LA COSTITUZIONE DEL RAPPORTO
Capitolo Secondo
LA COSTITUZIONE DEL RAPPORTO
Sommario: X. Xxxxxxxxx e rapporto. 1. La contrattualita` del rapporto. – 2. Art. 2126 cod. civ. e prestazione di fatto. – B. I soggetti del contratto. 1. Il lavoratore: capacita` giuridica e capa- cita` di agire. – 2. (Segue): Minori e lavoro. – 3. Il datore di lavoro. – C. La formazione del contratto. 1. La forma del contratto di lavoro. – 2. Consenso, vizi del consenso e simulazione.
– 3. La clausola di prova.
Fonti principali: Cost. artt. 37, 97; cod. civ. artt. 1344 ss. (in particolare, 1345, 1352), 1414 ss. (in
particolare, 1425 e 1429), 2041, 2086, 2096, 2125, 2126, 2239; L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18 e
tit. III; L. 17 ottobre 1967, n. 977; L. 8 marzo 1975, n. 39; D. Lgs. 4 agosto 1999, n. 345; Diret- tiva n. 94/33/CE per la protezione dei giovani sul lavoro; nonche´ , quanto alla forma del contrat- to individuale di lavoro, L. 23 marzo 1981, n. 91, art. 4, 1o comma (per il contratto di lavoro sportivo); D. Lgs. 25 febbraio 2000, n. 61, artt. 2 e 8 (per il contratto part-time); D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, artt. 2, 5, 35, 36, 51, 63 (per il pubblico impiego); D. Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 1 (per il contratto a tempo determinato); D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, artt. 21 (per il con- tratto di somministrazione di manodopera); 35 (per il contratto di lavoro intermittente); 42 (per il contratto di lavoro ripartito); 48 ss. (per l’apprendistato); 56 (per il contratto di inserimento); 62 (per il contratto di lavoro a progetto); L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, 622o comma.
Sintesi. Il capitolo prende in esame la fase di costituzione del rapporto di lavoro subor- dinato, muovendo dalla fonte costitutiva dello stesso, il contratto individuale di lavoro, ed analizzando in dettaglio gli elementi che ne costituiscono la fattispecie. Partendo da una ricostruzione esegetica sulla natura del contratto e sulla sua derivazione civilistica, si sofferma sui requisiti specifici che riguardano soggetti, contenuto e forma.
A. Contrattoe rapporto
Sintesi. Questa sezione prende in esame la matrice contrattuale del rapporto di lavoro, il cui riconoscimento, nel settore privato, risulta incontrastato nel tempo. Le suggestioni istituzionistico-comunitarie, pur circolate nel corso del primo novecento per influenza di una corrente di pensiero tedesca, non hanno trovato spazio nella disciplina codicisti- ca, in cui, a dispetto dell’impianto formale, emerge con sufficiente linearita`un rapporto di scambio. La prospettiva contrattualistica ha poi trovato conforto nell’evoluzione legislativa, specie nello Statuto dei Lavoratori ed altres`ı, piu` recentemente, nel D. Lgs.
n. 29/1993, ora confluito nel D. Lgs. n. 165/2001 relativo allo specifico versante del rap- porto di lavoro pubblico, cos`ı definitivamente annesso all’ambito del diritto privato (cap. XII).
1. La contrattualita` del rapporto.
La matrice contrattuale del rapporto di lavoro era pacifica allorche´ esso era considerato una sottospecie della locazione. Tale matrice resto` radicata anche quando la dottrina diede avvio al suo processo di distacco dallo sche- ma locatizio.
Gia` nel corso del primo novecento, tuttavia, per influenza di una corrente di pensiero tedesca, si manifestarono presso di noi talune suggestioni di ca- rattere istituzionalistico-comunitario. L’impresa si sostanzierebbe in una comunione di scopo tra datore e lavoratore destinata ad esprimersi in un rapporto di lavoro organizzato su base gerarchica. Fonte del rapporto sareb- be non il contratto, bensı` l’inserzione del lavoratore nell’impresa, cioe` la sua incorporazione nell’organizzazione creata e diretta dal datore medesimo.
Siffatte suggestioni, congeniali all’ideologia corporativa, parvero trovare consacrazione nel codice del 1942.
Questo non definisce il contratto di lavoro subordinato, ma il « prestatore di lavoro subordinato» ed intitola la relativa disciplina al rapporto, non al contratto, collocando- la nel libro V sull’impresa anziche´ nel libro IV, che disciplina i piu` importanti contratti di scambio. Il codice, soprattutto, presenta un impianto incardinato sulla funzionaliz- zazione all’interesse superiore dell’economia corporativa di una impresa che ha nell’im- prenditore il suo capo responsabile verso lo Stato e nei lavoratori i collaboratori del- l’imprenditore, a lui gerarchicamente sottordinati (artt. 2086 e 2088 cod. civ.). Poteva sembrare agevole, percio` , configurare l’impresa come istituzione e ricostruire il rappor- to tra imprenditore e lavoratore alla stregua di un rapporto comunitario.
Cionondimeno la nostra dottrina e` rimasta « contrattualistica». Ed ha, co- sı`, sottolineato la sostanziale marginalita` delle suggestioni comunitarie ri- spetto alla stessa disciplina codicistica, dalla quale, a dispetto dell’impianto formale, emerge con sufficiente linearita` un rapporto di scambio1.
Il codice, pur nel quadro di una concezione autoritaria dell’impresa, riconduce al contratto le reciproche posizioni di supremazia e di soggezione delle parti. L’art. 2104 cod. civ. configura il potere gerarchico dell’imprenditore quale manifestazione del potere direttivo derivante dal contratto. L’art. 2106 cod. civ. correla il potere disci- plinare al potere direttivo. Le esigenze dell’organizzazione si vedono attribuire giuridica rilevanza non come espressione di un interesse economico-produttivo superiore e distin- to da quello dell’imprenditore, bensı` come « criterio tipico di valutazione dell’interesse proprio del soggetto che ha predisposto l’organizzazione» (X. Xxxxxx, 1963, 18).
Va, tuttavia, dato conto di un filone dottrinale, che, pur accogliendo la concezione conflittuale-scambistica della relazione tra datore e lavoratore, ha centrato la propria attenzione sull’organizzazione di lavoro come « fonte di situazioni giuridiche sostanzialmente autonome dal contratto» fino al punto di negare la matrice contrattuale del rapporto. Il rapporto di lavoro
La locatio operarum
Le teorie istituzionali acontrattuali
Le teorie contrattuali di scambio
Le teorie acontrattuali di scambio
1 X. Xxxx., 00 gennaio 1987, n. 685, FI, 1988, I, 220, con nota di X. Xxxxxxxxxxx.
Contratto di lavoro e organizzazione
Il contratto di lavoro nel settore pubblico
trarrebbe origine dal fatto in se´ della materiale prestazione di attivita` lavora- tiva e della correlata inserzione nell’organizzazione di lavoro (X. Xxxxxxxxx Di Xxxxx, 1974; X. Xxxxxxxxxxxx, 1990).
Oltre a far leva sulla marcata compressione dell’autonomia contrattuale sia nella genesi che nello svolgimento del rapporto di lavoro subordinato, questa dottrina ha creduto di trovare un appiglio normativo nell’art. 2126 cod. civ., intitolato alla «prestazione di fatto con violazione di legge», laddo- ve e` stabilito che «la nullita` o l’annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullita` derivi dall’illiceita` della causa o dell’oggetto».
Se, malgrado la nullita` o l’annullamento del contratto, si producono i normali effetti del rapporto di lavoro subordinato in dipendenza della sua materiale esecuzione, bisogne- rebbe riconoscere, per questa dottrina, che fonte di quel rapporto non e` il contratto, bensı` la prestazione di fatto dell’attivita` lavorativa. La dottrina contrattualistica ha, pero` , ri- battuto che una piu` o meno intensa compressione dell’autonomia contrattuale nella scelta dell’altro contraente e nella disciplina del rapporto non significa superamento del contrat- to; e che l’art. 2126 cod. civ. non offre un credibile supporto in direzione contraria, giacche´ esso presuppone pur sempre l’esistenza di un contratto, sia pure invalido (X. Xxxxxxx, 1965, 498) e comunque ha una portata meramente retrospettiva (v. par. seguente) 2.
La difesa della prospettiva contrattuale ha trovato pieno conforto nell’evo- luzione legislativa, specie nello Statuto dei lavoratori. Tuttavia, sarebbe fuor- viante disconoscere l’importanza storica dell’illustrato dibattito. Anche perche´ da esso ha tratto alimento, a partire dalla meta` degli anni ’60, la valorizzazione del contratto di lavoro subordinato quale mezzo di organizzazione dell’impre- sa. Il contratto di lavoro si differenzia dagli altri schemi negoziali di scambio per la rilevanza giuridica che, sul piano della causa del contratto, e` attribuita al profilo organizzativo, cioe` alla destinazione del rapporto a svolgersi nel- l’organizzazione del lavoro (M. P ersiani, 1966; X. Xxxxxxx, 1965, 685). Vedremo piu` avanti le implicazioni del descritto ampliamento causale relati- vamente alle reciproche posizioni delle parti (x. xxxx. VI-VII).
