse associazioni provvedono alla redazione di un regolamento contrattuale tendenzialmente completo112.
Esso costituisce il risultato di trattative condotte a parità di condizioni tra soggetti rappresentativi dei futuri contraenti.
Il problema che la predisposizione di contratti tipo solleva è dunque quello di capire che effetto produca la costruzione bilaterale della clausola sulla disciplina di cui agli artt. 33 ss. del Codice del Consumo113.
In base al disposto dell’art. 34, comma 4, Cod. Cons., infatti, non sono vessatorie le clausole che hanno formato oggetto di trattativa individuale.
Secondo parte della dottrina, a tale scopo assumerebbe rilevanza anche la
c.d. trattativa collettiva da parte delle contrapposte associazioni di categoria, purché essa venga svolta da soggetti titolari di interessi speculari a quelli delle parti del singolo contratto114.
Da ciò discenderebbe che, quando lo schema contrattuale viene negoziato da associazioni di consumatori e associazioni dei professionisti, in linea di principio si cadrebbe fuori dal campo di applicazione della normativa sulle clausole vessatorie.
La rilevanza della trattativa collettiva, specifica la dottrina, non si esaurisce nell’ambito del fenomeno della rappresentanza delle associazioni di categoria posto che fulcro della questione, sotto il profilo in oggetto, non è la riferibilità delle precetto alla volontà delle parti del singolo contratto, quanto piuttosto il fatto della produzione bilaterale della clausola.
112 Cass. Civ. 29.11.91, n. 12835, GI 1992, I, 1, 1512.
113Dottrina e giurisprudenza si sono già occupate della questione con riferimento alla disciplina di cui all’art. 1341 cc. Nel senso di escludere l’applicabilità della disciplina sulle clausole vessatorie ai contratti tipo si è espressa autorevole dottrina: X. XXXXXXXX, Le condizioni generali di contratto, Padova, 1954, 27; G. DE NOVA, Le Condizioni generali di contratto, in Tratt. dir. civ. X. Xxxxx, Torino, 1993,281.
114 X. XXXXXXX, Contratto-tipo e class action. Contributo allo studio dell’autonomia collettiva nei rapporti di consumo, Napoli, 2008, 73 ss.
Secondo tale indirizzo, infatti, la rilevanza della trattativa collettiva nell’ambito dell’art. 34 cod. cons. non dipenderebbe dall’esistenza di un potere effettivo di rappresentanza in capo al soggetto collettivo, quanto invece dal fatto di poter qualificare la sua attività a tutela degli interessi della categoria alla quale appartiene il soggetto che diverrà parte sostanziale del contratto115.
Per il consumatore questo riconoscimento è legale, e precisamente spetta alle associazioni dei consumatori e degli utenti che, in possesso dei requisiti specifici di rappresentatività, democraticità ed onorabilità di cui all’art. 137 Cod. Cons., sono iscritte nell’elenco previsto dalla medesima disposizione di legge116.
Sarebbe indubbio, quindi, secondo il presente indirizzo, che l’attività di costruzione del modello contrattuale per futuri ed eventuali rapporti tra consumatori e professionisti rientri tra i compiti istituzionali delle associazione dei consumatori a garanzia del fondamentale diritto del consumatore alla “correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali”, sancito all’art. 2, comma 2, lett. e) del Codice del Consumo.
Sarebbe significativo in proposito proprio il richiamo dell’art. 140, comma 2, cod. cons. alla legge 29 dicembre 1993, n. 580 sulle Camere di Commercio che espressamente riconosce ai contratti-tipo questa finalità di garanzia.
Per le ragioni esposte, conclude la dottrina, le clausole bilateralmente predisposte dalle associazioni di categoria non possono essere qualificate come unilateralmente predisposte dal professionista, quantunque esse possano poi dal medesimo professionista essere unilateralmente inserite nel singolo contratto.
Secondo tale indirizzo, la circostanza che la clausola sia stata elaborata da soggetti titolari di interessi corrispondenti a quelli delle parti del rapporto individuale sarebbe sufficiente, quindi, per poter affermare che tali clausole sono il risultato di una trattativa collettiva e per tale ragione non possono considerarsi unilateralemente predisposte.
115 Altro, rispetto a quello richiamato, è il problema della tecnica alla stregua della quale le clausole oggetto di trattativa collettiva diverranno in concreto fonte del rapporto contrattuale.
116 Così X. XXXXXX, Contratto-tipo e class action, cit., 77. Tale dottrina specifica che dal lato dei consumatori, le associazioni che sottoscrivono il contratto tipo devono essere iscritte nell’elenco di cui all’articolo 137 cod. cons.; alla stregua di questa disposizione di legge infatti le associazioni dei consumatori ottengono l’iscrizione e dunque la legittimazione generale ad agire per fini di tutela degli interessi dei consumatori. Cfr. X. XXXXX, Appunti sull’accordo normativo, in Riv. Dir. Priv., 2002, 251.
Altra questione affrontata in relazione alla predisposizione concertata di modelli contrattuali, attiene alla possibilità che la trattativa collettiva, portata a termine con la formale sottoscrizione di un contratto-tipo, possa precludere l’esercizio dell’azione inibitoria alle associazioni dei consumatori che abbiano partecipato all’accordo.
Secondo alcuni autori, infatti, la negoziazione di un contratto-tipo produrrebbe in capo all’associazione rappresentativa dei consumatori che abbia preso parte alla trattativa collettiva: “…l’elisione di ogni interesse a far valere l’azione inibitoria collettiva, seconda la disciplina prevista per i contratti dei consumatori”117.
In ragione di tale assunto, si dice, l’associazione dei consumatori è privata della legittimazione a chiedere l’inibitoria nei confronti del professionista che utilizzi quelle clausole per la disciplina dei propri affari.
Peraltro, tale fatto preclusivo avrebbe effetto non soltanto nei confronti delle associazioni dei consumatori parte del tavolo della concertazione, ma anche nei confronti di quelle che non vi abbiano partecipato.
Ciò alla luce della circostanza che l’efficacia preclusiva discenderebbe dal fatto che tali clausole non presentano il requisito dell’unilaterale predisposizione, dal momento che sono il risultato oggettivo di una negoziazione ad opera di soggetti portatori di interessi contrapposti, e non dalla concreta partecipazione dell’associazione al negoziato118.
La trattativa collettiva, non precluderebbe invece il rimedio individuale di cui all’art. 36 Cod. Cons119.
Il singolo consumatore non perde la legittimazione a far dichiarare nulla la clausola del contratto particolare che sia identica ad una disposizione negoziale del contratto-tipo.
Questa clausola, infatti, pur non essendo unilateralmente predisposta dal professionista, potrebbe essere inserita nel contratto particolare, in modo da determinare, comunque, nel complesso dell’operazione negoziale quel significativo squilibrio, contrario alla buona fede, che la legge vuole eliminare.
117 X. XXXXX, Appunti sull’accordo normativo, cit., 251.
118 X. XXXXXX, Contratto-tipo e class action, cit., 83; cfr: X. XXXXXX, I contratti del consumatore. La trattativa collettiva delle clausole vessatorie, in Contratto e impresa, Padova, 2004, 699 ss.
119 Cfr. X. XXXXX, Appunti sull’accordo normativo, cit., 251; X. XXXXXX, Contratto-tipo e class action, cit., 83.
Tuttavia, secondo la stessa dottrina, la negoziazione bilaterale della clausola potrebbe venire in rilievo a norma dell’art. 34, comma 1, Cod. Cons., come circostanza astrattamente idonea ad escludere la vessatorietà della clausola stessa.
Detta disposizione stabilisce, infatti, che: “La vessatorietà di una clausola è valutata tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione ed alle altre clausole del contratto medesimo o di un altro collegato o da cui dipende”.
Il fatto che la clausola contrattuale unilateralmente inserita dal professionista corrisponda al modello negoziato a livello collettivo, costituirebbe, secondo tale indirizzo, una circostanza astrattamente idonea ad escluderne la vessatorietà.
Spetterebbe dunque al consumatore il compito di provare, in concreto, che la stessa disposizione contrattuale, sebbene frutto di un’originaria negoziazione bilaterale tra associazioni di categoria, determina nell’economia del singolo affare un significativo squilibrio dei diritti degli obblighi derivanti dallo stesso contratto e contrari a buona fede120.
Si può configurare in definitiva, una presunzione semplice di non vessatorietà, che il consumatore potrà vincere con ogni mezzo di prova per le clausole del contratto particolare che, inserite unilateralmente dal professionista, riproducano quelle di un contratto tipo121.
