L’affitto d’azienda. Focus sul trattamento ci- vile e fiscale dei beni ammortizzabili dati in affitto
L’affitto d’azienda. Focus sul trattamento ci- vile e fiscale dei beni ammortizzabili dati in affitto
di Xxxxxxxx Xxxxxxxx() e Xxxxxxxx Xxxxxxx()
Negli ultimi anni il contratto di affitto d’azienda si è rivelato uno strumento particolarmente utilizzato. Accanto allo scopo classico di consentire al concedente di ricavare un corrispettivo per l’esercizio della sua impresa da parte di terzi soggetti, l’affitto di azienda permette anche il conseguimento di ulteriori fini (gestione di una crisi, passaggio generazionale, affitto infra- gruppo, ecc.) senza il necessario e definitivo trasferimento del complesso aziendale.
Tuttavia, a fronte di un impiego sempre crescente di tale istituto, le (poche) norme dettate dal legislatore, tanto civilistiche quanto fiscali, non sempre riescono a far fronte ai problemi sollevati dalla prassi operativa costringendo, non di rado, l’interprete ad una gravosa attività ermeneutica.
Premessa
L’ampia diffusione negli ultimi anni dell’affitto d’azienda è collegata al carattere ‘non invasivo’ dell’istituto che consente, in molti casi, il perseguimento di aspettative di carattere extrafiscale, evitando di ricorrere alle tradizionali ‘operazioni straordinarie’.
Infatti, con l’affitto d’azienda, il concedente trasforma la struttura rischio-rendimento connaturata all'azienda con l'aspettativa, da un lato, di assicurarsi un rendimento periodico dell'investimento formalmente predeterminato e quindi certo, nella misura del canone, e, dall'altro, di mantenere nel tempo il valore economico del complesso aziendale dato in gestione. Per converso, l'affittuario assume, invece, la responsabilità dell'esercizio di un'attività economica senza dover effettuare un investimento iniziale1.
Malgrado gli interventi normativi sul fronte fiscale che ne hanno reso più gravosa l’utilizzazione2, comun- que l’affitto d’azienda mantiene tutt’oggi intatta la sua ‘attrazione’, grazie soprattutto alla duttilità ed alla idoneità a svolgere svariate funzioni e a costituire lo strumento negoziale più adeguato in relazione ad un vasto numero di situazioni economiche3.
1. Profili civilistici
1.1 Inquadramento
Il contratto di affitto d’azienda è disciplinato dall'art. 2561 c.c. il quale, pur regolando l'usufrutto di azienda, si applica anche all'ipotesi di affitto in conseguenza del richiamo ad esso effettuato dall'art. 2562 c.c..
* Avvocato – Studio legale tributario A&C Avvocati e Commercialisti associati – Milano
** Avvocato – Studio legale tributario A&C Avvocati e Commercialisti associati – Milano
1 X. Xxxxxxxxx, X. Xxxxxxx, Affitto di azienda. Estensione del nuovo regime di tassazione delle locazioni all‟affitto di azienda: rifles- sioni circa le strategie e i calcoli di convenienza formulabili dai soggetti contraenti, in Il fisco n. 42/2006, pag. 6494 e segg.
2 Ci si riferisce, in particolare, alla norma antielusiva introdotta con l’art. 35, comma 10-quater D.L. 4 luglio 2006 n. 223 (di cui si par- lerà innanzi) finalizzata ad impedire la diffusione di comportamenti elusivi basati sul sistematico ricorso al contratto di affitto d’azienda, anziché a quello di locazione immobiliare, al solo fine di evitare il prelievo fiscale collegato alla disciplina delle imposte indirette gravanti sulle locazioni di fabbricati strumentali.
3 X. Xxxxxxxxx (a cura di), L‟affitto d‟azienda tra norme di legge e clausole di autonomia privata, in Notariato n. 5/2010, pag. 531 e segg.
In base alla suddetta disposizione, per effetto della stipulazione del contratto di affitto d’azienda, il conce- dente - proprietario del bene - attribuisce l'intera gestione dell'azienda di cui è proprietario ad un soggetto terzo - affittuario - il quale, in conseguenza di ciò, si obbliga a "gestire l'azienda senza modificarne la de- stinazione e in modo da conservare l'efficienza dell'organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte".
Ai sensi di tale norma, quindi, l'affittuario - al fine di garantire la conservazione dell'efficienza del 'sistema' aziendale - subentra nella pienezza dei rapporti facenti capo al concedente ed acquisisce prerogative di godimento e di disposizione sostanzialmente equivalenti a quelle del proprietario giacché estese non solo sulle dotazioni di scorte (c.d. capitale circolante) ma anche sugli impianti aziendali (c.d. capitale fisso)4.
Oggetto del contratto di affitto è una azienda, considerata come il complesso unitario di tutti i beni mobili e immobili, materiali e immateriali concessi in godimento, in quanto organizzati unitariamente per la pro- duzione di beni e servizi5. Tra l’altro, perché si abbia affitto d’azienda non necessariamente occorrono tut- ti gli elementi che normalmente la costituiscono, ben potendo alcuni di essi – specie quelli immateriali, quale l’avviamento – mancare oppure non essere funzionanti al momento del sorgere del contratto6 pur- chè il loro difetto non comprometta l’unità economica del complesso affittato e la sua potenzialità produt- tiva7.