La matrice contrattuale e` altresı` pacifica nell’ambito della p.a., data la ri- conduzione legislativa del rapporto di lavoro sotto l’egida del diritto comune (art. 2, 2o comma, D. Lgs. n. 165/2001). E` la c.d. privatizzazione dell’impiego
pubblico, che ha riformato lo status giuridico dei dipendenti della p.a., inqua- drandolo nella medesima cornice scambistico negoziale propria del settore privato (v. retro, Introduzione,§ 6e cap. XII). Cosı`, oggi: a) l’assunzione nel- le amministrazioni pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro (art. 35, 1o comma, D. Lgs. n. 165/2001); b)i rapporti individuali di lavoro sono regolati contrattualmente (art. 2, 3o comma, D. Lgs. n. 165/2001) (v. vol. I, cap. X); c) le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dagli organi preposti con i poteri del privato datore di lavoro (art. 5, 2o com- ma, D. Lgs. n. 165/2001).
2 Sul punto, Cass., 28 luglio 1995, n. 8260, GI, 1996, I, 2356.
2. Art. 2126 cod. civ. e prestazione di fatto.
S’e` detto che l’art. 2126 cod. civ. ha una portata solo retrospettiva e non proiettiva, vale a dire che la prestazione di fatto non e` equiparabile al contrat- to stipulato tra le parti e non puo` fare le sue veci. Cio` in quanto rapporto ti- pico e rapporto di fatto non sono pienamente identificabili, giacche´ con l’ese- cuzione non si producono tutti quanti gli effetti del contratto tipico. Segnata- mente, con la semplice esecuzione non sorgono in capo al lavoratore l’obbligo di lavorare (per cui sarebbe inadempiente nel momento in cui non effettuasse la prestazione al di fuori delle ipotesi legali di esonero) e in capo al datore di lavoro l’onere di cooperare all’adempimento in funzione della retribuzione (per cui se rifiutasse illegittimamente la prestazione lavorativa, sarebbe ugual- mente tenuto alla controprestazione retributiva).
Correlativamente, non v’e` spazio per la tutela della stabilita` del posto di la- voro, che strutturalmente presuppone l’obbligo di lavorare e l’obbligo di far la- vorare e retribuire; presuppone cioe` la proiezione del rapporto nel tempo (X. Xxxx’Xxxx, 1970). E infatti la giurisprudenza ha piu` volte affermato il princi- pio secondo cui il contratto di lavoro nullo non e` equiparabile a quello valido, e quindi al primo non si applica la disciplina limitativa del licenziamento3. I limitati effetti (retrospettivi) dell’art. 2126 inoltre si producono solo al- lorche´ sussista un contratto, sia pure invalido. Xxx` non accade nell’ipotesi di lavoro prestato invito domino, cioe` senza il consenso o addirittura contro la dichiarata volonta` del datore di lavoro4. In questo caso, il prestatore di lavo- ro puo` invocare esclusivamente la disciplina sull’ingiustificato arricchimento (artt. 2041 ss. cod. civ.), come del resto nell’ipotesi di prestazione resa in ese-
cuzione di un contratto con causa od oggetto illeciti (v. infra).
E` da rilevare, tuttavia, che la giurisprudenza, di fronte allo svolgimento di un’attivita` lavorativa, tende a presumere il consenso del datore, con la con-
seguenza che la prestazione si considera generalmente resa in esecuzione di un contratto di lavoro (stipulato per fatti concludenti), salvo prova contraria gravante sull’imprenditore.
La valorizzazione dello schema dell’accettazione per fatti concludenti e` consentita ai giudici dalla regola generale di liberta` di forma nella stipulazione del contratto di lavo- ro (v. infra, sez. C, § 1) e trova oggi ulteriore spazio a seguito dell’abrogazione della tradizionale procedura autorizzatoria di avviamento al lavoro (v. cap. III, sez. A, § 4).
Il contratto resta, dunque, sempre necessario perche´ abbia origine il rap- porto di lavoro subordinato e trovi applicazione la relativa disciplina tipica. Segnatamente, occorre che le parti si accordino per operare uno scambio tra remunerazione e lavoro. In mancanza, non si ha rapporto di lavoro subordi-
Contratto invalido ed effetti retrospettivi dell’art. 2126 cod. civ.
La prestazione
invito domino
Il contratto per fatti concludenti
3 Cass., 19 luglio 1994, n. 6723, MGL, 1994, 563; Cass., 24 gennaio 1987, n. 685, RGL, 1987, II,
58; Cass., 28 giugno 1986, n. 4341, GI, 1987, I, 1, 854.
4 Cass., 14 settembre 1965, n. 2001, MGL, 1965, 434; Cass., 17 agosto 1963, n. 2330 (in ipotesi di occupazione della fabbrica con estromissione del datore di lavoro).
L’illiceita` dell’oggetto
e della causa
L’inapplicabilita` dell’art. 2126 cod. civ. al lavoro autonomo e parasubordinato
nato tipico. Casi emblematici, giova ripeterlo, sono appunto il lavoro gratui- to, da un lato (ove difetta lo scambio) (v. cap. I, § 8) e il lavoro invito domi- no, dall’altro (ove difetta lo stesso accordo).
S’e` gia` anticipato che l’eccezionale regime disposto dall’art. 2126 in ordine alle conseguenze della nullita` e dell’annullamento del contratto di lavoro non opera nel caso di «illiceita` dell’oggetto o della causa»; nel qual caso il pre- statore di lavoro puo` invocare esclusivamente la disciplina di diritto comune sull’ingiustificato arricchimento, come nel caso gia` visto di assenza del con- tratto. Solo qualora l’illiceita` dipenda dalla « violazione di norme poste a tu- tela del prestatore di lavoro» (art. 2126, 2o comma), questi avra` comunque diritto alla retribuzione pattuita.
E` il caso, ad es., del contratto con un minore che abbia ad oggetto una attivita` vietata per ragioni di sicurezza o di salute oppure il caso dell’attivita` resa in violazione delle norme sull’orario di lavoro, sul diritto al riposo settimanale e festivo nonche´ alle ferie 5.
Orbene, per comune affermazione giurisprudenziale, l’ipotesi di illiceita` dell’oggetto o della causa ricorre non gia` in ogni caso di contrarieta` con nor- me imperative di legge, bensı` «esclusivamente nei casi in cui il contratto stes- so sia contrario ai principi di ordine pubblico strettamente intesi e cioe` a quelli etici fondamentali dell’ordinamento giuridico»6.
L’ipotesi della illiceita` viene, pertanto, esclusa ogniqualvolta difetti nel prestatore di lavoro il requisito dell’abilitazione professionale ovvero l’autorizzazione amministrati- va prescritta per lo svolgimento di certe particolari attivita` 7. Sulla stessa linea, l’illiceita` della causa o dell’oggetto viene negata laddove l’assunzione avvenga senza il rispetto di modalita` o procedure legislativamente previste, segnatamente nel settore pubblico, ad es., in caso di instaurazione di un rapporto in violazione del divieto di nuove assunzioni da parte della p.a. (v. oltre cap. XII)8.
E` , infine, prevalente l’orientamento che esclude l’applicabilita` in via analogica del-
l’art. 2126 cod. civ. al di fuori del lavoro subordinato, ammettendo, invece, il richiamo all’art. 2041 cod. civ. 9.
5 Cass., S.U., 3 aprile 1989, n. 1607, MGL, 1989, 451; v. pure Cass., 4 giugno 1999, n. 5516,
NGL, 2000, 235.
6 Cass., S.U., 3 aprile 1989, n. 1613, FI, 1989, I, 1420; Cass., 23 maggio 1987, n. 4681, FI, 1987, I,
2366; Cass., 8 aprile 1987, n. 3473, FI, 1987, I, 2366; Cass., 22 maggio 1985, n. 3098, RAS, 1985, I, 428
(in relazione allo svolgimento da parte di un dattilografo di compiti propri del cancelliere o del segre- tario giudiziario); Cons. Stato, 5 marzo 1992, n. 5, GC, 1992, I, 1370. Cfr. la casistica riportata da X. Xxxxx, 2007, 411 ss.
7 Cfr., ad es., per l’iscrizione nell’albo dei giornalisti: Cass., 17 giugno 2008, n. 16383; Cass., 12 novembre 2007, n. 23472, LG, 2008, 689; Cass., 3 gennaio 0000, x. 00, XXXX, 0000, XX, 000; Cass., 16 febbraio 2006, n. 3399, D&L, 2006, 548; Cass., 21 maggio 2002, n. 7461, DG, 2002, 26, 42; Cass., 28 luglio 1995, n. 8260, GC, 1996, I, 2356; Trib. Roma, 13 novembre 1995, OGL, 1996, 119. Per l’abilitazione alla professione di biologo presso laboratorio d’analisi: Cass., 24 ottobre 2008,
n. 25756, RFI, 2008, voce Lavoro (rapporto), n. 867.
