LAVORO INTERMITTENTE - SCHEDA DIDATTICA 15.11.17
LAVORO INTERMITTENTE - XXXXXX DIDATTICA 15.11.17
1. LAVORO INTERMITTENTE: DEFINIZIONE E TIPOLOGIE.
NOZIONE. Il contratto di lavoro intermittente (denominato anche lavoro a chiamata o job on call e disciplinato dagli artt. 13 -18, D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81) è un contratto di lavoro subordinato, a tempo determinato o indeterminato, con il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che decide, mediante chiamata, se e quando utilizzarne la prestazione lavorativa, “in modo discontinuo o intermittente” (a titolo esemplificativo e non esaustivo, possono essere impiegati con questa tipologia contrattuale i camerieri, i commessi, i receptionist, i xxxxxxxx, gli addetti ai centralini telefonici privati, i pesatori e magazzinieri, gli addetti ad attività di inventariato, i custodi, i fattorini, il personale degli ospedali, i benzinai, i guardiani, i portinai, i bagnini, attività lavorative rientranti nella manutenzione stradale sia ordinaria che straordinaria).
Analizzando la nozione nello specifico, emerge che:
A) SUBORDINAZIONE FLESSIBILE: il lavoro intermittente è una speciale tipologia di contratto di lavoro subordinato e flessibile. La flessibilità è data dall’intermittenza della prestazione la quale scaturisce dalla circostanza che il datore di lavoro, nell’immediatezza di un evento, può richiedere la prestazione al lavoratore (che pone a disposizione le proprie energie lavorative) “al momento del bisogno” e soprattutto in presenza di “picchi lavorativi” per i quali non è possibile avvalersi di personale «ordinario».
B) PLURALITA’: è ammessa la stipulazione, da parte del lavoratore, di una pluralità di contratti di lavoro intermittente con datori di lavoro diversi.
C) COMPATIBILITA’: è ammessa la conclusione, da parte del lavoratore intermittente, anche di altri differenti contratti lavorativi (subordinati e/o autonomi) compatibili con gli impegni negoziali assunti con il contratto di lavoro intermittente. Tuttavia, in quanto speciale tipologia di rapporto di lavoro subordinato, non sembra che il lavoro intermittente possa essere stipulato nella forma del lavoro a tempo parziale.
2. CAUSALI E DESTINATARI.
Il contratto di lavoro intermittente può essere concluso solamente nel settore privato (ex art. 13, co. 5, D.Lgs. n. 81/2015, sono infatti esclusi i rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni).
La stipulazione di un contratto di lavoro intermittente non è sempre consentita, dovendo sussistere, alternativamente, requisiti oggettivi o requisiti soggettivi.
A) REQUISITI OGGETTIVI
I. PRESENZA DI CONTRATTI COLLETTIVI. Si può ricorrere alle prestazioni di carattere “discontinuo” o “intermittente” (in virtù di quanto disposto dall’art. 13, co. 1, D.Lgs. n. 81/2015) sulla base di esigenze individuate dai contratti collettivi di qualsiasi livello stipulati da associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale, anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno.
Allo stato attuale, non sono molti i casi in cui le parti sociali hanno disciplinato contrattualmente l’istituto in sede di contrattazione collettiva (si veda, il c.c.n.l. per i dipendenti degli studi professionali, delle agenzie immobiliari, degli alimentari, del turismo, del commercio, dei servizi e terziario).
ASSENZA DI CONTRATTI COLLETTIVI. In assenza di regolamentazione collettiva (anche di livello aziendale), i casi di utilizzo del lavoro intermittente sono individuati con il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 23 ottobre 2004.
II. PERIODI PREDETERMINATI. Il contratto di lavoro intermittente può essere concluso anche per periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno. Tale possibilità riguarda le prestazioni da rendersi il fine settimana, nonché nei periodi delle ferie estive o delle vacanze pasquali o natalizie che, secondo l’interpretazione fornita dal Ministero del lavoro (Min. Lav. Circ. n. 4/2005) sono individuate come segue:
week-end (il periodo che va dal venerdì pomeriggio, dopo le ore 13.00, fino alle ore 6.00 del lunedì mattina);
vacanze natalizie (il periodo che va dal 1° dicembre al 10 gennaio);
vacanze pasquali (il periodo che va dalla domenica delle Palme al martedì successivo il Lunedì dell'Angelo);
xxxxx xxxxxx (i giorni compresi dal 1° giugno al 30 settembre).
I contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale possono comunque individuare ulteriori periodi predeterminati o modificare quelli sopra indicati per adeguarli alle effettive necessità di ogni comparto produttivo. Inoltre, “il richiamato articolo 13… non sembra escludere che la contrattazione collettiva possa stabilire, non rinvenendo le predette esigenze, il divieto di utilizzo di tale forma contrattuale” (Min. lav. nota n.18194/2016).
LIMITE TEMPORALE. Per il contratto di lavoro intermittente è previsto un limite temporale di utilizzo, con l’eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo. In particolare, il contratto “è ammesso, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore alle 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di 3 anni solari”; ed il superamento del predetto limite, è sanzionato con la trasformazione del rapporto in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato dal momento di sforamento del tetto massimo di utilizzo (art. 13, co. 3, D.Lgs. n. 81/2015).
B) REQUISITI SOGGETTIVI (art. 13, co. 2, D.Lgs. n. 81/2015). Il lavoro intermittente è ammesso, anche per attività non previste dai contratti collettivi, per lo svolgimento di prestazioni con soggetti che abbiano:
meno di 24 anni di età (quindi al massimo 23 anni e 364 giorni), a condizione che le prestazioni vengano svolte entro il 25° anno di età;
più di 55 anni di età (over 55).
3. DIVIETI DI RICORSO AL LAVORO INTERMITTENTE.
Il ricorso al lavoro intermittente è vietato in una serie di ipotesi (che si ispirano a quelle già previste per il contratto a termine e il lavoro somministrato) e cioè (art. 14, co. 1, D.Lgs. n. 81/2015):
I. sciopero: per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
II. sicurezza: per i datori di lavoro imprenditori che non hanno effettuato la valutazione dei rischi (mediante elaborazione del relativo documento: D.V.R.) in applicazione della vigente normativa in materia di sicurezza del lavoro (D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, e successive modifiche ed integrazioni);
III. licenziamenti collettivi: presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i 6 mesi precedenti, a licenziamenti collettivi (ai sensi degli artt. 4 e 24, L. 23 luglio 1991, n. 223) che hanno riguardato lavoratori assegnati alle medesime mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente;
IV. cassa integrazione guadagni: ovvero presso unità produttive in cui opera una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario (relativa a lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente) con intervento della cassa integrazione guadagni;
V. previsioni dei ccnl. Con nota 4 ottobre 2016 n. 18194, il Ministero del lavoro ha chiarito che la contrattazione collettiva può stabilire il divieto di utilizzo del lavoro intermittente, qualora non rinvenga alcuna esigenza organizzativa e produttiva con riferimento alla quale possano svolgersi prestazioni di lavoro intermittente. In tali ipotesi, la violazione delle clausole contrattuali che escludono il ricorso al lavoro intermittente determina - qualora non ricorrano i requisiti soggettivi previsti dalla legge (art. 13, co. 1, D.Lgs. n. 81/2015) - la conversione in rapporto di lavoro a tempo pieno ed indeterminato.
SANZIONE PER I PRIMI QUATTRO DIVIETI: in caso di violazione dei primi quattro divieti di ricorso al lavoro intermittente, la legge non prevede espressamente l’effetto della conversione del contratto in contratto a tempo pieno. Tuttavia, secondo parte della dottrina, il contratto di lavoro intermittente stipulato in violazione dei divieti previsti dalla legge deve considerarsi nullo se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza la clausola di intermittenza (c.d. volontà ipotetica negativa di cui all’art. 1419, co. 1, c. c.).
4. TIPOLOGIE DEL LAVORO INTERMITTENTE.
Tipologie. Il lavoro intermittente può assumere due forme differenti:
RISPONDO. Lavoro intermittente con obbligo di risposta alla chiamata: il lavoratore si obbliga a restare a disposizione del datore di lavoro, a tempo indeterminato o a termine, per effettuare prestazioni lavorative in maniera intermittente quando il datore di lavoro le richieda. Quale corrispettivo dell’obbligo assunto dal lavoratore di mettere a disposizione del datore di lavoro le proprie energie lavorative, il datore di lavoro deve versare, per i periodi di disponibilità garantiti, una indennità mensile (c.d. indennità economica di disponibilità, disciplinata dall’art. 16, co. 1, D.Lgs. n. 81/2015; v. anche art. 13, co. 4).