Un ultimo profilo trattato dalla dottrina in relazione alle problematiche legate alla predisposizione di contratti tipo di cui oggi sono investite le Camere di Commercio attiene all’individuazione della tecnica in virtù della quale possa compiersi l’inserimento del contenuto del contratto-tipo nel contratto individuale stipulato dal consumatore.
Precisamente, la dottrina si chiede se l’approvazione del contratto da parte di un’autorità pubblica - nel caso di specie le Camere di Commercio – possa costituire un contegno tale da far sì che il contenuto dei contratti tipo acquisti efficacia precettiva in relazione al rapporto individuale.
120 X. XXXXX, Appunti sull’accordo normativo, cit., 251.
121 X. XXXXXXX, Contratto-tipo e class action, cit., 85.
In particolare, alcuni autori si sono domandati se l’approvazione da parte di un autorità pubblica possa far assurgere l’accordo collettivo a “contratto normativo a formazione associativa”122.
Per “contratti normativi a formazione associativa” si intendono quei contratti in cui almeno una parte sia un ente collettivo che agisce per una determinata classe di soggetti e mediante i quali sono concordate con altro soggetto, singolo o collettivo, le regole da utilizzare nei contratti particolari con un terzo123.
In realtà la dottrina maggioritaria sostiene che l’efficacia generale del contratto normativo a formazione associativa possa essere riconosciuta soltanto da una norma di legge che autorizzi il potere regolamentare dell’associazione124, in mancanza del quale non sarebbe possibile attribuire all’atto valore vincolante.
L’assenza di un potere regolamentare attribuito alle associazioni di categoria partecipanti alla trattativa esclude chiaramente la configurabilità di tale figura contrattuale e perciò la stessa vincolatività dei contratti-tipo.
Seguendo un diverso percorso, altri autori si interrogano, invece, sulla possibilità che le clausole contenute nei contratti-tipo possano essere qualificate in termini di “clausole d’uso”; da una siffatta qualificazione discenderebbe che la clausole collettivamente negoziate assumerebbero valore vincolante rispetto ai contratti successivamente stipulati grazie all’applicazione dell’art. 1340 c.c., norma che stabilisce che “le clausole d’uso si intendono inserite nel contratto, se non risulta che non sono state volute dalle parti”.
Attraverso la qualificazione delle clausole contenute nei contratti-tipo in termini di clausole d’uso si arriverebbe al risultato di attribuire alle stesse efficacia vincolante in forza del loro automatico inserimento nel contratto particolare concluso in seguito alla negoziazione collettiva.
Tuttavia la circostanza che tali clausole sarebbero efficaci a prescindere da una specifica adesione delle parti, porta la dottrina ad escludere l’operatività di un siffatto meccanismo per contrarietà dello stesso all’esigenza di salvaguardare l’autonoma scelta dei contraenti in ordine al contenuto negoziale125.
122 X. XXXXXXX, Contratto-tipo e class action, cit., 85.
123 Definizione di X. XXXXXXX, Il contratto tipo nel diritto italiano, cit., 53.
124 Così X. XXXXXXXXXXXX, I contratti normativi, Padova, 1969, 282 ss.
Affinchè il regolamento collettivo assuma efficacia precettiva con riferimento al rapporto individuale, conclude la dottrina, è necessario un atto riproduttivo, spontaneo e specifico, attraverso il quale il rapporto particolare venga regolato da clausole uguali a quelle del contratto tipo in assenza di espresso dissenso del consumatore126.
CAPITOLO SECONDO
PARTE SECONDA
IL CONTROLLO AMMINISTRATIVO DEI CONTRATTI STANDARD NELL’ORDINAMENTO INGLESE:
L’OFFICE OF FAIR TRADING.
SOMMARIO: 20. Premessa. - 21. L’Office of Fair Trading. - 22. Funzioni di controllo dei contratti standard. - 23. Il procedimento di controllo. - 24. Due casi significativi. - 25. Codici di condotta. - 26. Conclusioni.
20. Premessa
“Although the UK Regulations can be relied on in private law disputes involving consumers, it is the Unfair Contract Terms Unit that has been at the forefront of action against un fair contract terms. Private law enforcement does not provide an effective way of regulating the standard inclusion of unfair terms in adhesion contracts: it is true that success in an individual action will mean that the term is not binding upon that consumer, but its impact beyond that consumer will be limited, and there is no significant pressure on the business to discontinue future use of that term. Further, there will only ever be a trickle of private law actions as most consumers prefer to deal with matters informally, or not at all, rather than pursue complaints by formal legal mechanisms in which the costs of litigation (financial and otherwise) exceed the benefit that stands to be achieved. So far there has only been a handful of cases in which the consumer has , with mix success, relied upon 1994 Regulation …”127.
127 X. XXXXXX, Winning the Battle Against Unfair Terms, in Legal Studies, 20, 2000, 333.
E’ così che un’autorevole dottrina inglese, in un contributo dedicato allo studio degli strumenti di attuazione della direttiva 93/13 in materia di clausole abusive nei contratti dei consumatori, sottolinea il ruolo centrale svolto dall’Office of Fair Trading nel sistema inglese di lotta contro le clausole abusive.
Gli articoli da 10 a 15 dell’Unfair Terms in Consumer Contracts Regulations 1999 attribuiscono, infatti, al Director General of Fair Trading, oggi Office of Fair Trading il compito di sottoporre a propria valutazione ogni reclamo che riguardi l’uso di clausole abusive da parte dei professionisti, al fine di avviare un negoziato con l’impresa diretto alla modifica o all’eliminazione della clausola vessatoria.
Solo là dove le trattative non vadano a buon fine, l’Office of Fair Trading ha il potere di adire le Corti affinché le stesse ingiungano all’impresa di eliminare la clausola dai propri modelli contrattuali.
Secondo la dottrina inglese ci sono diversi metodi che possono essere adottati per regolare il fenomeno dell’inserzione di clausole abusive nei contratti di massa: dagli obblighi di informazione, alla creazione di diritti inalienabili attraverso la previsione di divieti all’uso di determinate clausole; dall’autorizzazione amministrativa preventiva dei modelli contrattuali, alla negoziazione di contratti tipo in concerto con le associazioni dei consumatori e dei professionisti.
La scelta dipenderà chiaramente da un insieme di fattori, e nel caso delle funzioni di controllo attribuite all’Office of Fair Trading è stata quella di assecondare l’esigenza di istituire un organismo che incoraggiasse le imprese a rispettare la normativa in materia di consumo e concorrenza e a migliorare la propria condotta nel mercato; un organismo che agisse con determinazione per fermare palesi violazioni; che studiasse i mercati e raccomandasse interventi legislativi quando necessario; ed infine, rafforzasse i consumatori fornendo loro le conoscenze e le abilità necessarie per compiere scelte consapevoli e ottenere la maggiore utilità dal mercato128.
128 X. XXXXXX, Consumer Law and Policy, Oxford, 2007, 166; X. XXXXXXXXX, X. XXXX,
Consumer Law and Practice, London, 2010, 271.
La dottrina inglese accoglie con entusiasmo le novità introdotte dalla normativa del 1999 ovvero la scelta di investire un organismo amministrativo di poteri di controllo dei contratti standard129.
Fino al recepimento della direttiva 93/13 la disciplina inglese in materia era assai debole.
L’Unfair Contract Terms Act del 1977 limitava, infatti, il proprio ambito di applicazione alle clausole di esonero della responsabilità.
Solo nel 1994, a fronte dell’esigenza di dare attuazione alla Direttiva comunitaria 93/13 sui contratti dei consumatori, il legislatore inglese è intervenuto in materia in modo significativo, attraverso l’emanazione dell’Unfair Terms in Consumer Contracts Regulations del 1994.
La legge riprende i contenuti della direttiva.
Il provvedimento fu ben presto sostituito dall’Unfair Terms in Consumer Contracts Regulations del 1999 che ne ampliava i contenuti attraverso l’istituzione di un apposito apparato amministrativo diretto a garantire l’osservanza e l’attuazione della disciplina prevista dalla stessa regolamentazione.
L’Unfair Terms in Consumer Contracts Regulations del 1999 ha attribuito, infatti, ad un insieme di organismi, amministrativi e non, distribuiti sul territorio nazionale ed appartenenti a diversi settori di mercato, un ampio potere di controllo dei modelli contrattuali abitualmente proposti dai professionisti al fine di segnalare all’Office of Fair Trading la presenza di clausole abusive e sollecitarne l’intervento130.