8 Cass., 23 aprile 1981, n. 2434, RFI, 1981, voce Lavoro (rapporto), n. 671, per un caso di as- sunzione senza concorso da parte di un ente pubblico economico (regionale) in contrasto con le pre- visioni legislative regionali; in tema, v. pure Cass., 17 aprile 1986, n. 2730, GC, 1986, I, 181; Cass., 14 febbraio 1991, n. 1530, RFI, 1991, voce Lavoro (rapporto), n. 499.
9 In tal senso, dopo Cass., S.U., 3 aprile 1989, n. 1613, FI, 1989, I, 1420; Cass., 25 marzo 1995,
n. 3496, DPL, 1995, 2315.
B. I soggetti del contratto
Sintesi. Sciolto il nodo teorico sulla natura del rapporto, il capitolo, in questa seconda sezione, si concentra sul primo degli elementi essenziali del contratto, quello che attiene ai soggetti. Per quel che riguarda il prestatore, regole speciali vigono in tema di capacita` di agire e di capacita`giuridica (§ 1), che si acquista con l’eta`minima di ammissione al lavoro, fissata dalla L. n. 977/1967, laddove vieta il lavoro dei bambini, apprestando speciali garanzie in favore dei giovani lavoratori con eta` inferiore ai diciotto anni (§ 2). Per il datore di lavoro nulla di analogo e`previsto; piuttosto rileva la sua natura, imprenditoriale o meno – organizzazioni di tendenza, « non profit», pubbliche ammi- nistrazioni – ed altres`ı le dimensioni dell’impresa – piccola o medio-grande, nonche´le piu`recenti tendenze alla dissociazione della figura datoriale, come effetto dei processi di terziarizzazione ed esternalizzazione della produzione, cui si accompagnano sovente fenomeni altrettanto importanti di concentrazione societaria (§ 3).
1. Il lavoratore: capacita` giuridica e capacita` di agire.
L’implicazione della persona del lavoratore nel rapporto fa sı` che ad essa si attribuisca rilevanza essenziale gia` nella fase di costituzione e, poi, in quel- la successiva di esecuzione. Ne derivano speciali disposizioni in tema di ca- pacita` giuridica al lavoro ed altresı` una regola di infungibilita` c.d. soggettiva della prestazione lavorativa, a propria volta effetto di un generale principio di intrasmissibilita` della relativa obbligazione sia inter vivos, sia xxxxxx xxx- xx, xxxxx restando il diritto dei superstiti ad una specifica indennita` (cap. X, sez. A, §§ 1 e 2, sez. C, § 3).
Con riguardo alla stipulazione del contratto di lavoro si suole, in particolare, parlare di capacita`giuridica speciale, intendendo riferirsi alla disciplina partico- lare (penalmente sanzionata), che fissa i requisiti d’eta` per l’accesso al lavoro. La capacita` (giuridica) di essere parte di un rapporto di lavoro coincide infatti con la c.d. capacita`al lavoro, che si acquista con il compimento dell’eta` minima di ammissione al lavoro, indicata dalla L. 17 ottobre 1967, n. 977, sulla tutela del lavoro minorile, modificata ed integrata dapprima dal D. Lgs. 4 agosto 1999,
n. 345 (di attuazione della Direttiva n. 94/33/CE per la protezione dei giovani sul lavoro), e poi dall’art. 1, 622o comma, della L. 27 dicembre 2006, n. 296. Ai sensi dell’art. 3, L. n. 977/1967, « l’eta`minima per l’ammissione al la- voro e`fissata al momento in cui il minore ha concluso il periodo di istruzione
obbligatoria e comunque non puo` essere inferiore ai 15 anni compiuti».
A partire dal 1o settembre 2007 tale disposizione opera in raccordo con la
L. n. 296/2006, che innalza l’eta` per l’accesso al lavoro da quindici a sedici anni, contestualmente dichiarando obbligatoria l’istruzione impartita per al- meno dieci anni (dai sei ai sedici)10. In tal modo l’eta` minima per l’accesso al
L’intuitus personae e l’infungibilita` c.d. soggettiva della prestazione
Capacita` giuridica speciale e capacita` al lavoro
Eta` minima
di ammissione al lavoro
10 Il requisito anagrafico di 16 anni decorre dall’anno scolastico 2007/2008, come precisato con decreto dal Ministro della Pubblica Istruzione (D.M. 22 agosto 2007, n. 139).
Bambini
Adolescenti
Il difetto di capacita` giuridicamente
speciale
La capacita` di agire
lavoro (16 anni) viene finalmente a coincidere con l’eta` prevista in materia scolastica per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione.
Per il pubblico impiego, il legislatore ha previsto come eta` minima il compimento dei 18 anni (art. 2, D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487); il limite di eta` massima, fissato a 40 anni, e` invece venuto meno a seguito dell’emanazione della L. 15 maggio 1997, n. 127, alla cui stregua « la partecipazione ai concorsi indetti da pubbliche amministrazioni non e` soggetta a limiti di eta` , salvo deroghe dettate da regolamenti delle singole amministra- zioni, connesse alla natura del servizio o ad oggettive necessita` dell’amministrazione».
Coerentemente alle previsioni in tema di eta` minima di ammissione al la- voro, l’art. 4, 1o comma, della legge in parola pone un generale divieto al lavoro per il «bambino», intendendo per tale « il minore che non ha ancora compiuto 15 anni di eta` o che e` ancora soggetto all’obbligo scolastico» [art. 2, 2o comma, lett. a), L. n. 977/1967].
Con l’assenso scritto dei titolari della potesta` genitoriale e l’autorizzazione della Di- rezione Provinciale del Lavoro, e` , tuttavia, legittimo l’impiego del bambino in attivita` lavorative di carattere culturale, artistico, sportivo o pubblicitario e nel settore dello spettacolo, purche´ non ne pregiudichino la sicurezza, la salute, lo sviluppo, l’istruzione e le possibilita` di formazione. In tal caso, speciali regole, dettate dalla stessa L. n. 977/1967, presiedono il rapporto di lavoro (art. 4, 2o comma) (v. oltre § 2).
Piena capacita` al lavoro hanno, invece, gli «adolescenti», ricomprenden- dosi nella categoria i minori di eta` compresa tra i 15 e i 18 anni, non piu` sog- getti all’obbligo scolastico [art. 2, 2o comma, lett. b); v. pure conformemente la definizione di «adolescente» contenuta nell’art. 1, 3o comma, del D. Lgs.
n. 181/2001 in tema di collocamento: infra, cap. III, sez. A, § 4].
L’art. 6, L. n. 977/1967, vieta, tuttavia, di adibire gli stessi a specifiche attivita` lavo- rative tassativamente elencate nell’allegato I della legge, che distingue tra divieti di esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici e divieto di adibizione a specifici processi e lavorazioni. Il superamento della previsione e` consentito solo quando le attivita` siano svolte per motivi didattici e di formazione professionale, dietro autorizzazione della Di- rezione Provinciale del Lavoro.
Il difetto della capacita` giuridica speciale, cioe` dell’eta` minima per l’am- missione al lavoro, integra la mancanza di un presupposto essenziale per la validita` del contratto di lavoro e determina pertanto la sua nullita` .
Poiche´ pero` il divieto di accesso al lavoro prima dell’eta` minima rappre- senta un limite alla deducibilita` dell’attivita` lavorativa in un rapporto di la- voro subordinato, il difetto di capacita` giuridica speciale si traduce in illiceita` dell’oggetto del contratto, con conseguente applicabilita` al rapporto, per il
periodo in cui abbia avuto esecuzione, della statuizione di cui al 2o comma dell’art. 2126. E` infatti fuori dubbio che il limite di ammissione al lavoro e` previsto a tutela dello stesso prestatore di lavoro.
Diverso dal profilo della capacita` giuridica speciale e` quello della capacita` di agire, cioe` di stipulare il contratto di lavoro da parte del soggetto provvi- sto dell’eta` minima di ammissione al lavoro.
La L. n. 39/1975, nell’abbassare in generale a diciott’anni il raggiungimen- to della maggiore eta` , ha abrogato l’art. 3 cod. civ. ed ha aggiunto nel corpo dell’art. 2 cod. civ. un 2o comma secondo il quale «sono salve le leggi speciali che stabiliscono un’eta` inferiore in materia di capacita` a prestare il proprio lavoro. In tal caso il minore e` abilitato all’esercizio dei diritti e delle azioni che dipendono dal contratto di lavoro».