1.2 Le norme applicabili. I confini tra affitto d‟azienda e locazione di immobile.
All’affitto d’azienda si applicano gli artt. 2112 (mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimen- to d’azienda), 2557 (divieto di concorrenza) e 2558 (successione nei contratti). Non sono, invece, appli- cabili gli artt. 2559 (crediti relativi all'azienda ceduta) e 2560 (debiti relativi all'azienda ceduta) c.c., salvo diversa pattuizione8.
Al contratto „de quo‟ sono applicabili anche numerose norme della disciplina generale dell’affitto9. Si af- ferma che il coordinamento tra la disciplina dell’art. 2561 e la disciplina generale dell’affitto deve avvenire sulla base dei seguenti principi: le disposizioni degli artt. 2562-2561 c.c., in quanto norme speciali riguar- danti l’affitto d’azienda, prevalgono in caso di contrasto sulla disciplina generale, salvo che si tratti di di- sposizioni specificamente legate alle caratteristiche dell’usufrutto d’azienda ed incompatibili con quelle del suo affitto; nel qual caso si deve ricorrere ai principi generali in materia di affitto10.
In base a quanto disposto dall’art. 2555 c.c., l’azienda può essere composta sia di soli beni mobili, sia di beni mobili ed immobili. Nel caso in cui l’azienda concessa in affitto si componga anche di immobili, per stabilire se le parti abbiano voluto stipulare un contratto di locazione d’immobile oppure d’affitto d’azienda, il giudice deve procedere ad una duplice indagine, interpretando, da un lato, la comune inten- zione delle parti contraenti, prescindendo dalle espressioni dalle stesse usate per qualificare il rapporto, e, dall’altro, avendo riguardo all’obiettiva consistenza dei beni dedotti in contratto11.
1.3 La forma
Come esplicitamente previsto dall’art. 2556 c.c., i contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell’azienda devono essere solo provati per iscritto (c.d. forma ad probationem)12.
4 X. Xxxxxxx, Azienda, in Enciclopedia del diritto, Milano, 1959; X. Xxxxxxx, Azienda I, in Enciclopedia giuridica, Torino, 1988; X. Xxxx
- X. Xxxxxxxxx, Commento all'art. 2561 codice civile, in Commentario breve al codice civile, Padova, 2009, pag. 2561.
5 In tal senso, Cass. Civ. 7 novembre 1983 n. 6572.
6 Cass. Civ. 7 ottobre 1975 n. 3178. Come ha meglio chiarito la Suprema Corte in pronunce successive, la ricorrenza di un contratto di affitto d’azienda postula (solo) la potenziale attitudine di tale complesso a realizzare la finalità economica cui è destinato, e non anche, quindi, l’esistenza di una concreta produzione in atto, né la qualità di imprenditore del concedente (Cass. Civ. 28 novembre 1981 n. 6361. In senso conforme: Xxxx. Civ. 6 aprile 1983 n. 2420; Cass. Civ., 9 marzo 1984 n. 1640; Cass. Civ., 17 dicembre 1984 n. 6617). In dottrina: X. Xxxxxxx, Manuale di diritto privato, Napoli, 2004, pag. 1322.
7 X. Xxxxxxxxxxxx, La cessazione del contratto di affitto d‟azienda, in Contratti, 2002, pag. 943 e segg.
8 X. Xxxxxxx, Diritto Commerciale, I, Padova, 1976, pag. 258.
9 Il riferimento è agli artt. 1616-1627 (con la sola esclusione degli artt. 1621 e 1625) x.x. X. Xxxx - X. Xxxxxxxxx, Commento all'art. 2562 codice civile, in Op. cit., pag. 2562.
10 X. Xxxx - X. Xxxxxxxxx, Op. cit., pag. 2562; X. Xxxxxxx, L‟affitto d‟azienda con particolare riferimento alla distinzione dalla locazione immobiliare, in Dir. & Formazione, 2002, pag. 1581. Negli stessi termini anche Cass. Civ., 28 gennaio 2002 n. 993.
11 Cass. Civ., 28 novembre 1981 n. 6361. Conformi: Cass. Civ., 7 novembre 1983 n. 6572; Cass. Civ., 15 ottobre 2002, n. 14647.
12 Si ritiene che la scelta di non imporre la forma scritta per la validità del contratto sia da attribuire ad esigenze di celerità e spedi- tezza dei rapporti commerciali. F. Xxxxxxx, X. Xxxxx, Gli imprenditori e le società, Milano, 2001, pag. 151; G. E. Colombo, L‟azienda e il suo trasferimento, in Tratt. Xxxxxxx, III, L’azienda e il mercato, Padova, 1979, pag. 34; X. Xxxxxxxx, Impresa e azienda, in Tratt.
Ciò non toglie, tuttavia, che, in ragione della natura dei singoli beni che compongono l’azienda (ad esem- pio beni immobili o mobili registrati), o della particolare natura del contratto da cui origina il trasferimento (ad esempio donazione), una particolare forma (scritta o pubblica, rispettivamente, nei due casi prospet- tati) possa esser richiesta per la validità dello stesso contratto (c.d. forma ad substantiam)13.
Il secondo comma del citato art. 2556 c.c. precisa che i contratti in esame, “in forma pubblica o per scrit- tura privata autenticata, devono essere depositati per l'iscrizione nel registro delle imprese, nel termine di trenta giorni, a cura del notaio rogante o autenticante”14.
1.4 Gli obblighi per le parti
La stipula di un contratto d’affitto d’azienda impone degli obblighi sia in capo al concedente sia in capo all’affittuario.