21. L’Office of Fair Trading
L’Office of Fair Trading è stato istituito dal Fair Trading Act del 1973 che intervenne sulla struttura istituzionale della disciplina allora vigente in materia di concorrenza dettando, altresì, alcune disposizioni sulla protezione dei
129 A.A. LEF, Unconscionability and the Crowd: Consumer and the Common Law Tradition, in University of Pittsburgh Law Revue, 1970, 356 ss; X. XXXXXXX, Institutional Change and Quasi-Invisible hand, in Journal of Law and Economics, 1974, 487.
130 Vedi Schedule I, Regulation 3 Unfair Terms in Consumer Contracts Regulations 1999. I soggetti elencati dalla norma sono: “…The Data Protection Registrar; the Director General of Electricity Supply; the Director General of Gas Supply; the Director General of Electricity Supply for Northern Ireland; the Director General of Gas for Northern Ireland; the Director General of Telecommunications; the Director General of Water Service; the Rail Regulator; Every weights and measures authority in Great Britain; the Department of Economic Development in Northern Ireland; Consumers’ Association”.
consumatori, in risposta, secondo la dottrina, al risentimento causato dalla soppressione del “Consume Concil” nel 1970131.
Il motivo ufficiale dalle creazione dell’Office of Fair Trading fu quello di sottrarre all’arena politica la regolazione del consumo e della concorrenza, al fine di garantire continuità e competenza nello sviluppo di politiche di intervento a lungo termine.
L’Office of Fair Trading è classificato come “non-ministerial governement department”, qualificazione che secondo la dottrina inglese lascia intravvedere l’influenza subita dal modello statunitense delle c.d. “Indipendent Regulatory Agency”, quali organismi concepite come corpi separati dall’indirizzo politico, con ampi poteri di controllo dei mercati, la cui legittimità e autorità si fondano primariamente sull’esistenza di un alto livello di competenza tecnica132.
L’Enterprise Act del 2002 è intervenuto profondamente sulla struttura interna dell’Ufficio, determinando il passaggio da un modello “direzionale” ad una Commissione composta da un minimo di quattro membri in carica per un periodo non superiore a quattro anni, con a capo un ufficio di presidenza.
L’Office of Fair Trading non fa affidamento esclusivo sul personale di servizio, ma si avvale di esperti in materia di consumo e di altri soggetti direttamente provenienti dalle realtà imprenditoriale che grazie ad una maggiore sensibilità ai problemi che si manifestano nel mondo degli affari, fanno sì che l’ufficio possa procurarsi le conoscenze necessarie per un intervento più veloce ed efficace.
L’organismo di controllo deve presentare annualmente al Segretario di Stato un rapporto sulle attività svolte; esso è inoltre soggetto al controllo generale del Parlamento inglese, della Tesoreria di Stato e al monitoraggio del General Audit Office133.
La sua missione è quella di garantire il corretto funzionamento del mercati: da un lato, attraverso un’attività di vigilanza sui comportamenti delle imprese al fine di contrastare eventuali pratiche commerciali sleali nei confronti dei
131 Si tratta di un organismo chiamato a proteggere e promuovere i diritti dei consumatori.
132 X. XXXXXX, Consumer Law and Policy, cit., 455.
133 Organo di controllo della spesa pubblica che agisce per conto del parlamento inglese.
consumatori; dall’altro proteggendo gli interessi dei consumatori dalle condotte abusive dei professionisti nel mercato134.
La particolarità dell’ordinamento inglese sta, dunque, nel fatto di aver appoggiato al medesimo organismo amministrativo l’attuazione della disciplina della protezione dei consumatori dalle clausole abusive e dalle pratiche commerciali sleali.
Il principale obiettivo dell’Ufficio è infatti quello di attuare efficaci meccanismi di controllo e di intervento contro i fallimenti del mercato che si riconducono sia a condotte anticoncorrenziali o abusive delle imprese, sia al deficit informativo dei consumatore nel mercato.
Il legislatore inglese sottolinea a gran voce la complementarietà dei due ambiti, quello della concorrenza e del consumo, rispetto all’obiettivo di garantire mercati competitivi e un buon livello di protezione dei consumatori135. “The consumer sovereignty”, si dice, non deve essere data per scontato: essa costituisce il più importante fattore affinché nel mercato si realizzi una libera
competizione fra imprese136.
Tuttavia, il rispetto della sovranità del consumatore richiede che questi sia adeguatamente ed accuratamente informato e protetto contro il pericolo di scorrette ed ingannevoli tecniche di mercato, nonché contro gli abusi di potere contrattuale.
Così ha affermato il legislatore inglese sul punto: “Consumer protection is itself an integral part of the market economy. This is why competition policy need to be considered as it is… as a hole”137.
Attraverso l’istituzione dell’Office of Fair Trading il governo inglese ha dunque voluto creare un organismo in grado di rispondere ai bisogni dei consumatori nel loro evolversi e proteggerli contro nuove pratiche di abuso da parte dei professionisti.
Allo scopo di consentire ai consumatori le conoscenze e le competenze necessarie per compiere scelte consapevoli e perciò prendere decisioni di acquisto razionali e informate, l’Office of Fair Trading mette a disposizione dei
134 X. XXXXXXX, Consultation on new power to protect consumer, in Hermes Database, February 16, 2000, in xxx.xxx.xxx.xx/xxxx/xx/xxxxxx.xxx.
135 Cfr. X. XXXXXXXXXX, Safeguarding the Consumer Interest. A Comparative Analysis of US Antitrust Law and EC Competition Law, in Journal of Consumer Policy, 2010, 287.
136 X. XXXX, Official Report of Parliament debates, 1972, 453.
137 X. XXXX, Official Report of Parliament debates, cit., 453.
consumatori un’ampia gamma di informazioni attraverso le quali esprime il proprio giudizio sulle condizioni contrattuali utilizzate in determinati settori di mercato138.
Esso gode, inoltre, di ampi poteri di segnalazione nei confronti della Competition Commission, autorità garante della concorrenza e del mercato inglese.
22. Funzioni di controllo dei contratti standard
L’operato dell’Office of Fair Trading può essere ricondotto a due tipi di intervento: quello relativo all’esercizio in senso ampio di funzioni di regolazione del mercato; e quello relativo alla regolazione di pratiche commerciali individuali.
All’interno della prima categoria si riconducono alcune tra le più risalenti funzioni attribuite all’agenzia di controllo, ovvero un’ampia discrezionalità di proposta di legge nei confronti del Parlamento e l’esercizio di poteri regolamentari relativamente alle materie di competenza.
Ulteriori compiti di regolazione del mercato sono stati attribuiti all’Office of Fair Trading dall’Enterprise Act del 2002, che ha introdotto importanti novità in materia di diritto della concorrenza ed ha ampliato ulteriormente le attribuzioni del dipartimento di controllo inglese.
Tale provvedimento, infatti, ha attribuito all’Office of Fair Trading la facoltà di rivolgere al Segretario di Stato raccomandazioni dirette alla realizzazione di modifiche della normativa esistente; il compito di predisporre documenti di consultazione, studi di mercato e fogli informativi diretti a favorire una maggiore conoscenza in capo ai consumatori; e infine, la possibilità di promuovere la negoziazione di codici di condotta.
Alla seconda categoria innanzi richiamata appartengono, invece, le attività di monitoraggio, di autorizzazione e l’esercizio di ogni altra funzione che dia luogo all’instaurazione di un intervento particolare nei confronti di un operatore del mercato.
In tale categoria rientrano, pacificamente, le funzioni di controllo preventivo dei modelli contrattuali.
138 M. G. XXXXX, X. X. LUTH, Behavioral Economics in Unfair Contract Terms. Cautions and Considerations, in Journal of Consumer Policy, 2011, 377.
La dottrina inglese testimonia di una fase, tra gli anni Settante e gli anni Novanta, in cui l’agenzia amministrativa ha dimostrato una scarsa operatività, probabilmente legata, si dice, al disinteresse che la politica di quegli anni aveva manifestato per la disciplina di consumo.
L’Office of Fair Trading subì, infatti, una severa critica da parte del governo laburista eletto nel 1997, che gli contestava i lentissimi progressi fatti nella gestione dei casi di abuso nei confronti dei consumatori e il fallimento nella c.d. “Consumer Credit Policy”.
A detta dell’esecutivo l’agenzia non aveva dimostrato sufficiente entusiasmo nell’esercizio delle funzioni che le erano state affidate.
L’allora Direttore Generala, in risposta alla critica del governo, sottolineò tra le altre cause, la scarsità delle risorse disponibili per far fronte in modo attivo alle istanze di tutela dei consumatori nel mercato139.
Il Governo Laburista del 1997 si occupò con nuovo slancio della materia auspicando l’attribuzione di più ampi poteri all’organismo di controllo e una profonda revisione delle competenze allo stesso affidate in materia di consumo; fu così che ben presto le risorse finanziarie dell’Office of Fair Trading furono aumentate e il suo ruolo di supervisore dei mercati di consumo sostanzialmente potenziato grazie all’ Enterprise Act del 2002.