La nuova disciplina e` stata oggetto di letture contrapposte. Una parte del- la dottrina ritiene che il minore di diciott’anni continui ad essere incapace di stipulare il contratto di lavoro, pur se poi puo` autonomamente esercitare i relativi diritti ed azioni (X. Xxxxxxx, 1982, 206; X. Xxxxxxxxx, 2001, 45). Al- tra parte della dottrina ritiene, invece, piu` fondatamente, che ormai debba ritenersi legislativamente sancita la coincidenza tra capacita` giuridica speciale e capacita` di agire (X. Xxxx, X. Xxxxxxxx, 1992, 151; X. Xxxxx, 2002, 123). Il difetto di capacita` di agire determina, secondo i principi generali, l’an- nullabilita` del contratto (art. 1425 cod. civ.). Ma non sussistono in questo caso ostacoli alla piena operativita` della disciplina speciale di cui al 1o com- ma dell’art. 2126 cod. civ., giacche´ il difetto di capacita` di agire non si riflette
sulla liceita` dell’oggetto del contratto.
2. (Segue): Minori e lavoro.
Xxxxx restando i limiti di ammissione al lavoro, la L. n. 977/1967 appresta speciali garanzie in favore dei giovani lavoratori con eta` inferiore ai diciotto anni.
Si tratta di una normativa legata a peculiari esigenze di protezione della salute e dello sviluppo dei minori, solo da qualche tempo oggetto di autono- ma considerazione. In effetti, il lavoro minorile e` stato a lungo ricondotto entro il medesimo ambito protettivo di quello femminile. I primissimi prov- vedimenti di legislazione sociale accomunavano in un’unica tutela le c.d. mezze forze (donne e minori), con l’intento, altresı`, di scoraggiarne l’impiego a condizioni di minor costo.
L’esigenza di una disciplina differenziata in materia e` emersa con l’art. 37 Cost., che ha sancito tre principi fondamentali. Il primo costituzionalizza la competenza legislativa in tema di eta` minima per l’ammissione al lavoro (v. retro, § 1). Il secondo istituzionalizza la tutela speciale per il lavoro mino- rile, distinguendolo dal lavoro femminile, per cui la specialita` della tutela non e` prevista in generale, ma si contempla solo la necessita` di contemperare il lavoro della donna con la « sua essenziale funzione familiare».
Il terzo principio dell’art. 37 Cost., il piu` innovativo, stabilisce che il mi- nore ha diritto, a parita` di lavoro, alla stessa retribuzione del lavoratore adulto. La parita` e` prevista per la sola retribuzione, a differenza che per le donne, rispetto alle quali lo stesso art. 37 stabilisce la parita` per tutti i diritti relativi al rapporto di lavoro.
La tutela speciale del lavoro minorile indicata nell’art. 37 Cost. si e` tradot-
La prima normativa di protezione:
la tutela delle c.d. mezze forze
I principi costituzionali
La disciplina internazionale e comunitaria
La riforma della L. n. 977/1967
ad opera del D. Lgs. n. 345/1999
Eta` e condizioni di lavoro nella L. n. 977/1967
ta nelle disposizioni della L. n. 977 del 1967. Trattasi di una normativa pie- namente allineata con gli standards internazionali, in particolare, da ultimo, con l’art. 32 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e con la citata Direttiva n. 94/33/CE del 22 giugno 1994 sul divieto di lavoro minorile e la protezione dei giovani sul luogo di lavoro (v. retro, § 1).
Il D. Lgs. n. 345/1999 ha provveduto ad attuare la Direttiva n. 94/33/CE, novellando la L. n. 977 del 1967 con l’obiettivo di privilegiare l’istruzione, assicurare l’inserimento professionale mediante la formazione, promuovere il miglioramento dell’ambiente di lavoro, garantire la salute e la sicurezza dei minori in quanto gruppo a rischio particolarmente sensibile. Ne risulta una disciplina unitaria, rivolta a tutti i rapporti di lavoro, ordinari e speciali, in cui vengano coinvolti minori, incluso l’apprendistato, i contratti di forma- zione e lavoro, il lavoro a domicilio (su cui v. rispettivamente cap. XI, sez. C,
§§ 1 e 2 e cap. I, § 9.1).
La tutela speciale della L. n. 977/1967 si traduce in una serie di disposizio- ni rivolte sia ai bambini, sia agli adolescenti.
Cosı`, fermi i gia` visti divieti in materia di ammissione al lavoro, la legge contempla due generali requisiti di ammissibilita` del lavoro minorile: a) che il datore effettui la valutazione dei rischi ambientali ai sensi dell’art. 28 del
D. Lgs. n. 81 del 2008 (v. infra, cap. VII, sez. D) (art. 7); b) che il minore sia riconosciuto idoneo a svolgere la specifica prestazione oggetto del contratto, a seguito di visita medica pagata dall’imprenditore ed eseguita da un medico del Servizio sanitario nazionale, sia prima dell’assunzione, sia dopo, con caden- za almeno annuale (art. 8).
Il lavoro notturno e` , poi, proibito per tutti i minori, salvo il caso delle presta- zioni culturali, artistiche, sportive, pubblicitarie e dello spettacolo (v. cap. VI, sez. C, § 4).
La notte e` intesa come un periodo di almeno 12 ore consecutive, necessariamente comprensivo del lasso di tempo che va dalle 22 alle 6 o dalle 23 alle 7. Anche l’orario di lavoro e` sottoposto a un limite massimo, stabilito in misura differente per gli adole- scenti e per i bambini impegnati nelle attivita` culturali, artistiche, sportive, pubblicitarie e dello spettacolo: rispettivamente 8 giornaliere e 40 settimanali; 7 giornaliere e 35 set- timanali (art. 18). Gli artt. 20 e 21 attribuiscono altresı` il diritto di usufruire di riposi intermedi, piu` frequenti in caso di lavori pericolosi o pesanti, se cosı` prescrive la Dire-
zione provinciale del lavoro. E` assicurato, inoltre, un periodo minimo di ferie annuali
retribuite, di 30 giorni per i minori di 16 anni, di 20 giorni per i maggiori di 16 anni. E` , infine, vietato l’impiego in lavori discontinui, se non in quanto consentito dai contratti collettivi ed autorizzato dalla Direzione provinciale del lavoro.
3. Il datore di lavoro.
Se la capacita` di lavoro del prestatore e` subordinata al possesso di requi- siti soggettivi speciali, nulla di analogo e` previsto, invece, per il datore di la- voro, applicandosi a quest’ultimo le regole civilistiche sulla capacita` giuridica
e d’agire destinate alla generalita` dei soggetti, persone fisiche o giuridiche, private oppure pubbliche.
Piuttosto, sul versante datoriale rileva la distinzione tra imprenditori e non imprenditori (v. art. 2239 cod. civ.), questi ultimi titolari di un’attivita` organizzata a fini non lucrativi11, frequentemente esclusi dall’ambito applica- tivo di importanti normative di tutela del lavoro subordinato: disciplina delle integrazioni salariali (cap. X, sez. B) e sostegno all’attivita` sindacale nei luo- ghi di lavoro12 (vol. I, cap. VI).
Nonostante il diritto del lavoro sia cresciuto sul presupposto di un nesso inscindibile tra prestazione di lavoro resa in regime di subordinazione ed impresa commerciale, que- st’ultima non esaurisce, dunque, il novero dei possibili soggetti creditori di una presta- zione di lavoro subordinato. Cio` e` tanto piu` vero da quando la diversificazione dei la- vori e` divenuta inarrestabile e la tendenziale disoccupazione strutturale delle societa` in- dustriali ha indotto ad ipotizzare nuove forme di lavoro non solo dentro, ma anche fuo- ri il mercato, nell’ambito di organizzazioni c.d. non-profit, che, anche in ragione della crisi del sistema pubblico di welfare, la normativa disciplina e incentiva sia sul piano lavoristico (v. LL. nn. 266/1991, 381/1991, D. lgs. n. 155/2006 sulla c.d. impresa socia- le), sia, soprattutto, su quello tributario, dove e` emersa la nuova categoria della « orga- nizzazione non lucrativa di utilita` sociale» (ONLUS) (D. Lgs. n. 460/1997).
Significative evoluzioni si registrano altresı` nelle amministrazioni pubbli- che, per la sottrazione al regime pubblicistico dei rapporti di lavoro e di al- meno parte dell’organizzazione amministrativa (la c.d. microrganizzazione) (retro, sez. A, § 1, nonche´ cap. XII). Nel legittimare l’utilizzo di moduli priva- tistici presso lo Stato e gli enti pubblici non economici, il legislatore innova, cosı`, radicalmente rispetto al passato, ma senza disconoscere la netta distin- zione concettuale tra impresa privata e p.a. Pertanto, alcuni tratti di specia- lita` della disciplina permangono, in ossequio a norme costituzionali (art. 97 Cost.) o alla necessita` di perseguire al meglio l’interesse pubblico (v. in tema di ius variandi) ovvero all’esigenza di confermare il tradizionale favor per il dipendente pubblico (v. art. 51, D. Lgs. n. 165/2001 per l’applicazione del- l’art. 18 St. lav., a prescindere da limiti dimensionali: cap. XII, § 8).