Gli obblighi per il concedente possono essere fondamentalmente individuati nella consegna dell’azienda all’affittuario secondo le caratteristiche pattuite nel contratto d’affitto in modo che essa possa servire all’uso ed alla produzione a cui è destinata (1617 c.c.) e nel divieto di concorrenza per tutta la durata dell’affitto (art. 2557, comma 4, c.c.)15.
Maggiori sono i vincoli in capo all’affittuario e sono riassunti nell’art. 2561, commi 1 e 2, c.c.
Ai sensi dell’art. 2561, comma 1, c.c., l'affittuario deve esercitare l'azienda sotto la ditta che la contraddi- stingue, onde evitare il depauperamento dell'avviamento commerciale dell'azienda e, di conseguenza, un danno nei confronti del nudo proprietario16.
In base al comma 2 della medesima norma, l'affittuario, altresì, deve gestire l'azienda nella prospettiva di tutelare l'interesse del nudo proprietario a non vedere ridotta l'efficienza del complesso aziendale, in vista di un ritorno nella posizione di imprenditore. A tale scopo si ritiene che egli abbia l’obbligo non solo di ri- costruire ma anche trasformare ed eventualmente alienare le scorte di materie prime e di prodotti finiti, nonché di sostituire gli impianti non più efficienti o tecnicamente superati e, in genere, tutti gli elementi a- ziendali la cui sostituzione è in linea con la prospettiva di conservazione dell'avviamento17.
1.5 La successione nei contratti
La norma di cui all’art. 2558 c.c. - dettata in materia di cessione di azienda e ritenuta comunemente ap- plicabile anche all’affitto di azienda - pone il principio, derogabile volontariamente, del trasferimento ex lege dei contratti aziendali a prestazioni corrispettive non ancora completamente eseguite da entrambe le parti e che non abbiano carattere personale18.
Questa disciplina si sovrappone a quella generale in materia di cessione del contratto ed a quella specia- le dettata eventualmente per i singoli contratti trasferiti. In deroga alle regole generali di cui agli artt. 1406 e segg. c.c., il subingresso avviene automaticamente ed è efficace nei confronti del terzo contraente sen- za che questi debba accettarlo o che sia necessario dargliene comunicazione19.
Xxxxxxxx, X, Xxxxxx, 0000, pag. 760; X. Xxxxx, Lezioni sull‟azienda, in AA. VV., L’impresa, Milano, 1985, pag. 48. In giurisprudenza: Cass. Civ. 3 aprile 1993, n. 4053; Cass. Civ.,23 agosto 1990, n. 8618.
00 X. Xxxxxxxx, Xx nuove regole formali e pubblicitarie per i trasferimenti di azienda, in Riv. Not., 1994, pag. 339; X. Xxxxxxxx, X. Xxxxx, Appunti sul trasferimento d‟azienda, in Riv. Dir. comm., 1994, pag. 356.
14 La dottrina prevalente sostiene che la forma qui stabilita può essere qualificata come ad regularitatem o ‘integrativa’, nel senso che alla forma scritta, richiesta ad probationem, si aggiunge quella autentica, richiesta ai fini dell’iscrizione. Ciò, di conseguenza, implica che, malgrado atto pubblico e scrittura privata autenticata non siano imposti a pena di nullità, gli stessi, comunque, costitui- scono forma obbligata in funzione dell’iscrizione che è certamente adempimento obbligatorio. X. Xxxxxxxxx, Commento agli artt. 6 – 9, L. 12 agosto 1993, n. 310, in Nuove leggi civ. comm., 1996,, pag. 20; X. Xxxxxx, La trasparenza nelle cessioni di azienda e nei trasferimenti di partecipazioni sociali, in Riv. Dir. comm., 1998, I, pag. 1004; X. Xxxxx, La “legge Mancino” e la circolazione della ricchezza imprenditoriale: forma degli atti e funzioni di polizia, in Riv. Dir. comm., 1994, pag. 286. In giurisprudenza: Tribunale di Li- vorno, 9 giugno 1997 in Notariato, 1997, pag. 247.
15 La consegna dell’azienda secondo le caratteristiche pattuite in modo che possa servire alla funzione a cui è destinata e il divieto di concorrenza sono obblighi inderogabili. Sul punto: X. Xxxxxxx, Op. Cit., pag. 1325.
16 L'istituto de quo consente, dunque, all'affittuario di acquistare la qualità di imprenditore di un'azienda che non è di sua proprietà, ma che deve conservare al nudo proprietario nella sua destinazione, funzionalità, identità e capacità di richiamo della clientela. Sul punto: Bonfante, Cottino, L‟imprenditore, I, Trattato di diritto commerciale, Padova, 2001, pag. 656.
17 Illegittimo è, di conseguenza, ogni mutamento nella composizione dell'azienda che ne pregiudichi l'avviamento o ne modifichi l'i- dentità. X. Xxxxxxx, Op. Cit., pag. 29. Idem: X. Xxxx - X. Xxxxxxxxx, Commento all'art. 2561 codice civile, Op. cit., pag. 2561.
18 X. Xxxxx, Il contratto di affitto di azienda, in Notariato n. 42/2000, pag. 354.
19 Cass. Civ., 14 maggio 1997, n.4242. Negli stessi termini: Cass. Civ., 8 giugno 1994, n.5534.
1.6 La cessazione dell‟affitto e differenza tra consistenze d‟inventario.
L'art. 2561, comma 4, c.c. riconosce all'affittuario al termine del contratto, per effetto dell'art. 2562 c.c., l'indennizzo in danaro corrispondente alla differenza tra le consistenze d'inventario all'inizio ed alla fine del rapporto sulla base dei valori correnti al termine dell’affitto.