23. Il procedimento di controllo
A norma di quanto stabilito dagli artt. 10 ss. dell’Unfair Terms in Consumer Contracts Regulations 1999, quando identifica una clausola abusiva l’Office of Fair Trading invita l’impresa a modificarla o ad eliminarla dai propri modelli contrattuali.
Prima di formulare il giudizio sulla vessatorietà l’Ufficio chiede informazioni al professionista interessato dal procedimento di controllo; l’agenzia amministrativa si mette a totale disposizione del soggetto predisponente affinché questi possa replicare alle osservazioni ricevute ed esprimere le proprie ragioni.
Se l’impresa appartiene ad un’associazione di categoria, anch’essa viene chiamata a prendere parte alla procedura.
139 Director General of Fair Trading, Annual Report 1999, in xxx.xxx.xxx.xx.
Nella fase di negoziazione l’Office of Fair Trading cerca di convincere l’impresa al rispetto della normativa di consumo, avvalendosi del potere di adire l’autorità giudiziaria solo nel caso in cui la trattativa non abbia esito positivo.
Nella maggior parte dei casi l’intervento dell’organo di controllo si è risolto con l’emanazione di un invito al professionista a modificare la clausola secondo il suggerimento ricevuto.
E’ interessante rilevare che l’Office of Fair Trading, come risultato della negoziazione intervenuta con l’impresa, riesce ad ottenere anche l’impegno da parte della stessa a non eseguire la clausola oggetto del procedimento con riferimento ai contratti già conclusi.
In questo modo potranno ricevere un vantaggio dalla procedura di controllo non solo i consumatori che in futuro andranno a concludere un contratto con l’impresa, ma anche quelli che siano già parte di un rapporto negoziale instaurato con la stessa, nei confronti dei quali la clausola ritenuta lesiva dall’Office of Fair Trading non potrà essere eseguita.
Una caratteristica del controllo sui contratti standard dell’Office of Fair Trading, sottolinea la dottrina inglese, è che si tratta di un controllo di natura “astratta”.
Esso, infatti, comporta una valutazione di vessatorietà della clausola che non può tenere conto delle caratteristiche del caso particolare a cui la stessa si riferisce.
Così ha affermato la Commissione legilativa nei lavori preparatory dell’Unfair Terms in Consumer Contracts Regulations 1999: “The Director of Fair Trade and the body listed in schedule 1 have power to prevent the use of unfair terms and this may be done in the abstract, in the sense that the precise way in which the clause is presented to the consumer may not be known”140.
L’azione di controllo così esercitata dal dipartimento inglese ha portato al raggiungimento di risultati molto positivi in diversi settori di mercato come quello della telefonia, della vendita di macchine usate, della contrattualistica immobiliare ecc.
140 X. XXXXXX, Consumer Law and Policy, cit.,194; X. XXXXXXXXX, X. XXXX, Consumer Law and Practice, London, 2010, 271 ss.
Nella maggior parte dei casi l’ufficio è riuscito ad ottenere la modifica delle condizioni generali di contratto attraverso rigorosi processi di negoziazione con le imprese, senza dover ricorrere all’esercizio di un’azione giudiziale.
Per quanto riguarda il valore giuridico dei provvedimenti emanati dall’Office of Fair Trading, essi non hanno un effetto vincolate: la normativa riserva questo ruolo ai giudici.
Tuttavia, secondo la dottrina inglese, gli inviti emessi dall’organo di controllo rappresentano un’importante fonte di soft law in quanto delle stesse potranno tenere conto i professionisti nella predisposizione dei propri modelli contrattuali141.
Lo stesso Office of Fair Trading ha affermato che è interesse delle imprese cooperare per il miglioramento dei propri modelli contrattuali; compito del dipartimento di controllo è, infatti, anche quello di assistere le imprese per indirizzarle nella giusta direzione142.
L’Ufficio amministrativo svolge inoltre funzioni di predisposizione di modelli contrattuali che si avvicinano a quelle esercitate dalle Camere di Commercio italiane.
Tra le modalità di intervento dell’Office of Fair Trading, invero, c’è anche quella di intervenire sull’insieme delle clausole maggiormente ricorrenti in un determinato settore di mercato e, in concerto con le associazioni rappresentative degli interessi dei professionisti e il maggior numero possibile di imprese operanti nel settore, redigere modelli contrattuali di indirizzo per le imprese.
Ciò è quanto accaduto, ad esempio, nel settore dell’auto-noleggio, in cui la British Vehicle Rental and Leasing Association, che rappresenta l’85 % delle compagnie di auto-noleggio inglesi, promuove già da qualche tempo il modello di contratto tipo predisposto sulla base delle consultazioni avvenute con l’Office of Fair Trading, i professionisti e le associazioni coinvolte.
24. Due casi significativi
141 X. XXXXXX, Consumer Law and Policy, cit., 194.
142 National Audit Office Report by the Comptroller and Auditor General, The Office of Fair Trading: Protecting the Consumer from Unfair Trading Practices, HC, 1999/2000, in xxx.xxx.xxx.xx.
Uno dei primi settori commerciali in cui è intervenuto con grande successo l’Office of Fair Trading è stato quello relativo ai contratti di telefonia143.
Nel giugno del 1996, l’Ufficio, dopo aver accuratamente visionato i modelli contrattuali diffusi nel mercato da alcune compagnie telefoniche inglesi, ed aver riscontrato negli stessi un numero molto elevato di clausole vessatorie, minacciò nove compagnie del possibile esercizio di un’azione legale nei loro confronti.
Si aprì così una lunga fase di negoziazione che portò alla modifica delle clausole originariamente contestate e alla diffusione nel mercato della telefonia di contratti più equi e trasparenti.
Ad opporre particolare resistenza in tale occasione fu la Compagnia Orange, che solamente sotto la minaccia concreta d’esercizio di un’azione legale ha accettato di apportare alla propria modulistica contrattuale le modifiche suggerite dall’Office of Fair Trading144.
Tra le clausole originariamente contestate dall’agenzia di controllo era contemplata anche quella che prevedeva un termine di 90 giorni di preavviso ai fini dell’esercizio del diritto di recesso dal contratto di telefonia.
Il termine di novanta giorni, affermò l’Office of Fair Trading, doveva ritenersi lesivo della libertà di scelta dei consumatori in quanto rendeva troppo difficoltosa la possibilità di aderire ad offerte più convenienti provenienti da altri operatori telefonici.
La maggior parte delle compagnia telefoniche, come Vodafone, One to One, e Cellnet, pattuirono immediatamente con l’Office of Fair Trading la riduzione del termine di novanta giorni ad un mese. Orange, al contrario, mantenne la durata del preavviso a tre mesi, accettandone la modifica solo sotto la minaccia da parte dell’Office of Fair Trading dell’esercizio di un’azione legale.
Un altro caso, più recente e molto significativo è quello che ha visto contrapposti l’Office of Fair Trading e l’agenzia immobiliare Foxton145.
Nel febbraio 2008, infatti, l’ Office of Fair Trading ha instaurato un giudizio contro l’agenzia immobiliare londinese chiedendo che fossero dichiarate
143A. XXXX, Changes at phone company, in The Gloucester Citizen, 1999, 8.
144Orange forced to drop unfair notice requirement, in Hermes Database, 1998, in
145 OFT welcomes high court ruling on xxxxxx’x use of unfair terms, OFT Press releases 2009, in xxxx://xxx.xxx.xxx.xx/XXXxxxx/xxxxxxxx-xxxxxxxxxxx/xxxxxxxx-xxxxxxxxxxx- completed/foxtons.
abusive alcune clausole contrattuali relative ai contratti d’affitto stipulati dall’agenzia con i proprietari.
L’Ufficio chiedeva all’Alta Corte inglese la concessione di un’ingiunzione diretta ad impedire alla convenuta di utilizzare i medesimi termini contrattuali nei propri contratti futuri.
Le clausola oggetto di contestazione furono di tre tipi: la clausola che prevedeva il diritto in capo all’agenzia di ricevere una commissione dai proprietari in caso di rinnovo del contratto con l’inquilino da parte dell’agenzia stessa; la clausola che dava diritto all’agenzia ad un commissione da parte del proprietario anche nel caso in cui questi alienasse l’immobile ad un terzo; ed infine, la clausola che prevedeva il versamento di una commissione a carico del proprietario in caso di alienazione dell’immobile nei confronti dell’inquilino.