Nel diritto del lavoro particolare rilievo riveste, altresı`, la dimensione del- l’impresa. Sono numerose le ipotesi in cui l’ordinamento condiziona l’appli- cabilita` di determinate normative di tutela al superamento di una determina- ta soglia occupazionale, sul presupposto che la piccola impresa sia meritevole di piu` o meno ampie esenzioni: si pensi, in particolare, alla normativa statu- taria sul licenziamento individuale e sull’attivita` sindacale nei luoghi di lavo- ro, alle procedure sindacali in tema di trasferimento d’azienda e licenziamenti collettivi, alle assunzioni obbligatorie, alla riserva per le fasce deboli, alla si- curezza sul lavoro13.
Datore di lavoro non imprenditore
Organizzazioni
non-profit
Pubbliche amministrazioni
La piccola impresa
11 Per le organizzazioni c.d. di tendenza cfr. cap. X, sez. A, § 4.
12 In tema, Pret. Milano, 11 novembre 1998, RCDL, 1999, 62.
13 Xxxxxxxx e` la stessa giurisprudenza a valorizzare il dato della « ridotta dimensione dell’impre- sa»; cio` per adattare al ribasso i c.d. minimi tabellari del contratto collettivo: cap. VIII, sez. A, § 2.
Decentramento e gruppi di imprese
Se in questi casi il minor numero dei dipendenti e` conditio sine qua non per l’attri- buzione di simili agevolazioni normative, funzionali ad una maggiore autonomia im- prenditoriale nella gestione delle risorse umane, in altre ipotesi esso e` invece determi- nante per l’acquisizione di veri e propri incentivi economico-finanziari, orientati a so- stenere la nascita e/o lo sviluppo dell’impresa, a seconda dei casi, grande, piccola o, piu` specificamente, artigiana (art. 2083 cod. civ. e L. n. 443/1985): e` il caso, ad es., dello stesso istituto della integrazione salariale (art. 1, L. n. 223/12991) nell’ambito delle po- litiche passive del lavoro o dei c.d. ammortizzatori sociali, e di tutta la legislazione di sostegno all’imprenditorialita` , sul versante delle politiche attive (v. cap. III, sez. C, § 1). La crescente attenzione del legislatore per iniziative di job creation, destinate ad in- cidere sulla domanda di lavoro in una logica di incentivo all’occupazione e di servizio all’impresa, e` uno degli elementi sintomatici delle trasformazioni che attraversano at- tualmente il diritto del lavoro e testimoniano un nuovo interesse della materia per la figura datoriale, attualmente al centro di complesse operazioni di decentramento o esternalizzazione, da un lato, di integrazione e concentrazione a livello societario, dal- l’altro. Nell’uno quanto nell’altro caso, tuttavia, i processi di composizione o scompo- sizione dell’impresa non hanno finora avuto ricadute sul piano del contratto individua- le: la giurisprudenza ad es., e` compatta nel negare al gruppo di imprese una autonoma soggettivita` giuridica, dovendo i contratti di lavoro essere imputati a ciascuna delle di-
stinte societa` del gruppo (v. cap. IV, § 2).
C. La formazione del contratto
Sintesi. Tra i requisiti che si richiedono per la stipulazione del contratto, particolare attenzione viene riservata agli elementi che attengono alla forma, al consenso, alla pro- va. Relativamente alla formazione del contratto di lavoro l’analisi si concentra sul prin- cipio generale della liberta`di forma e sulle sue eccezioni (§ 1); analogo rilievo e`attri- buito all’elemento essenziale del consenso delle parti, ai suoi vizi, alle ipotesi di simu- lazione (§ 2), nonche´all’elemento accidentale della prova (§ 3). Per il termine si fa rin- vio alla trattazione di cui al cap. XI.
1. La forma del contratto di lavoro.
Liberta` di forma
L’obbligo di informazione al lavoratore: rinvio
La legge non prescrive per il contratto di lavoro alcuna forma e quindi vige il principio generale della liberta` di forma.
Il principio resta intatto anche a seguito dell’emanazione del D. Lgs. 26 maggio 1997, n. 152, attuativo della Direttiva n. 91/533/CE, che prevede l’obbligo del datore di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o rapporto di lavoro (luogo di svolgimento della prestazione; inquadramento del lavoratore; orario di lavoro; contratto collettivo applicabile, etc.: x. xxxxx xxx. XXX, xxx. X, § 0 x xxx. XXX, sez. D, § 5). Tale obbligo deve essere assolto ‘‘all’atto dell’assunzione, prima dell’inizio dell’attivita` ’’ (art. 40, 2o comma, del D.L. n. 112/2008, conv. in L. 133/2008), valendo peraltro come adempimento la consegna al lavoratore di una copia della comunicazione di instaura- zione del rapporto di lavoro.
L’obbligo si intende altresı` assolto ‘‘nel caso in cui il datore di lavoro consegni al
lavoratore, prima dell’inizio della attivita` lavorativa, copia del contratto individuale di lavoro che contenga anche tutte le informazioni previste dal decreto legislativo 26 mag- gio 1997, n. 152’’.
Molti contratti collettivi del settore privato prescrivono la forma scritta del contratto di lavoro, ma e` assai dubbio che questa sia richiesta ai fini della validita` del negozio, come disposto dall’art. 1352 cod. civ., presupponendo quest’ultimo che la stipulazione per iscritto sia stata voluta nel comune inte- resse delle parti, mentre nelle clausole collettive suindicate la forma scritta e` disposta ad esclusiva garanzia del lavoratore14.
Diversamente deve dirsi per il mancato rispetto dell’obbligo di forma scritta del contratto individuale di lavoro prescritto da tutti i contratti collet- tivi di comparto del settore pubblico. Sebbene una dottrina tenda compren- sibilmente a riproporre soluzioni analoghe a quelle invalse nel settore privato (X. Xxxxxxxx, 1996, 67), l’opinione piu` accreditata e` nel senso dell’invalidita` del contratto di lavoro concluso oralmente, con conseguente operativita` del- l’art. 2126 cod. civ., ritenendosi che con la forma scritta anche la pubblica amministrazione tenda a soddisfare il proprio interesse alla certezza dei rap- porti giuridici in essere (X. Xxxxxxxx, X. Xxxxx, 1996, 114; X. Xxxxxx, 1997, 258).
Eccezioni al principio della liberta` di forma sono previste con riguardo a una serie di ipotesi15. In tali casi, il vincolo di forma e` inteso il piu` delle volte ad substantiam, ossia a fini di validita` del contratto, con conseguente nullita` dello stesso e operativita` del meccanismo della conversione automatica, qua- lora la legge lo preveda esplicitamente. In alternativa, alla dichiarazione di nullita` consegue l’applicabilita` dell’art. 2126 cod. civ.
Altre volte la forma scritta e` richiesta ad probationem, con la conseguen- za che il contratto xxxx` comunque valido, ma in presenza di contestazioni sulla sua esistenza l’interessato non potra` fornire prova testimoniale, salvo che il documento sia andato perduto senza propria colpa (art. 2725 cod. civ.).
Ad es., la carenza di forma scritta della clausola appositiva di termine (ed ora anche l’assenza di indicazione della ragione organizzativa e tecnica che consente il ricorso a questa particolare tipologia di rapporto) determina la conversione del contratto a termine in contratto di lavoro a tempo indetermi- nato (art. 1, D. Lgs. n. 368/2001: v. cap. XI, sez. A). Parimenti, la sanzione della conversione opera nelle ipotesi di mancanza di forma scritta del con- tratto di somministrazione di lavoro, qualora risulti privo di alcuni elementi
La disciplina pattizia nel settore privato
Il settore pubblico
Casi di forma vincolata
14 Cass., 3 ottobre 1991, n. 10306, RFI, 1991, voce Lavoro (rapporto), n. 996.
15 Sulla funzione della forma scritta nel contratto di lavoro cfr. Corte Cost. n. 7 del 2005, se- condo cui e` necessario prestare attenzione al fatto che l’operare della nullita` quale sanzione per la mancanza della forma prescritta ad substantiam non sempre puo` comportare la ‘‘radicale disso- luzione del rapporto senza contraddire la finalita` di protezione’’ che il legislatore ha inteso persegui- re proprio con la previsione dell’obbligo di forma. In proposito cfr. altresı` Xxxxx Xxxx., 00 luglio 2005, n. 283, MGL, 2005, 736.
predeterminati dalla legge (art. 21, 4o comma, D. Lgs. n. 276/2003): il soggetto nei cui confronti scatta il meccanismo sanzionatorio e` l’impresa utilizzatrice. Quanto al contratto stipulato tra Agenzia fornitrice e prestatore di lavoro, la forma scritta e` richiesta, sempre ad substantiam, ai sensi del citato D. Lgs.
n. 368/2001, se il contratto stesso e` concluso a termine (art. 22, D. Lgs. n. 276/ 2003); nulla invece il legislatore dice, sotto il profilo formale, per l’ipotesi del- la stipulazione a tempo indeterminato, per cui deve intendersi operante il rin- vio « alla disciplina generale dei rapporti di lavoro di cui al codice civile e alle leggi speciali» disposto dall’art. 20, 1o comma.