Per il calcolo della differenza delle consistenze di inventario deve farsi riferimento alla data di cessazione del contratto di affitto e non a quella di effettivo rilascio dell'azienda20. Ai fini di detta verifica è necessario, pertanto, l’esistenza in concreto di un inventario iniziale21.
Nessun compenso, invece, è dovuto all’affittuario per l’eventuale sviluppo dell’avviamento, anche se de- terminato dalla sua attività. Invero, l’avviamento non può farsi rientrare tra le ‘consistenze’ (materiali o immateriali) dell’azienda e non fruisce, perciò, dell’indennizzo ex art. 2561, comma 4, c.c. previsto solo per gli incrementi delle ‘consistenze’ prodotti dall’affittuario22.
2. Profili fiscali
2.1 Le imposte dirette. Inquadramento: la tassazione dei canoni di affitto.
Il regime di tassazione dell’affitto d’azienda è piuttosto articolato e le problematiche fiscali ad esso colle- gate riflettono, in gran parte, quelle riguardanti i profili contabili dell'operazione.
Ai fini delle imposte dirette, occorre distinguere l’ipotesi in cui il concedente sia un soggetto che, a seguito della stipulazione del contratto di affitto, perde la qualifica imprenditoriale23 dall’ipotesi in cui il concedente sia un soggetto che, dopo aver concesso in affitto l'azienda, prosegue un'attività imprenditoriale.
Nel caso di affitto dell'unica azienda dell'imprenditore individuale, i redditi da questi prodotti configurano ‘redditi diversi’, ex art. 67, comma 1, lett. h) del TUIR ed esulano dal regime del reddito d'impresa. Ai sen- si dell'art. 71 comma 2 del TUIR, il reddito imputabile all’ex imprenditore è pari alla differenza positiva tra l'ammontare percepito nel periodo d'imposta e le eventuali spese sostenute per il mantenimento del com- plesso aziendale. L'imputazione del reddito deve avvenire in base al criterio di cassa e,quindi, tenendo conto dei soli canoni effettivamente percepiti nel periodo d'imposta, dedotte le spese come sopra indivi- duate.
Nel caso in cui il concedente sia costituito in forma di società commerciale (di persone o di capitali) o sia un imprenditore persona fisica titolare di una pluralità di aziende, la qualifica di imprenditore non viene meno per effetto dell'affitto dell'azienda. Ne consegue che il canone percepito dal concedente nell'eserci- zio d'impresa, al pari di tutti i componenti reddituali rilevati nel corso del contratto di affitto, viene attratto nella disciplina propria del reddito d'impresa, sia ai fini delle imposte dirette che dell'Irap. Tali disposizioni trovano applicazione anche nel caso in cui l'azienda data in affitto sia l'unica posseduta dall'impresa col- lettiva. Infatti, ai sensi degli artt. 6 comma 3 ed 81 comma 1 del TUIR, rispetto alle società di persone e di capitali, così come agli enti commerciali residenti nel territorio dello Stato, la qualifica imprenditoriale, ai fini delle imposte sui redditi, si presume ed impedisce di configurare eventuali ‘redditi diversi’24.
In relazione all'affittuario, invece, non si pongono particolari problemi. Per effetto del contratto di affitto, in- fatti, questi acquista la qualifica di imprenditore e, conseguentemente, i componenti reddituali negativi dallo stesso sostenuti rilevano secondo i criteri propri del reddito d'impresa; pertanto, i canoni corrisposti per l'affitto dell'azienda, in quanto costi per godimento di beni di terzi, sono deducibili dal reddito d'impre- sa secondo gli ordinari criteri di competenza stabiliti dall'art. 109 del TUIR.
2.2 Il trattamento dei beni ammortizzabili
La disciplina fiscale dell’ammortamento dei beni compresi nell’azienda data in affitto è configurata nell’art. 102, comma 8 (beni materiali) del TUIR, richiamato dall’art. 103, comma 4 (beni immateriali) del TUIR medesimo. Essa è direttamente collegata alla normativa civile dell’ammortamento dei beni contenuta
20 Cass. Civ., 24 agosto 1998, n. 8364.
21 Cass. Civ., 28 gennaio 2002, n. 993.
22 Cass. Civ., 20 aprile 1994 n. 3775.
23 E’ il caso dell'imprenditore individuale che concede in locazione l'unica azienda. A questa situazione può essere parificata quella del soggetto che, pur essendo proprietario di azienda, non ha mai posseduto lo ‘status’ di imprenditore (ad es. erede).
24 Si segnala, tuttavia, che, secondo la Corte di Cassazione, la società che concede in affitto la sua unica azienda, dal momento in cui inizia la decorrenza del contratto di affitto, non può più beneficiare della deducibilità degli interessi passivi relativi all'attività commerciale svolta prima della concessione in affitto dell'azienda, in quanto occorre sempre e comunque un collegamento tra reddi- to d'impresa e componente negativo deducibile (Cass. Civ., 29 marzo 2006, n. 7292).
nell’art. 2561 c.c. (così come richiamato dall’art. 2562 c.c.) in base al quale compete all’affittuario l’onere di conservare l’efficienza dell’azienda, pur potendo le parti derogare a tale principio, mantenendo in capo al locatore detto onere.