L’instaurazione del giudizio aveva fatto seguito ad una lunga fase di negoziati in cui il dipartimento di controllo aveva invitato Foxton alla modifica delle clausole richiamate, tuttavia senza ottenere alcun risultato.
Con sentenza del 17 luglio 2008, l’Alta Corte inglese dichiarò abusive le clausole oggetto del giudizio in quanto contrarie alla disciplina in materia di clausole vessatorie dettata dall’Unfair Terms in Consumer Contracts Regulations 1999; l’Alta Corte accoglieva, tuttavia, l’argomentazione dell’agenzia immobiliare secondo cui l’ingiunzione poteva dispiegare i suoi effetti solo rispetto ai contratti futuri, non impedendole, invece, di ottenere l’esecuzione della clausole oggetto di ingiunzione rispetto ai contratti già conclusi.
Tra le questioni affrontate nell’ambito della controversia vi era, infatti, anche quella diretta ad accertare se l’ingiunzione contro Foxton potesse avere effetto sia rispetto ai contratti futuri che rispetto a quelli precedentemente conclusi dell’agenzia.
Non soddisfatto di tale risultato, l’Office of Fair Trading impugnò presto la sentenza ed ottenne il risultato sperato.
Nell’aprile 2009, infatti, la Corte d’appello inglese ribaltò la sentenza di primo grado, confermando la tanto sostenuta opinione dell’agenzia di controllo inglese che l’ingiunzione emessa dal giudice potesse produrre effetti tanto rispetto ai contratti già conclusi quanto rispetto a quelli esistenti.
Sul punto la Corte d’Xxxxxxx ha affermato che scopo dell’Unfair Terms in Consumer Contracts Regulations 1999 è altresì quello garantire che i professionisti non abbiano la libertà di perseguire i clienti senza restrizioni, attraverso un contenzioso diretto a far rispettare dei termini contrattuali già giudicati abusivi da una Corte.
25. Codici di condotta
I codici di condotta rappresentano un aspetto centrale della politica di intervento dell’Office of Fair Trading.
Xxxx ha affermato che l’obiettivo in questo modo perseguito è il seguente: “…(to)help consumer indentify trustworthy business to buy from… provide a powerful marketing tool for participating business…(and) sharpen competitive edge by developing best practice within a sector and helping business to respond to market change”.
Nel 2001 è stata introdotta una nuova procedura di approvazione dei codici di condotta che si suddivide in due fasi.
In una prima fase l’OFT accerta il rispetto dei criteri stabiliti in ordine ai contenuti del codice, al procedimento di approvazione; ai reclami; ai meccanismi di applicazione; alla pubblicità ed altri aspetti146.
Nella seconda fase il soggetto predisponente deve dimostrare l’effettiva operatività del codice oggetto di approvazione, ovvero provare che i destinatari ne rispettano i contenuti oltre che un buon livello di soddisfazione da parte dei consumatori.
Al codice così approvato verrà apposto il logo di certificazione dell’Office of Fair Trading.
L’Office of Fair Trading ha descritto i codici di condotta come un’alternativa ai tradizionali strumenti di regolazione, intravvedendo negli stessi una nuova forma di regolazione, c.d self-regulation, che coinvolge i diversi attori del mercato: governi, imprese e associazioni dei consumatori147.
Secondo la dottrina inglese, malgrado tali atti costituiscano delle raccolte di regole non vincolanti, essi possono dispiegare effetto all’interno dell’ordinamento giuridico. Infatti, le regole dagli stessi previste posso essere
146Annex C, OFT Core Criteria for the New Approch to Code of Practice 2001, in
147 Office of Fair Trading Annual Report, 2005-2006, in xxx.xxx.xxx.xx.
incorporate in un contratto individuale, nel qual caso la loro inosservanza determinerebbe una violazione della disciplina in materia di pratiche commerciali scorrette.
26. Conclusioni
Secondo la dottrina, le strategie di negoziazione dell’Office of Fair Trading hanno riscontrato un così grande successo a causa di una pluralità di fattori tra i quali: da un lato, il timore dell’impresa di andare incontro ad una cattiva pubblicità in caso di esercizio di azione giudiziale da parte dell’ufficio; dall’altro, il ruolo di prima linea delle associazioni rappresentative dei professionisti nella fase di negoziazione, le quali hanno a loro volta interesse a mantenere una buona immagine pubblica e ottimi rapporti con l’agenzia di controllo148.
Il lavoro svolto dall’Office of Fair Trading ha avuto un forte impatto nel mercato. Tale organismo ha infatti assicurato l’eliminazione di molteplici condizioni contrattuali inique dai modelli diffusi dalle imprese.
L’operato del dipartimento di controllo nel dare attuazione alla disciplina dell’Unfair Terms in Consumer Contracts Regulations 1999, sembra dunque confermare l’opinione di Xxxxxx Xxxx, richiamata in apertura, sul limitato ruolo delle Corti nella “Battle against unfair terms…” da cui il titolo dell’inverto.
Malgrado i consumatori continuino ad adire le Corti, il numero di azioni si è notevolmente ridotto.
In proposito, sottolinea la dottrina inglese: “ …many consumer handle consumer problem without the intervention of a third party, so that much consumer disputing takes place at the level of two party negotiation”.
L’ Office of Fair Trading, si dice: “…act as bargaining agent for consumer”149.
148L. XXXXXX, Consumer Law and Policy, cit., 454ss.
149LORD XXXXXXXXXX, Collective Bargaining or Legal Enactment: The 1999 Act and Union Recognition; in Industrial Law Journal, 2000, 29, 1.
CAPITOLO SECONDO
PARTE TERZA
TECNICHE DI CONTROLLO DEI CONTRATTI STANDARD NELL’ORDINAMENTO FRANCESE:
“LA COMMISSION DES CLAUSES ABUSIVES”.
SOMMARIO: 27. Premessa. - 28. Un breve inquadramento della disciplina francese in materia di clausole abusive. - 29. La Commission des clauses abusives. – 30. La struttura, l’organizzazione e il funzionamento della Commissione. – 31. Le funzioni della Commissione. – 32. Le Raccomandazioni della Commissione delle clausole abusive. – 33. Segue: Indagine sulla natura delle Raccomandazioni. – 34. Il carattere non vincolante delle Raccomandazioni della Commissione. – 35. Segue: Sull’impugnazione delle Raccomandazioni. – 36. L’influenza delle Raccomandazioni sugli operatori giuridici e del mercato.- 37. Influenza sul potere legislativo. – 38. Influenza sulle pronunce giurisprudenziali. – 39. Influenza sui professionisti. – 40. Due teorie sulla natura delle Raccomandazioni.
27. Premessa
Il presente Capitolo si propone di analizzare il sistema francese di lotta contro le clausole abusive inaugurato dalla Legge Xxxxxxxxx del 1978.
Come già si è avuto modo di sottolineare, il legislatore francese è fra i primi ad aver elaborato un sistema di controllo dei contratti dei consumatori di tipo amministrativo-preventivo, diretto ad impedire la diffusione nel mercato di modelli contrattuali iniqui.
Il fulcro della normativa francese è rappresentato dall’elaborazione di decreti di interdizione delle clausole abusive da parte del Consiglio di Stato e dall’istituzione di una Commissione tecnica, denominata Commission des
Clauses Abusives, investita di funzioni di controllo dei contratti dei consumatori.
La Legge Xxxxxxxxx ha attribuito alla Commissione ministeriale un ampio potere di raccomandazione nei confronti delle imprese attraverso il quale, nel corso degli anni, la stessa ha contribuito in modo significativo alla lotta contro la spregiudicata prassi di inserzione delle clausole abusive nei contratti dei consumatori.
Il controllo giudiziale successivo, se pur contemplato dalla normativa, viene collocato dall’ordinamento francese in secondo piano rispetto all’impianto dei rimedi di tipo amministrativo-preventivo.
Il parlamento francese si è mosso dunque in assoluta controtendenza rispetto al legislatore italiano che, soltanto a fronte del fallimento delle tecniche di controllo giudiziale successivo, nonché sotto la pressione del legislatore comunitario, attende gli anni Novanta per introdurre strumenti di controllo amministrativo dei contratti dei consumatori.
In relazione all’esigenza di individuare la natura giuridica delle attribuzioni conferite alla Commissioni di Regolazione istituite presso le Camere di Commercio italiane e degli atti dalle stesse emanati, è sicuramente interessante lo studio della dottrina e della giurisprudenza francese che si sono occupate nel corso degli anni delle problematiche connesse alle Raccomandazioni emanate dalla Commission des Clauses Abusives.