Il decreto delegato n. 276/2003 prevede poi la forma scritta ad probatio- nem per tutte le tipologie flessibili di contratto di lavoro di novella introdu- zione: il lavoro ripartito; il lavoro intermittente (v. cap. XI, sez. B); finanche per il lavoro a progetto, per il quale, data l’essenzialita` della predisposizione del progetto o programma, ci si aspettava piuttosto il requisito della forma scritta ad substantiam.
Per il contratto di lavoro a tempo parziale, l’art. 2 del D. Lgs. n. 61 del 2000 gia` prevedeva la forma scritta solo a fini di prova, secondo il disposto del successivo art. 8. La disposizione resta intatta, pur dopo la riforma del 2003.
Devono essere altresı` stipulati per iscritto i contratti di apprendistato (nel- le tre tipologie oggi previste dagli artt. 47 ss., D. Lgs. n. 276/2003), nonche´ il contratto di inserimento ai sensi dell’art. 56: per quest’ultimo la legge preve- de esplicitamente, in caso di mancanza di forma scritta, la conversione in contratto a tempo indeterminato.
Ancora, la forma scritta e` testualmente prevista a pena di nullita` per la stipulazione del contratto di lavoro sportivo dall’art. 4, 1o comma, L. 23 marzo 1981, n. 91; per il contratto di reinserimento dei lavoratori disoccupati di cui all’art. 20, L. 23 luglio 1991,
n. 223 (5o comma). Altre eccezioni al principio della liberta` di forma sono previste nel codice della navigazione. Cosı` il contratto di arruolamento del personale marittimo
« deve, a pena di nullita` , essere fatto per atto pubblico» (art. 328); e il contratto di la- voro a tempo indeterminato del personale dell’aria « deve essere provato per iscritto» (art. 903).
Un regime di forma vincolata e` , infine, previsto per talune clausole spe- ciali quali il patto di prova; il patto di non concorrenza; le clausole flessi- bili e le clausole elastiche nel part-time (v. infra, e cap. VI, sez. A, § 3; XI, sez. B).
2. Consenso, vizi del consenso e simulazione.
Il consenso tra le parti
La matrice contrattuale del rapporto contribuisce a porre in luce l’assolu- ta centralita` ed essenzialita` dell’elemento volitivo nella fase costitutiva dello stesso. In generale, tuttavia, la definizione dei contenuti dell’accordo e` solo parzialmente oggetto di un reciproco scambio del consenso tra le parti: nor- malmente, la proposta di lavoro proviene dal datore e risulta altresı` formu-
lata sulla scorta delle disposizioni di legge e di contratto collettivo16, deroga- bili in melius solo ove il prestatore, per la sua particolare forza sul mercato, abbia la capacita` di imporre condizioni piu` favorevoli di quelle legislativeo negoziali collettive.
Una compressione particolarmente forte dell’autonomia del datore di lavoro si ha nel settore pubblico, dove e` la stessa scelta dell’altro contraente ad opera della p.a. ad esser soggetta ad una disciplina vincolistica: in specifico, alla regola dell’art. 35, 1o comma, D. Lgs. n. 165/2001, secondo cui « l’assunzione nelle amministrazioni pub- bliche avviene (...) tramite procedure selettive, volte all’accertamento della professiona- lita` richiesta», ovvero mediante avviamento numerico. Peraltro, se la fase costitutiva del rapporto di lavoro e` ormai sotto l’egida del diritto privato, la fase preassuntiva resta, invece, nel dominio del diritto pubblico, applicandosi la regola del pubblico con- corso, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo (art. 63, 4o comma,
D. Lgs. n. 165/2001). La pubblica amministrazione potra` , peraltro, negare il consenso alla stipulazione con i candidati vincitori solo quando la procedura concorsuale sia stata annullata o revocata oppure i medesimi non abbiano presentato i documenti richiesti dal bando.
La volonta` dei contraenti e` assoggettata alla generale disciplina codicistica in tema di consenso e vizi del medesimo.
Sul piano del contratto di lavoro, puo` rilevare l’errore, allorche´ verta sulle qualita` personali del lavoratore (X. Xxxxxxx, 1973). Tuttavia, per essere es- senziale, e quindi possibile causa d’annullamento, deve riguardare qualita` che abbiano diretta attinenza con la prestazione lavorativa: in linea di massima, quindi, solo le qualita` tecnico-professionali nonche´ le ulteriori qualita` della persona che concretamente si riverberino sulla professionalita` del lavoratore in ragione o del particolare tipo di mansioni o del particolare tipo di impresa.
Si pensi ad es., alla possibile rilevanza, da un lato, dei precedenti penali del lavora- tore con mansioni di contenuto fiduciario (cassiere, custode, ecc.) e, d’altro lato, delle opinioni religiose, politiche, sindacali del lavoratore destinato all’inserimento in un’or- ganizzazione c.d. di tendenza.
La rilevanza dell’errore essenziale e` , in ogni caso, subordinata alla sua ri- conoscibilita` da parte del lavoratore. Essenzialita` e riconoscibilita` non sono pero` necessari in caso di dolo del lavoratore, qualora cioe` questi abbia dato causa all’errore – determinante dell’altrui consenso – con affermazioni false (dolo commissivo) o reticenti (dolo omissivo).
E` stato il caso concreto di lavoratori che si erano limitati a dichiarare di possedere il titolo di studio richiesto sottacendo di possederne uno superiore a fronte di bandi di concorso o comunque di proposte contrattuali che consideravano preclusivo il possesso di un titolo di studio superiore a quello richiesto. I giudici hanno ripetutamente escluso
Il settore pubblico: fase preassuntiva e rifiuto a stipulare
L’errore sulle qualita` del lavoratore
Il dolo del lavoratore
16 Ai fini della perfezione del contratto di lavoro subordinato e` percio` sufficiente che il consenso sia stato raggiunto sugli elementi essenziali, se le parti abbiano dimostrato di non voler trattare su
« elementi secondari e accessori, ad integrare la cui disciplina provvedono le disposizioni di legge e della contrattazione collettiva»: Cass., 15 dicembre 1999, n. 14109, OGL, 2000, 105.
L’errore di diritto
La simulazione
Simulazione
assoluta
Simulazione
relativa
Patto di prova
e rapporti di lavoro atipici
la configurabilita` e la rilevanza di un errore essenziale sulle qualita` professionali del lavoratore, escludendo che la reticenza fosse riconducibile a dolo omissivo in ragione della illiceita` della clausola preclusiva e della conseguente insussistenza di un obbligo di informazione nei confronti del datore di lavoro.
Non ha mancato di venire alla ribalta anche l’ipotesi dell’errore di diritto di cui al n. 4 dell’art. 1429 cod. civ., con riguardo, ad es., al caso del datore di lavoro che abbia proceduto all’assunzione senza il rispetto della graduatoria concorsuale fidando sulla clausola preferenziale della residenza contenuta nel bando di concorso e poi dichiarata nulla.
Assai maggiore rilevanza pratica sul piano del contratto di lavoro ha la discrasia tra volonta` effettiva delle parti e dichiarazioni negoziali. La discipli- na non si discosta da quella di diritto comune per i negozi simulati, ma per lo piu` viene diversamente fondata. Possono prospettarsi tre diverse ipotesi:
a) viene simulato (ad es., per ragioni fiscali o per ragioni previdenziali) un contratto di lavoro subordinato in assenza della volonta` di dar vita ad un qualsivoglia rapporto e comunque in assenza di una prestazione di attivita` lavorativa (c.d. simulazione assoluta). Trova allora diretta applicazione il 1o comma dell’art. 1414 cod. civ.: « Il contratto simulato non produce effetto tra le parti»;
b) viene simulato un contratto diverso, ad es., di lavoro autonomo, ma le parti intendono dar vita, e comunque di fatto danno vita, ad un rapporto di lavoro subordinato (c.d. simulazione relativa). Qui la problematica e la disci- plina della simulazione sono assorbite dalla concreta instaurazione di un rap- porto di lavoro subordinato al quale dovra` applicarsi la regolamentazione tipica. Il problema viene cioe` comunemente impostato e risolto dall’angola- zione della (corretta) qualificazione del rapporto;
c) viene simulato un contratto di lavoro subordinato che nasconde un contratto diverso, ad es., di lavoro autonomo (ancora un’ipotesi di c.d. simu- lazione relativa). Anche in questa ipotesi la tassativita` della disciplina del la- voro subordinato fornisce autonomamente la chiave di soluzione del proble- ma. Essendo, infatti, il contenuto della disciplina tipica strutturalmente e funzionalmente correlato all’assetto di interessi sotteso al tipo « lavoro su- bordinato», tale disciplina non puo` trovare applicazione qualora quell’asset- to di interessi non ricorra effettivamente.
3. La clausola di prova.
Ai sensi dell’art. 2096 cod. civ., il contratto di lavoro puo` prevedere un periodo di prova, durante il quale ciascuna delle parti puo` recedere senza ob- bligo di preavviso (3o comma) e al termine del quale « l’assunzione diviene definitiva e il servizio prestato si computa nell’anzianita` di servizio del pre- statore di lavoro» (4o comma).