Sulla base di tale premessa, il TUIR delinea una diversa disciplina a seconda del fatto che si sia derogato o meno all’art. 2561 c.c.25
2.2.1. Assenza di deroga contrattuale all‟art. 2561 c.c.
Nell’ipotesi di assenza di deroga contrattuale, l’art. 102, comma 8 del TUIR prevede la deducibilità delle quote di ammortamento dei beni d’azienda data in affitto dal reddito dell’affittuario. Per effetto di ciò si de- termina il superamento della regola secondo cui l’ammortamento di un bene risulta subordinato al verifi- carsi delle due condizioni coesistenti in capo allo stesso soggetto della proprietà (o di altro diritto reale) e dell’utilizzo diretto del bene strumentale26. Invero, come da più parti è stato sostenuto,27 sarebbe ingiusto riconoscere al concedente il diritto alla continuazione degli ammortamenti per beni di cui, in conseguenza dell'affitto d’azienda, non ha più la disponibilità.
L’Amministrazione finanziaria ha chiarito che l’affittuario si sostituisce al concedente nelle relative “posi- zioni fiscali” riferibili agli elementi patrimoniali trasferiti, con la conseguenza che i relativi valori fiscali for- matisi in capo al concedente risultano attratti nella sfera giuridico-tributaria dell’affittuario28. Pertanto, dalla data di decorrenza del contratto di affitto, fanno capo all’affittuario le spese di manutenzione dei cespiti, nonché gli stanziamenti al fondo di reintegrazione del valore degli impianti. Simmetricamente, ai fini fisca- li, le quote di ammortamento, durante il periodo di esecuzione del contratto, vengono dedotte dall’affittuario e non dal concedente secondo il piano di ammortamento predisposto originariamente dal secondo29 30.
2.2.1.1 Il fondo contabile dell‟affittuario
Due sono le interpretazioni offerte per l’inquadramento contabile degli ammortamenti effettuati dall’affittuario.
In base ad una prima tesi ‘sostanzialista’, occorre fare riferimento alla reale disponibilità dell’azienda. Per- tanto, poiché per effetto della stipulazione del contratto l’affittuario assume il controllo effettivo dell’impresa, tutte le attività e le passività devono essere inserite nella sua contabilità generale come beni di proprietà. Di conseguenza, anche l’ammortamento dei beni deve avvenire secondo l’ordinaria procedu- ra di attribuzione della quota di ammortamento a fondo ammortamento31.
Secondo, invece, un altro orientamento ‘formalista’ (e che trova come suo sostenitore anche l’Erario), i beni possono essere iscritti nel bilancio solo quando si realizza anche il passaggio della proprietà, con la conseguenza che, nel caso dell’affitto d’azienda senza deroga al regime ex art. 2561 c.c., l’affittuario de- ve utilizzare esclusivamente i conti d’ordine. Il fondo costituito dall’affittuario come contropartita delle quo- te di ammortamento dedotte durante il periodo di locazione è un fondo anomalo, in quanto esso non ha natura rettificativa di valori patrimoniali iscritti nell’attivo del bilancio, bensì rappresenta gli accantonamen- ti effettuati dall’utilizzatore per reintegrare l’eventuale perdita di valore subita dai beni aziendali durante il periodo di affitto in conseguenza del loro deperimento e consumo che dovrà essere reintegrata a vantag-
25 X. Xxxxxxxxx, X. Xxxxxxx, Affitto di azienda. Estensione del nuovo regime di tassazione delle locazioni all‟affitto di azienda: rifles- sioni circa le strategie e i calcoli di convenienza formulabili dai soggetti contraenti, Il Fisco n. 42/2006, pag. 6494.
26 Cass. Civ., 24 gennaio 2001, n. 997. Conforme: Cass. Civ., 15 gennaio 2007, n. 675.
27 X. Xxxxxxx, Logorio e perimento dei beni nell'usufrutto d'azienda, in Rivista delle Società, Milano, 1967; G. U. Tedeschi, Le dispo- sizioni generali sull‟azienda, in Trattato di diritto privato, Torino, 1983.
28 Risoluzione Agenzia Entrate 5 novembre 2008 n. 424/E.
29 Ai sensi dell’art. 102, comma 8 del TUIR, la deduzione delle quote di ammortamento del reddito d’impresa dell’affittuario presup- pone la regolare tenuta del registro dei beni ammortizzabili (ovvero il libro degli inventari di cui all’art. 2217 c.c. o, per le imprese mi- nori di cui all’art. 66 del TUIR, il registro degli acquisti tenuto ai fini Iva) da parte dell’affittuario, in conformità alle risultanze del regi- stro del concedente, nonché la commisurazione delle quote di ammortamento al costo originario dei beni “quale risultante della con- tabilità del concedente”. Nel caso in cui il concedente non abbia tenuto regolarmente il registro dei beni ammortizzabili, è consentita la deduzione delle quote di ammortamento da parte dell’affittuario fino a concorrenza del costo non ancora ammortizzato dal con- cedente, considerando dedotto il 50 per cento delle quote relative al periodo di ammortamento già trascorso.
30 Coerentemente a tali principi, qualora vi siano regimi che consentono la rivalutazione dei beni d’impresa, l’affittuario sarà legitti-
mato ad effettuare anche la rivalutazione (Circolare Agenzia Entrate 18 giugno 2001 n. 57/E, par. 1.1.).
31 Circolare Assonime 10 maggio 2000 n. 34.
gio del proprietario dell’azienda32.