Pertanto, all’esito di una breve introduzione sulle origini, la struttura, il funzionamento e le attribuzioni della Commission des Clauses Abusives, l’attenzione sarà rivolta prevalentemente allo studio della letteratura giuridica e delle pronunce giurisprudenziali che si sono occupate dell’inquadramento delle attribuzioni e degli atti emanati dalla Commissione di controllo francese.
28. Un breve inquadramento della disciplina francese in materia di clausole abusive
Nell’ordinamento francese il sistema di lotta contro le clausole abusive nei contratti dei consumatori viene introdotto dalla legge Xxxxxxxxx del 10 gennaio 1978 “…sulla protezione e informazione dei consumatori di prodotti e di servizi”, emanata su iniziativa dell’allora Segretario di Stato “Chargè de la consommation”, Xxxxxx Xxxxxxxxx, da cui prese il nome.
Campo di applicazione della disciplina sono i contratti conclusi tra professionisti, non-professionisti e consumatori.
Il riferimento ai “non-professionisti” è il frutto della scelta operata dal legislatore francese di estendere in modo esplicito la tutela riservata al consumatore anche al professionista che conclude il contratto al di fuori dell’esercizio della sua attività professionale – di qui la locuzione “non- professionnel” – in linea con la giurisprudenza francese che aveva preceduto l’emanazione della Direttiva 93/13150.
A norma dell’art 35 della legge Xxxxxxxxx, dovevano ritenersi abusive le clausole “…relatives au caractère déterminé ou déterminable du prix ainsi qu'à son versement, à la consistance de la chose ou à sa livraison, à la charge des risques, à l'étendue des responsabilités et garanties, aux conditions d'exécution, de résiliation ou reconduction des conventions lorsque de telles clauses apparaissent imposées aux non-professionnels ou consommateurs par un abus de la puissance économique de l'autre partie et confère à cette dernière un avantage excessif".
Secondo la definizione restrittiva di clausola abusiva data dalla presente disposizione una clausola poteva considerarsi iniqua solo nel caso in cui: a) avesse avuto ad oggetto uno degli elementi indicati per legge (tra i quali il pagamento del prezzo, la consegna della cosa, ecc.); b) fosse stata imposta da un abuso di forza economica del professionista; e, c) conferisse a quest’ultimo un vantaggio eccessivo.
La disciplina in materia di clausole abusive, originariamente inserita nel capitolo quarto della legge Xxxxxxxxx, nell’anno 1993 è confluita all’interno del Codice del Consumo francese, e precisamente nel tredicesimo titolo, capitolo secondo artt. da L. 132-2 a L.132-5 e da R132-1 a R 132-6, in un capo dedicato alla regolamentazione delle condizioni generali di contratto.
L’attuale formulazione dell’art. L.132-1, intervenuta a seguito del recepimento della direttiva comunitaria 93/13 sui contratti dei consumatori, è la seguente: “Dans les contrats conclus entre professionnels et non- professionennels ou consummateur, sont abusives les clauses qui ont pour objet
150Secondo la giurisprudenza francese la nozione di “non-professionnel” può essere estesa anche agli enti morali ai quali si vuole così applicare la normativa di protezione; così Cass. 15 marzo 2005. Sul tema vedi X. XXXXXXXX, X. XXXX, X. XXXXXXX, X. XXXXXXX-
XXXXXX, in Droit de la consommation, Tout le Droit, collection dirigèe da Xxxxxxxx Xxxxx, Parigi, 2008, 00.
xx xxxx xxxxx xx xxxxx, xx détriment du non-professionnel ou du consummateur, un déséquilibre significatif entre les droits et obligations des parties au contrat”.
Dei tre criteri di definizione del carattere abusivo di una clausola contrattuale tracciati dall’art. 35 della legge Xxxxxxxxx rimane solo la condizione data da uno “squilibrio significativo dei diritti e degli obblighi nascenti dal contratto”, che ha sostituito l’originaria formulazione presente nella legge del 1978 di “vantaggio eccessivo a favore del professionista”. Ai fini del giudizio di abusività della clausola non rileva più ora, né quale sia il suo oggetto, né che la stessa sia stata imposta per effetto dell’esercizio di un abuso di forza economica da parte del professionista.
In termini di sanzione il legislatore francese sceglie di considerare come non scritta la clausola giudicata abusiva. Si legge, infatti, all’art. L.132-1 comma sesto: “Les clauses abusives sont réputées non écrites”.
La particolarità del sistema francese di lotta contro le clausole abusive risiede, tuttavia, nella scelta operata all’epoca dell’emanazione della legge Xxxxxxxxx di affidare al governo il compito di individuare, attraverso l’emanazione di appositi decreti, le clausole da reputarsi abusive previo parere di un’apposita Commissione tecnica.
L’art. 35 della legge del 1978 stabiliva, infatti: “Dans les contrats conclues entre professionnels et non-professionnels ou consommateurs (les clauses abusive) peuvent être interdites, limitées ou réglementées, par des décret en Conseil d’Etat pris après avis de la commission instituée per l’article 36”.
Venne dunque costituita all’interno del Ministero del Consumo la Commission des Clauses Abusives, investita di un ruolo definito dalla dottrina francese come “consultivo”, che tuttora svolge attraverso l’esercizio di diverse attribuzioni151.
Le funzioni consultive della Commissione, infatti, si presentano oggi sotto quattro forme differenti: la Commissione deve dare il sui pareri sui progetti di decreto aventi ad oggetto i tipi di clausole che devono essere considerate abusive; deve cercare all’interno dei modelli di contratto abitualmente proposti
151 Le funzioni esercitate dalla Commissione vengono unanimemente qualificate dalla dottrina come funzioni “consultive”. Xxxx, ad esempio, X. XXXXXXXX, Le pouvoir de recommandations de la Commission des clauses abusives, in Petites affiches, 15 septembre 2006, 185, 4; M. XXXXXXX, Les recommandations de la Commission des clauses abusives ne sont xxx xxx xxxxxxxxx xxxxxxx xxxxx, xx XXXX, 0000, 828.
dai professionisti ai non professionisti o consumatori, le clausole che possono presentare un carattere abusivo e raccomandarne la soppressione.
Il ruolo consultivo della Commissione può essere, inoltre, sollecitato da un giudice in occasione di una controversia in materia di clausole abusive; infine, la Commissione deve stabilire ogni anno il rapporto delle sue attività e proporre eventuali modifiche legislative o regolamentari152.
Il dibattito parlamentare, che ha preceduto l’emanazione della legge Xxxxxxxxx, permette di constatare come il legislatore dell’epoca non volesse attribuire ai giudici il potere di determinare da sé il carattere abusivo di una clausola: il loro ruolo, secondo lo spirito della legge del 1978, doveva consistere esclusivamente nell’applicare i decreti del Consiglio di Stato, presi in attuazione della legge medesima153.
Viene così inaugurato nell’ordinamento francese un sistema di controllo amministrativo delle condizioni generali di contratto, che si contraddistingue per la centralità del potere esecutivo nell’individuazione delle clausole abusive: in base al regime originariamente delineato dalla legge Xxxxxxxxx, infatti, il giudice non poteva dichiarare una clausola abusiva salvo che sulla base di un decreto che ne avesse preventivamente stabilito l’illegittimità.
Ben presto, tuttavia, pur nella esaustività del suo impianto, il sistema si dimostrò inefficiente in forza della mancata adozione da parte del governo dei decreti di interdizione.
Ad oggi, infatti, solo tre decreti sono stati adottati in applicazione del disposto di legge: per primo il decreto del 24 marzo 1978, successivamente confluito negli allora artt. R. 132-1, R.132-2 e R. 211-4 del codice del consumo; per secondo il decreto del 25 novembre 2005 (ex art. R.132-2-1), ed infine, il
152 Le funzioni della Commissione delle Clausole abusive sono elencate agli artt. da L. 534-1 a L.534-3 Cod. Cons.
153 Malgrado, infatti, il progetto di legge originario avesse affidato al giudice il compito di eliminare, caso per caso, le clausole abusive nel singolo contratto oggetto di controllo, il legislatore francese ha optato per una definizione regolamentare delle clausole illegittime previo parere della Commissione delle Clausole abusive. Alla Commissione francese viene, invece, attribuito il compito di esaminare i modelli contrattuali abitualmente proposti dalle imprese ai consumatori affinché la stessa individui le clausole che presentano profili di vessatorietà e, in questo caso, ne raccomandi la modifica o l’eliminazione agli stessi professionisti. Tali Raccomandazioni erano originariamente destinate anche al Ministero del consumo affinchè fosse avviato il processo di definizione del decreto di interdizione delle clausole attraverso il potere regolamentare, come sopra richiamato. Ciò non ha nulla a che vedere con la funzione consultiva esercitata dalla Commissione in occasione dell’adozioni dei decreti di interdizione. Le raccomandazioni costituiscono in tale ipotesi uno spunto per avviare il procedimento di definizione del decreto.
recentissimo decreto n. 2009/302 che ha modificato gli artt. R.132-1, R.132-2, R132-2-1.