Il legislatore ha espressamente previsto l’apponibilita` del patto di prova anche nel contratto di lavoro somministrato; mentre e` pacifico che il patto possa accedere ad
un contratto a termine, al contratto di formazione e lavoro17 (oggi diventato contratto di inserimento, ai sensi degli artt. 54 ss., D. Lgs. n. 276/2003), nonche´ a quello di ap- prendistato (cap. XI, sez. C, § 1) 18.
Nessuna deviazione si registra per quel che concerne il settore pubblico, essendo indubbia l’applicabilita` dell’art. 2096 cod. civ. (v. art. 2, 2o comma, D. Lgs. n. 165/ 2001).
« L’assunzione del prestatore di lavoro per un periodo di prova deve risul- tare da atto scritto» (1o comma), richiesto ad substantiam19.
Particolarmente rigorosa si dimostra la giurisprudenza nel sostenere la ne- cessita` dell’atto scritto fin dall’inizio del rapporto20. Non ancora compatto, ma ormai largamente prevalente, pare poi l’orientamento che richiede l’indi- cazione specifica delle mansioni assegnate, con conseguente esclusione della possibilita` di un rinvio per relationem21, sulla base della sua « indispensabilita` per il controllo giudiziale del recesso dal rapporto in prova»22.
Il patto di prova e` strutturalmente finalizzato alla verifica « della capa- cita` professionale e della complessiva personalita` del lavoratore» in rela- zione alle mansioni affidate e al contesto aziendale in cui sono destinate a svolgersi. E le parti sono tenute ad effettuare il previsto esperimento (2o comma)23.
E` tuttavia da osservare che, oggi, la funzione sociale della prova rischia di essere am- piamente ridimensionata dall’alta diffusione di tipologie contrattuali – formative, tem- poranee, a termine – le quali, seppur non finalizzate alla sperimentazione del rapporto, consentono di fatto all’imprenditore una valutazione dinamica dell’attitudine professio-
Patto di prova e rapporto di lavoro pubblico
La forma
L’oggetto
17 Cass., 23 novembre 1990, n. 11310, DL, 1992, II, 71.
18 Cass., 20 ottobre 1997, n. 10311, NGL, 1997, 738; Cass., 6 giugno 1995, n. 6335, FI, 1995, I,
2807.
19 Cioe` a pena di nullita` e di conseguente assunzione definitiva: Cass., S.U., 9 marzo 1983,
n. 1756, FI, 1983, I, 888. Per la necessita` della sottoscrizione di entrambe le parti: Cass., 19 giugno 1985, n. 3699, DPL, 1985, 1395.
20 Nel senso che la stipulazione deve essere anteriore o, al piu` , coeva, alla costituzione del rap- porto, Cass., 26 luglio 2002, n. 11122, LG, 2003, 356.
21 La mancanza della specifica indicazione della mansione da espletarsi «costituisce motivo di nullita` del patto, con automatica conversione dell’assunzione in definitiva fin dall’inizio»: cosı` Cass., 10 ottobre 2006, n. 21698, DPL, 2007, 1175; Cass., 19 agosto 2005, n. 17045, ivi, 2006, 474; Cass., 13
settembre 2003, n. 13498; Cass., 17 febbraio 0000, x. 0000, XX, 0000, XX, 000; Cass., 4 dicembre
0000, x. 00000, XX, 0000, X, 000; Cass., 18 novembre 2000, n. 14950, LG, 2001, 5, 439; Trib. Ascoli
Xxxxxx, 19 luglio 2006; contra Cass., 6 dicembre 2000, n. 15473, LPO, 2001, 1-2, 190; App. Milano,
16 novembre 2000, LG, 2001, 7, 695; x. xxxx Xxx. Xxxxxx, 00 ottobre 2000, LG, 2001, 9, 887, che ammette la prova su mansioni diversificate; e, con riguardo ad un contratto stipulato nel settore pubblico, Trib. Piacenza, 11 maggio 2005, XXX, 0000, 1, 170, con nota di X. Xxxxxxxxx.
22 Chiaramente cosı` argomentando la giurisprudenza contraddice l’assunto della libera recedi- bilita` dal rapporto in prova: le parole citate sono del Trib. Milano, 18 settembre 2006, LG, 2007, 6, 633. V. per contrasto la giurisprudenza citata in nota n. 27.
23 Nel senso della bidirezionalita` del patto di prova, cfr. Cass., 11 marzo 2004, n. 5016, RFI, 2004, voce Lavoro (rapporto), n. 1314, secondo cui « il patto di prova mira a tutelare l’interesse di entrambe le parti contrattuali a sperimentare la reciproca convenienza al contratto». Considerata la funzione del patto, esso deve ritenersi illegittimo quando una precedente prova sia gia` stata effettuata con esito po- sitivo, attraverso lo svolgimento di un precedente rapporto tra le parti, avente ad oggetto le medesime mansioni: cosı` Xxxx., n. 8579 del 2004, RFI, 2004, voce Lavoro (rapporto), n. 1313.
La durata
Il recesso
Patto di prova e contratto stipulato con l’invalido
nale e delle qualita` personali del lavoratore ben al di la` degli stretti limiti temporali del periodo di prova.
Oltre alla forma scritta, l’ordinamento impone la predeterminazione del- la durata massima della prova, normalmente stabilita dai contratti collettivi in misura non superiore a un semestre e differenziata per operai ed impie- gati (oltre che per i dirigenti)24. In ogni caso, la L. n. 604/1966 (art. 10)
– dichiarandosi comunque applicabile al rapporto in prova ogni qualvolta siano decorsi sei mesi dall’inizio dello stesso – pone indirettamente un limite legale alla prova, con la conseguenza che, anche a volerla prolungare, il rap- porto acquistera` comunque una stabilita` , una volta trascorso il semestre25. Proprio perche´ la L. n. 604/1966 ha lasciato fuori dal proprio ambito appli- cativo il lavoro in prova, il recesso datoriale non richiede, in questo caso, preavviso e sussistenza di presupposti giustificativi (i motivi)26, con conseguen- te discrezionalita` della valutazione sottesavi27 (v. cap. X, sez. A, § 13.3). A fronte di cio` , resta, pero` , sempre sindacabile l’uso distorto del potere impren- ditoriale, a tutela del diritto del prestatore a non subire licenziamenti arbitra- ri28; sicche´ il giudice xxx xxxxx` dichiarare l’invalidita` del recesso ex art. 1345 cod. civ. ogni qualvolta il lavoratore dimostri che allo scioglimento unilaterale del vincolo negoziale abbia concorso un motivo non attinente all’esperimento della prova, quindi, illecito29. La ricorrenza del motivo illecito viene presunta quando risulti che nei fatti e` mancato, per l’esiguita` della durata o per altre
ragioni, un esperimento adeguato30.
Questioni sono sorte in ordine alle conseguenze dell’invalidita` del recesso. L’opinione piu` recente ritiene che l’effetto possa essere solo quello della pro- secuzione dell’esperimento fino alla scadenza del termine prefissato, o, in al- ternativa, del risarcimento del danno31.
L’assenza di qualsivoglia requisito formale per il recesso e` stata confermata altresı` in riferimento all’invalido assunto obbligatoriamente (v. cap. III, sez. A, § 5), con cui i giu- dici ritengono validamente stipulabile un patto di prova, pur nel quadro di penetranti
24 Sulla durata della prova, x. Xxxx., 00 ottobre 2000, n. 13700, LG, 2001, 3, 280, favorevole al rinvio per relationem alla disciplina collettiva.
25 La prova e` generalmente riferita ad un periodo di lavoro effettivo: Cass., 25 agosto 0000, x. 0000, XXXX, 0000, XX, 000; Trib. Brescia, 13 ottobre 2000, D&L, 2001, 1, 95.
26 Per Xxxxx Xxxx., 00 maggio 1996, n. 172, FI, 1996, I, 2645, il recesso in periodo di prova e` avvicinabile alla risoluzione del rapporto per scadenza del termine e non ad un licenziamento. Nel senso pero` che puo` essere contestato in sede giudiziale « allegando fatti idonei a dimostrare l’il- liceita` del motivo» Cass., S.U., 2 agosto 2002, n. 11633, FI, 2002, I, 3000.
27 X. Xxxx., 00 giugno 1999, n. 5714, NGL, 1999, 597, per la legittimita` di una valutazione ne- gativa dettata dalla condotta personale del lavoratore; conf. Cass., 21 luglio 2001, n. 9948, DPL, 2002, 14 (relativamente al comportamento complessivo del lavoratore).
28 Da ultimo, Xxxxx Xxxx., 0 dicembre 2000, n. 541, OGL, 2000, 4, 951.
29 Cfr. Xxxxx Xxxx., 00 dicembre 1980, n. 189, FI, 1981, I, 318, per la legittimita` dell’art. 10 della
L. n. 604/1966 proprio sulla scorta di tale premessa.
30 Cass., 25 marzo 1996, n. 2631, FI, 1996, I, 1633; App. Bologna, 21 luglio 2000, D&L, 2000, 4, 1040, con nota di X. Xxxxxxxxx.