Malgrado il dibattito sull’argomento sia tuttora aperto33, costituisce prassi consolidata l’iscrizione dei beni compresi nell’azienda ceduta in affitto nei soli conti d’ordine del bilancio dell’affittuario e conseguente ammortamento con attribuzione quota a fondo accantonamento34.
2.2.1.2 Il conguaglio finale corrisposto al concedente
L’applicazione dell’art. 2561 c.c. comporta per l’affittuario, da un lato, l’obbligo di conservare l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti, effettuando gli investimenti e le manutenzioni (anche straordinarie) necessarie al perseguimento dell’obiettivo indicato, e, dall’altro, la configurazione, alla cessazione del contratto di affitto, di una posizione creditoria (o debitoria) nei confronti del concedente, visto che i beni immessi dall’affittuario, che determinano “differenza tra le consistenze d‟inventario all‟inizio ed al termine dell‟usufrutto”, devono essere ricondotti ad una valutazione “sulla base dei valori correnti al termine dell‟usufrutto” (art. 2561, comma 4, c.c.).
Alla scadenza del contratto di affitto d’azienda, l’affittuario riconosce al concedente un conguaglio in da- naro quantificato in funzione della differenza di valore dell’azienda all’inizio e alla fine del rapporto.
Va, peraltro, opportunamente evidenziato che in tale fase le somme accantonate nel fondo costituito dall’affittuario non si identificano necessariamente con l’ammontare del conguaglio. Infatti, come chiarito dalla stessa Amministrazione finanziaria, ai fini fiscali rilevano le possibili sopravvenienze che emergono qualora l’ammontare delle quote accantonate nel ‘fondo anomalo’ nel corso del rapporto contrattuale sia- no insufficienti a coprire il conguaglio (sopravvenienza passiva per l’affittuario), oppure l’ammontare delle quote accantonate nel ‘fondo anomalo’ nel corso del rapporto contrattuale superino il conguaglio da corri- spondere (sopravvenienza attiva per l’affittuario)35. Tali sopravvenienze sono rispettivamente deducibili o tassabili in capo all’affittuario e tassabili o deducibili nei confronti del concedente 36 37.
2.2.1.3 La prosecuzione degli ammortamenti fiscali da parte del concedente
Al termine del contratto di affitto, il concedente, laddove decida di continuare l’attività, dovrà proseguire dagli stessi valori fiscali rilevati in capo all’affittuario38.
Si pongono problemi nell’ipotesi in cui le parti, pur non derogando all’art. 2561 c.c., prevedano che non sia dovuto alcun conguaglio finale.
In tale circostanza, per l’affittuario si deve ritenere ammissibile comunque la deduzione fiscale degli am- mortamenti, ai sensi dell’art. 102, comma 8, del TUIR. In occasione della riconsegna dell’azienda al con- cedente, però, l’assenza di conguaglio determina in capo all’affittuario una sopravvenienza attiva intera- mente tassata nel periodo di cessazione del contratto39.
Il soggetto concedente, dal canto suo, deduce nell’esercizio di riconsegna un importo pari alla sopravve- nienza attiva tassata in capo all’affittuario per effetto del mancato utilizzo del fondo di ripristino. Detto im- porto va qualificato come sopravvenienza passiva ai sensi dell’art. 101, comma 4, del TUIR che consente la deduzione dei costi relativi alla sopravvenuta insussistenza di attività iscritte in bilancio in precedenti
32 Nota DRE Xxxxxx Xxxxxxx 7 ottobre 1996 n. 42029. In dottrina: X. Xxxxxxx, X. Xxxxxxxxxxxx, X. Xxxxxxx, X. Xx Xxxxx, X. Xxxxxxxx, Testo Unico delle Imposte sui Redditi – Commentario, Milano, 2009, pag. 2271.
33 La tesi ‘formalista’ non convince pienamente sia perché se il fondo avesse natura di accantonamento, in base ai principi generali, lo stesso non potrebbe essere portato a rettifica del valore dei beni oggetto di affitto in capo al concedente alla scadenza del con- tratto, sia perché l’interruzione degli ammortamenti in capo al concedente si pone in contrasto con il principio di sistematicità degli ammortamenti ex art. 2426, n. 2, c.c. Per proposte alternative si rinvia anche a X. Xxxxxxxxx, La contabilizzazione dell‟affitto d‟azienda: il metodo proposto, Pratica Contabile n. 7/2000 pag. 352.
34 Tale condotta, peraltro, troverebbe conferma anche alla luce dei principi contabili internazionali (Ias-Ifrs). X. Xxxxx, X. Xxxxxxxx, Il contratto di affitto d‟azienda nei principi contabili internazionali, Il Fisco n. 36/2011, pag. 5835.
35 Nota DRE Xxxxxx Xxxxxxx 7 ottobre 1996 n. 42029.
36 M. Xxx, Le imposte sui redditi nel Testo Unico, Milano, 2010, pag. 1802.
37 Nel caso in cui il concedente abbia perso la qualifica di imprenditore, il conguaglio in danaro percepito al termine del contratto do- vrà essere considerato reddito diverso ex art. 67, lett. h) del TUIR, in quanto connesso all’affitto o alla concessione in usufrutto di azienda, tassabile nell’anno di percezione.
38 X. Xxx, Op. cit., pag. 1802. Sul versante dell’Amministrazione finanziaria: Nota DRE Xxxxxx Xxxxxxx 7 ottobre 1996 n. 42049; Risoluzione Agenzia Entrate 5 aprile 2002 n. 909-16127/2002.