La scarsa utilizzazione della suddetta procedura trova ragione, secondo alcuni, nella volontà politica emersa nel corso degli anni di lasciare al potere giudiziario la possibilità di dichiarare una clausola abusiva a prescindere dall’esistenza di un decreto che la prevedesse come tale154.
A fronte della mancata adozione di decreti ministeriali, fu la giurisprudenza ad inaugurare un significativo cambio di tendenza.
Invero, con la sentenza del 14 maggio 1991 la Corte di Cassazione ha autorizzato il giudice a dichiarare una clausola abusiva pur in assenza di un decreto che la ritenesse tale.
Questo orientamento è stato successivamente confermato nel 1995 attraverso la revisione dell’art. L. 132- 1 del codice del consumo, avvenuta in occasione del recepimento da parte dell’ordinamento francese della direttiva comunitaria sui diritti del consumatori.
Se in base al regime delineato dalla legge Xxxxxxxxx il giudice non poteva dichiarare una clausola abusiva salvo che sulla base di un decreto che ne consacrasse l’illegittimità, oggi il giudice è libero di farlo in applicazione della sola definizione tracciata dall’art. L.132-1 cod. cons.
Ciò non toglie che il governo sia rimasto investito del compito di emanare decreti di interdizione delle clausole abusive attraverso l’esercizio del potere regolamentare. E infatti, risale al 2009 l’ultimo decreto emanato dal governo in base all’art. L.132-1, comma secondo.
Si tratta del decreto n. 302 del 2009 adottato in attuazione delle modifiche apportate al codice del consumo per effetto della legge di modernizzazione dell’economia del 4 agosto 2008.
L’art. 86 della stessa legge ha introdotto, infatti, delle importanti novità nel sistema francese di lotta contro le clausole abusive apportando delle significative modifiche all’art. L.132-1 cod. cons. che nella sua formulazione attuale prevede due liste di clausole abusive con forza obbligatoria, l’una nera, di dodici clausole necessariamente abusive, e l’altra grigia, di dieci clausole
154 Secondo l’opinione di alcuni, vista l’inoperatività della normativa in oggetto, la stessa doveva considerarsi abrogata. In proposito vedi X. XXXXXXX, Clauses Abusives, Juris- Calsseur Concurrence – Consommation, 08, 2005.
presunte abusive, rispetto alle quali il consumatore è dispensato dall’onere di dimostrare il carattere illegittimo della clausola.
In base all’art. L.132-1 comma secondo e terzo, nuova formulazione, si prevede infatti, che :“Un décret en Conseil d'Etat, pris après avis de la commission instituée à l'article L. 534-1, détermine une liste de clauses présumées abusives; en cas de litige concernant un contrat comportant une telle clause, le professionnel doit apporter la preuve du caractère non abusif de la clause litigieuse. Un décret pris dans les mêmes conditions détermine des types de clauses qui, eu égard à la gravité des atteintes qu'elles portent à l'équilibre du contrat, doivent être regardées, de manière irréfragable, comme abusives au sens du premier alinéa”.
In attuazione della suddetta legge, il 18 marzo 2009 è stato pubblicato il decreto n. 2009/302 con il quale il Consiglio di Stato, previo parere della Commissione delle Clausole Abusive, ha fissato una lista di 22 clausole – di cui agli artt. R.132-1, R 132-2 e R. 132-2-1 del Codice del consumo - in sostituzione di un elenco precedentemente annesso alla medesima disposizione, il c.d. “annexe”, introdotto dalla legge di riforma del 1 febbraio del 1995 che aveva valore puramente indicativo.
Il fatto che la clausola figurasse nell’ “annexe” del 95 non dispensava, infatti, l’attore-consumatore dall’onere di apportare la prova del carattere abusivo della stessa, assolvendo piuttosto ad un ruolo di supporto decisionale per il giudice.
Secondo alcuni autori, la scelta del legislatore del 1995 di introdurre una lista di clausole abusive dal valore puramente indicativo, si poneva perfettamente in linea con l’idea, piuttosto viva in quegli anni, di lasciare in mano al giudice il potere di stabilire quando una clausola dovesse considerarsi illegittima155.
La legge del 4 agosto 2008 ha abrogato l’Allegato del 1995 ed ha riassegnato un ruolo centrale ai decreti di interdizione delle clausole abusive
155 Ciò lascia particolarmente stupiti se si tiene conto che il progetto della legge di riforma del Codice del Consumo del 1995 prevedeva con largo anticipo, l’elaborazione di tre liste di clausole: una lista nera di clausole necessariamente abusive (il progetto ne aveva previste diciassette), una lista grigia di clausole presunte abusive (il progetto ne contemplava xxxx) e, infine, una lista c.d. incolore, di cui la valutazione del carattere abusivo era lasciata al giudice ( nel progetto ce n’erano otto). Ma in sede di redazione del testo definitivo di legge tutto ciò è rimasto largamente disatteso. X. XXXXXXXXX, L’Autorité des recommandations de la Commmission des clauses abusive, in RDT Civ., 1997, 791.
emanati dal Consiglio di Stato, che pare ridefinire i contorni del potere dei giudici.
La discrezionalità del giudice varia oggi significativamente, infatti, a seconda del contenuto della clausola oggetto del giudizio.
Xxxxxx, se la clausola figura all’interno della lista nera, il giudice si limiterà a verificare la conformità della clausola litigiosa a quella della lista e in caso positivo non potrà che dichiararla abusiva; se la clausola afferisce alla lista grigia, invece, il tribunale avrà il compito non solo di verificare che la clausola litigiosa corrisponda a quella della lista, ma anche di apprezzare le prove eventualmente apportate dal professionista in senso contrario.
Solo nell’ipotesi in cui la clausola non figuri in alcuna delle liste richiamate, il giudice potrà godere del più ampio potere discrezionale che ha contraddistinto il suo operato negli ultimi due decenni, ovvero potrà valutare la vessatorietà della clausola secondo i termini dell’art. L 132-1 (ovvero se la stessa abbia per oggetto o per effetto quello di creare uno significativo squilibrio dei diritti ed obblighi delle parti del contratto).
In questa ricerca i Tribunali possono essere guidati dalle Raccomandazioni della Commissione Clausole Abusive, possono anche avvalersi della facoltà di ottenere un parere della Commissione sul singolo caso, ma rimarranno liberi di disattenderlo.
29. La Commission des Clauses Abusives
La Commissione delle clausole abusive è stata istituita dalla legge Xxxxxxxxx del 1978; si tratta di una struttura amministrativa che oggi si colloca all’interno dell’Istituto Nazionale del Consumo presso l’omonimo Ministero156.
Il suo ruolo è costituito dall’esercizio di funzioni di tipo consultivo nell’ambito del sistema francese di lotta contro le clausole abusive157.
156Sul punto vedi art. L.531-1 che così dispone: “L'Institut national de la consommation, établissement public national, est un centre de recherche, d'information et d'étude sur les problèmes de la consommation”; art. L- 531-2: “L'Institut national de la consommation établit chaque année un rapport d'activité dans lequel figurent, le cas échéant, les propositions de modifications législatives ou réglementaires proposées par les commissions mentionnées aux articles L. 534-1, L. 534-4 et L. 534-7. Les avis des commissions sont annexés au rapport ainsi que les suites données à ces avis. Ce rapport est présenté au Président de la République et au Parlement. Il est rendu public”.
157Per un’analisi approfondita del tema vedi X. XXXXX, H TEMPLE, Droit de la consommation, cit.,195 ss; N. DORANDEU, X. XXXX, X. XXXXXXX, X. XXXXXXX-
XXXXXX, in Droit de la consommation, Tout le Droit, collection dirigèe da Xxxxxxxx Xxxxx,
E’ retta dalle disposizioni legislative e regolamentari del Codice del consumo: artt. L.534-1 a L.534-3, R.132-1, R 132-2, R.132.2.1., R.132-3, R.
132-6, R. da 534-1 a 534-3 e R. da 534-15 a R.534-17; oltre che dal suo regolamento interno.
30. La struttura, l’organizzazione e il funzionamento della Commissione
La legge 1978 ha disciplinato la composizione, il ruolo e le condizioni di funzionamento della Commissione delle Clausole Abusive.