31 Cass., 12 marzo 1999, n. 2228, RIDL, 1999, II, 802, con nota di M. P. Monaco.
garanzie, quali la facolta` del lavoratore di rifiutare l’esperimento in presenza di un giu- stificato motivo, la necessita` che la prova abbia ad oggetto mansioni compatibili con lo stato del dipendente e che il recesso del datore, sindacabile su questo punto dal giudi- ce32, non sia influenzato, a pena di nullita` , da considerazioni sul minor rendimento do- vuto all’invalidita` 33.
Oggi la questione e` comunque indirettamente affrontata dalla L. n. 68/1999, laddo- ve consente di stipulare a fini occupazionali convenzioni per lo svolgimento di « periodi di prova piu` ampi di quelli previsti dal contratto collettivo» (art. 11, 2o comma), fermo il generale divieto di prestazioni non compatibili con le minorazioni del prestatore (art. 10, 2o comma, L. n. 68/1999) (v. cap. III, sez. A, § 5).
Salvo il profilo del recesso senza preavviso, la disciplina legislativa del rapporto in prova non differisce da quella del rapporto definitivo, atteso l’orientamento della giurisprudenza costituzionale che riconosce al lavoratore in prova il normale trattamento economico e normativo, ivi compreso il di- ritto all’indennita` di anzianita` (ora TFR: v. cap. X, sez. C) e alle ferie ovvero alla corrispondente indennita` sostitutiva in caso di recesso34 (cap. VI, sez. C,
§ 6 e X, sez. A, § 2).
Nonostante ampie divergenze circa la natura del patto di prova, la dottrina maggio- ritaria tende a qualificarlo in termini di condizione sospensiva potestativa. La questione e` , tuttavia, scarsamente rilevante. Alla luce della disciplina finora ricostruita, sembra comunque lecito ritenere che si tratti di un patto di libera recedibilita` senza preavviso da un altrimenti normale od unitario rapporto di lavoro subordinato.
Scheda bibliografica essenziale.
Sezione A – Per un approfondimento dei temi relativi alla contrattualita` del rapporto di lavoro, si vedano X. Xxxxxxx, Il contratto di lavoro nel di- ritto italiano, in Il contratto di lavoro nel diritto dei paesi membri della C.E.C.A., Lussemburgo, 1965, 413 e M. P ersiani, Contratto di lavoro e or- ganizzazione, Cedam, Padova, 1966; X. Xxxxxxx, Lavoro (contratto indivi- duale di), in Enc. dir., XXXIII, Xxxxxxx` , Milano, 1973, 369; M. Grandi, Rapporto di lavoro, in Enc. dir., XXVIII, Xxxxxxx` , Milano, 1985, 313; X. Xxxx,
X. Xxxxxxxx, Xxxxxx (contratto di), in Digesto disc. priv., sez. comm., VIII, Utet, Torino, 1993, 140.
A dispetto delle concezioni istituzionistico-comunitarie circolate nel primo novecento, la dottrina dominante ne ha evidenziato la sostanziale margi- nalita` nell’ambito della stessa disciplina codicistica: sul punto X. Xxxxxx, Mansioni e qualifica nel rapporto di lavoro, Xxxxxx, Napoli, 1963; ma gia`
Il trattamento
La natura
32 Cass., 9 aprile 2003, n. 5541, RFI, 2003, voce Lavoro (rapporto), n. 1284; Cass., S.U., 1o mar-
zo 0000, x. 0000, XXXX, 0000, XX, 000; contra, Cass., S.U., 2 agosto 2002, n. 11633, DPL, 2002, 3028.
33 Xxxxx Xxxx., 0 dicembre 2000, n. 541, cit.; Xxxxx Xxxx., 00 maggio 1989, n. 255, DPL, 1989,
25, 1715; Cass., 29 maggio 1999, n. 5290, RIDL, 2000, II, 128, con nota di M. P. Monaco.
34 Xxxxx Xxxx., 00 dicembre 1980, n. 189, cit.
X. Xxxxxxxxx, Contro la «funzionalizzazione» dell’impresa privata, RDL, 1958, I, 618.
Un altro filone dottrinale, invece, ha valorizzato l’elemento dell’organiz- zazione di lavoro come fonte di situazioni giuridiche soggettive sostanzial- mente autonome dal contratto, fino a negare la matrice contrattuale del rap- porto di lavoro. Cosı` dalla posizione di G. F. Xxxxxxx, La responsabilita` contrattuale del prestatore di lavoro, Xxxxxxx` , Milano, 1957, orientato a sva- lutare il ruolo di fonte del contratto, ma pur sempre da angolazione contrat- tualistica, si passa a posizioni che abbandonano in parte o in tutto tale an- golazione: sul punto si vedano X. Xxxxxxxxx Di Xxxxx, Contenuto ed effetti del contratto di lavoro, Xxxxxx, Napoli, 1974; X. Xxxxxxxxxxxx, Diritto del lavoro, Xxxxxx, Napoli, 2000, 10 ss.; Id., La natura non contrattuale del la- voro subordinato, RIDL, 2007, I, 379.
La matrice contrattuale del rapporto e` altresı` pacifica, ormai, nella stessa cornice del lavoro pubblico: M. D’Antona, Lavoro pubblico e diritto del lavoro: la seconda privatizzazione del pubblico impiego nelle « leggi Bassa- nini», LPA, 1998, 1, 52; X. Xxxxxxx, All’indomani di una riforma promes- sa: la « privatizzazione» del pubblico impiego, in X. Xxxxxxx (diretto da), Il lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. Dal D.Lgs. 29/1993 alla Finanziaria 1995. Commentario, Xxxxxxx` , Milano, 1995, XXXIII.
Sull’invalidita` del contratto di lavoro e l’art. 2126 cod. civ., v. il fonda- mentale contributo di X. Xxxx’Xxxx, La prestazione di fatto del lavoro subor- dinato, Cedam, Padova, 1970; per il settore pubblico, X. Xxxx, Prestazione di fatto e rapporto di lavoro pubblico, ADL, 2001, 469; X. Xxxxx, L’invalidita` del contratto, in X. Xxxxxxx (diretto da), Diritto del lavoro. Commentario, vol. II, tomo I, Utet, Torino, 2007, 488.
Sezione B – Sul tema della capacita` giuridica e della capacita` di agire nel diritto del lavoro, v. X. Xxxxxxx, Capacita`di lavoro, in Enc. dir., VI, Xxxxxxx` , Milano, 1960, 48; Id., Il rapporto di lavoro, Xxxxx, Padova, 1982, 193; non- che´ X. Xxxxxxxxx, La persona del prestatore di lavoro, Xxxxxxx` , Milano, 1967, 203, anche per ampie considerazioni in ordine alla rilevanza dell’ele- mento personale nel rapporto di lavoro, su cui v. pure Id., Diritti fondamen- tali della persona nel rapporto di lavoro (situazioni soggettive emergenti e nuove tecniche di tutela), RGL, 2000, I, 447; X. Xxxxxxxxx, Istituzioni di di- ritto del lavoro, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2001; X. Xxxxx, Diritto del lavoro, Xxxxxxx, Bari, 2002; C. Gazzetta, Il limite d’eta` per l’ingresso al lavoro dei minori, LG, 2007, 1101.
Sulla tutela del minore nel diritto del lavoro, v. X. Xxxx, Commento al- l’art. 37, in Commentario della Costituzione, a cura di X. Xxxxxx, Zanichelli- Il Xxxx Xxxxxxxx, Xxxxxxx-Xxxx, 0000, 204; X. Xx Xxxxxxxxxx, Minore eta` e contratto di lavoro, RDC, 1979, II, 335 ss.
La figura del datore di lavoro e` stata oggetto del Congresso Aidlass svolto a Catania, il 21-23 maggio 2009 (gli Atti sono in corso di pubblicazione per I tipi della Xxxxxxx` , Milano).
Sezione C – Sulla liberta` di forma nel contratto di lavoro, X. Xxxxxxx, Il contratto di lavoro nel diritto italiano, cit.; X. Xxxxxxx, Lavoro (contratto individuale di), cit.; X. Xxxxxxx, Formalismo giuridico e diritto del lavoro, DLRI, 1989, 555; X. Xxxxxxxxx, Le prescrizioni di forma nella disciplina dei contratti di lavoro tra autonomia e controllo, RGL, I, 727; M. D’Onghia, La forma vincolata nel diritto del lavoro, Xxxxxxx` , Milano, 2005.
In ordine alla disciplina del patto di prova, X. Xxxxxxx, Il contratto di lavoro a prova, Xxxxxxx` , Milano, 1957; R. Del P unta, Prova (patto di), in Digesto disc. priv., sez. comm., XI, Utet, Torino, 1995, 423.