NON RISPONDO. Lavoro intermittente senza obbligo di risposta alla chiamata: in questa fattispecie, il lavoratore non si obbliga contrattualmente ad accettare la chiamata del datore di lavoro (la quale, viceversa, costituisce una sua semplice facoltà), sicché non matura il diritto all’indennità di disponibilità, bensì solo la retribuzione per il lavoro eventualmente prestato.
5. FORMA E COMUNICAZIONI DEL LAVORO INTERMITTENTE.
FORMA. Il contratto di lavoro intermittente (art. 15, co. 1, D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81) deve essere stipulato in forma scritta a fini di prova (c.d. forma ad probationem).
Nello specifico, vanno riportati per iscritto (art. 15, co. 1, D.Lgs. n. 81/2015):
1. IPOTESI (oggettive o soggettive). 2. DURATA. 3. PREAVVISO di chiamata. 4. LUOGO. 5 MODALITA' (della disponibilità e modalità della prestazione). 6. TRATTAMENTO economico-normativo. 7. Tempi e modalità del PAGAMENTO (retribuzione e indennità di disponibilità). 8. Misure di SICUREZZA. Nello specifico:
“a) durata e ipotesi, oggettive o soggettive, che consentono la stipulazione del contratto a norma dell'articolo 13;
b) luogo e modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore, che non può essere inferiore a 1 giorno lavorativo;
c) trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e relativa indennità di disponibilità, ove prevista;
d) forme e modalità con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l'esecuzione della prestazione di lavoro, nonché modalità di rilevazione della prestazione;
e) tempi e modalità di pagamento della retribuzione e dell’indennità di disponibilità;
f) misure di sicurezza necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto”.
6. LE TRE CONDIZIONI DEL LAVORO INTERMITTENTE:
1. PREAVVISO AL LAVORATORE. Per entrambe le tipologie di contratto di lavoro intermittente (con o senza obbligo di risposta alla chiamata), il datore di lavoro, prima di procedere alla chiamata, deve riconoscere a favore del lavoratore un termine di preavviso non inferiore a 1 giorno lavorativo (modificabile in aumento da parte dei ccnl) (art. 15, co. 1, lett. b), D.Lgs. n. 81/2015).
2. INFORMAZIONE AL SINDACATO. Il datore di lavoro è tenuto ad informare annualmente le rappresentanze sindacali aziendali (r.s.a.) o la rappresentanza sindacale unitaria (r.s.u.), ove esistenti, sull’andamento del ricorso al contratto di lavoro intermittente; resta ferma la facoltà, per i contratti collettivi di introdurre previsioni più favorevoli (art. 15, co. 2, D.Lgs. n. 81/2015).
3. COMUNICAZIONE ALL’ ITL. Inoltre, prima dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a 30 giorni, il datore di lavoro è tenuto a comunicarne la durata all’Ispettorato Territoriale del Lavoro (ITL) competente per territorio (art. 15, co. 3, D.Lgs. n. 81/2015; D.M. 27 marzo 2013), pena l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra 400 e 2400 € per ciascun lavoratore di cui è stata omessa la comunicazione e non si applica la procedura di diffida (ex art. 13, D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124).
7. TRATTAMENTO ECONOMICO-NORMATIVO: PARITÀ E PROPORZIONALITÀ, COMPUTO NELL’ORGANICO AZIENDALE ED EFFETTIVITÀ.
PARITÀ. Xxxxx restando i divieti di discriminazione diretta ed indiretta previsti dalla normativa vigente, per il lavoratore assunto con contratto di lavoro intermittente (al pari di altri lavoratori “flessibili”, come, ad es. i part timers), la legge riconosce “per i periodi lavorati e a parità di mansioni svolte” il diritto di ricevere il trattamento economico e normativo riconosciuto ai lavoratori di pari livello (art. 17, co. 1, D.Lgs. n. 81/2015).
