COLLEGIO DI MILANO
COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:
(MI) GAMBARO Presidente
(MI) LUCCHINI GUASTALLA Membro designato dalla Banca d'Italia (MI) ORLANDI Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) XXXXXXX Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(MI) VELLUZZI Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXX XXXXXXX
Nella seduta del 19/12/2013 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Con reclamo del 25/02/2013 il ricorrente, titolare di un rapporto di mutuo fondiario, ha lamentato l’aumento della commissione di incasso rata da € 2,00 a € 8,00; tale aumento sarebbe ingiustificato e non troverebbe riscontro nell’«allineamento del costo dei servizi ai costi reali», come indicato nella comunicazione trasmessagli. In particolare,nell’aumentare la commissione, la banca ha fatto riferimento «a un generico “andamento sfavorevole della congiuntura economica e della qualità del credito”, che peraltro non riguarda la commissione medesima. Tale spiegazione non integrerebbe il giustificato motivo prescritto dall’art. 118 TUB. Nella risposta al reclamo la convenuta ha affermato che “il pagamento tramite RID comporta un iter operativo più complesso e oneroso”; tuttavia «l’addebito mensile al ricorrente della rata di mutuo è un’operazione automatizzata e standardizzata […] che non necessita di alcun intervento manuale e/o specifico da parte del personale». L’aumento non avrebbe pertanto alcuna motivazione economica, ma sarebbe una mera penalizzazione per i clienti che hanno aperto un nuovo conto corrente presso altra banca, a condizioni migliori.
Al momento della sottoscrizione del mutuo, inoltre, il documento di sintesi riportava la “commissione incasso rata” senza fare distinzione tra l’addebito su conto corrente intrattenuto presso la stessa banca e il pagamento della rata da parte di altro istituto. Tale nuova voce è stata introdotta nel foglio informativo solo il 26/02/2013 per cui, nel rispetto del contratto sottoscritto, non andrebbe applicata al mutuo che a quella data era già in ammortamento.
La banca segnala che, a seguito della chiusura del conto corrente su cui poggiava il mutuo, i ricorrenti hanno chiesto di procedere al pagamento delle rate tramite RID da altra banca. Tale modalità di pagamento, contrariamente a quanto sostenuto dagli attori,
«comporta molti interventi manuali (scarico transitorio RID, pagamento rata mutuo, quadratura giornaliera del transitorio rate mutuo sospese e del relativo conto di contabilità, senza considerare eventuali insoluti o storni)». Tutti questi interventi sarebbero manuali e giornalieri, giacché la resistente non ravvisa conveniente adottare procedure informatiche per un fenomeno che risulta limitato. La comunicazione di variazione della commissione è stata inoltrata secondo la normativa vigente; essa rappresenta una precisazione della generica “commissione incasso rata”, giustificata dall’esigenza di recuperare i costi del servizio, considerato il meccanismo di incasso rata tramite RID, come precisato anche nella proposta di modifica unilaterale del contratto di mutuo del 24/10/2012. Per ridurre l’incidenza delle spese, nel rispondere al reclamo la resistente ha proposto ai clienti «due ragionevoli soluzioni alternative» che prevedevano rispettivamente l’apertura di un conto corrente al costo di € 2,00 mensili con ripristino della commissione incasso rata nella misura precedente di € 2,00, e la riduzione a € 5,00 della commissione in ricorso.
Il ricorrente chiede il ripristino della commissione nella misura originaria. L’intermediario insiste per il rigetto.
DIRITTO
Nota il Collegio che, secondo un orientamento ormai consolidato, il ius variandi riconosciuto agli intermediari – ancorché l’art. 118, comma 2, del D.Lgs. n. 385/1993preveda la formula “proposta di modifica unilaterale del contratto” – configura un diritto potestativo, che attribuisce il potere di modificare la sfera giuridica della controparte, indipendentemente dall’accettazione o del rifiuto di quest’ultima. Gli effetti sono risolutivamente condizionati all’esercizio del recesso, potere riconosciuto in capo al cliente che subisca la modifica, in senso a sé sfavorevole, delle condizioni contrattuali.
Va ricordato che il nuovo testo dell’art. 118 del D.Lgs. n. 385/1993 – risolvendo problemi di coordinamento tra la disciplina dei contratti bancari e il Codice del consumo – richiede espressamente l’indicazione di un “giustificato motivo” con la proposta di modifica. Sull’esercizio del ius variandi e sulla nozione di giustificato motivo appare utile la Circolare del Ministero dello Sviluppo Economico del 21/2/2007 la quale – risolto il giustificato motivo in “eventi di comprovabile effetto sul rapporto bancario” – ha precisato che “tali eventi possono essere sia quelli che afferiscono alla sfera del cliente (ad esempio, il mutamento del grado di affidabilità dello stesso in termini di rischio di credito) sia quelli che consistono in variazioni di condizioni economiche generali che possono riflettersi in un aumento dei costi operativi degli intermediari (ad esempio, tassi di interesse, inflazione
ecc.)”. “Il cliente deve essere informato circa il giustificato motivo alla base della modifica unilaterale, in maniera sufficientemente precisa e tale da consentire una valutazione circa la congruità della variazione rispetto alla motivazione che ne è alla base”.
Dall’esame dei documenti in atti emerge che,nella “proposta di modifica delle condizioni contrattuali” si fa genericamente riferimento ad un “andamento sfavorevole della congiuntura economica e della qualità del credito”. Non sono allegati fatti o circostanze concrete tali da poter essere verificate, sicché non appare soddisfatto il requisito essenziale del giusto motivo. Donde l’inefficacia della variazione unilaterale.
P. Q. M.
Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso e dispone che l’intermediario provveda a corrispondere al ricorrente quanto incassato in più a titolo di aumento degli addebiti per “incasso rata”.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00, quale contributo alle spese della procedura, e al ricorrente la somma di € 20,00, quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
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