Tali aspetti sono stati nel corso degli anni riformati per effetto dell’intervento di una pluralità di provvedimenti normativi, da ultima la legge
n. 737 del 1 luglio 2010 recante la riforma del credito al consumo, che ha collocato la disciplina della Commissione delle Clausole Abusive all’interno del Libro V, Titolo III dedicato all’Istituto Nazionale del Consumo di cui fanno parte anche la Commissione per la Sicurezza dei Consumatori (L.534.4) e la Commissione di mediazione in materia di consumo (L.534-7).
La riforma del 1993 determinò per prima l’accrescimento del ruolo della Commissione. Venne in tale occasione allargato lo spettro delle sue funzioni, in particolare, fu riconosciuta al giudice la facoltà di chiedere alla Commissione un “avis” sul carattere abusivo delle clausole oggetto del giudizio. Si tratta di un parere che la Commissione deve obbligatoriamente formulare ma che, allo stesso tempo, lascia il giudice libero di decidere se conformasi o meno.
Anche la composizione della Commissione ha subito molteplici modifiche nel xxxxx xxxxx xxxx000. Oggi, è l’articolo R 132-3 del codice del consumo ad occuparsi di tale aspetto.
Essa è composta da 13 membri titolari nominati dal Ministro del Consumo, per un mandato rinnovabile di tre anni di cui: tre magistrati (due dei quali ricoprono la carica di Presidente e Vicepresidente), due esperti in diritto dei contratti, quattro rappresentanti dei consumatori e altrettanti rappresentanti dei professionisti.
In adunanza plenaria la Commissione deve comprendere minimo nove membri, cinque in formazione ristretta.
Paris, 2008, 65ss; Code de la consommation commenté, Parigi, 2009, 221; Code de la Consommation, diretto da X. XXXXXXXX, Parigi, 2010.
158 Per un maggiore approfondimento del tema vedi X. XXXXXXXXX, La réforme de la Commission des clauses abusives, in La semaine juridique, 1993, 100 e 177.
Xxxxxx non sia precisato, secondo i più, la formazione ristretta deve conservare un equilibrio tra le diverse componenti della Commissione, specialmente tra consumatori e professionisti.
Il buon funzionamento della Commissione è garantito dalla nomina di un supplente per ciascun membro titolare, fatta eccezione per il Presidente, nonché dalla presenza di un commissario del governo; detta funzione è esercitata dal direttore generale della concorrenza, del consumo e della repressione delle frodi.
La Commissione è altresì assistita da un Segretario generale e da uno o più relatori permanenti e particolari, designati dal Presidente in ragione delle loro competenze specifiche159.
Al fine di evitare il blocco del funzionamento, è previsto che, in caso di parità, il voto del Presidente sia preponderante. L’esperienza mostra in ogni caso uno spirito di eccellente cooperazione tra i rappresentanti dei consumatori e dei professionisti160.
Un importante aspetto di miglioramento di funzionamento della Commissione è intervenuto a seguito della riforma del 1993 e consiste nella possibilità riconosciuta in capo a soggetti esterni interessati di essere sentiti sia di propria iniziative che su richiesta della Commissione.
I membri della Commissione possono, infatti, sentire tutti coloro che sono suscettibili di apportare delle informazioni rilevanti sui casi oggetto dell’incarico, e di farsi trasmettere tutti i documenti necessari al compimento della loro funzione.
Le parti interessate possono a loro volta chiedere di essere sentite prima della delibera, salvo il caso in cui la Commissione sia stata attivata su iniziativa del giudice; appare, infatti, assolutamente sconveniente che il dibattito fra le parti si sposti dal tribunale alla Commissione.
Il buon funzionamento della Commissione è garantito dalla stabilità indipendenza e imparzialità dei suoi membri che sono nominati per un mandato triennale e non possono deliberare quando siano in conflitto di interesse rispetto al caso trattato.
159 La riforma del 1993 ha contribuito ad un notevole miglioramento del funzionamento della commissione introducendo espedienti tutt’oggi esistenti che hanno determinato il rafforzamento della struttura permanente della Commissione.
160 Così X. XXXXXXXXX, La réforme de la Commission des clauses abusives, in La semaine juridique, cit., 100 e 177.
A norma di quanto stabilito dall’art. R. 132-6 la Commissione può essere attivata su iniziativa del Ministro del Consumo, delle associazioni a tutela dei consumatori e dei professionisti interessate; può inoltre attivarsi d’ufficio, o per iniziativa del giudice nell’ambito della funzione consultiva di cui agli artt. L. 534-4 e R. 132-6.
La Commissione si riunisce almeno una volta al mese per assicurare la continuità del suo lavoro.
31. Le funzioni della Commissione
Il ruolo consultivo affidato alla Commissione si esplica attraverso l’esercizio di funzioni che si pongono quale corollario al suo incarico di osservatore dei modelli contrattuali diffusi dai professionisti161.
Invero, a norma dell’art. L. 534-1 la Commissione deve cercare all’interno dei modelli contrattuali abitualmente proposti dai professionisti ai non professionisti o consumatori, le clausole che possono presentare un carattere abusivo e raccomandarne la soppressione. Fino ad oggi sono state emanate ben settanta Raccomandazioni di cui si avrà modo di parlare più approfonditamente in seguito.
La Commissione è inoltre tenuta alla formulazione di pareri nei confronti del governo con riferimento ai progetti di decreti di interdizione di clausole abusive (L. 132-1, comma secondo) e nei confronti dei giudici, quando dagli stessi sia adita ai fini dell’emanazione di un parere sull’eventuale carattere abusivo di una clausola oggetto di contenzioso (R. 132-6).
La dottrina distingue “les avis” della Commissione – che in questa sede traduciamo con il termine “pareri” - dalle Raccomandazioni.
I primi, si dice, costituiscono degli atti preparatori rispetto alla redazione di altri atti di natura decisoria, amministrativa o giudiziale; le Raccomandazioni, invece, non si inseriscono all’interno di un’operazione procedimentale complessa, bensì rappresentano degli atti diretti, non strumentali all’emanazione di altri atti162.
161 Le funzioni della Commissione delle Clausole abusive sono elencate agli artt. da L. 132-2 a L.132-5 cod. cons. Il funzionamento della Commissione è disciplinato dagli artt. R 132-3 a R. 132-6.
162 X. XXXXX, La participation des autorités administrative indépendantes au règlement des litiges juridictionnels de droit commun: l’exemple des autorités de marché, in RFDA, 2002, 957.
Su tali premesse parte della dottrina critica l’eccessivo ravvicinamento tra Raccomandazioni e funzioni consultive, escludendo che le prime possano essere ricondotte all’esercizio di funzioni consultive come tradizionalmente intese163.
La Commissione deve, infine, stabilire ogni anno il rapporto delle sue attività in cui propone eventuali modifiche legislative o regolamentari. Questo obbligo è descritto dall’art. R. 534-15, comma secondo, Cod. Cons.
Il rapporto di attività è un documento completo che fa generalmente il punto sull’anno trascorso in termini di attività (bilancio e lavori in corso), del funzionamento interno e del seguito giurisprudenziale, regolamentare e legislativo dato alle attività della Commissione.
Questo rapporto è pubblicato sul BOCCRF ovvero Bulletin officiel de la concurrence, de la consommation et de la répression des fraudes.
32. Le Raccomandazioni della Commissione delle Clausole Abusive
Secondo il disposto dell’art. L. 534-1 la Commissione delle Clausole Abusive controlla i modelli contrattuali abitualmente proposti dai professionisti agli utenti, al fine di verificare se questi documenti contengano clausole vessatorie.
Corollario del ruolo di osservatore dei modelli contrattuali della Commissione è il potere, ad essa attribuito, di emettere delle Raccomandazioni attraverso le quali la Commissione invita i professionisti alla soppressione o alla modifica delle clausole che la stessa ritiene illegittime.
Le Raccomandazioni della Commissione costituiscono un provvedimento di carattere generale ed astratto rivolto, oltre che ai professionisti, al Ministero del Consumo, affinché quest’ultimo provveda all’adozione di un decreto di interdizione delle clausole abusive.
A titolo esemplificativo riportiamo in nota la più recente Raccomandazione della Commissione affinché il lettore possa apprezzarne il contenuto e la struttura164.
163 X. XXXXXXXX, Les actions administratives informelles, in RIDC, 1994, 645.
164 Recommandation xx00-00 xxxxxxxx xxx xxxxxxxx xx xxxxxxxxxx xxxxxxxx (XXXXXX du 25/06/2010)
La Commission des clauses abusives,
Vu l’article 3 de la loi du 15 novembre 1887 ;
Vu les dispositions xx xx xxx xx 0000-0000 du 9 décembre 2004 ;