PROPORZIONALITÀ. In ogni caso, però, il trattamento economico, normativo e previdenziale spettante ai lavoratori assunti con contratto di lavoro a chiamata deve essere riproporzionato “in ragione della prestazione lavorativa effettivamente eseguita”, in particolare per quanto riguarda la retribuzione globale e le relative componenti, le ferie, i trattamenti per malattia, infortunio sul lavoro e malattia professionale, maternità e congedi parentali (art. 17, co. 2, D.Lgs. n. 81/2015).
COMPUTO. del lavoratore intermittente. Il principio di proporzionalità vale anche per il calcolo nell’organico aziendale. Il prestatore di lavoro intermittente è infatti computato in tale organico (“ai fini dell'applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale per la quale sia rilevante il computo dei dipendenti del datore di lavoro”) “in proporzione all’orario di lavoro effettivamente svolto nell’arco di ciascun semestre” (art. 18, co. 1, D.Lgs. n. 81/2015).
EFFETTIVITÀ. Sia il criterio della parità che quello della proporzionalità sono modulati sulla prestazione effettivamente svolta dal lavoratore: durante i periodi di inattività (nel contratto con obbligo di risposta alla chiamata), la legge precisa che “se non viene utilizzata la prestazione”, il lavoratore ha diritto solo al pagamento dell’indennità di disponibilità; mentre il prestatore, che non si è obbligato contrattualmente a rispondere alla chiamata del datore di lavoro, “non matura alcun trattamento economico e normativo” (art. 13, co.4 e 16, D.Lgs. n. 81/2015).
8. INDENNITÀ DI DISPONIBILITÀ.
Qualora il contratto individuale preveda, per il lavoratore, l’obbligo di garantire la propria disponibilità (con obbligo di rispondere alla chiamata del datore di lavoro), allo stesso sarà dovuta un’indennità di disponibilità. Essa rappresenta dunque il corrispettivo dell’obbligo del lavoratore di restare a disposizione del datore di lavoro in attesa di essere impiegato.
Misura. La misura dell’’indennità mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie, è determinata dai contratti collettivi e comunque non può essere inferiore all'importo fissato, o aggiornato, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (art. 16, co.1, D.Lgs. n. 81/2015) .
Non maturazione durante il periodo di malattia. In caso di malattia o di altro evento che gli renda temporaneamente impossibile rispondere alla chiamata, il lavoratore intermittente non matura il diritto all'indennità di disponibilità. Inoltre, egli è tenuto a informarne tempestivamente il datore di lavoro, specificando la durata dell'impedimento. Ove il lavoratore non provveda a tale adempimento, perde il diritto all'indennità per un periodo di 15 giorni, salva diversa previsione del contratto individuale (art. 16, co. 4).
Rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata: restituzione e possibile licenziamento. In caso di rifiuto ingiustificato del lavoratore di rispondere alla chiamata:
a) RESTITUZIONE. È prevista la restituzione della quota (dell’indennità) relativa al periodo successivo a tale rifiuto;
b) LICENZIAMENTO. Inoltre, “il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può costituire motivo di licenziamento”.
Esclusione da computo di istituti di legge e di contratto collettivo. L’indennità di disponibilità è esclusa “dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo” (art. 16, co. 2) e pertanto non rileva sia ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto; che delle mensilità aggiuntive (tredicesima/eventuale quattordicesima mensilità prevista dai contratti collettivi).
9. DISCIPLINA PREVIDENZIALE DEL LAVORO INTERMITTENTE.
L’indennità di disponibilità è assoggettata a “contribuzione previdenziale per il suo effettivo ammontare (art. 16, co. 3) ed il lavoratore intermittente (artt. 13-18, D.Lgs. n. 81/2015) ha diritto all’applicazione del trattamento per l’invalidità, vecchiaia e superstiti (IVS), nonché di tutte le altre forme di tutela previdenziale previste per la generalità dei lavoratori subordinati (INPS Circ.13 marzo 2006, n. 41; INPS Circ. 20 marzo 2014, n. 33), come, ad es., alla tutela per la malattia; all’indennità di maternità; ed al congedo parentale.
F. B.