39 Nota DRE Xxxxxx Xxxxxxx 7 ottobre 1996 n. 42049.
esercizi, diverse da quelle di cui all’art. 87 del TUIR40.
2.2. Presenza di deroga contrattuale all‟art. 2561 c.c.
Il legislatore, con l’art. 102 comma 8, ultimo periodo, del TUIR ha anche previsto che le parti del rapporto contrattuale, in ossequio al principio di autonomia negoziale ex art. 1322 c.c., possano escludere o limita- re i diritti e gli obblighi connessi all'affitto d’azienda, attraverso deroghe agli effetti automatici del contratto di affitto con l'inserimento di apposite clausole nel corpo del contratto che escludano l'applicazione dell'art. 2561, comma 2, c.c..
La configurazione di tali deroghe presuppone la non piena disponibilità del bene da parte dell'affittuario e, coerentemente, comporta il mantenimento del diritto di deduzione degli ammortamenti in capo al conce- dente. Infatti, il diritto di ammortamento, essendo connesso al diritto di disposizione piena del bene, ri- chiede sempre un potere di gestione incondizionato da parte di chi lo eserciti, con la conseguenza che ogni limitazione al detto 'potere gestorio' automaticamente determina la perdita del diritto di ammortamen- to.
La presenza della deroga comporta che la deduzione fiscale delle quote di ammortamento dal reddito d’impresa viene operata dal concedente, a condizione, tuttavia, che questi abbia conservato la qualità di imprenditore anche dopo avere ceduto l’azienda data in affitto. In caso contrario, infatti, il concedente non genera più reddito d’impresa, con la conseguenza che l’ammortamento risulta precluso ed il deperimento dei beni facenti parte dell’azienda nel periodo di esecuzione del contratto assume rilevanza fiscale soltanto all’atto dell’eventuale successiva cessione dell’azienda stessa, in forma di minor plusvalenza tassabile.
2.3 La cessione dei beni da parte dell‟affittuario.
La cessione dei beni rientranti nell’ambito di un contratto di affitto d’azienda presenta alcune problemati- che ad oggi non ancora pienamente risolte dalla dottrina e dalla giurisprudenza. È forse anche per questo motivo che, nella maggior parte dei casi, nel contratto di affitto viene prevista la restituzione del bene che si intende cedere o dismettere al proprietario-concedente in modo tale che sia quest’ultimo a procedere alla cessione realizzando l’eventuale plusvalenza o minusvalenza.
Infatti, nel caso in cui, invece, sia l’affittuario a procedere alla cessione del bene rientrante nell’azienda af- fittata non si può parlare di realizzazione di plusvalenze o minusvalenze perché il bene non è detenuto dall’affittuario a titolo di proprietà (né di altro diritto reale di godimento) ma solo in virtù di un diritto perso- nale di godimento 41.
La realizzazione di componenti di reddito positivi o negativi in capo all’uno e all’altro soggetto dipende sempre dal valore di cessione del bene, il quale può essere ceduto:
- ad un corrispettivo superiore al suo costo fiscale. In tal caso, l’affittuario rileva una sopravvenien- za attiva al momento della cessione del bene ma, alla scadenza del contratto di affitto, il suo red- dito viene influenzato da una sopravvenienza passiva di eguale valore in virtù dell’aumento del conguaglio dovuto al concedente in base al contratto. Di conseguenza, in tale ipotesi, il reddito del concedente è influenzato dal realizzo di una plusvalenza di importo pari alla sopravvenienza passiva rilevata dall’affittuario;
- ad un corrispettivo inferiore al suo costo fiscale. In tale ipotesi, l’affittuario realizza una sopravve- nienza passiva la quale, secondo una parte della dottrina, dovrebbe essere rilevata solo al mo- mento in cui viene corrisposto il conguaglio e non anche al momento della cessione del bene42.
40 Ai sensi dell’art. 101 comma 4 del TUIR si considerano sopravvenienze passive: a) il mancato conseguimento di ricavi o altri pro- venti che hanno concorso a formare il reddito in precedenti esercizi; b) il sostenimento di spese, perdite od oneri a fronte di ricavi o altri proventi che hanno concorso a formare il reddito in precedenti esercizi; c) la sopravvenuta insussistenza di attività iscritte in bi- lancio in precedenti esercizi diverse da quelle di cui all'articolo 87, vale a dire le partecipazioni che possiedono i requisiti per l’esenzione e che possono dar luogo a plusvalenze esenti. Vi è da notare che la scelta di rendere in tutto o in parte indeducibili i componenti negativi, realizzati su partecipazioni con i requisiti per l’applicazione della participation exemption, trova la propria ratio nella costruzione di un sistema coerente tra vantaggi (esenzione in caso di realizzo di plusvalenze) e svantaggi (indeducibilità nel caso di realizzo di minusvalenze).
41 Nota DRE Xxxxxx Xxxxxxx 5 aprile 2002 n. 909. Per l’inquadramento della categoria dei diritti personali di godimento v. F. Gaz- zoni, Op. cit., pag. 64.
42 Tale impostazione, però, si pone in aperto contrasto con l’art. 109 del TUIR il quale subordina la deducibilità della sopravvenienza passiva al principio di competenza.
In tal caso il concedente realizza una minusvalenza alla quale, però, fa da contraltare la realizza- zione di una sopravvenienza attiva in sede di conguaglio dovuta alla reintegrazione della consi- stenza patrimoniale dell’azienda da parte dell’affittuario.
2.4 Le imposte indirette
In linea di principio l’affitto d’azienda configura un'operazione imponibile ai fini IVA in quanto l'art. 3 com- ma 2 n. 1 del DPR 633/72 la qualifica come prestazioni di servizi e, conseguentemente, per il noto princi- pio di alternatività Iva/Registro, essa è soggetta ad imposta di registro in misura fissa.
Tale regime, tuttavia, è applicabile solo nel caso in cui il concedente sia una società o un imprenditore in- dividuale che affitta un ramo d’azienda o una fra più aziende possedute.
Nel caso in cui, invece, sia l’imprenditore individuale ad affittare l’unica azienda posseduta, il contratto è escluso dall’applicazione dell’Iva, ma rimane soggetto a imposta di registro in misura proporzionale.
L’esclusione dall’applicazione dell’Iva è stata confermata dal Ministero delle finanze in ben due occasioni, dapprima con la Circolare Ministeriale 19 marzo 1985, n. 26/321285 e poi con la Circolare Ministeriale 4 novembre 1986, n. 72/14552, con le quali è stato ribadito che la concessione in affitto dell'unica azienda comporta la sospensione dalla soggettività IVA, con conseguente esonero dagli adempimenti connessi e dal diritto alla detrazione dell'imposta. Il soggetto concedente mantiene il numero di partita IVA ma è eso- nerato dai relativi obblighi richiesti per legge. Se al termine del contratto di affitto si avrà la prosecuzione dell'attività imprenditoriale, si riutilizzerà lo stesso numero di partita IVA e gli stessi registri43.
In questa seconda situazione, con riferimento all’imposta di registro:
- se il contratto prevede canoni separati per la parte immobiliare e per tutti gli altri beni che compongono l’azienda, vanno applicate, rispettivamente le aliquote del 2 e del 3 per cento;
- se il contratto, invece, prevede un unico canone, per le componenti mobiliari ed immobiliari l’aliquota applicabile è del 3 per cento44.
2.4.1. La norma antielusiva
Merita di essere menzionato, infine, l’articolo 35, comma 10-quater, D.L. n. 223/200645 che trova applica- zione nei casi in cui viene concessa in affitto un’azienda con prevalenza di fabbricati. Con tale intervento, il legislatore ha introdotto una norma antielusiva volta a impedire che i contribuenti occultino sotto la veste formale di affitto d’azienda operazioni che sostanzialmente rappresentano locazioni di immobili.
In particolare, la deroga al regime di tassazione dell'affitto d'azienda si ha quando si verificano contempo- raneamente due condizioni:
1. il valore normale dei fabbricati, determinato secondo le regole fissate dall'articolo 14 del Dpr 633/197246, è superiore al 50% del valore complessivo dell'azienda;
2. l'eventuale applicazione dell'Iva e dell'imposta di registro secondo le regole previste per le loca- zioni d'azienda, unitariamente considerata, consente di conseguire un risparmio d'imposta rispet- to a quella prevista per le locazioni di fabbricati47.
I principali chiarimenti in merito alla portata applicativa della norma sono stati forniti dall’Agenzia delle En- trate con la Circolare n. 12/E del 1 marzo 2007 che ha specificato che la norma trova applicazione nelle ipotesi in cui il valore dei fabbricati compresi nell'azienda costituisca la maggior parte del valore dell'a-
43 X. Xxxxxxxx, L‟affitto di azienda nelle imposte indirette, in Corriere Tributario, n. 13 del 2008, pag. 1027.
44 L’articolo 23, comma 1, del TUIR, prevede che "se una disposizione ha per oggetto più beni o diritti, per i quali sono previste ali- quote diverse, si applica l‟aliquota più elevata, salvo che per i singoli beni o diritti siano stati pattuiti corrispettivi distinti".
45 L’art. 35, comma 10-quater, D.L. n. 223/2006 così recita: “Le disposizioni di imposte in materia di imposte indirette previste per la locazione di fabbricati si applicano, se meno favorevoli, anche per l‟affitto di aziende il cui valore complessivo sia costituito, per più del 50 per cento, dal valore normale di fabbricati, determinato ai sensi dell‟articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”.
46 I commi 3 e 4 del Dpr 633/72 così recitano: “3. Per valore normale dei beni e dei servizi si intende il prezzo o corrispettivo media- mente praticato per beni o servizi della stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commer- cializzazione, nel tempo e nel luogo in cui è stata effettuata l'operazione o nel tempo e nel luogo più prossimi. 4. Per la determina- zione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe dell'impresa che ha fornito i beni o i servizi e, in
mancanza, alle mercuriali e ai listini della camera di commercio più vicina, alle tariffe professionali e ai listini di borsa”.
47 La norma, in un'ottica antielusiva, impone, quindi, il confronto tra la disciplina applicabile, ai fini delle imposte indirette, all'affitto d’azienda e quella applicabile alla locazione di fabbricati, per valutare, con riferimento al caso concreto, quale dei due sistemi di im-
posizione comporti una tassazione più vantaggiosa.
zienda stessa e che, poiché la norma per la valutazione dei fabbricati richiama i criteri del valore normale come determinati dall'art. 14 del D.P.R. n. 633/72, tale criterio di valutazione per ragioni di omogeneità deve essere riferito ad entrambi gli elementi del rapporto comparativo, rappresentati dal complesso a- ziendale e dai fabbricati.